instruction
stringlengths
3.17k
25k
output
stringlengths
1.59k
11.6k
prompt_idx
int64
0
1
__index_level_0__
int64
26
1.37k
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DEL CONSIGLIO dell'11 luglio 2006 a norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato CE per l’adozione da parte della Slovenia della moneta unica il 1o gennaio 2007 (2006/495/CE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 122, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, vista la relazione della Commissione (1), vista la relazione della Banca centrale europea (2), visto il parere del Parlamento europeo (3), viste le deliberazioni del Consiglio, riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo, considerando quanto segue: (1) La terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) è iniziata il 1o gennaio 1999. Il Consiglio, riunito a Bruxelles il 3 maggio 1998 nella composizione dei capi di Stato o di governo, ha deciso che il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, il Portogallo, l'Austria e la Finlandia soddisfacevano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1o gennaio 1999 (4). (2) Il 19 giugno 2000 il Consiglio ha deciso che la Grecia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2001 (6). (3) A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord del trattato, il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intende passare alla terza fase dell'UEM il 1o gennaio 1999. Tale notifica non è stata revocata. A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative alla Danimarca del trattato e della decisione adottata a Edimburgo dai capi di Stato e di governo nel dicembre 1992, la Danimarca ha notificato al Consiglio che non intende partecipare alla terza fase dell'UEM. La Danimarca non ha chiesto la messa in atto della procedura di cui all'articolo 122, paragrafo 2, del trattato. (4) A norma della decisione 98/317/CE la Svezia beneficia di una deroga ai sensi dell'articolo 122 del trattato. Conformemente all’articolo 4 dell'atto di adesione del 2003 (7), la Repubblica ceca, l'Estonia, Cipro, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria, Malta, la Polonia, la Slovenia e la Slovacchia sono Stati membri con deroga ai sensi dell'articolo 122 del trattato. (5) La Banca centrale europea (BCE) è stata istituita il 1o luglio 1998. Il sistema monetario europeo è stato sostituito da un meccanismo di cambio, la cui istituzione è stata decisa con risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997 sull'istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell'unione economica e monetaria (8). Le procedure operative del meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (ERM2) sono state stabilite nell'accordo del 1o settembre 1998 tra la BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'unione economica e monetaria (9). (6) La procedura per l'abolizione della deroga degli Stati membri che ne sono soggetti è stabilita nell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato, ai sensi del quale, almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga, la Commissione e la BCE riferiscono al Consiglio conformemente alla procedura di cui all'articolo 121, paragrafo 1, del trattato. Il 2 marzo 2006 la Slovenia ha chiesto ufficialmente la valutazione sulla convergenza. (7) La legislazione nazionale degli Stati membri, inclusi gli statuti delle banche centrali nazionali, deve essere adattata, per quanto necessario, per garantire la compatibilità con gli articoli 108 e 109 del trattato e lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in prosieguo «Statuto del SEBC». Le relazioni della Commissione e della BCE forniscono una valutazione dettagliata della compatibilità della legislazione della Slovenia con gli articoli 108 e 109 del trattato e lo statuto del SEBC. (8) A norma dell'articolo 1 del protocollo sui criteri di convergenza di cui all'articolo 121 del trattato, il criterio relativo alla stabilità dei prezzi di cui all'articolo 121, paragrafo 1, primo trattino del trattato significa che uno Stato membro presenta un andamento dei prezzi sostenibile e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all'esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della stabilità dei prezzi l'inflazione si misura mediante indici dei prezzi al consumo armonizzati (IPCA) definiti nel regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio (10). Per valutare la stabilità dei prezzi, l'inflazione di uno Stato membro è stata misurata in base alla variazione percentuale della media aritmetica degli indici di dodici mesi rispetto alla media aritmetica degli indici dei dodici mesi precedenti. Nel periodo di dodici mesi fino al marzo 2006, i tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi sono stati la Svezia, la Finlandia e la Polonia, con tassi di inflazione, rispettivamente, dello 0,9 %, dell’1 % e dell’1,5 %. Nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorato di 1,5 punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento nel periodo di dodici conclusosi nel marzo 2006 è pari al 2,6 %. (9) A norma dell'articolo 2 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all'articolo 121, paragrafo 1, secondo trattino del trattato significa che al momento della valutazione da parte del Consiglio lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio a norma dell'articolo 104, paragrafo 6, del trattato circa l'esistenza di un disavanzo eccessivo. (10) A norma dell'articolo 3 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo di cui all'articolo 121, paragrafo 1, terzo trattino del trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell'esame. In particolare, e per lo stesso periodo, lo Stato membro non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro. Dal 1o gennaio 1999 il nuovo meccanismo di cambio (ERM2) fornisce il quadro di riferimento per la valutazione del rispetto del criterio relativo al tasso di cambio. Nel valutare il rispetto di questo criterio nelle loro relazioni la Commissione e la BCE hanno preso in esame il periodo di due anni avente termine nell’aprile 2006. (11) A norma dell'articolo 4 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse di cui all'articolo 121, paragrafo 1, quarto trattino del trattato, significa che il tasso medio d'interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro, osservato nell'arco di un anno prima dell'esame, non ha ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della convergenza dei tassi d'interesse sono stati utilizzati tassi d'interesse comparabili delle obbligazioni di riferimento a 10 anni emesse dallo Stato. Per valutare il rispetto del criterio della convergenza dei tassi d'interesse, nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come la media aritmetica semplice dei tassi d'interesse nominali dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorata di due punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento nel periodo di dodici mesi fino al marzo 2006 è pari al 5,9 %. (12) A norma dell'articolo 5 del protocollo sui criteri di convergenza, i dati statistici da usare per l'attuale valutazione del rispetto dei criteri di convergenza sono forniti dalla Commissione. La Commissione ha fornito dati per l'elaborazione della presente decisione. I dati di bilancio sono stati forniti dalla Commissione in base alle cifre comunicate dagli Stati membri entro il 1o aprile 2006, ai sensi del regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (11). (13) Sulla base delle relazioni presentate dalla Commissione e dalla BCE sui progressi compiuti dalla Slovenia nell'adempimento dei suoi obblighi relativi alla realizzazione dell'Unione economica e monetaria, la Commissione può concludere che: la legislazione nazionale slovena, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; per quanto riguarda il rispetto da parte della Slovenia dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 121, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato: — il tasso medio di inflazione in Slovenia nei dodici mesi fino al marzo 2006 è stato del 2,3 %, ossia inferiore al valore di riferimento, ed è probabile che questa tendenza proseguirà nei mesi a venire, — la Slovenia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo, — la Slovenia fa parte del nuovo meccanismo di cambio (ERM2) dal 28 giugno 2004; nel periodo di due anni avente termine nell’aprile 2006 il tolar sloveno (SIT) non ha conosciuto gravi tensioni e la Slovenia non ha svalutato di propria iniziativa il tasso centrale bilaterale del SIT nei confronti dell'euro, — nei dodici mesi fino al marzo 2006 il tasso medio di interesse a lungo termine in Slovenia è stato del 3,8 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento. La Slovenia ha realizzato un alto grado di convergenza sostenibile in relazione a tutti i criteri. Di conseguenza la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. (14) A norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, deve decidere quali Stati membri con deroga soddisfino le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica e abolisce le deroghe degli Stati membri in questione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 La Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. La deroga nei confronti della Slovenia, di cui all’articolo 4 dell’atto di adesione del 2003, è abrogata con decorrenza 1o gennaio 2007. Articolo 2 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Articolo 3 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 11 luglio 2006. Per il Consiglio Il presidente E. HEINÄLUOMA (1) Relazione adottata il 16 maggio 2006. (2) Relazione adottata il 15 maggio 2006. (3) Parere reso il 15 giugno 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (4) Decisione 98/317/CE del Consiglio, del 3 maggio 1998 a norma dell'articolo 121, paragrafo 4 () del trattato (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 30). (5) NOTA: il titolo della decisione 98/317/CE è stato adattato per tener conto della rinumerazione degli articoli del trattato che istituisce la Comunità europea, conformemente all'articolo 12 del trattato di Amsterdam; il riferimento originale era all'articolo 109j, paragrafo 4 del trattato. (6) Decisione 2000/427/CE del Consiglio, del 19 giugno 2000 a norma dell'articolo 122, paragrafo 2 del trattato per l'adozione da parte della Grecia della moneta unica il 1o gennaio 2001 (GU L 167 del 7.7.2000, pag. 19). (7) GU L 236 del 23.9.2003, pag. 33. (8) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 5. (9) GU C 345 del 13.11.1998, pag. 6. Accordo modificato dall’accordo del 14 settembre 2000 (GU C 362 del 16.12.2000, pag. 11). (10) Regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio, del 23 ottobre 1995, relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (GU L 257 del 27.10.1995, pag. 1). Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (11) GU L 332 del 31.12.1993, pag. 7. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2103/2005 (GU L 337 del 22.12.2005, pag. 1). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Adesione della Slovenia all'euro (2007) Il Consiglio dell'Unione europea (UE) constata che la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro a decorrere dal 1° gennaio 2007. La Slovenia è il primo fra i dieci Stati diventati membri dell'Unione europea (UE), il 1° maggio 2004, ad introdurre la moneta unica. ATTO Decisione del Consiglio, dell'11 luglio 2006, a norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato CE per l'adozione da parte della Slovenia della moneta unica il 1° gennaio 2007 [Gazzetta ufficiale L 195 del 15.07.2006]. SINTESI Con la presente decisione il Consiglio dà il via libera all'introduzione dell'euro in Slovenia il 1° gennaio 2007. Il Consiglio constata che il paese soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro, cioè i criteri di convergenza. Soddisfare i criteri di convergenza Il 2 marzo 2006 la Slovenia chiede ufficialmente che si proceda ad una valutazione di convergenza. La Commissione europea conclude che: la legislazione nazionale della Slovenia, compreso lo statuto della sua Banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato che istituisce la Comunità europea e con lo statuto del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC); il tasso medio d'inflazione della Slovenia durante l'anno terminatosi nel marzo 2006 è stato pari al 2,3 %, cioè un livello inferiore al valore di riferimento, e dovrebbe mantenersi al di sotto di questo livello nel corso dei mesi futuri; la Slovenia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo; il paese partecipa dal 28 giugno 2004 al meccanismo di cambio europeo (ERM II) ed il tolar sloveno non è stato soggetto ad alcuna tensione grave; il tasso d'interesse a lungo termine si è attestato in media al 3,8 %, ovvero ad un livello inferiore al valore di riferimento. La Commissione europea constata che la Slovenia ha realizzato un grado elevato di convergenza duratura sotto il profilo dei criteri di convergenza. Il paese soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. Adottare la moneta unica Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, constata con la presente decisione che la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. La deroga nei confronti di questo paese di cui all'articolo 4 (EN) [PDF] dell'atto di adesione del 2003 è abrogata a partire dal 1° gennaio 2007. Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2006/495/CE 15.07.2006 - GU C 195 del 15.07.2006 See also Per informazioni complementari, consultare i seguenti siti Internet: le facce nazionali delle monete in euro slovene (sito Internet della Banca centrale europea); Introduzione riuscita dell'euro in Slovenia (esdeenfr) Opinioni pubbliche: l'introduzione dell'euro in Slovenia e nei nuovi Stati membri (EN); Commissione europea, Direzione generale per gli affari economici e monetari: l'euro (EN).
1
760
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia Gazzetta ufficiale n. L 078 del 24/03/1986 pag. 0027 - 0028 *****ACCORDO QUADRO di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia IL GOVERNO NORVEGESE, che agisce a nome del Regno di Norvegia, in seguito denominato « Norvegia », da un lato, IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità economica europea e LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità europea dell'energia atomica, dall'altro, considerando che, fatte salve le disposizioni pertinenti dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo quadro e qualsiasi azione avviata ai sensi di detto accordo non pregiudicheranno in alcun modo i poteri che spettano agli stati membri delle Comunità di avviare attività bilaterali con la Norvegia nei settori della scienza, della tecnologia, della ricerca e dello sviluppo e di concludere eventuali accordi a tal fine; considerando l'importanza della ricerca scientifica e tecnica per la Norvegia e le Comunità ed il loro interesse reciproco a cooperare in detto settore, per meglio utilizzare le risorse impiegate ed evitare inutili doppioni; considerando che in occasione della riunione di Lussemburgo del 9 aprile 1984 i ministri degli stati membri delle Comunità, i ministri degli stati membri dell'associazione europea di libera scambio (EFTA) e la Commissione hanno ritenuto che la sempre crescente interdipendenza economica tra le Comunità ed i paesi dell'EFTA giustificassero in particolare una cooperazione nel settore della ricerca e dello sviluppo ed hanno sottolineato la necessità di intensificare tali sforzi, in particolare per promuovere la mobilità dei ricercatori; che i ministri hanno peraltro auspicato che una particolare attenzione fosse riservata a determinati settori industriali e tecnologici d'avvenire; considerando che la Norvegia e la Comunità cooperano nell'ambito di differenti programmi di ricerca e nell'ambito di azioni comunitarie; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea hanno concluso, il 19 settembre 1985, un accordo di cooperazione relativo ad un programma di ricerca e sviluppo nel settore dei metalli e delle sostanze minerali; considerando che la Comunità economica europea e l'Ente nazionale per la ricerca e le librerie speciali in Norvegia hanno concluso il 19 dicembre 1984 un accordo di cooperazione sull'interconnessione della rete comunitaria per la trasmissione dati (DIANE) e la rete dati norvegese a fini di ricerca informazioni; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea cooperano anche nel quadro della cooperazione europea per la ricerca scientifica e tecnica (COST) e che esse intendono proseguire i propri sforzi in tale contesto; considerando che la Norvegia e la Comunità realizzano attualmente importanti programmi di ricerca in settori prioritari e che gli obiettivi di tali programmi coincidono in larga misura; considerando che la Norvegia e la Comunità sono interessate a cooperare nel quadro di un grande numero di questi programmi; considerando che a tal fine è auspicabile stabilire un quadro che comprenda la totalità della cooperazione tra la Norvegia e le Comunità nel settore della ricerca e che permetta di associare a detta cooperazione enti ed imprese private; che inoltre tale accordo quadro deve prevedere procedure semplici ed efficaci e rivestire un carattere dinamico, HANNO CONVENUTO LE DISPOSIZIONI SEGUENTI: A. Obiettivo dell'accordo Articolo 1 Il presente accordo definisce il quadro per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnica tra la Norvegia e le Comunità nei settori di interesse comune oggetto di programmi di ricerca e sviluppo comunitari e norvegesi. Articolo 2 La cooperazione può essere realizzate tramite enti ed imprese, pubblici o privati, che partecipano in Norvegia e nelle Comunità ai programmi di ricerca di cui all'arti- colo 1. Articolo 3 La cooperazione tra la Norvegia e le Comunità deve basarsi su progetti e programmi concreti. Essa può assumere le forme seguenti: - regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica di ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulla pianificazione di detta politica, - scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione, - trasmissione di informazioni risultanti dalla cooperazione instaurata nel presente accordo, - coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nelle Comunità, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e realizzazione di azioni comuni in Norvegia e nelle Comunità. Articolo 4 La cooperazione può essere attuata con i mezzi seguenti: - riunioni comuni, - visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, - contatti regolari e continui tra i responsabili dei programmi o progetti, - partecipazione di esperti ai seminari, simposi e gruppi di lavoro, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni ad azioni comuni, - messa a disposizione di documenti e comunicazione dei risultati dei lavori avviati nell'ambito della cooperazione. Articolo 5 Le parti contraenti possono, in qualsiasi momento, di comune accordo adattare e sviluppare la cooperazione. B. Realizzazione della cooperazione Articolo 6 La cooperazione di cui al presente accordo è realizzata attraverso accordi opportuni. Articolo 7 Gli accordi di cui all'articolo 6 specificheranno le forme ed i mezzi delle azioni di cooperazione, nonché: - gli obiettivi e il contenuto scientifico e tecnico, - le norme relative alla diffusione delle conoscenze e alla proprietà intellettuale, - le disposizioni relative alla mobilità del personale ed alla partecipazione di rappresentanti di una parte contraente agli enti dell'altra parte, - le modalità di partecipazione finanziaria agli accordi, - ogni altra opportuna modalità. Articolo 8 Gli accordi di cui all'articolo 6 saranno conclusi conformemente alle procedure in vigore per le parti contraenti. Articolo 9 Le parti si comunicano il nome degli enti e delle imprese previsti all'articolo 2, che partecipano alla cooperazione. C. Comitato misto Articolo 10 È istituito un comitato misto, denominato « Comitato di ricerca Norvegia/Comunità », incaricato di: - identificare i settori che possono prestarsi alla cooperazione ed esaminare qualsiasi misura tale da migliorare e sviluppare la cooperazione, - avere scambi regolari di opinioni sugli orientamenti e sulle priorità delle politiche in materia di ricerca, nonché sulla pianificazione della ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulle prospettive della cooperazione, - curare la buona esecuzione del presente accordo. Articolo 11 Il comitato misto composto da rappresentanti della Commissione e della Norvegia adotta il proprio regolamento interno. Esso si riunisce su richiesta di una parte contraente ed almeno una volta all'anno. D. Comunità europea del carbone e dell'acciaio Articolo 12 Un protocollo separato può essere concluso tra la Comunità europea del carbone e dell'acciaio ed i suoi stati membri, da un lato, e il Regno di Norvegia, dall'altro, qualora si constati un reciproco interesse alla cooperazione nei settori oggetto del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio. E. Disposizioni finali Articolo 13 Il presente accordo sarà approvato dalle parti contraenti, nell'ambito delle procedure in vigore per ciascuna parte contraente. Esso entrerà in vigore alla data in cui le parti contraenti si saranno notificate l'espletamento delle procedure necessarie a tal fine. Articolo 14 Il presente accodo si applica, da un lato, ai territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso previste e, dall'altro, al territorio del Regno di Norvegia. Articolo 15 Il presente accordo ha una durata illimitata. Ogni parte contraente può in qualsiasi momento denunciarlo o richiederne la revisione con un preavviso di dodici mesi. Articolo 16 Il presente accordo è redatto in duplice copia in lingua danese, francese, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, tedesca e norvegese, ciascun testo facente egualmente fede. Per il Consiglio e la Commissione delle Comunità europee Per il Regno di Norvegia Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE, Euratom e la Norvegia QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnologica tra la Norvegia e le Comunità europee (oggi Unione europea (UE) ed Euratom) in settori di interesse comune che sono oggetto di programmi di ricerca e sviluppo. Con la sua decisione 86/88/CEE, Euratom, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto dell’UE e di Euratom. Con la decisione 97/183/Euratom, la Commissione europea ha approvato la conclusione definitiva dell’accordo a nome della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). PUNTI CHIAVE Cooperazione La cooperazione può assumere le seguenti forme:regolari scambi di opinioni sulla direzione e le priorità delle politiche e della pianificazione della ricerca in Norvegia, nell’UE e nell’Euratom; scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione; la trasmissione delle informazioni derivanti dalla cooperazione ai sensi del presente accordo; coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nell’UE (UE ed Euratom); la partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e la realizzazione di azioni comuni tra la Norvegia e l’UE e l’Euratom.Attività La cooperazione può essere attuata nei seguenti modi:riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; contatti regolari tra i pianificatori di programmi o progetti e i rispettivi responsabili; partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e azioni comuni; disponibilità di documenti e comunicazione dei risultati del lavoro svolto nel contesto della cooperazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 17 luglio 1987 per un periodo indeterminato. Può essere revocato e riesaminato in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO Le relazioni tra l’UE e la Norvegia sono disciplinate principalmente dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, che ha creato una zona di libera circolazione di persone, servizi, beni e capitali che comprende i paesi dell’UE, l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia. Per ulteriori informazioni, si consulti:La Norvegia e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 27). Decisione 86/88/CE del Consiglio, del 10 marzo 1986, relativa alla conclusione dell’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 26). Decisione 87/183/Euratom della Commissione, del 9 marzo 1987, concernente la conclusione definitiva, a nome della Comunità europea dell’energia atomica, degli accordi di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Svezia, la Confederazione svizzera, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Norvegia e la Repubblica d’Austria (GU L 71 del 14.3.1987, pag. 36).
0
981
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE QUADRO 2008/913/GAI DEL CONSIGLIO del 28 novembre 2008 sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare gli articoli 29 e 31, nonché l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il razzismo e la xenofobia costituiscono violazioni dirette dei principi di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto, principi sui quali l’Unione europea è fondata e che sono comuni agli Stati membri. (2) Il piano d’azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (2), le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, la risoluzione del Parlamento europeo del 20 settembre 2000 sulla posizione dell’Unione europea nella Conferenza mondiale contro il razzismo e sull’attuale situazione nell’Unione (3) e la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’aggiornamento semestrale del quadro di controllo per l’esame dei progressi compiuti nella creazione di uno spazio di «libertà, sicurezza e giustizia» nell’Unione europea (secondo semestre 2000) sollecitano un’azione in questo campo. Nel programma dell’Aia del 4 e 5 novembre 2004, il Consiglio ricorda il suo risoluto impegno a contrastare ogni forma di razzismo, di antisemitismo e di xenofobia espresso dal Consiglio europeo nel dicembre 2003. (3) All’azione comune 96/443/GAI, del 15 luglio 1996, del Consiglio nell’ambito dell’azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia (4), dovrebbe far seguito una nuova azione legislativa che soddisfi la necessità di ravvicinare maggiormente le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri e di superare gli ostacoli che si frappongono a un’efficace cooperazione giudiziaria, dovuti principalmente alle divergenze fra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri. (4) In base alla valutazione dell’azione comune 96/443/GAI e ai lavori svolti in altre sedi internazionali, quali il Consiglio d’Europa, in materia di cooperazione giudiziaria sussistono ancora alcune difficoltà; occorre pertanto ravvicinare ulteriormente il diritto penale degli Stati membri per garantire l’efficace applicazione di una normativa chiara ed esaustiva per lottare contro il razzismo e la xenofobia. (5) Il razzismo e la xenofobia costituiscono una minaccia per i gruppi di persone che sono bersaglio di tale comportamento. È necessario definire nei confronti di tale fenomeno un’impostazione penale che sia comune all’Unione europea, per fare in modo che gli stessi comportamenti costituiscano reati in tutti gli Stati membri e che siano previste pene efficaci, proporzionate e dissuasive per le persone fisiche e giuridiche che hanno commesso simili reati o ne sono responsabili. (6) Gli Stati membri riconoscono che la lotta contro il razzismo e la xenofobia richiede vari tipi di misure in un quadro globale e non può essere limitata alle questioni penali. La presente decisione quadro si limita a combattere forme di razzismo e xenofobia particolarmente gravi mediante il diritto penale. Poiché le tradizioni culturali e giuridiche degli Stati membri sono in parte diverse, in particolare in questo campo, non è attualmente possibile una piena armonizzazione delle norme penali. (7) Nella presente decisione quadro, «ascendenza» dovrebbe essere intesa come riferita principalmente a persone o gruppi di persone che hanno tra i loro ascendenti persone che potrebbero essere individuate in base a determinate caratteristiche (quali la razza o il colore), la totalità delle quali non necessariamente sussiste tuttora. Ciononostante, in conseguenza della suddetta ascendenza tali persone o gruppi di persone possono essere oggetto di odio o violenza. (8) «Religione» dovrebbe essere intesa come riferita in senso ampio a persone definite in riferimento alle loro convinzioni religiose o al loro credo. (9) «Odio» dovrebbe essere inteso come riferito all’odio basato sulla razza, il colore, la religione, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica. (10) La presente decisione quadro non impedisce a uno Stato membro di adottare nella propria legislazione nazionale disposizioni che estendano l’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d), a reati commessi contro un gruppo di persone definite secondo criteri diversi da razza, colore, religione, ascendenza o origine nazionale o etnica, quali lo status sociale o le convinzioni politiche. (11) Occorrerebbe fare in modo che le indagini e le azioni penali relative ai reati di stampo razzista e xenofobo non siano subordinate a denunce o accuse da parte delle vittime, che spesso sono particolarmente vulnerabili e riluttanti a intentare un’azione giudiziaria. (12) L’armonizzazione del diritto penale dovrebbe permettere di combattere più efficacemente i reati di stampo razzista e xenofobo, promuovendo una piena ed effettiva cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri. Il Consiglio dovrebbe tenere conto delle eventuali difficoltà esistenti in questo settore al momento del riesame della presente decisione quadro, al fine di valutare se siano necessarie ulteriori misure in proposito. (13) Poiché l’obiettivo della presente decisione quadro, vale a dire di rendere i reati di stampo razzista e xenofobo passibili in tutti gli Stati membri almeno di un livello minimo di sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive, non può essere realizzato in misura sufficiente dai singoli Stati membri, in quanto le norme devono essere comuni e compatibili, e può dunque essere realizzato meglio a livello dell’Unione europea, quest’ultima può intervenire, in base al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea; in ottemperanza al principio di proporzionalità sancito in quest’ultimo articolo, la presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo. (14) La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed è conforme ai principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, segnatamente dagli articoli 10 e 11, e iscritti nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare nei capitoli II e VI. (15) Considerazioni relative alla libertà di associazione e di espressione, in particolare della libertà di stampa e della libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, hanno dato luogo, nel diritto nazionale di molti Stati membri, a garanzie procedurali e a norme particolari concernenti la determinazione o la limitazione della responsabilità. (16) L’azione comune 96/443/GAI dovrebbe essere abrogata, dato che, con l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (5), nonché della presente decisione quadro, essa risulta superata, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO: Articolo 1 Reati di stampo razzista o xenofobo 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i seguenti comportamenti intenzionali siano resi punibili: a) l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone, o di un suo membro, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica; b) la perpetrazione di uno degli atti di cui alla lettera a) mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale; c) l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro; d) l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all’accordo di Londra dell’8 agosto 1945, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro. 2. Ai fini del paragrafo 1, gli Stati membri possono decidere di rendere punibili soltanto i comportamenti atti a turbare l’ordine pubblico o che sono minacciosi, offensivi o ingiuriosi. 3. Ai fini del paragrafo 1, il riferimento alla religione è diretto a comprendere almeno i comportamenti usati come pretesto per compiere atti contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica. 4. All’atto dell’adozione della presente decisione quadro o in un momento successivo, uno Stato membro può fare una dichiarazione secondo cui renderà punibili la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di cui al paragrafo 1, lettere c) e/o d), solo qualora tali crimini siano stati accertati da una decisione passata in giudicato di un organo giurisdizionale nazionale di detto Stato membro e/o di un tribunale internazionale, oppure esclusivamente da una decisione passata in giudicato di un tribunale internazionale. Articolo 2 Istigazione e complicità 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile l’istigazione ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d). 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile la complicità nel porre in essere i comportamenti di cui all’articolo 1. Articolo 3 Sanzioni penali 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 siano resi punibili con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui all’articolo 1 siano resi punibili con sanzioni penali che prevedono la reclusione per una durata massima compresa almeno tra uno e tre anni. Articolo 4 Motivazione razzista e xenofoba Per i reati diversi da quelli di cui agli articoli 1 e 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la motivazione razzista e xenofoba sia considerata una circostanza aggravante o, in alternativa, affinché tale motivazione possa essere presa in considerazione dal giudice all’atto della determinazione della pena. Articolo 5 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 posti in essere a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che agisca a titolo individuale o in quanto parte di un organo della persona giuridica e abbia una posizione direttiva in seno alla persona giuridica, in base: a) alla legittimazione a rappresentare la persona giuridica; b) alla capacità di prendere decisioni per conto della persona giuridica; c) alla capacità di esercitare la vigilanza in seno alla persona giuridica. 2. A prescindere dai casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile qualora l’omessa direzione o vigilanza da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 a vantaggio della persona giuridica in questione, a opera di una persona soggetta alla sua autorità. 3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude azioni penali nei confronti delle persone fisiche che siano autori o complici di uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2. 4. Per «persona giuridica» s’intende qualsiasi entità che abbia tale status in forza del diritto nazionale applicabile, a eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell’esercizio dell’autorità statale e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 6 Sanzioni nei confronti di persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, comprese ammende penali o non ed eventuali altre sanzioni quali: a) esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche; b) interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale; c) collocamento sotto sorveglianza giudiziaria; d) provvedimento di liquidazione giudiziaria. 2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di sanzioni o misure efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 7 Norme costituzionali e principi fondamentali 1. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea, tra cui la libertà di espressione e di associazione, non è modificato per effetto della presente decisione quadro. 2. La presente decisione quadro non ha l’effetto di imporre agli Stati membri di prendere misure che siano in contrasto con i principi fondamentali riguardanti la libertà di associazione e la libertà di espressione, in particolare la libertà di stampa e la libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, quali risultano dalle tradizioni costituzionali o dalle norme che disciplinano i diritti e le responsabilità della stampa o di altri mezzi di comunicazione, nonché le relative garanzie procedurali, quando tali norme riguardano la determinazione o la limitazione della responsabilità. Articolo 8 Avvio delle indagini o dell’azione penale Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le indagini sui comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 o la relativa azione penale non siano subordinate a una denuncia o un’accusa a opera della vittima del comportamento, quanto meno nei casi più gravi, qualora il comportamento sia stato posto in essere sul suo territorio. Articolo 9 Competenza giurisdizionale 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per stabilire la propria competenza giurisdizionale in relazione ai comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 qualora essi siano stati posti in essere: a) interamente o in parte sul suo territorio; o b) da uno dei suoi cittadini; o c) a vantaggio di una persona giuridica avente la sede sociale sul suo territorio. 2. Nello stabilire la propria competenza giurisdizionale ai sensi del paragrafo 1, lettera a), ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che essa si estenda ai casi in cui il comportamento è posto in essere mediante un sistema di informazione e: a) l’autore pone in essere il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio, a prescindere dal fatto che il comportamento implichi o no l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio; b) il comportamento implica l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio, a prescindere dal fatto che l’autore ponga in essere o no il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio. 3. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in casi o circostanze specifici la regola sulla competenza giurisdizionale di cui al paragrafo 1, lettere b) e c). Articolo 10 Attuazione e riesame 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro anteriormente al 28 novembre 2010. 2. Entro tale data gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni dal Consiglio e di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina, entro il 28 novembre 2013, in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro. 3. Anteriormente al 28 novembre 2013, il Consiglio riesamina la presente decisione quadro. In preparazione di tale riesame, il Consiglio chiede agli Stati membri se abbiano incontrato difficoltà nell’ambito della cooperazione giudiziaria riguardo ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1. Il Consiglio può inoltre chiedere all’Eurojust di riferire in una relazione se le differenze tra le legislazioni nazionali abbiano dato luogo a problemi nella cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in tale settore. Articolo 11 Abrogazione dell’azione comune 96/443/GAI L’azione comune 96/443/GAI è abrogata. Articolo 12 Applicazione territoriale La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. Articolo 13 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 28 novembre 2008. Per il Consiglio La presidente M. ALLIOT-MARIE (1) Parere del 29 novembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1. (3) GU C 146 del 17.5.2001, pag. 110. (4) GU L 185 del 24.7.1996, pag. 5. (5) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Decisione quadro sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale L’obiettivo di questa decisione quadro è quella di far sì che talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive in tutta l'Unione europea (UE). Essa mira inoltre a migliorare e favorire la cooperazione giudiziaria in questo campo. ATTO Decisione quadro 2008/913/GAI, del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale. SINTESI La presente decisione quadro, che fa seguito all'azione comune 96/443/GAI, prevede il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari dei paesi dell'UE per quanto riguarda i reati ispirati a talune manifestazioni di razzismo e xenofobia. Talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia devono costituire un reato in tutti i paesi dell'UE ed essere passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. La presente decisione quadro si applica ad ogni reato commesso: sul territorio dell'Unione europea (UE), anche tramite un sistema di informazione; da un cittadino di un paese dell'UE o per conto di una persona giuridica avente sede in un paese dell'UE. A tale riguardo, la decisione quadro propone criteri per stabilire la responsabilità delle persone giuridiche. « Discorsi di incitamento all'odio » Sono considerati punibili, in quanto reati penali, determinati atti commessi, quali: pubblico incitamento alla violenza o all'odio rivolto contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito sulla base della razza, del colore, la religione, l’ascendenza, la religione o il credo o l’origine nazionale o etnica; il reato di cui sopra commesso mediante diffusione e distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale; l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana in pubblico dei crimini di genocidio o contro l'umanità, i crimini di guerra, quali sono definiti nello Statuto della Corte penale internazionale (articoli 6, 7 e 8) e i crimini di cui all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro. Saranno passibili di sanzione anche l'incitamento o la partecipazione nel commettere gli atti suddetti. Riguardo a tali reati, i paesi dell'UE dovranno stabilire: sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive; pene detentive della durata massima di almeno un anno. Per quanto riguarda le persone giuridiche, le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive, e devono comprendere ammende penali e non penali. Inoltre le persone giuridiche possono essere sanzionate mediante: l' esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche; l'interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale; il collocamento sotto sorveglianza giudiziaria; il provvedimento di liquidazione giudiziaria. L'avvio delle indagini o dell'azione legale per reati di razzismo e xenofobia non deve essere subordinato a una denuncia o un'accusa a opera della vittima. «Reati ispirati dall'odio» In ogni caso, la motivazione razzista o xenofoba deve essere considerata circostanza aggravante o, in alternativa, il tribunale deve poter considerare tale motivazione nel decidere quale sanzione infliggere. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione quadro 2008/913/GAI 6.12.2008 28.11.2010 GU L 328 del 6.12.2008 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale [ COM(2014) 27 def. del 27.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. La relazione evidenzia il fatto che diversi paesi dell'UE non hanno recepito integralmente e/o correttamente tutte le disposizioni della decisione quadro, in particolare quelle sui reati di negazione, apologia o minimizzazione grossolana di determinati crimini internazionali. La maggior parte dei paesi dell'UE prevede disposizioni che considerano reato l'istigazione pubblica alla violenza di stampo razzista e xenofobo o all'odio, ma diversi fra loro non recepiscono in pieno i reati previsti dalla decisione quadro. Si riscontrano inoltre alcune lacune anche per quanto riguarda l'approccio adottato nei confronti della motivazione razzista e xenofoba dei reati, la responsabilità delle persone giuridiche e la giurisdizione. Nel corso del 2014 la Commissione sta tenendo dialoghi bilaterali con i paesi dell'UE al fine di garantire il pieno e corretto recepimento della decisione.
0
446
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2009/126/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 ottobre 2009 relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (3), ha sancito la necessità di ridurre l’inquinamento atmosferico a livelli tali che limitino al minimo gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente. (2) Il protocollo di Ginevra concernente la lotta contro le emissioni di composti organici volatili o i loro flussi transfrontalieri fissa obiettivi di riduzione delle emissioni dei composti organici volatili (COV) e il protocollo di Göteborg relativo alla riduzione dell’acidificazione, dell’eutrofizzazione e dell’ozono troposferico (4) stabilisce limiti nazionali per le emissioni di quattro inquinanti, biossido di zolfo, ossidi di azoto, COV e ammoniaca, e richiede che siano utilizzate le migliori tecniche disponibili onde limitare le emissioni. (3) La direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (5), fissa una serie di obiettivi di qualità dell’aria per l’ozono troposferico e il benzene, mentre la direttiva 2001/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici (6), stabilisce limiti nazionali di emissione per i COV che contribuiscono alla formazione dell’ozono troposferico. Le emissioni di COV, compresi i vapori di benzina, prodotte in uno Stato membro possono contribuire ad aggravare i problemi di qualità dell’aria in altri Stati membri. (4) L’ozono è anche un gas ad effetto serra e contribuisce al riscaldamento atmosferico e al cambiamento climatico. (5) La direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio (7) (fase I del recupero dei vapori di benzina), è intesa a recuperare i vapori di benzina emessi dal deposito e dalla distribuzione della benzina fra i terminal petroliferi e le stazioni di servizio. (6) I vapori di benzina sono emessi anche durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio e dovrebbero essere recuperati secondo modalità conformi alle disposizioni della direttiva 94/63/CE. (7) Vari strumenti comunitari sono stati sviluppati e messi in atto per limitare le emissioni di COV. Sono tuttavia necessarie ulteriori azioni per conseguire gli obiettivi in materia di salute e ambiente stabiliti dal sesto programma di azione comunitaria per l’ambiente e dalla direttiva 2001/81/CE. (8) Allo scopo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra durante il ciclo di vita dei combustibili destinati al trasporto su strada, la direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel (8), permetterà, a partire dal 1o gennaio 2011, l’immissione sul mercato di benzina contenente una percentuale maggiore di componenti costituiti da biocarburanti rispetto al passato. Ciò potrà determinare un aumento di emissioni di COV, a causa della possibilità che gli Stati membri pongano in essere deroghe limitate ai requisiti in materia di tensione di vapore previsti da detta direttiva. (9) È possibile che le stazioni di servizio esistenti debbano adattare le infrastrutture attualmente in uso ed è preferibile installare attrezzature di recupero dei vapori in caso di ristrutturazioni complete del sistema di alimentazione (vale a dire una significativa modifica o il rinnovo dell’infrastruttura della stazione, in particolare dei serbatoi e delle tubazioni), poiché ciò riduce notevolmente il costo dei necessari adeguamenti. Tuttavia, le stazioni di servizio di dimensioni maggiori possono essere adattate con minori difficoltà e sarebbe opportuno che installassero le attrezzature di recupero dei vapori più rapidamente, visto che producono maggiori emissioni. Le stazioni di servizio nuove possono integrare le attrezzature di recupero dei vapori di benzina in fase di progettazione e costruzione della stazione di servizio e quindi possono installare immediatamente le attrezzature in questione. (10) I serbatoi di carburante dei veicoli a motore di nuova fabbricazione non contengono vapori di benzina. È pertanto opportuna una deroga per il primo rifornimento di tali veicoli. (11) Sebbene vari Stati membri prevedano requisiti nazionali in materia di sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina, non vi è alcuna legislazione comunitaria. È quindi opportuno stabilire un livello minimo uniforme di recupero dei vapori di benzina per garantire un beneficio elevato per l’ambiente e incentivare il commercio di attrezzature per il recupero dei vapori di benzina. (12) Per assicurare che le attrezzature di recupero dei vapori di benzina permettano effettivamente di ridurre le emissioni, è opportuno sottoporre a controlli periodici tutte le attrezzature installate per la fase II del recupero dei vapori di benzina. Gli Stati membri possono decidere che i controlli debbano essere eseguiti da uno o più dei seguenti soggetti: servizi ufficiali di ispezione, l’operatore stesso o un terzo. Nel caso di ispezioni ufficiali, gli Stati membri dovrebbero tener conto della raccomandazione 2001/331/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, che stabilisce i criteri minimi per le ispezioni ambientali negli Stati membri (9). (13) Le attrezzature di recupero dei vapori di benzina di fase II dovrebbero essere sottoposte a verifiche regolari. Si dovrebbe incoraggiare il comitato europeo di normalizzazione (CEN) a sviluppare una metodologia di verifica armonizzata. (14) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e ne garantiscano l’attuazione. Tali sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive, in quanto il mancato rispetto delle disposizioni può comportare danni alla salute umana e all’ambiente. (15) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (10), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento. (16) Poiché è adottata ai sensi dell’articolo 175 del trattato, la presente direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere o di introdurre misure di protezione più rigorose che siano compatibili con il trattato. Ai sensi dell’articolo 176 del trattato, gli Stati membri devono notificare alla Commissione siffatte misure. (17) Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (11). (18) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare misure di attuazione in materia di armonizzazione di norme e metodi. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (19) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire ridurre le emissioni di vapori di benzina nell’atmosfera, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della natura transfrontaliera dell’inquinamento atmosferico, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce misure intese a ridurre la quantità di vapori di benzina emessi nell’atmosfera durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «benzina», la benzina ai sensi della definizione di cui all’articolo 2, lettera a), della direttiva 94/63/CE; 2) «vapori di benzina», composti gassosi che evaporano dalla benzina; 3) «stazione di servizio», una stazione di servizio ai sensi dell’articolo 2, lettera f), della direttiva 94/63/CE; 4) «stazione di servizio esistente», una stazione di servizio che è già costruita o per la quale, prima del 1o gennaio 2012, è concessa un’autorizzazione specifica di progettazione, una licenza di costruzione o di esercizio; 5) «stazione di servizio nuova», una stazione di servizio che è già costruita o per la quale, il 1o gennaio 2012 o successivamente a tale data, è concessa un’autorizzazione specifica di progettazione, una licenza di costruzione o di esercizio; 6) «sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina», l’attrezzatura per recuperare i vapori di benzina spostati dal serbatoio del carburante di un veicolo a motore durante il rifornimento in una stazione di servizio e che li trasferisce in una cisterna di stoccaggio nella stazione di servizio o li riconvoglia al distributore di benzina per rimetterli in vendita; 7) «efficienza della cattura di vapori di benzina», la quantità di vapori di benzina catturati dal sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina rispetto alla quantità di vapori di benzina che sarebbero stati emessi nell’atmosfera in assenza di tale sistema, espressa in percentuale; 8) «rapporto vapori/benzina», il rapporto fra il volume dei vapori di benzina, a pressione atmosferica, che passano attraverso il sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina e il volume della benzina distribuita; 9) «flusso», la quantità totale annua di benzina scaricata da cisterne mobili in una stazione di servizio. Articolo 3 Stazioni di servizio 1. Gli Stati membri assicurano che le stazioni di servizio nuove siano equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina se: a) il flusso effettivo o previsto è superiore a 500 m3/anno; ovvero b) il flusso effettivo o previsto è superiore a 100 m3/anno e tali stazioni sono situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro. 2. Gli Stati membri assicurano che le stazioni di servizio esistenti, oggetto di una ristrutturazione completa, siano equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina al momento della ristrutturazione se: a) il flusso effettivo o previsto è superiore a 500 m3/anno; ovvero b) il flusso effettivo o previsto è superiore a 100 m3/anno e sono situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro. 3. Gli Stati membri assicurano che tutte le stazioni di servizio esistenti con un flusso superiore a 3 000 m3/anno siano equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina entro il 31 dicembre 2018. 4. I paragrafi 1, 2 e 3 non si applicano alle stazioni di servizio utilizzate esclusivamente in associazione alla produzione e alla consegna di nuovi veicoli a motore. Articolo 4 Livello minimo di recupero dei vapori di benzina 1. Gli Stati membri assicurano, con effetto a decorrere dalla data in cui i sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina diventano obbligatori ai sensi dell’articolo 3, che l’efficienza della cattura dei vapori di benzina di tali sistemi sia pari o superiore all’85 % come certificato dal costruttore conformemente alle pertinenti norme tecniche o secondo le procedure di omologazione europee di cui all’articolo 8 o, in mancanza di tali norme o procedure, di qualsiasi norma nazionale. 2. Con effetto dalla data in cui i sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina diventano obbligatori ai sensi dell’articolo 3, laddove i vapori recuperati siano trasferiti in una cisterna di stoccaggio nella stazione di servizio, il rapporto vapori/benzina è uguale o superiore a 0,95 ma inferiore o uguale a 1,05. Articolo 5 Controlli periodici e informativa per il consumatore 1. Gli Stati membri assicurano che l’efficienza della cattura in servizio dei vapori di benzina dei sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina sia verificata almeno una volta all’anno, o controllando che il rapporto vapori/benzina, in condizioni di simulazione di flusso di benzina, rispetti le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, o utilizzando qualsiasi altro metodo adeguato. 2. In caso di installazione di un sistema di controllo automatico, gli Stati membri assicurano che l’efficienza della cattura dei vapori di benzina sia verificata almeno una volta ogni tre anni. Un tale sistema di controllo automatico rileva automaticamente i guasti nel corretto funzionamento del sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina così come nel sistema stesso di controllo automatico, indica i guasti al gestore della stazione di servizio e arresta automaticamente il flusso di benzina dal distributore difettoso se il guasto non è riparato entro sette giorni. 3. Qualora una stazione di servizio abbia installato un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina, gli Stati membri assicurano che sul distributore di benzina, o nelle sue vicinanze, sia esposto un cartello, un adesivo o qualsiasi altra forma di notifica che ne informi i consumatori. Articolo 6 Sanzioni Gli Stati membri determinano le disposizioni relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro il 1o gennaio 2012 e le notificano tempestivamente ogni ulteriore modifica di tali disposizioni. Articolo 7 Riesame Entro il 31 dicembre 2014 la Commissione riesamina l’attuazione della presente direttiva e, in particolare: a) la soglia di 100 m3/anno di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, lettera b), della presente direttiva, nonché all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 94/63/CE; b) la rilevazione della conformità in servizio dei sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina; e c) la necessità di dispositivi di controllo automatico. Essa comunica i risultati di tale riesame al Parlamento europeo e al Consiglio, corredati, se del caso, di una proposta legislativa. Articolo 8 Adeguamenti tecnici I metodi e le norme armonizzati possono essere adottati ai fini degli articoli 4 e 5. Se necessario ai fini della coerenza con le pertinenti norme elaborate dal comitato europeo di normalizzazione (CEN), tali articoli, ad eccezione dell’efficienza della cattura dei vapori di benzina e del rapporto vapori/benzina di cui all’articolo 4 e dei termini di cui all’articolo 5, possono essere adattati al progresso tecnico. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Articolo 9 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 10 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2012. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 11 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 21 ottobre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) Parere del 13 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 5 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 24 settembre 2009. (3) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1. (4) GU L 179 del 17.7.2003, pag. 3. (5) GU L 152 dell’11.6.2008, pag. 1. (6) GU L 309 del 27.11.2001, pag. 22. (7) GU L 365 del 31.12.1994, pag. 24. (8) GU L 350 del 28.12.1998, pag. 58. (9) GU L 118 del 27.4.2001, pag. 41. (10) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (11) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Recupero dei vapori di benzina nelle stazioni di servizio per un’aria più pulita I vapori di benzina emessi durante il rifornimento dei veicoli a motore sono nocivi per la salute umana e l’ambiente. Con una direttiva del 2009, l’Unione europea (UE) sta intervenendo per recuperare tali vapori. ATTO Direttiva 2009/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio SINTESI I vapori di benzina emessi durante il rifornimento dei veicoli a motore sono nocivi per la salute umana e l’ambiente. Con una direttiva del 2009, l’Unione europea (UE) sta intervenendo per recuperare tali vapori. CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Assicura il recupero di vapori di benzina nocivi che possono essere emessi durante il rifornimento di un veicolo a motore in una stazione di servizio. Le pompe di benzina di molte stazioni di servizio dell’UE dovranno essere dotate di sistemi per il recupero di questo vapore. PUNTI CHIAVE La presente direttiva si applica alle stazioni di servizio nuove o oggetto di una ristrutturazione completa che hanno un flusso annuo di oltre 500 m3 di benzina, nonché alle stazioni di servizio con un flusso annuo di oltre 100 m3 situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza. Esse hanno l’obbligo di installare dei sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II (sistemi PVR, petrol vapour recovery). Le stazioni di servizio esistenti più grandi, il cui flusso è superiore a 3 000 m3 devono installare sistemi PVR entro il 2018. L’apparecchiatura PVR deve essere certificata dal produttore in conformità con le norme tecniche pertinenti, e deve essere in grado di catturare almeno l’85 % dei vapori di benzina. L’efficienza delle apparecchiature PVR deve essere verificata almeno una volta l’anno oppure ogni tre anni se la stazione di servizio dispone di attrezzature di controllo automatico. Le stazioni di servizio che abbiano installato un sistema di recupero dei vapori di benzina di fase II devono informarne i consumatori collocando un cartello, un adesivo o qualsiasi altra forma di notifica sul distributore di benzina o nelle sue vicinanze. I metodi di verifica e le norme utilizzate per determinare l’efficienza dei sistemi PVR sono armonizzati ai sensi della direttiva 2014/99/UE. CONTESTO La benzina è una miscela complessa di composti organici volatili che evaporano facilmente nell’aria, dove contribuiscono all’insorgenza di diversi problemi di inquinamento. Questi includono livelli eccessivi di benzene tossico nell’aria e la formazione fotochimica di ozono, un inquinante atmosferico in grado di provocare malattie respiratorie come l’asma. Inoltre, l’ozono è un gas serra. Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sullo stoccaggio e la distribuzione di benzina. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/126/CE 31.10.2009 1.1.2012 GU L 285 del 31.10.2009, pag. 36-39 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2014/99/UE 12.11.2014 12.5.2016 GU L 304 del 23.10.2014, pag. 89-90
0
461
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. ACCORDO QUADRO tra l'Unione europea e il Kosovo (*1) sui principi generali della partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione L'UNIONE EUROPEA, in seguito denominata «Unione», da una parte, e il KOSOVO (*1), dall'altra, in seguito denominati «parti contraenti», considerando quanto segue: (1) Il 14 dicembre 2007 il Consiglio europeo ha sottolineato che l'Unione è pronta a svolgere un ruolo di primo piano nel rafforzare la stabilità della regione, ha dichiarato la disponibilità dell'Unione ad assistere il Kosovo nel cammino verso una stabilità sostenibile e ha confermato che l'Unione intende contribuire allo sviluppo economico e politico attraverso una chiara prospettiva europea, in linea con la prospettiva europea della regione. (2) Il 7 dicembre 2009 il Consiglio ha accolto con favore la comunicazione della Commissione europea del 14 ottobre 2009 intitolata «Realizzare la prospettiva europea del Kosovo» e ha invitato quest'ultima a prendere le misure necessarie per sostenere i progressi del Kosovo verso l'Unione, in linea con la prospettiva europea della regione. Esso ha attribuito importanza alle misure relative al commercio e ai visti e ha incoraggiato la Commissione europea a consentire al Kosovo di partecipare ai programmi dell'Unione, integrando il Kosovo nel sistema di sorveglianza economica e di bilancio, attivando la seconda componente dello strumento di assistenza preadesione e consolidando il dialogo nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione. (3) Il 14 dicembre 2010 il Consiglio ha dichiarato di attendere con interesse una proposta della Commissione europea che consenta la partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione. La Commissione europea ha presentato tale proposta nel marzo 2011. (4) Il 5 dicembre 2011 il Consiglio ha confermato il proprio impegno a trovare un accordo sulla partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione, ferme restando le posizioni degli Stati membri sullo status. (5) Il 22 ottobre 2012 il Consiglio ha autorizzato la Commissione europea ad avviare negoziati a nome dell'Unione su un accordo quadro con il Kosovo riguardo alla sua partecipazione ai programmi dell'Unione. (6) Il Kosovo ha espresso il desiderio di partecipare a una serie di programmi dell'Unione. (7) L'articolo 212 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea fa riferimento ad azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi terzi diversi dai paesi in via di sviluppo. (8) Le modalità e le condizioni specifiche, compreso il relativo contributo finanziario, della partecipazione del Kosovo a ciascun programma specifico dell'Unione dovrebbero essere stabilite nell'ambito di un accordo tra la Commissione europea, che agisce a nome dell'Unione, e le autorità del Kosovo. (9) La firma e la conclusione del presente accordo non pregiudicano la posizione degli Stati membri sullo status del Kosovo, posizione che ciascuno di essi deciderà conformemente alla rispettiva prassi nazionale e al diritto internazionale. Nessuna parola, formulazione o definizione utilizzata nel presente accordo, compreso il suo allegato, o nei programmi dell'Unione costituisce un riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente da parte dell'Unione, né costituisce un riconoscimento del Kosovo come tale da parte dei singoli Stati membri che non abbiano proceduto in tal senso, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Il Kosovo è ammesso a partecipare ai seguenti programmi dell'Unione: a) a quegli attuali programmi dell'Unione elencati nell'allegato, e ai programmi che vi succederanno, che saranno aperti alla partecipazione del Kosovo, una volta entrato in vigore il presente accordo; b) ai programmi dell'Unione che saranno istituiti o prorogati dopo la firma del presente accordo che contengono una clausola di apertura relativa alla partecipazione del Kosovo. Il Kosovo può partecipare ai programmi dell'Unione conformemente ai suoi impegni di adottare e applicare norme nei settori pertinenti al programma in questione e con i progressi compiuti a tale riguardo. Articolo 2 Il Kosovo fornisce un contributo finanziario al bilancio generale dell'Unione europea in proporzione ai programmi specifici dell'Unione cui partecipa. Articolo 3 I rappresentanti del Kosovo possono partecipare, in veste di osservatori e per i punti che riguardano il Kosovo, ai comitati di gestione responsabili del controllo dei programmi dell'Unione ai quali il Kosovo contribuisce finanziariamente. Articolo 4 Alle iniziative e ai progetti presentati dai partecipanti del Kosovo si applicano, per quanto possibile, le stesse condizioni, norme e procedure applicate agli Stati membri per i programmi dell'Unione in questione. Articolo 5 Le modalità e le condizioni specifiche relative alla partecipazione del Kosovo a ciascun programma specifico dell'Unione, in particolare il contributo finanziario da versare, saranno stabilite nell'ambito di un accordo tra la Commissione europea, che agisce a nome dell'Unione, e le autorità del Kosovo. Gli accordi di questo tipo sono considerati parte integrante del presente accordo. Qualora il Kosovo chieda l'assistenza preadesione dell'Unione sulla base del regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio (1) o a norma di qualsiasi regolamento analogo che possa essere adottato in futuro e che preveda l'assistenza esterna dell'Unione al Kosovo, le condizioni che disciplinano l'impiego dell'assistenza dell'Unione da parte del Kosovo sono stabilite nel quadro di una convenzione di finanziamento. Articolo 6 Ogni accordo di cui all'articolo 5, primo comma, stabilisce che, conformemente al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), il controllo finanziario o le verifiche contabili devono essere effettuati dalla Commissione europea, dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e dalla Corte dei conti, direttamente o sotto la loro autorità. Sono adottate disposizioni dettagliate in materia di controllo finanziario e verifiche contabili, misure amministrative, sanzioni e recupero che permettano di conferire alla Commissione europea, all'OLAF e alla Corte dei conti poteri equivalenti a quelli di cui dispongono nei confronti di beneficiari o contraenti stabiliti nell'Unione. Articolo 7 Il presente accordo si applica per un periodo indeterminato. Il presente accordo può essere denunciato da ciascuna delle parti contraenti mediante un preavviso di sei mesi notificato per iscritto. Articolo 8 Le parti contraenti possono rivedere il presente accordo per la prima volta entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore e, successivamente, ogni tre anni, in base all'esperienza acquisita attraverso la partecipazione del Kosovo a uno o più programmi dell'Unione. Articolo 9 Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio del Kosovo. Articolo 10 Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del primo mese successivo alla data in cui le parti contraenti si sono notificate reciprocamente l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure necessarie per la sua entrata in vigore. Articolo 11 Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese, albanese e serba, tutti i testi facenti ugualmente fede. Съставено в Брюксел на двадесет и пети ноември през две хиляди и шестнадесета година. Hecho en Bruselas, el veinticinco de noviembre de dos mil dieciséis. V Bruselu dne dvacátého pátého listopadu dva tisíce šestnáct. Udfærdiget i Bruxelles den femogtyvende november to tusind og seksten. Geschehen zu Brüssel am fünfundzwanzigsten November zweitausendsechzehn. Kahe tuhande kuueteistkümnenda aasta novembrikuu kahekümne viiendal päeval Brüsselis. Έγινε στις Βρυξέλλες, στις είκοσι πέντε Νοεμβρίου δύο χιλιάδες δεκαέξι. Done at Brussels on the twenty fifth day of November in the year two thousand and sixteen. Fait à Bruxelles, le vingt cinq novembre deux mille seize. Sastavljeno u Bruxellesu dvadeset petog studenoga godine dvije tisuće šesnaeste. Fatto a Bruxelles, addì venticinque novembre duemilasedici. Briselē, divi tūkstoši sešpadsmitā gada divdesmit piektajā novembrī. Priimta du tūkstančiai šešioliktų metų lapkričio dvidešimt penktą dieną Briuselyje. Kelt Brüsszelben, a kétezer-tizenhatodik év november havának huszonötödik napján. Magħmul fi Brussell, fil-ħamsa u għoxrin jum ta‘ Novembru fis-sena elfejn u sittax. Gedaan te Brussel, vijfentwintig november tweeduizend zestien. Sporządzono w Brukseli dnia dwudziestego piątego listopada roku dwa tysiące szesnastego. Feito em Bruxelas, em vinte e cinco de novembro de dois mil e dezasseis. Întocmit la Bruxelles la douăzeci și cinci noiembrie două mii șaisprezece. V Bruseli dvadsiateho piateho novembra dvetisícšestnásť. V Bruslju, dne petindvajsetega novembra leta dva tisoč šestnajst. Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäviidentenä päivänä marraskuuta vuonna kaksituhattakuusitoista. Som skedde i Bryssel den tjugofemte november år tjugohundrasexton. Në Bruksel, më njëzet e pesë nëntor të vitit dy mijë e gjashtëmbëdhjetë. U Briselu, dvadeset petog novembra godine dve hiljade šesnaeste. За Европейския съюз Рог la Unión Europea Za Evropskou unii For Den Europæiske Union Für die Europäische Union Euroopa Liidu nimel Για την Ευρωπαϊκή Ένωση For the European Union Pour l'Union européenne Za Europsku uniju Per l'Unione europea Eiropas Savienības vārdā – Europos Sąjungos vardu Az Európai Unió részéről Għall-Unjoni Ewropea Voor de Europese Unie W imieniu Unii Europejskiej Pela União Europeia Pentru Uniunea Europeană Za Európsku úniu Za Evropsko unijo Euroopan unionin puolesta För Europeiska unionen Për Bashkimin Evropian Za Evropsku uniju За Косово Por Kosovo Za Kosovo For Kosovo Für den Kosovo Kosovo nimel Για το Κοσσυφοπέδιο For Kosovo Pour le Kosovo Za Kosovo Per il Kosovo Kosovas vārdā – Kosovo vardu Koszovó részéről Għall-Kosovo Voor Kosovo W imieniu Kosowa Pelo Kosovo Pentru Kosovo Za Kosovo Za Kosovo Kosovon puolesta För Kosovo Për Kosovën Za Kosovo (*1) Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 (1999) dell'UNSC e con il parere della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. (1) Regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, del 17 luglio 2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (GU UE L 210 del 31.7.2006, pag. 82). (2) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU UE L 298 del 26.10.2012, pag. 1). ALLEGATO ELENCO DEGLI ATTUALI PROGRAMMI DELL'UNIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 1 — Fiscalis 2020 (1) — Dogana 2020 (2) — Hercule III (3) — Giustizia (4) — Programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza (5) — Europa per i cittadini (6) — Meccanismo di protezione civile (7) — Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (ISA2) (8) — COSME (9) — Programma per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI) (10) — Erasmus+ (11) — Europa creativa (12) — Orizzonte 2020 (13) — Programma «Salute per la crescita» (14) — Programma per la tutela dei consumatori (15) — LIFE (16) — Copernicus (17) (1) Regolamento (UE) n. 1286/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma di azione inteso a migliorare il funzionamento dei sistemi di imposizione nell'Unione europea per il periodo 2014-2020 (Fiscalis 2020) e che abroga la decisione n. 1482/2007/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 25). (2) Regolamento (UE) n. 1294/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma di azione doganale nell'Unione europea per il periodo 2014-2020 (Dogana 2020) e abroga la decisione n. 624/2007/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 209). (3) Regolamento (UE) n. 250/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, che istituisce un programma per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea (programma Hercule III) e che abroga la decisione n. 804/2004/CE (GU UE L 84 del 20.3.2014, pag. 6). (4) Regolamento (UE) n. 1382/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che istituisce un programma Giustizia per il periodo 2014-2020 (GU UE L 354 del 28.12.2013, pag. 73). (5) Regolamento (UE) n. 1381/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che istituisce un programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza per il periodo 2014-2020 (GU UE L 354 del 28.12.2013, pag. 62). (6) Regolamento (UE) n. 390/2014 del Consiglio, del 14 aprile 2014, che istituisce il programma «L'Europa per i cittadini» per il periodo 2014-2020 (GU UE L 115 del 17.4.2014, pag. 3). (7) Decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 924). (8) Decisione (UE) 2015/2240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, che istituisce un programma sulle soluzioni di interoperabilità e quadri comuni per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (programma ISA2) come mezzo per modernizzare il settore pubblico (GU UE L 318 del 4.12.2015, pag. 1). (9) Regolamento (UE) n. 1287/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME) (2014 — 2020) e abroga la decisione n. 1639/2006/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 33). (10) Regolamento (UE) n. 1296/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo a un programma dell'Unione europea per l'occupazione e l'innovazione sociale («EaSI») e recante modifica della decisione n. 283/2010/UE che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l'occupazione e l'inclusione sociale (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 238). (11) Regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce «Erasmus+»: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga le decisioni n. 1719/2006/CE, n. 1720/2006/CE e n. 1298/2008/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 50). (12) Regolamento (UE) n. 1295/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma Europa creativa (2014-2020) e che abroga le decisioni n. 1718/2006/CE, n. 1855/2006/CE e n. 1041/2009/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 221). (13) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014 — 2020) — Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 104). (14) Regolamento (UE) n. 282/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, sulla istituzione del terzo programma d'azione dell'Unione in materia di salute (2014-2020) e che abroga la decisione n. 1350/2007/CE (GU UE L 86 del 21.3.2014, pag. 1). (15) Regolamento (UE) n. 254/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativo a un programma pluriennale per la tutela dei consumatori per il periodo 2014-2020 e che abroga la decisione n. 1926/2006/CE (GU UE L 84 del 20.3.2014, pag. 42). (16) Regolamento (UE) n. 1293/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, sull'istituzione di un programma per l'ambiente e l'azione per il clima (LIFE) e che abroga il regolamento (CE) n. 614/2007 (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 185). (17) Regolamento (UE) n. 377/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, che istituisce il programma Copernicus e che abroga il regolamento (UE) n. 911/2010 (GU UE L 122, del 24.4.2014, pag. 44). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
*Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244/1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizi sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. ai programmi dell’UE Partecipazione del Kosovo* ai programmi dell’UE QUAL È LO SCOPO DI QUESTO ACCORDO? Esso ammette il Kosovo a partecipare a programmi selezionati dell’UE e stabilisce le condizioni di tale partecipazione, quali l’integrazione all’interno del quadro di sorveglianza economica e di bilancio, e l’obbligo di soddisfare norme e di fornire gli opportuni contributi finanziari. PUNTI CHIAVE Nel 2007 il Consiglio europeo sottolineava che l’UE fosse pronta a svolgere un ruolo di primo piano nel rafforzamento della stabilità nella regione dei Balcani occidentali e dichiarò di essere disposto ad assistere il Kosovo sulla via della stabilità sostenibile. L’UE ha ribadito di essere pronta a favorire lo sviluppo economico e politico attraverso una chiara prospettiva europea, mentre il Kosovo ha espresso il desiderio di partecipare a una serie di programmi dell’UE. Questo quadro rende il Kosovo ammissibile alla partecipazione a determinati progetti dell’UE, come parte dell’attivazione della seconda fase dello strumento di assistenza preadesione (IPA II) e del rafforzamento del processo avviato dall’accordo di stabilizzazione e di associazione con il Kosovo, entrato in vigore il 1° aprile 2016. I punti principali dell’accordo quadro sono i seguenti.Il Kosovo è ammesso a partecipare a una serie di programmi dell’UE, elencati di seguito, nonché a ogni nuovo programma che preveda specificamente la partecipazione del Kosovo. La partecipazione dipende dall’impegno e dai progressi del Kosovo nell’applicazione delle norme nelle aree pertinenti. Il Kosovo contribuirà finanziariamente al bilancio generale dell’UE in proporzione ai programmi specifici cui parteciperà. I rappresentanti del Kosovo possono partecipare in qualità di osservatori, laddove il Kosovo sia coinvolto, nei comitati di gestione che monitorano i programmi ai quali il Kosovo contribuisce finanziariamente. I progetti e le iniziative presentate dai partecipanti del Kosovo sono soggetti alle stesse condizioni applicate per i paesi dell’UE. I termini della partecipazione del Kosovo a ciascun programma dell’UE, in particolare per quanto concerne il contributo finanziario, saranno definiti dalla Commissione europea insieme alle autorità del Kosovo. Ogni accordo stipulerà, in conformità al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, che il controllo finanziario o le verifiche contabili avvengano sotto l’autorità della Commissione, dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e della Corte dei conti europea, i quali avranno poteri equivalenti a quelli di cui godono nell’UE in merito a controllo finanziario e verifica dei conti, atti amministrativi, sanzioni penali e recupero; Se il Kosovo richiede l’assistenza preadesione dell’UE nell’ambito dell’IPA II, le condizioni saranno determinate in un accordo di finanziamento. L’accordo si applica ai territori nei quali è in vigore il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, alle condizioni ivi stabilite, e al territorio del Kosovo. Esso si applica per un periodo indeterminato, ma può essere terminato da entrambe le parti con preavviso di sei mesi. Deve essere rivisto ogni tre anni in base all’esperienza della partecipazione del Kosovo ai programmi dell’UE. Programmi dell’UE che consentono la partecipazione del Kosovo al momento della firma dell’accordoFiscalis 2020 Dogana 2020 Hercule III Giustizia Programma diritti, uguaglianza e cittadinanza L’Europa per i cittadini Meccanismo di protezione civile Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (ISA2) COSME Programma per l’occupazione e la politica sociale (EaSI) Erasmus+ Europa creativa Orizzonte 2020 Programma Salute per la crescita Programma per la tutela dei consumatori LIFE Copernicus A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO? È in vigore dal 1o agosto 2017. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Kosovo (Commissione europea) Il Kosovo e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTO PRINCIPALE Accordo quadro tra Unione europea e Kosovo* sui principi generali della partecipazione del Kosovo ai programmi dell’Unione (GU L 195 del 27.7.2017, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di stabilizzazione e di associazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da un lato, e il Kosovo*, dall’altro (GU L 71 del 16.3.2016, pag. 3). Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che stabilisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11). *Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244/1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizi sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
1
45
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (CE) N. 2182/2004 DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 2004 relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 123, paragrafo 4, terza frase, vista la proposta della Commissione, visto il parere della Banca centrale europea (1), considerando quanto segue: (1) Il 1o gennaio 1999 l’euro è diventato la moneta legale degli Stati membri partecipanti ai sensi delle disposizioni del regolamento (CE) n. 974/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (2), e dei paesi terzi che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, ossia Monaco, San Marino e Città del Vaticano. (2) Il regolamento (CE) n. 975/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (3), ha definito le caratteristiche essenziali delle monete metalliche in euro. Queste ultime, dopo l’introduzione nel gennaio 2002, sono in circolazione in tutta l’area dell’euro come moneta legale unica in forma metallica. (3) Nella raccomandazione 2002/664/CE della Commissione, del 19 agosto 2002, relativa a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (4), si suggerivano determinate caratteristiche estetiche da evitare nella vendita, nella produzione, nello stoccaggio, nell’importazione e nella distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, di medaglie e gettoni di dimensioni analoghe a quelle delle monete metalliche in euro. (4) La comunicazione della Commissione, del 23 luglio 1997, relativa all’uso del simbolo euro, ha stabilito il simbolo «€» e ha invitato gli utilizzatori della moneta ad usare il simbolo per indicare gli importi monetari denominati in euro. (5) La comunicazione della Commissione, del 22 ottobre 2001, concernente la tutela dei diritti d’autore relativi ai disegni della faccia comune delle monete in euro (5), ha definito le disposizioni da applicare per quanto riguarda la riproduzione dei disegni della faccia comune delle monete metalliche in euro. (6) Le caratteristiche estetiche delle monete euro sono state pubblicate dalla Commissione il 28 dicembre 2001 (6). (7) I cittadini potrebbero essere portati a credere che medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent», il simbolo euro, ovvero un disegno simile a quello figurante sulla faccia comune o su una qualsiasi di quelle nazionali delle monete metalliche in euro, abbiano corso legale in qualunque Stato membro che ha adottato l’euro come moneta unica, ovvero in un paese terzo partecipante. (8) Si registra un rischio sempre crescente che medaglie e gettoni di dimensioni e proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro possano essere usati illegalmente al posto delle monete metalliche in euro. (9) È pertanto opportuno che medaglie e gettoni aventi caratteristiche estetiche, dimensioni o proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro non siano vendute, fabbricate, importate o distribuite a fini di vendita o a altri fini commerciali. (10) Spetta a ciascuno Stato membro introdurre sanzioni applicabili alle violazioni, al fine di conseguire una protezione equivalente dell'euro nei confronti di medaglie e gettoni simili in tutta la Comunità, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «euro»: la moneta legale degli Stati membri partecipanti quali definiti nell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 974/98 e dei paesi terzi partecipanti che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, in seguito denominati «paesi terzi partecipanti»; b) «simbolo euro»: il simbolo che rappresenta l’euro «€», come raffigurato e descritto nell’allegato I; c) «medaglie e gettoni»: gli oggetti metallici, diversi dai tondelli destinati alla coniazione delle monete, aventi la parvenza e/o le caratteristiche tecniche di una moneta, ma non emessi in base a disposizioni legislative nazionali o dei paesi terzi partecipanti o in base ad altre disposizioni estere e che non costituiscono pertanto né uno strumento legale di pagamento né sono provvisti di corso legale; d) «oro», «argento» e «platino»: le leghe contenenti oro, argento e platino con purezza in millesimi di peso di almeno 375, 500 e 850 rispettivamente. La presente definizione non riguarda le convenzioni sulla punzonatura applicabili negli Stati membri; e) «Centro tecnico-scientifico europeo» (in seguito denominato «CTSE»): l’ente istituito dalla decisione della Commissione del 29 ottobre 2004; f) «banda di riferimento»: rientra nel significato attribuitovi nella sezione 1 dell'allegato II. Articolo 2 Disposizioni protettive In base agli articoli 3 e 4, la produzione e la vendita di medaglie e gettoni, nonché la relativa importazione e distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, sono vietate nelle seguenti circostanze: a) quando i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro sono impressi sulla superficie; oppure b) quando le loro dimensioni rientrano nella banda di riferimento; oppure c) quando un disegno, figurante sulla superficie di medaglie e gettoni, è simile ad uno qualsiasi dei disegni nazionali del diritto o al rovescio comune delle monete metalliche in euro, oppure è identico o simile al disegno del bordo della moneta da 2 euro. Articolo 3 Eccezioni 1. Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale quando le relative dimensioni non rientrano nella banda di riferimento. 2. Non devono essere vietati medaglie e gettoni di dimensioni rientranti nella banda di riferimento quando: a) al centro degli oggetti vi è un foro superiore a 6 millimetri, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, fermo restando il rispetto dei requisiti di cui alla lettera c, punto ii); oppure b) sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure c) soddisfano le seguenti condizioni: i) i valori combinati di diametro e altezza del bordo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 2 dell’allegato II; e ii) i valori combinati di diametro e proprietà del metallo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 3 dell’allegato II. Articolo 4 Deroghe autorizzate 1. La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro in condizioni di utilizzo controllate ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di uno Stato membro deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni, che devono recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale». 2. La Commissione è competente a dichiarare la «similitudine» di un disegno ai sensi della definizione di cui all'articolo 2, lettera c). Articolo 5 Medaglie e gettoni esistenti Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento che non soddisfano i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 possono continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, che costituisce un termine ultimo, a meno che non possano essere utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili negli Stati membri e comunicati al CTSE. Articolo 6 Sanzioni 1. Gli Stati membri definiscono le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano entro il 1o luglio 2005 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per l’applicazione del presente articolo. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 7 Applicabilità Il presente regolamento si applica negli Stati membri partecipanti quali definiti nel regolamento (CE) n. 974/98. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2004. Per il Consiglio Il presidente H. HOOGERVORST (1) GU C 134 del 12.5.2004, pag. 11. (2) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2596/2000 (GU L 300 del 29.11.2000, pag. 2). (3) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 423/1999 (GU L 52 del 27.2.1999, pag. 2). (4) GU L 225 del 22.8.2002, pag. 34. (5) GU C 318 del 13.11.2001, pag. 3. (6) GU C 373 del 28.12.2001, pag. 1. ALLEGATO I RAFFIGURAZIONE DEL SIMBOLO EURO DI CUI ALL’ARTICOLO 1 ALLEGATO II 1. Definizione della banda di riferimento di cui all’articolo 1 a) La banda di riferimento relativa alle dimensioni di medaglie e gettoni è costituita dall’insieme delle combinazioni dei valori per diametro e dei valori per altezza del bordo compresi rispettivamente nel margine di riferimento per diametro e nel margine di riferimento per altezza del bordo. b) Il margine di riferimento per diametro è quello compreso tra 19,00 millimetri e 28,00 millimetri. c) Il margine di riferimento per altezza del bordo è quello compreso tra il 7,00 % e il 12,00 % di ciascun valore rientrante nel margine di riferimento per diametro. 2. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto i) Margini definiti Diametro (mm) Altezza del bordo (mm) 1. 19,45-20,05 1,63-2,23 2. 21,95-22,55 1,84-2,44 3. 22,95-23,55 2,03-2,63 4. 23,95-24,55 2,08-2,68 5. 25,45-26,05 1,90-2,50 3. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto ii) Diametro (mm) Proprietà del metallo 1. 19,00-21,94 Conduttività elettrica compresa tra 14,00 e 18,00 % IACS 2. 21,95-24,55 Conduttività elettrica compresa tra: — 14,00 e 18,00 % IACS; oppure — 4,50 e 6,50 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 3. 24,56-26,05 Conduttività elettrica compresa tra: — 15,00 e 18,00 % IACS; oppure — 13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 4. 26,06-28,00 Conduttività elettrica compresa tra 13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 4. Rappresentazione grafica Il seguente grafico fornisce un’illustrazione indicativa delle definizioni riportate nel presente allegato: Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Medaglie e gettoni che assomigliano alle monete dell'euro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce condizioni uniformi per la produzione di medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro, al fine di proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode. Definisce l'uso dei termini relativi all'euro, da una parte, e il grado di somiglianza tecnica fra medaglie/gettoni e monete metalliche in euro, dall'altra. PUNTI CHIAVE Il regolamento è finalizzato a proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode derivato da oggetti metallici, come le medaglie o i gettoni, che hanno una forte somiglianza con le monete dell'euro. Non solo tali medaglie o gettoni possono essere confusi con quelle aventi corso legale (e quindi accettati qualora vengano offerti come pagamento come le monete metalliche o le banconote), ma possono anche essere utilizzati illegalmente al posto delle monete in euro. Ai fini del regolamento, le medaglie e i gettoni sono definiti come oggetti metallici che hanno l'aspetto e/o le proprietà tecniche delle monete metalliche in euro, ma che non sono emessi ai sensi di misure legislative nazionali o di paesi terzi partecipanti né da altre misure legislative straniere e che perciò non costituiscono mezzi legali di pagamento né hanno corso legale. Il regolamento vieta la produzione, la vendita, l'importazione e la distribuzione (a fini di vendita o ad altri fini commerciali) di medaglie e gettoni aventi caratteristiche o proprietà estetiche simili alla moneta unica. Le medaglie e i gettoni non devono recare impressi i termini «euro» o «euro cent»; il simbolo euro sulla loro superficie. Inoltre non possono recare impresso un disegno simile a quello riprodotto sulle monete dell'euro, i simboli rappresentanti la sovranità dei paesi dell'Unione europea (UE), le forme e i disegni dei bordi delle monete in euro o il simbolo dell'euro. In ultimo, le medaglie e i gettoni non devono avere le stesse dimensioni delle monete in euro. La Commissione europea preciserà se un oggetto metallico può essere considerato una medaglia o un gettone e se rientra nel divieto del presente regolamento. Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale, quando le relative dimensioni sono sufficientemente diverse dalle monete in euro e quando non rappresentino un disegno simile ai disegni e ai simboli di cui sopra. Se però la loro dimensione è simile, devono o possedere al loro centro un foro, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, oppure sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti. La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di un paese dell'UE deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni. Se la medaglia o il gettone possiede anche un associato valore nominale, dovrà recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale». I valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete in euro, l'unica coniatura avente corso legale nella zona euro, sono definiti nel regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio. Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, potevano continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, purché non fossero utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili nei paesi dell'UE e comunicati al Centro tecnico-scientifico europeo. Il presente regolamento si applica in tutti i paesi dell'UE che hanno introdotto l'euro nel 2002 (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna). Il suo ambito è stato esteso dal regolamento (CE) n. 2183/2004, modificato dal regolamento (CE) n. 47/2009, ai paesi dell'UE che non hanno ancora introdotto l'euro. I paesi dell'UE dovevano stabilire e attuare le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni del regolamento entro il 1o luglio 2005. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 21 dicembre 2004. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1-6) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2182/2004 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
0
830
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d'Islanda Gazzetta ufficiale n. L 014 del 18/01/1990 pag. 0019 - 0021 *****ACCORDO QUADRO di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d'Islanda IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità economica europea, e LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità europea dell'energia atomica e qui di seguito denominata « Commissione », da un lato, IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA D'ISLANDA, che agisce a nome della Repubblica d'Islanda, qui di seguito denominato « Islanda », dall'altro lato, qui di seguito entrambi denominati « parti contraenti », CONSIDERANDO che, fatte salve le disposizioni pertinenti dei trattati che istituiscono la Comunità economica europea e la Comunità europea dell'energia atomica, il presente accordo quadro e qualsiasi azione avviata ai sensi dell'accordo stesso non pregiudicheranno in alcun modo i poteri che spettano agli Stati membri delle Comunità europee di avviare attività bilaterali con l'Islanda nei settori della scienza, della tecnologia, della ricerca e dello sviluppo e di concludere eventuali accordi a tal fine; CONSIDERANDO l'importanza della ricerca scientifica e tecnica per l'Islanda e le Comunità europee, qui di seguito denominate « Comunità », ed il reciproco interesse per una cooperazione in detto settore per meglio utilizzare le risorse ed evitare inutili doppioni; CONSIDERANDO che in occasione della riunione di Lussemburgo del 9 aprile 1984 i ministri degli Stati membri delle Comunità, i ministri degli Stati membri dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e la Commissione hanno ritenuto che la sempre crescente interdipendenza economica tra le Comunità ed i paesi dell'EFTA giustificasse, in particolare, una cooperazione nel settore della ricerca e dello sviluppo e hanno sottolineato la necessità di intensificare tali sforzi, in particolare per promuovere la mobilità dei ricercatori; che inoltre i ministri hanno espresso il desiderio di attribuire particolare attenzione a determinati settori industriali e tecnici del futuro; CONSIDERANDO che l'Islanda e la Comunità economica europea cooperano nel quadro di un progetto COST (cooperazione europea per la ricerca scientifica e tecnica) e che intendono proseguire i loro sforzi in tale progetto; CONSIDERANDO che l'Islanda e le Comunità eseguono programmi di ricerca in settori d'interesse comune; CONSIDERANDO che l'Islanda e le Comunità sono interessate a cooperare nel quadro di questi programmi; CONSIDERANDO che per conseguire tale obiettivo è auspicabile stabilire un quadro che comprenda la totalità della cooperazione tra l'Islanda e le Comunità nel settore della ricerca, cui possono venir associate organizzazioni e imprese private; che inoltre tale quadro deve prevedere procedure semplici ed efficaci e rivestire un carattere dinamico, HANNO CONVENUTO LE DISPOSIZIONI SEGUENTI: A. Obiettivo dell'accordo Articolo 1 Il presente accordo definisce il quadro per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnica tra l'Islanda e le Comunità nei settori di interesse comune oggetto di programmi di ricerca e sviluppo delle parti contraenti. Articolo 2 La cooperazione può essere realizzata tramite organizzazioni ed imprese, pubbliche o private, che partecipano in Islanda e nelle Comunità ai programmi di ricerca di cui all'articolo 1. Articolo 3 La cooperazione può assumere le seguenti forme: - regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica di ricerca e della pianificazione di detta politica in Islanda e nelle Comunità; - scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione; - trasmissione di informazioni risultanti dalla cooperazione instaurata nel presente accordo; - coordinamento di programmi e progetti realizzati in Islanda e nelle Comunità; - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e realizzazione di azioni comuni in Islanda e nelle Comunità. Articolo 4 La cooperazione può essere attuata con i mezzi seguenti: - riunioni comuni; - visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; - contatti regolari tra responsabili della pianificazione e della gestione dei programmi o dei progetti; - partecipazione di esperti a seminari, simposi e gruppi di lavoro; - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e ad azioni comuni; - messa a disposizione di documenti e comunicazione dei risultati dei lavori effettuati nel quadro della cooperazione. Articolo 5 La cooperazione può essere adattata e sviluppata in qualsiasi momento di comune accordo tra le parti contraenti. B. Realizzazione della cooperazione Articolo 6 La cooperazione di cui al presente accordo è realizzata attraverso accordi opportuni. Articolo 7 Gli accordi di cui all'articolo 6 specificano le forme e il regime di ogni azione di cooperazione, nonché: - gli obiettivi e il contenuto scientifico e tecnico; - le norme relative alla diffusione delle conoscenze e alla proprietà intellettuale; - le disposizioni relative al personale ed alla mobilità e alla partecipazione di rappresentanti di una delle parti contraenti alle organizzazioni dell'altra parte; - le modalità di partecipazione finanziaria agli accordi; - ogni altra opportuna modalità. Articolo 8 Gli accordi di cui all'articolo 6 verranno conclusi conformemente alle procedure in vigore per ogni parte contraente. Articolo 9 Le parti contraenti si comunicheranno reciprocamente il nome delle organizzazioni e delle imprese di cui all'articolo 2 che partecipano alla cooperazione. C. Comitato misto Articolo 10 È istituito un comitato misto denominato « comitato di ricerca Islanda/Comunità » al fine di: - identificare i possibili settori di cooperazione ed esaminare qualsiasi misura volta al miglioramento e allo sviluppo della cooperazione; - avere scambi regolari di opinioni sugli orientamenti e sulle priorità delle politiche di ricerca e la pianificazione della ricerca in Islanda e nelle Comunità e sulle prospettive della cooperazione; - curare la buona esecuzione del presente accordo. Articolo 11 Il comitato misto, composto da rappresentanti della Commissione e dell'Islanda, adotta il proprio regolamento interno. Esso si riunisce su richiesta di una delle parti contraenti ed almeno una volta all'anno. D. Disposizioni finali Articolo 12 Il presente accordo sarà approvato dalle parti contraenti, conformemente alle rispettive procedure vigenti. Esso entrerà in vigore alla data in cui le parti contraenti si saranno reciprocamente notificate l'espletamento delle procedure necessarie a tal fine. Articolo 13 Il presente accordo si applica ai territori nei quali si applicano i trattati che istituiscono la Comunità economica europea e la Comunità europea dell'energia atomica, alle condizioni da questi fissate, nonché al territorio della Repubblica d'Islanda. Articolo 14 Il presente accordo ha una durata illimitata. Ogni parte contraente può in qualsiasi momento denunciarlo o richiederne la revisione con un preavviso di dodici mesi. Articolo 15 Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, tedesca e islandese, tutti i testi facenti ugualmente fede. Fatto a Bruxelles, addì 30 ottobre 1989. 1.2 // Per il Consiglio e la Commissione delle Comunità europee // Per la Repubblica d'Islanda // J. VIDAL Frans ANDRIESSEN // Jón Baldvin HANNIBALSSON Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e l’Islanda QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Islanda e le Comunità europee in settori di interesse comune che sono oggetto di programmi di ricerca e sviluppo. Con la sua decisione 90/23/CEE, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). Con la decisione 90/ 24/Euratom, la Commissione europea ha approvato la conclusione dell’accordo a nome della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). PUNTI CHIAVE Cooperazione La cooperazione può assumere le seguenti forme:regolari scambi di opinioni sulla direzione e le priorità delle politiche e della pianificazione della ricerca in Islanda, nell’UE e nell’Euratom; scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione; la trasmissione delle informazioni derivanti dalla cooperazione ai sensi del presente accordo; la cooperazione di programmi e progetti realizzati in Islanda, nell’UE e nell’Euratom; la partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e la realizzazione di azioni comuni in Islanda e nell’UE e nell’Euratom.Attività La cooperazione può essere attuata nei seguenti modi:riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; contatti regolari tra i programmi o tra i pianificatori e i responsabili dei progetti; partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e azioni comuni; disponibilità di documenti e comunicazione dei risultati del lavoro svolto nell’ambito della cooperazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 6 giugno 1990 per un periodo indefinito. Può essere revocato e riesaminato in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO Le relazioni tra l’UE e l’Islanda sono disciplinate principalmente dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, che ha creato una zona di libera circolazione di persone, servizi, beni e capitali che comprende i paesi dell’UE, l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia. Per l’Euratom, con decisione del Consiglio del 19 giugno 1989, il Consiglio ha approvato l’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda ai fini della conclusione definitiva da parte della Commissione a nome dell’Euratom. Sulla base di questa decisione del Consiglio, la Commissione ha adottato la decisione 90/24/Euratom, la quale prevedeva che l’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda fosse concluso anche a nome dell’Euratom. Per ulteriori informazioni, si veda:L’Islanda e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda (GU L 14 del 18.1.1990, pag. 19). Decisione 90/23/CEE del Consiglio, del 29 settembre 1989, relativa alla conclusione, a nome della Comunità economica europea, dell’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda (GU L 14 del 18.1.1990, pag. 18). Decisione 90/24/Euratom della Commissione, del 12 gennaio 1990, concernente la conclusione definitiva, a nome della Comunità europea dell’energia atomica, dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda (GU L 14 del 18.1.1990, pag. 22).
1
971
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. 2000/57/CE: Decisione della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [notificata con il numero C(1999) 4016] Gazzetta ufficiale n. L 021 del 26/01/2000 pag. 0032 - 0035 DECISIONE DELLA COMMISSIONEdel 22 dicembre 1999sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[notificata con il numero C(1999) 4016](2000/57/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità(1), in particolare l'articolo 1 e l'articolo 7,considerando quanto segue:(1) Secondo la decisione n. 2119/98/CE, occorre istituire una rete comunitaria per promuovere la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri, con l'assistenza della Commissione, al fine di migliorare la prevenzione e il controllo nella Comunità delle categorie di malattie trasmissibili indicate nell'allegato di detta decisione. Tale rete deve essere usata per la sorveglianza epidemiologica di dette malattie e per un sistema di allarme rapido e di reazione.(2) Le malattie e i problemi sanitari speciali da assoggettare al sistema comunitario di allarme rapido e di reazione deve rispecchiare le esigenze attuali della Comunità, in particolare il valore aggiunto rappresentato da una reazione a livello comunitario.(3) Il sistema di allarme rapido e di reazione deve affrontare le questioni sollevate dalle competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro, oppure messe in evidenza su dati raccolti a norma dell'articolo 4 della decisione n. 2119/98/CE.(4) La presente decisione deve agevolare l'integrazione di questa rete comunitaria con altre reti di allarme rapido istituite a livello nazionale e comunitario, per malattie e settori speciali coperti dal sistema di allarme rapido e di reazione. Di conseguenza, ai fini della sua esecuzione, la rete comunitaria deve operare in primo luogo tramite il sistema EUPHIN-HSSCD (sistema di sorveglianza sanitaria per le malattie trasmissibili nell'ambito della rete europea d'informazione sanitaria pubblica), il quale consiste di tre componenti:a) un sistema di allarme rapido e di reazione per casi di minacce specificate al pubblico, trasmessi dalle competenti autorità sanitarie pubbliche di ciascuno Stato membro, responsabili della decisione delle misure che possono essere necessarie per la protezione della sanità pubblica;b) scambio di informazioni tra strutture riconosciute ed autorità degli Stati membri competenti per la sanità pubblica;c) reti specifiche per malattie selezionate per la sorveglianza epidemiologica, composte di strutture riconosciute e autorità degli Stati membri.(5) Lo sviluppo di nuove tecnologie utili deve essere seguito regolarmente, tenendone conto per il miglioramento del sistema operativo EUPHIN-HSSCD.(6) Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito dall'articolo 7 della decisione n. 2119/98/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 11. Il sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria è riservato ai casi di cui all'allegato I (in prosieguo: "i casi"), o alle indicazioni dei medesimi, i quali, da soli o in associazione con altri casi simili, rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica.2. Le strutture o autorità in ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza, l'elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria o qualsiasi altro sistema comunitario di raccolta.Articolo 21. Le procedure di scambio di informazioni indicanti un caso sono descritte nell'allegato II, sezione 1 (livello 1: scambio d'informazioni).2. Le procedure da seguire qualora un caso rappresenti una minaccia sanitaria potenziale o reale sono descritti nell'allegato II, sezione 2 (livello 2: minaccia potenziale) e sezione 3 (livello 3: minaccia reale).3. Le procedure da seguire per la fornitura di informazioni al pubblico in generale e degli addetti interessati sono descritte nell'allegato II, sezione 4.Articolo 31. Ogni anno, entro il 31 marzo, le autorità competenti degli Stati membri presentano alla Commissione un rapporto analitico sui casi intervenuti e sulle procedure applicate nell'ambito del sistema di allarme rapido e di reazione. Inoltre le autorità competenti degli Stati membri possono presentare rapporti specifici sui casi di particolare rilevanza.2. La Commissione, sulla base dei rapporti, esamina l'esercizio del sistema di allarme rapido e di reazione in un rapporto annuale, e, se del caso, propone modificazioni.Articolo 4La presente decisione ha effetto a decorrere dal 1o gennaio 2000.Articolo 5Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 1999.Per la CommissioneDavid BYRNEMembro della Commissione(1) GU L 268 del 3.10.1998, pag. 1.ALLEGATO ICasi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità.2. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità.3. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità.4. L'insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un'azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo.ALLEGATO IIProcedure di informazione, consulenza e cooperazione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Livello di attivazione 1: scambio d'informazioni1) Qualora informazioni raccolte in uno o più Stati membri o provenienti da altre fonti riconosciute indichino la probabilità dell'insorgere di un caso, l'autorità preposta alla determinazione di misure volte a tutelare la sanità pubblica in ciascuno Stato membro interessato fornisce senza indugio, tramite la rete, informazioni sulle circostanze e il quadro generale alle sue controparti in altri Stati membri e alla Commissione. Una volta ricevute dette informazioni, le autorità competenti degli Stati membri interessati si pronunciano riguardo alla necessità di azioni da parte di altri Stati membri o di azioni comunitarie coordinate con l'assistenza della Commissione.2) La Commissione e gli Stati membri interessati provvedono a un tempestivo scambio reciproco delle informazioni ricevute, e tengono aggiornati altri Stati membri.3) Le autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.4) La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di assicurare la trasparenza e l'efficacia di qualsiasi eventuale azione.2. Livello di attivazione 2: minaccia potenzialeQualora le informazioni riguardo a un caso o le indicazioni relative a un simile evento indichino una potenziale minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) informano senza indugio le loro controparti in altri Stati membri e la Commissione sulla natura e la portata della minaccia potenziale nonché sulle misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.2.1. Verifica e valutazioneLe autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.Per qualsiasi ulteriore indagine negli Stati membri saranno disponibili forme di assistenza tecnica quali consulenze epidemiologiche in loco, strutture di laboratorio e altre consulenze indispensabili. Esse saranno assicurate dalla Comunità o da singoli Stati membri, su richiesta da parte dello Stato membro interessato.La Commissione fornirà la propria assistenza per il coordinamento delle misure precauzionali volte ad affrontare qualsiasi possibile minaccia per la sanità pubblica.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di coordinare le azioni necessarie.2.2. DeattivazioneQualora la valutazione finale dei rischi concluda che non si è sviluppata una minaccia alla sanità pubblica, e qualora non sia necessaria nessuna azione ad eccezione di quelle locali, le competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro interessato comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata delle misure che hanno preso o intendono prendere.Qualora entro tre giorni non vi siano obiezioni da parte di altri Stati membri o della Commissione, non è necessaria alcuna ulteriore azione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione.3. Livello di attivazione 3: minaccia realeQualora un caso risulti una minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.3.1. Coordinamento delle misureLe competenti autorità sanitarie pubbliche nello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate.Gli Stati membri e la Commissione coordinano le ulteriori misure da prendere a livello comunitario conformemente agli articoli 3 e 6 della decisione n. 2119/98/CE.La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di delegati nominati dal comitato, al fine di coordinare le azioni.3.2. DeattivazioneIl sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione.4. Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessatiQualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate.La Commissione e gli Stati membri informano gli addetti interessati e il pubblico in generale su tutti gli orientamenti concordati a livello comunitario e comunicano loro senza indugio l'avvenuta cessazione della minaccia per la sanità pubblica. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Sistema di allerta precoce e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili Il sistema di allarme rapido e di reazione è un elemento della rete generale di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili istituita nella Comunità nel 1998. Il presente regolamento prevede l’utilizzo del sistema solo nei casi che rappresentano una minaccia sanitaria potenziale a livello comunitario. Stabilisce inoltre le procedure che regolano il funzionamento del sistema. Le disposizioni di questo regolamento garantiscono la protezione dei dati personali quando la ricerca di contatti viene effettuata su scala europea. ATTO Decisione 2000/57/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [Gazzetta ufficiale L 21 del 26.1.2000] [Cfr. atti modificativi]. SINTESI CASI DA RIFERIRE Il sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete comunitaria è riservato ai casi di portata comunitaria, o alle indicazioni dei medesimi, i quali rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica. Gli Stati membri notificano tali casi, poi raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative a questi casi. Il campo d’applicazione dell’EWRS comprende anche la notifica e il coordinamento delle contromisure progettate o adottate per rispondere ai casi che rappresentano una minaccia sanitaria. Il coordinamento fra gli Stati membri avviene con l’assistenza della Commissione. I casi di malattie trasmissibili e le misure sanitarie prese per porvi rimedio devono essere notificati contemporaneamente all'EWRS e all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS)(EN) se costituiscono un’emergenza di portata internazionale in virtù del regolamento sanitario internazionale (RSI 2005). I casi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione sono i seguenti: focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità; aggregazioni spaziali o temporali di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità; aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità; l’insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un’azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo; manifestazioni patologiche o eventi che creano un rischio di malattia trasmissibile e misure associate, riferiti all’OMS conformemente all’RSI 2005. Le autorità competenti di ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, a tutte le misure progettate o adottate per rimediarvi o alle indicazioni di tali casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza o l’elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria. RICERCA DI CONTATTI Quando le autorità competenti degli Stati membri attuano misure allo scopo di rintracciare persone che sono state esposte ad una fonte di agenti infettivi e che corrono potenzialmente il rischio di sviluppare, o che hanno sviluppato, una malattia trasmissibile di rilevanza comunitaria («ricerca di contatti»), vengono talvolta scambiati in seno all’EWRS dati personali. Per lo scambio dei dati personali, gli Stati membri coinvolti nella ricerca di contatti devono imperativamente utilizzare un canale di comunicazione selettivo. Questo canale di comunicazione assicura garanzie adeguate alla comunicazione dei dati di carattere personale nel quadro dell’EWRS e dovrebbe assicurare che circolino solo i dati personali adeguati, pertinenti e non eccessivi nel quadro dell’EWRS. Per la ricerca di contatti è stato specificamente compilato un elenco indicativo dei dati personali. L’elenco include informazioni: sul viaggiatore; sugli accompagnatori; sui recapiti delle persone da contattare in caso di emergenza. Fa fede in questo caso la legislazione europea sulla protezione dei dati personali (direttiva 96/45/CE e regolamento 45/2001/CE). PROCEDURE La decisione prevede procedure d’informazione, consulenza e cooperazione fra gli Stati membri da un lato, e con la Commissione. Tali procedure si applicano a tre livelli: Livello di attivazione 1: scambio d’informazioni Il livello di attivazione 1 si applica quando informazioni raccolte a livello nazionale indicano la probabilità dell’insorgere di un caso che minaccia la salute. In questo caso, devono intercorrere scambi rapidi di informazioni fra la Commissione e gli Stati membri interessati. Le informazioni raccolte devono essere valutate senza indugio dalle autorità sanitarie nazionali competenti. Livello di attivazione 2: minaccia potenziale In caso di minaccia potenziale per la sanità pubblica devono essere adottate procedure di informazione, consulenza e cooperazione analoghe. Sono previste fasi di verifica e valutazione delle informazioni e di deattivazione del sistema. Livello di attivazione 3: minaccia reale Nel caso di una minaccia reale, le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri. Coordinamento delle misure Le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate. Gli Stati membri e la Commissione possono adottare ulteriori misure da prendere a livello comunitario. La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione. Deattivazione Il sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione. Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessati Qualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2000/57/CE 23.12.1999 - GU L 21 del 26.1.2000 Atto(i) modificatore(i) Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 351/2008/CE 1.5.2008 - GU L 117 dell’1.5.2008 Decisione 2009/547/CE - - GU L 181 del 14.7.2009 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità durante il 2006 e il 2007 (decisione 2000/57/CE) (Testo rilevante ai fini del SEE) [COM(2009) 228 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 20 marzo 2007, sul funzionamento durante il 2004 ed il 2005 del sistema di allarme rapido e di reazione (SARR) della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (Decisione 2000/57/CE) [COM(2007) 121 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 29 marzo 2005 – Relazione sul funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (decisione 2000/57/CE) nel 2002 e 2003 [COM(2005) 104 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità. See also Per maggiori informazioni si rimanda al sito «Sanità pubblica» (EN) della Commissione europea.
0
876
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee Gazzetta ufficiale n. L 293 del 24/10/1990 pag. 0001 - 0026 edizione speciale finlandese: capitolo 2 tomo 7 pag. 0152 edizione speciale svedese/ capitolo 2 tomo 7 pag. 0152 REGOLAMENTO (CEE) N. 3037/90 DEL CONSIGLIOdel 9 ottobre 1990relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europeeIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il funzionamento del mercato interno della Comunità richiede l'applicazione di norme statistiche per la raccolta, la trasmissione e la pubblicazione dei dati statistici nazionali e comunitari, al fine di mettere a disposizione delle imprese, delle istituzioni finanziarie, delle amministrazioni nazionali e di tutti gli altri operatori del mercato unico dati statistici attendibili e comparabili; considerando che tali informazioni sono necessarie alle imprese affinché esse possano valutare la propria competitività ed utili alle istituzioni comunitarie per prevenire alterazioni della concorrenza; considerando che solo se gli Stati membri faranno uso, per le attività economiche, di classificazioni connesse con la classificazione comunitaria sarà possibile fornire informazioni integrate con l'attendibilità, la rapidità, la flessibilità ed il grado di dettaglio necessari per la gestione del mercato interno; considerando che è opportuno prevedere che gli Stati membri possano, per soddisfare esigenze di carattere nazionale, mantenere o inserire nelle classificazioni nazionali suddivisioni supplementari basate sulla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee; considerando che la compatibilità internazionale delle statistiche economiche implica che gli Stati membri e leistituzioni comunitarie utilizzino classificazioni delle attività economiche direttamente collegate con la «International Standard Industrial Classification» (ISIC) delle Nazioni Unite; considerando che l'utilizzazione della classificazione delle attività economiche nella Comunità richiede che la Commissione sia assistita dal comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/382/CEE, Euratom (4), per qualsiasi questione relativa all'applicazione del presente regolamento, segnatamente per quanto concerne l'interpretazione di tale classificazione, le modifiche minori da apportarvi, la formulazione e l'aggiornamento delle relative note esplicative e la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente a detta classificazione; considerando che è indispensabile che il contenuto delle categorie della classificazione delle attività economiche nelle Comunità europee sia interpretato in modo uniforme in tutti gli Stati membri; considerando che l'introduzione di una nuova classificazione richiede un periodo di transizione, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 11. Il presente regolamento ha lo scopo di stabilire una classificazione statistica comune delle attività economiche nella Comunità europea, che garantisca la comparabilità tra classificazioni nazionali e comunitarie e, pertanto, tra statistiche nazionali e comunitarie. 2. Il presente regolamento riguarda unicamente l'impiego di classificazioni per scopi statistici. 3. Il presente regolamento non contiene, di per sé, disposizioni che obbligano gli Stati membri a raccogliere, pubblicare o fornire dati e non concerne alcun obbligo relativo al carattere particolareggiato e al tipo di unità statistiche da utilizzare nelle indagini e nelle analisi statistiche. Articolo 21. È istituita una base comune per le classificazioni statistiche delle attività economiche nelle Comunità europee, qui di seguito denominata NACE (Rev. 1); essa comprende: - un primo livello costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni); - un livello intermedio costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico a due caratteri (sottosezioni); - un secondo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a due cifre (divisioni); - un terzo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a tre cifre (gruppi); - un quarto livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a quattro cifre (classi). 2. La NACE (Rev. 1) è allegata al presente regolamento. Articolo 31. La NACE (Rev. 1) è utilizzata dai servizi della Commissione per tutte le statistiche articolate per attività economiche. 2. Le statistiche articolate per attività economiche degli Stati membri saranno elaborate utilizzando la NACE (Rev. 1) o una classificazione nazionale che ne deriva, nell'osservanza delle seguenti regole: a) le classificazioni nazionali contengono livelli corrispondenti ai livelli della NACE (Rev. 1); ognuno dei livelli delle classificazioni nazionali è costituito o dalle stesse voci del corrispondente livello della NACE (Rev. 1) o da voci che costituiscono un'esatta scomposizione delle stesse; b)possono essere introdotti livelli supplementari; c)per ciascuno dei livelli, ad eccezione del livello più elevato, i dati aggregati coincidono esattamente con quelli corrispondenti del livello immediatamente superiore della NACE (Rev. 1); d)la codificazione può essere diversa. 3. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, per approvazione e prima della pubblicazione, i progetti di testi che definiscono o modificano la loro classificazione nazionale. La Commissione verifica la conformità di questi progetti di testi con il paragrafo 2 del presente articolo. La Commissione trasmette agli Stati membri, per informazione, la classificazione nazionale da essa approvata. La pubblicazione degli Stati membri riporta la tabella di corrispondenza tra la classificazione nazionale e la NACE (Rev. 1). 4. Gli Stati membri che desiderano utilizzare una classificazione nazionale derivata dalla NACE (Rev. 1) adottano quanto prima e non oltre il 31 dicembre 1992 le misure necessarie per l'adozione di una classificazione nazionale in conformità del presente articolo. Articolo 4Oltre alle disposizioni di cui all'articolo 3, in caso d'incompatibilità tra talune voci della NACE (Rev. 1) e la struttura dell'economia nazionale, la Commissione può autorizzare uno Stato membro ad utilizzare, per settori specifici, un raggruppamento della NACE (Rev. 1) ad un livello specifico. Per ottenere tale autorizzazione, lo Stato membro interessato deve fornire alla Commissione ogni informazione necessaria che le consenta di valutare la sua richiesta. Tuttavia, nonostante le disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), tale autorizzazione non può consentire agli Stati membri di scomporre la voce aggregata in un modo diverso da quello previsto dalla NACE (Rev. 1). La Commissione, unitamente allo Stato membro interessato, procede al riesame periodico dell'applicazione delle presenti disposizioni, al fine di verificare se siano ancora giustificate. Articolo 5La Commissione adotta tutte le misure necessarie per verificare l'attuazione e la gestione della NACE (Rev. 1). Articolo 6La Commissione, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa e previa consultazione del comitato di cui all'articolo 7, adotta le disposizioni necessarie per garantire l'applicazione uniforme della NACE (Rev. 1). Articolo 7La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, in appresso denominato «comitato», composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione. Articolo 8Il comitato può esaminare tutte le questioni relative alla NACE (Rev. 1) sollevate dal proprio presidente, sia su iniziativa di questi, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, ed aventi per oggetto l'applicazione del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda: a) l'interpretazione della NACE (Rev. 1); b) le modifiche minori da apportare alla NACE (Rev. 1): - per tenere conto dell'evoluzione tecnologica o economica, - per uniformare e chiarire i testi, - derivanti dalle modifiche apportate ad altre classificazioni economiche, in particolare dall'ISIC (Rev. 3); c)la preparazione e il coordinamento dei lavori di revisione della NACE (Rev. 1); d)la stesura e l'aggiornamento delle note esplicative relative alla NACE (Rev. 1); e)la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente alla NACE (Rev. 1); f)l'esame dei problemi connessi con l'applicazione della NACE (Rev. 1) nell'ambito delle classificazioni delle attività economiche degli Stati membri; g)i lavori per preparare, se del caso, una posizione comune in merito all'attività svolta da organizzazioni internazionali in materia di classificazioni delle attività economiche, in particolare per quanto riguarda la ISIC e le relative note esplicative. Le misure di cui alle lettere da a) a g) sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 9. Articolo 91. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 2. La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione differisce di tre mesi, a decorrere dalla data di tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise. 3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 2. Articolo 101. Le statistiche raccolte dagli Stati membri dopo il 1° gennaio 1993, che contengono una classificazionearticolata per attività economiche, sono elaborate avvalendosi della NACE (Rev. 1) o di una classificazione nazionale che ne deriva, conformemente all'articolo 3. 2. Gli Stati membri utilizzano la NACE (Rev. 1) per trasmettere alla Commissione le statistiche raccolte dopo il 1° gennaio 1993, articolate per attività economiche. Articolo 111. È previsto un periodo di transizione che inizia il 1° gennaio 1993 e termina il 31 dicembre 1994. Durante tale periodo la Commissione può, per alcuni dati raccolti dopo il 1° gennaio 1993, autorizzare uno Stato membro, per motivi tecnici o operativi debitamente giustificati, ad utilizzare una classificazione diversa da quella di cui all'articolo 3. 2. La Commissione, su richiesta di uno Stato membro, può prorogare la durata del periodo di transizione. Articolo 121. In caso di trasmissione alla Commissione dei dati di cui all'articolo 11, gli Stati membri faranno in modo, su richiesta di quest'ultima, di trasmetterli adeguandoli alla NACE (Rev. 1). 2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione (Eurostat) le necessarie informazioni sulle tavole di corrispondenza utilizzate per stabilire tali dati. La Commissione provvede a pubblicare tali tavole di corrispondenza. Articolo 13La Commissione pubblica la tavola di corrispondenza tra la NACE attuale e la NACE (Rev. 1) entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento. Articolo 14Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Lussemburgo, addì 9 ottobre 1990. Per il ConsiglioIl PresidenteP. ROMITA(1) GU n. C 58 dell'8. 3. 1990, pag. 25. (2) GU n. C 175 del 16. 7. 1990, pag. 84 e decisione del 12 settembre 1990 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 182 del 23. 7. 1990, pag. 1. (4) GU n. L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47. ALLEGATO NACE (Rev. 1)>SPAZIO PER TABELLA> Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Classificazione statistica delle attività economiche QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Esso definisce una classificazione delle attività economiche da utilizzare in tutta l’Unione europea per garantire che le statistiche raccolte siano comparabili. Il regolamento è stato modificato più volte. La modifica principale è rappresentata dal Regolamento (CE) n. 1893/2006 che definisce la NACE Revisione 2, attualmente applicata. PUNTI CHIAVE Il regolamento definisce una classificazione a quattro cifre delle attività economiche, comunemente nota come NACE*. Il regolamento nella sua forma originale si riferisce a NACE revisione 1. Tuttavia, la NACE Revisione 2 è in vigore dal 2008. La NACE, che fu introdotta per la prima volta nel 1970, è coerente con la classificazione delle attività delle Nazioni Unite ISIC (International Standard Industrial Classification of All Economic Activities). Ciò consente la comparazione di statistiche tra paesi e in diversi settori. La struttura alfanumerica di NACE è gerarchica e organizzata su quattro livelli, descritti in dettaglio nell’allegato al regolamento, come segue:voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni), ad esempio sezione A: agricoltura, silvicoltura e pesca;voci identificate da un codice numerico a due cifre (divisioni); ad esempio divisione 01: produzioni vegetali e animali, caccia e servizi connessi e divisione 02: silvicoltura e utilizzo di aree forestali;voci identificate da un codice numerico a tre cifre (gruppi); ad esempio gruppo 01.2: coltivazione di colture permanentivoci identificate da un codice numerico a quattro cifre (classi); ad esempio gruppo 01.21: coltivazione di uva. Nel 2009, the Comitato del sistema statistico europeo ha sostituito il Comitato del programma statistico. Esso è responsabile dell’attuazione e della gestione della NACE e di garantirne l’applicazione in tutti gli Stati membri. È composto dai rappresentanti dei paesi dell’UE ed è presieduto dalla Commissione. DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Il regolamento (CEE) n. 3037/90 si applica dal 13 novembre 1990. Con l’adozione del regolamento (CE) n. 1893/2006 che modifica il regolamento (CEE) n. 3037/90, la NACE Revisione 2 viene applicata dal 1o gennaio 2008 in tutti i settori ad eccezione delle statistiche a breve termine e dell’indice del costo del lavoro al quale viene applicata dal 1o gennaio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — panoramica (Eurostat). NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — pubblicazione (Eurostat). TERMINI CHIAVE NACE: abbreviazione del nome della classificazione delle attività economiche dell’UE, che ha origine dalla versione francese Nomenclature statistique des activités économiques. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 e che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2 e modifica il regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del Consiglio nonché alcuni regolamenti CE relativi a settori statistici specifici (GU L 393, del 30.12.2006, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1893/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del 9 ottobre 1990 relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea (GU L 293, del 24.10.1990, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
1
161
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2009/71/EURATOM DEL CONSIGLIO del 25 giugno 2009 che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare gli articoli 31 e 32, vista la proposta della Commissione, elaborata previo parere di un gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico fra gli esperti scientifici degli Stati membri, e previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) Ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del trattato, devono essere stabilite norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori. (2) L’articolo 30 del trattato prevede l’adozione nella Comunità di norme fondamentali relative alla protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. (3) La direttiva 96/29/Euratom del Consiglio, del 13 maggio 1996, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (3), fissa le norme fondamentali in materia di sicurezza. Le disposizioni di tale direttiva sono state integrate da una normativa più specifica. (4) Come riconosciuto dalla Corte di giustizia delle Comunità europee («Corte di giustizia») nella sua giurisprudenza (4), la Comunità possiede competenze, ripartite con gli Stati membri, in settori regolati dalla convenzione sulla sicurezza nucleare (5). (5) Come riconosciuto dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, le disposizioni del capo 3 del trattato, relative alla protezione sanitaria, formano un complesso coerente che attribuisce alla Commissione competenze piuttosto estese per la protezione della popolazione e dell’ambiente contro i rischi di contaminazione nucleare. (6) Come riconosciuto dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, il compito di stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori, imposto alla Comunità dall’articolo 2, lettera b), del trattato, non significa che, una volta che tali norme siano state stabilite, uno Stato membro non possa prevedere misure di protezione più stringenti. (7) La decisione 87/600/Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 1987, concernente le modalità comunitarie di uno scambio rapido d’informazioni in caso di emergenza radioattiva (6), ha istituito un quadro per la notifica e la trasmissione di informazioni che gli Stati membri devono utilizzare per proteggere la popolazione in caso di emergenza radiologica. La direttiva 89/618/Euratom del Consiglio, del 27 novembre 1989, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva (7), impone agli Stati membri l’obbligo di informare la popolazione in caso di emergenza radiologica. (8) La responsabilità nazionale degli Stati membri per quanto concerne la sicurezza nucleare degli impianti nucleari costituisce il principio fondamentale, sancito dalla convenzione sulla sicurezza nucleare, in base al quale la comunità internazionale ha elaborato la regolamentazione in materia di sicurezza nucleare. La presente direttiva dovrebbe rafforzare il detto principio della responsabilità nazionale e quello della responsabilità primaria per la sicurezza nucleare di un impianto nucleare, che spetta al titolare della licenza sotto il controllo della sua autorità di regolamentazione nazionale competente, e dovrebbe potenziare il ruolo e l’indipendenza delle autorità di regolamentazione competenti. (9) Ogni Stato membro può stabilire il proprio mix energetico in base alle politiche nazionali in materia. (10) Nel definire il quadro nazionale appropriato ai sensi della presente direttiva si terrà conto delle specificità nazionali. (11) Gli Stati membri hanno già attuato misure che consentono loro di raggiungere un elevato livello di sicurezza nucleare nella Comunità. (12) Benché la presente direttiva riguardi principalmente la sicurezza nucleare degli impianti nucleari, è importante altresì garantire la gestione sicura del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, anche nelle strutture per lo stoccaggio e lo smaltimento. (13) Gli Stati membri dovrebbero valutare, ove appropriato, i pertinenti principi fondamentali di sicurezza definiti dall’Agenzia internazionale dell’energia atomica (8), che dovrebbero costituire un quadro di prassi cui gli Stati membri dovrebbero attenersi nell’attuazione della presente direttiva. (14) È utile basarsi sul processo grazie al quale le autorità nazionali in materia di sicurezza degli Stati membri che possiedono impianti nucleari nel loro territorio hanno collaborato nell’ambito della WENRA (Western European Nuclear Regulators’ Association) e hanno definito vari livelli di sicurezza di riferimento per i reattori. (15) A seguito dell’invito del Consiglio di istituire un gruppo ad alto livello in ambito UE, contenuto nelle conclusioni dell’8 maggio 2007 relative alla sicurezza nucleare e alla gestione sicura del combustibile nucleare irraggiato e dei rifiuti radioattivi, la decisione 2007/530/Euratom della Commissione, del 17 luglio 2007, relativa all’istituzione del gruppo europeo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la sicurezza della gestione dei residui (9), ha istituito il gruppo dei regolatori europei in materia di sicurezza nucleare (ENSREG), al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi della Comunità in materia di sicurezza nucleare. (16) È opportuno definire una struttura unica per le relazioni che gli Stati membri devono presentare alla Commissione sull’applicazione della presente direttiva. Data la vasta esperienza dei suoi membri, l’ENSREG potrebbe apportare un valido contributo in tal senso, favorendo così la consultazione e la cooperazione delle autorità di regolamentazione nazionali. (17) Come indicato nel verbale del 20 novembre 2008, l’ENSREG ha adottato, nella quinta riunione del 15 ottobre 2008, dieci principi cui attenersi per la stesura di una direttiva sulla sicurezza nucleare. (18) Progressi in materia di tecnologia nucleare, insegnamenti tratti dall’esperienza operativa e dalle ricerche sulla sicurezza, nonché miglioramenti dei quadri normativi potrebbero contribuire a migliorare ulteriormente la sicurezza. Conformemente all’impegno assunto di mantenere e migliorare la sicurezza, gli Stati membri dovrebbero tener conto di tali fattori nell’ampliare i loro programmi di energia nucleare o nel decidere di usare l’energia nucleare per la prima volta. (19) Una solida cultura della sicurezza all’interno degli impianti nucleari costituisce uno dei principi fondamentali della gestione della sicurezza necessari ai fini di un esercizio sicuro. (20) Il mantenimento e l’ulteriore sviluppo dell’esperienza e delle competenze in materia di sicurezza nucleare dovrebbero basarsi tra l’altro su un processo di apprendimento dall’esperienza operativa precedente nonché di ricorso agli sviluppi in metodologia e scienza, a seconda dei casi. (21) In passato, taluni Stati membri hanno effettuato autovalutazioni in stretto collegamento con le valutazioni inter pares internazionali svolte sotto l’egida dell’AIEA come missioni del gruppo internazionale per la revisione normativa o del servizio di esame regolatorio integrato. Tali autovalutazioni sono state effettuate dagli Stati membri e tali missioni sono state invitate su base volontaria, in uno spirito di apertura e trasparenza. Le autovalutazioni e le correlate valutazioni inter pares delle infrastrutture legislative, regolatorie e organizzative dovrebbero mirare a rafforzare e potenziare il quadro nazionale degli Stati membri, ferme restando le competenze di questi ad assicurare la sicurezza nucleare degli impianti nucleari presenti nel loro territorio. Le autovalutazioni seguite dalle valutazioni inter pares internazionali non sono né ispezioni né controlli, bensì meccanismi di apprendimento reciproco che accettano approcci diversi all’organizzazione e alle prassi di una autorità di regolamentazione competente e tengono nel contempo presenti gli aspetti regolamentari, tecnici e politici di uno Stato membro che concorrono a un sistema solido di sicurezza nucleare. Le valutazioni inter pares internazionali dovrebbero essere considerate un’occasione per scambiarsi esperienze professionali e condividere insegnamenti tratti e buone prassi, in uno spirito di apertura e di cooperazione basato sui consigli dei pari piuttosto che su controlli o giudizi. Riconoscendo che sono necessarie flessibilità e pertinenza per quanto riguarda i diversi sistemi esistenti negli Stati membri, uno Stato membro dovrebbe essere libero di decidere i segmenti del suo sistema da assoggettare alla valutazione specifica inter pares convocata, al fine di migliorare costantemente la sicurezza nucleare. (22) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (10), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO 1 OBIETTIVI, DEFINIZIONI E AMBITO DI APPLICAZIONE Articolo 1 Obiettivi La presente direttiva ha i seguenti obiettivi: a) stabilire un quadro comunitario al fine di mantenere e promuovere il continuo miglioramento della sicurezza nucleare e della relativa regolamentazione; b) assicurare che gli Stati membri adottino adeguati provvedimenti in ambito nazionale per un elevato livello di sicurezza nucleare al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti degli impianti nucleari. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica a qualsiasi impianto nucleare civile che operi in base a licenza rilasciata ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, in tutte le fasi contemplate dalla licenza stessa. 2. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino misure di sicurezza più rigorose nel settore da essa contemplato, in conformità del diritto comunitario. 3. La presente direttiva integra le norme fondamentali di cui all’articolo 30 del trattato per quanto attiene alla sicurezza nucleare degli impianti nucleari e fa salva la direttiva 96/29/Euratom. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «impianto nucleare»: a) un impianto di arricchimento, un impianto di fabbricazione di combustibile nucleare, una centrale nucleare, un impianto di riprocessamento, un reattore di ricerca, una struttura per lo stoccaggio del combustibile irraggiato; e b) strutture per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi ubicate nello stesso sito e direttamente connesse agli impianti nucleari di cui alla lettera a); 2) «sicurezza nucleare» il conseguimento di adeguate condizioni di esercizio, la prevenzione di incidenti e l’attenuazione delle loro conseguenze, al fine di assicurare la protezione dei lavoratori e della popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti degli impianti nucleari; 3) «autorità di regolamentazione competente» l’autorità o il sistema di autorità designati in uno Stato membro nel campo della regolamentazione della sicurezza nucleare degli impianti nucleari di cui all’articolo 5; 4) «licenza» qualsiasi documento avente valore legale rilasciato sotto la giurisdizione di uno Stato membro per conferire la responsabilità in materia di localizzazione, progettazione, costruzione, messa in funzione ed esercizio o disattivazione di un impianto nucleare; 5) «titolare della licenza» la persona fisica o giuridica avente la responsabilità generale di un impianto nucleare come specificato in una licenza. CAPO 2 OBBLIGHI Articolo 4 Quadro legislativo, regolamentare e organizzativo 1. Gli Stati membri istituiscono e mantengono un quadro legislativo, normativo e organizzativo nazionale («quadro nazionale») per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari che attribuisce le responsabilità e prevede il coordinamento tra gli organismi statali competenti. Il quadro nazionale stabilisce le responsabilità per quanto riguarda: a) l’adozione di requisiti nazionali di sicurezza nucleare. La determinazione delle modalità di adozione e dei relativi strumenti di applicazione restano di competenza degli Stati membri; b) la predisposizione di un sistema di concessione di licenze e di divieto di esercizio degli impianti nucleari senza licenza; c) la predisposizione di un sistema di supervisione della sicurezza nucleare; d) azioni di di garanzia dell’esecuzione, comprese la sospensione dell’esercizio e la modifica o revoca di una licenza. 2. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale sia conservato e migliorato, se del caso, tenendo conto dell’esperienza operativa, delle conoscenze acquisite con le analisi di sicurezza degli impianti nucleari in funzionamento, dello sviluppo della tecnologia e dei risultati delle ricerche di sicurezza, ove disponibili e pertinenti. Articolo 5 Autorità di regolamentazione competente 1. Gli Stati membri istituiscono e forniscono i mezzi a un’autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari. 2. Gli Stati membri garantiscono che l’autorità di regolamentazione competente sia funzionalmente separata da ogni altro organismo o organizzazione coinvolto nella promozione o nell’utilizzazione dell’energia nucleare, compresa la produzione di energia elettrica, al fine di assicurare l’effettiva indipendenza da ogni influenza indebita sul suo processo decisionale regolatorio. 3. Gli Stati membri provvedono affinché l’autorità di regolamentazione competente sia dotata dei poteri giuridici e delle risorse umane e finanziarie necessari per adempiere ai suoi obblighi in relazione al quadro nazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, attribuendo la debita priorità alla sicurezza. Ciò comprende i poteri e le risorse per: a) richiedere al titolare della licenza di conformarsi ai requisiti nazionali di sicurezza nucleare e ai termini della pertinente licenza; b) richiedere la dimostrazione di detta conformità, comprese le prescrizioni previste all’articolo 6, paragrafi da 2 a 5; c) verificare tale conformità mediante valutazioni e ispezioni regolatorie; e d) procedere ad azioni di garanzia dell’esecuzione regolatoria, compresa la sospensione dell’esercizio di un impianto nucleare in conformità delle condizioni definite nel quadro nazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1. Articolo 6 Titolari delle licenze 1. Gli Stati membri provvedono affinché la responsabilità primaria per la sicurezza degli impianti nucleari resti in capo ai titolari delle licenze. Tale responsabilità non può essere delegata. 2. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze, sotto la supervisione dell’autorità di regolamentazione competente, di valutare e verificare periodicamente nonché di migliorare costantemente, nella misura ragionevolmente possibile, la sicurezza nucleare dei loro impianti nucleari in modo sistematico e verificabile. 3. Le valutazioni di cui al paragrafo 2 includono l’accertamento dell’esistenza di misure per la prevenzione di incidenti e per la mitigazione delle relative conseguenze, compresa la verifica delle barriere fisiche e delle procedure amministrative di protezione adottate dal titolare della licenza il cui mancato funzionamento causerebbe per i lavoratori e la popolazione esposizioni significative alle radiazioni ionizzanti. 4. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze di istituire e attuare sistemi di gestione che attribuiscano la dovuta priorità alla sicurezza nucleare e che siano regolarmente controllati dall’autorità di regolamentazione competente. 5. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze di prevedere e mantenere adeguate risorse finanziarie e umane per adempiere ai loro obblighi, di cui ai paragrafi da 1 a 4, per quanto riguarda la sicurezza nucleare degli impianti nucleari. Articolo 7 Esperienza e competenze in materia di sicurezza Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga a tutte le parti di prendere misure per l’istruzione e la formazione del personale che ha responsabilità in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari, al fine di mantenere ed accrescere l’esperienza e le competenze in materia di sicurezza nucleare. Articolo 8 Informazione del pubblico Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni riguardanti la regolamentazione della sicurezza nucleare siano rese accessibili ai lavoratori e al pubblico. Sono altresì tenuti a provvedere affinché l’autorità di regolamentazione competente informi il pubblico nei settori di sua competenza. Le informazioni sono rese accessibili al pubblico conformemente alle legislazioni nazionali e agli obblighi internazionali, purché ciò non pregiudichi altri interessi, quali, in particolare, la sicurezza, riconosciuti dalle legislazioni nazionali o da obblighi internazionali. Articolo 9 Relazioni 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sull’attuazione della presente direttiva per la prima volta entro il 22 luglio 2014 e, successivamente, ogni tre anni, approfittando dei cicli previsti dalla Convenzione sulla sicurezza nucleare riguardo a riesame e relazioni. 2. In base alle relazioni degli Stati membri, la Commissione presenta al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sui progressi realizzati nell’attuazione della presente direttiva. 3. Gli Stati membri dispongono, almeno ogni dieci anni, autovalutazioni periodiche del loro quadro nazionale e delle loro autorità di regolamentazione nazionali competenti e invitano un riesame internazionale inter pares i pertinenti segmenti del loro quadro nazionale e/o autorità nazionali, al fine di migliorare continuamente la sicurezza nucleare. I risultati dei riesami inter pares, ove disponibili, sono trasmessi agli Stati membri e alla Commissione. CAPO 3 DISPOSIZIONI FINALI Articolo 10 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 22 luglio 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, nonché ogni loro successiva modificazione ed integrazione. Articolo 11 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 2009. Per il Consiglio Il presidente L. MIKO (1) Parere del 10 giugno 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 22 aprile 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 159 del 29.6.1996, pag. 1. (4) Cause C-187/87 (Racc. 1988, pag. 5013), C-376/90 (Racc. 1992, pag. I-6153) e C-29/99 (Racc. 2002, pag. I-11221). (5) GU L 318 dell’11.12.1999, pag. 21. (6) GU L 371 del 30.12.1987, pag. 76. (7) GU L 357 del 7.12.1989, pag. 31. (8) Principi fondamentali di sicurezza dell’AIEA: Fundamental safety principles, IAEA Safety Standard Series No SF-1 (2006). (9) GU L 195 del 27.7.2007, pag. 44. (10) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Sicurezza degli impianti nucleari L'Unione europea ha pubblicato una direttiva volta a garantire la sicurezza degli impianti nucleari (centrali nucleari, impianti di arricchimento o di ritrattamento ecc.). L'obiettivo è quello di proteggere la popolazione e i lavoratori dai rischi che essi presentano. ATTO Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2009, che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari. SINTESI L'Unione europea ha pubblicato una direttiva volta a garantire la sicurezza degli impianti nucleari (centrali nucleari, impianti di arricchimento o di ritrattamento ecc.). L'obiettivo è quello di proteggere la popolazione e i lavoratori dai rischi che essi presentano. CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? La direttiva stabilisce un quadro europeo per mantenere e promuovere il miglioramento continuo della sicurezza nucleare e della sua regolamentazione. Essa si pone un obiettivo di sicurezza ambizioso per tutta l'UE al fine di prevenire gli incidenti ed evitare i rifiuti radioattivi provenienti dagli impianti nucleari. PUNTI CHIAVE Obblighi spettanti ai paesi dell'UE Definire il quadro nazionale per la sicurezza degli impianti nucleari. Istituire un'autorità di sicurezza nazionale indipendente incaricata di supervisionare le attività degli operatori dell'energia nucleare. Effettuare una valutazione iniziale della sicurezza prima di costruire un impianto nucleare e verificare nuovamente la sicurezza degli impianti almeno ogni dieci anni. Garantire ai lavoratori e alla popolazione l'accesso a informazioni trasparenti sugli impianti nucleari, sia durante il normale funzionamento che in caso di incidenti. Organizzare delle autovalutazioni periodiche del quadro nazionale e delle autorità di regolamentazione ogni dieci anni. Richiedere una valutazione inter pares su questioni specifiche di sicurezza da realizzare ogni sei anni da parte delle autorità di sicurezza dei paesi dell'UE, facendo appello al gruppo dei regolatori europei in materia di sicurezza nucleare (European Nuclear Safety Regulator Group, ENSREG) e sfruttando l'esperienza dell'Associazione dei regolatori nucleari dell'Europa occidentale (Western European Nuclear Regulators Association, WENRA); la prima valutazione sarà eseguita nel 2017. Prevedere una struttura organizzativa all'interno del quadro nazionale per prepararsi alle situazioni e agli interventi di emergenza sul posto. Responsabilità delle altre parti interessate Il titolare dell'autorizzazione è il primo responsabile in materia di sicurezza nucleare; non può in alcun caso delegare tale responsabilità e deve occuparsi della valutazione e del miglioramento continuo della sicurezza nucleare degli impianti. La direttiva sottolinea l'importanza del fattore umano nella promozione di una cultura di sicurezza nucleare e quindi la necessità un'educazione e una formazione ininterrotte del personale incaricato della sicurezza degli impianti. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva 2009/71/Euratom è entrata in vigore il 22 luglio 2009 e la direttiva 2014/87/Euratom il 14 agosto 2014. CONTESTO Nel 2009 è stato adottato un quadro in grado di garantire la sicurezza nucleare all'interno dell'UE. In seguito all'incidente di Fukushima del 2011, la Commissione ha condotto una campagna di valutazione dei rischi e della sicurezza delle centrali nucleari di tutta l'UE e, sulla base di tali test, ha proposto il miglioramento della regolamentazione vigente. Ulteriori informazioni sono disponibili sui siti web dell'ENSREG e dell'Associazione dei regolatori nucleari. Si vedano inoltre la scheda « Sicurezza nucleare » sul sito della direzione generale dell'Energia della Commissione europea, il comunicato stampa della Commissione europea sulla nuova direttiva UE relativa alla sicurezza nucleare e il comunicato stampa del Consiglio sull'adozione di tale direttiva. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 2009/71/Euratom 22.7.2009 22.7.2011 GU L 172 del 2.7.2009, pag. 18-22 Direttiva 2014/87/Euratom 14.8.2014 15.8.2017 GU L 219 del 25.7.2014, pag. 42-52
1
135
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile Gazzetta ufficiale n. L 295 del 11/11/2005 pag. 0038 - 0043 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del BrasileLA COMUNITÀ EUROPEA (in appresso denominata "la Comunità"),da una parte,eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA FEDERATIVA DEL BRASILE (in appresso denominato "il Brasile"),dall’altra,in appresso denominate "le parti",HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo IObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione in settori di interesse comune realizzando e finanziando attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo IIDefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", ogni attività che le parti intraprendono o finanziano nel quadro del presente accordo, compresa la ricerca comune;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto delle ricerche comuni e altri dati ritenuti necessari per le attività di cooperazione dai partecipanti e, eventualmente, dalle parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione di cui all'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca comune", progetti di ricerca, di sviluppo tecnologico o di dimostrazione condotti con o senza il sostegno finanziario di una o di entrambe le parti e che comportano la collaborazione tra partecipanti delle parti. Per "progetto di dimostrazione" si intende un progetto inteso a dimostrare la sostenibilità di nuove tecnologie che presentano un potenziale interesse economico ma che non possono essere commercializzate come tali. Le parti si tengono reciprocamente e regolarmente informate in merito alle rispettive attività considerate attività di ricerca comune ai sensi dell’articolo IV;e) "partecipante" o "organismo di ricerca", qualsiasi persona, gruppo di persone, istituto di ricerca o altro soggetto giuridico o impresa, avente sede in Brasile o nella Comunità, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo IIIPrincipiLe attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:a) beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese da ciascuna parte;c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo IVAmbito delle attività di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può vertere su tutte le attività di interesse reciproco nelle quali entrambe le parti stiano realizzando o finanziando attività di ricerca e sviluppo tecnologico (in appresso denominate attività di "RST") ai sensi dell’articolo VI, paragrafo 3, lettera b). Tali attività devono essere finalizzate al progresso scientifico, alla competitività dell’industria e allo sviluppo economico e sociale, ed incentrarsi sui seguenti settori:- biotecnologie,- tecnologie dell’informazione e della comunicazione,- bioinformatica,- spazio,- micro e nanotecnologie,- ricerca sui materiali,- tecnologie pulite,- gestione ed uso sostenibile delle risorse ambientali,- biosicurezza,- salute e medicina,- aeronautica,- metrologia, normazione e valutazione della conformità, e- scienze umane.Articolo VModalità ed attività di cooperazione1. Le parti incoraggiano:a) la partecipazione degli organismi di ricerca alle attività di cooperazione previste dal presente accordo, nell'osservanza delle rispettive politiche e normative interne, per offrire opportunità simili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico e alla valorizzazione dei risultati che ne derivano;b) l’accesso reciproco alle attività promosse da ciascuna parte nel quadro dei rispettivi programmi e politiche nazionali.2. Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:a) progetti comuni di RST;b) visite e scambi di scienziati, ricercatori ed esperti tecnici;c) organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop scientifici e partecipazione di esperti a tali attività;d) azioni concertate quali il raggruppamento di progetti di RST già in atto, secondo le procedure previste dai programmi di RST di ciascuna parte, e di reti scientifiche;e) scambio e condivisione di apparecchiature e materiali;f) scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo, ivi comprese le indicazioni sulla politica scientifica e tecnologica;g) altre disposizioni raccomandate dal comitato direttivo da istituirsi in conformità dell’articolo IV e ritenute conformi alle politiche e procedure applicabili in entrambe le parti.3. I progetti comuni di RST sono realizzati solo una volta che i partecipanti hanno concluso un piano comune di gestione della tecnologia, come indicato nell’allegato del presente accordo.Articolo VICoordinamento ed attuazione delle attività di cooperazione1. Il compito di coordinare e di portare avanti le attività di cooperazione previste dal presente accordo è svolto, per la Comunità, dai servizi della Commissione europea e, per il Brasile, dal ministero degli Affari esteri, in qualità di agenti esecutivi.2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione scientifica e tecnica incaricato della gestione del presente accordo. Il comitato è composto da rappresentanti ufficiali di ciascuna parte e stabilisce il proprio regolamento interno.3. Il comitato direttivo svolge, in particolare, i seguenti compiti:a) proporre e finanziare le attività di cooperazione previste dall’articolo V del presente accordo;b) indicare per l’anno successivo, ai sensi dell’articolo V, paragrafo 1, lettera b), tra i possibili settori di cooperazione nel campo della RST, i settori o sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;c) proporre ai ricercatori di entrambe le parti di raggruppare progetti di interesse reciproco o complementari;d) formulare raccomandazioni ai sensi dell’articolo V, paragrafo 2, lettera g);e) consigliare le parti sui metodi per valorizzare e migliorare la cooperazione in modo conforme ai principi enunciati nel presente accordo;f) verificare l’efficacia dell’applicazione e del funzionamento del presente accordo;g) presentare ogni anno alle parti una relazione sulla situazione, sui risultati e sull'efficacia della cooperazione intrapresa nel quadro del presente accordo. La relazione è trasmessa alla commissione comune istituita nell'ambito dell'accordo quadro di cooperazione tra la Comunità europea e il Brasile del 29 giugno 1992.4. Il comitato direttivo riferisce alla commissione comune e si riunisce di norma una volta l'anno, preferibilmente prima della riunione della commissione comune, secondo un calendario concordato precedentemente. Le riunioni si svolgono alternativamente nella Comunità e in Brasile. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.5. Le parti si fanno carico delle spese sostenute dai rispettivi rappresentanti alle riunioni del comitato direttivo.Articolo VIIDisposizioni finanziarieLe attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti nonché alle disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi di ciascuna parte. Le spese sostenute dai partecipanti alle attività di cooperazione non sono, di norma, coperte mediante trasferimento di fondi tra le parti.Articolo VIIICircolazione di personale ed apparecchiature1. Nel rispetto delle leggi e dei regolamenti applicabili nel proprio territorio, ciascuna parte prende tutte le misure ragionevoli e si adopera per agevolare l'entrata, il soggiorno e l'uscita dal proprio territorio di persone, materiali, dati e apparecchiature impegnati o impiegati nelle attività di cooperazione realizzate dalle parti in base alle disposizioni del presente accordo. Suddetti persone, materiali, dati ed apparecchiature beneficiano di esenzioni fiscali e doganali conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna parte.2. Laddove le specifiche disposizioni vigenti in una parte in materia di cooperazione prevedano la concessione di aiuti finanziari ai partecipanti dell’altra parte, tali sovvenzioni, contributi finanziari o simili concessi da una parte ai partecipanti dell’altra parte a sostegno delle attività di cooperazione beneficiano di esenzioni fiscali e doganali conformemente alle disposizioni legislative applicabili in ciascuna parte.Articolo IXProprietà intellettualeLe questioni attinenti alla proprietà intellettuale emerse nell’applicazione del presente accordo sono trattate conformemente alle disposizioni dell’allegato, che forma parte integrante dello stesso.Articolo XAttività della Comunità a sostegno dei paesi in via di sviluppoIl presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione del Brasile, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo XIEfficacia territorialeIl presente accordo si applica ai territori in cui vige il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite, e al territorio della Repubblica federativa del Brasile.Articolo XIIEntrata in vigore, denuncia e composizione delle controversie1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui ciascuna parte ha notificato all'altra per iscritto l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie.2. Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato consensualmente di quinquennio in quinquennio previa valutazione effettuata dalle parti nel corso del penultimo anno di ogni quinquennio.3. Le parti possono concordare modifiche al presente accordo. Tali modifiche entrano in vigore secondo le modalità di cui al paragrafo 1.4. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi inoltrato per via diplomatica. La cessazione o denuncia del presente accordo non pregiudica la validità e la durata di eventuali progetti comuni di ricerca in corso nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi specifici disciplinati dall'allegato.5. Tutte le questioni o controversie relative all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sono risolte consensualmente tra le parti.Fatto a Brasilia, il diciannove gennaio duemilaquattro, in duplice esemplare, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede. In caso di interpretazioni divergenti tra le lingue, prevale il testo in lingua inglese.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnarPor la República Federativa de BrasilFor Den Føderative Republik BrasilienFür die Föderative Republik BrasilienΓια την Ομοσπονδιακή Δημοκρατία της ΒραζιλίαςFor the Federative Republic of BrazilPour la République fédérative du BrésilPer la Repubblica Federativa del BrasileVoor de Federale Republiek BraziliëPela República Federativa do BrasilBrasilian liittotasavallan puolestaFör Förbundsrepubliken Brasilien--------------------------------------------------ALLEGATOPROPRIETÀ INTELLETTUALEConformemente all’articolo IX:Le parti provvedono affinché la proprietà intellettuale generatasi nell’ambito del presente accordo goda di un’adeguata ed efficace tutela.Le parti si impegnano ad informarsi reciprocamente e prontamente in merito ad eventuali invenzioni o elaborati prodotti nell’ambito del presente accordo che potrebbero dar luogo a diritti di proprietà intellettuale.I. AMBITO DI APPLICAZIONEA. Ai fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione di cui all’articolo 2 della convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967.B. Il presente allegato lascia impregiudicata e non modifica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e proprietà intellettuale tra una parte e i suoi cittadini o partecipanti, che è stabilita dalle leggi e dalle pratiche vigenti nella parte in questione.C. Le controversie in materia di proprietà intellettuale derivanti dal presente accordo sono composte consultando gli istituti partecipanti interessati o, se del caso, le parti o i loro rappresentanti autorizzati. Se la parti lo concordano, la controversia può essere sottoposta ad un organo arbitrale, conformemente alle disposizioni di diritto internazionale applicabili nella fattispecie. Salvo diversa decisione approvata per iscritto dalle parti o dai loro rappresentanti autorizzati, si applicano le norme di arbitrato della commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL — United Nations Commission on International Trade Law).D. Qualora una delle parti ritenga che un particolare progetto comune di ricerca condotto nell’ambito del presente accordo abbia portato o possa portare alla creazione o alla concessione di un tipo di proprietà intellettuale non tutelato dalla legislazione applicabile nel territorio dell’altra parte, le parti si concertano immediatamente per definire una soluzione accettabile per entrambe e compatibile con la legislazione applicabile.II. ATTRIBUZIONE DI DIRITTIA. Ciascuna parte, compatibilmente con le disposizioni di legge nazionali, può ottenere per contratto una licenza non esclusiva, irrevocabile ed esente da royalties per tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico articoli, relazioni e pubblicazioni tecniche e scientifiche generate direttamente nell’ambito delle attività di cooperazione previste dal presente accordo, purché siano osservate le disposizioni di legge relative alla proprietà e alla cessione dei diritti d’autore per la creazione dell’opera. Tutte le copie delle opere soggette a diritto d’autore realizzate secondo le suddette disposizioni e distribuite al pubblico devono riportare il nome degli autori, salvo laddove questi abbiano espressamente rinunciato a tale diritto.B. I diritti per le forme di proprietà intellettuale non descritte nella sezione II A del presente allegato saranno attribuiti in base alle modalità seguenti:1) I ricercatori in visita, quali gli scienziati che partecipano principalmente a scopo di perfezionamento, ottengono diritti di proprietà intellettuale definiti di concerto con l’istituto ospitante e conformemente alle disposizioni della legislazione nazionale applicabile. Inoltre, ogni ricercatore in visita designato come inventore è autorizzato, allo stesso titolo dei ricercatori dell’istituto ospitante, ad una quota proporzionale delle royalties percepite dall’istituto ospitante in virtù della licenza per l’uso della proprietà intellettuale.2) Per quanto riguarda la proprietà intellettuale che scaturisce o potrebbe scaturire dalla ricerca comune, i partecipanti elaborano un piano comune di gestione della tecnologia da negoziare nella forma di un contratto scritto tra i partecipanti ai progetti comuni di ricerca, nel quale sia preventivamente stabilita, in maniera equa ed equilibrata, la distribuzione dei proventi o di altri vantaggi derivanti dalla cooperazione, tenendo conto del contributo relativo delle parti o dei loro partecipanti ed attenendosi rigorosamente alla normativa sulla proprietà intellettuale vigente in ciascuna parte ed agli accordi internazionali sulla proprietà intellettuale di cui le parti sono firmatarie.a) Qualora le parti o i loro partecipanti non adottino un piano comune di gestione della tecnologia nella fase iniziale della cooperazione e qualora non riescano a giungere ad un accordo entro un periodo ragionevole, non superiore a sei mesi, successivo al momento in cui una parte sia a conoscenza del fatto che la ricerca comune abbia dato o possa dar luogo a proprietà intellettuale, esse sono tenute a concertarsi immediatamente per definire una soluzione accettabile per entrambe. In attesa di detta soluzione, la proprietà intellettuale è detenuta congiuntamente dalle parti o dai loro partecipanti, salvo altrimenti concordato dalle parti stesse.b) Qualora un progetto comune di ricerca realizzato nell’ambito del presente accordo risulti in una creazione suscettibile di essere tutelata da diritti di proprietà intellettuale non previsti dalla legislazione vigente in una delle parti, queste sono tenute a concertarsi immediatamente per definire una soluzione accettabile per entrambe e compatibile con la legislazione vigente.III. INFORMAZIONI RISERVATEA. Le parti e i rispettivi partecipanti devono tutelare le informazioni commerciali e/o industriali considerate riservate, che vengono generate o fornite nell’ambito del presente accordo, nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e delle pratiche vigenti, come concordato tra le parti.B. Le parti e i rispettivi partecipanti non possono divulgare informazioni considerate riservate in mancanza di previa autorizzazione, salvo a persone appartenenti alle categorie di funzionari, contraenti e subcontraenti. La divulgazione di tali informazioni deve essere strettamente limitata alle parti coinvolte nel progetto comune di ricerca concordato tra i partecipanti e/o al personale autorizzato degli enti governativi associati al progetto o al presente accordo.C. Le informazioni possono essere divulgate solo previa autorizzazione scritta delle parti e la loro diffusione non può in alcun caso essere superiore a quanto strettamente necessario ai fini dell’esecuzione dei compiti, degli obblighi o dei contratti relativi alle informazioni divulgate.D. I destinatari devono impegnarsi per iscritto a tutelare la riservatezza delle informazioni ottenute e spetta alle parti provvedere all’adempimento di tale obbligo.E. Una parte che non è o probabilmente non sarà in grado di garantire la non divulgazione di informazioni riservate ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti determinano di concerto le misure adeguate.-------------------------------------------------- Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Brasile QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici di interesse comune. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:beneficio reciproco; accesso reciproco; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata della proprietà intellettuale. Ambiti di cooperazione Le attività di cooperazione devono essere concepite per promuovere:il progresso scientifico; la competitività dell’industria; lo sviluppo economico e sociale. Un’enfasi particolare deve essere posta sui seguenti campi:biotecnologia; tecnologie dell’informazione e della comunicazione; bioinformatica; spazio; micro e nanotecnologie; ricerca sui materiali; tecnologie pulite; gestione ed uso sostenibile delle risorse ambientali; biosicurezza; salute e medicina; aeronautica; metrologia, normazione e valutazione della conformità; scienze umane. Attività Tra le attività di cooperazione possono figurare quelle elencate di seguito:progetti comuni di ricerca e sviluppo tecnologico (RST); visite e scambi di scienziati, ricercatori ed esperti tecnici; organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop scientifici e partecipazione di esperti a tali attività; azioni concertate quali il raggruppamento di progetti di RST; scambio e condivisione di apparecchiature e materiali; scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo, ivi comprese le indicazioni sulla politica scientifica e tecnologica. DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO? L’accordo è entrato in vigore il 7 agosto 2007 per un periodo iniziale di cinque anni. È stato rinnovato due volte, l’ultima nel 2017, per un periodo aggiuntivo di altri cinque anni. CONTESTO Le relazioni tra UE e Brasile si basano su un partenariato strategico istituito nel 2007, nonché sull’accordo di cooperazione tra l’UE e Mercosur. Per maggiori informazioni, consultare:Il Brasile e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Brasile, consultare:Cooperazione internazionale in materia di ricerca e innovazione con il Brasile (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 295 dell’11.11.2005, pagg. 38-43) Decisione del Consiglio 2005/781/CE, del 6 giugno 2005, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 295 dell’11.11.2005, pag. 37) DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) del Consiglio 2018/343, del 5 marzo 2018, relativa al rinnovo dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 67 del 9.3.2018, pag. 1-2) Decisione del Consiglio 2012/646/UE, del 10 ottobre 2012, relativa al rinnovo dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 287 del 18.10.2012, pag. 4) Accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 262 dell’1.11.1995, pagg. 54-65)
0
863
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE 2005/671/GAI DEL CONSIGLIO del 20 settembre 2005 concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 30, paragrafo 1, l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Nella riunione straordinaria del 21 settembre 2001, il Consiglio europeo ha dichiarato che il terrorismo rappresenta una vera sfida per il mondo e per l’Europa e che la lotta al terrorismo costituirà un obiettivo prioritario per l’Unione europea. (2) Il 19 ottobre 2001, il Consiglio europeo ha dichiarato che è determinato a combattere il terrorismo in tutte le sue forme e ovunque nel mondo e proseguirà gli sforzi volti a rafforzare la coalizione della comunità internazionale nella lotta contro il terrorismo in tutti i suoi aspetti, ad esempio attraverso il rafforzamento della cooperazione tra i servizi operativi incaricati della lotta al terrorismo: l’Europol, l’Eurojust, i servizi di informazione, le forze di polizia e le autorità giudiziarie. (3) In materia di lotta contro il terrorismo, è fondamentale che tutti i servizi interessati possano disporre di informazioni il più possibile complete e aggiornate, secondo i loro settori di competenza: i servizi nazionali specializzati degli Stati membri, le autorità giudiziarie e le istanze competenti a livello dell’Unione europea, quali l’Europol e l’Eurojust, hanno un’esigenza imperativa di informazioni per portare a termine i loro compiti. (4) La decisione 2003/48/GAI del Consiglio, del 19 dicembre 2002, relativa all’applicazione di misure specifiche di cooperazione di polizia e giudiziaria per la lotta al terrorismo a norma dell’articolo 4 della posizione comune 2001/931/PESC (2), costituisce una tappa importante. Il persistere della minaccia terroristica e la complessità del fenomeno rendono necessari maggiori scambi di informazioni. Il campo d’applicazione degli scambi di informazioni deve essere esteso a tutte le fasi dei procedimenti penali, comprese le condanne, e a tutte le persone, gruppi o entità oggetto di un’indagine, di un’azione penale o di una condanna per reati di terrorismo. (5) Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri su base unilaterale, e possono dunque, vista la necessaria reciprocità, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato; la presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (6) Nell’esecuzione dello scambio d’informazioni, la presente decisione lascia impregiudicati gli interessi essenziali di sicurezza nazionale e non dovrebbe compromettere la sicurezza dei singoli o attività specifiche di informazione in materia di sicurezza dello Stato, né il successo di indagini in corso. (7) La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, DECIDE: Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente decisione, si intende per: a) «reati terroristici»: i reati contemplati agli articoli 1, 2 e 3 della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (3); b) «convenzione Europol»: la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia (4); c) «decisione Eurojust»: la decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (5); d) «gruppo o entità»: le «organizzazioni terroristiche» ai sensi dell’articolo 2 della decisione quadro 2002/475/GAI, così come i «gruppi o entità» figuranti nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (6). Articolo 2 Trasmissione di informazioni relative ai reati terroristici all’Eurojust, all’Europol e agli Stati membri 1. Ciascuno Stato membro designa un servizio specializzato tra i suoi servizi di polizia o le altre autorità incaricate dell’applicazione della legge che, nel rispetto della legislazione nazionale, abbia accesso a tutte le informazioni pertinenti in merito alle indagini penali riguardanti i reati terroristici, effettuate dalle sue autorità incaricate dell’applicazione della legge e che riunisca tali informazioni inviandole all’Europol conformemente ai paragrafi 3 e 4. 2. Ciascuno Stato membro designa una o, qualora sia previsto dal proprio ordinamento giuridico, più autorità, quale corrispondente nazionale dell’Eurojust per le questioni legate al terrorismo, ovvero un’autorità giudiziaria o altra autorità competente che, nel rispetto della legislazione nazionale, abbia accesso a tutte le informazioni pertinenti in merito ai procedimenti e alle condanne penali riguardanti reati di terrorismo e che riunisca tali informazioni inviandole all’Eurojust conformemente al paragrafo 5. 3. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che almeno le informazioni di cui al paragrafo 4 riguardanti le indagini penali e le informazioni di cui al paragrafo 5 concernenti le azioni penali o le condanne penali per reati terroristici, che toccano o possono toccare due o più Stati membri, raccolte dall’autorità competente, siano trasmesse: a) all’Europol, conformemente alla legislazione nazionale e alle disposizioni della Convenzione Europol, per essere elaborate; e b) all’Eurojust, conformemente alla legislazione nazionale e nei limiti di quanto consentito nella decisione Eurojust, al fine di consentirle di svolgere le sue funzioni. 4. Le informazioni da trasmettere all’Europol, conformemente al paragrafo 3, sono le seguenti: a) i dati per l’identificazione della persona, del gruppo o dell’entità; b) gli atti oggetto dell’indagine e relative circostanze specifiche; c) la qualificazione del reato perseguito; d) il collegamento con altri casi pertinenti; e) il ricorso a tecnologie di comunicazione; f) la minaccia rappresentata dal possesso di armi di distruzione di massa. 5. Le informazioni da trasmettere all’Eurojust, a norma del paragrafo 3, sono le seguenti: a) i dati per l’identificazione della persona, del gruppo o dell’entità interessati oggetto di un’indagine o azione penale; b) la qualificazione del reato perseguito e le relative circostanze specifiche; c) informazioni sulle condanne definitive per reati terroristici e le circostanze specifiche relative a tali reati; d) il collegamento con altri casi pertinenti; e) le richieste di assistenza giudiziaria esistenti, comprese le rogatorie, presentate a un altro Stato membro o da quest’ultimo, nonché i relativi risultati. 6. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che qualsiasi informazione pertinente contenuta in documenti, fascicoli, dati, oggetti o altri mezzi di prova sequestrati o confiscati durante indagini o procedimenti penali collegati a reati terroristici sia accessibile il più rapidamente possibile, tenuto conto della necessità di non compromettere le indagini in corso, alle autorità degli altri Stati membri interessati, conformemente alla legislazione nazionale e ai pertinenti strumenti giuridici internazionali, quando si svolgono o potrebbero essere avviate indagini o quando è avviata un’azione penale in relazione a reati terroristici. Articolo 3 Squadre investigative comuni Gli Stati membri, se del caso, adottano le misure necessarie ad istituire squadre investigative comuni per svolgere indagini penali riguardanti i reati terroristici. Articolo 4 Richieste di assistenza giudiziaria e di esecuzione di sentenze Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che le richieste di assistenza giudiziaria e di riconoscimento ed esecuzione di sentenze, presentate da uno Stato membro in merito a reati terroristici, siano trattate con urgenza e in via prioritaria. Articolo 5 Abrogazione di disposizioni esistenti La decisione 2003/48/GAI è abrogata. Articolo 6 Applicazione Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione entro il 30 giugno 2006. Articolo 7 Applicazione territoriale La presente decisione si applica a Gibilterra. Articolo 8 Entrata in vigore La presente decisione prende effetto il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 20 settembre 2005. Per il Consiglio La presidente M. BECKETT (1) Parere reso il 7 giugno 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 16 del 22.1.2003, pag. 68. (3) GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3. (4) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo del 27.11.2003 (GU C 2 del 6.1.2004, pag. 3). (5) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione 2003/659/GAI (GU L 245 del 29.9.2003, pag. 44). (6) GU L 344 del 28.12.2001, pag. 93. Posizione comune modificata da ultimo dalla posizione comune 2005/220/PESC (GU L 69 del 16.3.2005, pag. 59). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Scambio di informazioni e cooperazione in materia di reati terroristici CHE COSA FA LA DECISIONE? La lotta al terrorismo rappresenta uno degli obiettivi prioritari dell’Unione europea (UE). Questa decisione stabilisce una procedura per lo scambio di informazioni relative a indagini, procedimenti e condanne penali per reati terroristici tra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE Per combattere il terrorismo, è fondamentale che i servizi interessati possano disporre di informazioni il più possibile complete e aggiornate. I paesi dell’UE devono raccogliere informazioni riguardanti le indagini, i procedimenti e le condanne penali per reati terroristici che coinvolgano due o più paesi dell’UE e trasmetterle all’Europol o all’Eurojust, ove appropriato. Un servizio specializzato designato tra le autorità di contrasto di un paese si occupa di inviare all’Europol tutte le informazioni pertinenti in merito alle indagini penali riguardanti i reati terroristici, ivi comprese: l’identità della persona o del gruppo; gli atti oggetto dell’indagine e le circostanze; la qualificazione del reato; il collegamento con altri casi pertinenti; il ricorso a tecnologie di comunicazione; la minaccia rappresentata dal possesso di armi di distruzione di massa. In ciascun paese verrà designata almeno un’autorità come corrispondente nazionale dell’Eurojust per le questioni legate al terrorismo, che si occuperà di inviare all’Eurojust tutte le informazioni pertinenti in merito ai procedimenti e alle condanne penali riguardanti reati di terrorismo, ivi comprese: l’identità della persona o del gruppo oggetto di indagine o procedimento penale; il reato interessato e le circostanze specifiche; le informazioni sulle condanne definitive per reati terroristici e le circostanze specifiche relative a tali reati; il collegamento con altri casi pertinenti; le richieste di assistenza giudiziaria presentate da/a un paese dell’UE, nonché i relativi risultati. Ciascun paese dell’UE garantisce che le informazioni pertinenti tratte da documenti e altre prove ottenute durante le indagini o i procedimenti per reati terroristici siano rese disponibili quanto prima agli altri paesi dell’UE. Laddove appropriato, i paesi sono tenuti ad adottare squadre investigative comuni addette alla conduzione delle indagini. Le richieste di assistenza giudiziaria e di esecuzione di sentenze presentate da altri paesi dell’UE devono avere la massima priorità. La decisione non deve compromettere la sicurezza dei singoli né il successo di indagini o attività specifiche di informazione in corso e si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi. La raccomandazione 2007/562/CE del Consiglio riguarda lo scambio di informazioni relative ai sequestri di persona a sfondo terroristico tra i paesi dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica a partire dal 30 settembre 2005. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Crisi e terrorismo» sul sito Internet della Commissione europea «Lotta al terrorismo» sul sito Internet del Consiglio dell’Unione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2005/671/GAI del Consiglio, del 20 settembre 2005, concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici (GU L 253 del 29.9.2005, pag. 22-24) DOCUMENTI CORRELATI Raccomandazione del Consiglio, del 12 giugno 2007, sullo scambio di informazioni relative ai sequestri di persona a sfondo terroristico (GU L 214 del 17.8.2007, pag. 9-12)
0
628
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE 2014/486/PESC DEL CONSIGLIO del 22 luglio 2014 relativa alla missione consultiva dell'Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, l'articolo 42, paragrafo 4, e l'articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 14 aprile 2014 il Consiglio ha manifestato la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, sostegno della polizia e stato di diritto, nonché ad elaborare un quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina, che esamini tutte le opzioni, anche attraverso un'eventuale missione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). (2) L'8 maggio 2014 il ministro degli esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale esprime interesse per lo schieramento di una missione in ambito PSDC in Ucraina. (3) Il 12 maggio 2014 il Consiglio ha ribadito la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, ha salutato con favore il quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina e ha affidato al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) il compito di preparare un concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale missione civile in ambito PSDC. Ha inoltre sottolineato l'importanza del coordinamento e della complementarità con l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e altri soggetti internazionali. (4) Il 23 giugno 2014 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale azione della PSDC a sostegno delle riforme del settore della sicurezza civile. (5) L'11 luglio 2014, il ministro degli Esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'AR nella quale accetta lo schieramento di una missione in ambito CSDP. (6) L'EUAM Ucraina sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e compromettere il raggiungimento degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione fissati all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione L'Unione conduce una missione consultiva per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) per assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, compresa polizia e stato di diritto. Articolo 2 Mandato 1. A sostegno degli impegni assunti dall'Ucraina per le riforme del settore della sicurezza, la missione civile in ambito PSDC senza compiti esecutivi offre ai competenti organi ucraini tutoraggio e consulenza per elaborare rinnovate strategie in materia di sicurezza e mettere quindi in atto opportuni sforzi di riforma globali e coerenti, al fine di: — creare un quadro concettuale per la pianificazione e l'attuazione di riforme che porti a servizi di sicurezza sostenibili in grado di garantire lo stato di diritto, in modo tale da contribuire a rafforzarne la legittimità e accrescere la fiducia dell'opinione pubblica, nel pieno rispetto dei diritti umani e coerentemente con il processo di riforma costituzionale, — riorganizzare e ristrutturare i servizi di sicurezza in modo da ripristinare il controllo e la responsabilità su di essi. Al fine di raggiungere i suoi obiettivi, l'EUAM Ucraina opera secondo i parametri definiti nel concetto di gestione della crisi (CMC) approvato dal Consiglio il 23 giugno 2014 e nei documenti del piano operativo. 2. Nell'ambito del proprio mandato iniziale la missione presta assistenza nel processo operativo della riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la rapida preparazione e attuazione delle misure di riforma. Articolo 3 Catena di comando e struttura 1. L'EUAM Ucraina dispone di una catena di comando unificata per le operazioni di gestione della crisi. 2. Il comando dell'EUAM Ucraina è situato a Kiev. 3. L'EUAM Ucraina è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione. Articolo 4 Pianificazione e avvio dell'EUAM Ucraina 1. La missione è avviata con decisione del Consiglio alla data raccomandata dal comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina, non appena quest'ultima avrà raggiunto la sua capacità operativa iniziale. 2. Il nucleo avanzato dell'EUAM Ucraina ha il compito di preparare l'installazione della missione dal punto di vista logistico, infrastrutturale e della sicurezza, nonché fornire gli elementi necessari alla preparazione dei documenti del piano operativo e della seconda scheda finanziaria. Articolo 5 Comandante civile dell'operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina. La CPCC è messa a disposizione del comandante civile dell'operazione per la pianificazione e la condotta dell'EUAM Ucraina. 2. Il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e l'autorità generale dell'AR, esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina. 3. Il comandante civile dell'operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l'attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell'operazione riferisce al Consiglio attraverso l'AR. 5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d'origine conformemente alla normativa nazionale, o all'istituzione dell'Unione interessata o al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell'operazione il controllo operativo del loro personale. 6. Il comandante civile dell'operazione ha la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell'Unione sia correttamente assolto. Articolo 6 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina a livello di teatro delle operazioni. Il capomissione risponde direttamente al comandante civile dell'operazione e agisce conformemente alle istruzioni impartite da quest'ultimo. 2. Il capomissione rappresenta l'EUAM Ucraina per quanto di sua competenza. Il capomissione può delegare compiti di gestione riguardanti il personale e le questioni finanziarie a membri del personale dell'EUAM Ucraina, sotto la sua responsabilità generale. 3. Il capomissione esercita la responsabilità amministrativa e logistica dell'EUAM Ucraina, anche per quanto riguarda i mezzi, le risorse e le informazioni messi a disposizione della missione. 4. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall'istituzione dell'Unione interessata o dal SEAE. Articolo 7 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell'AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EUAM Ucraina. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell'articolo 38, terzo comma del TUE. Tale autorizzazione include in particolare la facoltà di nominare un capomissione, su proposta dell'AR, e modificare il concetto delle operazioni (CONOPS) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell'EUAM Ucraina restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell'operazione e dal capomissione sulle questioni che rientrano nelle loro rispettive aree di competenza. Articolo 8 Personale 1. Il personale dell'EUAM Ucraina è costituito essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell'Unione o dal SEAE. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che ha distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria, le indennità diverse da quelle giornaliere. 2. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE, sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco proposte dal membro del personale distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona. 3. L'EUAM Ucraina può altresì assumere personale internazionale e locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 4. Le condizioni d'impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra l'EUAM Ucraina e i membri del personale interessati. Articolo 9 Status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale Lo status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento dell'EUAM Ucraina, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell'articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Articolo 10 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatti salvi l'autonomia decisionale dell'Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all'EUAM Ucraina, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l'assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dall'Ucraina, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi correnti della missione EUAM Ucraina. 2. Gli Stati terzi che contribuiscono all'EUAM Ucraina hanno diritti ed obblighi identici a quelli degli Stati membri, in termini di gestione quotidiana della missione EUAM Ucraina. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all'accettazione dei contributi proposti e ad istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di un accordo concluso a norma dell'articolo 37 del TUE. Se l'Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo ad operazioni dell'Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell'ambito dell'EUAM Ucraina. Articolo 11 Sicurezza 1. Il comandante civile dell'operazione dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione e garantisce l'attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell'EUAM Ucraina a norma dell'articolo 5. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell'EUAM Ucraina e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all'EUAM Ucraina, in linea con la politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V del TUE. 3. Il capomissione è assistito da un responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto funzionale con il SEAE. 4. In materia di sicurezza il personale dell'EUAM Ucraina riceve una formazione obbligatoria adeguata al livello di rischio valutato nella zona di schieramento. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento nel teatro delle operazioni, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione. 5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate UE conformemente alla decisione 2013/488/UE del Consiglio (1). Articolo 12 Capacità di vigilanza La capacità di vigilanza è attivata per l'EUAM Ucraina. Articolo 13 Disposizioni giuridiche L'EUAM Ucraina ha la capacità di procurarsi servizi e forniture, stipulare contratti e concludere accordi amministrativi, assumere personale, detenere conti bancari, acquisire beni e disporne nonché liquidare il suo passivo e stare in giudizio, nella misura necessaria per l'attuazione della presente decisione. Articolo 14 Disposizioni finanziarie 1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse all'EUAM Ucraina fino al 30 novembre 2014 è pari a 2 680 000 EUR. L'importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio. 2. Tutte le spese sono gestite in conformità alle procedure e alle regole applicabili al bilancio generale dell'Unione. La partecipazione di persone fisiche e giuridiche all'aggiudicazione di contratti d'appalto da parte dell'EUAM Ucraina è aperta senza limitazioni. Inoltre, non si applica alcuna regola di origine per i beni acquistati dall'EUAM Ucraina. Con l'approvazione della Commissione la missione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, lo Stato ospitante, gli Stati terzi partecipanti e altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di attrezzature, servizi e locali all'EUAM Ucraina. 3. L'EUAM Ucraina è responsabile dell'esecuzione del bilancio della missione. A tal fine la missione EUAM Ucraina firma un accordo con la Commissione. 4. Fatte salve le disposizioni sullo status dell'EUAM Ucraina e del suo personale, l'EUAM Ucraina è competente per eventuali richieste di indennizzo e obblighi derivanti dall'attuazione del mandato, fatta eccezione per eventuali richieste di indennizzo in relazione a una colpa grave del capomissione, di cui quest'ultimo si assume la responsabilità. 5. L'attuazione delle disposizioni finanziarie non pregiudica la catena di comando di cui agli articoli 4, 5 e 6 e i requisiti operativi dell'EUAM Ucraina, compresa la compatibilità delle attrezzature e l'interoperabilità delle sue squadre. 6. Le spese sono ammissibili a decorrere dalla data della firma dell'accordo di cui al paragrafo 3. Articolo 15 Cellula di progetto 1. L'EUAM Ucraina dispone di una cellula di progetto per individuare e attuare i progetti. Ove opportuno, l'EUAM Ucraina agevola e fornisce consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all'EUAM Ucraina e a sostegno dei suoi obiettivi. 2. Fatto salvo il paragrafo 3, l'EUAM Ucraina è autorizzata a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l'attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell'EUAM Ucraina, se il progetto è: — è previsto nella scheda finanziaria della presente decisione, o — è integrato nel corso del mandato mediante una modifica di tale scheda finanziaria su richiesta del capomissione. L'EUAM Ucraina conclude un accordo con tali Stati, riguardante in particolare le modalità specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a sua disposizione da tali Stati. Né l'Unione né l'AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a disposizione da tali Stati. 3. I contributi finanziari alla cellula di progetto da parte di Stati terzi sono soggetti ad accettazione da parte del CPS. Articolo 16 Coerenza della risposta e del coordinamento dell'Unione 1. L'AR garantisce la coerenza nell'attuazione della presente decisione con l'azione esterna dell'Unione nel suo complesso. 2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione in Ucraina al fine di garantire la coerenza dell'azione dell'Unione in Ucraina. Senza interferire nella catena di comando, il capo delegazione a Kiev impartisce al capo della missione EUAM Ucraina direttive politiche di livello locale. Se necessario, il capo della missione EUAM Ucraina e il capo delegazione a Kiev procedono a consultazioni. 3. È instaurata una cooperazione tra l'EUAM Ucraina e la missione dell'UE di assistenza alle frontiere per i valichi Moldova/Ucraina (EUBAM Moldova/Ucraina). 4. Inoltre, è opportuno ricercare una cooperazione sistematica, un coordinamento e una complementarietà con le attività di altri partner internazionali, in particolare con l'OSCE, al fine di garantire un'azione efficace. Articolo 17 Comunicazione di informazioni 1. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell'EUAM Ucraina, informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE. 2. Qualora insorgano necessità operative specifiche ed immediate, l'AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l'AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 3. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all'EUAM Ucraina, coperti dall'obbligo del segreto professionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 del regolamento interno del Consiglio (2). 4. L'AR può delegare tali autorizzazioni, nonché la competenza a concludere le disposizioni di cui al paragrafo 2, a funzionari del SEAE, al comandante civile dell'operazione e/o al capomissione conformemente all'allegato VI, sezione VII della decisione 2013/488/UE. Articolo 18 Revisione strategica Il mandato iniziale dell'EUAM Ucraina ha una durata di due anni. Una revisione strategica è effettuata un anno dopo l'avvio della missione. Articolo 19 Entrata in vigore e durata La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione. Essa si applica per un periodo di 24 mesi a decorrere dalla data di avvio dell'EUAM Ucraina. Fatto a Bruxelles, il 22 luglio 2014 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio del 1o dicembre 2009 relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Autorizza una missione consultiva dell’UE per assistere l’Ucraina nella riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la polizia e lo stato di diritto. PUNTI CHIAVE Mandato L’EUAM Ucraina è una missione civile di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) che offre tutoraggio e consulenza agli organi ucraini competenti al fine di:fornire consulenza strategica sulla riforma del settore della sicurezza civile per sviluppare strategie nel settore della sicurezza civile; sostenere l’attuazione delle riforme con consulenze pratiche, formazione e progetti; fornire cooperazione e coordinamento per assicurare che gli sforzi di riforma siano concertati con gli attori ucraini e internazionali.Priorità L’EUAM ha 5 priorità:gestione delle risorse umane; indagine giudiziaria; ordine pubblico; polizia di prossimità; chiarimento delle competenze.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante dell’operazione civile (CivOpCdr). Egli:comanda e controlla la missione sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza;riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è:responsabile dell’EUAM Ucraina in loco e ne esercita il comando e il controllo;direttamente responsabile nei confronti del COC e agisce secondo le sue istruzioni;si coordina con la delegazione dell’UE in Ucraina per garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Ucraina. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 1° dicembre 2014. La validità della decisione è stata estesa fino al 31 maggio 2024. CONTESTO EUAM Ucraina (Servizio europeo per l’azione esterna) DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2014/486/PESC del Consiglio, del 22 luglio 2014, relativa alla missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (GU L 217 del 23.7.2014, pag. 42). Le successive modifiche alla decisione 2014/486/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione (PESC) 2019/992 del comitato politico e di sicurezza, del 4 giugno 2019, relativa alla nomina del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM Ucraina/1/2019) (GU L 160 del 18.6.2019, pag. 24). Decisione (PESC) 2018/1662 del comitato politico e di sicurezza, del 25 ottobre 2018, che proroga il mandato del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM UCRAINA/1/2018) (GU L 278 dell’ 8.11.2018, pag. 18).
1
490
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 152 del 20/06/2003 pag. 0016 - 0019 Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 26 maggio 2003sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2 e gli articoli 55 e 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),previa consultazione del Comitato delle Regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Sussistono divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco. In alcuni casi tale pubblicità e tale sponsorizzazione superano le frontiere degli Stati membri o comportano eventi organizzati a livello internazionale e costituiscono attività alle quali si applica l'articolo 49 del trattato. Le disparità nelle legislazioni nazionali sono tali da creare ostacoli sempre maggiori alla libera circolazione tra gli Stati membri dei prodotti o dei servizi che costituiscono il supporto materiale delle suddette attività di pubblicità e di sponsorizzazione. Alcuni ostacoli sono già stati incontrati nell'ambito della pubblicità a mezzo stampa. Nel caso della sponsorizzazione, le distorsioni delle condizioni di concorrenza possono aumentare e già sono state riscontrate nell'organizzazione di talune manifestazioni culturali o sportive di spicco.(2) Detti ostacoli dovrebbero essere rimossi e, a questo scopo, le norme in materia di pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco dovrebbero essere ravvicinate in casi specifici. Occorre specificare, in particolare, in che misura la pubblicità del tabacco è consentita in determinate categorie di pubblicazioni.(3) L'articolo 95, paragrafo 3, del trattato stabilisce che la Commissione, nelle sue proposte per l'attuazione e il funzionamento del mercato interno in materia di salute, si basi su un livello di protezione elevato. Entro i limiti delle rispettive competenze, anche il Parlamento europeo e il Consiglio perseguono questo obiettivo. La legislazione degli Stati membri da ravvicinare è volta a proteggere la salute pubblica regolamentando la promozione del tabacco, un prodotto che induce assuefazione responsabile ogni anno di oltre mezzo milione di decessi nella Comunità, evitando così una situazione nella quale i giovani, come risultato di questa promozione, inizino a fumare precocemente e diventino dipendenti.(4) La circolazione nel mercato interno di pubblicazioni quali periodici, giornali e riviste è soggetta a numerosi rischi di ostacoli alla libera circolazione come risultato delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano o regolamentano la pubblicità a favore del tabacco in tali mezzi di comunicazione. Al fine di garantire la libera circolazione nel mercato interno di tutti questi mezzi di comunicazione, occorre pertanto consentire la pubblicità del tabacco soltanto nelle riviste specializzate e nei periodici che non sono destinati al pubblico in genere, come le pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio del tabacco e le pubblicazioni stampate e edite e in paesi terzi e non destinate principalmente al mercato comunitario.(5) Le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti taluni tipi di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco con effetti transfrontalieri provocano un notevole rischio di distorsione delle condizioni di concorrenza per quest'attività nell'ambito del mercato interno. Al fine di eliminare queste distorsioni, occorre vietare tale sponsorizzazione solo per le attività o le manifestazioni che producono effetti oltre le frontiere, che altrimenti potrebbe costituire un mezzo per eludere le restrizioni imposte alle forme dirette di pubblicità, senza regolamentare la sponsorizzazione a livello meramente nazionale.(6) L'uso dei servizi della società dell'informazione è un mezzo di pubblicità dei prodotti del tabacco che aumenta con lo sviluppo del consumo e dell'accesso pubblici a tali servizi. Detti servizi come pure le trasmissioni radiofoniche, che possono anche essere diffuse tramite i servizi della società dell'informazione, attraggono in modo particolare e sono facilmente accessibili ai giovani consumatori. La pubblicità a favore del tabacco attraverso entrambi questi mezzi ha, per sua stessa natura, la caratteristica di superare le frontiere e dovrebbe essere regolamentata a livello comunitario.(7) La distribuzione gratuita di prodotti del tabacco è soggetta a restrizioni in vari Stati membri, visto l'alto rischio di creare dipendenza. Si sono verificati casi di distribuzione gratuita nel contesto della sponsorizzazione di manifestazioni con effetti oltre le frontiere, che dovrebbe essere pertanto vietata.(8) Le norme applicabili a livello internazionale alla pubblicità e alla sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco formano oggetto di negoziati per l'elaborazione di una convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità sul controllo del tabacco. Detti negoziati mirano alla definizione di norme internazionali vincolanti, complementari a quelle contenute nella presente direttiva.(9) La Commissione dovrebbe elaborare una relazione sull'attuazione della presente direttiva. Occorrerebbe prevedere disposizioni nei pertinenti programmi comunitari per verificare gli effetti della presente direttiva sulla salute pubblica.(10) Gli Stati membri dovrebbero prevedere misure adeguate ed efficaci per garantire il controllo dell'attuazione delle misure adottate a norma della presente direttiva, conformemente alla relativa normativa nazionale, come indicato nella comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla funzione delle sanzioni per l'attuazione della normativa comunitaria nel settore del mercato interno e nella risoluzione del Consiglio, del 29 giugno 1995, sull'applicazione uniforme ed efficace del diritto comunitario e sulle sanzioni applicabili alle violazioni di tale diritto nel settore del mercato interno(4). Tali misure dovrebbero includere disposizioni per l'intervento di persone o organizzazioni aventi un interesse legittimo alla soppressione di attività non conformi alla presente direttiva.(11) Le sanzioni previste dalla presente direttiva dovrebbero lasciare impregiudicate le altre sanzioni o i mezzi di tutela previsti dalle normative nazionali.(12) La presente direttiva disciplina la pubblicità a favore dei prodotti del tabacco nei media diversi dalla televisione, ossia attraverso la stampa e in altre pubblicazioni, nelle trasmissioni radiofoniche e nei servizi della società dell'informazione. Disciplina inoltre la sponsorizzazione, da parte delle industrie del tabacco, di programmi radiofonici e di manifestazioni o attività che coinvolgono più Stati membri, o che hanno luogo in più di uno di essi o che hanno in altro modo effetti transfrontalieri, inclusa la distribuzione gratuita o a prezzi scontati di prodotti del tabacco. Altre forme di pubblicità, come la pubblicità indiretta, e la sponsorizzazione di manifestazioni o attività prive di effetti transfrontalieri esulano dall'ambito d'applicazione della presente direttiva. Fatte salve le disposizioni del trattato, gli Stati membri restano competenti a regolamentare tali questioni come ritengono necessario per garantire la protezione della salute umana.(13) La pubblicità relativa ai medicinali per uso umano è contemplata dalla direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano(5). La pubblicità riguardante i prodotti per indurre la disassuefazione dal tabacco non rientra nell'ambito di applicazione della presente direttiva.(14) La presente direttiva dovrebbe applicarsi fatta salva la direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive(6), che vieta tutte le forme di pubblicità televisiva a favore delle sigarette ed altri prodotti del tabacco. La direttiva 89/552/CEE stabilisce che i programmi televisivi non possono essere sponsorizzati da imprese la cui principale attività sia la lavorazione o la vendita di sigarette e altri prodotti del tabacco, oppure la fornitura di servizi, la cui pubblicità sia vietata dalla direttiva stessa. Anche i teleacquisti dei prodotti del tabacco sono vietati dalla direttiva 89/552/CEE.(15) Il carattere transnazionale della pubblicità è riconosciuto dalla direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole(7). La direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco(8), contiene disposizioni relative all'uso di descrizioni ingannevoli sull'etichettatura dei prodotti del tabacco, delle quali è stato altresì costatato l'effetto transnazionale.(16) La direttiva 98/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 1998, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco(9), è stata annullata dalla Corte di giustizia con sentenza nella causa C-376/98, Repubblica federale di Germania contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea(10). I riferimenti alla direttiva 98/43/CE dovrebbero quindi intendersi fatti alla presente direttiva.(17) In base al principio di proporzionalità è necessario e opportuno, per conseguire l'obiettivo fondamentale del corretto funzionamento del mercato interno, stabilire disposizioni in materia di pubblicità e di sponsorizzazione dei prodotti del tabacco. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo, a norma dell'articolo 5, terzo comma, del trattato.(18) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Essa mira in particolare a garantire il rispetto del diritto fondamentale alla libertà di espressione,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Oggetto e ambito di applicazione1. La presente direttiva è intesa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla pubblicità a favore dei prodotti del tabacco e alla loro promozione:a) attraverso la stampa e altre pubblicazioni stampate;b) nelle trasmissioni radiofoniche;c) nei servizi della società dell'informazione; ed) mediante sponsorizzazione connessa al tabacco, inclusa la distribuzione gratuita di prodotti del tabacco.2. La presente direttiva è intesa a garantire la libera circolazione dei mezzi di comunicazione interessati e dei relativi servizi e ad eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato interno.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:a) "prodotti del tabacco": tutti i prodotti destinati ad essere fumati, fiutati, succhiati o masticati, se costituiti, anche parzialmente, di tabacco;b) "pubblicità": ogni forma di comunicazione commerciale che abbia lo scopo o l'effetto, diretto o indiretto, di promuovere un prodotto del tabacco;c) "sponsorizzazione": qualsiasi forma di contributo pubblico o privato ad un evento, un'attività o una persona che abbia lo scopo o l'effetto, diretto o indiretto, di promuovere un prodotto del tabacco;d) "servizi della società dell'informazione": i servizi di cui all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione(11).Articolo 3Pubblicità a mezzo stampa e mediante i servizi della società dell'informazione1. La pubblicità a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate è consentita soltanto nelle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio del tabacco e nelle pubblicazioni stampate e edite in paesi terzi, che non siano principalmente destinate al mercato comunitario.È vietata qualunque altra pubblicità a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate.2. La pubblicità che non è permessa a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate non è consentita nei servizi della società dell'informazione.Articolo 4Pubblicità e sponsorizzazione radiofonica1. Sono vietate tutte le forme di pubblicità radiofonica a favore dei prodotti del tabacco.2. I programmi radiofonici non devono essere sponsorizzati da imprese la cui principale attività sia la fabbricazione o la vendita dei prodotti del tabacco.Articolo 5Sponsorizzazione di eventi1. La sponsorizzazione di eventi o attività che coinvolgano o abbiano luogo in vari Stati membri o che producano in altro modo effetti transfrontalieri è vietata.2. È vietata qualsiasi distribuzione gratuita di prodotti del tabacco nel contesto della sponsorizzazione degli eventi di cui al paragrafo 1 che abbia lo scopo o l'effetto diretto o indiretto di promuovere tali prodotti.Articolo 6RelazioneEntro il 20 giugno 2008, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull'attuazione della presente direttiva. Detta relazione è corredata di qualsivoglia proposta di modifica della presente direttiva che la Commissione ritenga necessaria.Articolo 7Sanzioni ed esecuzioneGli Stati membri stabiliscono le norme sulle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'esecuzione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano dette norme alla Commissione entro la data di cui all'articolo 10 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modifiche successive.Dette norme includono disposizioni che garantiscono alle persone o alle organizzazioni, titolari, in forza delle legislazioni nazionali, di un interesse legittimo alla soppressione di una pubblicità, di una sponsorizzazione o di altre attività incompatibili con la presente direttiva, la facoltà di agire in giudizio contro tale pubblicità o sponsorizzazione, ovvero di adire gli organismi amministrativi competenti a pronunciarsi sui ricorsi o ad avviare i procedimenti previsti per legge.Articolo 8Libera circolazione dei prodotti e dei serviziGli Stati membri non vietano né limitano la libera circolazione dei prodotti o dei servizi conformi alla presente direttiva.Articolo 9Riferimenti alla direttiva 98/43/CEI riferimenti alla direttiva 98/43/CE annullata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 10Attuazione1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto nazionale che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 11Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 12DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 26 maggio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteG. Drys(1) GU C 270 E del 25.9.2001, pag. 97.(2) GU C 36 dell'8.2.2002, pag. 104.(3) Parere del Parlamento europeo del 20 novembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 27 marzo 2003.(4) GU C 188 del 22.7.1995, pag. 1.(5) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.(6) GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23. Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 202 del 30.7.1997, pag. 60).(7) GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17. Direttiva modificata dalla direttiva 97/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 23.10.1997, pag. 18).(8) GU L 194 del 18.7.2001, pag. 26.(9) GU L 213 del 30.7.1998, pag. 9.(10) [2000] ECR I-8419.(11) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. Direttiva modificata dalla direttiva 98/48/CE (GU L 217 del 5.8.1998, pag. 18). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco QUAL È LO SCOPO DELLA PRESENTE DIRETTIVA? Essa disciplina la pubblicità * e la promozione del tabacco* a mezzo stampa, alla radio, mediante i servizi della società dell’informazione e la sponsorizzazione legata al tabacco. PUNTI CHIAVE Pubblicità a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate: è vietata se non nelle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio del tabacco e nelle pubblicazioni stampate edite in paesi extra UE e che non siano principalmente destinate al mercato comunitario. Radio: tutte le forme di pubblicità sono vietate. I programmi non possono essere sponsorizzati da società la cui attività principale è la produzione e la vendita di tabacco. Sponsorizzazione: è vietata per tutti gli eventi e le attività che abbiano luogo in più di un paese dell’UE. Il divieto si estende alla distribuzione gratuita di prodotti del tabacco. La legittimità della direttiva è stata confermata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nel dicembre 2006. Nel maggio 2008, la Commissione europea ha pubblicato una relazione sull’attuazione della direttiva. Ulteriori norme per i servizi di media audiovisivi integrano la direttiva, vietando la pubblicità e l’inserimento di prodotti del tabacco in televisione o attraverso servizi a richiesta (ovvero servizi che consentono agli spettatori di guardare un programma che hanno scelto perché disponibile, ad esempio, sul sito internet dell’emittente). Inoltre, una raccomandazione del Consiglio non vincolante invita i governi dell’UE ad adottare diverse misure per limitare la pubblicità nei loro paesi, includendo: il divieto di pratiche promozionali come l’offerta di posaceneri, accendini e sconti sui prezzi; il divieto della pubblicità locale del tabacco su cartelloni pubblicitari, presso punti vendita e nei cinema; la richiesta a produttori, importatori e commercianti su larga scala di fornire informazioni sulla loro spesa per campagne pubblicitarie, di marketing, di sponsorizzazione e di promozione non vietate dalla normativa UE. La direttiva 2014/40/UE ha esteso le norme dell’UE sulla pubblicità e la promozione del tabacco alle sigarette elettroniche. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 20 giugno 2003. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 3 luglio 2005. * TERMINI CHIAVE Pubblicità: ogni forma di comunicazione commerciale che abbia lo scopo o l’effetto, diretto o indiretto, di promuovere un prodotto del tabacco. Prodotti del tabacco: tutti i prodotti destinati ad essere fumati, fiutati, succhiati o masticati, se costituiti, anche parzialmente, di tabacco. ATTO Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (GU L 152 del 20.6.2003, pag. 16-19) Successive modifiche e correzioni alla direttiva 2003/33/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (GU L 95 del 15.4.2010, pag. 1-24) Versione consolidata. Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1-38) Versione consolidata. Raccomandazione 2003/54/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (GU L 22 del 25.1.2003, pag. 31-34)
0
691
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. 98/699/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0001 - 0003 AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea (98/699/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno Unito,visto il piano d'azione del Gruppo ad alto livello «Criminalità organizzata» approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16-17 giugno 1997 e, in particolare, la raccomandazione n. 26, lettera b), riguardante il potenziamento della ricerca e del sequestro dei proventi di reato,visto il parere formulato dal Parlamento europeo in seguito alla consultazione effettuata dalla presidenza a norma dell'articolo K.6 del trattato sull'Unione europea,viste l'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata (1), nonché quella del 19 marzo 1998, che stabilisce un programma di scambi, di formazione e di cooperazione destinato alle persone responsabili della lotta contro la criminalità organizzata (programma Falcone) (2),considerando l'adesione degli Stati membri ai principi della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato,vista la proposta di azione comune relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, con particolare riguardo ai reati contemplati nella presente azione comune,considerando le disposizioni della direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite (3), nonché le quaranta raccomandazioni contro il riciclaggio dei capitali come formulate dal gruppo di azione finanziaria internazionale sul riciclaggio dei capitali (FATF) nel 1996, in particolare la raccomandazione n. 4,vista l'azione comune del 17 dicembre 1996 relativa al ravvicinamento delle legislazioni e delle prassi degli Stati membri dell'Unione europea ai fini della lotta contro la tossicodipendenza e della prevenzione e lotta contro il traffico illecito di droga (4),tenendo a mente l'obiettivo comune di migliorare il coordinamento tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge,rammentando l'azione comune che istituisce una rete giudiziaria europea, adottata dal Consiglio il 29 giugno 1998 (5),considerando che il potenziale di smantellamento delle attività criminali della criminalità organizzata viene considerevolmente migliorato da una più efficace cooperazione tra gli Stati membri nell'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca dei proventi di reato;considerando che prassi reciprocamente compatibili stanno rendendo più efficiente la cooperazione europea in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca dei proventi di reato;considerando che la raccomandazione n. 16 del piano d'azione del 28 aprile 1997 contro la criminalità organizzata ha sottolineato la necessità di accelerare le procedure di cooperazione giudiziaria nei settori connessi alla criminalità organizzata e di ridurre considerevolmente i termini di trasmissione e di risposta alle richieste;considerando l'adesione degli Stati membri alla convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 1959;alla luce della convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988 e della sessione straordinaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in materia di droga del 1998;riconoscendo i risultati del seminario di Dublino del 1996 sulla confisca dei beni per quanto riguarda l'individuazione degli ostacoli ad un'efficace cooperazione;fermo restando che le forme di cooperazione indicate nella presente azione comune non pregiudicano altre forme di cooperazione bilaterale o multilaterale,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. Al fine di potenziare l'azione efficace contro la criminalità organizzata gli Stati membri garantiscono che non sia fatta o accolta alcuna riserva sui seguenti articoli della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato (in prosieguo denominata «la convenzione del 1990»):a) Articolo 2: se il reato è punibile con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno.b) Articolo 6: se si tratta di reati gravi. Tali reati includono in ogni caso i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno ovvero, per gli Stati il cui ordinamento giuridico prevede una soglia minima per i reati, i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata minima superiore a sei mesi.La lettera a) lascia impregiudicate le riserve fatte relativamente alla confisca dei proventi derivanti da reati punibili ai sensi della legislazione fiscale.2. Ciascuno Stato membro garantisce che la sua legislazione e le sue procedure in materia di confisca dei proventi di reato gli consentano anche di confiscare la proprietà di beni per un valore corrispondente a siffatti proventi, sia nei procedimenti nazionali che in quelli avviati su richiesta di un altro Stato membro, comprese le richieste di confisca straniere. Gli Stati membri possono comunque escludere la confisca di beni per un valore corrispondente ai proventi di reato in casi non gravi. Le parole «proprietà di beni», «proventi» e «confisca» hanno un significato identico a quello di cui all'articolo 1 della convenzione del 1990.3. Ciascuno Stato membro assicura che la sua legislazione e le sue procedure interne gli consentano, su richiesta di un altro Stato membro, l'individuazione e il rintracciamento di probabili proventi di attività illecite, qualora vi sia un valido motivo di sospettare che sia stato commesso un reato. Siffatte legislazioni e procedure dovrebbero consentire di fornire assistenza nelle primissime fasi di un'investigazione e a tal fine gli Stati membri si adoperano per limitare il ricorso ai motivi facoltativi di rifiuto nei confronti di altri Stati membri di cui ai paragrafi 2 e 3 dell'articolo 18 della convenzione del 1990.Articolo 2 1. Nel quadro del funzionamento della rete giudiziaria europea, ciascuno Stato membro appronta una guida di facile uso, che indichi in che modo sia possibile ottenere informazioni e precisi il tipo di assistenza che può essere fornita al fine di individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. La guida specifica inoltre eventuali restrizioni importanti a tale assistenza e le informazioni che lo Stato richiedente dovrebbe fornire.2. Il Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea riceve le guide di cui al paragrafo 1 e provvede alla loro traduzione nelle lingue ufficiali della Comunità europea. Il Segretariato generale trasmette le guide agli Stati membri, alla rete giudiziaria europea e all'Europol.3. Ciascuno Stato membro assicura che la guida di cui al paragrafo 1 sia tenuta aggiornata e che eventuali modifiche siano inviate al Segretariato generale del Consiglio per essere tradotte e distribuite a norma del paragrafo 2.Articolo 3 Gli Stati membri accordano alle richieste di altri Stati membri relative all'individuazione, al rintracciamento, al congelamento o al sequestro e alla confisca dei proventi di reato la stessa priorità che accordano a tali misure nell'ambito delle procedure nazionali.Articolo 4 1. Gli Stati membri incoraggiano i contatti diretti tra inquirenti, magistrati inquirenti e pubblici ministeri avvalendosi degli accordi di cooperazione esistenti, per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario. Qualora occorra una richiesta formale, lo Stato richiedente provvede affinché tale richiesta sia adeguatamente elaborata e rispetti le disposizioni dello Stato richiesto.2. Laddove non sia possibile eseguire una richiesta di assistenza come previsto dallo Stato richiedente, lo Stato richiesto si adopera per soddisfarla in un modo alternativo, previa consultazione con lo Stato richiedente e nel pieno rispetto della legislazione nazionale e degli obblighi internazionali.3. Gli Stati membri presentano le richieste di assistenza non appena viene individuata la natura precisa dell'assistenza e, se la richiesta reca l'indicazione «urgente» o un termine di esecuzione, precisano i motivi dell'urgenza o il termine in questione.Articolo 5 1. Ove compatibile con la loro legislazione, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per ridurre al minimo il rischio di dissipazione dei proventi. Tali provvedimenti comprendono le misure eventualmente necessarie per garantire che i beni oggetto di una richiesta di un altro Stato membro possano essere congelati o sequestrati tempestivamente in modo da non rendere vana una successiva richiesta di confisca.2. Qualora l'attuazione di una richiesta di assistenza giudiziaria in una zona di uno Stato membro conduca alla necessità di ulteriori indagini in un'altra zona dello stesso Stato membro, esso, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per assicurare l'assistenza necessaria senza che sia necessaria una lettera di richiesta in tal senso.3. Qualora l'esecuzione di una richiesta conduca alla necessità di ulteriori indagini su una questione connessa e lo Stato richiedente invii una lettera supplementare di richiesta, lo Stato richiesto, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per accelerare l'esecuzione di detta richiesta supplementare.Articolo 6 1. Gli Stati membri provvedono a stabilire accordi per rendere i membri dei loro organi giurisdizionali edotti delle migliori prassi di cooperazione internazionale nell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato.2. Gli Stati membri assicurano un'adeguata formazione, che rispecchi le migliori prassi, a tutti gli inquirenti, compresi i magistrati inquirenti, pubblici ministeri e altri funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale nei settori dell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca.3. La presidenza e gli Stati membri interessati, se del caso in cooperazione con la rete giudiziaria europea e l'Europol, possono organizzare seminari per i funzionari degli Stati membri e altri beneficiari interessati, volti a promuovere e a sviluppare la migliore prassi e ad incoraggiare la compatibilità delle procedure.Articolo 7 Entro la fine del 2000 il Consiglio riesamina la presente azione comune alla luce dei risultati del funzionamento dell'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata.Articolo 8 1. Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie ad attuare la presente azione comune non appena entra in vigore e garantiscono che il suo contenuto sia portato a conoscenza delle pertinenti autorità nazionali e locali.2. Appropriate proposte relative all'attuazione dell'articolo 1 vengono sottoposte dagli Stati membri entro tre anni dall'entrata in vigore della presente azione comune all'esame delle autorità competenti ai fini della relativa adozione.Articolo 9 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGL(1) GU L 344 del 15. 12. 1997, pag. 7.(2) GU L 99 del 31. 3. 1998, pag. 8.(3) GU L 166 del 28. 6. 1991, pag. 77.(4) GU L 342 del 31. 12. 1996, pag. 6.(5) GU L 191 del 7. 7. 1998, pag. 4. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Individuazione e confisca degli strumenti e dei proventi di reato L'Unione europea (UE) mira a rendere più efficace la cooperazione tra i paesi dell’UE nei settori dell'individuazione, del rintracciamento, del congelamento o del sequestro e della confisca dei proventi di reato, al fine di combattere le attività illecite della criminalità organizzata. ATTO Azione comune 98/699/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea, sul riciclaggio di denaro e l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o il sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato [Cfr. atto/i modificatore/i]. SINTESI Per migliorare la cooperazione tra i paesi dell’Unione europea (UE) nella lotta contro il crimine organizzato, la presente azione comune provvede alla preparazione, nell’ambito delle operazioni della Rete giudiziaria europea, di guide di facile uso per individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. Ciascuno Stato membro deve garantire che la propria guida sia aggiornata e contenga informazioni relative a: dove ottenere assistenza; il tipo di assistenza che è pronto a fornire e le eventuali restrizioni; le informazioni che è tenuto a fornire un paese che chiede assistenza. Le guide devono essere inviate al Segretariato generale del Consiglio che provvede a tradurle e a distribuirle ai paesi dell’UE, alla rete giudiziaria europea e ad Europol. I paesi dell’UE promuovono i contatti diretti attraverso gli attuali accordi di cooperazione tra i loro inquirenti, i magistrati inquirenti e i pubblici ministeri degli Stati membri per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario. Per presentare una richiesta di assistenza in via formale, il paese dell’UE richiedente deve individuare la natura precisa dell'assistenza di cui necessita. La richiesta di assistenza deve essere adeguatamente elaborata e deve rispettare le disposizioni che il paese dell’UE oggetto della richiesta ha stabilito per tali richieste. Se la richiesta reca l'indicazione «urgente», il paese richiedente devono precisare i motivi dell'urgenza. Se il paese richiesto non può eseguire la richiesta di assistenza in un modo previsto dal paese richiedente, esso deve consultare il paese richiedente e cercare di eseguire la richiesta in un modo alternativo. I paesi dell’UE si adoperano affinché la loro amministrazione giudiziaria sia resa edotta sulle migliori prassi di cooperazione internazionale in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato e per assicurare un'adeguata formazione a tutti i funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale in tali settori. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Azione comune 98/699/GAI 9.12.1998 - GU L 333, 9.12.1998 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione quadro 2001/500/GAI 5.7.2001 31.12.2002 GU L182, 5.7.2001 Le modifiche e correzioni successive all’azione comune 98/699/GAI sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale. ATTI CONNESSI Decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato [Gazzetta ufficiale L 68 del 15.3.2005]. La decisione quadro è destinata ad integrare il dispositivo previsto dalla decisione quadro 2001/500/JHA relativa al riciclaggio, individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato. Obbliga ciascuno paese dell’UE ad adottare le misure necessarie per consentire la confisca di strumenti e di prodotti, o parti di essi, provenienti da reati penali che sono punibili con una pena privativa della libertà di durata superiore a un anno oppure di beni di valore equivalente a questi. Per quanto riguarda i reati fiscali, i paesi dell’UE possono servirsi di procedimenti non penali per privare l'autore dei proventi di tali reati. La decisione quadro mira a garantire che tutti i paesi dell’UE dispongano di una normativa efficace in materia di confisca dei proventi di reato, in particolare per quanto concerne l'onere della prova relativamente all'origine dei beni detenuti da una persona riconosciuta colpevole di un reato legato alla criminalità organizzata.
1
519
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse Gazzetta ufficiale n. L 304 del 30/09/2004 pag. 0034 - 0037 Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse LA COMUNITÀ EUROPEA E GLI STATI UNITI D'AMERICA, viste le disposizioni dell'accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America, firmato il 28 maggio 1997 , «l'accordo CMAA» , considerando quanto segue: (1) TENENDO CONTO del fatto che il 1° marzo 2003 l' «US Customs and Border Protection» ha preso il posto del servizio doganale statunitense di cui all'accordo CMAA. (2) RAMMENTANDO che, ai sensi dell'articolo 3, le parti contraenti possono decidere congiuntamente di ampliare i settori di cooperazione coperti dall'accordo CMAA. (3) RAMMENTANDO che, ai sensi dell'articolo 22 dell'accordo CMAA, il comitato misto di cooperazione doganale è composto da rappresentanti delle autorità doganali delle parti contraenti, vale a dire per la Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee assistiti dalle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea, e, per gli Stati Uniti d'America, l' «US Customs and Border Protection, Department of Homeland Security.» (4) TENENDO CONTO del fatto che il comitato misto di cooperazione doganale è stato istituito ai sensi dell'articolo 22 dell'accordo CMAA. (5) TENENDO CONTO delle relazioni strette, fruttuose e di lunga durata tra le autorità doganali degli Stati Uniti d'America e quelle della Comunità europea. (6) PERSUASI DELLA POSSIBILITÀ di migliorare ulteriormente questa cooperazione intensificando tra l'altro gli scambi di informazioni utili e di miglior pratiche tra l' «US Customs and Border Protection» , la Commissione e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea per fare in modo che i controlli doganali generali sul commercio internazionale tengano debitamente conto delle esigenze in materia di sicurezza. (7) CONSIDERANDO l'importanza di estendere la cooperazione a tutti i modi di trasporto internazionale e a tutti i tipi di merci, ponendo l'accento in un primo tempo sul trasporto via mare dei container. (8) CONSIDERANDO l'elevato volume degli scambi nei due sensi tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America realizzati tramite container trasportati via mare e tramite altri modi di trasporto, e il ruolo importante della Comunità europea e degli USA come punti di transito per i container provenienti da numerosi paesi. (9) CONSIDERANDO che container trasportati via mare e provenienti da tutto il mondo sono importati o trasbordati o transitano negli Stati Uniti d'America e nella Comunità europea. (10) PERSUASI della necessità di scoraggiare, prevenire e impedire ogni tentativo terrorista di perturbare il commercio mondiale nascondendo armi in container trasportati via mare o in altri carichi, o utilizzando questi carichi come armi. (11) CONVINTI dell'esigenza di garantire maggiore sicurezza per la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America, agevolando al tempo stesso gli scambi legittimi. (12) RICONOSCENDO l'importanza di elaborare, nei limiti del possibile, sistemi reciproci per garantire la sicurezza ed agevolare gli scambi legittimi tenendo debito conto dei rischi. (13) OSSERVANDO che è possibile rendere sostanzialmente più sicuri gli scambi legittimi istituendo un sistema basato sulla collaborazione tra l'autorità doganale del paese importatore e le autorità doganali che intervengono nelle prime fasi della catena di fornitura e sull'utilizzazione di informazioni tempestive e di tecnologie di controllo che consentano di effettuare controlli mirati sui container ad alto rischio prima che questi lascino il porto o il luogo in cui viene effettuato il carico o il trasbordo. (14) RICONOSCENDO l'importanza di sostenere l'iniziativa per la sicurezza dei container (CSI), che mira a salvaguardare il commercio marittimo mondiale rafforzando la cooperazione portuale su scala mondiale per individuare ed esaminare i container ad alto rischio e garantirne l'integrità durante il trasporto. (15) TENENDO PRESENTE l'articolo 5 dell'accordo CMAA che definisce le relazioni tra il medesimo accordo e qualsiasi accordo bilaterale di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale già concluso o che potrebbe essere concluso tra singoli Stati membri della Comunità europea e gli Stati Uniti d'America. (16) CONSIDERANDO che l'iniziativa per la sicurezza dei container dovrebbe essere estesa il più rapidamente possibile a tutti i porti della Comunità europea nei quali gli scambi commerciali con gli Stati Uniti d'America effettuati tramite container trasportati via mare non possono essere considerati trascurabili, ove siano soddisfatti alcuni requisiti minimi e siano disponibili tecnologie di controllo adeguate, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Viene rafforzata e ampliata la cooperazione doganale nell'ambito dell'accordo CMAA per migliorare la sicurezza dei container trasportati via mare e di altre spedizioni provenienti da tutto il mondo che sono importati o trasbordati o che transitano nella Comunità europea e negli Stati Uniti d'America. Articolo 2 Si tiene debito conto dell'articolo 5 dell'accordo CMAA che definisce le relazioni tra il medesimo accordo CMAA e ogni accordo bilaterale di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale tra gli Stati membri della Comunità europea e gli Stati Uniti d'America e di ogni dichiarazione di principi relativa all'iniziativa per la sicurezza dei container che integri tali accordi bilaterali. Articolo 3 Fra gli obiettivi della cooperazione rafforzata e ampliata sono inclusi, tra l'altro: 1) Il sostegno all'estensione rapida ed efficace dell'iniziativa per la sicurezza dei container a tutti i porti della Comunità europea che soddisfino le condizioni previste e la promozione dell'applicazione di norme comparabili nei porti americani interessati; 2) La collaborazione volta a migliorare le procedure doganali per rendere più sicura la catena logistica degli scambi internazionali e, in particolare, in via prioritaria, ad agevolare l'individuazione di tutte le spedizioni ad alto rischio trasportate via mare tramite container e le indagini di sicurezza al riguardo; 3) La definizione, nei limiti del possibile, di norme minime in materia di tecniche di gestione dei rischi e di programmi e requisiti associati; e 4) Il coordinamento, nei limiti del possibile, delle posizioni nelle sedi multilaterali in cui possono essere sollevate e discusse in maniera appropriata questioni relative alla sicurezza dei container. Articolo 4 Il comitato misto di cooperazione doganale cerca forma e contenuto appropriati per documenti e/o misure che consentano di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nell'ambito del presente accordo. Articolo 5 È istituito un gruppo di lavoro, costituito dai rappresentanti dell' «US Customs and Border Protection» e della Commissione assistita dagli Stati membri interessati per esaminare, tra l'altro, i punti elencati nell'allegato e formulare raccomandazioni al riguardo al comitato misto di cooperazione doganale. Articolo 6 Il gruppo di lavoro presenta periodicamente una relazione sull'andamento dei lavori al responsabile dell' «US Customs and Border Protection» e al direttore generale della Direzione generale Fiscalità e Unione doganale della Commissione e ogni anno al comitato misto di cooperazione doganale. Articolo 7 Il presente accordo entra in vigore all'atto della firma con cui le parti esprimono il proprio consenso ad essere vincolate. Se non è firmato lo stesso giorno da entrambe le parti, l'accordo entra in vigore il giorno in cui è apposta la seconda firma. Hecho en Bruselas, el veintiocho de abril de dos mil cuatro. Udfærdiget i Bruxelles den otteogtyvende april to tusind og fire. Geschehen zu Brüssel am achtundzwanzigsten April zweitausendundvier. Έγινε στις Βρυξέλλες, στις είκοσι οκτώ Απριλίου δύο χιλιάδες τέσσερα. Done at Brussels on the twenty-eighth day of April in the year two thousand and four. Fait à Bruxelles, le vingt-huit avril deux mille quatre. Fatto a Bruxelles, addì ventotto aprile duemilaquattro. Gedaan te Brussel, de achtentwintigste april tweeduizendvier. Feito em Bruxelas, em vinte e oito de Abril de dois mil e quatro. Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäkahdeksantena päivänä huhtikuuta vuonna kaksituhattaneljä. Som skedde i Bryssel den tjugoåttonde april tjugohundrafyra. Per la Comunità europea >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Per gli Stati uniti d'America >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> ALLEGATO Allegato all'accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo CMAA estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse Per garantire che i controlli doganali generali sugli scambi internazionali tengano conto delle esigenze in materia di sicurezza, il gruppo di lavoro di cui all'articolo 5 dell'accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo CMAA estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse esamina e formula raccomandazioni sui punti relativi, tra l'altro, ai seguenti settori della cooperazione tra l' «US Customs and Border Protection» e le autorità doganali della Comunità: a) definizione di norme minime, in particolare in vista della partecipazione all'iniziativa per la sicurezza dei container, e raccomandazione di metodi che consentano di rispettarle; b) individuazione ed estensione dell'applicazione delle miglior pratiche in materia di controlli sulla sicurezza degli scambi internazionali, in particolare di quelle elaborate nell'ambito dell'iniziativa per la sicurezza dei container; c) definizione e applicazione, nei limiti del possibile, di norme sulle informazioni richieste per identificare le spedizioni ad alto rischio importate, trasbordate o in transito negli Stati Uniti d'America e nella Comunità; d) miglioramento e adozione, nei limiti del possibile, di norme che consentano di effettuare controlli mirati sulle spedizioni ad alto rischio, attraverso scambi di informazioni, utilizzazione di sistemi di ricerca automatizzata ed elaborazione di norme minime per le tecnologie di controllo e le metodologie per le indagini di sicurezza; e) miglioramento e adozione, nei limiti del possibile, di norme applicabili ai programmi di partenariato industriale destinate a migliorare la sicurezza della catena di fornitura e ad agevolare gli scambi legittimi; f) identificazione di modifiche regolamentari o legislative eventualmente necessarie per attuare le raccomandazioni del gruppo di lavoro; e g) esame del tipo di documenti e delle misure che possano consentire di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nei settori indicati nel presente allegato. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Sicurezza dei container: accordi tra l’UE e gli Stati Uniti QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo intende estendere l’accordo del 1997 sulla cooperazione doganale e la reciproca assistenza nel settore doganale (CMAA), inteso a sviluppare la cooperazione doganale in un ambito di applicazione il più ampio possibile tra la Comunità europea (oggi Unione europea) e gli Stati Uniti. Per garantire la sicurezza della catena di fornitura del commercio transatlantico, nell’ambito dell’accordo esteso l’Unione europea e gli Stati Uniti mirano a intensificare la cooperazione doganale per garantire che i controlli doganali generali tengano conto delle esigenze in materia di sicurezza. La decisione segna la conclusione dell’accordo per conto dell’Unione. PUNTI CHIAVE L’accordo prevede la tempestiva espansione dell’iniziativa per la sicurezza dei container (CSI) a tutti i porti della Comunità europea ove siano soddisfatti alcuni requisiti minimi. È volto a migliorare la sicurezza del carico su base reciproca per entrambe le parti garantendo nel contempo la parità di trattamento dei porti e degli operatori degli Stati Uniti e dell’Unione. L’accordo definisce, inoltre, un programma di lavoro per l’attuazione delle seguenti misure:l’elaborazione di norme per le tecniche di gestione dei rischi;le informazioni necessarie per individuare le spedizioni ad alto rischio importate dalle parti;programmi di partenariato industriale. Il coordinamento esterno delle norme di controllo doganale con gli Stati Uniti è necessario per garantire la sicurezza della catena di fornitura garantendo al tempo stesso la continuità degli scambi legittimi dei container. Le autorità doganali del paese importatore collaborano con le autorità doganali che intervengono nelle prime fasi della catena di fornitura. Ciò al fine di utilizzare informazioni tempestive e tecnologie di controllo che consentano di effettuare controlli mirati sui container ad alto rischio prima che questi lascino il porto o il luogo in cui viene effettuato il carico o il trasbordo. È essenziale garantire che i porti comunitari possano partecipare alla CSI in base a principi uniformi. Nei porti americani si dovrebbe inoltre promuovere l’applicazione di norme comparabili. Per ampliare e intensificare la cooperazione doganale tra le parti è stata introdotta una procedura di consultazione. I paesi dell’Unione che prevedono di negoziare intese con gli Stati Uniti nei settori coperti dall’accordo CMAA ampliato devono consultare la Commissione europea e gli altri paesi dell’Unione anticipatamente oltre a condividere le informazioni e garantire che le intese concordate rispettino i trattati dell’Unione e le politiche e il CMAA ampliato. Se la Commissione ritiene che l’intesa che un paese dell’Unione intende concludere con gli USA sia incompatibile con l’accordo ne informa il paese dell’Unione. In modo simile, il paese dell’Unione viene informato quando una questione deve essere trattata nel quadro dell’accordo CMAA ampliato. Il comitato misto di cooperazione doganale cerca forma e contenuto appropriati per documenti e/o misure che consentano di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nell’ambito del presente accordo. L’accordo istituisce un gruppo di lavoro, costituito dai rappresentanti delle autorità doganali degli Stati Uniti e assistito dai paesi dell’Unione interessati. Esso riferisce periodicamente al comitato misto di cooperazione doganale, all’US Customs and Border Protection e alla Commissione. Esso ha il compito di esaminare e formulare raccomandazioni in aree quali:la definizione di norme minime e la raccomandazione di metodi che consentano di rispettarle;l’individuazione e l’estensione dell’applicazione delle migliori pratiche in materia di controlli sulla sicurezza degli scambi internazionali, in particolare di quelle elaborate nell’ambito dell’iniziativa per la sicurezza dei container;definizione di norme sulle informazioni richieste per identificare e monitorare le spedizioni ad alto rischio importate, trasbordate o in transito negli Stati Uniti e nell’Unione;miglioramento e adozione di norme che consentano di effettuare controlli mirati sulle spedizioni ad alto rischio ed elaborazione di norme minime per le tecnologie di controllo e le metodologie per le indagini di sicurezza;miglioramento e adozione di norme applicabili ai programmi di partenariato industriale destinate a migliorare la sicurezza della catena di fornitura e ad agevolare gli scambi legittimi;identificazione di modifiche regolamentari o legislative eventualmente necessarie per attuare le raccomandazioni;esame del tipo di documenti e delle misure che possano consentire di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nei settori indicati nell’allegato all’accordo. Nel 2004, l’Unione e gli Stati Uniti hanno adottato, tramite il comitato misto di cooperazione doganale, raccomandazioni sul rafforzamento della sicurezza del trasporto marittimo di container nell’ambito dell’accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 28 aprile 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Accordi di assistenza amministrativa reciproca e cooperazione doganale internazionale (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2004/634/CE del Consiglio, del 30 marzo 2004, relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America volto a rafforzare e ad ampliare l’accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse (GU L 304 del 30.9.2004, pag. 32). Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America volto a rafforzare e ad ampliare l’accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse (GU L 304 del 30.9.2004, pag. 34). DOCUMENTI COLLEGATI Decisione 97/541/CE del Consiglio, del 21 maggio 1997, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e il Canada (GU L 222 del 12.8.1997, pag. 16). Accordo di cooperazione e di assistenza reciproca nel settore doganale tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America (GU L 222 del 12.8.1997, pag. 17).
0
158
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (UE) N. 651/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 4 luglio 2012 sull’emissione di monete in euro IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 133, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Le conclusioni del Consiglio del 23 novembre 1998 e del 5 novembre 2002 sulle monete da collezione in euro, la raccomandazione 2009/23/CE della Commissione, del 19 dicembre 2008, su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale (3), avallata dalle conclusioni del Consiglio del 10 febbraio 2009, e la raccomandazione 2010/191/UE della Commissione, del 22 marzo 2010, relativa alla portata e agli effetti del corso legale delle banconote e delle monete in euro (4), raccomandano pratiche circa l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione, comprese le monete in euro commemorative, e consultazioni prima della distruzione di monete in euro valide ai fini della circolazione e l’uso delle monete in euro da collezione. (2) La mancanza di disposizioni vincolanti per l’emissione di monete in euro può portare a pratiche differenti da uno Stato membro all’altro e non crea un quadro sufficientemente integrato per la moneta unica. Nell’interesse della trasparenza e della certezza del diritto, è pertanto necessario introdurre regole vincolanti per l’emissione di monete in euro. (3) A norma del regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (5), le monete denominate in euro e in cent conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche stabilite dal Consiglio hanno corso legale in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro. Le denominazioni e specificazioni tecniche delle monete in euro sono stabilite nel regolamento (CE) n. 975/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (6). (4) Gli Stati membri la cui moneta è l’euro dovrebbero avere la possibilità di emettere monete commemorative da 2 euro per celebrare eventi specifici, subordinatamente ai limiti sulla tiratura di tali monete stabiliti per anno e per Stato membro emittente. È necessario stabilire dei limiti di volume per l’emissione di monete commemorative in euro al fine di garantire che tali monete restino una percentuale minima del numero totale di monete da 2 euro in circolazione. È opportuno, tuttavia, che tali limiti consentano l’emissione di un volume di monete sufficiente ad assicurare che le monete commemorative in euro possano circolare efficacemente. (5) Sarebbe inoltre opportuno che gli Stati membri la cui moneta è l’euro potessero emettere monete da collezione in euro non destinate alla circolazione e facilmente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione. Le monete da collezione in euro dovrebbero avere corso legale soltanto nello Stato membro di emissione e non dovrebbero essere emesse per l’immissione in circolazione. (6) È opportuno che le emissioni di monete da collezione in euro siano computate nel volume di monete da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva piuttosto che per ciascuna singola emissione. (7) L’uso di differenti denominazioni delle monete e banconote in euro, come concepito attualmente, dovrebbe essere periodicamente e attentamente esaminato dalle istituzioni competenti alla luce dei criteri di costo e accettabilità da parte del pubblico. In particolare, la Commissione dovrebbe effettuare una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent. (8) Per evitare che monete in euro valide ai fini della circolazione siano distrutte da uno Stato membro mentre un altro potrebbe averne bisogno, gli Stati membri dovrebbero consultarsi prima di procedere alla distruzione di tali monete, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «monete destinate alla circolazione»: monete in euro destinate alla circolazione, i cui valori unitari e specificazioni tecniche sono stabiliti nel regolamento (CE) n. 975/98; 2) «monete commemorative»: monete destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento, come specificato nell’articolo 1 nonies del regolamento (CE) n. 975/98; 3) «monete da collezione»: monete in euro da collezione che non sono emesse per l’immissione in circolazione. Articolo 2 Tipi di monete in euro 1. Gli Stati membri possono emettere due tipi di monete in euro: monete destinate alla circolazione e monete da collezione. 2. La Commissione effettua una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent. La valutazione di impatto include un’analisi costi/benefici che tiene conto dei costi reali di produzione di tali monete in relazione al loro valore e ai loro vantaggi. Articolo 3 Emissione di monete destinate alla circolazione 1. Le monete destinate alla circolazione sono emesse e immesse in circolazione al loro valore nominale. 2. Una porzione minima, non superiore al 5 % del valore e del volume netto totale cumulato delle monete destinate alla circolazione emesse da uno Stato membro, tenendo conto solo degli anni con un’emissione netta positiva, può essere immessa sul mercato al di sopra del valore nominale a motivo della qualità speciale delle monete, di una confezione speciale o di eventuali servizi aggiuntivi forniti. Articolo 4 Emissione di monete commemorative 1. Ogni anno ciascuno Stato membro la cui moneta è l’euro può emettere soltanto due monete commemorative, salvo qualora: a) le monete commemorative siano emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro; o b) una moneta commemorativa sia emessa nel caso in cui la carica di capo di Stato è provvisoriamente vacante od occupata ad interim. 2. Il numero totale di monete commemorative immesse in circolazione per ciascuna emissione non supera il più elevato tra i due massimali seguenti: a) lo 0,1 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro messe in circolazione da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa. Tale massimale può essere innalzato al 2,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro circolanti in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro se è commemorato un evento ampiamente riconosciuto ed altamente simbolico, nel qual caso lo Stato membro emittente si astiene dall’effettuare un’altra emissione di monete commemorative utilizzando il massimale più elevato durante i quattro anni successivi e motiva la scelta del massimale più elevato; o b) il 5,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro immesse in circolazione dallo Stato membro interessato fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa. 3. La decisione relativa all’emissione di monete commemorative con un disegno comune emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro è adottata dal Consiglio. I diritti di voto degli Stati membri la cui moneta non è l’euro sono sospesi per l’adozione di tale decisione. Articolo 5 Emissione di monete da collezione 1. Le monete da collezione hanno corso legale soltanto nello Stato membro emittente. L’identità dello Stato membro emittente è chiaramente e facilmente riconoscibile sulla moneta. 2. Per differenziarsi facilmente dalle monete destinate alla circolazione, le monete da collezione rispettano tutti i seguenti criteri: a) il loro valore nominale deve essere diverso da quello delle monete destinate alla circolazione; b) le loro immagini non devono essere simili alle facce comuni delle monete destinate alla circolazione e, se la loro immagine è simile a quella figurante su una faccia nazionale delle monete destinate alla circolazione, il loro aspetto complessivo deve comunque poter essere agevolmente distinto; c) il loro colore, diametro e peso devono essere significativamente diversi da quelli delle monete destinate alla circolazione, quanto meno per due delle tre predette caratteristiche; la differenza è ritenuta significativa se i valori, incluse le tolleranze, non rientrano nei limiti di tolleranza fissati per le monete destinate alla circolazione; e d) non devono avere una godronatura o «Fiore spagnolo». 3. Le monete da collezione possono essere immesse sul mercato a un valore uguale o superiore al loro valore nominale. 4. Le emissioni di monete da collezione sono computate nel volume di conio da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva. 5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per scoraggiare l’uso delle monete da collezione come strumento di pagamento. Articolo 6 Consultazione prima della distruzione di monete destinate alla circolazione Prima di distruggere le monete destinate alla circolazione che non sono monete in euro non adatte alla circolazione ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (7), gli Stati membri si consultano tramite il sottocomitato competente del Comitato economico e finanziario e informano i direttori delle zecche degli Stati membri la cui moneta è l’euro. Articolo 7 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati. Fatto a Strasburgo, il 4 luglio 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente A. D. MAVROYIANNIS (1) GU C 273 del 16.9.2011, pag. 2. (2) Posizione del Parlamento europeo del 22 maggio 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 26 giugno 2012. (3) GU L 9 del 14.1.2009, pag. 52. (4) GU L 83 del 30.3.2010, pag. 70. (5) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1. (6) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6. (7) GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Emissione di monete in euro QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI? Il regolamento (UE) n. 651/2012 definisce i tipi di monete in euro e stabilisce le condizioni da rispettare all’atto dell’emissione di monete. Il regolamento (UE) n. 729/2014 fissa i requisiti tecnici delle monete in euro e prevede norme generali riguardanti il loro disegno, compresa l’approvazione dello stesso. PUNTI CHIAVE Il regolamento (UE) n. 651/2012 afferma che: i governi dei paesi della zona euro (paesi la cui valuta è l’euro) possono emettere monete destinate alla circolazione* e monete da collezione*; le monete destinate alla circolazione sono emesse al loro valore nominale, tranne una porzione minima, non superiore al 5 %, che può essere immessa sul mercato a un prezzo superiore a motivo della qualità speciale delle monete o di una confezione speciale; le monete commemorative* nazionali possono essere emesse solo due volte all’anno (a meno che il disegno non sia comune a tutti i paesi della zona euro); il numero totale di tali monete emesse non deve superare il più elevato tra due massimali possibili, calcolati in base alla percentuale di tutte le monete da 2 euro in circolazione; le monete da collezione hanno corso legale* soltanto nel paese della zona euro emittente; devono essere chiaramente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione per quanto riguarda il valore nominale, le immagini e due delle seguenti caratteristiche: colore, diametro e peso; i governi dei paesi della zona euro devono consultarsi prima di distruggere le monete in euro danneggiate; la Commissione effettua una valutazione d’impatto volta ad analizzare i costi di produzione reali delle monete da 1 e 2 cent rispetto al loro valore e benefici. Il regolamento (UE) n. 729/2014 afferma ulteriormente che: ci sono otto monete in euro (1, 2, 5, 10, 20 e 50 cent e 1 e 2 euro); ciascuna moneta presenta una faccia nazionale distintiva e una faccia comune europea; la faccia nazionale: deve riportare una corona di dodici stelle che circonda completamente il disegno nazionale; deve rimanere invariata per quindici anni, a meno che non cambi il capo di Stato del paese; non deve mostrare il valore della moneta, a meno che non usi un alfabeto diverso; deve essere pienamente conforme al regolamento entro il 20 giugno 2062; le monete commemorative devono: presentare unicamente un valore nominale di 2 euro; presentare un disegno nazionale diverso dalle normali* monete metalliche da 2 euro; commemorare unicamente eventi di notevole rilevanza nazionale o europea; commemorare eventi di altissima rilevanza europea, se coniate congiuntamente in tutta la zona euro; i paesi della zona euro si informano a vicenda e informano la Commissione di eventuali modifiche proposte ai rispettivi disegni nazionali e li sottopongono a una procedura di approvazione. Ciò consente obiezioni da parte di un governo che ritenga che il disegno turberebbe i propri cittadini; della Commissione, qualora ritenga che il disegno non rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (UE) n. 651/2012 si applica dal 16 agosto 2012. Il regolamento (UE) n. 729/2014 consolida le norme precedenti riguardanti le monete, stabilite al momento dell’introduzione dell’euro nel 2002 dal regolamento (CE) n. 975/98 e dalle modifiche successive. Si applica dal 22 luglio 2014. Entrambi i regolamenti hanno incorporato gli elementi della raccomandazione 2009/23/CE della Commissione su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale. CONTESTO Le monete in euro sono entrate nell’uso generale nel 2002. Gli otto valori unitari variano per dimensione, colore e spessore a seconda del valore; le monete sono disegnate in modo tale da rendere eventuali riproduzioni illegali estremamente difficoltose. Per ulteriori informazioni, si veda: «Banconote e monete in euro» (Commissione europea). * TERMINI CHIAVE Monete destinate alla circolazione: monete destinate all’uso pubblico generale che hanno corso legale in tutti i paesi della zona euro. Monete da collezione: monete non destinate alla circolazione, che hanno corso legale solo nel paese della zona euro dove sono emesse. Monete commemorative: monete da 2 euro destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento di rilevanza nazionale o europea. Corso legale: monete o banconote che devono essere accettate in un paese qualora utilizzate come forma di pagamento di un debito. Normali monete metalliche: monete destinate alla circolazione diverse dalle monete commemorative. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (UE) n. 651/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sull’emissione di monete in euro (GU L 201 del 27.7.2012, pagg. 135-137) Regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio, del 24 giugno 2014, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (GU L 194 del 2.7.2014, pagg. 1-7)
0
1,355
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) Gazzetta ufficiale n. L 364 del 12/12/1992 pag. 0007 - 0010 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0203 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0203 REGOLAMENTO (CEE) N. 3577/92 DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1992 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta modificata della Commissione (1), visti i pareri del Parlemento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che, il 12 giugno 1992, il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione sulla liberalizzazione del cabotaggio marittimo e sulle sue conseguenze economiche e sociali; considerando che, secondo l'articolo 61 del trattato, la libera prestazione dei servizi in materia di trasporti marittimi è regolata dalle disposizioni del titolo relativo ai trasporti; considerando che è necessario abolire le restrizioni alla libera prestazione di servizi tra Stati membri nel settore dei trasporti marittimi per poter realizzare il mercato interno; che il mercato interno comporta una spazio nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che pertanto il principio della libera prestazione dei servizi va applicato ai trasporti marittimi fra Stati membri; considerando che beneficiari di tale libertà dovrebbero essere gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e battenti bandiera del medesimo Stato membro, a prescindere dal fatto che abbia una fascia costiera; considerando che tale libertà sarà estesa alle navi iscritte anche nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato; considerando che, al fine di evitare distorsioni di concorrenza, gli armatori comunitari che esercitano la libera prestazione dei servizi di cabotaggio dovrebbero soddisfare tutti i requisiti necessari per effettuare il cabotaggio nello Stato membro in cui le loro navi sono registrate; che gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e non hanno il diritto di effettuare il cabotaggio in tale Stato dovrebbero comunque beneficiare del presente regolamento durante un periodo transitorio; considerando che l'attuazione di questa libertà dovrebbe essere graduale e non necessariamente applicata in modo uniforme per tutti i servizi interessati, tenuto conto della natura di alcuni servizi specifici e dei notevoli sforzi che talune economie della Comunità, in cui si rilevano disparità di sviluppo, dovranno compiere; considerando che l'istituzione di pubblici servizi che comportano determinati diritti ed obblighi per gli armatori interessati può essere giustificata per garantire adeguati servizi di trasporto regolari verso, da e tra le isole, sempreché non si effettuino discriminazioni basate sulla cittadinanza o sulla residenza; considerando che dovrebbero essere adottate disposizioni in modo che sia possibile prendere misure di salvaguardia per quanto riguarda i mercati dei trasporti marittimi colpiti da gravi perturbazioni o in caso di emergenza; che a tale scopo dovrebbero essere istituite le opportune procedure decisionali; considerando che, vista la necessità di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e nella prospettiva di eventuali adattamenti alla luce dell'esperienza, la Commissione dovrebbe presentare una relazione sull'attuazione sull'attuazione del presente regolamento nonché ulteriori proposte, eventualmente necessarie, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. A decorrere dal 1o gennaio 1993 la libera prestazione di servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) è applicabile agli armatori comunitari che impiegano navi che sono registrate in uno Stato membro e che battono bandiera del medesimo Stato membro, sempre che tali navi soddisfino tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio in detto Stato membro, incluse le navi iscritte nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato dal Consiglio. 2. Mediante deroga, la disposizione di cui al paragrafo 1 secondo cui le navi debbono soddisfare tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio nello Stato membro in cui sono registrate in quel momento è temporaneamente sospesa fino al 31 dicembre 1996. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento: 1) per « servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) » si intendono i servizi normalmente assicurati dietro compenso e comprendenti in particolare: a) cabotaggio continentale: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti situati sul continente o sul territorio principale di un solo e medesimo Stato membro senza scali su isole; b) servizi di approvvigionamento « off-shore »: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti di uno Stato membro nonché le attrezzature o strutture situate sulla piattaforma continentale di tale Stato membro; c) cabotaggio con le isole: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra: - porti situati sul continente e su una o più isole di un solo e medesimo Stato membro; - porti situati sulle isole di un solo e medesimo Stato membro. Ceuta e Melilla sono trattati nello stesso modo dei porti situati su un'isola; 2) si intendono per « armatori comunitari »: a) i cittadini di uno Stato membro che sono stabiliti in uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo e che svolgono attività di navigazione; b) le compagnie di navigazione che sono stabilite conformemente alla legislazione di uno Stato membro ed il cui centro d'attività principale è situato ed il cui controllo effettivo è esercitato in uno Stato membro; oppure c) i cittadini di uno Stato membro stabiliti fuori della Comunità o le compagnie di navigazione stabilite fuori della Comunità e controllate da cittadini di uno Stato membro se le loro navi sono registrate in uno Stato membro e battono bandiera del medesimo Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo; 3) per « contratto di servizio pubblico » s'intende un contratto concluso fra le autorità comeptenti di uno Stato membro e un armatore comunitario allo scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto sufficienti. In particolare il contratto di servizio pubblico può comprendere: - servizi di trasporto conformi a determinate norme di continuità, regolarità, capacità e qualità; - servizi di trasporto complementari; - servizi di trasporto a determinate tariffe e condizioni, in particolare per talune categorie di passeggeri o per taluni percorsi; - adeguamenti dei servizi alle reali esigenze; 4) per « obblighi di servizio pubblico » si intendono gli obblighi che l'armatore comunitario, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni; 5) per « grave perturbazione del mercato interno dei trasporti » si intende il manifestarsi sul mercato di problemi, specifici di tale mercato, - tali da provocare un'eccedenza grave, suscettibile di persistere, dell'offerta rispetto alla domanda, - dovuti alle attività di cabotaggio marittimo, o aggravati da tali attività e - comportanti una seria minaccia per l'equilibrio finanziario e la sussistenza di un numero elevato di armatori comunitari, sempre che le previsioni a breve e medio termine sul mercato considerato non indichino miglioramenti sostanziali e durevoli. Articolo 3 1. Per le navi che effettuano cabotaggio continentale e per le navi da crociera, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera), eccetto per le navi di meno di 650 tonnellate lorde, alle quali possono applicarsi le condizioni dello Stato ospitante. 2. Per le navi che effettuano il cabotaggio con le isole, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave effettua un servizio di trasporto marittimo (Stato ospitante). 3. Tuttavia, a decorrere dal 1o gennaio 1999, per le navi da carico di oltre 650 tonnellate lorde che effettuano il cabotaggio con le isole, quando il viaggio in questione segue o precede un viaggio in provenienza da o diretto verso un altro Stato, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera). 4. La Commissione effettua un esame approfondito delle ripercussioni economiche e sociali della liberalizzazione del cabotaggio con le isole e presenta una relazione al Consiglio entro e non oltre il 1o gennaio 1997. Sulla base di tale relazione la Commissione sottopone una proposta al Consiglio, la quale può comprendere modifiche delle disposizioni relative alla cittadinanza dell'equipaggio previste ai paragrafi 2 e 3, di modo che il sistema definitivo venga approvato dal Consiglio in tempo utile, anteriormente al 1o gennaio 1999. Articolo 4 1. Uno Stato membro può concludere contratti di servizio pubblico, o imporre obblighi di servizio pubblico come condizione per la fornitura di servizi di cabotaggio, alle compagnie di navigazione che partecipano ai servizi regolari da, tra e verso le isole. Uno Stato membro, se conclude contratti di servizio pubblico o impone obblighi di servizio pubblico, lo fa su base non discriminatoria per tutti gli armatori comunitari. 2. Nell'imporre obblighi di servizio pubblico gli Stati membri si limitano alle esigenze relative ai porti che devono essere serviti, alla regolarità, alla continuità, alla frequenza, alla capacità di fornitura del servizio, alle tariffe richieste ed all'equipaggio della nave. Qualsiasi compenso dovuto per obblighi di servizio pubblico, se previsto, deve essere reso disponibile a tutti gli armatori comunitari. 3. I contratti di servizio pubblico esistenti rimangono in vigore fino alle rispettive date di scadenza. Articolo 5 1. In caso di grave perturbazione del mercato interno dei trasporti dovuta alla liberalizzazione del cabotaggio, uno Stato membro può chiedere alla Commissione che adotti misure di salvaguardia. La Commissione, dopo aver consultato gli altri Stati membri, decide se del caso in merito alle misure di salvaguardia necessarie, entro trenta giorni lavorativi a decorrere dal ricevimento della pertinente richiesta dello Stato membro. Queste misure possono comprendere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo d'applicazione del presente regolamento, per un periodo non superiore a dodici mesi. La Commissione comunica al Consiglio e agli Stati membri qualsiasi decisione relativa alle misure di salvaguardia. Se, trascorsi trenta giorni lavorativi, la Commissione non ha adottato nessuna decisione al riguardo, lo Stato membro interessato ha il diritto di applicare le misure richieste finché la Commissione non abbia preso una decisione. Tuttavia, in caso di emergenza, gli Stati membri possono adottare unilateralmente le misure provvisorie appropriate, che possono rimanere in vigore per un periodo non superiore a tre mesi. In tal caso essi ne informano senza indugio la Commissione. La Commissione può abrogare dette misure o confermarle con o senza modifiche finché non abbia preso una decisione definitiva conformemente al secondo comma. 2. La Commissione può altresì adottare misure di salvaguardia di propria iniziativa, previa consultazione degli Stati membri. Articolo 6 1. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento i seguenti servizi di trasporto marittimo nel Mediterraneo e lungo la costa della Spagna, del Portogallo e della Francia: - servizi di crociera, sino al 1o gennaio 1995; - trasporto di merci strategiche (petrolio e prodotti petroliferi, nonché acqua potabile), sino al 1o gennaio 1997; - servizi con navi di meno di 650 tonnellate lorde, sino al 1o gennaio 1998; - servizi regolari di passeggeri e di traghetto, sino al 1o gennaio 1999. 2. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento sino al 1o gennaio 1999 i servizi di cabotaggio tra le isole nel Mediterraneo e il cabotaggio per quanto riguarda gli arcipelaghi delle Canarie, delle Azzorre e di Madera, nonché Ceuta e Melilla, le isole francesi lungo la costa atlantica e i dipartimenti francesi d'oltremare. 3. Per motivi di coesione socioeconomica la deroga di cui al paragrafo 2 è prorogata per la Grecia fino al 1o gennaio 2004 per i servizi regolari di passeggeri e di traghetto e per quelli effettuati con navi di meno di 650 tonnellate lorde. Articolo 7 Alle materie disciplinate dal presente regolamento si applica l'articolo 62 del trattato. Articolo 8 Salve le disposizioni del trattato relative al diritto di stabilimento e fatto salvo il presente regolamento, le persone che prestino servizi di trasporto marittimo possono a tale fine esercitare temporaneamente la loro attività nello Stato membro in cui è prestato il servizio, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini. Articolo 9 Prima di adottare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in attuazione del presente regolamento, gli Stati membri consultano la Commissione. Essi comunicano a quest'ultima le disposizioni adottate. Articolo 10 Anteriormente al 1o gennaio 1995, e in seguito ogni due anni, la Commissione presenta al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento nonché, se del caso, le proposte necessarie. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1993. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1992. Per il Consiglio Il Presidente J. MacGREGOR (1) GU n. C 73 del 19. 3. 1991, pag. 27. (2) GU n. C 295 del 26. 11. 1990, pag. 687 e parere reso il 20 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 56 del 7. 3. 1990, pag. 70. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
La libera prestazione dei servizi all'interno dell'UE (cabotaggio marittimo) Lo scopo di questo regolamento è di eliminare le restrizioni alla libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo all'interno dell'Unione europea (UE). ATTO Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3577/92, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo). SINTESI Ambito di applicazione Questa legge garantisce che, in un determinato paese dell'UE, le compagnie di navigazione o i cittadini con sede in altri paesi dell'UE hanno il diritto di offrire servizi di trasporto marittimo (noto come cabotaggio marittimo) a condizione che soddisfino tutti i requisiti per effettuare il cabotaggio in tale paese. Anche le compagnie di navigazione con sede in paesi al di fuori dell'UE, ma controllate da cittadini dell'UE, possono offrire tali servizi. Il regolamento definisce i «servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo)», gli «armatori comunitari», il «contratto di servizio pubblico», gli «obblighi di servizio pubblico», e la «grave perturbazione del mercato interno dei trasporti». Equipaggio A seconda del tipo di servizio di trasporto, le questioni relative all'equipaggio sono di competenza o del paese di immatricolazione dell'UE (Stato di bandiera) o del paese in cui viene effettuato il servizio di cabotaggio (Stato ospitante). Servizio pubblico I paesi dell'UE possono subordinare il diritto di fornire servizi di trasporto a obblighi di servizio pubblico o possono concludere contratti di servizio pubblico nell'interesse del mantenimento di adeguati servizi di cabotaggio tra il continente e le sue isole e tra le isole stesse. Misure di salvaguardia Nei casi in cui l'apertura del mercato al cabotaggio comporti problemi (come ad esempio un'eccedenza grave dell'offerta rispetto alla domanda) che minacciano la sopravvivenza finanziaria delle compagnie di navigazione, la Commissione può introdurre misure di salvaguardia. Queste possono includere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo di applicazione del regolamento. Non discriminazione I prestatori di servizi di trasporto marittimo in un paese dell'UE diverso dal proprio possono farlo temporaneamente alle stesse condizioni di quelle applicate da tale paese ai propri cittadini. Calendario Il cabotaggio marittimo è stato liberalizzato il 1o gennaio 1993. Per la Francia, l'Italia, la Grecia, il Portogallo e la Spagna, il cabotaggio continentale è stato gradualmente liberalizzato secondo un calendario specifico per ogni tipo di servizio di trasporto. Il cabotaggio continente-isola e tra le isole per questi paesi è stato liberalizzato nel 1999. Questa esenzione è stata prorogata per la Grecia fino al 2004 per il trasporto passeggeri di linea, i servizi più leggeri e i servizi che coinvolgono navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde (TSL). Sono state inoltre concesse esenzioni alla Croazia fino al 31 dicembre 2016 per i contratti di servizio pubblico esistenti e per i servizi di crociera tra i porti croati con navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde, che sono riservati per navi croate fino al 31 dicembre 2014. Contesto Ulteriori informazioni sono disponibili su questo sito web. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Regolamento (UE) n. 3577/92 1.1.1993 - L 364 del 12.12.1992 Atto modificatore Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Atto relativo alle condizioni di adesione della Croazia 1.7.2013 - GU L 112 del 24.4.2012 ATTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio n. 3577/92 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) ( COM(2003) 595 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione 93/125/CEE in merito alla richiesta, presentata dalla Spagna, relativa all'adozione di misure di salvaguardia da parte della Commissione ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CEE) del Consiglio n. 3577/92 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) - (Gazzetta ufficiale L 49 del 27.2.1993). La presente decisione autorizza la Spagna ad escludere la Spagna continentale, per sei mesi a decorrere dalla data di notifica della presente decisione, dal campo di applicazione del regolamento (CEE) n. 3577/92. L'esclusione non si applica ai servizi di adduzione o «feederaggio». Qualora non sia disponibile alcuna nave spagnola per soddisfare la richiesta di servizi di trasporto di cabotaggio, le navi di altri paesi dell'UE potranno offrire tali servizi. Relazione della Commissione al Consiglio: Quinta relazione sull'attuazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi al cabotaggio marittimo (2001-2010) (COM(2014) 231 final del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale) . Questa relazione è suddivisa in 4 capitoli: 1. Giurisprudenza recente e sviluppi legislativi nei paesi dell'UE e dell'EFTA; 2. Le tendenze del mercato nei paesi dell'UE e dell'EFTA; 3. I dati disponibili sull'occupazione nel settore del cabotaggio marittimo (a causa della mancanza di dati affidabili e conclusivi questa parte non contiene più le statistiche sui costi di equipaggio); 4. Conclusione: il regolamento è adatto allo scopo e non necessita di revisione. Alcune questioni sollevate nel corso della consultazione indicano che ci sono problemi di interpretazione e di attuazione. Queste sono state affrontate nella comunicazione sul cabotaggio marittimo (si veda voce successiva). Comunicazione della Commissione sull'interpretazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi all'interno degli Stati membri (cabotaggio marittimo) [ COM(2014) 232 final del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Sulla base di oltre 20 anni di esperienza di applicazione pratica del regolamento (CEE) n. 3577/92, nell'interesse della trasparenza e della certezza del diritto, la Commissione ha deciso di aggiornare e modificare la sua interpretazione delle disposizioni del regolamento. La comunicazione modifica e sostituisce le precedenti comunicazioni interpretative della Commissione del 2003 e del 2006. Ha un mero scopo informativo, ovvero aiuta a spiegare il regolamento, specificando come la Commissione intende applicare il regolamento. Non si propone né di rivedere il regolamento né di invadere la competenza della Corte di giustizia in materia di interpretazione. Inizia specificando il campo di applicazione della libera prestazione dei servizi nel settore del cabotaggio marittimo. Specifica poi chi gode di quella libertà e ricorda quali servizi sono disciplinati dal regolamento. La comunicazione precisa, in seguito, la portata delle tre deroghe alla libera prestazione di servizi previste dal regolamento: — I paesi dell'UE possono decidere le norme sull’equipaggio applicabili alle navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde e le navi che effettuano servizi di cabotaggio con le isole tra due porti del loro territorio. — I paesi dell'UE possono imporre obblighi di servizio pubblico e concludere contratti di servizio pubblico al fine di garantire un adeguato servizio di trasporto di linea da, tra e verso le isole. — I paesi dell'UE possono chiedere alla Commissione di adottare misure di salvaguardia per porre rimedio a una grave perturbazione del mercato interno. In ultimo, fornisce una guida sull'applicazione del regolamento (CE) n. 1370/2007 concernente i servizi pubblici di trasporto di passeggeri, per ferrovia e su strada, ai servizi di cabotaggio marittimo.
1
587
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2009/24/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Il contenuto della direttiva 91/250/CEE del Consiglio, del 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (3), è stato modificato (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Per creare programmi per elaboratore è necessario investire considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre è possibile copiarli a un costo minimo rispetto a quello necessario per crearli autonomamente. (3) I programmi per elaboratore hanno un ruolo sempre più importante in una vasta gamma di industrie e, di conseguenza, si può affermare che la tecnologia dei programmi per elaboratore riveste una fondamentale importanza per lo sviluppo industriale della Comunità. (4) Alcune differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore conferita dalle leggi degli Stati membri hanno effetti diretti e negativi sul funzionamento del mercato interno dei programmi per elaboratore. (5) È necessario eliminare le differenze esistenti che producono tali effetti e impedire che ne sorgano di nuove, mentre non occorre eliminare, o impedire che sorgano, quelle differenze che non pregiudicano in misura sostanziale il funzionamento del mercato interno. (6) La disciplina giuridica comunitaria della tutela dei programmi per elaboratore può quindi limitarsi, in una prima fase, a stabilire che gli Stati membri sono tenuti ad attribuire ai programmi per elaboratore la tutela riconosciuta dalle leggi sul diritto di autore alle opere letterarie, nonché a determinare i soggetti e gli oggetti tutelati, i diritti esclusivi dei quali i soggetti tutelati devono potersi avvalere per autorizzare o vietare determinati atti, e la durata della tutela medesima. (7) Ai sensi della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» indica programmi in qualsiasi forma, compresi quelli incorporati nell'hardware; questo termine comprende anche i lavori preparatori di progettazione per realizzare un programma, a condizione che siano di natura tale da consentire la realizzazione di un programma per elaboratore in una fase successiva. (8) Per quanto riguarda i criteri da applicare per determinare se un programma per elaboratore costituisca o meno un'opera originale, non dovrebbero essere valutati i meriti qualitativi o estetici del programma. (9) La Comunità è pienamente impegnata nella promozione della normalizzazione internazionale. (10) I programmi per elaboratore svolgono la funzione di comunicare e operare con altri componenti di un sistema informatico e con gli utenti; a tale scopo è necessaria un'interconnessione e un'interazione logica e, ove opportuno, materiale per consentire a tutti i componenti software e hardware di operare con altri software e hardware e con gli utenti in tutti i modi in cui sono destinati a funzionare. Le parti del programma che assicurano tale interconnessione e interazione fra gli elementi del software e dell'hardware sono generalmente denominate «interfacce». Tale interconnessione e interazione funzionale è generalmente denominata «interoperabilità»; l'interoperabilità può essere definita come la capacità di due o più sistemi di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate. (11) Per dissipare ogni dubbio, occorre precisare che solo l'espressione di un programma per elaboratore è oggetto di tutela e che le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva. Conformemente a detto principio del diritto d'autore, le idee e i principi che sono alla base della logica, degli algoritmi e dei linguaggi di programmazione non sono tutelati a norma della presente direttiva. Conformemente alla legislazione e alla giurisprudenza degli Stati membri, nonché alle convenzioni internazionali sul diritto d'autore, l'espressione di tali idee e principi deve essere tutelata dal diritto d'autore. (12) Ai fini della presente direttiva, per «locazione» s'intende il mettere a disposizione per l'utilizzazione, per un periodo limitato e per fini di lucro, un programma per elaboratore o una copia dello stesso; tale termine non comprende il prestito pubblico, che esula pertanto dagli obiettivi della presente direttiva. (13) I diritti esclusivi dell'autore di impedire la riproduzione non autorizzata della sua opera dovrebbero essere oggetto di un'eccezione di portata limitata nel caso di un programma per elaboratore, al fine di consentire la riproduzione tecnicamente necessaria all'uso di tale programma da parte del legittimo acquirente; ciò significa che il contratto non può vietare gli atti di caricamento e di svolgimento necessari per l'utilizzazione di una copia di un programma legittimamente acquisita e l'atto di correzione dei suoi errori. In assenza di clausole contrattuali specifiche, in particolare nel caso di vendita di una copia di un programma, il legittimo acquirente di detta copia può eseguire qualsiasi altro atto necessario per l'utilizzazione di detta copia, conformemente allo scopo previsto della stessa. (14) A una persona avente il diritto di utilizzare un programma per elaboratore non si deve impedire di eseguire gli atti necessari per osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, a condizione che tali atti non costituiscano una violazione del diritto d'autore sul programma stesso. (15) La riproduzione, la traduzione, l'adattamento o la trasformazione non autorizzati della forma del codice in cui è stata messa a disposizione una copia di un programma per elaboratore costituiscono una violazione dei diritti esclusivi dell'autore. Possono comunque sussistere circostanze in cui tale riproduzione del codice e la traduzione della sua forma sono indispensabili per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma creato autonomamente. Si deve pertanto ritenere che, solo in tali limitate circostanze l'esecuzione degli atti di riproduzione e traduzione della forma del codice, da parte o per conto di una persona avente il diritto di usare una copia del programma, è legittima e compatibile con una prassi corretta e pertanto essa non richiede l'autorizzazione del titolare del diritto. Uno degli obiettivi di tale eccezione è di consentire l'interconnessione di tutti gli elementi di un sistema informatico, compresi quelli di fabbricanti differenti, perché possano funzionare insieme. L'applicazione della suddetta eccezione ai diritti esclusivi dell'autore non deve arrecare pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entrare in conflitto con il normale impiego del programma. (16) La tutela dei programmi per elaboratore a norma delle leggi sul diritto d'autore non deve pregiudicare l'applicazione, in casi opportuni, di altre forme di tutela; tuttavia qualsiasi disposizione contrattuale non conforme alle disposizioni della presente direttiva riguardanti la decompilazione o alle eccezioni di cui alla presente direttiva relative alla possibilità di fare una copia di riserva o all’osservazione, studio o sperimentazione del funzionamento di un programma dovrebbe essere considerata nulla. (17) Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato se un fornitore in posizione dominante rifiuta di mettere a disposizione l'informazione necessaria all'interoperatività, quale definita nella presente direttiva. (18) Le disposizioni della presente direttiva non ostano a specifiche norme del diritto comunitario già in vigore per quanto riguarda la pubblicazione delle interfacce nel settore delle telecomunicazioni né a decisioni del Consiglio relative alla normalizzazione nel campo delle tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni. (19) La presente direttiva non pregiudica le deroghe previste dalle normative nazionali, in virtù della convenzione di Berna, riguardo ai punti non contemplati dalla direttiva. (20) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto della tutela 1. Conformemente alle disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri tutelano i programmi per elaboratore, mediante diritto d'autore, come opere letterarie ai sensi della convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche. Ai fini della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» comprende il materiale preparatorio per la progettazione di un programma. 2. La tutela ai sensi della presente direttiva si applica a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore. Le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma per elaboratore, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva. 3. Un programma per elaboratore è tutelato se originale, ossia se è il risultato della creazione intellettuale dell'autore. Per determinare il diritto alla tutela non sono presi in considerazione altri criteri. 4. Le disposizioni della presente direttiva si applicano anche ai programmi creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi tutti gli atti conclusi e i diritti acquisiti prima di quella data. Articolo 2 Titolarità dei programmi 1. L'autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione degli Stati membri lo permetta, la persona giuridica designata da tale legislazione come titolare del diritto. Qualora la legislazione di uno Stato membro riconosca le opere collettive, la persona considerata creatrice dell'opera dalla legislazione di tale Stato ne è ritenuto l'autore. 2. Allorché un programma per elaboratore è creato congiuntamente da un gruppo di persone fisiche, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi. 3. Qualora i programmi siano creati da un lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell'esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato, salvo disposizioni contrattuali contrarie. Articolo 3 Beneficiari della tutela La tutela è riconosciuta a tutte le persone fisiche o giuridiche aventi i requisiti previsti dalla legislazione nazionale sul diritto di autore applicata alle opere letterarie. Articolo 4 Attività riservate 1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6, i diritti esclusivi del titolare, ai sensi dell'articolo 2, comprendono il diritto di effettuare o autorizzare: a) la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale di un programma per elaboratore con qualsivoglia mezzo, in qualsivoglia forma. Nella misura in cui operazioni come il caricamento, la visualizzazione, l'esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del programma per elaboratore richiedono una riproduzione, tali operazioni devono essere sottoposte ad autorizzazione da parte del titolare del diritto; b) la traduzione, l'adattamento, l'adeguamento e ogni altra modifica di un programma per elaboratore e la riproduzione del programma che ne risulti, fatti salvi i diritti della persona che modifica il programma; c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale e di copie dello stesso. 2. La prima vendita della copia di un programma nella Comunità da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di distribuzione della copia all'interno della Comunità, ad eccezione del diritto di controllare l'ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso. Articolo 5 Deroghe relative alle attività riservate 1. Salvo disposizioni contrattuali specifiche, non sono soggetti all'autorizzazione del titolare del diritto gli atti indicati nell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), allorché tali atti sono necessari per un uso del programma per elaboratore conforme alla sua destinazione, da parte del legittimo acquirente, nonché per la correzione di errori. 2. Il contratto non può impedire che una persona abilitata a usare il programma faccia una copia di riserva qualora tale uso lo richieda. 3. La persona che ha il diritto di utilizzare una copia di un programma può, senza chiederne l'autorizzazione al titolare del diritto, osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato ogni elemento del programma, quando essa effettua le operazioni di caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione o memorizzazione del programma che ha il diritto di effettuare. Articolo 6 Decompilazione 1. Per gli atti di riproduzione del codice e di traduzione della sua forma ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), non è necessaria l'autorizzazione del titolare dei diritti qualora l'esecuzione di tali atti al fine di modificare la forma del codice sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma per elaboratore creato autonomamente, purché sussistano le seguenti condizioni: a) tali atti siano eseguiti dal licenziatario o da un'altra persona che abbia il diritto di utilizzare una copia del programma o, per loro conto, da una persona abilitata a tal fine; b) le informazioni necessarie per ottenere l'interoperabilità non siano già facilmente e rapidamente accessibili alle persone indicate alla lettera a); e c) gli atti in questione siano limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l'interoperabilità. 2. Le disposizioni del paragrafo 1 non consentono che le informazioni ottenute in virtù della sua applicazione: a) siano utilizzate a fini diversi dalla realizzazione dell'interoperabilità del programma creato autonomamente; b) siano comunicate a terzi, fatta salva la necessità di consentire l'interoperabilità del programma creato autonomamente; c) siano utilizzate per lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di un programma sostanzialmente simile nella sua espressione, o per ogni altro atto che violi il diritto di autore. 3. Conformemente alla convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche, le disposizioni del presente articolo non possono essere interpretate in modo da consentire che la loro applicazione arrechi indebitamente pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entri in conflitto con il normale impiego del programma. Articolo 7 Misure speciali di tutela 1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 4, 5 e 6, gli Stati membri stabiliscono, conformemente alle legislazioni nazionali, appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti: a) ogni atto di messa in circolazione di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita; b) la detenzione a scopo commerciale di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita; c) ogni atto di messa in circolazione, o la detenzione a scopo commerciale, di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l'elusione di dispositivi tecnici eventualmente applicati a protezione di un programma. 2. Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro, conformemente alla legislazione dello Stato membro interessato. 3. Gli Stati membri possono prevedere il sequestro di qualsiasi mezzo contemplato dal paragrafo 1, lettera c). Articolo 8 Applicazione continuata di altre disposizioni giuridiche Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione di altre eventuali disposizioni giuridiche come quelle in materia di diritti brevettuali, marchi commerciali, concorrenza sleale, segreto industriale, tutela dei prodotti che incorporano semiconduttori, nonché in materia di diritto contrattuale. Qualsiasi disposizione contrattuale non conforme all'articolo 6 o alle eccezioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2 e 3 è nulla. Articolo 9 Comunicazione Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 10 Abrogazione La direttiva 91/250/CEE, modificata dalla direttiva di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II. Articolo 11 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 204 del 9.8.2008, pag. 24. (2) Parere del Parlamento europeo del 17 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009. (3) GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42. (4) Cfr. allegato I, parte A. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata e relativa modifica (di cui all’articolo 10) Direttiva 91/250/CEE del Consiglio (GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42) Direttiva 93/98/CEE del Consiglio (GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9) limitatamente all’articolo 11, paragrafo 1 PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale (di cui all’articolo 10) Direttiva Termine di attuazione 91/250/CEE 31 dicembre 1992 93/98/CEE 30 giugno 1995 ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 91/250/CEE Presente direttiva Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 2, paragrafo 1, prima frase Articolo 2, paragrafo 1, primo comma Articolo 2, paragrafo 1, seconda frase Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma Articolo 2, paragrafi 2 e 3 Articolo 2, paragrafi 2 e 3 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 4, lettera a) Articolo 4, paragrafo 1, lettera a) Articolo 4, lettera b) Articolo 4, paragrafo 1, lettera b) Articolo 4, lettera c), prima frase Articolo 4, paragrafo 1, lettera c) Articolo 4, lettera c), seconda frase Articolo 4, paragrafo 2 Articoli 5, 6 e 7 Articoli 5, 6 e 7 Articolo 9, paragrafo 1, prima frase Articolo 8, primo comma Articolo 9, paragrafo 1, seconda frase Articolo 8, secondo comma Articolo 9, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 4 Articolo 10, paragrafo 1 — Articolo 10, paragrafo 2 Articolo 9 — Articolo 10 — Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 — Allegato I — Allegato II Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Tutela giuridica dei programmi per elaboratore QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a chiarire ed eliminare le differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore nei diversi paesi dell’Unione europea (UE), onde contribuire al buon funzionamento del mercato interno. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE sono tenuti a tutelare i programmi per elaboratore mediante il diritto d’autore. Questi programmi devono essere protetti come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche. I programmi per elaboratore comprendono il materiale preparatorio per la loro progettazione. Ambito di applicazione La tutela ai sensi della presente direttiva si applica: a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore, ma non alle idee e ai principi su cui si basa un programma per elaboratore o qualsiasi elemento in esso contenuto; a un programma per elaboratore originale in quanto risultato della creazione intellettuale dell’autore; ai programmi per elaboratore creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi gli eventuali atti conclusi e i diritti acquisiti anteriormente a tale data. Titolarità L’autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione nazionale lo permetta, una persona giuridica, ovvero una società o altra entità giuridica. Allorché un programma è creato congiuntamente da un gruppo di persone, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi. Qualora il programma sia creato da un lavoratore dipendente nell’ambito delle sue mansioni su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell’esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato. Diritti esclusivi del titolare Il titolare dei diritti di un programma per elaboratore può effettuare o autorizzare: la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma; la traduzione, l’adattamento, l’adeguamento e ogni altra modifica del programma; la distribuzione del programma. Limitazioni ai diritti esclusivi del titolare (senza bisogno di previa autorizzazione del titolare dei diritti) Un legittimo acquirente di un programma può riprodurre, tradurre, adattare, organizzare o modificare il programma, nella misura in cui ciò sia necessario per utilizzare il programma in conformità alla sua destinazione. La persona che ha il diritto di utilizzare un programma per elaboratore può farne una copia di riserva qualora tale uso lo richieda. Detta persona può altresì osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato qualsiasi elemento del programma. Decompilazione * La previa autorizzazione del titolare dei diritti non è necessaria qualora la riproduzione del codice o la traduzione della sua forma sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità * con altri programmi di un nuovo programma per elaboratore. Si applicano le seguenti condizioni: tali atti sono eseguiti dal licenziatario o da un’altra persona che ha il diritto di utilizzare una copia del programma; le informazioni necessarie per ottenere l’interoperabilità non sono già facilmente e rapidamente accessibili; gli atti in questione sono limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l’interoperabilità. Misure speciali di tutela I paesi dell’UE stabiliscono appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti: messa in circolazione di una copia illecita di un programma per elaboratore; detenzione a scopo commerciale di una copia del programma; messa in circolazione a scopo commerciale di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l’elusione di dispositivi tecnici a protezione del programma. Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro conformemente alle disposizioni nazionali dei paesi dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 25 maggio 2009. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 31 dicembre 1992, ossia la data indicata nella direttiva 91/250/CEE, codificata dalla direttiva 2009/24/CE. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: Tutela dei programmi per elaboratore. * TERMINI CHIAVE Decompilazione: la conversione del codice di programma in un linguaggio di programmazione di livello superiore che può essere letto da un essere umano. Interoperabilità: la capacità di un sistema o di un prodotto di lavorare con altri sistemi o prodotti senza la necessità di ulteriori interventi da parte del consumatore. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (versione codificata) (GU L 111 del 5.5.2009, pag. 16-22)
0
806
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 14 settembre 2009 che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (2009/705/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, considerando quanto segue: (1) Nell'ambito della protezione dei consumatori di cui all'articolo 153 del trattato, è opportuno che la Commissione consulti i consumatori sui problemi riguardanti la tutela dei loro interessi a livello comunitario. (2) Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un Gruppo consultivo creato a questo scopo da decisioni consecutive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE della Commissione, del 9 ottobre 2003, che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (1). (3) Le attività del Gruppo su un lungo periodo mettono in evidenza la necessità di migliorarne l'efficienza, la rappresentatività e la trasparenza; di conseguenza occorre chiarire le disposizioni relative alla creazione di sottogruppi e all'adozione dei pareri del Gruppo comprendendo le migliori pratiche sviluppate nel corso degli ultimi anni. (4) A tale proposito è opportuno rivedere la procedura di nomina dei membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori e prevedere per i membri del gruppo ulteriori obblighi per la presentazione di relazioni al fine di aumentare la partecipazione delle organizzazioni nazionali dei consumatori alle attività del Gruppo stesso. (5) È importante assicurare che il Gruppo e i suoi membri partecipino attivamente ed efficacemente affinché il punto di vista dei consumatori sia parte integrante delle ampie deliberazioni tra le parti in causa che attualmente costituiscono la norma per la consultazione in Europa. (6) Per motivi di protezione dei dati è opportuno che l'elaborazione dei dati personali dei membri del Gruppo sia sottoposta alla normativa comunitaria in materia di tutela delle persone per quanto riguarda l'elaborazione dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organi comunitari, DECIDE: Articolo 1 Il Gruppo consultivo europeo dei consumatori Viene istituito un Gruppo consultivo europeo dei consumatori, di seguito «il Gruppo». Articolo 2 Compiti 1. Il Gruppo può essere consultato dalla Commissione su tutte le questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello comunitario. 2. Il Gruppo: a) costituisce la sede di ampie discussioni sulle questioni riguardati gli interessi dei consumatori; b) elabora il contributo del punto di vista dei consumatori in altri fori e partecipa, quando richiesto, ai gruppi che la Commissione consulta sulle questioni riguardanti la politica europea dei consumatori; c) fornisce pareri alla Commissione quando delinea politiche e attività che hanno un effetto sui consumatori; d) può emettere un parere sulle questioni comunitarie relative ai consumatori; e) informa la Commissione sugli sviluppi della politica relativa ai consumatori negli Stati membri; f) costituisce una fonte di informazioni e una cassa di risonanza dell'azione comunitaria per le organizzazioni nazionali. Articolo 3 Costituzione 1. Il Gruppo sarà composto da: a) un membro rappresentante le organizzazioni nazionali dei consumatori di ciascuno Stato membro; b) un membro proveniente da ciascuna organizzazione europea dei consumatori. 2. Le organizzazioni nazionali dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera a), devono essere rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e attive a livello nazionale. 3. Le organizzazioni europee dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera b), devono soddisfare una delle due seguenti serie di criteri; esse devono: a) essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e i) avere come obiettivi e attività primari la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori nella Comunità; ii) aver ricevuto il mandato di rappresentare gli interessi dei consumatori a livello comunitario dalle organizzazioni nazionali di consumatori in almeno la metà degli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello regionale o nazionale; e iii) aver fornito alla Commissione una documentazione soddisfacente della loro appartenenza, regolamentazioni interne e fondi di finanziamento; oppure b) essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e i) avere come obiettivo e attività di rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario; nonché ii) aver ricevuto mandato in almeno due terzi degli Stati membri per rappresentare gli interessi di consumatori a livello comunitario tramite: — enti rappresentativi, in accordo con le regolamentazioni nazionali, di organizzazioni nazionali dei consumatori negli Stati membri, oppure — in assenza di tali enti, di organizzazioni nazionali di consumatori negli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni e le prassi nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello nazionale. 4. Nell'allegato si trova un elenco indicativo delle organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui al paragrafo 3. Articolo 4 Designazione 1. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati in conformità dei paragrafi 2 e 3. 2. Ogni Stato membro propone un elenco di tre candidati tramite gli enti nazionali rappresentanti le organizzazioni dei consumatori istituite dagli Stati membri, laddove esse esistono, o tramite le autorità nazionali competenti. I candidati fanno parte delle organizzazioni dei consumatori nazionali più rappresentative in base alle norme o alle pratiche nazionali. 3. La Commissione nomina un membro titolare e un supplente per Stato membro in conformità dei seguenti criteri: a) i candidati devono avere un'ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori; b) i candidati che non sono stati in precedenza membri di tale gruppo saranno considerati prioritari; c) equilibrio tra uomini e donne. 4. I membri del gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori. 5. I supplenti sostituiscono automaticamente i titolari quando questi sono assenti. 6. La Commissione pubblicherà l'elenco dei membri titolari e dei supplenti nel sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori e nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I nominativi dei membri titolari e dei supplenti sono raccolti, trattati e pubblicati in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Articolo 5 Durata del mandato 1. Il mandato dei membri titolari e dei supplenti è triennale e rinnovabile in accordo con la procedura fissata dall'articolo 4. 2. Alle fine del periodo di tre anni, i membri e i supplenti rimangono in carica fino a che non si sia trovato un sostituto o fino a quando il loro mandato non sia rinnovato. 3. Il mandato dei membri scade prima della fine del periodo triennale a) in caso di dimissioni, pensionamento o morte; b) nel caso in cui l'ente nazionale o le autorità che li hanno presentati come candidati richiedano la loro sostituzione; c) nel caso in cui la Commissione richieda la sostituzione di membri o supplenti che non sono più in grado di contribuire in modo efficace o che non soddisfano gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 6. 4. I membri titolari e i supplenti sono sostituiti per il resto del periodo di tre anni ai sensi della procedura fissata dall'articolo 4. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 2, nel caso in cui un solo membro titolare o un supplente che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori debba essere sostituito, gli enti nazionali o le autorità propongono due nuovi candidati e tra questi la Commissione ne nomina uno in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3. Articolo 6 Associati ed esperti 1. Su proposta della Commissione, il Gruppo può invitare rappresentanti di altre organizzazioni aventi come loro principali obiettivi la promozione degli interessi dei consumatori e attive in questo campo a livello europeo, ad associarsi ai lavori. 2. Il Gruppo può invitare qualsiasi persona che abbia un'esperienza particolare su un determinato punto dell'ordine del giorno a partecipare ai lavori in qualità di esperto. Articolo 7 Funzionamento 1. La Commissione a) determina la forma e il calendario in base al quale il Gruppo si riunisce; b) presiede le riunioni del Gruppo; c) fornisce servizi di segretariato e organizza le attività del Gruppo. 2. Possono essere istituiti sottogruppi al fine di esaminare questioni specifiche nel quadro di un mandato stabilito dal Gruppo stesso. Tali gruppi vanno sciolti non appena abbiano adempiuto il proprio mandato. 3. Il Gruppo può emettere pareri su richiesta della Commissione o su proposta di un membro con l'accordo della Commissione. Quando richiede un parere la Commissione può fissare un termine entro cui questo va emesso. Per ogni parere il Gruppo può nominare uno o più relatori tra i suoi membri. Il relatore avrà la responsabilità generale della presentazione del parere. 4. IL Gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione. 5. La Commissione pubblica sul sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori, nella lingua originale del documento interessato, ogni riassunto, conclusione, conclusione parziale o documento di lavoro del Gruppo. 6. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori informano e consultano le associazioni che essi rappresentano nel Gruppo. Ciascun membro istituisce meccanismi di notifica efficaci per informare sistematicamente tutte le organizzazioni nazionali di consumatori sul lavoro del Gruppo, e presenta i reciproci punti di vista. 7. Ogni membro del Gruppo presenta alla Commissione entro il 1o marzo una relazione sulle attività svolte nell'anno precedente in conformità degli obblighi previsti al paragrafo 6. Il contenuto di tale relazione sarà definito ulteriormente nel regolamento interno. Articolo 8 Riservatezza Senza pregiudizio dell'articolo 287 del trattato, i membri e i supplenti del Gruppo non divulgheranno le informazioni ottenute durante il loro lavoro in seno al Gruppo o ai gruppi di lavoro dello stesso quando la Commissione li informa che il parere richiesto o la questione sollevata è di natura riservata. Articolo 9 Spese di riunione 1. La Commissione rimborsa le spese di viaggio ed eventualmente di soggiorno sostenute da membri ed esperti per le attività del Gruppo, secondo le proprie norme sul rimborso spese degli esperti esterni. 2. I membri non sono retribuiti per le funzioni esercitate. 3. Le spese di riunione sono rimborsate entro i limiti del bilancio annuale assegnato al Gruppo dal competente servizio della Commissione. Articolo 10 Abrogazione La decisione 2003/709/CE è abrogata. Fatto a Bruxelles, il 14 settembre 2009. Per la Commissione Meglena KUNEVA Membro della Commissione (1) GU L 258 del 10.10.2003, pag. 35. (2) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1. ALLEGATO Organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui all'articolo 3, paragrafo 3: — BEUC — Ufficio europeo delle unioni di consumatori, — ANEC — Associazione europea per il coordinamento della rappresentanza dei consumatori nella standardizzazione. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Gruppo consultivo per i consumatori europei QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Crea il gruppo consultivo europeo dei consumatori, sede di discussione sulle questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello dell'Unione europea (UE). Essa abroga e spiega le disposizioni della decisione 2003/709/CE. Attraverso le esperienze acquisite, mira a rafforzare l'efficacia, la rappresentatività e l'apertura del gruppo. PUNTI CHIAVE Il gruppo può essere consultato su tutte le questioni a livello UE legate agli interessi dei consumatori. Esso emette pareri e consiglia la Commissione europea. Costituisce inoltre la piattaforma di scambio di informazioni tra le organizzazioni rappresentate e informa le organizzazioni nazionali sulle attività UE. Composizione Il gruppo è costituito da: un rappresentante delle organizzazioni nazionali dei consumatori per ciascun paese dell'UE; un rappresentante di ciascuna organizzazione europea dei consumatori (BEUC e ANEC). Sono presenti due membri associati (Eurocoop e Coface) e due osservatori (Islanda e Norvegia). Le organizzazioni europee dei consumatori rispondono a molteplici criteri. Devono essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale. Inoltre esse devono: avere come attività primaria la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori; rappresentare i consumatori di almeno la metà dei paesi dell'UE; essere in grado di fornire alla Commissione i dati della loro appartenenza, la loro regolamentazione interna e i loro fondi di finanziamento. Oppure: rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario; aver ricevuto mandato in almeno due terzi dei paesi dell'UE per rappresentare gli interessi dei consumatori a livello UE. Designazione e mandato dei membri Questo gruppo è composto da 30 membri nominati per tre anni. Il loro mandato è rinnovabile. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati a seguito della proposta di candidati presentata dalle amministrazioni nazionali. La Commissione nomina un membro titolare e un membro supplente per paese dell'UE, basandosi su una serie di criteri: i candidati devono possedere un’ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori a livello comunitario; i candidati che non sono stati in precedenza membri del gruppo sono considerati prioritari; l’equilibrio tra uomini e donne dovrà essere assicurato all’interno del gruppo. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori. Nell’interesse delle discussioni, la Commissione può invitare dei membri associati o degli esperti membri di organizzazioni non rappresentate all’interno del Gruppo. Funzionamento La Commissione stabilisce il calendario delle riunioni del gruppo. Presiede il gruppo e fornisce servizi di segretariato. Il gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione. Il gruppo può decidere di istituire dei sottogruppi temporanei al fine di esaminare specifiche questioni. Esistono attualmente 2 sottogruppi: energia; mercato unico digitale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è in vigore dal 14 settembre 2009. CONTESTO L’Unione Europea (UE) garantisce un elevato livello di protezione ai consumatori, un’esigenza presente nell’elaborazione delle sue politiche e delle sue azioni. In questo contesto, prima di qualsiasi progetto inerente ai consumatori, la Commissione consulta le organizzazioni dei consumatori rappresentate all’interno del Gruppo consultivo dei consumatori. Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un gruppo consultivo dei consumatori creato da decisioni successive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE. Per ulteriori informazioni si consulti: Il gruppo consultivo europeo dei consumatori (ECCG) sul sito internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/705/CE della Commissione del 14 settembre 2009 che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (GU L 244 del 16.9.2009, pag. 21–24). DOCUMENTI CORRELATI Decisione della Commissione, del 18 agosto 2016 relativa alla nomina dei membri del gruppo consultivo europeo dei consumatori e dei loro supplenti (C/2016/5417) (GU C 306 del 23.8.2016, pag. 4-5)
0
271
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (CE) N. 1986/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2006 sull'accesso al sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 71, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 1999/37/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa ai documenti di immatricolazione dei veicoli (3), dispone che gli Stati membri si prestano reciproca assistenza per l'attuazione della direttiva e possono comunicarsi informazioni sul piano bilaterale o multilaterale, in particolare per verificare, prima dell'immatricolazione di un veicolo, la situazione legale dello stesso nello Stato membro in cui era precedentemente immatricolato. Per tale verifica è possibile ricorrere a una rete elettronica. (2) Il regolamento (CE) n. …/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del …, e la decisione 2006/…/GAI del Consiglio, del … sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) (4) (5), costituiscono la base giuridica necessaria per disciplinare il SIS II, che costituisce una banca dati comune degli Stati membri contenente, fra l'altro, dati relativi a veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc., dati relativi a rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg e a roulotte e dati relativi a certificati di immatricolazione per veicoli e a targhe per veicoli rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati. (3) Il regolamento (CE) n. …/2006 e la decisione 2006/…/GAI sostituiscono gli articoli da 92 a 119 della convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (6) («la convenzione di Schengen»), salvo l’articolo 102 bis. Quest’ultimo riguarda l’accesso al sistema d’informazione Schengen da parte delle autorità e dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli. (4) È necessario ora adottare un terzo strumento, basato sul titolo V del trattato a complemento del regolamento (CE) n. …/2006 e della decisione 2006/…/GAI, per consentire l'accesso al SIS II dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli e sostituire l’articolo 102 bis della convenzione di Schengen. (5) Le segnalazioni di oggetti, fra cui i veicoli a motore, sono inserite nel SIS II a fini di sequestro o di prova in un procedimento penale, a norma della decisione 2006/…/GAI. (6) A norma della decisione 2006/…/GAI, l’accesso alle segnalazioni di oggetti inserite nel SIS II è prerogativa esclusiva delle autorità responsabili del controllo delle frontiere e degli altri controlli doganali e di polizia, delle autorità giudiziarie e di Europol. (7) È opportuno che i servizi statali e non statali chiaramente identificati a questo scopo e competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli abbiano accesso ai dati immessi nel SIS II concernenti veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc, rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg, roulotte e carte di circolazione e targhe per i veicoli che siano stati rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati, per verificare se i veicoli di cui è richiesta l'immatricolazione non siano stati rubati, altrimenti sottratti o smarriti. (8) A tal fine è necessario concedere a detti servizi l'accesso a tali dati e consentire loro di utilizzarli a fini amministrativi per il regolare rilascio delle carte di circolazione. (9) Nella misura in cui i servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione non sono organi statali, l’accesso dovrebbe essere accordato in modo indiretto, per il tramite di un’autorità con diritto di accesso a norma della decisione 2006/…/GAI, che sia garante della conformità alle norme di sicurezza e riservatezza degli Stati membri di cui alla decisione suddetta. (10) La decisione 2006/…/GAI stabilisce la linea di condotta da seguire quando l’accesso al SIS II rivela la segnalazione di un oggetto nel SIS II. (11) La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (7), disciplina il trattamento dei dati personali a cura dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione. Le disposizioni specifiche della decisione 2006/…/GAI concernenti la protezione dei dati personali, la sicurezza, la riservatezza e i registri integrano o chiariscono i principi sanciti nella richiamata direttiva quando quei servizi elaborano dati personali nell’ambito del SIS II. (12) Poiché l'obiettivo dell’azione proposta, vale a dire garantire l’accesso al SIS II ai servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli, per agevolarne i compiti ai sensi della direttiva 1999/37/CE, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa dell'effettiva natura del SIS II in quanto sistema comune d’informazione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (13) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. (14) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (8), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto G della decisione 1999/437/CE del Consiglio, del 17 maggio 1999 (9), relativa a talune modalità di applicazione dell'accordo. (15) Per quanto riguarda la Svizzera, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo firmato dall’Unione europea, dalla Comunità europea e dalla Confederazione svizzera riguardante l’associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen, che rientrano nel settore di cui all’articolo 1, punto G della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1 delle decisioni 2004/849/CE (10) e 2004/860/CE (11). (16) Il presente regolamento costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2 dell'atto di adesione del 2003, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Fatti salvi gli articoli 38, 40 e 46, paragrafo 1 della decisione 2006/…/GAI, i servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli ai sensi della direttiva 1999/37/CE hanno accesso ai seguenti dati inseriti nel SIS II a norma dell’articolo 38, paragrafo 2, lettere a), b) e f) di detta decisione, al solo scopo di verificare se i veicoli di cui è richiesta l'immatricolazione non siano stati rubati, altrimenti sottratti o smarriti o non siano ricercati a fini di prova in un procedimento penale: a) ai dati relativi a veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc; b) ai dati relativi ai rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg e alle roulotte; c) ai dati relativi a certificati di immatricolazione per veicoli e a targhe per veicoli rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati. Fatto salvo il paragrafo 2, la legge di ciascuno Stato membro disciplina l'accesso dei servizi di quello Stato membro a tali dati. 2. I servizi di cui al paragrafo 1 che siano servizi statali hanno il diritto di consultare direttamente i dati inseriti nel SIS II. 3. I servizi di cui al paragrafo 1 che non siano servizi statali accedono ai dati inseriti nel SIS II soltanto per il tramite di un'autorità di cui all'articolo 40 della decisione menzionata al paragrafo 1. Questa autorità ha il diritto di consultare i dati direttamente e di trasmetterli al servizio competente. Lo Stato membro interessato provvede affinché il servizio in questione e il suo personale siano tenuti al rispetto di tutte le restrizioni sull'uso consentito dei dati trasmessi loro da detta autorità. 4. L’articolo 39 di tale decisione non si applica all’accesso ottenuto a norma del presente articolo. La comunicazione alle autorità giudiziarie o di polizia, ad opera dei servizi di cui al paragrafo 1, di informazioni emerse durante la consultazione del SIS II che diano motivo di sospettare che sia stato commesso un reato è disciplinata dalla legislazione nazionale. Articolo 2 Il presente regolamento sostituisce l’articolo 102 bis della convenzione di Schengen. Articolo 3 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica dalla data fissata ai sensi dell’articolo 71, paragrafo 2 della decisione 2006/…/GAI. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2006 Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente J. KORKEAOJA (1) GU C 65 del 17.3.2006, pag. 27. (2) Parere del Parlamento europeo del 25 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 19 dicembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 138 dell'1.6.1999, pag. 57. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/127/CE della Commissione (GU L 10 del 16.1.2004, pag. 29). (4) GU L … (5) GU L … (6) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. Convenzione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1160/2005 (GU L 191 del 22.7.2005, pag. 18). (7) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (8) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36. (9) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31. (10) Decisione 2004/849/CE del Consiglio, del 25 ottobre 2004, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, nonché all'applicazione provvisoria di alcune disposizioni dell'accordo tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l'associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (GU L 368 del 15.12.2004, pag. 26). (11) Decisione 2004/860/CE del Consiglio, del 25 ottobre 2004, relativa alla firma, a nome della Comunità, nonché all'applicazione provvisoria di alcune disposizioni dell'accordo tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l'associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (GU L 370 del 17.12.2004, pag. 78). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Accesso al SIS II per i servizi di immatricolazione dei veicoli QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Consente ai servizi responsabili per il rilascio delle carte di circolazione nei paesi dell’Unione europea (UE) di accedere al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Lo scopo consiste nel verificare che un veicolo presentato all’immatricolazione non sia stato rubato e/o non risulti ricercato a fini di prova in un procedimento penale. PUNTI CHIAVE Il regolamento consente ai servizi addetti al rilascio delle carte di circolazione di accedere ai dati contenuti nel SIS II per quanto concerne: veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc (centimetri cubici); rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg e roulotte; certificati di immatricolazione per veicoli e targhe per veicoli rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati. I servizi addetti al rilascio delle carte di circolazione che non siano servizi pubblici possono accedere ai dati contenuti nel SIS II solo attraverso le autorità indicate nella decisione relativa al SIS II (ovvero la decisione del Consiglio 2007/533/GAI). Tra queste autorità compaiono le autorità di frontiera, quelle di polizia e quelle doganali. La decisione relativa al SIS II stabilisce le misure da intraprendere nel caso in cui il SIS II riconosca un veicolo rubato o ricercato a fini di prova in un procedimento penale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 17 gennaio 2007. CONTESTO I paesi dell’UE devono assistersi a vicenda nell’esecuzione della direttiva 1999/37/CE del Consiglio relativa ai documenti di immatricolazione dei veicoli. Possono scambiarsi informazioni per verificare la situazione legale di un veicolo nel paese in cui era precedentemente immatricolato. Il regolamento (CE) n. 1987/2006 e la decisione 2007/533/GAI relativa all’istituzione, l’esercizio e l’uso del SIS II (regolamento e decisione relativi al SIS II) hanno sostituito tutti gli articoli tranne uno della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985. Tale articolo riguarda l’accesso al sistema d’informazione Schengen da parte delle autorità e dei servizi nei paesi dell’UE responsabili per il rilascio delle carte di circolazione. Questo terzo atto completa il quadro giuridico del SIS II, consentendo l’accesso al SIS II da parte dei servizi competenti nei paesi dell’UE per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli, non appena sarà operativo. Per maggiori informazioni, si veda: «Il sistema d’informazione Schengen» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Regolamento (CE) n. 1986/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull’accesso al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione (GU L 381 del 28.12.2006, pag. 1-3) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1986/2006 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
0
118
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (CE) N. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Le foche sono esseri senzienti che possono provare dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza. Nella sua dichiarazione sulla messa al bando dei prodotti derivati dalle foche nell’Unione europea (3), il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare senza indugio una proposta di regolamento al fine di vietare l’importazione, l’esportazione e la vendita di tutti i prodotti derivati da esemplari di foca groenlandica e cistofora crestata. Nella sua risoluzione del 12 ottobre 2006 su un programma d’azione comunitario per la protezione e il benessere degli animali 2006-2010 (4), il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di proporre la totale messa al bando dei prodotti derivati dalla foca. Nella sua raccomandazione 1776 (2006) del 17 novembre 2006 sulla caccia alle foche, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa invitava gli Stati membri del Consiglio d’Europa in cui è praticata la caccia alle foche a vietare tutti i metodi di caccia crudeli che non garantiscono la morte istantanea e senza sofferenza degli animali, a proibirne lo stordimento con strumenti come hakapik, randelli e armi da fuoco e a promuovere iniziative intese a vietare il commercio di prodotti derivati dalla foca. (2) L’importazione a fini commerciali negli Stati membri di pelli di cuccioli di foca groenlandica e di cuccioli di cistofora crestata, nonché di prodotti da esse derivati è vietata ai sensi della direttiva 83/129/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa all’importazione negli Stati membri di pelli di taluni cuccioli di foca e di prodotti da esse derivati (5). (3) Le foche sono cacciate dentro e fuori dalla Comunità e utilizzate per fabbricare prodotti e articoli, quali carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti in cui sono incorporate pelli e pellicce di foca lavorate. Tali prodotti sono commercializzati su vari mercati, tra cui quello della Comunità. Data la natura di tali prodotti, per i consumatori è difficile, se non impossibile, distinguerli da prodotti simili non derivati dalla foca. (4) La caccia alle foche ha sollevato vive preoccupazioni presso il pubblico e i governi sensibili al benessere degli animali in considerazione del dolore, dell’angoscia, della paura e delle altre forme di sofferenza che l’uccisione e la scuoiatura delle foche, nel modo in cui sono svolte più frequentemente, causano a tali animali. (5) In risposta alle preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori sul benessere degli animali in relazione all’uccisione e alla scuoiatura delle foche e sulla possibile presenza sul mercato di prodotti derivati da animali uccisi e scuoiati con modalità che causano dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza, diversi Stati membri hanno adottato, o intendono adottare, misure legislative di disciplina del commercio dei prodotti derivati dalla foca, vietandone l’importazione e la produzione, mentre in altri Stati membri il commercio di questi prodotti non è oggetto di alcuna limitazione. (6) Vi sono pertanto differenze tra le disposizioni nazionali che disciplinano il commercio, l’importazione, la produzione e la commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca. Queste differenze incidono negativamente sul funzionamento del mercato interno in relazione ai prodotti che contengono o possono contenere prodotti derivati dalla foca e costituiscono una barriera al commercio di tali prodotti. (7) L’esistenza di disposizioni diverse può scoraggiare ulteriormente i consumatori dall’acquistare prodotti non derivati dalla foca, ma che possono non essere facilmente distinguibili da prodotti simili ottenuti dalla foca, o prodotti che possono contenere elementi o ingredienti derivati dalla foca senza che ciò sia chiaramente riconoscibile, come pellicce, capsule e oli contenenti Omega-3 e articoli in cuoio. (8) Le disposizioni del presente regolamento dovrebbero pertanto armonizzare le norme in vigore nella Comunità in materia di attività commerciali riguardanti i prodotti derivati dalla foca ed evitare in tal modo turbative del mercato interno per quanto riguarda i prodotti in questione, inclusi i prodotti equivalenti o sostituibili ai prodotti derivati dalla foca. (9) A norma del protocollo sulla protezione e il benessere degli animali allegato al trattato, la Comunità deve tenere nella massima considerazione i requisiti in materia di benessere degli animali nella formulazione e nell’attuazione, tra l’altro, della politica per il mercato interno. Le norme armonizzate contenute nel presente regolamento dovrebbero pertanto tenere pienamente conto del benessere degli animali. (10) Per superare l’attuale frammentazione del mercato interno, è necessario prevedere norme armonizzate, tenendo conto del benessere degli animali. Per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti interessati in modo efficace e proporzionato, l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca dovrebbe, in linea di principio, essere vietata al fine di ristabilire la fiducia dei consumatori, garantendo nel contempo che le preoccupazioni relative al benessere degli animali siano tenute pienamente in considerazione. Poiché le preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori riguardano anche l’uccisione e la scuoiatura delle foche in quanto tali, è altresì necessario adottare misure intese a ridurre la domanda che porta alla commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca e, di conseguenza, la domanda economica che stimola la caccia delle foche a fini commerciali. Per garantire un’applicazione efficace, a tali norme armonizzate dovrebbe essere data esecuzione al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati. (11) Benché l’uccisione e la scuoiatura delle foche potrebbero in teoria avvenire evitando dolore, angoscia, paura o altre forme di sofferenza inutili, considerate le condizioni in cui si svolge la caccia alle foche, una verifica e un controllo uniformi del rispetto dei requisiti in materia di benessere degli animali da parte dei cacciatori non sono fattibili nella pratica o sono perlomeno molto difficili da attuare in modo efficace, come concluso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare il 6 dicembre 2007. (12) È altresì evidente che norme armonizzate di altra natura, ad esempio requisiti in materia di etichettatura, non consentirebbero di conseguire lo stesso risultato. Inoltre, l’obbligo di etichettare i prodotti interamente o parzialmente derivati dalla foca imposto ai produttori, ai distributori o ai commercianti al dettaglio rappresenterebbe un notevole onere a carico di tali operatori economici e comporterebbe un costo sproporzionato nei casi in cui i prodotti derivati dalla foca rappresentano solo una parte minore del prodotto in questione. Per contro, sarà più facile conformarsi alle misure contenute nel presente regolamento, consentendo nel contempo di rassicurare i consumatori. (13) Per garantire la piena efficacia delle norme armonizzate previste dal presente regolamento, esse dovrebbero applicarsi non solo ai prodotti derivati dalla foca provenienti dalla Comunità, ma anche a quelli immessi nella Comunità da paesi terzi. (14) È opportuno che non siano lesi gli interessi economici e sociali fondamentali delle comunità Inuit che praticano la caccia alle foche a fini di sostentamento. La caccia fa parte integrante della cultura e dell’identità dei membri della società Inuit e, in quanto tale, è riconosciuta dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. Pertanto, l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono al loro sostentamento dovrebbe essere consentita. (15) Il presente regolamento istituisce norme armonizzate relative all’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca. Esso lascia pertanto impregiudicate altre norme comunitarie o nazionali che regolamentano la caccia delle foche. (16) È opportuno che le misure adottate ai fini dell’attuazione del presente regolamento vengano adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (17) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca, provenienti dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono alla loro sussistenza; di definire le condizioni per l’importazione di prodotti derivati dalla foca quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o dei loro familiari; nonché di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia regolamentata da leggi nazionali al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo con nuovi elementi non essenziali devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (18) Per facilitare l’esecuzione della normativa da parte delle autorità nazionali competenti, la Commissione dovrebbe predisporre delle note tecniche orientative che forniscano indicazioni non vincolanti sui codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente regolamento. (19) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e vigilino sulla loro applicazione. Tali sanzioni dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive. (20) È opportuno che gli Stati membri trasmettano regolarmente relazioni sulle misure adottate per attuare il presente regolamento. Sulla base di dette relazioni, la Commissione dovrebbe riferire al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento. (21) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’eliminazione degli ostacoli al funzionamento del mercato interno mediante l’armonizzazione a livello comunitario dei divieti nazionali relativi al commercio dei prodotti derivati dalla foca, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può pertanto essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento fissa norme armonizzate in materia di immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «foca»: esemplare di tutte le specie di pinnipedi (Phocidae, Otariidae e Odobenidae); 2) «prodotto derivato dalla foca»: tutti i prodotti, trasformati o non trasformati, derivati o ottenuti dalla foca, tra cui carne, olio, grasso, organi, pelli da pellicceria gregge e pelli da pellicceria conciate e preparate, anche assemblate in tavole, traverse o altre forme simili, nonché gli articoli derivati dalle pelli; 3) «immissione sul mercato»: l’introduzione sul mercato comunitario e la messa a disposizione in favore di terzi, a titolo oneroso; 4) «Inuit»: i membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo e appartenenti ai seguenti gruppi: Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia); 5) «importazione»: qualunque ingresso di merci nel territorio doganale della Comunità. Articolo 3 Condizioni di immissione sul mercato 1. L’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca è autorizzata solo quando i prodotti derivati dalla foca provengono dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e contribuiscono alla loro sussistenza. Tali condizioni si applicano al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati. 2. In deroga al paragrafo 1: a) l’importazione di prodotti derivati dalla foca è altresì autorizzata quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o delle loro famiglie. Il tipo e la quantità di tali merci non sono tali da far ritenere che l’importazione possa avere finalità commerciali; b) l’immissione sul mercato è altresì autorizzata per i prodotti derivati dalla foca provenienti da sottoprodotti della caccia regolamentata dalla legislazione nazionale e praticata al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tale immissione sul mercato è autorizzata unicamente su basi non lucrative. Il tipo e la quantità di tali prodotti non sono tali da far ritenere che l’immissione sul mercato possa avere finalità commerciali. L’applicazione del presente paragrafo non pregiudica il conseguimento degli obiettivi del presente regolamento. 3. La Commissione, secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 9, paragrafo 2, predispone note tecniche orientative contenenti un elenco indicativo dei codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente articolo. 4. Fatto salvo quanto disposto dal paragrafo 3, le misure per l’attuazione del presente articolo, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 3. Articolo 4 Libera circolazione Gli Stati membri non impediscono l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca che sono conformi al presente regolamento. Articolo 5 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (7). Tale comitato può rivolgersi, se necessario, ad altri comitati regolamentari, come il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 6 Sanzioni ed esecuzione Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro attuazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 20 agosto 2010 e notificano senza ritardo le eventuali modifiche successive. Articolo 7 Relazioni 1. Entro il 20 novembre 2011, e successivamente ogni quattro anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione in cui illustrano le azioni intraprese per dare attuazione al presente regolamento. 2. Sulla base delle relazioni di cui al paragrafo 1, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento entro i dodici mesi che seguono la fine di ciascun periodo. Articolo 8 Entrata in vigore e applicabilità Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’articolo 3 si applica a decorrere dal 20 agosto 2010. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 16 settembre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) Parere del 26 febbraio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 5 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 27 luglio 2009. (3) GU C 306 E del 15.12.2006, pag. 194. (4) GU C 308 E del 16.12.2006, pag. 170. (5) GU L 91 del 9.4.1983, pag. 30. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. (8) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Commercio di prodotti derivati dalla foca SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Fissa norme armonizzate in merito all'immissione di prodotti derivati dalla foca sul mercato dell'UE. PUNTI CHIAVE I prodotti derivati dalla foca possono essere immessi sul mercato dell'UE soltanto se provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit* o da altre comunità indigene. La caccia deve: essere praticata tradizionalmente dalla comunità; contribuire al sostentamento della comunità al fine di fornire cibo e reddito e non essere condotta principalmente per finalità commerciali; prestare debita attenzione al benessere degli animali, tenendo in considerazione lo stile di vita della comunità e la finalità di sostentamento della caccia; al momento della loro immissione sul mercato, un prodotto derivato dalla foca deve avere un certificato che attesti il rispetto di tutte le condizioni di cui sopra. Gli organismi autorizzati dalla Commissione europea rilasciano i certificati. I viaggiatori e i loro familiari possono importare prodotti derivati dalla foca per il loro uso personale. Qualora tali prodotti debbano essere importati in una data successiva, i viaggiatori devono essere in possesso della relativa documentazione. Qualora la Commissione dimostri che i prodotti derivano dalla caccia alle foche condotta principalmente per finalità commerciali, essa potrebbe vietare o limitare la loro immissione sul mercato dell'UE. La Commissione informa il pubblico, le autorità competenti e le autorità doganali in merito alle condizioni in base alle quali i prodotti derivati dalla foca possano essere immessi sul mercato dell'UE. Entro il 31 dicembre 2018 e successivamente ogni quattro anni, i paesi dell'UE riporteranno alla Commissione le misure adottate ai fini dell'attuazione della normativa. La Commissione, entro un anno dalla ricezione delle relazioni nazionali, fornirà una relazione complessiva al Parlamento europeo e al Consiglio. La prima relazione sarà presentata entro il 31 dicembre 2019. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 20 novembre 2009. CONTESTO Le foche sono cacciate dentro e fuori dall'UE per scopi diversi. Esse sono utilizzate per fabbricare carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti. Commercio di prodotti derivati dalla foca TERMINE CHIAVE * Inuit: membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo. Il termine comprende i gruppi Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia). ATTO Regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativo al commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 286 del 31.10.2009, pag. 36-39) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1007/2009 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata è da utilizzarsi a solo scopo di riferimento. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) di esecuzione 2015/1850 della Commissione, del 13 ottobre 2015, recante modalità di applicazione dettagliate del regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sul commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 271 del 16.10.2015, pagg. 1-11)
0
1,162
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di Egitto Gazzetta ufficiale n. L 182 del 13/07/2005 pag. 0012 - 0019 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di EgittoLA COMUNITÀ EUROPEA (in appresso denominata "Comunità"),da un lato,eLA REPUBBLICA ARABA DI EGITTO (in appresso denominata "Egitto"),dall’altro,in appresso denominate "le parti";VISTO il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, prima frase, e articolo 300, paragrafo 3, primo comma;VISTA la decisione n. 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa al sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e all’innovazione (2002-2006) [1];CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per il loro sviluppo economico e sociale e il relativo riferimento di cui all’articolo 43 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba di Egitto, dall’altra, firmato il 25 giugno 2001;HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Campo d’applicazione e principi1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e l’Egitto in settori di interesse comune in cui esercitano attività di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico.2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:- promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti,- beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi,- accesso reciproco alle attività dei programmi e ai progetti di ricerca svolti da ciascuna parte,- scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione,- scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 2Mezzi di cooperazione1. I soggetti giuridici con sede in Egitto, conformemente alla definizione di cui all’allegato I, comprese persone fisiche e le persone giuridiche di diritto pubblico o privato, partecipano alle azioni indirette del programma quadro comunitario di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca (in appresso "il programma quadro CE"), alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici degli Stati membri dell’Unione europea, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.2. I soggetti giuridici con sede negli Stati membri della Comunità partecipano ai programmi e progetti di ricerca dell’Egitto in settori analoghi a quelli del programma quadro CE alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici egiziani, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.3. La cooperazione può anche svilupparsi con i mezzi e le modalità seguenti:- regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica dell’Egitto e della Comunità in materia di ricerca e sulla pianificazione di detta politica,- scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione,- trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione e i risultati dei programmi e progetti di ricerca dell’Egitto e della Comunità e riguardanti i risultati di lavori svolti nell’ambito del presente accordo,- riunioni congiunte,- visite e scambi di ricercatori, tecnici e ingegneri, anche a scopo di formazione,- lo scambio e la condivisione di attrezzature e di materiali,- contatti regolari tra responsabili di programmi o direttori di progetti di ricerca egiziani e comunitari,- partecipazione di esperti a seminari, simposi e gruppi di lavoro,- scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo,- formazione tramite progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico,- accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica oggetto della cooperazione in questione,- qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto, di cui all’articolo 4, conformemente alle politiche e alle procedure applicabili alle due parti.Articolo 3Rafforzamento della cooperazione1. Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare l’entrata e l’uscita dai loro territori di beni destinati a essere utilizzati in queste attività.2. Qualora, in applicazione della propria normativa, la Comunità europea conceda un finanziamento a un soggetto giuridico dell’Egitto che partecipi a un’azione indiretta comunitaria, l’Egitto garantisce che a questa transazione non saranno imposti oneri o prelievi fiscali o doganali.Articolo 4Gestione dell’accordoComitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per l’Egitto, dall’Accademia per la ricerca scientifica e tecnologica, e, per la Comunità, dai servizi dalla Commissione delle Comunità europee responsabili del programma quadro, in qualità di agenti esecutivi delle parti (in appresso denominati "agenti esecutivi").2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato "Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto" (in appresso "il comitato misto"), le cui funzioni comprendono:- assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne di nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti,- identificare annualmente i potenziali settori in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure,- esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Egitto e nella Comunità, nonché le prospettive di cooperazioni future ai sensi del presente accordo.3. Il comitato misto è composto da rappresentanti degli agenti esecutivi; esso adotta il proprio regolamento interno.4. Il comitato misto si riunisce almeno una volta l’anno, alternativamente nella Comunità e in Egitto. Riunioni straordinarie possono essere convocate su richiesta di una delle due parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto sono trasmesse per informazione al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo tra l’Unione europea e la Repubblica araba di Egitto.Articolo 5FinanziamentoLa reciproca partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.Articolo 6Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioniLa diffusione e l’uso dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle disposizioni di cui all’allegato II.Articolo 7Disposizioni finali1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo.Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa del completamento delle procedure interne necessarie per la conclusione, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso.Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, le parti concordano di comune accordo che i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti previo preavviso di dodici mesi.I progetti e le attività in corso al momento della denuncia del presente accordo devono essere portati a compimento alle condizioni concordate nel quadro dello stesso.4. Qualora una delle parti decida di modificare i suoi programmi e progetti di ricerca, di cui al paragrafo 1 dell’articolo 1, l’agente esecutivo della parte in questione notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso di dette modifiche.In deroga a quanto disposto dal secondo comma del paragrafo 2, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui al primo comma, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.5. Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall’altra, al territorio della Repubblica araba di Egitto, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio o nei territori di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.6. Il presente accordo è redatto in due esemplari in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e araba, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en El Cairo, el veintiuno de junio de dos mil cinco.Udfærdiget i Kairo den enogtyvende juni to tusind og fem.Geschehen zu Kairo am einundzwanzigsten Juni zweitausendfünf.Έγινε στο Κάιρο, στις είκοσι μία Ιουνίου δύο χιλιάδες πέντε.Done at Cairo on the twenty-first day of June in the year two thousand and five.Fait au Caire, le vingt-et-un juin deux mille cinq.Fatto a il Cairo, addì ventuno giugno duemilacinque.Gedaan te Kaïro, de eenentwintigste juni tweeduizend vijf.Feito no Cairo, em vinte e um de Junho de dois mil e cinco.Tehty Kairossa kahdentenakymmenentenäensimmäisenä päivänä kesäkuuta vuonna kaksituhattaviisi.Som skedde i Kairo den tjugoförsta juni tjugohundrafern.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaFör Europeiska gemenskapenPor el Gobierno de la República Árabe de EgiptoPå vegne af Den Arabiske Republik Egyptens regeringFür die Regierung der Arabischen Republik ÄgyptenΓια την Κυβέρνηση της Αραβικής Δημοκρατίας της ΑιγύπτουFor the Government of the Arab Republic of EgyptPour le gouvernement de la République arabe d’ÉgyptePer il Governo della Repubblica araba di EgittoVoor de regering van de Arabische Republiek EgyptePelo Governo da República Árabe do EgiptoEgyptin arabitasavallan hallituksen puolestaFör Arabrepubliken Egyptens regering[1] GU L 232 del 29.8.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 786/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 7).--------------------------------------------------ALLEGATO IModalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici degli Stati membri dell’Unione europea e della Repubblica araba di EgittoAi fini del presente accordo, per "soggetto giuridico" si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità al diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto comunitario o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.I. MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI IN EGITTO ALLE AZIONI INDIRETTE DEL PROGRAMMA QUADRO CE-EGITTO1. La partecipazione dei soggetti giuridici stabiliti in Egitto alle azioni indirette del programma quadro CE è soggetta alle regole di partecipazione stabilite ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea per l’attuazione del programma quadro.I soggetti giuridici stabiliti in Egitto possono inoltre partecipare alle azioni indirette attuate ai sensi dell’articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea.2. La Comunità può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano alle azioni indirette menzionate al paragrafo 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente all’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea, al regolamento finanziario della Comunità europea e alla legislazione comunitaria applicabile.3. I contratti conclusi dalla Comunità con i soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano ad un’azione indiretta devono prevedere il diritto della Commissione e della Corte dei conti delle Comunità europee di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.Le competenti autorità egiziane provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, l’assistenza ragionevole e utile, qualora necessaria, per eseguire tali controlli e verifiche contabili.II. MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA AI PROGRAMMI E AI PROGETTI DI RICERCA EGIZIANI1. I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione europea o al diritto comunitario, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo egiziani in cooperazione con soggetti giuridici stabiliti in Egitto.2. Fatto salvo il paragrafo 1 e l’allegato II, i diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, che partecipano a progetti egiziani di ricerca nell’ambito dei programmi di RST, e le condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative che disciplinano lo svolgimento di programmi di ricerca e sviluppo applicabili ai soggetti giuridici egiziani e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra l’Egitto e la Comunità in questo settore.Il finanziamento dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a progetti e programmi di ricerca e sviluppo dell’Egitto è disciplinato dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative vigenti in Egitto, in materia di esecuzione dei programmi di ricerca e sviluppo, alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici non egiziani che partecipano ai progetti e ai programmi di ricerca e sviluppo dell’Egitto.3. L’Egitto informa regolarmente i soggetti giuridici della Comunità e dell’Egitto in merito ai programmi egiziani in corso di svolgimento e alle possibilità di partecipazione per i soggetti giuridici stabiliti nella Comunità.--------------------------------------------------ALLEGATO IIPrincipi per l’attribuzione dei diritti di proprietà intellettualeI. APPLICAZIONEAi fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione data dall’articolo 2 della convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.Ai fini del presente accordo, per "conoscenze" si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o no, nonché i diritti di autore o i diritti legati a detti risultati acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, disegni, modelli, specie vegetali, certificati complementari o di altre forme di tutela equiparabili.II. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DEI SOGGETTI GIURIDICI DELLE PARTI1. Ciascuna parte garantisce che i diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte che partecipano alle attività svolte conformemente al presente accordo e i diritti e gli obblighi derivanti da detta partecipazione siano compatibili con le convenzioni internazionali applicabili alle parti, compresi l’accordo TRIPS (Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio amministrato dall’Organizzazione mondiale del commercio), la convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971) e la convenzione di Parigi (Atto di Stoccolma 1967).2. I soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano a un’azione indiretta del programma quadro CE hanno gli stessi diritti e obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, alle condizioni stabilite dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea e nel relativo contratto concluso con la Comunità. Detti diritti e obblighi sono conformi alle disposizioni del paragrafo 1.3. I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a programmi o a progetti di ricerca egiziani hanno gli stessi diritti e obblighi in materia di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano a detti programmi o progetti di ricerca. Detti diritti e obblighi sono conformi alle disposizioni di cui al paragrafo 1.III. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DELLE PARTI1. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle conoscenze generate dalle parti nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del presente accordo si applicano le regole specificate qui di seguito.a) La parte che genera le conoscenze è proprietaria delle stesse. Qualora risulti impossibile determinare il contributo delle rispettive parti, le parti sono congiuntamente proprietarie delle conoscenze.b) La parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del presente accordo. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.2. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle pubblicazioni di carattere scientifico delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito.a) In caso di pubblicazione ad opera di una parte di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto di attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.b) Tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore, prodotte a norma delle presenti disposizioni, devono indicare i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Devono inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.3. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle informazioni riservate delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito.a) All’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte identifica le informazioni riservate che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la riservatezza delle informazioni.b) La parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo.c) Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, l’altra parte può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta e ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche.d) Le informazioni riservate o le altre informazioni confidenziali non documentali fornite nel corso di seminari e di altre riunioni tra i rappresentanti delle parti, indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di attrezzature o l’esecuzione di azioni indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni riservate o altre informazioni confidenziali siano resi edotti del carattere confidenziale delle informazioni all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a).e) Ciascuna parte si impegna ad assicurare che le informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d) siano controllate come ivi previsto. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull’obbligo del segreto di cui alle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato.-------------------------------------------------- Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e l’Egitto QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accorto per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:promozione di una società della conoscenza per lo sviluppo sociale ed economico delle due parti; benefici reciproci fondati su una ripartizione equilibrata dei vantaggi; accesso reciproco alle attività dei programmi e dei progetti di ricerca svolte da ciascuna parte; scambio tempestivo delle informazioni; protezione dei diritti di proprietà intellettuale.CooperazioneI soggetti giuridici* egiziani possono partecipare ad attività di cooperazione indiretta dei programmi quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’UE e ad attività di dimostrazione alle stesse condizioni applicabili ai soggetti giuridici dell’UE, in conformità con i termini e le condizioni stabiliti negli allegati I e II dell’accordo. Le personalità giuridiche stabilite nei paesi dell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca egiziani che coprono settori simili a quelli del programma quadro alle stesse condizioni applicabili ai soggetti giuridici dell’Egitto in conformità con i termini e le condizioni di cui agli allegati I e II dell’accordo.Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica dell’Egitto e dell’UE; discussioni su cooperazione, sviluppi e prospettive; fornitura tempestiva di informazioni sull’attuazione dei rispettivi programmi e progetti di ricerca; riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a fini di formazione; scambi o condivisione di attrezzature e materiali; contatti regolari e continui tra i responsabili dei programmi o dei progetti delle parti; partecipazione di esperti a seminari, conferenza («simposi») e workshop; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico; accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnica nell’ambito della cooperazione; altre modalità adottate dal comitato misto di cooperazione scientifica e tecnica, istituito ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 27 febbraio 2008 per un tempo indeterminato (provvisoriamente applicabile dalla data di sottoscrizione: 21 giugno 2005). Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO L’Egitto è uno dei paesi coperti dalla politica di vicinato dell’UE. Nel 2004, è entrato in vigore l’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba d’Egitto, dall’altra. Per maggiori informazioni, consultare:L’Egitto e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) L’Egitto e la politica di vicinato (Commissione europea)Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (RI) con l’Egitto, consultare:Cooperazione internazionale RI con l’Egitto (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra vicinato meridionale e UE (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Soggetto giuridico: ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario o internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura a proprio nome. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di Egitto (GU L 182 del 13.7.2005, pag. 12). Decisione 2008/180/CE del Consiglio, del 25 febbraio 2008, concernente la conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba d’Egitto (GU L 59 del 4.3.2008, pag. 12).
0
868
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente il miele Gazzetta ufficiale n. L 010 del 12/01/2002 pag. 0047 - 0052 Direttiva 2001/110/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001concernente il mieleIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali devono conformarsi i prodotti disciplinati da tali direttive, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 74/409/CEE del Consiglio, del 22 luglio 1974, relativa all'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri concernenti il miele(4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali relativamente alla nozione di miele, alle sue varietà e alle caratteristiche che esso deve avere, potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore, e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) La direttiva 74/409/CEE con le relative modifiche, ha pertanto fissato definizioni, specificato le diverse varietà di miele che possono essere immesse sul mercato con adeguate denominazioni, stabilito norme comuni per la composizione e determinato le principali diciture che devono figurare sull'etichettatura, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità.(4) Per ragioni di chiarezza è opportuno provvedere alla rifusione della direttiva 74/409/CEE al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di produzione e di commercializzazione del miele e per adeguarla alla normativa comunitaria generale relativa a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura, gli agenti patogeni e i metodi di analisi.(5) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(5) dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni. Tenuto conto dello stretto legame esistente tra qualità e origine del miele, è necessario garantire un'informazione completa su questi punti per evitare di indurre in errore il consumatore sulla qualità del prodotto. Gli interessi specifici del consumatore concernenti le caratteristiche geografiche del miele e la piena trasparenza a tale proposito rendono necessaria l'indicazione, sull'etichetta, del paese d'origine in cui il miele è stato raccolto.(6) Non deve essere ritirato né il polline né alcun altro costituente particolare del miele, a meno che ciò sia inevitabile al momento dell'eliminazione di materie organiche e inorganiche estranee. Quest'operazione può essere realizzata mediante filtraggio. Qualora il filtraggio porti all'eliminazione di una quantità importante di polline, è necessario informarne correttamente il consumatore con un'appropriata menzione sull'etichetta.(7) Il miele, la cui denominazione sia completata con indicazioni concernenti l'origine floreale o vegetale, regionale, territoriale o topografica, o con criteri di qualità specifici, non può essere addizionato con miele filtrato. Al fine di migliorare la trasparenza del mercato, l'etichettatura dei mieli filtrati o destinati all'industria deve essere obbligatoria per qualsiasi transazione sul mercato alla rinfusa.(8) Come sottolineato nella comunicazione, del 24 giugno 1994, al Parlamento europeo e al Consiglio sulla situazione dell'apicoltura europea, la Commissione può adottare metodi di analisi per garantire il rispetto delle caratteristiche di composizione e di qualsiasi indicazione specifica supplementare per qualsiasi tipo di miele commercializzato nella Comunità.(9) È opportuno tenere conto dei risultati dei lavori relativi alla nuova norma Codex per il miele, adeguata, ove necessario, alle esigenze specifiche della Comunità.(10) Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(11) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(12) Onde evitare la creazione di nuovi ostacoli alla libera circolazione, gli Stati membri dovrebbero astenersi dall'adottare, per i prodotti di cui trattasi, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell'allegato I. Questi prodotti soddisfano i requisiti di cui all'allegato II.Articolo 2La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, alle seguenti condizioni:1) Il termine "miele" è riservato al prodotto definito nell'allegato I, punto 1 ed è utilizzato nel commercio per designare tale prodotto;2) le denominazioni di vendita di cui all'allegato I, punti 2 e 3, sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli. Queste denominazioni possono essere sostituite dalla semplice denominazione di vendita "miele", a eccezione del miele filtrato, del miele di favo, del miele in pezzi di favo o favo tagliato nel miele e del miele per uso industriale.Tuttavia,a) ove si tratti di miele per uso industriale, la menzione "unicamente ad uso culinario" deve essere riportata in immediata prossimità della denominazione del prodotto;b) a esclusione del miele filtrato e del miele per uso industriale, le denominazioni possono essere completate da indicazioni che fanno riferimento:- all'origine floreale o vegetale, se il prodotto è interamente o principalmente ottenuto dalla pianta indicata e ne possiede le caratteristiche organolettiche, fisicochimiche e microscopiche,- all'origine regionale, territoriale o topografica, se il prodotto proviene interamente dall'origine indicata,- a criteri di qualità specifici;3) se il miele per uso industriale è utilizzato come ingrediente di un prodotto alimentare composto, il termine "miele" può essere utilizzato nella denominazione di vendita di tale prodotto alimentare composto invece del termine "miele per uso industriale". Tuttavia, l'elenco degli ingredienti riporta la denominazione completa di cui all'allegato I, punto 3;4) a) il paese o i paesi d'origine in cui il miele è stato raccolto devono essere indicati sull'etichetta.Tuttavia, se il miele è originario di più Stati membri o paesi terzi l'indicazione può essere sostituita da una delle seguenti, a seconda del caso:- "miscela di mieli originari della CE",- "miscela di mieli non originari della CE",- "miscela di mieli originari e non originari della CE".b) Ai fini della direttiva 2000/13/CE e in particolare degli articoli 13, 14, 16 e 17 della medesima, i dettagli da fornire conformemente alla precedente lettera a) sono considerati indicazioni ai sensi dell'articolo 3 di tale direttiva.Articolo 3Ove si tratti di miele filtrato e di miele per uso industriale, i contenitori per merce alla rinfusa, gli imballaggi e i documenti commerciali indicano chiaramente la denominazione completa del prodotto di cui all'allegato I, parte 2, lettera b), punto VIII e parte 3.Articolo 4La Commissione può adottare metodi per verificare la conformità del miele alle disposizioni della presente direttiva. Tali metodi sono adottati secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2. Sino all'adozione di tali metodi gli Stati membri di avvalgono, ogniqualvolta possibile, di metodi convalidati internazionalmente riconosciuti, quali i metodi approvati del Codex Alimentarius, per verificare il rispetto delle disposizioni della presente direttiva.Articolo 5Per i prodotti definiti nell'allegato I, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 6Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in appresso sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2:- l'adeguamento della presente direttiva alla legislazione comunitaria generale in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 71. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in appresso denominato "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(7).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8La direttiva 74/409/CEE è abrogata a decorrere dal 1o agosto 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 9Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva, anteriormente al 1o agosto 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare la commercializzazione dei prodotti di cui all'allegato I, conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 1o agosto 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 1o agosto 2004.Tuttavia l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, etichettati anteriormente al 1o agosto 2004 in conformità della direttiva 74/409/CEE, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano dette disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva oppure sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 10La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 11Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 10.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 91.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 221 del 12.8.1974, pag. 10. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985 della Spagna e del Portogallo.(5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONI E DEFINIZIONI DEI PRODOTTI1. Il miele è la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell'alveare.2. Le principali varietà di miele sono:a) secondo l'origine:i) miele di fiori o miele di nettare:miele ottenuto dal nettare di piante;ii) miele di melata:miele ottenuto principalmente dalle sostanze secrete da insetti succhiatori (Hemiptera) che si trovano su parti vive di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante.b) secondo il metodo di produzione e/o di estrazione:iii) miele di favo:miele immagazzinato dalle api negli alveoli opercolati di favi da esse appena costruiti o di sottili fogli cerei realizzati unicamente con cera d'api, non contenenti covata e venduto in favi anche interi;iv) miele con pezzi di favo o sezioni di favo nel miele:miele che contiene uno o più pezzi di miele in favo;v) miele scolato:miele ottenuto mediante scolatura dei favi disopercolati non contenenti covata;vi) miele centrifugato:miele ottenuto mediante centrifugazione dei favi disopercolati non contenenti covata;vii) miele torchiato:miele ottenuto mediante pressione dei favi non contenenti covata, senza riscaldamento o con riscaldamento moderato a un massimo di 45 °C;viii) miele filtrato:miele ottenuto eliminando sostanze organiche o inorganiche estranee in modo da avere come risultato un'eliminazione significativa dei pollini.3. Miele per uso industriale:miele che a) è adatto all'uso industriale o come ingrediente in altri prodotti alimentari destinati ad essere successivamente lavorati e che b) può:- avere un gusto o un odore anomali, o- avere iniziato un processo di fermentazione, o essere effervescente,- essere stato surriscaldato.ALLEGATO IICARATTERISTICHE DI COMPOSIZIONE DEL MIELEIl miele è essenzialmente composto da diversi zuccheri, soprattutto da fruttosio e glucosio nonché da altre sostanze quali acidi organici, enzimi e particelle solide provenienti dalla raccolta del miele. Il colore del miele può variare da una tinta quasi incolore al marrone scuro. Esso può avere una consistenza fluida, densa o cristallizzata (totalmente o parzialmente). Il sapore e l'aroma variano ma risultano dalla pianta d'origine.Al miele immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano non è aggiunto alcun ingrediente alimentare, neppure gli additivi, e non è effettuata nessun'altra aggiunta se non di miele. Nei limiti del possibile, il miele deve essere privo di sostanze organiche e inorganiche estranee alla sua composizione. Fatto salvo il punto 3 dell'allegato I, esso non deve avere un sapore o odore anomali, né avere iniziato un processo di fermentazione, né presentare un grado di acidità modificato artificialmente, né essere stato riscaldato in modo da distruggerne o inattivarne sensibilmente gli enzimi naturali.Fermo restando il punto viii), parte 2 dell'allegato I, è vietato estrarre polline o componenti specifiche del miele, salvo qualora sia inevitabile nell'estrazione di sostanze estranee inorganiche o organiche.Al momento dell'immissione sul mercato in quanto tale e utilizzato in prodotti destinati al consumo umano, il miele deve presentare le seguenti caratteristiche di composizione:1. Tenore di zuccheri1.1. Tenore di fruttosio e glucosio (somma dei due):>SPAZIO PER TABELLA>1.2. Tenore di saccarosio:>SPAZIO PER TABELLA>2. Tenore d'acqua:>SPAZIO PER TABELLA>3. Tenore di sostanze insolubili nell'acqua:>SPAZIO PER TABELLA>4. Conduttività elettrica:>SPAZIO PER TABELLA>5. Acido libero:>SPAZIO PER TABELLA>6. Indice diastasico e tenore di idrossimetilfurfurale (HMF), determinati dopo trattamento e miscela:a) indice diastasico (scala di Schade):>SPAZIO PER TABELLA>b) HMF:>SPAZIO PER TABELLA> Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Norme di etichettatura dell’Unione europea per il miele L’Unione europea (UE) definisce norme specifiche per il miele a completamento delle norme sugli alimenti. ATTO Direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente il miele. SINTESI L’Unione europea (UE) definisce norme specifiche per il miele a completamento delle norme sugli alimenti. CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Oltre a norme sulla composizione e la definizione del miele, specifica i tipi di prodotti del miele che possono essere venduti con determinate denominazioni e le norme sull’etichettatura, la presentazione e le informazioni sull’origine. PUNTI CHIAVE La direttiva completa le norme generali dell’Unione sull’etichettatura alimentare, stabilite nel regolamento (UE) n. 1169/2011. Le informazioni essenziali per i consumatori devono essere presenti sulle etichette e, in particolare, le etichette devono contenere il paese d’origine del miele e le denominazioni del prodotto, come stabilito nell’allegato I. Definizione Il miele è una sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano sulle piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare. Composizione Il miele, immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano, deve rispettare i criteri di composizione stabiliti nell’allegato II della direttiva. La direttiva 2014/63/UE chiarisce che il polline è un componente naturale, piuttosto che un ingrediente del miele. Etichette La direttiva 2014/63/UE chiarisce inoltre i requisiti per l’etichettatura qualora il miele sia originario di più di un paese dell’UE o di un paese terzo. In tali casi, l’indicatore del paese d’origine può essere sostituito da una delle seguenti indicazioni, a seconda del caso: «miscela di mieli originari dell’UE»; «miscela di mieli non originari dell’UE»; «miscela di mieli originari e non originari dell’UE». In determinati casi, queste denominazioni possono essere sostituite dalla semplice denominazione di vendita «miele» (a eccezione del «miele filtrato», del «miele di favo», del «del miele in pezzi di favo o favo tagliato nel miele» e del «miele per uso industriale»). Le informazioni sull’origine regionale, territoriale o topografica, sull’origine floreale o vegetale, oppure su criteri di qualità specifici possono completare tale etichettatura (a eccezione del «miele filtrato» e del «miele per uso industriale»). La direttiva 2014/63/UE consente alla Commissione europea di adottare ulteriori norme (atti delegati) che stabiliscono due parametri per il criterio di «principalmente» per quanto concerne l’origine floreale o vegetale del miele e per il contenuto minimo di polline del miele filtrato in seguito all’estrazione di sostanze estranee inorganiche o organiche. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva 2001/110/CE si applica a decorrere dal 1o febbraio 2002. La direttiva 2014/63/UE si applica a decorrere dal 23 giugno 2014. Il miele per la vendita o etichettato prima del 24 giugno 2015 può continuare a essere venduto fino all’esaurimento delle scorte. TERMINI CHIAVE Miele filtrato: miele ottenuto eliminando sostanze organiche o inorganiche estranee in modo da avere come risultato un’eliminazione significativa dei pollini. Miele di favo: miele immagazzinato dalle api negli alveoli opercolati di favi da esse appena costruiti o di sottili fogli cerei realizzati unicamente con cera d’api, non contenenti covata e venduto in favi anche interi. Miele con pezzi di favo o sezioni di favo nel miele: miele che contiene uno o più pezzi di miele in favo. Miele per uso industriale: la menzione «unicamente ad uso culinario» deve essere riportata in immediata prossimità della denominazione del prodotto. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2001/110/CE 1.2.2002 31.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002, pag. 47-52 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2014/63/UE 23.6.2014 24.6.2015 GU L 164 del 3.6.2014, pag. 1-5 ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 18-63).
0
575
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE 2009/902/GAI DEL CONSIGLIO del 30 novembre 2009 che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica di Ungheria, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Finlandia, del Regno di Svezia, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (1), visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha concluso che era necessario sviluppare misure di prevenzione della criminalità, scambiare migliori prassi e rafforzare la rete delle autorità nazionali competenti per la prevenzione della criminalità e la cooperazione tra le organizzazioni nazionali impegnate in tale settore, precisando che le priorità per tale cooperazione potrebbero essere, innanzi tutto, la delinquenza giovanile, la criminalità urbana e la criminalità connessa alla droga. A tal fine si auspicava un esame della possibilità di un programma finanziato dalla Comunità. (2) A norma della raccomandazione n. 6 della strategia dell'Unione europea per l'inizio del nuovo millennio relativa alla prevenzione e al controllo della criminalità organizzata (2), il Consiglio dev'essere opportunamente assistito da esperti qualificati in materia di prevenzione della criminalità, quali i punti focali nazionali, o mediante la costituzione di una rete di esperti appartenenti alle organizzazioni nazionali incaricate della prevenzione della criminalità. (3) La decisione 2001/427/GAI del Consiglio ha istituito la rete europea di prevenzione della criminalità (3). (4) Una valutazione esterna della rete europea di prevenzione della criminalità, effettuata nel 2008-2009, ha individuato possibilità di consolidamento della rete che sono state accettate dal consiglio di amministrazione della REPC e che rendono necessaria l'abrogazione della decisione 2001/427/GAI e la sua sostituzione con una nuova decisione del Consiglio relativa alla rete. (5) La valutazione ha individuato la necessità di un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti nazionali nelle attività della rete. (6) Per consolidare la rete è necessaria una serie di modifiche, ivi comprese le modifiche delle disposizioni relative ai punti di contatto, al segretariato, alla struttura del consiglio di amministrazione e alle sue funzioni, inclusa la nomina del presidente. (7) Le modifiche relative alla composizione della rete dovrebbero essere efficaci ed efficienti in termini di costi, in base alle precedenti esperienze degli Stati membri in materia di finanziamento ed espletamento delle attività di segretariato e delle altre attività della rete. Il consiglio di amministrazione dovrebbe cooperare maggiormente per esplorare e sfruttare appieno le possibilità di finanziamento mediante il bilancio generale dell'Unione europea. Ciò potrebbe essere realizzato sulla base di partenariati quadro o includendo la rete nell'elenco degli organismi riconosciuti in situazione di monopolio del pertinente programma di finanziamento. (8) Le altre disposizioni dovrebbero essere basate sulla decisione 2001/427/GAI, DECIDE: Articolo 1 Istituzione È istituita una rete europea di prevenzione della criminalità (in appresso «la rete»). Essa succede alla rete europea di prevenzione della criminalità istituita con la decisione 2001/427/GAI. Articolo 2 Oggetto 1. La rete contribuisce a sviluppare i vari aspetti della prevenzione della criminalità a livello dell'Unione, tenendo conto della strategia dell'Unione Europea in materia di prevenzione della criminalità, e fornisce sostegno alle azioni di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale. 2. La prevenzione della criminalità comprende tutte le misure che mirano, o altrimenti concorrono, a contrastare la criminalità e a diminuire il senso di insicurezza dei cittadini, sia quantitativamente che qualitativamente, scoraggiando le attività criminali direttamente o mediante il ricorso a politiche e azioni intese a ridurre il potenziale criminoso e a limitarne le cause. Essa include l'azione dei governi, delle autorità competenti, delle istituzioni giudiziarie del settore penale, delle autorità locali e delle associazioni specializzate che hanno istituito in Europa, del settore privato e del volontariato, dei ricercatori e del pubblico, con il sostegno dei mezzi di comunicazione. Articolo 3 Struttura e composizione 1. La rete è composta da un consiglio di amministrazione e da un segretariato, così come dai punti di contatto che possono essere designati da ciascuno Stato membro. 2. Il consiglio di amministrazione è composto dai rappresentanti nazionali, con un presidente e un comitato esecutivo. 3. Ciascuno Stato membro nomina un rappresentante nazionale e può nominare un supplente. 4. Il presidente è nominato tra i rappresentanti nazionali. 5. Il comitato esecutivo è guidato dal presidente ed è composto da un massimo di altri sei membri del consiglio di amministrazione e da un rappresentante designato dalla Commissione. Articolo 4 Funzioni della rete La rete, in particolare: a) facilita la cooperazione, i contatti e gli scambi d'informazioni e di esperienze tra gli operatori nel settore della prevenzione della criminalità; b) raccoglie, valuta e comunica le informazioni basate su elementi di valutazione, incluse le buone prassi sulle azioni di prevenzione in atto; c) organizza conferenze, in particolare una conferenza annuale sulle migliori prassi, ed altre attività, compreso il premio annuale europeo per la prevenzione della criminalità, intese a raggiungere gli obiettivi della rete e a condividerne ampiamente i risultati; d) fornisce la necessaria consulenza al Consiglio e alla Commissione; e) riferisce ogni anno al Consiglio sulle sue attività tramite il consiglio di amministrazione e le competenti strutture operative. Il Consiglio è invitato ad approvare la relazione e a trasmetterla al Parlamento europeo; f) sviluppa ed attua un programma di lavoro basato su una strategia chiaramente definita che tenga conto dell'identificazione delle pertinenti minacce della criminalità e della maniera di farvi fronte. Articolo 5 Scambio di informazioni Per raggiungere i suoi obiettivi la rete: a) privilegia un approccio pluridisciplinare; b) si tiene in stretto rapporto, tramite i rappresentanti nazionali e i punti di contatto, con gli organismi incaricati della prevenzione della criminalità, con le autorità locali, con i partenariati locali e con la società civile, nonché con gli istituti di ricerca e le organizzazioni non governative degli Stati membri; c) crea e tiene aggiornato il proprio sito web contenente le relazioni periodiche e qualsiasi altra informazione utile, in particolare una raccolta delle migliori prassi; d) si adopera per utilizzare e promuovere i risultati dei progetti pertinenti per la prevenzione della criminalità finanziati nell'ambito dei programmi dell'Unione. Articolo 6 Responsabilità 1. Il Comitato esecutivo sostiene il presidente per assicurare, tra l'altro: a) l'elaborazione della strategia della rete che è approvata dal consiglio di amministrazione; b) l'efficace funzionamento del consiglio di amministrazione, e c) l'elaborazione e l'esecuzione del programma di lavoro. 2. Tra le funzioni del consiglio di amministrazione rientrano: a) la garanzia del corretto funzionamento della rete conformemente alla presente decisione, comprese le decisioni sull'organizzazione pratica delle attività del segretariato; b) l'elaborazione e l'adozione del regolamento finanziario; c) l'approvazione della strategia della rete, che contribuisca a sviluppare la prevenzione della criminalità a livello dell'Unione; d) l'adozione e la garanzia della realizzazione del programma di lavoro della rete; e) l'adozione di una relazione annuale sulle attività della rete. 3. Il consiglio di amministrazione adotta all'unanimità il proprio regolamento interno che include, tra l'altro, le disposizioni sulla nomina e la durata del mandato del presidente e dei membri del comitato esecutivo, sulle modalità di decisione del consiglio di amministrazione, sul regime linguistico, sui compiti, l'organizzazione e le risorse del segretariato e sulle modalità amministrative della cooperazione con altre strutture di cui all'articolo 8. 4. Il segretariato assiste il consiglio di amministrazione, è operativo a titolo permanente, a beneficio totale della rete, nel rispetto della riservatezza richiesta e ha i seguenti compiti: a) fornire supporto amministrativo e generale per la preparazione di riunioni, seminari e conferenze; redigere la relazione annuale e il programma di lavoro, sostenere l'attuazione del programma di lavoro e fungere da punto focale per la comunicazione con i membri della rete; b) svolgere una funzione di analisi e di supporto per individuare l'attività di ricerca in corso nel settore della prevenzione della criminalità e le relative informazioni utili per la rete; c) assumere la responsabilità generale di ospitare, sviluppare e aggiornare il sito web della rete. 5. Ogni rappresentante nazionale promuove le attività della rete a livello nazionale e locale e facilita la fornitura, l'aggiornamento e lo scambio di materiale relativo alla prevenzione della criminalità tra il relativo Stato membro e la rete. 6. I punti di contatto assistono i rappresentanti nazionali nello scambio di informazioni e competenze sulla prevenzione della criminalità a livello nazionale nell'ambito della rete. 7. Il segretariato riferisce al presidente e al comitato esecutivo, che ne controllano l'operato. 8. Gli Stati membri sono responsabili del finanziamento della rete e delle sue attività. Tramite il consiglio di amministrazione, gli Stati membri cooperano per assicurare il finanziamento efficiente in termini di costi della rete e delle sue attività. 9. Il paragrafo 8 non osta alla possibilità di chiedere ed ottenere un sostegno finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea. Articolo 7 Riunioni del consiglio Il consiglio di amministrazione si riunisce almeno una volta per semestre su convocazione del presidente. Articolo 8 Cooperazione con altre strutture La rete può cooperare con altre strutture competenti in materia di prevenzione della criminalità qualora sia pertinente al raggiungimento dei suoi obiettivi. Articolo 9 Valutazione La Commissione presenta al Consiglio una relazione di valutazione in merito alle attività della rete concentrandosi in particolare sull'efficienza dei lavori della rete e del segretariato, tenendo debito conto dell'interazione tra la rete ed altri soggetti pertinenti entro 30 novembre 2012. In base ai risultati di tale valutazione sono individuate eventuali opportunità che potrebbero essere realizzate ad esempio trasferendo il segretariato ad un'agenzia esistente. Articolo 10 Abrogazione La decisione 2001/427/GAI è abrogata. Articolo 11 Decorrenza degli effetti Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno dell'adozione. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009. Per il Consiglio La presidente B. ASK (1) GU C 222 del 15.9.2009, pag. 2. (2) GU C 124 del 3.5.2000, pag. 1. (3) GU L 153 dell'8.6.2001, pag. 1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Cooperazione europea in materia di prevenzione della criminalità Decisione 2009/902/GAI del Consiglio che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) ATTO Decisione 2009/902/UE del Consiglio, del 30 novembre 2009, che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI. SINTESI La politica sulla prevenzione della criminalità nell’Unione europea (UE) si rafforza grazie alla cooperazione tra autorità a livello nazionale e locale e altri esperti e professionisti del settore. CHE COSA FA LA DECISIONE? Istituisce la rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) per contribuire allo sviluppo di misure di prevenzione della criminalità nell’UE. Oltre a fornire un quadro per la cooperazione tra i paesi dell’UE, la rete supporta anche le attività di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale. PUNTI CHIAVE La REPC si occupa di: — facilitare la cooperazione, i contatti e gli scambi d’informazioni tra le parti interessate; — raccogliere, valutare e condividere le informazioni sulla prevenzione della criminalità; — organizzare conferenze e attività per sviluppare la prevenzione della criminalità e condividere i risultati di questo lavoro sulla prevenzione della criminalità; — fornire la necessaria competenza alle istituzioni europee (Consiglio e Commissione); — riferire annualmente al Consiglio sulle sue attività; — sviluppare e attuare un programma di lavoro che tenga conto delle pertinenti minacce della criminalità. Gli obiettivi della REPC sono raggiunti attraverso un programma di lavoro annuale, nell’ambito di una strategia pluriennale (2010-2015). La rete è composta da: — un consiglio di amministrazione , responsabile della sua gestione complessiva; — un segretariato , che fornisce supporto amministrativo al consiglio di amministrazione; — punti di contatto, che sostengono gli scambi di informazioni e di competenze tra i rappresentanti nazionali. Attività La REPC svolge una serie di attività, tra cui: — la promozione di buone pratiche, attraverso un database che contiene esempi di iniziative e progetti di prevenzione della criminalità (che vanno dalla prevenzione del crimine violento alla criminalità informatica); — l’organizzazione della conferenza sulle migliori prassi, un evento annuale rivolto ai politici, ai professionisti e ai ricercatori per la condivisione di esperienze e buone prassi in materia di prevenzione della criminalità e di sicurezza nei paesi dell’UE; — la presentazione del premio europeo per la prevenzione della criminalità , volto a premiare il miglior progetto europeo di prevenzione della criminalità. Il concorso è aperto a qualsiasi progetto, iniziativa o pacchetto di misure volto a ridurre la criminalità e la paura del crimine nel quadro del tema indicato; — la raccolta e la promozione di risultati e attività basati sulla ricerca per prevenire la criminalità. I«kit di strumenti» su aspetti specifici della prevenzione della criminalità hanno lo scopo di informare, sostenere e ispirare gli operatori locali e i decisori politici attraverso conoscenze pratiche proposte sotto forma di un documento di facile lettura; — creare e mantenere un archivio di studi, articoli e altri documenti in materia di prevenzione della criminalità accessibile attraverso il motore di ricerca di una biblioteca online sul sito Web della rete REPC. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE? A decorrere dal 30 novembre 2009. Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet sulla rete europea di prevenzione della criminalità . RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2009/902/GAI 30.11.2009 - GU L 321 dell’8.12.2009, pag. 44-46
1
286
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DEL CONSIGLIO del 1o dicembre 2009 che stabilisce le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull'esercizio della presidenza del Consiglio e sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio (2009/908/UE) Il CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 16, paragrafo 9, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 236, lettera b), vista la decisione del Consiglio europeo del 1o dicembre 2009 sull'esercizio della presidenza del Consiglio (1), in particolare l'articolo 2, terzo comma, e l'articolo 4, considerando quanto segue: (1) È opportuno stabilire le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull'esercizio della presidenza del Consiglio («la decisione del Consiglio europeo»). (2) Tali modalità di applicazione includono l'ordine in cui i gruppi predeterminati di tre Stati membri esercitano a turno la presidenza per periodi consecutivi di 18 mesi, tenendo conto del fatto che dal 1o gennaio 2007, conformemente al regolamento interno del Consiglio, esiste un sistema basato su programmi di 18 mesi del Consiglio concordati dalle tre presidenze in carica nel periodo interessato. (3) A norma dell'articolo 1 della decisione del Consiglio europeo, la composizione dei gruppi deve tener conto della diversità degli Stati membri e degli equilibri geografici nell'Unione. (4) La ripartizione dei compiti tra Stati membri all'interno di ciascun gruppo risulta dall'articolo 1, paragrafo 2 della decisione del Consiglio europeo. Nelle due ipotesi previste dall'articolo 2, paragrafo 1 della presente decisione, le modalità pratiche che disciplinano la collaborazione degli Stati membri in ciascun gruppo sono definite di comune accordo dagli Stati membri in questione. (5) Inoltre, le suddette modalità di applicazione dovrebbero includere norme specifiche sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri», come previsto dall'articolo 2, terzo comma della decisione del Consiglio europeo. (6) La maggior parte di detti organi preparatori dovrebbe essere presieduta da un rappresentante dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («l'alto rappresentante»), mentre gli altri organi dovrebbero continuare ad essere presieduti dalla presidenza semestrale. Nel caso in cui il presidente di tali organi sia un rappresentante dell'alto rappresentante può applicarsi un periodo transitorio. (7) Gli organi preparatori che sono presieduti secondo un sistema diverso dalla presidenza semestrale dovrebbero essere parimenti elencati nella presente decisione, come previsto dall'articolo 2, terzo comma della decisione del Consiglio europeo. (8) La presidenza degli organi preparatori non elencati nella presente decisione sarà esercitata conformemente all'articolo 2 della decisione del Consiglio europeo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'ordine in cui gli Stati membri sono chiamati ad esercitare la presidenza del Consiglio a decorrere dal 1o gennaio 2007 è stabilito nella decisione del Consiglio, del 1o gennaio 2007, relativa all'ordine dell'esercizio della presidenza del Consiglio (2). La suddivisione di tale ordine delle presidenze in gruppi di tre Stati membri, conformemente all'articolo 1, paragrafo 1 della decisione del Consiglio europeo, figura nell'allegato I della presente decisione. Articolo 2 1. Ciascun membro di un gruppo di cui all'articolo 1, secondo comma assicura a turno, per un periodo di sei mesi, la presidenza di tutte le formazioni del Consiglio, ad eccezione della formazione «Affari esteri». Gli altri membri del gruppo assistono la presidenza in tutti i suoi compiti sulla base del programma di 18 mesi del Consiglio. 2. I membri di un gruppo di cui all'articolo 1 possono decidere tra loro modalità alternative. 3. In ciascuna delle ipotesi previste ai paragrafi 1 e 2, le modalità pratiche che disciplinano la collaborazione degli Stati membri in ciascun gruppo sono definite di comune accordo dagli Stati membri in questione. Articolo 3 L'ordine in cui gli Stati membri saranno chiamati ad esercitare la presidenza a partire dal 1o luglio 2020 è deciso dal Consiglio anteriormente al 1o luglio 2017. Articolo 4 Gli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri» sono presieduti conformemente alle disposizioni stabilite nell'allegato II. Articolo 5 Gli organi preparatori del Consiglio elencati nell'allegato III sono presieduti da presidenze fisse come indicato in detto allegato. Articolo 6 La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 1o dicembre 2009. Per il Consiglio La presidente B. ASK (1) GU L 315 del 2.12.2009, pag. 50. (2) GU L 1 del 4.1.2007, pag. 11. ALLEGATO I Germania gennaio-giugno 2007 Portogallo luglio-dicembre 2007 Slovenia gennaio-giugno 2008 Francia luglio-dicembre 2008 Repubblica ceca gennaio-giugno 2009 Svezia luglio-dicembre 2009 Spagna gennaio-giugno 2010 Belgio luglio-dicembre 2010 Ungheria gennaio-giugno 2011 Polonia luglio-dicembre 2011 Danimarca gennaio-giugno 2012 Cipro luglio-dicembre 2012 Irlanda gennaio-giugno 2013 Lituania luglio-dicembre 2013 Grecia gennaio-giugno 2014 Italia luglio-dicembre 2014 Lettonia gennaio-giugno 2015 Lussemburgo luglio-dicembre 2015 Paesi Bassi gennaio-giugno 2016 Slovacchia luglio-dicembre 2016 Malta gennaio-giugno 2017 Regno Unito luglio-dicembre 2017 Estonia gennaio-giugno 2018 Bulgaria luglio-dicembre 2018 Austria gennaio-giugno 2019 Romania luglio-dicembre 2019 Finlandia gennaio-giugno 2020 ALLEGATO II PRESIDENZA DEGLI ORGANI PREPARATORI DEL CONSIGLIO «AFFARI ESTERI» (1) La presidenza degli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri» di cui alle categorie da 1 a 4 della tabella in appresso dovrebbe essere organizzata come segue: 1) Categoria 1 (organi preparatori nei settori del commercio e dello sviluppo): Gli organi preparatori sono presieduti dalla presidenza semestrale. 2) Categoria 2 (organi preparatori geografici) Gli organi preparatori sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante. 3) Categoria 3 (organi preparatori orizzontali, soprattutto PESC) Gli organi preparatori sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante, tranne per quanto riguarda i seguenti organi preparatori, che sono presieduti dalla presidenza semestrale: — Gruppo dei Consiglieri per le relazioni esterne (RELEX); — Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER); — Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP); — Gruppo «Affari consolari» (COCON); — Gruppo «Diritto internazionale pubblico» (COJUR), nonché — Gruppo «Diritto del mare» (COMAR). 4) Categoria 4 (organi preparatori connessi alla PESD) Gli organi preparatori connessi alla PESD sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante (2). L'alto rappresentante e la presidenza semestrale cooperano strettamente al fine di assicurare la coerenza dell'insieme degli organi preparatori del Consiglio «Affari generali». Per quanto riguarda le categorie 3 e 4, la presidenza semestrale continua a presiedere gli organi preparatori durante un periodo transitorio di durata non superiore a sei mesi dopo l'adozione della decisione del Consiglio relativa all'organizzazione e al funzionamento del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Per la categoria 2 il periodo transitorio ha una durata non superiore a 12 mesi. Modalità di nomina dei presidenti Laddove la decisione del Consiglio europeo o la presente decisione indichino che un organo preparatorio (CPS e gruppi pertinenti) è presieduto da un rappresentante dell'alto rappresentante, la responsabilità della nomina del presidente spetta all'alto rappresentante. Si procede alle nomine sulla base della competenza, assicurando opportunamente equilibrio geografico e trasparenza. L'alto rappresentante si accerta che la persona che intende nominare presidente goda della fiducia degli Stati membri. Se la persona in questione non è ancora membro del SEAE, lo diventa secondo le procedure di assunzione del SEAE, quantomeno per la durata dell'incarico. Una valutazione del funzionamento del presente dispositivo è effettuata nell'ambito della relazione sulla situazione concernente il SEAE, prevista per il 2012. 1. Organi preparatori nei settori del commercio e dello sviluppo Comitato dell'articolo 207 Gruppo ACP Gruppo «Cooperazione allo sviluppo» (DEVGEN) Gruppo EFTA Gruppo «Beni a duplice uso» Gruppo «Questioni commerciali» Gruppo «Prodotti di base» Gruppo «Sistema di preferenze generalizzate» Gruppo «Preparazione delle conferenze internazionali sullo sviluppo»/UNCCD-desertificazione/UNCTAD Gruppo «Aiuto umanitario e alimentare» Gruppo «Crediti all'esportazione» 2. Organi preparatori geografici Gruppo «Mashreq/Maghreb» (COMAG /MaMa ) Gruppo «Europa orientale e Asia centrale» (COEST) Gruppo «Regione dei Balcani occidentali» (COWEB) Gruppo «Medio Oriente /Golfo» (COMEM/MOG) Gruppo «Asia/Oceania» (COASI) Gruppo «America latina» (COLAT) Gruppo «Relazioni transatlantiche» (COTRA) Gruppo «Africa» (COAFR) 3. Organi preparatori orizzontali (soprattutto PESC) Gruppo dei Consiglieri per le relazioni esterne (RELEX) Gruppo Nicolaidis Gruppo «Disarmo globale e controllo degli armamenti» (CODUN) Gruppo «Non proliferazione» (CONOP) Gruppo «Esportazione di armi convenzionali» (COARM) Gruppo «Diritti umani» (COHOM) Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER) (3) Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP) (3); Gruppo «OSCE e Consiglio d'Europa» (COSCE) Gruppo «Nazioni Unite» (CONUN) Gruppo ad hoc «Processo di pace in Medio Oriente» (COMEP) Gruppo «Diritto internazionale pubblico» (COJUR, COJUR-ICC) Gruppo «Diritto del mare» (COMAR) Gruppo «Affari consolari» (COCON) Gruppo «Affari amministrativi e protocollo PESC» (COADM) 4. Organi preparatori connessi alla PESD Comitato militare (EUMC) Gruppo del Comitato militare (EUMCWG) Gruppo politico-militare (PMG) Comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (CIVCOM) Gruppo «Politica europea degli armamenti» (1) Un riesame dell'ambito di azione e dell'organizzazione delle strutture di lavoro nel settore degli affari esteri dovrebbe essere condotto in tempi brevi dopo il 1o dicembre 2009, in particolare per quanto riguarda il settore dello sviluppo. Le disposizioni concernenti la presidenza dei gruppi di lavoro a seguito del riesame dovrebbero, se necessario, essere adeguate conformemente ai principi generali esposti nel presente allegato. (2) Il Comitato militare (EUMC) e il Gruppo del Comitato militare (EUMCWG) continuano ad essere presieduti da un presidente eletto come avveniva prima dell'entrata in vigore della presente decisione. (3) La questione del Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER) e del Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP) sarà trattata anche nel contesto dei dibattiti sulle strutture di lavoro del settore GAI. ALLEGATO III PRESIDENTI DEGLI ORGANI PREPARATORI DEL CONSIGLIO CON PRESIDENZA FISSA Presidenti eletti Comitato economico e finanziario Comitato per l'occupazione Comitato per la protezione sociale Comitato militare (1) Comitato di politica economica Comitato per i servizi finanziari Gruppo del Comitato militare (1) Gruppo «Codice di condotta (Tassazione delle imprese)» Presieduti dal Segretariato generale del Consiglio Comitato per la sicurezza Gruppo «Informazione» Gruppo «Informatica giuridica» Gruppo «Comunicazioni elettroniche» Gruppo «Codificazione legislativa» Gruppo dei giuristi-linguisti Gruppo «Nuovi edifici» (1) Cfr. anche l'allegato II. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Politica estera e di sicurezza — Il ruolo del Consiglio e del Consiglio europeo QUAL È LO SCOPO DEGLI ARTICOLI E DELLE DECISIONI? Gli articoli del trattato definiscono i ruoli del Consiglio europeo e del Consiglio dell’Unione europea (il Consiglio) nella politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Unione europea (Unione), che comprende la politica di sicurezza e di difesa comune. Le decisioni forniscono le basi giuridiche per l’istituzione di alcuni dei principali comitati e organi preparatori del Consiglio che si occupano di politica estera e di sicurezza e stabiliscono come questi sono presieduti. PUNTI CHIAVE I ruoli del Consiglio europeo e del Consiglio nell’ambito della PESC sono definiti dall’articolo 26:Il Consiglio europeo definisce gli orientamenti politici generali e stabilisce le priorità; Il Consiglio definisce e attua quelle priorità.Consiglio europeoL’articolo 26 stabilisce che il Consiglio europeoindividui gli interessi strategici dell’Unione;fissi gli obiettivi e definisca gli orientamenti generali della PESC, ivi comprese le questioni che hanno implicazioni in materia di difesa;adotti le decisioni necessarie e pertinenti. Tali orientamenti e obiettivi si basano sui principi dell’azione esterna dell’Unione e sui suoi obiettivi, definiti dall’articolo 21, che comprendono:salvaguardare i valori dell’Unione, i suoi interessi fondamentali, la sua sicurezza, la sua indipendenza e la sua integrità;Consolidare e sostenere la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani;preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale;promuovere un sistema internazionale basato sulla cooperazione multilaterale rafforzata e il buon governo mondiale. Gli interessi e i principi fondamentali dell’Unione sono attualmente definiti nella strategia globale dell’Unione per la politica estera e di sicurezza comune. Il presidente del Consiglio europeo rappresenta l’Unione a livello internazionale nelle questioni relative alla PESC a livello dei capi di stato e/o di governo, senza alcun effetto sui poteri dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. L’alto rappresentante prende parte ai lavori del Consiglio europeo.ConsiglioQuando stabilisce e attua gli orientamenti del Consiglio europeo, il Consiglio deve garantire che l’azione dell’Unione sia unita, coerente ed efficace. Il Consiglio «Affari esteri» è presieduto dall’alto rappresentante. Il lavoro del Consiglio «Affari esteri» è supportato da una serie di comitati e di organi preparatori, tra i quali:Il Comitato politico e di sicurezza;Il Comitato militareIl Comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (noto come CIVCOM);Gruppi di lavoro PESC Il servizio europeo per l’azione esterna, creato con la decisione 2010/427/UE del Consiglio in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona (si veda la sintesi), assiste il Consiglio nell’attuazione della PESC. DA QUANDO SI APPLICANO GLI ARTICOLI E LE DECISIONI? Gli articoli vengono applicati dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009. La decisione 2001/78/PESC si applica dal 22 gennaio 2001. La decisione 2001/79/PESC si applica dall’ 11 giugno 2001. La decisione 2000/354/PESC si applica dal 22 maggio 2000. La decisione 2009/908/UE si applica dal 1o dicembre 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Consiglio dell’Unione Consiglio europeo DOCUMENTI PRINCIPALI Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo III — Disposizioni relative alle istituzioni Articolo 15 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 23). Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 1 — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione — Articolo 21 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 28). Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Sezione 1 — Disposizioni comuni — articolo 26 (ex articolo 13 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 31). Decisione 2001/78/PESC del Consiglio, del 22 gennaio 2001 che istituisce il comitato politico e di sicurezza (GU L 27 del 30.1.2001, pag. 1). Decisione 2001/79/PESC del Consiglio, del 22 gennaio 2001, che istituisce il comitato militare dell’Unione europea (GU L 27 del 30.1.2001, pag. 4). Decisione 2000/354/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2000, che istituisce un comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (GU L 127 del 27.5.2000, pag. 1). Decisione 2009/908/UE del Consiglio, del 1° dicembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull’esercizio della presidenza del Consiglio e sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio (GU L 322 del 9.12.2009, pag. 28). Le successive modifiche alla decisione 2009/908/UE sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l’azione esterna (GU L 201 del 3.8.2010, pag. 30).
0
136
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2001/113/CE DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2001 relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all'alimentazione umana IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando quanto segue: (1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto unicamente dei requisiti fondamentali cui devono rispondere i prodotti disciplinati da tali direttive, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni elaborate dal Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993. (2) La direttiva 79/693/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1979, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti le confetture, gelatine e marmellate di frutta nonché la crema di marroni (4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti detti prodotti potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune. (3) Con detta direttiva si è mirato quindi a fissare definizioni e norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità. (4) La direttiva 79/693/CEE dovrebbe essere adeguata alla legislazione comunitaria generale applicabile a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella relativa all'etichettatura, ai coloranti, agli edulcoranti e agli altri additivi autorizzati e, per motivi di chiarezza, dovrebbe essere rifusa in un nuovo testo al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di produzione e di immissione in commercio delle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni. (5) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), dovrebbero applicarsi fatte salve alcune condizioni. (6) Onde tener conto delle diverse tradizioni nazionali esistenti nella fabbricazione delle confetture, gelatine e marmellate, nonché della crema di marroni, è opportuno mantenere le disposizioni nazionali esistenti che autorizzano l'immissione in commercio dei prodotti che presentano un tenore ridotto di zucchero. (7) Secondo i principi di sussidiari età e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo. (8) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (9) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell'allegato I. Essa non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. Articolo 2 La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, alle condizioni in appresso: 1) Le denominazioni di vendita previste dall'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli. Tuttavia le denominazioni di cui all'allegato I possono essere utilizzate a titolo complementare e conformemente agli usi per designare altri prodotti che non possono essere confusi con i prodotti definiti nell'allegato I. 2) La denominazione di vendita è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l'indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura «frutti misti», da un'indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. 3) L'etichettatura indica il contenuto di frutta mediante la dicitura «… grammi di frutta per 100 grammi» di prodotto finito, se del caso previa detrazione del peso dell'acqua utilizzata per la preparazione degli estratti acquosi. 4) L'etichettatura indica il tenore totale di zuccheri mediante la dicitura «zuccheri … grammi per 100 grammi»; la cifra indicata rappresenta il valore rifratto metrico del prodotto finito, determinato a 20 °C, con una tolleranza di ± 3 gradi rifratto metrici. Tuttavia, tale indicazione non deve essere riportata allorché un'informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell'etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE (7). 5) Le indicazioni di cui al punto 3 e al punto 4, primo comma, figurano, a caratteri chiaramente leggibili, nello stesso campo visivo della denominazione di vendita. 6) Allorché il tenore residuo di anidride solforosa è superiore a 10 mg/kg, la sua presenza deve essere menzionata nell'elenco degli ingredienti in deroga all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2000/13/CE. Articolo 3 Per i prodotti di cui all'allegato I, gli Stati membri si astengono dall'adottare disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva. Articolo 4 Fatte salve la direttiva 89/107/CEE (8) o le disposizioni adottate ai fini della sua attuazione, per la fabbricazione dei prodotti definiti nell'allegato I possono essere utilizzati soltanto gli ingredienti di cui all'allegato II e le materie prime conformi all'allegato III. Articolo 5 Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2: — gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari, — gli adeguamenti al progresso tecnico. Articolo 6 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in seguito denominato «il comitato») istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE (9). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 7 La direttiva 79/693/CEE è abrogata a decorrere dal 12 luglio 2003. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 8 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 12 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni sono applicate in modo da: — autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti definiti nell'allegato I se rispondono alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003, — vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2004. Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, ma etichettati anteriormente al 12 luglio 2004 in conformità della direttiva 79/693/CEE, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento al momento della loro pubblicazione ufficiale. La procedura da seguire per il riferimento è adottata dagli Stati membri. Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001. Per il Consiglio Il Presidente C. PICQUÉ (1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 27. (2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95. (3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20. (4) GU L 205 del 13.8.1979, pag. 5. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 88/593/CEE (GU L 318 del 25.11.1988, pag. 44). (5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40. (8) GU L 40 dell'11.12.1989, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 94/34/CE (GU L 237 del 10.9.1994, pag. 1). (9) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9. ALLEGATO I DENOMINAZIONI E DEFINIZIONI DEI PRODOTTI I. DEFINIZIONI — La «confettura» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri, polpa e/o purea di una o più specie di frutta e acqua. Per gli agrumi, tuttavia, la confettura può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. La quantità di polpa e/o purea utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 350 g in generale, — 250 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 150 g per lo zenzero, — 160 g per il pomo di acagiù, — 60 g per il frutto di granadiglia. — La «confettura extra» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri e di polpa non concentrata di una o più specie di frutta e acqua. Tuttavia, la confettura extra di cinorrodi e la confettura extra senza semi di lamponi, more, ribes neri, mirtilli e ribes rossi può essere ottenuta parzialmente o totalmente dalla purea non concentrata di queste specie di frutta. Per gli agrumi, la confettura extra può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere impiegati per la produzione di confetture extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. La quantità di polpa utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 450 g in generale, — 350 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 250 g per lo zenzero, — 230 g per il pomo di acagiù, — 80 g per il frutto di granadiglia. — La «gelatina» è la mescolanza, sufficientemente gelificata, di zuccheri e del succo e/o estratto acquoso di una o più specie di frutta. La quantità di succo e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. — Tuttavia, nel caso della «gelatina extra», la quantità di succo di frutta e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura extra. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere utilizzati per la produzione della gelatina extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. — La «marmellata» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di acqua, zuccheri e di uno o più dei seguenti prodotti, ottenuti a partire da agrumi: polpa, purea, succo, estratti acquosi e scorze. La quantità di agrumi impiegata nella fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a 200 g, di cui almeno 75 g ottenuti dall'endocarpo. — La denominazione «marmellata-gelatina» designa il prodotto esente totalmente da sostanze insolubili, salvo eventualmente esigue quantità di scorza finemente tagliata. — La «crema di marroni» è la mescolanza, portata alla consistenza appropriata, di acqua, zuccheri e non meno di 380 g di purea di marroni (di Castanea Sativa) per 1 000 g di prodotto finito. II. I prodotti definiti nella parte I devono presentare un tenore di sostanza secca solubile, determinata al rifrattometro, uguale o superiore al 60 %, eccettuati i prodotti nei quali gli zuccheri sono stati totalmente o parzialmente sostituiti da edulcoranti. Fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE, gli Stati membri possono, tuttavia, autorizzare, per tener conto di taluni casi particolari, le denominazioni riservate per i prodotti definiti nella parte I, che presentano un tenore di sostanza secca solubile inferiore al 60 %. III. In caso di mescolanza, i tenori minimi fissati nella parte I, per le diverse specie di frutta sono ridotti in proporzione alle percentuali impiegate. ALLEGATO II Ai prodotti definiti nell'allegato I possono essere addizionati i seguente ingredienti: — miele, come definito nella direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa al miele (1): in tutti i prodotti in cui sostituisce totalmente o parzialmente gli zuccheri, — succo di frutta: solo nella confettura, — succo di agrumi: nei prodotti ottenuti da altri frutti: solo nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — succo di piccoli frutti rossi: solo nella confettura e confettura extra prodotte con cinorrodi, fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi, prugne e rabarbaro, — succo di barbabietole rosse: solo nella confettura e gelatina prodotte con fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi e prugne, — oli essenziali di agrumi: solo nelle marmellate e nelle marmellate-gelatine, — oli e grassi commestibili in quanto agenti antischiumogeni: in tutti i prodotti, — pectina liquida: in tutti i prodotti, — scorze di agrumi: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — foglie di Pelargonium odoratissimum: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, quando sono ottenute da cotogne, — sostanze alcoliche, vino e vino liquoroso, noci, erbe aromatiche, spezie, vaniglia ed estratti di vaniglia: in tutti i prodotti, — vanillina: in tutti i prodotti. (1) Vedi pagina 47 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO III A. DEFINIZIONI Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni. 1) Frutto: — freschi, sani, esenti da qualsiasi alterazione, non privati di alcuno dei suoi componenti essenziali, giunti al grado di maturazione adeguato, dopo pulitura, mondatura e spuntatura, — sono equiparati alla frutta, ai fini della presente direttiva, i pomodori, le parti commestibili dei fusti del rabarbaro, le carote, le patate dolci, i cetrioli, le zucche, i meloni e le angurie, — il termine «zenzero» designa le radici commestibili dello zenzero, conservate o fresche. Lo zenzero può essere essiccato o conservato nello sciroppo. 2) Polpa (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, eventualmente sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile può essere tagliata in pezzi o schiacciata, ma non ridotta in purea. 3) Purea (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, se necessario sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile è ridotta in purea mediante setacciatura o altro procedimento simile. 4) Estratto acquoso (di frutta): si intende l'estratto acquoso di frutta che, fatte salve le perdite inevitabili dovute alle buone pratiche di fabbricazione, contiene tutti i costituenti solubili nell'acqua della frutta utilizzata. 5) Zuccheri Sono autorizzati: 1) gli zuccheri definiti nella direttiva 2001/111/CE (1); 2) lo sciroppo di fruttosio; 3) gli zuccheri estratti dalla frutta; 4) lo zucchero bruno. B. TRATTAMENTO DELLE MATERIE PRIME 1. I prodotti definiti nella parte A, punti da 1 a 4, possono subire i trattamenti seguenti: — trattamenti mediante il calore o il freddo, — liofilizzazione, — concentrazione, sempreché vi si prestino tecnicamente, — eccettuate le materie prime utilizzate per la fabbricazione di prodotti «extra»: uso di anidride solforosa (E 220) o di sali (E 221, E 222, E 223, E 224, E 226 e E 227) come ausilio per la fabbricazione, purché il tenore massimo di anidride solforosa fissato nella direttiva 95/2/CE non sia superato nei prodotti definiti nell'allegato I, parte I (Definizioni). 2. Le albicocche e le prugne destinate alla fabbricazione di confettura possono anche subire trattamenti di disidratazione diversi dalla liofilizzazione. 3. Le scorze di agrumi possono essere conservate in salamoia. (1) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Marmellate e confetture La composizione e l’etichettatura delle confetture e della crema di marroni sono soggette a norme specifiche per quanto concerne il contenuto di frutta e zucchero, il tenore residuo di anidride solforosa e altri additivi. ATTO Direttiva 2001/113/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all’alimentazione umana [Cfr. atti modificativi]. SINTESI La presente direttiva si applica alla confettura, alla confettura extra, alla gelatina, alla gelatina extra, alla marmellata, alla marmellata-gelatina e alla crema di marroni. La direttiva non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. I prodotti in questione sono definiti in base alla loro composizione per favorire un utilizzo commerciale corretto e non ingannevole delle loro denominazioni. La denominazione è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati, in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l’indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura frutti misti, da un’indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. Inoltre, l’etichettatura delle confetture, delle gelatine, delle marmellate e della crema di marroni deve riportare: il tenore di frutta per 100 grammi di prodotto; il tenore totale di zucchero allorché nessuna informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell’etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE; il tenore residuo di anidride solforosa se è superiore a 10 mg/kg. L’allegato II della direttiva stabilisce una lista degli additivi autorizzati come il miele, lo zucchero, i succhi di frutta e alcune sostanze alcoliche. Gli Stati membri non possono ostacolare la commercializzazione dei prodotti conformi alle disposizioni della presente direttiva. Contesto La presente direttiva rientra in un quadro di semplificazione di alcune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari. Essa tiene conto della direttiva sull’etichettatura e pubblicità dei prodotti alimentari. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/113/CE 12.1.2002 11.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002 Atto(i) modificatore(i) Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2004/84/CE 12.7.2004 - GU L 219 del 19.6.2004 Regolamento (CE) n. 1182/2007 6.11.2007 - GU L 273 del 17.10.2007 Le modifiche e correzioni successive della direttiva 2001/113/CE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
1
574
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 19 febbraio 2013 relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari (2013/99/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l’articolo 53, considerando quanto segue: (1) L’articolo 53 del regolamento (CE) n. 882/2004 autorizza la Commissione a raccomandare piani coordinati, se ritenuto necessario, organizzati ad hoc in particolare al fine di stabilire la prevalenza di rischi potenziali associati a mangimi, alimenti o animali. (2) La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (2) stabilisce regole dell’Unione in materia di etichettatura dei prodotti alimentari applicabili a tutti gli alimenti. (3) A norma della direttiva 2000/13/CE l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore il consumatore, in particolare per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare, compresa la sua reale natura e la sua identità. Inoltre, in mancanza di norme specifiche nazionali o dell’Unione, la denominazione di vendita del prodotto è costituita dal nome sancito dagli usi dello Stato membro in cui si effettua la vendita, o da una descrizione del prodotto alimentare che sia sufficientemente precisa da consentire all’acquirente di conoscerne l’effettiva natura. (4) Inoltre, sull’etichetta dei prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività devono essere indicati tutti gli ingredienti. In particolare, i prodotti alimentari contenenti carne come ingrediente, se destinati al consumatore finale o alle collettività, devono inoltre indicare le specie animali da cui tale carne proviene direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. Se nella denominazione del prodotto alimentare è citato un ingrediente, la sua quantità espressa in percentuale deve figurare anche nell’elenco degli ingredienti per evitare che il consumatore sia indotto in errore per quanto riguarda l’identità e la composizione del prodotto. (5) Il regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (3), stabilisce ulteriori requisiti di etichettatura applicabili a prodotti alimentari specifici. In particolare, esso prevede che gli imballaggi destinati al consumatore finale contenenti carni macinate, tra l’altro, di solipedi debbano recare un avvertimento indicante che tali prodotti devono essere cotti prima del consumo, sempre che e nella misura in cui lo richiedano le disposizioni nazionali dello Stato membro nel cui territorio il prodotto è commercializzato. (6) L’allegato II, sezione III, del regolamento (CE) n. 853/2004 stabilisce che gli operatori del settore alimentare che gestiscono i macelli devono richiedere, ricevere e controllare le informazioni sulla catena alimentare, nonché intervenire di conseguenza, per tutti gli animali diversi dalla selvaggina selvatica, avviati o destinati ad essere avviati al macello. Le pertinenti informazioni sulla catena alimentare riguardano, in particolare, i medicinali veterinari somministrati agli animali nell’arco di un determinato periodo e con un tempo di sospensione superiore a zero giorni, come pure le date delle somministrazioni e i tempi di sospensione. Il regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (4) stabilisce, tra l’altro, che il veterinario ufficiale svolga compiti ispettivi e di audit. In particolare, il veterinario ufficiale controlla ed analizza le informazioni pertinenti tratte dai registri tenuti presso l’azienda di provenienza degli animali destinati alla macellazione, comprese le informazioni sulla catena alimentare, e tiene conto dei risultati documentati di tali controlli ed analisi nell’effettuare le ispezioni ante e post mortem. (7) A seguito di controlli ufficiali eseguiti dal dicembre 2012 in diversi Stati membri, la Commissione è venuta a conoscenza del fatto che alcuni prodotti in imballaggio preconfezionato contenevano carni equine, non dichiarate nell’elenco degli ingredienti riportato direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. La denominazione di alcuni di questi prodotti alimentari e/o il relativo elenco di ingredienti menzionavano invece in modo fuorviante solo la presenza di carni bovine. (8) A norma dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (5), spetta agli operatori del settore alimentare garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte. (9) Il cavallo è una specie animale la cui carne può essere utilizzata o no per la produzione alimentare. Il fenilbutazone è un medicinale veterinario il cui uso è consentito solo negli animali non destinati alla produzione alimentare, a norma del regolamento (UE) n. 37/2010 della Commissione, del 22 dicembre 2009, concernente le sostanze farmacologicamente attive e la loro classificazione per quanto riguarda i limiti massimi di residui negli alimenti di origine animale (6). Di conseguenza, i cavalli non destinati alla produzione alimentare, che sono stati trattati con fenilbutazone ad un certo punto della loro vita, non possono entrare nella catena alimentare. Tenuto conto delle pratiche fraudolente relative alle presenza non indicata di carni equine in determinati prodotti alimentari, è opportuno, a fini preventivi, verificare se siano entrati nella catena alimentare cavalli non destinati alla produzione alimentare che sono stati trattati con fenilibutazone. (10) È pertanto necessario che la Commissione raccomandi agli Stati membri di attuare un piano coordinato di controllo al fine di stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari per un periodo di un mese. La durata di tale periodo può essere prorogata di altri due mesi. (11) Il piano di controllo raccomandato dovrebbe comportare due azioni. (12) La prima azione dovrebbe comprendere opportuni controlli, effettuati a livello della vendita al dettaglio, sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine. Questi controlli potrebbero anche essere estesi ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). L’obiettivo di tali controlli è stabilire se questi prodotti contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività. Tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo. (13) Esistono metodi affidabili che consentono di rilevare con sufficiente accuratezza la presenza di proteine di specie non dichiarate in un campione. Il laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi può fornire utili indicazioni su tali metodi e sul loro uso. Le autorità competenti vanno invitate a basarsi sui pareri di tale laboratorio per quanto riguarda i metodi che possono essere utilizzati. (14) La seconda azione dovrebbe comprendere opportuni controlli effettuati negli stabilimenti che trattano carni equine destinate al consumo umano, compresi prodotti alimentari provenienti da paesi terzi, allo scopo di rilevare eventuali residui di fenilbutazone. Anche tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo, tenendo conto dei dati relativi alla produzione e alle importazioni. In questo caso è opportuno fare riferimento ai metodi previsti nella decisione 2002/657/CE della Commissione, del 12 agosto 2002, che attua la direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all’interpretazione dei risultati (7). (15) Gli Stati membri dovrebbero comunicare regolarmente i risultati di questi controlli alla Commissione, al fine di valutare i risultati e di decidere in merito agli interventi più appropriati. (16) Sentito il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: È opportuno che gli Stati membri applichino un piano coordinato di controllo, conformemente alle disposizioni dell’allegato della presente raccomandazione, comprendente le seguenti azioni: a) controlli ufficiali sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine; nonché b) controlli ufficiali su carni equine destinate al consumo umano al fine di rilevare la presenza di residui di fenilbutazone. Fatto a Bruxelles, il 19 febbraio 2013 Per la Commissione Tonio BORG Membro della Commissione (1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. (2) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. (3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 55. (4) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 206. (5) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. (6) GU L 15 del 20.1.2010, pag. 1. (7) GU L 221 del 17.8.2002, pag. 8. ALLEGATO Piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari I. AZIONI E CAMPO DI APPLICAZIONE DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO Il piano coordinato di controllo comporta due azioni: AZIONE 1: Controlli dei prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine A. Prodotti interessati 1. Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine (ad esempio, carni macinate, prodotti a base di carne, preparazioni di carni) che rientrano nelle seguenti categorie: a) prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività, etichettati come contenenti carni bovine; b) prodotti alimentari messi in vendita al consumatore finale o alle collettività senza imballaggio preconfezionato e prodotti alimentari imballati nel punto vendita su richiesta del consumatore o preconfezionati per la vendita diretta, commercializzati e/o altrimenti presentati come contenenti carni bovine. 2. Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applica la definizione di «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato» di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13/CE. 3. Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applicano le definizioni di «carni macinate», «preparazioni di carni» e «prodotti a base di carne» di cui ai punti 1.13, 1.15 e 7.1 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 853/2004. B. Obiettivo Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per stabilire se i prodotti di cui al punto A contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività, conformemente alle disposizioni dell’Unione e, se del caso, alle disposizioni nazionali. C. Punti e procedura di campionamento 1. Il campione deve essere rappresentativo dei prodotti interessati e coprire una serie di prodotti diversi. 2. Il campionamento dei prodotti è realizzato a livello della vendita al dettaglio (ad esempio, supermercati, piccoli negozi, macellai) e può essere esteso anche ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). D. Numero di campioni e modalità di campionamento La tabella che segue fornisce una panoramica del numero minimo indicativo raccomandato di campioni da raccogliere nel periodo stabilito nella sezione II. Le autorità competenti sono invitate a raccogliere, se possibile, un numero maggiore di campioni. La distribuzione dei campioni per Stato membro si basa sul numero di abitanti, con un numero minimo di 10 campioni dei prodotti interessati per Stato membro e per mese di calendario, come indicato nella sezione II. Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine Paese di vendita Numero indicativo mensile raccomandato di campioni Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia 150 Romania, Paesi Bassi, Belgio, Grecia, Portogallo, Repubblica ceca, Ungheria, Svezia, Austria, Bulgaria 100 Lituania, Slovacchia, Danimarca, Irlanda, Finlandia, Lettonia 50 Slovenia, Estonia, Cipro, Lussemburgo, Malta 10 E. Metodi Le autorità competenti utilizzano preferibilmente il/i metodo/i raccomandato/i dal laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi, al seguente indirizzo: http://eurl.craw.eu/en/164/legal-sources-and-sops. AZIONE 2: Controlli delle carni equine destinate al consumo umano A. Prodotti interessati Carni di animali delle specie equina, asinina o mulesca, fresche, refrigerate o congelate, classificate con il codice della nomenclatura combinata 0205 e destinate al consumo umano. B. Obiettivo Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per rilevare l’eventuale presenza di residui di fenilbutazone nei prodotti di cui al punto A. C. Punti e procedura di campionamento Il campionamento dei prodotti è realizzato negli stabilimenti che trattano i prodotti di cui al punto A (ad esempio, macelli, posti d’ispezione frontalieri). D. Numero di campioni e modalità di campionamento Il numero minimo raccomandato di campioni da prelevare nel periodo stabilito nella sezione II è fissato a 1 campione ogni 50 tonnellate di prodotti di cui al punto A, con un minimo di 5 campioni per Stato membro. E. Metodi Le autorità competenti utilizzano metodi convalidati a norma della decisione 2002/657/CE. Tali metodi sono consultabili sul sito web del laboratorio europeo di riferimento per i residui di medicinali veterinari e i contaminanti negli alimenti di origine animale per i residui elencati nell’allegato I, categoria A, punto 5) e categoria B, punto 2), lettere a), b) ed e), della direttiva 96/23/CE del Consiglio (1), al seguente indirizzo: http://fis-vl.bund.de/Public/irc/fis-vl/Home/main. II. DURATA DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO Il piano coordinato di controllo è attuato per un periodo di un mese a decorrere dalla data di adozione della presente raccomandazione o al più tardi dal 1o marzo 2013. III. COMUNICAZIONE DEI RISULTATI 1. Le autorità competenti forniscono una sintesi delle seguenti informazioni per ciascuna delle azioni di cui alla sezione I del presente allegato: a) numero di campioni raccolti, per categoria di prodotti; b) metodo o metodi utilizzati per l’analisi e tipo di analisi effettuate; c) numero di risultati positivi; d) controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 1, se il contenuto rilevato di carni equine supera l’1 %; e) controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2; f) risultati dei controlli di follow-up; g) per i risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2, il paese in cui l’animale in questione è stato certificato da macello. Tale relazione è trasmessa alla Commissione entro 15 giorni dalla fine del periodo di un mese di cui alla sezione II. La relazione è presentata secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione. 2. Le autorità competenti comunicano immediatamente alla Commissione eventuali risultati positivi dei controlli ufficiali effettuati in relazione alle azioni 1 e 2 di cui alla sezione I tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi. 3. Le autorità competenti riferiscono altresì alla Commissione i risultati di eventuali controlli effettuati dagli operatori del settore alimentare su richiesta delle autorità stesse. Tali informazioni sono corredate dei dati di cui al punto 1 e presentate secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione. (1) GU L 125 del 23.5.1996, pag. 10. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Lotta alle frodi nella commercializzazione dei prodotti alimentari - Ricostruire la fiducia dei consumatori In caso di sospetto di frode nel campo dell'alimentazione umana e animale, la Commissione ha il potere di raccomandare piani coordinati a livello dell'UE, per stabilire la prevalenza di pericoli e rischi nei mangimi, nei prodotti alimentari o negli animali. ATTO Raccomandazione della Commissione, del 19 febbraio 2013, relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari (2013/99/UE). SINTESI Ai primi del 2013, i controlli ufficiali in svariati Stati membri hanno rivelato che alcuni prodotti preconfezionati, come gli hamburger, contenevano carne di cavallo, non dichiarata nell'elenco degli ingredienti apposto direttamente sulla confezione o sull'etichettatura della stessa. L'etichettatura di questi prodotti alimentari alludeva in modo ingannevole soltanto alla presenza di manzo, ingrediente con un prezzo considerevolmente superiore a quello della carne di cavallo. La carne di cavallo è di per sé un ingrediente legittimo se proviene da cavalli per la produzione alimentare - macellati in impianti autorizzati - e se passa i necessari controlli veterinari. La problematica si era ulteriormente complicata per il fatto che fosse consentito l'uso del fenilbutazone, medicinale veterinario, nel caso dei cavalli non destinati alla produzione alimentare. Si temeva che nella catena alimentare umana fosse penetrata carne di cavallo proveniente da questi animali. Tali circostanze hanno portato a una stretta collaborazione fra le autorità europee (Commissione e Autorità europea per la sicurezza alimentare) e gli enti competenti degli Stati membri, con l'aiuto di Europol, per indagare sulla portata del problema, elaborare un piano per fronteggiarlo e ripristinare la fiducia dei consumatori negli alimenti acquistati. È stato stilato dalla Commissione un piano di controllo coordinato di portata europea, per stabilire la prevalenza delle pratiche fraudolente; le autorità nazionali dovevano compiere 2 interventi: controlli sui prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti manzo, per verificare se contenessero carne di cavallo; controlli sulla carne di cavallo destinata al consumo umano, per rilevare l'eventuale presenza di residui di fenilbutazone. Tutti gli esiti positivi andavano immediatamente notificati alla Commissione ed erano ritrasmessi in tutta l'Unione europea attraverso il sistema di allerta rapido per gli alimenti ed i mangimi (RASFF). Quest'azione coordinata a livello dell'UE ha prodotto risultati celeri, con l'individuazione dei soggetti coinvolti nella catena di produzione alimentare e un richiamo dei prodotti individuati. Fra gli altri interventi compiuti rientrano: la costituzione di un gruppo d'azione UE sulle frodi alimentari in seno all'unità della Commissione responsabile della salute e dei consumatori (DG Salute e consumatori); l'adozione da parte della Commissione, a maggio 2013, di un pacchetto di proposte atte a potenziare l'applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza all'intera filiera agroalimentare. Fra l'altro, queste proposte imporrebbero ai paesi membri di integrare del tutto i controlli antifrode nei propri piani di controllo nazionali e di garantire che il livello delle sanzioni finanziarie applicato in caso di frode sia deterrente; è stata anticipata a dicembre 2013 una relazione sulla possibilità di estendere l'etichettatura d'origine obbligatoria alla carne utilizzata come ingrediente dei prodotti alimentari preconfezionati, che la Commissione doveva preparare nel quadro di una nuova legge dell'UE in materia di informazione sui prodotti alimentari, che entrerà in vigore a dicembre 2014. La Commissione sta valutando se presentare o meno una proposta legislativa. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Raccomandazione 2013/99/UE - - GU L 48 del 21.2.2013 Proposte Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sanità animale [COM(2013)260 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante, sul materiale riproduttivo vegetale, sui prodotti fitosanitari e recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, 1829/2003, 1831/2003, 1/2005, 396/2005, 834/2007, 1099/2009, 1069/2009, 1107/2009, dei regolamenti (UE) 1151/2012 […]2013 e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE, 2008/120/CE e 2009/128/CE (regolamento sui controlli ufficiali) [COM(2013)265 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Comunicazione Comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo: Animali e piante più sani e una filiera agroalimentare più sicura - Un quadro giuridico aggiornato per un'Unione europea più competitiva [COM(2013)264 final, del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
1
239
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DEL CONSIGLIO del 27 novembre 2009 relativa all’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011) (2010/37/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 308, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il trattato istituisce la cittadinanza dell’Unione europea (UE), che costituisce un complemento della cittadinanza nazionale dei rispettivi Stati membri ed è un importante elemento per il rafforzamento e la salvaguardia del processo di integrazione europea. (2) La promozione della cittadinanza attiva costituisce un elemento fondamentale per rafforzare la coesione e lo sviluppo della democrazia. (3) L’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva contribuirà a mettere in evidenza che il volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo armonioso delle società europee. (4) Le attività di volontariato costituiscono una ricca esperienza di apprendimento, permettono lo sviluppo di capacità e competenze sociali e contribuiscono alla solidarietà. L’attività svolta da volontari di ogni età è determinante ai fini dello sviluppo della democrazia, uno dei principi fondatori dell’UE. Le attività di volontariato hanno il potenziale per contribuire al benessere delle persone e allo sviluppo armonioso delle società europee. (5) Tenuto conto della situazione specifica di ciascuno Stato membro e di tutte le forme di volontariato, i termini «attività di volontariato» si riferiscono a tutti i tipi di attività di volontariato, formali, non formali o informali, intraprese in base alla libera volontà, scelta e motivazione di una persona e senza scopo di lucro. Esse arrecano beneficio al singolo volontario, alle comunità e alla società nel suo insieme. Sono inoltre un mezzo con cui le persone e le associazioni rispondono alle necessità e alle preoccupazioni di carattere umano, sociale, intergenerazionale o ambientale e sono spesso realizzate a sostegno di un’iniziativa di un’organizzazione senza scopo di lucro o basata sulla comunità. Le attività di volontariato non si sostituiscono a possibilità professionali o occupazionali remunerate ma aggiungono valore alla società. (6) Nelle società in rapida evoluzione è necessario garantire la presenza di misure efficaci di sostegno alle attività di volontariato per permettere ad un maggior numero di persone di parteciparvi. È dunque importante sostenere l’apprendimento fra pari e lo scambio e lo sviluppo di buone pratiche a livello locale, regionale, nazionale e comunitario. (7) La conferenza intergovernativa del 1997 ha adottato la dichiarazione 38 sul volontariato, allegata all’atto finale del trattato di Amsterdam; in essa viene riconosciuto l’importante contributo delle attività di volontariato allo sviluppo della solidarietà sociale. (8) Nella comunicazione del giugno 1997 sulla promozione del ruolo delle associazioni e delle fondazioni in Europa, la Commissione ne ha sottolineato i tre aspetti seguenti: l’aspetto economico (creazione di posti di lavoro), l’aspetto sociale (partecipazione alla definizione delle politiche sociali e, quindi, contributo al progresso sociale) e l’aspetto politico (rafforzamento della democrazia, della cittadinanza e della partecipazione civica). (9) Nelle risoluzioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 27 giugno 2002 e del 16 novembre 2007 e nella raccomandazione del 20 novembre 2008, il Consiglio e gli Stati membri hanno individuato nelle attività di volontariato un elemento fondamentale nel settore della gioventù e hanno concordato per le attività di volontariato dei giovani obiettivi comuni e convenuto sulla mobilità dei giovani nell’UE. (10) Nel parere del 13 dicembre 2006, «Le attività di volontariato, il loro ruolo nella società europea e il loro impatto» (2), il Comitato economico e sociale europeo ha invitato la Commissione a proclamare un Anno del volontariato e a pubblicare al più presto un Libro bianco sulle attività di volontariato e sulla cittadinanza attiva in Europa. (11) Nel marzo 2008 il Parlamento europeo ha adottato una «relazione sul contributo delle attività di volontariato alla coesione economica e sociale», nella quale ha incoraggiato gli Stati membri e le autorità regionali e locali a riconoscere il valore delle attività di volontariato nel promuovere la coesione sociale ed economica. (12) Nel luglio 2008 il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione scritta in cui si auspica la proclamazione di un Anno europeo del volontariato nel 2011. (13) Le attività di volontariato rientrano tra le finalità di numerosi programmi e reti comunitari incentrati tra l’altro sulla mobilità nelle attività di volontariato per persone di ogni età, tra cui il programma di apprendimento permanente (3), il programma «L’Europa per i cittadini» (4) e il Servizio volontario europeo del programma «Gioventù in azione» (5). (14) In Europa esiste un’ampia gamma di attività di volontariato che dovrebbe essere preservata e sviluppata. (15) Il potenziale delle attività di volontariato non è ancora sfruttato appieno. Un Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva fornirà l’occasione di dimostrare, in un contesto europeo, che le attività di volontariato rafforzano la partecipazione civica e possono contribuire a stimolare nei cittadini il senso di appartenenza alla società e il loro impegno sociale a tutti i livelli: locale, regionale, nazionale ed europeo. (16) L’anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva potrebbe anche contribuire ad affrontare la problematica delle ineguaglianze di genere nel settore del volontariato, per esempio per quanto riguarda i settori e le attività in cui partecipano uomini e donne o per quanto riguarda la misura in cui i generi sono rappresentati nei posti direttivi del volontariato. (17) L’anno 2011 coinciderà con il decimo anniversario dell’Anno internazionale dei volontari promosso dalle Nazioni Unite nel 2001. (18) La presente decisione stabilisce una dotazione finanziaria che costituirà per l’autorità di bilancio il riferimento privilegiato, ai sensi del punto 37 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (6). (19) Gli obiettivi del proposto Anno europeo non possono essere realizzati appieno dagli Stati membri a causa della necessità di scambiare informazioni a livello transnazionale e di diffondere le buone pratiche su scala comunitaria e possono dunque, a motivo delle dimensioni dell’intervento proposto, essere realizzati meglio a livello comunitario. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nell’articolo 5 del trattato, la presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Oggetto L’anno 2011 è proclamato Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono una cittadinanza attiva («l’Anno europeo»). Articolo 2 Obiettivi L’obiettivo generale dell’Anno europeo è quello di incoraggiare e sostenere — in particolare attraverso lo scambio di esperienze e di buone pratiche — gli sforzi della Comunità, degli Stati membri, delle autorità locali e regionali per creare per la società civile condizioni favorevoli al volontariato nell’Unione europea (UE) e per aumentare la visibilità delle attività di volontariato nell’UE. Gli obiettivi dell’Anno europeo sono i seguenti: 1) creare condizioni favorevoli al volontariato nell’Unione europea al fine di integrare il volontariato negli sforzi di promozione della partecipazione civica e delle attività interpersonali in un contesto UE e affrontare gli ostacoli esistenti alle attività di volontariato, se appropriato e necessario; 2) fornire agli organizzatori di attività di volontariato gli strumenti per migliorare la qualità delle attività di volontariato al fine di agevolare le attività di volontariato e aiutare gli organizzatori a introdurre nuovi tipi di attività di volontariato ed incoraggiare la collaborazione in rete, la mobilità, la cooperazione e la creazione di sinergie nella società civile nonché tra la società civile e altri settori in un contesto UE; 3) riconoscere le attività di volontariato al fine di promuovere incentivi appropriati per privati, imprese e organizzazioni che formano e sostengono i volontari e assicurare un riconoscimento del volontariato a livello di UE e negli Stati membri da parte dei responsabili politici, delle organizzazioni della società civile, delle istituzioni pubbliche, del settore dell’istruzione formale e non formale e dei datori di lavoro, sotto il profilo delle capacità e delle competenze acquisite nell’ambito di tali attività; 4) sensibilizzare l’opinione pubblica al valore e all’importanza del volontariato al fine di suscitare una presa di coscienza collettiva dell’importanza del volontariato in quanto espressione di partecipazione civica che contribuisce alla soluzione di problemi di interesse comune per tutti gli Stati membri, come lo sviluppo armonioso della società e la coesione sociale. Articolo 3 Iniziative 1. Le misure da adottare per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2 possono comprendere le seguenti iniziative organizzate ai livelli comunitario, nazionale, regionale o locale in relazione agli obiettivi dell’Anno europeo: a) scambio di esperienze e di buone pratiche; b) realizzazione di studi e di lavori di ricerca e diffusione dei relativi risultati; c) conferenze ed eventi per promuovere il dibattito, sensibilizzare l’opinione pubblica all’importanza e al valore delle attività di volontariato che stimolano l’impegno dei cittadini e rendere omaggio all’azione svolta dai volontari e dalle loro associazioni; d) iniziative concrete negli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi dell’Anno europeo; almeno il 25 % del bilancio totale dell’Anno sarà utilizzato per questo scopo; e) campagne d’informazione e di promozione per diffondere i messaggi chiave. Le misure di cui al primo comma sono esposte in dettaglio nell’allegato. 2. Il finanziamento comunitario per i progetti può essere elargito in base a programmi comunitari esistenti. Articolo 4 Cooperazione con gli Stati membri Entro il 28 febbraio 2010 ogni Stato membro designa un organismo incaricato di organizzare la sua partecipazione all’Anno europeo («l’organismo nazionale di coordinamento») e comunica alla Commissione la sua designazione. Nello svolgimento delle sue attività, in particolare nell’elaborazione del programma nazionale, l’organismo nazionale di coordinamento consulta e coopera strettamente con un’ampia pluralità di parti interessate, incluse le organizzazioni della società civile e se del caso le agenzie o i punti di contatto nazionali dei pertinenti programmi comunitari. Il programma e le priorità nazionali dell’Anno europeo sono definiti conformemente agli obiettivi enunciati all’articolo 2 e secondo i particolari delle misure indicati nell’allegato. Articolo 5 Coordinamento a livello comunitario e attuazione La Commissione convoca riunioni degli organismi nazionali di coordinamento per coordinare l’attuazione dell’Anno europeo e per scambiare informazioni sulla sua messa in atto a livello nazionale. La Commissione convoca inoltre riunioni delle parti interessate e dei rappresentanti di organizzazioni o di organismi europei attivi nel campo del volontariato affinché la assistano in sede di attuazione dell’Anno europeo a livello comunitario. La Commissione dà attuazione all’Anno europeo a livello comunitario. Gli Stati membri, il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni sono associati alle attività. Articolo 6 Disposizioni finanziarie 1. Le misure di portata comunitaria di cui alla parte A dell’allegato danno luogo a un appalto pubblico o alla concessione di sovvenzioni finanziate dal bilancio generale delle Comunità europee. 2. Le misure di portata comunitaria di cui alla parte B dell’allegato possono essere cofinanziate dal bilancio generale delle Comunità europee. 3. La Commissione concede una sovvenzione a ciascun organismo nazionale di coordinamento conformemente alla procedura di cui alla parte C dell’allegato. Articolo 7 Dotazione finanziaria 1. La dotazione finanziaria per l’attuazione della presente decisione per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 e il 31 dicembre 2011 è di 8 000 000 EUR. 2. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dall’autorità di bilancio entro i limiti del quadro finanziario. Articolo 8 Cooperazione internazionale Ai fini dell’Anno europeo, la Commissione può cooperare con le pertinenti organizzazioni internazionali, in particolare con le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, contemporaneamente assicurando la visibilità della partecipazione dell’UE. Articolo 9 Coerenza e complementarità La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, garantisce la coerenza fra le azioni previste dalla presente decisione e gli altri programmi e iniziative comunitarie, nazionali e regionali che contribuiscono al conseguimento degli obiettivi dell’Anno europeo. Articolo 10 Tutela degli interessi finanziari della Comunità 1. La Commissione assicura che, quando sono attuate azioni finanziate nel quadro della presente decisione, gli interessi finanziari della Comunità siano salvaguardati mediante l’applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illegale, controlli efficaci e il recupero degli importi indebitamente versati e, quando sono accertate irregolarità, mediante sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, conformemente alle disposizioni del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (7), del regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (8), e del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (9). 2. Quanto alle azioni comunitarie finanziate nell’ambito della presente decisione, il concetto di irregolarità di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 è da intendersi come qualsiasi violazione di una disposizione di diritto comunitario o qualsiasi inadempimento di un obbligo contrattuale derivante da un atto o da un’omissione di un operatore economico che abbia o possa avere l’effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestiti a causa di una spesa indebita. 3. La Commissione riduce, sospende o recupera l’importo del contributo finanziario a favore di un’azione qualora accerti l’esistenza di irregolarità, in particolare l’inosservanza delle disposizioni della presente decisione o della singola decisione o del contratto con cui è concesso il contributo finanziario in questione, o qualora, senza che sia stata chiesta l’approvazione della Commissione, siano state apportate all’azione modifiche rilevanti incompatibili con la natura o con le condizioni d’attuazione della stessa. 4. Qualora non siano state rispettate le scadenze o qualora la realizzazione di un’azione giustifichi solo una parte del sostegno finanziario concesso, la Commissione invita il beneficiario a comunicarle osservazioni entro un termine prestabilito. Qualora il beneficiario non fornisca spiegazioni adeguate, la Commissione può annullare il sostegno finanziario residuo e chiedere il rimborso degli importi già erogati. 5. Tutti gli importi indebitamente versati sono restituiti alla Commissione. Gli importi non restituiti a tempo debito sono maggiorati dei relativi interessi di mora, alle condizioni stabilite dal regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (10). Articolo 11 Monitoraggio e valutazione Entro il 31 dicembre 2012 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione sull’attuazione, sui risultati e sulla valutazione globale delle iniziative previste dalla presente decisione. Articolo 12 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, addì 27 novembre 2009. Per il Consiglio La presidente L. ADELSOHN LILJEROTH (1) Parere del Parlamento europeo del 26 novembre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 325 del 30.12.2006, pag. 46. (3) Decisione n. 1720/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che istituisce un programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente (GU L 327 del 24.11.2006, pag. 45). (4) Decisione n. 1904/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma Europa per i cittadini mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva (GU L 378 del 27.12.2006, pag. 32). (5) Decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che istituisce il programma Gioventù in azione per il periodo 2007-2013 (GU L 327 del 24.11.2006, pag. 30). (6) GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1. (7) GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1. (8) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2. (9) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1. (10) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. ALLEGATO Particolari delle misure di cui all’articolo 3 In linea di principio, l’attuazione dell’Anno europeo si fonderà sulla responsabilità, sulla mobilitazione su vasta scala e sulla partecipazione attiva della società civile e di altre parti interessate. Inoltre, il progetto sarà realizzato tramite le seguenti misure: A. INIZIATIVE COMUNITARIE DIRETTE Il finanziamento avverrà generalmente sotto forma di acquisto diretto di beni e di servizi conformemente ai contratti quadro esistenti. Esso può anche essere costituito da sovvenzioni. 1. Campagne di informazione e di promozione comprendenti: — eventi ad alta visibilità e piattaforme per lo scambio di esperienze e di buone pratiche, — concorsi con o senza premi, — cooperazione con il settore privato, gli organismi di radiodiffusione e altri media come partner per diffondere informazioni sulle attività di volontariato e sull’Anno europeo, — produzione di strumenti e di supporti per i media disponibili in tutta l’UE e destinati a stimolare l’interesse del pubblico, — misure destinate a fare conoscere i risultati e rendere più visibili programmi, azioni ed iniziative comunitari che contribuiscano al conseguimento degli obiettivi dell’Anno europeo, — la creazione di un sito web d’informazione sul sito Europa, comprendente un portale per i promotori di progetti relativi al volontariato, per guidarli attraverso i programmi e le azioni comunitarie pertinenti. 2. Altre iniziative — Indagini e studi a livello comunitario per valutare e documentare la preparazione, l’efficacia, l’impatto e il monitoraggio a lungo termine dell’Anno europeo. B. COFINANZIAMENTO DI INIZIATIVE COMUNITARIE Gli eventi ad alta visibilità su scala europea finalizzati a sensibilizzare i cittadini agli obiettivi dell’Anno europeo, possibilmente organizzati in collaborazione con i paesi che nel 2011 assumeranno la presidenza, possono fruire di una sovvenzione comunitaria che copra fino all’80 % del costo complessivo ammissibile. C. COFINANZIAMENTO DI INIZIATIVE NAZIONALI Ogni organismo nazionale di coordinamento presenta un’unica domanda di finanziamento comunitario. Tale domanda di sovvenzione — finalizzata a promuovere l’Anno europeo — illustra il programma di lavoro dell’organismo nazionale di coordinamento o l’azione da finanziare. La domanda di sovvenzione è corredata di un bilancio dettagliato indicante il costo totale delle iniziative o del programma di lavoro proposti nonché l’importo e le fonti del cofinanziamento. La sovvenzione comunitaria può coprire fino ad un massimo dell’80 % dei costi complessivi ammissibili. La Commissione determina gli importi indicativi disponibili per le sovvenzioni a ciascun organismo nazionale di coordinamento e il termine per la presentazione delle domande. I criteri di selezione dovrebbero basarsi su elementi quali la popolazione, il costo della vita e un importo forfettario per Stato membro che garantisca un minimo di attività. Gli importi finali assegnati sono determinati sulla base delle singole domande di sovvenzione presentate dall’organismo nazionale di coordinamento. Il tasso massimo di cofinanziamento comunitario è fissato all’80 % del totale dei costi ammissibili. I programmi di lavoro o le misure possono prevedere: — incontri e eventi in relazione agli obiettivi dell’Anno europeo, tra cui manifestazioni nazionali per il lancio e la promozione dell’Anno europeo, destinate a creare un effetto catalizzatore e a offrire spazi aperti di discussione su iniziative concrete, — conferenze e seminari su scala nazionale, regionale e locale che consentano l’apprendimento reciproco e lo scambio di buone pratiche, — informazione, attività di ricerca e studi collegati, campagne educative e promozionali ai livelli nazionale, regionale e locale, tra cui anche l’organizzazione di premi e concorsi, — collaborazione con i media. D. AZIONI CHE NON FRUISCONO DI UN SOSTEGNO FINANZIARIO COMUNITARIO La Comunità concederà un sostegno non finanziario, compresa l’autorizzazione scritta di utilizzare il logo, una volta elaborato, e altri materiali associati all’Anno europeo, ad iniziative di organismi pubblici o privati che garantiscano alla Commissione che tali iniziative, attuate nel corso del 2011, contribuiranno in misura rilevante al raggiungimento degli obiettivi dell’Anno europeo. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011) La presente decisione proclama il 2011 Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva. Nell’ottica di sviluppare la solidarietà sociale e la democrazia, l’Anno europeo ha lo scopo di creare per la società civile condizioni favorevoli al volontariato nonché aumentare la visibilità delle attività di volontariato. ATTO Decisione del Consiglio 2010/37/CE, del 27 novembre 2009, relativa all’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011). SINTESI La presente decisione proclama il 2011 Anno europeo delle attività di volontariato * che promuovono la cittadinanza attiva. Il volontariato è uno degli elementi centrali della cittadinanza attiva; la cittadinanza attiva rafforza la coesione sociale e sviluppa la democrazia. Il 2011 coincide inoltre con il decimo anniversario dell’Anno internazionale dei volontari delle Nazioni Unite (2001). Obiettivi dell’Anno europeo 2011 L’obiettivo generale dell’Anno europeo è migliorare la visibilità delle attività di volontariato nell’Unione europea (UE) e accrescere le opportunità per la società civile di parteciparvi. A tale scopo, l’Anno europeo offre sostegno alle autorità locali, regionali e nazionali per lo scambio di esperienze e di buone pratiche. In particolare, l’Anno europeo mira a: creare condizioni favorevoli al volontariato; fornire agli organizzatori gli strumenti per migliorare la qualità delle attività di volontariato; migliorare il riconoscimento delle attività di volontariato; sensibilizzare l’opinione pubblica al valore e all’importanza del volontariato. Iniziative dell’Anno europeo 2011 Per conseguire tali obiettivi, l’Anno europeo sostiene iniziative organizzate ai livelli comunitario, nazionale, regionale e locale, fra cui: scambi di esperienze e di buone pratiche; realizzazione di studi e di lavori di ricerca e diffusione dei relativi risultati; conferenze ed eventi di sensibilizzazione dell’opinione pubblica; iniziative concrete negli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi dell’Anno europeo; campagne d’informazione e di promozione. Le iniziative a livello comunitario sono finanziate, in parte o interamente, dal bilancio generale dell’UE. Le iniziative a livello nazionale sono cofinanziate dall’UE ed è altresì disponibile un sostegno non finanziario. Il bilancio assegnato all’Anno europeo è pari a 8 000 000 di euro. Cooperazione nel corso dell’Anno europeo 2011 Ogni Stato membro designa un organismo nazionale di coordinamento incaricato di organizzare la sua partecipazione all’Anno europeo. Gli organismi nazionali di coordinamento hanno il compito di preparare i programmi e le priorità nazionali per l’Anno europeo. A tale scopo, consultano e cooperano con un’ampia pluralità di parti interessate. Ai fini dell’Anno europeo, la Commissione europea può cooperare con le pertinenti organizzazioni internazionali, in particolare con le Nazioni Unite o il Consiglio d’Europa. Coordinamento dell’Anno europeo 2011 La Commissione europea è responsabile della gestione dell’Anno europeo a livello comunitario. Essa convoca riunioni delle parti interessate attive nel campo del volontariato affinché la assistano nel suo lavoro. La Commissione organizza anche riunioni con gli organismi nazionali di coordinamento per coordinare le attività a livello nazionale. Contesto In un parere adottato nel dicembre 2006 il Comitato economico e sociale europeo ha invitato la Commissione europea a proclamare un Anno del volontariato. Nel luglio del 2008 il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione in cui si auspica la proclamazione di un Anno europeo del volontariato nel 2011. Termini chiave dell’atto Attività di volontariato: tutti i tipi di attività di volontariato, formali, non formali o informali, intraprese in base alla libera volontà, scelta e motivazione di una persona e senza scopo di lucro. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2010/37/CE 23.1.2010 - GU L 17 del 22.1.2010
0
801
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE 2007/845/GAI DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 2007 concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l’iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica d’Austria e della Repubblica di Finlandia, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) La motivazione fondamentale della criminalità organizzata transfrontaliera è il profitto economico che costituisce un incentivo a commettere ulteriori reati per conseguire sempre maggiori profitti. Di conseguenza i servizi incaricati dell’applicazione della legge dovrebbero avere le conoscenze necessarie per compiere indagini e analisi sulle tracce finanziarie delle attività criminali. Per combattere efficacemente la criminalità organizzata, le informazioni che possono condurre al reperimento e al sequestro dei proventi di reato e altri beni appartenenti ai criminali devono essere scambiate rapidamente tra gli Stati membri dell’Unione europea. (2) Il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2003/577/GAI, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (2), e la decisione quadro 2005/212/GAI, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato (3) che tratta alcuni aspetti della cooperazione giudiziaria in materia penale nel settore del blocco o sequestro e della confisca di proventi, strumenti e altri beni connessi con reati. (3) È necessaria una stretta cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri incaricate del reperimento di proventi illeciti e altri beni passibili di confisca e è opportuno prevedere disposizioni che permettano una comunicazione diretta tra tali autorità. (4) A tal fine gli Stati membri dovrebbero disporre di uffici nazionali per il recupero dei beni che siano competenti in questi settori e dovrebbero assicurare che tali uffici possano scambiarsi informazioni rapidamente. (5) La rete interagenzie Camden per il recupero dei beni (CARIN), istituita all’Aia il 22-23 settembre 2004 da Austria, Belgio, Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito, rappresenta già una rete globale di operatori e esperti con l’obiettivo di rafforzare la conoscenza reciproca dei metodi e delle tecniche utilizzati nel settore dell’identificazione, del congelamento, del sequestro e della confisca transfrontalieri dei proventi di reato e altri beni connessi. La presente decisione dovrebbe completare la CARIN fornendo la base giuridica per lo scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni di tutti gli Stati membri. (6) Nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo «Il programma dell’Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni», la Commissione ha altresì raccomandato di rafforzare gli strumenti per affrontare gli aspetti finanziari della criminalità organizzata, promuovendo tra l’altro la creazione di unità di informazione sui proventi del crimine negli Stati membri. (7) La cooperazione tra gli uffici per il recupero dei beni e tra detti uffici e altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato si svolge in base alle procedure e ai termini previsti dalla decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni ed intelligence tra le autorità degli Stati membri dell’Unione europea incaricate dell’applicazione della legge (4), compresi i motivi di rifiuto ivi contenuti. (8) La presente decisione dovrebbe lasciare impregiudicate le modalità di cooperazione definite dalla decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni, (5) nonché le vigenti modalità di cooperazione tra forze di polizia, DECIDE: Articolo 1 Uffici per il recupero dei beni 1. Ciascuno Stato membro istituisce o designa un ufficio nazionale per il recupero dei beni incaricato di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato e altri beni connessi con reati che possono essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro, ovvero confisca, emanato dall’autorità giudiziaria competente nel corso di un procedimento penale o, per quanto possibile nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro interessato, di un procedimento civile. 2. Fatto salvo il paragrafo 1, uno Stato membro può, in conformità del proprio diritto nazionale, istituire o designare due uffici per il recupero dei beni. Qualora uno Stato membro disponga di più di due autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, esso designa come punti di contatto al massimo due dei suoi uffici per il recupero dei beni. 3. Gli Stati membri indicano le autorità che costituiscono un ufficio nazionale per il recupero dei beni ai sensi del presente articolo. Gli Stati membri notificano tale informazione e qualsiasi modifica successiva al segretariato generale del Consiglio per iscritto. Ciò non osta a che altre autorità, incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, scambino informazioni ai sensi degli articoli 3 e 4 con un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro. Articolo 2 Cooperazione tra uffici per il recupero dei beni 1. Gli Stati membri assicurano che i loro uffici per il recupero dei beni cooperino l’un l’altro ai fini di cui all’articolo 1, paragrafo 1, scambiandosi informazioni e migliori pratiche, sia su richiesta che spontaneamente. 2. Gli Stati membri assicurano che questa cooperazione non sia ostacolata dallo statuto degli uffici per il recupero dei beni secondo la normativa nazionale, sia che tali Uffici facciano parte di un’autorità amministrativa, di un’autorità incaricata dell’applicazione della legge o di un’autorità giudiziaria. Articolo 3 Scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni su richiesta 1. Un ufficio per il recupero dei beni di uno Stato membro o un’altra autorità in uno Stato membro incaricata di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato può presentare una richiesta di informazioni presso un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1. A tale scopo l’ufficio o l’unità si avvale della decisione quadro 2006/960/GAI e delle norme adottate in applicazione della stessa. 2. Nel completare il formulario previsto dalla decisione quadro 2006/960/GAI l’ufficio per il recupero dei beni richiedente specifica l’oggetto e i motivi della richiesta nonché la natura del procedimento. Esso fornisce indicazioni quanto più esatte possibile sui beni oggetto dei provvedimenti o ricercati (conti bancari, beni immobili, automobili, panfili e altri beni di valore) e/o sulle persone fisiche o giuridiche che si presume siano implicate (ad esempio nomi, indirizzi, data e luogo di nascita, data di iscrizione nel registro, azionisti, sedi). Articolo 4 Scambio spontaneo di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni 1. Gli uffici per il recupero dei beni o altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato possono, entro i limiti imposti dal diritto nazionale applicabile e senza bisogno di apposita richiesta, scambiare informazioni che ritengono necessarie per l’esecuzione dei compiti di un altro ufficio per il recupero dei beni in conformità delle finalità enunciate all’articolo 1, paragrafo 1. 2. Allo scambio di informazioni di cui al presente articolo si applica, per analogia, l’articolo 3. Articolo 5 Protezione dei dati 1. Ciascuno Stato membro assicura che le norme in materia di protezione dei dati siano applicate anche nell’ambito della procedura sullo scambio di informazioni di cui alla presente decisione. 2. L’uso delle informazioni scambiate direttamente o bilateralmente ai sensi della presente decisione è soggetto alle disposizioni in materia di protezione dei dati dello Stato membro ricevente allorquando alle informazioni si applicano le stesse norme in materia di protezione dei dati che sarebbero applicate se fossero state raccolte in detto Stato membro. I dati personali trattati nell’ambito dell’applicazione della presente decisione sono protetti conformemente alla convenzione del Consiglio d’Europa, del 28 gennaio 1981, sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale e, per gli Stati membri che lo hanno ratificato, al protocollo addizionale dell’8 novembre 2001 a tale convenzione, concernente le autorità di controllo ed i flussi transfrontalieri. Nel trattare i dati personali ottenuti ai sensi della presente decisione, le autorità incaricate dell’applicazione della legge dovrebbero altresì tener conto dei principi della raccomandazione n. R(87) 15 del Consiglio d’Europa che disciplina l’uso dei dati di carattere personale nel settore della polizia. Articolo 6 Scambio delle migliori pratiche Gli Stati membri assicurano che gli uffici per il recupero dei beni procedano allo scambio delle migliori pratiche sui modi per migliorare l’efficacia degli sforzi degli Stati membri diretti a identificare e reperire proventi di reato e altri beni connessi con reati che possano essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro o confisca da parte dell’autorità giudiziaria competente. Articolo 7 Relazione con le modalità di cooperazione esistenti La presente decisione lascia impregiudicati gli obblighi derivanti dagli strumenti dell’Unione europea sull’assistenza giudiziaria reciproca o sul riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale, dagli accordi o intese bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri e i paesi terzi in materia di assistenza giudiziaria reciproca e della decisione 2000/642/GAI e della decisione quadro 2006/960/GAI. Articolo 8 Osservanza 1. Gli Stati membri assicurano che saranno in grado di cooperare pienamente, in conformità delle disposizioni della presente decisione, entro il 18 dicembre 2008. Nel contempo gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo di tutte le disposizioni di legislazione nazionale che consente loro di osservare gli obblighi derivanti dalla presente decisione. 2. Se gli Stati membri non hanno ancora attuato la decisione quadro 2006/960/GAI, i riferimenti a tale decisione quadro nella presente decisione si intendono fatti agli strumenti applicabili in materia di cooperazione di polizia tra gli Stati membri. 3. Il Consiglio valuta l’osservanza della presente decisione da parte degli Stati membri entro il 18 dicembre 2010, in base a una relazione presentata dalla Commissione, Articolo 9 Applicazione La presente decisione prende effetto dalla data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2007. Per il Consiglio Il presidente A. COSTA (1) Parere del 12 dicembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 196 del 2.8.2003, pag. 45. (3) GU L 68 del 15.3.2005, pag. 49. (4) GU L 386 del 29.12.2006, pag. 89. (5) GU L 271 del 24.10.2000, pag. 4. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Cooperazione tra i paesi dell’Unione europea per il recupero dei proventi di reato SINTESI COSA FA LA DECISIONE? Stabilisce i requisiti per l’istituzione di uffici per il recupero dei beni nei paesi dell’Unione europea (UE). PUNTI CHIAVE L’obiettivo degli uffici per il recupero dei beni è agevolare la tracciabilità e l’identificazione dei proventi di reato che possono diventare oggetto di un ordine di congelamento, sequestro o confisca, nell’ambito di un’indagine penale o civile. I paesi dell’UE devono designare almeno un ufficio per il recupero dei beni (o un massimo di due uffici) sul territorio nazionale. Gli uffici per il recupero dei beni assicurano il mutuo scambio di informazioni, indipendentemente dal loro status (autorità incaricata dell’applicazione della legge, giudiziaria o amministrativa). Un ufficio per il recupero dei beni o un’altra autorità di un paese dell’UE con responsabilità simili può effettuare una richiesta di informazioni da un ufficio di un altro paese dell’UE, al fine di richiedere informazioni nell’ambito di un’indagine penale o civile. Tale richiesta dovrebbe includere le informazioni seguenti: l’oggetto e il motivo della richiesta; la natura del procedimento; la proprietà oggetto del provvedimento o ricercata e/o le persone fisiche o giuridiche (società o persone) che si presume essere coinvolte. Un ufficio per il recupero dei beni può, senza ricevere richiesta, scambiare spontaneamente le informazioni che ritiene necessarie per l’esecuzione dei compiti di un ufficio in un altro paese dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È stata applicata a partire dal 18 dicembre 2007. CONTESTO Successivamente alla decisione quadro, la Commissione europea ha lanciato una piattaforma informale per migliorare ulteriormente la cooperazione tra i paesi UE e coordinare gli scambi di informazioni e migliori pratiche. Una relazione della Commissione del 2011 ha rilevato che, sebbene gli uffici per il recupero dei beni siano uno strumento efficace per lottare contro i proventi della criminalità, essi dovevano affrontare problemi comuni, con particolare riferimento alla loro capacità di accedere alle informazioni finanziarie rilevanti. Nel 2014, è stata adottata la direttiva 2014/42/UE per stabilire norme minime comunitarie relative sia al congelamento dei beni in vista di eventuale confisca successiva, sia alla confisca dei beni in materia penale. I paesi dell’UE dovevano integrarla nella propria legislazione nazionale entro il 4 ottobre 2015. Per maggiori informazioni, si veda la pagina «Confisca e recupero dei beni»sul sito web della Commissione europea. ATTO Decisione 2007/845/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2007, concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi (GU L 332 del 18.12.2007, pagg. 103-105) ATTI COLLEGATI Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 39-50). Le correzioni alla direttiva 2014/42/UE sono state integrate nel testo base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (GU L 196 del 2.8.2003, pagg. 45-55). Si veda la versione consolidata. Decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca (GU L 328 del 24.11.2006, pagg. 59-78). Si veda la versione consolidata.
0
767
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (UE) N. 407/2010 DEL CONSIGLIO dell’11 maggio 2010 che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in particolare l’articolo 122, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L’articolo 122, paragrafo 2, del trattato prevede la possibilità di concedere un’assistenza finanziaria dell’Unione ad uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo. (2) Tali difficoltà possono essere causate da un grave deterioramento del contesto economico e finanziario internazionale. (3) La crisi finanziaria mondiale senza precedenti e la recessione economica che hanno colpito il mondo nel corso degli ultimi due anni hanno compromesso seriamente la crescita economica e la stabilità finanziaria e hanno provocato un grave deterioramento delle posizioni del disavanzo e del debito degli Stati membri. (4) L’aggravarsi della crisi finanziaria ha causato un grave deterioramento delle condizioni di prestito di diversi Stati membri al di là di quanto giustificato dai fondamentali economici. A questo punto, se non affrontata con urgenza, tale situazione potrebbe rappresentare una seria minaccia per la stabilità finanziaria dell'Unione europea nel suo complesso. (5) Al fine di affrontare questa situazione eccezionale che sfugge al controllo degli Stati membri, appare opportuno istituire immediatamente un meccanismo di stabilizzazione dell’Unione per preservare la stabilità finanziaria nell'Unione europea. Tale meccanismo dovrebbe consentire all’Unione di rispondere in maniera coordinata, rapida ed efficace a difficoltà gravi in un determinato Stato membro. La sua attivazione avverrà nel contesto di un sostegno congiunto UE/Fondo monetario internazionale (FMI). (6) Date le particolari implicazioni finanziarie che ne derivano, le decisioni di concedere l’assistenza finanziaria dell’Unione conformemente al presente regolamento richiedono l'esercizio di competenze di esecuzione che dovrebbero essere conferite al Consiglio. (7) In caso di attivazione del meccanismo occorre imporre condizioni forti di politica economica al fine di preservare la sostenibilità delle finanze pubbliche dello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari. (8) Occorre che la Commissione esamini regolarmente se sussistano ancora le circostanze eccezionali che minacciano la stabilità finanziaria dell’Unione europea nel suo complesso. (9) Occorre che resti in vigore l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio (1), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Obiettivo e ambito di applicazione Al fine di preservare la stabilità finanziaria dell'Unione europea, il presente regolamento fissa le condizioni e la procedura per la concessione dell’assistenza finanziaria dell’Unione a uno Stato membro che subisca o rischi seriamente di subire gravi perturbazioni economiche o finanziarie causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, tenendo conto della possibilità di applicare l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002. Articolo 2 Forma dell’assistenza finanziaria dell’Unione 1. L’assistenza finanziaria dell’Unione ai fini del presente regolamento prende la forma di un prestito o di una linea di credito concessi allo Stato membro interessato. A tal fine, conformemente a una decisione del Consiglio ai sensi dell’articolo 3, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti per conto dell’Unione europea sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie. 2. L'esposizione creditizia dei prestiti o delle linee di credito che si possono concedere agli Stati membri ai sensi del presente regolamento è limitata al margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento. Articolo 3 Procedura 1. Lo Stato membro che richiede l’assistenza finanziaria dell’Unione discute con la Commissione, in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento e trasmette alla Commissione e al comitato economico e finanziario un programma di aggiustamento economico e finanziario. 2. L’assistenza finanziaria dell’Unione è concessa mediante decisione adottata dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. 3. La decisione di concedere un prestito contiene: a) l’importo, la scadenza media, la formula del prezzo, il numero massimo di rate, il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza; b) le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e c) l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione. 4. La decisione di concedere una linea di credito contiene: a) l’importo, le commissioni per la messa a disposizione della linea di credito, la formula del prezzo applicabile per lo svincolo dei fondi e il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza; b) le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e c) l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione. 5. La Commissione e lo Stato membro beneficiario concludono un memorandum di intesa nel quale sono specificate le condizioni generali di politica economica fissate dal Consiglio. La Commissione trasmette il memorandum di intesa al Parlamento europeo e al Consiglio. 6. La Commissione, in consultazione con la BCE, riesamina le condizioni generali di politica economica di cui al paragrafo 3, lettera b), e al paragrafo 4, lettera b), almeno ogni sei mesi e discute con lo Stato membro beneficiario le modifiche del suo programma di aggiustamento che possano essere necessarie. 7. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, decide su eventuali aggiustamenti delle condizioni generali di politica economica fissate inizialmente e approva il programma di aggiustamento rivisto elaborato dallo Stato membro beneficiario. 8. Qualora sia previsto un finanziamento esterno all’Unione subordinato a condizioni di politica economica, in particolare da parte dell'FMI, lo Stato membro interessato consulta in via preliminare la Commissione. La Commissione esamina le possibilità disponibili nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria dell’Unione e la compatibilità delle condizioni di politica economica previste con gli impegni assunti dallo Stato membro interessato per l’attuazione delle raccomandazioni e delle decisioni del Consiglio adottate conformemente all’articolo 121, all’articolo 126 e all’articolo 136 TFUE. La Commissione informa il comitato economico e finanziario. Articolo 4 Erogazione del prestito 1. Di regola il prestito è erogato in rate. 2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione. 3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sull’erogazione delle rate successive. Articolo 5 Svincolo dei fondi 1. Lo Stato membro beneficiario informa in anticipo la Commissione della sua intenzione di ritirare fondi dalla sua linea di credito. Le regole dettagliate in materia sono stabilite nella decisione di cui all'articolo 3, paragrafo 4. 2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione. 3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sullo svincolo dei fondi. Articolo 6 Operazioni di assunzione e di concessione di prestiti 1. Le operazioni di assunzione e di concessione dei prestiti di cui all’articolo 2 sono effettuate in euro. 2. Le caratteristiche delle rate successive erogate dall’Unione nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria sono negoziate tra lo Stato membro beneficiario e la Commissione. 3. Dopo che il Consiglio ha deciso la concessione di un prestito, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie nel momento più opportuno tra le erogazioni previste, in modo da ottimizzare i costi del finanziamento e salvaguardare la propria reputazione di emittente dell'Unione sui mercati. I fondi raccolti ma non ancora versati sono mantenuti permanentemente su appositi conti in contanti o depositi titoli, gestiti conformemente alle regole applicabili alle operazioni fuori bilancio, e non possono essere utilizzati per scopi diversi dalla concessione dell'assistenza finanziaria agli Stati membri nel quadro del presente meccanismo. 4. Se uno Stato membro che riceve un prestito che prevede una clausola di rimborso anticipato decide di esercitare tale opzione, la Commissione adotta le misure necessarie. 5. Su richiesta dello Stato membro beneficiario e se le circostanze consentono un miglioramento del tasso di interesse sul prestito, la Commissione può rifinanziare in toto o in parte il prestito da essa inizialmente assunto o ristrutturare le relative condizioni finanziarie. 6. Il comitato economico e finanziario è tenuto informato dell’andamento delle operazioni di cui al paragrafo 5. Articolo 7 Costi I costi sostenuti dall’Unione per la conclusione e l’esecuzione di ogni operazione sono a carico dello Stato membro beneficiario. Articolo 8 Amministrazione dei prestiti 1. La Commissione prende le necessarie disposizioni per l’amministrazione dei prestiti con la BCE. 2. Lo Stato membro beneficiario apre un conto speciale presso la sua banca centrale nazionale per la gestione dell’assistenza finanziaria dell’Unione ricevuta. Esso trasferisce inoltre il capitale e gli interessi dovuti per il prestito in un conto presso la BCE quattordici giorni lavorativi TARGET2 prima della data di scadenza corrispondente. 3. Fatto salvo l’articolo 27 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, la Corte dei conti europea ha il diritto di effettuare nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit finanziari che ritiene necessari in relazione alla gestione dell’assistenza. La Commissione, ivi compreso l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, ha in particolare il diritto di inviare i suoi funzionari o i suoi rappresentanti debitamente autorizzati per svolgere nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit tecnici o finanziari che ritiene necessari in relazione all’assistenza. Articolo 9 Riesame e adeguamento 1. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento, e se del caso successivamente ogni sei mesi, la Commissione trasmette al comitato economico e finanziario e al Consiglio una relazione sull’attuazione del presente regolamento e sulla persistenza delle condizioni eccezionali che ne hanno giustificato l’adozione. 2. Se del caso, la relazione è accompagnata da una proposta di modifica del presente regolamento volta ad adeguare la possibilità di concedere l’assistenza finanziaria senza incidere sulla validità di decisioni già adottate. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addi 11 maggio 2010. Per il Consiglio La presidente Á. GONZÁLEZ-SINDE REIG (1) Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione. ATTO Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria SINTESI La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione. CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le condizioni e le procedure per concedere l’assistenza finanziaria dell’UE a un paese dell’Unione che, a causa di eventi estranei al suo controllo, si trova o rischia di trovarsi in una situazione di grave disordine economico o finanziario. PUNTI CHIAVE Assistenza finanziaria L’assistenza viene concessa sotto forma di un prestito o di una linea di credito* concessi al paese dell’UE interessato. A tal proposito, la Commissione europea può, per conto dell’UE, sottoscrivere prestiti sui mercati di capitali o da parte di istituzioni finanziarie, in linea con una decisione adottata dal Consiglio dell’UE a maggioranza qualificata. Procedura Insieme alla Commissione, e in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), il paese dell’UE che necessita di aiuto procede a una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento. Sottopone poi alla Commissione una bozza di programma di aggiustamento economico e finanziario. La decisione di concedere una linea di credito contiene le informazioni seguenti: le modalità dell’assistenza finanziaria; le condizioni generali di politica economica legate all’assistenza finanziaria dell’UE (ad esempio misure fiscali di consolidamento per ridurre il debito pubblico); l’approvazione del programma di aggiustamento predisposto dal paese destinatario. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica del paese beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni stabilite dal Consiglio per continuare a ricevere l’aiuto finanziario, che viene concesso a rate. Compatibilità con altri meccanismi di sostegno finanziario Il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria è compatibile con il meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti. Inoltre, non esclude il ricorso a un finanziamento esterno all’UE, per esempio da parte del Fondo monetario internazionale. Dotazione finanziaria del MESF Il MESF è finanziato dal bilancio dell’UE. La Commissione è autorizzata a prelevare fino a un totale di 60 miliardi di euro sui mercati finanziari per conto dell’UE. I prestiti sono garantiti dal bilancio dell’UE. Il MESF è stato attivato per Irlanda e Portogallo, per un importo totale di 46,8 miliardi di euro (22,5 miliardi di euro per l’Irlanda e 24,3 miliardi di euro per il Portogallo) erogati nell’arco di tre anni (2011-2014). A luglio 2015 il MESF è stato usato per fornire assistenza a breve termine (prestito ponte) di 7,16 miliardi di euro alla Grecia. Sono in vigore accordi specifici riguardanti l’esposizione dei paesi non appartenenti all’area euro. CONTESTO Il meccanismo europeo di stabilità (MES) consolida e riunisce il MESF e il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF), i due strumenti istituiti temporaneamente sulla scia della crisi del debito sovrano con i quali oggi coesiste. Con il tempo, il MES diventerà il principale meccanismo di sostegno per i paesi dell’area euro temporaneamente in difficoltà nel richiedere prestiti sui mercati finanziari a causa dei loro livelli di debito. La sua capacità di prestito massima iniziale era di 500 miliardi di euro, basata su un capitale di 704,8 miliardi di euro. Il MES è finanziato dai paesi dell’UE in base al criterio di ripartizione* della BCE. I prestiti sono finanziati dal MES, che a sua volta chiede prestiti sui mercati finanziari, e sono garantiti dai partecipanti al capitale (paesi dell’area euro). I prestiti avvengono sulla base di condizioni rigide, compreso il ritorno delle finanze pubbliche a livelli sostenibili. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Dal 13 maggio 2010. Maggiori informazioni: Sito Internet della Commissione europea sul meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) Sito Internet sul meccanismo europeo di stabilità TERMINI CHIAVE * Linea di credito: autorizzazione data dal Consiglio a un paese dell’UE, su proposta della Commissione, di attingere fondi dal MESF entro un tetto specificato per un determinato periodo di tempo. * Criterio di ripartizione della BCE: tale criterio viene calcolato in modo che la quota relativa di ogni paese rifletta la popolazione totale e il prodotto interno lordo dell’UE. Tali due determinanti hanno uguale coefficiente di ponderazione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) n. 407/2010 13.5.2010 - GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) 2015/1360 8.8.2015 - GU L 210 del 7.8.2015, pagg. 1-2
1
420
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DEI SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE, DEL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, DEI SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E DEL COMITATO DELLE REGIONI E DEL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE del 26 gennaio 2005 relativa all'organizzazione e al funzionamento della Scuola europea di amministrazione (2005/119/CE) I SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE, IL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, I SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E DEL COMITATO DELLE REGIONI E IL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE, visto lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, definiti nel regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio (1), vista la decisione 2005/118/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 26 gennaio 2005, che istituisce la Scuola europea di amministrazione (2), in particolare l'articolo 5, sentito il parere del comitato dello statuto, considerando quanto segue: (1) Occorre rafforzare la cooperazione interistituzionale in materia di formazione, con particolare riguardo per la trasmissione dei valori comuni alle istituzioni comunitarie. Una cooperazione di questo tipo rappresenta un valore aggiunto non trascurabile, in particolare in termini di accesso alla formazione, di ampliamento dell'offerta e di riduzione dei costi unitari. (2) Secondo il principio di buona gestione, è opportuno che per la creazione della Scuola europea di amministrazione venga adottato un approccio progressivo. (3) La decisione che istituisce la Scuola lascia al giudizio dei segretari generali, del cancelliere della Corte di giustizia e del rappresentante del Mediatore l'individuazione dei settori di formazione da affidarle. (4) Quando un’istituzione firmataria attua una politica del personale che richiede una formazione in un determinato settore e l’organizzazione di tale formazione è affidata alla Scuola, è opportuno che, al fine di facilitare tale politica, sia garantita la possibilità di accesso ai corsi organizzati dalla Scuola ad un numero minimo di partecipanti provenienti da tale istituzione, soprattutto nei casi in cui tale formazione è obbligatoria o costituisce una condizione per l’esercizio di talune funzioni, in particolare delle funzioni di management. (5) La Scuola, come qualunque altro organo di formazione, deve beneficiare di una cooperazione a livello europeo sotto forma di reti. (6) È opportuno precisare le modalità della dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee, prevista all'articolo 4 della decisione che istituisce la Scuola, DECIDONO: Articolo 1 Funzioni della Scuola europea di amministrazione 1. La Scuola europea di amministrazione (di seguito «la Scuola») progetta, organizza e valuta, per conto delle istituzioni firmatarie della decisione che istituisce la Scuola (di seguito «le istituzioni»), le seguenti azioni di formazione: a) i corsi di management per i funzionari e gli agenti che sono chiamati, o che potrebbero essere chiamati, ad esercitare funzioni dirigenziali; b) i corsi di entrata in servizio per i nuovi membri del personale; c) la formazione obbligatoria prevista all'articolo 45 bis dello statuto nel quadro del passaggio tra gruppi di funzioni. 2. Per quanto attiene ai corsi di management e di entrata in servizio, di cui al paragrafo 1, punti a) e b), ciascuna delle istituzioni può organizzare, in funzione delle proprie esigenze specifiche, corsi complementari in aggiunta ai corsi organizzati dalla Scuola. La Scuola ha competenza esclusiva per l’organizzazione della formazione di cui al paragrafo 1, punto c). Articolo 2 Responsabilità delle istituzioni 1. L'autorità che ha il potere di nomina di ciascuna istituzione mette a disposizione della Scuola un numero di funzionari-conferenzieri sufficiente, secondo le modalità adottate dal consiglio di amministrazione, conformemente all'articolo 7, punto g). 2. Su richiesta della Scuola e compatibilmente con le loro disponibilità, le istituzioni mettono a disposizione della Scuola sale di formazione secondo modalità definite dal consiglio di amministrazione. Articolo 3 Altri servizi 1. Sulla base di un accordo scritto concluso, su richiesta dell'ente interessato, tra il direttore della Scuola e un qualunque organo, ufficio o agenzia comunitari, la Scuola può ammettere partecipanti provenienti dagli enti in questione ai corsi che essa organizza per conto delle istituzioni entro i limiti dei posti disponibili. 2. Nel caso particolare delle formazioni previste all'articolo 1, paragrafo 1, punto c), un certo numero di posti è riservato annualmente agli organi, uffici e agenzie comunitari, tenendo conto delle esigenze da questi espresse, al fine di garantire ai loro funzionari una parità di trattamento rispetto alle disposizioni dell'articolo 45 bis dello Statuto. Il numero dei posti e l'entità della partecipazione ai costi vengono fissati annualmente dal consiglio di amministrazione. 3. Previo accordo scritto, la Scuola può inserire nel proprio programma di formazione corsi richiesti da un organo, un ufficio o un'agenzia comunitari, a condizione che tale attività non ostacoli l'organizzazione di corsi di interesse delle istituzioni. Qualunque accordo di questo tipo deve prevedere le modalità finanziarie connesse ai servizi forniti dalla Scuola e la sua entrata in vigore esige la preventiva approvazione del consiglio di amministrazione. 4. Ove del caso, e su richiesta di un'istituzione o di un organo, un ufficio o un'agenzia comunitari, la Scuola può fornire un'assistenza in materia di ingegneria di formazione o un'assistenza sotto forma di altre attività connesse al suo settore di competenza, previo accordo con il direttore della Scuola e definizione delle modalità finanziarie per tale prestazione. Articolo 4 Reclami e domande 1. Per tutte le domande o i reclami relativi ai compiti della Scuola, il direttore della Scuola esercita i poteri che sono conferiti all'autorità che ha il potere di nomina in virtù dell'articolo 90 dello statuto. 2. In caso di reclami, il direttore della Scuola, qualora intenda confermare la sua decisione iniziale, consulta il presidente del consiglio di amministrazione. 3. La Scuola risponde alle domande inoltrate dal Mediatore europeo per tutte le questioni di sua competenza ai sensi della presente decisione. Articolo 5 Organizzazione delle attività 1. Di norma, i corsi organizzati dalla Scuola si svolgono tanto a Bruxelles quanto a Lussemburgo. Possono essere prese in considerazione altre sedi, sempre però applicando i principi della sana gestione. 2. Il consiglio di amministrazione assicura un accesso ai corsi equilibrato tra personale delle istituzioni. Esso assicura in particolare che la Scuola garantisca la disponibilità di accesso ad un numero sufficiente di partecipanti provenienti da un'istituzione nell'ambito della quale una formazione particolare, la cui organizzazione è affidata alla Scuola, è obbligatoria o costituisce una condizione per l’esercizio di determinate funzioni, in particolare delle funzioni di management. Nel quadro dell’elaborazione del programma di lavoro annuale, l’istituzione interessata comunica le proprie esigenze nei settori di cui sopra. Il programma di lavoro viene definito attribuendo l'opportuna priorità all'organizzazione dei corsi richiesti. 3. Per far fronte a situazioni particolari e transitorie, un’istituzione firmataria ha la possibilità di chiedere alla Scuola l’ammissione di un numero di partecipanti superiore alla quota proporzionale alla sua parte di organico, prevedendo il trasferimento alla Scuola dei mezzi finanziari corrispondenti. Si applica in questo caso l’articolo 3, paragrafo 2. 4. La Scuola può avviare una cooperazione con altre scuole di amministrazione, istituti o università che operano nel medesimo settore. Tale cooperazione può prevedere anche attività di scambio. Articolo 6 Consiglio di amministrazione Durante il periodo di dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (di seguito «l'Ufficio»), la funzione di consiglio di amministrazione della Scuola è assicurata dal consiglio di amministrazione dell'Ufficio, secondo le disposizioni dell’articolo 5 della decisione 2002/621/CE dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore (3). Articolo 7 Funzioni del consiglio di amministrazione Nell'interesse comune delle istituzioni, il consiglio di amministrazione svolge le seguenti funzioni: a) approva, a maggioranza qualificata, le regole di funzionamento della Scuola; b) approva, a maggioranza semplice, la struttura organizzativa della Scuola su proposta del direttore della Scuola stessa; c) nell'ambito della procedura di bilancio e deliberando a maggioranza semplice, redige, in base a un progetto elaborato dal direttore della Scuola, uno stato di previsione delle entrate e delle spese della Scuola, che trasmette poi alla Commissione affinché essa possa stabilire lo stato di previsione delle entrate e delle spese della Commissione; contestualmente propone alla Commissione gli adeguamenti che esso giudica necessario apportare alla tabella dell'organico della Scuola; d) approva, a maggioranza semplice, la natura e le tariffe delle prestazioni supplementari che la Scuola può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie, come pure le condizioni in cui tali prestazioni possono essere effettuate; e) approva all'unanimità il programma di lavoro, sulla base di una proposta del direttore della Scuola. Il programma di lavoro comprende anche i servizi non direttamente connessi alle formazioni; f) approva, a maggioranza qualificata, sulla base di un progetto elaborato dal direttore della Scuola, una relazione annuale di gestione riguardante tutte le voci di entrata e di spesa relative ai lavori effettuati e alle prestazioni fornite dalla Scuola. Prima del 1o maggio di ogni anno, trasmette alle istituzioni la relazione sull'esercizio precedente redatta sulla scorta della contabilità analitica; g) sulla base delle necessità in materia di formazione, stabilisce, a maggioranza qualificata, le modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione della Scuola un numero adeguato di funzionari-conferenzieri. Articolo 8 Nomina del personale 1. Durante il periodo della dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio, la funzione di direttore della Scuola è assunta dal direttore dell'Ufficio. 2. Il direttore della Scuola è l'autorità che ha il potere di nomina del personale della Scuola. 3. Il direttore della Scuola informa il consiglio di amministrazione delle nomine, della firma dei contratti, delle promozioni o dell'adozione di provvedimenti disciplinari concernenti i funzionari e gli altri agenti. 4. I funzionari di tutte le istituzioni delle Comunità sono informati dei posti vacanti presso la Scuola, non appena l'autorità che ha il potere di nomina abbia deciso di coprire tali posti. 5. Per l’esecuzione delle funzioni qualificate non essenziali, la Scuola potrà far ricorso ad agenti contrattuali, conformemente all’articolo 3 bis, paragrafo 1, punto c), del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee. Articolo 9 Funzioni del direttore della Scuola e gestione del personale 1. Il direttore è responsabile del buon funzionamento della Scuola. Nell'ambito delle competenze del consiglio di amministrazione, il direttore agisce sotto l'autorità di quest'ultimo. Egli assicura i servizi di segreteria del consiglio di amministrazione, rende conto a quest'ultimo dell'esecuzione delle proprie funzioni e gli presenta qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento della Scuola. 2. Le procedure amministrative relative alla gestione corrente del personale, segnatamente in ordine alle retribuzioni e ai congedi, alla cassa malattia, agli infortuni e al pensionamento, si applicano secondo le stesse modalità in vigore per i funzionari e gli agenti della Commissione. Tale elenco non è esaustivo e la Scuola può concordare con la Commissione altri ambiti di intervento. Articolo 10 Capo della Scuola 1. Per il periodo di dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio, la Commissione nomina un capo della Scuola, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione dell'Ufficio, espresso a maggioranza semplice. Il consiglio di amministrazione collabora fattivamente all'espletamento delle procedure necessarie prima della nomina del capo della Scuola, in particolare alla redazione dell'avviso di posto vacante e all'esame delle candidature. 2. Il capo della Scuola è responsabile, sotto l'autorità del direttore, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 2 della decisione che istituisce la Scuola europea di amministrazione. Egli assiste alle riunioni del consiglio di amministrazione per la discussione dei punti che rientrano nel suo campo di competenza. Articolo 11 Aspetti finanziari 1. La dotazione della Scuola, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare all'interno della sezione del bilancio relativa alla Commissione, è riportata nei dettagli in un allegato della stessa sezione. Tale allegato consta di uno stato delle entrate e delle spese, suddiviso nello stesso modo delle sezioni del bilancio. 2. La tabella dell'organico della Scuola è allegata a quella della Commissione. 3. Sulla base di una proposta del consiglio di amministrazione, la Commissione delega, per la dotazione della Scuola iscritta nell'allegato, i poteri di ordinatore al direttore della Scuola e fissa i limiti e le condizioni di tale delega. Per quanto riguarda le prestazioni supplementari fornite dalla Scuola a titolo oneroso, alla fine dell'esercizio il consiglio di amministrazione informa l'autorità di bilancio sulla ripartizione degli importi recuperati all'interno della linea di bilancio dell'allegato. 4. Il bilancio della Scuola è formato ed eseguito conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (4). 5. Durante il periodo di dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio, le disposizioni finanziarie di cui ai precedenti paragrafi da 1 a 4, in particolare la dotazione della Scuola e il suo organico, sono trattate nel quadro del bilancio dell'Ufficio e sono soggette alle pertinenti disposizioni. Al fine di facilitare l'individuazione delle risorse a disposizione della Scuola, nel rispetto delle norme del bilancio, l'organico della Scuola figura tra alcune voci separate della tabella dell'organico dell'Ufficio e gli stanziamenti operativi specifici della Scuola saranno raggruppati in un articolo separato dell'allegato IV. Articolo 12 Riesame delle funzioni 1. La presente decisione è riesaminata, relativamente alle funzioni di cui all'articolo 1, paragrafo 1, dopo almeno tre anni dalla creazione della Scuola. 2. Un'eventuale revisione delle funzioni esige l'accordo unanime dei segretari generali, del cancelliere della Corte di giustizia e del rappresentante del Mediatore su una proposta all'uopo adottata dal consiglio di amministrazione alla maggioranza qualificata di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 2002/621/CE, sulla base di una relazione dettagliata redatta dal direttore. Articolo 13 Revisione della dipendenza amministrativa dall'Ufficio 1. Al più tardi alla fine del terzo anno di attività della Scuola, il direttore dell'Ufficio redige e sottopone al consiglio di amministrazione una dettagliata relazione in merito alla dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio. Il consiglio di amministrazione, con una decisione adottata secondo le modalità previste all'articolo 4, paragrafo 3, della decisione che istituisce la Scuola, dovrà decidere di porre termine a tale dipendenza. Qualora il consiglio di amministrazione decida di mantenere la dipendenza amministrativa, la decisione dovrà essere accompagnata da un parere motivato. 2. Qualora, in virtù della procedura prevista al paragrafo 1, il consiglio di amministrazione decida di prolungare tale dipendenza, esso indica nella sua decisione il termine entro il quale la questione verrà riesaminata. Articolo 14 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, il 26 gennaio 2005. Per il Parlamento europeo Il segretario generale Julian PRIESTLEY Per la Commissione Il segretario generale David O’SULLIVAN Per la Corte dei conti Il segretario generale Michel HERVÉ Per il Comitato delle Regioni Il segretario generale Gerhard STAHL Per il Consiglio Il segretario generale aggiunto Pierre DE BOISSIEU Per la Corte di giustizia Il cancelliere Roger GRASS Per il Comitato economico e sociale Il segretario generale Patrick VENTURINI Il Mediatore Nikiforos DIAMANDOUROS (1) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, Euratom) n. 31/2005 (GU L 8 del 12.1.2005, pag. 1). (2) Cfr. pag. 14 della presente Gazzetta ufficiale. (3) GU L 197 del 26.7.2002, pag. 56. (4) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Scuola europea di amministrazione QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI? La decisione 2005/118/CE istituisce la Scuola europea di amministrazione con lo scopo di fornire perfezionamento professionale al personale delle istituzioni firmatarie (il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione europea, la Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte dei conti europea, il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato delle regioni e il mediatore europeo). La decisione 2005/119/CE stabilisce le norme per l’organizzazione e il funzionamento della scuola. PUNTI CHIAVE Scopo La scuola interistituzionale organizza attività di formazione per migliorare le competenze e le conoscenze delle persone che lavorano all’interno delle organizzazioni firmatarie. Lo scopo è quello di trasmettere valori comuni a tutte le istituzioni dell’Unione europea. Essa si occupa di:progettare, organizzare e valutare le azioni di formazione; agevolare la partecipazione ad azioni di formazione esterna; svolgere qualunque funzione inerente o di supporto alla sua missione. Tipologie delle azioni di formazione La scuola offre le seguenti tipologie di formazione:i corsi di management per coloro i quali sono chiamati, o potrebbero essere chiamati, a esercitare funzioni dirigenziali;i corsi di entrata in servizio per i nuovi membri del personale;la formazione obbligatoria prevista per il passaggio tra gruppi di funzioni, ad esempio, dal ruolo di impiegato o addetto alla segreteria a un ruolo esecutivo. le istituzioni sono libere di integrare tali corsi con corsi maggiormente in linea con le loro esigenze specifiche. La scuola può inoltre offrire corsi richiesti da altri organismi, agenzie o uffici dell’UE, purché essi non ostacolino l’organizzazione dei corsi rivolti alle istituzioni. Formatori e sedi delle attività di formazioneI funzionari vengono messi a disposizione dalle istituzioni firmatarie con la funzione di formatori. Come regola generale, i corsi vengono organizzati a Bruxelles e a Lussemburgo, ma possono avere luogo in altre sedi. Organizzazione delle attivitàIl consiglio di amministrazione della scuola assicura una accesso ai corsi equilibrato tra personale delle istituzioni. La Scuola garantisce la disponibilità di un numero minimo di posti per le azioni di formazione obbligatorie o che costituiscono una condizione per l’esercizio di determinate funzioni, in particolare delle funzioni di management. Per far fronte a situazioni particolari e transitorie, alla scuola può essere richiesta l’ammissione di un numero di partecipanti superiore al normale. In tale caso, l’istituzione interessata trasferisce alla Scuola i mezzi finanziari necessari. La Scuola può avviare una cooperazione con altre scuole, istituti o università che operano nel medesimo settore. GestioneLa scuola dipende dall’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO). Ciò significa che:il consiglio di amministrazione dell’Ufficio svolge la funzione di consiglio di amministrazione della Scuola;il direttore dell’Ufficio svolge la funzione di direttore della Scuola.il personale della scuola rientra nell’organico dell’Ufficio;le entrate e le spese della Scuola sono integrate nel bilancio dell’Ufficio. Il consiglio di amministrazione decide su:il funzionamento della scuola,la sua struttura,Una previsione di bilancio e una relazione annuale della gestione,Il programma di lavoro,le tariffe applicate dalla scuola per i servizi che offre, ele modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione della Scuola un numero adeguato di funzionari-conferenzieri. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Le decisioni 2005/118/CE e 2005/119/CE si applicano entrambe dal 10 febbraio 2005. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Scuola europea di amministrazione (Europa). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2005/118/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo del 26 gennaio 2005 che istituisce la Scuola europea di amministrazione (GU L 37,del 10.2.2005, pagg. 14-16) Decisione 2005/119/CE dei Segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del Cancelliere della Corte di giustizia, dei Segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore del 26 gennaio 2005 relativa all’organizzazione e al funzionamento della Scuola europea di amministrazione (GU L 37, del 10.2.2005, pagg. 17-20)
0
123
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana - Atto finale - Dichiarazione comune sull'accordo scientifico e tecnologico tra la Comunità europea e il Sudafrica Gazzetta ufficiale n. L 313 del 15/11/1997 pag. 0026 - 0037 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricanaLA COMUNITÀ EUROPEA, in appresso denominata «la Comunità», da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA SUD-AFRICANA, per conto della Repubblica Sudafricana (in appresso denominata «Sudafrica») dall'altra,in appresso denominati le «parti»;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERANDO che la Comunità europea e il Sudafrica stanno attuando programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio agevolando ogni ulteriore cooperazione;CONSIDERANDO che detta cooperazione, ove possibile e giustificato, deve andare anche a vantaggio della Comunità per lo sviluppo dell'Africa meridionale;CONSIDERANDO che a tale scopo è auspicabile che sia istituito un quadro per la cooperazione;CONSIDERANDO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica costituisce parte della cooperazione globale tra la Comunità ed i suoi Stati membri, da un lato, e il Sudafrica, dall'altro;CONSIDERANDO che con decisione n. 1110/94/CE il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea hanno adottato un programma quadro delle azioni della Comunità europea nel settore della ricerca, dello sviluppo tecnologico e della dimostrazione (1994-1998), in appresso denominato «Quarto programma quadro»;CONSIDERANDO che, fatte salve le pertinenti disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea, il presente accordo e le eventuali attività svolte in sua applicazione lasciano assolutamente impregiudicata la potestà degli Stati membri di intraprendere attività bilaterali con il Sudafrica in campo scientifico, tecnologico, della ricerca e sviluppo e di stipulare, se del caso, accordi a tal fine,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivi Le parti promuovono e agevolano la cooperazione tra la Comunità e il Sudafrica nei settori d'interesse comune in cui sostengono attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione volte a far progredire la scienza e/o la tecnologia.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente accordo, si intende per:a) «attività di cooperazione»: ogni attività svolta a norma del presente accordo, ivi compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni»: dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo derivanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta e, eventualmente, le parti stesse ritengano necessaria;c) «proprietà intellettuale»: la definizione che ne dà l'articolo 2 della Convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta»: ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione condotti con o senza contributo finanziario di una delle due parti o di entrambe e che comporti la collaborazione dei partecipanti della Comunità e del Sudafrica;e) «partecipante» o «ente di ricerca»: qualsiasi persona fisica o giuridica, università, istituto di ricerca o altro organismo o impresa, nonché le Parti stesse, che si impegni a partecipare ad una attività di cooperazione.Articolo 3 Principi L'attività di cooperazione è svolta sulla base dei seguenti principi:a) la reciprocità dei vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione; ec) nell'ambito delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, la tutela efficace della proprietà intellettuale e l'equa distribuzione dei diritti di proprietà intellettuale, secondo quanto disposto nell'allegato, che costituisce parte integrante del presente accordo.Articolo 4 Portata della cooperazione La cooperazione a norma del presente accordo può coprire tutte le attività di ricerca e sviluppo tecnologico e dimostrazione (in appresso denominate RST) connesse al Quarto programma quadro e tutte le analoghe attività RST effettuate in Sudafrica.Articolo 5 Modalità della cooperazione La cooperazione può assumere le seguenti forme:a) i) la partecipazione di enti di ricerca sudafricani a progetti RST connessi con il Quarto programma quadro e reciprocamente la partecipazione di enti di ricerca della Comunità europea a progetti sudafricani in aree di ricerca analoghe; per quanto riguarda la partecipazione sudafricana ai progetti RST comunitari, essa è soggetta alle norme applicabili per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università agli specifici programmi RST della Comunità (1);ii) ai fini della partecipazione degli enti di ricerca sudafricani allo specifico programma di RST nell'ambito della cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali (1994-1998) il Sudafrica è considerato un paese in via di sviluppo;b) l'utilizzazione in comune delle strutture di ricerca;c) le visite e gli scambi di addetti alla ricerca, ingegneri e tecnici;d) la partecipazione di esperti a seminari, simposi e corsi pratici;e) le reti scientifiche e la formazione di ricercatori;f) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, le normative e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;g) altre attività che possono essere raccomandate dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, secondo le politiche ed i programmi delle parti.Ad esclusione dei progetti di cui alla lettera a) ii), i progetti RST saranno attuati solo dopo l'approvazione da parte dei partecipanti di un piano congiunto di gestione tecnologica, come indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6 Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia a) Il presente accordo è gestito dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia; esso è composto da rappresentanti della Commissione e del Sudafrica; esso adotta il proprio regolamento interno.b) I compiti del comitato consistono nel:1) promuovere e sottoporre a verifica le attività di cooperazione previste dal presente accordo;2) formulare raccomandazioni a norma dell'articolo 5, lettera g);3) fornire pareri alle parti sulle modalità di promuovere la cooperazione secondo i principi che ispirano il presente accordo;4) verificare se l'accordo funziona in maniera efficace ed efficiente;5) redigere una relazione annuale, destinata alle parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese a norma del presente accordo.c) Il comitato si riunisce di comune accordo alternativamente nella Comunità e nel Sudafrica.d) Le spese sostenute dal comitato o per suo conto sono a carico della parte nei cui confronti i membri sono responsabili. Le spese diverse da quelle di viaggio e alloggio occasionate direttamente dalle riunioni del comitato sono a carico della parte ospitante.Articolo 7 Finanziamento a) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi e alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi delle parti.b) Le spese sostenute dai partecipanti per le attività di cooperazione non richiedono alcun trasferimento di fondi da una parte all'altra, ad esclusione della partecipazione di cui all'articolo 5, lettera a) ii).Articolo 8 Circolazione del personale e delle attrezzature Ogni parte adotta ogni misura ragionevole e si adopera al meglio, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature del (dei) partecipante(i) destinati o impiegati nelle attività di cooperazione a norma del presente accordo.Articolo 9 Divulgazione ed utilizzazione delle informazioni Gli enti di ricerca con sede nel Sudafrica che partecipano a progetti RST della Comunità sono tenuti, in materia di proprietà, divulgazione e utilizzazione delle informazioni, nonché di diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla loro partecipazione, a conformarsi alle regole previste per la divulgazione dei risultati della ricerca realizzati mediante gli specifici programmi RST della Comunità nonché a quanto stabilito nell'allegato al presente accordo.Gli enti di ricerca con sede nella Comunità che partecipano a progetti RST sudafricani godono, in materia di proprietà, divulgazione e utilizzazione delle informazioni, nonché di diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla loro partecipazione, dei medesimi diritti e sono soggetti ai medesimi obblighi previsti per gli enti di ricerca sudafricana nonché a quanto stabilito nell'allegato al presente accordo.Articolo 10 Ambito di applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio del Sudafrica.Articolo 11 Entrata in vigore, denuncia e soluzione delle controversie a) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti si notificano reciprocamente per iscritto che sono stati completati gli adempimenti richiesti dal loro ordinamento giuridico.b) Il presente accordo è concluso per la durata del Quarto programma quadro ed è prorogabile di comune accordo tra le parti (rinnovo tacito) per gli specifici programmi che danno esecuzione a successivi programmi quadro della Comunità.c) L'accordo può essere emendato dalle parti di comune accordo. Gli emendamenti entrano in vigore alla data in cui le parti si sono notificate per iscritto che sono stati completati gli adempimenti previsti dal loro ordinamento giuridico.d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con un preavviso scritto di sei mesi. La scadenza o la denuncia del presente accordo lascia impregiudicata la validità e la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso o i diritti e gli obblighi specifici maturati a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia connessa con l'interpretazione o l'attuazione del presente accordo è risolta per mutuo consenso delle parti.Articolo 12 Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en Bruselas, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y seis.Udfærdiget i Bruxelles den femte december nitten hundrede og seksoghalvfems.Geschehen zu Brüssel am fünften Dezember neunzehnhundertsechsundneunzig.¸ãéíå óôéò ÂñõîÝëëåò, óôéò ðÝíôå Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá Ýîé.Done at Brussels on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-six.Fait à Bruxelles, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-seize.Fatto a Bruxelles, addì cinque dicembre millenovecentonovantasei.Gedaan te Brussel, de vijfde december negentienhonderd zesennegentig.Feito em Bruxelas, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e seis.Tehty Brysselissä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäkuusi.Som skedde i Bryssel den femte december nittonhundranittiosex.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the Republic of South Africa>RIFERIMENTO A UN FILM>(1) Decisione 94/763/CE del Consiglio, del 21 novembre 1994, relativa alle norme per la partecipazione delle imprese, dei centri di ricerca e delle università ai programmi specifici di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione della Comunità europea (GU L 306 del 30. 11. 1994, pag. 8).ALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. PROPRIETÀ, ATTRIBUZIONE ED ESERCIZIO DEI DIRITTI1. L'attività di ricerca svolta in base al presente accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti a detta ricerca congiunta elaborano programmi comuni di gestione della tecnologia (PCGT) (1) che contengono, almeno, i principi applicabili in materia di proprietà e di utilizzazione, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) derivanti dalla ricerca congiunta.Tali programmi devono essere approvati dall'organismo finanziatore responsabile o dal dipartimento della parte che si occupa del finanziamento della ricerca prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo cui essi si riferiscono. I PCGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, dei requisiti imposti dalle norme legislative applicabili in materia, nonché della necessità di stabilire procedure di soluzione delle controversie e, infine, di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I PCGT disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca e di informazione svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI derivanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate da un determinato PCGT sono attribuite secondo le procedure descritte alla sezione I, punto 1, applicando i principi stabiliti nel medesimo PCGT. In caso di disaccordo che non possa essere risolto con la procedura di soluzione delle controversie concordata, le informazioni o la PI non attribuite diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta di cui esse sono il risultato e ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Secondo la normativa applicabile in materia, ciascuna parte provvede affinché l'altra parte e i partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti in base ai principi enunciati nella sezione I del presente allegato.4. Pur assicurando il mantenimento delle condizioni di concorrenza nei settori oggetto all'accordo, ciascuna parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti a norma del presente accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da promuovere in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente accordo;ii) l'adozione e l'attuazione di norme internazionali.II. OPERE OGGETTO DI DIRITTO D'AUTOREPer i diritti d'autore appartenenti alle parti o ai partecipanti si applica una disciplina conforme alla Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971).III. PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHEFatta salva la sezione IV, se non altrimenti convenuto nel PCGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dai partecipanti. Oltre a questa norma generale, si applica la seguente procedura:1. Nell'eventualità che una parte o un ente pubblico di tale parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta a norma del presente accordo, l'altra parte ha diritto, previa autorizzazione scritta rilasciata dall'editore, ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita per la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione di tali pubblicazioni al pubblico.2. Le parti si adoperano affinché sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche risultanti dalla ricerca congiunta svolta a norma del presente accordo e realizzate da editori indipendenti.3. Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore, destinata alla divulgazione al pubblico e redatta in base alla presente clausola, devono riportare i nomi dell'autore o degli autori, a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono menzionare anche, in modo chiaramente visibile, il sostegno dato congiuntamente dalle parti.IV. INFORMAZIONI NON DIVULGABILIA. Informazioni documentarie non divulgabili1. Ciascuna parte o i partecipanti individuano senza indugio, e preferibilmente in sede di elaborazione del PCGT, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:- la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;- il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;- i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo per mantenerne la segretezza.2. Di norma, ai partecipanti non è richiesto di fornire alle parti informazioni non divulgabili. Tuttavia, qualora dovessero venire a conoscenza di tali informazioni, le parti ne rispettano il carattere particolare e non le rivelano né all'esterno, né al loro interno, né tra di loro senza il consenso scritto del partecipante, o dei partecipanti, cui appartengono le informazioni. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni vengono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.3. Ciascuna parte provvede affinché le informazioni non divulgabili, scambiate tra di esse a norma del presente accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra parte, ad esempio apponendovi un particolare contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.4. Le informazioni non divulgabili comunicate a norma del presente accordo e ricevute dall'altra parte possono essere divulgate dalla parte che le riceve a personale interno o da essa assunto, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili così comunicate siano regolate da un accordo scritto sulla riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali nel modo sopra indicato.5. Previo assenso scritto della parte che fornisce le informazioni non divulgabili a norma del presente accordo, la parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 3. Le parti cooperano nell'istituire apposite procedure per richiedere e ottenere il suddetto assenso preliminare scritto. Ciascuna parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabiliLe informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente accordo o le informazioni raccolte in seguito al distacco di personale, all'utilizzazione di attrezzature o all'esecuzione di progetti comuni, sono trattate dalle parti o dai partecipanti in base ai principi stabiliti alla sezione IV, lettera A del presente allegato, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare in anticipo e per iscritto.C. ControlloCiascuna parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute a norma del presente accordo siano sottoposte a controllo nel modo ivi previsto. Se una parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui alle lettere A o B, ne informa immediatamente l'altra parte che può essere lesa da tale divulgazione. Le parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.Appendice Caratteristiche indicative dei programmi comuni di gestione della tecnologia (PCGT) Il PCGT è un accordo specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PCGT, di norma, disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi le intese per la pubblicazione comune dei risultati, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la composizione delle controversie. Il PCGT può inoltre contenere disposizioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulle norme che regolano la comunicazione di informazioni non divulgabili, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.(1) Le caratteristiche indicative dei PCGT sono esposte nell'appendice.ATTO FINALE I plenipotenziariDEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,da un lato, eDELLA REPUBBLICA SUDAFRICANA,dall'altro,riuniti a Bruxelles, addì cinque dicembre millenovecentonovantasei per la firma dell'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana,hanno, al momento di firmare l'accordo,- adottato la seguente dichiarazione comune delle parti contraenti:Dichiarazione comune sull'accordo scientifico e tecnologico tra la Comunità europea e il SudafricaLa dichiarazione di cui sopra è acclusa al presente atto finale.DICHIARAZIONE COMUNE SULL'ACCORDO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO TRA LA COMUNITÀ EUROPEA E IL SUDAFRICA La Comunità europea e il Sudafrica ribadiscono la loro ferma volontà di rafforzare la cooperazione scientifica e tecnologica e si rallegrano della conclusione del presente accordo che consentirà una collaborazione ancor più stretta tra le due parti a vantaggio delle attività di ricerca e di sviluppo tecnologico, compresa la dimostrazione, in vari settori di interesse comune.La Comunità europea e il Sudafrica dichiarano il loro impegno ad adoperare le loro migliori energie affinché le attività svolte nell'ambito del presente accordo abbiano una ripercussione favorevole anche sulla più ampia regione dell'Africa australe, contribuendo così ad uno sviluppo economico e sociale armonioso e sostenibile, come previsto nella dichiarazione dell'Unione europea e della Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe (SADC), adottata alla Conferenza ministeriale svoltasi a Berlino nel settembre 1994, e confermato alla Conferenza ministeriale che si è tenuta a Windhoek nell'ottobre 1996.Hecho en Bruselas, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y seis.Udfærdiget i Bruxelles den femte december nitten hundrede og seksoghalvfems.Geschehen zu Brüssel am fünften Dezember neunzehnhundertsechsundneunzig.¸ãéíå óôéò ÂñõîÝëëåò, óôéò ðÝíôå Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá Ýîé.Done at Brussels on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-six.Fait à Bruxelles, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-seize.Fatto a Bruxelles, addì cinque dicembre millenovecentonovantasei.Gedaan te Brussel, de vijfde december negentienhonderd zesennegentig.Feito em Bruxelas, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e seis.Tehty Brysselissä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäkuusi.Som skedde i Bryssel den femte december nittonhundranittiosex.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the Republic of South Africa>RIFERIMENTO A UN FILM> Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Sud Africa QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale per la cooperazione nel campo della scienza e della tecnologia volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività scientifiche e tecnologiche in settori di interesse comune. La decisione adotta l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su:beneficio reciproco; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata della proprietà intellettuale ed equa ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale. Ambiti di cooperazione L’accordo riguarda tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (RST) connesse al programma quadro di ricerca e innovazione dell’UE e tutte le analoghe attività RST effettuate in Sud Africa. Attività Le attività di cooperazione possono includere:la partecipazione reciproca degli enti di ricerca (ossia centri di ricerca, aziende, università) ai progetti; l’utilizzazione in comune delle strutture di ricerca; le visite e gli scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; la partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; le reti scientifiche e la formazione di ricercatori; scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi pertinenti alla cooperazione ai sensi del presente accordo; altre attività che possono essere raccomandate dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, istituito ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore l’11 novembre 1997. È stato concluso per la durata del 4° programma quadro per la ricerca e l’innovazione e viene rinnovato per ogni nuovo programma quadro. CONTESTO Questo accordo completa l’accordo sugli scambi, lo sviluppo e la cooperazione. Per ulteriori informazioni, fare riferimento a:Il Sud Africa e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Sud Africa, consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Sud Africa (Commissione europea) Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e Sud Africa (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana (GU L 313 del 15.11.1997, pagg. 26-37). Decisione 97/763/CE del Consiglio, del 10 novembre 1997, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana (GU L 313 del 15.11.1997, pag. 25). Informazioni sulla data di entrata in vigore dell’Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana (GU L 313 del 15.11.1997, pag. 38).
1
508
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DEL CONSIGLIO del 23 luglio 2012 indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (2012/443/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 126, paragrafo 6, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede la possibilità di elaborare orientamenti di politica economica specifici concernenti gli Stati membri la cui moneta è l’euro. (2) Nella raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2012 della Spagna e nel parere sul programma di stabilità della Spagna 2012-2015 (1), il Consiglio ha raccomandato alla Spagna di adottare provvedimenti al fine di «attuare la riforma del settore finanziario, e in particolare completare la ristrutturazione del settore bancario affrontando il problema delle istituzioni deboli rimanenti, presentando una strategia generale per gestire efficacemente le attività preesistenti nei bilanci delle banche e definendo un orientamento chiaro per il finanziamento e l’uso degli strumenti di sostegno». (3) L’abbondante disponibilità di finanziamento esterno a basso costo ha alimentato in Spagna negli anni 2000 una domanda interna trainata dal credito e una bolla speculativa, che si sono concentrate soprattutto sul settore immobiliare. Lo scoppio della bolla edilizia e immobiliare e la conseguente recessione economica hanno prodotto effetti negativi sul settore bancario spagnolo. Pertanto, alle banche spagnole è ormai ampiamente precluso, a eccezione di pochi enti creditizi di grandi dimensioni e diversificati sul piano internazionale, un accesso a prezzi abbordabili ai mercati del finanziamento all’ingrosso; esse sono pertanto estremamente dipendenti dal rifinanziamento dell’Eurosistema. Inoltre, la loro capacità di contrarre prestiti è ormai considerevolmente limitata dagli effetti dei declassamenti del rating sulla disponibilità di garanzie reali. (4) La considerevole contrazione dell’economia registrata negli ultimi anni, che influisce molto negativamente su occupazione e disoccupazione, ha determinato un grave deterioramento della posizione di bilancio della Spagna. Secondo l’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012, preparato dai servizi della Commissione, le proiezioni indicano un disavanzo pubblico al 6,3 % del PIL nel 2012, rispetto al 5,3 % previsto nel programma di stabilità 2012 e nel progetto di legge finanziaria 2012. Nel 2011 il debito pubblico lordo è salito al 68,5 % del PIL e, stando all’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012 preparato dai servizi della Commissione, si prevede che, a politiche invariate, aumenti all’80,9 % del PIL nel 2012 e all’86,8 % nel 2013, superando quindi il valore di riferimento del trattato ogni anno. I rischi associati allo scenario macroeconomico e agli obiettivi di bilancio, così come a ulteriori misure di salvataggio finanziario, potranno concorrere a un ulteriore aumento del debito pubblico. Alla luce di tale evoluzione il 10 luglio 2012 il Consiglio ha rivolto alla Spagna una raccomandazione a norma della procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), volta a far cessare l’attuale situazione di disavanzo eccessivo entro il 2014. (5) Le autorità spagnole hanno adottato una serie di misure importanti per affrontare i problemi del settore bancario, fra cui: ripulitura dei bilanci delle banche, aumento dei requisiti patrimoniali minimi, ristrutturazione del settore delle casse di risparmio, innalzamento consistente degli obblighi di accantonamento per i prestiti connessi allo Sviluppo immobiliare (Real Estate Development — RED) e alle attività vincolate. Le misure si sono tuttavia rivelate insufficienti ad allentare la pressione dei mercati. (6) Nel febbraio 2011 le autorità spagnole hanno innalzato il requisito del coefficiente minimo di capitale («capital principal») all’8 % delle attività ponderate per il rischio delle banche, cui hanno concesso fino al settembre 2011 per conformarsi alla nuova regolamentazione. Per le banche più dipendenti dal finanziamento all’ingrosso e caratterizzate da un accesso limitato al mercato, il coefficiente minimo di capitale è stato portato al 10 %. Nel febbraio e nel maggio 2012 una nuova normativa ha imposto alle banche di costituire riserve e margini patrimoniali più consistenti per tutelarsi dalle eventuali perdite sui prestiti sia redditizi sia in sofferenza relativamente alle attività edilizie e immobiliari accumulate in passato. Il volume complessivo previsto di questi nuovi obblighi di copertura ammontava a circa 84 miliardi di EUR. (7) Fino all’aprile 2012 il contributo finanziario complessivo lordo dello Stato spagnolo (escluse le garanzie sulle emissioni di titoli) ammontava a circa 15 miliardi di EUR. Il sostegno finanziario è stato fornito attraverso il Fondo per la ristrutturazione bancaria ordinata (FROB), cui è stato conferito un capitale di 15 miliardi di EUR di cui 9 miliardi già versati. Lo Stato ha inoltre fornito garanzie alle emissioni di obbligazioni bancarie privilegiate per un importo intorno agli 86 miliardi di EUR (di cui garanzie in essere per circa 58 miliardi). Nonostante le capacità residue del FROB pari a tre volte la sua allocazione di capitale, le disponibilità del settore pubblico non saranno sufficienti a garantire un sostegno abbastanza ampio da permettere la richiesta ripulitura a livello sistemico nel settore bancario. (8) I timori relativi alla necessità di un’ulteriore ricapitalizzazione del settore bancario hanno contribuito ad aumentare le pressioni del mercato sui titoli di Stato spagnoli. I rendimenti dei titoli sovrani hanno raggiunto livelli abbondantemente superiori ai 500 punti base fra fine giugno e inizio luglio 2012, con conseguente aumento dei costi di finanziamento del settore sovrano spagnolo. L’aumento dell’onere per interessi rende più impegnativa la sfida del risanamento delle finanze pubbliche spagnole e della correzione del disavanzo eccessivo. La ristrutturazione completa e la ricapitalizzazione del settore bancario sono pertanto elementi importanti per l’alleggerimento della pressione sulle finanze pubbliche. (9) Il 25 giugno 2012 le autorità spagnole hanno chiesto ufficialmente assistenza finanziaria nel contesto del processo in corso di ristrutturazione e ricapitalizzazione del settore bancario del paese. L’assistenza è chiesta a titolo di assistenza finanziaria alla ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria. L’assistenza fornita è subordinata a condizioni specifiche al settore finanziario, come previsto nel memorandum d’intesa (MoU) negoziato tra il governo spagnolo e la Commissione, di concerto con la Banca centrale europea (BCE) e l’Autorità bancaria europea (ABE), con l’assistenza tecnica del Fondo monetario internazionale (FMI). Essa comprenderà sia una condizionalità specifica per le banche, in linea con le norme in materia di aiuti di Stato, sia una condizionalità orizzontale. Parallelamente, la Spagna dovrà conformarsi pienamente ai propri impegni e obblighi nel quadro della PDE e delle raccomandazioni, volte ad affrontare gli squilibri macroeconomici, formulate nell’ambito del Semestre europeo. (10) Il miglioramento della resilienza a lungo termine del settore bancario spagnolo è essenziale per mantenere la stabilità finanziaria in Spagna e contenere il contagio dello stress finanziario preservando le altre economie della zona euro e, quindi, per scongiurare effetti negativi sul buon funzionamento dell’economia e dell’Unione economica e monetaria. Le misure significative adottate finora per risolvere tali problemi non si sono rivelate del tutto adeguate. Sono pertanto necessarie ulteriori misure. La Spagna dovrebbe, in particolare, attuare altre misure specifiche per risolvere in modo efficace la questione delle attività accumulate in passato, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati, limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche e potenziare i meccanismi di individuazione dei rischi e gestione delle crisi. (11) Nell’ambito della strategia globale è fondamentale gestire efficacemente le attività accumulate in passato, imponendo una segregazione netta delle attività problematiche delle banche beneficiarie di sostegno mediante estromissione dai loro bilanci, in particolare per i prestiti connessi al comparto RED e per le attività vincolate. Tale segregazione fugherebbe gli ultimi dubbi sulla qualità dei bilanci delle banche, cui consentirebbe così di adempiere meglio la loro funzione di intermediazione finanziaria. (12) Un siffatto miglioramento della trasparenza dei bilanci delle banche può inoltre agevolare un ridimensionamento ordinato delle esposizioni delle banche nei confronti del settore immobiliare, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati e limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche. (13) La definizione di un quadro solido per il settore bancario spagnolo implica il potenziamento dei meccanismi di individuazione dei rischi e di gestione delle crisi. Una strategia efficace dovrebbe prevedere modifiche atte a rafforzare il quadro di regolamentazione e di vigilanza alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria. Occorre inoltre potenziare il governo societario in linea con le migliori pratiche internazionali, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. La Commissione, in consultazione con la BCE, l’ABE e l’FMI, ha convenuto con le autorità spagnole le condizioni specifiche di politica nel settore finanziario cui è collegata l’assistenza finanziaria. Tali condizioni figurano nel memorandum d’intesa (MoU) che dovrà essere firmato dalla Commissione europea e dalle autorità spagnole. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio in un accordo sullo strumento di assistenza finanziaria. La Spagna procede a una ricapitalizzazione adeguata e a una ristrutturazione profonda del suo sistema bancario. A tale scopo la Spagna sviluppa, coordinandosi con la Commissione europea e consultandosi con la BCE, una strategia per la struttura, il funzionamento e la sostenibilità economica futuri delle banche spagnole, che stabilirà in che modo garantire che siano in grado di operare senza ulteriore sostegno statale. Tale strategia sarà precisata ulteriormente nel MoU, in cui saranno ulteriormente elaborate le condizioni di politica contenute nella presente decisione. 2. Le componenti essenziali di tale strategia sono una revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo e il rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza nel settore bancario. 3. La revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo si articola nei tre elementi seguenti: a) individuazione del fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore bancario e, su tale base, una prova di stress sulle singole banche. In base ai risultati della prova di stress, le banche che necessitano di un apporto di capitale saranno divise in tre gruppi, ognuno dei quali sarà soggetto all’obbligo di presentare piani di ristrutturazione e risoluzione e tutte le misure complementari e successive, come previsto nel MoU; b) per le banche deboli, ricapitalizzazione, ristrutturazione e/o risoluzione ordinata della crisi in base a piani atti a colmare gli eventuali deficit di capitale individuati nella prova di stress. Tali piani si fonderanno sui principi di sostenibilità economica, riducendo al minimo i costi per i contribuenti (ripartizione degli oneri) e limitando le distorsioni della concorrenza. A tal fine la Spagna adotterà atti legislativi intesi a i) consentire l’attuazione di piani riguardanti i crediti subordinati, comprese forme obbligatorie di ripartizione degli oneri, ii) potenziare il quadro di risoluzione nel settore bancario in modo da integrare i pertinenti poteri del FROB e del Fondo di garanzia dei depositi (FGD) in materia di risoluzione e tenendo conto della proposta di regolamentazione dell’UE sulla gestione delle crisi e la risoluzione nel settore bancario, compresi strumenti speciali di risoluzione delle banche non economicamente sostenibili; c) per le banche beneficiarie di sostegno pubblico nel processo di ricapitalizzazione, segregazione delle attività e cessione delle attività deteriorate a una società di gestione patrimoniale esterna, per realizzare il loro valore a lungo termine. La Spagna, in stretta consultazione con la Commissione, la BCE e l’ABE, nonché avvalendosi dell’assistenza tecnica dell’FMI, metterà a punto un quadro legislativo globale per l’istituzione e il funzionamento della società di gestione patrimoniale, al fine di renderla pienamente operativa entro il novembre 2012. 4. Per definire un quadro solido nel settore bancario, la Spagna provvede inoltre al rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza e al potenziamento della governance. La strategia e la condizionalità, delineate con precisione nel MoU, comprendono tra l’altro le misure seguenti: a) gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad aumentare ad almeno il 9 % il coefficiente del capitale di base di classe 1 conformemente alla definizione di capitale di cui all’esercizio di ricapitalizzazione dell’ABE; b) a partire dal 1o gennaio 2013, gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad applicare la definizione di capitale contenuta nel regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation — CRR); c) è riveduto il quadro giuridico inerente al fondo perdite su crediti. Alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria, le autorità spagnole presentano, in particolare, proposte per rinnovare il quadro permanente del fondo perdite su crediti, tenendo conto sia delle misure temporanee introdotte negli ultimi mesi sia del quadro contabile dell’UE; d) è rafforzata ulteriormente l’autonomia operativa del Banco de España; in linea con le raccomandazioni e norme internazionali, i poteri di sanzionamento e di conferimento delle autorizzazioni nel settore bancario attualmente attribuiti al ministero dell’economia sono trasferiti al Banco de España; e) sono ulteriormente rafforzate le procedure di vigilanza del Banco de España sulla base di un audit interno; f) i dispositivi di governance delle agenzie della rete di sicurezza finanziaria (FROB e FGD) sono riveduti per evitare potenziali conflitti d’interesse; g) sono potenziate le norme sulla governance nel settore delle casse di risparmio e delle banche di proprietà delle casse di risparmio; h) è modificata la normativa sulla protezione dei consumatori e sui titoli al fine di limitare la vendita da parte delle banche di strumenti di debito subordinati (o di strumenti non coperti dall’FGD) a clienti al dettaglio non qualificati, ed è rafforzato il controllo di conformità da parte delle autorità; i) sono adottati provvedimenti per ridurre al minimo i costi per i contribuenti derivanti dalla ristrutturazione bancaria. Dopo l’attribuzione delle perdite agli azionisti, le autorità spagnole imporranno misure di ripartizione degli oneri ai detentori di capitale ibrido e di titoli di debito subordinato nelle banche che ricevono capitale pubblico; j) sono fissati massimali per i livelli di remunerazione dei membri dei consigli direttivi e di sorveglianza di tutte le banche che beneficiano di aiuti di Stato; k) è potenziato il registro pubblico dei crediti. 5. Le autorità forniscono alla Commissione, alla BCE, all’ABE e all’FMI, in condizioni di massima riservatezza, i dati necessari ai fini del controllo del settore bancario. 6. La Commissione, di concerto con la BCE e l’ABE, verifica a intervalli regolari, attraverso controlli in loco e relazioni periodiche elaborate dalle autorità spagnole, su base trimestrale, che siano soddisfatte le condizioni di politica cui è collegata l’assistenza finanziaria. Il monitoraggio delle attività del FROB nel contesto del programma avrà luogo a scadenze regolari. Articolo 2 Il Regno di Spagna è destinatario della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2012 Per il Consiglio La presidente C. ASHTON (1) GU C 219 del 24.7.2012, pag. 81. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Assistenza finanziaria alla Spagna QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Ha approvato un programma di assistenza finanziaria volto ad aiutare la Spagna a ricapitalizzare e ristrutturare il proprio settore bancario. PUNTI CHIAVE Il programma di assistenza finanziaria concordato dai ministri delle Finanze della zona euro a luglio 2012 prevedeva finanziamenti da parte dei paesi della zona euro alla Spagna fino a 100 miliardi di euro per 18 mesi. Quando il programma è terminato, a gennaio 2014, la Spagna aveva usato solo circa 38,9 miliardi di euro degli aiuti per ricapitalizzare le proprie banche e altri 2,5 miliardi di euro per capitalizzare la società spagnola di gestione patrimoniale, Sareb. In cambio degli aiuti la Spagna, in consultazione con la Banca centrale europea (BCE), l’Autorità bancaria europea (ABE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), doveva: individuare il fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore e una prova di stress sulle singole banche; ricapitalizzare, ristrutturare e/o effettuare una risoluzione ordinata delle banche deboli, riducendo al minimo i costi per i contribuenti; segregare le attività deteriorate delle banche beneficiarie di sostegno pubblico e cederle alla società di gestione patrimoniale Sareb; rafforzare i suoi quadri di regolamentazione e di vigilanza e potenziare la governance. Ogni tre mesi, la Commissione europea, la BCE e l’ABE hanno verificato che la Spagna rispettasse le condizioni cui gli aiuti erano subordinati. Dopo che la Spagna ha abbandonato il programma nel dicembre del 2013, la Commissione ha continuato a monitorare l’economia e il settore finanziario spagnoli nell’ambito delle misure di vigilanza successive al programma stabilite nel regolamento (UE) n. 472/2013. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 24 luglio 2012. CONTESTO Il 25 giugno 2012, il governo spagnolo ha richiesto assistenza finanziaria esterna a titolo del programma di assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF). I capi di Stato e di governo presenti al Vertice della zona euro del 29 giugno 2012 hanno concordato che l’assistenza sarebbe di conseguenza arrivata dal meccanismo europeo di stabilità (MES), ma senza ottenere le stesse priorità per il rimborso di altri prestiti MES. Il memorandum d’intesa è stato firmato il 23 luglio. La sua piena attuazione ha tenuto conto di tutte le altre considerazioni pertinenti contenute nella dichiarazione del Vertice della zona euro del 29 giugno 2012. Il funzionamento del programma è stato monitorato da vicino dalla Commissione e dalla BCE, parzialmente anche dall’ABE e dal FESF. È stato fortemente coinvolto anche l’FMI. Per ulteriori informazioni, si veda: «Il programma di aggiustamento del settore finanziario per la Spagna» (Commissione europea) «Vigilanza successiva al programma per la Spagna» (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2012/443/UE del Consiglio, del 23 luglio 2012, indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (GU L 202 del 28.7.2012, pagg. 17-20) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4) Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 407/2010 sono state integrate nel documento di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pagg. 1-10)
1
362
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euro Gazzetta ufficiale n. L 139 del 11/05/1998 pag. 0001 - 0005 REGOLAMENTO (CE) N. 974/98 DEL CONSIGLIO del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere dell'Istituto monetario europeo (2),visto il parere del Parlamento europeo (3),(1) considerando che il presente regolamento definisce le norme applicabili in materia monetaria negli Stati membri che hanno adottato l'euro; che il regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (4), ha già fissato le norme concernenti la continuità dei contratti, la sostituzione dei riferimenti all'ECU negli strumenti giuridici mediante riferimenti all'euro ed infine l'arrotondamento degli importi; che l'introduzione dell'euro riguarda le operazioni quotidiane di tutta la popolazione degli Stati membri partecipanti; che, per assicurare un passaggio equilibrato, in particolare per i consumatori, occorrerebbe prendere in esame disposizioni diverse da quelle contenute nel presente regolamento e nel regolamento (CE) n. 1103/97;(2) considerando che nella riunione del Consiglio europeo tenutasi a Madrid il 15 e il 16 dicembre 1995 è stato deciso che l'espressione «ECU» utilizzata nel trattato per indicare l'unità monetaria europea è un'espressione generica; che i governi dei quindici Stati membri hanno convenuto che questa decisione costituisce l'interpretazione concordata e definitiva delle disposizioni pertinenti del trattato; che la denominazione della moneta europea sarà «euro»; che l'euro in quanto moneta degli Stati membri partecipanti sarà diviso in cento unità divisionali denominate «cent»; che la scelta del nome «cent» non esclude l'utilizzo delle varianti linguistiche di tale termine in uso comune negli Stati membri; che il Consiglio europeo ha inoltre convenuto che la denominazione della moneta unica deve essere la stessa in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, tenuto conto dell'esistenza di alfabeti diversi;(3) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase del trattato, oltre all'adozione dei tassi di conversione, il Consiglio adotta anche le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro;(4) considerando che ogniqualvolta uno Stato membro divenga, a norma dell'articolo 109 K, paragrafo 2 del trattato, uno Stato membro partecipante, il Consiglio, in forza dell'articolo 109 L, paragrafo 5 del trattato, adotta le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro come moneta unica nello Stato membro interessato;(5) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, alla data di inizio della terza fase il Consiglio adotta i tassi di conversione ai quali le monete degli Stati membri partecipanti sono irrevocabilmente vincolate e il tasso irrevocabilmente fissato al quale l'euro viene a sostituirsi a queste valute;(6) considerando che le disposizioni normative vanno interpretate tenendo conto dell'assenza di rischi di cambio tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali o tra le varie unità monetarie nazionali;(7) considerando che il termine «contratto» utilizzato nella definizione degli strumenti giuridici comprende tutti i tipi di contratto, indipendentemente dalle modalità della loro stipulazione;(8) considerando che, al fine di preparare un'agevole transizione verso l'euro, occorre prevedere un periodo transitorio tra la sostituzione dell'euro alle monete degli Stati membri partecipanti e l'introduzione delle banconote e delle monete metalliche in euro; che durante tale periodo le unità monetarie nazionali saranno definite come suddivisioni dell'euro; che risulta pertanto stabilita un'equivalenza giuridica tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali;(9) considerando che, a norma dell'articolo 109 G del trattato e del regolamento (CE) n. 1103/97, dal 1° gennaio 1999 l'euro sostituirà l'ECU come unità di conto delle istituzioni delle Comunità europee; che l'euro dovrebbe essere inoltre l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle banche centrali degli Stati membri partecipanti; che, secondo le conclusioni di Madrid, le operazioni di politica monetaria saranno effettuate in euro dal Sistema europeo di banche centrali (SEBC); che ciò non impedisce alle banche centrali nazionali di tenere conti nelle rispettive unità monetarie nazionali durante il periodo transitorio, in particolare per il loro personale e per le pubbliche amministrazioni;(10) considerando che, durante il periodo transitorio, ciascuno Stato membro partecipante può consentire l'impiego generalizzato dell'unità euro nel suo territorio;(11) considerando che durante il periodo transitorio suddetto i contratti, le normative nazionali e gli altri strumenti giuridici possono essere validamente espressi in unità euro o nelle unità monetarie nazionali; che, durante lo stesso periodo, nessuna disposizione del presente regolamento dovrebbe pregiudicare la validità di qualsiasi riferimento a unità monetarie nazionali in uno strumento giuridico;(12) considerando che, salvo patto contrario, nell'esecuzione di tutti gli atti sanciti da uno strumento giuridico gli operatori economici devono rispettare la denominazione ivi prevista;(13) considerando che l'unità euro e l'unità monetaria nazionale sono unità della stessa moneta; che dovrebbe essere garantita la possibilità, all'interno degli Stati membri partecipanti, di effettuare i pagamenti tramite accredito di un conto nell'unità euro ovvero nelle rispettive unità monetarie nazionali; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto dovrebbero applicarsi anche ai pagamenti transfrontalieri denominati nell'unità euro o nell'unità monetaria nazionale del conto del creditore; che è necessario garantire il buon funzionamento dei sistemi di pagamento con disposizioni sull'accredito di conti tramite strumenti di pagamento accreditati mediante detti sistemi; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non dovrebbero comportare per gli intermediari finanziari l'obbligo di rendere disponibili altre possibilità di pagamento ovvero prodotti denominati in qualsiasi particolare unità dell'euro; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non impediscono agli intermediari finanziari di coordinare, durante il periodo transitorio, l'introduzione di possibilità di pagamento denominate in unità euro basate su un'infrastruttura tecnica comune;(14) considerando che, in base alle conclusioni del Consiglio europeo di Madrid, a decorrere dal 1° gennaio 1999 il nuovo debito pubblico negoziabile sarà emesso dagli Stati membri partecipanti in unità euro; che è opportuno consentire agli emittenti del debito di ridenominare il debito in essere in unità euro; che le disposizioni in materia di ridenominazione dovrebbero essere tali da poter essere applicate anche nelle giurisdizioni di paesi terzi; che gli emittenti dovrebbero essere in grado di ridenominare il debito in essere ove esso sia denominato nell'unità monetaria nazionale di uno Stato membro che ha ridenominato, in tutto o in parte, il debito in essere della sua pubblica amministrazione; che tali disposizioni non riguardano l'introduzione di misure supplementari intese a modificare i termini del debito in essere per alterarne, fra l'altro, l'importo nominale, essendo queste materie soggette alle pertinenti norme del diritto nazionale; che è opportuno consentire agli Stati membri di adottare gli opportuni provvedimenti per modificare l'unità di calcolo utilizzata per le procedure operative dei mercati organizzati;(15) considerando che potrebbero inoltre essere necessarie ulteriori iniziative a livello comunitario per chiarire l'effetto dell'introduzione dell'euro sull'applicazione delle disposizioni comunitarie vigenti, con particolare riguardo al netting, alla compensazione e all'utilizzo di tecniche aventi effetti simili;(16) considerando che l'obbligo d'impiego dell'unità euro può essere imposto soltanto in base alla normativa comunitaria; che per le operazioni con il settore pubblico gli Stati membri partecipanti possono consentire l'utilizzazione dell'unità euro; che, conformemente allo scenario di riferimento deciso dal Consiglio europeo di Madrid, la normativa comunitaria che stabilisce il calendario per la generalizzazione dell'impiego dell'unità euro potrebbe lasciare un margine di manovra ai singoli Stati membri;(17) considerando che, a norma dell'articolo 105 A del trattato, il Consiglio può adottare misure per armonizzare le denominazioni e le specificazioni tecniche di tutte le monete metalliche;(18) considerando che occorre tutelare adeguatamente le banconote e le monete metalliche contro la contraffazione;(19) considerando che le banconote e le monete metalliche denominate nelle unità monetarie nazionali cessano di avere corso legale al più tardi sei mesi dopo la fine del periodo transitorio; che le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi d'interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari;(20) considerando che, dopo la fine del periodo transitorio, i riferimenti presenti negli strumenti giuridici in vigore alla fine di tale periodo devono intendersi come riferimenti all'unità euro sulla base dei rispettivi tassi di conversione; che pertanto non è necessaria, per ottenere tale risultato, una ridenominazione materiale degli strumenti giuridici in vigore; che le regole di arrotondamento stabilite dal regolamento (CE) n. 1103/97 si applicano anche alle conversioni effettuate alla fine del periodo transitorio o successivamente ad esso; che comunque per motivi di chiarezza può essere opportuno procedere alla ridenominazione materiale il più presto possibile;(21) considerando che il protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord stabilisce al punto 2 che, inter alia, il punto 5 del protocollo stesso produce effetto se il Regno Unito notifica al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il 30 ottobre 1997 il Regno Unito ha comunicato al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il punto 5 stabilisce, inter alia, che l'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato non si applica al Regno Unito;(22) considerando che, nel riferirsi al punto 1 del protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, questa ha comunicato, nell'ambito della decisione di Edimburgo del 12 dicembre 1992, che non parteciperà alla terza fase; che pertanto, ai sensi del punto 2 del suddetto protocollo, alla Danimarca si applicano tutti gli articoli e tutte le disposizioni del trattato e dello Statuto del SEBC che fanno riferimento ad una deroga;(23) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, la moneta unica sarà introdotta esclusivamente negli Stati membri che non sono oggetto di una deroga;(24) considerando che, pertanto, il presente regolamento si applica a norma dell'articolo 189 del trattato, fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:PARTE I DEFINIZIONI Articolo 1 Ai fini del presente regolamento, si intende per:- «Stati membri partecipanti»: Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia;- «strumenti giuridici»: disposizioni normative, atti amministrativi, decisioni giudiziarie, contratti, atti giuridici unilaterali, strumenti di pagamento diversi dalle banconote e dalle monete metalliche ed altri strumenti aventi efficacia giuridica;- «tasso di conversione»: il tasso di conversione irrevocabilmente fissato, adottato dal Consiglio per la moneta di ciascuno Stato membro partecipante a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, prima frase del trattato;- «unità euro»: l'unità monetaria di cui all'articolo 2, seconda frase;- «unità monetarie nazionali»: le unità delle monete degli Stati membri partecipanti, così come definite il giorno precedente l'inizio della terza fase dell'Unione economica e monetaria;- «periodo transitorio»: il periodo di tempo che inizia il 1° gennaio 1999 e termina il 31 dicembre 2001;- «ridenominare»: modificare l'unità nella quale è espresso l'importo di un debito in essere da un'unità monetaria nazionale all'unità euro, come definito all'articolo 2; l'atto della ridenominazione lascia tuttavia inalterato ogni altro termine del debito, essendo questa una materia soggetta alle pertinenti norme del diritto nazionale.PARTE II SOSTITUZIONE DELL'EURO ALLE MONETE DEGLI STATI MEMBRI PARTECIPANTI Articolo 2 A decorrere dal 1° gennaio 1999, la moneta degli Stati membri partecipanti è l'euro. L'unità monetaria è un euro. Un euro è diviso in cento cent.Articolo 3 L'euro sostituisce, al tasso di conversione, la moneta di ciascuno Stato membro partecipante.Articolo 4 L'euro è l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle Banche centrali degli Stati membri partecipanti.PARTE III DISPOSIZIONI TRANSITORIE Articolo 5 Gli articoli 6, 7, 8 e 9 si applicano durante il periodo transitorio.Articolo 6 1. L'euro è altresì diviso nelle unità monetarie nazionali in base ai tassi di conversione. Ogni divisione delle monete nazionali in unità divisionali viene mantenuta. Subordinatamente alle disposizioni del presente regolamento, continua ad applicarsi la normativa degli Stati membri in materia monetaria.2. Ove uno strumento giuridico faccia riferimento ad un'unità monetaria nazionale, tale riferimento ha il medesimo valore di un riferimento all'unità euro in base ai tassi di conversione.Articolo 7 La sostituzione dell'euro alla moneta di ciascuno Stato membro partecipante non ha di per sé l'effetto di alterare la denominazione degli strumenti giuridici in vigore alla data di tale sostituzione.Articolo 8 1. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego di un'unità monetaria nazionale o che siano in essa denominati sono compiuti in tale unità monetaria nazionale. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego dell'unità euro o che siano in essa denominati vengono compiuti in unità euro.2. Le disposizioni del precedente paragrafo 1 si applicano salvo accordo diverso tra le parti.3. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, qualsiasi importo denominato in unità euro o nell'unità monetaria nazionale di un dato Stato membro partecipante e pagabile in detto Stato membro mediante accredito sul conto del creditore può essere versato dal debitore indifferentemente in unità euro o nell'unità monetaria nazionale in questione. Detto importo deve essere accreditato sul conto del creditore nell'unità monetaria in cui è denominato il conto medesimo; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.4. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, ciascuno Stato membro partecipante può adottare i provvedimenti necessari al fine di:- ridenominare in unità euro il debito in essere emesso dalla sua pubblica amministrazione, come definito nel sistema europeo di conti integrati, denominato in unità monetaria nazionale ed emesso a norma del diritto nazionale. Qualora uno Stato membro adotti una siffatta misura, gli emittenti possono ridenominare in unità euro il debito denominato nell'unità monetaria nazionale dello Stato membro in questione, salvo ove la ridenominazione sia espressamente esclusa dai termini del contratto; la presente disposizione si applica al debito emesso dall'amministrazione pubblica di uno Stato membro nonché alle obbligazioni e alle altre forme di debito mobiliarizzato negoziabile sui mercati finanziari ed agli strumenti del mercato monetario emessi da altri debitori;- consentire:a) ai mercati per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione degli strumenti elencati nella sezione B dell'allegato della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (5), nonché delle merci, eb) ai sistemi per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione dei pagamentidi cambiare l'unità di conto utilizzata per le loro procedure operative da un'unità monetaria nazionale all'unità euro.5. Gli Stati membri partecipanti possono adottare disposizioni diverse da quelle del precedente paragrafo 4, che impongano l'impiego di unità euro, solo secondo un calendario stabilito dalla normativa comunitaria.6. Le norme nazionali degli Stati membri partecipanti che consentono o impongono il netting, la compensazione o l'utilizzo di tecniche aventi effetti simili si applicano alle obbligazioni pecuniarie indipendentemente dal fatto che siano denominate in unità euro o in unità monetarie nazionali; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.Articolo 9 Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali del giorno precedente l'entrata in vigore del presente regolamento.PARTE IV BANCONOTE E MONETE METALLICHE IN EURO Articolo 10 A decorrere dal 1° gennaio 2002 la BCE e le Banche centrali degli Stati membri partecipanti immettono in circolazione banconote denominate in euro. Fatto salvo l'articolo 15, dette banconote denominate in euro sono le uniche banconote aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti.Articolo 11 A decorrere dal 1° gennaio 2002 gli Stati membri partecipanti coniano monete metalliche denominate in euro o in cent, conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche che il Consiglio può stabilire a norma dell'articolo 105 A, paragrafo 2, seconda frase del trattato. Fatto salvo l'articolo 15, dette monete metalliche sono le uniche monete metalliche aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti. Ad eccezione dell'autorità emittente e delle persone specificamente designate dalla normativa nazionale dello Stato membro emittente, nessuno è obbligato ad accettare più di cinquanta monete metalliche in un singolo pagamento.Articolo 12 Gli Stati membri partecipanti assicurano sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche.PARTE V DISPOSIZIONI FINALI Articolo 13 Gli articoli 14, 15 e 16 si applicano dopo lo scadere del periodo transitorio.Articolo 14 I riferimenti alle unità monetarie nazionali presenti negli strumenti giuridici in vigore al termine del periodo transitorio vengono intesi come riferimenti all'unità euro, da calcolarsi in base ai rispettivi tassi di conversione. Si applicano le regole di arrotondamento definite nel regolamento (CE) n. 1103/97.Articolo 15 1. Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali per sei mesi al massimo dopo la fine del periodo transitorio; tale lasso di tempo può essere abbreviato da una norma nazionale.2. Per un periodo non superiore a sei mesi dopo la fine del periodo transitorio, ogni Stato membro partecipante può stabilire norme per l'impiego delle banconote e delle monete metalliche denominate nella propria unità monetaria nazionale, a norma dell'articolo 6, paragrafo 1, e adottare qualsiasi misura necessaria ad agevolare il loro ritiro.Articolo 16 Conformemente alla normativa o agli usi degli Stati membri partecipanti, i rispettivi organismi responsabili dell'emissione di banconote e del conio di monete continuano a scambiare contro euro, al tasso di conversione, le banconote e le monete precedentemente emesse e coniate.PARTE VI ENTRATA IN VIGORE Articolo 17 Il presente regolamento entra in vigore il 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, a norma del trattato e fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1.Fatto a Bruxelles, addí 3 maggio 1998Per il ConsiglioIl PresidenteG. BROWN(1) GU C 369 del 7. 12. 1996, pag. 10.(2) GU C 205 del 5. 7. 1997, pag. 18.(3) GU C 380 del 16. 12. 1996, pag. 50.(4) GU L 162 del 19. 6. 1997, pag. 1.(5) GU L 141 dell'11. 6. 1993, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 95/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 168 del 18. 7. 1995, pag. 7) Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
L’adozione dell’euro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E DELL’ARTICOLO 140 DEL TFUE? Il regolamento definisce i requisiti monetari legali che i paesi dell’Unione europea (UE) che hanno adottato l’euro devono rispettare. Definisce le diverse fasi che portano all’introduzione dell’euro. L’articolo 140 del TFUE stabilisce i criteri per l’adesione all’unione economica e monetaria e per l’adozione dell’euro. Prevede una verifica regolare dei progressi rispetto a tali requisiti compiuti dai paesi al di fuori dell’area dell’euro. PUNTI CHIAVE Il regolamento sull’adozione dell’euro:contiene i dettagli sulle date per l’introduzione della moneta unica, per la sostituzione del contante e per il ritiro della valuta nazionale, relativamente a ciascun paese di adozione dell’euro;conferma che la moneta unica è l’euro, che è diviso in 100 centesimi e sostituisce la valuta nazionale dei paesi partecipanti al tasso di conversione concordato;offre alla Banca centrale europea e alle banche centrali nazionali dei paesi partecipanti all’euro il potere esclusivo di mettere in circolazione banconote in euro;consente alle banconote e monete nazionali di avere corso legale fino al giorno prima della data di adozione dell’euro;stabilisce i termini di eventuali periodi di abbandono graduale per le valute nazionali, una possibilità che nessun paese membro ha sfruttato;dichiara che le banconote e le monete nazionali continuano ad avere corso legale nei loro rispettivi paesi fino a sei mesi successivi alle rispettive date di sostituzione del contante;osserva che le banconote e le monete in euro sono le uniche ad avere corso legale nei paesi dell’area dell’euro dopo le rispettive date di sostituzione;autorizza i paesi dell’euro ad applicare adeguate sanzioni in caso di contraffazioni o falsificazioni di banconote e monete. Per adottare l’euro, i paesi devono soddisfare le seguenti quattro condizioni economiche e finanziarie, note come criteri di convergenza, come riportate all’articolo 140 del TFUE e nel protocollo n. 13 del TFUE:stabilità dei prezzi: mantenere per un anno un tasso di inflazione che non ecceda l’1,5% di quello dei tre paesi che hanno i tassi nazionali più bassi dell’area dell’euro;finanze pubbliche: garantire che siano sane e sostenibili, limitando il disavanzo e il debito nazionale affinché non eccedano rispettivamente il 3% e il 60% del prodotto interno lordo nazionale;stabilità del tasso di cambio: evitare fluttuazioni valutarie eccessive per almeno due anni, partecipando al meccanismo di cambio, che disciplina i tassi di cambio dei paesi dell’area dell’euro e dei paesi non euro;convergenza dei tassi d’interesse: avere un tasso di interesse a lungo termine che non ecceda di due punti percentuali quelli dei tre paesi dell’area dell’euro che hanno conseguito i migliori risultati. La Commissione europea ha contribuito a preparare l’arrivo dell’euro con una campagna di informazione ad ampio raggio, diretta a:le imprese che avrebbero utilizzato l’euro nelle transazioni a partire dal 1 gennaio 2002;il grande pubblico, che si sarebbe dovuto adattare alle nuove monete e banconote e ai prezzi e valori che esse esprimono;i gruppi con esigenze specifiche come quelli socialmente o economicamente isolati, con disabilità fisiche o non in grado di leggere o scrivere;i bambini che sarebbero cresciuti con la nuova moneta e avrebbero potuto contribuire a renderla familiare ai loro genitori e familiari più anziani. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1 gennaio 1999. CONTESTO Il 2019 segna il 20° anniversario dell’introduzione dell’euro. Il 1 gennaio 1999, 11 paesi dell’UE hanno fissato i propri tassi di cambio, hanno adottato una politica monetaria condivisa e hanno varato l’euro come nuova valuta comune sui mercati finanziari mondiali. L’euro, oggi, è la valuta di diciannove paesi dell’UE. Per maggiori informazioni, consultare:l’adozione dell’euro: principi, procedure e criteri (banca centrale europea) L’euro (Commissione europea) I vent’anni dell’euro (Europa). DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 974/98 sono state inserite nel testo originario. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche dell’Unione e azioni interne — Titolo VIII — Politica economica e monetaria — Capo 5 — Disposizioni transitorie — Articolo 140 (ex articoli 121, paragrafo 1, 122, paragrafo 2, seconda frase, e 123, paragrafo 5, del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 108). DOCUMENTO COLLEGATO Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo n. 13 sui criteri di convergenza (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 281).
1
883
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 89/108/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana Gazzetta ufficiale n. L 040 del 11/02/1989 pag. 0034 - 0037 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0049 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0049 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana (89/108/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione, in cooperazione con il Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), considerando che la fabbricazione e lo smercio dei prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, in appresso denominati «alimenti surgelati», rivestono un'importanza sempre maggiore nella Comunità: considerando che le differenze fra le legislazioni nazionali riguardanti gli alimenti surgelati ne ostacolano la libera circolazione; che dette differenze possono creare condizioni di concorrenza ineguali e pertanto incidere direttamente sull'instaurazione e suI funzionamento del mercato comune; considerando che, di conseguenza, è necessario ravvicinare dette legislazioni; considerando che a tale scopo occorre dare alla legislazione comunitaria il campo d'applicazione più vasto possibile, che si estenda a tutti i surgelati per l'alimentazione umana e includa non soltanto i prodotti destinati a essere forniti tali e quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, ma anche quelli che subiranno trasformazioni o entreranno a far parte di successive preparazioni; considerando tuttavia che questa regolamentazione non deve applicarsi a prodotti che non siano presentati in commercio come alimenti surgelati; considerando che in ogni caso è opportuno stabilire i criteri generali cui deve essere conforme qualsiasi alimento surgelato; considerando che in seguito potranno essere emanate all'occorrenza, per taluni gruppi di alimenti surgelati, disposizioni speciali a complemento dei criteri generali, secondo la procedura applicabile a ciascuno di questi gruppi; considerando che il surgelamento mira a conservare le caratteristiche intrinseche degli alimenti mediante un processo di congelamento rapido e che é necessario raggiungere in tutti i punti del prodotto una temperatura pari o inferiore a -18 oC; considerando che ad una temperatura di - 18 oC qualsiasi attività microbiologica in grado di alterare la qualità di un prodotto alimentare è sospesa e che ne deriva la necessità di mantenere almeno questa temperatura, sia pure con una certa tolleranza tecnicamente inevitabile, durante l'immagazzinamento e la distribuzione degli alimenti surgelati prima della loro immissione sul mercato per il consumatore finale; considerando che taluni aumenti della temperatura sono inevitabili per motivi tecnici e che quindi possono essere tollerati a condizione che non nuocciano alla qualità dei prodotti, cosa questa che può essere garantita se si osservano le buone prassi di conservazione e di distribuzione, tenuto conto in particolare del livello di rotazione delle scorte; considerando che le prestazioni di alcuni impianti tecnici attualmente utilizzati per la distribuzione locale degli alimenti surgelati non sono tali da garantire sempre il rispetto integrale dei limiti di temperatura imposti dalla presente direttiva e che si deve pertanto prevedere un regime transitorio che consenta di ammortizzare normalmente il materiale esistente; considerando che la presente direttiva può limitarsi ad enunciare gli obiettivi da raggiungere per quanto riguarda tanto l'attrezzatura utilizzata per l'operazione di surgelamento, quanto le temperature da rispettare nelle installazioni e nelle attrezzature di immagazzinamento, di manipolazione, di trasporto e di distribuzione; considerando che è compito degli Stati membri di garantire, mediante controlli ufficiali, che il materiale utilizzato sia tale da soddisfare questi obiettivi; considerando che siffatto controllo rende inutile qualsiasi sistema di accertamento ufficiale negli scambi commercial: considerando che è opportuno prevedere la possibilità di utilizzare fluidi criogeni, il che implica il loro contatto diretto con gli alimenti surgelati; che, pertanto, detti fluidi debbono essere sufficientemente inerti per non cedere agli alimenti un quantitativo di costituenti che possa presentare un pericolo per la salute umana, modificare in modo inaccettabile la composizione degli alimenti od alterare le loro caratteristiche organolettiche; considerando che per conseguire questo obiettivo occorre definire l'elenco delle sostanze in questione e fissarne i criteri di purezza nonché le condizioni di impiego; considerando che gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe sono soggetti, per quanto riguarda l'etichettatura, alle norme istituite dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura, la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale e la relativa pubblicità (3), modificata da ultimo dalla direttiva 86/197/CEE (4); che la presente direttiva deve pertanto limitarsi a prescrivere le diciture specifiche per gli alimenti surgelati; considerando che al fine di agevolare gli scambi è opportuno fissare anche le norme sull'etichettatura degli alimenti surgelati non destinati ad essere venduti tal quali al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe; considerando che per semplificare ed accelerare la procedura, è opportuno affidare alla Commissione l'adozione di misure esecutive di carattere tecnico; considerando che, in tutti i casi per i quali il Consiglio conferisce alla Commissione competenze per l'esecuzione di norme stabilite nel settore dei prodotti alimentari, occorre fissare una procedura che instauri una stretta cooperazione . tra gli Stati membri e la Commissione irt sede di comitato permanente per i prodotti alimentari, istituito dalla decisione 69/414/CEE del Consiglio (5), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva riguarda i prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, denominati qui di seguito «alimenti surgelati». 2. Ai sensi della presente direttiva, si intendono per «alimenti surgelati» i prodotti alimentari: - che sono stati sottoposti ad un processo speciale di congelamento, detto «surgelamento», che permette di superare con la rapidità necessaria in funzione della natura del prodotto la zona di cristallizzazione massima del prodotto e di far sì che la temperatura del prodotto in tutti i suoi punti - dopo la stabilizzazione termica - sia mantenuta ininterrottamente a valori pari o inferiori a -18oCe - che sono commercializzati in modo che risulti che hanno questa caratteristica. I gelati non sono considerati alimenti surgelati ai sensi della presente direttiva. 3. L'applicazione della presente direttiva lascia impregiudicate Ie disposizioni comunitarie derivanti: a) da una organizzazione comune dei mercati nei settori dell'agricoltura e della pesca; b) dall'igiene veterinaria. Articolo 2 Solo i prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2 possono avere le denominazioni previste agli articoli 8 e 9. Articolo 3 1. Le materie prime usate per la fabbricazione degli alimenti surgelati devono essere di qualità sana, leale e commerciale e possedere il necessario grado di freschezza. 2. La preparazione dei prodotti da trattare e l'operazione di surgelamento devono essere effettuate senza indiigio mediante attrezzature tecniche idonee a ridurre al minimo le modifiche chimiche, biochimiche e microbiologiche. Articolo 4 I mezzi criogeni il cui uso a contatto diretto con i surgelati è autorizzato, ad esclusione di tutti gli altri, sono i seguenti: - aria, - azoto, - anidride carbonica. In deroga al primo comma, gli Stati membri possono mantenere sino al 31 dicembre 1992 le legislazioni nazionali che autorizzano l'utilizzazione del diclorodifluormetano (R 12). I criteri di purezza cui tali mezzi criogeni devono rispondere sono fissati, se del caso, secondo la procedura prevista all'articolo 12. Articolo 5 1. La temperatura degli alimenti surgelati deve essere stabile e mantenuta, in tutti i punti del prodotto, a -18 oC o meno, con eventuali brevi fluttuazioni verso l'alto di 3 oC al massimo durante il trasporto. 2. Tuttavia, entro i limiti delle buone prassi di conservazione e di distribuzione, durante la distribuzione locale e negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale sono ammesse tolleranze della temperatura del prodotto, alle condizioni seguenti: a) tali tolleranze non devono superare i 3oC: b) esse possono tuttavia raggiungere i 6oC negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, se ed in quanto gli Stati membri lo decidano. In questo caso gli Stati membri scelgono la temperatura in base alla rotazione delle scorte o dei prodotti nel commercio al dettaglio e informano la Commissione sulle misure prese e sui motivi che le giustificano. La Commissione riesaminerà la tolleranza prevista dalla presente lettera sulla scorta delle innovazioni tecniche e, se del caso, presenterà al Consiglio, entro il 31 dicembre 1992, proposte in merito. 3. Durante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva gli Stati membri possono, per la distribuzione locale, autorizzare tolleranze fino a 6 oC. Articolo 6 1. Gli Stati membri: a) si assicurano che gli impianti usati per il surgelamento, l'immagazzinamento, il trasporto, la distribuzione locale e gli armadi e i banconi frigoriferi di vendita siano tali da garantire il rispetto dei requisiti previsti dalla presente direttiva; b) effettuano un controllo ufficiale mediante sondaggio delle temperature degli alimenti surgelati. 2. Gli Stati membri si astengono dall'esigere che, in vista o all'atto della commercializzazione degli alimenti surgelati, il rispetto delle disposizioni del paragrafo 1 sia attestato da un certificato ufficiale. Articolo 7 Gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere condizionati dal fabbricante oppure dal condizionatore negli imballaggi preliminari appropriati atti a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche o di altro genere e dalla disseccazione. Articolo 8 1. La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti contemplati dalla presente direttiva e destinati tal quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, alle seguenti condizioni: a) la denominazione di vendita è completata dalla o dalle seguenti menzioni: - in spagnolo «ultracongelado» o «congelado rapidamente», - in danese «dybfrossen», - in tedesco «tiefgefroren» o «Tiefkuehlkost» o «tiefgekuehlt» o «gefrostet», - in greco «baqeíaw katácyjhw» o «taxeíaw yperkatecygména», - in inglese «quick-frozen», - in francese «surgelé», - in italiano «surgelato», - in neerlandese «diepvries», - in portoghese «ultracongelado»; b) l'indicazione della data di conservazione minima deve essere corredata dell'indicazione del periodo in cui i surgelati possono essere immagazzinati presso il destinatario e dell'indicazione della temperatura di conservazione e/o dell'attrezzatura richiesta per la conservazione; c) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare un'indicazione che permetta di individuare la partita; d) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare una chiara avvertenza del tipo «non ricongelare dopo scongelamento». Articolo 9 1. L'etichettatura dei prodotti definiti nell'articolo 1, paragrafo 2 e non destinati ad essere forniti al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe comporta soltanto le diciture obbligatorie seguenti: a) la denominazione di vendita completata conformemente all'articolo 8, paragrafo 1, lettera a); b) il contenuto netto espresso in unità di massa; c) una dicitura che consenta di individuare la partita; d) il nome o la ragione sociale e l'indirizzo del produttore o del confezionatore oppure di un rivenditore stabilito all'interno della Comunità. 2. Le indicazioni di cui al paragrafo 1 figurano sull'imballaggio, sul recipiente o sulla confezione o su un'etichetta ivi apposta. 3. II presente articolo lascia impregiudicate eventuali disposizioni comunitarie più precise o più ampie in materia di metrologia. Articolo 10 Gli Stati membri non possono, per ragioni riguardanti le caratteristiche di fabbricazione, la confezione o letichettatu- ra, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, conformi alla presente direttiva e alle misure prese per la sua applicazione. Articolo 11 Le modalità relative al prelievo di campioni, al controllo delle temperature degli alimenti surgelati ed al controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e delle attrezzature di immagazzinamento e di conservazione sono determinate secondo la procedura prevista all'articolo 12, prima dello scadere di un termine di ventiquattro mesi a decorrere dalla notifica della presente direttiva. Articolo 12 1. Ove si faccia riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato permanente per i prodotti alimentari è chiamato a pronunciarsi dal suo presidente, su iniziativa di quest'ultimo oppure su richiesta del rappresentante di uno Stato membro. 2. Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da attuare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto nel termine che il presidente può stabilire in relazione all'urgenza del problema in esame. II comitato si pronuncia alla maggioranza qualificata prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato. II presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure proposte quando sono conformi al parere del comitato. b) Quando le misure proposte non sono conformi al parere del comitato, oppure in mancanza di detto parere, la Commissione presenta immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. II Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se allo scadere di un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui è stato adito il Consiglio non ha adottato misure, la Commissione adotta le misure proposte. Anrticolo 13 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Dette misure devono: - permettere, al più tardi diciotto mesi dopo la notifica (6) della direttiva, il commercio di prodotti conformi alla presente direttiva; - vietare, al più tardi ventiquattro mesi dopo la notifica della direttiva, il commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva. 2. per quanto riguarda gli armadi e i banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, gli Stati membri possono, diirante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, mantenere le legislazioni esistenti al momento dell'applicazione della presente direttiva. In tal caso gli Stati membri ne informano la Commissione precisando i motivi che giustificano la loro decisione. Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1988. Per il Consiglio Il Presidente V. PAPANDREOU (1) GU n. C 175 del 15. 7. 1985, pag. 296 e GU n. C 12 del l6. 1. 1989. (2) GU n. C 104 del 25. 4. 1985, pag. 17.(3) GU n. L 33 dell'8. 2. 1979, pag. 1 (4) GU n. L 144 del 29. 5. 1986, pag. 38. (5) GU n. L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.(6) La presente direttiva è stata notificata agli Stati membri il 10 gennaio 1989. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Alimenti surgelati QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce norme a livello UE che disciplinano il congelamento rapido, l’imballaggio, l’etichettatura e l’ispezione dei prodotti alimentari surgelati. PUNTI CHIAVE Processo di congelamento rapidoGli alimenti surgelati sono quelli sottoposti al processo di «surgelamento», in cui la zona di temperatura di massima cristallizzazione viene superata il più rapidamente possibile e il prodotto viene quindi mantenuto (dopo la stabilizzazione termica) a una temperatura di -18 °C o inferiore. Il congelamento rapido deve essere effettuato senza indugio, mediante attrezzature tecniche idonee, con materie prime di qualità sana, leale e commerciale. Solo aria, azoto e anidride carbonica che soddisfano specifici criteri di purezza possono essere utilizzati come mezzi criogeni (cioè a temperature molto basse). La Commissione europea stabilisce i criteri di purezza. Deviazioni dalla temperatura di -18 °C per gli alimenti surgelati sono consentite durante il trasporto e la distribuzione locale e negli espositori al dettaglio. In tali casi le fluttuazioni verso l’alto non devono superare i 3 °C.Imballaggio dei prodottiGli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere imballati in un preconfezionamento atto a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche e dalla disseccazione. L’etichettatura degli alimenti surgelati deve includere la denominazione di vendita, l’indicazione «surgelato» e l’identificazione della partita. Le altre informazioni obbligatorie variano in base al consumatore previsto per il prodotto.Consumatori finali, ristoranti, ospedali, mense: data di conservazione minima, indicazione del periodo durante il quale i surgelati possono essere conservati presso l’acquirente, indicazione della temperatura di conservazione e dell’attrezzatura richiesta per la conservazione.Altre: il contenuto netto e l’identità del produttore, confezionatore o rivenditore.Controlli ufficialiGli Stati membri devono garantire che le apparecchiature utilizzate per gli alimenti surgelati siano conformi alla direttiva e devono effettuare controlli ufficiali casuali sulla temperatura del prodotto.Alla Commissione è conferito il potere di adottare misure dettagliate per il campionamento e il monitoraggio della temperatura nei modi di trasporto, deposito e conservazione. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore dal 10 gennaio 1989 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 10 luglio 1990 per il commercio di prodotti conformi alla direttiva. Gli Stati membri dovevano vietare il commercio di prodotti non conformi alla direttiva entro il 10 gennaio 1991. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/108/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 40 dell’11.2.1989, pag. 34). Le successive modifiche alla direttiva 89/108/CEE sono state incorporate nell’atto originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 37/2005 della Commissione, del 12 gennaio 2005, sul controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e nei locali di immagazzinamento e di conservazione degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 10 del 13.1.2005, pag. 18). Si veda la versione consolidata. Direttiva 92/2/CEE della Commissione, del 13 gennaio 1992, che fissa le modalità di campionamento e il metodo comunitario di analisi per il controllo delle temperature degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 34 dell’11.2.1992, pag. 30).
1
932
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) Gazzetta ufficiale n. L 061 del 12/03/1996 pag. 0032 - 0036 CONVENZIONE per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina)LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,LA CONFEDERAZIONE ELVETICA,LA REPUBBLICA FRANCESE,LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,LA REPUBBLICA ITALIANA,LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,IL PRINCIPATO DI LIECHTENSTEIN,nonchéLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA,CONSAPEVOLI che le Alpi costituiscono uno dei più grandi spazi naturali continui in Europa, un habitat naturale e uno spazio economico, culturale e ricreativo nel cuore dell'Europa, che si distingue per la sua specifica e multiforme natura, cultura e storia, e al quale hanno parte numerosi popoli e Paesi,RICONOSCENDO che le Alpi costituiscono l'ambiente naturale e lo spazio economico delle popolazioni locali e rivestono inoltre grandissima importanza per le regioni extraalpine, tra l'altro quale area di transito di importanti vie di comunicazione,RICONOSCENDO il fatto che le Alpi costituiscono un indispensabile rifugio e habitat per molte specie animali e vegetali minacciate,CONSAPEVOLI delle grandi differenze esistenti tra i singoli ordinamenti giuridici, gli assetti naturali del territorio, gli insediamenti umani, le attività agricole e forestali, i livelli e le condizioni di sviluppo economico, l'incidenza del traffico, nonché le forme e l'intensità della utilizzazione turistica,CONSIDERANDO che il crescente sfruttamento da parte dell'uomo minaccia l'area alpina e le sue funzioni ecologiche in misura sempre maggiore e che la riparazione dei danni o è impossibile o è possibile soltanto con un grande dispendio di mezzi, costi notevoli e tempi generalmente lunghi,CONVINTI che gli interessi economici debbano essere armonizzati con le esigenze ecologiche,A SEGUITO dei risultati della prima Conferenza delle Alpi dei ministri dell'ambiente tenutasi a Berchtesgaden dal 9 all'11 ottobre 1989,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Oggetto della presente convenzione è la regione delle Alpi, com'è descritta e rappresentata nell'allegato.2. Ciascuna parte contraente all'atto del deposito del proprio strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione, ovvero in qualsiasi momento successivo, può, tramite una dichiarazione indirizzata alla Repubblica d'Austria in qualità di depositario, estendere l'applicazione della presente convenzione ad ulteriori parti del proprio territorio, qualora ciò sia ritenuto necessario per l'attuazione delle disposizioni della presente convenzione.3. Ogni dichiarazione rilasciata ai sensi del paragrafo 2 può essere revocata per quanto riguarda ciascun territorio in essa citato, tramite una notifica indirizzata al depositario. La revoca ha efficacia dal primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi, calcolato a partire dalla data di ricezione della notifica da parte del depositario.Articolo 2 Obblighi generali 1. Le parti contraenti, in ottemperanza ai principi della prevenzione, della cooperazione e della responsabilità di chi causa danni ambientali, assicurano una politica globale per la conservazione e la protezione delle Alpi, tenendo equamente conto degli interessi di tutti i paesi alpini e delle loro regioni alpine, nonché della Comunità economica europea, ed utilizzando le risorse in maniera responsabile e durevole. La cooperazione transfrontaliera a favore dell'area alpina viene intensificata nonché ampliata sul piano geografico e tematico.2. Per il raggiungimento dell'obiettivo di cui al paragrafo 1, le parti contraenti prenderanno misure adeguate in particolare nei seguenti campi:a) Popolazioni e cultura - al fine di rispettare, conservare e promuovere l'identità culturale e sociale delle popolazioni locali, e di assicurarne le risorse vitali di base, in particolare gli insediamenti e lo sviluppo economico compatibili con l'ambiente, nonché al fine di favorire la comprensione reciproca e le relazioni di collaborazione tra le popolazioni alpine ed extraalpine.b) Pianificazione territoriale - al fine di garantire l'utilizzazione contenuta e razionale e lo sviluppo sano ed armonioso dell'intero territorio, tenendo in particolare considerazione i rischi naturali, la prevenzione di utilizzazioni eccessive o insufficienti, nonché il mantenimento o il ripristino di ambienti naturali, mediante l'identificazione e la valutazione complessiva delle esigenze di utilizzazione, la pianificazione integrata e a lungo termine e l'armonizzazione delle misure conseguenti.c) Salvaguardia delle qualità dell'aria - al fine di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti e i loro effetti negativi nella regione alpina, nonché le trasmissioni di sostanze inquinanti provenienti dall'esterno, ad un livello che non sia nocivo per l'uomo, la fauna e la flora.d) Difesa del suolo - al fine di ridurre il degrado quantitativo e qualitativo del suolo, in particolare impiegando tecniche di produzione agricola e forestale che rispettino il suolo, utilizzando in misura contenuta suoli e terreno, limitando l'erosione e l'impermeabilizzazione dei suoli.e) Idroeconomia - al fine di conservare o di ristabilire la qualità naturale delle acque e dei sistemi idrici, in particolare salvaguardandone la qualità, realizzando opere idrauliche compatibili con la natura e sfruttando l'energia idrica in modo da tenere parimenti conto degli interessi della popolazione locale e dell'interesse alla conservazione dell'ambiente.f) Protezione della natura e tutela del paesaggio - al fine di proteggere, di tutelare e, se necessario, di ripristinare l'ambiente naturale e il paesaggio, in modo da garantire stabilmente l'efficienza degli ecosistemi, la conservazione della flora e della fauna e dei loro habitat, la capacità rigenerativa e la continuità produttiva delle risorse naturali, nonché la diversità, l'unicità e la bellezza della natura e del paesaggio nel loro insieme.g) Agricoltura di montagna - al fine di assicurare, nell'interesse della collettività, la gestione del paesaggio rurale tradizionale, nonché una agricoltura adeguata ai luoghi e in armonia con l'ambiente, ed al fine di promuoverla tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose.h) Foreste montane - al fine di conservare, rafforzare e ripristinare le funzioni della foresta, in particolare quella protettiva, migliorando la resistenza degli ecosistemi forestali, in particolare attuando una silvicoltura adeguata alla natura e impedendo utilizzazioni che possano danneggiare le foreste, tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose nella regione alpina.i) Turismo e attività di tempo libero - al fine di armonizzare le attività turistiche e del tempo libero con le esigenze ecologiche e sociali, limitando le attività che danneggino l'ambiente e stabilendo, in particolare, zone di rispetto.j) Trasporti - al fine di ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico interalpino e transalpino ad un livello che sia tollerabile per l'uomo, la fauna, la flora e il loro habitat, tra l'altro attuando un più consistente trasferimento su rotaia dei trasporti e in particolare del trasporto merci, soprattutto mediante la creazione di infrastrutture adeguate e di incentivi conformi al mercato, senza discriminazione sulla base della nazionalità.k) Energia - al fine di ottenere forme di produzione, distribuzione e utilizzazione dell'energia che rispettino la natura e il paesaggio, e di promuovere misure di risparmio energetico.l) Economia dei rifiuti - al fine di assicurare la raccolta, il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti in maniera adeguata alle specifiche esigenze topografiche, geologiche e climatiche dell'area alpina, tenuto conto in particolare della prevenzione della produzione dei rifiuti.3. Le parti contraenti concluderanno protocolli in cui verranno definiti gli aspetti particolari per l'attuazione della presente convenzione.Articolo 3 Ricerca e osservazione sistematica Nei settori di cui all'articolo 2, le parti contraenti convengono:a) di effettuare lavori di ricerca e valutazioni scientifiche collaborando insieme;b) di sviluppare programmi comuni o integrati di osservazione sistematica;c) di armonizzare ricerche ed osservazioni nonché la relativa raccolta dati.Articolo 4 Collaborazione in campo giuridico, scientifico, economico e tecnico 1. Le parti contraenti agevolano e promuovono lo scambio di informazioni di natura giuridica, scientifica, economica e tecnica che siano rilevanti per la presente convenzione.2. Le parti contraenti, al fine della massima considerazione delle esigenze transfrontaliere e regionali, si informano reciprocamente sui previsti provvedimenti di natura giuridica ed economica, dai quali possano derivare conseguenze specifiche per la regione alpina o parte di essa.3. Le parti contraenti collaborano con organizzazioni internazionali, governative o non governative, ove necessario per attuare in modo efficace la presente convenzione e i protocolli dei quali esse sono parti contraenti.4. Le parti contraenti provvedono in modo adeguato ad informare regolarmente l'opinione pubblica sui risultati delle ricerche e osservazioni, nonché sulle misure adottate.5. Gli obblighi derivanti alle parti contraenti della presente convenzione nel campo dell'informazione hanno effetto, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza. Le informazioni definite riservate debbono essere trattate come tali.Articolo 5 Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi) 1. I problemi di interesse comune delle parti contraenti e la loro collaborazione formano oggetto di sessioni a scadenze regolari della Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi).La prima sessione della Conferenza delle Alpi viene convocata da una parte contraente designata di comune accordo, al più tardi un anno dopo l'entrata in vigore della presente convenzione.2. In seguito, le sessioni ordinarie della Conferenza delle Alpi hanno luogo di norma ogni due anni presso la parte contraente che detiene la presidenza. La presidenza e la sede si alternano dopo ogni sessione ordinaria della Conferenza delle Alpi. Entrambe sono stabilite dalla Conferenza delle Alpi.3. La parte contraente che detiene la presidenza propone di volta in volta l'ordine del giorno per la sessione della Conferenza delle Alpi. Ciascuna parte contraente ha il diritto di far inserire punti ulteriori nell'ordine del giorno.4. Le parti contraenti trasmettono alla Conferenza delle Alpi informazioni sulle misure da esse adottate per l'attuazione della presente convenzione e dei protocolli dei quali esse sono parti contraenti, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza.5. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue istituzioni specializzate, il Consiglio d'Europa nonché ogni altri Stato europeo possono partecipare in qualità di osservatori alle sessioni della Conferenza delle Alpi. Lo stesso vale per le comunità transfrontaliere di enti territoriali della regione alpina. La Conferenza delle Alpi può inoltre ammettere come osservatori organizzazioni internazionali non governative che svolgano un'attività in materia.6. Ha luogo una sessione straordinaria della Conferenza delle Alpi ogniqualvolta essa la deliberi oppure qualora, nel periodo tra due sessioni, un terzo delle parti contraenti ne faccia domanda scritta presso la parte contraente che esercita la presidenza.Articolo 6 Compiti della Conferenza delle Alpi La Conferenza delle Alpi esamina lo stato di attuazione della convenzione, nonché dei protocolli con gli allegati e espleta nelle sue sessioni in particolare i seguenti compiti:a) adotta le modifiche della presente convenzione in conformità con la procedura di cui all'articolo 10;b) adotta i protocolli e i loro allegati, nonché le loro modifiche in conformità con la procedura di cui all'articolo 11;c) adotta il proprio regolamento interno;d) prende le necessarie decisioni in materia finanziaria;e) decide la costituzione di gruppi di lavoro ritenuti necessari all'attuazione della convenzione;f) prende atto delle valutazioni derivanti dalle informazioni scientifiche;g) delibera o raccomanda misure per la realizzazione degli obiettivi previsti dagli articoli 3 e 4, stabilisce la forma, l'oggetto e la frequenza della trasmissione delle informazioni da presentare ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, e prende atto delle informazioni medesime nonché delle relazioni presentate dai gruppi di lavoro;h) assicura l'espletamento delle necessarie attività di segretariato.Articolo 7 Delibere della Conferenza delle Alpi 1. Salvo quanto stabilito diversamente qui di seguito, la Conferenza delle Alpi delibera per consenso. Riguardo ai compiti indicati all'articolo 6, lettere c), f) e g), qualora risultino esauriti tutti i tentativi di raggiungere il consenso e il presidente ne prenda atto espressamente, si delibera a maggioranza di tre quarti delle parti contraenti presenti e votanti.2. Nella Conferenza delle Alpi ciascuna parte contraente dispone di un voto. La Comunità economica europea esercita il diritto di voto nell'ambito delle proprie competenze, esprimendo un numero di voti corrispondente al numero dei suoi Stati membri che sono parti contraenti della presente convenzione; la Comunità economica europea non esercita il diritto di voto qualora i rispettivi Stati membri esercitino il proprio diritto di voto.Articolo 8 Comitato permanente 1. È istituito quale organo esecutivo il Comitato permanente della Conferenza delle Alpi, formato dai delegati delle parti contraenti.2. Le parti firmatarie che non abbiano ancora ratificato la convenzione partecipano alle sessioni del Comitato permanente con status di osservatori. Lo stesso status può inoltre essere concesso ad ogni paese alpino che non abbia ancora firmato la presente convenzione e ne faccia richiesta.3. Il Comitato permanente adotta il proprio regolamento interno.4. Il Comitato permanente delibera inoltre sulle modalità dell'eventuale partecipazione alle proprie sessioni di rappresentanti di organizzazioni governative e non governative.5. Le parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi assume la presidenza del Comitato permanente.6. Il Comitato permanente espleta in particolare i seguenti compiti:a) esamina le informazioni trasmesse dalle parti contraenti ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4 per presentarne rapporto alla Conferenza delle Alpi;b) raccoglie e valuta la documentazione relativa all'attuazione della convenzione e dei protocolli con gli allegati, e la sottopone all'esame della Conferenza delle Alpi ai sensi dell'articolo 6;c) riferisce alla Conferenza delle Alpi sull'attuazione delle delibere da essa adottate;d) prepara le sessioni della Conferenza delle Alpi nei loro contenuti, e può proporre punti dell'ordine del giorno nonché ulteriori misure relative all'attuazione della convenzione e dei rispettivi protocolli;e) insedia i gruppi di lavoro per l'elaborazione di protocolli e raccomandazioni ai sensi dell'articolo 6, lettera e) e coordina la loro attività;f) esamina e armonizza i contenuti dei progetti di protocollo in una visione unitaria e li sottopone alla Conferenza delle Alpi;g) propone alla Conferenza delle Alpi misure e raccomandazioni per la realizzazione degli obiettivi contenute nella convenzione e nei protocolli.7. Le delibere nel Comitato permanente vengono adottate in conformità con le disposizioni di cui all'articolo 7.Articolo 9 Segretariato La Conferenza delle Alpi può deliberare per consenso l'istituzione di un segretariato permanente.Articolo 10 Modifiche della convenzione Ciascuna parte può presentare alla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi proposte di modifica della convenzione. Tali proposte saranno trasmesse dalla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi in cui saranno prese in esame.Le modifiche della convenzione entrano in vigore in conformità con le disposizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 dell'articolo 12.Articolo 11 Protocolli e loro modifiche 1. I progetti di protocollo di cui all'articolo 2, paragrafo 3 vengono trasmessi dalla parte che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi che li prenderà in esame.2. I protocolli adottati dalla Conferenza delle Alpi vengono firmati in occasione delle sue sessioni o successivamente presso il depositario. Essi entrano in vigore per quelle parti contraenti che li abbiano ratificati o accettati o approvati. Per l'entrata in vigore di un protocollo sono necessarie almeno tre ratifiche o accettazioni o approvazioni. Gli strumenti suddetti vengono depositati presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario.3. Qualora i protocolli non contengano disposizioni diverse per l'entrata in vigore e per la denuncia, si applicano per analogia le disposizioni degli articoli 10, 13 e 14.4. Per le modifiche dei protocolli si applicano le corrispondenti disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3.Articolo 12 Firma e ratifica 1. La presente convenzione è depositata per la firma presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario, a decorrere dal 7 novembre 1991.2. La convenzione deve essere sottoposta a ratifica o accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica o di accettazione o approvazione vengono depositati presso il depositario.3. La convenzione entra in vigore tre mesi dopo il giorno in cui tre Stati abbiano espresso la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2.4. Per ciascuna parte firmataria che esprime successivamente la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2, la convenzione entra in vigore tre mesi dopo il deposito dello strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione.Articolo 13 Denuncia 1. Ciascuna parte contraente può denunciare in qualsiasi momento la presente convenzione mediante una notifica indirizzata al depositario.2. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi a partire dalla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.Articolo 14 Notifiche Il depositario notifica alle parti contraenti ed alle parti firmatarie:a) gli atti di firma;b) i depositi di strumenti di ratifica o di accettazione o di approvazione;c) la data di entrata in vigore della presente convenzione ai sensi dell'articolo 12;d) le dichiarazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 1, paragrafi 2 e 3;e) le notifiche effettuate ai sensi dell'articolo 13 e le date in cui le denunce hanno effetto.In fede di ciò la presente convenzione è stata sottoscritta dai firmatari debitamente autorizzati.Fatto a Salisburgo, il 7 novembre 1991, in lingua francese, italiana, slovena e tedesca, laddove ciascuno dei quattro testi fa ugualmente fede, in un originale depositato presso l'Archivio di Stato Austriaco. Il depositario trasmette copie certificate conformi alle parti firmatarie. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Convenzione per la protezione delle Alpi QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELLA CONVENZIONE? La decisione è relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina), approvata allora per conto della Comunità europea Lo scopo della Convenzione alpina è la tutela a lungo termine dell’ecosistema naturale delle Alpi e lo sviluppo sostenibile della zona, nonché la protezione degli interessi economici dei residenti. I principi guida della Convenzione sono la prevenzione, «chi inquina paga» e la cooperazione transfrontaliera. PUNTI CHIAVE Le parti della convenzione sono Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Monaco, Slovenia, Svizzera e l’Unione europea (UE). Per raggiungere gli obiettivi della convenzione in maniera efficace, le parti agiscono nei settori della pianificazione territoriale, della protezione della natura e tutela del paesaggio, dell’agricoltura di montagna, delle foreste montane, della difesa del suolo, del turismo e attività di tempo libero, dell’energia, dei trasporti, della salvaguardia della qualità dell’aria, dell’idroeconomia, delle popolazioni e cultura e dell’economia dei rifiuti. La convenzione prevede la redazione e l’adozione di protocolli di attuazione per ciascuno di tali settori, nonché per la risoluzione di controversie fra le parti. Le parti hanno l’obbligo di collaborare nei campi della ricerca e dell’osservazione territoriale, nonché su questioni giuridiche, economiche e tecniche. La Conferenza delle parti contraenti («la Conferenza alpina») si riunisce regolarmente (in linea di principio ogni due anni) per affrontare le questioni di interesse comune per le parti contraenti, per prendere decisioni e formulare raccomandazioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E LA CONVENZIONE? La decisione è applicata dal 26 febbraio 1996. La convenzione è entrata in vigore, per la Comunità europea, il 14 aprile 1998. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 96/191/CE del Consiglio, del 26 febbraio 1996, relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 31) Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 32-36) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 98/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente la conclusione del protocollo di adesione del Principato di Monaco alla convenzione per la protezione delle Alpi (GU L 33 del 7.2.1998, pag. 21) Decisione 2005/923/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2005, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione delle Alpi (GU L 337 del 22.12.2005, pag. 27-28) Decisione 2006/516/CE del Consiglio, del 27 giugno 2006, sulla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione alpina (GU L 201 del 25.7.2006, pag. 31-33) Decisione 2006/655/CE del Consiglio, del 19 giugno 2006, sull’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di attuazione della Convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dell’agricoltura di montagna (GU L 271 del 30.9.2006, pag. 61-62) Decisione 2007/799/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2006, relativa alla firma, a nome della Comunità, del protocollo di attuazione della convenzione alpina nel settore dei trasporti (GU L 323 dell’8.12.2007, pag. 13-14) Decisione 2013/332/UE del Consiglio, del 10 giugno 2013, sulla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasporti (GU L 177 del 28.6.2013, pag. 13)
1
955
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori Gazzetta ufficiale n. L 080 del 18/03/1998 pag. 0027 - 0031 DIRETTIVA 98/6/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatoriIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 129 A, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 9 dicembre 1997,(1) considerando che un funzionamento trasparente del mercato e un'informazione corretta favoriscono la tutela dei consumatori e una sana concorrenza tra le imprese e i prodotti;(2) considerando la necessità di garantire ai consumatori un alto livello di protezione e l'obbligo per la Comunità di contribuirvi mediante azioni specifiche che forniscano sostegno ed integrino la politica perseguita dagli Stati membri ai fini di un'informazione precisa, trasparente e univoca dei consumatori in merito ai prezzi dei prodotti loro offerti;(3) considerando che la risoluzione del Consiglio del 14 aprile 1975 riguardante un programma preliminare della Comunità economica europea per una politica di protezione e informazione del consumatore (4) e la risoluzione del Consiglio del 19 maggio 1981 riguardante un secondo programma della Comunità economica europea per una politica di protezione e di informazione del consumatore (5) hanno previsto l'elaborazione di principi comuni relativi all'indicazione dei prezzi;(4) considerando che tali principi sono stati fissati dalla direttiva 79/581/CEE (6) riguardante l'indicazione dei prezzi di taluni prodotti alimentari e dalla direttiva 88/314/CEE (7) riguardante l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari;(5) considerando che il nesso tra l'indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti ed il loro preconfezionamento in quantità prestabile corrispondenti ai valori di gamme approvate a livello comunitario si è rivelato troppo complesso da applicare; che occorre quindi abbandonare tale nesso a favore di un nuovo meccanismo semplificato e nell'interesse dei consumatori, senza che ciò modifichi il dispositivo relativo alla standardizzazione delle confezioni;(6) considerando che l'obbligo di indicare il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura contribuisce in modo notevole al miglioramento dell'informazione dei consumatori, in quanto offre nel modo più semplice ai consumatori possibilità ottimali di valutare e di raffrontare il prezzo dei prodotti e quindi permette loro di procedere a scelte consapevoli in base a raffronti semplici;(7) considerando che deve dunque sussistere un obbligo generale di indicare contemporaneamente il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura per tutti i prodotti, fatti salvi quelli commercializzati sfusi, per i quali il prezzo di vendita non può essere fissato prima che il consumatore abbia indicato la quantità di prodotto richiesta;(8) considerando che è necessario tener conto del fatto che taluni prodotti vengono abitualmente venduti in quantità differenti da un chilogrammo, un litro, un metro, un metro quadrato o un metro cubo e che è quindi opportuno che gli Stati membri possano autorizzare il riferimento del prezzo per unità di misura ad una singola unità di quantità diversa, tenuto conto della natura del prodotto e delle quantità in cui esso è abitualmente venduto nello Stato membro in questione;(9) considerando che, in determinate circostanze, l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura può comportare un onore eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto e che occorre pertanto che gli Stati membri siano autorizzati a non rispettare tale obbligo durante un adeguato periodo transitorio;(10) considerando che occorre mantenere anche la possibilità per gli Stati membri di esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per cui tale indicazione non sarebbe utile o potrebbe dar luogo a confusioni, ad esempio quando l'indicazione di una quantità non è pertinente ai fini del raffronto dei prezzi o quando prodotti diversi vengono commercializzati in una stessa confezione;(11) considerando che gli Stati membri, allo scopo di agevolare l'applicazione del sistema in questione, hanno, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, la facoltà di redigere un elenco di prodotti o di categorie di prodotti che rimangono soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura;(12) considerando che una normativa comunitaria permette di assicurare un'informazione omogenea e trasparente a profitto dell'insieme dei consumatori nel quadro del mercato interno; che il nuovo approccio semplificato è nel contempo sufficiente e necessario per raggiungere tale obiettivo;(13) considerando che gli Stati membri devono vigilare sull'efficacia del sistema; che la trasparenza del sistema dovrebbe essere mantenuta anche al momento dell'introduzione dell'euro; che a detto scopo andrebbe limitato il numero massimo dei prezzi da indicare;(14) considerando che occorre prestare particolare attenzione ai piccoli esercizi al minuto; che a tale scopo la Commissione, nella sua relazione sull'applicazione della direttiva da presentare al più tardi entro tre anni dalla data indicata all'articolo 11, paragrafo 1, dovrebbe tenere particolarmente conto delle esperienze fatte dai piccoli dettaglianti nell'applicazione della direttiva, tra l'altro per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico e l'introduzione della moneta unica; che tale relazione, tenuto conto del periodo transitorio indicato all'articolo 6, dovrebbe essere corredata da una proposta,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva ha lo scopo di prevedere l'indicazione del prezzo di vendita e del prezzo per unità di misura dei prodotti offerti dai commercianti ai consumatori al fine di migliorare l'informazione dei consumatori e di agevolare il raffronto dei prezzi.Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) prezzo di vendita: il prezzo finale valido per una unità del prodotto o per una determinata quantità del prodotto, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta;b) prezzo per unità di misura: il prezzo finale, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta, valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per una singola unità di quantità diversa, se essa è impiegata generalmente e abitualmente nello Stato membro interessato per la commercializzazione di prodotti specifici;c) prodotto commercializzato sfuso: un prodotto che non costituisce oggetto di alcuna confezione preliminare ed è misurato in presenza del consumatore;d) commerciante: qualsiasi persona fisica o giuridica che vende o mette in commercio prodotti che rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale;e) consumatore: qualsiasi persona fisica che acquista un prodotto destinandolo a scopi che non rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale.Articolo 3 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura sono indicati per tutti i prodotti di cui all'articolo 1, fatte salve, per l'indicazione del prezzo per unità di misura, le disposizioni dell'articolo 5. Il prezzo per unità di misura non dev'essere indicato quando è identico al prezzo di vendita.2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 1:- ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizi,- alle vendite all'asta, nonché alle vendite di oggetti d'arte e di antiquariato.3. Per i prodotti commercializzati sfusi deve essere indicato soltanto il prezzo per unità di misura.4. La pubblicità che menziona il prezzo di vendita dei prodotti di cui all'articolo 1 indica anche il prezzo per unità di misura, fatto salvo l'articolo 5.Articolo 4 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere non equivoci, agevolmente identificabili e facilmente leggibili. Gli Stati membri possono prevedere che il numero massimo di prezzi da indicare sia limitato.2. Il prezzo per unità di misura si riferisce a una quantità dichiarata conformemente alle disposizioni nazionali e comunitarie.Qualora disposizioni nazionali o comunitarie richiedessero l'indicazione del peso netto e del peso netto sgocciolato per taluni prodotti preconfezionati, è sufficiente indicare il prezzo per unità di misura del peso netto sgocciolato.Articolo 5 1. Gli Stati membri possono esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per i quali tale indicazione non risulti utile a motivo della loro natura o della loro destinazione, o sia di natura tale da dar luogo a confusioni.2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1 gli Stati membri possono, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, stabilire un elenco dei prodotti o delle categorie di prodotti che restano soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura.Articolo 6 Qualora l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura rappresenti un onere eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto a motivo del numero di prodotti offerti in vendita, della superficie di vendita, delle caratteristiche del luogo di vendita, delle condizioni specifiche di vendita per cui il prodotto non sia direttamente accessibile al consumatore o di talune forme di esercizio, come particolari tipi di esercizio ambulante, gli Stati membri possono prevedere, per un periodo transitorio a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, che l'obbligo di indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti diversi dai prodotti commercializzati sfusi venduti in tali esercizi non si applichi, fatto salvo l'articolo 12.Articolo 7 Gli Stati membri adottano le misure appropriate per informare ogni persona interessata in ordine alla normativa nazionale che recepisce la presente direttiva.Articolo 8 Gli Stati membri determinano il regime di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Tali sanzioni debbono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 9 1. Il periodo di transizione di nove anni di cui all'articolo 1 della direttiva 95/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 novembre 1995, che modifica la direttiva 79/581/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti alimentari ai fini della protezione dei consumatori e la direttiva 88/314/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari ai fini della protezione dei consumatori (8) è prorogato fino alla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.2. Le direttive 79/581/CEE e 88/314/CEE sono abrogate a partire dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.Articolo 10 La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano disposizioni più favorevoli in materia di informazione dei consumatori e confronto dei prezzi, fatti salvi gli obblighi imposti loro dal trattato.Articolo 11 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 18 marzo 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate sono applicabili a partire da tale data.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono accompagnate da tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nel settore coperto dalla presente direttiva.3. Gli Stati membri notificano il regime di sanzioni di cui all'articolo 8, nonché qualsiasi modifica successiva.Articolo 12 Entro e non oltre tre anni a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione globale sull'applicazione della presente direttiva, in particolare dell'articolo 6, accompagnata da una proposta.Il Parlamento europeo e il Consiglio riesaminano, su tale base, le disposizioni di cui all'articolo 6 e agiscono, a norma del trattato, entro tre anni dalla presentazione da parte della Commissione della proposta di cui al primo comma.Articolo 13 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 16 febbraio 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteJ. CUNNINGHAM(1) GU C 260 del 5. 10. 1995, pag. 5 eGU C 249 del 27. 8. 1996, pag. 2.(2) GU C 82 del 19. 3. 1996, pag. 32.(3) Parere del Parlamento europeo del 18 aprile 1996 (GU C 141 del 13. 5. 1996, pag. 191). Posizione comune del Consiglio del 27 settembre 1996 (GU C 333 del 7. 11. 1996, pag. 7) e decisione del Parlamento europeo del 18 febbraio 1997 (GU C 85 del 17. 3. 1997, pag. 26). Decisione del Parlamento europeo del 16 dicembre 1997 e decisione del Consiglio del 18 dicembre 1997.(4) GU C 92 del 25. 4. 1975, pag. 1.(5) GU C 133 del 3. 6. 1981, pag. 1.(6) GU L 158 del 26. 6. 1979, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(7) GU L 142 del 9. 6. 1988, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(8) GU L 299 del 12. 12. 1995, pag. 11.Dichiarazione della Commissione Articolo 2, lettera b)La Commissione ritiene che l'espressione «valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per un'altra quantità unitaria» di cui all'articolo 2, lettera b) si applichi altresì ai prodotti commercializzati al pezzo o all'unità.Dichiarazione della Commissione Articolo 12, paragrafo 1La Commissione ritiene che l'articolo 12, paragrafo 1 della direttiva non possa essere interpretato come suscettibile di mettere in discussione il suo diritto d'iniziativa. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Indicazioni dei prezzi sui prodotti di consumo QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? La direttiva 98/6/CE prevede che il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura di tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori siano chiaramente indicati al fine di migliorare le informazioni in possesso dei consumatori e consentire comparazioni di prezzo. Ha abrogato le direttive 79/581/CEE (prezzo dei generi alimentari) e 88/314/CEE (prezzo dei prodotti non alimentari) con decorrenza dal 18 marzo 2000. La direttiva 98/6/CE è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/2161 per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione europea relative alla protezione dei consumatori. PUNTI CHIAVE Direttiva 98/6/CEIl prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere indicati per tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori in maniera non ambigua, facilmente riconoscibile e chiaramente leggibile; ovvero, il prezzo finale deve essere comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto e di ogni altro tipo di tassa. Qualora il prezzo per unità di misura sia identico a quello di vendita, non deve essere indicato. Tuttavia, gli Stati membri dell’Unione possono decidere di non applicare tali norme:ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizio;alle vendite all’asta e alle vendite di oggetti d’arte e antichi. Per i prodotti commercializzati sfusi, va indicato soltanto il prezzo per unità di misura. Ogni pubblicità menzionante il prezzo di vendita deve indicare altresì il prezzo per unità di misura. Gli Stati membri possono:esentare dall’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti se una tale indicazione risulterebbe inutile o tale da creare confusione;redigere un elenco di prodotti non alimentari a cui si applica comunque l’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura nel caso di tale esenzione. La direttiva prevedeva un periodo transitorio durante il quale le piccole attività commerciali non erano obbligate a indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti non commercializzati sfusi. Gli Stati membri devono:adottare misure adeguate per informare tutte le persone interessate quando tale legislazione sarà integrata nel diritto nazionale;stabilire e fornire informazioni sul regime delle sanzioni applicabili in caso di violazione delle leggi nazionali adottate per l’applicazione della presente direttiva.Direttiva (UE) 2019/2161La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 introduce un nuovo articolo nella direttiva 98/6/CE sulle informazioni ai consumatori riguardanti le riduzioni di prezzo. Ogni annuncio di riduzione di un prezzo deve indicare chiaramente il prezzo applicato precedentemente dal professionista (prezzo precedente). Per prezzo precedente si intende il prezzo più basso applicato dal professionista durante un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni prima dell’applicazione della riduzione del prezzo. La modifica prevede opzioni normative per gli Stati membri per quanto riguarda i beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente, in particolare i prodotti alimentari, i beni che sono in vendita da meno di 30 giorni e i beni soggetti a continue riduzioni di prezzo. L’attuale obbligo per gli Stati membri di introdurre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle norme nazionali sull’indicazione dei prezzi è stato integrato con un elenco di criteri per l’imposizione di sanzioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DIRETTIVE? La direttiva 98/6/CE doveva entrare in vigore negli Stati membri entro il 18 marzo 2000. La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 doveva diventare legge negli Stati membri entro il 28 novembre 2021. Gli Stati membri sono tenuti ad applicare le norme della direttiva a partire dal 28 maggio 2022. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva sull’indicazione dei prezzi (Commissione europea). Orientamenti sull’interpretazione e sull’applicazione dell’articolo 6a della direttiva 98/6/CE. Scheda informativa — New Deal:quali benefici per il consumatore? (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27). Direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (GU L 328 del 18.12.2019, pag. 7). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori e che abroga il regolamento (CE) n. 2006/2004 (GU L 345 del 27.12.2017, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) 2017/2394 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Un «New Deal» per i consumatori [COM(2018) 183 final dell’11.4.2018].
0
509
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 693/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, che istituisce un documento di transito agevolato (FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) e modifica l'istruzione consolare comune e il manuale comune Gazzetta ufficiale n. L 099 del 17/04/2003 pag. 0008 - 0014 Regolamento (CE) n. 693/2003 del Consigliodel 14 aprile 2003che istituisce un documento di transito agevolato (FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) e modifica l'istruzione consolare comune e il manuale comuneIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 62, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Nel quadro dei preparativi per l'adesione di nuovi Stati membri la Comunità dovrebbe tener conto delle situazioni particolari che possono prodursi in seguito all'allargamento e prevedere in proposito una disciplina adeguata, onde evitare in futuro problemi relativi all'attraversamento delle frontiere esterne.(2) La Comunità dovrebbe in particolare affrontare la nuova situazione dei cittadini di paesi terzi che devono necessariamente attraversare il territorio di uno o più Stati membri per viaggiare tra due zone del proprio paese che geograficamente non sono contigue.(3) Per questo caso specifico di transito per via terrestre dovrebbero essere istituiti un documento di transito agevolato (Facilitated Transit Document - FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (Facilitated Rail Transit Document - FRTD).(4) L'FTD/FRTD dovranno costituire documenti con valore di visti di transito che autorizzano i loro titolari ad entrare per transitare attraverso i territori degli Stati membri ai sensi delle disposizioni dell'acquis di Schengen relativo all'attraversamento delle frontiere esterne.(5) Le condizioni e le procedure per il rilascio di tali documenti dovrebbero essere agevolate in linea con le disposizioni dell'acquis di Schengen.(6) In caso di abuso del regime al titolare dell'FTD/FRTD dovrebbero essere comminate le sanzioni contemplate dal diritto nazionale.(7) Poiché l'obiettivo dell'azione proposta, vale a dire il riconoscimento dell'FTD/FRTD rilasciato da uno Stato membro da parte degli altri Stati membri, vincolati dalle disposizioni dell'acquis di Schengen in materia di attraversamento delle frontiere esterne, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, a motivo delle dimensioni dell'azione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare tali misure in forza del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. In applicazione del principio di proporzionalità di cui allo stesso articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento del suddetto obiettivo.(8) Il regolamento (CE) n. 694/2003(3) istituisce un modello uniforme per l'FTD e l'FRTD.(9) L'istruzione consolare comune(4) e il manuale comune(5) dovrebbero essere modificati di conseguenza.(10) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata e non è soggetta alla sua applicazione. Dato che il presente regolamento si basa sull'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni della Parte terza, titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca decide, a norma dell'articolo 5 del suddetto protocollo, entro un periodo di sei mesi dall'adozione del presente regolamento da parte del Consiglio, se intende recepirlo nel proprio diritto interno.(11) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen(6), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto B, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativa a talune modalità di applicazione di tale accordo(7).(12) Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen al quale il Regno Unito non partecipa ai sensi della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen(8). Il Regno Unito non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolato e non è soggetto alla sua applicazione.(13) Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen al quale l'Irlanda non partecipa ai sensi della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen(9). L'Irlanda non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolata e non è soggetta alla sua applicazione.(14) Il presente regolamento costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, dell'atto di adesione e diventerà pertanto applicabile soltanto dopo la soppressione dei controlli alle frontiere interne,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1Definizioni1. Il presente regolamento istituisce un documento di transito agevolato (Facilitated Transit Document - FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (Facilitated Rail Transit Document - FRTD) ai fini del transito agevolato.2. Per transito agevolato s'intende il transito specifico e diretto per via terrestre di un cittadino di un paese terzo che deve necessariamente attraversare il territorio di uno o più Stati membri, per viaggiare tra due zone del proprio paese che geograficamente non sono contigue.Articolo 2Autorizzazione particolare (FTD/FRTD)1. L'FTD è un'autorizzazione particolare che consente un transito agevolato; esso può essere rilasciato dagli Stati membri per una pluralità d'ingressi effettuati con qualsiasi mezzo di trasporto terrestre.2. L'FRTD è un'autorizzazione particolare che consente un transito agevolato; esso può essere rilasciato dagli Stati membri per un unico viaggio di andata e ritorno per ferrovia.3. L'FTD/FRTD è rilasciato utilizzando un modello uniforme ai sensi del regolamento (CE) n. 694/2003.Articolo 3Campo d'applicazione e validità1. L'FTD e l'FRTD hanno lo stesso valore dei visti di transito e hanno una validità territoriale limitata allo Stato membro che li ha rilasciati e agli altri Stati membri attraverso i quali il transito agevolato viene effettuato.2. L'FTD è valido per un periodo massimo di tre anni. Un transito effettuato con l'FTD non può superare ventiquattro ore.3. L'FRTD è valido per un periodo massimo non superiore a tre mesi. Un transito effettuato con l'FRTD non può superare sei ore.CAPO IIRILASCIO DI UN FTD/FRTDArticolo 4CondizioniPer ottenere un FTD/FRTD il richiedente deve:a) essere in possesso di un documento valido che lo autorizza ad attraversare le frontiere esterne, quali definite ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 3, lettera a), della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata a Schengen il 19 giugno 1990(10);b) non essere segnalato ai fini della non ammissione;c) non essere considerato pericoloso per l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri. Tuttavia, in relazione all'FRTD, non si applica la consultazione preliminare a norma dell'articolo 17, paragrafo 2, della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen;d) per l'FTD, giustificare la necessità di effettuare frequenti viaggi tra le due zone del territorio del suo paese.Articolo 5Procedura per la domanda1. La domanda di un FTD è presentata alle autorità consolari di uno Stato membro che ha comunicato la sua decisione di rilasciare l'FTD/FRTD a norma dell'articolo 12. Se la decisione di rilasciare l'FTD/FRTD è comunicata da più di uno Stato membro, la domanda è presentata alle autorità consolari dello Stato membro del primo ingresso. Questa procedura prevede la presentazione, se del caso, di una documentazione che attesti la necessità di viaggi frequenti, in particolare documenti comprovanti legami familiari o giustificazioni sociali, economiche o di altro tipo.2. Nel caso di un FRTD uno Stato membro può di norma accettare che le domande siano trasmesse tramite altre autorità o tramite terzi.3. La domanda di un FTD è presentata sul modulo standard definito nell'allegato I.4. I dati personali da comunicare per ottenere un FRTD sono forniti mediante il modulo contenente i dati personali definito nell'allegato II. Detto modulo può essere compilato a bordo del treno prima dell'apposizione dell'FRTD e in ogni caso prima dell'entrata nel territorio dello Stato membro attraversato dal treno, a condizione che i dati personali fondamentali - di cui all'allegato II - siano trasmessi per via elettronica alle autorità dello Stato membro competente al momento della presentazione della richiesta di acquisto del biglietto ferroviario.Articolo 6Procedura di rilascio1. L'FTD/FRTD è rilasciato dagli uffici consolari dello Stato membro e non è emesso alla frontiera. La decisione di rilascio dell'FRTD è presa dalle autorità consolari competenti al più tardi 24 ore dopo la trasmissione per via elettronica di cui all'articolo 5, paragrafo 4.2. Nessun FTD/FRTD è apposto su un documento di viaggio scaduto.3. Il periodo di validità del documento di viaggio sul quale è apposto l'FTD/FRTD è più lungo di quello dell'FTD/FRTD.4. Nessun FTD/FRTD è apposto su un documento di viaggio se tale documento non è valido per uno degli Stati membri. In questo caso esso è apposto dagli uffici consolari sul modello uniforme di foglio utilizzabile per l'apposizione di un visto, ai sensi del regolamento (CE) n. 333/2002(11). Se un documento di viaggio è valido soltanto per uno Stato membro o per alcuni Stati membri, l'FTD/FRTD è limitato allo Stato membro o agli Stati membri in questione.Articolo 7Costi amministrativi di un FTD/FRTD1. I diritti corrispondenti ai costi amministrativi inerenti all'esame della domanda di FTD sono pari a 5 EUR.2. L'FRTD è rilasciato gratuitamente.CAPO IIIDISPOSIZIONI COMUNI RELATIVE ALL'FTD/FRTDArticolo 8Irricevibilità della domanda1. Qualora la rappresentanza consolare di uno Stato membro rifiuti di esaminare una domanda o di rilasciare un FTD/FRTD, la procedura e i possibili mezzi di impugnazione sono disciplinati dalla legislazione nazionale di tale Stato membro.2. Qualora un FTD/FRTD sia rifiutato e la legislazione nazionale preveda la motivazione del rifiuto, tale motivazione è comunicata al richiedente.Articolo 9SanzioniIn caso di abuso del regime al titolare dell'FTD/FRTD dovrebbero essere comminate le sanzioni contemplate dalla legislazione nazionale.Tali sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive e comprendono la possibilità di annullare o revocare l'FTD/FRTD.CAPO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 10Fatte salve le norme specifiche stabilite nel presente regolamento, si applicano inoltre all'FTD/FRTD le disposizioni dell'acquis di Schengen in materia di visti.Articolo 111. L'istruzione consolare comune è modificata come segue:a) nella parte I è aggiunto il punto seguente:"2.5. Documenti aventi lo stesso valore di un visto, che autorizzano ad attraversare le frontiere esterne: FTD/FRTDPer il transito agevolato può essere rilasciato un FTD o un FRTD ai sensi dei regolamenti (CE) n. 693/2003(12) e (CE) n. 694/2003(13) del Consiglio (cfr. allegato 17).";b) il testo del presente regolamento e del regolamento (CE) n. 694/2003 sono acclusi in quanto allegato 17.2. Il manuale comune è modificato come segue:a) nella parte I è aggiunto il punto seguente:"3.4. DOCUMENTI AVENTI LO STESSO VALORE DI UN VISTO, CHE AUTORIZZANO AD ATTRAVERSARE LE FRONTIERE ESTERNE: FTD/FRTDPer il transito agevolato può essere rilasciato un FTD o un FRTD ai sensi dei regolamenti (CE) n. 693/2003(14) e (CE) n. 694/2003(15) del Consiglio (cfr. allegato 15).";b) il testo del presente regolamento e del regolamento (CE) n. 694/2003 sono acclusi in quanto allegato 15.Articolo 12Applicazione1. Gli Stati membri che decidono di rilasciare l'FTD e l'FRTD comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione. La decisione è pubblicata dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ed entra in vigore alla data della sua pubblicazione.2. Qualora decidano di non rilasciare più l'FTD e l'FRTD, gli Stati membri comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione. La decisione è pubblicata dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ed entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla sua pubblicazione.Articolo 13RendicontoLa Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del regime di transito agevolato entro tre anni dall'entrata in vigore della prima decisione di cui all'articolo 12, paragrafo 1.Articolo 14Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Lussemburgo, addì 14 aprile 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteA. Giannitsis(1) Non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale.(2) Parere espresso l'8.4.2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) Vedi pagina 15 della presente Gazzetta ufficiale.(4) GU C 313 del 16.12.2002, pag. 1. Istruzione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 415/2003 (GU L 64 del 7.3.2003, pag. 1).(5) GU C 313 del 16.12.2002, pag. 97.(6) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36.(7) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.(8) GU L 131 dell'1.6.2000, pag. 43.(9) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.(10) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. Convenzione modificata da ultimo dalla decisione 2003/170/GAI (GU L 67 del 12.3.2003, pag. 27).(11) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 4.(12) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 8.(13) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 15.(14) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 8.(15) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 15.ALLEGATO I>PIC FILE= "L_2003099IT.001202.TIF">>PIC FILE= "L_2003099IT.001301.TIF">ALLEGATO II>PIC FILE= "L_2003099IT.001402.TIF"> Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Documento di transito agevolato (FTD) e documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? È volto a istituire un documento di transito agevolato (FTD)* e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD)* per il transito specifico e diretto per via terrestre di un cittadino di un paese terzo che deve necessariamente attraversare il territorio di uno o più paesi dell’Unione, per viaggiare tra due zone del proprio paese che geograficamente non sono contigue. PUNTI CHIAVE Campo d’applicazione e validità L’FTD e l’FRTD hanno lo stesso valore dei visti di transito e hanno una validità territoriale limitata al paese dell’Unione che li ha rilasciati. L’FTD è valido per un periodo massimo di tre anni. Un transito effettuato con l’FTD non può superare ventiquattro ore. L’FRTD è valido per un periodo massimo non superiore a tre mesi. Un transito effettuato con l’FRTD non può superare sei ore. L’FTD/FRTD non può essere apposto su un documento di viaggio scaduto o la cui validità è inferiore a quella dell’FTD o dell’FRTD.Condizioni e procedure per il rilascioPer ottenere un FTD o un FRTD il richiedente deve:essere in possesso di un documento valido che lo autorizza ad attraversare le frontiere esterne;non essere segnalato ai fini della non ammissione;non essere considerato pericoloso per l’ordine pubblico o le relazioni internazionali di uno dei paesi dell’Unione;per l’FTD, giustificare la necessità di effettuare frequenti viaggi tra le due zone del territorio del suo paese La domanda di un FTD/FRTD è presentata alle autorità consolari di un paese dell’Unione. I richiedenti devono presentare una documentazione che attesti la necessità di viaggi frequenti, in particolare documenti comprovanti legami familiari o giustificazioni sociali, economiche o di altro tipo. I diritti corrispondenti ai costi amministrativi per l’esame della domanda di FTD sono pari a 5 EUR. L’FRTD è rilasciato gratuitamente.Rilascio e irricevibilità della domandaGli FTD e gli FRTD sono rilasciati dagli uffici consolari dei paesi dell’Unione e non possono essere emessi alla frontiera. Qualora la rappresentanza consolare di un paese dell’Unione rifiuti di esaminare una domanda o di rilasciare un FTD/FRTD, la procedura e i possibili mezzi di impugnazione sono disciplinati dalla legislazione nazionale di tale paese dell’Unione. Qualora un FTD/FRTD sia rifiutato e la legislazione nazionale preveda la motivazione del rifiuto, tale motivazione è comunicata al richiedente. In caso di abuso del regime al titolare dell’FTD/FRTD vengono comminate sanzioni. Tali sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive e comprendono la possibilità di annullare o revocare l’FTD/FRTD.Decisioni di rilasciare FTD/FRTDI paesi dell’Unione che decidono di rilasciare l’FTD e l’FRTD comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione europea, che la pubblica nella Gazzetta ufficiale (GU). Qualora decidano di non rilasciare più l’FTD e l’FRTD, i paesi dell’Unione comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione, che la pubblica nella Gazzetta ufficiale. La Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del regime di transito agevolato entro tre anni dall’entrata in vigore della prima decisione di un paese dell’Unione di rilasciare l’FTD e l’FRTD.Modello uniforme Gli FTD e FRTD sono costituiti da un modello uniforme (adesivo) e hanno lo stesso valore dei visti di transito. Essi sono conformi alle prescrizioni di cui agli allegati I e II del regolamento (CE) n. 694/2003, adottato in concomitanza con il regolamento (UE) n. 693/2003. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 18 aprile 2003. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Kaliningrad: La Commissione propone una serie di misure volte a facilitare il transito dopo l’allargamento — comunicato stampa (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Documento di transito agevolato (FTD): specifica autorizzazione che consente il transito agevolato; può essere rilasciato dai paesi dell’Unione per una pluralità di ingressi effettuati con qualsiasi mezzo di trasporto terrestre. L’FTD è rilasciato utilizzando un modello uniforme ai sensi del regolamento (CE) n. 694/2003. Documento di transito ferroviario agevolato (FRTD): specifica autorizzazione che consente il transito agevolato; può essere rilasciato dai paesi dell’Unione per un unico viaggio di andata e ritorno per ferrovia. L’FRTD è rilasciato utilizzando un modello uniforme ai sensi del regolamento (CE) n. 694/2003. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 693/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, che istituisce un documento di transito agevolato (FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) e modifica l’istruzione consolare comune e il manuale comune (GU L 99 del 17.4.2003, pag. 8). DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 694/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, che stabilisce modelli uniformi per il documento di transito agevolato (FTD) e per il documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) di cui al regolamento (CE) n. 693/2003 (GU L 99 del 17.4.2003, pag. 15).
1
688
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. AZIONE COMUNE 2008/487/PESC DEL CONSIGLIO del 23 giugno 2008 a sostegno dell’universalizzazione ed attuazione della convenzione del 1997 sul divieto d’impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione nell’ambito della strategia europea in materia di sicurezza IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 14, considerando quanto segue: (1) Il 12 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato la strategia europea in materia di sicurezza, che sollecita la creazione di un ordine internazionale basato su un multilateralismo efficace. La strategia europea in materia di sicurezza riconosce la Carta delle Nazioni Unite come quadro fondamentale per le relazioni internazionali. Rafforzare le Nazioni Unite e contribuire a dotarle dei mezzi necessari affinché assolvano alle loro responsabilità e agiscano con efficacia rappresenta una priorità dell’Unione europea. (2) La risoluzione 51/45 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, del 10 dicembre 1996, esortava tutti gli Stati a perseguire attivamente un accordo internazionale efficace e giuridicamente vincolante volto a vietare l’impiego, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento delle mine antipersona. (3) La convenzione sul divieto di impiego, stoccaggio, produzione e trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione («la convenzione») è stata aperta alla firma il 3 dicembre 1997 ed è entrata in vigore il 1o marzo 1999. Essa costituisce uno strumento internazionale globale per affrontare tutte le questioni relative alle mine antipersona, ivi compresi impiego, produzione e commercio, assistenza alle vittime, rimozione delle mine e distruzione delle scorte. (4) Nel dicembre 2004 gli Stati parti della convenzione hanno adottato il piano d’azione di Nairobi 2005-2009 ed hanno raggiunto varie intese riguardo all’universalizzazione e all’attuazione della convenzione in tutti i suoi aspetti. (5) Nel dicembre 2007 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 62/41 relativa all’attuazione della convenzione, invitando tutti gli Stati che non l’hanno firmata ad aderirvi senza indugio, esortando tutti gli Stati che hanno firmato ma non ratificato la convenzione a ratificarla senza indugio e sollecitando tutti gli Stati la cui situazione lo consenta a promuovere l’adesione alla convenzione mediante contatti, iniziative, seminari ed altri mezzi a livello bilaterale, subregionale, regionale e multilaterale, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. Al fine di sostenere l’attuazione della convenzione sul divieto d’impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione («la convenzione»), conformemente alla risoluzione 62/41 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’Unione europea («UE») persegue i seguenti obiettivi: a) promozione dell’universalizzazione della convenzione e sostegno alla preparazione della seconda conferenza di revisione della convenzione nel 2009; b) sostegno agli Stati parte per la piena attuazione della convenzione. 2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1, l’UE intraprende i seguenti progetti: a) organizzazione di un massimo di sei seminari regionali o subregionali diretti ad accrescere l’adesione alla convenzione e la sua ratifica e a preparare la seconda conferenza di revisione nel 2009; b) fornitura di consulenza tecnica permanente e visite di assistenza tecnica mirate, fino a un massimo di 25, negli Stati parti al fine di formulare raccomandazioni sulla piena attuazione della convenzione. Una descrizione dettagliata di tali progetti figura nell’allegato. Articolo 2 1. La presidenza, assistita dal Segretario generale del Consiglio/Alto rappresentante per la PESC (SG/AR), è responsabile dell’attuazione della presente azione comune. La Commissione è pienamente associata. 2. L’esecuzione tecnica dei progetti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, è a cura dell’unità di supporto all’attuazione del Centro internazionale di Ginevra per lo sminamento a fini umanitari (GICHD). Essa svolge tale compito sotto il controllo dell’SG/AR, che assiste la presidenza. A tal fine l’SG/AR stabilisce le necessarie modalità con l’unità di supporto all’attuazione del GICHD. 3. La presidenza, l’SG/AR e la Commissione si informano regolarmente riguardo ai progetti, secondo le rispettive competenze. Articolo 3 1. L’importo di riferimento finanziario per l’attuazione dei progetti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, è pari a 1 070 000 EUR, a carico del bilancio generale dell’Unione europea. 2. Le spese finanziate con l’importo di cui al paragrafo 1 sono gestite in conformità delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell’Unione europea. 3. La Commissione vigila sulla corretta gestione delle spese di cui al paragrafo 2, che assumono la forma di aiuto non rimborsabile. A tal fine, conclude un accordo di finanziamento con il GICHD. L’accordo di finanziamento stipula che l’unità di supporto all’attuazione del GICHD deve assicurare la visibilità del contributo dell’UE in funzione della sua entità. 4. La Commissione si adopera per concludere l’accordo di finanziamento di cui al paragrafo 3 il più presto possibile dopo l’entrata in vigore della presente azione comune. Essa informa il Consiglio sulle difficoltà di detto processo e sulla data di conclusione dell’accordo di finanziamento. Articolo 4 La presidenza, assistita dall’SG/AR, riferisce al Consiglio sull’attuazione della presente azione comune sulla scorta di relazioni periodiche elaborate dall’unità di supporto all’attuazione del GICHD. Su tali relazioni si basa la valutazione del Consiglio. La Commissione è pienamente associata e fornisce le informazioni sugli aspetti finanziari dell’attuazione della presente azione comune. Articolo 5 La presente azione comune entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa scade ventuno mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di finanziamento di cui all’articolo 3, paragrafo 3, o sei mesi dopo la data di adozione qualora non sia stato concluso un accordo di finanziamento entro tale termine. Articolo 6 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Lussemburgo, addì 23 giugno 2008. Per il Consiglio Il presidente I. JARC ALLEGATO 1. Obiettivi Gli obiettivi globali della presente azione comune sono la promozione dell’universalizzazione della convenzione, il sostegno alla piena attuazione della convenzione da parte degli Stati parti e il sostegno ai preparativi della seconda conferenza di revisione che si svolgerà nel 2009. Sarà assicurata la massima sinergia con gli altri pertinenti strumenti finanziari dell’UE. 2. Progetti 2.1. Promozione dell’universalizzazione ed attuazione della convenzione sul divieto d’impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione e preparazione della conferenza di revisione del 2009 2.1.1. Obiettivo del progetto Promuovere l’adesione alla convenzione tramite seminari regionali e subregionali e sostenere i preparativi per la seconda conferenza di revisione. 2.1.2. Descrizione del progetto Organizzazione di un massimo di sei workshop regionali e subregionali per preparare la seconda conferenza di revisione e per incoraggiare l’ulteriore universalizzazione della convenzione. 2.1.3. Risultati del progetto Più vasta adesione alla convenzione e rinnovato interesse generale riguardo all’importanza degli obiettivi e degli obblighi risultanti dalla ratifica della convenzione, nonché migliore comprensione delle esigenze dei futuri Stati parti per quanto concerne i programmi in materia di mine antipersona. Miglioramento della preparazione della seconda conferenza di revisione che si svolgerà nel 2009, tramite un rafforzamento dei contributi e del collegamento in rete a livello regionale. 2.1.4. Sede dei seminari L’unità di supporto all’attuazione del GICHD presenterà un elenco di sedi potenziali per i seminari regionali che sarà in seguito approvato dalla presidenza, assistita dall’SG/AR in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio. I criteri utilizzati per scegliere le sedi dei seminari includeranno la volontà e l’impegno di un dato Stato di una particolare regione a ospitare un seminario, il livello di impegno nei confronti della convenzione da parte degli Stati della regione e, se del caso, l’impegno di una pertinente organizzazione regionale o subregionale. 2.1.5. Beneficiari del progetto Gli Stati parti e quelli che non sono parti della convenzione nelle regioni in cui saranno organizzati i seminari. 2.2. Sostegno alla piena attuazione della convenzione. 2.2.1. Obiettivo del progetto Assistere gli Stati parti nell’attuazione delle disposizioni della convenzione. 2.2.2. Descrizione del progetto Assistere gli Stati parti della convenzione che sono in fase di adempimento degli obblighi risultanti dalla convenzione. Saranno organizzate visite di assistenza tecnica negli Stati parti al fine di valutare la risposta nazionale agli obblighi derivanti dalla convenzione e di fornire sostegno in linea con altri pertinenti programmi e/o attività in corso, le conclusioni del vertice di Nairobi e quelle delle relazioni annuali sullo stato di avanzamento dei lavori. 2.2.3. Risultati del progetto — Migliore conoscenza degli sforzi di attuazione fatti a livello nazionale che possono dar luogo ad ulteriori azioni dell’UE, — fornitura di consulenza e raccomandazioni sui requisiti tecnici necessari all’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione, — sviluppo dei pertinenti piani nazionali in linea con gli obblighi derivanti dalla convenzione. 2.2.4. Beneficiari del progetto Gli Stati parti saranno invitati a richiedere assistenza. La decisione presa terrà conto della misura in cui gli Stati parti richiedenti avranno raccolto le necessarie informazioni di carattere generale precedenti all’impegno, avranno preso misure significative per sostenere una visita degli esperti tecnici e avranno mostrato la loro determinazione a utilizzare pienamente le informazioni così ottenute. La scelta dei beneficiari terrà conto del rispetto degli impegni presi dai potenziali beneficiari nel settore dello sminamento e della distruzione delle riserve nel quadro dei termini stabiliti nelle riunioni della convenzione. L’unità di supporto all’attuazione del GICHD presenterà un elenco finale di beneficiari che sarà poi approvato dalla presidenza, assistita dall’SG/AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio. 3. Durata La durata totale dell’attuazione della presente azione comune è di 21 mesi. 4. Ente incaricato dell’attuazione La presidenza, assistita dall’SG/AR, è responsabile dell’attuazione e della supervisione della presente azione comune. La presidenza incaricherà dell’attuazione tecnica l’unità di supporto all’attuazione del GICHD. L’unità di supporto all’attuazione del GICHD assicurerà che la visibilità del contributo dell’UE sia adeguata alla sua entità. 5. Relazioni L’unità di supporto all’attuazione del GICHD preparerà relazioni dettagliate a seguito di ogni seminario e di ogni visita di assistenza tecnica previsti. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Convenzione sul divieto di mine antipersona e sulla loro distruzione QUALI SONO GLI SCOPI DELL’AZIONE COMUNE E DELLA DECISIONE? L’azione comune si propone di sostenere l’attuazione della convenzione sul divieto di mine antipersona (APMBC) mediante alcune azioni specifiche. Il sostegno dell’UE alla convenzione si basa sulla strategia europea in materia di sicurezza del 2003 (sostituita nel frattempo dalla strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea). La decisione sostiene il piano d’azione di Maputo per l’attuazione dell’APMBC tra il 2014 e il 2019 e stabilisce una serie di obiettivi per contribuire a raggiungere tale scopo. PUNTI CHIAVE Convenzione sul divieto di mine antipersonaOltre l’80 % degli stati membri delle Nazioni Unite sono Stati parti, ossia hanno ratificato la convenzione. Stati Uniti, Russia e Cina non sono Stati parti. Tutti i paesi dell’UE sono Stati parti. Gli Stati parti accettano di non:utilizzare mine antipersona*;sviluppare, produrre, acquisire, immagazzinare, detenere o trasferire mine antipersona;assistere, incoraggiare o indurre chiunque, in qualsiasi maniera, ad intraprendere qualsiasi attività proibita dalla convenzione. Gli Stati parti devono distruggere tutte le scorte di mine antipersona entro quattro anni e bonificare le zone minate rientranti nella loro competenza giurisdizionale o sotto il loro controllo entro dieci anni. L’azione comune dell’UE stabilisce 2 obiettivi:promuovere la convenzione presso i paesi che non ne fanno ancora parte (operazione definita «universalizzazione»); sostenere la sua piena attuazione nei paesi che sono entrati a farne parte. Per raggiungere tali obiettivi, l’azione comune prevede 2 tipologie di azione:organizzare seminari su base regionale o subregionale per incoraggiare i paesi a far parte della convenzione; fornire ai paesi consulenza e assistenza per agevolare la sua piena attuazione. Piano d’azione di Maputo 2014-2019 Il piano d’azione si propone di affrontare tre questioni principali concernenti l’attuazione dell’APMBC:l’universalizzazione della convenzione; garantire la conformità degli Stati parti che non hanno distrutto le loro scorte o bonificato le mine esistenti; i diritti delle vittime delle mine e la loro integrazione nelle politiche e leggi nazionali connesse ai diritti delle persone con disabilità. Gli Stati parti accettano di promuovere l’universalizzazione e di ottemperare ai loro rimanenti obblighi. L’UE sostiene una serie di progetti per contribuire al raggiungimento di questi obiettivi, sulla base della decisione del Consiglio del 2017, che comprende:sminamento: agevolare e rafforzare la pianificazione in un massimo di cinque paesi colpiti stabilendo scadenze imminenti per lo sminamento; assistenza alle vittime: prestare sostegno all’integrazione di programmi di assistenza alle vittime all’interno di politiche nazionali più ampie; universalizzazione: sostenere la presidenza della convenzione e una task force ad alto livello per avviare il dialogo con i paesi non-firmatari; distruzione delle scorte. Sostegno finanziario Quasi tutti i paesi più gravemente colpiti beneficiano di sostegno finanziario. Tali paesi includono Ciad, Colombia, Croazia, Iraq, Repubblica democratica popolare del Laos, Libano, Libia, Myanmar/Birmania, Siria e Ucraina. Tra il 2012 e il 2016, l’UE e i paesi dell’UE hanno erogato un sostegno di oltre 600 milioni di EUR. Le attività di sminamento sono sostenute da una serie di strumenti di azione esterna dell’UE, che comprendono:lo strumento di cooperazione allo sviluppo lo strumento che contribuisce alla stabilità e alla pace il Fondo europeo di sviluppo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO L’AZIONE COMUNE E LA DECISIONE? L’azione comune è in vigore dal 23 giugno 2008 e la decisione dal 4 agosto 2017. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Convenzione sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione (sito web della Convenzione sul divieto di mine antipersona) Mine terrestri antipersona, armi leggere e di piccolo calibro (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Mine antipersona: mine progettate per esplodere in presenza, in prossimità di, o a contatto con una persona e che renderanno inabili, feriranno o uccideranno una o più persone. DOCUMENTI PRINCIPALI Azione comune 2008/487/PESC del Consiglio, del 23 giugno 2008, a sostegno dell’universalizzazione e dell’attuazione della Convenzione del 1997 sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento di mine antipersona e sulla loro distruzione, nell’ambito della strategia europea in materia di sicurezza (GU L 165 del 26.6.2008, pag. 41). Decisione 2017/1428 (PESC) del Consiglio, del 4 agosto 2017, a sostegno dell’attuazione del piano d’azione di Maputo per l’attuazione della Convenzione del 1997 sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento di mine antipersona e sulla loro distruzione (GU L 204 del 5.8.2017, pag. 101). DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2012/700/PESC del Consiglio, del 13 novembre 2012, nel quadro della strategia europea in materia di sicurezza a sostegno dell’attuazione del piano d’azione di Cartagena 2010-2014, adottato dagli Stati parti della Convenzione del 1997 sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento di mine antipersona e sulla loro distruzione (GU L 314 del 14.11.2012, pag. 40).
1
844
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 80/181/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE Gazzetta ufficiale n. L 039 del 15/02/1980 pag. 0040 - 0050 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 10 pag. 0181 edizione speciale greca: capitolo 13 tomo 9 pag. 0090 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 10 pag. 0181 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 10 pag. 0292 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 10 pag. 0292 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 1979 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE (80/181/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100, vista la direttiva 71/354/CEE del Consiglio, del 18 ottobre 1971, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura (1), modificata da ultimo dalla direttiva 76/770/CEE (2), vista la proposta della Commissione (3), visto il parere del Parlamento europeo (4), visto il parere del Comitato economico e sociale (5), considerando che le unità di misura sono indispensabili per qualsiasi strumento di misura per esprimere una misurazione effettuata e fornire l'indicazione di grandezza ; che le unità di misura sono impiegate nella maggior parte dei settori delle attività umane ; che nell'utilizzarle è necessario assicurare la maggior chiarezza possibile ; che è quindi necessario disciplinare il loro impiego all'interno della Comunità nel circuito economico, nei settori della sanità e della sicurezza pubblica, nonché nelle operazioni di carattere amministrativo; considerando tuttavia che, nel settore dei trasporti internazionali, esistono convenzioni o accordi internazionali che vincolano la Comunità o gli Stati membri ; che queste convenzioni o accordi devono essere rispettati; considerando che le legislazioni degli Stati membri che prescrivono l'impiego di unità di misura differiscono da uno Stato membro all'altro e pertanto ostacolano le transazioni commerciali ; che, di conseguenza, per eliminare detti ostacoli è necessario armonizzare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative; considerando che le unità di misura sono oggetto di risoluzioni internazionali prese nell'ambito della conferenza generale dei pesi e delle misure (CGPM) istituita dalla convenzione del metro, firmata a Parigi in data 20 maggio 1875, cui aderiscono tutti gli Stati membri ; che queste risoluzioni hanno creato il «sistema internazionale delle unità di misura» (SI); considerando che in data 18 ottobre 1971 il Consiglio ha adottato la direttiva 71/354/CEE intesa ad armonizzare le legislazioni degli Stati membri al fine di eliminare gli ostacoli agli scambi mediante approvazione a livello comunitario del sistema internazionale delle unità ; che la direttiva 71/354/CEE è stata modificata dall'atto di adesione e dalla direttiva 76/770/CEE; considerando che dette disposizioni comunitarie non hanno eliminato tutti gli ostacoli in questo settore ; che ai sensi della direttiva 76/770/CEE si prevede di esaminare prima del 31 dicembre 1979 la situazione delle unità di misura, dei nomi e dei simboli riportati nel capitolo D del relativo allegato ; che inoltre si è rivelato necessario riesaminare la situazione di talune altre unità di misura; considerando che, per evitare notevoli difficoltà, è necessario prevedere un periodo transitorio affinché possano essere eliminate le unità di misura non compatibili con il sistema internazionale ; che è tuttavia indispensabile permettere agli Stati membri che lo desiderino di imporre al più presto sul proprio territorio le disposizioni del solo capitolo I dell'allegato ; che è quindi necessario, a livello comunitario, limitare questo periodo di transizione pur lasciando agli Stati membri la facoltà di non utilizzarlo interamente; considerando che, durante il periodo transitorio, è indispensabile mantenere una situazione chiara in materia di impiego di unità di misura negli scambi tra gli Stati membri, in particolare allo scopo di proteggere il consumatore ; che l'obbligo imposto agli Stati membri di accettare l'impiego di indicazioni aggiuntive sui prodotti e sulle attrezzature importate da altri Stati membri durante questo periodo transitorio, è conforme a tal fine; (1)GU n. L 243 del 29.10.1971, pag. 29. (2)GU n. L 262 del 27.9.1976, pag. 204. (3)GU n. C 81 del 28.3.1979, pag. 6. (4)GU n. C 127 del 21.5.1979, pag. 80. (5)Parere reso il 24/25 ottobre 1979 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). considerando tuttavia che l'applicazione sistematica di siffatta soluzione a tutti gli strumenti di misura e, tra l'altro, agli strumenti medici, non è necessariamente auspicabile ; che gli Stati membri devono quindi poter esigere che, sul proprio territorio, gli strumenti di misura rechino le indicazioni di grandezza in una sola unità di misura legale; considerando che la presente direttiva non pregiudica la fabbricazione continua di prodotti già immessi in commercio ; che essa riguarda tuttavia l'immissione in commercio e l'impiego di prodotti e di attrezzature che recano indicazioni di grandezza in unità di misura che non sono più unità di misura legali, e che sono necessari per completare o per sostituire pezzi o parti di prodotti, attrezzature e strumenti di misura già immessi in commercio ; che è quindi necessario che gli Stati membri autorizzino l'immissione in commercio e l'impiego, anche quando non recano indicazioni di grandezza in unità di misura che non sono più legali, di questi prodotti e di queste attrezzature di complemento o di sostituzione al fine di permettere l'impiego continuo di prodotti, attrezzature o strumenti già immessi in commercio; considerando che l'Organizzazione internazionale per l'unificazione (ISO) ha approvato in data 1º marzo 1974 una norma internazionale relativa alla rappresentazione delle unità SI e di altre unità per l'uso in sistemi che comprendono serie limitate di caratteri ; che di conseguenza è opportuno che la Comunità applichi le soluzioni che sono già state approvate su un piano internazionale più vasto nella norma ISO 2955 del 1º marzo 1974; considerando che le disposizioni comunitarie in materia di unità di misura sono frazionate in numerosi testi comunitari ; che la materia delle unità di misura riveste una tale importanza che è indispensabile potersi riferire ad un testo comunitario unico ; che, pertanto, la presente direttiva riunisce tutte le disposizioni comunitarie in materia e che è quindi opportuno abrogare la direttiva 71/354/CEE, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Le unità di misura legali ai sensi della presente direttiva, che dovono essere utilizzate per esprimere grandezze, sono: a) quelle che figurano nel capitolo I dell'allegato; b) quelle che figurano nel capitolo II dell'allegato sino ad una data fissata dagli Stati membri ; tale data non può comunque superare il 31 dicembre 1985; c) quelle che figurano nel capitolo III dell'allegato soltanto negli Stati membri in cui esse erano autorizzate il 21 aprile 1973 e sino ad una data fissata da questi Stati membri ; questa data non potrà superare la data limite che sarà fissata dal Consiglio, sulla base dell'articolo 100 del trattato, prima del 31 dicembre 1989. Articolo 2 a) Gli obblighi derivanti dall'articolo 1 riguardano gli strumenti di misura impiegati, le misurazioni effettuate e le indicazioni di grandezza espresse in unità di misura : nel circuito economico, nei settori della sanità e della sicurezza pubblica, nonché nelle operazioni di carattere amministrativo. b) La presente direttiva non pregiudica l'impiego nel settore della navigazione marittima ed aerea e del traffico ferroviario di unità diverse da quelle rese obbligatorie dalla presente direttiva ma che sono contemplate da convenzioni o da accordi internazionali che vincolano la Comunità o gli Stati membri. Articolo 3 1. Ai sensi della presente direttiva si ha un'indicazione aggiuntiva qualora un'indicazione espressa con un'unità del capitolo I dell'allegato è accompagnata da una o piú indicazioni espresse con unità che non figurano nel capitolo I. 2. L'impiego delle indicazioni aggiuntive è autorizzato fino al 31 dicembre 1989. 3. Tuttavia gli Stati membri possono esigere che gli strumenti di misura rechino le indicazioni di grandezza in un'unica unità di misura legale. 4. L'indicazione espressa con l'unità di misura che figura nel capitolo I deve prevalere. Le indicazioni espresse con le unità di misura che non figurano nel capitolo I devono essere espresse in particolare in caratteri di dimensioni al massimo pari a quelle dei caratteri della corrispondente indicazione in unità che figurano nel capitolo I. 5. L'impiego delle indicazioni aggiuntive può essere prorogato oltre il 31 dicembre 1989. Articolo 4 L'impiego di unità di misura che non sono legali o hanno cessato di esserlo è autorizzato - per i prodotti e le attrezzature già immessi in commercio e/o in servizio alla data di adozione della presente direttiva; - per i pezzi e le parti di prodotti e di attrezzature necessari per completare o per sostituire pezzi o parti di prodotti e di attrezzature di cui sopra. Per i dispositivi di indicazione degli strumenti di misura può essere tuttavia prescritto l'impiego di unità di misura legali. Articolo 5 La norma internazionale ISO 2955 del 1º marzo 1974, «Elaborazione dell'informazione - Rappresentazioni di unità SI e di altre unità per l'uso in sistemi che comprendono serie limitate di caratteri», deve essere applicata nel settore disciplinato dal suo paragrafo 1. Articolo 6 La direttiva 71/354/CEE è abrogata in data 1º ottobre 1981. Tuttavia, in deroga alle disposizioni della direttiva 71/354/CEE, gli Stati membri autorizzano o continuano a tollerare, alle condizioni precisate nell'articolo 1 della presente direttiva, l'utilizzazione oltre il 31 dicembre 1979 delle seguenti unità di misura: >PIC FILE= "T0013353"> Articolo 7 a) Gli Stati membri adottano e pubblicano anteriormente al 1º luglio 1981 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva e ne informano la Commissione. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1º ottobre 1981. b) Dalla notifica della presente direttiva gli Stati membri provvedano inoltre a comunicare alla Commissione, in tempo utile affinché quest'ultima possa presentare le sue osservazioni, qualsiasi progetto di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che essi intendano emanare nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 1979. Per il Consiglio Il Presidente J. TUNNEY ALLEGATO CAPITOLO I UNITÀ DI MISURA LEGALI DISCIPLINATE DALL'ARTICOLO 1, LETTERA a) 1. UNITÀ SI, LORO MULTIPLI E SOTTOMULTIPLI DECIMALI 1.1. Unità SI di base >PIC FILE= "T0013354"> Le definizioni delle unità SI di base sono le seguenti: Unità di lunghezza Il metro è la lunghezza pari a 1 650 763,73 lunghezze d'onda nel vuoto della radiazione corrispondente alla transizione fra i livelli 2 P10 e 5 d5 dell'atomo di cripto 86. (11a CGMP, 1960, ris. 6). Unità di massa Il chilogrammo è l'unità di massa ; esso è pari alla massa del prototipo internazionale del chilogrammo. (3a CGMP, 1901, pag. 70 del resoconto). Unità di tempo Il secondo è la durata di 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione fra i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell'atomo del cesio 133. (13a CGMP, 1967, ris. 1). Unità di intensità di corrente elettrica >PIC FILE= "T0013394"> (CIPM, 1946, ris. 2, approvata dalla 9a CGPM, 1948). Unità di temperatura termodinamica Il kelvin, unità di temperatura termodinamica, è la frazione 1/273,16 della temperatura termodinamica del punto triplo dell'acqua. (13a CGMP, 1967, ris. 4). Unità di quantità di materia La mole è la quantità di materia di un sistema che contiene tante entità elementari quanti sono gli atomi in 0,012 chilogrammi di carbonio 12. Quando si usa la mole, le entità elementari devono essere specificate ; esse possono essere atomi, molecole, ioni, elettroni, altre particelle, oppure raggruppamenti specificati di tali particelle. (14a CGMP, 1971, ris. 3). Unità di intensità luminosa >PIC FILE= "T0013395"> (16a CGPM, 1979, ris. 3). 1.1.1. Nome e simbolo speciali dell'unità SI di temperatura nel caso della temperatura Celsius >PIC FILE= "T0013355"> La temperatura Celsius t è definita dalla differenza t = T - T0 tra due temperature termodinamiche T e T0 con T0 = 273,15 kelvin. Un intervallo o una differenza di temperatura possono essere espressi in kelvin o in gradi Celsius. L'unità «grado Celsius» è uguale all'unità «kelvin». 1.2. Altre unità SI 1.2.1. Unità supplementari SI >PIC FILE= "T0013356"> (11a GCMP, 1960, ris. 12). Le definizioni delle unità supplementari SI sono le seguenti: Unità di angolo piano Il radiante è l'angolo piano compreso tra due raggi che, sulla circonferenza di un cerchio, intercettano un arco di lunghezza pari a quella del raggio. (Norma internazionale ISO 31 - I, dicembre 1965). Unità di angolo solido Lo steradiante è l'angolo solido, che, avendo il vertice al centro di una sfera, delimita sulla superficie di questa un'area pari a quella di un quadrato di lato uguale al raggio della sfera. (Norma internazionale ISO 31 - I, dicembre 1965). 1.2.2. Unità derivate SI Le unità derivate in modo coerente dalle unità SI di base e dalle unità supplementari SI vengono indicate mediante espressioni algebriche sotto forma di prodotti di potenze delle unità SI di base e delle unità supplementari SI con un fattore numerico pari ad 1. 1.2.3. Unità derivate SI che hanno nomi e simboli speciali >PIC FILE= "T0013357"> Alcune unità derivate dalle unità SI di base o supplementari possono essere espresse impiegando le unità del capitolo I. In particolare, alcune unità derivate SI possono essere espresse con i nomi e i simboli speciali riportati nella tabella di cui sopra, per esempio : l'unità SI della viscosità dinamica può essere espressa come m-1 7 kg 7 s-1 oppure N 7 s 7 m-2 oppure Pa 7 s. 1.3. Prefissi e loro simboli che servono a designare taluni multipli e sottomultipli decimali >PIC FILE= "T0013358"> I nomi ed i simboli dei multipli e sottomultipli decimali dell'unità di massa vengono formati mediante l'aggiunta dei prefissi alla parola «grammo» e dei loro simboli al simbolo «g». Per designare alcuni multipli e sottomultipli decimali di un'unità derivata la cui espressione si presenta sotto forma di una frazione, un prefisso può essere legato indifferentemente alle unità che figurano al numeratore, al denominatore o in entrambi. Sono vietati i prefissi composti, cioè formati mediante giustapposizione di più prefissi di cui sopra. 1.4. Nomi e simboli speciali autorizzati di multipli e sottomultipli decimali di unità SI >PIC FILE= "T0013359"> Avvertenza : I prefissi ed i simboli di cui al punto 1.3 si applicano alle unità ed ai simboli elencati nella tabella del punto 1.4. 2. UNITÀ DEFINITE IN BASE ALLE UNITÀ SI, MA CHE NON SONO MULTIPLI O SOTTOMULTIPLI DECIMALI DI QUESTE >PIC FILE= "T0013360"> Avvertenza : I prefissi di cui al punto 1.3 si applicano soltanto ai nomi «grado» e «gon» ed i relativi simboli soltanto al simbolo «gon». 3. UNITÀ DEFINITE INDIPENDENTEMENTE DALLE SETTE UNITÀ SI DI BASE L'unità di massa atomica è pari a 1/12 della massa di un atomo del nuclide 12C. L'elettronvolt è l'energia cinetica acquisita da un elettrone che passa nel vuoto da un punto ad un altro che abbia un potenziale superiore di 1 volt. >PIC FILE= "T0013361"> Il valore di queste unità, espresso in unità SI, non è conosciuto esattamente. I valori indicati sono estratti dal bollettino CODATA n. 11, del dicembre 1973, del Consiglio internazionale delle Unioni scientifiche. Avvertenza : A quese due unità ed ai loro simboli si applicano i prefissi ed i simboli di cui al punto 1.3. 4. UNITÀ E NOMI DI UNITÀ AMMESSI UNICAMENTE IN SETTORI DI APPLICAZIONE SPECIALIZZATI >PIC FILE= "T0013362"> 5. UNITÀ COMPOSTE Combinando le unità di cui al capitolo I si costituiscono unità composte. CAPITOLO II UNITÀ DI MISURA LEGALI DISCIPLINATE DALL'ARTICOLO 1, LETTERA b) GRANDEZZE, NOMI DI UNITÀ, SIMBOLI E VALORI >PIC FILE= "T0013363"> Avvertenza : I prefissi ed i loro simboli di cui al punto 1.3 del capitolo I si applicano alle unità ed ai simboli indicati nel presente punto, ad eccezione del millimetro di mercurio e del suo simbolo e del simbolo g. Fino alla data indicata nell'articolo 1, lettera b), le unità di cui al capitolo II possono essere combinate tra di loro o con quelle del capitolo I per costituire unità composte. CAPITOLO III UNITÀ DI MISURA LEGALI DISCIPLINATE DALL'ARTICOLO 1, LETTERA c) GRANDEZZE, NOMI DI UNITÀ, SIMBOLI E VALORI APPROSSIMATI >PIC FILE= "T0013364"> Fino alla data prevista conformemente all'articolo 1, lettera c), le unità di cui al capitolo III possono essere combinate tra di loro o con quelle del capitolo I per costituire unità composte. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Unità di misura nell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva elenca e definisce le unità legali che devono essere utilizzate nell’Unione europea (Unione) per esprimere le grandezze. Essa specifica che nell’Unione sono applicabili le unità di misura metriche/il sistema internazionale delle unità di misura (SI)*. La decisione 80/181/CEE è stata oggetto di varie modifiche. L’ultima, introdotta dalla direttiva (UE) 2019/1258 della Commissione ai fini dell’adattamento al progresso tecnico, ne modifica l’allegato per quanto riguarda le definizioni delle unità SI di base. PUNTI CHIAVE Nell’Unione, le unità SI sono obbligatorie nel circuito economico, nei settori della sanità e della sicurezza pubblica, nonché nelle operazioni di carattere amministrativo. Le unità SI derivano dalle risoluzioni internazionali adottate dalla conferenza generale dei pesi e delle misure (CGPM) alla quale aderiscono tutti i paesi dell’Unione. La direttiva elenca e definisce, in una serie di allegati, le unità di misura ammesse e quelle obbligatorie, tra cui quelle seguenti.Le unità SI di base Tempo: secondo (s).Lunghezza: metro (m).Massa: chilogrammo (kg).Intensità di corrente elettrica: ampere (A).Temperatura termodinamica: kelvin (K).Quantità di materia: mole (mol).Intensità luminosa: candela (cd). Oltre 20 unità di misura derivate dall’SI, con nomi e simboli speciali [ad esempio: frequenza: hertz (Hz), forza: newton (N), resistenza elettrica: ohm (Ω)]. I prefissi che indicano multipli e sottomultipli decimali (ad esempio: chilo: 103 e k, milli: 10-3 e m). Unità ammesse unicamente in settori specifici (ad esempio: vergenza dei sistemi ottici: diottria, massa delle pietre preziose: carato metrico). Unità composte.Le definizioni delle unità si basano su costanti naturali, così da permettere la misurazione precisa anche su scala molto ridotta. Per questo possono essere utilizzate non solo nella vita di tutti i giorni ma anche per scopi che richiedono una precisione molto elevata, come la ricerca scientifica o applicazioni tecnologiche avanzate. Esenzioni: nel settore della navigazione marittima ed aerea e del traffico ferroviario, la direttiva non pregiudica l’impiego di unità diverse contemplate negli accordi internazionali che vincolano l’Unione o i paesi dell’Unione. Solo in Irlanda, e in circostanze limitate, sono applicabili deroghe:le unità mile, yard, foot e inch continuano ad essere ammesse sui cartelli stradali e per la misurazione di distanze e velocità; l’unità pint continua ad essere ammessa per la vendita di latte in recipienti a rendere e per la birra e il sidro alla spina; per le transazioni in metalli preziosi, è possibile continuare a usare la troy ounce.Indicazioni aggiuntive La direttiva ammette inoltre l’impiego di indicazioni aggiuntive (indicazioni di quantità espresse in unità di misura che non figurano nella direttiva). Tali indicazioni, tuttavia, non possono essere utilizzate da sole ma possono solo affiancarsi alle unità SI elencate e definite nella direttiva, che devono prevalere. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 1o ottobre 1981 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro il 1o luglio 1981. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Unità di misura (Commissione europea) Conferenza generale dei pesi e delle misure (BIPM-CGPM) Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO). TERMINI CHIAVE Sistema internazionale di unità di misura (SI): sistema di unità di misura fisiche basato su metro, chilogrammo, secondo, kelvin, candela e mole, insieme a una serie di prefissi che servono a indicare multipli o sottomultipli decimali. È la versione moderna del sistema metrico ed è l’unico sistema di misura con uno status ufficiale in quasi tutti i paesi del mondo. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 80/181/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE (GU L 39 del 15.2.1980, pag. 40). Le successive modifiche alla direttiva 80/181/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
1
993
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate Gazzetta ufficiale n. L 285 del 29/12/1971 pag. 0046 - 0048 edizione speciale finlandese: capitolo 8 tomo 1 pag. 0043 edizione speciale danese: serie I capitolo 1971(III) pag. 0896 edizione speciale svedese/ capitolo 8 tomo 1 pag. 0043 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1971(III) pag. 1032 edizione speciale greca: capitolo 08 tomo 1 pag. 0088 edizione speciale spagnola: capitolo 08 tomo 2 pag. 0014 edizione speciale portoghese: capitolo 08 tomo 2 pag. 0014 REGOLAMENTO (CEE) N. 2821/71 DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 1971 relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 87, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale, considerando che la dichiarazione di inapplicabilità delle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, del trattato può, conformemente alle disposizioni del paragrafo 3 dello stesso articolo, riguardare categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfino alle condizioni richieste da tali disposizioni; considerando che le modalità di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, devono essere stabilite con regolamento basato sull'articolo 87; considerando che la creazione di un mercato comune esige l'adattamento delle imprese alle condizioni di tale mercato ampliato e che la cooperazione delle imprese può costituire un mezzo adeguato per conseguire tale scopo; considerando che gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate in materia di cooperazione tra imprese, che permettono a queste di lavorare più razionalmente e di adattare la loro produttività e la loro competitività al mercato ampliato, possono, se rientrano nel divieto dell'articolo 85, paragrafo 1, esserne esentati a certe condizioni ; che la necessità di tale misura si impone particolarmente per gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate che riguardano l'applicazione di norme e di tipi, la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di procedimenti fino allo stadio dell'applicazione industriale e l'utilizzazione dei relativi risultati, nonché la specializzazione; considerando che è opportuno porre la Commissione in grado di dichiarare mediante regolamento inapplicabili le disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, a talune categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate, per facilitare alle imprese una cooperazione economicamente auspicabile e senza inconvenienti sotto l'aspetto della politica della concorrenza; considerando che occorre precisare le condizioni in cui la Commissione potrà esercitare tale potere, in collegamento stretto e costante con le autorità competenti degli Stati membri; considerando che, in virtù dell'articolo 6 del regolamento n. 17 (1), la Commissione può disporre che una decisione adottata ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato si applichi con effetto retroattivo ; che conviene che la Commissione possa adottare tale decisione anche in un regolamento; considerando che in virtù dell'articolo 7 del regolamento n. 17 possono essere sottratti al divieto, mediante decisione della Commissione, gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate, specie se essi sono modificati in modo da soddisfare alle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 ; che è opportuno che la Commissione possa accordare lo stesso beneficio, mediante regolamento, a tali accordi, decisioni e pratiche concordate qualora siano modificati in modo da rientrare in una categoria definita mediante regolamento di esecuzione; considerando che non è escluso che in un caso specifico le condizioni enumerate all'articolo 85 paragrafo 3, non siano riunite ; che la Commissione deve avere la facoltà di regolare tale caso in applicazione del regolamento n. 17 con decisione avente effetto futuro, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Fatta salva l'applicazione del regolamento n. 17, la Commissione può dichiarare, mediante regolamento ed in conformità all'articolo 85, paragrafo 3, del trattato, che l'articolo 85, paragrafo 1, non è applicabile a categorie di accordi tra imprese, di decisioni di associazioni di imprese e di pratiche concordate che hanno come oggetto: a) l'applicazione di norme e di tipi; b) la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di processi fino allo stadio dell'applicazione industriale, nonché l'utilizzazione dei relativi risultati, (1)GU n. 13 del 21.2.1962, pag. 204/62. comprese le disposizioni relative ai diritti di proprietà industriale e alle cognizioni tecniche segrete; c) la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per la sua realizzazione. 2. Il regolamento deve comprendere una definizione delle categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate ai quali si applica e precisare in particolare: a) le restrizioni o le clausole che possono o che non possono figurare negli accordi, decisioni e pratiche concordate; b) le clausole che devono figurare negli accordi, decisioni e pratiche concordate o le altre condizioni che devono essere soddisfatte. Articolo 2 1. Un regolamento emanato in virtù dell'articolo 1 è adottato per una durata limitata. 2. Può essere abrogato o modificato, quando le circostanze si sono modificate relativamente ad un elemento che è stato essenziale per la sua adozione ; in tal caso, è previsto un periodo di adattamento per gli accordi, decisioni e pratiche concordate contemplati dal regolamento anteriore. Articolo 3 Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può applicarsi con effetto retroattivo agli accordi, decisioni e pratiche concordate che, al momento dell'entrata in vigore del regolamento, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17. Articolo 4 1. Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può disporre che il divieto di cui all'articolo 85, paragrafo 1 del trattato non si applica, per il periodo in esso stabilito, agli accordi, decisioni e pratiche concordate esistenti alla data del 13 marzo 1962 e che non soddisfano alle condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3: - se sono modificati entro sei mesi dall'entrata in vigore del regolamento in modo da soddisfare a dette condizioni secondo le disposizioni del regolamento stesso e - se le modifiche sono portate a conoscenza della Commissione nel termine fissato dal regolamento. 2. Il paragrafo 1 è applicabile agli accordi, decisioni e pratiche concordate che dovevano essere notificati anteriormente al 1º febbraio 1963, conformemente all'articolo 5 del regolamento n. 17, solo se la notificazione è stata effettuata prima di tale data. 3. Il beneficio delle disposizioni adottate a norma del paragrafo 1 non può essere invocato nelle vertenze pendenti alla data dell'entrata in vigore di un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1, né può essere invocato per motivare una domanda di risarcimento di danni nei confronti di terzi. Articolo 5 Quando la Commissione intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto, per consentire a tutte le persone ed organizzazioni interessate di comunicarle le loro osservazioni entro il termine da essa fissato, che non può essere inferiore ad un mese. Articolo 6 1. La Commissione consulta il Comitato consultivo in materia d'intese e di posizioni dominanti: a) prima di pubblicare un progetto di regolamento, b) prima di adottare un regolamento. 2. I paragrafi 5 e 6 dell'articolo 10 del regolamento n. 17, relativi alla consultazione del Comitato consultivo, sono applicabili, in quanto compatibili, restando inteso che le riunioni comuni con la Commissione avranno luogo al più presto un mese dopo l'invio della convocazione. Articolo 7 Se la Commissione costata d'ufficio o su richiesta di uno Stato membro o di persone fisiche o giuridiche che fanno valere un interesse che, in un caso determinato, accordi, decisioni o pratiche concordate previsti in un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste dall'articolo 85, paragrafo 3, del trattato, essa può, revocando il beneficio dell'applicazione di tale regolamento, prendere una decisione in conformità degli articoli 6 e 8 del regolamento n. 17 senza che sia richiesta la notificazione di cui all'articolo 4, paragrafo 1 del regolamento n. 17. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 1971. Per il Consiglio Il Presidente M. PEDINI Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Concorrenza: esenzione di taluni accordi fra società concorrenti SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? La Commissione europea può concedere delle esenzioni a titolo individuale a determinati accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfano le condizioni d'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3 del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE) (attuale articolo 101, par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)). Può altresì concedere, mediante regolamento, delle esenzioni per categoria. Il presente regolamento abilita la Commissione a concedere l'esenzione a taluni accordi, decisioni e pratiche concordate mediante un'esenzione per categoria. Campo d'applicazione Il presente regolamento abilita la Commissione ad applicare, mediante regolamento, l'articolo 101, paragrafo 3, del TFUE, a taluni accordi, decisioni e pratiche concordate che hanno per oggetto: la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di processi, nonché l'utilizzazione dei relativi risultati, comprese le disposizioni relative ai diritti di proprietà industriale e alle cognizioni tecniche segrete; la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per la sua realizzazione. Condizioni dei regolamenti d'esenzione I regolamenti di esenzione adottati dalla Commissione devono rispettare una serie di condizioni. Devono: contenere una definizione delle categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate ai quali si applicano e precisare le restrizioni, le clausole e le altre condizioni che vi possono figurare; essere applicabili per una durata limitata. Possono però essere abrogati o modificati; applicarsi con effetto retroattivo agli accordi che, al momento della loro entrata in vigore, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17 (CEE), che è stato sostituito dal regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio. Tuttavia non si applicano agli accordi esistenti alla data del 13 marzo 1962 né a quelli che avrebbero dovuto essere notificati entro il 1o febbraio 1963. I regolamenti così definiti devono rispettare la seguente procedura di approvazione : la proposta di regolamento deve essere pubblicata, per consentire a tutte le persone ed organizzazioni interessate di comunicare alla Commissione le loro osservazioni; la Commissione consulta il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti prima di pubblicare un progetto di regolamento o di adottare un regolamento; se la Commissione constata d'ufficio o su richiesta di un paese dell’Unione europea (UE) o di persone fisiche o giuridiche che, in un caso determinato, accordi, decisioni o pratiche concordate previsti in un regolamento così definito hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste dall'articolo 101, paragrafo 3, essa può prendere una decisione revocando il beneficio dell'applicazione di tale regolamento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è entrato in vigore il 18 gennaio 1972. Nel caso dei paesi candidati all'adesione, il presente regolamento entra in vigore alla data dell'adesione del paese all’UE. ATTO Regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all'applicazione dell'articolo 85, par. 3 del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche consolidate (GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46–48). Le successive modifiche al regolamento (CEE) n. 2821/71 sono state integrate al testo originario. La presente versione consolidata ha solo un scopo documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1–25). Si veda la versione consolidata.
0
1,003
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 150/2003 del Consiglio, del 21 gennaio 2003, che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militare Gazzetta ufficiale n. L 025 del 30/01/2003 pag. 0001 - 0006 Regolamento (CE) n. 150/2003 del Consigliodel 21 gennaio 2003che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militareIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 26,vista la proposta della Commissione(1),considerando quanto segue:(1) La Comunità si basa su un'unione doganale che richiede l'applicazione coerente della tariffa doganale comune alle importazioni di prodotti provenienti da paesi terzi in tutti gli Stati membri, a meno che provvedimenti comunitari specifici non dispongano altrimenti.(2) È nell'interesse della Comunità nel suo insieme che gli Stati membri siano in grado di dotare le proprie forze militari delle armi e delle attrezzature militari più adeguate e tecnologicamente più progredite. Tenuto conto dei rapidi sviluppi tecnologici che caratterizzano questo settore industriale su scala mondiale, è pratica comune delle autorità degli Stati membri incaricate della difesa nazionale acquisire armi e materiale militare da produttori o altri fornitori situati in paesi terzi. Considerato l'interesse di sicurezza degli Stati membri, è compatibile con gli interessi della Comunità che alcune di tali armi e attrezzature possano essere importate in esenzione da dazio.(3) Al fine di assicurare l'applicazione coerente di tale sospensione dei dazi è opportuno redigere un elenco comune di armi e attrezzature militari ammissibili alla sospensione dei dazi. È inoltre opportuno, considerata la natura specifica dei prodotti in questione, che le parti, componenti o sottounità destinate a essere incorporate o adattate alle merci incluse nel suddetto elenco o per la riparazione, rimessa a nuovo o manutenzione di tali merci, nonché le merci destinate a essere utilizzate per la formazione e per il collaudo di merci incluse nel suddetto elenco possano essere importate in esenzione doganale. Le importazioni di attrezzature militari non disciplinate dal presente regolamento sono soggette ai pertinenti dazi in conformità della tariffa doganale comune.(4) Tenuto conto delle diverse strutture organizzative delle autorità competenti negli Stati membri, è necessario definire, esclusivamente a fini doganali, le utilizzazioni finali dei materiali importati in conformità delle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario(2) e delle relative disposizioni di applicazione (qui di seguito denominato "codice doganale"). Al fine di limitare l'onere amministrativo per le autorità interessate, è opportuno stabilire un termine per i controlli doganali delle utilizzazioni finali.(5) Per tenere conto della tutela della riservatezza militare degli Stati membri, è necessario stabilire specifiche procedure amministrative per la concessione del beneficio della sospensione dei dazi. Una dichiarazione dell'autorità competente dello Stato membro alle cui forze sono destinate le armi o attrezzature militari, che potrebbe fungere anche da dichiarazione in dogana quale richiesta dal codice doganale, costituirebbe una garanzia adeguata dell'adempimento di dette condizioni. La dichiarazione dovrebbe avere la forma di un certificato. È opportuno precisare la forma che devono assumere tali certificati e consentire l'utilizzo di tecniche di trattamento dei dati per la dichiarazione.(6) È necessario stabilire norme volte a fare in modo che gli Stati membri forniscano informazioni circa la quantità, il valore e il numero di certificati rilasciati e le modalità per l'applicazione del presente regolamento,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Il presente regolamento stabilisce le condizioni per la sospensione autonoma dei dazi all'importazione relativi ad alcune armi e attrezzature militari importate dalle autorità incaricate della difesa militare degli Stati membri o per loro conto da paesi terzi.Articolo 21. I dazi della tariffa doganale comune applicabili alle importazioni delle merci elencate nell'allegato I sono totalmente sospesi quando tali merci sono utilizzate dalle forze militari di uno Stato membro, o per conto di dette forze, individualmente o in cooperazione con altri Stati, per difendere l'integrità territoriale dello Stato membro o partecipare a operazioni internazionali di mantenimento o di sostegno della pace o per altri fini militari quali la protezione dei cittadini della Comunità europea da disordini sociali o militari.2. I suddetti dazi sono sospesi totalmente anche per:a) le parti, componenti o sottounità importate per essere incorporate o adattate alle merci incluse nell'elenco di cui agli allegati I e II o le relative parti, componenti o sottounità o per la riparazione, rimessa a nuovo o manutenzione di tali merci;b) le merci importate per essere utilizzate a fini di addestramento o per il collaudo delle merci incluse nell'elenco di cui agli allegati I e II.3. Le merci importate quali definite nell'allegato I e nel paragrafo 2 del presente articolo sono soggette alle condizioni in materia di utilizzazione finale di cui agli articoli 21 e 82 del regolamento (CEE) n. 2913/92 e delle relative disposizioni di applicazione. Il controllo doganale dell'utilizzazione finale termina tre anni dopo la data dell'immissione in libera pratica.4. L'utilizzazione delle merci elencate nell'allegato I a fini di addestramento o l'utilizzazione temporanea di tali merci nel territorio doganale della Comunità da parte delle forze militari o di altre forze a fini civili a causa di calamità naturali o impreviste non costituisce una violazione dell'utilizzazione finale di cui al paragrafo 1.Articolo 31. La richiesta di entrata per l'immissione in libera pratica di merci per le quali viene chiesto il beneficio della sospensione dei dazi a norma dell'articolo 2 è accompagnata da un certificato rilasciato dall'autorità competente dello Stato membro alle cui forze militari sono destinate le merci. Il certificato di cui all'allegato III va presentato alle autorità doganali dello Stato membro d'importazione unitamente alle merci a cui si riferisce. Esso può sostituire la dichiarazione in dogana di cui agli articoli da 59 a 76 del regolamento (CEE) n. 2913/92.2. Fatto salvo il paragrafo 1, per ragioni di riservatezza militare il certificato e le merci importate possono essere sottoposte ad altre autorità designate dallo Stato membro d'importazione a tale scopo. In tali casi l'autorità competente che rilascia il certificato invia entro il 31 gennaio ed entro il 31 luglio di ogni anno alle autorità doganali del suo Stato membro una relazione di sintesi riguardante tali importazioni. La relazione riguarda i 6 mesi immediatamente precedenti la data in cui la relazione deve essere presentata e contiene il numero e la data di rilascio dei certificati, la data di importazione ed il valore totale e peso lordo dei prodotti importati con i certificati.3. Ai fini del rilascio e della presentazione del certificato alle autorità doganali o ad altre autorità incaricate dello sdoganamento possono essere utilizzate tecniche di trattamento dei dati conformemente all'articolo 292, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CE) n. 2913/92 del Consiglio(3).4. Il presente articolo si applica mutatis mutandis alle merci importate elencate nell'allegato II.Articolo 4Ad eccezione dei casi di cui all'articolo 2, paragrafo 4, qualsiasi diversione di merci elencate nell'allegato I e all'articolo 2, paragrafo 2, dall'uso di cui all'articolo 2, paragrafo 1, ad un altro uso nel periodo di controllo doganale è notificato dall'autorità competente che rilascia il certificato o che utilizza le merci alle autorità doganali del suo Stato membro conformemente agli articoli 21 e 87 del regolamento (CEE) n. 2913/92.Articolo 51. Ogni Stato membro indica alla Commissione l'autorità competente per il rilascio del certificato di cui all'articolo 3, paragrafo 1 ed invia un esemplare del timbro da essa usato. Ogni Stato membro trasmette inoltre alla Commissione il nome dell'autorità che può svincolare le merci importate nei casi di cui all'articolo 3, paragrafo 2. La Commissione trasmette tali informazioni alle autorità doganali degli altri Stati membri.2. Se l'immissione delle merci in libera pratica avviene in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato rilasciato il certificato, le autorità doganali dello Stato membro d'importazione ne inviano una copia all'amministrazione doganale dello Stato membro la cui autorità competente ha rilasciato il certificato stesso.Se le merci sono state svincolate da altre autorità conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato rilasciato il certificato, tali autorità ne inviano una copia direttamente alle autorità che hanno rilasciato il certificato stesso.3. L'autorità di ciascuno Stato membro autorizzata a rilasciare il certificato di cui all'articolo 3, paragrafo 1, conserva una copia dei certificati rilasciati e la prova documentale necessaria per dimostrare la corretta applicazione della sospensione per un periodo di tre anni dalla data di scadenza del controllo doganale sulle merci.Articolo 6La Commissione informa gli Stati membri di ogni eventuale richiesta di uno Stato membro volta a presentare una proposta di modifica degli elenchi di cui agli allegati I e II del presente regolamento.Articolo 71. Ogni Stato membro informa la Commissione sull'attuazione amministrativa del presente regolamento entro sei mesi dalla sua entrata in vigore.2. Gli Stati membri trasmettono inoltre alla Commissione, entro tre mesi dalla fine di ogni anno civile, i dati indicanti il numero totale di certificati rilasciati, insieme al valore totale e peso lordo delle merci importate a norma del presente regolamento.Articolo 8Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso è applicabile a decorrere dal 1o gennaio 2003.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 21 gennaio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteN. Christodoulakis(1) GU C 265 del 12.10.1988, pag. 9.(2) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 311 del 12.12.2000, pag. 17).(3) GU L 253 dell'11.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 993/2001 della Commissione (GU L 141 del 28.5.2001, pag. 1).ALLEGATO IELENCO DI ARMI ED ATTREZZATURE MILITARI PER LE QUALI SONO SOSPESI I DAZI ALL'IMPORTAZIONE(1)28042825360136023603360436063701370237033705370738243926420249115608611662106211621763056307650673087311731473267610841384148415841884198421842484278472847985028516851885218525852685278528853185358536853985438544870187038704870587098710871187168801880288048805890189038906890790049005900690089013901490159020902290259027903090319302930393049306930794049406(1) Codici NC applicabili al 1o gennaio 2003, adottati mediante il regolamento (CE) n. 1832/2002 della Commissione, del 1o agosto 2002, che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 290 del 28.10.2002, pag. 1).ALLEGATO IIELENCO DI ARMI E ATTREZZATURE MILITARI CON UN'ALIQUOTA CONVENZIONALE "ZERO" PER LE QUALI POSSONO APPLICARSI LE PROCEDURE D'IMPORTAZIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 3(1)49018426842884298430847084718517852490189019902190269301(1) Codici NC applicabili al 1o gennaio 2003, adottati mediante il regolamento (CE) n. 1832/2002 della Commissione, del 1o agosto 2002, che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 290 del 28.10.2002, pag. 1).ALLEGATO III>PIC FILE= "L_2003025IT.000602.TIF"> Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Sospensione di dazi doganali su talune armi e attrezzature militari QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Lo scopo del regolamento è quello di sospendere i dazi all’importazione relativi ad alcune armi e attrezzature militari per consentire alle autorità degli Stati membri incaricate della difesa nazionale di dotarsi delle migliori attrezzature militari disponibili a livello mondiale. Esso è applicabile solo alle merci importate dalle autorità incaricate della difesa militare degli Stati membri o per loro conto. PUNTI CHIAVE Sospensione dei dazi Il regolamento sospende i dazi della tariffa doganale comune applicabili alle armi e alla attrezzature militari a condizione che le merci siano utilizzate da (o per conto di) le forze armate dello Stato membro, ad esempio:nella difesa territoriale degli Stati membri, nella partecipazione a operazioni internazionali di mantenimento della pace, o altre missioni quali la protezione dei cittadini della Comunità europea. L’allegato I del regolamento stabilisce l’elenco delle merci ammissibili a questa sospensione. I materiali non elencati nel regolamento e nei relativi allegati sono soggetti ai dazi, anche se vengono importati all’interno di uno Stato membro dalle forze armate. Prodotti interessati I prodotti su cui i dazi vengono sospesi sono armi e munizioni, compresi loro componenti e accessori, alcuni gas rari, esplosivi, detonatori, alcuni materiali fotografici e alcune sostanze chimiche. Il regolamento applica inoltre la sospensione dei dazi doganali alle parti, ai componenti e alle sottounità destinate a essere incorporate o adattate alle merci elencate nell’allegato nonché le merci destinate a essere utilizzate per la formazione e per il collaudo. Società private Le società private con sede nell’Unione europea (UE) potranno importare esclusivamente le merci esenti da dazi purché esse producano le attrezzature militari relative e che forniscano i prodotti finiti alle autorità degli Stati membri incaricate della difesa. Tutti gli altri utilizzi saranno soggetti ai dazi doganali. PROCEDURE E CONTROLLI Certificato La richiesta di entrata per l’immissione in libera pratica di tali merci è accompagnata da un certificato rilasciato dall’autorità competente dello Stato membro alle cui forze militari sono destinate le merci. Il modello di tale certificato è riprodotto nell’allegato III del regolamento. Il certificato va presentato alle autorità doganali dello Stato membro d’importazione unitamente alle merci a cui si riferisce. Riservatezza militare Per tenere conto della tutela della riservatezza militare vi sono specifiche procedure amministrative per la concessione del beneficio della sospensione dei dazi: le autorità incaricate della difesa possono rilasciare il certificato in luogo dei normali servizi doganali. Le autorità devono essere notificate di conseguenza. Controllo doganale Le merci in questione sono soggette alle condizioni in materia di utilizzazione finale stabilite dal codice doganale dell’Unione europea, cioè il loro utilizzo verrà controllato. Il controllo doganale dell’utilizzazione finale termina tre anni dopo la data dell’immissione in libera pratica. Ai fini del controllo doganale, l’autorità competente che rilascia il certificato o che utilizza le merci notifica alle autorità doganali del suo Stato membro qualsiasi diversione di merci dall’uso specificato nel regolamento. Scambio di informazioni Gli Stati membri devono comunicare i nomi dei soggetti autorizzati a rilasciare il certificato. La Commissione europea trasmette tali informazioni alle autorità doganali degli altri Stati membri. Ogni Stato membro informa la Commissione sull’attuazione del presente regolamento e trasmette ogni anno alla Commissione il numero totale di certificati rilasciati, insieme al valore totale e peso lordo delle merci importate a norma del presente regolamento. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? Esso si applica dal 1 gennaio 2003. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Tassazione e dogane: sospensioni (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 150/2003 del Consiglio, del 21 gennaio 2003, che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militare (GU L 25 del 30.1.2003, pagg. 1—6)
0
631
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea Gazzetta ufficiale n. L 121 del 13/05/1997 pag. 0014 - 0018 ACCORDO di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di CoreaLa COMUNITÀ EUROPEA e la REPUBBLICA DI COREA (in appresso denominate «parti contraenti»),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe, all'armonioso sviluppo di detti legami;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraenti e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità doganali renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui le parti contraenti hanno già aderito e la raccomandazione del consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente accordo valgono le seguenti definizioni:a) «legislazione doganale»: le disposizioni adottate dalla Comunità europea o dalla Repubblica di Corea che disciplinano l'importazione, l'esportazione e il transito delle merci nonché qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo;b) «autorità doganale»: nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e nella Repubblica di Corea il servizio doganale coreano;c) «autorità doganale richiedente»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che presenta una domanda di assistenza in materia doganale;d) «autorità doganale interpellata»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che riceve una domanda di assistenza in materia doganale;e) «dati personali»: tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) «operazione che viola la legislazione doganale»: tutte le violazioni o i tentativi di violazione della legislazione doganale.Articolo 2 Obblighi imposti dalle convenzioni internazionali Le disposizioni del presente accordo non pregiudicano gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui hanno aderito le parti contraenti del presente accordo.TITOLO II COOPERAZIONE DOGANALE Articolo 3 Portata della cooperazione doganale 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti si adoperano, attraverso le rispettive autorità doganali, al fine di:a) collaborare per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione, nei limiti delle risorse disponibili, di nuove procedure doganali, la formazione e gli scambi del personale e le altre questioni che possano richiedere un'azione congiunta;b) semplificare, armonizzare e computerizzare le procedure doganali, tenendo conto dei lavori svolti delle organizzazioni internazionali in questo settore.2. La cooperazione doganale prevede:a) scambi di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla legislazione doganale;b) scambi di informazioni sulle azioni di assistenza tecnica intraprese insieme ai paesi terzi al fine di migliorarle.TITOLO III ASSISTENZA RECIPROCA Articolo 4 Portata dell'assistenza 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti:a) si prestano reciprocamente assistenza per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare mediante la prevenzione, l'individuazione e l'esame delle violazioni di detta legislazione;b) si prestano reciprocamente assistenza fornendo, su richiesta, le informazioni necessarie per amministrare e far applicare la legislazione doganale.2. L'assistenza in materia doganale prevista dal presente accordo non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale né copre le informazioni ottenute grazie a poteri esercitati su richiesta dell'autorità giudiziaria salvo accordo di detta autorità.3. L'assistenza prevede altresì:a) scambi di informazioni e di esperienze sull'uso del divieto e delle apparecchiature di rilevamento;b) tecniche applicative, in particolare strumenti tecnici, che potrebbero rivelarsi utili per eliminare le violazioni della legislazione doganale;c) osservazioni e conclusioni derivanti dall'uso delle nuove tecniche applicative.Articolo 5 Assistenza su richiesta 1. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le fornisce tutte le informazioni pertinenti per garantire la corretta applicazione della legislazione doganale, comprese le informazioni riguardanti le operazioni registrate o programmate che violino o possano violare detta legislazione.2. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le comunica se le merci esportate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente precisando, se del caso, la procedura doganale applicata alle merci.3. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata prende le misure necessarie per garantire che siano tenute sotto controllo:a) le persone fisiche o giuridiche in merito alle quali sussistano fondati motivi di ritenere che violino o abbiano violato la legislazione doganale;b) i luoghi dove le merci sono immagazzinate in modo da fare legittimamente supporre che siano destinate ad operazioni contrarie alla legislazione doganale;c) i movimenti di merci per i quali sia stata segnalata la possibilità che diano luogo a infrazioni della legislazione doganale;d) i mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati per violare la legislazione doganale.Articolo 6 Assistenza spontanea Le parti contraenti si prestano assistenza reciproca, secondo le rispettive leggi, norme e altri strumenti giuridici e qualora lo considerino necessario per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare allorché ricevono informazioni riguardanti:a) operazioni per le quali sia stata violata, si violi o si possa violare tale legislazione e che possano interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare dette operazioni;c) merci note per essere soggette a operazioni che violano la legislazione doganale.Articolo 7 Consegna/Notifica Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata adotta, secondo la propria legislazione, tutte le misure necessarie per- consegnare tutti i documenti e- notificare tutte le decisioniche rientrano nel campo di applicazione del presente accordo ad un destinatario, residente o stabilito sul suo territorio. In tal caso, si applicano le disposizioni dell'articolo 8, paragrafo 3.Articolo 8 Forma e contenuto delle domande di assistenza 1. Le domande eseguite a norma del presente accordo sono presentate per iscritto. Ad esse vengono allegati i documenti necessari al loro espletamento. Qualora l'urgenza della situazione lo richieda, possono essere accettate domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 del presente articolo devono contenere le seguenti informazioni:a) l'autorità doganale richiedente che presenta la domanda;b) la misura richiesta;c) l'oggetto e il motivo della domanda;d) le leggi, le norme e gli altri elementi giuridici in questione;e) ragguagli il più possibile esatti ed esaurienti sulle persone fisiche o giuridiche oggetto d'indagine;f) una sintesi dei fatti e delle indagini già svolte, salvo per i casi di cui all'articolo 7.3. Le domande sono presentate in una delle lingue ufficiali dell'autorità doganale interpellata o in una lingua concordata con detta autorità.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali stabiliti può esserne richiesta la correzione o il completamento; tuttavia possono essere disposte misure cautelative.Articolo 9 Accoglimento delle domande 1. Per soddisfare le domande di assistenza l'autorità doganale interpellata procede, in collaborazione con gli altri servizi amministrativi se non può agire direttamente, nell'ambito delle sue competenze e delle risorse disponibili, fornendo le informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini o disponendone l'esecuzione.2. Le domande di assistenza sono accolte in osservanza delle leggi, norme e altri strumenti giuridici della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, ottenere dagli uffici dell'autorità doganale interpellata o di un'altra autorità, della quale l'autorità doganale interpellata è responsabile, le informazioni sulle violazioni della legislazione doganale che occorrono all'autorità doganale richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari di una parte contraente possono essere presenti, con l'accordo dell'altra parte contraente e alle condizioni da essa stabilite, alle indagini condotte nel territorio di quest'ultima.Articolo 10 Forma in cui devono essere comunicate le informazioni 1. L'autorità doganale interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità doganale richiedente sotto forma di documenti, copie autenticate di documenti, relazioni o nelle altre forme appropriate per l'accoglimento della domanda.2. I documenti di cui al paragrafo 1 possono essere sostituiti da informazioni computerizzate prodotte in qualsiasi forma per gli stessi fini.Articolo 11 Deroghe all'obbligo di fornire assistenza 1. Le parti contraenti possono rifiutarsi, integralmente o in parte, di prestare l'assistenza prevista nel presente accordo qualora ciò possa:a) pregiudicare la sovranità della Repubblica di Corea o di uno Stato membro della Comunità europea cui è stata chiesta assistenza a norma del presente accordo;b) pregiudicare la sovranità, l'ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali, in particolare nei casi di cui all'articolo 12, paragrafo 2;c) riguardare norme valutarie o fiscali, fuori dall'ambito della legislazione doganale, oppured) violare un segreto industriale, commerciale o professionale.2. Qualora l'autorità doganale richiedente solleciti un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesto dall'autorità doganale dell'altra parte contraente, fa presente tale circostanza nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità doganale interpellata decidere come rispondere a detta domanda.3. Prima di rifiutarsi di fornire assistenza, l'autorità doganale interpellata valuta se non sia possibile farlo alle condizioni da essa giudicate necessarie. Se l'autorità doganale richiedente accetta l'assistenza a queste condizioni, essa si impegna a rispettarle.4. Qualora non sia possibile soddisfare una domanda di assistenza, l'autorità doganale richiedente viene avvertita senza indugio e informata dei motivi del rifiuto di assistenza.Articolo 12 Scambi di informazioni e riservatezza 1. Tutte le informazioni comunicate in qualsiasi forma a norma del presente accordo sono di natura riservata o ristretta, a seconda delle norme applicabili in ciascuna delle parti contraenti. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e tutelate dalle rispettive leggi applicabili nel territorio della parte contraente che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le istituzioni comunitarie.2. I dati personali possono essere trasmessi solo se la parte contraente che li riceve s'impegna a tutelarli in misura perlomeno equivalente a quella applicabile a quel caso specifico nella parte contraente che li fornisce.3. Le informazioni ottenute possono essere utilizzate solo ai fini del presente accordo e possono essere destinate ad altri scopi da una delle parti contraenti solo previa autorizzazione scritta dell'autorità doganale che le ha fornite, con tutte le restrizioni stabilite da detta autorità.4. Il paragrafo 3 non osta all'uso delle informazioni in azioni giudiziarie o amministrative promosse a seguito della mancata osservanza della legislazione doganale. L'autorità competente che ha fornito le informazioni viene immediatamente avvertita di tale uso.5. Nei verbali, nelle relazioni e nelle testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi a un tribunale, le parti contraenti possono utilizzare come prova le informazioni ottenute e i documenti consultati in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 13 Esperti e testimoni Un funzionario dell'autorità doganale interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di esperto o di testimone in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo nella giurisdizione dell'altra parte contraente e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possono occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere specificamente indicato su quale argomento e a quale titoli il funzionario sarà interrogato.Articolo 14 Spese Le parti contraenti rinunciano reciprocamente a tutte le richieste di rimborso delle spese sostenute a norma del presente accordo, escluse, a seconda dei casi, le spese per esperti e testimoni nonché per gli interpreti e traduttori che non dipendono da pubblici servizi.TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Comitato misto di cooperazione doganale 1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e della Repubblica di Corea. Il comitato si riunisce, alternativamente, a Bruxelles e a Seul secondo le modalità, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso prevede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale a norma del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le future misure e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 16 Esecuzione 1. L'applicazione del presente accordo è affidata ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee e, se del caso, alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea, da una parte, e ai servizi doganali della Repubblica di Corea, dall'altra. Essi decidono in merito a tutte le misure pratiche e alle disposizioni necessarie per la sua applicazione, tenendo in considerazione le norme in materia di protezione dei dati.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle norme specifiche di esecuzione adottate in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 17 Revisione o modifica Le parti contraenti possono rivedere o modificare, di concerto, il presente accordo in qualsiasi momento.Articolo 18 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall'altra, al territorio della Repubblica di Corea.Articolo 19 Entrata in vigore e durata 1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni. Esso è rinnovato tacitamente, di anno in anno, a meno che una delle parti contraenti non lo denunci per iscritto sei mesi prima della data di scadenza.Articolo 20 Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e coreana, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto in duplice esemplare a Bruxelles, addì dieci aprile millenovecentonovantasette.Per la Comunità europea>RIFERIMENTO A UN FILM>Per la Repubblica di Corea>RIFERIMENTO A UN FILM> Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Accordo con la Repubblica di Corea QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? Ai sensi dell’accordo, le parti convengono di offrirsi assistenza reciproca al fine di garantire che la normativa doganale* sia applicata in maniera appropriata. La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea) con la Corea del Sud. PUNTI CHIAVE L’accordo prevede la cooperazione in settori che vanno dalla ricerca, dallo sviluppo e dalla sperimentazione di nuove procedure doganali alla semplificazione, all’armonizzazione e all’informatizzazione di tali procedure. Le parti si prestano assistenza reciproca per prevenire e indagare sulle violazioni della normativa doganale. Cooperazione doganale Le parti accettano di cooperare:nella ricerca, nello sviluppo e nel collaudo di nuove procedure doganali; nella formazione e nello scambio di personale; nella semplificazione, armonizzazione e informatizzazione delle procedure doganali; nello scambio di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla normativa doganale; nello scambio di informazioni sulle azioni intraprese con altri paesi in relazione all’assistenza tecnica. Assistenza amministrativa reciproca L’accordo prevede 2 tipi di assistenza:assistenza spontanea: le parti contraenti possono fornirsi assistenza reciprocamente di loro iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale; assistenza a richiesta: l’autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare violazioni della normativa doganale e procedure irregolari di esportazione e importazione tra le due parti. Sorveglianza speciale: può essere richiesta in tutti i casi sospetti ed è applicabile a ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza Le richieste di assistenza devono essere:presentate per iscritto, fatta eccezione per casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto; corredate di tutte le informazioni necessarie per la loro attuazione, comprese: l’autorità interpellata, la misura richiesta, l’oggetto e la motivazione della richiesta, la normativa prevista e la persona fisica o giuridica oggetto dell’indagine. L’autorità interpellata:fornisce le informazioni di cui è già in possesso e svolge le opportune indagini; può rifiutarsi di fornire assistenza nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. La richiesta di fornire assistenza può anche essere rifiutata qualora:violi un segreto industriale, commerciale o professionale; coinvolga regolamentazioni valutarie o fiscali diverse dalla normativa doganale. L’accordo:contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela. prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che garantisce il buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 1° maggio 1997. Le clausole dell’accordo relativo alla reciproca assistenza amministrativa sono state sostituite dal Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Corea (Commissione europea). La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). TERMINI CHIAVE Normativa doganale: qualsiasi legge adottata dall’Unione europea o dalla Corea che disciplini l’importazione, l’esportazione, il transito delle merci e il vincolo a qualsiasi altro regime doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo. Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza. Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 14). Decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 13). Rettifica alla decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 126 del 17.5.1997, pag. 30). DOCUMENTI CORRELATI Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale (GU L 127 del 14.5.2011, pag. 1415). Decisione 2015/2169 del Consiglio del 1° ottobre 2015 relativa alla conclusione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 307 del 25.11.2015, pag. 2). Informazione relativa all’entrata in vigore dell’accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 19).
1
517
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'America - Proprietà intellettuale Gazzetta ufficiale n. L 284 del 22/10/1998 pag. 0037 - 0044 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'AmericaLA COMUNITÀ EUROPEA, in prosieguo denominata «la Comunità»,da una parte, eIL GOVERNO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA,dall'altra,in seguito denominati «le Parti»,CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;RICONOSCENDO che la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'America stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche in alcuni settori di interesse comune e che le Parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizione di reciprocità;VISTA la dichiarazione sulle relazioni CE-USA del 23 novembre 1990, la nuova agenda transatlantica e il piano d'azione comune UE-USA, adottati il 3 dicembre 1995 a Madrid;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di estendere a rafforzare le attività svolte in cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivo Le Parti promuovono, sviluppano e agevolano attività svolte in cooperazione in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente accordo, si intende per:a) «attività svolta in cooperazione», qualunque attività che le Parti intraprendono o sostengono finanziariamente a norma del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni», dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto di ricerche congiunte e qualsiasi altro dato relativo alle attività svolte in cooperazione;c) «proprietà intellettuale», la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta», ricerca condotta con il finanziamento di una delle Parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che degli Stati Uniti d'America e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle Parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, oppure, se il finanziamento è erogato da una sola Parte, dalla Parte finanziatrice e dai partecipanti al progetto;e) «partecipante», qualsiasi persona fisica o giuridica, come per esempio agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, privati, imprese, centri di ricerca, università, controllate di società europee e statunitensi o qualunque altro soggetto giuridico che partecipi ad attività in cooperazione.Articolo 3 Principi Le attività in cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato sulla ripartizione equilibrata dei vantaggi previsti dall'accordo tra le Parti;b) l'offerta reciproca di opportunità di intraprendere attività in cooperazione;c) la parità di condizioni e di trattamento;d) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'attività svolta in cooperazione.Articolo 4 Settori di attività in cooperazione a) Le attività di cooperazione si svolgono nei settori seguenti:- ambiente (compresa la ricerca sul clima);- biomedicina e sanità (compresa la ricerca sull'AIDS, le malattie infettive e l'uso di stupefacenti);- agricoltura;- scienze della pesca;- ricerca ingegneristica;- energia non nucleare;- risorse naturali;- scienze dei materiali e metrologia;- tecnologie dell'informazione e della comunicazione;- telematica;- biotecnologia;- scienze e tecnologie marine;- ricerca nel campo delle scienze sociali;- trasporti;- politica scientifica e tecnologica, gestione, formazione e mobilità dei ricercatori.b) Le Parti possono modificare il presente elenco su raccomandazione del gruppo consultivo paritetico menzionato all'articolo 6, secondo le rispettive procedure vigenti.c) Le Parti possono condurre congiuntamente attività in cooperazione con terzi.Articolo 5 Modalità dell'attività svolta in cooperazione a) Nell'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, le Parti favoriscono nella massima misura possibile l'adesione di partecipanti alle attività in cooperazione a norma del presente accordo, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività svolte in cooperazione possono assumere le forme seguenti:1. progetti di ricerca coordinati e progetti di ricerca congiunta;2. task force congiunte;3. studi in comune;4. organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop;5. formazione di ricercatori e tecnici;6. scambi o condivisione di attrezzature e materiali;7. visite e scambi di personale scientifico, di personale tecnico e di personale di altre categorie;8. scambio di informazioni scientifiche e tecnologiche, nonché informazioni in materia di prassi, leggi, regolamenti e programmi riguardanti la cooperazione a norma del presente accordo.Ove opportuno, tali attività in cooperazione hanno luogo in base ad accordi di attuazione stipulati tra gli organi esecutivi delle Parti, ovvero tra le rispettive agenzie e organismi scientifici e tecnologici. Tali accordi possono disciplinare la natura e la durata della cooperazione in un determinato settore o per un fine specifico, il regime di proprietà intellettuale secondo le disposizioni dell'allegato, il sistema di finanziamento, la ripartizione dei costi ed altri aspetti rilevanti.Articolo 6 Coordinamento e agevolazione di attività in cooperazione a) Il coordinamento e l'agevolazione di attività in cooperazione a norma del presente accordo sono attuati dal Dipartimento di Stato, per conto del governo degli Stati Uniti d'America, e dalla Commissione europea, per conto della Comunità, che agiscono come organi esecutivi delle Parti.b) Gli organi esecutivi istituiscono un gruppo consultivo paritetico (in seguito denominato «GCP») preposto alla supervisione della cooperazione scientifica e tecnologica intrapresa a norma del presente accordo. Il GCP è formato da un numero limitato e uguale di rappresentanti ufficiali per ciascuna Parte.c) Il GCP può tenere consultazioni su temi generali di ricerca e di tecnologia, scambiare informazioni, istituire, ove opportuno, task force e gruppi di lavoro, consultare esperti secondo le necessità e svolgere ogni altro compito che faciliti per le Parti la comprensione reciproca delle rispettive attività e programmi connessi alla scienza e alla tecnologia.d) I compiti GCP comprendono:1. la supervisione delle attività previste dal presente accordo e la formulazione di pertinenti raccomandazioni;2. la formulazione di raccomandazioni a norma dell'articolo 4, lettera b);3. la consulenza delle Parti sulle possibili vie per incrementare la cooperazione in base ai principi enunciati nel presente accordo;4. la redazione di una relazione annuale, destinata alle Parti, sul livello, lo stato di avanzamento e l'efficacia delle attività in cooperazione intraprese in forza del presente accordo;5. l'esame dell'efficienza e dell'effettiva applicazione dell'accordo.e) Il GCP si riunisce una volta all'anno, salvo diverso accordo delle Parti. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità o negli Stati Uniti d'America. Il GCP stabilisce le proprie procedure interne, che sono soggette all'approvazione delle Parti.f) Le decisioni del GCP sono adottate per consenso. Ad ogni riunione viene redatto un verbale in cui sono annottate le decisioni e i principali punti discussi. Il suddetto verbale è approvato dalle persone che le Parti hanno designato per presiedere in comune la riunione.Articolo 7 Aspetti finanziari e giuridici a) Le attività in considerazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, nonché dei programmi della Comunità e degli Stati Uniti d'America.b) Ciascuna Parte sostiene i costi relativi all'espletamento delle funzioni di sua competenza a norma del presente accordo, ivi compresi i costi della partecipazione alle riunioni del GCP. Tuttavia, i costi direttamente connessi alle riunioni del GCP, diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno, sono direttamente sostenuti dalla Parte ospitante.Articolo 8 Circolazione del personale e delle apparecchiature Ogni Parte adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale, dei dati e delle apparecchiature impiegati nelle attività in cooperazione di cui al presente accordo.Articolo 9 Regime di proprietà intellettuale L'attribuzione e la protezione dei diritti di proprietà intellettuale a norma del presente accordo sono disciplinate dalle disposizioni dell'allegato, che forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10 Altri accordi e disposizioni transitorie a) Ove opportuno, le Parti si adoperano per ricondurre ai termini del presente accordo nuove intese in materia di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità e il governo degli Stati Uniti d'America che rientrino nell'ambito dell'articolo 4.b) Il presente accordo non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti da altri accordi tra le Parti, né da accordi o intese avvenuti tra ciascuna delle Parti e terzi non partecipanti, ivi compresi gli accordi e le intese tra le rispettive agenzie ed organismi scientifici e tecnologici e uno Stato membro della Comunità.Articolo 11 Campo d'applicazione territoriale Il presente accordo si applica nei territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni da esso indicate, e nel territorio degli Stati Uniti d'America, fatta salva la possibilità di intraprendere attività in cooperazione in alto mare, nello spazio extra-atmosferico, o nei territori di paesi terzi, a norma del diritto internazionale.Articolo 12 Entrata in vigore, denuncia e risoluzione delle controversie a) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui entrambe le Parti si sono notificate per iscritto l'avvenuta conclusione delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni. Fatto salvo il diritto delle Parti di rivedere l'accordo nel corso dell'ultimo anno di ogni quinquennio, l'accordo può essere ulteriormente prorogato, con eventuali modificazioni, di quinquennio in quinquennio mediante accordo scritto tra le Parti.c) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle Parti con preavviso scritto di sei mesi. La cessazione e la denuncia del presente accordo non pregiudica la validità o la durata di eventuali intese avviate in base allo stesso, degli accordi stipulati nel suo contesto né gli specifici diritti e obblighi attribuiti a norma dell'allegato.d) L'accordo può essere modificato con l'accordo delle Parti. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui entrambe le Parti si sono notificate per iscritto l'avvenuta conclusione delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per la modificazione del presente accordo.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo è risolta di comune accordo tra le Parti.Articolo 13 Il presente accordo è redatto in duplice copia nella lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en Washington DC, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y siete.Udfærdiget i Washington DC, den femte december nitten hundrede og syvoghalvfems.Geschehen zu Washington DC am fünften Dezember neunzehnhundertsiebenundneunzig.¸ãéíå óôçí ÏõÜóéãêôïí DC, óôéò 5 Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá åðôÜ.Done at Washington DC on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-seven.Fait à Washington DC, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-dix-sept.Fatto a Washington DC, addì cinque dicembre millenovecentonovantasette.Gedaan te Washington DC, de vijfde december negentienhonderd zevenennegentig.Feito em Washington DC, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e sete.Tehty Washington DC:ssä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäseitsemän.Som skedde i Washington DC den femte december nittonhundranittiosju.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de los Estados Unidos de AméricaFor regeringen for Amerikas Forenede StaterFür die Regierung der Vereinigten Staaten von AmerikaÃéá ôçí êõâÝñíçóç ôùí ÇíùìÝíùí Ðïëéôåéþí ôçò ÁìåñéêÞòFor the Government of the United States of AmericaPour le gouvernement des États-Unis d'AmériquePer il governo degli Stati Uniti d'AmericaVoor de regering van de Verenigde Staten van AmerikaPelo Governo dos Estados Unidos da AméricaAmerikan yhdysvaltojen hallituksen puolestaPå Amerikas förenta staternas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the United States of AmericaPor el Gobierno de los Estados Unidos de AméricaFor regeringen for Amerikas Forenede StaterFür die Regierung der Vereinigten Staaten von AmerikaÃéá ôçí êõâÝñíçóç ôùí ÇíùìÝíùí Ðïëéôåéþí ôçò ÁìåñéêÞòPour le gouvernement des États-Unis d'AmériquePer il governo degli Stati Uniti d'AmericaVoor de regering van de Verenigde Staten van AmerikaPelo Governo dos Estados Unidos da AméricaAmerikan yhdysvaltojen hallituksen puolestaPå Amerikas förenta staternas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the European CommunityPor la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO PROPRIETÀ INTELLETTUALE A norma dell'articolo 9 del presente accordo,le Parti assicurano la protezione adeguata ed effettiva dei diritti di proprietà intellettuale sorti o conferiti in forza del presente accordo e degli accordi conclusi per la sua attuazione. Ciascuna Parte si impegna a notificare tempestivamente all'altra Parte qualunque invenzione o opera tutelata da diritto d'autore, che sia creata nel contesto del presente accordo, e a provvedere tempestivamente alla protezione dei relativi diritti di proprietà intellettuale. L'attribuzione di tali diritti è disciplinata dalle disposizioni del presente allegato.I. AMBITO DI APPLICAZIONE A. Il presente allegato si applica a tutte le attività in cooperazione dalle Parti o dai loro partecipanti a norma del presente accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le Parti.B. Agli effetti del presente accordo, la definizione di «proprietà intellettuale» è quella data dall'articolo 2 della convenzione di Stoccolma del 14 luglio 1967, che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale.C. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle Parti o ai partecipanti. Ciascuna delle Parti provvede affinché l'altra Parte o i partecipanti dell'altra Parte possano ottenere i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma dell'allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione dei diritti tra una Parte e i suoi cittadini che è disciplinata dalle leggi e dalle prassi previste dall'ordinamento di tale Parte.D. Qualsiasi controversia in materia di proprietà intellettuale che sorga nell'ambito del presente accordo dovrebbe essere risolta mediante trattative tra i partecipanti interessati o, se necessario, tra le Parti. Previo accordo delle Parti, i partecipanti possono rimettere la controversia ad un collegio arbitrale, che emette una decisione vincolante. Salvo diverso accordo scritto tra i partecipanti, all'arbitrato si applicano le norme UNCITRAL.E. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi di cui al presente allegato.II. ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI A. Ciascuna Parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di riprodurre, di distribuire al pubblico e di tradurre articoli di riviste scientifiche e tecniche, relazioni scientifiche non oggetto di esclusiva e libri, che sono diretto risultato della cooperazione intrapresa a norma del presente accordo. Ogni copia da distribuire al pubblico di un'opera tutelata dal diritto d'autore, estratta sulla base della presente disposizione deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Ogni Parte o i partecipanti di questa hanno diritto di rivedere una traduzione prima della sua distribuzione al pubblico.B. I diritti di proprietà intellettuale di qualunque tipo, ad eccezione dei diritti menzionati al paragrafo II, punto A, sono attribuiti nella maniera seguente:1. Ai ricercatori ospiti, come per esempio agli scienziati che intendono principalmente perfezionare la loro istruzione, spettano i diritti di proprietà intellettuale previsti dagli accordi con gli organismi ospitanti. Inoltre, ogni ricercatore, ospite designato come inventore ha diritto allo stesso trattamento dei cittadini del paese ospitante per quanto riguarda i premi, le gratifiche, i vantaggi e qualsiasi altro diritto accordato in base alla politica praticata dall'organismo ospitante.2. a) Per la proprietà intellettuale che sorge o può sorgere nell'ambito della ricerca congiunta, le Parti o i loro partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia. Il piano di gestione della tecnologia tiene conto del contributo rispettivamente apportato dalle Parti e dai loro partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o un regime per campi di applicazione, delle legislazioni nazionali delle Parti e di ogni altro fattore ritenuto importante.b) Se le Parti o i loro partecipanti non hanno stabilito un piano di gestione della tecnologia nell'accordo iniziale di ricerca in cooperazione e non riescono a raggiungere un accordo entro un congruo periodo di tempo, non superiore a sei mesi da quando una Parte è venuta a conoscenza del fatto che sono sorti o probabilmente sorgeranno diritti di proprietà intellettuale nell'ambito della ricerca congiunta, le Parti e i loro partecipanti definiscono la questione a norma del paragrafo I, punto D. In attesa della definizione della questione, la proprietà intellettuale è comune a entrambe le Parti o ai loro partecipanti, ma l'esercizio del diritto di utilizzazione economica (incluso lo sviluppo di prodotti) è subordinato al reciproco consenso.c) Per «ricerca congiunta» si intende la ricerca condotta con il finanziamento di una delle Parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che degli Stati Uniti d'America e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle Parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, oppure, se il finanziamento è erogato da una sola Parte, dalla Parte finanziatrice e dai partecipanti al progetto.d) Qualora una Parte ritenga che un progetto di ricerca congiunta che rientra nell'ambito del presente accordo comporti o possa comportare la nascita o il conferimento di un tipo di diritti di proprietà intellettuale che, pur essendo tutelati da essa, non trovano tutela in tutto il territorio dell'altra Parte, le Parti aprono immediatamente una trattativa per definire l'attribuzione dei diritti di proprietà intellettuale in questione. Le attività congiunte in questione saranno sospese in pendenza della trattativa, salvo diverso accordo delle Parti. Se non può essere raggiunto un accordo entro tre mesi dalla data in cui è stata richiesta l'apertura della trattativa, la cooperazione nel progetto considerato è sospesa o cessa, su richiesta di una delle Parti.III. INFORMAZIONI ESCLUSIVE Se nel contesto del presente accordo sono fornite o elaborate informazioni esclusive tempestivamente individuate come tali, ciascuna delle Parti e i propri partecipanti tutelano tali informazioni secondo le leggi, i regolamenti e le prassi amministrative applicabili. In mancanza di previa autorizzazione scritta, è fatto divieto alle Parti di rivelare a chiunque le informazioni esclusive ad eccezione di dipendenti, funzionari governativi, contraenti e subcontraenti. In ogni caso le informazioni rivelate possono essere utilizzate esclusivamente nei limite delle autorizzazioni o licenze concesse alle Parti oppure nell'ambito di lavori oggetto di contratti stipulati con le Parti e riguardanti la materia oggetto delle informazioni divulgate. Le Parti impongono o hanno imposto, mediante strumenti adeguati, quali contratti di ricerca, atti di assegnazione di borse di studio o piani di gestione della tecnologia, l'obbligo per tutti i partecipanti che ricevono tali informazioni di mantenerle segrete.Se una delle Parti si rende conto che secondo le proprie disposizioni legislative e regolamentari non è in grado o presumibilmente non sarà in grado di osservare il divieto di rivelare le informazioni esclusive, ne informa immediatamente l'altra Parte. Le Parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso. Per poter essere individuata come esclusiva un'informazione deve essere segreta, cioè non deve essere nota o conoscibile con mezzi leciti nella sua individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che la compongono, deve avere un valore economico effettivo o potenziale in virtù della sua segretezza, deve essere stata oggetto degli atti richiesti dalle circostanze posti in essere dal suo legittimo detentore per mantenerne la segretezza e non deve essere già in possesso del soggetto che la riceve senza che questi sia tenuto all'obbligo della riservatezza. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e gli Stati Uniti QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici. Con la sua decisione 98/591/CE, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). Il consiglio ha approvato le successive proroghe nel 2004 (Decisione 2004/756/CE), nel 2009 (Decisione 2009/306/CE — compresa una modifica dell’accordo), nel 2014 (Decisione 2014/240/UE) e nel 2018 [Decisione (UE) 2018/1578]. PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:beneficio reciproco; opportunità reciproche di porre in essere attività di cooperazione; trattamento equo e corretto; scambio tempestivo delle informazioni.Cooperazione Le aree di attività di cooperazione sono:ambiente (inclusa la ricerca sul clima); biomedicina e salute (inclusi AIDS, malattie infettive e abuso di droghe); agricoltura; scienze della pesca; ricerca ingegneristica; energia non nucleare; risorse naturali; scienze dei materiali (comprese le nanotecnologie) e metrologia; tecnologie dell’informazione e della comunicazione; telematica; biotecnologia; scienze e tecnologie marine; ricerca in scienze sociali; trasporti; ricerca sulla sicurezza; ricerca spaziale; politica scientifica e tecnologica, gestione, formazione e mobilità dei ricercatori.Attività Le attività di cooperazione possono includere:progetti di ricerca coordinati e progetti di ricerca comuni; task force comuni; studi comuni; organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop; formazione di personale scientifico e personale tecnico; scambio o condivisione di attrezzature e materiali; visite e scambi di personale scientifico, ingegneri o altro personale qualificato; scambi di informazioni scientifiche e tecnologiche e di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 14 ottobre 1998 per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato con eventuali modifiche per ulteriori periodi di cinque anni. L’accordo è stato prorogato quattro volte, l’ultima delle quali nel 2018, ogni volta per un ulteriore periodo di cinque anni. La seconda proroga conteneva una modifica — aggiungendo la ricerca sulla sicurezza e lo spazio all’elenco dei settori interessati dalle attività di cooperazione. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Gli Stati Uniti e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna)Per maggiori informazioni sulla cooperazione con gli Stati Uniti per la ricerca e l’innovazione (RI), consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Cile (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e USA (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2018/1578 del Consiglio, del 18 settembre 2018, relativa alla proroga dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 263 del 22.10.2018, pag. 1). Decisione 2014/240/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla proroga dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 43). Decisione 2009/306/CE del Consiglio, del 30 marzo 2009, relativa alla proroga e alla modifica dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 90 del 2.4.2009, pag. 20). Decisione 98/591/CE del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 284 del 22.10.1998, pag. 35). Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 284 del 22.10.1998, pag. 37). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di attuazione tra la Commissione europea e il governo degli Stati Uniti d’America per la cooperazione tra ricercatori finanziati separatamente dai programmi quadro dell’Unione europea e degli Stati Uniti su ricerca e innovazione, lunedì 17 ottobre 2016.
0
505
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo all'indice del costo del lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 069 del 13/03/2003 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 27 febbraio 2003relativo all'indice del costo del lavoro(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere della Banca centrale europea(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Una serie di statistiche, di cui gli indici del costo del lavoro costituiscono un elemento essenziale, è importante per comprendere il processo inflazionistico e la dinamica del mercato del lavoro.(2) La Comunità e, in particolare, le autorità economiche e monetarie e le autorità responsabili dell'occupazione, devono disporre di indici del costo del lavoro regolari e tempestivi per seguire l'evoluzione del costo stesso.(3) Il piano d'azione relativo alle esigenze statistiche dell'Unione economica e monetaria, elaborato dalla Commissione europea (Eurostat) in stretta collaborazione con la Banca centrale europea, indica come prioritaria l'istituzione di una base giuridica per le statistiche congiunturali del costo del lavoro.(4) I vantaggi di una raccolta a livello comunitario di dati completi su tutti i segmenti dell'economia dovrebbero essere valutati in base alle possibilità di trasmetterli e agli oneri inerenti alla risposta per quanto riguarda le piccole e medie imprese (PMI).(5) Il regolamento è conforme al principio di sussidiarietà stabilito dall'articolo 5 del trattato. L'elaborazione di norme statistiche comuni per gli indici del costo del lavoro è possibile unicamente in base a un atto giuridico comunitario, in quanto solo la Commissione può coordinare la necessaria armonizzazione delle informazioni statistiche a livello comunitario, mentre la raccolta dei dati e l'elaborazione di indici del costo del lavoro comparabili possono essere organizzate dagli Stati membri.(6) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie(5), fornisce il quadro generale per l'elaborazione degli indici del costo del lavoro nell'ambito del presente regolamento.(7) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(8) Il comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(7) è stato consultato a norma dell'articolo 3 di detta decisione,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è la definizione di un quadro comune per l'elaborazione, la trasmissione e la valutazione di indici comparabili del costo del lavoro nella Comunità. Gli Stati membri elaborano indici del costo del lavoro per le attività economiche di cui all'articolo 4.Articolo 2Definizioni1. L'indice del costo del lavoro (ICL) è l'indice Laspeyres del costo del lavoro per ora lavorata; si tratta di un indice concatenato annualmente e basato su una struttura fissa dell'attività economica corrispondente al livello della sezione della NACE REV. 1, vale a dire la classificazione stabilita dal regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee(8). Ulteriori disaggregazioni delle sezioni NACE REV. 1, da includere nella struttura fissa, sono definite a norma dell'articolo 4, paragrafo 1. La formula da utilizzare per il calcolo dell'ICL figura nell'allegato del presente regolamento.2. Il costo del lavoro rappresenta il complesso delle spese trimestrali sostenute dal datore di lavoro per l'impiego della manodopera. Le voci del costo del lavoro e il personale totale impiegato sono definiti in base all'allegato II, sezioni A e D (voci D.1, D.4 e D.5 e loro suddivisioni, escluse le voci D.2 e D.3) del regolamento (CE) n. 1726/1999 della Commissione, del 27 luglio 1999, recante applicazione del regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro, per quanto riguarda la definizione e la trasmissione delle informazioni sul costo del lavoro(9).3. Le ore lavorate sono definite in base al regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità(10), allegato A, capitolo 11, punti 11.26.-11.31.4. Le specifiche tecniche dell'indice, compresa la revisione del sistema di ponderazione, possono essere ridefinite secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 3Campo d'applicazione1. Il presente regolamento si applica a tutte le attività definite nelle sezioni C-O della NACE REV. 1.2. L'inclusione delle attività economiche definite nelle sezioni L, M, N ed O della NACE REV. 1 nel campo d'applicazione del presente regolamento è stabilita secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, tenendo conto degli studi di fattibilità di cui all'articolo 10.3. L'ICL rappresenta tutte le unità statistiche definite nel regolamento (CEE) n. 696/93 del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativo alle unità statistiche di osservazione e di analisi del sistema produttivo nella Comunità(11).Articolo 4Disaggregazione delle variabili1. I dati vengono disaggregati per attività economiche di cui alle sezioni della NACE REV. 1 e mediante ulteriori disaggregazioni non oltre il livello delle divisioni NACE REV. 1 (livello a due cifre) o raggruppamenti di divisioni, tenendo conto dei contributi all'occupazione complessiva ed ai costi del lavoro a livelli nazionali e di Comunità, quali definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Gli indici del costo del lavoro sono forniti separatamente per le tre categorie di costi del lavoro riportate in appresso:a) costo totale del lavoro;b) retribuzioni lorde, definite sulla base della voce D.11 dell'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999;c) contributi sociali a carico dei datori di lavoro e imposte pagate dai datori di lavoro al netto dei contributi da essi percepiti, definiti come la somma delle voci D.12 e D.4, meno la voce D.5, di cui all'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999.2. Viene fornito un indice delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche secondo la definizione che figura alla voce D.1111 2 dell'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999, disaggregato per attività economiche, definite secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, e basato sulla classificazione NACE REV. 1, tenendo conto degli studi di fattibilità di cui all'articolo 10.Articolo 5Frequenza e dati retrospettivi1. I dati per l'ICL vengono calcolati per la prima volta per il primo trimestre del 2003 e, successivamente, di trimestre in trimestre (con scadenza il 31 marzo, il 30 giugno, il 30 settembre e il 31 dicembre di ogni anno).2. I dati retrospettivi per il periodo compreso tra il primo trimestre del 1996 e il quarto trimestre del 2002 vengono messi a disposizione dagli Stati membri. Tali dati sono forniti per ciascuna delle sezioni C-K della NACE REV. 1, nonché per le componenti del costo del lavoro di cui all'articolo 4, paragrafo 1.Articolo 6Trasmissione dei risultati1. I dati di cui all'articolo 4 sono comunicati sotto forma di indice. Le ponderazioni utilizzate per il calcolo dell'indice, ai sensi dell'allegato del presente regolamento, sono allo stesso tempo messe a disposizione per la pubblicazione.Il formato tecnico appropriato da utilizzare per la trasmissione dei risultati di cui all'articolo 4 e le procedure di adeguamento da applicare ai dati sono definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.2. Entro 70 giorni dalla fine del periodo di riferimento gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati con la disaggregazione di cui all'articolo 4, nonché i metadati, definiti come le spiegazioni necessarie per interpretare le variazioni dei dati derivanti da cambiamenti metodologici o tecnici o dovute a mutamenti del mercato del lavoro.3. I dati retrospettivi di cui all'articolo 5 sono trasmessi alla Commissione (Eurostat) contemporaneamente agli ICL del primo trimestre del 2003.Articolo 7FontiGli Stati membri possono elaborare le stime necessarie combinando le fonti che seguono conformemente al principio della semplificazione amministrativa:a) indagini per le quali le unità statistiche definite dal regolamento (CEE) n. 696/93 devono fornire informazioni tempestive, precise e complete;b) altre fonti adeguate, compresi i dati amministrativi, se idonei in termini di tempestività e pertinenza;c) procedure di stima statistica adeguate.Articolo 8Qualità1. I dati attuali e retrospettivi trasmessi soddisfano criteri di qualità distinti che devono essere definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.2. A partire dal 2003 gli Stati membri presentano alla Commissione relazioni annuali sulla qualità, il cui contenuto è definito secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 9Periodi di transizione e deroghe1. Per l'attuazione del presente regolamento possono essere concessi, secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, periodi di transizione non superiori a due anni a decorrere dalla sua data di entrata in vigore.2. Durante i periodi di transizione la Commissione può accettare deroghe alle disposizioni del presente regolamento nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedono consistenti adeguamenti dei sistemi statistici nazionali.Articolo 10Studi di fattibilità1. Secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, la Commissione determina una serie di studi di fattibilità che devono essere realizzati dagli Stati membri, in particolare da quelli che non sono in grado di fornire i dati per le sezioni L, M, N e O della NACE REV. 1 (articolo 3, paragrafo 2) o l'indice disaggregato delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche (articolo 4, paragrafo 2).2. Tali studi sono svolti tenendo conto dei vantaggi prodotti dalla raccolta dei dati rispetto alle spese derivanti da tale raccolta e ai relativi oneri per le imprese, al fine di valutare:a) come possono essere ottenuti per le sezioni L, M, N ed O della NACE gli indici trimestrali del costo del lavoro di cui all'articolo 4, paragrafo 1; eb) come può essere ottenuto l'indice delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche di cui all'articolo 4, paragrafo 2.3. Entro il 31 dicembre 2004 gli Stati membri che realizzano gli studi di fattibilità presentano alla Commissione una relazione provvisoria sui loro risultati. Entro il 31 dicembre 2005 tali Stati membri presentano alla Commissione una relazione definitiva sugli studi di fattibilità.4. Gli studi di fattibilità di cui al paragrafo 2, lettera a), tengono conto dei risultati degli studi pilota di cui agli allegati del regolamento (CE, Euratom) n. 58/97 del Consiglio, del 20 dicembre 1996, relativo alle statistiche strutturali sulle imprese(12).5. Le misure adottate a norma dell'articolo 11, lettera h), in relazione ai risultati degli studi di fattibilità rispettano il principio del rapporto costi/benefici di cui all'articolo 10 del regolamento (CE) n. 322/97, compresa la riduzione al minimo dell'onere dei dichiaranti.6. L'applicazione delle misure adottate a norma dell'articolo 11, lettera h), in relazione ai risultati degli studi di fattibilità rende possibile la trasmissione di dati per il primo trimestre del 2007, a condizione che i risultati dello studio di fattibilità consentano la produzione di dati di qualità sufficiente nel rispetto del rapporto costi/benefici.Articolo 11Misure di attuazioneLe misure di attuazione del presente regolamento, incluse quelle per tener conto dei mutamenti tecnici ed economici, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Esse riguardano in particolare:a) la definizione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, delle disaggregazioni da includere nella struttura fissa;b) le specifiche tecniche dell'indice (articolo 2);c) l'inclusione delle sezioni L, M, N e O della NACE REV. 1 (articolo 3);d) la disaggregazione per attività economica degli indici (articolo 4);e) il formato per la trasmissione dei risultati e le procedure di adeguamento da applicare (articolo 6);f) i criteri distinti di qualità per i dati attuali e retrospettivi trasmessi e i contenuti delle relazioni sulla qualità (articolo 8);g) il periodo di transizione (articolo 9);h) la determinazione degli studi di fattibilità e le decisioni derivanti dai loro risultati (articolo 10); ei) la metodologia per il concatenamento dell'indice (allegato).Articolo 12Procedura1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dall'articolo 1 della decisione 89/382/CEE, Euratom.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 13RelazioniOgni due anni la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento. Tale relazione valuta in particolare la qualità dei dati di serie ICL trasmessi e la qualità dei dati restrospettivi trasmessi.La prima relazione viene presentata entro il 31 dicembre dell'anno successivo all'entrata in vigore del presente regolamento e si riferisce unicamente alle azioni poste in atto dagli Stati membri al fine di predisporre l'applicazione del presente regolamento.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 27 febbraio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteM. Chrisochoïdis(1) GU C 304 E del 30.10.2001, pag. 184.(2) GU C 48 del 21.2.2002, pag. 107.(3) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 5.(4) Parere del Parlamento europeo del 28 febbraio 2002 (GU C 293 E del 28.11.2002, pag. 20), posizione comune del Consiglio del 23 settembre 2002 (GU C 269 E del 5.11.2002, pag. 10) e decisione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(8) GU L 293 del 24.10.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 29/2002 della Commissione (GU L 6 del 10.1.2002, pag. 3).(9) GU L 203 del 3.8.1999, pag. 28.(10) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 359/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 58 del 28.2.2002, pag. 1).(11) GU L 76 del 30.3.1993, pag. 1. Regolamento modificato dall'atto di adesione del 1994.(12) GU L 14 del 17.1.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2056/2002 (GU L 317 del 21.11.2002, pag. 1).ALLEGATOFormula da utilizzare per il calcolo dell'ICL:1) Definizioni:wit= costo della manodopera per ora lavorata dei dipendenti nell'attività economica i nel periodo thit= ore lavorate dai dipendenti nell'attività economica i nel periodo tWij= wij * hij = costo della manodopera dei dipendenti nell'attività economica i nel periodo annuale j2) La formula Laspeyres di base da utilizzare per il calcolo dell'ICL per il periodo t con periodo annuo di base j è definita come segue:>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>3) La metodologia per il concatenamento dell'indice sarà definita secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.4) Il sistema di ponderazione utilizzato per il calcolo dell'indice e menzionato all'articolo 6, paragrafo 1, utilizza i valori seguenti:>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>ove Wij i e j vengono definiti al punto 1 del presente allegato. Tali ponderazioni dovrebbero essere utilizzate per il calcolo dell'indice entro due anni dal periodo a cui si riferiscono. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Statistiche comunitarie comparabili del costo del lavoro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il suo scopo è stabilire norme comuni per l’elaborazione, la trasmissione e la valutazione di indici comparabili del costo del lavoro* (ICL) nell’Unione europea (UE). Gli ICL misurano il costo del lavoro quale fattore produttivo. PUNTI CHIAVE Copertura Gli ICL riguardano tutte le imprese, indipendentemente dal numero di dipendenti, e tutte le attività economiche che rientrano nell’ambito della classificazione statistica delle attività economiche dell’Unione europea, la NACE*, salvo alcune eccezioni come l’agricoltura, la professione forestale, i nuclei familiari e le organizzazioni d’oltremare. Il primo calcolo dei dati per l’ICL è stato fatto secondo la NACE REV. 2 (vale a dire l’ultima versione della classificazione NACE) per il primo trimestre del 2009. Successivamente, sono stati calcolati di trimestre in trimestre, ogni anno. Fonti dei dati Su base trimestrale, gli istituti di statistica dei paesi dell’UE raccolgono dati da vari campioni che analizzano e da registri amministrativi tenuti dalle imprese. Devono trasmettere questi dati alla Commissione europea (Eurostat) entro 70 giorni dalla fine del relativo trimestre. Gli ICL devono essere forniti separatamente per le tre categorie di costi del lavoro riportate in appresso: costo totale del lavoro; retribuzioni lorde; contributi sociali dei dipendenti a carico dei datori di lavoro e imposte pagate dai datori di lavoro al netto dei contributi da essi percepiti. Garanzia della qualità Eurostat controlla tutti i dati ICL trasmessi dai paesi dell’UE per garantirne la completezza e la coerenza. Comitato Il comitato del sistema statistico europeo, composto da esperti nazionali, assiste e fornisce consulenza alla Commissione, anche per quanto riguarda le bozze di legge. Relazione Ogni due anni, la Commissione trasmette una relazione sull’attuazione del regolamento al Parlamento europeo e al Consiglio. Questa relazione valuta la qualità dei dati di serie ICL trasmessi e la qualità dei dati restrospettivi trasmessi (ad esempio, i dati per il periodo che va dal primo trimestre del 2000 al quarto trimestre del 2008). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 2 aprile 2003. CONTESTO L’indice del costo del lavoro mostra lo sviluppo a breve termine del costo del lavoro e i costi totali su base oraria della manodopera per l’intera economia o per vari sottosettori. Per ulteriori informazioni, si veda: «Costo del lavoro» sul sito Internet di Eurostat. * TERMINI CHIAVE Costo del lavoro: il costo principale a carico dei datori di lavoro per impiegare il personale. Comprende le retribuzioni lorde, i contributi previdenziali dei dipendenti e le imposte sull’occupazione. Non comprende i costi della formazione professionale o le spese di assunzione. NACE: dal francese Nomenclature statistique des activités économiques dans la Communauté européenne (la classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea). Sono state elaborate più versioni dal 1970. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo all’indice del costo del lavoro (GU L 69 del 13.03.2003, pag. 1-5) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 450/2003 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’indice del costo del lavoro (ICL), COM(2015) 42 final del 3.2.2015. Regolamento (CE) n. 1216/2003, del 7 luglio 2003, recante applicazione del regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’indice del costo del lavoro (GU L 169 dell’8.7.2003, pag. 37-43). Si veda la versione consolidata.
1
637
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. 2004/258/CE: Decisione della Banca centrale europea, del 4 marzo 2004, relativa all'accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea (BCE/2004/3) Gazzetta ufficiale n. L 080 del 18/03/2004 pag. 0042 - 0044 Decisione della Banca centrale europeadel 4 marzo 2004relativa all'accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea(BCE/2004/3)(2004/258/CE)IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea ed in particolare l'articolo 12.3,visto il regolamento interno della Banca centrale europea(1), ed in particolare l'articolo 23,considerando quanto segue:(1) L'articolo 1, secondo comma del trattato sull'Unione europea sancisce il concetto di trasparenza, secondo il quale il trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini. Questa politica di trasparenza accresce la legittimità, l'efficienza e la responsabilità dell'amministrazione, contribuendo in tal modo a rafforzare i principi di democrazia.(2) Nella Dichiarazione comune(2) riguardante il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione(3), il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione chiedono alle altre istituzioni ed organi comunitari di adottare norme interne relative all'accesso del pubblico ai documenti, che tengano conto dei principi e dei limiti stabiliti dal regolamento. Il regime relativo all'accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea stabilito dalla decisione BCE/1998/12, del 3 novembre 1998, relativa all'accesso del pubblico ai documenti e agli archivi della Banca centrale europea(4), dovrebbe essere rivisto di conseguenza.(3) Un accesso più ampio ai documenti della BCE dovrebbe essere garantito, preservando nel contempo sia l'indipendenza della BCE e delle banche centrali nazionali (BCN) prevista dall'articolo 108 del trattato e dall'articolo 7 dello statuto, sia la riservatezza di talune materie proprie dell'espletamento delle funzioni della BCE. Per tutelare l'efficacia del processo decisionale, comprese le consultazioni e le attività preparatorie interne, le riunioni degli organi decisionali della BCE sono riservate, a meno che l'organo competente decida di rendere pubblico il risultato delle loro delibere.(4) Tuttavia, taluni interessi pubblici e privati dovrebbero essere tutelati mediante eccezioni. Inoltre, la BCE ha l'esigenza di proteggere l'integrità delle banconote in euro come mezzo di pagamento, comprese, tra l'altro, le caratteristiche di sicurezza contro la contraffazione, le specifiche tecniche per la produzione, la sicurezza fisica delle scorte e il trasporto delle banconote in euro.(5) Quando le BCN gestiscono richieste di documenti della BCE che sono in loro possesso, devono consultare la BCE per assicurare la piena applicazione della presente decisione, a meno che sia chiaro se il documento possa o meno essere divulgato.(6) Per ottenere una maggiore trasparenza, la BCE dovrebbe garantire l'accesso non solo ai documenti da essa elaborati, ma anche a documenti da essa ricevuti pur preservando nel contempo il diritto dei terzi interessati a esprimere la propria posizione in merito all'accesso ai documenti da essi provenienti.(7) Per garantire il rispetto della buona prassi amministrativa, la BCE dovrebbe applicare un procedimento in due fasi,DECIDE:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo della presente decisione è di definire le condizioni e le limitazioni in base alle quali la BCE dà al pubblico accesso ai documenti della BCE e promuove una buona prassi amministrativa sull'accesso del pubblico a tali documenti.Articolo 2Destinatari e campo di applicazione1. Qualsiasi cittadino dell'Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d'accesso ai documenti della BCE, secondo le condizioni e le limitazioni definite nella presente decisione.2. Secondo le stesse condizioni e limitazioni, la BCE può concedere l'accesso ai documenti a qualsiasi persona fisica o giuridica che non risieda o non abbia la sede sociale in uno Stato membro.3. La presente decisione non pregiudica i diritti di accesso del pubblico a documenti in possesso della BCE che possono derivare da strumenti di diritto internazionale o da atti volti a dar loro esecuzione.Articolo 3DefinizioniAi fini della presente decisione, si intende per:a) "documento" e "documento della BCE", qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) elaborato o posseduto dalla BCE e relativo alle proprie politiche, attività o decisioni, come anche documenti provenienti dall'Istituto monetario europeo (IME) e dal Comitato dei governatori delle banche centrali degli Stati membri della Comunità economica europea (Comitato dei governatori);b) "terzo", qualsiasi persona fisica o giuridica, o qualsiasi entità esterna alla BCE.Articolo 4Eccezioni1. La BCE rifiuta l'accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:a) L'interesse pubblico, in ordine:- alla riservatezza delle riunioni degli organi decisionali della BCE,- alla politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro,- alla contabilità della BCE o delle BCN,- alla tutela dell'integrità delle banconote in euro,- alla sicurezza pubblica,- alle relazioni finanziarie, monetarie o economiche internazionali;b) la vita privata e l'integrità dell'individuo, in particolare nel rispetto della legislazione comunitaria sulla protezione dei dati personali;c) la riservatezza delle informazioni, tutelata come tale dal diritto comunitario.2. La BCE rifiuta l'accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:- gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,- i procedimenti giudiziari e la consulenza legale,- gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.3. L'accesso a un documento contenente pareri per uso interno, facenti parte di deliberazioni e consultazioni preliminari in seno alla BCE o con le BCN, viene rifiutato anche una volta adottata la decisione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.4. Per quanto concerne i documenti di terzi, la BCE consulta il terzo interessato al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui al presente articolo, a meno che sia chiaro che il documento debba o non debba essere divulgato.5. Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate.6. Le eccezioni di cui al presente articolo si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. Le eccezioni sono applicabili per un periodo massimo di 30 anni salvo che sia espressamente disposto altrimenti dal Consiglio direttivo della BCE. Nel caso di documenti coperti dalle eccezioni relative alla vita privata o agli interessi commerciali, le eccezioni possono continuare a essere applicate anche dopo tale periodo.Articolo 5Documenti detenuti dalle BCNI documenti in possesso di una BCN redatti dalla BCE così come documenti derivanti dall'IME o dal Comitato dei governatori possono essere divulgati dalla BCN solo previa consultazione della BCE in merito all'ambito di applicazione dell'accesso, a meno che sia chiaro che il documento debba o non debba essere divulgato.In alternativa, la BCN può deferire alla BCE la domanda di accesso.Articolo 6Domande d'accesso1. La domanda di accesso a un documento è presentata alla BCE(5) in qualsiasi forma scritta, anche elettronica, in una delle lingue ufficiali dell'Unione e formulata in modo sufficientemente preciso per consentire alla BCE di identificare il documento in oggetto. Il richiedente non è tenuto a motivare la domanda.2. Qualora una domanda non sia sufficientemente precisa, la BCE può chiedere al richiedente di chiarirla e assisterlo in tale compito.3. Nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o a un numero elevato di documenti, la BCE può contattare informalmente il richiedente al fine di trovare una soluzione equa.Articolo 7Esame delle domande iniziali1. Le domande di accesso ai documenti sono trattate prontamente. Al richiedente viene inviato un avviso di ricevimento. Entro 20 giorni lavorativi dal ricevimento della domanda oppure dal ricevimento dei chiarimenti richiesti ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, il Direttore generale del Segretariato e Servizi Linguistici della BCE concede l'accesso al documento richiesto e fornisce l'accesso ai sensi dell'articolo 9, oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale e informa il richiedente del suo diritto di presentare una domanda di conferma ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo.2. Nel caso di un rifiuto totale o parziale, il richiedente può, entro 20 giorni lavorativi dal ricevimento della risposta della BCE, presentare una domanda di conferma chiedendo al Comitato esecutivo della BCE di riconsiderare la posizione di quest'ultima. Inoltre, in assenza di risposta della BCE entro il termine di 20 giorni lavorativi previsto per il trattamento delle domande iniziali, il richiedente ha facoltà di presentare una domanda di conferma.3. In casi eccezionali, per esempio nel caso di una domanda relativa a documenti molto voluminosi o a un elevato numero di documenti, o se viene richiesta la consultazione di un terzo, la BCE può prorogare il termine di cui al paragrafo 1 di ulteriori 20 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo dettagliato.4. Il paragrafo 1 non si applica in caso di domande eccessive o irragionevoli, in particolare se si tratta di domande di natura ripetitiva.Articolo 8Trattamento delle domande di conferma1. Le domande di conferma sono trattate prontamente. Entro 20 giorni lavorativi dal loro ricevimento, il Comitato esecutivo o concede l'accesso ai documenti richiesti come previsto nell'articolo 9 o ne motiva per iscritto il rifiuto totale o parziale. In caso di rifiuto totale o parziale, la BCE è tenuta a informare il richiedente dei mezzi di cui questi dispone ai sensi degli articoli 230 e 195 del trattato.2. In casi eccezionali, per esempio nel caso di una domanda relativa a documenti molto voluminosi o a un numero elevato di documenti, la BCE può prorogare il termine di cui al paragrafo 1 di ulteriori 20 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo dettagliato.3. In assenza di risposta nei termini da parte della BCE, la domanda s'intende respinta e il richiedente ha il diritto di ricorrere in giudizio e/o presentare una denuncia al Mediatore europeo a norma, rispettivamente, degli articoli 230 e 195 del trattato.Articolo 9Accesso a seguito di una domanda1. I richiedenti possono consultare i documenti ai quali la BCE ha fornito loro l'accesso o presso i locali della stessa, oppure tramite rilascio di una copia, ivi compresa, se disponibile, una copia elettronica. Il costo della produzione e dell'invio delle copie può essere posto a carico del richiedente. Tale onere non supera il costo effettivo della produzione e dell'invio delle copie. La consultazione in loco, la riproduzione di meno di 20 pagine di formato A4 e l'accesso diretto sotto forma elettronica sono gratuiti.2. Se un documento è già stato divulgato dalla BCE ed è facilmente accessibile, la BCE può soddisfare l'obbligo di concedere l'accesso ad esso informando il richiedente in merito alle modalità con cui ottenere il documento richiesto.3. I documenti vengono forniti in una versione e in un formato già esistenti (compreso quello elettronico o un formato alternativo) come richiesto dal richiedente.Articolo 10Riproduzione di documenti1. I documenti divulgati in conformità alla presente decisione non devono essere riprodotti o sfruttati per scopi commerciali senza la preventiva autorizzazione specifica della BCE. La BCE può rifiutare tale autorizzazione senza obbligo di motivazione.2. La presente decisione non pregiudica le disposizioni esistenti in materia di diritto d'autore che possono limitare il diritto di terzi di riprodurre o sfruttare i documenti divulgati.Articolo 11Disposizioni finaliLa presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.La decisione BCE/1998/12 è abrogata.Fatto a Francoforte sul Meno, il 4 marzo 2004.Il Presidente della BCEJean-Claude Trichet(1) Decisione BCE/2004/2, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della Banca centrale europea. Cfr. pagina 33 della presente Gazzetta ufficiale.(2) GU L 173 del 27.6.2001, pag. 5.(3) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.(4) GU L 110 del 28.4.1999, pag. 30.(5) Indirizzata a Banca centrale europea, Divisione segretariato, Kaiserstrasse 29, D-60311 Francoforte sul Meno. Fax: + 49 (69) 1344 6170. Posta elettronica: [email protected]. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa stabilisce le condizioni e le limitazioni in base alle quali la Banca centrale europea (BCE) fornisce al pubblico l’accesso ai propri documenti. PUNTI CHIAVE Qualsiasi cittadino e cittadina dell’Unione europea (Unione) e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro dell’Unione ha il diritto d’accesso ai documenti* della BCE, secondo determinate condizioni e limitazioni. Inoltre, secondo le stesse condizioni e limitazioni, la BCE può concedere l’accesso ai propri documenti a qualsiasi persona fisica o giuridica che non risieda o non abbia la sede sociale in uno Stato membro. La BCE rifiuta l’accesso a un documento la cui divulgazione rischi di compromettere la tutela di quanto segue:l’interesse pubblico, in particolarela riservatezza delle riunioni degli organi decisionali della BCE;la politica finanziaria, monetaria o economica dell’Unione o di uno Stato membro;la contabilità della BCE o delle banche centrali nazionali;la tutela dell’integrità delle banconote in euro;la sicurezza pubblica;le relazioni finanziarie, monetarie o economiche internazionali;la stabilità dell’Unione o del sistema finanziario di uno Stato membro;la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e di altre istituzioni finanziarie da parte dell’Unione o di uno Stato membro;le ispezioni prudenziali;la solidità e la sicurezza delle infrastrutture del mercato finanziario, dei regimi di pagamento o dei prestatori di servizi di pagamento; la vita privata e l’integrità personali; la riservatezza delle informazioni, tutelata ai sensi del diritto dell’Unione.Inoltre, la BCE rifiuta l’accesso a un documento, a meno che non sussista un interesse pubblico prevalente, qualora la divulgazione rischi di compromettere:gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale; le procedure giurisdizionali e la consulenza legale; le attività ispettive, di indagine e di revisione contabile.Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate. I motivi di rifiuto dell’accesso si applicano unicamente al periodo durante il quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento, e per un periodo massimo di 30 anni, salvo decisione diversa del Consiglio direttivo della BCE. Le banche centrali nazionali in possesso di un documento della BCE la consultano, o richiedono alla stessa di gestire la domanda, prima di concederne l’accesso. Le domande di accesso a un documento della BCE devono essere inviate alla stessa in qualsiasi forma scritta in una delle lingue ufficiali dell’Unione e devono essere formulate in modo sufficientemente preciso per consentire alla BCE di identificare il documento in oggetto. Non è necessaria alcuna motivazione. Qualora una domanda non sia chiara o si riferisca a un documento molto voluminoso o a più documenti distinti, la BCE chiede al richiedente di fornire ulteriori informazioni. La BCE adotta una decisione in merito all’accesso ai propri documenti entro 20 giorni lavorativi. Essa può concedere l’accesso richiesto al documento o rifiutarlo parzialmente o totalmente. Nel caso di un rifiuto, il richiedente può, entro 20 giorni lavorativi dalla ricezione della risposta della BCE, chiedere al Comitato esecutivo della stessa di rivedere la sua posizione, presentando una domanda di conferma. I richiedenti respinti possono adire il Mediatore europeo o la Corte di giustizia dell’Unione europea. I richiedenti possono consultare i documenti ai quali la BCE ha fornito loro l’accesso presso le sedi della stessa oppure tramite rilascio di una copia o la ricezione di informazioni sulle modalità per ottenere facilmente il documento richiesto. Abrogazione La decisione abroga la decisione BCE/1998/12. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È in vigore dal 19 marzo 2004. CONTESTO Il trattato sull’Unione europea inserisce il principio di trasparenza all’articolo 1, allo scopo di rafforzare la legittimità, l’efficacia e la responsabilità dell’Unione. Nel 2001 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno adottato una normativa sull’accesso del pubblico ai documenti [regolamento (CE) n. 1049/2001 (si veda la sintesi)]. La fornitura dell’acceso ai documenti è un elemento essenziale della politica di trasparenza della BCE. In linea con l’impegno all’apertura e alla trasparenza assunto dalla BCE e al fine di consentire e agevolare la ricerca, la BCE ha creato un registro pubblico dei documenti che contiene i documenti già divulgati dalla BCE e i documenti divulgati in risposta a domande di accesso da parte del pubblico. TERMINI CHIAVE Documento: qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) elaborato o posseduto dalla BCE e relativo alle proprie politiche, attività o decisioni. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2004/258/CE della Banca centrale europea, del 4 marzo 2004, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea (BCE/2004/3) (GU L 80 del 18.3.2004, pag. 42). Le modifiche successive alla decisione 2004/258/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte prima: Principi — Titolo II: Disposizioni di applicazione generale — Articolo 15 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 54). Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo (n. 4) sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della banca centrale europea (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 230). Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63). Decisione 2004/257/CE della Banca centrale europea, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della Banca centrale europea (BCE/2004/2) (GU L 80 del 18.3.2004, pag. 33). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). Si veda la versione consolidata.
1
142
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. 98/700/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0004 - 0007 AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (98/700/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),considerando che l'articolo K.1, punto 3), del trattato stabilisce che la politica d'immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei cittadini dei paesi terzi costituiscono una questione di interesse comune;considerando che la lotta contro i documenti falsi è un settore che rientra nella politica d'immigrazione e nella cooperazione di polizia; che il moltiplicarsi del numero dei documenti autentici e falsi richiede un frequente aggiornamento; che il fatto che le tecniche utilizzate per la produzione di documenti autentici e le loro relative contraffazioni diventano sempre più sofisticate rende necessario uno strumento di qualità;considerando che, poiché il bollettino delle frodi europeo ed il manuale dei documenti autentici non rispondono adeguatamente ai due imperativi di rapidità e di riproduzione fedele, il ricorso ad un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini rappresenta, assieme ad una formazione adeguata del personale interessato, un elemento essenziale di una strategia globale atta a soddisfare le esigenze degli Stati membri;considerando che vari Stati membri dispongono già di sistemi informatizzati di archiviazione delle immagini in fase di realizzazione;considerando che, per assicurare un elevato livello di controllo da parte degli Stati membri, sarebbe utile istituire un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini che dia accesso al personale preposto al controllo dei documenti negli Stati membri; che il sistema dovrebbe consentire agli utenti di disporre di informazioni sui nuovi metodi di falsificazione individuati, nonché sui nuovi documenti autentici in circolazione;considerando che, al fine di salvaguardare la compatibilità e l'omogeneità delle informazioni del sistema, è necessario stabilire procedure di elaborazione dei contributi degli Stati membri destinati ad essere inseriti nel sistema e procedure di controllo e verifica dei contributi stessi;considerando che la presente azione comune lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri relativa al riconoscimento di passaporti, di documenti di viaggio, di visti o altri documenti di identità,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. È istituito un sistema europeo di archiviazione delle immagini concepito affinché gli Stati membri possano procedere a scambi informatizzati rapidissimi di informazioni a loro disposizione su documenti autentici e documenti falsi accertati, secondo le modalità stabilite nell'allegato della presente azione comune.2. Detto sistema non sostituisce né annulla il consueto scambio di informazioni su supporto cartaceo fino a quando tutti gli Stati membri non saranno in grado di servirsene.Articolo 2 La base dati del sistema deve contenere, tra l'altro, le seguenti informazioni:a) immagini di documenti contraffatti e falsi;b) immagini di documenti autentici;c) informazioni sintetiche sulle tecniche di falsificazione;d) informazioni sintetiche sulle tecniche di sicurezza.Articolo 3 La creazione del sistema europeo non impedisce a ciascuno Stato membro di istituire ed utilizzare il proprio sistema nazionale in grado di soddisfare le esigenze dei posti di frontiera nazionali e dei servizi interni di controllo dei documenti.Articolo 4 Il Consiglio adotta quanto prima i requisiti tecnici relativi alla compatibilità con i sistemi esistenti, all'inserimento delle informazioni nel sistema nonché alle procedure di controllo e di verifica delle informazioni stesse.Articolo 5 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.Gli Stati membri applicano l'articolo 1 entro dodici mesi dall'adozione delle misure di cui all'articolo 4.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGLALLEGATO SISTEMA EUROPEO DI ARCHIVIAZIONE DELLE IMMAGINI Presso il Segretariato generale del Consiglio è istituito un sistema informatizzato che contiene documenti autentici, falsi e falsificati.Il nome del sistema europeo è FADO (Documenti falsi e autentici).1. Descrizione del sistema - Il sistema deve essere consultato da una sola unità centrale di ciascuno Stato membro.- Il sistema si basa sulla tecnologia Internet. È importantissimo garantire che l'informazione possa essere trasmessa rapidamente alle unità centrali nazionali. Non appena l'informazione perviene al Segretariato generale del Consiglio viene introdotta in tempi brevissimi nel sistema FADO. Spetta a ciascuno Stato membro integrare questi dati nel proprio sistema nazionale o nella sua copia del sistema FADO.- Il sistema è plurilingue.- Il sistema deve essere conviviale.- Il sistema si basa su una codificazione molto rigorosa. È essenziale garantire la sicurezza delle informazioni contenute nel sistema informatizzato. Il sistema utilizza linee speciali per la trasmissione dei dati tra il Segretariato generale del Consiglio e i servizi centrali degli Stati membri.- Negli Stati membri il sistema è consultato da un'unità centrale attraverso un internet crittografato. Uno Stato membro può usare lo stesso sistema a livello nazionale (ossia, collegare diverse stazioni di lavoro situate ai suoi diversi posti di frontiera o presso altre autorità competenti). Non vi saranno collegamenti diretti tra una stazione di lavoro diversa dall'unità centrale nazionale ed il punto centrale installato presso il Segretariato generale. Vi sarà un metodo per duplicare e aggiornare, nel sistema situato negli Stati membri, il sistema FADO (nastri magnetici, dischi amovibili, CD-ROM, ecc.).- Ciascuno Stato membro ha la facoltà di sviluppare il proprio sistema crittografato per la trasmissione interna di dati.- Il sistema FADO collega in rete la base centrale presso il Segretariato generale con le centrali ubicate in ciascuno Stato membro. Esso consente il rapido scambio di informazioni.- Dato che i documenti sono inviati per via elettronica per essere inseriti nei sistemi nazionali esistenti, le immagini devono essere di formato standard (JPEG, TIFF, BMP . . .). La loro qualità deve essere la migliore possibile, ma deve altresì essere assicurato un giusto equilibrio fra la qualità dell'immagine, le dimensioni e la compressione.- Sono disponibili ingrandimenti, ma soltanto delle parti importanti dell'immagine, sempreché se ne ravvisi la necessità.- Il sistema deve consentire di confrontare sullo schermo il documento autentico con quello falso o falsificato.- Il sistema fornisce delucidazioni sulle diverse tecniche di falsificazione e sulle tecniche di sicurezza.- I rinvii incrociati risultano necessari agli utenti per reperire le informazioni in tempi molto brevi.- Priorità viene conferita anzitutto ai documenti degli Stati membri e ai documenti dei paesi terzi da cui si registra un'emigrazione abituale verso gli Stati membri. Le informazioni contenute nel sistema sono successivamente completate e aggiornate in modo da includervi tutti gli altri documenti e da risultare il più completo possibile.- Si deve introdurre un sistema «flash» che comporti l'invio a tutti gli Stati membri, per posta elettronica, di un avviso riguardante un dato documento falso.- Il sistema ha fin dall'inizio più di un archivio. Occorre prevedere fin dall'inizio la possibilità di un livello di consultazione supplementare per gli esperti contenente informazioni più particolareggiate sulle falsificazioni.- Il sistema contiene una zona speciale per l'inserimento di documenti che non sono riconosciuti da uno o più Stati membri.2. Costi del sistema I costi relativi all'istituzione e al funzionamento del sistema FADO riguardano l'acquisto di attrezzature tecniche e i costi relativi al personale. Dato che il sistema FADO è destinato unicamente all'archiviazione e alla trasmissione elettroniche di documenti, che di regola avviene su supporto cartaceo, tali spese rientrano pertanto nelle spese amministrative del Consiglio, ai sensi dell'articolo K.8, paragrafo 2, primo comma, del trattato sull'Unione europea. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Lotta ai falsi documentali: sistema di archiviazione delle immagini FADO QUAL È LO SCOPO DI QUEST’AZIONE COMUNE? Istituisce un sistema di archiviazione delle immagini dell’Unione Europea (UE) basato su Internet, noto come FADO (documenti falsi e autentici online), che consente la rapida condivisione fra paesi dell’UE di immagini di documenti autentici, falsi e falsificati, al fine di contribuire alla lotta contro le frodi documentali e d’identità. L’azione comune 98/700/GAI è abrogata e sarà sostituita tra qualche anno dal regolamento (UE) 2020/493 (si veda la sintesi), anche se le informazioni esistenti sono state trasferite al nuovo sistema FADO che sarà istituito dall’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. PUNTI CHIAVE Il sistema è multilingue, progettato per essere di facile utilizzo e basato su una codificazione molto rigorosa, al fine di garantire la standardizzazione e la sicurezza delle informazioni. Un servizio centrale in ciascun paese partecipante è collegato con il segretariato generale del Consiglio dell’UE, ma ogni paese dell’UE e di Schengen è libero di copiare il sistema o di sviluppare il proprio sistema per la distribuzione sicura dei dati interni. Il sistema garantisce che le informazioni possano essere trasmesse rapidamente ai servizi centrali nazionali. La creazione del sistema comunitario non impedisce ai paesi dell’UE di sviluppare i propri sistemi nazionali per soddisfare i rispettivi requisiti di sicurezza ai confini e verifica dei documenti. Il sistema è progettato in particolare per consentire:la visualizzazione di immagini ingrandite dei documenti, ove necessario;il confronto sullo schermo fra documenti autentici e falsificati;l’accesso alle informazioni sulle tecniche di falsificazione e di sicurezza;rinvii incrociati affinché gli utenti possano reperire le relative informazioni in tempi brevi;comunicazioni su documenti falsi particolari. Priorità viene conferita ai documenti dei paesi dell’UE e ai documenti dei paesi extra UE da cui si registra un’emigrazione abituale. Il 1o dicembre 2014, il Regno Unito (1) ha comunicato alla Commissione europea che nel campo della cooperazione di polizia desiderava continuare a partecipare all’azione comune. Ciò è stato confermato dalla decisione della Commissione 2014/858/UE.Abrogazione L’azione comune 98/700/GAI è abrogata dal regolamento (UE) 2020/493. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’AZIONE COMUNE? Essa è in vigore dal 10 dicembre 1998. CONTESTO Il numero crescente di documenti di viaggio, d’identità e altri documenti giustificativi autentici e falsi, come passaporti, permessi di soggiorno e visti, e le sempre più sofisticate tecniche di falsificazione, fanno sì che tra gli strumenti necessari per combattere le frodi documentali e d’identità debba esserci una condivisione rapida ed efficiente delle informazioni. Per maggiori informazioni consultare:Sicurezza dei documenti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Azione comune 98/700/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, relativo alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (GU L 333 del 9.12.1998, pag. 4). DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 del 1.12.2014, pag. 6). Decisione 2000/261/GAI del Consiglio, del 27 marzo 2000, relativa al miglioramento dello scambio di informazioni per combattere i documenti di viaggio contraffatti (GU L 81 del 1.4.2000, pag. 1).
0
520
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 89/117/CEE del Consiglio del 13 febbraio 1989 relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro Gazzetta ufficiale n. L 044 del 16/02/1989 pag. 0040 - 0042 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 2 pag. 0200 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 2 pag. 0200 *****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 13 febbraio 1989 relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tali Stato membro (89/117/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 54, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la creazione di un mercato interno europeo presuppone che le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un altro Stato membro vengano trattate allo stesso modo delle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale nello stesso Stato membro; che, per quanto riguarda la pubblicazione di documenti relativi ai conti annuali, ciò significa che è sufficiente che le succursali di istituti con sede sociale in un altro Stato membro pubblichino i documenti relativi ai conti annuali della propria impresa nel loro insieme; considerando che, nell'ambito di un diverso strumento di coordinamento degli obblighi di pubblicità concernenti le succursali, è previsto che alcuni tipi di società, comprese le banche e altri istituti finanziari, soggetti al diritto di uno Stato membro pubblichino alcuni atti ed alcune informazioni concernenti le succursali stabilite in un altro Stato membro; che, per quanto concerne la pubblicità dei documenti contabili, si fa riferimento a disposizioni specifiche che devono essere adottate per le banche e per gli altri istituti finanziari; considerando che dopo l'adozione della direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari (4), non appare più giustificata la prassi attuale di alcuni Stati membri consistente nell'esigere, dalle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tali Stati membri, la pubblicazione di conti annuali concernenti la loro attività; che inoltre la pubblicazione dei conti annuali di succursali non permette di dare al pubblico, in particolare ai creditori, un'idea sufficiente della situazione finanziaria dell'impresa, poiché non si può percepire isolatamente una parte di un tutto organico; considerando d'altra parte che nell'attuale stadio di integrazione non può essere trascurata la necessità di talune informazioni sull'attività delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro; che tuttavia occorre limitare l'ampiezza di queste informazioni per evitare distorsioni di concorrenza; considerando tuttavia che la presente direttiva riguarda soltanto gli obblighi di pubblicità per i conti annuali, ma non riguarda in alcun modo gli obblighi di informazione che incombono alle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari in virtù di altre disposizioni, nell'ambito, per esempio, del diritto sociale, per quanto riguarda il diritto all'informazione dei dipendenti, del diritto di sorveglianza bancaria per gli enti creditizi e gli istituti finanziari del paese ospite, e del diritto fiscale, nonché per scopi statistici; considerando che, per le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo, la parità delle condizioni di concorrenza significa, da un lato, che tali succursali devono osservare, per la pubblicazione di documenti relativi ai conti annuali, un livello eguale o equivalente a quello vigente nella Comunità, ma anche, d'altro lato, che queste succursali non devono essere obbligate a pubblicare conti annuali concernenti la loro attività qualora esse soddisfino la suddetta condizione; considerando che l'equivalenza dei documenti relativi ai conti annuali degli enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo, richiesta dalla presente direttiva, può porre problemi di valutazione; che pertanto l'esame di questi e di altri problemi che si presentano nella materia oggetto della presente direttiva, in particolare per quanto riguarda l'applicazione della stessa, richiede che i rappresentanti degli Stati membri e quelli della Commissione cooperino in seno ad un comitato di contatto; che, per evitare la proliferazione di questi comitati, è auspicabile che la suddetta cooperazione avvenga in seno al comitato previsto all'articolo 52 della direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società (1), modificata, da ultimo, dalla direttiva 84/569/CEE (2); che tuttavia, ove si tratti di esaminare problemi relativi agli enti creditizi, il comitato dovrà avere una composizione appropriata, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Le misure di coordinamento stabilite dalla presente direttiva sono applicabili alle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari che sono quali quelli previsti all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) della direttiva 86/635/CEE e che hanno la propria sede sociale fuori di detto Stato membro. Se un ente creditizio o istituto finanziario hanno la propria sede sociale in un paese terzo, la presente direttiva è applicabile nella misura in cui detto ente creditizio o istituto finanziario abbiano una forma giuridica comparabile a quelle menzionate alle precitate lettere a) e b). 2. L'articolo 1, terzo trattino della direttiva 77/780/CEE (3) è applicabile mutatis mutandis alle succursali degli enti creditizi e degli istituti finanziari previsti alla presente direttiva. Articolo 2 Disposizioni relative alle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un altro Stato membro 1. Gli Stati membri prevedono che le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un altro Stato membro pubblichino, conformemente all'articolo 44 della direttiva 86/635/CEE, i documenti del proprio ente creditizio o del proprio istituto finanziario previsti nel suddetto articolo (conti annuali, conti consolidati, rapporto di gestione, rapporto di gestione consolidato, relazioni stabilite dalla persona incaricata del controllo dei conti annuali e dei conti consolidati). 2. Questi documenti devono essere redatti e controllati secondo le modalità previste, conformemente alla direttiva 86/635/CEE, dalla legislazione dello Stato membro in cui l'ente creditizio o l'istituto finanziario ha la propria sede sociale. 3. Le succursali non possono essere tenute a pubblicare conti annuali concernenti la propria attività. 4. Fino ad ulteriore coordinamento, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino le informazioni supplementari seguenti: - i proventi e gli oneri della succursale menzionati nelle voci 1, 3, 4, 6, 7, 8 e 15 dell'articolo 27 della direttiva 86/635/CEE o delle A4, A9, da B1 a B4 e B7 dell'articolo 28 della medesima direttiva; - il numero di persone impiegato in media dalla succursale; - il totale dei crediti e dei debiti imputabili alla succursale, ripartiti tra quelli sugli enti creditizi a quelli sui clienti, nonché l'importo complessivo di tali crediti e debiti espressi nella moneta dello Stato membro in cui è stabilita la succursale; - il totale dell'attivo e degli importi corrispondenti alle voci dell'attivo 2, 3, 4, 5 e 6, alle voci del passivo 1, 2 e 3 ed alle voci fuori bilancio 1 e 2 secondo la definizione che figura all'articolo 4 ed agli articoli analoghi direttiva 86/635/CEE nonché, per le voci dell'attivo 2, 5 e 6, la ripartizione dei titoli secondo che siano o non siano considerati « immobilizzazioni finanziarie » ai sensi dell'articolo 35 della direttiva 86/635/CEE. Se sono richieste queste informazioni, la loro esattezza e corrispondenza ai conti annuali devono essere verificate da una o più persone abilitate al controllo dei conti annuali in virtù della legislazione dello Stato membro in cui è stabilita la succursale. Articolo 3 Disposizioni relative alle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo 1. Gli Stati membri prevedono che le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo pubblichino, conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, i documenti che vi sono indicati e che sono stati redatti e verificati secondo la legislazione del paese della sede sociale. 2. L'articolo 2, paragrafo 3 è applicabile se i documenti in questione sono stati redatti conformemente alla direttiva 86/635/CEE o in modo equivalente e se la condizione della reciprocità per gli enti creditizi e gli istituti finanziari della Comunità è soddisfatta nel paese terzo in cui si trova la sede sociale. 3. Nei casi diversi da quelli di cui al paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino conti annuali concernenti la loro attività. 4. Nei casi di cui ai paragrafi 2 e 3, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino le informazioni previste all'articolo 2, paragrafo 4 e l'importo del capitale di dotazione. 5. L'articolo 9, paragrafi 1 e 3 della direttiva 77/780/CEE è applicabile per analogia alle succursali degli enti creditizi e degli istituti finanziari di cui alla presente direttiva. Articolo 4 Lingue di pubblicazione Gli Stati membri possono esigere che i documenti previsti dalla presente direttiva vengano pubblicati nella o nelle lingue ufficiali nazionali e che la traduzione di detti documenti venga autenticata. Articolo 5 Compito del comitato di contatto Il comitato di contatto istituito dall'articolo 52 della direttiva 78/660/CEE, nella composizione appropriata, ha altresì il compito: a) di agevolare, senza pregiudizio degli articoli 169 e 170 del trattato, un'applicazione armonizzata della presente direttiva mediante una concertazione regolare, in particolare sui problemi concreti dell'applicazione della stessa, quali la valutazione dell'equivalenza dei documenti, e di agevolare le decisioni relative alla comparabilità e all'equivalenza delle forme giuridiche indicate all'articolo 1, paragrafo 1; b) di consigliare, se necessario, la Commissione in merito ai complementi o alle modifiche da apportare alla presente direttiva. Disposizioni finali Articolo 6 (1) Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 1991. Essi ne informano immediatamente la Commissione. (2) Gli Stati membri possono prevedere che le disposizioni di cui al paragrafo 1 si applichino per la prima volta ai conti annuali dell'esercizio che inizia il 1o gennaio 1993 o nel corso del 1993. (3) Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 Cinque anni dopo la data prevista all'articolo 6, paragrafo 2, il Consiglio procede, in base a una relazione della Commissione, all'esame e, se del caso, su proposta della Commissione e in cooperazione con il Parlamento europeo alla revisione dell'articolo 2, paragrafo 4, in funzione all'esperienza acquisita nell'applicazione della presente direttiva e dell'obiettivo di ridurre le informazioni supplementari di cui all'articolo 2, paragrafo 4, tenendo conto dei progressi realizzati verso una maggiore armonizzazione dei conti delle banche e degli altri istituti finanziari. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 13 febbraio 1989. Per il Consiglio Il Presidente C. SOLCHAGA CATALAN (1) GU n. C 230 dell'11. 9. 1986, pag. 4. (2) GU n. C 319 del 30. 11. 1987, pag. 64 e GU n. C 290 del 14. 11. 1988, pag. 66. (3) GU n. C 345 del 21. 12. 1987, pag. 73. (4) GU n. L 372 del 31. 12. 1986, pag. 1. (1) GU n. L 222 del 14. 8. 1978, pag. 11. (2) GU n. L 314 del 4. 12. 1984, pag. 28. (3) GU n. L 322 del 17. 12. 1977, pag. 30. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Documenti contabili delle succursali di enti creditizi e istituti finanziari con sede sociale fuori dallo stato QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Lo scopo della direttiva è quello di eliminare l’obbligo per le succursali di banche estere e altri istituti finanziari aventi sede sociale in un altro Stato membro (UE o paese terzo) di pubblicare documenti separati relativi ai conti annuali. PUNTI CHIAVE La direttiva si applica a tutte le succursali UE di banche e altri istituti finanziari aventi sede al di fuori dello Stato membro in cui la succursale è stabilita.La direttiva elimina l’obbligo di pubblicare conti annuali separati. I documenti che devono essere pubblicati dalle succursali di enti creditizi e istituti finanziari aventi sede in un altro Stato membro comprendono i conti annuali, i conti consolidati, rapporti di gestione ecc. Essi devono essere pubblicati e controllati come richiesto dalla legge del paese UE in cui si trova la sede sociale. Fino a ulteriore coordinamento, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino informazioni supplementari quali i proventi e gli oneri e l'importo complessivo di crediti e debiti della succursale.I documenti che devono essere pubblicati dalle succursali di enti creditizi e istituti finanziari aventi sede in un paese terzo sono gli stessi di quelli delle succursali che hanno la loro sede in uno Stato membro. Essi devono essere redatti e controllati secondo le modalità previste dalla legislazione del paese terzo. Tuttavia, se le regole in questione non sono conformi con i requisiti di contabilità, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino conti annuali concernenti la loro attività.Gli Stati membri possono esigere che la traduzione autenticata di detti documenti venga pubblicata nella o nelle loro lingue ufficiali. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? È stata applicata dal 14 gennaio 1989. II paesi dell’UE dovevano recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 1 gennaio 1991. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/117/CEE del Consiglio del 13 febbraio 1989 relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro (GU L 44, 16.2.1989, pp. 40–42)
1
968
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 90/269/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) Gazzetta ufficiale n. L 156 del 21/06/1990 pag. 0009 - 0013 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 4 pag. 0198 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 4 pag. 0198 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 29 maggio 1990 relativa alla prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (90/269/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione (1), presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che, a norma dell'articolo precitato, le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuri- dici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che la comunicazione della Commissione relativa al suo programma in materia di sicurezza, di igiene e di salute sul luogo di lavoro (4) prevede l'adozione di direttive volte a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che il Consiglio, nella risoluzione del 21 dicembre 1987, relativa alla sicurezza, all'igiene e alla tutela della salute sul luogo di lavoro (5), ha preso atto dell'intenzione della Commissione di presentargli a breve termine una direttiva sulla protezione contro i rischi derivanti dal trasporto manuale di carichi pesanti; considerando che il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un miglior livello di sicurezza e di salute sui luoghi di lavoro costituisce un imperativo per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva GU n. C 96 del 17. 4. 1990, pag. 82. 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6); che di conseguenza le disposizioni di quest'ultima direttiva si applicano pienamente al settore della movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno; considerando che, a norma della decisione 74/325/CEE (7), la Commissione consulta il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, ai fini dell'elaborazione di proposte in questo settore, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva, che è la quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative alla movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. 2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano interamente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva. Articolo 2 Definizione Ai sensi della presente direttiva, per movimentazione manuale di carichi si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli comportano tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. SEZIONE II OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO Articolo 3 Disposizione generale 1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. 2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato I. Articolo 4 Organizzazione dei posti di lavoro Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non possa essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana e: a) valuta, se possibile in anticipo, le condizioni di sicurezza e di salute presentate dal lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in base all'allegato I; b) si preoccupa di evitare o ridurre tra l'altro i rischi dorso-lombari del lavoratore adottando le misure adeguate e tenendo conto in particolare delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato I. Articolo 5 Presa in considerazione dell'allegato II Ai fini dell'attuazione dell'articolo 6, paragrafo 3, lettera b) e degli articoli 14 e 15 della direttiva 89/391/CEE, occorre tener conto dell'allegato II. Articolo 6 Informazione e formazione dei lavoratori 1. Fatto salvo l'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori e/o i loro rappresentanti vengono informati di tutte le misure da attuare in applicazione della presente direttiva per la protezione della sicurezza e della salute. I datori di lavoro provvedono affinché i lavoratori e/o i loro rappresentanti ricevano indicazioni generali e, ogniqualvolta sia possibile, informazioni precise: - sul peso di un carico; - sul centro di gravità o sul lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica. 2. Fatto salvo l'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, i datori di lavoro provvedono affinché i lavoratori abbiano, inoltre, una formazione adeguata e informazioni precise relative alla movimentazione corretta dei carichi e ai rischi che corrono in particolare se queste attività non vengono eseguite in maniera tecnicamente corretta, tenuto conto degli allegati I e II. Articolo 7 Consultazione e partecipazione dei lavoratori La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti si svolge conformemente all'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE su tutte le questioni che rientrano nell'ambito della presente direttiva, compresi i suoi allegati. SEZIONE III DISPOSIZIONI VARIE Articolo 8 Adattamento degli allegati Gli adattamenti di carattere prettamente tecnico degli allegati I e II in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore della movimentazione manuale dei carichi sono adottati secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 9 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Ogni quattro anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 29 maggio 1990. Per il Consiglio Il Presidente B. AHERN (1) GU n. C 117 del 4. 5. 1988, pag. 8. (2) GU n. C 326 del 19. 12. 1988, pag. 137, e(3) GU n. C 318 del 12. 12. 1988, pag. 37. (4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 3. (5) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 1.(6) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. (7) GU n. L 185 del 9. 7. 1974, pag. 15. ALLEGATO I (*) ELEMENTI DI RIFERIMENTO (Articolo 3, paragrafo 2, articolo 4, lettere a) e b) e articolo 6, paragrafo 2) 1. Caratteristiche del carico La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l'altro dorso-lombare nei casi seguenti: - il carico è troppo pesante o troppo grande; - è ingombrante o difficile da afferrare; - è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; - è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco; - può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto. 2. Sforzo fisico richiesto Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi: - è eccessivo; - può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; - può comportare un movimento brusco del carico; - è compiuto con il corpo in posizione instabile. 3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi: - lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta; - il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate dal lavoratore; - il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione; - il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi; - il pavimento o il punto d'appoggio sono instabili; - la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate. 4. Esigenze connesse all'attività L'attività può comportare un rischio tra l'altro dorso-lombare se comporta una o più delle seguenti esigenze: - sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati; - periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente; - distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto; - un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore. (*) Nella prospettiva di un'analisi plurifattoriale possono essere presi contemporaneamente in considerazione vari elementi che figurano negli allegati I e II. ALLEGATO II (*) FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO (Articolo 5 e articolo 6, paragrafo 2) Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi: - inidoneità fisica a svolgere il compito in questione; - indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore; - insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione. (*) Nella prospettiva di un'analisi plurifattoriale possono essere presi contemporaneamente in considerazione vari elementi che figurano negli allegati I e II. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Sicurezza sul lavoro: movimentazione manuale dei carichi L’obiettivo della direttiva è garantire che i lavoratori all’interno dell’Unione europea (UE) siano tutelati dai rischi legati alla movimentazione manuale dei carichi*. ATTO Direttiva 90/269/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l’altro rischi dorso-lombari per i lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) SINTESI L’obiettivo della direttiva è garantire che i lavoratori all’interno dell’Unione europea (UE) siano tutelati dai rischi legati alla movimentazione manuale dei carichi*. CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Stabilisce requisiti di salute e di sicurezza concernenti la movimentazione manuale di carichi, che comporta tra l’altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. PUNTI CHIAVE I datori di lavoro dovrebbero fare tutto il possibile per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale, il datore di lavoro modifica il modo in cui il lavoro è organizzato o fornisce ai lavoratori i mezzi adeguati per ridurre il rischio, attraverso i seguenti interventi: organizza i posti di lavoro in modo che la movimentazione sia quanto più possibile sicura; valuta, se possibile in anticipo, le condizioni di sicurezza e di salute presentate dal lavoro in questione, in particolare le caratteristiche del carico; si preoccupa di evitare o ridurre i rischi dorso-lombari adottando le misure adeguate e tenendo conto dell’ambiente di lavoro e dell’attività; fornisce ai lavoratori informazioni sul peso e sulla distribuzione del peso di un carico; assicura un’adeguata formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori riguardante la movimentazione di carichi e i rischi potenziali. Si rischia un infortunio alla schiena se il carico: è troppo pesante o troppo grande; è ingombrante o difficile da afferrare; è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco, oppure con una torsione o inclinazione del tronco; può intrinsecamente comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto. Lo sforzo fisico può presentare un rischio di lesioni se: è eccessivo; può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; può comportare un movimento brusco del carico; è compiuto con il corpo in posizione instabile. L’ambiente di lavoro può aumentare le possibilità di rischio se: non c’è abbastanza spazio per svolgere l’attività; il pavimento è ineguale, oppure instabile, irregolare o scivoloso; le condizioni del posto di lavoro impediscono la movimentazione di carichi a un’altezza di sicurezza o in buona posizione; la temperatura, l’umidità o la ventilazione sono inadeguate. L’attività può comportare un rischio se prevede: sforzi eccessivi che sollecitano in particolare la colonna vertebrale; periodi di riposo o di recupero insufficienti; distanze di sollevamento, di abbassamento o di trasporto eccessive; un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore. Il lavoratore può correre un rischio se: non è fisicamente idoneo a svolgere il compito; indossa indumenti inadeguati; possiede una conoscenza o una formazione inadeguata. TERMINE CHIAVE * Movimentazione manuale di carichi: ai fini della presente direttiva, si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che comportano tra l’altro rischi dorso-lombari. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 12 giugno 1990. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 90/269/CEE 12.6.1990 31.12.1992 GU L 156 del 21.6.1990, pag. 9-13 Atto modificatore Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2007/30/CE 28.6.2007 31.12.2012 GU L 165 del 27.6.2007, pag. 21-24
0
953
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche Gazzetta ufficiale n. L 179 del 09/07/2002 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 giugno 2002per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere della Banca centrale europea(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (SEC 95)(4), costituisce il quadro di riferimento di norme, definizioni, classificazioni e principi contabili comuni per l'elaborazione dei conti degli Stati membri alla luce delle esigenze statistiche della Comunità, al fine di ottenere risultati confrontabili fra Stati membri.(2) La relazione del comitato monetario sulle esigenze informative, approvata dal Consiglio Ecofin del 18 gennaio 1999, ha sottolineato che, per il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico, l'effettiva sorveglianza e coordinamento delle politiche economiche costituiscono fattori di primaria importanza, che a loro volta richiedono un sistema completo di informazioni statistiche in grado di fornire ai responsabili politici i dati necessari per la formulazione delle decisioni. Tale relazione ha inoltre sottolineato la necessità di attribuire un'elevata priorità alle statistiche a breve termine della finanza pubblica degli Stati membri, in particolare di quelli che partecipano all'Unione economica e monetaria, e che l'obiettivo è la compilazione di conti trimestrali non finanziari semplificati per il settore delle amministrazioni pubbliche mediante un approccio graduale.(3) È opportuno definire i conti trimestrali semplificati non finanziari delle amministrazioni pubbliche alla luce dell'elenco di categorie del SEC 95 per le entrate e le spese delle amministrazioni definite dal regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione, del 10 luglio 2000, recante applicazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio per quanto riguarda le spese e le entrate delle amministrazioni(5).(4) Nell'ambito del citato approccio graduale, è stata attribuita la priorità alle imposte, ai contributi sociali effettivi e alle prestazioni sociali diverse dai trasferimenti sociali in natura come categorie che rappresentano attendibili indicatori delle tendenze della finanza pubblica già resi disponibili (prima fase).(5) La trasmissione di tale prima serie di categorie su base trimestrale, dal giugno 2000, in tutti gli Stati membri, costituisce l'oggetto del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica(6).(6) È necessario integrare la prima fase con una seconda serie di categorie al fine di ottenere l'elenco completo delle categorie comprese nelle spese e nelle entrate delle amministrazioni pubbliche.(7) L'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi ai sensi del presente regolamento dovrebbe essere verificata per quanto concerne i dati annuali. Una relazione sulla qualità dei dati trimestrali andrebbe quindi effettuata prima della fine del 2005.(8) Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 2223/96 stabiliscono le condizioni alle quali la Commissione ha facoltà di adottare emendamenti alla metodologia del SEC 95 per chiarirne e migliorarne il contenuto. La compilazione di conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche richiederà risorse addizionali negli Stati membri. La trasmissione di tali dati alla Commissione non può dunque essere soggetta ad una decisione della Commissione stessa.(9) Il comitato del programma statistico (CPS), istituito ai sensi della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(7), e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB), istituito ai sensi della decisione 91/115/CEE del Consiglio(8), sono stati consultati a norma dell'articolo 3 delle suddette decisioni,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è la definizione del contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche, nonché la redazione dell'elenco delle categorie del SEC 95 che devono essere trasmesse dagli Stati membri a partire dal 30 giugno 2002, e la specificazione delle principali caratteristiche di tali categorie.Articolo 2Contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIl contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche è definito in allegato in riferimento ad un elenco di categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche.Articolo 3Categorie interessate dalla trasmissione dei dati trimestrali1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali per le categorie o gruppi di categorie comprese nell'elenco in allegato, ad eccezione delle categorie per le quali i dati devono essere trasmessi ai sensi del regolamento (CE) n. 264/2000.2. I dati trimestrali vengono trasmessi per le seguenti categorie (o gruppi di categorie) di spese ed entrate delle amministrazioni pubbliche:a) Dal lato delle spese:- consumi intermedi (P.2)- investimenti lordi + acquisizioni meno cessioni di attività non finanziarie non prodotte (P.5 + K.2)- investimenti fissi lordi (P.51)- redditi da lavoro dipendente (D.1)- altre imposte sulla produzione (D.29)- contributi erogati (D.3)- redditi da capitale (D.4)- interessi (D.41)- imposte correnti sul reddito, sul patrimonio, ecc. (D.5)- trasferimenti sociali in natura corrispondenti a spese per prodotti forniti alle famiglie attraverso produttori di beni e servizi destinabili alla vendita (D.6311 + D.63121 + D.63131)- altri trasferimenti correnti (D.7)- rettifica per variazione dei diritti netti delle famiglie sulle riserve dei fondi pensione (D.8)- imposte in conto capitale + contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.91 + D.92 + D.99);b) Sul lato delle entrate:- produzione di beni e servizi destinabili alla vendita + produzione di beni e servizi per proprio uso finale + pagamenti per altra produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita (P.11 + P.12 + P.131)- altri contributi alla produzione ricevuti (D.39)- redditi da capitale (D.4)- contributi sociali figurativi (D.612)- altri trasferimenti correnti (D.7)- contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.92 + D.99).3. Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 vengono consolidate nell'ambito del settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non vengono consolidate.Articolo 4Compilazione dei dati trimestrali: fonti e metodi1. I dati trimestrali relativi al primo trimestre 2001 e successivi vengono compilati in base alle norme seguenti:a) i dati trimestrali si basano, per quanto possibile, su informazioni dirette provenienti da fonti primarie, allo scopo di ridurre al minimo, per ciascun trimestre, le differenze fra le stime preliminari e quelle finali;b) le informazioni dirette vengono eventualmente integrate da rettifiche finalizzate ad ottenere un grado di copertura completo e da rettifiche concettuali finalizzate ad allineare i dati trimestrali con i concetti del SEC 95;c) i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali devono essere coerenti.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri compresi tra il primo del 1999 ed il quarto del 2000 vengono compilati mediante fonti e metodi tali da assicurare la coerenza fra i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali.Articolo 5Scadenze per la trasmissione dei dati trimestrali1. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.Le eventuali revisioni dei dati trimestrali relativi ai trimestri precedenti vengono trasmesse contemporaneamente.2. La prima trasmissione di dati trimestrali è costituita dai dati relativi al primo trimestre 2002. Gli Stati membri trasmettono tali dati entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 2002 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 6Trasmissione di dati pregressi1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali pregressi per le categorie di cui all'articolo 3 a partire dal primo trimestre del 1999.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri dal primo del 1999 al quarto del 2001 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 1999 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 7Applicazione1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una descrizione delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3 (descrizione iniziale), alla stessa data in cui iniziano la trasmissione dei dati trimestrali conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 2.2. Le eventuali revisioni della descrizione iniziale delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) quando vengono comunicati i dati riveduti.3. La Commissione (Eurostat) informa i comitati CPS e CMFB sulle fonti e sui metodi utilizzati da ciascuno Stato membro.Articolo 8RelazioneSulla base dei dati trasmessi per le categorie di cui all'articolo 3, e previa consultazione del CPS, la Commissione (Eurostat) trasmette al Parlamento europeo ed al Consiglio, entro il 31 dicembre 2005, una relazione contenente una valutazione dell'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri.Articolo 9Disposizioni transitorie1. Gli Stati membri che non sono in grado, durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, di trasmettere i dati trimestrali a partire dal primo trimestre 2001 conformemente alle fonti e ai metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, e alle scadenze di cui all'articolo 5, paragrafo 1, applicano il paragrafo 2.2. Gli Stati membri di cui al paragrafo 1 trasmettono alla Commissione (Eurostat) le loro "migliori stime trimestrali" (vale a dire, comprendenti tutte le nuove informazioni progressivamente disponibili nel corso del processo di compilazione del sistema dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche) conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 1.Essi indicano allo stesso tempo le operazioni che devono essere ancora portate a termine per rispettare le fonti ed i metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1.3. Durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, la Commissione (Eurostat) esamina il progresso compiuto dagli Stati membri per l'applicazione integrale dell'articolo 4, paragrafo 1.4. Il periodo di transizione inizia a partire dalla data della prima trasmissione di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e termina al più tardi il 31 marzo 2005.Articolo 10Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 10 giugno 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué I Camps(1) GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 300.(2) GU C 131 del 3.5.2001, pag. 6.(3) Parere del Parlamento europeo del 3 luglio 2001 (GU C 65 E del 14.3.2002, pag. 33) e decisione del Consiglio del 7 maggio 2002.(4) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 359/2002 (GU L 58 del 28.2.2002, pag. 1).(5) GU L 172 del 12.7.2000, pag. 3.(6) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(8) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 96/174/CE (GU L 51 dell'1.3.1996, pag. 48).ALLEGATOCONTENUTO DEI CONTI TRIMESTRALI NON FINANZIARI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHEI conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche vengono definiti in riferimento all'elenco delle spese e delle entrate delle amministrazioni pubbliche di cui al regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione.Le spese delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato degli impieghi, o nelle variazioni delle attività, o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.3, compresa nella sezione delle risorse dei conti delle amministrazioni pubbliche.Le entrate delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato delle risorse o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti non finanziari delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.39, compresa nel lato degli impieghi dei conti delle amministrazioni pubbliche.Per definizione, la differenza fra entrate delle amministrazioni pubbliche e spese delle amministrazioni pubbliche, ai sensi delle definizioni di cui sopra, costituisce l'accreditamento netto (+)/indebitamento netto (-) del settore delle amministrazioni pubbliche.Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 sono consolidate internamente al settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non sono consolidate.La tabella che segue illustra le categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche. Le categorie riportate in corsivo costituiscono già oggetto di trasmissione su base trimestrale in virtù del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione.>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA> Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Raccolta delle statistiche trimestrali non finanziarie delle amministrazioni da parte dei paesi dell’UE QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Definisce le principali categorie dei conti pubblici non finanziari come stabilite nel SEC 95, i cui dettagli devono essere comunicati dagli istituti statistici dei paesi dell’Unione europea (UE) alla Commissione europea (Eurostat) ogni tre mesi. PUNTI CHIAVE I dati trimestrali riguardano sia le spese che le entrate delle amministrazioni pubbliche. Secondo Eurostat, la pubblica amministrazione è composta da quattro sottosettori: amministrazione centrale; amministrazione statale; amministrazione locale; enti di previdenza sociale. Spese: consumi intermedi*; investimenti lordi*; investimenti fissi lordi*; redditi da lavoro dipendente*; altre imposte sulla produzione; contributi erogati; redditi da capitale; interessi; imposte sul reddito e sul patrimonio; trasferimenti sociali* e di altro tipo forniti alle famiglie; contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale. Entrate: produzione di beni e servizi destinati alla vendita (tutti i prodotti ceduti sul mercato o destinati a essere ceduti sul mercato) e altri pagamenti di tipo amministrativo per la produzione delle amministrazioni pubbliche; imposte: sulla produzione e sulle importazioni, sul reddito e sul capitale, imposte in conto capitale; altri contributi alla produzione; redditi da capitale; contributi sociali effettivi e figurativi (laddove per contributi «figurativi» si intendono i contributi sociali pagati dai datori di lavoro a nome dei loro lavoratori dipendenti); altri trasferimenti correnti; contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale. I primi dati trimestrali trasmessi ai sensi della legislazione riguardavano il primo trimestre 2002. Le disposizioni transitorie sono state precedentemente applicate a partire dall’inizio del 1999. I paesi dell’UE devono: trasmettere i dati entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono; informare Eurostat delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati. La Commissione deve: informare il comitato del sistema statistico europeo e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti in merito alle fonti e ai metodi nazionali; presentare una relazione entro il 31 dicembre 2005 contenente una valutazione dell’attendibilità dei dati trimestrali nazionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È entrato in vigore il 29 luglio 2002. CONTESTO Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali, noto come SEC 95 (sostituito ora dal SEC 2010), raccoglie informazioni comparabili, aggiornate e attendibili sulla struttura e sugli sviluppi delle economie nazionali e regionali nell’UE. * TERMINI CHIAVE Consumi intermedi: un concetto che misura il valore dei beni e dei servizi consumati in quanto fattori dei processi produttivi. Investimenti lordi: il valore complessivo degli investimenti fissi lordi, della variazione delle scorte e delle acquisizioni meno le cessioni di oggetti di valore. Investimenti fissi lordi: acquisizioni di capitali fissi nuovi ed esistenti quali beni, macchinari o attrezzature, spese per il miglioramento fondiario e per la costruzione di edifici. Redditi da lavoro dipendente: il salario lordo complessivo e i contributi sociali dei datori di lavoro pagati dai datori di lavoro ai loro dipendenti per i lavori svolti. Trasferimenti sociali: assistenza sociale da parte di enti pubblici e civici diretta a persone che vivono o che sono in pericolo di cadere in condizioni di povertà. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1-5) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1221/2002 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
0
701
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 86/278/CEE del Consiglio del 12 giugno 1986 concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura Gazzetta ufficiale n. L 181 del 04/07/1986 pag. 0006 - 0012 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 7 pag. 0127 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 7 pag. 0127 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 12 giugno 1986 concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (86/278/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 100 e 235,vista la proposta della Commissione[1],[1] GU n. C 264 dell'8.10.1982, pag.3, e GU n. C 154 del 14.6.1984, pag. 6.visto il parere del Parlamento europeo[2],[2] GU n. C 77 del 19.3.1984, pag. 136.visto il parere del Comitato economico e sociale[3],[3] GU n. C 90 del 5.4.1983, pag. 27.considerando che la presente direttiva è intesa a disciplinare l'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo, incoraggiando nel contempo la corretta utilizzazione di questi fanghi;considerando che disparità tra le disposizioni dei vari Stati membri in materia di utilizzazione di detti fanghi in agricoltura potrebbero avere un'incidenza sul funzionamento del mercato comune; che è perciò necessario procedere in questo campo al ravvicinamento delle legislazioni previsto all'articolo 100 del trattato;considerando che i fanghi di depurazione utilizzati nel quadro delle attività agricole non rientrano nel campo d'applicazione della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti[4];[4] GU n. C 194 del 25.7.1975, pag. 39.considerando che le misure previste nella direttiva 78/319/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1978, relativo ai rifiuti tossici e nocivi[5], si applicano anche ai fanghi di depurazione, ove questi contengano o siano stati contaminati dalle sostanze o materie elencate nell'allegato della direttiva, di natura, in quantità o in concentrazioni tali da presentare un pericolo per la salute dell'uomo o per l'ambiente;[5] GU n° L 84 del 31.3.1978, p. 43.considerando che è opportuno prevedere un regime speciale che garantisca la protezione dell'uomo, degli animali, dei vegetali e dell'ambiente contro gli effetti nocivi dell'utilizzazione incontrollata dei fanghi;considerando che la presente direttiva è inoltre intesa a stabilire alcune prime misure comunitarie nel quadro della protezione del suolo;considerando che i fanghi possono avere delle utilizzazioni agronomiche e che, pertanto, è giustificato incoraggiarne la valorizzazione in agricoltura, a condizione che vengano utilizzati correttamente; che l'applicazione dei fanghi non deve nuocere alla qualità del suolo e della produzione agricola;considerando che certi metalli pesanti possono essere tossici per le piante e/o per l'uomo per la loro presenza nei raccolti e che occorre stabilire valori limite vincolanti per questi elementi nel suolo;considerando che occorre vietare l'utilizzazione dei fanghi quando la concentrazione nel suolo di tali metalli supera detti valori limite;considerando inoltre che occorre evitare che tali valori limite vengano superati a seguito dell'utilizzazione dei fanghi; che, a tal fine, occorre limitare l'immissione di metalli pesanti nel suolo coltivato, stabilendo i quantitativi massimi di immissione annua, di fanghi, avendo cura di non superare i valori limite di concentrazione di questi metalli nei fanghi utilizzati, oppure avendo cura che non vengano superati valori limite per i quantitativi di metalli pesanti che possono essere immessi nel suolo nell'arco medio di dieci anni;considerando che i fanghi devono essere trattati prima di essere utilizzati in agricoltura; che tuttavia gli Stati membri possono autorizzare, sotto certe condizioni, l'utilizzazione di fanghi non trattati, senza rischio per la salute dell'uomo e degli animali, qualora vengano iniettati o interrati nel suolo;considerando che va rispettato un certo lasso di tempo tra l'utilizzazione dei fanghi e la messa a pascolo dei prati, il raccolto dei foraggi o di talune colture che si trovano normalmente a diretto contatto col suolo e vengono consumate crude; che l'utilizzazione dei fanghi deve essere vietata su orticolture e frutticolture durante il periodo vegetativo, ad eccezione delle colture di alberi da frutto;considerando che, in conformità delle direttive 75/440/CEE[6] e 80/68/CEE[7], l'utilizzazione dei fanghi deve effettuarsi in modo da assicurare la protezione del suolo e delle acque superficiali e sotterranee;[6] GU n° L 194 del 25.7.1975, p. 26.[7] GU n° L 20 de 26.1.1980, p. 43. considerando che è necessario a tal fine controllare la qualità dei fanghi e del suolo su cui vengono utilizzati, effettuando analisi alcuni risultati delle quali devono essere comunicati agli utilizzatori;considerando che è necessario che talune informazioni essenziali siano conservate per garantire una migliore conoscenza dell'utilizzazione dei fanghi in agricoltura; che tali informazioni siano trasmesse in relazioni periodiche alla Commissione; che la Commissione, tenuto conto di tali relazioni, presenterà se necessario proposte per garantire una maggiore protezione del suolo e dell'ambiente;considerando che i fanghi provenienti da impianti di depurazione di piccole dimensioni che trattano essenzialmente acque di rifiuto di origine domestica presentano rischi limitati per la salute dell'uomo, degli animali, dei vegetali e per l'ambiente e che pertanto occorre esentare questi fanghi da alcuni degli obblighi previsti in materia di informazione ed analisi;considerando che agli Stati membri deve essere data la possibilità di adottare disposizioni più severe di quelle previste dalle presente direttiva; che occorre che tali disposizioni siano comunicate alla Commissione;considerando che il progresso tecnico e scientifico può rendere necessario un rapido adeguamento di alcune delle disposizioni contenute nella presente direttiva; che, per facilitare l'attuazione dei provvedimenti a tal fine necessari, è opportuno prevedere una procedura che instauri una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione; che detta cooperazione deve essere realizzata in seno ad un comitato per l'adeguamento al progresso tecnico e scientifico;considerando che il trattato non ha previsto i poteri d'azione a tal uopo richiesti, diversi da quelli dell'articolo 235,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva è intesa a disciplinare l'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura in modo da evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo, incoraggiando nel contempo la corretta utilizzazione di questi fanghi.Articolo 2Ai sensi della presente direttiva, si intendono per:a)«fanghi»:i)i fanghi residui provenienti dagli impianti di depurazione di acque reflue domestiche o urbane e da altri impianti di depurazione delle acque reflue che presentano una composizione analoga a quella delle acque reflue domestiche e urbane;ii)i fanghi residui delle fosse settiche e di altri dispositivi analoghi per il trattamento delle acque reflue;iii)i fanghi residui provenienti da impianti di depurazione diversi da quelli di cui ai punti i) e ii);b)«fanghi trattati»:i fanghi sottoposti a trattamento biologico, chimico o termico, a deposito a lungo termine ovvero ad altro opportuno procedimento, in modo da ridurre in maniera rilevante il loro potere fermentescibile e gli inconvenienti sanitari della loro utilizzazione;c)«agricoltura»:qualsiasi tipo di coltivazione a scopo commerciale e alimentare, nonché zootecnico;d)«utilizzazione»:lo spandimento dei fanghi sul suolo o qualsiasi altra applicazione dei fanghi sul suolo e nel suolo.Articolo 31. I fanghi di cui all'articolo 2, lettera a), punto i), possono essere utilizzati in agricoltura solo conformemente alla presente direttiva.2. Fatte salve le direttive 75/442/CEE e 78/319/CEE:-i fanghi di cui all'articolo 2, lettera a), punto ii), possono essere utilizzati in agricoltura nel rispetto delle condizioni che lo Stato membro interessato può ritenere necessarie per garantire la tutela delle salute dell'uomo e dell'ambiente;-i fanghi di cui all'articolo 2, lettera a), punto iii), possono essere utilizzati in agricoltura solo se la loro utilizzazione è regolamentata dallo Stato membro interessato.Articolo 4Gli allegati I A, I B e I C della presente direttiva forniscono i valori per le concentrazioni ammissibili di metalli pesanti nei suoli che ricevono i fanghi, per le concentrazioni di metalli pesanti nei fanghi e per le quantità massime annue di tali metalli pesanti immesse nei terreni a destinazione agricola.Articolo 5Fatto salvo l'articolo 12,1) gli Stati membri vietano l'utilizzazione dei fanghi qualora la consentrazione di uno o più metalli pesanti nel suolo superi i valori limite da essi fissati in conformità dell'allegato I A e prendono le misure necessarie per accertarsi che tali valori limite non vengano superati a motivo dell'impiego di fanghi;2) gli Stati membri disciplinano l'utilizzazione dei fanghi in modo tale che l'accumulazione dei metalli pesanti nel suolo non provochi un superamento dei valori limite di cui al punto 1. A tal fine essi applicano l'una o l'altra procedura du cui alle lettere a) e b):a) gli Stati membri fissano i quantitativi massimi di fanghi espressi in tonnellate di materia secca che possono essere immessi nel suolo per unità di superficie e all'anno, rispettando,per la concentrazione di metalli pesanti nei fanghi, i valori limite da loro fissati in conformità dell'allegato I B; oppureb) gli Stati membri curano che vengano rispettati i valori limite dei quantitativi di metalli immessi nel suolo per unità di superficie e per unità di tempo, quali figurano nell'allegato I C.Articolo 6Fatto salvo l'articolo 7,a) i fanghi devono essere trattati prima di essere utilizzati in agricoltura. Gli Stati membri possono tuttavia autorizzare, secondo le condizioni da essi definite, l'utilizzazione di fanghi non trattati in caso di iniezione o di interramento nel suolo;b) i produttori di fanghi di depurazione forniscono regolarmente agli utilizzatori tutte le informazioni di cui all'allegato II A.Articolo 7Gli Stati membri vietano l'utilizzazione dei fanghi o la consegna dei fanghi per la loro utilizzazione:a)sui pascoli o sulle colture foraggere, qualora su detti terreni si proceda al pascolo o alla raccolta del foraggio prima che sia trascorso un certo periodo. Questo periodo, fissato dagli Stati membri, tenendo tra l'altro conto della loro situazione geografica e/o climatica, non può comunque essere inferiore a tre settimane;b)sui terreni destinati all'orticoltura e alla frutticoltura, durante il periodo vegetativo, salve le colture di alberi da frutto;c)sui terreni destinati all'orticoltura e alla frutticoltura, i cui prodotti sono normalmente a contatto diretto col terreno e sono normalmente consumati crudi, nei dieci mesi precedenti il raccolto e durante il raccolto stesso.Articolo 8L'utilizzazione dei fanghi è effettuata secondo le regole seguenti:-l'utilizzazione deve tener conto del fabbisogno di sostanze nutritive delle piante, senza compromettere la qualità del suolo e delle acque superficiali o sotterranee;-in caso di utilizzazione di fanghi su terreni il cui pH è inferiore a 6, gli Stati membri tengono conto dell'aumentata mobilità dei metalli pesanti e del loro maggiore assorbimento da parte delle piante e diminuiscono, se del caso, i valori limite fissati in conformità dell'alle- gato I A.Articolo 9I fanghi e i terreni su cui vengono utilizzati sono analizzati secondo lo schema di cui agli allegati II A e II B.I metodi di riferimento di campionatura e di analisi sono indicati nell'allegato II C.Articolo 101. Gli Stati membri provvedono a che vengano tenuti aggiornati i registri in cui sono annotati:a) i quantitativi di fango prodotto e quelli forniti per usi agricoli;b) la composizione e le caratteristiche dei fanghi, rispetto ai parametri di cui all'allegato II A;c) il tipo di trattamento impiegato, conformemente all'articolo 2, lettera b);d) i nomi e gli indirizzi dei destinatari dei fanghi e i luoghi di utilizzazione dei fanghi.2. Questi registri sono tenuti a disposizione delle autorità competenti e servono per redigere la relazione di sintesi di cui all'articolo 17.3. I metodi di trattamento e i risultati delle analisi vengono comunicati, a richiesta, alle autorità competenti.Articolo 11Gli Stati membri possono esentare dall'articolo 6, let- tera b), e dall'articolo 10, paragrafo 1, lettere b), c) e d), e paragrafo 2, i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione delle acque reflue aventi una capacità di trattamento inferiore a 300 kg D805 al giorno - corrispondente a 5 000 equivalenti persone - e destinati essenzialmente al trattamento delle acque reflue domestiche.Articolo 12Gli Stati membri, qualora le condizioni lo richiedano, possono adottare misure più severe di quelle previste nella presente direttiva.Qualsiasi decisione al riguardo sarà immediatamente comunicata alla Commissione, conformemente agli accordi esistenti.Articolo 13L'adeguamento al progresso tecnico e scientifico, in conformità della procedura di cui all'articolo 15, riguarda gli allegati della direttiva, esclusi i parametri e i valori di cui agli allegati I A, I B e I C, tutti gli elementi che possono influire sulla valutazione di tali valori, nonché i parametri di cui agli allegati II A e II B.Articolo 14È istituito un comitato per l'adeguamento al progresso tecnico e scientifico, qui di seguito chiamato il « comitato », composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.2. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno.Articolo 151. Qualora si faccia riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato è adito dal presidente, ad iniziativa di questo ultimo oppure a richiesta del rappresentante di uno Stato membro.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da prendere. Il comitato esprime il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può stabilire in funzione dell'urgenza delle questioni. Esso si pronuncia alla maggioranza di cinquantaquattro voti; ai voti degli Stati membri è attribuita la ponderazione stabilita dall'articolo 148, paragrafo 2, del trattato. Il presidente non partecipa al voto.3. a) La Commissione adotta le misure prospettate, se sono conformi al parere del comitato.b) Quando dette misure non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta sulle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.c) Se, allo scadere di un periodo di tre mesi dal momento in cui il Consiglio è stato adito, questo non ha deliberato, le misure proposte sono adottate dalla Commissione.Articolo 161. Gli Stati membri mettono in vigore le disposzioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di tre anni a decorrere dalla sua notifica.Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 17Gli Stati membri redigono ogni quattro anni, e per la prima volta cinque anni dopo la notifica della presente direttiva, una relazione riassuntiva sull'utilizzazione dei fanghi in agricoltura, in cui saranno specificati i quantitativi di fanghi utilizzati, i criteri seguiti e le difficoltà incontrate e trasmettono tale relazione alla Commissione che pubblica le informazioni in essa contenute. In base a tale relazione, la Commissione presenta, se del caso, appropriate proposte per aumentare la protezione del suolo e dell'ambiente.Articolo 18Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a lussemburgo, addì 12 giugno 1986.Per il ConsiglioIl PresidenteP. WINSEMIUSALLEGATO I A>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO I B>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO I C>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II AANALISI DEI FANGHI1. I fanghi devono essere analizzati, di norma, almeno ogni sei mesi. Qualora intervengano dei cambiamenti nella qualità delle acque trattata, la frequenza delle analisi deve aumentata. Se nel corso di un anno I risultati delle analisi non presentano variazioni significative, I fanghi devono essere analizzati almeno ogni dodici mesi.2. Nel caso fi fanghi provenienti dagli impianti di depurazione di cui all'articolo 11, ove I fanghi non siano stati analizzati nel corso dei dodici mesi che precedono l'applicazione, in ogni Stato membro, della presenta direttiva, sarà necessaria effettuare un'analisi entro un termine do dodici mesi dopo l'utilizzazione in agricoltura dei fanghi provennienti da detti impianti. Gli Stati membri stabiliscono la frequenza delle analisi sucessive in base ai risultati della prima analisi, agli eventuali cambiamenti intervenuti nella natura delle acque reflue trattate e ad ogni altro elemento pertinente.3. Fatto salvo il punto 4, le analisi devono vertere sui seguenti parametri:- sostanza secca, sostanza organica- pH;- azoto e fosforo;- cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio, cromo.4. Per il rame, lo zinco e il cromo, allorché sia stato dimostrato, in modo soddisfacente per la competente autorità dello Stato membro, che tali metalli non sono presenti solo in quantità trascurabile nelle acque reflue trattate dall'impianto di depurazione, gli Stati membri decidono circa la frequenza delle analisi da effettuare.ALLEGATO II BANALISI DEI SUOLI1.Prima di qualsiasi utilizzazione dei fanghi, salvo quelli provenienti dagli impianti di depurazione di cui all'articolo 11, gli Stati membri devono accertarsi che la concentrazione di metalli pesanti nei terreni non superi i valori limite fissati conformemente all'allegato I A. A tal fine, gli Stati membri decidono quali siano le analisi da effettuare tenendo conto dei dati scientifici disponibili sulle caratteristiche dei terreni e sulla loro omogeneità.2.Gli Stati membri stabiliscono la frequenza delle successive analisi, tenendo conto delle concentrazioni di metalli nei terreni prima dell'impiego di fanghi, del quantitativo e della composizione dei fanghi utilizzati, nonché di qualsiasi altro elemento pertinente.3.Le analisi devono vertere sui seguenti parametri :-pH-cadmio, rame, nichel, piombo, zinco, mercurio, cromo.ALLEGATO II CMETODI DI CAMPIONAMENTO E DI ANALISI1.Campionamento del suoloI campioni rappresentativi dei suoli sottoposti ad analisi devono di norma essere costituiti riunendo 25 carote prelevate su una superficie inferiore o uguale a 5 ettari coltivata in modo omogeneo.I prelievi si effettuano ad una profondità di 25 cm, salvo se lo spessore dello strato arabile è inferiore a tale valore, senza che in questo caso la profondità di campionatura risulti inferiore a 10 cm.2. Campionamento dei fanghiI campioni dei fanghi sono prelevati dopo trattamento ma prima della consegna all'azienda e devono essere rappresentativi della produzione dei fanghi.3. Metodo di analisiPer i metalli pesanti, l'analisi è effettuata dopo una forte digestione acida. Il metodo di riferimento per l'analisi è quello della spettrometria ad assorbimento atomico. Per ciascun metallo il limite di rilevamento non deve essere superiore al 10 % del relativo valore limite. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? La presente direttiva disciplina l’utilizzazione dei fanghi di depurazione* come concime in modo da evitare effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute umana, tenendo conto del fabbisogno di sostanze nutritive delle piante, senza compromettere la qualità del suolo e delle acque superficiali o sotterranee. A tal fine, essa stabilisce i valori limite per le concentrazioni consentite nel terreno per sette metalli pesanti che possono essere tossici per le piante e per l’uomo:cadmio,rame,nichel,piombo,zinco,mercurio,cromo. Essa vieta l’utilizzazione dei fanghi di depurazione quando la concentrazione nel suolo di tali metalli supera detti valori limite. Nel 2018, la direttiva è stata modificata dalla decisione (UE) 2018/853 relativamente alle norme procedurali per l’elaborazione delle relazioni in materia ambientale. Nel 2019, la direttiva è stata modificata dal regolamento (UE) 2019/1010 che armonizza gli obblighi di comunicazione nella normativa in materia di ambiente. PUNTI CHIAVE I valori limite specifici sono elencati negli allegati della direttiva.Allegato I A — metalli pesanti nel suolo,Allegato I B — metalli pesanti nei fanghi,Allegato I C — quantità massime annue di metalli pesanti che possono essere immesse nel suolo. Solitamente, i fanghi devono essere trattati* prima di essere utilizzati in agricoltura. Tuttavia, in alcuni paesi dell’Unione europea (Unione), gli agricoltori possono essere autorizzati a utilizzare fanghi non trattati se iniettati o interrati nel suolo. In determinate situazioni, i fanghi non possono essere utilizzati in agricoltura:sui pascoli in cui pascolano gli animali o dedicati alla raccolta del foraggio prima che sia trascorso un periodo non inferiore a tre settimane,sui terreni destinati all’orticoltura e alla frutticoltura durante il periodo vegetativo. Tale regola non si applica alle colture di alberi da frutto,sui terreni destinati all’orticoltura e alla frutticoltura, i cui prodotti sono normalmente a contatto diretto col terreno e vengono consumati crudi. Questo divieto si applica per dieci mesi prima del raccolto e durante il raccolto stesso. La responsabilità di garantire che l’uso dei fanghi da parte degli agricoltori non superi i limiti di legge spetta alle autorità nazionali, che devono campionare e analizzare i fanghi e il suolo su cui vengono utilizzati e tenere registri aggiornati su:i quantitativi di fango prodotto e quelli forniti per usi agricoli,la composizione e le caratteristiche dei fanghi,il tipo di trattamento impiegato,dove e da chi vengono utilizzati i fanghi. In seguito all’adozione del regolamento (UE) 2019/1010, dal 1o gennaio 2022, i paesi dell’Unione devono inoltre redigere relazioni contenenti qualsiasi altra informazione relativa al recepimento e all’attuazione della direttiva, che trasmettono alla Commissione europea. Devono inoltre trasmettere le informazioni registrate in tali registri in modo tale che i dati digitali si riferiscano a una posizione o area geografica specifica I paesi dell’Unione sono tenuti a inviare informazioni alla Commissione ogni tre anni sull’attuazione della presente direttiva, sotto forma di una relazione settoriale che coprirà anche altre direttive pertinenti, sulla base del questionario definito nella decisione 94/741/CE della Commissione. La decisione (UE) 2018/853 prevede che tali relazioni settoriali vengano redatte sulla base di un questionario o di uno schema elaborato dalla Commissione sotto forma di atti di esecuzione. La relazione è inviata alla Commissione entro nove mesi dalla fine del periodo di tre anni da essa contemplato Il regolamento (UE) 2019/1010, le cui modifiche alla direttiva si applicano a partire dall’1o gennaio 2022, semplifica il processo di redazione delle relazioni. Esso cerca inoltre di garantire che i paesi dell’Unione siano più trasparenti riguardo alle informazioni che forniscono e che il pubblico possa accedere alle informazioni quanto più rapidamente possibile. I registri di cui sopra devono essere messi a disposizione e facilmente accessibili al pubblico, per ogni anno civile, entro otto mesi dalla fine dell’anno civile di riferimento, e devono inoltre essere presentati alla Commissione. La Commissione pubblica una relazione periodica sull’utilizzo dei fanghi in agricoltura nell’Unione, in cui sono raccolte le informazioni trasmesse dai singoli paesi su questo argomento. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 18 giugno 1986, con l’obbligo di essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro il 18 giugno 1989. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Fanghi di depurazione (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Fanghi di depurazione: fanghi provenienti dagli impianti di depurazione di acque reflue domestiche o urbane e da altri impianti di depurazione simili. Fanghi trattati: fanghi sottoposti a trattamento biologico, chimico o termico, a deposito a lungo termine ovvero ad altro opportuno procedimento, in modo da ridurre in maniera rilevante il loro potere fermentescibile (riducendo i rischi per la salute). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 86/278/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (GU L 181 del 4.7.1986, pag. 6). Le successive modifiche alla direttiva 86/278/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2019/1010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, che armonizza gli obblighi di comunicazione nella normativa in materia di ambiente e modifica i regolamenti (CE) n. 166/2006 e (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/49/CE, 2004/35/CE, 2007/2/CE, 2009/147/CE e 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 338/97 e (CE) n. 2173/2005 del Consiglio e la direttiva 86/278/CEE del Consiglio (GU L 170 del 25.6.2019, pag. 115).
1
939
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2014/62/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 sulla protezione mediante il diritto penale dell'euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 83, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3), considerando quanto segue: (1) L'euro, in quanto moneta unica condivisa dagli Stati membri della zona euro, è diventato un elemento importante dell'economia dell'Unione e della vita quotidiana dei suoi cittadini. Tuttavia, da quando è stato introdotto nel 2002, poiché è una valuta che continua a essere nel mirino di gruppi della criminalità organizzata attivi nel settore della falsificazione monetaria, la sua contraffazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di EUR. È nell'interesse dell'Unione nel suo complesso contrastare e reprimere le attività che possono compromettere l'autenticità dell'euro mediante falsificazione. HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione dell'euro e di altre valute. Essa introduce anche disposizioni comuni per rafforzare la lotta avverso tali reati, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione nella lotta alla falsificazione. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: a) «valuta»: le banconote e le monete metalliche la cui circolazione sia legalmente autorizzata, comprese le banconote e le monete metalliche la cui immissione in circolazione è legalmente autorizzata ai sensi del regolamento (CE) n. 974/98; b) «persona giuridica»: soggetto avente personalità giuridica in forza del diritto applicabile, a eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 3 Reati 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che costituiscano reato le condotte seguenti, se compiute intenzionalmente: a) contraffazione o alterazione fraudolenta di monete, qualunque ne sia il modo; b) immissione in circolazione fraudolenta di monete falsificate; c) importazione, esportazione, trasporto, ricettazione o procacciamento di monete falsificate, riconosciute tali, per la loro immissione in circolazione; d) fabbricazione fraudolenta, ricettazione, procacciamento o possesso di: i) strumenti, oggetti, programmi informatici e dati nonché ogni altro mezzo che per loro natura sono particolarmente atti alla contraffazione o all'alterazione di monete; o ii) elementi di sicurezza quali ologrammi, filigrane o altri componenti della valuta che servono ad assicurarne la protezione contro la falsificazione. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e c), siano punibili anche per quanto riguarda banconote o monete metalliche fabbricate usando strumenti o materiali legali in violazione dei diritti o delle condizioni a cui le autorità competenti possono emettere banconote o monete metalliche. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui ai paragrafi 1 e 2 siano punibili anche per quanto riguarda banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale. Articolo 4 Induzione, favoreggiamento, concorso e tentativo 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che l'induzione, il favoreggiamento e il concorso in relazione ai reati di cui all'articolo 3 siano punibili come reati. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che il tentativo di commettere i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) o c), all'articolo 3, paragrafi 2 o 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) e c), sia punibile come reato. Articolo 5 Sanzioni per le persone fisiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui agli articoli 3 e 4 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), siano punibili con una sanzione massima che preveda la reclusione. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno otto anni. 4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno cinque anni. 5. Per quanto riguarda il reato di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri possono prevedere sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive diverse da quelle di cui al paragrafo 4 del presente articolo, tra cui multe e reclusione, qualora la valuta falsificata sia stata ricevuta senza sapere che era falsa ma fatta poi circolare anche se riconosciuta tale. Articolo 6 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone giuridiche possano rispondere in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca individualmente ovvero in quanto membro di un organo della persona giuridica e che detenga una posizione apicale all'interno della persona giuridica, basata: a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica; b) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure c) sul potere di esercitare il controllo all'interno della persona giuridica. 2. Gli Stati membri assicurano che una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile quando la carenza di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile la commissione, a proprio vantaggio, di uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4 a opera di una persona sottoposta alla sua autorità. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude l'azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, istigatori o concorrenti in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4. Articolo 7 Sanzioni per le persone giuridiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che la persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell'articolo 6 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventualmente altre sanzioni, quali: a) l'esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici; b) l'interdizione temporanea o permanente dall'esercizio di un'attività d'impresa; c) l'assoggettamento a vigilanza giudiziaria; d) la liquidazione giudiziaria; e) la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato. Articolo 8 Competenza giurisdizionale 1. Ogni Stato membro adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 quando: a) il reato è stato commesso in tutto o in parte nel proprio territorio; o b) l'autore del reato sia un proprio cittadino. 2. Ogni Stato membro la cui valuta è l'euro adotta le misure necessarie per definire la propria competenza giurisdizionale sui reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi al di fuori del proprio territorio, almeno nella misura in cui riguardino l'euro e quando: a) l'autore del reato si trova nel territorio di tale Stato membro e non sia estradato; o b) le banconote o le monete metalliche in euro falsificate connesse con il reato sono state rinvenute nel territorio di tale Stato membro. Ai fini dell'azione penale avverso i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, qualora si riferiscano all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), nonché a induzione, favoreggiamento e concorso, e tentativo di commettere tali reati, ogni Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che la propria competenza giurisdizionale non sia subordinata alla condizione che gli atti costituiscano reato nel luogo in cui sono stati commessi. Articolo 9 Strumenti di indagine Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone, le unità o i servizi preposti alle indagini o all'azione penale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 dispongano di efficaci strumenti di indagine, come quelli usati per le indagini riguardanti la criminalità organizzata o altre forme gravi di criminalità. Articolo 10 Obbligo di trasmettere le banconote e le monete metalliche in euro falsificate per l'analisi e il rinvenimento dei falsi Gli Stati membri assicurano che durante il procedimento penale sia consentito senza indugio, da parte del centro nazionale di analisi e del centro nazionale di analisi delle monete metalliche, l'esame di banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ai fini dell'analisi e dell'individuazione e rinvenimento degli altri falsi. Le autorità competenti trasmettono senza indugio i necessari campioni al più tardi una volta raggiunta una decisione definitiva riguardo al procedimento penale. Articolo 11 Statistiche Gli Stati membri, almeno ogni due anni, trasmettono alla Commissione dati concernenti il numero di reati di cui agli articoli 3 e 4 e il numero di persone perseguite e condannate per i reati di cui agli articoli 3 e 4. Articolo 12 Presentazione di relazioni da parte della Commissione e riesame Entro il 23 maggio 2019, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva. La relazione valuta in che misura gli Stati membri abbiano adottato le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. La relazione è corredata, se necessario, di una proposta legislativa. Articolo 13 Sostituzione della decisione quadro 2000/383/GAI La decisione quadro 2000/383/GAI è sostituita dalla presente direttiva per quanto riguarda gli Stati membri vincolati da quest'ultima, fatti salvi gli obblighi di tali Stati membri relativi al termine per il recepimento della decisione quadro 2000/383/GAI nell'ordinamento nazionale. Per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva, i riferimenti alla decisione quadro 2000/383/GAI si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 14 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 maggio 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 15 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 16 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati. Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 179 del 25.6.2013, pag. 9. (2) GU C 271 del 19.9.2013, pag. 42. (3) Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014. (4) Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro (GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1). (5) Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6). (6) Regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11). (7) Società delle Nazioni, raccolta dei trattati (1931) n. 2623, pag. 372. (8) Decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro (GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Sanzioni penali contro la falsificazione monetaria Secondo la Banca centrale europea, dall’introduzione della moneta unica nel 2002, la falsificazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di euro all’economia dell’Unione europea (UE). È stata adottata una nuova legge per proteggere l’euro e le altre valute dalla falsificazione. ATTO Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio. SINTESI La nuova direttiva dell’UE stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione monetaria. Essa introduce disposizioni comuni per combattere la falsificazione, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione tra i paesi dell’UE nella lotta alla falsificazione. Reati I paesi dell’UE devono introdurre misure per garantire che ogni fabbricazione, ricezione, procacciamento o possesso di strumenti, oggetti, programmi informatici ed elementi per la sicurezza (quali ologrammi o filigrane), se intenzionalmente fraudolenti, siano punibili. La condotta intenzionale dovrebbe essere punibile anche in relazione a banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale, come dovrebbero esserlo l’induzione, il favoreggiamento e il concorso . Sanzioni individuali (persone fisiche) Le sanzioni introdotte devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Inoltre, devono prevedere la reclusione. Il termine massimo per la pena di reclusione (da 5 a 8 anni, a seconda dei casi) deve essere applicato almeno alle forme più gravi del reato di falsificazione. Benché far circolare intenzionalmente la valuta falsificata ricevuta in buona fede, rappresenti una condotta punibile con sanzioni, tra cui le multe, si ritiene opportuno prevedere la reclusione come sanzione massima stabilita dalla legge nazionale degli Stati membri dell’UE. Responsabilità e sanzioni per le entità giuridiche I paesi dell’UE devono assicurare che le entità giuridiche (ad esempio le aziende e le associazioni) possano rispondere in relazione ai reati in alternativa ai singoli (persone fisiche) e applicare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive alle persone giuridiche. La gamma delle sanzioni applicate deve essere stabilita, comprendendo l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici, l’interdizione temporanea o perpetua dall’esercizio di un’attività d’impresa, l’assoggettamento a vigilanza giudiziaria. Analisi e rinvenimento di banconote e monete metalliche falsificate in euro I paesi dell’UE devono garantire che i propri centri nazionali di analisi e i propri centri nazionali di analisi delle monete metalliche possano esaminare banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ed essere disponibili per i procedimenti penali in corso ai fini del rinvenimento di ulteriori falsi. Applicazione L’Irlanda ha aderito alla presente direttiva. La Danimarca e il Regno Unito (1), tuttavia, non sono vincolati dalla stessa. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2014/62/UE 22.5.2014 23.5.2016 GU L 151 del 21.5.2014
0
211
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo Gazzetta ufficiale n. L 022 del 25/01/2003 pag. 0031 - 0034 Raccomandazione del Consigliodel 2 dicembre 2002sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo(2003/54/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma,vista la proposta della Commissione(1),considerando quanto segue:(1) L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità, che deve completare le politiche nazionali, sia volta al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana.(2) La risoluzione del Consiglio e dei ministri della Sanità degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 18 luglio 1989, relativa al divieto di fumare nei luoghi accessibili al pubblico(2), fornisce agli Stati membri orientamenti per la protezione dei non fumatori dal fumo ambientale. In seguito a una relazione della Commissione sulla reazione degli Stati membri a quest'iniziativa(3), la presente raccomandazione intende rafforzare questa protezione e identificare i gruppi particolarmente vulnerabili.(3) La risoluzione del Consiglio, del 26 novembre 1996, sulla riduzione del fumo nella Comunità europea(4) riconosce la necessità di sviluppare un'efficace strategia di lotta contro il consumo di tabacco, comprendente alcuni degli elementi contenuti nella presente raccomandazione.(4) Le conclusioni del Consiglio, del 18 novembre 1999, sulla lotta contro il consumo del tabacco(5) hanno sottolineato la necessità di sviluppare una strategia globale, comprendente alcune misure definite nella presente raccomandazione per la protezione dei minori (norme sulle condizioni di vendita, sulle vendite tramite mezzi elettronici e distributori automatici).(5) La risoluzione del Consiglio, del 29 giugno 2000, sull'azione relativa ai fattori determinanti per la salute(6) ha preso atto del risultato dei dibattiti in sede di conferenza europea sui fattori determinanti per la salute nell'Unione europea, tenutasi a Evora il 15 e 16 marzo 2000, che ha dato particolare risalto, tra l'altro, al tabacco, raccomandando una serie di provvedimenti pratici e mirati per affrontare le sfide in questi settori.(6) Le azioni raccomandate sono necessarie considerati i 500000 decessi connessi al fumo che si registrano annualmente nella Comunità europea e il preoccupante aumento del numero di bambini ed adolescenti dediti al fumo. Fumare danneggia la salute umana, perché i fumatori diventano dipendenti dalla nicotina e sono colpiti da gravi malattie come il cancro ai polmoni e ad altri organi, la cardiopatia ischemica e altre malattie circolatorie e respiratorie come l'enfisema.(7) La prevenzione del tabagismo e la lotta contro il consumo di tabacco sono già obiettivi prioritari delle politiche sanitarie degli Stati membri e della Comunità europea. Tuttavia, il tabagismo rimane la principale causa di mortalità evitabile nell'UE e i progressi nella riduzione del consumo del tabacco e delle conseguenze del fumo sono ancora deludenti. Inoltre, la pubblicità, la distribuzione e le strategie promozionali utilizzate dall'industria del tabacco incentivano il consumo di tabacco, aumentando così il livello già elevato di mortalità e morbilità dovuto al consumo di prodotti del tabacco. Alcune di queste strategie sembrano rivolgersi ai giovani negli anni della crescita, allo scopo di sostituire il gran numero di fumatori che muoiono annualmente. È un dato di fatto che il 60 % dei fumatori iniziano a fumare ad un'età inferiore ai 13 anni e il 90 % prima dei 18 anni.(8) Con il programma "L'Europa contro il cancro"(7), la Comunità europea ha incluso fra i suoi obiettivi il contributo al miglioramento della salute dei suoi cittadini tramite la riduzione del numero di casi di cancro e di altre malattie legate al fumo.(9) La direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, relativa alla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco(8) e la proposta di direttiva sulla pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco(9) riguardano la lotta contro il tabagismo nel contesto della realizzazione e del consolidamento del mercato interno e l'eliminazione degli ostacoli al suo buon funzionamento, basandosi su un livello di protezione elevato della salute pubblica.(10) Alcune misure che dovrebbero far parte di una politica globale di lotta contro il tabagismo, come il divieto di pubblicità su tabelloni e manifesti o della pubblicità nei cinema, attualmente non possono essere oggetto di un'armonizzazione nell'ambito delle norme del mercato interno comunitario a livello di singolo provvedimento antitabagismo.(11) Tutti i fatti sopra menzionati dimostrano la necessità di una strategia globale di lotta contro il tabagismo, al fine di ridurre nella Comunità l'incidenza delle malattie dovute al fumo.(12) Nel contesto di una politica globale antitabagismo, è essenziale adottare misure destinate in particolare a ridurre la domanda di prodotti del tabacco da parte dei bambini e degli adolescenti. Queste misure possono comprendere azioni volte a ridurre la fornitura di tabacco a bambini ed adolescenti e a vietare determinate forme di pubblicità, di distribuzione e di strategie promozionali per i prodotti del tabacco, considerando che queste strategie hanno un impatto indiscriminato sui giovani e su altri gruppi di persone.(13) Certe forme di vendita e di distribuzione dei prodotti del tabacco facilitano l'accesso dei bambini e degli adolescenti a questi prodotti e dovrebbero quindi essere regolamentate dagli Stati membri.(14) Dato che i distributori automatici sono visibili sia ai consumatori che ai non consumatori di prodotti del tabacco, essi dovrebbero recare solo la pubblicità strettamente necessaria per indicare i prodotti offerti in vendita.(15) Altre due misure importanti a livello comunitario riguardano la pubblicità e la sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco. La direttiva del 1989 sulla "televisione senza frontiere"(10) vieta qualsiasi forma di pubblicità televisiva per i prodotti del tabacco e stabilisce che i programmi televisivi non possono essere sponsorizzati da persone fisiche o giuridiche la cui attività principale consiste nella produzione o vendita di prodotti del tabacco. L'attuale proposta di direttiva sulla pubblicità e sulla sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco prevede il divieto della pubblicità del tabacco sulla stampa e in altre pubblicazioni, via radio e tramite i servizi della società dell'informazione. Questa proposta prevede anche il divieto di sponsorizzazione, da parte delle industrie del tabacco, di programmi radiofonici e di eventi a cui partecipano o che si svolgono in vari Stati membri o aventi ripercussioni transfrontaliere.(16) La presente raccomandazione tratta di altre forme di pratiche pubblicitarie, commerciali o promozionali utilizzate dall'industria per promuovere il consumo del tabacco, che possono raggiungere indiscriminatamente bambini e adolescenti. Queste pratiche comprendono l'utilizzazione dei marchi per prodotti o servizi diversi dal tabacco ("brand-stretching") e/o per l'abbigliamento ("merchandising"), il ricorso ad articoli promozionali (oggetti comuni come i posacenere, agli accendini, i parasole ed altri oggetti simili) e di campioni di tabacco, l'utilizzazione e la comunicazione di promozioni di vendita (quali sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali), l'uso di tabelloni manifesti e altre tecniche pubblicitarie interne o esterne (come la pubblicità sui distributori automatici di prodotti del tabacco), l'uso della pubblicità a favore del tabacco nei cinema, e qualsiasi altra forma di pubblicità, sponsorizzazione o di pratiche volte a promuovere i prodotti del tabacco direttamente o indirettamente. Di fatto le autorità degli Stati membri dovrebbero adottare disposizioni legislative e/o amministrative destinate specificamente a vietare conformemente alle norme o ai principi costituzionali nazionali, tali attività, che costituiscono mezzi di promozione dei prodotti del tabacco che aggirano i divieti della pubblicità diretta per il tabacco già in vigore per certi media.(17) L'Organizzazione mondiale della sanità e la Banca mondiale raccomandano agli Stati di vietare ogni forma di pubblicità e di promozione del tabacco. Nei casi in cui sono vietate solo certe forme di pubblicità diretta del tabacco, l'industria del tabacco trasferisce frequentemente le sue spese pubblicitarie ad altre strategie di commercializzazione, sponsorizzazione e promozione, utilizzando modi creativi ed indiretti per promuovere i prodotti del tabacco, specialmente tra i giovani. In questo modo può essere limitato l'effetto dei divieti parziali della pubblicità per il consumo di tabacco. Inoltre, la Banca mondiale ha concluso che la pubblicità aumenta il consumo di sigarette e che la normativa che vieta la pubblicità ridurrebbe il consumo se fosse generale e coprisse tutti i media e l'utilizzo di marchi e logotipi. Questa riduzione del consumo di sigarette avrebbe per la salute pubblica effetti immediati a breve e a lungo termine. L'informazione sulla spesa globale dell'industria del tabacco per la promozione dei prodotti del tabacco è quindi una condizione importante per il controllo dell'efficacia delle politiche di lotta contro il tabagismo dal punto di vista della salute pubblica. Quest'informazione permette di determinare se le restrizioni imposte sono aggirate, in particolare dirigendo la spesa verso forme promozionali nuove e non limitate. L'industria del tabacco dovrebbe essere tenuta a dichiarare regolarmente queste spese.(18) A causa dei rischi per la salute derivanti dal fumo passivo, gli Stati membri dovrebbero mirare a proteggere i fumatori e i non fumatori dal fumo ambientale.(19) Gli Stati membri dovrebbero continuare a sviluppare strategie e misure per ridurre la prevalenza del tabagismo, come il rafforzamento dei programmi di educazione sanitaria per migliorare la consapevolezza dei rischi del fumo e altri programmi di prevenzione per scoraggiare l'uso dei prodotti del tabacco.(20) La convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo attualmente in fase di negoziazione tratta molte questioni toccate nella presente raccomandazione. È importante quindi garantire la coerenza delle misure contenute in questa raccomandazione con gli elementi previsti dalla convenzione quadro attualmente in discussione,RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI:1. di adottare appropriate disposizioni legislative e/o amministrative conformemente alle prassi e alle condizioni nazionali per impedire la vendita di tabacco a bambini ed adolescenti, tra l'altro:a) imponendo l'obbligo per i venditori di prodotti del tabacco di accertare che gli acquirenti abbiano raggiunto l'età prescritta dalla legge nazionale per l'acquisto di tali prodotti, qualora tale limite d'età esista;b) ritirando i prodotti del tabacco dagli espositori self-service nei negozi di vendita al dettaglio;c) limitando l'accesso ai distributori automatici di prodotti del tabacco a luoghi accessibili a persone di età superiore a quella prescritta dalla legge nazionale per l'acquisto dei prodotti del tabacco, ove tale limite esista, oppure regolando in modo altrettanto efficace l'accesso ai prodotti venduti tramite distributori;d) limitando la vendita di tabacco a distanza per la fornitura generale al dettaglio, ad esempio via Internet, agli adulti ricorrendo a mezzi tecnici adeguati;e) vietando la vendita di dolciumi e giocattoli destinati ai bambini e fabbricati con il chiaro intento di conferire al prodotto e/o all'imballaggio l'aspetto di un prodotto del tabacco;f) vietando la vendita di sigarette al pezzo o in pacchetti di meno di 19 pezzi;2. di adottare appropriate disposizioni legislative e/o amministrative per proibire conformemente alle norme o ai principi costituzionali nazionali le seguenti forme di pubblicità e di promozione:a) l'utilizzazione di marchi di tabacco per prodotti o servizi diversi dal tabacco;b) l'utilizzazione di articoli promozionali (posacenere, accendini, parasole, ecc.) e di campioni di tabacco;c) l'utilizzo e la comunicazione di promozioni di vendita quali sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali;d) l'utilizzazione di tabelloni, manifesti e altre tecniche pubblicitarie interne o esterne (come la pubblicità sui distributori automatici di prodotti del tabacco);e) l'utilizzazione della pubblicità nei cinema;f) qualsiasi altra forma di pubblicità, sponsorizzazione o pratiche destinate alla promozione diretta o indiretta dei prodotti del tabacco;3. di adottare appropriate disposizioni, con l'introduzione di norme o di altri metodi conformi alle pratiche e alle condizioni nazionali, per prescrivere a fabbricanti, importatori e commercianti all'ingrosso di prodotti del tabacco e di prodotti e servizi recanti lo stesso marchio dei prodotti del tabacco di fornire agli Stati membri informazioni sulle spese sostenute per la pubblicità, il marketing, le sponsorizzazioni e le campagne di promozione non vietate dalla normativa nazionale o comunitaria;4. di applicare le norme di legge, e/o altre misure efficaci all'appropriato livello governativo o non governativo, conformemente alle prassi e alle condizioni nazionali, che garantiscono una protezione dall'esposizione al fumo di tabacco negli ambienti interni dei luoghi di lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. Dovrebbe essere accordata priorità, tra l'altro, ai centri di insegnamento, alle strutture sanitarie e ai luoghi in cui si forniscono servizi ai bambini;5. di continuare a sviluppare strategie e misure per ridurre la prevalenza del tabagismo, come il rafforzamento dell'educazione sanitaria in generale, segnatamente nelle scuole, e dei programmi generali per scoraggiare l'uso iniziale dei prodotti del tabacco e vincere la dipendenza dal tabacco;6. di avvalersi pienamente dei contributi dei giovani alle politiche e alle azioni inerenti alla sanità, segnatamente nel settore dell'informazione, e promuovere attività specifiche avviate, progettate, attuate e valutate dai giovani;7. di adottare ed attuare appropriate misure in materia di prezzi dei prodotti del tabacco al fine di scoraggiare il consumo di tabacco;8. di applicare tutte le procedure necessarie ed appropriate per verificare il rispetto delle misure stabilite nella presente raccomandazione;9. di informare la Commissione ogni due anni dopo la data di adozione della presente raccomandazione sulle azioni intraprese in risposta a questa raccomandazione.INVITA LA COMMISSIONE:1. a seguire e a valutare gli sviluppi e le azioni intraprese negli Stati membri e a livello comunitario;2. a riferire sull'attuazione delle misure proposte, in base alle informazioni fornite dagli Stati membri, entro un anno dalla data di ricevimento delle informazioni trasmesse dagli Stati membri in conformità della presente raccomandazione;3. a esaminare in quale misura le disposizioni di cui alla presente raccomandazione risultano efficaci e a considerare la necessità di ulteriori azioni, in particolare se nel mercato interno dovessero apparire disparità nei settori oggetto della presente raccomandazione.Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Bendtsen(1) Proposta del 18.6.2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(2) GU C 189 del 26.7.1989, pag. 1.(3) COM(96) 573 def.(4) GU C 374 dell'11.12.1996, pag. 4.(5) GU C 86 del 24.3.2000, pag. 4.(6) GU C 218 del 31.7.2000, pag. 8.(7) GU L 95 del 16.4.1996, pag. 9.(8) GU L 194 del 18.7.2001, pag. 26.(9) GU C 270 del 25.9.2001, pag. 97.(10) GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Prevenzione del fumo SINTESI CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE? Esorta i paesi dell’Unione europea (UE) ad applicare una serie di disposizioni normative e/o di altra natura al fine di dissuadere le persone, soprattutto i giovani, dall’iniziare a fumare. Tali disposizioni comprendono controlli sulla vendita del tabacco e sulla pubblicità e sponsorizzazione in suo favore. PUNTI CHIAVE Per impedire la vendita di tabacco a bambini ed adolescenti, i paesi dell’UE sono esortati a: imporre ai venditori di prodotti del tabacco l’obbligo di accertare che gli acquirenti non abbiano un’età inferiore a quella prescritta; garantire il ritiro dei prodotti del tabacco dagli espositori self-service nei negozi; limitare l’accesso ai distributori automatici di prodotti del tabacco a persone di età inferiore a quella prescritta; limitare l’accesso alle vendite a distanza, ad esempio via Internet, agli adulti; vietare la vendita di dolciumi e giocattoli destinati ai bambini che abbiano l’aspetto di prodotti del tabacco; vietare la vendita di sigarette al pezzo o in pacchetti di meno di 19 pezzi. Per limitare le attività pubblicitarie e promozionali, i paesi dell’UE sono esortati a proibire l’utilizzazione di: marchi di tabacco per prodotti o servizi diversi dal tabacco; articoli promozionali quali posacenere, accendini, parasole e di campioni di tabacco; sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali legati ai prodotti del tabacco; tabelloni, manifesti e altre forme pubblicitarie interne o esterne che promuovano il tabacco o prodotti correlati; la pubblicità di tabacco o prodotti correlati nei cinema; altre forme di pubblicità e sponsorizzazione diretta o indiretta dei prodotti del tabacco. I paesi dell’UE sono inoltre esortati a: prescrivere a fabbricanti, importatori e commercianti all’ingrosso di fornire loro informazioni sulle spese sostenute per la pubblicità, il marketing, le sponsorizzazioni e le campagne di promozione; intraprendere azioni contro gli effetti del fumo passivo negli ambienti interni dei luoghi di lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. Dovrebbe essere accordata priorità ai centri di insegnamento, alle strutture sanitarie e ai luoghi in cui si forniscono servizi ai bambini; continuare a sviluppare strategie per ridurre il tabagismo, soprattutto attraverso l’educazione sanitaria; coinvolgere i giovani nelle attività volte a ridurre il tabagismo; adottare una politica in materia di prezzi al fine di scoraggiare il consumo di tabacco; verificare il rispetto delle misure stabilite; informare la Commissione europea ogni due anni sulle azioni intraprese. La Commissione viene esortata a: seguire e valutare le azioni intraprese; produrre una relazione entro un anno dalla data di ricevimento delle informazioni nazionali; considerare la necessità di ulteriori azioni. La Commissione ha intrapreso diverse iniziative al fine di promuovere la prevenzione del fumo, tra cui campagne, come «Gli ex-fumatori sono irresistibili», e l’eliminazione progressiva di sovvenzioni ai produttori di tabacco. Una normativa vincolante, adottata nel 2003 (direttiva 2003/33/CE) e sostituita nel 2014 (direttiva 2014/40/UE), stabilisce requisiti comunitari relativi alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita del tabacco e dei prodotti correlati, quali le sigarette elettroniche. Nel 2009, un’ulteriore raccomandazione esortava i paesi dell’UE a incrementare le misure volte a tutelare le persone dal fumo passivo sul lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. CONTESTO Un quarto (26 %) degli europei fuma. Il fumo è la maggiore causa di morte e malattia evitabile nell’UE, con circa 700 000 decessi correlati al fumo all’anno. Per maggiori informazioni, si veda la pagina sulla politica relativa al tabacco sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (GU L 22 del 25.1.2003, pag. 31-34) ATTI COLLEGATI Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (GU L 152 del 20.6.2003, pag. 16-19). Le successive modifiche alla direttiva 2003/33/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1-38). Si veda la versione consolidata. Raccomandazione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa agli ambienti senza fumo (GU C 296 del 5.12.2009, pag. 4-14)
1
556
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. 2002/956/GAI: Decisione del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità Gazzetta ufficiale n. L 333 del 10/12/2002 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 28 novembre 2002relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità(2002/956/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e c), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno di Spagna(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Fatta salva la raccomandazione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, riguardante la determinazione di una scala di valutazione comune delle minacce nei confronti di personalità in visita nell'Unione europea(3), non esistono una legislazione, norme o manuali dell'Unione europea che disciplinino in generale la protezione delle personalità, sia che si tratti di personalità a livello nazionale sia di personalità comunitarie o straniere.(2) L'eventualità che si verifichino aggressioni e attentati a dette personalità non può essere esclusa.(3) La protezione delle personalità è compito dello Stato membro della visita. Le misure di protezione dello Stato membro della visita sono basate unicamente sulle disposizioni di legge vigenti in detto Stato membro e sui pertinenti accordi internazionali.(4) L'aumento degli spostamenti di personalità all'interno dell'Unione rende necessario predisporre una struttura formale per la comunicazione e la consultazione tra autorità nazionali,DECIDE:Articolo 11. È istituita una rete europea di protezione delle personalità, in seguito denominata "la rete".2. La rete è composta dei servizi di polizia nazionali e di altri servizi competenti in materia di protezione delle personalità. Ogni Stato membro designa un unico punto di contatto. Le informazioni relative ai punti di contatto nazionali designati, comprese eventuali successive modifiche, sono trasmesse al segretariato generale del Consiglio, che provvede a farle pubblicare nella Gazzetta ufficiale.Articolo 2Ai fini della presente decisione per "personalità" si intende la persona che, conformemente alla legislazione nazionale di uno Stato membro o in virtù della regolamentazione di un'organizzazione o un'istituzione internazionale o sovranazionale, abbia diritto a un servizio di protezione.Articolo 31. Le attività della rete sono promosse dallo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio.2. Anche gli Stati candidati e l'Europol possono designare un punto di contatto ai fini della loro partecipazione alla rete.La presidenza esamina, caso per caso, la partecipazione della Commissione e del segretariato generale del Consiglio alle attività della rete di cui all'articolo 4, lettere a), b), c) e d).Articolo 4La rete ha i seguenti obiettivi:a) promuovere lo scambio di informazioni tra i servizi che partecipano alla rete, soprattutto:- le informazioni di carattere generale e tecnico e le esperienze in materia di protezione delle personalità,- le informazioni sui più opportuni criteri di selezione e di formazione del personale competente dei servizi responsabili della protezione delle personalità;b) promuovere l'elaborazione di un insieme di buone pratiche comuni per quanto attiene alle attività operative intraprese dai servizi che partecipano alla rete;c) promuovere il comando reciproco di funzionari dei servizi che partecipano alla rete;d) consentire ai servizi che partecipano alla rete di scambiarsi informazioni, comunicare ed elaborare opinioni comuni per quanto riguarda:- le procedure e le domande di autorizzazione da parte dello Stato membro della visita, per la presenza nel suo territorio dei servizi addetti alla protezione dello Stato richiedente che accompagnano una personalità,- i metodi d'intervento congiunto per la prevenzione di aggressioni e di attentati, incluse le modalità di spiegamento di funzionari e risorse,- i protocolli sulla priorità stradale da accordare alla personalità protetta negli spostamenti delle delegazioni,- la collaborazione con i competenti servizi incaricati dell'applicazione della legge e altri servizi pubblici,- le raccomandazioni relative ai mezzi di comunicazione;e) promuovere lo scambio, conformemente al diritto nazionale, delle informazioni operative tra i punti di contatto o direttamente tra i servizi competenti, in base alle informazioni fornite dai punti di contatto, in merito all'applicazione di misure di sicurezza nei casi in cui la protezione di una personalità debba essere garantita in due o più Stati membri.Articolo 5La rete presenta ogni anno al Consiglio una relazione sull'evoluzione delle sue attività. Il Consiglio valuterà le attività della rete ogni tre anni.Articolo 6La presente decisione ha effetto il giorno successivo all'adozione da parte del Consiglio.Fatto a Bruxelles, addì 28 novembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Haarder(1) GU C 42 del 15.2.2002, pag. 14.(2) Parere espresso il 30 maggio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 356 del 14.12.2001, pag. 1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Rete europea di protezione delle personalità La responsabilità della protezione delle personalità da aggressioni e attentati durante le visite nell’Unione europea (EU) compete agli Stati membri. In seguito all’aumento degli spostamenti di personalità all'interno dell'Unione, tale decisione istituisce una rete europea di protezione delle personalità che funge da struttura formale per la comunicazione e la consultazione tra autorità nazionali. ATTO Decisione 2002/956/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità [Cfr. atti modificativi]. SINTESI La protezione delle personalità è compito dello Stato membro della visita. Fatta salva la raccomandazione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, riguardante la determinazione di una scala di valutazione comune delle minacce nei confronti di personalità in visita nell'Unione europea e un’iniziativa della Spagna, il Consiglio ha adottato tale decisione per colmare le lacune esistenti nella legislazione sulla protezione delle personalità. Tale decisione istituisce una rete europea per la protezione delle personalità. La rete è composta dai servizi di polizia nazionali e da altri servizi competenti in materia di protezione delle personalità. Ogni Stato membro designa un unico punto di contatto nazionale per la rete. Anche gli Stati candidati all’UE e l’Europol possono designare i punti di contatto. Per «personalità» si intende la persona che visita l’UE, nell’esercizio o meno di incarichi ufficiali e abbia diritto a un servizio di protezione conformemente alla legislazione nazionale di uno Stato membro o in virtù della regolamentazione di un’organizzazione o un’istituzione internazionale o sopranazionale. Le attività della rete sono promosse dallo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. La rete ha i seguenti obiettivi promuovere lo scambio di informazioni di carattere generale e tecnico e le esperienze tra i servizi nazionali che partecipano alla rete; promuovere l'elaborazione di un insieme di buone pratiche comuni per quanto attiene alle attività operative intraprese dai servizi nazionali; promuovere il comando reciproco di funzionari dei servizi che partecipano alla rete; consentire ai servizi nazionali che partecipano alla rete di scambiarsi informazioni, comunicare ed elaborare opinioni comuni per quanto riguarda le procedure e i metodi di protezione delle personalità; promuovere lo scambio delle informazioni operative in merito all'applicazione di misure di sicurezza nei casi in cui la protezione di una personalità debba essere garantita in due o più Stati membri; promuovere la collaborazione tra le autorità dei servizi di protezione nazionali in merito all’applicazione di misure di protezione nei casi in cui la protezione delle personalità debba essere garantita in due o più Stati membri. La rete presenta ogni anno al Consiglio una relazione sull'evoluzione delle sue attività. Il Consiglio valuterà le attività della rete ogni tre anni. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2002/956/GAI 29.11.2002 - GU L 333 del 10.12.2002 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2009/796/GAI 19.11.2009 - GU L 283 del 30.10.2009
0
578
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 90/270/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) Gazzetta ufficiale n. L 156 del 21/06/1990 pag. 0014 - 0018 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 4 pag. 0203 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 4 pag. 0203 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 29 maggio 1990 relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (90/270/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che, a norma dell'articolo precitato, le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che la comunicazione della Commissione sul suo programma nel settore della sicurezza, dell'igiene e della salute sul luogo di lavoro (4) prevede l'adozione di misure relative alle nuove tecnologie e che il Consiglio, nella sua risoluzione del 21 dicembre 1987 concernente la sicurezza, l'igiene e la salute sul luogo di lavoro (5) ne ha preso atto; considerando che il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un migliore livello di sicurezza dei posti di lavoro dotati di videoterminali costituisce un imperativo per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento GU n. C 130 del 26. 5. 1989, pag. 5. GU n. C 113 del 7. 5. 1990. della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6); che di conseguenza le disposizioni di quest'ultima direttiva si applicano pienamente al settore dell'utilizzazione, da parte dei lavoratori, di attrezzature munite di videoterminali, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva; considerando che i datori di lavoro sono tenuti ad informarsi circa i progressi tecnici e le conoscenze scientifiche in materia di concezione dei posti di lavoro, al fine di procedere agli eventuali adattamenti resisi necessari, in modo da garantire una maggiore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che per i posti di lavoro con videoterminali gli aspetti ergonomici rivestono particolare importanza; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno; considerando che, a norma della decisione 74/325/CEE (7), la Commissione consulta il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro ai fini dell'elaborazione di proposte in questo settore, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva, che è la quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali quali sono definite all'articolo 2. 2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano interamente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva. 3. La presente direttiva non si applica: a) ai posti di guida di veicoli o macchine; b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico; d) ai sistemi denominati «portatili» ove non siano oggetto d'utilizzazione prolungata in un posto di lavoro; e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure necessarie all'uso diretto di tale attrezzatura; f) alle macchine per scrivere classiche, denominate «macchine a finestra». Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva si intende per: a) videoterminale, uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal procedimento di visualizzazione utilizzato; b) posto di lavoro, l'insieme che comprende le attrezzature munite di un videoterminale, eventualmente con tastiera o altro sistema di immissione dati, e/o software per l'interfaccia uomo/macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per documenti, il sedile e il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante; c) lavoratore, qualunque lavoratore ai sensi dell'articolo 3, lettera a) della direttiva 89/391/CEE che utilizzi regolarmente, durante un periodo significativo del suo lavoro normale, un'attrezzatura munita di videoterminale. SEZIONE II OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO Articolo 3 Analisi dei posti di lavoro 1. I datori di lavoro sono tenuti a compiere un'analisi dei posti di lavoro per determinarne le condizioni di sicurezza e salute per i lavoratori, in particolare per quanto riguarda i rischi eventuali per la vista e i problemi di affaticamento fisico e mentale. 2. I datori di lavoro devono prendere le misure appropriate per ovviare ai rischi così riscontrati, in base alla valutazione di cui al paragrafo 1, tenendo conto della somma e/o della combinazione delle incidenze dei rischi riscontrati. Articolo 4 Posti di lavoro messi in servizio per la prima volta I datori di lavoro devono prendere le misure appropriate affinché i posti di lavoro messi in servizio per la prima volta dopo il 31 dicembre 1992 soddisfino alle prescrizioni minime di cui all'allegato. Articolo 5 Posti di lavoro già messi in servizio I datori di lavoro devono prendere le misure appropriate affinché i posti di lavoro già messi in servizio entro il 31 dicembre 1992 siano adattati per soddisfare alle prescrizioni minime di cui all'allegato entro quattro anni al massimo a decorrere da tale data. Articolo 6 Informazione e formazione dei lavoratori 1. Fatto salvo l'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori devono ricevere informazioni su tutto ciò che riguarda la salute e la sicurezza in relazione al loro posto di lavoro, in particolare le informazioni sulle misure applicabili al posto di lavoro attuate a norma dell'articolo 3 e degli articoli 7 e 9. In tutti i casi i lavoratori o i loro rappresentanti sono informati su tutte le misure in materia di sicurezza e salute prese in applicazione della presente direttiva. 2. Fatto salvo l'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, ogni lavoratore deve ricevere inoltre una formazione per quanto riguarda le modalità d'impiego, prima di iniziare questo tipo di lavoro ed ogniqualvolta l'organizzazione del posto di lavoro è modificata in modo sostanziale. Articolo 7 Svolgimento quotidiano del lavoro Il datore di lavoro è tenuto a concepire l'attività del lavoratore in modo che il lavoro quotidiano su videoterminale sia periodicamente interrotto con pause o cambiamenti di attività, in modo da ridurre l'onere del lavoro su videoterminale. Articolo 8 Consultazione e partecipazione dei lavoratori La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti si svolge conformemente all'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE per tutte le materie disciplinate dalla presente direttiva, compreso il suo allegato. Articolo 9 Protezione degli occhi e della vista dei lavoratori 1. I lavoratori beneficiano di un adeguato esame degli occhi e della vista, effettuato da una persona che abbia le competenze necessarie: - prima di iniziare l'attività su videoterminale, - periodicamente, in seguito, e - allorché subentrino disturbi visivi attribuibili al lavoro su videoterminale. 2. I lavoratori beneficiano di un esame oculistico, qualora l'esito dell'esame di cui al paragrafo 1 ne evidenzi la necessità. 3. I lavoratori devono ricevere dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, qualora i risultati dell'esame di cui al paragrafo 1 o dell'esame di cui al paragrafo 2 ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali. 4. Le misure prese in applicazione del presente articolo non devono assolutamente comportare oneri finanziari supplementari a carico dei lavoratori. 5. La protezione degli occhi e della vista dei lavoratori può far parte d'un sistema sanitario nazionale. SEZIONE III DISPOSIZIONI VARIE Articolo 10 Adeguamenti dell'allegato Gli adattamenti di carattere prettamente tecnico dell'allegato in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o specifiche internazionali oppure delle conoscen- ze nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 11 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Ogni quattro anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 29 maggio 1990. Per il Consiglio Il Presidente B. AHERN (1) GU n. C 113 del 29. 4. 1988, pag. 7, e(2) GU n. C 12 del 16. 1. 1989, pag. 92, e(3) GU n. C 318 del 12. 12. 1988, pag. 32. (4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 3. (5) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 1.(6) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. (7) GU n. L 185 del 9. 7. 1974, pag. 15. ALLEGATO PRESCRIZIONI MINIME (Articoli 4 e 5) Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dal presente allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi della presente direttiva e qualora gli elementi considerati esistano sul posto di lavoro e non contrastino con le esigenze o caratteristiche intrinseche della mansione. 1. ATTREZZATURE a) Osservazione generale L'utilizzazione in sé dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori. b) Schermo I caratteri sullo schermo devono avere una buona definizione e una forma chiara, una grandezza sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le linee. L'immagine sullo schermo deve essere stabile, esente da sfarfallamento o da altre forme d'instabilità. La brillanza e/o il contrasto tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali. Lo schermo dev'essere orientabile ed inclinabile liberamente e facilmente per adeguarsi alle esigenze dell'utilizzatore. È possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile. Lo schermo non deve avere riflessi e riverberi che possano causare molestia all'utilizzatore. c) Tastiera La tastiera dev'essere inclinabile e dissociata dallo schermo per consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l'affaticamento delle braccia o delle mani. Lo spazio davanti alla tastiera dev'essere sufficiente onde consentire un appoggio per le mani e le braccia dell'utilizzatore. La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi. La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono tendere ad agevolare l'uso della tastiera stessa. I simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro. d) Piano di lavoro Il piano di lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni sufficienti e permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio. Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al massimo i movimenti fastidiosi della testa e degli occhi. È necessario uno spazio sufficiente che permetta ai lavoratori una posizione comoda. e) Sedile di lavoro Il sedile di lavoro dev'essere stabile, permettere all'utilizzatore una certa libertà di movimento ed una posizione comoda. I sedili debbono avere altezza regolabile. Il loro schienale deve essere regolabile in altezza e in inclinazione. Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino. 2. AMBIENTE a) Spazio Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e di movimenti operativi. b) Illuminazione L'illuminazione generale e/o l'illuminazione specifica (lampade di lavoro) devono garantire un'illuminazione sufficiente ed un contrasto appropriato tra lo schermo e l'ambiente, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell'utilizzatore. Fastidiosi abbagliamenti e riflessi sullo schermo o su altre attrezzature devono essere evitati strutturando l'arredamento del locale e del posto di lavoro in funzione dell'ubicazione delle fonti di luce artificiale e delle loro caratteristiche tecniche. c) Riflessi e abbagliamenti I posti di lavoro devono essere sistemati in modo che le fonti luminose quali le finestre e le altre aperture, le pareti trasparenti o traslucide, nonché le attrezzature e le pareti di colore chiaro non producano riflessi fastidiosi sullo schermo. Le finestre devono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro. d) Rumore Il rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro deve essere preso in considerazione al momento della sistemazione del posto di lavoro, in particolare al fine di non perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale. e) Calore Le attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro non devono produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di disturbo per i lavoratori. f) Radiazioni Tutte le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro elettromagnetico, devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. g) Umidità Si deve far in modo di ottenere e mantenere un'umidità soddisfacente. 3. INTERFACCIA ELABORATORE/UOMO All'atto dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorché questo viene modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto dei seguenti fattori: a) il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere; b) il software deve essere di facile uso e, se del caso, adattabile al livello di conoscenze e di esperienza dell'utilizzatore; nessun dispositivo di controllo quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori; c) i sistemi debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni sul loro svolgimento; d) i sistemi devono fornire l'informazione in un formato e ad un ritmo adeguato agli operatori; e) i principi dell'ergonomia devono essere applicati in particolare all'elaborazione dell'informazione da parte dell'uomo. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Lavorare con attrezzature munite di videoterminali QUAL È L’OBBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Essa stabilisce le prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali* nell’ Unione Europea (Unione). PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La presente Direttiva contiene regole che integra le regole generali contenute nella Direttiva 89/391/CEE relativa alla salute e alla sicurezza dei lavoratori a lavoro (si veda sintesi). Si prega di notare che, tuttavia, la presente direttiva non si applica:ai posti di guida di veicoli o macchine; ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all’uso da parte del pubblico; ai sistemi denominati «portatili» ove non siano oggetto d’utilizzazione prolungata in un posto di lavoro stazione di lavoro*; alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure necessarie all’uso diretto di tale attrezzatura; alle macchine per scrivere classiche, denominate ««macchine finestra»». Obblighi dei datori di lavoroPer assicura la sicurezza e la salute dei lavorati, i datori di lavoro sono tenuti a:compiere un’analisi dei posti di lavoro per determinarne le condizioni di sicurezza e di salute per i lavoratori, in particolare per quanto riguarda i rischi eventuali per la vista e problemi di affaticamento fisico e mentale;garantire che i lavoratori ricevano una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e di salute, relative alla stazione di lavoro. Inoltre, devono organizzare le attività dei lavoratori in modo tale che il lavoro giornaliero sull’attrezzatura munita di videoterminali sia periodicamente interrotto da pause o cambi di attività. Devono fornire ai lavoratori la formazione sull’uso della stazione di lavoro prima di cominciare questo tipo di lavoro e qualora ci sia un sostanziale cambiamento nell’organizzazione della stazione di lavoro.Protezione degli occhi e della vista dei lavoratoriPrima di iniziare l’attività su videoterminale, i lavoratori beneficiano di un adeguato esame degli occhi e della vista, effettuato da una persona che abbia le competenze necessarie, e ad intervalli regolari durante le loro attività e se subentrino disturbi visivi. Se necessario e se i normali dispositivi di correzione non può essere usati, i lavoratori devono essere forniti dei interessati dispositivi speciali di correzione in funzione all’attività svolta, a titolo gratuito. Atti delegati La Commissione Europea è abilitata ad adottare atti delegati, conformemente all’Articolo 10a del Regolamento (UE) 2019/1243, per apportare modifiche di carattere strettamente tecnico agli allegati, per progresso tecnico, dell’evoluzione delle normative o specifiche internazionali e delle conoscenze nel campo delle attrezzature munite di videoterminali. Revisione della normativa Come parte del suo quadro strategico sulla sicurezza e salute al lavoro 2021-2027, pubblicato a giugno 2021, la Commissione sta programmando di revisionare la Direttiva 90/270/CEE in vista della digitalizzazione da quando la suddetta Direttiva è stata adottata per la prima volta. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? La presente Direttiva 90/270/CEE è entrata in vigore dal 11 giugno 1990 e doveva diventare legge (trasposizione) negli Stati membri entro 31 dicembre 1992. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva 90/270/CEE-attrezzature munite di videoterminali (Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro). TERMINI CHIAVE Attrezzature munite di videoterminali. Uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal procedimento di visualizzazione utilizzato. Stazione di lavoro. L’insieme che comprende le attrezzature munite di un videoterminale, eventualmente con tastiera o altro sistema di immissione dati, e/o software per l’interfaccia uomo/macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse comprendenti l’unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per documenti, il sedile e il piano di lavoro, nonché l’ambiente di lavoro immediatamente circostante. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva del Consiglio, 90/270/CEE del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della Direttiva 89/391/CEE) (GU L156 21.6.1990, pag. 14). Successivi emendamenti alla Direttiva 90/270/CEE sono stati incorporati nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. Quadro strategico dell’Unione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027. Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione (COM(2021) 323 finale, 28.6.2021). Direttiva del Consiglio 89/391/CEE del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
0
950
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE (UE) 2015/772 DEL CONSIGLIO dell'11 maggio 2015 che istituisce il comitato per l'occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 150, visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) L'articolo 5 del trattato stabilisce che l'Unione debba prendere misure per assicurare il coordinamento delle politiche occupazionali degli Stati membri al fine di accrescerne l'efficacia con lo sviluppo di una strategia coordinata per l'occupazione. (2) Il titolo IX della parte terza del trattato stabilisce le procedure attraverso le quali gli Stati membri e l'Unione dovrebbero adoperarsi per sviluppare una strategia coordinata a favore dell'occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici. (3) Nell'adempimento dei suoi compiti, tra i quali rientrano l'attività di consulenza e il contributo ai lavori del Consiglio e della Commissione, il comitato per l'occupazione («comitato») dovrebbe contribuire a far sì che la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforme economiche siano formulati e attuati in modo coerente e reciprocamente vantaggioso. (4) Il comitato dovrebbe collaborare strettamente con le parti sociali, in particolare con quelle rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione istituito dalla decisione 2003/174/CE del Consiglio (1). (5) Nelle conclusioni del 27 e 28 giugno 2013 il Consiglio europeo ha affermato che la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria dovrebbe essere rafforzata. Innanzitutto è importante monitorare meglio e prendere in considerazione la situazione sociale e del mercato del lavoro in seno all'Unione economica e monetaria, in particolare utilizzando gli opportuni indicatori sociali e dell'occupazione nell'ambito del semestre europeo. È altresì importante assicurare un migliore coordinamento delle politiche occupazionali e sociali pur rispettando pienamente le competenze nazionali. (6) Nelle conclusioni del 24 e 25 ottobre 2013 il Consiglio europeo ha stabilito che il coordinamento delle politiche economiche, occupazionali e sociali sarà ulteriormente potenziato secondo le procedure esistenti, pur nel pieno rispetto delle competenze nazionali. Il Consiglio europeo ritiene che ciò richieda maggiore impegno per rafforzare la cooperazione tra le diverse formazioni del Consiglio, al fine di assicurare la coerenza di tali politiche in linea con i comuni obiettivi. (7) È opportuno che la presente decisione rispecchi lo sviluppo del semestre europeo e il ruolo del comitato stesso in tale processo. In particolare, il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio (2) prevede che il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale debbano essere consultati nell'ambito del semestre europeo laddove opportuno. Inoltre, il regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) stabilisce che gli esami approfonditi debbano tenere conto, ove opportuno, delle raccomandazioni o degli inviti rivolti dal Consiglio agli Stati membri. Esso prevede inoltre che un piano d'azione correttivo per ogni Stato membro per il quale sia stata avviata una procedura per gli squilibri eccessivi debba tenere conto dell'impatto economico e sociale delle azioni politiche e debba essere coerente con gli indirizzi di massima per le politiche economiche e gli orientamenti in materia di occupazione. (8) È opportuno che il comitato e gli organi dell'Unione impegnati nel coordinamento delle politiche sociali ed economiche, in particolare il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica e il comitato per la protezione sociale, operino in stretta collaborazione. Se del caso e ove convenuto di comune accordo tra i comitati interessati, la cooperazione del comitato con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica può includere l'organizzazione di riunioni congiunte, in particolare nel contesto dei rispettivi ruoli dei comitati nell'ambito del semestre europeo. (9) Per adempiere efficacemente al mandato conferito dal trattato e consentire la necessaria flessibilità per adattarsi al calendario delle attività del comitato, in particolare nell'ambito del ciclo del semestre europeo, le disposizioni in materia di governance riguardo al funzionamento del comitato dovrebbero essere riesaminate al fine di assicurare efficienza e continuità. (10) È opportuno abrogare la decisione 2000/98/CE del Consiglio (4), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Istituzione È istituito un comitato per l'occupazione («comitato») a carattere consultivo per promuovere il coordinamento in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro fra gli Stati membri, nel pieno rispetto del trattato e tenendo debitamente conto delle competenze delle istituzioni e degli organi dell'Unione Articolo 2 Compiti 1. I compiti del comitato sono i seguenti: a) seguire la situazione dell'occupazione e le politiche in materia di occupazione negli Stati membri e nell'Unione; b) fatto salvo l'articolo 240 del trattato, formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa e contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio di cui all'articolo 148 del trattato. 2. Ai fini del paragrafo 1, il comitato si adopera, in particolare, per: a) promuovere la presa in considerazione dell'obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione; b) contribuire alla procedura di adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza tra gli orientamenti in materia di occupazione e tali indirizzi di massima e contribuire alle sinergie tra la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente; c) partecipare attivamente al dialogo macroeconomico a livello dell'Unione; d) contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell'ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo; e) promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra gli Stati membri e con la Commissione. 3. Ogni anno, il comitato adotta un programma di lavoro, tenendo conto delle priorità strategiche del Consiglio e della Commissione. Il programma di lavoro è trasmesso al Consiglio. 4. Il comitato può far ricorso a esperti esterni qualora ciò risulti appropriato per lo svolgimento dei suoi lavori. Articolo 3 Composizione 1. Ciascuno Stato membro e la Commissione nominano due membri titolari del comitato. Possono del pari nominare due membri supplenti. 2. I membri titolari del comitato e i membri supplenti sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro negli Stati membri. 3. Gli Stati membri e la Commissione si adoperano con ogni mezzo per raggiungere un equilibrio di genere nella composizione del comitato. Articolo 4 Funzionamento 1. Il comitato elegge fra i membri nominati dagli Stati membri il suo presidente, che resta in carica per un periodo di due anni. Il presidente può essere rieletto una sola volta per un ulteriore periodo di due anni. In casi debitamente giustificati, il comitato può decidere di prorogare il mandato del presidente per un periodo massimo di otto mesi al fine di garantire l'efficienza e la continuità del suo lavoro. Il presidente può rimanere in carica per un periodo totale di quattro anni e otto mesi. 2. Il presidente è assistito da quattro vicepresidenti, dei quali due sono eletti dal comitato tra i suoi membri per un periodo di due anni, rinnovabile una volta. Il terzo vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che in quel momento detiene la presidenza del Consiglio. Il quarto vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che succederà alla presidenza. 3. Il presidente delega il suo diritto di voto al suo supplente. 4. Le riunioni del comitato sono convocate dal presidente, di sua iniziativa o su richiesta della maggioranza dei membri del comitato. 5. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno. 6. Le spese sono rimborsate secondo le norme amministrative in vigore. 7. La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato. La Commissione nomina segretario un membro del suo personale, il quale agisce, insieme al personale che lo coadiuva, su istruzioni del comitato quando assiste quest'ultimo nello svolgimento dei suoi compiti. Il segretario cura i contatti con il segretariato generale del Consiglio per l'organizzazione delle riunioni. 8. Il comitato lavora, ove opportuno, in cooperazione con altri organi e comitati pertinenti, che trattano questioni di politica sociale ed economica, quali il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato dell'istruzione e il consiglio di direzione della rete europea di servizi pubblici per l'impiego. Articolo 5 Gruppi di lavoro 1. Il comitato può commissionare lo studio di questioni specifiche ai propri membri supplenti oppure può istituire a tal fine gruppi di lavoro. La presidenza di un tale gruppo di lavoro è assunta da uno dei vicepresidenti del comitato, da un membro titolare o da un membro supplente del comitato, da un funzionario della Commissione o da un membro del gruppo di lavoro stesso nominato dal comitato. 2. La Commissione fornisce ai gruppi di lavoro il sostegno analitico e organizzativo adeguato. 3. I gruppi di lavoro possono far ricorso all'aiuto di esperti. 4. Il comitato può parimenti istituire con altri comitati o organi gruppi di lavoro congiunti, le cui norme di funzionamento sono determinate congiuntamente. Articolo 6 Consultazione delle parti sociali Nell'adempimento del proprio mandato il comitato consulta le parti sociali. In tale contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione. Articolo 7 Disposizioni transitorie Il mandato dei membri eletti conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE prosegue fino al termine del periodo stabilito conformemente all'articolo 4 della presente decisione. La data d'inizio di tale periodo è considerata la data dell'elezione avvenuta conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE. Articolo 8 Abrogazione La decisione 2000/98/CE è abrogata a decorrere dalla data della prima riunione del comitato successiva all'entrata in vigore della presente decisione. La riunione ha luogo entro quattro mesi dalla data di adozione della presente decisione. Articolo 9 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2015 Per il Consiglio Il presidente J. DŪKLAVS (1) Decisione 2003/174/CE del Consiglio, del 6 marzo 2003, che istituisce un Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione (GU L 70 del 14.3.2003, pag. 31). (2) Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1). (3) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25). (4) Decisione del Consiglio, del 24 gennaio 2000, che istituisce il comitato per l'occupazione (GU L 29 del 4.2.2000, pag. 21). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Comitato per l’occupazione Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE). ATTO Decisione (UE) 2015/772 del Consiglio, dell’11 maggio 2015, che istituisce il comitato per l’occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE SINTESI Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE). CHE COSA FA LA DECISIONE? Essa stabilisce i compiti del comitato per l’occupazione, che deve contribuire alla procedura che ha portato all’adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza di tali politiche con gli orientamenti sull’occupazione. Il Comitato deve contribuire anche alle sinergie tra la strategia europea per l’occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente. Essa stabilisce altresì le norme riguardanti la composizione, il funzionamento e i gruppi di lavoro del Comitato. PUNTI CHIAVE I compiti del Comitato sono i seguenti: seguire la situazione dell’occupazione e le politiche in materia di occupazione nei paesi dell’UE; contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio sulla stesura degli indirizzi di massima che i paesi dell’UE devono tener conto nelle loro politiche occupazionali; formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa. Nello svolgimento di tali compiti, il Comitato deve tenere presente l’obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione delle politiche dell’UE. Deve altresì cercare di: contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell’ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo; promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra i paesi dell’UE e con la Commissione. Esso adotta un programma di lavoro ogni anno e invia una copia alla Commissione. Ciascun paese dell’UE e la Commissione nominano due membri del comitato. Tali membri sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro. I membri eleggono un presidente e quattro vicepresidenti. La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato e designa un membro del personale con funzioni di segretario. Nell’esercizio delle sue funzioni, il comitato deve consultare le parti sociali. In questo contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l’occupazione. Il Comitato opera in stretta collaborazione con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica. Ciò può includere l’organizzazione di riunioni congiunte nel contesto del semestre europeo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? A decorrere dal 15 maggio 2015. CONTESTO Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (titolo IX) stabilisce le procedure attraverso le quali i paesi dell’UE dovrebbero lavorare insieme per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare per la promozione di una forza lavoro qualificata, adeguatamente formata e adattabile per rispondere ai mutamenti economici. La creazione di un comitato per l’occupazione consultivo è inscritta in questo contesto. La presente decisione sostituisce la precedente decisione 2000/98/CE che istituiva il comitato per l’occupazione, al fine di tener conto degli sviluppi del semestre europeo e del ruolo del Comitato in questo processo. Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sul comitato per l’occupazione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione (UE) 2015/772 15.5.2015 - GU L 121 del 14.5.2015, pag. 12-15 ATTI COLLEGATI Raccomandazione di Raccomandazione del Consiglio relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione [COM (2015) 99 final del 2.3.2015]
1
156
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 83/182/CEE del Consiglio del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all'interno della Comunità in materia d'importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto Gazzetta ufficiale n. L 105 del 23/04/1983 pag. 0059 - 0063 edizione speciale finlandese: capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale spagnola: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156 edizione speciale svedese/ capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale portoghese: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156 ++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all ' interno della Comunità in materia d ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ( 83/182/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 99 , vista la proposta della Commissione ( 1 ) , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che i regimi fiscali applicati all ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ad uso privato o professionale sono di ostacolo alla libera circolazione dei residenti comunitari all ' interno della Comunità ; considerando che la soppressione degli ostacoli risultanti da questi regime fiscali è particolarmente necessaria ai fini della costituzione di un mercato economico che presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno ; considerando che in taluni casi è necessario poter stabilire con certezza la qualità di residente di uno Stato membro ; considerando che è sembrato opportuno , in un primo tempo , limitare il campo di applicazione della presente direttiva , per taluni mezzi di trasporto , a quelli che sono stati acquistati o importati alle condizioni generali d ' imposizione del mercato interno di uno Stato membro , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 Campo di applicazione 1 . Alle condizioni stabilite in appresso , gli Stati membri accordano , all ' atto dell ' importazione temporanea in provenienza da uno Stato membro di autoveicoli a motore - compresi i rimorchi - , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo , velocipedi e cavalli da sella , una franchigia : - dalle imprese sulla cifra d ' affari , dalle accise e da ogni altra imposta sui consumi , - dalle tasse che figurano in allegato alla presente direttiva . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 si applica del pari ai normali pezzi di ricambio , accessori e attrezzature importati con i mezzi di trasporto . 3 . Dalla franchigia di cui al paragrafo 1 sono esclusi i veicoli commerciali . 4 . a ) Il campo di applicazione della presente direttiva non comprende l ' importazione temporanea di veicoli di turismo , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo e velocipedi per uso privato , non acquistati nù importati alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro e/o ai quali sia concesso , a titolo dell ' esportazione , un esonero o un rimborso di imposte sulla cifra d ' affari , accise o qualsiasi altra imposta di consumo . Per l ' applicazione della presente direttiva , sono considerati rispondenti alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui all ' articolo 15 , punto 10 , della direttiva 77/388/CEE ( 4 ) ; tuttavia gli Stati membri possono ritenere non rispondenti a tali condizioni i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui al terzo trattino di detto punto . b ) Il Consiglio , che delibera all ' unanimità su proposta della Commissione , adotterà entro e non oltre il 31 dicembre 1985 le norme comunitarie per la concessione della franchigia ai mezzi di trasporto di cui alla lettera a ) , primo comma , tenendo conto della necessità di evitare doppie imposizioni e di garantire la tassazione normale e completa dei mezzi di trasporto per uno privato . Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva si intendono per : a ) « veicoli commerciali » , i veicoli stradali che , per il loro tipo di costruzione e l ' attrezzatura , sono atti e destinati al trasporto con o senza compenso : - di oltre nove persone , compreso il conducente , - di merci , nonchù i veicoli stradali per uso speciale diverso dal trasporto propriamente detto ; b ) « veicoli da turismo » , i veicoli stradali , compreso l ' eventuale rimorchio , diversi da quelli di cui alla lettera a ) ; c ) « uso professionale » di un mezzo di trasporto , l ' utilizzazione di tale mezzo di trasporto per l ' esercizio diretto di una attività retribuita o avente scopo di lucro ; d ) « uso privato » , ogni altro uso . Articolo 3 Importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto per uso privato È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 , per una durata continua o non continua non superiore a sei mesi per ogni periodo di dodici mesi , all ' atto dell ' importazione temporanea dei veicoli da turismo , delle roulottes da campeggio , delle imbarcazioni da diporto , degli aerei da turismo e dei velocipedi , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa i suddetti beni deve : aa ) avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) utilizzare i suddetti mezzi di trasporto per uso privato ; b ) i mezzi di trasporto non possono essere nù ceduti nù noleggiati nello Stato membro di importazione temporanea , nù prestati a residenti di questo Stato . Tuttavia , i veicoli da turismo appartenenti a un ' impresa di noleggio con sede sociale nella Comunità possono essere ridati a noleggio a un non residente , per essere riesportati , se si trovano nel paese in seguito all ' esecuzione di un contratto di noleggio che ha avuto termine in detto paese . Essi possono altresì essere riportati nello Stato membro in cui è iniziato il noleggio da un dipendente dell ' impresa di noleggio , anche se quest ' ultimo risiede nello Stato membro di importazione temporanea . Articolo 4 Importazione temporanea di veicoli da turismo per uso professionale 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 in caso di importazione di veicoli da turismo adibiti ad uso professionale , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa il veicolo da turismo : aa ) deve avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) non può utilizzare il veicolo all ' interno dello Stato membro d ' importazione temporanea per il trasporto di persone dietro remunerazione o altri vantaggi materiali , nù per il trasporto industriale o commerciale di merci con o senza remunerazione ; b ) il veicolo da turismo non può essere ceduto , noleggiato o prestato nello Stato membro d ' importazione temporanea ; c ) il veicolo da turismo deve essere stato acquistato , o importato , alle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno dello Stato membro in cui l ' utente risiede normalmente e non deve beneficiare , a titolo dell ' esportazione , di alcuna esenzione o di alcun rimborso di importe sulla cifra di affari , di accise o di altre importe sui consumi . Tale condizioni si presume osservata quando il veicolo è munito di una targa di immatricolazione di serie normale nello Stato membro d ' immatricolazione , esclusa ogni targa provvisoria . Tuttavia , per i veicoli da turismo immatricolati in uno Stato membro in cui il rilascio delle targhe di immatricolazione di serie normale non dipende dall ' osservanza delle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno , gli utenti devono provare con qualsiasi mezzo il pagamento delle imposte sui consumi . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 avrà una durata continua o non continua - di sette mesi per ogni periodo di dodici mesi , in caso di importazione di un veicolo da turismo effettuata dai rappresentanti di commercio di cui all ' articolo 3 della direttiva 64/224/CEE ( 5 ) ; - di sei mesi , per ogni periodo di dodici mesi , in tutti gli altri casi . Articolo 5 Casi particolari di importazione temporanea di veicoli da turismo 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 all ' atto dell ' importazione temporanea di veicoli da turismo , nei seguenti casi : a ) in caso di utilizzazione di un veicolo da turismo immatricolato nel paese di normale residenza dell ' utente per il precorso effettuato regolarmente nel territorio di un altro Stato membro per recarsi dalla propria residenza al luogo di lavoro dell ' impresa e ritornare . Tale franchigia non è soggetta a nessun limite di durata ; b ) in caso di utilizzazione da parte di uno studente di un veicolo da turismo immatricolato nello Stato membri in cui egli risiede normalmente , nel territorio dello Stato membro in cui lo studente soggiorna all ' unico scopo di proseguirvi gli studi . 2 . La concessione delle franchigie di cui al paragrafo 1 è subordinata unicamente al rispetto delle condizioni previste dall ' articolo 4 , paragrafo 1 , lettere a ) , b ) e c ) . Articolo 6 Franchigia all ' importazione temporanea di cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 per una durata di tre mesi , in ogni Stato membro , all ' atto dell ' importazione temporanea di cavalli da sella alle seguenti condizioni : a ) i cavalli da sella devono entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea allo scopo e/o nel corso di gite effettuate dai loro cavalieri . Gli Stati membri possono escludere dalla franchigia le importazioni di cavalli collocati a bordo di mezzi di trasporto , effettuate dai loro residenti ; b ) la franchigia deve essere richiesta al più tardi al momento dell ' entrata nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea . Se la franchigia è richiesta prima dell ' importazione temporanea , il cavaliere può essere dispensato dall ' obbligo di entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea attraverso un posto di frontiera ; c ) i cavalli da sella non possono essere noleggiati nù prestati nù ceduti ad un terzo nello Stato membro d ' importazione temporanea , nù utilizzati per fini diversi dalla gita . Articolo 7 Norme generali per la determinazione della residenza 1 . Ai fini dell ' applicazione della presente direttiva , si intende per « residenza normale » il luogo in cui una persona dimora abitualmente , ossia durante almeno 185 giorni all ' anno , a motivo di legami personali e professionali oppure , nel caso di una persona senza legami professionali , a motivo di legami personali che rivelano l ' esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita . Tuttavia , nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri , si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali , purchù tale persona vi ritorni regolarmente . Questa condizione non è richiesta allorchù la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l ' esecuzione di una missione di durata determinata . La frequenza di un ' università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale . 2 . I privati forniscono le prove del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi , in particolare con la carta d ' identità , o mediante qualsiasi altro documento valido . Qualora la autorità competenti dello Stato membro d ' importazione abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 od anche ai fini di taluni controlli specifici , dette autorità possono chiedere qualsiasi elemento d ' informazione o prove supplementari . Articolo 8 Norme complementari per la determinazione della residenza in caso di uso professionale di un veicolo da turismo Nei casi eccezionali in cui , malgrado le ulteriori informazioni di cui all ' articolo 7 , paragrafo 3 , fornite all ' autorità competente dello Stato membro di importazione , sussistono ancora seri dubbi , l ' importazione temporanea di un veicolo da turismo per uso professionali può essere sottoposta al versamento di una cauzione . Tuttavia , se l ' utente del veicolo fornisce la prova che ha la normale residenza in un altro Stato membro , l ' autorità dello Stato membro di importazione temporanea ha l ' obbligo di rimborsare la cauzione entro due mesi a decorrere dalla presentazione della suddetta prova . Articolo 9 Regimi speciali 1 . Gli Stati membri hanno facoltà di mantenere in vigore e/o di prevedere regimi più favorevoli di quelli contemplati dalla presente direttiva . Essi hanno in particolare facoltà di permettere , su richiesta dell ' importazione , l ' importazione temporanea per periodo più lunghi di quelli di cui all ' articolo 3 e all ' articolo 4 , paragrafo 2 . In quest ' ultimo caso , gli Stati membri possono riscuotere le tasse elencate nell ' allegato della presente direttiva per i periodi superiori a quelli previsti dalla presente direttiva . Gli Stati membri possono consentire di noleggiare a un residente dello Stato membro d ' importazione i veicoli da turismo di cui all ' articolo 3 , lettera b ) , seconda frase , per essere riesportati . 2 . In nessun caso , gli Stati membri possono applicare , in virtù della presente direttiva , franchigie fiscali all ' interno della Comunità meno favorevoli di quelle che concederebbero ai mezzi di trasporto proveniente da un paese terzo . 3 . Per quanto riguarda la residenza normale , il Regno di Danimarca è autorizzato a mantenere le sue norme vigenti in base alle quali si presume che ogni persona , anche se studente , nel caso dell ' articolo 5 , paragrafo 1 , lettera b ) , abbia la propria residenza normale in Danimarca se vi rimane almeno un anno o 365 giorni in un periodo di ventiquattro mesi . Tuttavia , per evitare una doppia imposizione : - quando l ' applicazione di dette norme porti a ritenere che una persona abbia due residenze , la residenza normale di questa persona è situata nel luogo in cui dimorano il suo coniuge e i suoi figli ; - nei casi analoghi il Regno di Danimarca si concerta con l ' altro Stato membro interessato per stabilire quale delle due residenze deve essere presa in considerazione per l ' imposizione . Prima dello scadere di un periodo di tre anni , il Consiglio , in base a una relazione della Commissione , procederà a un riesame della deroga prevista dal presente paragrafo e , se necessario , adotterà le misure necessarie per assicurarne la soppressione , su proposta della Commissione sulla base dell ' articolo 99 del trattato . 4 . Gli Stati membri notificano alla Commissione i regimi di cui al paragrafo 1 al momento in cui adempiono agli obblighi di cui all ' articolo 10 . La Commissione comunica successivamente tali regimi agli altri Stati membri . Articolo 10 Disposizioni finali 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1984 . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Quando l ' applicazione pratica delle disposizioni della presente direttiva pone difficoltà , le autorità competenti degli Stati membri interessati adottano di comune accordo le decisioni necessarie , tenendo conto in particolare delle convenzioni e delle direttive comunitarie in materia di reciproca assistenza . 3 . Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva . 4 . La Commissione , previa consultazione degli Stati membri , presenta ogni due anni al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sull ' applicazione della presente direttiva negli Stati membri , segnatamente per quanto riguarda la nozione di « residenza normale » , e propone se del caso le disposizioni comunitarie necessarie per giungere all ' instaurazione di un sistema uniforme in tutti gli Stati membri . Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addì 18 marzo 1983 . Per il Consiglio Il Presidente J . ERTL ( 1 ) GU n . C 267 del 21 . 11 . 1975 , pag . 8 . ( 2 ) GU n . C 53 dell ' 8 . 3 . 1976 , pag . 37 . ( 3 ) GU n . C 131 del 12 . 6 . 1976 , pag . 50 . ( 4 ) GU n . L 145 del 13 . 6 . 1977 , pag . 1 . ( 5 ) GU n . 56 del 4 . 4 . 1964 , pag . 869/64 . ALLEGATO Elenco delle tasse di cui all ' articolo 1 , paragrafo 1 , secondo trattino BELGIO : Il presente testo è disponibile in francese e olandese DANIMARCA : Il presente testo è disponibile in danese olandese REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA : Il presente testo è disponibile in tedesco GRECIA : Il presente testo è disponibile in greco FRANCIA : Il presente testo è disponibile in francese IRLANDA : Il presente testo è disponibile in inglese ITALIA : - Tassa sulla circolazione degli autoveicoli ( TU delle leggi sulle tasse automobilistiche approvato con DPR n . 39 del 5 febbraio 1953 e successive modificazioni ) LUSSEMBURGO : Il presente testo è disponibile in francese PAESI BASSI : Il presente testo è disponibile in olandese REGNO UNITO : Il presente testo è disponibile in inglese Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Franchigie fiscali: importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a eliminare le barriere fiscali all’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto all’interno dell’UE attraverso l’armonizzazione dei regimi fiscali nazionali. PUNTI CHIAVE La direttiva accorda una franchigia dalle imposte sulla cifra d’affari, dalle accise, da ogni altra imposta sui consumi e dalle tasse che figurano in allegato alla direttiva all’atto dell’importazione temporanea in provenienza da un altro paese dell’UE di:vari mezzi di trasporto acquistati o importati alle condizioni generali di imposizione in vigore nel mercato interno di un paese dell’UE:autoveicoli a motore (compresi i rimorchi),roulottes da campeggio,imbarcazioni da diporto,aerei da turismo,bicicli,tricicli,cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo, normali pezzi di ricambio, accessori e attrezzature importati con tali mezzi di trasporto. Come norma generale, è concessa una franchigia all’atto dell’importazione temporanea di tali mezzi di trasporto per uso privato, purché il privato che li importa abbia la sua normale residenza in un paese diverso da quello dell’importazione, per una durata di almeno sei mesi per ogni periodo di dodici mesi. I veicoli commerciali (veicoli destinati al trasporto di merci e di oltre nove passeggeri) sono esclusi dalla franchigia. I mezzi di trasporto non possono essere né ceduti, né noleggiati, né prestati nel paese dell’UE di importazione temporanea. In casi eccezionali, l’importazione temporanea di un’autovettura per uso professionale può essere sottoposta al versamento di una cauzione. Vi sono norme specifiche per determinati casi di importazione temporanea di autovetture, che riguardano i privati che lavorano o studiano in un paese dell’UE diverso da quello della loro normale residenza. I paesi dell’UE hanno facoltà di mantenere in vigore o di prevedere regimi di franchigia più favorevoli di quelli contemplati dalla direttiva. La direttiva è stata aggiornata più volte per tener conto dell’allargamento e includere un maggior numero di paesi. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 31 marzo 1983 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 83/182/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 59-63) Modifiche successive alla direttiva 83/182/CEE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
0
986
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2004/80/CE DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 relativa all'indennizzo delle vittime di reato IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 308, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando quanto segue: (1) Uno degli obiettivi della Comunità europea consiste nell'abolizione degli ostacoli tra Stati membri alla libera circolazione delle persone e dei servizi. (2) La Corte di giustizia ha statuito nella causa Cowan (4) che, allorché il diritto comunitario garantisce alle persone fisiche la libertà di recarsi in un altro Stato membro, la tutela della loro integrità personale in detto Stato membro alla stessa stregua dei cittadini e dei soggetti che vi risiedano costituisce il corollario della libertà di circolazione. Dovrebbero concorrere alla realizzazione di tale obiettivo misure volte a facilitare l'indennizzo delle vittime di reato. (3) Il Consiglio europeo, nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha sollecitato l'elaborazione di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull'accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni, comprese le spese legali. (4) Nella dichiarazione sulla lotta al terrorismo, il Consiglio europeo di Bruxelles, riunito il 25 e 26 marzo 2004, ha sollecitato l'adozione della presente direttiva entro il 1o maggio 2004. (5) Il 15 marzo 2001 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2001/220/GAI relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (5). Questa decisione, basata sul titolo VI del trattato sull'Unione europea, consente alle vittime di chiedere un risarcimento da parte dell'autore del reato nell'ambito del procedimento penale. (6) Le vittime di reato nell'Unione europea dovrebbero avere il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo della Comunità europea in cui il reato è stato commesso. (7) La presente direttiva stabilisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. Dovrebbe essere pertanto istituito in tutti gli Stati membri un meccanismo di indennizzo. (8) La maggior parte degli Stati membri ha già istituito questi sistemi di indennizzo, alcuni di essi in adempimento dei loro obblighi derivanti dalla convenzione europea del 24 novembre 1983 sul risarcimento alle vittime di atti di violenza. (9) Poiché le misure contenute nella presente direttiva sono necessarie al raggiungimento di obiettivi della Comunità e il trattato non prevede per l'adozione della presente direttiva poteri di azione diversi da quelli dell'articolo 308, si applica quest'ultimo articolo. (10) Le vittime di reato, in molti casi, non possono ottenere un risarcimento dall'autore del reato, in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure può non essere identificato o perseguito. (11) Dovrebbe essere introdotto un sistema di cooperazione tra le autorità degli Stati membri per facilitare l'accesso all'indennizzo nei casi in cui il reato sia stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui la vittima risiede. (12) Questo sistema dovrebbe consentire alle vittime di reato di rivolgersi sempre ad un'autorità del proprio Stato membro di residenza e dovrebbe ovviare alle eventuali difficoltà pratiche e linguistiche connesse alle situazioni transfrontaliere. (13) Il sistema dovrebbe comprendere le disposizioni necessarie a consentire alla vittima di trovare le informazioni richieste per presentare la domanda di indennizzo e a permettere una cooperazione efficiente tra le autorità coinvolte. (14) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riaffermati in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea come principi generali del diritto comunitario. (15) Poiché lo scopo di facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri a motivo degli elementi transfrontalieri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (16) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I ACCESSO ALL'INDENNIZZO NELLE SITUAZIONI TRANSFRONTALIERE Articolo 1 Diritto di presentare la domanda nello Stato membro di residenza Gli Stati membri assicurano che, se un reato intenzionale violento è stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui il richiedente l'indennizzo risiede abitualmente, il richiedente ha diritto a presentare la domanda presso un'autorità o qualsiasi altro organismo di quest'ultimo Stato membro. Articolo 2 Responsabilità per il pagamento dell'indennizzo L'indennizzo è erogato dall'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio è stato commesso il reato. Articolo 3 Autorità responsabili e procedure amministrative 1. Gli Stati membri istituiscono o designano una o più autorità o altri organismi, in appresso denominate «autorità di assistenza», responsabili per l'applicazione dell'articolo 1. 2. Gli Stati membri istituiscono o designano una o più autorità o altri organismi incaricati di decidere sulle domande di indennizzo, in appresso denominate «autorità di decisione». 3. Gli Stati membri si impegnano a limitare le formalità amministrative necessarie per la domanda di indennizzo allo stretto indispensabile. Articolo 4 Informazione dei potenziali richiedenti Gli Stati membri provvedono, con i mezzi che ritengono più idonei, affinché i potenziali richiedenti l'indennizzo abbiano accesso alle informazioni essenziali relative alla possibilità di richiedere un indennizzo. Articolo 5 Assistenza al richiedente 1. L'autorità di assistenza fornisce al richiedente le informazioni di cui all'articolo 4 nonché i necessari moduli di domanda, sulla base del manuale redatto ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2. 2. L'autorità di assistenza fornisce al richiedente, su domanda di quest'ultimo, orientamento e informazioni generali sulle modalità di compilazione della domanda e sulla documentazione a sostegno eventualmente richiesta. 3. L'autorità di assistenza non compie alcuna valutazione della domanda. Articolo 6 Trasmissione delle domande 1. L'autorità di assistenza trasmette con la massima rapidità all'autorità di decisione la domanda e l'eventuale documentazione a sostegno della stessa. 2. L'autorità di assistenza trasmette la domanda avvalendosi del formulario tipo di cui all'articolo 14. 3. La lingua della domanda e dell'eventuale documentazione a sostegno è determinata ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 1. Articolo 7 Ricezione delle domande Alla ricezione di una domanda trasmessa ai sensi dell'articolo 6, l'autorità di decisione invia al più presto all'autorità di assistenza e al richiedente, le seguenti informazioni: a) la persona di contatto o l'ufficio competente per la gestione della pratica; b) un avviso di avvenuta ricezione; c) se possibile, l'indicazione approssimativa dei tempi in cui verrà presa una decisione sulla domanda. Articolo 8 Richiesta di informazioni supplementari Se necessario, l'autorità di assistenza fornisce al richiedente un orientamento generale per soddisfare le richieste di informazioni supplementari formulate dall'autorità di decisione. Su domanda del richiedente, l'autorità di assistenza trasmette in seguito tali informazioni al più presto direttamente all'autorità di decisione, allegandovi, se del caso, un elenco dell'eventuale documentazione a sostegno trasmessa. Articolo 9 Audizione del richiedente 1. Qualora l'autorità di decisione decida, in conformità con le leggi del proprio Stato membro, di ascoltare il richiedente o qualsiasi altra persona, quali un testimone o un esperto, può contattare l'autorità di assistenza affinché: a) gli interessati siano ascoltati direttamente dall'autorità di decisione, in conformità con le leggi dello Stato membro di quest'ultima, in particolare tramite conferenza telefonica o videoconferenza, oppure b) gli interessati siano ascoltati dall'autorità di assistenza, in conformità con le leggi del suo Stato membro. L'autorità di assistenza trasmetterà in seguito un verbale dell'audizione all'autorità di decisione. 2. L'audizione diretta ai sensi del paragrafo 1, lettera a), può aver luogo soltanto in cooperazione con l'autorità di assistenza e su base volontaria; è esclusa la possibilità per l'autorità di decisione di imporre misure coercitive. Articolo 10 Comunicazione della decisione L'autorità di decisione, avvalendosi del formulario tipo di cui all'articolo 14, invia la decisione sulla domanda di indennizzo al richiedente ed all'autorità di assistenza, conformemente alla legislazione nazionale, al più presto dopo la sua adozione. Articolo 11 Altre disposizioni 1. Le informazioni trasmesse da un'autorità all'altra in applicazione degli articoli da 6 a 10 sono redatte: a) nelle lingue ufficiali o in una delle lingue dello Stato membro dell'autorità a cui l'informazione è diretta, che corrisponda a una delle lingue delle istituzioni comunitarie; oppure b) in un'altra lingua delle istituzioni comunitarie che tale Stato membro ha indicato di poter accettare, ad eccezione: i) del testo integrale delle decisioni adottate dall'autorità di decisione, il cui regime linguistico è disciplinato dalle leggi del suo Stato membro; ii) dei verbali redatti in seguito ad un'audizione ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), il cui regime linguistico è determinato dall'autorità di assistenza purché corrisponda a una delle lingue delle istituzioni comunitarie. 2. I servizi resi dall'autorità di assistenza ai sensi degli articoli da 1 a 10 non danno titolo a pretendere dal richiedente o dall'autorità di decisione il rimborso di oneri o di spese. 3. I moduli di domanda e l'eventuale altra documentazione trasmessi ai sensi degli articoli da 6 a 10 sono esenti da autenticazione o qualsiasi formalità equivalente. CAPO II SISTEMI DI INDENNIZZO NAZIONALI Articolo 12 1. Le disposizioni della presente direttiva riguardanti l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. 2. Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime. CAPO III DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE Articolo 13 Dati da comunicare alla Commissione e manuale 1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro il 1o luglio 2005: a) l'elenco delle autorità istituite o designate in conformità dell'articolo 3, paragrafi 1 e 2, comprese, se del caso, informazioni relative alla competenza giurisdizionale speciale e territoriale di tali autorità; b) la o le lingue di cui all'articolo 11, paragrafo 1, lettera a), che le autorità possono accettare ai fini dell'applicazione degli articoli da 6 a 10 nonché la o le lingue ufficiali diverse dalla o dalle loro, nelle quali essi accettano che siano trasmesse le domande conformemente all'articolo 11, paragrafo 1, lettera b); c) le informazioni di cui all'articolo 4; d) i moduli necessari per fare domanda di indennizzo. Gli Stati membri informano la Commissione di qualsiasi cambiamento sopravvenuto in relazione a tali dati. 2. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, elabora e pubblica su Internet un manuale contenente i dati forniti dagli Stati membri ai sensi del paragrafo 1. La Commissione è incaricata di provvedere alle necessarie traduzioni del manuale. Articolo 14 Formulario tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni I formulari tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni sono predisposti al più tardi entro il 31 ottobre 2005 conformemente alla procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2. Articolo 15 Comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 16 Punti di contatto centrali Gli Stati membri designano un punto di contatto centrale con la funzione di: a) fornire assistenza nell'applicazione dell'articolo 13, paragrafo 2; b) promuovere la stretta collaborazione e lo scambio d'informazioni tra le autorità di assistenza e di decisione degli Stati membri; e c) fornire assistenza e cercare soluzioni a qualsiasi difficoltà possa sorgere nell'applicazione degli articoli da 1 a 10. I punti di contatto si riuniscono periodicamente. Articolo 17 Disposizioni più favorevoli La presente direttiva non preclude agli Stati membri la possibilità di introdurre o mantenere, nella misura in cui siano compatibili con la presente direttiva: a) disposizioni più favorevoli a vantaggio delle vittime di reato o di qualsiasi altra persona lesa da un reato; b) disposizioni volte a indennizzare le vittime di reati commessi al di fuori del loro territorio o qualsiasi altra persona lesa da tali reati, fatte salve le condizioni che gli Stati membri possono specificare a tal fine. Articolo 18 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2006, fatta eccezione per l'articolo 12, paragrafo 2, per il quale tale data è fissata al 1o luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri possono prevedere che le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva si applichino unicamente ai richiedenti le cui lesioni derivino da reati commessi dopo il 30 giugno 2005. 3. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 19 Riesame Entro il 1o gennaio 2009 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'applicazione della presente direttiva. Articolo 20 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 21 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004. Per il Consiglio Il presidente M. McDOWELL (1) GU C 45 E del 25.2.2003, pag. 69. (2) Parere espresso il 23 ottobre 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU C 95 del 23.4.2003, pag. 40. (4) Causa 186/87, Raccolta della giurisprudenza della Corte 1989, pag. 195. (5) GU L 82 del 22.3.2001, pag. 1. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Indennizzo delle vittime di reato in altri paesi dell’UE QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce un sistema di cooperazione volto ad aiutare le vittime di reato a ottenere un indennizzo, indipendentemente dal luogo dell’Unione europea (UE) in cui il reato è stato commesso; il sistema si applica sulla base dei sistemi di indennizzo nazionali dei paesi dell’UE per le vittime di reati internazionali violenti commessi nei relativi territori. PUNTI CHIAVE La direttiva consiste di due elementi principali. Impone a tutti i paesi dell’UE di disporre di un sistema di indennizzo per le vittime di reati internazionali commessi nei relativi territori. L’organizzazione e il funzionamento di tali sistemi sono lasciati alla discrezione di ogni paese dell’UE; stabilisce un sistema di cooperazione a livello dell’UE basato sui suddetti sistemi nazionali. Garantire un indennizzo adeguato Assicurare un indennizzo adeguato delle vittime può essere difficile perché: l’autore del reato non possiede le risorse finanziare necessarie; non è stato possibile identificare o perseguire l’autore del reato (la possibilità di ottenere un indennizzo dall’autore del reato è trattata nella direttiva 2012/29/UE, che fissa norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato). La direttiva impone che le vittime: vengano indennizzate indipendentemente dal loro paese di residenza o dal paese dell’UE in cui è stato commesso il reato; ricevano un indennizzo equo ed adeguato (l’importo esatto è lasciato alla discrezione del paese dell’UE in cui è stato commesso il reato). Cooperazione Tutti i paesi dell’UE sono tenuti a istituire sistemi nazionali che garantiscano un indennizzo equo e adeguato dal 1o luglio 2005. La direttiva stabilisce un sistema di cooperazione tra le autorità nazionali volto a facilitare alle vittime l’accesso all’indennizzo in tutta l’UE: le vittime dei reati commessi in paesi dell’UE diversi da quello in cui risiedono abitualmente possono rivolgersi a un’autorità nel paese in cui risiedono (autorità di assistenza) per ricevere informazioni su come richiedere un indennizzo; tale autorità nazionale trasmette quindi la domanda direttamente all’autorità nazionale del paese dell’UE in cui è stato commesso il reato (autorità di decisione), che è responsabile di valutare la domanda ed erogare l’indennizzo; tutte le comunicazioni devono essere redatte nella lingua del paese di decisione. La Commissione europea ha predisposto dei formulari tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni relative all’indennizzo delle vittime; la direttiva crea un sistema di punti di contatto centrali che si riuniscono periodicamente in ogni paese dell’UE, volto a facilitare la cooperazione nelle situazioni transfrontaliere. Sono disponibili informazioni aggiuntive nel sito Internet del portale europeo della giustizia elettronica. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È entrata in vigore il 26 agosto 2004. I paesi dell’UE dovevano recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 1o gennaio 2006. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Indennizzo» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 261 del 6.8.2004, pagg. 15-18) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2006/337/CE della Commissione, del 19 aprile 2006, che adotta un formulario tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni conformemente alla direttiva 2004/80/CE del Consiglio relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 125 del 12.5.2006, pagg. 25-30) Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU L 315 del 14.11.2012, pagg. 57-73)
0
644
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativo all'asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci Gazzetta ufficiale n. L 167 del 04/07/2003 pag. 0001 - 0003 Regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consigliodel 26 giugno 2003relativo all'asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecciIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Conformemente al regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della politica comune della pesca(3), quest'ultima garantisce lo sfruttamento delle risorse acquatiche vive in condizioni sostenibili dal punto di vista sia economico che ambientale e sociale, e il Consiglio deve stabilire misure comunitarie che disciplinano l'accesso alle acque e alle risorse e l'esercizio sostenibile delle attività di pesca.(2) I pesci del taxon Elasmobranchii, che comprende gli squali, i raiformi e specie affini sono, per le caratteristiche del loro ciclo biologico, generalmente molto vulnerabili allo sfruttamento. La maggior parte di queste specie costituisce spesso una cattura accessoria durante le attività di pesca comunitaria di altre specie più pregiate.(3) Dai dati scientifici attualmente disponibili, generalmente basati sulla valutazione dei tassi di cattura, risulta che numerosi stock di squali sono gravemente minacciati.(4) In attesa di dati più precisi sulla dinamica delle popolazioni di squali e su come tali stock reagiscono allo sfruttamento, in base ai quali elaborare programmi di gestione esaurienti e specifici, ogni misura che impedisca il diffondersi di pratiche non sostenibili o contribuisca a ridurre lo sfruttamento degli squali è destinata ad avere effetti positivi sulla conservazione di questi pesci.(5) La pratica dello "spinnamento" degli squali, che consiste nell'asportare le pinne dagli squali rigettando poi i loro corpi in mare, può contribuire alla mortalità eccessiva degli squali in misura tale da provocare l'esaurimento di numerosi stock di squali compromettendone lo sfruttamento sostenibile per il futuro.(6) È urgente adottare misure per limitare o evitare l'ulteriore diffondersi della pratica dello spinnamento degli squali e occorre quindi vietare l'asportazione delle loro pinne a bordo dei pescherecci. Considerate le difficoltà pratiche inerenti all'identificazione delle specie in base alle pinne asportate, è opportuno che tale divieto si applichi a tutti gli Elasmobranchii, fatta eccezione per l'asportazione delle ali di razza.(7) L'asportazione delle pinne da squali morti a bordo può essere tuttavia consentita qualora tale operazione consenta un'utilizzazione più razionale di tutte le parti dell'animale mediante la lavorazione separata a bordo delle pinne e delle restanti parti degli animali. In tal caso è necessario che lo Stato membro di bandiera rilasci e gestisca, in base alle relative modalità, un permesso di pesca speciale conformemente al regolamento (CE) n. 1627/94, del 27 giugno 1994, che stabilisce le disposizioni generali relative ai permessi di pesca speciali(4).(8) Per garantire che, dopo l'asportazione delle pinne, tutte le parti dello squalo vengano tenute a bordo, occorre che i comandanti dei pescherecci in possesso di un permesso di pesca speciale valido annotino le quantità delle pinne e delle restanti parti del corpo dello squalo dopo l'eviscerazione e la decapitazione. Tali annotazioni vanno fatte nel giornale di bordo, secondo quanto stabilisce il regolamento (CEE) n. 2847/93 del Consiglio, del 12 ottobre 1993 che istituisce un regime di controllo applicabile nell'ambito della politica comune della pesca(5), o, se del caso, in un registro speciale.(9) La pratica dello spinnamento degli squali è un problema che si estende ben al di là delle acque comunitarie. È opportuno che la Comunità dimostri pari impegno a favore della conservazione degli stock in tutte le acque marittime. Occorre quindi che il presente regolamento si applichi a tutti i pescherecci comunitari.(10) In base al principio di proporzionalità, per realizzare l'obiettivo fondamentale della conservazione degli stock di squali è necessario e opportuno disciplinare l'asportazione delle pinne di squalo a bordo di pescherecci. Il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo, in conformità dell'articolo 5, terzo comma del trattato,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Campo d'applicazioneIl presente regolamento si applica all'asportazione delle pinne di squalo, nonché alla detenzione a bordo, al trasbordo e allo sbarco di squalo o di pinne di squalo:1) da parte di pescherecci in acque marittime soggette alla sovranità o alla giurisdizione degli Stati membri;2) da parte di pescherecci battenti bandiera di Stati membri o immatricolati in Stati membri in altre acque marittime.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:1) "pinne di squalo": tutte le pinne degli squali comprese le pinne caudali, ma ad eccezione delle pinne pettorali delle razze che fanno parte delle ali di razze;2) "squalo": un pesce del taxon Elasmobranchii;3) "permesso di pesca speciale": un'autorizzazione di pesca preventiva rilasciata e gestita conformemente al regolamento (CE) n. 1627/94.Articolo 3Attività proibite1. È proibito asportare le pinne di squalo a bordo dei pescherecci, nonché detenere a bordo, trasbordare o sbarcare pinne di squalo.2. È proibito acquistare, mettere in vendita o vendere pinne di squalo che siano state asportate, tenute a bordo, trasbordate o sbarcate in violazione del presente regolamento.Articolo 4Deroga e relative modalità1. In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, e fatti salvi i paragrafi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo, i pescherecci in possesso di un permesso di pesca speciale valido possono essere autorizzati ad asportare le pinne da squali morti a bordo, nonché a detenere a bordo, trasbordare o sbarcare pinne di squalo.2. Il permesso di pesca speciale è rilasciato solamente a quei pescherecci per i quali è stata dimostrata la capacità di utilizzare tutte le parti dello squalo ed è stata motivata la necessità di lavorare separatamente a bordo le pinne dello squalo e le parti restanti dell'animale.3. È proibito gettare in mare le restanti parti dello squalo, una volta avvenuta l'asportazione delle pinne, eccettuate quelle parti risultanti dalle operazioni base di lavorazione, come la decapitazione, l'eviscerazione e la spellatura.4. Il peso delle pinne asportate dagli squali catturati non è mai superiore al peso teorico delle pinne che corrisponderebbe alle restanti parti degli animali presenti a bordo, trasbordati o sbarcati.5. Allo scopo di verificare l'applicazione del paragrafo 4, la corrispondenza teorica tra il peso delle pinne e quello degli animali è stabilita dagli Stati membri, tenendo conto del tipo di pesca, della composizione delle specie e del tipo di lavorazione e di magazzinaggio. In nessun caso il peso teorico delle pinne supera il 5 % del peso vivo degli squali catturati.Articolo 5Registrazione1. I comandanti dei pescherecci in possesso di un permesso di pesca speciale valido registrano il peso delle pinne di squalo e delle restanti parti, degli squali detenuti a bordo e trasbordati o sbarcati.Queste registrazioni sono effettuate nel giornale di bordo di cui all'articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2847/93 ove applicabile. Per i pescherecci cui non si applica l'articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento, le registrazioni sono effettuate in un registro speciale fornito dall'autorità competente che rilascia il permesso di pesca speciale.Quando la cattura di squali non è sbarcata nel suo insieme, i comandanti dei pescherecci completano queste registrazioni sul giornale di bordo con una documentazione valida relativa agli sbarchi, ai trasbordi e alle vendite di pinne di squali o di parti restanti degli squali.Gli Stati membri definiscono il tipo di documentazione giudicato valido a tal fine e controllano sistematicamente le registrazioni sul giornale di bordo.2. Allo scopo di agevolare il controllo sugli sbarchi da parte delle autorità portuali e nella documentazione prevista al paragrafo 1, i comandanti dei pescherecci o i loro rappresentanti in possesso di un permesso di pesca speciale valido che intendono sbarcare pinne di squalo o parti restanti degli squali in porti non comunitari, comunicano alle autorità dello Stato di bandiera e alle autorità competenti dello Stato del quale desiderano utilizzare i porti o i luoghi di sbarco, almeno 72 ore prima dell'ora di arrivo prevista nel porto, le catture detenute a bordo, le catture destinate allo sbarco e l'ora di arrivo nel porto di sbarco.Articolo 6Relazioni e riesame1. Gli Stati membri inviano alla Commissione, entro e non oltre il 1o maggio, una relazione annuale complessiva sull'attuazione del presente regolamento nell'anno precedente. La relazione illustra la verifica dell'osservanza da parte delle navi dei requisiti di cui agli articoli 3, 4 e 5 e riporta in dettaglio, in particolare, il numero di permessi speciali rilasciati, la base tecnica per stabilire la corrispondenza teorica tra il peso delle pinne e dei corpi e della documentazione ritenuta valida ai fini del controllo dello sbarco separato di pinne e corpi.2. Successivamente alla presentazione, da parte degli Stati membri, della loro seconda relazione annuale, la Commissione, entro il 1o gennaio 2006, riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio in merito al funzionamento del presente regolamento e agli sviluppi internazionali nel settore, e, ove opportuno, propone qualsiasi modifica al presente regolamento. Se le modifiche proposte sono suscettibili di incidere sulla corrispondenza teorica tra il peso delle pinne e dei corpi, tali modifiche sono effettuate alla luce del parere del comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca.Articolo 7Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 26 giugno 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Drys(1) GU C 331 E del 31.12.2002, pag. 121.(2) Parere formulato il 27.3.2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 59.(4) GU L 171 del 6.7.1994, pag. 7.(5) GU L 261 del 20.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 806/2003 della Commissione (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Asportazione di pinne di squalo QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? L’obiettivo del regolamento è vietare la pratica dello «spinnamento» degli squali, che consiste nell’asportare le pinne dagli squali rigettando poi i loro corpi in mare. Il regolamento è stato modificato dal regolamento (UE) n. 605/2013 al fine di eliminare le esenzioni al divieto. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione Il regolamento si applica a:tutti i pescherecci che operano nelle acque dell’UE; i pescherecci dell’UE che operano al di fuori di tali acque marittime ma che rientrano nella giurisdizione dei paesi dell’UE.Esso proibisce:l’asportazione di pinne di squalo* a bordo dei pescherecci, nonché la detenzione a bordo, il trasbordo* o lo sbarco delle stesse; l’acquisto o la vendita di pinne di squalo che siano state asportate, tenute a bordo, trasbordate o sbarcate in violazione del regolamento.Tale divieto si applica ai pesci del taxon Elasmobranchii (che comprende squali, raie, razze e specie simili), ad eccezione dell’asportazione delle ali di razze. Condizioni Per agevolare il magazzinaggio a bordo, le pinne possono essere parzialmente tagliate e ripiegate contro la carcassa, ma non devono essere asportate dalla carcassa prima dello sbarco. Relazioni Nell’ambito del presente regolamento, il paese di cui i pescherecci battono bandiera, conformemente al regime di controllo della pesca dell’UE, deve inviare alla Commissione europea una relazione annuale sul rispetto del regolamento, che riporti le seguenti informazioni:il numero di sbarchi di squali; il numero, la data e il luogo delle ispezioni effettuate; il numero e la natura dei casi di inadempienza riscontrati, compresa l’identificazione completa della nave o delle navi coinvolte e la sanzione applicata per ciascun caso di inadempienza; e il totale degli sbarchi per specie (peso/numero) e per porto.Nel 2016, la Commissione ha pubblicato una relazione sul funzionamento del regolamento in seguito alla modifica del 2013, nonché sugli sviluppi internazionali in questo settore. DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Si applica dal 2 settembre 2003. CONTESTO Il sistema UE di controlli sulla pesca (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Pinne di squalo: tutte le pinne degli squali comprese le pinne caudali, ma ad eccezione delle pinne pettorali delle razze che fanno parte delle ali di razze. Trasbordo: il trasferimento di una cattura da un peschereccio più piccolo a uno più grande che a sua volta lo incorpora in un lotto di spedizione più grande. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci (GU L 167 del 4.7.2003, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1185/2003 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTO COLLEGATO Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci, modificato dal regolamento (UE) n. 605/2013, e sugli sviluppi internazionali in questo settore [COM(2016) 207 final del 15.4.2016].
0
560
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA del 31 gennaio 2014 sulla cooperazione stretta con le autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l'euro (BCE/2014/5) (2014/434/UE) IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA, Visto il Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (1), in particolare l'articolo 7, considerando quanto segue: (1) Stati membri la cui moneta non è l'euro possono voler partecipare al Meccanismo di vigilanza unico (MVU). A tal fine essi possono richiedere alla Banca centrale europea (BCE) di instaurare una cooperazione stretta relativamente all'esercizio dei compiti di cui agli articoli 4 e 5 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 per tutti gli enti creditizi in esso stabiliti. (2) La cooperazione stretta è instaurata mediante una decisione della BCE, purché siano soddisfatte le condizioni dettate dall'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013. (3) È necessario precisare gli aspetti procedurali relativi a) alle richieste degli Stati membri la cui moneta non è l'euro (di seguito gli «Stati membri non appartenenti all'area dell'euro») di instaurare una cooperazione stretta, b) alla valutazione di tali richieste da parte della BCE, e c) alla decisione della BCE con la quale è instaurata una cooperazione stretta con il singolo Stato membro. (4) Il Regolamento (UE) n. 1024/2013 stabilisce altresì i casi nei quali la BCE può sospendere o porre fine a una cooperazione stretta. È necessario precisare gli aspetti procedurali relativi all'eventuale sospensione o cessazione di una cooperazione stretta. HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: TITOLO 1 PROCEDURA PER L'INSTAURAZIONE DI UNA COOPERAZIONE STRETTA Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente decisione: 1) per «soggetto vigilato meno significativo» si intende un soggetto vigilato a) stabilito in uno Stato membro non appartenente all'area dell'euro che sia uno Stato membro partecipante ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, e b) che non si qualifichi come soggetto vigilato significativo in forza di una decisione della BCE ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, o dell'articolo 6, paragrafo 5, lettera b, del Regolamento (UE) n. 1024/2013; 2) per «autorità nazionale competente» si intende ogni autorità nazionale competente come definita all'articolo 2, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1024/2013; 3) per «autorità nazionale designata» si intende ogni autorità nazionale designata come definita all'articolo 2, paragrafo 7, del Regolamento (UE) n. 1024/2013; 4) per «Stato membro non partecipante» si intende ogni Stato membro che non è uno Stato membro partecipante come definito all'articolo 2, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 1024/2013; 5) Per «Stato membro richiedente» si intende uno Stato membro non partecipante che ha notificato alla BCE, ai sensi dell'articolo 2 della presente decisione, una richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013; 6) per «soggetto vigilato significativo» si intende un soggetto vigilato a) stabilito in uno Stato membro non appartenente all'area dell'euro che sia uno Stato membro partecipante e b) che si qualifichi come soggetto vigilato significativo in forza di una decisione della BCE ai sensi dell'articolo articolo 6, paragrafo 4, o dell'articolo 6, paragrafo 5, lettera b, del Regolamento (UE) n. 1024/2013; 7) per «soggetto vigilato» si intende un ente creditizio, una società di partecipazione finanziaria o una società di partecipazione finanziaria mista, come definita nel Regolamento (UE) n. 1024/2013, stabilito nello Stato membro richiedente, nonché una succursale stabilita in uno Stato membro richiedente da parte di un ente creditizio insediato in uno Stato membro non partecipante. Articolo 2 Richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta 1. Uno Stato membro non partecipante che intende partecipare all'MVU richiede alla BCE di instaurare una cooperazione stretta utilizzando il modello di cui all'allegato I. 2. Tale richiesta è effettuata almeno cinque mesi prima della data in cui lo Stato membro non partecipante intende partecipare all'MVU. Articolo 3 Contenuto della richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta 1. La richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta include: a) l'impegno dello Stato membro richiedente di assicurare che la propria autorità nazionale competente e la propria autorità nazionale designata si conformino alle istruzioni, orientamenti o richieste formulati dalla BCE dalla data di instaurazione della cooperazione stretta; b) l'impegno dello Stato membro richiedente di fornire tutte le informazioni sugli enti creditizi stabiliti in tale Stato membro di cui la BCE può aver bisogno per sottoporli ad una valutazione approfondita. Lo Stato membro richiedente si assicura che le informazioni necessarie a valutare la significatività degli enti creditizi stabiliti in tale Stato membro e a sottoporli a una valutazione approfondita ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera b), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 possano essere fornite non appena sia stata notificata alla BCE la richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta; c) un impegno a fornire alla BCE tutte le informazioni riservate richieste dalla BCE per portare a termine le proprie attività preparatorie. 2. Alla richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta è allegata la seguente documentazione: a) l'impegno dello Stato membro richiedente ad adottare la normativa nazionale pertinente necessaria ad assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 siano vincolanti e applicabili nello Stato membro richiedente e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano obbligate ad adottare le misure richieste dalla BCE in relazione ai soggetti vigilati, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013; b) una copia della legislazione nazionale pertinente con la relativa traduzione inglese e una richiesta di parere della BCE in merito al progetto di disposizioni legislative predette; c) un impegno a dare immediata comunicazione alla BCE dell'entrata in vigore della legislazione nazionale pertinente e un impegno a dare conferma ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 utilizzando il modello di cui all'allegato II alla presente decisione. La conferma include un parere giuridico soddisfacente per la BCE attestante che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 sono vincolanti e applicabili nello Stato membro richiedente e che la legislazione nazionale pertinente obbliga l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata a conformarsi alle istruzioni specifiche, agli orientamenti, alle richieste e alle misure relativi ai soggetti vigilati significativi nonché alle istruzioni generali, agli orientamenti, alle richieste e alle misure della BCE relativi a soggetti vigilati meno significativi entro il termine stabilito dalla BCE, ove specificato. 3. Lo Stato membro richiedente fornisce alla BCE tutta la documentazione rilevante che questa reputa idonea per valutare la richiesta. Lo Stato membro richiedente assicura altresì che siano fornite alla BCE tutte le informazioni che la BCE ritiene appropriate per valutare la significatività degli enti creditizi e per condurre la valutazione approfondita richiesta dal Regolamento (UE) n. 1024/2013. Articolo 4 Valutazione da parte della BCE della richiesta di instaurare una cooperazione stretta 1. La BCE accusa ricezione per iscritto della richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta da parte di uno Stato membro. 2. La BCE può richiedere tutte le informazioni aggiuntive ritenute idonee per valutare la richiesta dello Stato membro, ivi incluse quelle necessarie a valutare la significatività di enti creditizi e per condurre la valutazione approfondita. Ove lo Stato membro richiedente abbia già condotto una valutazione approfondita degli enti creditizi stabiliti nella propria giurisdizione, esso fornisce informazione dettagliate in merito ai risultati. La BCE può decidere che nessuna ulteriore valutazione è necessaria purché a) la qualità e la metodologia della valutazione condotta dalle autorità nazionali corrisponda agli standard della BCE e b) a suo giudizio la valutazione effettuata dalle autorità nazionali sia ancora aggiornata e nessuna modifica sostanziale intervenuta nella situazione degli enti creditizi stabilite nello Stato membro richiedente renda necessaria un'ulteriore valutazione. 3. Nel valutare la legislazione nazionale pertinente, la BCE tiene altresì conto della sua attuazione pratica. 4. Non oltre tre mesi dalla ricezione da parte della BCE della conferma di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera c), ovvero, se del caso, delle informazioni aggiuntive richieste dalla BCE ai sensi del paragrafo 2, la BCE comunica allo Stato membro la propria valutazione preliminare. Lo Stato membro richiedente ha la possibilità di esprimere il proprio parere entro 20 giorni dalla ricezione della valutazione preliminare. Tale corrispondenza tra la BCE e lo Stato membro richiedente è riservata. Articolo 5 Decisione che instaura una cooperazione stretta 1. Ove la BCE concluda, sulla base delle informazioni fornite dallo Stato membro richiedente che quest'ultimo soddisfa i criteri enunciati dall'articolo 7, paragrafo 2, lettere da a) a c), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 per l'instaurazione di una cooperazione stretta, e una volta che sia stata portata a termine la valutazione approfondita e data conferma ai sensi dell'allegato II alla presente decisione, la BCE adotta una decisione in base all'articolo 7, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, indirizzata allo Stato membro richiedente, che instaura una cooperazione stretta. 2. La decisione di cui al paragrafo 1 indica le modalità di trasferimento dei compiti di in materia di vigilanza alla BCE e la data di inizio della cooperazione stretta, che è subordinata, se del caso, ai progressi compiuti da parte dello Stato membro richiedente nell'attuazione delle misure richieste in relazione ai risultati della valutazione approfondita. 3. Ove la BCE concluda che lo Stato membro richiedente, sulla base delle informazioni da questo fornite, non soddisfa i criteri enunciati dall'articolo 7, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1024/2013 ovvero la BCE non riceva le informazioni necessarie a effettuare la propria valutazione entro un anno dalla notifica della richiesta da parte dello Stato membro, essa può dottare una decisione indirizzata allo Stato membro che rigetta la richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta. 4. Le decisioni di cui ai paragrafi 1 e 3 enunciano le motivazioni su cui si fondano. 5. Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, qualsiasi decisione che instaura una cooperazione stretta è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e si applica 14 giorni dopo la sua pubblicazione. TITOLO 2 SOSPENSIONE O CESSAZIONE DELLA COOPERAZIONE STRETTA Articolo 6 Sospensione o cessazione 1. Ove la BCE decida di sospendere una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, o dell'articolo 7, paragrafo 7, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, essa motiva la propria decisione precisandone gli effetti e indicando la data a partire dalla quale la sospensione ha effetto e la relativa durata. La durata della sospensione non può superare i sei mesi. La BCE può prorogarla una sola volta se ricorrono circostanze eccezionali. 2. Ove le cause della sospensione ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, del Regolamento (UE) n. 1024/2013 non siano stati eliminate ovvero ove la BCE decida di porre fine a una cooperazione stretta, la BCE pone fine alla cooperazione stretta adottando una nuova decisione a tale effetto. 3. Ove la BCE decida di porre fine a una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, o dell'articolo 7, paragrafo 7, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, essa ne dà motivazione precisando gli effetti di tale decisione e indicando la data dalla quale la cessazione ha effetto. 4. Qualsiasi decisione della BCE di sospensione o cessazione di una cooperazione stretta disciplina altresì le modalità di pagamento dei contributi dovuti dai soggetti vigilati aventi sede nello Stato membro interessato. 5. Ove lo Stato membro con il quale è stata instaurata una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 richieda alla BCE di porre fine alla cooperazione alle condizioni previste dall'articolo 7, paragrafo 6, e dell'articolo 7, paragrafo 8, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, la BCE adotta una decisione che precisa gli effetti di tale decisione di cessazione indicando altresì la data a partire dalla quale la cessazione ha effetto. 6. Qualsiasi decisione della BCE adottata in relazione a soggetti vigilati nello Stato membro con il quale è stata instaurata un cooperazione stretta, in vigore prima della cessazione della cooperazione stretta, rimane valida nonostante la cessazione. 7. Le decisioni di sospendere o porre fine a una cooperazione stretta sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 7 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il 27 febbraio 2014. Fatto a Francoforte sul Meno, il 31 gennaio 2014 Il presidente della BCE Mario DRAGHI (1) GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63. ALLEGATO I MODELLO DI RICHIESTA DI INSTAURAZIONE DI UNA COOPERAZIONE STRETTA AI SENSI DELL'ARTICOLO 7 DEL REGOLAMENTO (UE) N. 1024/2013 Da [Stato membro richiedente] Comunicazione alla BCE di una richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 1. Il/La [Stato membro richiedente] richiede con il presente atto di instaurare una cooperazione stretta con la Banca centrale europea (BCE) ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 e conformemente a quanto disposto dalla Decisione BCE/2014/5, del 31 gennaio 2014, sulla cooperazione con le autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l'euro. 2. Il/La [Stato membro richiedente] con il presente atto si impegna: a) ad assicurare che la propria autorità nazionale competente e la propria autorità nazionale designata si conformino alle istruzioni, agli orientamenti o alle richieste formulati dalla BCE rispetto ai soggetti vigilati (come definiti nella Decisione BCE/2014/5); in particolare, la legislazione nazionale pertinente assicurerà che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano tenute all'osservanza delle istruzioni specifiche, delle richieste e delle misure della BCE relativi a soggetti vigilati significativi e alle istruzioni generali, agli orientamenti, alle richieste e alle misure relativi a soggetti vigilati meno significativi. Al riguardo, lo Stato membro richiedente, si impegna: — ad adottare la normativa nazionale pertinente necessaria ad assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 siano vincolanti e applicabili in/nel/nella [Stato membro richiedente] e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano tenute ad adottare le misure richieste dalla BCE in relazione ai soggetti vigilati, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013; — a dare comunicazione alla BCE della data di entrata in vigore della legislazione nazionale pertinente; b) a fornire, dopo la comunicazione alla BCE della richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta e prima della sua instaurazione e su richiesta della BCE, e successivamente, anche tutte le informazioni sui soggetti vigilati stabiliti nello Stato membro richieste dalla Banca centrale europea al fine di sottoporli a una valutazione approfondita, ivi incluse quelle riservate. Le informazioni che devono essere fornite alla BCE includono: i) una copia della legislazione nazionale pertinente; ii) informazioni aggiornate sugli enti stabiliti nello Stato membro richiedente comprendenti almeno un elenco completo dei soggetti insediati nello Stato membro di seguito elencati: — enti creditizi, — società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista al massimo livello di consolidamento dei gruppi vigilati, e — succursali transfrontaliere di enti creditizi di altri paesi, indicando per ciascun soggetto il totale delle attività. Per gli enti creditizi che siano filiazioni e per le succursali, è indicato l'ente impresa madre diretto e quello di vertice. Per gruppi vigilati aventi sede in uno Stato membro ed ivi soggetti a vigilanza, sono indicate le componenti estere del gruppo; iii) le persone che fungono da referenti per l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata ai quali indirizzare le richieste di ulteriori informazioni da parte della BCE Per lo Stato membro [Firma] cc: i) la Commissione europea, ii) l'Autorità bancaria europea iii) gli altri Stati membri ALLEGATO II MODELLO DI CONFERMA AI SENSI DELL'ARTICOLO 7, PARAGRAFO 2, LETTERA c), DEL REGOLAMENTO (UE) N. 1024/2013 Da [Stato membro richiedente] A Banca centrale europea (BCE) Conferma ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 relativa alla richiesta Il/La [Stato membro interessato] con la presente dichiarazione conferma di aver adottato la normativa nazionale pertinente necessaria ad assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 siano vincolanti e applicabili in/nel/nella [Stato membro richiedente] e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano obbligati ad adottare le misure richieste dalla BCE in relazione ai soggetti vigilati, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013 nonché che detta legislazione nazionale pertinente è entrata in vigore il [INSERIRE LA DATA]. Si allega, inoltre, un parere giuridico attestante che la legislazione nazionale pertinente assicura altresì che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata sono tenute a conformarsi alle istruzioni specifiche, agli orientamenti, alle richieste e alle misure della BCE relative a soggetti vigilati significativi e alle istruzioni generali, agli orientamenti, alle richieste e alle misure relative a soggetti vigilati meno significativi. Per lo Stato membro [Firma] Appendice : Copia della legislazione nazionale pertinente adottata dallo Stato membro richiedente per assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 sono vincolanti e applicabili in/nel/nella [Stato membro richiedente] e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata sono obbligati ad adottare le misure richieste dalla BCE. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Banca centrale europea — Collaborazione stretta nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico con i paesi terzi QUAL È LO SCOPO DI QUESTI ATTI LEGISLATIVI? Stabiliscono i principi e le procedure per una collaborazione stretta nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (MVU) tra la Banca centrale europea (BCE) e i Stati membri dell’Unione europea (Unione) la cui moneta non è l’euro. Bulgaria e Croazia sono i primi due paesi dell’Unione non appartenenti all’area dell’euro che hanno sottoscritto la cooperazione stretta a decorrere dal 1° ottobre 2020. PUNTI CHIAVE Il sistema di vigilanza bancaria europea (MVU) è stato istituito quale sistema di vigilanza composto dalla BCE e dalle autorità nazionali competenti (ANC) degli Stati membri dell’Unione partecipanti, per garantire la sicurezza e la solidità delle banche, un sistema finanziario stabile e integrato e una vigilanza coerente di tutte le banche. Tutti i paesi dell’area dell’euro partecipano automaticamente alla vigilanza bancaria europea. Gli Stati membri dell’Unione la cui moneta non è l’euro possono prendere parte all’MVU richiedendo l’instaurazione di una collaborazione stretta fra la BCE e le proprie ANC. Una volta instaurata la collaborazione stretta, questi Stati membri possono partecipare sia all’MVU che al meccanismo di risoluzione unico, che garantisce una risoluzione controllata per le banche in fallimento. In base alla collaborazione stretta, le ANC sono obbligate ad adottare tutte le misure in relazione alle entità vigilate su richiesta della BCE. Gli atti legislativi adottati dalla BCE sono vincolanti ed esecutivi e le ANC devono fornire alla BCE tutte le informazioni necessarie ai fini dello svolgimento delle mansioni ad essa conferite nell’ambito dell’MVU. Il regolamento MVU, il regolamento quadro sull’MVU e la decisione BCE sulla cooperazione stretta, descrivono il processo di instaurazione della collaborazione stretta e il suo funzionamento. Passaggi per l’instaurazione della collaborazione stretta:1.lo Stato membro non appartenente all’area dell’euro richiede formalmente di aderire all’MVU; 2.lo Stato membro non appartenente all’area dell’euro prepara e adotta la legislazione nazionale in modo tale da consentire alla BCE di esercitare la propria vigilanza nel quadro della cooperazione stretta e la BCE valuta tale legislazione; 3.la BCE conduce una valutazione approfondita degli enti creditizi dello Stato membro interessato, simile a quella condotta sulle banche al di fuori dell’area dell’euro nel 2014, prima che fosse istituito l’MVU; 4.la BCE adotta una decisione che indica come i compiti in materia di vigilanza saranno trasferiti alla BCE e quando verrà avviata la collaborazione stretta.Vigilanza in base alla cooperazione stretta.Una volta instaurata la collaborazione stretta, lo Stato membro dell’Unione diventa membro dell’MVU e la sua ANC ricopre una posizione paritetica rispetto a tutte le altre ANC degli Stati membri dell’Unione partecipanti all’MVU. Ciò significa che gli enti creditizi significativi nei paesi partecipanti alla collaborazione stretta saranno vigilati dalla BCE in base alle istruzioni fornite alle ANC e gli enti creditizi classificati come meno significativi continueranno a essere vigilati dalle ANC e dalla BCE che ricopre un ruolo di sorveglianza.Sospensione o cessazione della collaborazione stretta.La BCE può sospendere la collaborazione stretta per un periodo non superiore ai 6 mesi, fornendo motivazioni alla sua decisione; la cessazione della collaborazione stretta sarà avviata dalla BCE o dallo Stato membro dell’Unione con cui è stata instaurata tale collaborazione.L’instaurazione della collaborazione stretta contribuisce alla sicurezza e alla solidità delle banche e promuove il processo di integrazione finanziaria nell’ambito del mercato unico. DA QUANDO È IN VIGORE LA LEGISLAZIONE? Il regolamento (UE) n. 1024/2013 si applica dal 3 novembre 2013. Il regolamento (UE) n. 468/2014 si applica dal 15 maggio 2014. La decisione 2014/434/UE è entrata in vigore il 27 febbraio 2014. La decisione (UE) 2020/1015 e la decisione (UE) 2020/1016 si applicano dal 1° ottobre 2020. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Collaborazione stretta con la BCE: la via d’accesso all’unione bancaria (Banca centrale europea) Unione bancaria (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63). Regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (Regolamento quadro sull’MVU) (BCE/2014/17) (GU L 141 del 14.5.2014, pag. 1). Decisione 2014/434/UE della Banca centrale europea, del 31 gennaio 2014 sulla cooperazione stretta con le autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro (BCE/2014/5) (GU L 198 del 5.7.2014, pag. 7). Decisione (UE) 2020/1015 della Banca centrale europea, del 24 giugno 2020, sull’instaurazione di una cooperazione stretta tra la Banca centrale europea e la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) (BCE/2020/30) (GU L 224 I del 13.7.2020, pag. 1). Decisione (UE) 2020/1016 della Banca centrale europea, del 24 giugno 2020, sull’instaurazione di una cooperazione stretta tra la Banca centrale europea e la Hrvatska narodna banka (BCE/2020/31) (GU L 224 I del 13.7.2020, pag. 4).
1
395
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori Gazzetta ufficiale n. L 395 del 30/12/1989 pag. 0033 - 0035 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0048 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0048 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1989 che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (89/665/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che le direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, in particolare la direttiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (4), modificata da ultimo dalla direttiva 89/440/CEE (5), e la direttiva 77/62/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (6), modificata da ultimo dalla direttiva 88/295/CEE (7), non contengono disposizioni specifiche che permettano di garantirne l'effettiva applicazione; considerando che i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano comunitario, per garantire tale applicazione non sempre permettono di garantire il rispetto delle disposizioni comunitarie, in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette; considerando che l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione e che occorre, affinché essa sia seguita da effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscano tale diritto; considerando che l'assenza o l'insufficienza di mezzi di ricorso efficaci in vari Stati membri dissuade le imprese GU n. C 15 del 19. 1. 1989, pag. 8. GU n. C 323 del 27. 12. 1989. comunitarie dal concorrere nello Stato dell'autorità aggiudicatrice interessata; che è pertanto necessario che gli Stati membri interessati pongano rimedio a tale situazione; considerando che, data la brevità delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, gli organi di ricorso competenti devono in particolare essere abilitati a prendere misure provvisorie per sospendere la procedura di aggiudicazione dell'appalto o l'esecuzione di decisioni eventualmente prese dall'autorità aggiudicatrice; che la brevità delle procedure richiede un trattamento urgente delle violazioni di cui sopra; considerando la necessità di garantire in tutti gli Stati membri procedure adeguate che permettano l'annullamento delle decisioni illegittime e l'indennizzo delle persone lese da una violazione; considerando che, se le imprese non avviano la procedura di ricorso, ne deriva l'impossibilità di ovviare a determinate infrazioni a meno di istituire un meccanismo specifico; considerando che è pertanto necessario che la Commissione, qualora ritenga che sia stata commessa una violazione chiara ed evidente nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, intervenga presso le autorità competenti dello Stato membro e delle autorità aggiudicatrici interessate perché siano presi gli opportuni provvedimenti per ottenere la rapida correzione di qualsiasi violazione denunciata; considerando che l'applicazione effettiva delle disposizioni della presente direttiva dovrà essere riesaminata, prima della scadenza di un periodo di quattro anni successivo all'attuazione della stessa, in base ad informazioni che gli Stati membri dovranno fornire in merito al funzionamento delle procedure nazionali di ricorso, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinati dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE, le decisioni prese dalle autorità aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli seguenti, in particolare l'articolo 2, paragrafo 7, in quanto tali decisioni hanno violato il diritto comunitario in materia di appalti pubblici o le norme nazionali che recepiscono tale diritto. 2. Gli Stati membri garantiscono che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese suscettibili di far valere un pregiudizio nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto comunitario e le altre norme nazionali. 3. Gli Stati membri garantiscono che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto pubblico di forniture o di lavori e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata. In particolare gli Stati membri possono esigere che la persona che desideri avvalersi di tale procedura abbia preventivamente informato l'autorità aggiudicatrice della pretesa violazione e della propria intenzione di presentare un ricorso. Articolo 2 1. Gli Stati membri fanno sì che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi di cui all'articolo 1 prevedano i poteri che permettano di: a) prendere con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici; b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specificazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nei documenti di gara, nei capitolati d'oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione; c) accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione. 2. I poteri di cui al paragrafo 1 possono essere conferiti ad organi distinti responsabili di aspetti differenti della procedura di ricorso. 3. Le procedure di ricorso non devono necessariamente esercitare, di per sé stesse, effetti sospensivi automatici sulle procedure di aggiudicazione cui si riferiscono. 4. Gli Stati membri possono prevedere che l'organo responsabile, quando esamina l'opportunità di prendere provvedimenti provvisori, possa tener conto delle probabili conseguenze dei provvedimenti stessi per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché dell'interesse pubblico e decidere di non accordare tali provvedimenti qualora le conseguenze negative possano superare quelle positive. La decisione di non accordare provvedimenti provvisori non reca pregiudizio agli altri diritti rivendicati dalla persona che chiede tali provvedimenti. 5. Gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato a causa di una decisione presa illegalmente, per prima cosa l'organo che ha la competenza necessaria a tal fine annulli la decisione contestata. 6. Gli effetti dell'esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 sul contratto stipulato in seguito all'aggiudicazione dell'appalto sono determinati dal diritto nazionale. Inoltre, salvo nel caso in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la stipulazione di un contratto in seguito all'aggiudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione. 7. Gli Stati membri fanno sì che le decisioni prese dagli organi responsabili delle procedure di ricorso possano essere attuate in maniera efficace. 8. Se gli organi responsabili delle procedure di ricorso non sono organi giudiziari, le loro decisioni devono essere sempre motivate per iscritto. In questo caso inoltre devono essere adottate disposizioni mediante cui ogni misura presunta illegittima presa dall'organo di base competente oppure ogni presunta infrazione nell'esercizio dei poteri che gli sono conferiti possa essere oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso presso un altro organo che sia una giurisdizione ai sensi dell'articolo 177 del trattato e che sia indipendente dalle autorità aggiudicatrici e dall'organo di base. La nomina dei membri di tale organo indipendente e la cessazione del loro mandato sono soggetti a condizioni uguali a quelle applicabili ai giudici, per quanto concerne l'autorità responsabile della nomina, la durata del loro mandato e la loro revocabilità. Per lo meno il presidente di tale organo indipendente deve avere le stesse qualifiche giuridiche e professionali di un giudice. L'organo indipendente prende le proprie decisioni all'esito di una procedura in contraddittorio e tali decisioni producono, tramite i mezzi determinati da ciascuno Stato membro, effetti giuridici vincolanti. Articolo 3 1. La Commissione può invocare la procedura prevista nel presente articolo se, anteriormente alla conclusione di un contratto, essa ritiene che una violazione chiara e manifesta delle disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici sia stata commessa in una procedura di aggiudicazione di appalto disciplinata dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE. 2. La Commissione notifica allo Stato membro e all'autorità aggiudicatrice interessati le ragioni per cui ritiene che sia stata commessa una violazione chiara e manifesta e ne domanda la correzione. 3. Entro i 21 giorni successivi al ricevimento della notifica di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione: a) la conferma che la violazione è stata riparata; o b) una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione; o c) una notifica che la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione è stata sospesa dall'autorità aggiudicatrice oppure nell'ambito dell'esercizio dei poteri previsti all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). 4. Una conclusione motivata ai sensi del paragrafo 3, lettera b) può tra l'altro fondarsi sul fatto che la violazione denunciata costituisce già l'oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso quale quello di cui all'articolo 2, paragrafo 8. In tal caso lo Stato membro informa la Commissione del risultato di tali procedure non appena ne viene a conoscenza. 5. In caso di notifica che una procedura di aggiudicazione di appalto sia stata sospesa conformemente al paragrafo 3, lettera c), lo Stato membro notifica alla Commissione la cessazione della sospensione o l'avvio di un'altra procedura di aggiudicazione di appalto in parte o del tutto collegata alla procedura precedente. Questa nuova notifica deve confermare che la violazione presunta è stata riparata o includere una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione. Articolo 4 1. Prima dello scadere del quadriennio successivo alla data di messa in applicazione della presente direttiva, la Commissione, in collaborazione con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, riesamina l'applicazione delle disposizioni della presente direttiva e propone all'occorrenza le modifiche che ritiene necessarie. 2. Gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione, anteriormente al 1g marzo, una serie di informazioni sul funzionamento delle procedure nazionali di ricorso che si riferiscono all'anno precedente. La Commissione determina, d'intesa con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, la natura di dette informazioni. Articolo 5 Gli Stati membri mettono in vigore le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 dicembre 1991. Essi comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno, di carattere legislativo, regolamentare e amministrativo che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 6 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1989. Per il Consiglio Il Presidente E. CRESSON (1) GU n. C 230 del 28. 8. 1987, pag. 6 e(2) GU n. C 167 del 27. 6. 1988, pag. 77 e(3) GU n. C 347 del 22. 12. 1987, pag. 23. (4) GU n. L 185 del 16. 8. 1971, pag. 5. (5) GU n. L 210 del 21. 7. 1989, pag. 1. (6) GU n. L 13 del 15. 1. 1977, pag. 1. (7) GU n. L 127 del 20. 5. 1988, pag. 1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni — Contratti di forniture e lavori QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a garantire che le decisioni relative all’aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni, nonché le decisioni procedurali preliminari in tale ambito, siano riesaminate rapidamente ed efficacemente nel caso in cui abbiano violato il diritto comunitario sulle forniture pubbliche. PUNTI CHIAVE La direttiva 89/665/CEE si applica agli appalti del settore pubblico e alle concessioni che rientrano nell’ambito delle pertinenti norme sostanziali (ossia norme che definiscono diritti e doveri). Le direttive 2014/23/UE (si veda la sintesi)e 2014/24/UE (si veda la sintesi) sostituiscono la direttiva 2004/18/CE a decorrere dal 18 aprile 2016. I paesi dell’UE devono garantire che le procedure di ricorso siano accessibili per lo meno a chiunque abbia, o abbia avuto, interesse ad aggiudicarsi un determinato appalto e che sia stato, o rischi di essere, leso a causa di una violazione denunciata. La direttiva 89/665/CEE consente l’avvio di azioni sia prima che dopo la firma del contratto (misure correttive precontrattuali e postcontrattuali).Le misure correttive precontrattuali sono volte a correggere le violazioni delle norme sulle forniture pubbliche nel corso della procedura di gara e, in ogni caso, prima che il contratto venga perfezionato. Comprendono il diritto a provvedimenti provvisori, un regime di status quo obbligatorio e il requisito di sospendere la procedura di aggiudicazione durante l’esame del ricorso, per evitare l’aggiudicazione del contratto.Le misure correttive postcontrattuali mirano a dichiarare l’invalidità di un contratto in vigore e/o a risarcire (principalmente i danni) le parti interessate dopo che il contratto in questione sia stato aggiudicato. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 3 gennaio 1990 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 21 dicembre 1991. CONTESTO La direttiva 89/665/CEE è stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche, volte principalmente ad ampliare l’ambito di applicazione della direttiva 89/665/CEE per quanto riguarda le concessioni ai sensi della direttiva 2014/23/UE e ad aggiornare i riferimenti alle norme sostanziali relative agli appalti pubblici stabilite nella direttiva 2014/24/UE. La direttiva 92/13/CEE (si veda la sintesi) è l’equivalente della direttiva 89/665/CEE per gli appalti nel settore pubblico nel settore dei servizi. È stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche alla luce della direttiva 2014/25/UE (si veda la sintesi). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 33). Modifiche successive alla direttiva 89/665/CEE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 14). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65). Si veda la versione consolidata.
0
967
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 522/2014 DELLA COMMISSIONE dell'11 marzo 2014 che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (1), in particolare l'articolo 8, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) A norma dell'articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), la Commissione dovrebbe dare esecuzione alle risorse dei fondi strutturali per l'obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione destinate alle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile (nel seguito «azioni innovative»). (2) L'articolo 92, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1303/2013 consente alla Commissione di eseguire le risorse destinate alle azioni innovative nell'ambito della gestione indiretta di cui all'articolo 60 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (3). (3) Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla gestione delle azioni innovative da parte di un'entità o di un organismo a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 966/2012. (4) Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione delle azioni innovative che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Per far sì che siano selezionate proposte di qualità elevata, è opportuno fissare le procedure e i criteri per la selezione delle azioni innovative tenendo conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione. (5) La Commissione dovrebbe definire i temi per la selezione delle azioni innovative in modo da garantire che gli inviti a presentare proposte affrontino questioni urbane che potranno diventare sempre più importanti per l'Unione nei prossimi anni, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Gestione delle azioni innovative 1. La Commissione designa una o più entità o uno o più organismi a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio per le azioni innovative a livello dell'Unione a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (nel seguito «entità delegata»). Oltre a soddisfare le prescrizioni di cui all'articolo 60, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, l'entità delegata dispone di comprovata esperienza nella gestione dei fondi dell'Unione in diversi Stati membri. 2. La Commissione stipula un accordo di delega con l'entità delegata conformemente all'articolo 61, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e tale accordo di delega, oltre alle prescrizioni di cui all'articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (4), contiene disposizioni relative: a) a orientamenti per i richiedenti e i beneficiari; b) a un programma di lavoro annuale da sottoporre per approvazione alla Commissione; c) all'organizzazione degli inviti per selezionare le azioni innovative; d) alla valutazione dell'ammissibilità dei richiedenti; e) alla creazione di un gruppo di esperti, di concerto con la Commissione, al fine di valutare e classificare le proposte; f) alla selezione delle azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti, di concerto con la Commissione; g) all'obbligo di fornire al beneficiario un documento che precisi le condizioni per il sostegno, secondo le indicazioni della Commissione; h) all'analisi delle relazioni presentate dai beneficiari e dei pagamenti ai beneficiari; i) al monitoraggio delle singole azioni innovative; j) all'organizzazione di eventi di comunicazione; k) alla diffusione dei risultati, di concerto con la Commissione; l) all'audit delle singole azioni innovative per garantire che esse utilizzino la sovvenzione conformemente ai principi della sana gestione finanziaria; m) a un contributo finanziario a sostegno dei compiti di gestione dell'entità delegata che deve essere fornito sotto forma di contributo forfettario ai costi operativi dell'entità delegata e stabilito sulla base dell'importo dei fondi dell'Unione, destinati a sovvenzioni, conferiti a tale entità. 3. L'entità delegata fornisce alla Commissione i documenti di cui all'articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché tutte le informazioni necessarie per la valutazione dell'attuazione delle azioni innovative. Articolo 2 Selezione delle azioni innovative 1. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base di inviti a presentare proposte, tenendo conto dei temi definiti ogni anno dai servizi della Commissione. 2. Le seguenti autorità possono chiedere un sostegno per la realizzazione di azioni innovative: a) qualsiasi autorità urbana di un'unità amministrativa locale definita in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia e comprendente almeno 50 000 abitanti; b) qualsiasi associazione o gruppo di autorità urbane di unità amministrative locali, definite in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia, con una popolazione totale di almeno 50 000 abitanti; può trattarsi anche di associazioni o gruppi transfrontalieri, associazioni o gruppi di diverse regioni e/o Stati membri. 3. Il gruppo di esperti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera e), formula raccomandazioni riguardanti le azioni innovative da selezionare. Il gruppo di esperti ha una composizione equilibrata dal punto di vista geografico ed è presieduto dalla Commissione. Nel formulare le sue raccomandazioni il gruppo di esperti considera, in particolare, i seguenti criteri: a) contenuto innovativo della proposta e capacità della proposta di identificare o sperimentare nuove soluzioni; b) qualità della proposta; c) coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione della proposta; d) capacità di dimostrare risultati misurabili; e) trasferibilità delle soluzioni proposte. Il gruppo di esperti garantisce che nelle sue raccomandazioni si tenga conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione. 4. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti e di concerto con la Commissione. 5. L'importo concesso a ogni azione innovativa non può essere superiore a 5 000 000 EUR. 6. Ogni azione innovativa è realizzata entro un periodo massimo di tre anni. Articolo 3 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'11 marzo 2014 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). (3) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2012 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1). (4) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Sviluppo urbano sostenibile: progetti innovativi QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento dettaglia come le azioni innovative portate avanti da città di paesi membri nel settore dello sviluppo urbano sostenibile vengono selezionate per finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (ERDF), e come tale processo di selezione viene gestito. PUNTI CHIAVE Il Regolamento (UE) n. 1301/2013 dà disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo dell’UE sugli investimenti a favore della crescita e dell’occupazione, mentre il Regolamento (UE) n. 1303/2013 (disposizioni comuni sul FESR, sul FSE, sul Fondo di coesione, sul FEASR e sul FEAMP (2014-2020) attribuisce alla Commissione europea la responsabilità di investire risorse in azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile. Queste iniziative aderiscono ai principi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, della Nuova agenda urbana, e della Politica regionale e urbana dell’UE. Il Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 fornisce dettagli sulle modalità di applicazione dei suddetti regolamenti.I progetti saranno selezionati attraverso inviti alla presentazione di proposte su temi definiti ogni anno dalla Commissione. Possono candidarsi aree urbane aventi più di 50 000 abitanti. Nelle aree di paesi dell’Unione in cui non sono presenti grandi città, le autorità urbane possono associarsi e presentare una proposta comune. Il FESR contribuisce fino a 5 milioni di EUR per progetto. La durata massima di ogni progetto prevista inizialmente era di tre anni, tuttavia questa è stata successivamente portata a quattro anni per consentire lo sviluppo completo delle iniziative. La Commissione designa un organismo a livello dell’Unione a cui affidare la supervisione del bilancio per il programma di azioni innovative, e la responsabilità di:fornire orientamenti per i richiedenti; valutare l’ammissibilità dei richiedenti; creare un gruppo di esperti al fine di valutare le proposte; selezionare le azioni innovative; emettere i pagamenti ai beneficiari; monitorare le singole azioni innovative; organizzare eventi di comunicazione; diffondere i risultati; attivare controlli sulla solidità della gestione finanziaria. Criteri di selezione Nel formulare le sue raccomandazioni su quali azioni innovative finanziare, il gruppo di esperti considera i seguenti criteri:contenuto altamente innovativo della proposta, in particolare riguardo a soluzioni nuove per l’Europa; progetti che abbiano obiettivi chiaramente definiti, dimostrino un adeguato lavoro di preparazione e tempi di realizzazione e aspettative di finanziamento realistici; i progetti potranno beneficiare di fonti esterne di competenza quali università, ONG e società private; risultati che siano misurabili, trasferibili e potenzialmente applicabili ad altre aree urbane. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? Il regolamento è stato applicato dal 9 giugno 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Sviluppo urbano sostenibile (Commissione europea) L’agenda urbana per l’UE (Commissione europea) Iniziativa Urban Innovative Actions (Hauts-de-France) DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 della Commissione, dell’ 11 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 148 del 20.5.2014, pag. 1). Le modifiche successive al regolamento (UE) n. 522/2014 sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). Cfr. la versione consolidata.
0
335
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (CE) N. 458/2007 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 aprile 2007 sul sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) L’articolo 2 del trattato si riferisce alla promozione di un livello elevato di protezione sociale come uno dei compiti della Comunità. (2) Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha dato l’avvio ad un processo di scambio politico fra gli Stati membri dell'UE sull'ammodernamento dei sistemi di protezione sociale. (3) La decisione 2004/689/CE del Consiglio (3) ha istituito un comitato della protezione sociale al fine di consentire lo scambio cooperativo tra la Commissione e gli Stati membri in merito all’ammodernamento e al miglioramento dei sistemi di protezione sociale. (4) La comunicazione della Commissione del 27 maggio 2003 intitolata: «Potenziare la dimensione sociale della strategia di Lisbona: razionalizzare il coordinamento aperto nel settore della protezione sociale», ha delineato una strategia di razionalizzazione dei processi di coordinamento aperto nel settore della politica sociale al fine di potenziare il ruolo della protezione e dell’inclusione sociale all’interno della strategia di Lisbona. Il 20 ottobre 2003 il Consiglio ha deciso che la razionalizzazione sarebbe entrata in vigore a partire dal 2006. In tale contesto, la relazione annuale congiunta è divenuta lo strumento informativo principale, con l’obiettivo di riunire i principali risultati analitici e i messaggi politici riguardanti il metodo aperto di coordinamento (OMC) nelle sue varie applicazioni e tematiche multisettoriali nell’ambito della protezione. (5) L'OMC ha sottolineato nuovamente la necessità di statistiche comparabili, puntuali e attendibili nel settore della politica sociale. Statistiche comparabili sulla protezione sociale sono impiegate in particolare nella relazione annuale congiunta. (6) La Commissione (Eurostat) sta già ricevendo dagli Stati membri su base volontaria dati annuali sulla protezione sociale. Questa prassi è consolidata negli Stati membri e si basa su principi metodologici comuni, elaborati al fine di garantire la comparabilità dei dati. (7) La produzione di statistiche comunitarie specifiche è disciplinata dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4). (8) Le misure necessarie per l'esecuzione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5). (9) In particolare, la Commissione ha il potere di stabilire il primo anno per il quale si dovrebbe procedere ad una raccolta completa dei dati relativi alle prestazioni nette di protezione sociale. La Commissione ha anche il potere di adottare misure riguardanti la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento e a integrare il presente regolamento con l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (10) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, ossia l'introduzione di norme statistiche comuni che consentano l'elaborazione di dati armonizzati, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito all'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (11) È in atto una cooperazione con l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel settore delle prestazioni nette di protezione sociale. (12) Il comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (6) è stato consultato, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto L’obiettivo del presente regolamento è istituire un sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale, (di seguito «ESSPROS»), fissando: a) un quadro metodologico basato su norme, definizioni, classificazioni e regole contabili comuni da utilizzare per compilare statistiche su una base comparabile ad uso della Comunità; e b) scadenze per la trasmissione delle statistiche compilate secondo ESSPROS. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) «statistiche comunitarie»: quanto indicato dall’articolo 2 del regolamento (CE) n. 322/97; b) «protezione sociale»: l'insieme delle prestazioni erogate da istituzioni pubbliche o private al fine di consentire alle famiglie e ai singoli individui di far fronte a determinati eventi e bisogni, a condizione che tali prestazioni non abbiano una contropartita e non siano riconducibili a disposizioni individuali. L’elenco degli eventi e dei bisogni all'origine delle prestazioni di protezione sociale è stabilito convenzionalmente nel modo seguente: malattia e/o assistenza sanitaria; invalidità; vecchiaia; superstiti; famiglia/figli; disoccupazione; alloggio; esclusione sociale non classificata altrove; c) «regime di protezione sociale»: un insieme distinto di norme, sostenuto da una o più unità istituzionali, che disciplina la fornitura di prestazioni di protezione sociale ed il relativo finanziamento; d) «prestazioni di protezione sociale»: trasferimenti — in denaro o in natura — effettuati dai regimi di protezione sociale a favore delle famiglie e dei singoli individui al fine di permettere loro di far fronte a determinati eventi o di soddisfare particolari bisogni; e) «benefici fiscali»: il valore delle prestazioni di protezione sociale al netto delle tasse e dei contributi sociali versati dai beneficiari, al quale si aggiungono i «benefici fiscali»; f) «prestazioni nette di protezione sociale»: la protezione sociale fornita sotto forma di agevolazioni fiscali che, se versate in contanti, sarebbero definite prestazioni di protezione sociale. Sono escluse le agevolazioni fiscali che promuovono la fornitura di protezione sociale o i piani di previdenza privati. Articolo 3 Campo d’applicazione del sistema 1. Le statistiche inerenti al sistema centrale dell'ESSPROS riguardano i flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della protezione sociale. Tali dati sono trasmessi a livello dei regimi di protezione sociale; per ogni regime sono indicate dettagliatamente le spese e le entrate, rispettando la classificazione ESSPROS. Per i dati quantitativi per regimi e prestazioni dettagliate, i dati da trasmettere, con riferimento alla classificazione aggregata, e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell'allegato I, punto 1. Per l'informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate, i temi cui si riferiscono e le modalità per la fornitura dei dati, l’aggiornamento dell'informazione qualitativa e la diffusione sono oggetto dell'allegato I, punto 2. Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008. 2. Oltre al sistema centrale ESSPROS sono aggiunti moduli riguardanti altre informazioni statistiche sui beneficiari delle pensioni e sulle prestazioni nette di protezione sociale. Articolo 4 Modulo sui beneficiari delle pensioni 1. A partire dal primo anno di raccolta dei dati in applicazione del presente regolamento, al sistema centrale è aggiunto un modulo sui beneficiari delle pensioni. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell’allegato II. 2. Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008. Articolo 5 Moduli sulle prestazioni nette di protezione sociale 1. Entro la fine del 2008 tutti gli Stati membri effettuano un'indagine pilota di dati per il 2005 in vista dell'introduzione di un modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura dei dati sono oggetto dell’allegato III. 2. Le misure relative all'avvio della raccolta completa dei dati nell'ambito del suddetto modulo sono adottate sulla base di una sintesi di tale indagine pilota di dati nazionali, a condizione che l'esito di un'ampia maggioranza di tali studi pilota sia positivo, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. L'avvio di tale raccolta completa dei dati non inizia prima del 2010. Articolo 6 Fonti dei dati Le statistiche di protezione sociale sono fondate sulle seguenti fonti di dati, a seconda della disponibilità negli Stati membri e nel rispetto delle leggi e delle prassi nazionali: a) registri ed altre fonti amministrative; b) indagini; c) stime. Articolo 7 Modalità di esecuzione 1. Le modalità di esecuzione del presente regolamento tengono conto dei risultati di un'analisi costi-benefici e riguardano il sistema centrale ESSPROS di cui all'allegato I, il modulo sui beneficiari delle pensioni di cui all'allegato II e il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale di cui all'articolo 5. 2. Le misure che riguardano i formati per la trasmissione dei dati, i risultati da comunicare e i criteri di misurazione della qualità sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 8, paragrafo 2. 3. Le misure che riguardano la decisione sul primo anno relativamente al quale devono essere raccolti i dati completi e le misure che riguardano la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. Tali misure sono intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche integrando il regolamento stesso. Articolo 8 Procedura 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 9 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 25 aprile 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente G. GLOSER (1) GU C 309 del 16.12.2006, pag. 78. (2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 22 marzo 2007. (3) GU L 314 del 13.10.2004, pag. 8. (4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. ALLEGATO I SISTEMA CENTRALE ESSPROS 1. Dati quantitativi per regime e prestazioni dettagliate Dati trasmessi In riferimento alla classificazione aggregata i dati trasmessi riguarderanno: Spese 1.1.1.1. Prestazioni di protezione sociale classificate per: a) funzione (corrispondente ad eventi o necessità), e b) all’interno di ogni funzione: soggette a particolari condizioni di reddito e non soggette a tali condizioni, prestazioni in denaro (suddivise in prestazioni periodiche e prestazioni ad importo forfetario) e prestazioni in natura. 1.1.1.2. Spese di amministrazione 1.1.1.3. Trasferimenti verso altri regimi 1.1.1.4. Altre spese Entrate 1.1.2.1. Contributi sociali 1.1.2.2. Contributi a carico delle amministrazioni pubbliche 1.1.2.3. Trasferimenti da altri regimi 1.1.2.4. Altre entrate I dati raccolti (in riferimento alla classificazione dettagliata) saranno forniti secondo la procedura di cui all’articolo 8, paragrafo 3. 1.2. Fornitura dei dati Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati si riferiranno all’anno di calendario nel rispetto delle prassi nazionali. I dati per l'anno di calendario N, unitamente ad eventuali revisioni degli anni precedenti, vanno trasmessi entro il 30 giugno dell'anno N + 2. 1.3. Diffusione La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati sulle spese di protezione sociale a livello totale dei regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno civile N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonderà anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi. 2. Informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate 2.1. Temi Per ogni regime l’informazione qualitativa comprende una descrizione generale del regime stesso, una descrizione dettagliata delle prestazioni ed informazioni su modifiche e riforme recenti. 2.2. Fornitura dei dati e aggiornamento dell’informazione qualitativa L’aggiornamento annuale di una serie completa di informazioni qualitative già fornite si limiterà alle eventuali modifiche del sistema di protezione sociale e sarà trasmesso unitamente ai dati quantitativi. 2.3. Diffusione La Commissione (Eurostat) diffonderà le informazioni qualitative a livello di regime entro il 31 ottobre dell'anno N + 2. ALLEGATO II MODULO SUI BENEFICIARI DELLE PENSIONI 1. Categorie di prestazioni Il modulo contiene dati sui beneficiari delle pensioni, definiti come soggetti riceventi una o più fra le seguenti prestazioni periodiche in denaro provenienti da un regime di protezione sociale: a) pensione di invalidità; b) assegno di pensione anticipata dovuta ad una riduzione della capacità lavorativa; c) pensione di vecchiaia; d) pensione di vecchiaia anticipata; e) pensione parziale; f) pensione di reversibilità; g) assegno di pensione anticipata per motivi inerenti al mercato del lavoro. 2. Fornitura dei dati Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati saranno di stock e riferiti alla fine dell’anno di calendario. Il termine di trasmissione dei dati per l’anno N è la fine di maggio dell’anno N + 2; vanno osservate le seguenti suddivisioni: a) per regime di protezione sociale; b) per genere per il totale dei regimi. 3. Diffusione La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati per tutti i regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonde anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi. La Commissione (Eurostat) pubblicherà e diffonderà a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali) i dati relativi al totale di ciascuna delle sette categorie entro il 31 ottobre dell'anno N + 2 basandosi sui dati dell'anno civile N. ALLEGATO III INDAGINE PILOTA DI DATI SULLE PRESTAZIONI NETTE DI PROTEZIONE SOCIALE 1. Temi Tale indagine riguarda il calcolo delle «prestazioni nette di protezione sociale». 2. Fornitura dei dati Deve essere indicata la parte di imposta sul reddito e di contributi sociali prelevata dalle prestazioni di protezione sociale per l'anno 2005, a seconda dei vari tipi di prestazioni in denaro, preferibilmente anche a seconda dei vari gruppi di regimi tassati in modo omogeneo. In casi difficili i risultati possono essere indicati per gruppi di prestazioni, ovvero può essere indicato il totale delle sette categorie di pensioni di cui all’allegato II o il totale delle prestazioni in denaro di una determinata funzione. I benefici fiscali saranno indicati separatamente per ogni voce secondo il metodo delle perdite di gettito. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce il sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS). Il sistema disciplina norme giuridiche volte a migliorare l’utilità delle attuali raccolte di dati in termini di tempestività, copertura e comparabilità. PUNTI CHIAVE Il regolamento istituisce un sistema europeo di statistiche integrate sulla protezione sociale, denominato ESSPROS. Esso disciplinaun insieme di regole, basate su norme, definizioni, nomenclature e regole contabili comuni, da utilizzare per la compilazione di statistiche su una base comparabile ad uso dell’UE; i termini per la trasmissione delle statistiche compilate. Le statistiche relative al sistema principale ESSPROS riguardano i flussi finanziari relativi alle spese e alle entrate nell’ambito della protezione sociale (dati quantitativi e qualitativi). Esse interessano i diversi regimi di protezione sociale. Oltre al sistema centrale, sono stati aggiunti moduli che comprendono informazioni statistiche supplementari in merito ad aspetti particolari della protezione sociale. Scopo del sistema ESSPROS si occupa delle statistiche relative ai flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della sicurezza sociale. I dati vengono raccolti a partire dall’anno 2008, che costituisce il periodo di riferimento. Modulo sui beneficiari delle pensioni Si prevedeva di aggiungere un modulo sui beneficiari delle pensioni al sistema centrale a partire dal 2008, come periodo di riferimento. Moduli aggiuntivi Al fine di introdurre un modulo sulle prestazioni sociali nette*, le raccolte di dati pilota per l’anno 2005 dovevano essere eseguite in tutti i Paesi dell’UE entro la fine del 2008. Sulla base di una sintesi di detti dati pilota nazionali, è stata presa la decisione di introdurre questo modulo e di avviare la raccolta completa dei dati, a partire dal 2010. Fonti dati Le statistiche devono essere basate su registri e altre fonti amministrative, indagini e stime, in base alla loro disponibilità nei Paesi dell’UE e in conformità con le leggi e le pratiche nazionali. Disposizioni per l’attuazione La Commissione europea ha adottato regolamenti specifici per attuare il regolamento ESPROSS. Questi riguardano:formati per la trasmissione, risultati da trasmettere e criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS, e il modulo sui beneficiari delle pensioni (regolamento (CE) n. 1322/2007) e per il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 110/2011); le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole di disseminazione per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (Regolamento (CE) N. 10/2008); avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 263/2011). DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 20 maggio 2007. CONTESTO GENERALE Per ulteriori informazioni, consultare:Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (Eurostat). PUNTI CHIAVE Prestazioni sociali nette: trasferimenti, in denaro o in natura, da regimi di protezione sociale a famiglie e individui al fine di permettere loro di far fronte a uno o più rischi o esigenze quali:malattia e/o assistenza sanitaria,disabilità,vecchiaia,disoccupazione,problemi abitativi eesclusione sociale.Le prestazioni nette di protezione sociale tengono conto del loro valore al netto di eventuali imposte e contributi sociali versati dal beneficiario. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 aprile 2007, relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (GU L 113 del 30.4.2007, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 263/2011 della Commissione, del 17 marzo 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda l’avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 71 del 18.3.2011, pag. 4). Regolamento (UE) n. 110/2011 della Commissione, dell’ 8 febbraio 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione di dati, i risultati da trasmettere e i criteri per determinare la qualità del modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 34 del 9.2.2011, pag. 29). Regolamento (CE) n. 10/2008 della Commissione, dell’ 8 gennaio 2008, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole per la diffusione del sistema centrale ESSPROS e del modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 5 del 9.1.2008, pag. 3). Regolamento (CE) n. 1322/2007 della Commissione, del 12 novembre 2007, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione, i risultati da trasmettere e i criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 294 del 13.11.2007, pag. 5).
1
1,199
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE 2014/75/PESC DEL CONSIGLIO del 10 febbraio 2014 sull’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28 e l’articolo 31, paragrafo 1, vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 20 luglio 2001 il Consiglio ha adottato l’azione comune 2001/554/PESC (1). (2) L’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza («l’Istituto») dovrebbe assistere l’Unione europea e i suoi Stati membri nell’attuazione della politica estera e di sicurezza comune (PESC), compresa la politica di difesa e di sicurezza comune (PSDC), nonché altre azioni esterne dell’Unione, sotto la supervisione politica del Consiglio e il controllo operativo dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). (3) L’Istituto dovrebbe avere personalità giuridica e operare in completa indipendenza intellettuale, fatte salve le responsabilità del Consiglio e dell’AR. (4) Il 20 settembre 2011 l’AR ha presentato, a norma dell’articolo 19 dell’azione comune 2001/554/PESC, una relazione al Consiglio sul riesame del funzionamento dell’Istituto. Il 1o febbraio 2012 il comitato politico e di sicurezza ha preso atto della relazione e ha raccomandato al Consiglio di modificare l’azione comune 2001/554/PESC. (5) È opportuno, per motivi di certezza del diritto, consolidare le modifiche precedenti e quelle aggiuntive proposte in un’unica nuova decisione e abrogare l’azione comune 2001/554/PESC, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Continuità e ubicazione 1. L’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza, istituito dall’azione comune 2001/554/PESC («l’Istituto»), continua a svolgere le proprie attività conformemente alla presente decisione. 2. Tutti i diritti e gli obblighi esistenti e tutte le norme adottate nell’ambito dell’azione comune 2001/554/PESC rimangono inalterati. In particolare, rimangono validi tutti i contratti di lavoro esistenti e tutti i diritti che ne discendono. 3. L’istituto ha sede a Parigi. Al fine di agevolare l’organizzazione di attività a Bruxelles, l’Istituto un ufficio di collegamento in loco. L’Istituto ha un’organizzazione flessibile e rivolge particolare attenzione alla qualità e all’efficienza, anche riguardo ai livelli di organico. Articolo 2 Funzioni e compiti 1. L’Istituto, in stretta collaborazione con gli Stati membri, contribuisce allo sviluppo della riflessione strategica dell’UE in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) e di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), compresi la prevenzione dei conflitti e il consolidamento della pace, nonché in materia di altra azione esterna dell’Unione, con l’obiettivo di rafforzare la capacità di analisi, di previsione e di collegamento in rete dell’UE nell’azione esterna. 2. Le attività dell’Istituto vertono sullo svolgimento di analisi orientate alle politiche, sull’informazione, sulla divulgazione e sul dibattito, sull’organizzazione di eventi e seminari di collegamento in rete e sulla raccolta di pertinente documentazione per i funzionari e gli esperti dell’Unione e degli Stati membri. 3. L’Istituto promuove altresì contatti con il mondo accademico, con i gruppi di riflessione e con pertinenti attori della società civile in tutto il continente europeo, nella comunità atlantica e nella comunità internazionale in genere, fungendo da interfaccia tra le istituzioni dell’Unione e l’ambito degli esperti esterni, compresi gli attori nel settore della sicurezza. Articolo 3 Supervisione politica e direzione operativa 1. Il comitato politico e di sicurezza (CPS), sotto la responsabilità del Consiglio, assicura la supervisione politica delle attività dell’Istituto. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), conformemente alle responsabilità dell’AR per la PESC e, in particolare, per la PSDC, assicura la direzione operativa all’Istituto. 2. Questa supervisione politica e direzione operativa sono esercitate senza interferire con l’indipendenza intellettuale e l’autonomia operativa di cui gode l’Istituto stesso nello svolgimento della propria missione e dei propri compiti. Articolo 4 Personalità giuridica L’Istituto ha la personalità giuridica necessaria a svolgere le sue funzioni e a raggiungere i suoi obiettivi. Esso può in particolare stipulare contratti, acquistare o alienare beni mobili e immobili e stare in giudizio. L’Istituto è un organismo senza scopo di lucro. Gli Stati membri adottano, ove necessario, misure per attribuire all’Istituto la capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle rispettive legislazioni nazionali. Articolo 5 Consiglio di amministrazione 1. L’Istituto ha un consiglio di amministrazione che approva il suo programma di lavoro annuale e a lungo termine, nonché il bilancio appropriato. Il consiglio di amministrazione costituisce un centro di discussione per i punti connessi alle funzioni, ai compiti, al funzionamento e al personale dell’Istituto. 2. Il consiglio di amministrazione è presieduto dall’AR o da un suo rappresentante. Il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) svolge le funzioni di segretariato del comitato. 3. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante designato da ciascuno Stato membro. Ogni membro del consiglio di amministrazione può essere rappresentato o accompagnato da un supplente. La Commissione, che partecipa ai lavori del consiglio di amministrazione, designa altresì un rappresentante. 4. Il direttore dell’Istituto o il rappresentante del direttore assiste di norma alle riunioni del consiglio di amministrazione. Possono inoltre assistervi il direttore generale dello Stato maggiore e il presidente del Comitato militare o i loro rappresentanti. 5. Le decisioni del consiglio di amministrazione sono adottate mediante votazione dai rappresentanti degli Stati membri a maggioranza qualificata e ai voti è attribuita la ponderazione ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 4 e 5, del trattato sull’Unione europea (TUE), fatto salvo l’articolo 11, paragrafi 2 e 3, della presente decisione. Il consiglio di amministrazione adotta il suo regolamento interno. 6. Il consiglio di amministrazione può decidere di creare gruppi di lavoro ad hoc o comitati permanenti per trattare temi o problemi specifici nell’ambito della sua responsabilità generale e sotto la sua supervisione. La decisione di creare tali gruppi di lavoro o comitati ne precisa il mandato, la composizione e la durata. 7. Il consiglio di amministrazione è convocato dal presidente almeno due volte l’anno. Esso è convocato su richiesta di almeno un terzo dei suoi membri. Articolo 6 Direttore 1. Il consiglio di amministrazione nomina il direttore dell’Istituto tra i cittadini degli Stati membri, dietro raccomandazione dell’AR. Il direttore è nominato per un periodo di tre anni, periodo che può essere prorogato di due anni. 2. I candidati per il posto di direttore dovrebbero essere soggetti dotati di riconosciuta competenza ed esperienza consolidata in materia di relazioni esterne, politica di sicurezza e diplomazia, e nella ricerca in tali materie. Gli Stati membri sottopongono candidature all’AR, che ne informa il consiglio di amministrazione. La procedura di preselezione è organizzata sotto la responsabilità dell’AR. La commissione di preselezione è composta da tre rappresentanti del SEAE e da tre rappresentanti degli Stati membri tra il trio di presidenza ed è presieduta dall’AR o dal rappresentante dell’AR. Sulla base dei risultati della preselezione, l’AR deve fornire al consiglio di amministrazione una raccomandazione con un elenco ristretto di almeno tre candidati, redatto in ordine di preferenza dalla commissione di preselezione. 3. Il direttore assicura la rappresentanza giuridica dell’Istituto. 4. Il direttore è responsabile dell’assunzione del resto del personale dell’Istituto. I membri del consiglio di amministrazione sono informati in anticipo della nomina di analisti. 5. Previa approvazione del consiglio di amministrazione e tenendo conto delle implicazioni finanziarie in seguito all’adozione del bilancio annuale dell’Istituto, il direttore può nominare un vicedirettore. Il vicedirettore è nominato per un periodo massimo di tre anni, che può essere prorogato un’unica volta per due anni. 6. Il direttore assicura l’esecuzione delle funzioni e dei compiti dell’Istituto conformemente all’articolo 2. Il direttore garantisce l’elevato grado di competenza e professionalità dell’Istituto, nonché assicura l’efficacia e l’efficienza nello svolgimento delle attività dell’Istituto. Il direttore è inoltre responsabile: a) dell’elaborazione del programma di lavoro annuale dell’Istituto e della relazione annuale sulle attività dell’Istituto; b) della preparazione delle attività del consiglio di amministrazione; c) dell’amministrazione corrente dell’Istituto; d) di tutte le questioni relative al personale; e) della preparazione dello stato delle entrate e delle spese e dell’esecuzione del bilancio dell’Istituto, f) dell’informazione del CPS sul programma di lavoro annuale, g) dei contatti e della stretta collaborazione con le istituzioni dell’Unione, nazionali e internazionali in campi correlati. Il direttore, previa consultazione del consiglio di amministrazione, dovrebbe inoltre esplorare le possibilità di contributi aggiuntivi al bilancio dell’Istituto. 7. Nell’ambito del programma di lavoro e del bilancio concordati dell’Istituto, il direttore è abilitato a concludere contratti, assumere il personale approvato nel bilancio e effettuare ogni spesa necessaria al funzionamento dell’Istituto. 8. Il direttore predispone una relazione annuale sulle attività dell’Istituto entro il 31 marzo dell’anno successivo. La relazione annuale è trasmessa al consiglio di amministrazione e, tramite l’AR, al Consiglio, il quale la trasmette al Parlamento europeo, alla Commissione e agli Stati membri. 9. Il direttore risponde della sua gestione al consiglio di amministrazione. Articolo 7 Personale 1. Il personale dell’Istituto, composto di analisti e di personale amministrativo, ha lo status di agente contrattuale ed è reclutato tra i cittadini degli Stati membri. Gli analisti dell’Istituto sono assunti in base a meriti intellettuali, esperienza e competenza pertinenti alla missione e ai compiti dell’Istituto di cui all’articolo 2, e mediante una procedura di concorso equa e trasparente. Le norme relative al personale dell’Istituto sono adottate dal Consiglio su raccomandazione del direttore. 2. I ricercatori e i tirocinanti possono essere assunti su una base ad hoc e di breve durata. Con l’accordo del direttore e dopo aver informato il consiglio di amministrazione, i ricercatori possono essere distaccati presso l’Istituto per un periodo determinato, in posti all’interno della struttura organizzativa dell’Istituto o per compiti e progetti specifici pertinenti alla missione dell’Istituto e ai compiti di cui all’articolo 2. I membri del personale possono essere distaccati per un posto all’esterno dell’Istituto, per un periodo determinato, nell’interesse del servizio, conformemente allo statuto del personale dell’Istituto. Le disposizioni relative al distacco sono adottate dal consiglio di amministrazione su proposta del direttore. Articolo 8 Indipendenza e autonomia Nello svolgimento delle attività dell’Istituto, il direttore e gli analisti dispongono dell’indipendenza intellettuale e dell’autonomia operativa necessarie. Articolo 9 Programma di lavoro 1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il direttore elabora un progetto di programma di lavoro annuale per l’anno successivo, corredato di prospettive indicative a lungo termine per gli anni successivi e lo presenta al consiglio di amministrazione per l’approvazione. 2. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio di amministrazione approva il programma di lavoro annuale. Articolo 10 Bilancio 1. Tutte le voci di entrata e di spesa dell’Istituto sono indicate in stime da elaborare per ciascun esercizio finanziario, che corrisponde all’anno civile, e sono illustrate nel bilancio dell’Istituto, che include un elenco del personale. 2. Le entrate e le spese contenute nel bilancio dell’Istituto sono in pareggio. 3. Le entrate dell’Istituto consistono in contributi degli Stati membri in base al criterio del prodotto nazionale lordo (PNL). Su proposta del direttore e previa approvazione del consiglio di amministrazione, contributi aggiuntivi per progetti specifici pertinenti alla missione dell’Istituto e ai compiti di cui all’articolo 2 possono essere accettati da altre fonti, in particolare dai singoli Stati membri o dalle istituzioni dell’Unione. Articolo 11 Procedura di bilancio 1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il direttore presenta al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio annuale per l’Istituto comprendente le spese amministrative, le spese operative e una previsione di entrate, tra cui i contributi aggiuntivi per i progetti specifici di cui all’articolo 10, paragrafo 3. 2. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio di amministrazione approva il bilancio annuale dell’Istituto all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri. 3. In caso di circostanze inevitabili, eccezionali o impreviste il direttore può proporre al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio rettificativo. Il consiglio di amministrazione, tenendo debitamente conto dell’urgenza, approva il bilancio rettificativo all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri. 4. Entro il 31 marzo di ogni anno, il direttore sottopone al Consiglio e al consiglio di amministrazione i conti dettagliati di tutte le entrate e le spese dell’esercizio finanziario precedente, nonché una relazione sulle attività dell’Istituto. 5. Il consiglio di amministrazione dà scarico al direttore per l’esecuzione del bilancio dell’Istituto. Articolo 12 Norme finanziarie Previo assenso del Consiglio, il consiglio di amministrazione elabora, su proposta del direttore, norme finanziarie dettagliate che precisano in particolare la procedura da seguire per l’elaborazione, l’esecuzione e il controllo del bilancio dell’Istituto. Articolo 13 Privilegi e immunità 1. I privilegi e le immunità del direttore e dei membri del personale dell’Istituto sono previsti nella decisione dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 15 ottobre 2001, sui privilegi e sulle immunità accordati all’Istituto per gli studi sulla sicurezza e al centro satellitare dell’Unione europea nonché ai loro organi e al loro personale. In attesa dell’entrata in vigore di tale decisione, lo Stato ospitante può concedere al direttore e al personale dell’Istituto i privilegi e le immunità previsti nella stessa. 2. I privilegi e le immunità dell’Istituto sono previsti nel protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Articolo 14 Responsabilità giuridica 1. La responsabilità contrattuale dell’Istituto è disciplinata dalla legge applicabile al contratto in questione. 2. La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a giudicare in virtù di eventuali clausole compromissorie contenute nei contratti stipulati dall’Istituto. 3. La responsabilità personale degli agenti nei confronti dell’Istituto è disciplinata dalle pertinenti disposizioni applicabili al personale dell’Istituto. Articolo 15 Accesso ai documenti Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta le norme relative all’accesso del pubblico ai documenti dell’Istituto, tenendo conto dei principi e dei limiti stabiliti nel regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Articolo 16 Protezione di informazioni classificate UE L’Istituto applica la decisione 2013/488/UE del Consiglio (3). Articolo 17 Cooperazione con gli Stati membri, le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione Per svolgere le funzioni e i compiti di cui all’articolo 2, l’Istituto coopera strettamente con gli Stati membri e con il SEAE. Se necessario, l’Istituto stabilisce altresì relazioni di lavoro con le istituzioni dell’Unione, nonché con i pertinenti organi e agenzie dell’Unione, compresa l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD), al fine di scambiare conoscenze specialistiche e consulenza nei settori di reciproco interesse. L’Istituto può anche intraprendere progetti comuni con le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione. Articolo 18 Protezione dei dati Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta norme di esecuzione concernenti il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Articolo 19 Relazione Entro il 31 luglio 2016, l’AR presenta al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente decisione corredata, se necessario, di raccomandazioni adeguate. Articolo 20 Abrogazione L’azione comune 2001/554/PESC è abrogata. Articolo 21 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Fatto a Bruxelles, il 10 febbraio 2014 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) Azione comune 2001/554/PESC del Consiglio, del 20 luglio 2001, relativa alla creazione di un Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza (GU L 200 del 25.7.2001, pag. 1). (2) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). (3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (4) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza L'Istituto dell'Unione europea (UE) per gli studi sulla sicurezza fornisce ricerche e analisi su questioni internazionali per aiutare l'UE a sviluppare la sua politica estera e di sicurezza. ATTO Decisione 2014/75/PESC del Consiglio, del 10 febbraio 2014, sull'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza. SINTESI Grazie a questa decisione del Consiglio, l'UE ha deciso di continuare a delineare le competenze dell'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza (IUESS) onde fornire ricerche e analisi su questioni internazionali per la politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell'UE. L'Istituto è stato originariamente fondato nel gennaio 2002. Ha sede a Parigi e ha un ufficio di collegamento a Bruxelles. Attraverso la ricerca e l'analisi, l'Istituto contribuisce al processo decisionale europeo nel settore della PESC. In particolare, conduce analisi e fornisce un centro di discussione sulla strategia esterna dell'UE in settori che comprendono la prevenzione dei conflitti e il consolidamento della pace. Le sue attività comprendono l'organizzazione di eventi e seminari di collegamento e la raccolta di informazioni pertinenti per i funzionari e gli esperti dell’UE. Inoltre funge da interfaccia tra le istituzioni dell'UE e l'ambito degli esperti esterni, compresi gli attori nel settore della sicurezza. L'Istituto è amministrato da un Consiglio di amministrazione e da un direttore: Il consiglio di amministrazione: la principale responsabilità del consiglio di amministrazione è approvare il programma di lavoro annuale e a lungo termine dell’Istituto, nonché il bilancio appropriato. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio deve approvare il programma di lavoro annuale dell'Istituto. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro e da un rappresentante della Commissione. Si riunisce almeno due volte l'anno ed è presieduto dall'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il Direttore generale dello Stato maggiore dell'UE può partecipare alle riunioni del consiglio. Il consiglio può decidere di creare gruppi di lavoro ad hoc o comitati permanenti per affrontare temi specifici. Il direttore: il direttore è nominato dal Consiglio su raccomandazione dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per un periodo di 3 anni, con una possibile proroga di 2 anni. Il direttore è responsabile tra le altre cose dell'amministrazione corrente dell'Istituto, dell'elaborazione del programma di lavoro annuale dell'Istituto e della relazione annuale e della preparazione dei lavori del consiglio. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Decisione 2014/75/PESC del Consiglio 10.2.2014 - GU L 41 del 12.2.2014
0
488
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (CE) N. 181/2008 DELLA COMMISSIONE del 28 febbraio 2008 che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (Testo rilevante ai fini del SEE) (Versione codificata) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (1), in particolare l'articolo 9, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione, del 16 aprile 1999, che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) In virtù dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, la Commissione fissa le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di regolazione della capacità delle flotte comunitarie definita da detto regolamento. (3) È opportuno mantenere i tassi di contributi speciali e dei tonnellaggi equivalenti fissati dal regolamento (CEE) n. 1101/89 del Consiglio (4) e dal regolamento (CEE) n. 1102/89 della Commissione (5), che si sono dimostrati efficaci. (4) Per far agire la solidarietà finanziaria tra i fondi della navigazione interna, è opportuno che la Commissione, di concerto con le autorità dei fondi, proceda, all'inizio di ogni anno, alla contabilizzazione delle risorse disponibili nel fondo di riserva e alla perequazione dei conti in caso di una nuova azione di risanamento. (5) Le misure previste dal presente regolamento sono state discusse con gli Stati membri interessati e le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello comunitario, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento determina l'aliquota dei contributi speciali di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie. Articolo 2 Contributi speciali 1. L'importo dei contributi speciali per i vari tipi e categorie di battelli si situa in una forcella che va dal 70 % al 115 % delle seguenti aliquote: a) battelli da carico secco: i) automotori: 120 EUR/t; ii) Chiatte a spinta: 60 EUR/t; iii) Chiatte rimorchiate: 43 EUR/t; b) navi cisterna: i) automotori: 216 EUR/t; ii) chiatte a spinta: 108 EUR/t; iii) chiatte rimorchiate: 39 EUR/t; c) spintori: 180 EUR/kilowatt con aumento lineare fino a 240 EUR/kilowatt per una forza motrice pari o superiore a 1 000 kW. 2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, le aliquote massime dei contributi speciali di cui al paragrafo 1 sono ridotte del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 450 a 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali sono ridotte dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 tonnellate. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %; fino ai battelli di portata lorda superiore a 1 650 t restano pari al 115 %. Articolo 3 Tonnellaggio equivalente 1. Quando un proprietario mette in servizio un battello di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 718/1999 e presenta alla demolizione un altro tipo di attrezzature fluviali, il tonnellaggio equivalente da prendere in considerazione è determinato, nell'ambito di ciascuna delle due specie di battelli in appresso indicate, in base ai seguenti coefficienti di valutazione: a) battelli da carico secco: i) automotori di oltre 650 t: 1,00; ii) chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50; iii) chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,36; b) navi cisterna: i) automotori di oltre 650 t: 1,00; ii) chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50; iii) chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,18. 2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, i coefficienti di cui al paragrafo 1 sono ridotti del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 650 a 450 t, detti coefficienti sono ridotti dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 t. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, i coefficienti subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %. Articolo 4 Coefficienti del regime «Vecchio per nuovo» L'entrata in servizio dei battelli è subordinata alla condizione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 718/1999: 1) trattandosi di battelli da carico secco il coefficiente è fissato a 0:1 (rapporto fra il tonnellaggio vecchio e quello nuovo); 2) trattandosi di navi cisterna il coefficiente è fissato a 0:1; 3) trattandosi di spintori, il coefficiente è fissato a 0:1. Articolo 5 Solidarietà finanziaria 1. Per contabilizzare le risorse disponibili nel fondo di riserva e per attuare la solidarietà finanziaria fra i conti dei diversi fondi di cui all'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 718/1999, all'inizio di ogni anno ciascun fondo comunica alla Commissione le seguenti informazioni: a) le entrate del fondo nel corso dell'anno precedente (Rdn) purché queste siano destinate al versamento dei premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999; b) gli obblighi finanziari assunti dal fondo nel corso dell'anno precedente e relativi ai premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pn); c) le rimanenze in data 1o gennaio dell'anno precedente, provenienti dalle entrate destinate al versamento dei premi di demolizione o da misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Sn). 2. La Commissione determina, in collaborazione con le autorità dei fondi e in base ai dati di cui al paragrafo 1: a) l'importo totale degli obblighi finanziari assunti da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente per il versamento di premi di demolizione o per misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pt); b) l'importo totale delle entrate realizzate da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente (Rdt); c) la somma dei disavanzi di tutti i fondi al 1o gennaio dell'anno precedente (St); d) gli impegni annui normalizzati (Pnn) dei singoli fondi, calcolati secondo la seguente formula: Pnn = (Pt/(Rdt + St)) × (Rdn + Sn); e) per ciascun fondo, la differenza fra gli impegni annui (Pn) e gli impegni annui normalizzati (Pnn); f) gli importi che ciascun fondo i cui impegni annui siano inferiori agli impegni annui normalizzati (Pn < Pnn) versa a un fondo i cui impegni annui siano superiori agli impegni annui normalizzati (Pn > Pnn). 3. Anteriormente al 1o marzo dell'anno in corso ogni fondo versa agli altri fondi gli importi di cui al la lettera f) del paragrafo 2. Articolo 6 Consultazioni Per tutte le questioni concernenti la politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie e le modifiche del presente regolamento, la Commissione si avvale del parere di un gruppo composto di esperti delle organizzazioni professionali che rappresentano il settore della navigazione interna a livello comunitario e degli Stati membri interessati. Il gruppo è denominato «Gruppo di esperti — Politica di regolazione delle capacità e di promozione delle flotte comunitarie». Articolo 7 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 805/1999 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1. (2) GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 411/2003 (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18). (3) Cfr. allegato I. (4) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 25. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 742/98 della Commissione (GU L 103 del 3.4.1998, pag. 3). (5) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 30. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 812/1999 (GU L 103 del 20.4.1999, pag. 5). ALLEGATO I Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive Regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione (GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64) Regolamento (CE) n. 1532/2000 della Commissione (GU L 175 del 14.7.2000, pag. 74) Regolamento (CE) n. 997/2001 della Commissione (GU L 139 del 23.5.2001, pag. 11) Regolamento (CE) n. 336/2002 della Commissione (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 11) Regolamento (CE) n. 411/2003 della Commissione (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18) ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 805/1999 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) i) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) ii) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) iii) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) i) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) ii) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) iii) Articolo 2, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, primo comma Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma Articolo 2, paragrafo 3 — Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) i) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) ii) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) iii) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) i) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) ii) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) iii) Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, primo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera a) Articolo 5, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera b) Articolo 5, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera c) Articolo 5, paragrafo 2, primo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera a) Articolo 5, paragrafo 2, secondo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera b) Articolo 5, paragrafo 2, terzo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera c) Articolo 5, paragrafo 2, quarto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera d) Articolo 5, paragrafo 2, quinto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera e) Articolo 5, paragrafo 2, sesto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera f) Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7 — — Articolo 7 — Articolo 8 — Allegato I — Allegato II Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Norme volte a promuovere il trasporto per via navigabile nell’Unione europea QUAL È L’OBIETTIVO DEI REGOLAMENTI? Insieme al regolamento (CE) n. 181/2008 e al regolamento (UE) n. 546/2014, il regolamento (CE) n. 718/1999 stabilisce le norme di regolazione delle capacità delle flotte dell’Unione europea (Unione). I regolamenti intendono incoraggiare lo sviluppo di un trasporto per via navigabile sostenibile e competitivo nell’Unione. PUNTI CHIAVE Regolamento (CE) n. 718/1999Il regolamento riguarda le navi che trasportano merci a fini commerciali e contempla alcune eccezioni, come ad esempio quelle per le navi che operano sul Danubio o adibite esclusivamente al magazzinaggio di merci o al dragaggio. I paesi dell’Unione le cui flotte dispongono di un tonnellaggio superiore a 100 000 tonnellate e con vie navigabili collegate ad altri paesi dell’Unione, sono tenuti a istituire un fondo di navigazione interna (con fondi di riserva separati per battelli da carico secco*, cisterne* e spintori*). Questi fondi dovevano essere amministrati dalle autorità nazionali e dovevano essere utilizzati in due situazioni:nel caso di «grave turbativa del mercato» nel mercato dei trasporti per via navigabile (ai sensi della direttiva 96/75/CE);se richiesti unanimemente dalle organizzazioni che rappresentano il trasporto per via navigabile. Fino all’inizio del 2014, questi fondi di riserva non erano mai stati utilizzati. Il regolamento in origine conteneva un regime «vecchio per nuovo» secondo il quale i proprietari che volevano introdurre un nuovo battello nella flotta dovevano demolire il tonnellaggio del battello precedente oppure versare un contributo. Questa regola fu eliminata dal regolamento (CE) n. 411/2003 [abrogata e sostituita dal regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione — si veda di seguito] e poteva essere ripristinata, accompagnata o meno da misure di risanamento strutturale, solo nel caso di grave turbativa del mercato, come definita nella direttiva 96/75/CE.Regolamento (CE) n. 181/2008 Il regolamento (CE) n. 181/2008 stabilisce le modalità di applicazione del regolamento di esecuzione (CE) n. 718/1999. Determina l’aliquota dei contributi speciali di cui al regolamento (CE) n. 718/1999 (articolo 7), i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l’esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie. Regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 Ai sensi del regolamento (UE) n. 546/2014, l’ambito di applicazione dei provvedimenti disponibili previsti dal regolamento (CE) n. 718/1999 è stato esteso. Tali provvedimenti includono:facilitare (ad esempio fornendo informazioni) ai trasportatori per via navigabile che si ritirano dall’attività il conseguimento del pensionamento anticipato oppure la riqualificazione in un’altra attività economica; organizzare corsi di formazione o di riqualificazione professionale per i lavoratori che lasciano l’attività; migliorare le competenze di navigazione interna e le conoscenze logistiche per salvaguardare lo sviluppo e il futuro della professione; promuovere il raggruppamento dei battellieri-artigiani in cooperative e rafforzare le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello dell’Unione; incoraggiare l’adeguamento tecnico dei battelli per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza; stimolare l’innovazione per quanto riguarda i battelli e il miglioramento delle loro prestazioni ambientali; promuovere l’uso dei fondi di riserva nonché di strumenti finanziari quali Orizzonte 2020 e il meccanismo per collegare l’Europa. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CE) n. 718/1999 è in vigore dal 29 aprile 1999. Il regolamento (CE) n. 181/2008 è in vigore dal 20 marzo 2008. Il regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 è in vigore dal 18 giugno 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea). PAROLE CHIAVE Battelli da carico secco: navi che trasportano carichi secchi (ad esempio cereali). Cisterne: navi che trasportano carichi umidi (ad esempio olio). Spintori: navi usate per spingere altre navi, come ad esempio chiatte, ma non per trasportare merci. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 718/1999 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione, del 28 febbraio 2008, che fissa talune misure d’applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (versione codificata) (GU L 56 del 29.2.2008, pag. 8). Regolamento (UE) n. 546/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 163 del 29.5.2014, pag. 15). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 96/75/CE del Consiglio, del 19 novembre 1996, relativa alle modalità di noleggio e di formazione dei prezzi nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali di merci per via navigabile nella Comunità (GU L 304 del 27.11.1996, pag. 12). Si veda la versione consolidata.
0
284
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 28 aprile 2010 relativa all'iniziativa di programmazione congiunta nel settore della ricerca «Un'alimentazione sana per una vita sana» (2010/250/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 181, paragrafo 2, considerando quanto segue: (1) La salute dei cittadini è essenziale per la crescita e la prosperità dell'Unione. (2) Nell'ultimo trentennio il sovrappeso e l'obesità hanno registrato una crescita spettacolare nella popolazione dell'Unione, in particolare tra i bambini. (3) Si riscontra una tendenza sempre più diffusa, nella popolazione dell'Unione, ad alimentarsi in modo scorretto e a fare poco esercizio fisico. (4) È in aumento l'incidenza di alcune patologie croniche, quali malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2, ictus, determinati tipi di cancro, disturbi muscolo-scheletrici e addirittura una serie di disturbi mentali. (5) L'eliminazione dei fattori di rischio comuni connessi allo stile di vita, e in particolare all'alimentazione, consentirebbe di evitare l'80 % delle cardiopatie, degli ictus e dei casi di diabete di tipo 2, nonché il 40 % dei tumori. (6) Nella riunione del 3 dicembre 2009 il Consiglio Competitività ha identificato nella «Salute, dieta e prevenzione delle malattie legate all'alimentazione» (il titolo è stato successivamente modificato in «Un'alimentazione sana per una vita sana») un ambito in cui la programmazione congiunta offrirebbe un valore aggiunto significativo rispetto all’attuale frammentazione della ricerca negli Stati membri. Nelle sue conclusioni il Consiglio ha pertanto riconosciuto la necessità di avviare un’iniziativa di programmazione congiunta in questo settore e ha invitato la Commissione a contribuire alla sua preparazione. Il Consiglio ha altresì ribadito che la programmazione congiunta è un processo condotto dagli Stati membri, affiancati dalla Commissione in veste di facilitatore. (7) La programmazione congiunta della ricerca nel settore dell'alimentazione e della salute consentirebbe di coordinare gli studi sull'impatto dello stile di vita e dell'alimentazione sulla salute, contribuendo in misura significativa alla costruzione di uno Spazio europeo della ricerca pienamente operativo per la prevenzione delle malattie legate all'alimentazione e rafforzando il primato e la competitività delle attività di ricerca svolte in questo campo. (8) Per garantire l’efficacia dei loro sforzi congiunti nel settore dell'alimentazione e della salute, gli Stati membri dovrebbero definire e attuare un'agenda strategica di ricerca basata su un approccio comune in materia di prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. (9) Ai fini di una gestione efficace degli interventi congiunti da attuare, è opportuno che gli Stati membri istituiscano una struttura di gestione comune incaricata di stabilire condizioni, regole e procedure comuni per la cooperazione e il coordinamento e di monitorare l’attuazione dell’agenda strategica di ricerca. (10) Per raggiungere gli obiettivi fissati dalla presente raccomandazione, è opportuno che gli Stati membri cooperino con la Commissione per individuare le iniziative che essa potrebbe attuare per assisterli nella definizione e nell’attuazione dell’agenda strategica di ricerca. (11) Per consentire alla Commissione di riferire in proposito al Parlamento europeo e al Consiglio, è opportuno che gli Stati membri trasmettano relazioni periodiche alla Commissione in merito ai progressi compiuti nella programmazione congiunta, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: 1) Gli Stati membri sono incoraggiati a sviluppare una visione comune su come la cooperazione e il coordinamento nel settore della ricerca a livello dell'Unione possono migliorare la prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. 2) Gli Stati membri sono incoraggiati a definire un’agenda strategica di ricerca che individui necessità e obiettivi di ricerca a medio e lungo termine in materia di prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. L'agenda strategica di ricerca dovrebbe includere un piano di attuazione che definisca le priorità e la tempistica e specifichi le azioni, gli strumenti e le risorse necessarie per la sua attuazione. 3) Gli Stati membri sono incoraggiati a includere nell'agenda strategica di ricerca e nel piano di attuazione le azioni seguenti: a) reperire e scambiare informazioni in merito ai programmi nazionali e alle attività di ricerca pertinenti; b) individuare i settori o le attività di ricerca che trarrebbero vantaggio dal coordinamento, da gare d'appalto congiunte o dalla messa in comune delle risorse; c) scambiare informazioni, risorse, buone pratiche, metodi e orientamenti, in particolare nell'ambito di studi di coorte e studi clinici; d) definire la procedura, compresi i criteri di qualità, per le attività di ricerca da realizzare congiuntamente nei settori di cui alla lettera b); e) condividere, quando opportuno, le infrastrutture di ricerca esistenti o sviluppare nuovi strumenti, quali banche dati coordinate, biobanche o modelli per l'estrapolazione di dati all'uomo; f) esportare e divulgare conoscenze, innovazioni e approcci interdisciplinari e garantire un utilizzo efficace dei risultati della ricerca al fine di migliorare la competitività e l'elaborazione delle politiche europee; g) incoraggiare e sostenere una stretta collaborazione tra settore pubblico e privato, nonché l'innovazione aperta tra i vari settori economici; h) mettere in rete i centri esistenti, in particolare quelli specializzati in scienza dei consumi, nutrizione e tecnologie di trasformazione. 4) Gli Stati membri sono incoraggiati a istituire una struttura di gestione comune nel settore della prevenzione delle malattie legate all'alimentazione, incaricata di stabilire condizioni, regole e procedure comuni per la cooperazione e il coordinamento e di monitorare l’attuazione dell’agenda strategica di ricerca. 5) Gli Stati membri sono incoraggiati ad attuare congiuntamente l'agenda strategica di ricerca, in particolare attraverso i rispettivi programmi di ricerca nazionali o altre attività di ricerca a livello nazionale. 6) Gli Stati membri sono incoraggiati a collaborare con la Commissione per individuare le iniziative che essa potrebbe attuare per assisterli nella definizione e nell’attuazione dell’agenda strategica di ricerca e per coordinare i programmi congiunti con altre iniziative dell'Unione in questo settore. 7) Gli Stati membri sono incoraggiati a riferire regolarmente alla Commissione in merito ai progressi compiuti nella presente iniziativa di programmazione congiunta. Fatto a Bruxelles, il 28 aprile 2010. Per la Commissione Máire GEOGHEGAN-QUINN Membro della Commissione Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Un'alimentazione sana per una vita sana Di fronte allo sviluppo dell'obesità nell'Unione europea (UE) e delle patologie ad essa collegate, la Commissione europea invita gli Stati membri ad adottare misure comuni per combattere questo fenomeno. ATTO Raccomandazione n. 2010/250/UE della Commissione, del 28 aprile 2010, relativa all'iniziativa di programmazione congiunta nel settore della ricerca «Un'alimentazione sana per una vita sana». SINTESI Attraverso la presente raccomandazione, la Commissione europea invita gli Stati membri a sviluppare e attuare una strategia comune nel settore della prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. Quali sono i rischi associati a una cattiva alimentazione ? Il sovrappeso e l'obesità possono portare allo sviluppo di malattie quali: malattie cardiovascolari; ipertensione; diabete di tipo 2; ictus; determinati tipi di cancro; disturbi muscolo-scheletrici; alcuni disturbi mentali. Tuttavia, questi rischi potrebbero essere limitati se le persone adottassero comportamenti sani, soprattutto a livello di alimentazione. Infatti l'eliminazione dei fattori di rischio comuni connessi allo stile di vita consentirebbe di evitare circa l'80 % delle cardiopatie, degli ictus e dei casi di diabete di tipo 2, nonché il 40 % dei tumori. Quali misure gli Stati membri sono esortati ad attuare ? Per garantire che la ricerca nel campo delle malattie correlate all'alimentazione sia più efficace, la Commissione invita gli Stati membri a sviluppare e ad attuare un'agenda strategica di ricerca basata su un approccio comune in materia di prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. Tale agenda dovrebbe includere un piano di attuazione che definisca le priorità e la tempistica e specifichi le azioni, gli strumenti e le risorse necessarie per la sua attuazione. In particolare, l'agenda strategica di ricerca e il piano di attuazione devono includere le seguenti azioni: reperire e scambiare informazioni in merito ai programmi nazionali e alle attività di ricerca pertinenti; individuare i settori o le attività di ricerca che trarrebbero vantaggio dal coordinamento, da gare d'appalto congiunte o dalla messa in comune delle risorse; scambiare informazioni, risorse, buone pratiche, metodi e orientamenti, in particolare nell'ambito di studi di coorte e studi clinici; esportare e divulgare conoscenze, innovazioni e approcci interdisciplinari; mettere in rete i centri esistenti specializzati. Gli Stati membri sono incoraggiati a istituire una struttura di gestione comune incaricata di stabilire condizioni, regole e procedure comuni per la cooperazione e il coordinamento. Essi sono altresì tenuti a monitorare l’attuazione dell'agenda strategica di ricerca. Contesto Il sovrappeso e l'obesità sono notevolmente aumentati tra i cittadini dell'Unione europea negli ultimi tre decenni. La tendenza sembra accentuarsi con il tempo. Il Consiglio «Competitività», riunitosi il 3 dicembre 2009, ha riconosciuto la necessità di avviare un'iniziativa di programmazione congiunta che sarà condotta dagli Stati membri e incoraggiata dalla Commissione.
0
197
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE 2013/233/PESC DEL CONSIGLIO del 22 maggio 2013 sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) Il CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28, l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 23 luglio 2012 il Consiglio, riconoscendo i gravi problemi di sicurezza in Libia, ha ribadito la disponibilità dell’Unione a fornire assistenza, anche attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), nei settori della sicurezza e della gestione delle frontiere, in stretto partenariato con le autorità libiche. (2) Il 9 gennaio 2013 il Ministro libico degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha indirizzato una lettera all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale accoglie con favore la proposta in ambito PSDC dell’Unione di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere libiche a breve termine e assistenza per sviluppare un concetto più ampio di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. (3) Il 31 gennaio 2013 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi per una eventuale missione civile di PSDC in Libia. (4) La capacità di vigilanza dovrebbe essere attivata per la missione istituita dalla presente decisione. (5) La missione sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e ostacolare il conseguimento degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione enunciati nell’articolo 21 del trattato sull’Unione europea (TUE), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione L’Unione istituisce una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia). Articolo 2 Obiettivi Gli obiettivi dell’EUBAM Libia sono di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. Articolo 3 Compiti 1. Al fine di conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2 i compiti dell’l’EUBAM Libia sono: a) sostenere le autorità libiche nel rafforzare, attraverso attività di formazione e accompagnamento, i servizi di frontiera conformemente alle norme internazionali e alle migliori prassi; b) fornire consulenza alle autorità libiche in merito all’evoluzione di una strategia nazionale libica di gestione integrata delle frontiere; c) sostenere le autorità libiche nel rafforzamento delle loro capacità operative istituzionali. 2. L’EUBAM Libia non svolge alcuna funzione esecutiva. Articolo 4 Catena di comando e struttura 1. In quanto operazione di gestione delle crisi, l’EUBAM Libia dispone di una catena di comando unificata. 2. L’EUBAM Libia si compone di un comando avente sede a Tripoli. 3. L’EUBAM Libia è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione. 4. L’EUBAM Libia dispone di una capacità di progetto per individuare, pianificare e attuare i progetti. Ove opportuno e se invitata a farlo, l’EUBAM Libia può inoltre coordinare, agevolare e fornire consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all’EUBAM Libia e a sostegno dei suoi obiettivi. Articolo 5 Comandante civile dell’operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) funge da comandante civile dell’operazione dell’EUBAM Libia. 2. Il comandante civile dell’operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e l’autorità generale dell’AR, esercita il comando e il controllo a livello strategico dell’EUBAM Libia. 3. Il comandante civile dell’operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l’attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni a livello strategico al capomissione e fornendo al capomissione consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell’operazione riferisce al Consiglio tramite l’AR. 5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d’origine conformemente alla normativa nazionale, all’istituzione dell’Unione interessata o al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell’operazione il controllo operativo (OPCON) del personale, delle squadre e delle unità rispettivi. 6. Il comandante civile dell’operazione assume la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell’Unione sia correttamente assolto. 7. Se necessario, il comandante civile dell’operazione, il rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per la regione del Mediterraneo meridionale, il capo delegazione dell’Unione in Libia e il capomissione dell’EUBAM Libia si consultano reciprocamente. Articolo 6 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell’EUBAM Libia a livello di teatro delle operazioni e risponde direttamente al comandante civile dell’operazione. 2. Il capomissione esercita il comando e il controllo del personale, delle squadre e delle unità degli Stati contributori assegnati dal comandante civile dell’operazione, unitamente alla responsabilità amministrativa e logistica che si estende anche ai mezzi, alle risorse e alle informazioni messi a disposizione dell’EUBAM Libia. 3. Il capomissione impartisce istruzioni a tutto il personale dell’EUBAM Libia, inclusi la componente di sostegno a Bruxelles e gli ufficiali di collegamento regionali, se del caso, per la condotta efficace dell’EUBAM Libia nel teatro delle operazioni, assumendone il coordinamento e la gestione quotidiana secondo le istruzioni a livello strategico del comandante civile dell’operazione. 4. Il capomissione è responsabile dell’esecuzione del bilancio dell’EUBAM Libia. A tal fine il capomissione sottoscrive un contratto con la Commissione. 5. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, i poteri disciplinari sono esercitati dall’autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall’istituzione dell’Unione interessata o dal SEAE. 6. Il capomissione rappresenta l’EUBAM Libia nell’area delle operazioni e assicura un’adeguata visibilità dell’EUBAM Libia. 7. Il capomissione assicura il coordinamento sul terreno, ove opportuno, con altri attori dell’Unione. Fatta salva la catena di comando, il capomissione riceve orientamento politico locale dal RSUE per la regione del Mediterraneo meridionale, in consultazione con il capo delegazione dell’Unione in Libia. 8. Nell’ambito della capacità di progetto, il capomissione è autorizzato a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l’attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell’EUBAM Libia, se il progetto è: a) previsto nella scheda di incidenza sul bilancio relativa alla presente decisione; o b) incluso nel corso dell’EUBAM Libia nella scheda di incidenza sul bilancio su richiesta del capomissione. In tal caso il capomissione conclude un accordo con gli Stati interessati, riguardante in particolare le procedure specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi messi a sua disposizione dagli Stati contributori. Né l’Unione né l’AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi forniti dagli Stati contributori. Articolo 7 Personale 1. L’EUBAM Libia è costituita essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. 2. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione o il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che hanno distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e le indennità diverse da quelle giornaliere. 3. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione e il SEAE sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco, proposte dal membro del personale da essi distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona. 4. L’EUBAM Libia può altresì assumere personale internazionale o locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 5. Le condizioni d’impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e del personale locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra il capomissione e tale personale. Articolo 8 Status dell’EUBAM Libia e del relativo personale Lo status dell’EUBAM Libia e del relativo personale, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento della missione stessa, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Articolo 9 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell’EUBAM Libia. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni all’uopo pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per nominare un capomissione, su proposta dell’AR, e di modificare il concetto operativo Plus (CONOPS Plus) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUBAM Libia restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell’operazione e dal capomissione sulle questioni di loro competenza. Articolo 10 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatti salvi l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all’EUBAM Libia, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l’assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dalla Libia, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi operativi dell’EUBAM Libia. 2. Gli Stati terzi che contribuiscono all’EUBAM Libia hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana della missione stessa, a quelli degli Stati membri che prendono parte all’EUBAM Libia. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all’accettazione dei contributi proposti e a istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e, se necessario, di disposizioni tecniche supplementari. Se l’Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo a operazioni dell’Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUBAM Libia. Articolo 11 Sicurezza 1. Il comandante civile dell’operazione dirige, a norma dell’articolo 5, il capomissione nella pianificazione delle misure di sicurezza e garantisce l’attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell’EUBAM Libia. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell’EUBAM Libia e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all’EUBAM Libia, in linea con la politica dell’Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell’Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V TUE e relativi documenti giustificativi. 3. Il capomissione è assistito da un alto responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto di lavoro con il SEAE. 4. Il personale dell’EUBAM Libia è sottoposto a una formazione obbligatoria in materia di sicurezza prima di assumere le funzioni conformemente all’OPLAN. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento sul posto, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione. 5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate dell’UE conformemente alla decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (1). Articolo 12 Capacità di vigilanza La capacità di vigilanza è attivata per l’EUBAM Libia. Articolo 13 Disposizioni finanziarie 1. L’importo di riferimento finanziario destinato a coprire la spesa relativa all’EUBAM Libia per i primi dodici mesi successivi all’entrata in vigore della presente decisione è pari a 30 300 000 EUR. L’importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio. 2. Tutte le spese sono gestite conformemente alle regole e secondo le procedure applicabili al bilancio generale dell’Unione. 3. Le gare d’appalto sono aperte ai cittadini degli Stati terzi partecipanti e ai cittadini del paese ospitante e dei paesi vicini. Con l’approvazione della Commissione il capomissione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, con gli Stati terzi partecipanti e con altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di equipaggiamento, servizi e locali all’EUBAM Libia. 4. Le disposizioni finanziarie rispettano i requisiti operativi dell’EUBAM Libia, compresa la compatibilità delle attrezzature e l’interoperabilità delle sue squadre. 5. Il capomissione riferisce dettagliatamente alla Commissione ed è soggetto a supervisione, da parte della stessa, sulle attività intraprese nell’ambito del contratto del capomissione. 6. Le spese connesse all’EUBAM Libia sono ammissibili a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente decisione. Articolo 14 Coerenza della risposta dell’Unione e coordinamento 1. L’AR garantisce la coerenza dell’attuazione della presente decisione con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione. 2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell’Unione a Tripoli al fine di garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Libia. 3. Il capomissione si coordina strettamente con i capimissione degli Stati membri presenti in Libia. 4. Il capomissione si coordina con i terzi pertinenti in Libia. Articolo 15 Comunicazione di informazioni 1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell’EUBAM Libia, informazioni classificate dell’UE fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. 2. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono conclusi accordi tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 3. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUBAM Libia, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (2). 4. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui al paragrafo 2 a persone poste sotto l’autorità dell’AR, al comandante civile dell’operazione e/o al capomissione. Articolo 16 Entrata in vigore e durata La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa si applica per un periodo di ventiquattro mesi. Fatto a Bruxelles, il 22 maggio 2013 Per il Consiglio Il presidente E. GILMORE (1) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17. (2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa autorizza una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). EUBAM Libia punta a:aiutare le autorità libiche a sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine; e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. PUNTI CHIAVE Mandato Il primo mandato di EUBAM Libia (fino al 31 dicembre 2018) era di:prestare assistenza nella pianificazione di una riforma globale del settore della sicurezza civile per preparare un’eventuale missione civile PSDC; cooperare strettamente e contribuire alla missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL); impegnarsi e assistere le legittime autorità libiche nei settori della gestione delle frontiere, dell’applicazione della legge e del più ampio sistema di giustizia penale.La decisione (PESC) 2018/2009 ha modificato e prorogato il mandato di EUBAM Libia dal 1o gennaio 2019 fino al 30 giugno 2020. L’obiettivo di EUBAM Libia è assistere attivamente le autorità libiche nella negli sforzi volti a smantellare le reti della criminalità organizzata coinvolte segnatamente nel traffico di migranti, nella tratta di esseri umani e nel terrorismo.Compiti EUBAM Libia ha i seguenti compiti:sviluppare un quadro più ampio di gestione delle frontiere in Libia, che comprende l’elaborazione di una strategia per la sicurezza marittima e l’esecuzione di progetti concreti per le agenzie libiche preposte; sviluppare le capacità e la pianificazione strategica nell’ambito del ministero degli interni per quanto riguarda l’applicazione della legge, inclusa l’assistenza a UNSMIL nel suo impegno per sviluppare le capacità di polizia; sostenere la riforma istituzionale e fornire assistenza alla pianificazione strategica al ministero della giustizia e allo sviluppo più ampio di capacità agli operatori della giustizia penale competenti; e sostenere il coordinamento strategico tra i donatori e l’attuazione dei progetti in risposta alle esigenze libiche nei settori summenzionati.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta funge da comandante civile dell’operazione (COC) dell’EUBAM Libia. Il COC comanda e controlla EUBAM Libia a livello strategico, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il COC riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è responsabile di, comanda e controlla EUBAM Libia sul campo ed è direttamente responsabile nei confronti del COC. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 22 maggio 2013. La validità della decisione è stata estesa fino al 30 giugno 2020. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:EUBAM Libia (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2013/233/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2013, sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) (GU L 138 del 24.5.2013, pag. 15). Le modifiche successive alla decisione 2013/233/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
1
353
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (UE) 2015/476 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo ai provvedimenti che l'Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Con regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (5) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione europea. (3) Con regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (6) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni da parte di paesi non membri dell'Unione europea. (4) Nel quadro dell'accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio («OMC»), è stata raggiunta un'intesa sulle norme e procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie («Dispute Settlement Understanding– DSU»). Ai sensi della DSU, è stato istituito l'organo di conciliazione («Dispute Settlement Body — DSB»). (5) Al fine di consentire all'Unione, ove lo ritenga opportuno, di conformare una misura adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009 alle raccomandazioni e decisioni contenute in una relazione adottata dal DSB, è opportuno introdurre disposizioni specifiche. (6) Al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB, la Commissione può ritenere opportuno abrogare o modificare le misure adottate in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009, o adottare qualsiasi altra misura speciale al riguardo, anche nei confronti di quelle misure che non abbiano formato oggetto di un procedimento di risoluzione delle controversie nel quadro della DSU. Inoltre, la Commissione dovrebbe, se del caso, poter sospendere o riesaminare tali misure. (7) Il ricorso alla DSU non è soggetto a limiti temporali. Le raccomandazioni contenute nelle relazioni adottate dal DSB non hanno un effetto retroattivo. Di conseguenza, è opportuno specificare che, salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento avrà effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa, e, quindi, non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. (8) L'attuazione del presente regolamento richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure a seguito di una relazione adottata dal DSB in materia di misure antidumping e antisovvenzioni. Tali misure dovrebbero essere adottate in conformità del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). (9) È opportuno ricorrere alla procedura consultiva per la sospensione delle misure per un periodo di tempo limitato, dati gli effetti di tali misure, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Ogniqualvolta il DSB adotta una relazione riguardante una misura dell'Unione adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009, del regolamento (CE) n. 597/2009 o del presente regolamento («misura contestata»), la Commissione può prendere uno o più dei seguenti provvedimenti, a seconda di quale ritenga più appropriato, secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 4, paragrafo 3: a) abrogare o modificare la misura contestata; o b) adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata date le circostanze per rendere l'Unione conforme alle raccomandazioni e decisioni contenute nella relazione. 2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura contestata. 3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame. 4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Articolo 2 1. La Commissione può inoltre, qualora lo ritenga opportuno, adottare qualsiasi provvedimento previsto dall'articolo 1, paragrafo 1, al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB in merito a una misura non contestata. 2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura non contestata. 3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame. 4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura non contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Articolo 3 Salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento ha effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa e non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. Articolo 4 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1225/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 5 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale presentata al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009. Articolo 6 Il regolamento (CE) n. 1515/2001 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II. Articolo 7 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio, del 23 luglio 2001, relativo ai provvedimenti che la Comunità può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10). (4) Si veda l'allegato I. (5) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). (6) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93). (7) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). ALLEGATO I Regolamento abrogato e relativa modificazione Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio (GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 7 dell'allegato ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 1515/2001 Presente regolamento Articoli 1, 2 e 3 Articoli 1, 2 e 3 Articolo 3 bis Articolo 4 Articolo 3 ter Articolo 5 — Articolo 6 Articolo 4 Articolo 7 — Allegato I — Allegato II Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Adattare le misure di difesa degli scambi dell'Unione europea facendo seguito a una decisione dell'OMC QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Abroga il regolamento (CE) n. 1515/2001 relativo ai provvedimenti che possono essere presi dall’Unione europea (UE) a seguito di una relazione adottata dall’organo di conciliazione (DSB) dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni. Consente all’UE, se del caso, di prendere un provvedimento ai sensi del regolamento (CE) n. 1225/2009 (provvedimenti anti-dumping*) o del regolamento (CE) n. 597/2009 (provvedimenti antisovvenzioni*), in linea con una relazione dell’organo di conciliazione dell’OMC. PUNTI CHIAVE Nello specifico, la Commissione europea può: abrogare o modificare la misura contestata; o adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata, date le circostanze, per essere conforme alla relazione dell’OMC; se del caso, sospendere o riesaminare tali misure. Le misure adottate ai sensi del presente regolamento generalmente hanno effetto a partire dalla data di entrata in vigore delle stesse. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO? Si applica dal 16 aprile 2015. CONTESTO Qualora il governo di un membro dell’OMC ritenga che un altro membro stia violando un accordo o un impegno preso in seno all’organizzazione, la controversia è rinviata all’organo di conciliazione dell’OMC. * TERMINI CHIAVE Provvedimenti anti-dumping: provvedimenti, quali dazi specifici, applicati alle importazioni nell’UE di prodotti oggetto di dumping, ovvero prodotti esportati verso l’Unione a un prezzo più basso di quello nazionale. Provvediment antisovvenzioni: provvedimenti, quali dazi di compensazione (che rendono nulli gli effetti negativi delle sovvenzioni), imposti dall’UE sulle importazioni oggetto di sovvenzioni e che perciò danneggiano le industrie dell’Unione che producono lo stesso prodotto. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/476 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo ai provvedimenti che l’Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall’organo di conciliazione dell’OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 6-10)
1
1,050
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 17 settembre 2012 su Eurostat (2012/504/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee (1) definisce il quadro giuridico di base per le statistiche europee. Tale regolamento fa riferimento alla Commissione (Eurostat) come all’autorità statistica dell’Unione responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione delle statistiche europee. (2) Le statistiche europee sono sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat secondo i principi statistici stabiliti nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea e nel regolamento (CE) n. 223/2009, ulteriormente elaborati nel codice delle statistiche europee nella versione riveduta e aggiornata dal comitato del sistema statistico europeo il 28 settembre 2011. (3) Il regolamento (CE) n. 223/2009 dispone anche la tutela dei dati riservati, che devono essere utilizzati esclusivamente a fini statistici. (4) La Commissione si è impegnata a rafforzare la governance statistica nell’UE e a rispettare i principi statistici di cui sopra (2). Questo impegno è stato confermato e ulteriormente sviluppato nella comunicazione del 15 aprile 2011 al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata «Rafforzamento della gestione della qualità delle statistiche europee» (3). La presente decisione, inoltre, è da considerare come una riaffermazione dell’impegno della Commissione per promuovere la fiducia nelle statistiche europee sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat. (5) Alcuni recenti sviluppi nell’ambito della governance economica dell’Unione hanno avuto ripercussioni sul settore statistico e vanno pertanto adeguatamente considerati. Riguardano in particolare l’indipendenza delle statistiche quale stabilita nel regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (4). (6) In questo contesto, i poteri della Commissione in quanto autorità di nomina, preposta a decidere in merito all’assunzione, al trasferimento e al licenziamento del direttore generale di Eurostat, devono essere esercitati, come vuole lo Statuto del personale, tenendo debitamente conto della necessità di garantirne l’indipendenza, l’obiettività e l’efficienza nell’esercizio delle sue responsabilità, e secondo una procedura trasparente basata esclusivamente su criteri professionali. (7) A Eurostat sono state assegnate inoltre funzioni specifiche con il regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (5). (8) Inoltre, in conformità alla «comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul metodo di produzione delle statistiche UE: una visione per il prossimo decennio» (6), Eurostat deve fornire un servizio statistico di alta qualità, anche rafforzando le relazioni con gli organi dell’Unione, al fine di anticipare le esigenze statistiche e aumentare l’uso delle statistiche esistenti. Ciò implica anche un approfondimento della collaborazione con altri servizi della Commissione. (9) Le statistiche devono essere definite con riferimento al regolamento (CE) n. 223/2009. Ai fini della presente decisione è opportuno operare una distinzione tra statistiche europee e altri tipi di statistiche. (10) Spetta ai responsabili politici fissare obiettivi politici e determinare il fabbisogno di informazioni per conseguire tali obiettivi. Queste attività devono pertanto rientrare nel mandato e nelle responsabilità dei servizi della Commissione interessati, mentre Eurostat deve assicurare la programmazione delle attività correlate alle statistiche europee, tenendo conto delle esigenze degli utenti, degli sviluppi delle politiche e della limitatezza delle risorse disponibili. (11) Le attività della Commissione in relazione ad altre statistiche devono essere sottoposte a un esercizio di pianificazione e coordinamento finalizzato a ottenere informazioni consolidate su tali attività. Detto esercizio deve essere gestito da Eurostat e il suo ambito deve essere limitato a tematiche sulle quali esiste un accordo tra i servizi della Commissione interessati ed Eurostat. (12) Le statistiche europee sono definite dal programma statistico europeo e dal corrispondente programma di lavoro annuale. (13) Per ottenere la fiducia del pubblico nelle statistiche europee e promuovere statistiche di alta qualità elaborate, prodotte e diffuse da Eurostat, occorre sviluppare e attuare un processo di certificazione delle statistiche europee. (14) Il direttore generale di Eurostat, che è il responsabile delle statistiche, è chiamato a salvaguardare lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche europee di qualità. Fra i suoi compiti deve figurare anche il coordinamento delle attività statistiche della Commissione, al fine di garantirne la qualità e di ridurre al minimo indispensabile l’onere di risposta. Il responsabile delle statistiche, pertanto, deve essere consultato anche sullo sviluppo e sulla produzione di altre statistiche. (15) La coerenza e la comparabilità delle statistiche europee devono essere assicurate da una stretta collaborazione tra Eurostat e gli altri servizi della Commissione nel campo delle attività statistiche e da un opportuno coordinamento di tali attività da parte del responsabile delle statistiche; ciò consentirà di rispondere meglio alle sfide future, in particolare alla necessità di ridurre al minimo indispensabile il disturbo statistico e gli oneri amministrativi. Analogamente, occorre garantire l’accesso alle fonti di dati amministrativi nell’ambito della Commissione in maniera efficiente rispetto ai costi e nella misura necessaria allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione delle statistiche europee. (16) Il trattamento di dati personali da parte di Eurostat è disciplinato dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (7). Laddove ciò sia utile, inoltre, le statistiche europee prodotte sulla base di dati personali sono disaggregate in base al sesso. (17) È pertanto necessario chiarire e definire più precisamente il ruolo di Eurostat e le responsabilità in seno alla Commissione. (18) La decisione 97/281/CE della Commissione, del 21 aprile 1997, sul ruolo di Eurostat riguardo alla produzione di statistiche comunitarie (8) deve essere abrogata, DECIDE: Articolo 1 Oggetto La presente decisione definisce il ruolo e le responsabilità di Eurostat nell’ambito dell’organizzazione interna della Commissione per quanto riguarda lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente decisione si intende per: 1) «statistiche»: le statistiche quali sono definite all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009; esse possono configurarsi come statistiche europee o altre statistiche; 2) «statistiche europee»: le statistiche di cui all’articolo 1 del regolamento (CE) n. 223/2009, nonché come determinate dal programma di lavoro annuale delle statistiche europee; 3) «altre statistiche»: le statistiche diverse dalle statistiche europee quali sono individuate nell’esercizio di pianificazione e coordinamento di cui all’articolo 5, paragrafo 2. Articolo 3 Eurostat Eurostat è l’autorità statistica dell’Unione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009. Costituisce un servizio della Commissione, facente capo a un direttore generale. Articolo 4 Principi statistici Eurostat provvede allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee in linea con i principi statistici di indipendenza professionale, imparzialità, obiettività, affidabilità, segreto statistico e favorevole rapporto costi-benefici, quali sono definiti all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009, e ulteriormente specificati nel codice delle statistiche europee. Articolo 5 Pianificazione e programmazione 1. Le attività correlate alle statistiche europee sono determinate dal programma statistico europeo di cui all’articolo 13 del regolamento (CE) n. 223/2009 e dal programma di lavoro annuale di cui all’articolo 17 dello stesso regolamento. 2. Le attività correlate ad altre statistiche sono oggetto di un esercizio di pianificazione e coordinamento gestito da Eurostat, mediante il quale esse vengono individuate. L’ambito di tale esercizio è limitato a tematiche sulle quali esiste un accordo tra i servizi della Commissione interessati ed Eurostat. 3. Specifici accordi interservizi possono essere stipulati tra Eurostat e gli altri servizi della Commissione in merito a tali attività, incluse le attività riguardanti dati amministrativi. Articolo 6 Compiti di Eurostat 1. Eurostat è responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee. A tale fine Eurostat ha in particolare il compito di: a) raccogliere e aggregare le informazioni statistiche necessarie a elaborare statistiche europee; b) sviluppare e promuovere norme, procedure e metodi statistici; c) dirigere il sistema statistico europeo, rafforzare la cooperazione fra i suoi partner e assicurare il suo ruolo guida nel campo delle statistiche ufficiali a livello mondiale; d) collaborare con organizzazioni internazionali e paesi terzi per agevolare la comparabilità delle statistiche europee con le statistiche prodotte in altri sistemi statistici e, se del caso, aiutare paesi terzi a migliorare i loro sistemi statistici. 2. In ottemperanza ai principi statistici, in particolare quelli dell’indipendenza professionale, dell’imparzialità e del segreto statistico, Eurostat garantisce l’accessibilità delle statistiche europee a tutti gli utenti. In proposito Eurostat fornisce le delucidazioni tecniche e il sostegno necessari al corretto utilizzo delle statistiche europee e può servirsi di adeguati canali di comunicazione per la diffusione di comunicati stampa di rilevanza statistica. 3. Eurostat assicura la cooperazione e il dialogo costruttivo periodico con altri servizi della Commissione e, se necessario, con i fornitori dei dati, al fine di tenere conto delle esigenze degli utenti, degli sviluppi delle politiche e di altre iniziative. A questo fine, i servizi della Commissione che sono utenti potenziali di statistiche europee specifiche vengono informati e coinvolti già nelle fasi iniziali dello sviluppo di nuove statistiche o della modifica di statistiche esistenti, anche per comprendere le possibili implicazioni politiche di norme, definizioni e metodi nuovi o modificati. 4. Eurostat coordina lo sviluppo e la produzione di altre statistiche. A tale fine: a) ottimizza l’uso delle informazioni esistenti utilizzabili a fini statistici nell’intento di garantire la qualità delle statistiche e di ridurre al minimo l’onere per i rispondenti; Eurostat invita tutti i servizi della Commissione interessati a contribuire al conseguimento di tale obiettivo; b) viene informato da tutti i servizi della Commissione in merito all’ambito e alle caratteristiche qualitative delle statistiche da essi prodotte, ad eventuali cambiamenti significativi nella metodologia di produzione delle statistiche e a nuove raccolte di dati eventualmente programmate; c) fornisce ad altri servizi della Commissione gli orientamenti, la formazione e i servizi di consulenza necessari allo sviluppo e alla produzione di altre statistiche compatibilmente con la disponibilità delle risorse. Articolo 7 Direttore generale di Eurostat 1. Conformemente al programma statistico europeo e al programma di lavoro annuale, nel campo delle statistiche europee il direttore generale di Eurostat è responsabile unico delle decisioni relative a processi, metodi statistici, norme e procedure ovvero al contenuto e al calendario delle diffusioni statistiche. Nell’adempimento di tali compiti statistici il direttore generale di Eurostat agisce in modo indipendente, senza chiedere istruzioni ad istituzioni o organi dell’Unione, a governi degli Stati membri o a qualsiasi altra istituzione, organismo, ufficio o ente, e senza ricevere istruzioni da essi. 2. Il direttore generale di Eurostat esercita le funzioni di ordinatore per l’esecuzione degli stanziamenti assegnati a Eurostat. Articolo 8 Responsabile delle statistiche 1. Il direttore generale di Eurostat è da considerare il responsabile delle statistiche. 2. Il responsabile delle statistiche espleta i seguenti compiti: a) è responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione delle statistiche europee in seno alla Commissione; b) è responsabile del coordinamento dello sviluppo e della produzione delle altre statistiche di cui all’articolo 5, paragrafo 2, e all’articolo 6, paragrafo 4; c) rappresenta la Commissione nei consessi statistici internazionali, in particolare al fine di coordinare le attività statistiche delle istituzioni e degli organi dell’Unione di cui all’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 223/2009; d) presiede il comitato del sistema statistico europeo, di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 223/2009; e) prepara i programmi di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della presente decisione, in stretta collaborazione con altri servizi della Commissione, tenendo conto per quanto possibile delle esigenze degli utenti e di altri sviluppi rilevanti; f) garantisce il collegamento fra il sistema statistico europeo (SSE) e il comitato consultivo europeo per la governance statistica in tutte le questioni relative all’attuazione del codice delle statistiche europee nell’ambito dell’SSE nel suo insieme. 3. Ogni servizio che intenda intraprendere attività che comportino la produzione di statistiche consulta il responsabile delle statistiche nelle fasi iniziali della preparazione di tali attività. Il responsabile delle statistiche può formulare raccomandazioni in proposito. Le iniziative non correlate allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee, in particolare nel caso di specifici accordi interservizi, ricadono completamente sotto la responsabilità del servizio interessato. Articolo 9 Accesso a dati amministrativi 1. Al fine di ridurre l’onere gravante sui rispondenti, Eurostat ha il diritto, nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza sancite dalla legislazione dell’Unione, di accedere ai dati amministrativi disponibili nell’ambito dei servizi della Commissione e di integrare tali dati con statistiche nella misura in cui essi sono rilevanti ai fini dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee. 2. Eurostat è consultato in sede di progettazione iniziale, ulteriore sviluppo e soppressione di banche dati e registri amministrativi realizzati e gestiti da altri servizi della Commissione e può prendere parte a tali operazioni nell’intento di agevolare l’ulteriore utilizzo dei dati contenuti in tali registri e tali banche dati per le statistiche europee. A tale scopo Eurostat ha facoltà di proporre attività di standardizzazione dei dati amministrativi rilevanti ai fini della produzione di statistiche europee. 3. Per rafforzare l’efficacia delle disposizioni del presente articolo, ciascun servizio della Commissione è chiamato a garantire che a Eurostat sia concesso, dietro richiesta, l’accesso ai dati amministrativi nella misura necessaria allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee, conformemente alle disposizioni in materia di riservatezza sancite dalla legislazione dell’Unione. Articolo 10 Codice delle statistiche europee 1. Conformemente all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 223/2009, le statistiche europee sono sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat secondo le prescrizioni del codice delle statistiche europee nella versione riveduta e aggiornata dal comitato del sistema statistico europeo. 2. Eurostat coinvolge il comitato consultivo europeo per la governance statistica in tutte le azioni concernenti il codice delle statistiche europee conformemente al mandato del comitato. 3. Eurostat controlla l’efficace applicazione del codice delle statistiche europee da parte delle autorità statistiche nazionali. Articolo 11 Garanzia della qualità e certificazione 1. Eurostat garantisce la gestione della qualità delle statistiche europee. A tale fine, e in base ai criteri fissati in materia di qualità, rispondendo alle esigenze degli utenti in fatto di statistiche con diversi profili qualitativi, Eurostat: a) monitora e valuta la qualità dei dati che raccoglie o riceve, nonché redige rapporti sulla qualità delle statistiche europee che diffonde; b) promuove e attua un processo di certificazione delle statistiche europee; c) verifica i dati che ricadono sotto la responsabilità di Eurostat nell’ambito della governance economica rafforzata dell’Unione ed esercita nelle relative procedure tutte le competenze specificatamente conferite a Eurostat. 2. Eurostat mette a punto un quadro per la garanzia della qualità che rifletta le misure in vigore o da adottare al fine di garantire la corretta applicazione del codice delle statistiche europee. Articolo 12 Uso di dati riservati 1. Il direttore generale di Eurostat adotta tutte le misure atte ad assicurare il rispetto del segreto statistico. 2. Conformemente alle disposizioni del capitolo V del regolamento (CE) n. 223/2009, i dati considerati riservati ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, del medesimo regolamento, sono accessibili solo ai funzionari e ad altri membri del personale di Eurostat, nonché ad altre persone fisiche che lavorano a contratto per Eurostat, ogniqualvolta tali dati siano necessari per la produzione di statistiche europee e limitatamente al loro ambito di lavoro specifico. 3. Il direttore generale di Eurostat adotta inoltre tutte le misure necessarie per tutelare i dati la cui divulgazione potrebbe arrecare pregiudizio agli interessi dell’Unione o dello Stato membro cui si riferiscono. Articolo 13 Abrogazione La decisione 97/281/CE è abrogata. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 17 settembre 2012 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164. (2) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria [COM(2005) 217 definitivo]. (3) COM(2011) 211 definitivo. (4) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 12. (5) GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1. (6) COM(2009) 404 definitivo. (7) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1. (8) GU L 112 del 29.4.1997, pag. 56. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Eurostat — Ufficio statistico europeo QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE? Essa chiarisce il ruolo e le responsabilità di Eurostat nell’ambito dell’organizzazione interna della Commissione per quanto riguarda lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche. PUNTI CHIAVE Eurostat è parte della Commissione europea ed è presieduto da un direttore generale. Eurostat opera in linea con i seguenti principi statistici, come definiti dal Regolamento (CE) n. 223/2009 e dal codice delle statistiche europee: indipendenza professionale;imparzialità;obiettività;affidabilità;Segreto statistico;efficacia in termini di costi. Eurostat attua il programma statistico europeo e agisce sulla base di programmi di lavoro annuali. I compiti principali di Eurostat sono: raccogliere e aggregare le informazioni statistiche necessarie a elaborare statistiche europee;sviluppare e promuovere norme, procedure e metodi statistici;coordinare il sistema statistico europeo (SSE), rafforzare la cooperazione fra i suoi partner e assicurare il suo ruolo guida nel campo delle statistiche ufficiali a livello mondiale;collaborare con organizzazioni internazionali e paesi terzi e aiutare paesi terzi a migliorare i loro sistemi statistici. Il direttore generale di Eurostat, che è anche il responsabile delle statistiche: è responsabile unico delle decisioni relative a processi, metodi statistici, norme e procedure ovvero al contenuto e al calendario delle diffusioni statistiche. Il direttore generale agisce in modo indipendente, senza chiedere istruzioni a istituzioni o organi dell’Unione, a governi degli Stati membri o a qualsiasi altra organizzazione. Il direttore generale adotta tutte le misure atte ad assicurare il rispetto del segreto statistico;presiede il comitato del sistema statistico europeo, composto da rappresentanti degli Stati membri (degli istituti statistici nazionali) che fornisce gli orientamenti all’SSE sullo sviluppo, la compilazione e la diffusione delle statistiche europee;garantisce inoltre il collegamento fra il comitato del sistema statistico europeo (SSE) e il comitato consultivo europeo per la governance statistica (composto da esperti di statistica indipendenti) in tutte le questioni relative all’attuazione del codice delle statistiche europee. Nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza dell’UE, Eurostat ha accesso alle fonti di dati amministrativi per ridurre il carico di lavoro per gli intervistati. Eurostat è responsabile della gestione della qualità delle statistiche europee e mette a punto un quadro per la garanzia della qualità al fine di garantire la corretta applicazione del codice delle statistiche europee. Eurostat assicura che le statistiche europee siano accessibili a tutti gli utenti in conformità con i principi statistici, in particolare i principi di indipendenza professionale, imparzialità e segreto statistico. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? È stata applicata dall’8 ottobre 2012. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Eurostat e il sistema statistico europeo (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione della Commissione 2012/504/UE, del 17 settembre 2012 su Eurostat (GU L 251, 18.9.2012, pag. 49).
1
243
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (Accordo di Bonn) Gazzetta ufficiale n. L 188 del 16/07/1984 pag. 0009 - 0016 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 4 pag. 0191 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 4 pag. 0191 edizione speciale spagnola: capitolo 15 tomo 5 pag. 0035 edizione speciale portoghese: capitolo 15 tomo 5 pag. 0035 TRADUZIONE ACCORDO concernente la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (Accordo di Bonn) I GOVERNI DEL REGNO DEL BELGIO, DEL REGNO DI DANIMARCA, DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, DELLA REPUBBLICA FRANCESE, DEL REGNO DEI PAESI BASSI, DEL REGNO DI NORVEGIA, DEL REGNO DI SVEZIA, DEL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD E LA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA, RICONOSCENDO che l'inquinamento delle acque dovuto agli idrocarburi e ad altre sostanze pericolose nella regione del Mare del Nord può rappresentare un pericolo per l'ambiente marino e per gli interessi degli Stati costieri, PRENDENDO ATTO del fatto che l'inquinamento di cui trattasi ha diverse fonti e che i sinistri e gli altri eventi che interessano le acque marittime suscitano vive inquietudini, CONVINTI che l'attiva cooperazione e la reciproca assistenza fra gli Stati, insieme alla loro capacità di combattere contro l'inquinamento, sono indispensabili per proteggere le coste di questi stessi Stati ed i loro interessi ad esse connessi, FELICITANDOSI dei progressi già realizzati nel quadro dell'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento delle acque del Mare del Nord causato dagli idrocarburi, firmato a Bonn il 9 giugno 1969, DESIDERANDO promuovere l'assistenza reciproca e la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Il presente accordo si applica quando la presenza o la minaccia di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che inquinano o possono inquinare le acque nella regione del Mare del Nord, qual è definita all'articolo 2 del presente accordo, costituisce un pericolo grave ed imminente per le coste o per gli interessi ad esse connessi di una o più parti contraenti. Articolo 2 Agli effetti del presente accordo, per regione del Mare del Nord s'intende il Mare del Nord propriamente detto a sud del 61° grado di latitudine nord nonché: a) lo Skagerrak, il cui limite meridionale è determinato dalla latitudine 57°44'00",8 N a est del capo di Skagen; b) la Manica e i suoi accessi ad est di una linea tracciata ad una distanza di 50 miglia marine ad ovest di una linea che unisce le isole Scilly all'isola di Ouessant. Articolo 3 1. Le parti contraenti ritengono che la protezione contro l'inquinamento, quale esso è descritto all'articolo 1 del presente accordo, richieda un'attiva cooperazione fra loro. 2. Le parti contraenti elaborano e stabiliscono insieme linee direttrici per quanto riguarda gli aspetti pratici, operativi e tecnici di un'azione congiunta. Articolo 4 Le parti contraenti si impegnano a fornire alle altre parti contraenti informazioni concernenti: a) l'organismo nazionale competente in materia di lotta contro l'inquinamento ai sensi dell'articolo 1 del presente accordo; b) l'autorità competente per ricevere e trasmettere le informazioni relative all'inquinamento e per trattare le questioni di reciproca assistenza fra le parti contraenti; c) i mezzi nazionali che si potrebbero mettere a disposizione nel quadro dell'assistenza internazionale al fine di far fronte all'inquinamento o di prevenirlo; d) i nuovi metodi che permettono di evitare l'inquinamento ed i procedimenti nuovi ed efficaci per farvi fronte; e) i principali incidenti cui si è fatto fronte in relazione al tipo di inquinamento di cui trattasi. Articolo 5 1. Ogniqualvolta una parte contraente viene a conoscenza di un incidente o della presenza nella regione del Mare del Nord di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che potrebbero costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di un'altra parte contraente, essa ne informa immediatamente quest'ultima tramite la sua autorità competente. 2. Le parti contraenti si impegnano a invitare i capitani di tutte le navi battenti la loro bandiera nazionale ed i piloti degli aerei immatricolati nel loro paese a segnalare immediatamente con i mezzi più pratici e più adeguati tenuto conto delle circostanze: a) tutti gli incidenti che causano o possono causare un inquinamento marino; b) la presenza, la natura e l'estensione degli idrocarburi o di altre sostanze pericolose che possono costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di una o più parti contraenti. 3. Le parti contraenti predispongono un formulario tipo per segnalare l'inquinamento come previsto al paragrafo 1 del presente articolo. Articolo 6 1. Ai soli effetti del presente accordo la regione del Mare del Nord è suddivisa in zone, come indicato nell'allegato al presente accordo. 2. La parte contraente nella cui zona sopravviene un evento del tipo descritto all'articolo 1 del presente accordo, esegue le valutazioni necessarie per quanto riguarda la natura e l'entità dell'incidente o, se del caso, il tipo e la quantità approssimativa degli idrocarburi o delle altre sostanze pericolose, nonché la loro direzione e velocità di spostamento. 3. La parte contraente interessata trasmette immediatamente a tutte le altre parti contraenti, tramite l'autorità competente di quest'ultima, informazioni in merito alle valutazioni da essa eseguite, come pure in ordine agli interventi decisi per combattere contro detti idrocarburi o altre sostanze pericolose ; essa continua a tenere sotto controllo tali sostanze per tutto il tempo in cui esse si trovano nella sua zona. 4. Gli obblighi che incombono alle parti contraenti conformemente al disposto del presente articolo per quanto riguarda le cosiddette zone di responsabilità comune formano oggetto di specifici accordi tecnici tra le parti interessate. Detti accordi sono comunicati alle altre parti contraenti. Articolo 7 Le parti contraenti che abbiano bisogno di assistenza per far fronte ad un inquinamento o ad una minaccia di inquinamento nel mare o sulle loro coste possono chiedere la collaborazione delle altre parti contraenti. Le parti che chiedono assistenza precisano il tipo di aiuto di cui hanno bisogno. Le parti contraenti di cui è richiesta la collaborazione a norma del presente articolo compiono tutti gli sforzi possibili per collaborare nei limiti dei propri mezzi e tenendo conto - segnatamente nel caso di inquinamento dovuto a sostanze pericolose diverse dagli idrocarburi - delle possibilità tecnologiche a loro disposizione. Articolo 8 1. Le disposizioni del presente accordo non vanno interpretate in modo da arrecare pregiudizio ai diritti e agli obblighi delle parti contraenti in conformità del diritto internazionale, in particolare per quanto riguarda la prevenzione e la lotta contro l'inquinamento marino. 2. In nessun caso la suddivisione in zone di cui all'articolo 6 del presente accordo può essere invocata come precedente o come argomento in materia di sovranità o di giurisdizione. Articolo 9 1. In mancanza di un accordo sulle disposizioni finanziarie applicabili agli interventi compiuti dalle parti contraenti per combattere contro l'inquinamento - accordo che potrebbe essere concluso a livello bilaterale o multilaterale, o in occasione di un'operazione congiunta di lotta - le parti contraenti sostengono, conformemente a quanto è disposto dalle lettere a) o b) qui appresso, le spese derivanti dalle loro azioni rispettive per far fronte all'inquinamento: a) quando l'intervento è compiuto da una parte contraente dietro espressa richiesta di un'altra parte contraente, la parte contraente che ha richiesto l'assistenza rimborsa alla parte contraente che l'ha prestata le spese inerenti all'esecuzione dell'intervento di cui trattasi; b) quando l'intervento è compiuto per iniziativa esclusiva di una parte contraente, le spese relative sono a carico di quest'ultima. 2. La parte contraente che ha richiesto l'assistenza é libera di revocare in qualunque momento la sua richiesta, ma in tale caso assume a proprio carico le spese già sostenute o impegnate dalla parte contraente che è venuta in suo aiuto. Articolo 10 Salvo accordo contrario, le spese derivanti da un intervento deciso da una parte contraente dietro richiesta di un'altra parte contraente sono calcolate secondo le disposizioni legislative e le prassi che nel paese che presta il suo aiuto sono applicabili al rimborso di spese del genere da parte di una persona fisica o di un organismo responsabile. Articolo 11 L'articolo 9 del presente accordo non può essere interpretato in modo da pregiudicare il diritto delle parti contraenti di recuperare presso terzi le spese derivanti da azioni intraprese per far fronte, in forza di altre disposizioni o norme applicabili nell'ambito del diritto interno e internazionale, ad eventi inquinanti o alla minaccia di inquinamento. Articolo 12 1. Le riunioni delle parti contraenti si svolgono a intervalli regolari e in qualunque momento in cui, per particolari circostanze, sia così deciso conformemente al regolamento interno. 2. In occasione della prima riunione le parti contraenti stabiliscono un regolamento interno ed un regolamento finanziario da adottarsi all'unanimità dei voti. 3. Il governo depositario convoca la prima riunione delle parti contraenti non appena possibile dopo l'entrata in vigore del presente accordo. Articolo 13 Nei settori di sua competenza la Comunità economica europea esercita il diritto di voto con un numero di voti pari al numero degli Stati membri che sono parti contraenti del presente accordo. La Comunità economica europea non esercita il diritto di voto allorché i suoi Stati membri esercitino il loro e viceversa. Articolo 14 Nel corso delle riunioni spetta alle parti contraenti: a) esercitare una sorveglianza generale sull'attuazione del presente accordo; b) esaminare regolarmente l'efficacia delle misure prese in forza del presente accordo; c) assumere qualunque altra funzione che possa rivelarsi necessaria conformemente alle disposizioni del presente accordo. Articolo 15 1. Le parti contraenti prendono le necessarie disposizioni per provvedere all'assolvimento delle funzioni di segreteria inerenti al presente accordo, tenendo conto delle disposizioni che allo stesso fine sono già previste da altri accordi internazionali in materia di prevenzione dell'inquinamento marino in vigore nella stessa regione in cui si applica il presente accordo. 2. Ciascuna parte contraente contribuisce in ragione del 2,5 % alle spese annuali derivanti dall'accordo. Il saldo delle spese è ripartito tra le parti contraenti diverse dalla Comunità economica europea, in proporzione al loro prodotto nazionale lordo, conformemente alla tabella di ripartizione regolarmente votata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. In nessun caso il contributo di una parte contraente al regolamento del saldo può essere superiore al 20 % del saldo stesso. Articolo 16 1. Salve restando le disposizioni dell'articolo 17 del presente accordo, le proposte di emendamento del presente accordo o del relativo allegato, presentate da una parte contraente, sono esaminate nel corso di una riunione delle parti contraenti. Dopo l'adozione della proposta con voto unanime, il governo depositario notifica l'emendamento alle parti contraenti. 2. L'emendamento entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui il governo depositario ha ricevuto notifica della sua approvazione da parte di tutte le parti contraenti. Articolo 17 1. Due o più parti contraenti possono modificare i limiti comuni delle loro zone quali sono definite nell'allegato al presente accordo. 2. La relativa modifica entrerà in vigore per tutte le parti contraenti il primo giorno del sesto mese successivo alla data dell'avvenuta notifica ad opera del governo depositario, a meno che, entro un termine di tre mesi a decorrere da detta notifica, una parte contraente abbia sollevato un'obiezione o abbia chiesto consultazioni in materia. Articolo 18 1. Il presente accordo potrà essere firmato dai governi degli Stati invitati a partecipare alla conferenza sull'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento da idrocarburi e da altre sostanze pericolose delle acque del Mare del Nord, riunita a Bonn il 13 settembre 1983, nonché dalla Comunità economica europea. 2. Questi stessi Stati e la Comunità economica europea potranno divenire parti del presente accordo sia mediante firma senza riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione, sia mediante firma con riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione seguita dall'atto di ratifica, di accettazione o di approvazione. 3. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il governo della Repubblica federale di Germania. Articolo 19 1. Il presente accordo entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui i governi di tutti gli Stati di cui all'articolo 18 del presente accordo e la Comunità economica europea l'avranno firmato senza riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione o avranno depositato uno strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione. 2. All'entrata in vigore del presente accordo, l'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento da idrocarburi nelle acque del Mare del Nord, firmato a Bonn il 9 giugno 1969, cesserà di essere in vigore. Articolo 20 1. Le parti contraenti possono invitare all'unanimità qualunque altro Stato costiero dell'Atlantico nordorientale ad aderire al presente accordo. 2. In tal caso, l'articolo 2 del presente accordo ed il relativo allegato saranno emendati in conformità. Gli emendamenti saranno adottati con voto unanime in occasione di una riunione delle parti contraenti e prenderanno effetto al momento dell'entrata in vigore del presente accordo per lo Stato aderente. Articolo 21 1. Per ciascuno Stato che aderisce al presente accordo, quest'ultimo entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui lo Stato aderente avrà presentato lo strumento di adesione. 2. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il governo della Repubblica federale di Germania. Articolo 22 1. Il presente accordo può essere denunciato da qualunque parte contraente allo scadere di un periodo di cinque anni a decorrere dalla data dell'entrata in vigore. 2. Alla denuncia si fa luogo mediante notifica scritta, da inviarsi al governo depositario, che a sua volta notifica a tutte le altre parti contraenti la denuncia ricevuta e la datta della relativa ricezione. 3. La denuncia ha effetto un anno dopo la data in cui la notifica è ricevuta dal governo depositario. Articolo 23 Il governo depositario informa le parti contraenti e quelle di cui all'articolo 18 del presente accordo in merito: a) alle firme del presente accordo; b) al deposito degli strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, nonché in ordine alla ricezione di una notifica di denuncia; c) alla data di entrata in vigore del presente accordo; d) alla ricezione delle notifiche di approvazione relative agli emendamenti apportati al presente accordo o al suo allegato, nonché alla data di entrata in vigore di detti emendamenti. Articolo 24 L'originale del presente accordo, redatto in lingua francese, inglese e tedesca, tutti i testi facenti ugualmente fede, sarà depositato presso il governo della Repubblica federale di Germania, che ne rimette una copia certificata conforme alle parti contraenti, nonché al segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, ai fini della registrazione e della pubblicazione conformemente all'articolo 102 della Carta delle Nazioni Unite. In fede di che i sottoscritti, debitamente autorizzati dai rispettivi governi, hanno firmato il presente accordo. Fatto a Bonn, il 13 settembre 1983. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS BELGIEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF BELGIUM, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE BELGIQUE: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS DÄNEMARK, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF DENMARK, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE DANEMARK: Vorbehaltlich der Genehmigung, Subject to approval, Sous réserve d'approbation. FÜR DIE REGIERUNG DER FRANZÖSISCHEN REPUBLIK, FOR THE GOVERNMENT OF THE FRENCH REPUBLIC, POUR LE GOUVERNEMENT DE LA RÉPUBLIQUE FRANÇAISE: FÜR DIE REGIERUNG DER BUNDESREPUBLIK DEUTSCHLAND, FOR THE GOVERNMENT OF THE FEDERAL REPUBLIC OF GERMANY, POUR LE GOUVERNEMENT DE LA RÉPUBLIQUE FÉDÉRALE D'ALLEMAGNE: FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS DER NIEDERLANDE, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF THE NETHERLANDS, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DES PAYS-BAS: Vorbehaltlich der Annahme, Subject to acceptance, Sous réserve d'acceptation. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS NORWEGEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF NORWAY, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE NORVÈGE: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS SCHWEDEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF SWEDEN, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE SUÈDE: FÜR DIE REGIERUNG DES VEREINIGTEN KÖNIGREICHS GROSSBRITANNIEN UND NORDIRLAND, FOR THE GOVERNMENT OF THE UNITED KINGDOM OF GREAT BRITAIN AND NORTHERN IRELAND, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME-UNI DE GRANDE-BRETAGNE ET D'IRLANDE DU NORD: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE EUROPÄISCHE WIRTSCHAFTSGEMEINSCHAFT, FOR THE EUROPEAN ECONOMIC COMMUNITY, POUR LA COMMUNAUTÉ ÉCONOMIQUE EUROPÉENNE: Vorbehaltlich der Annahme, Subject to acceptance, Sous réserve d'acceptation. ALLEGATO DESCRIZIONE DELLE ZONE DI CUI ALL'ARTICOLO 6 DEL PRESENTE ACCORDO Le zone, eccetto le zone cosiddette di responsabilità comune, sono delimitate dalle linee che uniscono i seguenti punti: >PIC FILE= "T0026030"> Le zone cosiddette di responsabilità comune sono delimitate come segue: 1. Belgio, Francia e Regno Unito La regione marina situata fra i paralleli 51°32' N e 51°06' N. 2. Francia e Regno Unito La Manica a sud-ovest del parallelo 51°06' N fino ad una linea che unisce i punti 49°52' N 07°44' O e 48°27' N 06°25' O. 3. Danimarca e Svezia La regione dello Skagerrak situata fra i seguenti punti: >PIC FILE= "T0026031"> Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Accordo di Bonn concernente la lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose, compreso l’inquinamento atmosferico provocato dalla navigazione QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un sistema di cooperazione tra le parti contraenti a favore della lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose. La decisione 84/358/CEE conclude l’accordo a nome della Comunità economica europea (attualmente Unione europea). Nel 2019 le parti contraenti hanno approvato l’adesione della Spagna e l’estensione dell’ambito di applicazione dell’accordo all’inquinamento atmosferico prodotto dalle navi come disciplinato nell’allegato VI della convenzione internazionale dell’organizzazione marittima internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (convenzione MARPOL). La decisione (UE) 2021/176 attesta la conclusione da parte dell’Unione europea relativa all’estensione dell’ambito di applicazione dell’accordo e all’adesione della Spagna. PUNTI CHIAVE Parti contraenti Le parti contraenti dell’accordo di Bonn, la cui modifica più recente risale al 2021, sono i governi di Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia, nonché l’Unione europea (Unione). Tratti di mare contemplati dall’accordo L’accordo riguarda il grande Mare del Nord e i suoi accessi più estesi: si tratta di uno dei tratti marittimi più trafficati al mondo. Dall’adesione della Spagna all’accordo, comprende:il Mare del Nord propriamente detto, a sud della latitudine 61° 0' 00,00" N; lo Skagerrak, il cui limite meridionale è determinato a est del capo di Skagen dalla latitudine 57° 44' 43,00" N; il golfo di Guascogna, delimitato a sud e a ovest dalla linea definita nella parte I dell’allegato dell’accordo; le altre acque, che comprendono il Mare d’Irlanda, il Mar Celtico, il Mare Malin, il grande Minch, il piccolo Minch, una parte del Mare di Norvegia e parti dell’Atlantico nordorientale, delimitate a ovest e a nord dalla linea definita nella parte II dell’allegato dell’accordo.Ambito di applicazione Sviluppandosi sulla scia di un accordo precedente sottoscritto nel 1969, che verteva sull’inquinamento provocato da sversamenti di petrolio greggio, l’accordo di Bonn del 1984 si concentrava altresì sugli sversamenti di altre sostanze pericolose responsabili dell’inquinamento o che minacciavano di inquinare le acque nella regione del Mare del Nord. Nel 2019, le parti contraenti hanno convenuto di modificare l’accordo affinché contemplasse la cooperazione sul monitoraggio in conformità ai requisiti dell’allegato VI della convenzione MARPOL. L’allegato VI introduce limiti più severi riguardo al tenore di zolfo delle emissioni di ossido di zolfo nelle regioni di controllo, tra cui il Mare del Nord. La direttiva (UE) 2016/802 relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi incorpora le modifiche principali presenti nel diritto internazionale in materia di prevenzione dell’inquinamento atmosferico prodotto dalle navi nel diritto dell’Unione (si veda la sintesi). Settori di attività Le parti contraenti concordano:sulla cooperazione attiva reciproca; sull’elaborazione e sulla definizione congiunte delle linee guida riguardo agli aspetti pratici, operativi e tecnici di un’azione congiunta; sulla condivisione di informazioni concernentil’organizzazione nazionale che si occupa del tipo di inquinamento preso in esame dall’accordo;l’autorità competente responsabile della ricezione e della trasmissione di relazioni di tale inquinamento e di trattare le questioni riguardanti le misure di assistenza reciproca;i mezzi nazionali che si potrebbero mettere a disposizione nel quadro dell’assistenza internazionale al fine di far fronte all’inquinamento o di prevenirlo;i nuovi metodi di prevenzione di tale inquinamento e di nuove misure efficaci per contrastarlo;i principali incidenti ambientali di questo tipo a cui hanno fatto fronte.Comunicazione degli incidenti e assistenza reciprocaLe parti contraenti concordano di fornire l’una all’altra segnalazioni di qualsiasi incidente o della presenza nella regione del Mare del Nord di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che potrebbero costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di un’altra parte contraente. Le parti contraenti hanno predisposto un formulario tipo per la segnalazione di incidenti ambientali. Una parte che si trova ad affrontare un incidente ambientale può richiedere l’assistenza delle altre parti. In linea generale, la parte contraente richiedente rimborsa alle parti che le prestano assistenza i costi di qualsiasi azione intrapresa.Attuazione Le parti contraenti attuano l’accordo tramite:il costante monitoraggio delle proprie zone di responsabilità al fine di rilevare la presenza di minacce di inquinamento marino, compreso il coordinamento del monitoraggio aereo e satellitare; l’allerta reciproca su qualsiasi minaccia; l’adozione di approcci operativi comuni affinché possano fare affidamento le une sulle altre per raggiungere gli standard necessari di prevenzione e ripulitura; il sostegno reciproco, ove richiesto, nelle operazioni di risposta; la condivisione di attività di ricerca e sviluppo; l’esecuzione di esercitazioni congiunte.Bilancio e segretariato Ciascuna parte contraente contribuisce in ragione del 2,5 % alle spese annuali derivanti dall’accordo e il saldo delle spese è ripartito tra le parti contraenti (diverse dall’Unione), in proporzione al loro prodotto nazionale lordo. Il segretariato dell’accordo ha sede a Londra. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo di Bonn del 1984 è entrato in vigore il 28 giugno 1984. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:A proposito dell’accordo di Bonn (sito web dell’accordo di Bonn). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (accordo di Bonn) (GU L 188 del 16.7.1984, pag. 9). Decisione 84/358/CEE del Consiglio del 28 giugno 1984 relativa alla conclusione dell’accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (GU L 188 del 16.7.1984, pag. 7). Decisione (UE) 2021/176 del Consiglio del 5 febbraio 2021 relativa alla conclusione degli emendamenti dell’accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (accordo di Bonn) in merito all’estensione dell’ambito di applicazione di tale accordo e l’adesione del Regno di Spagna a detto accordo (GU L 54 del 16.2.2021, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva (UE) 2016/802 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 58).
1
983
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 081 del 19/03/2004 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 marzo 2004relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione,visto il parere della Banca centrale europea(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(2),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità(3) costituisce il quadro di riferimento di norme, definizioni, classificazioni e principi contabili comuni per l'elaborazione dei conti degli Stati membri ai fini delle esigenze statistiche della Comunità europea, per ottenere risultati comparabili fra gli Stati membri.(2) La relazione del comitato monetario sulle esigenze in materia di informazione, approvata dal Consiglio ECOFIN il 18 gennaio 1999, sottolinea che, per il buon funzionamento dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico, la sorveglianza e il coordinamento efficaci delle politiche economiche rivestono grande importanza, e che ciò presuppone un sistema di informazione statistica completo che fornisca ai responsabili politici i dati necessari per le loro decisioni. La relazione afferma altresì che le statistiche congiunturali delle finanze pubbliche degli Stati membri dovrebbero essere considerate altamente prioritarie, in particolare quelle degli Stati membri che partecipano all'Unione economica e monetaria, e che l'obiettivo da raggiungere è quello di compilare conti finanziari trimestrali per il settore delle amministrazioni pubbliche, secondo un approccio graduale.(3) I dati nazionali trimestrali dei conti finanziari (operazioni e conti patrimoniali) delle amministrazioni pubbliche rappresentano una parte considerevole dell'insieme delle operazioni finanziarie e dei conti patrimoniali finanziari nella zona euro e forniscono informazioni importanti ai fini dell'attuazione della politica monetaria. A questo riguardo, e per le proprie necessità, il consiglio direttivo della Banca centrale europea ha adottato regolamenti e orientamenti intesi a garantire la trasmissione alla Banca centrale europea di dati infra-annuali sulle statistiche finanziarie e sui conti finanziari nazionali.(4) Informazioni relative al settore di contropartita per le operazioni finanziarie e i conti patrimoniali delle amministrazioni pubbliche sono necessarie per consentire un'analisi esaustiva dei finanziamenti e degli investimenti finanziari delle amministrazioni pubbliche per settore di contropartita e per strumento.(5) Il regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica(4) e il regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche(5) specificano i dati trimestrali non finanziari per le amministrazioni pubbliche che gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat).(6) Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 2223/96 stabiliscono le condizioni alle quali la Commissione può adottare modifiche della metodologia del sistema europeo dei conti per chiarirne e migliorarne il contenuto. La compilazione di conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche richiederà risorse supplementari negli Stati membri e non può pertanto essere oggetto di una decisione della Commissione, ma dovrebbe piuttosto essere adottata con un regolamento specifico del Parlamento europeo e del Consiglio.(7) Il comitato del programma statistico (CPS) istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(6) e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB), istituito dalla decisione 91/115/CEE del Consiglio(7), si sono espressi a favore della presente proposta di regolamento,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1OggettoScopo del presente regolamento è quello di elencare e precisare le principali caratteristiche delle categorie di operazioni finanziarie e di attività e passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche e di ciascuno dei suoi sottosettori, come definite dal Sistema europeo dei conti (SEC 95), da trasmettere trimestralmente alla Commissione (Eurostat), secondo un approccio graduale.Articolo 2Compilazione dei dati trimestrali: fonti e metodi1. Per ottenere statistiche di alta qualità, i dati trimestrali relativi alle operazioni finanziarie e alle attività e passività finanziarie si basano, nella misura del possibile, su informazioni messe direttamente a disposizione dalle amministrazioni pubbliche. Tuttavia, i dati trimestrali relativi alle azioni non quotate (AF.512) e altre partecipazioni (AF.513), come definiti e codificati nel SEC 95 e detenuti dalle unità delle amministrazioni pubbliche, possono essere stimati per interpolazione e estrapolazione sulla base dei dati annuali corrispondenti.2. La compilazione dei dati trimestrali per le operazioni finanziarie e le attività e passività finanziarie è conforme alle regole del SEC 95, in particolare per quanto riguarda la classificazione settoriale delle unità istituzionali, le regole di consolidamento, la classificazione delle operazioni finanziarie e delle attività e passività finanziarie, il momento della registrazione e i criteri di valutazione.3. I dati trimestrali e i dati annuali corrispondenti trasmessi alla Commissione in conformità al regolamento (CE) n. 2223/96 sono tra loro coerenti.4. I dati trimestrali relativi alle attività e passività finanziarie si riferiscono agli importi delle attività e passività in essere alla fine di ogni trimestre.Articolo 3Trasmissione di dati trimestrali sulle operazioni finanziarie e sulle attività e passività finanziarie1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati trimestrali relativi alle operazioni finanziarie (F.) e alle consistenze di attività e passività finanziarie (AF.) per gli strumenti qui di seguito elencati, definiti e codificati nel SEC 95:a) oro monetario e diritti speciali di prelievo (DSP) (F.1 e AF.1);b) biglietti, monete e depositi (F.2 e AF.2);c) titoli a breve termine diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (F.331 e AF.331);d) titoli a lungo termine diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (F.332 e AF.332);e) strumenti finanziari derivati (F.34 e AF.34);f) prestiti a breve termine (F.41 e AF.41);g) prestiti a lungo termine (F.42 e AF.42);h) azioni e altre partecipazioni (F.5 e AF.5);i) diritti netti delle famiglie sulle riserve tecniche di assicurazione-vita e sulle riserve dei fondi pensione (F.61 e AF.61);j) riserve premi e riserve sinistri (F.62 e AF.62);k) altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7).2. Gli Stati membri trasmettono inoltre alla Commissione (Eurostat) i seguenti dati trimestrali per il sottosettore amministrazioni centrali (S.1311) di cui all'articolo 4:a) azioni quotate (F.511 e AF.511), per quanto riguarda le operazioni su attività finanziarie e lo stock di attività finanziarie;b) biglietti e monete (F.21 e AF.21), per quanto riguarda le operazioni su passività finanziarie e lo stock di passività finanziarie.Articolo 4Copertura del settore e dei sottosettori delle amministrazioni pubblicheGli Stati membri trasmettono dati trimestrali per il settore e i sottosettori delle amministrazioni pubbliche (S.13) come definiti e codificati dal SEC 95:- amministrazioni centrali (S.1311),- amministrazioni di Stati federati (S.1312),- amministrazioni locali (S.1313),- enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314).Articolo 5Natura dei dati trimestrali coperti da trasmettere1. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 sono trasmessi in forma consolidata per i sottosettori delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 4.2. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 sono trasmessi in forma consolidata e non consolidata per il settore delle amministrazioni pubbliche (S.13) di cui all'articolo 4.3. I dati trimestrali ripartiti per settore di contropartita sono trasmessi per i sottosettori amministrazioni centrali (S.1311) e enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314) di cui all'articolo 4 e all'allegato del presente regolamento.Articolo 6Calendario per la trasmissione dei dati trimestrali1. I dati trimestrali di cui agli articoli 3, 4 e 5 sono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.2. Le eventuali revisioni dei dati trimestrali relativi ai trimestri precedenti sono trasmesse allo stesso tempo.3. La prima trasmissione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3, ad eccezione di altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7), all'articolo 4 e all'articolo 5 avviene secondo il calendario seguente:a) per il sottosettore amministrazioni centrali (S.1311) e per il sottosettore enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314), entro il 30 giugno 2004; la Commissione ha la facoltà di concedere una deroga non superiore a 18 mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di dati ripartiti per settore di contropartita e di alcuni dati relativi ad operazione finanziarie e ad attività e passività finanziarie, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;b) per i sottosettori amministrazioni di Stati federati (S.1312) e amministrazioni locali (S.1313):i) entro il 30 giugno 2004 per le operazioni su passività e le passività di cui all'articolo 3, paragrafo 1; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a 18 mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;ii) entro il 30 giugno 2005 per le operazioni su attività e le attività di cui all'articolo 3, paragrafo 1; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;c) per il settore amministrazioni pubbliche (S.13), entro il 30 giugno 2005; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.4. La prima trasmissione alla Commissione (Eurostat) di dati trimestrali relativi agli altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7) per il settore amministrazioni pubbliche (S.13) e i suoi sottosettori di cui all'articolo 4 è effettuata entro il 30 giugno 2005; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 7Trasmissione di dati pregressi1. I dati trimestrali di cui all'articolo 6 comprendono i dati pregressi relativi alle operazioni finanziarie dal primo trimestre 1999 e ai conti patrimoniali finanziari dal quarto trimestre 1998, secondo il calendario di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4, per la prima trasmissione dei dati.2. Ove necessario, i dati pregressi possono essere basati sulle "migliori stime", rispettando in particolare le disposizioni di cui all'articolo 2, paragrafi 2 e 3.Articolo 8Applicazione1. Quando iniziano la trasmissione dei dati trimestrali secondo il calendario di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4, gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una descrizione delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3 (descrizione iniziale).2. Quando trasmettono i dati riveduti, gli Stati membri comunicano alla Commissione (Eurostat) ogni modifica apportata alla descrizione iniziale.3. La Commissione (Eurostat) informa il comitato del programma statistico (CPS) e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB) circa le fonti e i metodi utilizzati da ciascuno Stato membroArticolo 9RelazioneSulla base della trasmissione di dati di cui agli articoli 3, 4 e 5, e previa consultazione del CPS e del CMFB, la Commissione (Eurostat) trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2005, una relazione contenente una valutazione dell'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri.Articolo 10Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 10 marzo 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 165 del 16.7.2003, pag. 6.(2) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 22 dicembre 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 10 febbraio 2004 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1).(4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.(5) GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1.(6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(7) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione modificata dalla decisione 96/174/CE (GU L 51 dell'1.3.1996, pag. 48).ALLEGATORipartizione per settore di contropartita(1)Operazioni finanziarie e conti patrimoniali finanziari delle amministrazioni centrali (S.1311) e degli enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314)(2)>PIC FILE= "L_2004081IT.000502.TIF">(1) I riquadri incorniciati indicano i dati da trasmettere.(2) I codici, tratti dal SEC 95, indicano: S: settori/sottosettori; F: operazioni finanziarie; AF: voci dei conti patrimoniali finanziari. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Statistiche finanziarie trimestrali delle amministrazioni pubbliche dei paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Elenca e definisce le principali categorie delle operazioni finanziarie del settore pubblico* e delle attività * e passività finanziarie*, i cui dettagli devono essere comunicati alla Commissione europea (Eurostat) dai paesi dell’Unione europea (UE) ogni tre mesi. PUNTI CHIAVE Secondo Eurostat, la pubblica amministrazione è composta da quattro sottosettori: amministrazione centrale; amministrazione statale; amministrazione locale; enti di previdenza sociale. Le informazioni sulle operazioni finanziarie e sulle attività e passività finanziarie che gli istituti di statistica dei paesi dell’UE devono fornire trimestralmente a Eurostat sono stabilite nel SEC 95. Esso riguarda: oro e diritti speciali di prelievo*; biglietti, monete e depositi; titoli a breve* e a lungo termine*, diversi dalle azioni e dagli strumenti finanziari derivati*; strumenti finanziari derivati (un contratto tra una o più parti basato su attività finanziarie); prestiti a breve termine*; azioni e altre partecipazioni*; diritti netti delle famiglie sulle tecniche di assicurazione-vita e sui fondi pensione; riserve premi e riserve sinistri; altri conti attivi e passivi. I dati che i paesi dell’UE devono fornire a Eurostat riguardano l’amministrazione centrale, statale e locale e gli enti di previdenza sociale, nonché la pubblica amministrazione (consolidata e non consolidata). Esistono dei termini per la trasmissione dei dati. Ad esempio, in generale, devono essere inviati a Eurostat entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono. I governi dell’UE devono illustrare ad Eurostrat le fonti e i metodi che utilizzano per la compilazione dei dati forniti. Eurostat deve informare il comitato del sistema statistico europeo e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti delle fonti e dei metodi utilizzati da ogni governo dell’UE. La Commissione doveva presentare una relazione contenente una valutazione dell’attendibilità dei dati trimestrali nazionali al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2005. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si è applicato dall’8 aprile 2004 al 31 agosto 2014. CONTESTO Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali, noto come SEC 95 (sostituito ora dal SEC 2010), raccoglie informazioni comparabili, aggiornate e attendibili sulla struttura e sugli sviluppi delle economie nazionali e regionali nell’UE. * TERMINI CHIAVE Operazione finanziaria: accordo, comunicazione o trasferimento tra un venditore e un acquirente per scambiare un bene a fronte di un pagamento. Attività finanziaria: qualcosa posseduto, come ad esempio denaro, beni, terre, edifici o attrezzature, che può procurare dei futuri benefici. Passività finanziaria: obblighi che richiedono il pagamento di denaro o la prestazione di servizi. Diritti speciali di prelievo: un tipo di denaro internazionale, creato dal Fondo monetario internazionale, che si basa su una media ponderata di varie valute convertibili. Titoli a breve termine: attività che si prevedono scadere o essere liquidate entro un anno, con alcune eccezioni. Degli esempi sono i buoni del tesoro. Titolo a lungo termine: uno strumento finanziario, come ad esempio un’obbligazione. Strumento finanziario derivato: un contratto il cui valore proviene dalla prestazione di un’entità a monte, come ad esempio un’attività, un indice o un tasso d’interesse. Prestito a breve termine: un prestito che si prevede verrà restituito in meno di un anno. Azioni e altre partecipazioni: le azioni del capitale proprio di una società o altre forme di titoli che rappresentano una situazione giuridica di proprietà. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1-5) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 501/2004 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
1
829
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. 2001/887/GAI: Decisione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione Gazzetta ufficiale n. L 329 del 14/12/2001 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 6 dicembre 2001relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione(2001/887/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro(3), stabilisce che a decorrere dal 1o gennaio 2002 le banconote denominate in euro cominciano ad essere immesse in circolazione ed obbliga gli Stati membri partecipanti ad assicurare sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche in euro.(2) È opportuno integrare e potenziare il dispositivo di protezione dell'euro, varato con strumenti precedenti, mediante disposizioni che instaurino, relativamente alla repressione dei reati di falsificazione dell'euro, una cooperazione stretta fra le competenti autorità degli Stati membri, la Banca centrale europea, le banche centrali nazionali, l'Europol e l'Eurojust.(3) Il 29 maggio 2000 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2000/383/GAI relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro(4).(4) Il 28 giugno 2001 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(5) e il regolamento (CE) n. 1339/2001 che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(6),DECIDE:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente decisione valgono le seguenti definizioni:a) "banconote false" e "monete false", le banconote e le monete così definite dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1338/2001;b) "falsificazione e reati connessi con la falsificazione dell'euro", i comportamenti, in relazione all'euro, descritti agli articoli 3, 4 e 5 della decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio;c) "autorità competenti", le autorità designate dagli Stati membri, in particolare gli uffici centrali nazionali, ai fini dell'accentramento delle informazioni, dell'accertamento e del relativo perseguimento della falsificazione e dei reati connessi con la falsificazione dell'euro;d) "convenzione di Ginevra", la convenzione internazionale per la repressione del falso nummario, firmata a Ginevra il 20 aprile 1929, e relativo protocollo;e) "convenzione Europol", la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia(7).Articolo 2Perizie sulle banconote e sulle moneteGli Stati membri provvedono a che, nell'ambito dei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro:a) le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi (CNA) designato o istituito a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001; eb) le necessarie perizie sulle monete sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi delle monete (CNAC) designato o istituito a norma dell'articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001.Articolo 3Comunicazione degli esiti delle perizieGli Stati membri assicurano che gli esiti delle perizie compiute dai CNA e dai CNAC a norma dell'articolo 2 siano comunicati all'Europol ai sensi delle disposizioni della convenzione Europol.Articolo 4Obbligo di segnalazione1. Gli Stati membri assicurano che gli uffici centrali nazionali di cui all'articolo 12 della convenzione di Ginevra comunichino all'Europol, conformemente alla convenzione Europol, le informazioni da essi accentrate in merito ai procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro, comprese le informazioni ottenute da paesi terzi. Gli Stati membri e l'Europol cooperano per determinare quali informazioni devono essere comunicate. Le informazioni contengono, almeno, l'identificazione delle persone coinvolte, le circostanze in cui i reati sono stati scoperti, le circostanze del sequestro e i collegamenti con altri casi.2. Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro le competenti autorità degli Stati membri si avvalgono, se del caso, di tutti gli strumenti offerti dall'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e poi degli strumenti di cooperazione offerti dall'Eurojust quando sarà stato istituito, ai sensi delle disposizioni previste negli strumenti che istituiscono l'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e l'Eurojust.Articolo 5Entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Verwilghen(1) GU C 75 del 7.3.2001, pag. 1.(2) Parere espresso il 23 ottobre 2001 (Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1.(4) GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1.(5) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6.(6) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11.(7) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo del 30 novembre 2000 (GU C 358 del 13.12.2000, pag. 2). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Protezione dell’euro dalle falsificazioni QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La presente decisione mira a garantire che, nell’ambito delle indagini sulla contraffazione dell’euro, siano eseguite analisi coerenti ed efficaci sulle banconote e monete contraffatte e che tali informazioni siano condivise fra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE In vista dell’introduzione dell’euro il 1o gennaio 2002, la decisione ha integrato una serie di norme esistenti sulla protezione dell’euro dalla falsificazione, nello specifico: la decisione quadro del Consiglio 2000/383/GAI, sostituita dalla direttiva 2014/62/UE,sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione; il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio che definisce altre misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione. Durante le investigazioni sulla falsificazione dell’euro, i paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che i Centri nazionali di analisi (CNA) svolgano le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false, mentre i Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) devono svolgere tali perizie per le monete sospettate di essere false. I paesi dell’UE sono tenuti a trasmettere i risultati di tali perizie all’Ufficio europeo di polizia (Europol). Gli uffici centrali nazionali dei paesi dell’UE responsabili delle investigazioni sulla falsificazione dell’euro e reati correlati hanno l’obbligo di comunicare all’Europol informazioni centralizzate sulle investigazioni, comprese le informazioni ottenute dai paesi extra UE. Dovrebbero essere inviate almeno le seguenti informazioni: l’identificazione delle persone coinvolte; la descrizione dei reati; le circostanze in cui i reati sono stati scoperti; le circostanze del sequestro; i collegamenti con altri casi. Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell’euro le competenti autorità dei paesi dell’UE dovranno avvalersi di tutti gli strumenti offerti dall’Eurojust. La decisione 2005/37/CE della Commissione istituisce il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE), il cui ruolo è quello di proteggere le monete dell’euro dalla falsificazione. A tal fine esso analizza e classifica le monete falsificate e assiste le autorità nazionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è in vigore dal 14 dicembre 2001. CONTESTO Per ulteriori informazioni si consulti: Lotta alla falsificazione (Commissione europea); Misure antifalsificazione (Banca centrale europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2001/887/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell’euro dalla falsificazione (GU L 329 del 14.12.2001, pag. 1-2) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6-10) Modifiche successive al regolamento (CE) n. 1338/2001 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Decisione 2005/37/CE della Commissione, del 29 ottobre 2004, che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73-74) Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio (GU L 151 del 21.5.2014, pag. 1-8)
1
658
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 1638/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti Gazzetta ufficiale n. L 164 del 14/07/1995 pag. 0001 - 0004 REGOLAMENTO (CE) N. 1683/95 DEL CONSIGLIOdel 29 maggio 1995che istituisce un modello uniforme per i vistiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 C, paragrafo 3, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo, considerando che l'articolo 100 C, paragrafo 3 del trattato impone al Consiglio l'obbligo di adottare le misure relative all'istituzione di un modello uniforme per i visti entro il 1° gennaio 1996; considerando che l'istituzione di un modello uniforme per i visti costituisce un passo importante sulla via dell'armonizzazione della politica in materia di visti; che l'articolo 7 A del trattato dispone che il mercato interno comporti uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle persone secondo le disposizioni del trattato; che tale misura deve essere ugualmente considerata come costituente un complesso normativo coerente con le misure del titolo VI del trattato sull'Unione europea; considerando che è indispensabile che il modello uniforme per i visti contenga tutte le informazioni necessarie e soddisfi requisiti tecnici molto elevati, in particolare per quanto attiene alle garanzie contro la contraffazione e la falsificazione, sia idoneo all'uso in tutti gli Stati membri e presenti caratteristiche di sicurezza universalmente riconoscibili, visibili a occhio nudo; considerando che il presente regolamento stabilisce solo le caratteristiche del modello che non sono segrete; che tali caratteristiche devono essere integrate da altre che devono restare segrete per evitare contraffazioni e falsificazioni e che queste ultime non possono comprendere dati personali né riferimenti ad essi; che è opportuno conferire alla Commissione il potere di stabilire altre caratteristiche; considerando che, per limitare allo stretto necessario il numero delle persone cui sono comunicate le informazioni di cui trattasi, è altresì indispensabile che ogni Stato membro attribuisca a un solo organismo il compito di stampare il modello uniforme per i visti, fermo restando che lo Stato membro deve essere libero di cambiare organismo se necessario; che, per motivi di sicurezza, ogni Stato membro deve comunicare il nome dell'organismo in questione alla Commissione e agli altri Stati membri; considerando che, per essere efficace, il presente regolamento deve applicarsi a tutti i visti contemplati all'articolo 5; che gli Stati membri dovrebbero essere liberi di utilizzare il modello di visto uniforme anche per visti che possono essere utilizzati per scopi diversi da quelli di cui all'articolo 5 purché sia esclusa, grazie a modifiche visibili a occhio nudo, qualsiasi possibilità di confusione con il visto uniforme; considerando che, per quanto riguarda i dati personali da includere nel modello uniforme di visto a norma dell'allegato del presente regolamento, si deve garantire il rispetto delle disposizioni degli Stati membri in materia di tutela dei dati personali nonché delle norme di diritto comunitario adottate al riguardo, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1I visti rilasciati dagli Stati membri a norma dell'articolo 5 sono costituiti da un modello uniforme per i visti (adesivo). Essi sono conformi alle prescrizioni di cui all'allegato. Articolo 2Ulteriori prescrizioni tecniche intese a impedire la contraffazione o la falsificazione del visto sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 6. Articolo 31. Le prescrizioni di cui all'articolo 2 sono segrete e non sono pubblicate. Esse sono comunicate esclusivamente agli organismi designati dagli Stati membri per la stampa e alle persone debitamente autorizzate da uno Stato membro o dalla Commissione. 2. Ciascuno Stato membro nomina un unico organismo responsabile della stampa dei suoi visti. Esso comunica il nome di tale organismo alla Commissione e agli altri Stati membri. Due o più Stati membri possono designare a tale scopo un unico organismo. Ogni Stato membro conserva la facoltà di cambiare l'organismo da esso designato. Esso ne informa la Commissione e gli altri Stati membri. Articolo 41. Fatte salve le pertinenti disposizioni più ampie in materia di protezione dei dati, le persone cui è stato rilasciato il visto hanno il diritto di verificare i dati personali ivi riportati e, se del caso, di farli rettificare o sopprimere. 2. Il modello uniforme per i visti non deve contenere nessuna informazione leggibile a macchina diversa da quelle che compaiono altresì nelle caselle descritte ai punti da 6 a 12 dell'allegato o che sono menzionate nel corrispondente documento di viaggio. Articolo 5Ai fini del presente regolamento, si intende per «visto» un'autorizzazione rilasciata o una decisione adottata da uno Stato membro, necessaria per entrare nel suo territorio per: - un soggiorno previsto in tale Stato membro o in diversi Stati membri la cui durata globale non superi i tre mesi; - un transito attraverso il territorio o l'area di transito aeroportuale di tale Stato membro o di diversi Stati membri. Articolo 61. Nei casi in cui si fa riferimento alla procedura di cui al presente articolo, si applicano le seguenti disposizioni. 2. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in relazione all'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza di cui all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato è attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Se il Consiglio non ha deliberato entro due mesi, la Commissione adotta le misure proposte, salvo che il Consiglio abbia respinto dette misure a maggioranza semplice. Articolo 7Quando gli Stati membri utilizzano il modello di visto uniforme per scopi diversi da quelli contemplati dall'articolo 5, devono essere adottate opportune misure per assicurare che sia esclusa qualsiasi possibilità di confusione con il visto di cui all'articolo 5. Articolo 8Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. L'articolo 1 si applica 6 mesi dopo l'adozione delle misure di cui all'articolo 2. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 29 maggio 1995. Per il ConsiglioIl PresidenteH. de CHARETTE ALLEGATO >RIFERIMENTO A UN FILM>Caratteristiche di sicurezza 1. In questa zona figura un motivo formato da nove ellissi a ventaglio. 2. In questa zona figura un elemento ottico variabile («chinegramma» o equivalente). A seconda dell'angolo di osservazione si vedono, in diversi colori e dimensioni, dodici stelle, la lettera «E» e un globo. 3. In questa zona figura il codice alfabetico - composto da una o più lettere - che identifica lo Stato membro emittente («BNL» nel caso dei paesi del Benelux, cioè Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi) con un effetto di immagine latente. Sarà di colore chiaro quando la vignetta viene tenuta orizzontale e scuro quando viene fatta ruotare di 90°. Si utilizzeranno i seguenti codici: A per Austria, BNL per Benelux, D per Germania, DK per Danimarca, E per Spagna, F per Francia, FIN per Finlandia, GR per Grecia, I per Italia, IRL per Irlanda, P per Portogallo, S per Svezia, UK per Regno Unito. 4. Al centro di questa zona figura la parola «visto» in lettere maiuscole e colore variabile dal verde al rosso, a seconda dell'angolo di osservazione. 5. In questa casella figura il numero del visto, che è prestampato e comincerà con la lettera o con le lettere che indicano il paese emittente come descritto al punto 3 sopra. È utilizzato un carattere speciale. Zone da completare 6. Questa casella deve cominciare con le parole «valido per». L'autorità emittente dovrà indicare il territorio o i territori per cui il visto è valido. 7. Questa casella deve iniziare con la parola «da»; più oltre sulla riga comparirà la parola «a». L'autorità emittente dovrà indicare qui la durata di validità del visto. 8. Questa casella deve iniziare con la dicitura «numero di ingressi»; più oltre, sulla riga deve figurare la dicitura «durata del soggiorno» (cioè durata per la quale i richiedenti intendono rimanere) e la dicitura «giorni». 9. Questa casella deve iniziare con la dicitura «rilasciato a» e verrà utilizzata per indicare il luogo di rilascio. 10. Questa casella deve iniziare con la parola «il» seguita dalla data di rilascio apposta dall'autorità emittente; più oltre, nella stessa riga, deve figurare la dicitura «numero di passaporto» seguita dal numero di passaporto del titolare. 11. Questa casella deve iniziare con le parole «tipo di visto». L'autorità emittente deve indicare la categoria del visto, in conformità con le disposizioni degli articoli 5 e 7. 12. Questa casella deve iniziare con la parola «annotazioni» ed è utilizzata dall'autorità emittente per le informazioni che riterrà necessarie, purché conformi all'articolo 4 del regolamento. Per tali annotazioni sono disponibili le due righe e mezzo seguenti. 13. Questa casella deve contenere le informazioni per la lettura ottica necessarie a facilitare i controlli alle frontiere esterne. La carta è verde pastello con motivi blu e rossi. Le diciture corrispondenti a ciascuna casella sono in inglese e in francese. Lo Stato emittente ha facoltà di aggiungere una terza lingua ufficiale delle Comunità. La parola corrispondente all'italiano «visto», nella riga in alto, può tuttavia comparire in una qualsiasi delle lingue ufficiali della Comunità. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Modello uniforme per i visti rilasciati a cittadini di paesi extra-UE QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Nel 1995, l’Unione europea creò un modello uniforme per i visti dell’UE sotto forma di vignetta autoadesiva da apporre al documento di viaggio dei cittadini di paesi extra-UE con obbligo di visto. Il presente regolamento stabilisce le norme relative al modello uniforme per i visti non solo per i paesi Schengen* ma anche per Irlanda e Regno Unito (1). PUNTI CHIAVE Il modello uniforme si applica a:un soggiorno previsto in uno o più paesi dello spazio Schengen la cui durata globale non superi i tre mesi; un transito attraverso l’area di transito internazionale degli aeroporti dei paesi Schengen («visto di transito aeroportuale»). Nel caso dei paesi Schengen, ad esempio, un visto di breve durata rilasciato da uno di essi autorizza il titolare a viaggiare per i 26 paesi fino a un massimo di 90 giorni in un qualsiasi periodo di 180 giorni.I visti per soggiorni superiori a tale periodo (ovvero per consentire al titolare di trovare lavoro oppure avviare un’impresa, un’attività commerciale o una professione) restano soggetti a procedure nazionali.Informazioni relative alla vignetta-visto autoadesivaLa vignetta-visto autoadesiva uniforme specifica il numero di giorni in cui un cittadino di un paese extra-UE può soggiornare nello spazio Schengen, in Irlanda e nel Regno Unito (1). Nel caso di un visto Schengen, i giorni dovrebbero essere contati a partire dalla data di ingresso nello spazio Schengen (timbro di ingresso) fino alla data di uscita dallo spazio Schengen (timbro di uscita), entrambi i giorni compresi.La durata precisa della validità del visto è indicata sulla vignetta-visto autoadesiva sotto alla dicitura «Durata del soggiorno». Il regolamento (UE) n. 2017/1370 introduce un nuovo disegno per la vignetta-visto con elementi di sicurezza aggiuntivi per impedire le falsificazioni. L’Irlanda e il Regno Unito (1) non sono soggetti all’applicazione delle nuove misure che sono entrate in vigore il 17 agosto 2017. Ciononostante, tali paesi possono richiedere alla Commissione europea di definire le modalità per lo scambio di informazioni tecniche per il rilascio dei visti nazionali. Prescrizioni tecnicheIl visto uniforme deve essere conforme a:un elenco di specifiche tecniche riportato nella normativa dell’UE, che stabilisce caratteristiche di sicurezza universalmente riconoscibili e chiaramente visibili a occhio nudo e che comprende: Una fotografia allegata prodotta nel rispetto di elevati standard di sicurezza,il logo deve consistere di una o più lettere indicanti il paese emittente - o gruppo di paesi, nel caso del Benelux; altre specifiche tecniche che mirano ad evitare la contraffazione e la falsificazione del visto e forniscono indicazioni per la compilazione del visto. Ciascun paese dell’UE deve designare un’unica autorità preposta alla stampa dei visti. Esso deve comunicare il nome di tale organismo alla Commissione europea e agli altri paesi dell’UE. Le prescrizioni tecniche per la nuova vignetta-visto saranno definite in una decisione di esecuzione della Commissione, Il regolamento viene applicato al più tardi quindici mesi dopo l’adozione delle prescrizioni tecniche complementari di cui al regolamento (CE) n. 1683/95. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO? È stato applicato a partire dal 3 agosto 1995. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Politica sui visti (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Paesi Schengen: Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria. ATTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti (GU L 164 del 14.7.1995, pagg. 1-4) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1683/95 sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) (GU L 243 del 15.9.2009, pagg. 1-58). Si veda la versione consolidata Regolamento (CE) n. 333/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, relativo ad un modello uniforme di foglio utilizzabile per l’apposizione di un visto rilasciato dagli Stati membri a persone titolari di un documento di viaggio non riconosciuto dallo Stato membro che emette il foglio (GU L 53 del 23.2.2002, pagg. 4-6)
1
919
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Gazzetta ufficiale n. L 312 del 23/12/1995 pag. 0001 - 0004 REGOLAMENTO (CE, EURATOM) N. 2988/95 DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 1995 relativo alla tutela degli interessi finanziari delle ComunitàIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 203, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando che all'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee, finanziato con risorse proprie, provvede la Commissione nei limiti degli stanziamenti concessi e in conformità dei principi di una buona gestione finanziaria; che, per assolvere tale compito, la Commissione coopera strettamente con gli Stati membri; considerando che oltre la metà delle spese della Comunità è versata ai destinatari tramite gli Stati membri; considerando che le modalità di tale gestione decentrata e di sistemi di controllo sono regolate da disposizioni dettagliate diverse a seconda delle politiche comunitarie in questione; che occorre tuttavia combattere in tutti i settori contro le lesioni agli interessi finanziari delle Comunità; considerando che l'efficacia di tale lotta contro gli atti lesivi degli interessi finanziari delle Comunità richiede la predisposizione di un contesto giuridico comune a tutti i settori contemplati dalle politiche comunitarie; considerando che le condotte che danno luogo a irregolarità nonché le misure e sanzioni amministrative relative sono previste in normative settoriali conformi al presente regolamento; considerando che le condotte di cui sopra comprendono le condotte fraudolente, quali definite nella convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee; considerando che le sanzioni amministrative comunitarie debbono assicurare un'adeguata tutela di tali interessi; che occorre stabilire regole generali da applicarsi a tali sanzioni; considerando che il diritto comunitario prevede sanzioni amministrative comunitarie nel quadro della politica agricola comune; che tali sanzioni dovranno anche essere previste in altri campi; considerando che le misure e sanzioni comunitarie adottate nel quadro della realizzazione degli obiettivi della politica agricola comune costituiscono parte integrante dei regimi di aiuto; che esse hanno una finalità propria la quale lascia impregiudicata, sul piano del diritto penale, la valutazione da parte delle autorità competenti degli Stati membri della condotta degli operatori economici interessati; che la loro efficacia deve essere garantita dall'applicazione immediata della norma comunitaria nonché dalla piena applicazione di tutte le misure comunitarie, giacché l'adozione di misure conservative non abbia consentito di conseguire tale obiettivo; considerando che, in virtù dell'esigenza generale di equità e del principio di proporzionalità, nonché alla luce del principio « ne bis in idem » occorre prevedere, nel rispetto dell'« acquis » comunitario e delle disposizioni previste dalle normative comunitarie specifiche esistenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, adeguate disposizioni per evitare il cumulo delle sanzioni pecuniarie comunitarie e delle sanzioni penali nazionali irrogate per gli stessi fatti alla stessa persona; considerando che, ai fini dell'applicazione del presente regolamento, un procedimento penale può essere considerato concluso qualora l'autorità nazionale competente e l'interessato abbiano concluso una transazione; considerando che il presente regolamento si applica lasciando impregiudicata l'applicazione del diritto penale degli Stati membri; considerando che il diritto comunitario obbliga la Commissione e gli Stati membri di vigilare acché le risorse di bilancio delle Comunità siano utilizzate ai fini previsti; che è opportuno prevedere regole comuni che si applichino in via complementare rispetto alla normativa vigente; considerando che i trattati non prevedono poteri specifici necessari ai fini dell'adozione di disposizioni materiali di portata orizzontale relative ai controlli, alle misure e alle sanzioni al fine di assicurare la tutela degli interessi finanziari delle Comunità; che pertanto occorre far ricorso all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA; considerando che le disposizioni generali aggiuntive relative ai controlli e alle verifiche in loco saranno adottate successivamente, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: TITOLO I Principi generali Articolo 1 1. Ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee è adottata una normativa generale relativa a dei controlli omogenei e a delle misure e sanzioni amministrative riguardanti irregolarità relative al diritto comunitario. 2. Costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un'azione o un'omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita. Articolo 2 1. I controlli e le misure e sanzioni amministrative sono istituiti solo qualora risultino necessari per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario. Essi devono avere carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo per assicurare un'adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità. 2. Nessuna sanzione amministrativa può essere irrogata se non è stata prevista da un atto comunitario precedente all'irregolarità. In caso di successiva modifica delle disposizioni relative a sanzioni amministrative contenute in una normativa comunitaria si applicano retroattivamente le disposizioni meno rigorose. 3. Le disposizioni del diritto comunitario determinano la natura e la portata delle misure e sanzioni amministrative necessarie alla corretta applicazione della normativa considerata, in funzione della natura e della gravità dell'irregolarità, del beneficio concesso o del vantaggio ricevuto e del grado di responsabilità. 4. Fatto salvo il diritto comunitario applicabile, le procedure relative all'applicazione dei controlli, delle misure e sanzioni comunitari sono disciplinate dal diritto degli Stati membri. Articolo 3 1. Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall'esecuzione dell'irregolarità di cui all'articolo 1, paragrafo 1. Tuttavia, le normative settoriali possono prevedere un termine inferiore e comunque non inferiore a tre anni. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l'irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma. La prescrizione delle azioni giudiziarie è interrotta per effetto di qualsiasi atto dell'autorità competente, portato a conoscenza della persona interessata, che abbia natura istruttoria o che sia volto a perseguire l'irregolarità. Il termine di prescrizione decorre nuovamente dal momento di ciascuna interruzione. Tuttavia, la prescrizione è acquisita al più tardi il giorno in cui sia giunto a scadenza un termine pari al doppio del termine di prescrizione senza che l'autorità competente abbia irrogato una sanzione, fatti salvi i casi in cui la procedura amministrativa sia stata sospesa a norma dell'articolo 6, paragrafo 1. 2. Il termine di esecuzione della decisione che irroga sanzioni amministrative è di tre anni. Esso decorre dal giorno in cui la decisione diventa definitiva. I casi di interruzione e di sospensione sono disciplinati dalle pertinenti disposizioni di diritto nazionale. 3. Gli Stati membri mantengono la possibilità di applicare un termine più lungo di quello previsto rispettivamente al paragrafo 1 e al paragrafo 2. TITOLO II Misure e sanzioni amministrative Articolo 4 1. Ogni irregolarità comporta, in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente ottenuto: - mediante l'obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percetti; - mediante la perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. 2. L'applicazione delle misure di cui al paragrafo 1 è limitata alla revoca del vantaggio indebitamente ottenuto aumentato, se ciò è previsto, di interessi che possono essere stabiliti in maniera forfettaria. 3. Gli atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto comunitario applicabile nella fattispecie, creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio stesso. 4. Le misure previste dal presente articolo non sono considerate sanzioni. Articolo 5 1. Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare le seguenti sanzioni amministrative: a) il pagamento di una sanzione amministrativa; b) il versamento di un importo superiore alle somme indebitamente percette o eluse aumentato, se del caso, di interessi; tale importo complementare, determinato in base a una percentuale da stabilire nelle pertinenti normative, non può superare il livello assolutamente necessario a conferirgli carattere dissuasivo; c) la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso dalla normativa comunitaria anche se l'operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; d) l'esclusione o la revoca dell'attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell'irregolarità; e) la revoca temporanea di un'autorizzazione o di un riconoscimento necessari per poter beneficiare di un regime di aiuti comunitari; f) la perdita di una garanzia o cauzione costituita ai fini dell'osservanza delle condizioni previste da una normativa o la ricostituzione dell'importo di una garanzia indebitamente liberata; g) altre sanzioni, di carattere esclusivamente economico, aventi natura e portata equivalenti, contemplate dalle normative settoriali adottate dal Consiglio in funzione delle necessità proprie del settore di cui trattasi e nel rispetto delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione del Consiglio. 2. Fatte salve le disposizioni delle normative settoriali vigenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, le altre irregolarità possono unicamente dar luogo alle sanzioni non assimilabili ad una sanzione penale previste al paragrafo 1, purché tali sanzioni siano indispensabili per la corretta applicazione della normativa. Articolo 6 1. Fatte salve le misure e sanzioni amministrative comunitarie adottate sulla base dei regolamenti settoriali esistenti all'entrata in vigore del presente regolamento, l'imposizione delle sanzioni pecuniarie, quali le sanzioni amministrative, può essere sospesa con decisione dell'autorità competente qualora sia stato avviato, per gli stessi fatti, un procedimento penale contro la persona interessata. La sospensione del procedimento amministrativo sospende il termine di prescrizione di cui all'articolo 3. 2. Se il procedimento penale non è proseguito, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso. 3. Allorché il procedimento penale è concluso, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso purché ciò non sia contrario ai principi generali del diritto. 4. Allorché il procedimento amministrativo è ripreso, l'autorità amministrativa provvede affinché sia irrogata una sanzione almeno equivalente a quella prevista dalla normativa comunitaria, potendo tener conto di qualsiasi sanzione irrogata dall'autorità penale per gli stessi fatti alla stessa persona. 5. Le disposizioni di cui ai paragrafi da 1 a 4 non si applicano alle sanzioni pecuniarie che costituiscono parte integrante dei regimi di sostegno finanziario e possono essere applicate indipendentemente ad eventuali sanzioni penali se, e nella misura in cui, non sono assimilabili a tali sanzioni. Articolo 7 Le misure e sanzioni amministrative comunitarie possono applicarsi agli operatori economici di cui all'articolo 1, ossia alle persone fisiche o giuridiche, nonché agli altri organismi cui il diritto nazionale riconosce capacità giuridica, che abbiano commesso l'irregolarità. Possono parimenti applicarsi alle persone che hanno partecipato all'esecuzione dell'irregolarità, nonché a quelle tenute a rispondere della medesima o a evitare che sia commessa. TITOLO III Controlli Articolo 8 1. Gli Stati membri adottano, secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, le misure necessarie per assicurare la regolarità e l'effettività delle operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari delle Comunità. 2. Le misure di controllo sono adeguate alle specificità di ciascun settore e sono proporzionate agli obiettivi perseguiti. Esse tengono conto delle prassi e delle strutture amministrative esistenti negli Stati membri e sono stabilite in modo tale da non dar luogo a vincoli economici e a costi amministrativi eccessivi. La natura e la frequenza dei controlli e delle verifiche in loco che gli Stati membri debbono eseguire, nonché le relative modalità della loro esecuzione sono stabilite, se del caso, dalle normative settoriali, al fine di garantire l'applicazione uniforme ed efficace delle normative in questione e, in particolare, di prevenire ed individuare le irregolarità. 3. Le normative settoriali contengono le disposizioni necessarie per assicurare un controllo equivalente mediante il ravvicinamento delle procedure e dei metodi di controllo. Articolo 9 1. Fatti salvi i controlli eseguiti dagli Stati membri secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali e fatti salvi i controlli eseguiti dalle istituzioni comunitarie secondo le disposizioni del trattato CE, in particolare l'articolo 188 C, la Commissione fa eseguire, sotto la propria responsabilità, la verifica: a) della conformità delle pratiche amministrative con le norme comunitarie; b) dell'esistenza dei documenti giustificativi necessari e della loro concordanza con le entrate e le spese delle Comunità di cui all'articolo 1; c) delle condizioni in cui sono eseguite e verificate tali operazioni finanziarie. 2. Inoltre, essa può effettuare controlli e verifiche sul posto alle condizioni previste dalle normative settoriali. Prima di effettuare i controlli e le verifiche, secondo la normativa in vigore, la Commissione ne informa lo Stato membro interessato in modo da ottenere tutta l'assistenza necessaria. Articolo 10 Saranno successivamente adottate disposizioni generali supplementari in materia di controlli e verifiche in loco secondo le procedure di cui all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 1995. Per il Consiglio Il Presidente J. BORRELL FONTELLES Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Lotta contro la frode: controlli nei paesi dellUnione europea I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*. ATTO Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee SINTESI I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*. CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO? — Mira a combattere le frodi contro gli interessi finanziari dell’Unione europea (il bilancio dell’UE - denaro dei contribuenti). — Stabilisce un insieme comune di norme giuridiche per tutti i settori contemplati dalle politiche dell’UE. — In particolare, prevede controlli, misure e sanzioni amministrative nel caso in cui le regole di finanziamento UE non siano rispettate. PUNTI CHIAVE Più della metà della spesa dell’UE è corrisposta ai beneficiari attraverso i governi e le agenzie dei paesi dell’UE. Sia questo sistema di gestione decentrata che il monitoraggio dell’utilizzo della spesa sono regolati da norme dettagliate che variano a seconda del settore interessato. I paesi dell’UE devono adottare le misure necessarie per garantire che le operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari dell’Unione europea siano corrette e regolari. Le misure in materia di controlli devono essere proporzionate agli obiettivi perseguiti in modo da non comportare eccessivi vincoli economici o costi amministrativi. Devono anche tener conto delle prassi e delle strutture amministrative presenti nei paesi dell’UE. La Commissione europea è responsabile di verificare che: — le pratiche amministrative siano conformi alle norme UE; — siano presenti i documenti giustificativi necessari e che coincidano con le entrate e le spese dell’Unione europea; — le operazioni finanziarie siano eseguite e verificate in circostanze appropriate. Inoltre, ai sensi del regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96, la Commissione europea potrà effettuare controlli e verifiche sul posto. Revoca del vantaggio indebitamente ottenuto In generale, se viene rilevata un’irregolarità, il vantaggio indebitamente ottenuto deve essere rimborsato e una quota di accompagnamento di interessi potrebbe essere calcolata su base forfettaria. Il provvedimento di revoca del vantaggio può consistere: — nell’obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percepiti; — nella perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare sanzioni amministrative, come ad esempio: — il pagamento di una sanzione amministrativa; — il pagamento di una somma aggiuntiva; tuttavia, questo non deve superare un livello che è strettamente necessario a conferirgli un carattere dissuasivo; — la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso, anche se l’operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; o l’esclusione o la revoca dell’attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell’irregolarità; — altre sanzioni di carattere esclusivamente economico previste dal diritto comunitario. Principi generali I controlli amministrativi, le misure e le sanzioni devono essere — efficaci, — proporzionati, — dissuasivi. Devono tener conto della natura e della gravità dell’irregolarità, del beneficio concesso o ricevuto e del grado di responsabilità. Una sanzione amministrativa può essere irrogata solo se, prima dell’irregolarità, un atto o una legge dell’UE l’ha specificatamente autorizzata. Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall’esecuzione dell’irregolarità. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l’irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma. TERMINI CHIAVE * Irregolarità : qualsiasi atto o omissione da parte di un destinatario del finanziamento UE, che si traduce in un pregiudizio al bilancio generale dell’Unione europea, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 26.12.1995 - GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1-4 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2-5)
1
101
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (UE) N. 1003/2010 DELLA COMMISSIONE dell'8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 70/222/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'alloggiamento ed al montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il regolamento (CE) n. 661/2009 stabilisce le disposizioni fondamentali relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Occorre quindi stabilire anche le procedure, le prove e i requisiti specifici necessari per l'omologazione. (4) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: (1) «tipo di veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori»: i veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda, in particolare, i punti seguenti: le dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la posizione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la forma della superficie destinata all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; (2) «superficie piana»: una superficie di materiale solido, che può consistere anche di una rete o griglia, con un raggio di curvatura di almeno 5 000 mm; (3) «superficie di rete strutturata»: una superficie che consiste in una ripartizione uniforme di buchi (ad esempio di forma rotonda, ovale, a diamante, rettangolare o quadrata) ad intervalli non superiori a 15 mm; (4) «superficie grigliata»: una superficie di barre parallele ripartite uniformemente ad una distanza massima di 15 mm; (5) «superficie nominale»: la superficie teorica geometricamente perfetta che non tiene conto di irregolarità superficiali quali sporgenze o cavità; (6) «piano longitudinale mediano del veicolo»: il piano di simmetria del veicolo oppure, se il veicolo non è simmetrico, il piano verticale longitudinale che passa attraverso il centro degli assi del veicolo; (7) «inclinazione»: il grado di deviazione angolare in relazione al piano verticale. Articolo 2 Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. Il costruttore, o il suo rappresentante, presenta all'autorità di omologazione la domanda di omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori sui veicoli a motore e i loro rimorchi. 2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1. 3. Se le prescrizioni pertinenti di cui all'allegato II del presente regolamento sono soddisfatte, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in base sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE conforme al modello di cui all'allegato I, parte 2. Articolo 3 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 70/222/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli a norma della direttiva 70/222/CEE. Articolo 4 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'8 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 76 del 6.4.1970, pag. 25. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 2. MASSE E DIMENSIONI (3) (4) 2.4. Campo di dimensioni (fuori tutto) del veicolo 2.4.2. Per i telai carrozzati 2.4.2.3. Altezza (in ordine di marcia) (5) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): … 2.6. Massa in ordine di marcia Massa del veicolo carrozzato e, in caso di veicolo trattore di categoria diversa dalla categoria M1, con il dispositivo di aggancio, se fornito dal costruttore, in ordine di marcia, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio, se il costruttore non li fornisce, (compresi liquidi, attrezzi, ruota di scorta, se fornita, e conducente e, per gli autobus di linea e gran turismo, un accompagnatore, se il veicolo è munito dell'apposito sedile) (6) (massima e minima per ogni variante) … 9 CARROZZERIA 9.14. Alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore (indicare il campo delle dimensioni, servirsi eventualmente di disegni): … 9.14.1. Altezza dal suolo del bordo superiore: … 9.14.2. Altezza dal suolo del bordo inferiore: … 9.14.3. Distanza tra la linea centrale e il piano mediano longitudinale del veicolo: … 9.14.4. Distanza dal bordo sinistro del veicolo: … 9.14.5. Dimensioni (lunghezza x larghezza): … 9.14.6. Inclinazione del piano rispetto alla verticale: … 9.14.7. Angolo di visibilità sul piano orizzontale: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Oggetto: — omologazione CE (7) — estensione dell'omologazione CE (7) — rifiuto dell'omologazione CE (7) — revoca dell'omologazione CE (7) di un tipo di veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori visto il regolamento (UE) n. 1003/2010 [«il presente regolamento»], modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (7) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (8): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (9): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE (3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni. (4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni. (5) (g8) Termine n. 6.3. (6) La massa del conducente, ed eventualmente quella dell'accompagnatore, è valutata a 75 kg (di cui 68 kg per la massa dell'occupante e 7 kg per quella del bagaglio, in base alla norma ISO 2416-1992), il serbatoio del carburante è riempito al 90% e gli altri sistemi contenenti liquidi (esclusi quelli per le acque usate) al 100% della capacità indicata dal costruttore. (7) Cancellare la dicitura non pertinente. (8) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (9) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Descrizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore … 2. L'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore è adatto a una targa dalle dimensioni massime: 520 × 120/340 × 240 (1) 3. Posizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore: a sinistra dal centro/centro (1) 4. L'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile se viene agganciato un dispositivo di attacco meccanico: sì/no (1) 5. Osservazioni: … (1) Cancellare la dicitura non pertinente. ALLEGATO II Prescrizioni relative all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. PRESCRIZIONI 1.1. Forma e dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore 1.1.1. L'alloggiamento per il montaggio della targa presenta una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, con le seguenti dimensioni minime: a seconda dei casi larghezza : 520 mm altezza : 120 mm o larghezza : 340 mm altezza : 240 mm 1.1.2. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare buchi o aperture. 1.1.2.1. Nel caso di veicoli di categoria M1 la larghezza del buco o dell'apertura non deve superare i 40 mm, senza tenere conto della lunghezza. 1.1.3. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare sporgenze, a condizione che esse non sporgano oltre 5,0 mm rispetto alla superficie nominale. Le parti di materiali molto morbidi, come schiuma o feltro destinati ad eliminare le vibrazioni della targa d'immatricolazione, non vanno prese in considerazione. 1.2. Alloggiamento e montaggio della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.1. L'alloggiamento per il montaggio deve essere tale che la targa d'immatricolazione, dopo il montaggio secondo le istruzioni del fabbricante, presenti le seguenti caratteristiche: 1.2.1.1. Posizione della targa rispetto al piano mediano longitudinale del veicolo: 1.2.1.1.1. Il punto centrale della targa non deve essere situato a destra del piano mediano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2. Posizione della targa rispetto al piano verticale longitudinale del veicolo: 1.2.1.2.1. La targa deve essere perpendicolare al piano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2.2. Il bordo sinistro della targa non deve essere situato a sinistra del piano verticale che è parallelo al piano mediano longitudinale del veicolo e tocca il bordo esterno del veicolo. 1.2.1.3. Posizione della targa rispetto al piano verticale trasversale: 1.2.1.3.1. La targa può essere inclinata verticalmente: 1.2.1.3.1.1. tra un minimo di – 5° e massimo di 30°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m; 1.2.1.3.1.2. tra un minimo di – 15° e un massimo di 5°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m. 1.2.1.4. Altezza della targa rispetto al suolo: 1.2.1.4.1. L'altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. 1.2.1.4.2. L'altezza del bordo superiore della targa dal suolo non deve essere superiore a 1,20 m. Tuttavia, se non è possibile rispettare la prescrizione dell'altezza a causa della costruzione del veicolo, l'altezza massima può superare 1,20 m, a condizione che si avvicini il più possibile a tale limite, compatibilmente con le caratteristiche costruttive del veicolo. In nessun caso può essere superiore a 2 m. 1.2.1.5. Visibilità geometrica: 1.2.1.5.1. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa non supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano orizzontale che passa per il bordo inferiore della targa. 1.2.1.5.2. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano che passa per il bordo inferiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso il basso. 1.2.1.6. Lo spazio tra i bordi della targa d'immatricolazione montata e la superficie effettiva dell'alloggiamento della targa non deve essere superiore a 5,0 mm su tutto il bordo esterno della targa d'immatricolazione. 1.2.1.6.1. Lo spazio massimo prescritto può essere superato localmente se la differenza è misurata in prossimità di un buco o dell'apertura all'interno della superficie di rete o tra le barre parallele della superficie grigliata. 1.2.2. La posizione e la forma effettive della targa d'immatricolazione montata secondo il paragrafo 1.2, in particolare il risultante raggio di curvatura, devono essere prese in considerazione ai fini delle prescrizioni concernenti i dispositivi di illuminazione della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.3. Se lo spazio per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile entro i piani di visibilità geometrica a causa dell'installazione di un dispositivo di aggancio meccanico, tale fatto è annotato nel verbale di prova e indicato nel certificato di omologazione CE. 2. PROCEDURA DI PROVA 2.1. Determinazione dell'inclinazione verticale e dell'altezza della targa d'immatricolazione dal suolo 2.1.1. Prima di effettuare le misurazioni il veicolo è posto su una superficie liscia e la massa del veicolo deve corrispondere alla massa dichiarata del fabbricante in ordine di marcia, ma senza il conducente. 2.1.2. Se il veicolo è dotato di sospensione idropneumatica, idraulica o pneumatica o di un dispositivo per il livellamento automatico a seconda del carico, deve essere sottoposto a prova con la sospensione o il dispositivo nelle normali condizioni di funzionamento specificate dal costruttore. 2.1.3. Se la targa d'immatricolazione è rivolta verso il basso, il risultato della misurazione dell'inclinazione è espresso con cifre negative. 2.2. Le misurazioni delle sporgenze vanno effettuate perpendicolarmente e direttamente verso la superficie nominale coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.3. La misurazione dello spazio tra il bordo della targa montata e la superficie effettiva è effettuata perpendicolarmente e direttamente verso la superficie effettiva coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.4. La targa d'immatricolazione utilizzata per il controllo della conformità deve essere delle dimensioni specificate al punto 1.1.1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il presente regolamento stabilisce le disposizioni relative all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. L’obiettivo è modificare gli attuali requisiti per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. Il regolamento (UE) n. 2015/166 modifica l’allegato II del regolamento per quanto concerne requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori e le procedure per le relative prove. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa le regole relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto concerne l’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori. Fa parte dell’implementazione del regolamento (CE) 661/2009 per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posterioriL’alloggiamento di una targa d’immatricolazione posteriore deve presentare una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, che deve misurare, a seconda dei casi:520 millimetri di larghezza e 120 millimetri di altezza; oppure 340 millimetri di larghezza e 240 millimetri di altezza. Il regolamento modificativo (UE) 2015/166 chiarisce i requisiti riguardanti il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore:la targa deve essere posizionata ad angoli retti (+/- 5°) rispetto al piano longitudinale del veicolo; L’altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. la targa deve essere visibile in tutto lo spazio; le disposizioni specifiche sulla visibilità della targa dipendono dall’altezza del bordo superiore della targa, a seconda che sia maggiore di o non superiore a 1,20 m dal suolo. Il regolamento fissa inoltre delle procedure di prova per il controllo della conformità. Norme per l’omologazione UEIl fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve indicare:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; il campo di dimensioni dell’alloggiamento per le targhe d’immatricolazione posteriori; l’altezza dal suolo dei bordi. Qualora l’autorità competente ritenga che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore, essa deve concedere l’omologazione UE per tipo e rilascia un numero di omologazione in conformità della direttiva 2007/46/CE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 29 novembre 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1003/2010 della Commissione dell’8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 291 del 9.11.2010, pag. 22). Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1003/2010 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Consultare la versione consolidata. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Consultare la versione consolidata.
1
181
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (UE) N. 1026/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2012 relativo a talune misure ai fini della conservazione degli stock ittici relative ai paesi che autorizzano una pesca non sostenibile IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 43, paragrafo 2, e l’articolo 207, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Secondo quanto previsto dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 («UNCLOS») e dall’accordo delle Nazioni Unite ai fini dell’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori, del 4 agosto 1995 («UNFSA»), la gestione di taluni stock ittici condivisi, transzonali e altamente migratori richiede la cooperazione di tutti i paesi nelle cui acque si trovano gli stock (gli Stati costieri) e dei paesi le cui flotte sfruttano tali stock (gli Stati pescatori). Tale cooperazione può essere istituita nel quadro delle organizzazioni regionali di gestione della pesca («ORGP») o, nel caso in cui le ORGP non siano competenti per lo stock in questione, mediante accordi ad hoc tra i paesi che hanno un interesse alla pesca. (2) Qualora un paese terzo che ha un interesse alla pesca relativa a uno stock di interesse comune per tale paese e per l’Unione consenta, senza tenere in debito conto i modelli di pesca esistenti o i diritti, i doveri e gli interessi degli altri paesi e dell’Unione, attività di pesca che mettano a rischio la sostenibilità di detto stock, e non collabori con altri paesi e con l’Unione, alla gestione dello stock medesimo, è opportuno adottare misure specifiche al fine di incoraggiare tale paese a contribuire alla conservazione di detto stock. (3) Lo stato degli stock ittici dovrebbe essere ritenuto insostenibile quando essi non sono mantenuti in permanenza a livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile o al di sopra di tali livelli oppure, se tali livelli non possono essere stimati, quando gli stock non sono mantenuti in permanenza entro limiti biologici sicuri. (4) Occorre stabilire le condizioni alle quali è possibile considerare che un paese autorizza attività di pesca non sostenibili ed è soggetto alle misure a norma del presente regolamento, in particolare un processo che conceda ai paesi interessati il diritto di presentare le proprie osservazioni e consenta loro di adottare misure correttive. (5) Inoltre, è necessario definire il tipo di misure che possono essere adottate nei confronti dei paesi che autorizzano una pesca non sostenibile e stabilire le condizioni generali per l’adozione di tali misure, in modo che esse siano fondate su criteri oggettivi e che siano eque, efficienti sotto il profilo dei costi e compatibili con il diritto internazionale, in particolare con l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio. (6) Tali misure dovrebbero essere volte ad eliminare gli incentivi per i paesi che autorizzano una pesca non sostenibile a sfruttare gli stock di interesse comune. Tale obiettivo può essere realizzato, tra l'altro, limitando le importazioni di prodotti della pesca catturati da navi che svolgono attività di pesca su uno stock di interesse comune sotto il controllo del paese che autorizza una pesca non sostenibile, limitando l'accesso ai porti per tali navi o impedendo che pescherecci dell'Unione o attrezzature da pesca dell'Unione siano utilizzate per sfruttare gli stock di interesse comune sotto il controllo del paese che autorizza una pesca non sostenibile. (7) Al fine di garantire l’efficacia e la coerenza dell’azione dell’Unione per la conservazione degli stock ittici, è importante tenere in considerazione le misure previste dal regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (3). (8) Al fine di garantire che le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento siano rispettose dell'ambiente, efficaci, proporzionate e compatibili con le norme internazionali, è necessario che l’adozione di tali misure sia preceduta da una valutazione degli effetti ambientali, commerciali, economici e sociali previsti. (9) Se le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento sono inefficaci e tale paese continua ad essere considerato un paese che autorizza una pesca non sostenibile, possono essere adottate ulteriori misure in conformità del presente regolamento. (10) È opportuno che le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento cessino di applicarsi quando il paese che autorizza una pesca non sostenibile ha adottato le misure necessarie per il suo contributo alla conservazione dello stock di interesse comune. (11) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione riguardo all'individuazione di un paese che autorizza una pesca non sostenibile, all'adozione di misure nei confronti di tale paese nonché alla decisione che tali misure debbano cessare di applicarsi. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (4). (12) Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alla fine dell’applicazione delle misure adottate a norma del presente regolamento, imperativi motivi di urgenza, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Il presente regolamento istituisce un quadro per l'adozione di talune misure relative alle attività e alle politiche di pesca di paesi terzi al fine di garantire la conservazione a lungo termine degli stock di interesse comune per l'Unione e tali paesi terzi. 2. Le misure adottate a norma del presente regolamento possono essere applicate in tutti i casi in cui la cooperazione tra i paesi terzi e l’Unione è necessaria ai fini della gestione congiunta degli stock di interesse comune, anche nel caso in cui tale cooperazione avviene nell’ambito di un’ORGP o di un organismo analogo. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: a) «stock di interesse comune», uno stock ittico la cui distribuzione geografica lo rende accessibile sia all'Unione sia ai paesi terzi e la cui gestione richiede la cooperazione tra tali paesi e l’Unione, in contesti bilaterali o multilaterali; b) «specie associata», ogni specie ittica appartenente al medesimo ecosistema dello stock di interesse comune e che si alimenta di detto stock, gli serve da alimento, compete con esso per il cibo e lo spazio vitale o si trova nella stessa zona di pesca e che è sfruttata o catturata accidentalmente nell'ambito della stessa o delle stesse attività di pesca; c) «organizzazione regionale di gestione della pesca» o «ORGP», un’organizzazione subregionale, regionale o simile competente, ai sensi del diritto internazionale, a stabilire misure di conservazione e di gestione per le risorse biologiche marine soggette alla sua responsabilità in virtù della convenzione o dell’accordo che l'ha istituita; d) «importazione», l’introduzione nel territorio dell’Unione di pesce o prodotti della pesca, anche ai fini del trasbordo nei porti ivi situati; e) «trasbordo», lo scarico, per intero o in parte, dei pesci o dei prodotti della pesca detenuti a bordo di un peschereccio verso un altro peschereccio; f) «stato insostenibile», la situazione in cui lo stock non è mantenuto in permanenza a livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile o al di sopra di tali livelli oppure, se tali livelli non possano essere stimati, quando lo stock non è mantenuto in permanenza entro limiti biologici sicuri; i livelli dello stock che determinano se esso si trova in uno stato insostenibile devono essere stabiliti sulla base dei migliori pareri scientifici disponibili; g) «limiti biologici sicuri», i limiti dimensionali di uno stock entro i quali esso può ricostituirsi con un alto grado di probabilità pur consentendo attività di pesca ad alto rendimento del medesimo; h) «paese», un paese terzo, compresi i territori che godono di un regime di autonomia e sono dotati di competenze in materia di conservazione e gestione delle risorse marine viventi. Articolo 3 Paesi che autorizzano una pesca non sostenibile Un paese può essere considerato un paese che autorizza una pesca non sostenibile se: a) non coopera nella gestione di uno stock di interesse comune in piena conformità delle disposizioni dell'UNCLOS e dell'UNFSA, o di qualunque altro accordo internazionale o norma di diritto internazionale; e b) o: i) non ha adottato le necessarie misure di gestione della pesca; o ii) adotta misure di gestione della pesca senza tenere in debito conto i diritti, gli interessi e i doveri degli altri paesi e dell’Unione e tali misure di gestione della pesca, considerate in combinazione con quelle adottate da altri paesi e dall’Unione, danno luogo ad attività di pesca che potrebbero causare uno stato insostenibile dello stock. Tale condizione si considera soddisfatta anche quando le misure di gestione della pesca adottate da tale paese non hanno portato a uno stato insostenibile dello stock unicamente grazie alle misure adottate da altri. Articolo 4 Misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile 1. La Commissione può adottare, mediante atti di esecuzione, le seguenti misure nei confronti di un paese che autorizza una pesca non sostenibile: a) identificando tale paese come un paese che autorizza una pesca non sostenibile; b) identificando, ove necessario, le navi o le flotte specifiche di tale paese cui si devono applicare determinate misure; c) imponendo restrizioni quantitative alle importazioni di pesce proveniente da stock di interesse comune che è stato catturato sotto il controllo di tale paese e alle importazioni di prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce; d) imponendo restrizioni quantitative alle importazioni di pesce di ogni specie associata e di prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce, che sono stati catturati durante operazioni di pesca sullo stock di interesse comune sotto il controllo di tale paese; nell'adottare tale misura, la Commissione, conformemente all'articolo 5, paragrafo 4, del presente regolamento, in applicazione del principio di proporzionalità, determina quali specie e relative catture rientrano nell'ambito di applicazione della misura; e) imponendo restrizioni sull’uso dei porti dell’Unione per i pescherecci battenti bandiera di tale paese che sfruttano lo stock di interesse comune e/o specie associate e per i pescherecci che trasportano pesce e prodotti della pesca derivanti dallo stock di interesse comune e/o da specie associate che sono stati catturati da pescherecci battenti bandiera di tale paese o da pescherecci autorizzati da tale paese pur battendo un’altra bandiera; tali restrizioni non si applicano in caso di forza maggiore o di difficoltà ai sensi dell’articolo 18 dell’UNCLOS per i servizi strettamente necessari al fine di rimediare a tali situazioni; f) vietando l’acquisto, da parte degli operatori economici dell’Unione, di un peschereccio battente bandiera di tale paese; g) vietando ai pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro di cambiare bandiera a favore della bandiera di tale paese; h) vietando agli Stati membri di autorizzare la conclusione di accordi di nolo mediante i quali operatori economici dell’Unione noleggiano i loro pescherecci ad operatori economici di tale paese; i) vietando l'esportazione verso tale paese di pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro o di attrezzature e forniture da pesca necessarie per la pesca degli stock di interesse comune; j) vietando la conclusione di accordi commerciali privati tra operatori economici dell’Unione e di tale paese, che consentano a un peschereccio battente bandiera di uno Stato membro di far uso delle possibilità di pesca di tale paese; k) vietando le operazioni di pesca congiunta tra i pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro e quelli battenti bandiera di tale paese. 2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 2. Articolo 5 Requisiti generali relativi alle misure adottate a norma del presente regolamento 1. Le misure di cui all'articolo 4 sono: a) connesse alla conservazione dello stock di interesse comune; b) applicate congiuntamente a limitazioni delle attività di pesca da parte delle navi dell’Unione o della produzione o del consumo all’interno dell’Unione applicabili al pesce e ai prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce, delle specie in relazione alle quali le misure sono state adottate; c) proporzionate agli obiettivi perseguiti e compatibili con gli obblighi imposti dagli accordi internazionali di cui l’Unione è parte e con ogni altra norma pertinente del diritto internazionale. 2. Le misure di cui all'articolo 4 tengono conto delle misure già adottate a norma del regolamento (CE) n. 1005/2008. 3. Le misure di cui all'articolo 4 non sono applicate secondo modalità tali da costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata tra i paesi in cui esistono identiche condizioni, o una restrizione dissimulata del commercio internazionale. 4. Nell’adottare le misure di cui all'articolo 4, la Commissione, al fine di garantire che tali misure siano rispettose dell'ambiente, efficaci, proporzionate e compatibili con le norme internazionali, valuta gli effetti ambientali, commerciali, economici e sociali di tali misure a breve e lungo termine nonché l’onere amministrativo associato alla loro attuazione. 5. Le misure di cui all'articolo 4 prevedono un sistema adeguato per la loro esecuzione da parte delle autorità competenti. Articolo 6 Procedure preliminari all’adozione di misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile 1. Se lo ritiene necessario per adottare le misure di cui all’articolo 4, la Commissione notifica al paese interessato l’intenzione di identificarlo come un paese che autorizza una pesca non sostenibile. In tal caso, il Parlamento europeo e il Consiglio ne sono immediatamente informati. 2. La notifica include informazioni sui motivi dell’identificazione di tale paese come un paese che autorizza una pesca non sostenibile e descrive le misure possibili che possono essere adottate nei suoi confronti a norma del presente regolamento. 3. Prima di adottare le misure di cui all’articolo 4, la Commissione offre al paese interessato una possibilità ragionevole di rispondere per iscritto alla notifica e di porre rimedio alla situazione entro un mese dalla ricezione di tale notifica. Articolo 7 Periodo di applicazione delle misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile 1. Le misure di cui all'articolo 4 cessano di applicarsi quando il paese che autorizza una pesca non sostenibile adotta misure correttive adeguate necessarie per la conservazione e la gestione dello stock di interesse comune e tali misure correttive: a) sono state adottate in maniera autonoma o sono state concordate nel quadro di consultazioni con l’Unione e, se del caso, con altri paesi interessati; e b) non compromettono gli effetti delle misure adottate dall’Unione in maniera autonoma o in cooperazione con altri paesi ai fini della conservazione degli stock ittici interessati. 2. La Commissione adotta atti di esecuzione che determinano se le condizioni fissate al paragrafo 1 sono state rispettate e, se necessario, dispongono che le misure adottate nei confronti del paese interessato a norma dell’articolo 4 cessano di applicarsi. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 2. Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati connessi a perturbazioni economiche o sociali impreviste, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 3, per decidere che le misure adottate a norma dell’articolo 4 devono cessare di applicarsi. Articolo 8 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011, in combinato disposto con il suo articolo 5. 4. I risultati della valutazione di cui all'articolo 5, paragrafo 4, sono messi a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente alla procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 182/2011, insieme ai documenti ivi previsti. Articolo 9 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 25 ottobre 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente A. D. MAVROYIANNIS (1) GU C 229 del 31.7.2012, pag. 112. (2) Posizione del Parlamento europeo del 12 settembre 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 settembre 2012. (3) GU L 286 del 29.10.2008, pag. 1. (4) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Conservazione degli stock ittici in Paesi che praticano la pesca non sostenibile QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento istituisce un sistema che consente all’UE di adottare misure in relazione alle attività e alle politiche di alcuni Paesi terzi che permettono la pesca non sostenibile. Tali misure sono state concepite per sostenere la conservazione degli stock ittici di interesse comune* sia per l’UE che per i Paesi terzi del caso. PUNTI CHIAVE L’identificazione di un Paese che permette la pesca non sostenibile si applica laddove:un Paese terzo non fornisce la sua cooperazione nella gestione di uno stock di interesse comune nel pieno rispetto delle norme concordate nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 e nell’accordo sulle risorse alieutiche sancito dalle Nazioni Unite del 1995, o in qualsiasi altro accordo o normativa relativa a leggi internazionali; e oppure:non adotta le necessarie misure di gestione della pesca; oadotta misure di gestione della pesca senza tenere debitamente conto dei diritti, degli interessi e dei doveri di altri Paesi e dell’UE che, quando cumulati con le misure adottate da altri Paesi e dall’UE, portano alla pratica di attività ittiche che potrebbero arrecare danni insostenibili agli stock ittici. Misure a disposizione dell’UE Tra le misure che la Commissione europea può adottare nei confronti di un Paese che consente la pesca non sostenibile si annoverano:quote sulle importazioni di pesce dallo stock di interesse comune pescato sotto il controllo di tale Paese e sulle importazioni di prodotti ittici che includono tale pesce; restrizioni sull’utilizzo di porti EU da parte di certe imbarcazionibattenti bandiera del Paese che pesca o trasporta pesce o prodotti ittici derivati dallo stock di interesse comune e/o specie associate,battenti un’altra bandiera, che sono autorizzati da quel Paese; divieti relativi all’ acquisto da parte di aziende ittiche dell’UE di un peschereccio battente bandiera di tale Paese; divieti relativi alla sostituzione da parte di un peschereccio della bandiera di un Paese UE con la bandiera del dato Paese; divieti relativi all’ esportazione nel dato Paese di pescherecci battenti bandiera di un Paese dell’UE o di attrezzature e equipaggiamento necessari per la pesca delle risorse alieutiche di interesse comune; divieti in merito alla conclusione di accordi commerciali privati tra gli operatori ittici dell’UE e di quel Paese specifico, che consentono ad un peschereccio battente bandiera di un Paese UE di sfruttare le possibilità offerte da tale Paese nel campo ittico; divieto di praticare operazioni di pesca congiunte che coinvolgono pescherecci dell’UE e quelli battenti bandiera del dato Paese. Tutte le misure devono:riferirsi alla conservazione dello stock di interesse comune; essere vigenti in concomitanza con le restrizioni alla pesca da parte delle imbarcazioni UE, o alla produzione o al consumo all’interno dell’UE, di pesce e prodotti ittici relativi alle specie per le quali sono state adottate le misure; proporzionato agli obiettivi perseguiti e compatibile con gli obblighi imposti dagli accordi internazionali di cui l’UE è parte e di ogni altra norma pertinente di diritto internazionale; Prima di adottare misure, la Commissione deve comunicare al Paese interessato la sua intenzione di identificarlo come Paese che permette la pesca non sostenibile. In tali circostanze, la Commissione si fa anche carico di informare tempestivamente il Parlamento europeo e il Consiglio. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 17 novembre 2012. TERMINI CHIAVE Stock di interesse comune: uno stock ittico la cui distribuzione geografica lo rende disponibile sia ai Paesi dell’UE che quelli non UE e la cui gestione richiede la cooperazione tra tali Paesi e l’UE, in contesti bilaterali o multilaterali. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) No 1026/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 su talune misure ai fini della conservazione delle risorse ittiche in relazione ai Paesi che autorizzano la pesca non sostenibile (GU L 316, 14.11.2012, pag. 34-37)
0
1,321
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato Gazzetta ufficiale n. L 320 del 28/11/1998 pag. 0054 - 0057 DIRETTIVA 98/84/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 57, paragrafo 2, l'articolo 66 e l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3),(1) considerando che, in base al trattato, la Comunità è chiamata a porre le fondamenta di un'unione sempre più stretta fra i popoli europei e ad assicurare il progresso economico e sociale eliminando le barriere che dividono l'Europa;(2) considerando che la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione e dei servizi della società dell'informazione può contribuire, a livello individuale, alla piena attuazione della libertà di espressione in quanto diritto fondamentale e, a livello collettivo, al raggiungimento degli obiettivi definiti nel trattato;(3) considerando che il trattato prevede la libera circolazione di tutti i servizi normalmente forniti dietro retribuzione; che questo diritto, applicato ai servizi di radiodiffusione e ai servizi della società dell'informazione, costituisce inoltre una traduzione specifica nel diritto comunitario del più generale principio della libertà di espressione sancito dall'articolo 10 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; che questo articolo riconosce esplicitamente il diritto dei cittadini di ricevere o di comunicare informazioni senza tener conto delle frontiere e che eventuali restrizioni di tale diritto si giustificano solo se determinate da altri interessi giuridicamente riconosciuti degni di tutela;(4) considerando che la Commissione ha condotto ampie consultazioni basate sul Libro verde intitolato «La protezione giuridica dei servizi criptati nel mercato interno»; che il risultato di dette consultazioni ha confermato l'esigenza di uno strumento giuridico comunitario che tuteli tutti quei servizi la cui remunerazione è correlata ad un accesso condizionato;(5) considerando che il Parlamento europeo, nella risoluzione del 13 maggio 1997 sul Libro verde (4), ha invitato la Commissione a presentare una proposta di direttiva che includa tutti i servizi criptati nei quali la criptazione è impiegata per garantire il pagamento di un corrispettivo e ha convenuto che la direttiva dovrebbe estendersi anche ai servizi della società dell'informazione prestati a distanza, per via elettronica e su richiesta individuale di un destinatario di servizi, nonché ai servizi di radiodiffusione;(6) considerando che le opportunità dischiuse dalle tecnologie digitali potrebbero ampliare le possibilità di scelta dei consumatori e contribuire al pluralismo culturale grazie alla creazione di una gamma ancora più ampia di servizi ai sensi degli articoli 59 e 60 del trattato; che la redditività di questi servizi dipende spesso dal ricorso a tecniche di accesso condizionato al fine di garantire la remunerazione del prestatore del servizio; che risulta pertanto necessario, per assicurare la redditività di tali servizi, la protezione giuridica dei prestatori di servizi contro i dispositivi illeciti che consentono l'accesso senza pagamento del servizio;(7) considerando che l'importanza di questa tematica è stata riconosciuta dalla Commissione nella sua comunicazione «Un'iniziativa europea in materia di commercio elettronico»;(8) considerando che, secondo l'articolo 7 A del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci e dei servizi; che secondo l'articolo 128, paragrafo 4, del trattato la Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge ai sensi di altre disposizioni del trattato; che, in conformità dell'articolo 130, paragrafo 3, del trattato, la Comunità contribuisce alla realizzazione delle condizioni necessarie alla competitività della sua industria attraverso politiche ed azioni da essa attuate;(9) considerando che la presente direttiva fa salve eventuali disposizioni future a livello comunitario o nazionale intese a garantire che determinati servizi di radiodiffusione riconosciuti di pubblico interesse non si basino su un accesso condizionato;(10) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicati gli aspetti culturali di successive azioni comunitarie nel settore dei nuovi servizi;(11) considerando che le disparità esistenti fra le disposizioni nazionali in materia di tutela dei servizi ad accesso condizionato o dei servizi di accesso condizionato potrebbero ostacolare la libera circolazione di beni e servizi;(12) considerando che l'applicazione del trattato non è sufficiente ad eliminare questi ostacoli nel mercato interno; che essi andrebbero pertanto eliminati garantendo un livello di tutela equivalente in tutti gli Stati membri; che questo implica il ravvicinamento delle disposizioni nazionali relative alle attività commerciali che hanno per oggetto dispositivi illeciti;(13) considerando che appare necessario far sì che gli Stati membri forniscano un'adeguata tutela giuridica contro l'immissione sul mercato, ai fini di un profitto economico diretto o indiretto, di un dispositivo illecito che renda possibile o facile eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo lecito;(14) considerando che tra le attività commerciali relative a dispositivi illeciti si annoverano le comunicazioni commerciali che abbracciano tutte le forme di pubblicità, commercializzazione diretta, sponsorizzazioni, promozione delle vendite e pubbliche relazioni a promozione dei prodotti e servizi in questione;(15) considerando che queste attività commerciali sono dannose per i consumatori che sono indotti in errore circa l'origine del dispositivo illecito; che è necessario un alto livello di protezione del consumatore per combattere questo tipo di frode a suo danno; che l'articolo 129 A, paragrafo 1, del trattato prevede che la Comunità contribuisca al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori mediante misure adottate in applicazione dell'articolo 100 A;(16) considerando che il contesto giuridico per la creazione di uno spazio audiovisivo unico istituito dalla direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (5), dovrebbe pertanto essere integrato estendendolo anche alle tecniche di accesso condizionato secondo quanto stabilito dalla presente direttiva, anche al fine di garantire parità di trattamento ai fornitori di trasmissioni transfrontaliere, indipendentemente dal luogo di stabilimento;(17) considerando che, in base alla risoluzione del Consiglio del 29 giugno 1995 sull'applicazione uniforme ed efficace del diritto comunitario e sulle sanzioni applicabili alle violazioni di tale diritto nel campo del mercato interno (6), gli Stati membri devono adottare misure che conducano ad un'applicazione del diritto comunitario altrettanto efficace e rigorosa di quella della legislazione nazionale;(18) considerando che, in virtù dell'articolo 5 del trattato, gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'attuazione e l'efficacia della legislazione comunitaria, in particolare prevedendo sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate e mezzi di tutela adeguati;(19) considerando che il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri non dovrebbero andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del mercato interno, conformemente al principio di proporzionalità sancito all'articolo 3 B, terzo comma, del trattato;(20) considerando che la distribuzione di dispositivi illeciti comprende il trasferimento con qualsiasi mezzo e l'immissione sul mercato di tali dispositivi per farli circolare all'interno della Comunità o fuori di essa;(21) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che vietano il possesso a fini privati di dispositivi illeciti, l'applicazione delle regole comunitarie sulla concorrenza e l'applicazione delle norme comunitarie in materia di diritti di proprietà intellettuale;(22) considerando che il diritto interno in materia di sanzioni e mezzi di tutela previsti per contrastare le attività commerciali illecite può richiedere che tali attività siano svolte con la consapevolezza, o in presenza di fondati motivi per cui essere consapevoli, che i dispositivi in questione sono illeciti;(23) considerando che le sanzioni e i mezzi di tutela previsti dalla presente direttiva lasciano impregiudicate le altre sanzioni o gli altri mezzi di tutela eventualmente previsti dal diritto interno, quali le misure preventive in generale o il sequestro dei dispositivi illeciti; che gli Stati membri non sono tenuti a prevedere sanzioni penali per le attività illecite di cui alla presente direttiva; che le disposizioni degli Stati membri in materia di azioni per risarcimento danni devono essere conformi ai rispettivi sistemi legislativi e giudiziari nazionali;(24) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che non rientrano nel settore coordinato dalla presente direttiva, come quelle concernenti la tutela dei minori comprese quelle adottate in conformità della direttiva 89/552/CEE, ovvero disposizioni nazionali inerenti all'ordine e alla sicurezza pubblici,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Campo di applicazione L'oggetto della presente direttiva è il ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri riguardanti misure contro i dispositivi illeciti che forniscono l'accesso non autorizzato a servizi protetti.Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per:a) servizio protetto, uno dei servizi seguenti laddove sia fornito a pagamento e mediante un sistema di accesso condizionato:- trasmissioni televisive, ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva 89/552/CEE;- trasmissioni radiofoniche, cioè la trasmissione via cavo o via etere, anche via satellite, di programmi radiofonici destinati al pubblico;- servizi della società dell'informazione, ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (7);o la prestazione di un accesso condizionato ai servizi suesposti, considerato servizio in quanto tale;b) accesso condizionato, misure e/o sistemi tecnici in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva autorizzazione individuale;c) dispositivo per l'accesso condizionato, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l'accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;d) servizio connesso, l'installazione, la manutenzione o la sostituzione di dispositivi di accesso condizionato, nonché la prestazione di servizi di comunicazione commerciale relativi a detti dispositivi o a servizi protetti;e) dispositivo illecito, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l'autorizzazione del prestatore del servizio;f) settore coordinato dalla presente direttiva, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all'articolo 4.Articolo 3 Principi relativi al mercato interno 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all'articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all'articolo 5.2. Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:a) limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppureb) limitare la libera circolazione dei dispositivi per l'accesso condizionato,per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 4 Attività illecite Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:a) la fabbricazione, l'importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;b) l'installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;c) l'impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti.Articolo 5 Sanzioni e mezzi di tutela 1. Le sanzioni sono efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell'attività illecita.2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per provvedere a che i prestatori di servizi protetti i cui interessi vengano pregiudicati da un'attività illecita, quale specificata all'articolo 4, svolta sul loro territorio abbiano accesso a mezzi di tutela adeguati, compresa la possibilità di promuovere un'azione per il risarcimento del danno e ottenere un'ingiunzione o altro provvedimento cautelare e, ove opportuno, chiedere che i dispositivi illeciti siano eliminati dai circuiti commerciali.Articolo 6 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 28 maggio 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 7 Relazioni Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni due anni la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva corredata di eventuali proposte in particolare per quanto riguarda le definizioni dell'articolo 2, per il suo adeguamento agli sviluppi tecnici ed economici e alle consultazioni tenute dalla Commissione.Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 novembre 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteE. HOSTASCH(1) GU C 314 del 16. 10. 1997, pag. 7 eGU C 203 del 30. 6. 1998, pag. 12.(2) GU C 129 del 27. 4. 1998, pag. 16.(3) Parere del Parlamento europeo del 30 aprile 1998 (GU C 152 del 18. 5. 1998, pag. 59), posizione comune del Consiglio del 29 giugno 1998 (GU C 262 del 19. 8. 1998, pag. 34), e decisione del Parlamento europeo dell'8 ottobre 1998 (GU C 328 del 26. 10. 1998). Decisione del Consiglio del 9 novembre 1998.(4) GU C 167 del 2. 6. 1997, pag. 31.(5) GU L 298 del 17. 10. 1989, pag. 23. Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 202 del 30. 7. 1997, pag. 60).(6) GU C 188 del 22. 7. 1995, pag. 1.(7) GU L 204 del 21. 7. 1998, pag. 37. Direttiva modificata dalla direttiva 98/48/CE (GU L 217 del 5. 8. 1998, pag. 18). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Tutela dei servizi elettronici a pagamento dalla pirateria SINTESI COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? — L'obiettivo della presente direttiva è la tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato (ossia l'accesso in cambio di un'iscrizione); — Cerca di proteggere i servizi elettronici a pagamento contro la pirateria; — Vieta a tutte le attività commerciali che coinvolgono la produzione, distribuzione o commercializzazione di smart card (schede di plastica con microprocessori o microchip integrati) e altri dispositivi che rendono possibile aggirare l'accesso protetto a televisione, radio e servizi internet a pagamento. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva riguarda tutti i servizi forniti mediante un sistema di accesso condizionato, quali ad esempio servizi televisivi e radiofonici a pagamento, contenuti video e audio on demand, editoria elettronica e un’ampia gamma di servizi online offerti al pubblico su abbonamento o in modalità pay-per-view. Attività illecite Ciascun paese dell’UE deve farsi carico dell’introduzione di leggi finalizzate a proibire: — la produzione, l’importazione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di apparecchiature o programmi illeciti e in grado di consentire l’accesso non autorizzato a servizi protetti; — l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti; — l’impiego di comunicazioni pubblicitarie inteso a promuovere apparecchiature o programmi illeciti. Sanzioni e mezzi di tutela Ciascun paese dell’UE deve promulgare misure volte a: — introdurre sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell’attività illecita; — fare sì che i prestatori di servizi i cui interessi vengano danneggiati da un’attività illecita possano rivolgersi a un tribunale per ottenere il risarcimento del danno e un’ingiunzione nonché, laddove appropriato, richiedere la confisca dei dispositivi illeciti. Principi relativi al mercato interno I paesi dell’UE non possono limitare: — la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro paese dell’UE; — la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato, fatta eccezione per i dispositivi considerati illeciti ai sensi della direttiva (qualsiasi apparecchiatura o programma concepito o adattato al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto senza l’autorizzazione del prestatore del servizio). Convenzione del Consiglio d’Europa Nel 2015, il Consiglio dell'Unione europea ha approvato, per conto dell'UE, la convenzione del Consiglio d’Europa sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato entrata in vigore il 1o luglio 2003. La sottoscrizione effettuata dall’UE potrebbe incoraggiare altri membri del Consiglio d’Europa a ratificare la convenzione. Ciò estenderebbe l’applicazione di disposizioni simili a quelle della direttiva 98/84/CE al di là delle frontiere dell’UE, contribuendo così a istituire un diritto dei servizi ad accesso condizionato applicabile in tutto il continente europeo. CONTESTO Tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato ATTO Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (GU L 320 del 28.11.1998, pag. 54-57) ATTI COLLEGATI Decisione 2014/243/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 61) Decisione (UE) 2015/1293 del Consiglio, del 20 luglio 2015, sulla conclusione, per conto dell'Unione europea, della Convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 199 del 29.7.2015, pag. 3-5) Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Seconda relazione sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2008) 593 def. del 30 settembre 2008) La tutela giuridica dei servizi elettronici a pagamento - Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2003) 198 def. del 24 aprile 2003)
1
1,014
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2009/35/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 78/25/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per motivi di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla rifusione delle disposizioni in questione. (2) Ogni legislazione relativa ai medicinali deve porsi come obiettivo primario la tutela della salute pubblica. Tuttavia, tale scopo deve essere conseguito con mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell'industria farmaceutica né gli scambi di medicinali in seno alla Comunità. (3) La direttiva 94/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1994, sulle sostanze coloranti destinate a essere utilizzate nei prodotti alimentari (5), ha stabilito un elenco unico delle sostanze coloranti di cui è autorizzato l'impiego nei prodotti alimentari, ma continuano a sussistere disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali. (4) Tali disparità contribuiscono a ostacolare gli scambi di medicinali in seno alla Comunità, nonché quelli delle sostanze che possono essere aggiunte a tali prodotti ai fini della loro colorazione. Simili disparità hanno pertanto un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno. (5) L'esperienza ha dimostrato che non è giustificato, per motivi di salute, il divieto di ricorrere, nella preparazione dei medicinali, a coloranti il cui impiego è autorizzato per la colorazione dei prodotti alimentari e che occorre pertanto far riferimento, per i medicinali, all’allegato I della direttiva 94/36/CE così come all’allegato della direttiva 95/45/CE della Commissione, del 26 luglio 1995, che stabilisce i requisiti di purezza specifici per le sostanze coloranti per uso alimentare (6). (6) Tuttavia occorre evitare, per quanto possibile, perturbazioni di ordine tecnologico ed economico quando negli alimenti e nei medicinali è vietato l'impiego di una sostanza colorante per motivi di tutela della salute pubblica. A tal fine, dovrebbe essere prevista una procedura che instauri una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi nel settore delle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione. (7) Le misure necessarie per l'esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7). (8) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare il periodo limitato d'utilizzazione per alcuni medicinali. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (9) I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Ad essi non deve quindi essere data attuazione nella legislazione degli Stati membri. (10) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario, definiti all’articolo 1 della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (8), e all'articolo 1 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (9), gli Stati membri autorizzano soltanto le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE. Articolo 2 Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie a garantire che le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE soddisfino le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti specifici di cui all'allegato della direttiva 95/45/CE. Articolo 3 I metodi di analisi necessari per il controllo dei requisiti di purezza generali e specifici, adottati ai sensi della prima direttiva 81/712/CEE della Commissione, del 28 luglio 1981, che fissa metodi d'analisi comunitari per il controllo dei criteri di purezza di taluni additivi alimentari (10), sono applicabili anche nell'ambito della presente direttiva. Articolo 4 Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l'immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall'allegato I della direttiva 94/36/CE, questa disposizione si applica anche ai medicinali. Per quanto riguarda i medicinali, tuttavia, il periodo limitato di utilizzazione può essere modificato dalla Commissione. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 2. Articolo 5 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 6 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 La direttiva 78/25/CEE, modificata dagli atti di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II. Articolo 8 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 9 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 41. (2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009. (3) GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18. (4) Cfr. allegato I, parte A. (5) GU L 237 del 10.9.1994, pag. 13. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 16). (6) GU L 226 del 22.9.1995, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008. (7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (8) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1. (9) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. (10) GU L 257 del 10.9.1981, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 7) Direttiva 78/25/CEE del Consiglio (GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18) Atto di adesione del 1979, allegato I, sezione X, punto D (GU L 291 del 19.11.1979, pag. 108) Direttiva 81/464/CEE del Consiglio (GU L 183 del 4.7.1981, pag. 33) Atto di adesione del 1985, allegato I, sezione IX, punto C (GU L 302 del 15.11.1985, pag. 217) Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36) limitatamente all’allegato III, punto 25 PARTE B Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale (di cui all’articolo 7) Direttive Termine di recepimento 78/25/CEE 15 giugno 1979 (1) 81/464/CEE 30 settembre 1981 (1) In base all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 78/25/CEE: «2. Uno Stato membro può tuttavia autorizzare, fino al termine di quattro anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, l'immissione in commercio sul suo territorio di medicinali contenenti sostanze coloranti che non rispondono alle prescrizioni della direttiva, purché esse siano state autorizzate anteriormente all'adozione di quest'ultima». ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 78/25/CEE Presente direttiva Articolo 1, primo comma Articolo 1 Articolo 1, secondo comma — Articoli 2 e 3 Articoli 2 e 3 Articolo 4, prima frase Articolo 4, primo paragrafo Articolo 4, seconda frase, prima parte Articolo 4, secondo paragrafo Articolo 4, seconda frase, seconda parte Articolo 4, terzo paragrafo Articolo 5, paragrafo 1, e articolo 6, paragrafi 1 e 2 Articolo 5 Articolo 6, paragrafo 3 — Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3 — Articolo 7, paragrafo 4 Articolo 6 — Articolo 7 — Articolo 8 Articolo 8 Articolo 9 — Allegato I — Allegato II Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Colorazione dei medicinali (rifusione) Di fronte al sussistere di disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali, la Commissione europea ha ritenuto necessario attuare una rifusione della direttiva 78/25/CEE. È importante non ostacolare lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi di medicinali in seno alla Comunità. ATTO Direttiva 2009/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE). SINTESI La presente direttiva riguarda le specifiche relative alla colorazione dei medicinali. Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario possono essere utilizzate soltanto le sostanze di cui all’allegato I della direttiva 94/36/CE. Le sostanze di cui all’allegato I devono soddisfare le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti di purezza specifici di cui all’allegato I della direttiva 95/45/CE. I metodi di analisi necessari per il controllo di tali requisiti sono disciplinati dalla direttiva 81/712/CEE. Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l’immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall’allegato I della direttiva 94/36/CE, questo periodo di utilizzazione supplementare si applica anche ai medicinali. La Commissione ha tuttavia facoltà di modificare la durata di detto periodo. La Commissione è assistita da un comitato per adattare le direttive ai progressi della tecnica. Il comitato è composto da rappresentanti degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione. La presente direttiva abroga la direttiva 78/25/CEE. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/35/CE 20.5.2009 - GU L 109 del 30.4.2009
1
277
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2004/82/CE DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 62, paragrafo 2, lettera a), e l'articolo 63, paragrafo 3, lettera b), vista la iniziativa del Regno di Spagna (1) visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) Per lottare efficacemente contro l'immigrazione illegale e migliorare il controllo alle frontiere è fondamentale che tutti gli Stati membri adottino disposizioni che istituiscano obblighi per i vettori aerei che trasportano passeggeri nel territorio degli Stati membri. Ai fini di una maggiore efficacia di tale obiettivo, occorre altresì armonizzare, per quanto possibile, le sanzioni pecuniarie previste dagli Stati membri in caso di violazione degli obblighi cui sono soggetti i vettori, tenendo conto delle differenze esistenti tra gli ordinamenti giuridici e le prassi degli Stati membri. (2) Il Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2004 ha adottato una dichiarazione sulla lotta al terrorismo sottolineando la necessità di accelerare l'esame del fascicolo e di portare avanti i lavori sulla proposta direttiva del Consiglio sull'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate al fine di procedere ad una rapida conclusione in merito a tali misure. (3) È importante evitare un vuoto della Comunità nel combattere l'immigrazione illegale. (4) A partire dal 1o maggio 2004 il Consiglio non può più agire su iniziativa di uno Stato membro. (5) Il Consiglio ha esaurito tutte le possibilità di ottenere in tempo il parere del Parlamento europeo. (6) Vistele circostanze eccezionali la decisione dovrebbe essere adottata senza ilparere del Parlamento europeo. (7) Gli obblighi che devono essere imposti ai vettori ai sensi della presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti a norma delle disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di Schengen del 1990 di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, integrate dalla direttiva 2001/51/CE del Consiglio (2). I due tipi di obblighi perseguono infatti lo stesso obiettivo di controllare i flussi migratori e di combattere l'immigrazione illegale. (8) Fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (3), è necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre obblighi supplementari per i vettori aerei o alcune categorie di altri vettori, comprese le informazioni o i dati riguardanti i biglietti di ritorno, che siano menzionati o meno nella presente direttiva. (9) Ai fini di una lotta più efficace contro l'immigrazione illegale e di una maggiore efficacia di tale obiettivo, è fondamentale che, fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE, si tenga conto al più presto possibile di qualsiasi innovazione tecnologica, in particolare riguardante l'integrazione e l'uso di elementi biometrici nelle informazioni che i vettori devono fornire. (10) Gli Stati membri dovrebbero assicurare che nell'ambito di qualsiasi procedimento avviato nei confronti di vettori e che potrebbe dar luogo all'applicazione di sanzioni possano essere effettivamente esercitati il diritto di difesa e il diritto di impugnazione avverso siffatte decisioni. (11) Le presenti misure riprendono le possibilità di controllo previste nella decisione del comitato esecutivo di Schengen [SCH/Com-ex (94) 17-4a Rev.], che mirano a intensificare i controlli alle frontiere e a prevedere un lasso di tempo sufficiente a effettuare un controllo dettagliato e approfondito di ogni passeggero, grazie alla trasmissione, alle autorità incaricate di effettuare tali controlli, dei dati relativi alle persone trasportate. (12) La direttiva 95/46/CE si applica al trattamento dei dati personali da parte delle autorità degli Stati membri. Ciò significa che, mentre sarebbe legittimo trattare i dati dei passeggeri trasmessi per l'espletamento dei controlli di frontiera anche per consentirne l'utilizzo come mezzi probatori in procedimenti diretti all'applicazione della normativa in materia di ingresso e immigrazione, incluse le relative disposizioni sulla tutela dell'ordine pubblico («ordrepublic») e della sicurezza nazionale, qualsiasi altro trattamento che non fosse compatibile con i suddetti fini sarebbe in contrasto con il principio enunciato all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 95/46/CE. Gli Stati membri dovrebbero prevedere un sistema di sanzioni da infliggere in caso di uso dei dati in contrasto con gli obiettivi della presente direttiva. (13) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Dato che la presente direttiva sviluppa l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV, parte terza, del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca deciderà, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepirla nel suo diritto interno. (14) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (4), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, lettera E, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, relativa a talune modalità di applicazione di tale accordo (5). (15) Il Regno Unito partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 8, paragrafo 2, della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (6). (16) L'Irlanda partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (7). (17) La presente direttiva costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, dell'atto di adesione del 2003, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Obiettivo La presente direttiva intende migliorare i controlli alle frontiere e combattere l'immigrazione illegale attraverso la trasmissione anticipata, da parte dei vettori, dei dati relativi alle persone trasportate alle competenti autorità nazionali. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «vettore»: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone atitolo professionale per via aerea; b) «frontiere esterne»: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi; c) «controllo alla frontiera»: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera, senza tener conto di qualsiasi altra considerazione; d) «valico di frontiera»: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne; e) «dati personali,“trattamento di dati personali”» e “archivio di dati personali”: lo stesso significato di cui all'articolo 2 della direttiva 95/46/CE. Articolo 3 Trasmissione dei dati 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per istituire l'obbligo per i vettori di trasmettere, entro il termine delle procedure di accettazione, su richiesta delle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne, le informazioni relative alle persone che saranno trasportate a un valico di frontiera autorizzato attraverso il quale tali persone entreranno nel territorio di uno Stato membro. 2. Dette informazioni comprendono: — il numero e il tipo di documento di viaggio utilizzato, — la cittadinanza, — il nome completo, — la data di nascita, — il valico di frontiera di ingresso nel territorio degli Stati membri, — il numero del trasporto, — l'ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto, — il numero complessivo di passeggeri trasportati con tale mezzo, — il primo punto di imbarco. 3. La trasmissione dei dati summenzionati non esonera in nessun caso i vettori dagli obblighi e dalle responsabilità stabiliti dalle disposizioni di cui all'articolo 26 della convenzione di Schengen, integrata dalla direttiva 2001/51/CE. Articolo 4 Sanzioni 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per imporre sanzioni ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che le sanzioni siano dissuasive, effettive e proporzionate e che: a) il loro importo massimo non sia inferiore a 5 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto; oppure b) il loro importo minimo non sia inferiore a 3 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto. 2. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano, nei confronti dei vettori responsabili di gravi violazioni degli obblighi risultanti dalla presente direttiva, altre sanzioni quali l'immobilizzazione, il sequestro e la confisca del mezzo di trasporto, oppure la sospensione temporanea o il ritiro della licenza di esercizio. Articolo 5 Impugnazioni Gli Stati membri assicurano che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedano che i vettori nei cui confronti sia stato avviato un procedimento ai fini dell'applicazione di sanzioni abbiano diritti di difesa e di impugnazione effettivi. Articolo 6 Trattamento dei dati 1. I dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1, sono trasmessi alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne attraverso le quali il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro, al fine di agevolare l'esecuzione di tali controlli con l'obiettivo di combattere più efficacemente l'immigrazione illegale. Gli Stati membri provvedono a che tali dati siano raccolti dai vettori e trasmessi per via elettronica o, se ciò non fosse possibile, con altri mezzi appropriati alle autorità incaricate di effettuare i controlli alle frontiere al valico di frontiera autorizzato attraverso il quale il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro. Le autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne salvano i dati in un file provvisorio. Dopo l'ingresso dei passeggeri tali autorità cancellano i dati entro 24 ore dalla loro trasmissione, a meno che i dati non siano necessari successivamente alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne per l'esercizio delle loro funzioni regolamentari in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE. Gli Stati membri adottano le misure necessarie perobbligare i vettori a cancellare, entro 24 ore dall'arrivo del mezzo ditrasporto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, i dati personali raccolti etrasmessi alle autorità di frontiera ai fini della presente direttiva. Gli Stati membri possono altresì, in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE, utilizzare i dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1 per finalità di applicazione normativa. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per obbligare i vettori a informare le persone trasportate in conformità delle disposizioni della direttiva 95/46/CE. Ciò comprende anche le informazioni di cui all'articolo 10, lettera c), e all'articolo 11, punto 1), lettera c) della direttiva 95/46/CE. Articolo 7 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 5 settembre 2006 . Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presentedirettiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004. Per il Consiglio Il presidente M. McDOWELL (1) GU C 82 del 5.4.2003, pag. 23. (2) GU L 187 del 10.7.2001, pag. 45. (3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. (4) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36. (5) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31. (6) GU L 131 dell'1.6.2000, pag. 43. (7) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate La presente direttiva impone ai vettori aerei l'obbligo di raccogliere e trasmettere alle autorità dello Stato membro di arrivo incaricate del controllo di frontiera i dati relativi ai loro passeggeri. In caso di inosservanza, ai vettori possono essere applicate sanzioni, o, in caso di violazione grave, si può procedere alla confisca del mezzo di trasporto, oppure al ritiro della licenza di esercizio. ATTO Direttiva 2004/82/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate. SINTESI In virtù della presente direttiva, i vettori aerei * devono comunicare le informazioni relative ai passeggeri diretti verso un valico di frontiera * dell'Unione europea. Tali dati sono forniti su richiesta delle autorità incaricate del controllo * delle persone alle frontiere esterne * dell'UE, per migliorare le verifiche e contrastare efficacemente l'immigrazione irregolare. I dati sono trasmessi alle autorità, generalmente per via elettronica, per la registrazione dei passeggeri. I vettori devono trasmettere in particolare le informazioni seguenti: numero e tipo di documento di viaggio utilizzato, cittadinanza, nome completo e data di nascita del passeggero, valico di frontiera di ingresso nell'UE, ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto e numero complessivo di passeggeri trasportati. I dati sono di norma cancellati dalle autorità entro ventiquattro ore dalla loro trasmissione, dopo l'ingresso dei passeggeri nel territorio degli Stati membri. I dati personali sono cancellati dal vettore ventiquattro ore dopo l'arrivo del mezzo di trasporto. Se i vettori non rispettano tale obbligo, gli Stati membri adottano sanzioni dissuasive, effettive e proporzionate. Siffatte sanzioni si applicano ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Il loro importo massimo è di almeno 5000 euro per viaggio; l'importo minimo di almeno 3000 euro per viaggio. Gli Stati membri possono prevedere anche altri tipi di sanzioni in caso di violazione grave dell'obbligo di comunicazione, che possono consistere: nell'immobilizzazione, nel sequestro e nella confisca del mezzo di trasporto, nella sospensione temporanea o nel ritiro della licenza di esercizio del vettore. I vettori possono impugnare le misure prese nei loro confronti. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché questo diritto sia effettivo. Contesto Questa direttiva è stata adottata a seguito di una richiesta del Consiglio europeo del 25 e del 26 marzo 2004, riunitosi dopo gli attentati di Madrid. Gli obblighi previsti nella presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti all'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen integrato dalla direttiva 2001/51/CE, relativo all'obbligo dei vettori di ricondurre i cittadini di paesi terzi cui è stato negato l'ingresso dallo Stato membro di destinazione. Parole chiave dell'atto vettore: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone a titolo professionale per via aerea; frontiere esterne: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi; controllo alla frontiera: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera; valico di frontiera: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2004/82/CE 5.9.2004 5.9.2006 GU L 261 del 6.8.2004
1
646
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2009/55/CE DEL CONSIGLIO del 25 maggio 2009 relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (Versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 93, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 83/183/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (3), ha subito numerose e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Affinché la popolazione degli Stati membri diventi maggiormente consapevole delle attività della Comunità, occorre mantenere, a favore dei privati, l’azione intrapresa allo scopo di garantire, nella Comunità, le condizioni del mercato interno. (3) Gli ostacoli fiscali all’introduzione in uno Stato membro, da parte di privati, di beni personali che si trovano in un altro Stato membro sono tali, in particolare, da intralciare la libera circolazione delle persone nella Comunità; occorre perciò eliminarli, nei limiti del possibile, introducendo esenzioni fiscali. (4) Queste esenzioni fiscali possono essere applicate soltanto all’introduzione di beni che non hanno alcun carattere commerciale o speculativo e occorre fissarne pertanto i limiti e le condizioni d’applicazione. (5) In ragione delle disposizioni di armonizzazione adottate nei settori delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), le regole relative agli esoneri e alle franchigie all’importazione sono ormai prive di oggetto in tali settori. (6) La presente direttiva fa salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato I, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Ambito di applicazione 1. Gli Stati membri concedono, alle condizioni e nei casi indicati qui di seguito, un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva, da parte di privati, di beni personali provenienti da un altro Stato membro. 2. Esulano dalla presente direttiva: a) l’imposta sul valore aggiunto; b) i diritti d’accisa; c) i diritti e le imposte specifici e/o periodici concernenti l’utilizzazione dei beni di cui al paragrafo 1 all’interno del paese, quali ad esempio i diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione di autovetture, le tasse di circolazione stradale, i canoni televisivi. Articolo 2 Condizioni relative ai beni 1. Sono considerati «beni personali», a norma della presente direttiva, i beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Questi beni, per la loro natura o quantità, non debbono riflettere alcuna preoccupazione d’ordine commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1 e degli articoli da 10 a 13 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (5). Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato. 2. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa per i beni personali che: a) sono stati acquistati alle condizioni fiscali generali del mercato interno di uno degli Stati membri e non beneficiano, in uscita dallo Stato membro di provenienza, di esenzioni o di rimborsi di imposte sui consumi. Per l’applicazione della presente direttiva si ritiene che abbiano soddisfatto tali condizioni i beni acquistati alle condizioni di cui all’articolo 151 della direttiva 2006/112/CE, fatto salvo il paragrafo 1, primo comma, lettera e); b) sono stati effettivamente destinati all’uso dell’interessato prima del trasferimento della residenza o dello stabilimento di una residenza secondaria. Gli Stati membri possono esigere che i veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza. Per i beni di cui alla lettera a), seconda frase, gli Stati membri possono esigere: i) per quanto riguarda veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), roulotte da campeggio, abitazioni trasportabili, imbarcazioni da diporto e aerei da turismo, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno dodici mesi prima del trasferimento di residenza; ii) per quanto riguarda gli altri beni, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza. 3. Le autorità competenti richiedono la dimostrazione del rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 2 per i veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo. Nel caso di beni di altro tipo detta dimostrazione è richiesta solo quando sussistono seri dubbi di frode. Articolo 3 Condizioni relative all’introduzione L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte entro i termini rispettivamente previsti agli articoli da 7 a 10. Articolo 4 Obblighi posteriori all’introduzione I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo introdotti non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i dodici mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi debitamente giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti dello Stato membro di destinazione. Articolo 5 Condizioni specifiche relative a taluni beni L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale nello Stato di destinazione. Articolo 6 Norme generali per la determinazione della residenza 1. Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si intende per «residenza normale» il luogo in cui una persona dimora abitualmente, ossia per almeno 185 giorni all’anno, a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita. Tuttavia, nel caso di una persona i cui legami professionali siano situati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente. Questa condizione non è richiesta allorché la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l’esecuzione di una missione di durata determinata. La frequenza di un’università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale. 2. I privati forniscono la prova del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi, in particolare con la carta d’identità o mediante qualsiasi altro documento valido. 3. Le autorità competenti dello Stato membro di destinazione, qualora abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 o anche ai fini di taluni controlli specifici, possono chiedere qualsiasi elemento d’informazione o prove supplementari. CAPO II INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DI UN TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA NORMALE Articolo 7 1. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato in occasione del trasferimento della residenza abituale. La concessione dell’esenzione è subordinata, fatte salve le modalità eventualmente applicabili in materia di transito comunitario, alla compilazione, su carta libera, di un inventario dei beni e alla presentazione, se lo Stato lo richiede, di una dichiarazione il cui modello e contenuto siano conformi alla procedura prevista all’articolo 248 bis, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (6). Nessuna menzione del valore può essere pretesa nell’inventario. 2. L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi al trasferimento della residenza normale. Quando, conformemente all’articolo 3, l’introduzione di beni avviene in più riprese nell’arco di detto periodo, gli Stati membri possono esigere la presentazione di un inventario globale cui un altro ufficio doganale può far riferimento anche in occasione dei successivi traslochi soltanto al momento della prima introduzione. Questo inventario globale può essere completato in accordo con le autorità competenti dello Stato membro di destinazione. CAPO III INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DELL’ARREDAMENTO DI UNA RESIDENZA SECONDARIA O DELL’ABBANDONO DI QUEST’ULTIMA Articolo 8 1. L’esenzione di cui all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato per l’arredamento di una residenza secondaria. L’esenzione è concessa solo qualora: a) la persona interessata sia proprietaria della residenza secondaria o locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi; b) i beni introdotti corrispondano al mobilio normale della residenza secondaria. 2. L’esenzione viene concessa inoltre, alle condizioni di cui al paragrafo 1, in caso di introduzione di beni destinati alla residenza normale o a un’altra residenza secondaria in seguito all’abbandono di una residenza secondaria, sempre che detti beni siano stati effettivamente posseduti dall’interessato e destinati all’uso di quest’ultimo prima dello stabilimento di una seconda residenza. L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi all’abbandono della residenza secondaria. CAPO IV INTRODUZIONE DI BENI IN OCCASIONE DI MATRIMONIO Articolo 9 1. Fatti salvi gli articoli da 2 a 5, chiunque, in occasione del proprio matrimonio, può introdurre in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 nello Stato membro ove conta di stabilire la propria residenza normale, beni personali acquistati o destinati a uso proprio, alle seguenti condizioni: a) l’introduzione deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima della data prevista per il matrimonio e che termina quattro mesi dopo la data della celebrazione; b) il privato deve fornire la prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio o dell’avvio delle pratiche ufficiali a tal fine. 2. Sono parimenti ammessi in esenzione i regali abitualmente offerti in occasione di un matrimonio, ricevuti da una persona che soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 1, da persone aventi la residenza normale in uno Stato membro diverso da quello di destinazione. L’esenzione è applicabile ai regali il cui valore unitario non superi 350 EUR. Gli Stati membri possono tuttavia accordare un’esenzione per un valore superiore, purché esso non superi, per singoli regali ammessi in esenzione, 1 400 EUR. 3. Per la concessione dell’esenzione gli Stati membri possono richiedere una garanzia adeguata, qualora l’importazione venga effettuata prima della data del matrimonio. 4. Nel caso in cui il privato non fornisca la prova del proprio matrimonio entro quattro mesi dalla data dichiarata per la celebrazione, sono dovute le imposte a decorrere dal giorno dell’introduzione. CAPO V INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI DEL «DE CUIUS» ACQUISITI PER VIA SUCCESSORIA Articolo 10 In deroga all’articolo 2, paragrafi 2 e 3, all’articolo 4 e all’articolo 5, paragrafo 2, ma fatte salve le altre disposizioni contenute negli articoli 2, 3 e 5, qualunque privato che acquisisca per via successoria (mortis causa) la proprietà o l’usufrutto di beni personali del «de cuius», situati in uno Stato membro, può introdurre tali beni in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 in un altro Stato membro in cui ha una residenza, alle seguenti condizioni: a) il privato deve presentare all’autorità competente dello Stato membro di destinazione un attestato rilasciato da un notaio o da altra autorità competente dello Stato membro di provenienza, comprovante l’acquisizione per via successoria dei beni introdotti; b) l’introduzione deve essere effettuata entro due anni a decorrere dall’immissione nel possesso di tali beni. CAPO VI DISPOSIZIONI FINALI Articolo 11 1. Gli Stati membri si sforzano di ridurre al massimo le formalità relative all’introduzione effettuata dai privati nei limiti e alle condizioni della presente direttiva e cercano di evitare che le formalità all’introduzione diano adito a controlli che provochino rotture importanti del carico all’entrata nello Stato di destinazione. 2. Gli Stati membri hanno la facoltà di mantenere e/o di prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva, fatta eccezione per quelle di cui all’ articolo 2, paragrafo 2, lettera a). 3. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri non possono applicare, ai sensi della presente direttiva, esenzioni fiscali all’interno della Comunità che siano meno favorevoli di quelle che essi concederebbero per le importazioni di beni personali di privati provenienti da paesi terzi. Articolo 12 1. Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, in particolare quelle risultanti dall’applicazione dell’articolo 11, paragrafi 2 e 3. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. 2. La Commissione, previa consultazione degli Stati membri, presenta ogni due anni al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri. Articolo 13 La direttiva 83/183/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all’allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato II. Articolo 14 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 15 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009. Per il Consiglio Il presidente J. ŠEBESTA (1) Parere del 16 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del 17 settembre 2008 (GU C 77 del 31.3.2009, pag. 148). (3) GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64. (4) V. allegato I, parte A. (5) GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1. (6) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 13) Direttiva 83/183/CEE del Consiglio (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64). Direttiva 89/604/CEE del Consiglio (GU L 348 del 29.11.1989, pag. 28). Direttiva 91/680/CEE del Consiglio, (GU L 376 del 31.12.1991, pag. 1). limitatamente all’articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino Direttiva 92/12/CEE del Consiglio, (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 1). limitatamente all’articolo 23, paragrafo 3, secondo trattino PARTE B Elenco dei termini di recepimento (di cui all’articolo 13) Direttiva Termine di recepimento 83/183/CEE 1o gennaio 1984 89/604/CEE 1o luglio 1990 91/680/CEE 1o gennaio 1993 (1) 92/12/CEE 1o gennaio 1993 (2) (1) Essi adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie affinché il loro regime così adattato alle disposizioni previste all’articolo 1, punti da 1 a 20 e punti 22, 23 e 24 e all’articolo 2 della direttiva 91/680/CEE sia messo in vigore al 1o gennaio 1993. (2) Tuttavia per quanto riguarda l’articolo 9, paragrafo 3, il Regno di Danimarca è autorizzato a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a questa disposizione entro e non oltre il 1o gennaio 1993. ALLEGATO II TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 83/183/CEE Presente direttiva Articolo 1, paragrafo 1 Articolo 1, paragrafo 1 — Articolo 1, paragrafo 2, lettera a) — Articolo 1, paragrafo 2, lettera b) Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 2, lettera c) Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto i) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto ii) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, ultima frase — Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 5, paragrafo 2 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) Articolo 7, paragrafo 1, primo comma Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 1, primo comma Articolo 8, paragrafo 1, primo comma Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, punti i) e ii) Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, lettere a) e b) Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 2 Articoli 9, 10 e 11 Articoli 9, 10 e 11 Articolo 12, paragrafo 1 — Articolo 12, paragrafo 2 Articolo 12, paragrafo 1 Articolo 12, paragrafo 3 Articolo 12, paragrafo 2 — Articolo 13 — Articolo 14 Articolo 13 Articolo 15 — Allegato I — Allegato II Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Franchigie fiscali: importazioni definitive di beni personali QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a codificare la direttiva 83/183/CEE relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati* provenienti da un altro paese dell’EU. PUNTI CHIAVE Questa direttiva prevede un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva di beni personali provenienti da un altro paese dell’UE da parte di privati. Tali beni non devono essere di natura commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica. Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato. L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale* nel paese dell’UE di destinazione. I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i 12 mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti del paese dell’UE di destinazione. L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte, e per qualsiasi delle seguenti ragioni:in occasione di un trasferimento della residenza normale: tutti i beni personali devono essere introdotti entro 12 mesi dal trasferimento della residenza normale; in occasione dell’arredamento di una residenza secondaria o dell’abbandono di quest’ultima: i beni personali devono corrispondere al mobilio normale della residenza secondaria e la persona interessata deve essere proprietaria della residenza secondaria o essere locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi; in occasione di matrimonio: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima la data prevista per il matrimonio e termina quattro mesi dopo la data della celebrazione e deve essere fornita prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio; acquisiti per via successoria: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata entro due anni dalla data in cui l’interessato entra in possesso dei beni personali e deve essere fornita prova dell’avvenuta acquisizione per via successoria dei beni introdotti. Con l’eccezione di talune merci, i paesi dell’UE hanno il diritto di mantenere o prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 30 giugno 2009. La direttiva 2009/55/CE codifica e sostituisce la direttiva 83/183/CEE, che doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984. PAROLE CHIAVE Beni personali: beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Residenza normale: il luogo in cui una persona dimora abitualmente (per almeno 185 giorni all’anno), a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/55/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da un paese dell’UE (Versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pagg. 36-41).
1
800
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. 1999/352/CE, CECA, Euratom: Decisione della Commissione, del 28 aprile 1999, che istituisce l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) [notificata con il numero SEC(1999) 802] Gazzetta ufficiale n. L 136 del 31/05/1999 pag. 0020 - 0022 DECISIONE DELLA COMMISSIONEdel 28 aprile 1999che istituisce l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)[notificata con il numero SEC(1999) 802](1999/352/CE, CECA, Euratom)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 162,visto il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, in particolare l'articolo 16,visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 131,(1) considerando che le istituzioni e gli Stati membri attribuiscono grande importanza alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità ed alla lotta contro le frodi e le altre attività illecite lesive degli interessi finanziari comunitari; che l'importanza di tale azione è confermata dall'articolo 209A del trattato CE, dall'articolo 78 decimo del trattato CECA, dall'articolo 183A del trattato CEEA, nonché dall'articolo 280 del trattato CE introdotto dal trattato di Amsterdam;(2) considerando che è necessario utilizzare tutti i mezzi disponibili per raggiungere tali obiettivi, con particolare riguardo alla funzione d'indagine attribuita a livello comunitario, pur conservando la ripartizione e l'equilibrio attuali delle responsabilità attualmente esistenti tra il livello nazionale e il livello comunitario;(3) considerando che il compito di svolgere indagini amministrative a tutela degli interessi finanziari delle Comunità era sinora affidato alla "Task Force coordinamento della lotta antifrode", subentrata all'Unità di coordinamento della lotta antifrode (UCLAF);(4) considerando che per rendere più efficace la lotta contro la frode e le altre attività illecite lesive degli interessi finanziari delle Comunità è necessario istituire un Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (in prosieguo: "l'Ufficio"), il quale dovrà svolgere la funzione d'indagine in piena indipendenza;(5) considerando che l'indipendenza del direttore dell'Ufficio e il ruolo del comitato di vigilanza come definiti dalla presente decisione e dai regolamenti (CE) ed (Euratom), relativi alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode, sono intesi ad assicurare l'esercizio efficace della funzione d'indagine dell'Ufficio senza interferire con gli altri compiti ad esso spettanti, come quelli connessi alle prerogative della Commissione, segnatamente in materia legislativa;(6) considerando che, oltre alla tutela degli interessi finanziari della Comunità, l'Ufficio è responsabile per tutte le attività connesse alla tutela degli interessi comunitari contro comportamenti irregolari perseguibili in sede amministrativa o penale;(7) considerando che la definizione delle funzioni dell'Ufficio deve implicare il trasferimento al medesimo delle attribuzioni precedentemente esercitate dalla "Task Force coordinamento della lotta antifrode", in particolare quelle inerenti alla preparazione delle disposizioni legislative e regolamentari nei settori di attività dell'Ufficio, compresi i provvedimenti contemplati dal Titolo VI del trattato sull'Unione europea,DECIDE:Articolo 1Istituzione dell'UfficioÈ istituito l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (in prosieguo: "l'Ufficio"). L'Ufficio sostituisce la "Task force coordinamento della lotta antifrode" e subentra integralmente nelle sue attribuzioni.Articolo 2Funzioni dell'Ufficio1. L'Ufficio esercita le competenze della Commissione in materia di indagini amministrative esterne al fine di intensificare la lotta contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità, nonché ai fini della lotta contro le frodi inerenti a qualsiasi fatto o atto compiuto in violazione di disposizioni comunitarie.L'Ufficio ha il compito di svolgere indagini amministrative interne miranti a quanto segue:a) lottare contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità,b) ricercare i fatti gravi, connessi con l'esercizio di attività professionali, che possano costituire un inadempimento degli obblighi dei funzionari ed agenti delle Comunità perseguibile in sede disciplinare o penale o che possano costituire inadempimento degli obblighi analoghi incombenti ai membri delle istituzioni e organi, dei dirigenti degli organismi o del personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi cui non si applica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee o il regime applicabile agli altri agenti.L'Ufficio esercita le relative competenze della Commissione, come definite dalle disposizioni dei trattati, nell'ambito, nei limiti e secondo le modalità da questi definiti.All'Ufficio possono essere affidate, dalla Commissione nonché dagli altri organismi, organi e istituzioni, missioni di indagine in altri settori.2. L'Ufficio apporta il contributo della Commissione alla cooperazione con gli Stati membri nel campo della lotta contro la frode.3. L'Ufficio ha il compito di predisporre la strategia della lotta contro la frode come definita al paragrafo 1.4. L'Ufficio ha il compito di preparare le iniziative legislative e regolamentari della Commissione per il conseguimento degli obiettivi della lotta contro le frodi di cui al paragrafo 1.5. L'Ufficio ha il compito di eseguire tutte le altre attività operative della Commissione in materia di lotta contro la frode come definita al paragrafo 1 e in particolare di quanto segue:a) apprestare le infrastrutture necessarie,b) raccogliere e utilizzare le informazioni,c) prestare assistenza tecnica, in particolare in materia di formazione, alle altre istituzioni, organi ed organismi, nonché alle autorità nazionali competenti.6. L'Ufficio è l'interlocutore diretto delle autorità giudiziarie e delle autorità di polizia.7. L'Ufficio rappresenta la Commissione, al livello dei servizi, nelle sedi competenti, per i settori contemplati dal presente articolo.Articolo 3Indipendenza nell'esercizio della funzione d'indagineL'Ufficio esercita in piena indipendenza i poteri d'indagine di cui all'articolo 2, paragrafo 1. Nell'esercizio delle sue competenze, il direttore dell'Ufficio non sollecita né accetta istruzioni dalla Commissione, da governi, da altre istituzioni o da organi od organismi.Articolo 4Comitato di vigilanzaÈ istituito un comitato di vigilanza la cui composizione e le cui competenze sono determinate dal legislatore comunitario. Il comitato esercita un controllo regolare sull'esercizio della funzione d'indagine dell'Ufficio.Articolo 5Direttore1. L'Ufficio è posto sotto la direzione di un direttore nominato dalla Commissione, di concerto con il Parlamento europeo e col Consiglio, per un periodo di cinque anni, rinnovabile una sola volta. Per la nomina del direttore, la Commissione, previo parere favorevole del comitato di vigilanza, costituisce un elenco dei candidati in possesso dei requisiti prescritti in un invito a presentare candidature il quale, se del caso, sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il direttore è responsabile dello svolgimento delle indagini.2. La Commissione esercita nei confronti del direttore i poteri spettanti all'autorità che ha il potere di nomina. I provvedimenti in forza degli articoli 87, 88 e 90 dello statuto dei funzionari delle Comunità europee sono adottati con decisione motivata della Commissione, sentito il comitato di vigilanza. La decisione viene comunicata per conoscenza al Parlamento europeo ed al Consiglio.Articolo 6Organizzazione dell'Ufficio1. Nei confronti del personale dell'Ufficio il direttore esercita i poteri conferiti dallo statuto dei funzionari delle Comunità europee all'autorità che ha il potere di nomina e dal regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità all'autorità competente per concludere i contratti d'assunzione. Il direttore è autorizzato a delegare i propri poteri. Nell'osservanza dello statuto e del regime applicabile agli altri agenti, il direttore stabilisce le condizioni e le modalità delle assunzioni e segnatamente quelle relative alla durata e al rinnovo dei contratti.2. II direttore, sentito il comitato di vigilanza, comunica tempestivamente al direttore generale del bilancio un progetto preliminare di bilancio da iscrivere nella linea particolare del bilancio generale annuale relativo all'Ufficio.3. Il direttore è l'ordinatore per l'esecuzione della linea di bilancio particolare della parte A del bilancio relativa all'Ufficio. Il direttore è autorizzato a delegare i propri poteri.4. Le decisioni della Commissione relative alla propria organizzazione interna si applicano all'Ufficio in quanto compatibili con le disposizioni del legislatore comunitario riguardanti l'Ufficio stesso, nonché con la presente decisione e le sue modalità d'applicazione.Articolo 7Decorrenza d'efficaciaLa presente decisione ha effetto dal giorno dell'entrata in vigore del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode. Fino al primo giorno del mese successivo alla nomina del direttore dell'Ufficio, il direttore della "Task force, coordinamento della lotta antifrode" svolge i compiti di ordinaria amministrazione dell'Ufficio.Fatto a Bruxelles, il 28 aprile 1999.Per la CommissioneIl PresidenteJacques SANTER Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Ufficio europeo per la lotta antifrode L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) svolge indagini sulla corruzione e su gravi irregolarità all’interno delle istituzioni dell’Unione europea (UE), nonché frodi a danno del bilancio dell’UE. Aiuta anche a sviluppare una politica antifrode dell’UE. ATTI Decisione della Commissione 1999/352/CE, CECA, Euratom del 28 aprile 1999 che istituisce l’Ufficio europeo di lotta antifrode (OLAF). SINTESI COSA FA LA PRESENTE DECISIONE? La decisione originaria (1999/352/CE, CECA, Euratom) ha creato l’OLAF nel 1999. Essa definiva i compiti, le responsabilità, la struttura e le modalità di funzionamento dell’OLAF. Una successiva revisione nel 2013 gli ha permesso di lavorare in modo più efficiente ed efficace, in particolare con le organizzazioni esterne. PUNTI CHIAVE La frode è un atto deliberato di inganno destinato al guadagno personale o a provocare una perdita ad un’altra parte. A livello europeo, questa perdita può derivare da un pagamento illecito di fondi provenienti dal bilancio comunitario o omettendo di trasmettere entrate dovute al bilancio comunitario, come dazi doganali, prelievi agricoli e contributi zucchero. L’OLAF avvia indagini: all’interno delle istituzioni e degli organismi dell’UE per individuare frodi, corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’UE, nonché fatti gravi, connessi all’esercizio di attività professionali che non ledono gli interessi finanziari dell’UE; al di fuori delle istituzioni e degli organi comunitari, per individuare frodi o altri comportamenti irregolari da parte di persone o organizzazioni. Questi possono coinvolgere le autorità dei paesi dell’UE (e occasionalmente quelli di paesi terzi). Il direttore generale dell’OLAF è nominato per sette anni (non rinnovabile). Il comitato di vigilanza dell’OLAF monitora il suo lavoro, cerca di rafforzare la sua indipendenza e controlla l’applicazione delle garanzie procedurali. L’OLAF è soggetto alla normativa UE sulla protezione dei dati delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari. L’OLAF è un servizio amministrativo e investigativo. Può solo raccomandare le azioni da intraprendere da parte delle autorità europee o nazionali, a seguito delle sue indagini. Il programma Hercule III contribuisce a finanziare molti dei progetti dei paesi dell’UE, aiutandoli a combattere le attività criminali contro il bilancio dell’UE. Gli esempi includono il finanziamento per l’acquisto di scanner e altre apparecchiature tecniche in aeroporti e porti, nonché per attività di formazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE? Dal 28 aprile 1999. CONTESTO La decisione 1999/352/CE, CECA, Euratom (e sue successive modifiche) riguarda la creazione dell’OLAF. Essa è integrata dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 che definisce il ruolo e il mandato dell’OLAF, e da un accordo interistituzionale che riguarda specificamente le indagini nelle istituzioni dell’UE. Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet dell’OLAF. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Decisione 1999/352/CE, CECA, Euratom 28.4.1999 - GU L 136 del 31.5.1999, pag. 20-22 Atti modificatori Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Decisione 2013/478/UE 1.10.2013 - GU L 257 del 28.9.2013, pag. 19-20 Decisione (UE) 2015/512 27.3.2015 - GU L 81 del 26.3.2015, pag. 4 ATTI COLLEGATI Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1-22). Accordo interistituzionale del 25 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione delle Comunità europee relativo alle indagini interne svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136 del 31.5.1999, pag. 15-19).
1
127
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2001, sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico Gazzetta ufficiale n. L 060 del 01/03/2001 pag. 0051 - 0053 Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consigliodel 12 febbraio 2001sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico(2001/166/CE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 149, paragrafo 4, e 150, paragrafo 4,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale(1),visto il parere del Comitato delle regioni(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) È necessario dare impulso ad una dimensione europea dell'insegnamento, in quanto ciò costituisce un obiettivo essenziale nella costruzione di un'Europa dei cittadini.(2) Un'istruzione di qualità costituisce uno degli obiettivi principali dell'insegnamento primario e secondario, anche professionale, per tutti gli Stati membri nell'ambito della società dell'apprendimento.(3) La qualità dell'insegnamento scolastico deve essere garantita in tutte le fasi e in tutti i settori dell'insegnamento, indipendentemente dalle differenze attinenti agli obiettivi, ai metodi e alle esigenze educative e a prescindere dalle eventuali classifiche di eccellenza dei vari istituti scolastici.(4) Negli ultimi decenni le risorse destinate all'istruzione sono aumentate in tutti i paesi industrializzati. L'istruzione è vista non solo come un arricchimento personale, ma anche come un contributo alla coesione sociale, all'inclusione sociale e alla soluzione dei problemi della disoccupazione. L'apprendimento lungo tutto l'arco della vita è un mezzo importante per controllare il futuro professionale e personale. Un insegnamento di qualità è essenziale per le politiche occupazionali, la libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità e il riconoscimento di diplomi e di abilitazioni all'insegnamento.(5) Spetta agli Stati membri garantire, quando possibile, che i programmi scolastici tengano conto dell'evoluzione della società.(6) Gli Stati membri dovrebbero aiutare gli istituti scolastici a rispondere alle esigenze nel settore dell'istruzione e in campo sociale nel nuovo millennio e a stare al passo con gli sviluppi che ne derivano. Gli Stati membri dovrebbero pertanto aiutare gli istituti scolastici al fine di migliorare la qualità dei servizi da loro prestati sostenendoli nello sviluppo di nuove iniziative intese a garantire la qualità dell'insegnamento e aiutandoli a promuovere la mobilità degli individui da un paese all'altro e lo scambio di conoscenze.(7) Nel campo delle politiche del mercato del lavoro il Consiglio adotta ogni anno una serie di orientamenti in materia di occupazione basati su obiettivi quantitativi ed indicatori. L'orientamento 7 degli orientamenti in materia di occupazione per il 2000, di cui all'allegato della decisione 2000/228/CE(4), invita gli Stati membri a "migliorare la qualità del loro sistema scolastico, in modo da ridurre sostanzialmente il numero dei giovani che abbandonano prematuramente gli studi. Particolare attenzione dovrà inoltre essere rivolta ai giovani che hanno difficoltà di apprendimento".(8) Nell'orientamento 8 dei suddetti orientamenti, viene rivolta particolare attenzione all'esigenza di sviluppare le conoscenze informatiche, di dotare le scuole della necessaria attrezzatura informatica e di agevolare l'accesso degli studenti a Internet entro la fine del 2002, in modo da esercitare un impatto positivo sulla qualità dell'insegnamento e preparare i giovani all'era digitale.(9) La promozione della mobilità, contemplata come obiettivo della Comunità negli articoli 149 e 150 del trattato, deve essere favorita da un'istruzione di qualità.(10) La cooperazione europea e gli scambi transnazionali di esperienze contribuiranno a individuare e a diffondere metodi efficaci e accettabili per valutare la qualità.(11) I sistemi per garantire la qualità devono restare flessibili e poter essere adattati alle nuove realtà create dagli sviluppi attinenti alle strutture e agli obiettivi degli istituti scolastici, tenendo conto della dimensione culturale dell'istruzione.(12) I sistemi per assicurare la qualità variano nei diversi Stati membri e istituti scolastici, date le diverse dimensioni, strutture, condizioni finanziarie, caratteristiche istituzionali e impostazioni pedagogiche degli istituti stessi.(13) La valutazione della qualità e l'autovalutazione degli istituti scolastici in particolare sono strumenti altamente adeguati per combattere l'abbandono prematuro degli studi da parte dei giovani e l'esclusione sociale in generale.(14) Per conseguire l'obiettivo di un'istruzione di qualità è possibile avvalersi di un'ampia gamma di strumenti. La valutazione della qualità è uno di essi e rappresenta un valido contributo al fine di assicurare e sviluppare la qualità dell'insegnamento nelle scuole a carattere generale e professionale. La valutazione della qualità dell'istruzione dovrà mirare, tra l'altro, a valutare la capacità degli istituti scolastici di tener conto dell'uso delle nuove tecnologie dell'informazione che si stanno diffondendo.(15) La creazione a livello europeo di una rete di istituti associati nella valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico riveste un'importanza fondamentale. Le reti esistenti, come la rete europea dei responsabili per la valutazione dei sistemi d'istruzione istituita dagli Stati membri nel 1995, possono fornire un aiuto inestimabile ai fini dell'attuazione della presente raccomandazione.(16) Nel 1994 e nel 1995, la Commissione ha realizzato un progetto pilota sulla valutazione della qualità dell'istruzione superiore. La raccomandazione 98/561/CE del Consiglio, del 24 settembre 1998, sulla cooperazione europea in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore(5), sottolinea l'importanza dello scambio di informazioni ed esperienze e della collaborazione tra gli Stati membri in questo campo.(17) Il programma Socrate(6), in particolare l'azione 6.1, invita la Commissione a promuovere scambi di informazioni e di esperienze su questioni d'interesse comune. La valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico rientra tra i temi prioritari di detta azione.(18) Dal marzo 1996 la Commissione ha avviato diversi studi ed attività operative per esaminare il problema della valutazione dell'insegnamento da diversi punti di vista, in modo da definire la notevole varietà e ricchezza di approcci e metodologie di valutazione dell'insegnamento in uso a diversi livelli.(19) Nell'anno scolastico 1997/1998, la Commissione ha realizzato un progetto pilota in centouno scuole secondarie inferiori e superiori dei paesi partecipanti al programma Socrate, che ha sviluppato la sensibilità nei confronti dei problemi della qualità e ha contribuito a migliorare la qualità dell'insegnamento in queste stesse scuole. La relazione finale del giugno 1999, intitolata "Progetto pilota europeo per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico", sottolinea una serie di elementi metodologici per una proficua autovalutazione.(20) Nelle conclusioni del 16 dicembre 1997(7), il Consiglio ha affermato che la valutazione è un elemento importante per garantire ed eventualmente migliorare la qualità.(21) Nelle conclusioni del Consiglio europeo straordinario di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, la presidenza del Consiglio ha dichiarato che i sistemi europei di istruzione e formazione devono adeguarsi sia alle esigenze della società dell'informazione, sia alla necessità di aumentare il livello occupazionale e migliorare la qualità.(22) In vista dell'allargamento dell'Unione, i paesi candidati all'adesione dovrebbero essere coinvolti nella cooperazione europea in materia di valutazione della qualità.(23) È necessario tener conto del principio di sussidiarietà e della competenza esclusiva degli Stati membri in materia di organizzazione e struttura dei rispettivi ordinamenti scolastici, in modo da poter soddisfare le specificità culturali e le tradizioni pedagogiche di ogni Stato,I. RACCOMANDANO CHE GLI STATI MEMBRI:nei rispettivi contesti economici, sociali e culturali, tenuto debito conto della dimensione europea, promuovano il miglioramento della valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico nel modo seguente:1) Sostenendo ed eventualmente istituendo sistemi trasparenti di valutazione della qualità al fine di:a) garantire un'istruzione di qualità, promuovendo nel contempo l'inclusione sociale e pari opportunità per ragazze e ragazzi;b) salvaguardare la qualità dell'insegnamento scolastico come base per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita;c) incoraggiare l'autovalutazione da parte degli istituti scolastici come metodo per fare delle scuole un luogo di apprendimento e di perfezionamento, associando con equilibrio autovalutazione e valutazione esterna;d) utilizzare le tecniche volte a migliorare la qualità in quanto strumento per meglio adeguarsi alle esigenze di un mondo in rapida e continua evoluzione;e) chiarire lo scopo e le condizioni dell'autovalutazione delle scuole e far sì che l'approccio a tale autovalutazione sia coerente con altre forme di regolamentazione;f) sviluppare la valutazione esterna allo scopo di fornire un sostegno metodologico all'autovalutazione e fornire un'analisi esterna della scuola che incentivi un processo costante di miglioramento, facendo attenzione a non limitarsi al solo controllo amministrativo.2) Incoraggiando ed eventualmente sostenendo la partecipazione di tutti gli operatori scolastici, compresi docenti, alunni, direzione, genitori ed esperti, al processo di valutazione esterna e di autovalutazione nelle scuole per favorire la condivisione della responsabilità del miglioramento della scuola.3) Sostenendo la formazione alla gestione e all'utilizzazione di strumenti di autovalutazione allo scopo di:a) far sì che l'autovalutazione scolastica diventi effettivamente uno strumento per rafforzare la capacità delle scuole di perfezionarsi;b) garantire un'efficace divulgazione di esperienze positive e di nuove modalità di autovalutazione.4) Sostenendo la capacità delle scuole di apprendere l'una dall'altra a livello nazionale ed europeo al fine di:a) individuare e divulgare esperienze positive e validi strumenti, quali indicatori e parametri nel settore della valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico;b) costituire reti tra le scuole, a tutti i livelli appropriati, che consentano di aiutarsi a vicenda e forniscano un impulso esterno al processo valutativo.5) Favorendo la collaborazione tra tutte le autorità competenti per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico e promuovendone il collegamento in una rete europea.Tale collaborazione potrebbe riguardare i seguenti aspetti:a) scambio di informazioni ed esperienze, specie su sviluppi metodologici ed esempi di esperienze positive, in particolare avvalendosi delle moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione e, se del caso, tramite l'organizzazione di conferenze, seminari e gruppi di lavoro europei;b) raccolta di dati ed elaborazione di strumenti quali indicatori e parametri di particolare importanza per la valutazione della qualità delle scuole;c) pubblicazione dei risultati della valutazione dell'insegnamento scolastico conformemente alle pertinenti politiche dei singoli Stati membri e dei loro istituti di insegnamento, da mettere a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri;d) promozione dei contatti tra esperti per costruire la competenza europea in questo campo;e) utilizzazione dei risultati di indagini internazionali per lo sviluppo della valutazione della qualità negli istituti scolastici.II. INVITANO LA COMMISSIONE:1) a favorire, in stretta collaborazione con gli Stati membri e sulla base dei programmi comunitari esistenti, la collaborazione di cui ai precedenti punti 4 e 5 della parte I, prevedendo anche la partecipazione delle pertinenti organizzazioni e associazioni che dispongano della necessaria esperienza in materia.In tale contesto, la Commissione dovrebbe assicurare che la competenza della rete Euridice di cui all'azione 6.1 del programma Socrate sia sfruttata appieno;2) a predisporre sulla base dei programmi comunitari esistenti, una banca dati per la divulgazione di mezzi e strumenti efficaci di valutazione della qualità delle scuole, che contenga anche esempi di esperienze positive effettuate in questo campo e che sia accessibile su Internet, assicurandone un uso interattivo;3) ad utilizzare le risorse disponibili nell'ambito dei programmi comunitari esistenti, a integrare l'esperienza acquisita in tali programmi e a sviluppare le reti esistenti;4) a redigere, come primo passo, un inventario degli strumenti e delle strategie per la valutazione della qualità dell'insegnamento primario e secondario già utilizzati nei vari Stati membri. Quando sarà stato redatto l'inventario, la Commissione elaborerà con gli Stati membri le ulteriori iniziative appropriate. Il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il Comitato delle regioni dovranno essere regolarmente tenuti informati su tali iniziative;5) a presentare ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione dettagliata basata sui contributi degli Stati membri, relativa all'attuazione della presente raccomandazione;6) a redigere conclusioni e a presentare proposte in base a queste relazioni.Fatto a Bruxelles, addì 12 febbraio 2001.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteT. Östros(1) GU C 168 del 16.6.2000, pag. 30.(2) GU C 317 del 6.11.2000, pag. 56.(3) Parere del Parlamento europeo, del 6 luglio 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio, del 9 novembre 2000 (GU C 375 del 28.12.2000, pag. 38) e decisione del Parlamento europeo, del 16 gennaio 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU L 72 del 21.3.2000, pag. 15.(5) GU L 270 del 7.10.1998, pag. 56.(6) GU L 28 del 3.2.2000, pag. 1.(7) GU C 1 del 3.1.1998, pag. 4. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Essa punta a favorire la creazione di una rete tra le autorità degli Stati dell’UE al fine di sviluppare pratiche e strumenti per la valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico. PUNTI CHIAVE Sebbene non si possa definire la qualità di un sistema scolastico in termini assoluti, è comunque possibile fissare degli obiettivi e analizzare i modi per raggiungerli. Gli obiettivi comprendono comunque la lotta all’abbandono prematuro degli studi e all’esclusione sociale in generale; la raccomandazione distingue due forme di valutazione qualitativa:valutazione esterna eautovalutazione. La raccomandazione invita i soggetti coinvolti nel sistema scolastico (docenti, alunni, genitori ed esperti) a prendere parte ai processi di autovalutazione e di valutazione esterna. Vi si afferma che lo scopo della valutazione esterna è quello di fornire un sostegno metodologico all’autovalutazione e una visione obiettiva della scuola. Una delle caratteristiche principali del sistema di istruzione europeo è la sua diversificazione. Di conseguenza non è possibile definire metodi di valutazione standard che possano essere applicati a tutti gli Stati membri. Ogni valutazione qualitativa a livello dell’Unione europea deve prendere in considerazione i fattori politici, storici e socioculturali specifici di ciascuno Stato membro. La raccomandazione evidenzia il fatto che la condivisione delle informazioni costituisce la maggior parte del valore aggiunto dell’Unione europea. Lo scambio di informazioni dovrebbe concentrarsi in particolare sugli sviluppi metodologici e sugli esempi di buone pratiche, in particolare:attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie;tramite l’organizzazione di conferenze, seminari e raccolte di dati;con l’elaborazione di strumenti e la pubblicazione dei risultati. Il Parlamento europeo e il Consiglio invitano la Commissione europea a:creare una banca dati su Internet per la divulgazione di mezzi, esempi di buone pratiche e strumenti efficaci di valutazione della qualità delle scuole;redigere un inventario degli strumenti e delle strategie per la valutazione della qualità dell’insegnamento primario e secondario già utilizzati nei vari Stati membri;incorporare i risultati ottenuti nei programmi esistenti e sviluppare le reti esistenti;presentare una relazione ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato europeo delle regioni;formulare proposte in base a queste relazioni. Conclusioni del Consiglio del 2014Nelle conclusioni del maggio 2014, i ministri per l’istruzione degli Stati membri hanno sottolineato l’importante ruolo svolto dai meccanismi di garanzia della qualità nell’aiutare gli istituti di istruzione nonché i responsabili politici a fornire istruzione e formazione di qualità. Un’istruzione e una formazione di qualità sono di importanza vitale ai fini dell’occupabilità, dell’inclusione sociale e dello sviluppo economico. I ministri hanno sottolineato l’importanza di adottare approcci alla garanzia della qualità basati su principi che vadano oltre l’impostazione «elenco di controllo» a favore dello sviluppo di una cultura del miglioramento della qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Studi Nel 2015 sono stati pubblicati due studi sull’argomento:una relazione di eurydice che rivede le modalità in cui 32 Paesi europei valutano la qualità dei loro istituti scolastici, mettendo a confronto gli approcci, le strutture e il ruolo svolto dai sistemi di valutazione scolastica; uno studio comparativo della Commissione europea sulla garanzia della qualità nei sistemi di istruzione scolastica dell’Unione europea. Esso riguarda le politiche di garanzia della qualità, le procedure, le attività e le pratiche ai livelli primario, secondario inferiore e secondario superiore. Lo studio considera il modo in cui le azioni dell’UE in questo campo possano aggiungere valore a ciò che accade a livello nazionale. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Istruzione: definizione degli obiettivi e misurazione dei progressi compiuti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione 2001/166/EC del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2001, sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico (GU L 60 dell’1.3.2001, pag. 51). DOCUMENTI CORRELATI Conclusioni del Consiglio, del 20 maggio 2014, sulla garanzia della qualità a sostegno dell’istruzione e della formazione (GU C 183 del 14.6.2014, pag. 30).
1
707
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (CE) N. 1100/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 22 ottobre 2008 relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 71, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (3), è stato modificato in modo sostanziale (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno procedere alla codificazione di tale regolamento. (2) L’attuazione della libera circolazione dei servizi nel settore dei trasporti costituisce un elemento importante della politica comune dei trasporti prevista dal trattato. Pertanto, la politica comune dei trasporti ha lo scopo di incrementare la scorrevolezza della circolazione dei diversi mezzi di trasporto all’interno della Comunità. (3) In base alle normative comunitarie e nazionali vigenti in materia di trasporti su strada e per vie navigabili, gli Stati membri effettuano controlli, verifiche ed ispezioni riguardanti le caratteristiche tecniche, le autorizzazioni ed altri documenti cui debbono conformarsi i veicoli e le navi. Tali controlli, verifiche ed ispezioni continuano ad essere giustificati, in generale, dalla finalità di evitare perturbazioni nell’organizzazione del mercato dei trasporti e garantire la sicurezza della circolazione su strada e per vie navigabili. (4) A norma delle disposizioni comunitarie vigenti, gli Stati membri sono liberi d’organizzare ed effettuare i summenzionati controlli, verifiche ed ispezioni nei luoghi da essi prescelti. (5) Detti controlli, verifiche ed ispezioni possono essere effettuati con pari efficacia su tutto il territorio degli Stati membri interessati e pertanto il varco della frontiera non dovrebbe costituire il pretesto per l’esecuzione di dette operazioni, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Il presente regolamento si applica ai controlli effettuati dagli Stati membri in applicazione delle disposizioni comunitarie o nazionali in materia di trasporti su strada e per vie navigabili effettuati con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in uno Stato membro. Articolo 2 Ai sensi del presente regolamento si intende per: a) «frontiera»: una frontiera interna alla Comunità, o una frontiera esterna, qualora il trasporto tra Stati membri comporti l’attraversamento di un paese terzo; b) «controllo»: qualsiasi controllo, ispezione, verifica o formalità espletati alle frontiere degli Stati membri dalle autorità nazionali che comportino un’interruzione o una limitazione della libera circolazione dei veicoli interessati o delle navi interessate. Articolo 3 I controlli di cui all’allegato I, effettuati in applicazione di disposizioni comunitarie o nazionali in materia di trasporti su strada o per vie navigabili tra Stati membri, non sono effettuati a titolo di controlli alle frontiere, ma esclusivamente come parte delle normali procedure di controllo applicate, in modo non discriminatorio, su tutto il territorio di uno Stato membro. Articolo 4 La Commissione propone, se necessario, modifiche dell’allegato I in considerazione dell’evoluzione tecnologica nel settore di cui al presente regolamento. Articolo 5 Il regolamento (CEE) n. 4060/89, modificato dal regolamento elencato nell’allegato II, è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III. Articolo 6 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 22 ottobre 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J.-P. JOUYET (1) GU C 324 del 30.12.2006, pag. 47. (2) Parere del Parlamento europeo del 14 dicembre 2006 (GU C 317 E del 23.12.2006, pag. 599) e decisione del Consiglio del 15 settembre 2008. (3) GU L 390 del 30.12.1989, pag. 18. (4) Cfr. allegato II. ALLEGATO I PARTE 1 NORMATIVA COMUNITARIA Sezione 1 Direttive a) Articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 96/53/CE del Consiglio, del 25 luglio 1996, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale (1), il quale prevede che i veicoli possano essere sottoposti, per quanto riguarda le norme comuni relative ai pesi, a controlli per sondaggio e, per quanto riguarda le norme comuni relative alle dimensioni, unicamente a controlli in caso di sospetto di non conformità alle disposizioni della direttiva stessa. b) Articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (2), il quale stabilisce che ciascuno Stato membro riconosca l’attestato, comprovante che un veicolo ha superato un controllo tecnico, rilasciato in un altro Stato membro; tale riconoscimento implica che la verifica da parte delle autorità nazionali può effettuarsi in qualsiasi punto del loro territorio. c) Articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2006/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, relativa all’utilizzazione di veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada (3), il quale stabilisce che la conformità alla direttiva è comprovata dal contratto relativo al noleggio e dal contratto di lavoro del conducente che devono trovarsi a bordo del veicolo noleggiato. d) Articolo 3, paragrafi 3, 4 e 5, della direttiva 76/135/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità rilasciati per le navi della navigazione interna (4), il quale stabilisce che le autorità nazionali possano esigere che siano esibiti attestati di navigabilità, certificati o autorizzazioni. e) Articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 82/714/CEE del Consiglio, del 4 ottobre 1982, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna (5), il quale stabilisce che gli Stati membri possano, in qualsiasi momento, controllare che a bordo di una nave si trovi un certificato valido ai sensi della direttiva stessa. Sezione 2 Regolamenti a) Articoli 14 e 15 del regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, relativo alla fissazione di norme comuni per i trasporti internazionali di viaggiatori effettuati con autobus (6), i quali permettono agli agenti incaricati del controllo di verificare e controllare il documenti di trasporto, le autorizzazioni e i documenti di controllo previsti nel regolamento stesso. b) Articolo 18 del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada (7), il quale autorizza gli Stati membri ad adottare disposizioni riguardanti, tra l’altro, l’organizzazione, la procedura e gli strumenti di controllo al fine di verificare che siano soddisfatte le disposizioni del regolamento stesso. c) Articolo 19 del regolamento (CEE) n. 3821/85 del Consiglio, del 20 dicembre 1985, relativo all’apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada (8), il quale lascia agli Stati membri il compito di adottare disposizioni riguardanti, tra l’altro, l’organizzazione, la procedura e gli strumenti di controllo al fine di accertare la conformità degli apparecchi alle disposizioni del regolamento stesso. d) Articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 881/92 del Consiglio, del 26 marzo 1992, relativo all’accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (9), il quale prevede che una copia autenticata dell’autorizzazione comunitaria debba essere conservata nel veicolo e che debba essere esibita ad ogni richiesta degli agenti addetti al controllo. PARTE 2 NORMATIVA NAZIONALE a) Controlli relativi alle patenti di guida dei conducenti di veicoli, per il trasporto di merci e di viaggiatori. b) Controlli relativi al trasporto di merci pericolose, in particolare: i) documenti: — certificato di formazione del conducente, — istruzioni di sicurezza, — certificato di approvazione (ADR o norme equivalenti), — copia dell’eventuale deroga (ADR o norme equivalenti); ii) identificazione del veicolo che trasporta la merce pericolosa: — pannello arancione: — conformità, — posizione del veicolo, — segnalazione di pericolo sul veicolo: — conformità, — posizione sul veicolo, — targa di identificazione delle cisterne (fisse, amovibili o container-cisterna): — presenza e leggibilità, — data dell’ultima ispezione, — punzonatura dell’organismo di controllo; iii) attrezzatura (ADR o norme equivalenti) del veicolo: — estintore supplementare, — attrezzature speciali; iv) carico dei veicoli: — carico eccedente (secondo la capacità delle cisterne), — sistemazione del carico, — divieto di carico in comune. c) Controlli relativi al trasporto di derrate deperibili, in particolare: i) documenti: — attestato di conformità delle attrezzature; ii) attrezzature speciali utilizzate per il trasporto delle derrate deperibili: — attestato di conformità (targhetta), — contrassegni di identificazione; iii) funzionamento delle attrezzature speciali: — condizioni di temperatura delle attrezzature. (1) GU L 235 del 17.9.1996, pag. 59. (2) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 1. (3) GU L 33 del 4.2.2006, pag. 82. (4) GU L 21 del 29.1.1976, pag. 10. (5) GU L 301 del 28.10.1982, pag. 1. (6) GU L 74 del 20.3.1992, pag. 1. (7) GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 1. (8) GU L 370 del 31.12.1985, pag. 8. (9) GU L 95 del 9.4.1992, pag. 1. ALLEGATO II REGOLAMENTO ABROGATO E SUA MODIFICA SUCCESSIVA (di cui all’articolo 5) Regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio (GU L 390 del 30.12.1989, pag. 18). Regolamento (CEE) n. 3356/91 del Consiglio (GU L 318 del 20.11.1991, pag. 1). ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CEE) n. 4060/89 Presente direttiva Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 3 bis Articolo 4 Articolo 4 Articolo 6 — Articolo 5 Allegato, parte 1, Direttive a) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera a) Allegato, parte 1, Direttive b) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera b) Allegato, parte 1, Direttive c) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera c) Allegato, parte 1, Direttive d) — Allegato, parte 1, Direttive e) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera d) Allegato, parte 1, Direttive f) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera e) Allegato, parte 1, Regolamenti a) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera a) Allegato, parte 1, Regolamenti b) — Allegato, parte 1, Regolamenti c) — Allegato, parte 1, Regolamenti d) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera b) Allegato, parte 1, Regolamenti e) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera c) Allegato, parte 1, Regolamenti f) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera d) Allegato, parte 2 Allegato I, parte 2 — Allegato II — Allegato III Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Trasporti su strada e vie navigabili: controlli di frontiera QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI? I regolamenti aboliscono i controlli effettuati dai paesi dell’Unione europea (UE) sul rispetto delle norme in materia di trasporti su strada e per vie navigabili alle frontiere interne dell’UE. Per garantire la libera circolazione all’interno dell’Unione dei veicoli e delle navi interessati, questi controlli non devono più essere effettuati come controlli alle frontiere, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio dei paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE Il regolamento (CEE) n. 3912/92 si riferisce ai controlli relativi alle operazioni di trasporto su strada e per vie navigabili effettuate con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese non appartenente all’UE. Questi controlli non devono più essere effettuati alle frontiere interne tra i paesi dell’UE, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio di questi paesi. Possono tuttavia essere effettuati anche alle frontiere esterne (con un paese extra UE). Il regolamento (CE) n. 1100/2008 si riferisce ai controlli relativi alle operazioni di trasporto su strada e per vie navigabili effettuate con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese dell’UE. Questi controlli non devono più essere effettuati alle frontiere interne tra i paesi dell’UE, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio di questi paesi. I controlli oggetto dei due regolamenti sono quelli previsti dal diritto dell’Unione o nazionale di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1100/2008 e, nel caso del regolamento (CEE) n. 3912/92, quelli previsti da accordi internazionali tra uno o più paesi dell’UE e uno o più paesi extra UE.Il recesso del Regno Unito dall’UE Dal recesso del Regno Unito dall’UE il 31 gennaio 2020, il confine tra il Regno Unito e i paesi dell’UE non è più un confine interno. Tuttavia, durante il periodo di transizione, quando le leggi dell’UE erano ancora applicate al Regno Unito e al suo interno, questo confine è stato trattato come un confine interno. Dall’inizio del 2021, entrambi i regolamenti sopra citati non sono più applicabili a tale confine. Il controllo dei veicoli e delle navi del Regno Unito sarà d’ora in poi soggetto al regolamento (CEE) n. 3912/92 e non sarà più soggetto al regolamento (CE) n. 1100/2008. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CEE) n. 3912/92 si applica dal 1 gennaio 1993. Il regolamento (CE) n. 1100/2008 si applica dal 4 dicembre 2008. Esso ha codificato e sostituito il regolamento (CEE) n. 4060/89 e le successive modifiche, applicabili dal 1o luglio 1990. CONTESTO Si veda anche:Vie navigabili interne (Commissione europea) Strada (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CEE) n. 3912/92 del Consiglio, del 17 dicembre 1992, relativo ai controlli effettuati all’interno della Comunità nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili per quanto riguarda i mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese terzo (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 6). Regolamento (CE) n. 1100/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (Versione codificata) (GU L 304 del 14.11.2008, pag. 63).
1
1,108
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana Gazzetta ufficiale n. L 015 del 17/01/2002 pag. 0019 - 0023 Direttiva 2001/114/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da queste direttive devono conformarsi affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 76/118/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1975, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti taluni tipi di latte conservato potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) La direttiva 76/118/CEE è stata perciò concepita per definire taluni tipi di latte conservato e per stabilire norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità europea.(4) Detta direttiva dovrebbe essere adeguata alla normativa comunitaria generale relativa a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura, gli additivi autorizzati, le regole igieniche e le norme sanitarie fissate dalla direttiva 92/46/CEE(5).(5) Per motivi di chiarezza, occorre procedere alla rifusione della direttiva 76/118/CEE in un nuovo testo allo scopo di rendere più accessibili le norme sulle condizioni per la produzione e l'immissione in commercio di taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana.(6) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6), dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni.(7) Fatta salva la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, del 24 settembre 1990, relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari(7), l'aggiunta di vitamine ai prodotti di cui alla presente direttiva è autorizzata in alcuni Stati membri. Tuttavia non si può decidere di estendere tale possibilità a tutta la Comunità. Pertanto gli Stati membri sono liberi di autorizzare o vietare l'aggiunta di vitamine nelle loro produzioni nazionali, garantendo in ogni caso la libera circolazione delle merci all'interno della Comunità, conformemente alle norme e ai principi derivanti dal trattato.(8) Per i prodotti destinati ai lattanti, si applica la direttiva 91/321/CEE, del 14 maggio 1991, sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento(8).(9) Secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(10) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(9).(11) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato definiti nell'allegato I.Articolo 2Fatta salva la direttiva 90/496/CEE, gli Stati membri possono autorizzare l'aggiunta di vitamine ai prodotti definiti nell'allegato I.Articolo 3La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I alle condizioni seguenti:1) a) Le denominazioni di vendita di cui all'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e, salva la lettera b), sono utilizzate nel commercio per designarli.b) In alternativa alle denominazioni di cui alla lettera a), l'allegato II fornisce un elenco di denominazioni specifiche. Esse possono essere usate nella lingua ed alle condizioni ivi specificate.2) L'etichettatura indica la percentuale di grassi del latte espressa in peso in rapporto al prodotto finito, esclusi i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1, lettere d) e g) e punto 2, lettera d), nonché la percentuale di estratto secco senza grassi ottenuto dal latte per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1. Questa indicazione figura accanto alla denominazione di vendita.3) Per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 2, sull'etichettatura figurano le raccomandazioni concernenti il metodo di diluizione o di ricostituzione, ivi compresa l'indicazione del tenore di grassi del prodotto diluito o ricostituito.4) Nel caso in cui prodotti di peso unitario inferiore a 20 g siano condizionati in un imballaggio esterno, le indicazioni richieste dal presente articolo possono figurare solo su detto imballaggio esterno, ad eccezione della denominazione di vendita di cui al punto 1, lettera a).5) L'etichettatura dei prodotti definiti nell'allegato I, sezione 2 deve indicare che il prodotto "non è un alimento per lattanti minori di 12 mesi".Articolo 4Per i prodotti definiti negli allegati I e II, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 5Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alle procedure di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(10).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7La direttiva 76/118/CEE è abrogata a decorrere dal 17 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 8Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui all'allegato I, se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, entro il 17 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 17 luglio 2004.Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva ed etichettati entro il 17 luglio 2004 in conformità della direttiva 76/118/CEE, è autorizzata fino ad esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui sopra, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 20.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 24 del 30.1.1976, pag. 49. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU L 268 del 14.9.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/71/CE (GU L 368 del 31.12.1994, pag. 33).(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40.(8) GU L 175 del 4.7.1991, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 1999/50/CE (GU L 139 del 2.6.1999, pag. 29).(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(10) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONE E DEFINIZIONE DEI PRODOTTI1. Latte parzialmente disidratatoDesigna il prodotto liquido, con o senza aggiunta di zuccheri, ottenuto direttamente, mediante parziale eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato o da un miscuglio di tali prodotti, eventualmente con aggiunta di panna o di latte totalmente disidratato o di questi due prodotti; nel prodotto finito, l'aggiunta di latte totalmente disidratato non deve eccedere il 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato senza aggiunta di zuccheria) Latte concentrato ricco di grassiLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 15 % di grassi e non meno del 26,5 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.b) Latte concentrato o latte intero concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 7,5 % di grassi e non meno del 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.c) Latte parzialmente scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno del 7,5 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.d) Latte scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato con aggiunta di zuccherie) Latte concentrato zuccherato o latte intero concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'8 % di grassi e non meno del 28 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.f) Latte parzialmente scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno dell'8 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.g) Latte scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.2. Latte totalmente disidratatoDesigna il prodotto solido ottenuto direttamente mediante eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato, dalla panna o da un miscuglio di tali prodotti e il cui tenore di acqua è inferiore o uguale al 5 % in peso del prodotto finito.a) Latte in polvere ricco di grassi o polvere di latte ricco di grassiLatte disidratato con un tenore minimo di grassi del 42 % in peso.b) Latte in polvere, latte intero in polvere, polvere di latte o polvere di latte interoLatte disidratato con un tenore di grassi pari o superiore al 26 % e inferiore al 42 % in peso.c) Latte parzialmente scremato in polvere o polvere di latte parzialmente scrematoLatte disidratato il cui tenore di grassi è superiore all'1,5 % e inferiore al 26 % in peso.d) Latte scremato in polvere o polvere di latte scrematoLatte disidratato con un tenore massimo di grassi dell'1,5 % in peso.3. Trattamentia) Per la fabbricazione dei prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g), è autorizzato il trattamento mediante lattosio in quantità aggiuntiva non superiore allo 0,03 % in peso.b) Fatta salva la direttiva 92/46/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1992, che stabilisce le norme sanitarie per la produzione e la commercializzazione di latte crudo, di latte trattato termicamente e di prodotti a base di latte, la conservazione dei prodotti di cui ai punti 1 e 2 si ottiene:- mediante trattamento termico (sterilizzazione, UHT, ecc.), per i prodotti di cui al punto 1, lettere da a) a d),- mediante aggiunta di saccarosio, per i prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g),- mediante disidratazione, per i prodotti di cui al punto 2.4. Aggiunte autorizzateConformemente all'articolo 2, l'aggiunta di vitamine è autorizzata per i prodotti definiti nel presente allegato, fatta salva la direttiva 90/496/CEE.ALLEGATO IIDENOMINAZIONI SPECIFICHE PER TALUNI PRODOTTI FIGURANTI NELL'ALLEGATO Ia) In lingua inglese l'espressione "evaporated milk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b) contenente, in peso, non meno del 9 % di grassi e del 31 % di estratto secco totale ottenuto dal latte;b) in lingua francese le espressioni "lait demi-écrémé concentré" e "lait demi-écrémé concentré non sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche evaporada semidesnatada" e in lingua olandese le espressioni "geëvaporeerde halfvolle melk" o "halfvolle koffiemelk", e in lingua inglese l'espressione "evaporated semi-skimmed milk" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera c) contenente, in peso, tra il 4 % ed il 4,5 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale;c) in lingua danese l'espressione "kondenseret kaffefløde" e in lingua tedesca l'espressione "kondensierte Kaffeesahne" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera a);d) in lingua danese l'espressione "flødepulver", in lingua tedesca le espressioni "Rahmpulver" e "Sahnepulver", in lingua francese l'espressione "crème en poudre", in lingua olandese l'espressione "roompoeder", in lingua svedese l'espressione "gräddpulver" e in lingua finlandese l'espressione "kermajauhe" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera a);e) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé concentré sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche condensada semidesnatada" e in lingua olandese l'espressione "gecondenseerde halfvolle melk met suiker" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera f) con un tenore di grassi, in peso, compreso tra il 4 % ed il 4,5 % e di estratto secco totale ottenuto dal latte non inferiore al 28 %;f) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé en poudre" e in lingua olandese l'espressione "halfvolle-melkpoeder" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 14 % e il 16 %;g) in portoghese l'espressione "leite em pó meio gordo" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 13 % e il 26 %;h) in lingua olandese l'espressione "koffiemelk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b);i) in lingua finlandese l'espressione "rasvaton maitojauhe" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera d);j) in lingua spagnola l'espressione "leche en polvo semidesnatada" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 10 % e il 16 %. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Latte conservato Il latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato al consumo umano deve essere conforme alle specifiche disposizioni previste dalla direttiva 2001/114/CE. Tali disposizioni completano le regole generali di etichettatura dei prodotti alimentari previste dal diritto comunitario. ATTO Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana [Cfr. atto(i) modificativo(i)]. SINTESI Il latte conservato è definito in base alla composizione e ai processi di preparazione, al fine di promuovere un uso commerciale corretto e non fuorviante nelle rispettive denominazioni. Latte conservato I prodotti oggetto della presente direttiva sono: il latte parzialmente disidratato (zuccherato o meno); il latte totalmente disidratato (contenente differenti percentuali di grasso). Inoltre, la direttiva definisce le denominazioni specifiche utilizzate in alcuni paesi e in certe lingue (Cfr. allegato II della direttiva). Etichettatura La presente direttiva stabilisce le disposizioni specifiche per l'etichettatura del latte conservato. Tali disposizioni si applicano fatte salve le norme generali in materia di etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari. L'etichettatura del latte conservato deve contenere: la percentuale di grasso (ad eccezione del latte condensato, del latte concentrato scremato e del latte in polvere parzialmente scremato); la percentuale di latte solido non grasso (per i diversi tipi di latte parzialmente disidratato); il metodo di diluizione o di ricostituzione (per il latte in polvere); che il prodotto non è inteso per l'alimentazione dei neonati sotto i dodici mesi (per il latte in polvere). RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/114/CE 17.1.2002 17.7.2003 GU L 15 del 17.1.2002 Atto(i) modificativo(i) Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2007/61/CE 7.10.2007 31.8.2008 GU L 258 del 4.10.2007 ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
1
679
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (UE) N. 115/2010 DELLA COMMISSIONE del 9 febbraio 2010 che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, vista la direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (1), in particolare l'articolo 4, paragrafo 1, lettera c) e l'articolo 12, lettera d), visto il parere dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, considerando quanto segue: (1) La direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l'elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (2), prevede un limite massimo per il fluoro nelle acque minerali naturali. Per quanto riguarda l'acqua di sorgente, tale limite è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, relativa alla qualità dell'acqua destinata al consumo umano (3). (2) Per consentire agli operatori di rispettare le suddette direttive è opportuno autorizzare un trattamento di eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente attraverso l'impiego di allumina attivata (qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro»). (3) Il trattamento per l'eliminazione del fluoro non deve aggiungere all'acqua trattata residui in concentrazioni tali da costituire un rischio per la salute pubblica. (4) Il trattamento per l'eliminazione del fluoro va notificato alle autorità competenti affinché possano svolgere i controlli necessari a garantirne la corretta applicazione. (5) Quando viene eseguito il trattamento per l'eliminazione del fluoro, l'etichetta dell'acqua trattata deve contenere indicazioni al riguardo. (6) I provvedimenti previsti dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali; essi non sono stati contestati né dal Parlamento europeo, né dal Consiglio, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. È consentito il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente con allumina attivata, destinato ad eliminare il fluoro, denominato qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro». Il termine «acqua» si riferisce qui di seguito complessivamente alle acque minerali naturali e alle acque di sorgente. 2. Il trattamento per l'eliminazione del fluoro viene effettuato nel rispetto delle prescrizioni tecniche di cui all'allegato. Articolo 2 La presenza di residui nell'acqua quale conseguenza del trattamento per l'eliminazione del fluoro si trova al livello minimo tecnicamente possibile secondo le prassi migliori e non costituisce un rischio per la salute pubblica. A tal fine l'operatore esegue e controlla le fasi principali del trattamento di cui all'allegato. Articolo 3 1. L'esecuzione del trattamento per l'eliminazione del fluoro è notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo. 2. Mediante la notifica l'operatore trasmette alle autorità competenti le informazioni e la documentazione pertinenti nonché i risultati analitici relativi al trattamento, dai quali emerga il rispetto delle prescrizioni dell'allegato. Articolo 4 L'etichetta dell'acqua che è stata sottoposta ad un trattamento di eliminazione del fluoro contiene, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, l'indicazione «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata». Articolo 5 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I prodotti immessi sul mercato entro il 10 agosto 2010 e che non rispettano le prescrizioni dell'allegato 4, possono continuare ad essere commercializzati fino al 10 agosto 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 febbraio 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 164 del 26.6.2009, pag. 45. (2) GU L 126 del 22.5.2003, pag. 34. (3) GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32. ALLEGATO Prescrizioni tecniche relative all'utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente Le seguenti fasi principali del trattamento devono essere realizzate e monitorate adeguatamente: 1) prima di utilizzare l'allumina attivata per il trattamento dell'acqua è necessario sottoporla ad una procedura di inizializzazione con prodotti chimici alcalini o acidi per rimuovere qualsiasi impurità e ad un controlavaggio per eliminare le particelle fini; 2) a seconda della qualità e del flusso dell'acqua va effettuata una procedura di rigenerazione ad intervalli che variano tra una e quattro settimane. La procedura di rigenerazione prevede l'impiego di prodotti chimici adeguati a rimuovere gli ioni assorbiti, onde ripristinare la capacità di assorbimento dell'allumina attivata ed eliminare eventuali biofilm formatisi. La procedura va eseguita in tre fasi: — trattamento all'idrossido di sodio per rimuovere gli ioni fluoro e sostituirli con ioni idrossido, — trattamento con acido per rimuovere i residui di idrossido di sodio ed attivare la sostanza, — risciacquo con acqua potabile o demineralizzata e condizionamento con acqua quale fase finale, onde garantire che il filtro non incida sul contenuto generale di minerali dell'acqua trattata; 3) i prodotti chimici e i reagenti utilizzati nei processi di inizializzazione e rigenerazione devono rispettare le norme europee pertinenti (1) o le norme nazionali applicabili relative alla purezza dei reagenti chimici impiegati nel trattamento dell'acqua destinata al consumo umano; 4) l'allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile ai test di lisciviazione (EN 12902) (2) per garantire che non vengano rilasciati residui nell'acqua in concentrazioni eccedenti i limiti stabiliti dalla direttiva 2003/40/CE o, in mancanza di limiti in tale direttiva, i limiti di cui alla direttiva 98/83/CE o alla legislazione nazionale applicabile. Il quantitativo totale di ioni alluminio presenti nell'acqua trattata in seguito al rilascio di alluminio, principale componente dell'allumina attivata, non deve eccedere 200 μg/l, come stabilito dalla direttiva 98/83/CE. Tale valore va controllato regolarmente, nel rispetto della direttiva del Consiglio; 5) alle fasi del trattamento vanno applicate le buone pratiche di fabbricazione e i principi HACCP di cui al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) sull'igiene dei prodotti alimentari; 6) l'operatore deve stabilire un programma di monitoraggio volto a garantire il corretto svolgimento delle fasi del trattamento, in particolare per quanto concerne il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell'acqua ed il suo contenuto di fluoro. (1) Norme europee elaborate dal CEN (Comitato europeo di normalizzazione). (2) Norma europea EN 12902 (2004): Prodotti utilizzati per il trattamento di acque destinate al consumo umano. Materiali inorganici di supporto e di filtrazione. (3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata* per eliminare il fluoro* dalle acque minerali naturali e di sorgente, per soddisfare le direttive UE riguardanti la qualità dell’acqua potabile. PUNTI CHIAVE L’utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e di sorgente è consentito alle condizioni seguenti:La presenza di residui nell’acqua quale conseguenza del trattamento deve essere al livello minimo tecnicamente possibile e non deve costituire un rischio per la salute pubblica.L’esecuzione del trattamento deve essere notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo, con la documentazione e i dati dai quali emerga il rispetto del regolamento.Tutti i prodotti chimici utilizzati nel trattamento devono rispettare le norme applicabili al trattamento dell’acqua potabile.L’allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile per garantire che non vengano rilasciati nell’acqua residui eccessivi.Prima del suo utilizzo l’allumina attivata deve essere trattata per rimuovere i residui e le particelle fini.I filtri devono essere risciacquati quale fase finale, onde garantire che essi non incidano sul contenuto generale di minerali dell’acqua trattata.L’allumina attivata deve essere rigenerata a intervalli adeguati per ripristinare la sua efficacia.L’operatore deve monitorare i processi per garantire il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell’acqua.L’utilizzo del trattamento per l’eliminazione del fluoro deve essere indicato nell’etichetta dell’acqua trattata, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, nella forma seguente: «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata». DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 2 marzo 2010. CONTESTO La direttiva 2009/54/CE fissa le regole dell’UE sui metodi consentiti per il trattamento delle acque minerali naturali e di sorgente. Essa autorizza la Commissione europea a stabilire le condizioni per l’utilizzo dei trattamenti dopo consultazioni con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. La direttiva 2003/40/CE della Commissione determina il limite della presenza di fluoro nelle acque minerali naturali. Il limite per le acque sorgive è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio.I trattamenti chimici sono soggetti alle buone prassi di fabbricazione e ai principi definiti dal regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari.Per ulteriori informazioni, consultare: Acque minerali naturali e di sorgente (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Allumina attivata: forma altamente porosa di ossido di alluminio di elevata superficie. Può essere utilizzata come filtro per eliminare il fluoro dall’acqua potabile. Fluoro: un elemento naturalmente presente nelle acque di rete. Le concentrazioni variano sensibilmente tra uno Stato membro e l’altro. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 115/2010 della Commissione, del 9 febbraio 2010, che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente (GU L 37 del 10.2.2010, pagg 13-15) DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (Rifusione) (GU L 164 del 26.6.2009, pagg 45-58) Regolamento (UE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 139 del 30.4.2004, pagg 1-54). Testo ripubblicato in rettifica (GU L 226 del 25.6.2004, pagg 3-21). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 852/2004 sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l’elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d’utilizzazione dell’aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (GU L 126 del 22.5.2003, pagg 34-39) Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 330 del 5.12.1998, pagg 32-54) Si veda la versione consolidata.
0
184
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE 2008/852/GAI DEL CONSIGLIO del 24 ottobre 2008 relativa a una rete di punti di contatto contro la corruzione IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 30, paragrafo 1, l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l’iniziativa della Repubblica federale di Germania (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) L’articolo 29 del trattato stabilisce che l’obiettivo dell’Unione di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia dev’essere perseguito prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, ivi comprese la corruzione e la frode. (2) La strategia dell’Unione europea per l’inizio del nuovo millennio sulla prevenzione e il controllo della criminalità organizzata sottolinea la necessità di sviluppare una politica globale dell’UE contro la corruzione. (3) Nella risoluzione del 14 aprile 2005 relativa ad una politica globale dell’UE contro la corruzione, che rinvia alla comunicazione della Commissione, presentata il 28 maggio 2003, al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale su una politica globale dell’UE contro la corruzione, il Consiglio riafferma l’importanza del ruolo e dell’opera degli Stati membri nell’elaborazione di una politica anticorruzione globale e sfaccettata sia nel settore pubblico sia nel settore privato, in collaborazione con tutti i pertinenti attori, tanto della società civile quanto del mondo imprenditoriale. (4) Il Consiglio europeo ha accolto con favore lo sviluppo, nel programma dell’Aja (3) (punto 2.7), di un concetto strategico contro la criminalità organizzata transfrontaliera e la corruzione a livello di UE e ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di approfondire tale concetto e di renderlo operativo. (5) I capi e i principali esponenti degli organi di polizia degli Stati membri addetti alla vigilanza e al controllo, nonché i capi e i principali esponenti delle agenzie per la lotta contro la corruzione dotati di un ampio mandato si sono riuniti nel novembre 2004 a Vienna in occasione della conferenza dell’AGIS sul rafforzamento della cooperazione operativa nella lotta contro la corruzione nell’Unione europea. Hanno sottolineato l’importanza di rafforzare ulteriormente la loro cooperazione attraverso, fra l’altro, riunioni annuali e si sono espressi positivamente sull’idea di una rete europea per la lotta anticorruzione fondata sulle strutture esistenti. Sulla scia della conferenza di Vienna questi partner europei contro la corruzione (EPAC) si sono riuniti a Budapest nel novembre 2006 per la sesta riunione annuale, nel corso della quale hanno confermato, con una stragrande maggioranza, il proprio impegno a sostenere l’iniziativa volta a istituire una rete più formale per la lotta contro la corruzione. (6) Al fine di rafforzare le strutture esistenti, le autorità e le agenzie che faranno parte della rete europea per la lotta contro la corruzione potrebbero includere le organizzazioni che sono membri dell’EPAC. (7) Il rafforzamento della cooperazione internazionale è generalmente (4) considerato una questione fondamentale della lotta contro la corruzione. La lotta contro tutte le forme di corruzione dovrebbe essere migliorata cooperando efficacemente, individuando occasioni, condividendo buone prassi e sviluppando elevati standard professionali. L’istituzione di una rete per la lotta contro la corruzione a livello di UE costituisce un notevole contributo al miglioramento di tale cooperazione, DECIDE: Articolo 1 Oggetto Al fine di migliorare la cooperazione tra le autorità e le agenzie per prevenire e reprimere la corruzione in Europa è istituita una rete di punti di contatto degli Stati membri dell’Unione europea (in prosieguo denominata la «rete»). La Commissione europea, l’Europol e l’Eurojust sono pienamente associati alle attività di detta rete. Articolo 2 Composizione della rete La rete è composta dalle autorità e agenzie degli Stati membri dell’Unione europea incaricate di prevenire e reprimere la corruzione. I membri sono designati dagli Stati membri. Gli Stati membri designano almeno una e al massimo tre organizzazioni. La Commissione europea designa i suoi rappresentanti. Nell’ambito delle rispettive competenze, l’Europol e l’Eurojust possono partecipare alle attività della rete. Articolo 3 Compiti della rete 1. La rete svolge in particolare i seguenti compiti: 1) rappresenta un forum per lo scambio di informazioni in tutta l’UE su misure efficaci ed esperienze nella prevenzione e nella repressione della corruzione; 2) agevola la creazione e il mantenimento attivo di contatti tra i suoi membri. A tali fini, in particolare, è tenuto aggiornato un elenco di punti di contatto ed è reso operativo un sito web. 2. Per l’espletamento dei loro compiti i membri della rete si riuniscono non meno di una volta l’anno. Articolo 4 Ambito di applicazione La cooperazione di polizia e giudiziaria tra gli Stati membri è disciplinata dalle pertinenti norme. L’istituzione della rete non pregiudica tali norme e non pregiudica il ruolo del CEPOL. Articolo 5 Organizzazione della rete 1. La rete si organizza, basandosi sulla collaborazione informale esistente tra gli EPAC. 2. Gli Stati membri e la Commissione europea sostengono tutte le spese dei membri o dei rappresentanti da essi designati. Si applica la stessa regola all’Europol e all’Eurojust. Articolo 6 Entrata in vigore La presente decisione ha effetto il giorno successivo alla data di adozione. Fatto a Lussemburgo, addì 24 ottobre 2008. Per il Consiglio La presidente M. ALLIOT-MARIE (1) GU C 173 del 26.7.2007, pag. 3. (2) Parere del 5 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Programma dell’Aia: rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea (GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1). (4) Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale con risoluzione 58/4 del 31 ottobre 2003. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Rete europea di punti di contatto contro la corruzione (EACN) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Stabilisce una rete di punti di contatto contro la corruzione attraverso tutta l'Unione europea (UE), basandosi sulla collaborazione esistente tra i partner europei contro la corruzione (EPAC). PUNTI CHIAVE La presente decisione istituisce una rete di punti di contatto dei paesi dell'UE per prevenire o reprimere la corruzione. Il suo scopo è migliorare la cooperazione fra queste autorità per contrastare la corruzione a livello dell'UE. La rete è composta dalle autorità e agenzie pertinenti dei paesi dell'UE. Ciascun paese designa come membri della rete almeno una e al massimo tre organizzazioni. Anche l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) è un membro. La Commissione europea partecipa alle attività della rete e designa i suoi rappresentanti. In modo analogo, Europol ed Eurojust possono partecipare alla rete. Un elenco di punti di contatto aggiornato è disponibile sul sito Internet EPAC-EACN. La rete svolge in particolare i seguenti compiti: rappresenta un forum per lo scambio di buone prassi ed esperienze nella prevenzione e nella repressione della corruzione; agevola la creazione e il mantenimento attivo di contatti tra i suoi membri. Inoltre, per l’espletamento dei suoi compiti la rete si riunisce non meno di una volta l’anno. L’istituzione della rete non pregiudica le norme che disciplinano la cooperazione di polizia e giudiziaria fra i paesi dell'UE, né pregiudica il ruolo dell’Accademia europea di polizia. La rete si organizza, basandosi sulla collaborazione informale esistente tra i partner europei contro la corruzione (EPAC). Ciascun paese dell'UE, la Commissione, Europol ed Eurojust sostengono tutte le spese relative alla rete. CONTESTO Nel novembre 2004, in occasione della conferenza dell’AGIS sul rafforzamento della cooperazione operativa nella lotta contro la corruzione nell’Unione europea, gli EPAC hanno sostenuto l’iniziativa volta a istituire una rete europea contro la corruzione a livello dell'UE. Essi hanno confermato il loro impegno in tale iniziativa nel novembre 2006, nel corso della loro riunione annuale. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2008/852/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa a una rete di punti di contatto contro la corruzione (GU L 301 del 12.11.2008, pag. 38–39)
1
448
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'istruzione, riuniti in sede di Consiglio, del 6 dicembre 1990, concernente la rete EURYDICE di informazione sull'istruzione nella Comunità europea Gazzetta ufficiale n. C 329 del 31/12/1990 pag. 0023 - 0024 RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO E DEI MINISTRI DELL'ISTRUZIONE, RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO del 6 dicembre 1990 concernente la rete EURYDICE di informazione sull'istruzione nella Comunità europea (90/C 329/08) IL CONSIGLIO ED I MINISTRI DELL'ISTRUZIONE RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO, con riferimento alla risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'istruzione riuniti in sede di Consiglio, del 9 febbraio 1976, contenente un programma d'azione nel settore dell'istruzione (1), oltre che alla relazione generale del comitato dell'istruzione, approvato quanto al merito dal Consiglio e dai ministri dell'istruzione riuniti in sede di Consiglio, nella sessione del 27 giugno 1980, concernente la definizione di una rete d'informazione sull'istruzione, denominata EURYDICE, oltre che, per la fase iniziale, i destinatari, i temi prioritari e la struttura di funzionamento della rete; con riferimento a numerose risoluzioni del Parlamento europeo, ed in particolare a quella dell'11 marzo 1982 (2) concernente l'istituzione della rete EURYDICE; considerando che il processo di integrazione politica, economica e sociale della Comunità europea ha come conseguenza un aumento quantitativo e qualitativo dei bisogni d'informazione sui sistemi di istruzione e formazione e su problemi specifici relativi allo sviluppo dei sistemi di insegnamento e che la rete EURYDICE è parte di un insieme di fonti pubbliche e private di informazione in materia di istruzione nella Comunità; considerando che nelle conclusioni del 6 ottobre 1989 (3), il Consiglio e i ministri dell'istruzione riuniti in sede di Consiglio hanno convenuto di sviluppare la cooperazione in materia di istruzione nella prospettiva del 1993 e che hanno riconosciuto la validità della rete EURYDICE in quanto strumento di questa cooperazione, da ultimo nelle conclusioni del 31 maggio 1990 (4) riguardanti le riunioni degli alti funzionari; considerando che la risoluzione del Consiglio del 22 gennaio 1990 prevede lo sviluppo di un programma che ha per obiettivo la realizzazione di reti transeuropee, delle quali la rete EURYDICE può essere considerata un elemento; congratulandosi per le misure prese dalla Commissione per sviluppare la cooperazione con organizzazioni internazionali in questo settore, e soprattutto con il Consiglio d'Europa per la coproduzione del Thesaurus europeo dell'istruzione; prendendo atto del rapporto della Commissione sui dieci anni di attività di EURYDICE, che mette in rilievo il bisogno di definire meglio e di sviluppare la rete d'informazione sull'istruzione nella Comunità europea, ADOTTANO LA PRESENTE RISOLUZIONE: 1. Per intensificare e migliorare la cooperazione in materia di istruzione fra gli Stati membri e la Comunità, oltre che facilitare la preparazione di iniziative a livello nazionale e comunitario, risulta necessario rafforzare e sviluppare la rete EURYDICE come strumento principale d'informazione sulle strutture, i sistemi, gli sviluppi nazionali e comunitari nel campo dell'istruzione. La rete è costituita da un'unità europea e da unità negli Stati membri ed è concepita come un sistema che permette lo scambio reciproco di informazioni a carattere documentario. 2.Lo sviluppo della rete EURYDICE dovrà contribuire a: a) migliorare innanzitutto la procedura del dispositivo domande/risposte destinato a fornire rapidamente un'informazione affidabile alle autorità responsabili ai livelli nazionali e comunitario; b)facilitare poi l'elaborazione di analisi comparative, rapporti e sintesi su temi prioritari comuni, definiti soprattutto all'interno del comitato dell'istruzione e nelle riunioni regolari degli alti funzionari; c)diversificare anche la diffusione dei prodotti disponibili nell'ambito della rete, collaborando con altri enti pubblici e privati. 3.Nei limiti costituzionali e finanziari e nell'ambito delle loro politiche e strutture specifiche, gli Stati membri e la Commissione sono invitati, nello spirito del principio di sussidiarietà, a promuovere le attività seguenti: a) rendere più coerente ed efficace il processo di raccolta e di trattamento documentario delle informazioni utilizzando pienamente le nuove tecnologie; b)rendere più accessibili le diverse fonti di informazioni specializzate, favorendo la cooperazione fra le unità della rete e le strutture e servizi di informazione sull'istruzione e la formazione, ai livelli nazionali e a quello comunitario; c)procedere ad una revisione dei metodi di lavoro al fine di garantire una maggiore efficacia ed efficienza. 4.Le unità degli Stati membri dovranno essere messe in condizione di svolgere un duplice ruolo: da una parte, fornire alla rete europea le informazioni relative allo sviluppo del proprio sistema di insegnamento; d'altra parte, servire da relais di diffusione dell'informazione a livello nazionale sull'evoluzione dei sistemi e delle politiche dell'insegnamento degli Stati membri e delle attività comunitarie concernenti la cooperazione in materia di istruzione. 5.Al fine di assicurare un'informazione più coerente sulle attività comunitarie, le unità degli Stati membri, dovranno essere in collegamento con i responsabili nazionali delle attività comunitarie in materia di istruzione e formazione. 6.Affinché possano svolgere le proprie funzioni in una rete europea attiva, le unità degli Stati membri dovranno prendere misure adeguate per quanto riguarda il personale e la sua formazione, nonché le attrezzature. 7.La Commissione è invitata a rinforzare il ruolo di dinamizzazione e coordinazione dell'unità europea EURYDICE negli scambi di informazione all'interno della rete, soprattutto attraverso l'alimentazione delle banche dati della rete, e favorendo l'elaborazione e la diffusione delle informazioni. 8.L'unità europea, con il concorso delle unità degli Stati membri, dovrà sviluppare un sistema di informazione automatizzato in materia di istruzione e facilitare l'accesso delle unità alle altre banche dati comunitarie. 9.L'unità europea, con il concorso delle unità degli Stati membri, dovrà contribuire a diffondere l'informazione sulle attività comunitarie in materia di istruzione e formazione, segnatamente in cooperazione con il Centro per lo sviluppo della formazione professionale (CEDEFOP) e con la rete della Comunità europea e dei centri nazionali di informazione per il riconoscimento accademico (NARIC). 10.L'unità europea dovrà fornire l'assistenza tecnica alla preparazione ed al seguito delle riunioni degli alti funzionari, con il concorso delle Unità degli Stati membri. 11.La Commissione è invitata a proseguire la propria cooperazione con le organizzazioni internazionali che svolgono attività in questo settore, ed in particolare con il Consiglio d'Europa e l'OCSE, associando la rete EURYDICE in questa cooperazione. 12.La Commissione è invitata a rinforzare i legami con il programma esistente di visite di studio per specialisti dell'educazione (ARION), il cui obiettivo è del pari lo scambio di informazioni fra i sistemi di insegnamento, associando EURYDICE alla preparazione delle visite ed all'utilizzazione dell'informazione acquisita attraverso tali visite. 13.La Commissione è invitata a presentare al Consiglio una relazione sull'andamento dei lavori concernente in particolare le attività descritte nel paragrafo 3 in merito allo scambio di informazioni in materia di istruzione. (1) GU n. C 38 del 19. 2. 1976. (2) GU n. C 87 del 5. 4. 1982. (3) GU n. C 277 del 31. 10. 1989. (4) GU n. C 162 del 31. 5. 1990. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Eurydice: la rete europea dedicata alle informazioni sulle politiche e i sistemi d'istruzione QUAL È LO SCOPO DELLA RISOLUZIONE? Essa intende rafforzare e sviluppare la rete Eurydice, che offre informazioni sulle strutture, i sistemi e gli sviluppi nel campo dell'istruzione a livello nazionale ed europeo. PUNTI CHIAVE La rete Eurydice rappresenta una vastissima fonte di informazioni comparabili sui sistemi d’istruzione e sulle politiche educative in Europa e fornisce un'ampia gamma di analisi comparative su vari aspetti dei sistemi d'istruzione. La rete supporta la cooperazione europea nei settori dell'istruzione e dell'apprendimento permanente quando essa sia basata su elementi concreti. Attualmente, la rete comprende 42 unità nazionali in tutti e 38 i paesi partecipanti al Programma Erasmus+. Le informazioni fornite dalle unità di Eurydice comprendono dati relativi a documenti ufficiali, quali leggi, decreti, regolamenti e raccomandazioni. Tali informazioni vengono combinate dall'unità centrale di Eurydice (con sede a Bruxelles) con altre fonti di dati, come i dati statistici provenienti dall'Eurostat, dalla base di dati dell'UOE (una base di dati congiunta di Unesco, OCSE ed Eurostat) ed i risultati delle indagini internazionali sull'istruzione, allo scopo di produrre le relazioni finali. Mediante il suo lavoro, Eurydice intende promuovere la comprensione, la cooperazione, la fiducia e la mobilità a livello europeo e internazionale. La rete è composta da unità presenti nei paesi europei ed è coordinata dall'Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA) dell'UE. Tutte le pubblicazioni di Eurydice sono disponibili gratuitamente sul sito Internet di Eurydice o in formato cartaceo su richiesta. CONTESTO Per ulteriori informazioni su Eurydice, consultare: «Benvenuti su Eurydice» sul sito Internet dell'EACEA DOCUMENTO PRINCIPALE Risoluzione del Consiglio e dei ministri dell'istruzione, riuniti in sede di Consiglio, del 6 dicembre 1990 concernente la rete Eurydice di informazione sull'istruzione nella Comunità europea (GU C 329 del 31.12.1990, pag. 23.24) ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce «Erasmus+»: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga le decisioni n. 1719/2006/CE, n. 1720/2006/CE e n. 1298/2008/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 50-73)
1
966
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 17 luglio 2012 sull’accesso all’informazione scientifica e sulla sua conservazione (2012/417/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) La comunicazione «Europa 2020» (1) della Commissione indica che lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione rappresenta una priorità. (2) Gli obiettivi fissati nella strategia Europa 2020 sono ripresi in maniera più dettagliata in particolare nelle iniziative faro «Un’agenda digitale europea» (2) e «L’Unione dell’innovazione» (3). Tra le azioni da avviare nell’ambito della «Agenda digitale», è opportuno dare ampia diffusione alla ricerca finanziata con fondi pubblici mediante la pubblicazione di dati e studi scientifici ad accesso aperto. Nell’iniziativa «L’Unione dell’innovazione» si invoca l’istituzione di uno Spazio europeo della ricerca (SER) al fine di eliminare gli ostacoli alla mobilità e alla cooperazione transfrontaliera; inoltre, si afferma che l’accesso aperto alle pubblicazioni e ai dati provenienti dalla ricerca finanziata con fondi pubblici dovrebbe essere promosso e che l’accesso alle pubblicazioni dovrebbe diventare il principio generale per i progetti finanziati nell’ambito dei programmi quadro di ricerca dell’UE. (3) Il 14 febbraio 2007, la Commissione ha adottato una «comunicazione sull’informazione scientifica nell’era digitale: accesso, diffusione e conservazione» (4), accompagnata da un documento di lavoro dei servizi della Commissione. Tale comunicazione presentava la situazione in Europa nell’area dell’editoria scientifica e della conservazione dei risultati di ricerca ed esaminava le problematiche organizzative, giuridiche, tecniche e finanziarie connesse. (4) Tale comunicazione è stata seguita, nel novembre 2007, dalle conclusioni del Consiglio sulla «informazione scientifica nell’era digitale: accesso, diffusione e conservazione», in cui il Consiglio invitava la Commissione a sperimentare l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche prodotte nell’ambito di progetti finanziati da programmi quadro di ricerca dell’UE e indicava una serie di azioni che devono essere attuate dagli Stati membri. In alcune delle aree esaminate nelle conclusioni si sono registrati miglioramenti, ma non tutti gli obiettivi sono stati conseguiti e i progressi registrati negli Stati membri non sono omogenei. Per sfruttare al massimo il potenziale di ricerca dell’Europa, sono necessarie azioni a livello di Unione europea. (5) Le politiche di accesso aperto sono volte ad assicurare l’accesso gratuito ai dati di ricerca e alle pubblicazioni scientifiche oggetto di valutazioni inter pares quanto prima possibile nel processo di diffusione, nonché a consentire l’utilizzo e il riutilizzo dei risultati della ricerca scientifica. Tali politiche dovrebbero essere attuate tenendo conto degli aspetti legati ai diritti di proprietà intellettuale. (6) Le politiche di accesso aperto ai risultati della ricerca scientifica dovrebbero applicarsi a tutte le ricerche che beneficiano di finanziamenti pubblici. Da tali politiche ci si attende un miglioramento delle condizioni in cui si effettua la ricerca; tale miglioramento, che si otterrebbe riducendo la duplicazione degli sforzi e il tempo dedicato alla ricerca delle informazioni e all’accesso alle stesse, permetterà di imprimere un’accelerazione al progresso scientifico e di agevolare la cooperazione entro e oltre i confini dell’UE. Le politiche di accesso aperto risponderanno anche agli appelli formulati nella comunità scientifica affinché vi sia un maggiore accesso all’informazione scientifica. (7) Dando modo agli attori sociali di interagire nel ciclo di ricerca si migliorano la qualità, la pertinenza, l’accettabilità e la sostenibilità dei risultati dell’innovazione grazie all’integrazione delle attese, delle necessità, degli interessi e dei valori della società. L’accesso aperto è un elemento fondamentale delle politiche degli Stati membri che si prefiggono di assicurare una ricerca e un’innovazione responsabili mettendo i risultati della ricerca a disposizione di tutti e favorendo la partecipazione della società. (8) I benefici derivanti da un accesso più ampio ai risultati della ricerca scientifica saranno avvertiti anche dalle imprese. Le piccole e medie imprese, in particolare, miglioreranno la propria capacità di innovazione. Le politiche riguardanti l’accesso all’informazione scientifica, quindi, dovrebbero anche agevolare l’accesso all’informazione scientifica per le imprese private. (9) Internet ha modificato in profondità il mondo della scienza e della ricerca. Ad esempio, le comunità di ricerca hanno sperimentato nuove modalità di registrazione, certificazione, diffusione e conservazione delle pubblicazioni scientifiche. È necessario che le politiche di ricerca e di finanziamento si adattino a questo nuovo contesto. È opportuno raccomandare agli Stati membri di adeguare ed elaborare le proprie politiche in materia di accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche. (10) L’accesso aperto ai dati della ricerca scientifica migliora la qualità dei dati, riduce le necessità di duplicazione delle attività di ricerca, accelera il progresso scientifico e contribuisce alla lotta contro le frodi scientifiche. Nella sua relazione finale «Cavalcare l’onda: in che modo l’Europa può trarre vantaggio dal flusso crescente di dati scientifici» (5) dell’ottobre 2010, il gruppo di esperti di alto livello sui dati scientifici ha posto l’accento sull’importanza cruciale che rivestono la condivisione e la conservazione dei dati attendibili generati nel processo scientifico. Pertanto, urge l’adozione di interventi politici sull’accesso ai dati ed è opportuno raccomandarla agli Stati membri. (11) La conservazione dei risultati della ricerca scientifica risponde all’interesse pubblico. Questo compito è affidato in genere alle biblioteche, in particolare alle biblioteche nazionali di deposito legale. Il volume di risultati di ricerca sta crescendo in maniera esponenziale. Per consentire la conservazione a lungo termine dei risultati di ricerca in formato digitale, occorrono meccanismi, infrastrutture e soluzioni software. Il finanziamento sostenibile della conservazione riveste un’importanza cruciale, perché i costi legati alla cosiddetta curation (raccolta, ordinamento e condivisione) dei contenuti digitalizzati sono ancora relativamente elevati. Vista l’importanza della conservazione per l’uso futuro dei risultati di ricerca, è opportuno raccomandare agli Stati membri l’elaborazione o il rafforzamento di politiche in quest’area. (12) Le politiche che devono essere sviluppate dagli Stati membri dovrebbero essere definite a livello nazionale o subnazionale, in funzione della situazione costituzionale e della distribuzione delle responsabilità di elaborazione delle politiche sulla ricerca. (13) L’esistenza di infrastrutture elettroniche solide alla base del sistema di informazione scientifica permetterà di migliorare l’accesso all’informazione scientifica e la sua conservazione a lungo termine, che a loro volta potranno dare impulso alla ricerca collaborativa. Conformemente alla comunicazione della Commissione «Le infrastrutture TIC per la e-scienza» (6), per infrastruttura elettronica si intende «un ambiente in cui le risorse di ricerca (hardware, software e contenuti) sono agevolmente condivisibili e accessibili ogniqualvolta ciò sia necessario ai fini di una maggiore efficacia della ricerca». È quindi opportuno raccomandare l’ulteriore sviluppo di queste infrastrutture e la loro interconnessione a livello europeo. (14) L’impegno per la progressiva introduzione dell’accesso aperto è di portata mondiale, come dimostrano la «Strategia riveduta sul contributo dell’UNESCO alla promozione dell’accesso aperto all’informazione scientifica e alla ricerca» (7) e la «Dichiarazione OCSE sull’accesso ai dati della ricerca finanziata con fondi pubblici» (8). Gli Stati membri dovrebbero partecipare a questo sforzo mondiale e dare l’esempio rafforzando un ambiente di ricerca internazionale aperto e collaborativo, basato sulla reciprocità. (15) Stante la fase di transizione che vive il settore editoriale, le parti interessate devono lavorare insieme per accompagnare il processo di transizione e cercare soluzioni sostenibili per il processo editoriale delle pubblicazioni scientifiche. (16) Il 12 dicembre 2011, la Commissione ha adottato un pacchetto comprendente una comunicazione sui dati aperti, una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (9) e nuove regole della Commissione sui documenti da essa detenuti. Il pacchetto presenta la strategia della Commissione in materia di dati aperti in un unico quadro coerente in cui rientrano azioni tra cui la presente raccomandazione. (17) La presente raccomandazione è accompagnata da una comunicazione in cui la Commissione definisce la propria politica e la propria concezione in materia di accesso aperto ai risultati di ricerca. Vi sono indicate schematicamente le azioni che la Commissione attuerà nella sua veste di organismo che finanzia la ricerca scientifica con risorse tratte dal bilancio dell’Unione europea. (18) Insieme alla presente raccomandazione e alla comunicazione che la accompagna, la Commissione sta adottando una comunicazione relativa a un partenariato rafforzato nello Spazio europeo della ricerca per l’eccellenza e la crescita, in cui sono definite le priorità fondamentali per il completamento dello Spazio europeo della ricerca; una di tali priorità è costituita dalla circolazione, dall’accesso e dal trasferimento ottimali del sapere scientifico, RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI: Accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche 1. Definire politiche chiare per la diffusione delle pubblicazioni scientifiche prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici e l’accesso aperto alle stesse. Tali politiche dovrebbero prevedere: — obiettivi concreti e indicatori per misurare i progressi, — piani di attuazione in cui sia indicata tra l’altro l’assegnazione delle responsabilità, — la pianificazione finanziaria associata. Provvedere affinché, in esito a tali politiche: — sia assicurato un accesso aperto alle pubblicazioni prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici quanto prima possibile, preferibilmente subito e comunque non più di sei mesi dopo la data di pubblicazione e di dodici mesi nel caso delle pubblicazioni nell’area delle scienze sociali e umane, — i sistemi di concessione in licenza contribuiscano ad assicurare in maniera equilibrata un accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici, fatta salva la legislazione applicabile sul diritto d’autore e nel rispetto della stessa, e incoraggino i ricercatori a mantenere il diritto d’autore pur concedendo licenze agli editori, — il sistema delle carriere universitarie sostenga e premi i ricercatori che aderiscono a una cultura di condivisione dei risultati delle proprie attività di ricerca, in particolare assicurando l’accesso aperto alle loro pubblicazioni nonché sviluppando, incoraggiando e utilizzando nuovi modelli alternativi di valutazione delle carriere, nuovi criteri di misurazione e nuovi indicatori, — sia migliorata la trasparenza, in particolare informando il pubblico in merito agli accordi conclusi tra enti pubblici o gruppi di enti pubblici ed editori per la messa a disposizione dell’informazione scientifica. A questo riguardo, dovrebbero essere inclusi gli accordi riguardanti le offerte cumulative di abbonamenti che permettono di accedere sia alla versione elettronica, sia alla versione stampata delle riviste a prezzo scontato, — le piccole e medie imprese e i ricercatori non affiliati abbiano il più ampio accesso possibile, alle condizioni più economiche, alle pubblicazioni scientifiche in cui sono riportati i risultati delle attività di ricerca finanziate con fondi pubblici. 2. Provvedere affinché gli organismi di finanziamento della ricerca responsabili della gestione dei finanziamenti pubblici alla ricerca e le istituzioni accademiche che ricevono finanziamenti pubblici attuino le politiche: — definendo politiche istituzionali per la diffusione delle pubblicazioni scientifiche e l’accesso aperto alle stesse; stabilendo piani di attuazione al livello di tali organismi di finanziamento, — mettendo a disposizione i finanziamenti necessari per la diffusione (incluso l’accesso aperto) prevedendo diversi canali di diffusione, tra cui infrastrutture elettroniche digitali, se del caso, e nuovi metodi sperimentali di comunicazione scientifica, — adeguando il sistema di reclutamento e valutazione delle carriere dei ricercatori e il sistema di valutazione per l’assegnazione di finanziamenti ai ricercatori in modo che siano premiati coloro che aderiscono alla cultura di condivisione dei risultati di ricerca. I sistemi migliorati dovrebbero tenere conto dei risultati della ricerca messi a disposizione in accesso aperto e sviluppare, promuovere e utilizzare nuovi modelli alternativi di valutazione delle carriere, nuovi criteri di misurazione e nuovi indicatori, — fornendo ai ricercatori indicazioni su come conformarsi alle politiche di accesso aperto, con particolare riferimento alla gestione dei diritti di proprietà intellettuale, per assicurare l’accesso aperto alle loro pubblicazioni, — conducendo trattative comuni con gli editori per ottenere le migliori condizioni possibili di accesso alle pubblicazioni, compresi l’utilizzo e il riutilizzo, — assicurando che i risultati di ricerche che ricevono finanziamenti pubblici siano facilmente identificabili mediante opportune soluzioni tecniche, anche attraverso metadati inseriti nelle versioni elettroniche dei risultati di ricerca. Accesso aperto ai dati di ricerca 3. Definire, per la diffusione dei dati di ricerca prodotti nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici e l’accesso aperto agli stessi, politiche chiare che prevedano: — obiettivi concreti e indicatori per misurare i progressi, — piani di attuazione in cui sia indicata tra l’altro l’assegnazione delle responsabilità (e che prevedano anche la concessione di licenze secondo le modalità più opportune), — la pianificazione finanziaria associata. Assicurare che, in esito a tali politiche: — i dati di ricerca prodotti nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici siano pubblicamente accessibili, utilizzabili e riutilizzabili per mezzo di infrastrutture elettroniche digitali. Occorre tener conto adeguatamente degli aspetti relativi in particolare alla protezione della vita privata, ai segreti commerciali, alla sicurezza nazionale, a legittimi interessi commerciali e a diritti di proprietà intellettuale. I dati, il know-how e/o le informazioni, in qualsiasi forma e di qualsiasi natura, detenuti da privati nell’ambito di un partenariato pubblico-privato prima delle attività di ricerca e identificati come tali non sono soggetti a questo obbligo, — gli insiemi di dati (dataset) siano resi facilmente identificabili e possano essere collegati ad altri insiemi di dati e pubblicazioni mediante opportuni meccanismi, e siano fornite ulteriori informazioni atte a consentirne una valutazione e un uso corretti, — gli organismi responsabili della gestione dei finanziamenti pubblici alla ricerca e le istituzioni accademiche beneficiarie di finanziamenti pubblici contribuiscano all’attuazione delle politiche nazionali istituendo meccanismi che rendano possibile e premino la condivisione dei dati di ricerca, — siano promossi e/o resi operativi corsi di laurea magistrale per la formazione di nuovi profili professionali nell’area delle tecnologie di trattamento dei dati. Conservazione e riutilizzo dell’informazione scientifica 4. Rafforzare la conservazione dell’informazione scientifica: — definendo e attuando politiche in cui si indicata tra l’altro l’assegnazione delle responsabilità in materia di conservazione dell’informazione scientifica, insieme alla pianificazione finanziaria associata, per garantire la curation e la conservazione a lungo termine dei risultati di ricerca (dati di ricerca primari e tutti gli altri risultati, tra cui le pubblicazioni), — assicurando l’esistenza di un sistema efficace di deposito dell’informazione scientifica elettronica che includa le pubblicazioni nate in formato digitale e, se pertinente, gli insiemi di dati collegati, — conservando l’hardware e il software necessari per leggere le informazioni in futuro, od operando su base regolare la migrazione delle informazioni verso nuovi ambienti software e hardware, — promuovendo la creazione di condizioni favorevoli affinché le parti interessate offrano servizi a valore aggiunto basati sul riutilizzo dell’informazione scientifica. Infrastrutture elettroniche 5. Sviluppare ulteriormente infrastrutture elettroniche su cui poggi il sistema di diffusione dell’informazione scientifica: — sostenendo le infrastrutture dei dati scientifici per la diffusione delle conoscenze, gli organismi di ricerca e gli organismi di finanziamento affinché coprano tutte le fasi del ciclo di vita dei dati. Tali fasi comprendono l’acquisizione, la curation, i metadati, l’origine, gli identificatori persistenti, l’autorizzazione, l’autenticazione e l’integrità dei dati. È necessario sviluppare metodologie che consentano di adottare un’impostazione comune nell’individuazione e nel reperimento dei dati (data discovery) nelle varie discipline, riducendo in questo modo la curva di apprendimento necessaria al conseguimento di una produttività adeguata, — sostenendo la nascita e la formazione di nuovi gruppi di esperti in scienza computazionale ad alta intensità di dati, tra cui specialisti in dati (data specialist), tecnici e responsabili della gestione di dati (data manager), — mettendo a frutto e facendo leva sulle risorse esistenti per essere efficienti sul piano economico e per innovare nelle aree degli strumenti di analisi, delle visualizzazioni, del supporto alle decisioni, dei modelli e degli strumenti di modellizzazione, delle simulazioni, dei nuovi algoritmi e del software scientifico, — rafforzando l’infrastruttura che consente l’accesso all’informazione scientifica e la sua conservazione a livello nazionale, e assegnando i fondi necessari, — assicurando la qualità e l’affidabilità dell’infrastruttura, anche attraverso il ricorso a meccanismi di certificazione per gli archivi, — assicurando l’interoperabilità tra le infrastrutture elettroniche a livello nazionale e mondiale. 6. Assicurare sinergie tra le infrastrutture elettroniche a livello europeo e mondiale: — contribuendo all’interoperabilità delle infrastrutture elettroniche, con riferimento in particolare allo scambio di dati scientifici, tenendo conto delle esperienze acquisite nell’ambito dei progetti, delle infrastrutture e dei software esistenti sviluppati a livello europeo e mondiale, — appoggiando attività di cooperazione transnazionali che promuovano l’uso e lo sviluppo di infrastrutture per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per l’istruzione superiore e la ricerca. Dialogo tra le varie parti interessate a livello nazionale, europeo e internazionale 7. Partecipare al dialogo tra le varie parti interessate a livello nazionale, europeo e/o internazionale sui modi per promuovere l’accesso aperto all’informazione scientifica e la sua conservazione, concentrando l’attenzione in particolare sugli aspetti seguenti: — sistemi per collegare le pubblicazioni ai dati da cui hanno origine, — sistemi per migliorare l’accesso e contenere i costi, ad esempio attraverso trattative comuni con gli editori, — nuovi indicatori di ricerca e indicatori bibliometrici applicabili non soltanto alle pubblicazioni scientifiche, ma anche agli insiemi di dati e agli altri tipi di materiali prodotti dall’attività di ricerca, nonché ai risultati prodotti dai singoli ricercatori, — nuovi sistemi e strutture di premialità, — promozione dei principi dell’accesso aperto e loro applicazione a livello internazionale, specialmente nel contesto di iniziative di cooperazione bilaterali, multilaterali e internazionali. Coordinamento strutturato degli Stati membri a livello dell’UE e seguito dato alla raccomandazione 8. Designare entro la fine dell’anno un punto di riferimento nazionale incaricato di: — coordinare le misure indicate nella presente raccomandazione, — agire da interlocutore della Commissione europea in merito alle questioni legate all’accesso e alla conservazione dell’informazione scientifica, con particolare riguardo a migliori definizioni di principi e standard comuni, misure di attuazione e nuove modalità di diffusione e condivisione della ricerca nello Spazio europeo della ricerca, — presentare relazioni sul seguito dato alla presente raccomandazione. Valutazione e relazioni 9. Informare la Commissione, diciotto mesi dopo la data di pubblicazione della presente raccomandazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e successivamente ogni due anni, in merito ai provvedimenti presi in risposta ai diversi elementi della presente raccomandazione, nelle forme che saranno definite e decise. Sulla base delle informazioni trasmesse, la Commissione valuterà i progressi compiuti nell’UE per stabilire se siano necessarie ulteriori azioni atte a conseguire gli obiettivi fissati nella presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 17 luglio 2012 Per la Commissione Neelie KROES Vicepresidente (1) COM(2010) 2020 definitivo del 3.3.2010, disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:2020:FIN:IT:PDF (2) COM(2010) 245 definitivo/2 del 26.8.2010, disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0245:FIN:IT:PDF (3) COM(2010) 546 definitivo del 6.10.2010, disponibile all’indirizzo: http://ec.europa.eu/research/innovation-union/pdf/innovation-union-communication_en.pdf#view=fit&pagemode=none (4) COM(2007) 56 definitivo del 14.2.2007; disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52007DC0056:IT:NOT (5) http://cordis.europa.eu/fp7/ict/e-infrastructure/docs/hlg-sdi-report.pdf (6) COM(2009) 108 definitivo. (7) http://www.unesco.org/new/fileadmin/MULTIMEDIA/HQ/CI/CI/images/GOAP/OAF2011/213342e.pdf (8) http://www.oecd.org/dataoecd/9/61/38500813.pdf (9) GU L 345 del 31.12.2003, pag. 90. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
L'accesso all'informazione scientifica e la sua conservazione Le proposte volte all'aumento dell'accesso all'informazione scientifica e alla sua conservazione intendono dare ai cittadini la possibilità di fruire dei vantaggi delle scoperte scientifiche in modo migliore e più rapido. ATTO Raccomandazione 2012/417/UE della Commissione, del 17 luglio 2012, sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione. SINTESI A luglio 2012, la Commissione ha proposto delle modalità, destinate ai paesi UE, di miglioramento dell'accesso all'informazione scientifica prodotta in Europa. Grazie a un accesso più ampio e più rapido ai documenti e ai dati scientifici, ricercatori e imprese potranno approfondire e ampliare più facilmente le scoperte della ricerca a finanziamento pubblico. L'idea è che ne deriveranno un accrescimento della capacità di innovazione europea e un accesso più rapido ai vantaggi delle scoperte scientifiche per i cittadini. Le politiche di accesso aperto intendono offrire il più presto possibile, nel processo di diffusione, l'accesso gratuito alle pubblicazioni scientifiche valutate tra pari e ai dati della ricerca. Inoltre, esse intendono consentire l'utilizzo e il riutilizzo dei risultati della ricerca scientifica. Accesso aperto alle pubblicazioni La Commissione raccomanda agli Stati membri dell'UE di definire politiche chiare, volte a garantire la diffusione delle pubblicazioni scientifiche frutto della ricerca a finanziamento pubblico e il libero accesso a esse. Fra gli obiettivi di queste politiche figurano: l'accesso aperto alle pubblicazioni frutto della ricerca a finanziamento pubblico il più presto possibile, preferibilmente nell'immediato e comunque entro e non oltre 6 mesi dalla data di pubblicazione (entro 12 mesi per le discipline umanistiche e le scienze sociali); sistemi di licenze che contribuiscano ad assicurare l' accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche frutto della ricerca a finanziamento pubblico; un sistema delle carriere universitarie che sostenga e ricompensi i ricercatori che aderiscono ad una cultura di condivisione dei risultati delle proprie attività di ricerca; maggiore trasparenza, in particolare informando il pubblico in merito agli accordi fra enti pubblici o gruppi di enti pubblici e case editrici sulla distribuzione dell'informazione scientifica; un accesso alle pubblicazioni scientifiche relative ai risultati delle attività di ricerca a finanziamento pubblico che sia il più ampio e conveniente possibile per le piccole e medie imprese e per i ricercatori indipendenti (non affiliati). Conservazione e riutilizzo dell'informazione scientifica La Commissione prevede altresì una serie di proposte inerenti alla conservazione e al riutilizzo dell'informazione scientifica. Fra esse, la garanzia della conservazione a lungo termine dei risultati delle ricerche, assicurando l'esistenza di un sistema di deposito efficace dell'informazione scientifica in formato elettronico e conservando l'hardware e il software necessari per leggere l'informazione in futuro, oppure operando regolarmente la migrazione delle informazioni verso nuovi ambienti software e hardware. Le infrastrutture elettroniche La Commissione ha proposto altresì una serie di raccomandazioni per sviluppare ulteriormente le infrastrutture elettroniche, al fine di agevolare il flusso dell'informazione scientifica. Una di esse è il sostegno allo sviluppo e alla formazione di nuove classi di scienziati computazionali, che lavorino ad alta intensità di dati: fra questi, operatori specializzati in dati, tecnici e gestori di dati. Inoltre, la commissione suggerisce agli Stati membri di designare un polo di riferimento nazionale per: coordinare i provvedimenti della raccomandazione, fungere da interlocutore con la Commissione sulle questioni legate all'accesso all'informazione scientifica e alla sua conservazione, riferire sul seguito dato alla raccomandazione. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Raccomandazione 2012/417/UE della Commissione - - GU L 194 del 21.7.2012 DOCUMENTI CORRELATI Documento di lavoro dei servizi della Commissione: Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna il documento «Raccomandazione sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione» [SWD(2012)221 final del 17.7.2012]. Documento di lavoro dei servizi della Commissione: Valutazione d'impatto che accompagna il documento «Raccomandazione sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione nell'era digitale» [SWD(2012)222 final del 17.7.2012].
0
242
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. 2002/621/CE: Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore, del 25 luglio 2002, relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee Gazzetta ufficiale n. L 197 del 26/07/2002 pag. 0056 - 0059 Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatoredel 25 luglio 2002relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee(2002/621/CE)I SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO, DELLA COMMISSIONE, IL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, I SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE, DEL COMITATO DELLE REGIONI E IL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE,visto lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, definiti nel regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio(1),vista la decisione del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee, in particolare l'articolo 5(2),considerando quanto segue:(1) In virtù dell'articolo 27 dello statuto, le istituzioni devono fare in modo che le assunzioni assicurino loro la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità, assunti secondo una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri delle Comunità, senza distinzione di razza, di credo politico, filosofico o religioso, di sesso o orientamento sessuale e indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro situazione familiare.(2) L'allegato III dello statuto definisce all'articolo 1, punto 1, terzo comma, le competenze della commissione paritetica comune e, all'articolo 3, secondo comma, le modalità di designazione dei membri della giuria per l'organizzazione dei concorsi generali,DECIDONO:Articolo 1Compiti dell'Ufficio1. L'Ufficio è incaricato di organizzare concorsi generali al fine di garantire alle istituzioni delle Comunità europee i servizi di funzionari reclutati nelle migliori condizioni finanziarie e di professionalità. L'Ufficio stabilisce l'elenco dei candidati risultati idonei per consentire alle istituzioni l'assunzione di personale altamente qualificato e rispondente ai bisogni definiti dalle stesse istituzioni.2. Più in particolare, l'Ufficio ha i seguenti compiti:a) a richiesta di una singola istituzione organizza concorsi generali al fine di stabilire elenchi di idoneità per la nomina dei funzionari. I concorsi sono organizzati nel rispetto delle disposizioni dello statuto, sulla base dei criteri armonizzati fissati in conformità dell'articolo 6, lettera c) e del programma di lavoro approvato dal consiglio di amministrazione;b) agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le necessità future in materia di personale manifestate dalle istituzioni e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità nei tempi opportuni;c) mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente alle competenze richieste per le differenti categorie del personale delle istituzioni;d) gestione e controllo dell'utilizzo degli elenchi degli idonei stabiliti sulla base dei concorsi interistituzionali;e) presenta alle istituzioni relazioni annuali sulle sue attività.Articolo 2Responsabilità delle istituzioniL'autorità che ha il potere di nomina di ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti sulla base delle "quote" approvate dal consiglio di amministrazione come previsto dall'articolo 6, lettera i), per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione conformemente alle disposizioni dell'articolo 3 dell'allegato III dello statuto.Articolo 3Altri servizi1. Sulla base di un accordo tra il direttore dell'Ufficio e qualsiasi organo, ufficio o agenzia, l'Ufficio può organizzare procedure di selezione finalizzate all'assunzione di personale da parte di tale organo, ufficio o agenzia. Prima di concludere un tale accordo, il direttore dell'Ufficio chiede l'approvazione del consiglio di amministrazione. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall'Ufficio.2. Se del caso, l'Ufficio può fornire un sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici o agenzie.3. Su richiesta di un'istituzione, l'Ufficio organizza la procedura di selezione degli altri agenti al fine di stabilire elenchi di idonei e/o basi di dati a cui tutte le istituzioni possano attingere per l'assunzione di altri agenti.4. Queste attività sono incluse nel programma di lavoro dell'Ufficio conformemente all'articolo 6, lettera f), purché l'istituzione in questione presenti la domanda tempestivamente.Articolo 4Reclami e domande1. Il direttore dell'Ufficio esercita i poteri che sono conferiti all'autorità che ha il potere di nomina in virtù dell'articolo 90, dello statuto per tutte le domande o i reclami relativi ai compiti dell'Ufficio.2. In caso di reclami, il direttore dell'Ufficio, qualora intenda confermare la sua decisione iniziale, consulta il presidente del consiglio di amministrazione.3. L'Ufficio risponde alle domande inoltrate dal Mediatore europeo per tutte le questioni di sua competenza ai sensi della presente decisione.Articolo 5Consiglio di amministrazione1. È istituito un consiglio di amministrazione dell'Ufficio composto da un membro per ognuna delle istituzioni (designato dalle stesse) e tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati di comune accordo dai comitati del personale delle istituzioni.2. Il consiglio di amministrazione designa un presidente che viene scelto tra i suoi membri con votazione a maggioranza semplice e che resta in carica due anni.3. Il consiglio di amministrazione adotta il proprio regolamento interno con votazione a maggioranza semplice dopo averlo sottoposto all'esame delle istituzioni.4. Il consiglio di amministrazione si riunisce su iniziativa del presidente o su richiesta di uno dei membri.5. Quando il consiglio di amministrazione adotta una decisione a maggioranza semplice ogni istituzione dispone di un voto. In caso di parità il voto del presidente è decisivo.6. Quando il consiglio di amministrazione delibera a maggioranza qualificata, i voti sono ripartiti come segue tra le istituzioni: Commissione, 18 voti; Parlamento europeo, 7 voti; Consiglio, 7 voti; Corte di giustizia, 3 voti; Corte dei conti, 2 voti; Comitato economico e sociale: 2 voti; Comitato delle regioni, 2 voti; Mediatore europeo, 1 voto. La maggioranza qualificata è di 24 voti.Articolo 6Funzioni del consiglio di amministrazioneNell'interesse comune delle istituzioni, il consiglio di amministrazione svolge le seguenti funzioni:a) approva, a maggioranza qualificata, le norme di funzionamento dell'Ufficio;b) approva, a maggioranza semplice, la struttura organizzativa dell'Ufficio su proposta del direttore dello stesso;c) nel rispetto dell'accordo da concludere tra i segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, il cancelliere della Corte di giustizia, i segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e il rappresentante del Mediatore europeo relativo ai principi comuni di una politica armonizzata di selezione e di assunzione e ai principi di utilizzo degli elenchi degli idonei come pure delle disposizioni statutarie in materia, approva, a maggioranza qualificata sulla base delle proposte presentate dal direttore dell'Ufficio, i principi della politica di selezione che sarà messa in atto da quest'ultimo;d) nell'ambito della procedura di bilancio e deliberando a maggioranza semplice, redige, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, uno stato di previsione delle entrate e delle spese dell'Ufficio, che trasmette poi alla Commissione affinché essa possa stabilire lo stato di previsione delle entrate e delle spese della Commissione; in questo stesso ambito propone alla Commissione gli adeguamenti dell'organico dell'Ufficio che esso ritiene necessari;e) approva, a maggioranza semplice, la natura e le tariffe delle prestazioni supplementari che l'Ufficio può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie, come pure le condizioni in cui tali prestazioni possono essere effettuate;f) sulla base di una proposta del direttore dell'Ufficio, approva all'unanimità il programma di lavoro e, in particolare, la pianificazione e il calendario dei concorsi da organizzare. Il programma di lavoro deve includere anche i servizi non connessi con i concorsi generali organizzati per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie;g) approva, a maggioranza qualificata, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, una relazione annua di gestione che riguarda in particolare tutte le voci di entrata e di spesa relative ai lavori effettuati e alle prestazioni fornite dall'Ufficio; anteriormente al 1o maggio di ogni anno, sulla scorta della contabilità analitica, trasmette alle istituzioni la relazione sull'esercizio precedente;h) approva, a maggioranza semplice, aggiornandola ogni tre anni, una ripartizione giusta ed equilibrata dei costi variabili e diretti da imputare a fini analitici a ciascuna delle istituzioni;i) sulla base delle necessità in materia di assunzioni, decide, a maggioranza semplice, le modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti;j) approva, a maggioranza semplice, le condizioni alle quali l'Ufficio può concedere il suo accordo alle istituzioni per l'organizzazione di concorsi propri conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, della decisione delle istituzioni.Articolo 7Nomina del personale1. L'Ufficio è guidato da un direttore nominato dalla Commissione, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione espresso a maggioranza semplice. Il consiglio di amministrazione collabora fattivamente all'espletamento delle procedure necessarie prima della nomina del direttore, e in particolare alla redazione degli avvisi di posto vacante e all'esame delle candidature.2. Il direttore dell'Ufficio è l'autorità che ha il potere di nomina del personale dell'Ufficio.3. La Commissione, per quanto riguarda il direttore dell'Ufficio, e quest'ultimo per quanto riguarda il personale di cui è l'autorità che ha il potere di nomina, informano il consiglio di amministrazione delle nomine, della firma di contratti, delle promozioni o dell'adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti dei funzionari e altri agenti.4. I funzionari di tutte le istituzioni delle Comunità sono informati in tempo utile dei posti vacanti presso l'Ufficio, non appena l'AIPN abbia deciso di coprire tali posti.5. Il direttore dell'Ufficio è designato per un periodo di cinque anni e il suo mandato è rinnovabile per una volta.Articolo 8Funzioni del direttore dell'Ufficio, gestione del personale1. Il direttore dell'Ufficio è responsabile del buon funzionamento dello stesso. Nell'ambito delle competenze del consiglio di amministrazione, il direttore agisce sotto l'autorità di quest'ultimo. Provvede al segretariato del consiglio di amministrazione e rende conto a quest'ultimo dell'esecuzione delle proprie funzioni, presentandogli qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento dell'Ufficio.2. Le procedure amministrative relative alla gestione corrente del personale, segnatamente in ordine alle retribuzioni e ai congedi, alla cassa malattia, agli infortuni sul lavoro e al pensionamento, si applicano secondo le stesse modalità in vigore per i funzionari e gli agenti della Commissione. Tale elenco non è completo e l'Ufficio può concordare con la Commissione altri ambiti di intervento.Articolo 9Aspetti finanziari1. La dotazione dell'Ufficio, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare della sezione del bilancio relativa alla Commissione, è indicata in modo particolareggiato in un allegato della stessa sezione. Tale allegato reca uno stato delle entrate e delle spese, suddiviso nello stesso modo delle sezioni di bilancio.2. L'organico dell'Ufficio è allegato a quello della Commissione.3. Sulla base di una proposta del consiglio di amministrazione e per quanto riguarda la dotazione dell'Ufficio iscritta in allegato, la Commissione delega al direttore dell'Ufficio i poteri di ordinatore e fissa i limiti e le condizioni per l'esercizio di tale delega. Per quanto riguarda le prestazioni supplementari fornite dall'Ufficio a titolo oneroso, alla fine dell'esercizio il consiglio di amministrazione informa l'autorità di bilancio sulla ripartizione degli importi recuperati all'interno della linea di bilancio dell'allegato.4. La contabilità dell'Ufficio viene tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili stabiliti dal contabile della Commissione. L'Ufficio mantiene una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso.Articolo 10RiesameLa presente decisione viene riesaminata dopo un periodo di tre anni dall'istituzione dell'Ufficio.Articolo 11Data di entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Per il Parlamento europeoIl segretario generaleJ. PriestleyPer il ConsiglioIl segretario generale aggiuntoP. De BoissieuPer la CommissioneIl segretario generaleD. O'SullivanPer la Corte di giustiziaIl presidenteR. GrassPer la Corte dei contiIl segretario generaleM. HervéPer il Comitato economico e socialeIl segretario generaleP. VenturiniPer il Comitato delle regioniIl segretario generaleV. FalconeIl MediatoreJ. Söderman(1) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1.(2) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI? La decisione 2002/620/CE istituisce l’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) responsabile per l’assunzione del personale delle istituzioni, agenzie e organi dell’UE. La decisione 2002/621/CE stabilisce le norme per l’organizzazione e il funzionamento dell’EPSO. PUNTI CHIAVE CompitiL’EPSO è responsabile del funzionamento del processo di selezione del personale per le istituzioni, le agenzie e gli organi dell’UE. A tal fine, organizza concorsi generali dai cui risultati stabilisce l’elenco dei candidati idonei. Agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le esigenze future in materia di personale e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità. Mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente ai profili di competenza richiesti. Gestisce e controlla l’utilizzo degli elenchi di candidati ritenuti idonei stabiliti sulla base dei concorsi. Procedure di selezioneCiascuna istituzione dell’UE deve mettere a disposizione dell’EPSO un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione. La decisione di nominare i candidati idonei è presa dall’autorità con il potere di nomina dell’istituzione, agenzia o organo dell’UE pertinente. Servizi aggiuntivi L’EPSO può inoltre:accordarsi per organizzare procedure di selezione finalizzate all’assunzione di personale da parte di qualunque organo, ufficio o agenzia. Prima di accordarsi in tal senso, il direttore dell’EPSO ha bisogno dell’approvazione del consiglio di amministrazione dell’EPSO. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall’EPSO; fornire sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici e agenzie; organizzare le procedure di selezione delle categorie diverse dai funzionari, come agenti contrattuali e agenti temporanei, e stabilire elenchi di candidati idonei. Consiglio di amministrazioneL’EPSO dispone di un consiglio di amministrazione composto da un membro per istituzione e da tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati dai comitati del personale delle istituzioni (sindacati). I compiti principali del consiglio di amministrazione comprendono:l’approvazione delle norme di funzionamento dell’EPSO e della sua struttura organizzativa;l’approvazione dei principi che disciplinano la politica di selezione dell’EPSO;l’approvazione delle tariffe dei servizi aggiuntivi forniti dall’EPSO;la decisione sulle modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell’EPSO un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti. Nomina del personale dell’EPSO La Commissione europea nomina il direttore dell’EPSO previo parere favorevole del consiglio di amministrazione in merito al candidato. Il direttore è responsabile del corretto funzionamento dell’EPSO e della nomina del suo personale. Il direttore è designato per un periodo di 5 anni, rinnovabile per una volta. Bilancio e contabilità Il bilancio dell’EPSO rientra nella sezione del bilancio dell’UE relativa alla Commissione europea. La contabilità dell’EPSO deve essere tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili della Commissione. Deve mantenere una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Le decisioni 2002/620/CE e 2002/621/CE si applicano dal 26 luglio 2002. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Ufficio europeo di selezione del personale (Europa). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee - Dichiarazione dell’Ufficio del Parlamento europeo (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 53-55) Decisione 2002/621/CE dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 56-59) Le successive modifiche alla direttiva 2002/621/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
1
563
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) Gazzetta ufficiale n. L 151 del 18/06/1999 pag. 0021 - 0026 ACCORDOdi cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina)LA COMUNITÀ EUROPEA E HONG KONG (CINA)(1) (in seguito denominate "parti contraenti"),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina), e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe le parti contraenti, allo sviluppo armonioso di detti legami;CONVINTE che, per conseguire tale obiettivo, occorra impegnarsi a sviluppare la cooperazione doganale;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraentri, e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità amministrative competenti renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali a cui le parti contraenti hanno già aderito e che hanno già applicato, nonché dalla raccomandazione del Consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:a) "normativa doganale", qualsiasi disposizione legale o regolamentare o altro strumento giurdidicamente vincolante adottato dalla Comunità europea o da Hong Kong (Cina) che disciplini l'importazione, l'esportazione, il transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altro regime o procedura doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative;b) "autorità doganale", nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, ad Hong Kong (Cina), il Servizio dogane e accise;c) "autorità richiedente", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che presenta una domanda di assistenza in base al presente accordo;d) "autorità interpellata", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che riceve una richiesta di assistenza in base al presente accordo;e) "dati di carattere personale", tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) "operazione contraria alla normativa doganale", qualsiasi violazione o tentativo di violazione della normativa doganale;g) "persona", persona fisica o giuridica.Articolo 2Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall'altro, ad Hong Kong (Cina).Articolo 3Sviluppi futuriLa parti contraenti possono, di comune intesa, ampliare il presente accordo per potenziare e integrare la cooperazione doganale, ai sensi delle rispettive normative doganali, mediante accordi su settori o temi specifici.Articolo 4Portata della cooperazione1. Le autorità doganali si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale e, in particolare, si adoperano a cooperare per:a) stabilire e mantenere canali di comunicazione tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni;b) agevolare un coordinamento efficace tra le rispettive autorità doganali;c) occuparsi di qualsiasi questione amministrativa collegata al presente accordo che possa richiedere, in determinate circostanze, la loro azione comune.2. Ai sensi del presente accordo, la cooperazione doganale riguarda tutti gli aspetti relativi all'applicazione della normativa doganale.Articolo 5Portata dell'assistenza1. Le parti contraenti si prestano reciproca assistenza, nei settori di loro competenza e compatibilmente con le risorse disponibili e secondo le modalità e alle condizioni specificate nel presente accordo, per garantire la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare per prevenire, individuare e perseguire le operazioni contrarie alla normativa doganale.2. L'assistenza nel settore doganale prevista dal presente accordo viene prestata da ogni autorità doganale e amministrativa delle parti contraenti competente per l'applicazione del presente accordo. Essa non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale e non si applica alle informazioni ottenute in virtù delle facoltà esercitate a richiesta dell'autorità giudiziaria.3. L'assistenza in materia di riscossione di diritti, tasse o contravvenzioni non rientra nel presente accordo.Articolo 6Obblighi imposti da altri accordi1. Tenendo conto delle competenze rispettive della Comunità europea e degli Stati membri, le disposizioni del presente accordo:a) non pregiudicano gli obblighi delle parti contraenti derivanti da altri accordi o convenzioni internazionali;b) vanno considerate un complemento agli accordi di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potranno essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina);c) non pregiudicano le disposizioni comunitarie in materia di comunicazione tra i servizi competenti della Commissione e le autorità doganali degli Stati membri di qualsiasi informazione ottenuta ai sensi del presente accordo che possa essere di interesse comunitario.2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle dgli accordi bilaterali di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina), qualora le disposizioni di questi ultimi risultassero incompatibili con quelle del presente accordo.3. Per quanto riguarda le questioni relative all'applicabilità del presente accordo, le parti contraenti si consultano per trovare una soluzione nell'ambito del comitato misto di cooperazione doganale istituito a norma dell'articolo 21 del presente accordo.TITOLO IICOOPERAZIONE DOGANALEArticolo 7Cooperazione in materia di procedure doganaliLe parti contraenti dichiarano il proprio impegno ad agevolare la legittima circolazione delle merci e si scambiano informazioni e consulenze su misure volte a migliorare le tecniche e le procedure doganali, nonché su sistemi informatizzati, al fine di conseguire tale obiettivo ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 8Assistenza tecnica1. Le autorità doganali possono prestarsi assistenza tecnica e procedere a scambi di personale quando ciò risulti reciprocamente vantaggioso, e compatibilmente con le risorse disponibili, per favorire una migliore comprensione delle rispettive tecniche e procedure doganali e dei relativi sistemi informatizzati.2. Esse possono altresì scambiarsi, all'occorrenza, informazioni in materia di assistenza tecnica prestata ad altre amministrazioni doganali.Articolo 9Discussioni in sede di organizzazioni internazionaliLe autorità doganali si adoperano per sviluppare e potenziare la cooperazione in settori di interesse comune per agevolare le discussioni in campo doganale nell'ambito di organizzazioni internazionali quali il Consiglio di cooperazione doganale.TITOLO IIIASSISTENZA AMMINISTRATIVA RECIPROCAArticolo 10Assistenza a richiesta1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata fornisce a detta autorità qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata, comprese le informazioni riguardanti le azioni accertate o programmate che violino o possano violare detta normativa.2. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata comunica a quest'ultima:a) se le merci esprotate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle stesse;b) se le merci nel territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente esportate dal territorio dell'altra parte, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle merci.3. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta le misure necessarie, nell'ambito delle sue disposizioni legali o regolamentari o di altri strumenti giuridicamente vincolanti, per assicurare che sia esercitata una sorveglianza:a) sulle persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che compiano o abbiano compiuto operazioni contrarie alla normativa doganale;b) sui luoghi in cui sono costituiti o possono essere costituiti depositi di merci a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che dette merci siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;c) sulle merci trasportate o che possono essere trasportate a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;d) sui mezzi di trasporto che sono o che possono essere utilizzati a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinati ad essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 11Assistenza spontaneaLe parti contraenti si assistono reciprocamente, di propria iniziativa e conformemente alle loro disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare fornendo le informazioni ottenute riguardanti:a) azioni che sono o che sembrano loro essere operazioni contrarie alla normativa doganale e che possono interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare operazioni contrarie alla normativa doganale;c) merci note per essere oggetto di operazioni contrarie alla normativa doganale;d) persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla normativa doganale;e) mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 12Consegna, Notifica1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta, conformemente alle disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, tutte le misure necesarie per:a) consegnare tutti i documenti di tipo amministrativo ob) notificare tutte le decisioni,provenienti dall'autorità richiedente e rientranti nell'ambito di applicazione del presente accordo, ad un destinatario residente o stabilito nella giurisdizione dell'autorità richiedente.2. Le domande di consegna di documenti o di notifica di decisioni devono essere presentate per iscritto nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti da consegnare ai sensi del paragrafo 1.Articolo 13Forma e contenuto delle domande di assistenza1. Le domande formulate ai sensi del presente accordo sono presentate per iscritto. Esse vengono corredate dei documenti ritenuti utili per la loro evasione. Qualora l'urgenza della situazione lo esiga, possono essere accettate anche domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 devono contenere le seguenti informazioni:a) autorità richiedente;b) misura richiesta;c) oggetto e motivo della domanda;d) disposizioni legali e regolamentari e altri strumenti giuridicamente vincolanti in causa;e) ragguagli il più possibile precisi ed esaurienti sulle persone oggetto d'indagine;f) esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate.3. Le domande sono presentate nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti di cui è corredata la domanda di cui al paragrafo 1.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali di cui sopra, possono esserne richiesti la correzione o il completamento; nel frattempo possono essere disposte misure cautelative.Articolo 14Espletamento delle domande1. Per evadere le domande di assistenza l'autorità interpellata procede, nell'ambito delle sue competenze e compatibilmente con le risorse disponibili, come se agisse per proprio conto o a richiesta di altre autorità della stessa parte contraente, fornendo informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini e precedendo o facendo procedere alle indagini appropriate. La presente disposizione si applica anche alle altre autorità alle quali la domanda è stata indirizzata dall'autorità interpellata in virtù del presente accordo qualora questa non possa agire direttamente.2. Le domande di assistenza sono evase conformemente alle disposizioni legali o regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, essere presenti e ottenere negli uffici dell'autorità interpellata o di qualsiasi altra autorità interessata a norma del paragrafo 1 informazioni sulle azioni che costituiscono o che possono costituire operazioni contrarie alla normativa doganale, che occorrano all'autorità richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, possono essere presenti alle indagini su casi specifici condotte nella giurisdizione di quest'ultima.5. Qualora la richiesta non possa essere soddisfatta, il fatto viene tempestivamente notificato all'autorità richiedente, unitamente alle motivazioni ed a qualsiasi altra informazione che l'autorità interpellata ritiene possa essere utile all'autorità richiedente.Articolo 15Forma in cui devono essere comunicate le informazioni1. L'autorità interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità richiedente per iscritto unitamente a documenti, copie autenticate o altro materiale pertinente.2. Tale informazione può essere computerizzata.3. Gli originali delle pratiche e dei documenti sono trasmessi solo su richiesta qualora siano insufficienti le copie autenticate. Gli originali sono resi appena possibile. I diritti dell'autorità interpellata o di eventuali terzi in merito a tali originali rimangono inalterati.Articolo 16Deroghe all'obbligo di prestare assistenza1. L'assistenza può essere rifiutata o essere subordinata all'assolvimento di talune condizioni o esigenze qualora una parte ritenga che l'assistenza a titolo del presente accordo:a) possa pregiudicare gli interessi vitali di Hong Kong (Cina) o di uno Stato membro tenuto a prestare assistenza ai sensi del presente accordo, ob) possa pregiudicare l'ordine pubblico, la sicurezza o altri principi fondamentali, in particolare nei casi di cui all'articolo 17, paragrafo 2, oc) violi un segreto industriale, commerciale o d'ufficio.2. L'assistenza può essere rinviata dall'autorità interpellata qualora interferisca in un'indagine, in un'azione giudiziaria o in un procedimento in corso. In tal caso l'autorità interpellata consulta l'autorità richiedente per stabilire se l'assistenza possa essere fornita secondo le modalità o alle condizioni che l'autorità interpellata può esigere.3. Se l'autorità richiedente domanda un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesta, lo fa presente nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità interpellata decidere il seguito da dare a tale domanda.4. Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 2, la decisione dell'autorità interpellata e le relative motivazioni devono essere comunicate senza indugio all'autorità richiedente.Articolo 17Scambi di informazioni e riservatezza1. Tutte le informazioni comunicate, sotto qualsiasi forma, ai sensi del presente accordo sono di carattere riservato o soggette a determinate restrizioni, a seconda delle norme applicabili da ciascuna parte contraente. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e beneficiano della tutela accordata a similari informazioni ai sensi delle rispettive leggi della parte contraente che le ha ricevute e delle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le autorità comunitarie.2. I dati di carattere personale possono essere scambiati solo se la parte contraente cui potrebbero essere destinati s'impegna a tutelarli in modo almeno equivalente a quello applicabile al caso specifico nella parte contraente che li può fornire. La parte contraente che potrebbe fornire informazioni, non stipula condizioni più onerose di quelle ad essa applicabili nella sua giurisdizione.Le parti contraenti si comunicano le informazioni relative alle norme in esse applicabili, comprese eventualmente le disposizioni legali vigenti negli Stati membri della Comunità.3. L'utilizzazione, nell'ambito di azioni giudiziarie o amministrative promosse in seguito all'accertamento di operazioni contrarie alla normativa doganale, di informazioni ottenute in virtù del presente accordo è considerata conforme ai fini del presente accordo. Pertanto, le parti contraenti, nei documenti probatori, nelle relazioni e testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi ad un tribunale, possono utilizzare le informazioni ottenute e i documenti consultati ai sensi delle disposizioni del presente accordo. L'autorità competente che ha fornito dette informazioni o dato accesso ai documenti viene informata di tale uso.4. Le informazioni ottenute sono utilizzate solo ai fini del presente accordo. Una parte contraente che voglia utilizzare tali informazioni per altri fini deve ottenere l'accordo scritto preliminare dell'autorità che le ha fornite. Tale utilizzazione è quindi soggetta a tutte le restrizioni imposte da detta autorità.5. Le disposizioni pratiche per l'attuazione del presente articolo vengono stabilite dal comitato misto di cooperazione doganale istituito ai sensi dell'articolo 21.Articolo 18Periti e testimoniUn funzionario dell'autorità interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di perito o testimone dinanzi ad un'autorità nella giurisdizione dell'altra parte contraente in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possano occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere precisato davanti a quale autorità, su quale argomento e a quale titolo il funzionario sarà ascoltato.Articolo 19Spese di assistenzaLe parti contraenti rinunciano reciprocamente ad ogni pretesa concernente il rimborso delle spese sostenute in virtù del presente accordo escluse, se del caso, le spese per periti e testimoni e quelle per interpreti e traduttori che non dipendano da pubblici servizi.TITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 20Attuazione1. L'attuazione del presente accordo è affidata, da un lato, ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee ed eventualmente alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, dall'altro, al servizio dogane e accise di Hong Kong (Cina). Essi decidono in merito a tutte le misure e disposizioni pratiche necessarie per l'applicazione tenendo conto delle norme vigenti in particolare in materia di protezione dei dati. Essi possono proporre agli organi competenti le modifiche che a loro parere andrebbero apportate al presente accordo.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle disposizioni di attuazione dettagliate adottate ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 21Comitato misto di cooperazione doganale1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e di Hong Kong (Cina). Il comitato si riunisce nel luogo, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso provvede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale ai sensi del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le misure future e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 22Entrata in vigore e durata1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Ciascuna parte contraente può denunciare il presente accordo, mediante notifica scritta all'altra parte. La denuncia entra in vigore tre mesi dopo la data della notifica. Le richieste di assistenza ricevute prima della denuncia dell'accordo vengono evase ai sensi delle disposizioni del medesimo.Articolo 23Testi facenti fedeIl presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e cinese, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Hong Kong, Cina, addì tredici maggio millenovecentonovantanove.Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_1999151IT.002601.EPS">Per Hong Kong (Cina)>PIC FILE= "L_1999151IT.002602.EPS">(1) Ai sensi dell'aticolo 151 della legge fondamentale della regione ad amministrazione speciale Hong Kong della Repubblica popolare cinese. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Accordo con Hong Kong sulla cooperazione e assistenza reciproca in materia doganale QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo mira a migliorare la cooperazione tra le autorità amministrative responsabili dell’applicazione della normativa doganale*. Oltre a prevedere diverse tipologie di cooperazione, contiene articoli finalizzati a sviluppare e migliorare ulteriormente la cooperazione doganale mediante accordi su questioni specifiche. La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Cooperazione doganale Le parti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale:promuovendo un coordinamento e canali di comunicazione efficaci tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni; favorendo la circolazione delle merci; scambiando le informazioni e le competenze necessarie per migliorare le procedure doganali; prestandosi reciprocamente assistenza tecnica; scambiandosi il personale, quando ciò rappresenta un vantaggio per entrambe le parti. Assistenza amministrativa reciproca Sono due le tipologie di assistenza amministrativa reciproca:assistenza a richiesta: l’ autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare azioni accertate o programmate che possano violare detta normativa oppure anche la regolarità delle procedure di esportazione e importazione tra i due paesi. L’accordo comprende inoltre una sorveglianza speciale in tutti i casi sospetti, applicabile ad ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale.assistenza spontanea: le parti possono assistersi reciprocamente, di propria iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale e in particolare se ricevono informazioni che potrebbero interessare l’altra parte. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza Le richieste devono essere presentate per iscritto, ad eccezione dei casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto. Le richieste devono contenere:i dati dell’autorità richiedente; la misura richiesta; l’oggetto e il motivo della richiesta; la normativa in causa; le persone fisiche o giuridiche interessate; un’esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate. La parte interpellata può rifiutarsi di ottemperare a una richiesta nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. È possibile una deroga all’obbligo di fornire assistenza qualora tale assistenza violi un segreto professionale, commerciale o industriale. L’accordo contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela.L’accordo prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che provvede al buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE È entrato in vigore il 1° giugno 1999. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Cooperazione doganale tra UE e Hong Kong (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Normativa doganale: include qualsiasi disposizione legale o regolamentare ovvero qualsiasi altro strumento giuridico vincolante adottato dall’UE e da Hong Kong che disciplini l’importazione, esportazione e transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative. Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza. Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 1999/400/CE del Consiglio, dell’11 maggio 1999, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 20). Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 21).
1
57
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO, DELLA COMMISSIONE, DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E DEL COMITATO DELLE REGIONI del 26 giugno 2009 relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (2009/496/CE, Euratom) IL PARLAMENTO EUROPEO, IL CONSIGLIO, LA COMMISSIONE, LA CORTE DI GIUSTIZIA, LA CORTE DEI CONTI, IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, IL COMITATO DELLE REGIONI, visto il trattato sull’Unione europea, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, considerando quanto segue: (1) L’articolo 8 della decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, dell’8 aprile 1965, relativa all’installazione provvisoria di talune istituzioni e di taluni servizi delle Comunità (1), ha disposto che venisse insediato a Lussemburgo l’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee (di seguito denominato «l’Ufficio»). Questa disposizione ha trovato infine attuazione con la decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom (2). (2) Dal momento che il personale dell’Ufficio è soggetto alle norme e ai regolamenti applicabili ai funzionari e altri agenti delle Comunità europee, è opportuno tener conto delle loro recenti modifiche. (3) Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (3), di seguito denominato «regolamento finanziario», contempla specifiche disposizioni sul funzionamento dell’Ufficio. (4) Il settore editoriale è teatro di un considerevole sviluppo tecnologico, di cui occorre tener conto per il funzionamento dell’Ufficio. (5) Per motivi di chiarezza, è opportuno abrogare la decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom e sostituirla con la presente decisione, DECIDONO: Articolo 1 L’Ufficio delle pubblicazioni 1. L’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (di seguito denominato «l’Ufficio») è un organismo interistituzionale il cui compito è di provvedere, nelle migliori condizioni possibili, all’edizione delle pubblicazioni delle istituzioni delle Comunità europee e dell’Unione europea. A tal fine, l’Ufficio provvede, da un lato, affinché le istituzioni assolvano all’obbligo in materia di pubblicazione dei testi normativi e contribuisce, dall’altro, ad elaborare, sotto il profilo tecnico, e a realizzare le politiche di informazione e di comunicazione nei settori di sua competenza. 2. La gestione dell’Ufficio compete al direttore, che segue gli orientamenti strategici stabiliti dal comitato direttivo. Ad eccezione delle disposizioni specifiche attinenti alla vocazione interistituzionale dell’Ufficio contemplate dalla presente decisione, l’Ufficio segue le procedure amministrative e finanziarie della Commissione. Nel definire le suddette procedure, la Commissione tiene conto della natura specifica dell’Ufficio. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente decisione, valgono le seguenti definizioni: 1) «edizione»: qualsiasi azione necessaria alla concezione, alla verifica, all’attribuzione dei numeri internazionali normalizzati e/o dei numeri di catalogo, alla produzione, alla catalogazione, all’indicizzazione, alla diffusione, alla promozione, alla vendita, al deposito e all’archiviazione delle pubblicazioni, in qualsiasi forma e veste e secondo qualsiasi procedimento presente o futuro; 2) «pubblicazione»: testo pubblicato su qualsiasi supporto o formato recante un numero internazionale normalizzato e/o un numero di catalogo; 3) «pubblicazioni obbligatorie»: pubblicazioni la cui edizione è prevista dai trattati o da altri testi normativi; 4) «pubblicazioni non obbligatorie»: pubblicazioni la cui edizione è prerogativa di ciascuna istituzione; 5) «gestione dei diritti di autore»: conferma, da parte del servizio autore, della titolarità dei diritti di autore o di riutilizzazione e gestione, da parte dell’Ufficio, dei suddetti diritti per le pubblicazioni di cui esso cura l’edizione; 6) «proventi netti delle vendite»: totale degli importi fatturati al netto degli sconti commerciali concessi e delle spese di gestione, d’incasso e di banca; 7) «istituzioni»: istituzioni, organi e organismi istituiti dai trattati o sulla base dei trattati. Articolo 3 Competenze dell’Ufficio 1. L’Ufficio esplica le proprie competenze nei seguenti settori: a) edizione della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (di seguito denominata «Gazzetta ufficiale») di cui garantisce l’autenticità; b) edizione delle altre pubblicazioni obbligatorie; c) edizione o coedizione delle pubblicazioni non obbligatorie affidate all’Ufficio nell’ambito delle prerogative di ciascuna istituzione, in particolare delle attività di comunicazione delle istituzioni; d) edizione o coedizione di pubblicazioni su propria iniziativa, tra cui quelle intese a promuoverne i servizi; a tal fine, l’Ufficio può commissionare traduzioni stipulando contratti di servizio; e) sviluppo, manutenzione e aggiornamento dei servizi di edizione elettronica destinati al grande pubblico; f) messa a disposizione del pubblico di tutta la legislazione e degli altri testi ufficiali; g) conservazione e messa a disposizione del pubblico in formato elettronico di tutte le pubblicazioni delle istituzioni; h) attribuzione dei numeri internazionali normalizzati e/o dei numeri di catalogo per le pubblicazioni delle istituzioni; i) gestione dei diritti di riproduzione e di traduzione delle pubblicazioni delle istituzioni; j) promozione e vendita delle pubblicazioni e dei servizi da esso offerti al pubblico. 2. L’Ufficio fornisce consigli e assistenza alle istituzioni nei seguenti ambiti: a) programmazione e pianificazione dei loro programmi di pubblicazione; b) realizzazione dei loro progetti editoriali indipendentemente dalle modalità di edizione; c) impaginazione e concezione dei loro progetti editoriali; d) informazioni sulle tendenze del mercato editoriale negli Stati membri e sui temi e i titoli a più vasta diffusione; e) determinazione della tiratura e individuazione dei piani di diffusione; f) fissazione dei prezzi delle pubblicazioni e relativa vendita; g) promozione, diffusione e valutazione delle loro pubblicazioni gratuite o a pagamento; h) analisi, valutazione e costruzione dei siti e dei servizi Internet destinati al pubblico; i) elaborazione dei contratti quadro riguardanti le attività editoriali; j) sorveglianza tecnologica dei sistemi editoriali. Articolo 4 Responsabilità delle istituzioni 1. Ogni istituzione ha competenza esclusiva a decidere in materia di pubblicazione. 2. Le istituzioni si avvalgono dei servizi dell’Ufficio per procedere all’edizione delle loro pubblicazioni obbligatorie. 3. Le istituzioni possono procedere all’edizione delle loro pubblicazioni non obbligatorie senza l’intervento dell’Ufficio. In tal caso, le istituzioni chiedono l’attribuzione del numero internazionale normalizzato e/o del numero di catalogo all’Ufficio, cui trasmettono una copia elettronica della pubblicazione, quale che sia il formato, nonché eventualmente due copie cartacee. 4. Le istituzioni si impegnano a garantire la titolarità dei diritti di riproduzione, traduzione e diffusione di tutti gli elementi costitutivi di una pubblicazione. 5. Per le loro pubblicazioni le istituzioni si impegnano a definire un piano di diffusione, approvato dall’Ufficio. 6. Le istituzioni possono sottoscrivere con l’Ufficio convenzioni di servizio intese a definire le modalità di collaborazione. Articolo 5 Compiti dell’Ufficio 1. L’esecuzione dei compiti dell’Ufficio comporta in particolare le seguenti operazioni: a) raggruppamento dei documenti da editare; b) preparazione, concezione grafica, correzione, impaginazione e verifica dei testi e di altri elementi, indipendentemente dal formato o dal supporto, nel rispetto, da una parte, delle indicazioni fornite dalle istituzioni e, dall’altra, delle regole di presentazione grafica e linguistica stabilite in collaborazione con le istituzioni; c) indicizzazione e catalogazione delle pubblicazioni; d) analisi documentaria dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale e dei testi ufficiali non pubblicati nella Gazzetta ufficiale; e) consolidazione dei testi legislativi; f) gestione, sviluppo, aggiornamento e diffusione del thesaurus multilingue Eurovoc; g) stampa per il tramite dei fornitori; h) controllo dell’esecuzione dei lavori; i) controllo della qualità; j) collaudo qualitativo e quantitativo; k) diffusione fisica ed elettronica della Gazzetta ufficiale, dei testi ufficiali non pubblicati nella Gazzetta ufficiale e delle altre pubblicazioni non obbligatorie; l) deposito; m) archiviazione fisica ed elettronica; n) ristampa delle pubblicazioni esaurite e stampa su richiesta; o) costituzione di un catalogo consolidato delle pubblicazioni istituzionali; p) vendita, comprese l’emissione di fatture, la riscossione e la devoluzione dei proventi e la gestione dei crediti; q) promozione; r) creazione, acquisto, gestione, aggiornamento, monitoraggio e supervisione delle mailing list delle istituzioni e creazione di mailing list mirate. 2. Nell’ambito delle sue competenze, o in forza di poteri di ordinatore su delega delle istituzioni, l’Ufficio provvede: a) all’aggiudicazione di appalti pubblici, definendone gli oneri giuridici; b) al monitoraggio finanziario dei contratti conclusi con i fornitori; c) alla liquidazione delle spese, che comprende in particolare la fase di collaudo qualitativo e quantitativo e l’apposizione della dicitura «visto per pagamento»; d) all’autorizzazione delle spese; e) alle operazioni di entrata. Articolo 6 Comitato direttivo 1. È istituito un comitato direttivo nel quale sono rappresentate le istituzioni firmatarie. Ne sono membri il cancelliere della Corte di giustizia, il segretario generale aggiunto del Consiglio e i segretari generali delle altre istituzioni, o i loro rappresentanti. La Banca centrale europea partecipa ai lavori del comitato direttivo in veste di osservatore. 2. Il comitato direttivo nomina il presidente tra i suoi membri per una durata di due anni. 3. Il comitato direttivo si riunisce almeno quattro volte l’anno su iniziativa del presidente o su domanda di un’istituzione. 4. Il comitato direttivo approva il proprio regolamento interno, pubblicato nella Gazzetta ufficiale. 5. Salvo disposizioni contrarie, le decisioni del comitato direttivo sono adottate a maggioranza semplice. 6. Ciascuna istituzione firmataria della presente decisione dispone di un voto in seno al comitato direttivo. Articolo 7 Compiti e responsabilità del comitato direttivo 1. In deroga alle disposizioni dell’articolo 6, il comitato direttivo adotta all’unanimità, nel comune interesse delle istituzioni e nell’ambito delle competenze dell’Ufficio, le seguenti decisioni: a) su proposta del direttore, definisce gli obiettivi strategici e le norme di funzionamento dell’Ufficio; b) definisce gli orientamenti di politica generale dell’Ufficio, in particolare per quanto riguarda la vendita, la diffusione e l’edizione, e garantisce il contributo dell’Ufficio alla messa a punto e alla realizzazione di politiche di informazione e comunicazione nei settori di sua competenza; c) in base ad un progetto elaborato dal direttore dell’Ufficio, approva una relazione annuale di gestione rivolta alle istituzioni in cui rende conto dell’attuazione della strategia e delle prestazioni dell’Ufficio. Anteriormente al 1o maggio di ogni anno trasmette la relazione sull’esercizio precedente alle istituzioni; d) approva lo stato di previsione delle entrate e delle spese dell’Ufficio nell’ambito della procedura di bilancio relativa al bilancio di esercizio dell’Ufficio; e) approva i criteri per la tenuta della contabilità analitica dell’Ufficio, che il direttore dell’Ufficio adotta; f) rivolge alle istituzioni suggerimenti intesi ad agevolare il buon andamento dell’Ufficio. 2. Il comitato direttivo tiene conto degli orientamenti emananti dalle istanze interistituzionali in materia di comunicazione e informazione istituite a tal fine. Il presidente del comitato direttivo incontra ogni anno le suddette istanze. 3. Il presidente del comitato direttivo, in qualità di rappresentate della cooperazione interistituzionale, è l’interlocutore dell’autorità di discarico per le decisioni strategiche negli ambiti di competenza dell’Ufficio. 4. Il presidente del comitato direttivo e il direttore dell’Ufficio definiscono di comune accordo le regole di informazione reciproca e di comunicazione che ne formalizzano i rapporti. L’accordo è trasmesso per informazione ai membri del comitato direttivo. Articolo 8 Direttore dell’Ufficio Il direttore dell’Ufficio, sotto l’autorità del comitato direttivo e nei limiti delle competenze di quest’ultimo, è responsabile del buon andamento dell’Ufficio. Per l’applicazione delle procedure amministrative e finanziarie, esso agisce sotto l’autorità della Commissione. Articolo 9 Compiti e responsabilità del direttore dell’Ufficio 1. Il direttore dell’Ufficio provvede al segretariato del comitato direttivo, al quale rende conto dell’esercizio delle proprie funzioni sulla base di relazioni trimestrali. 2. Il direttore dell’Ufficio rivolge al comitato direttivo qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento dell’Ufficio. 3. Previa consultazione del comitato direttivo per un parere, il direttore dell’Ufficio definisce la natura e la tariffa delle prestazioni che l’Ufficio può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni. 4. Il direttore dell’Ufficio adotta, previa approvazione del comitato direttivo, i criteri per la tenuta della contabilità analitica dell’Ufficio. Egli definisce, d’accordo con il contabile della Commissione, le modalità della cooperazione contabile tra l’Ufficio e le istituzioni. 5. Il direttore dell’Ufficio, nell’ambito della procedura di bilancio relativa al bilancio di esercizio dell’Ufficio, definisce un progetto di stato di previsione delle entrate e delle spese dell’Ufficio. Previa approvazione da parte del comitato direttivo, queste proposte sono trasmesse alla Commissione. 6. Il direttore dell’Ufficio decide se e in base a quali modalità possono essere effettuate le pubblicazioni provenienti da terzi. 7. Il direttore dell’Ufficio partecipa alle attività interistituzionali in materia di informazione e comunicazione negli ambiti di competenza dell’Ufficio. 8. Per quanto riguarda l’edizione della legislazione e i documenti ufficiali relativi alla procedura legislativa, compresa la Gazzetta ufficiale, il direttore dell’Ufficio: a) sollecita, presso le sedi competenti di ciascuna istituzione, le decisioni di massima da applicare congiuntamente; b) presenta proposte per il miglioramento della struttura e della veste della Gazzetta ufficiale e dei testi legislativi ufficiali; c) presenta alle istituzioni proposte sull’armonizzazione della veste dei testi da pubblicare; d) esamina le difficoltà riscontrate nelle operazioni correnti e, ai fini del loro superamento, formula le necessarie istruzioni nell’ambito dell’Ufficio e le opportune raccomandazioni per le istituzioni. 9. Conformemente al regolamento finanziario, il direttore dell’Ufficio redige una relazione annuale di attività in cui rende conto della gestione degli stanziamenti delegati dalla Commissione e da altre istituzioni in forza del regolamento finanziario. La relazione è indirizzata alla Commissione e alle istituzioni interessate, nonché, per informazione, al comitato direttivo. 10. Il direttore dell’Ufficio e i membri della Commissione responsabili dei rapporti con l’Ufficio stabiliscono di comune accordo le modalità di informazione e di consultazione nell’ambito della delega degli stanziamenti della Commissione e dell’esecuzione del bilancio. 11. Il direttore dell’Ufficio è responsabile del conseguimento degli obiettivi strategici approvati dal comitato direttivo e della buona gestione dell’Ufficio, delle sue attività e della gestione del bilancio. 12. In caso di assenza o impedimento del direttore dell’Ufficio si applicano le norme sulla supplenza in base al grado e all’anzianità, se non altrimenti disposto dal comitato direttivo, su proposta del presidente o del direttore dell’Ufficio. 13. Il direttore dell’Ufficio informa le istituzioni con una relazione trimestrale sulla pianificazione e l’utilizzo delle risorse e l’avanzamento dei lavori. Articolo 10 Personale 1. La Commissione provvede alla nomina del direttore generale e del direttore, previo parere favorevole unanime del comitato direttivo. Al direttore generale e ai direttori si applicano le norme della Commissione in materia di mobilità e valutazione dei quadri superiori (gradi AD 16/AD 15/AD 14). Quando, per un funzionario che riveste un tale incarico, stanno per decorrere i termini per la mobilità previsti di regola dalla normativa applicabile, la Commissione informa il comitato direttivo che può esprimersi sul caso con un parere unanime. 2. Il comitato direttivo partecipa attivamente alle procedure previste, eventualmente, prima della nomina dei funzionari e degli agenti dell’Ufficio chiamati a rivestire le funzioni di direttore generale (gradi AD 16/AD 15) e di direttore (gradi AD 15/AD 14) e, in particolare, per quanto riguarda la redazione degli avvisi di posto vacante, l’esame delle candidature e la designazione delle commissioni giudicatrici dei concorsi per tali posti. 3. Per quanto riguarda i funzionari e gli agenti assegnati all’Ufficio, le competenze dell’autorità investita del potere di nomina (AIPN) e dell’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (AACC) sono esercitate dalla Commissione. La Commissione può delegare alcune delle sue competenze al suo interno e al direttore dell’Ufficio. Tale delega è soggetta alle stesse condizioni previste per i direttori generali della Commissione. 4. Fatto salvo il paragrafo 2, i funzionari e gli agenti assegnati all’Ufficio sono soggetti alle disposizioni e alle procedure adottate dalla Commissione per l’attuazione dello statuto e del regime applicabile agli altri agenti, alle stesse condizioni previste per i funzionari e gli agenti della Commissione in servizio a Lussemburgo. 5. I funzionari di tutte le istituzioni sono informati dei posti vacanti presso l’Ufficio, non appena l’AIPN e l’AACC decidono di coprire tali posti. 6. Il direttore dell’Ufficio informa, su base trimestrale, il comitato direttivo in merito alla gestione del personale. Articolo 11 Aspetti finanziari 1. Gli stanziamenti destinati all’Ufficio, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare all’interno della sezione del bilancio relativa alla Commissione, sono indicati in modo particolareggiato in un allegato della stessa sezione. Tale allegato reca uno stato delle entrate e delle spese, con suddivisioni identiche a quelle delle sezioni di bilancio. 2. La tabella dell’organico dell’Ufficio figura in un allegato della tabella dell’organico della Commissione. 3. Ogni istituzione svolge la funzione di ordinatore per gli stanziamenti del proprio bilancio riguardanti la linea «spese di pubblicazione». 4. Per gli stanziamenti iscritti nella propria sezione, ciascuna istituzione può delegare i poteri di ordinatore al direttore dell’Ufficio, stabilendo i limiti e le condizioni di tale delega, conformemente al regolamento finanziario. Il direttore dell’Ufficio informa, su base trimestrale, il comitato direttivo circa dette deleghe. 5. La gestione finanziaria e di bilancio dell’Ufficio è effettuata nel rispetto del regolamento finanziario e delle relative modalità di esecuzione e del quadro finanziario in vigore alla Commissione, compresi gli stanziamenti delegati dalle istituzioni diverse dalla Commissione. 6. La contabilità dell’Ufficio è conforme alle norme e ai metodi contabili approvati dal contabile della Commissione. L’Ufficio tiene conti distinti per la vendita della Gazzetta ufficiale e per la vendita delle pubblicazioni. I proventi netti delle vendite sono devoluti alle istituzioni. Articolo 12 Sorveglianza 1. La funzione di revisore interno è svolta nell’Ufficio dal revisore interno della Commissione, conformemente al regolamento finanziario. L’Ufficio assicura una capacità di audit interno, secondo modalità analoghe a quelle previste per le direzioni generali e i servizi della Commissione. Le istituzioni possono chiedere al direttore dell’Ufficio di inserire revisioni specifiche nel programma di lavoro delle revisioni interne elaborato dall’Ufficio. 2. Nell’ambito della missione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), l’Ufficio risponde a qualsiasi quesito riguardante le sue competenze. Al fine di garantire la tutela degli interessi dell’Unione europea, il presidente del comitato direttivo e il direttore dell’OLAF siglano un accordo sulle modalità di informazione reciproca. Articolo 13 Reclami e domande 1. Nei limiti delle sue competenze, l’Ufficio è tenuto a rispondere alle domande del Mediatore europeo e del garante europeo della protezione dei dati. 2. Qualsiasi azione legale nei settori di competenza dell’Ufficio è intentata contro la Commissione. Articolo 14 Accesso del pubblico ai documenti 1. Il direttore dell’Ufficio prende le decisioni di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (4). In caso di rifiuto, le decisioni riguardanti le domande di conferma sono prese dal segretariato generale della Commissione. 2. L’Ufficio istituisce un registro dei documenti conformemente all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1049/2001. Articolo 15 Abrogazione La decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom è abrogata. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione. Articolo 16 Entrata in vigore Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles e a Lussemburgo, 26 giugno 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente K. SCHWARZENBERG Per la Commissione Il presidente J. M. BARROSO Per la Corte di giustizia Il presidente V. SKOURIS Per la Corte dei conti Il presidente V. M. SILVA CALDEIRA Per il Comitato economico e sociale europeo Il presidente M. SEPI Per il Comitato delle regioni Il presidente L. VAN DEN BRANDE (1) GU 152 del 13.7.1967, pag. 18. (2) GU L 183 del 22.7.2000, pag. 12. (3) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. (4) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Ufficio delle pubblicazioni QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE? Specifica il ruolo, le responsabilità, i compiti e la struttura organizzativa dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea. PUNTI CHIAVE Ruolo L’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (UP) è un organismo inter-istituzionale il cui compito è provvedere all’edizione delle pubblicazioni delle istituzioni dell’Unione europea (UE). L’UP è responsabile per la diffusione in vari formati cartacei ed elettronici di pubblicazioni di carattere normativo e generale, tra cui:La Gazzetta ufficiale dell’UE in 23 lingue (24 quando è richiesto anche l’irlandese); Una lista di siti web per cittadini, governi e aziende dell’UE, tra cui:EUR-Lex,Portale Open Data dell’UE,EU Bookshop,Tenders Electronic Daily,Servizio comunitario di informazione in materia di ricerca e sviluppo. L’UP garantisce anche la conservazione a lungo termine dei contenuti prodotti dalle istituzioni e dagli organismi dell’UE. Inoltre, l’UP fornisce consulenza e assistenza alle istituzioni dell’UE in diverse aree, tra cui:programmazione e pianificazione dei programmi di pubblicazione; informazioni sulle tendenze del mercato delle pubblicazioni nei paesi dell’UE e sugli argomenti di massimo interesse per il pubblico; supervisione tecnologica sui sistemi di publishing. Compiti L’UP ha diversi compiti specifici, tra cui:raccolta e ordinamento di documenti per la pubblicazione; preparazione, progettazione grafica, correzione, impaginazione e controllo dei testi per la pubblicazione; indicizzazione e catalogazione delle pubblicazioni; analisi documentale dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale e su altri testi ufficiali; consolidamento di atti giuridici; gestione, sviluppo. aggiornamento e distribuzione di EuroVoc, il thesaurus multilingue dell’Unione europea; organizzazione della stampa delle pubblicazioni da parte dei fornitori dell’Ufficio; controllo di qualità di tutti gli aspetti inerenti alla produzione; distribuzione della Gazzetta ufficiale, di testi ufficiali al di fuori di quanto pubblicato nella Gazzetta ufficiale e altre pubblicazioni non obbligatorie (tramite EUR-Lex, Pubblicazioni dell’UE oppure come stampe fisiche); archiviazione fisica ed elettronica; creazione, acquisto, gestione, aggiornamento, monitoraggio e supervisione delle liste di distribuzione delle varie istituzioni e creazione di liste di distribuzione mirate. Responsabilità delle istituzioniOgni istituzione è tenuta ad utilizzare i servizi dell’UP per la pubblicazione delle proprie pubblicazioni obbligatorie. Per quanto riguarda le pubblicazioni facoltative, ciascuna istituzione dell’UE può decidere se utilizzare i servizi dell’UP o no. Quando un’istituzione dell’UE pubblica materiale senza il coinvolgimento dell’UP, è comunque tenuta a chiedere all’Ufficio un identificativo (ai fini della classificazione delle pubblicazioni in modo inequivocabile ed esclusivo) e a fornire all’Ufficio copie della pubblicazione. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? La decisione è stata applicata dal 1 luglio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:l’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (Europa). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/496/CE, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni, del 26 giugno 2009, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (GU L 168 del 30.6.2009, pagg. 41-47) Le successive modifiche alla direttiva 2009/496/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
0
116
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DIRETTIVA 2008/63/CE DELLA COMMISSIONE del 20 giugno 2008 relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni (Testo rilevante ai fini del SEE) (Versione codificata) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 86, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) La direttiva 88/301/CEE della Commissione, del 16 maggio 1988, relativa alla concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazioni (1), è stata modificata in modo sostanziale (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) In tutti gli Stati membri le telecomunicazioni erano oggetto in tutto o in parte del monopolio detenuto dallo Stato e in genere da questo delegato, mediante concessione di diritti speciali o esclusivi a uno o più organismi incaricati della realizzazione e dell'esercizio della rete, nonché la fornitura dei servizi ad essa afferenti. Tali diritti spesso riguardavano non solo la fornitura di servizi di uso della rete, ma anche la messa a disposizione per gli utenti di apparecchiature terminali allacciabili alla rete. Nel corso degli ultimi decenni il settore delle telecomunicazioni ha registrato un'evoluzione considerevole per quanto riguarda le caratteristiche tecniche della rete e in particolare per quanto riguarda l'apparecchiatura terminale. (3) L'evoluzione delle tecniche e dell'economia ha indotto gli Stati a rivedere il sistema dei diritti speciali o esclusivi nel settore delle telecomunicazioni; in particolare la rapida moltiplicazione dei vari tipi di apparecchiature terminali e la molteplice utilizzazione dei medesimi richiedono che gli utenti possano effettuare una libera scelta tra i medesimi per beneficiare integralmente dei progressi tecnologici nel settore. (4) L'esistenza di diritti esclusivi ha per effetto di restringere la libera circolazione delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni sia per quanto riguarda l'importazione e la commercializzazione di tali apparecchiature, comprese le apparecchiature via satellite, in quanto taluni prodotti non vengono commercializzati, sia per quanto concerne l'allacciamento, l'installazione o la manutenzione in quanto, tenendo conto delle caratteristiche del mercato, in particolare della diversità e della natura tecnica dei prodotti, un gestore in regime di monopolio non ha alcun incentivo a fornire detti servizi in relazione a prodotti che non ha commercializzato o importato né ad allineare i propri prezzi sui costi poiché non esiste alcun pericolo di concorrenza da parte di nuovi gestori. Tenendo conto del fatto che nella maggior parte dei mercati delle apparecchiature esiste in genere un'ampia gamma di apparecchiature terminali di telecomunicazioni, qualsiasi diritto speciale che direttamente o indirettamente limiti il numero di imprese autorizzate ad importare, commercializzare, allacciare, installare e provvedere alla manutenzione di detti apparati, rischia di produrre effetti aventi la stessa natura della concessione di diritti esclusivi. Tali diritti esclusivi essenziali costituiscono misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative contrarie all'articolo 28 del trattato. Di conseguenza, è necessario abolire tutti i diritti esclusivi che ancora esistono in relazione all'importazione, all'immissione in commercio, all'allacciamento, all'installazione e alla manutenzione delle apparecchiature terminali delle telecomunicazioni per collegamenti via satellite nonché i diritti che hanno effetti della stessa natura ossia tutti i diritti speciali, ad eccezione di quelli costituiti da vantaggi legali o regolamentari per una o più imprese che influiscono esclusivamente sulla capacità delle altre imprese di impegnarsi in una delle attività soprammenzionate nella stessa area geografica in condizioni sostanzialmente equivalenti. (5) L'esercizio di questi diritti speciali o esclusivi relativi alle apparecchiature terminali è tale da sfavorire in pratica le apparecchiature provenienti da altri Stati membri, in particolare impedendo agli utenti di scegliere liberamente le apparecchiature di cui hanno bisogno in funzione del prezzo e della qualità, a prescindere dalla loro provenienza. L'esercizio di questi diritti è quindi incompatibile con l'articolo 31 del trattato in tutti gli Stati membri. (6) I servizi afferenti all'allacciamento e alla manutenzione delle apparecchiature terminali sono uno degli elementi essenziali al momento dell'acquisto o della locazione di tali apparecchiature. Il mantenimento in essere di diritti esclusivi nel settore equivarrebbe al mantenimento dei diritti esclusi di commercializzazione. Occorre dunque sopprimere tali diritti affinché l'abolizione dei diritti esclusivi di importazione e di commercializzazione abbia un effetto reale. (7) La manutenzione delle apparecchiature terminali costituisce un servizio ai sensi dell'articolo 50 del trattato. Pertanto la prestazione di quest'ultimo servizio, il quale è sotto il profilo commerciale indissociabile dalla commercializzazione delle predette apparecchiature terminali, deve essere resa libera in conformità con l’articolo 49 del trattato, in particolare quando il servizio è eseguito da personale qualificato. (8) Nel mercato continuano a manifestarsi infrazioni alle regole di concorrenza del trattato. Inoltre lo sviluppo degli scambi ne risulta pregiudicato in misura contraria all'interesse della Comunità. Una maggiore intensità di concorrenza sul mercato delle apparecchiature terminali è subordinata alla trasparenza delle specifiche tecniche che consentono la libera circolazione dei terminali, pur nel rispetto delle esigenze essenziali menzionate nella direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazioni e il reciproco riconoscimento della loro conformità (3). La trasparenza comporta necessariamente la pubblicazione delle specifiche tecniche. (9) I diritti speciali o esclusivi d’importazione e di commercializzazione delle apparecchiature determinano una situazione contraria allo scopo dell'articolo 3, lettera g), del trattato, a norma del quale è prevista la creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno e a fortiori che la concorrenza non sia eliminata. Gli Stati membri sono tenuti in forza dell'articolo 10 del trattato ad astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del trattato, tra cui quelli definiti all'articolo 3, lettera g). Di conseguenza tali diritti esclusivi vanno considerati incompatibili con l'articolo 82 del trattato in correlazione con l'articolo 3 e la concessione o il mantenimento in essere da parte dello Stato dei diritti in questione costituisce una misura vietata ai sensi dell'articolo 86, paragrafo 1, del trattato. (10) Per consentire agli utenti di servirsi delle apparecchiature terminali di loro scelta è necessario conoscere e rendere trasparenti le caratteristiche dell’interfaccia della rete pubblica su cui va allacciata l’apparecchiatura terminale. Quindi gli Stati membri debbono assicurarsi che dette caratteristiche siano pubblicate e che l’interfaccia della rete pubblica sia accessibile all'utente. (11) Per poter commercializzare le apparecchiature terminali è necessario che i produttori sappiano a quali specifiche tecniche devono rispondere i loro prodotti. Gli Stati membri devono quindi determinare e pubblicare le specifiche che essi devono notificare in fase di progetto alla Commissione conformemente alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (4). Dette specifiche possono essere estese ai prodotti importati dagli altri Stati membri solo nella misura in cui sono necessarie per garantire il rispetto di esigenze essenziali legittime rispetto al diritto comunitario, quali precisate all'articolo 3 della direttiva 1999/5/CE. Comunque gli Stati membri debbono rispettare le disposizioni degli articoli 28 e 30 del trattato per cui lo Stato membro importatore è tenuto ad ammettere sul suo territorio un’apparecchiatura terminale legalmente fabbricata e commercializzata in un altro Stato membro. (12) Per garantire un’applicazione trasparente, obiettiva e non discriminatoria delle specifiche tecniche, il controllo della loro applicazione non può essere affidato ad uno degli operatori concorrenti sul mercato delle apparecchiature terminali, visto l'evidente conflitto di interessi. Occorre pertanto prevedere che gli Stati membri affidino il controllo a un ente indipendente da chi ha in esercizio la rete e da qualsiasi altro concorrente sul mercato in questione. (13) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati all’allegato II, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Ai sensi della presente direttiva si intendono per: 1) «apparecchiature terminali»: a) le apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all’interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni; in entrambi i casi di allacciamento, diretto o indiretto, esso può essere realizzato via cavo, fibra ottica o via elettromagnetica; un allacciamento è indiretto se l’apparecchiatura è interposta fra il terminale e l’interfaccia della rete pubblica; b) le apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite; 2) «apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite»: le apparecchiature che possono essere usate soltanto per trasmettere o per trasmettere e ricevere («ricetrasmittenti») o unicamente per ricevere («riceventi») segnali di radiocomunicazioni via satelliti o altri sistemi nello spazio; 3) «imprese»: gli enti pubblici o privati ai quali lo Stato concede diritti speciali o esclusivi di importazione, di commercializzazione, di allacciamento, di installazione e/o di manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazione; 4) «diritti speciali»: i diritti concessi da uno Stato membro a un numero limitato di imprese, mediante qualsiasi atto legislativo, regolamentare o amministrativo che, all'interno di una determinata area geografica: a) limita a due o più il numero di dette imprese, non conformandosi a criteri di obiettività, proporzionalità e non discriminazione; o b) designa, non conformandosi ai criteri di cui alla lettera a), numerose imprese concorrenti; o c) conferisce a ciascuna impresa, non conformandosi ai criteri di cui alle lettere a) e b), vantaggi legali o regolamentari che influiscono sostanzialmente sulla capacità di qualsiasi altra impresa di importare, immettere in commercio, allacciare, installare e/o provvedere alla manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazioni nella stessa area geografica in condizioni sostanzialmente equivalenti. Articolo 2 Gli Stati membri che hanno concesso alle imprese diritti speciali o esclusivi provvedono alla soppressione di tutti i diritti esclusivi nonché dei diritti speciali i quali: a) limitano a due o più il numero delle imprese non conformandosi a criteri di obiettività, proporzionalità e non discriminazione, o b) designano, non conformandosi ai criteri di cui alla lettera a), numerose imprese concorrenti. Essi comunicano alla Commissione le misure adottate e i progetti presentati a tal fine. Articolo 3 Gli Stati membri provvedono affinché gli operatori economici abbiano il diritto di importare, di commercializzare, di allacciare e di installare le apparecchiature terminali quali definite all'articolo 1 e di provvedere alla loro manutenzione. Tuttavia essi hanno facoltà a) per le apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite, di rifiutarne l'allacciamento alla rete pubblica di telecomunicazioni o l'installazione quando le apparecchiature non siano conformi alle pertinenti regolamentazioni tecniche comuni, adottate a norma della direttiva 1999/5/CE oppure, in assenza di tali regolamentazioni, quando tali apparecchiature non soddisfano i requisiti essenziali indicati nell'articolo 3 della suddetta direttiva; in assenza di regole tecniche comuni o di condizioni di regolamentazione armonizzate, le norme nazionali devono essere proporzionate ai suddetti requisiti essenziali e devono essere notificate alla Commissione nell'osservanza delle disposizioni della direttiva 98/34/CE; b) per le apparecchiature terminali, di rifiutarne l'allacciamento alla rete pubblica di telecomunicazioni quando tali apparecchiature non rispondono alle pertinenti regolamentazioni tecniche comuni, adottate a norma della direttiva 1999/5/CE o, in assenza di tali regolamentazioni, non soddisfino i requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 3 di tale direttiva; c) di esigere dagli operatori economici un'idonea qualificazione tecnica per l'allacciamento, l'installazione e la manutenzione di apparecchiature terminali, qualificazione accertata in base a criteri oggettivi non discriminatori e resi pubblici. Articolo 4 Gli Stati membri vigilano affinché le nuove interfacce della rete pubblica siano accessibili all'utenza e le loro caratteristiche materiali siano pubblicate dagli operatori delle reti pubbliche di telecomunicazioni. Articolo 5 Gli Stati membri provvedono alla formulazione e alla pubblicazione di qualsiasi specifica delle apparecchiature terminali destinate a essere allacciate direttamente o indirettamente alla rete pubblica. Gli Stati membri notificano alla Commissione dette specifiche in fase di progetto, in conformità della direttiva 98/34/CE. Articolo 6 Gli Stati membri provvedono affinché il controllo dell’applicazione delle specifiche di cui all’articolo 5 sia svolto da un ente indipendente dalle imprese pubbliche e private che offrono beni o servizi nel settore delle telecomunicazioni. Articolo 7 Gli Stati membri trasmettono alla fine di ogni anno una relazione che consenta alla Commissione di constatare se le disposizioni degli articoli 2, 3, 4 e 6 sono rispettate. Un modello di relazione figura all'allegato I. Articolo 8 La direttiva 88/301/CEE, modificata dalle direttive di cui all'allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III. Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 20 giugno 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 131 del 27.5.1988, pag. 73. Direttiva modificata dalla direttiva 94/46/CE (GU L 268 del 19.10.1994, pag. 15). (2) Cfr. allegato II, parte A. (3) GU L 91 del 7.4.1999, pag. 10. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (4) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81). ALLEGATO I Modello di relazione di cui all'articolo 7 Attuazione delle disposizioni dell'articolo 2 Apparecchiature terminali per i quali la legislazione ha subito modifiche o è in corso di modificazione. Per apparecchiatura terminale: — data di adozione del provvedimento, o — data di presentazione del progetto, o — data di entrata in vigore del provvedimento. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 3 — apparecchiature terminali il cui allacciamento o installazione è soggetto a limitazioni, — qualificazioni tecniche richieste con indicazione della relativa pubblicazione. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 4 — indicazione degli estremi di pubblicazione delle caratteristiche, — numero d’interfacce di rete pubblica esistenti, — numero d’interfacce di rete pubblica modificate. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 6 — designazione dell'ente (degli enti) indipendente(i). ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata e relativa modificazione (di cui all'articolo 8) Direttiva 88/301/CEE della Commissione (GU L 131 del 27.5.1988, pag. 73) Direttiva 94/46/CE della Commissione (GU L 268 del 19.10.1994, pag. 15) PARTE B Elenco dei termini di attuazione in diritto nazionale (di cui all'articolo 8) Direttiva Termine di attuazione 88/301/CEE — 94/46/CE 8 agosto 1995 ALLEGATO III Tavola di concordanza Direttiva 88/301/CEE Presente direttiva Articolo 1, alinea Articolo 1, alinea Articolo 1, primo trattino, prima e seconda frase Articolo 1, punto 1), lettera a) Articolo 1, primo trattino, ultima frase Articolo 1, punto 1), lettera b) Articolo 1, secondo trattino Articolo 1, punto 3) Articolo 1, terzo trattino, alinea Articolo 1, punto 4), alinea Articolo 1, terzo trattino, primo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera a) Articolo 1, terzo trattino, secondo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera b) Articolo 1, terzo trattino, terzo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera c) Articolo 1, quarto trattino Articolo 1, punto 2) Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3, primo comma Articolo 3, primo comma Articolo 3, secondo comma, alinea Articolo 3, secondo comma, alinea Articolo 3, secondo comma, primo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera a) Articolo 3, secondo comma, secondo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera b) Articolo 3, secondo comma, terzo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera c) Articolo 4, primo comma Articolo 4 Articolo 4, secondo comma — Articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 5, paragrafo 2, prima frase Articolo 5, primo comma Articolo 5, paragrafo 2, seconda frase Articolo 5, secondo comma Articolo 6 Articolo 6 Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 7 Articolo 10 — — Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 11 Articolo 10 Allegato I — Allegato II Allegato I — Allegato II — Allegato III Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Eque condizioni di mercato per apparecchi telefonici e altre apparecchiature di comunicazione QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa è volta ad aprire alla concorrenza i mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni*; essa intende inoltre migliorare le informazioni a disposizione dei consumatori sulle diverse apparecchiature per permettere agli utenti di trarre beneficio dai progressi tecnologici ed effettuare scelte informate da consumatori. PUNTI CHIAVE I paesi dell'UE non possono concedere diritti speciali o esclusivi in materia di importazione, commercializzazione, allacciamento, installazione o manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazione; i paesi dell'UE non possono rifiutare l'allacciamento delle apparecchiature terminali alla rete pubblica di telecomunicazioni o l'installazione delle apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite* nel proprio paese, a meno che tali apparecchiature non soddisfino determinati requisiti essenziali; a partire dal 13 giugno 2016, i requisiti in materia di sicurezza e compatibilità elettromagnetica per le apparecchiature terminali radio sono definiti nella direttiva 2014/53/UE (ed eventuali atti delegati adottati in risposta alla presente direttiva) che prevede un periodo di transizione di 1 anno; I requisiti di sicurezza per le apparecchiature terminali sulla rete fissa (non-radio), a seconda delle caratteristiche, sono stabiliti nella direttiva sulla bassa tensione (2014/35/UE). Qualora l'apparecchiatura abbia una tensione nominale compresa tra 50 e 1000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua, i requisiti relativi alla compatibilità elettromagnetica sono stabiliti nella direttiva sulla compatibilità elettromagnetica (2014/30/UE); Per consentire agli utenti di servirsi delle apparecchiature terminali di loro scelta è necessario conoscere e rendere trasparenti le caratteristiche dell’interfaccia della rete pubblica su cui va allacciata l’apparecchiatura terminale (direttamente o indirettamente). I paesi dell'UE devono assicurarsi che gli operatori pubblichino dette caratteristiche e che l’interfaccia della rete pubblica sia accessibile all'utente; Gli organismi incaricati di controllare l'applicazione delle specifiche, designati dai paesi dell'Unione europea, devono essere indipendenti da organizzazioni pubbliche o private che offrono beni e/o servizi nel settore delle telecomunicazioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La presente direttiva è in vigore dall'11 luglio 2008. I paesi dell'UE hanno dovuto integrarla nel diritto nazionale entro l'8 agosto 1995, la data indicata nella direttiva 88/301/CEE, codificata dalla direttiva 2008/63/CE*. CONTESTO La presente direttiva ha rappresentato la prima fase di una politica di liberalizzazione dei mercati delle telecomunicazioni che ha portato alla completa liberalizzazione di questi mercati il 1o gennaio 1998. * TERMINI CHIAVE Apparecchiature terminali: apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all’interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni. Le apparecchiature delle stazioni terrestri sono incluse in questa categoria. Apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite: apparecchiature che possono essere usate soltanto per trasmettere («trasmittenti») o unicamente per ricevere («riceventi») o per trasmettere e ricevere («ricetrasmittenti») segnali di radiocomunicazioni via satelliti o altri sistemi nello spazio Codificazione: un nuovo atto giuridico che sostituisce un altro atto che è stato modificato in maniera sostanziale. Il nuovo atto preserva le norme contenute nell'atto in corso di codificazione e pertanto tratta rapidamente il processo decisionale mediante una procedura accelerata. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/63/CE della Commissione, del 20 giugno 2008, relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni (versione codificata) (GU L 162 del 21.6.2008, pag. 20-26) DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 2014/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle norme degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 79-106) Direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 357–374) Direttiva 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e che abroga la direttiva 1999/5/CE (GU L 153 del 22.5.2014, pag. 62-106)
0
1,000
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti Gazzetta ufficiale n. L 323 del 17/11/1978 pag. 0014 - 0022 EUROPEAN CONVENTION FOR THE PROTECTION OF ANIMALS KEPT FOR FARMING PURPOSESCONVENTION EUROPÉENNE SUR LA PROTECTION DES ANIMAUX DANS LES ÉLEVAGES>PIC FILE= "T0019842">THE MEMBER STATES OF THE COUNCIL OF EUROPEsignatory hereto,Considering that it is desirable to adopt common provisions for the protection of animals kept for farming purposes, particularly in modern intensive stock-farming systems,HAVE AGREED AS FOLLOWS:CHAPTER IGeneral principlesArticle 1This Convention shall apply to the keeping, care and housing of animals, and in particular to animals in modern intensive stock-farming systems. For the purposes of this Convention, "animals" shall mean animals bred or kept for the production of food, wool, skin or fur or for other farming purposes, and "modern intensive stock-farming systems" shall mean systems which predominantly employ technical installations operated principally by means of automatic processes.Article 2Each Contracting Party shall give effect to the principles of animal welfare laid down in Articles 3 to 7 of this Convention.Article 3Animals shall be housed and provided with food, water and care in a manner which - having regard to their species and to their degree of development, adaptation and domestication - is appropriate to their physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 41. The freedom of movement appropriate to an animal, having regard to its species and in accordance with established experience and scientific knowledge, shall not be restricted in such a manner as to cause it unnecessary suffering or injury.2. Where an animal is continuously or regularly tethered or confined, it shall be given the space appropriate to its physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 5The lighting, temperature, humidity, air circulation, ventilation, and other environmental conditions such as gas concentration or noise intensity in the place in which an animal is housed, shall - having regard to its species and to its degree of development, adaptation and domestication - conform to its physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 6No animal shall be provided with food or liquid in a manner, nor shall such food or liquid contain any substance, which may cause unnecessary suffering or injury.Article 71. The condition and state of health of animals shall be thoroughly inspected at intervals sufficient to avoid unnecessary suffering and in the case of animals kept in modern intensive stock-farming systems at least once a day.2. The technical equipment used in modern intensive stock-farming systems shall be thoroughly inspected at least once a day, and any defect discovered shall be remedied with the least possible delay. When a defect cannot be remedied forthwith, all temporary measures necessary to safeguard the welfare of the animals shall be taken immediately.CHAPTER IIDetailed implementationArticle 81. A Standing Committee shall be set up within a year of the entry into force of this Convention.2. Each Contracting Party shall have the right to appoint a representative to the Standing Committee. Any Member State of the Council of Europe which is not a Contracting Party to the Convention shall have the right to be represented on the Committee by an observer.3. The Secretary General of the Council of Europe shall convene the Standing Committee whenever he finds it necessary and in any case when a majority of the representatives of the Contracting Parties or the representative of the European Economic Community, being itself a Contracting Party, request its convocation.4. A majority of representatives of the Contracting Parties shall constitute a quorum for holding a meeting of the Standing Committee.5. The Standing Committee shall take its decision by a majority of the votes cast. However, unanimity of the votes cast shall be required for: (a) the adoption of the recommendations provided for in Article 9 (1);(b) the decision to admit observers other than those referred to in paragraph 2 of this Article;(c) the adoption of the report referred to in Article 13; this report could set out, where appropriate, divergent opinions.6. Subject to the provisions of this Convention. The Standing Committee shall draw up its own Rules of Procedure.Article 91. The Standing Committee shall be responsible for the elaboration and adoption of recommendations to the Contracting Parties containing detailed provisions for the implementation of the principles set out in Chapter I of this Convention, to be based on scientific knowledge concerning the various species of animals.2. For the purpose of carrying out its responsibilities under paragraph 1 of this Article, the Standing Committee shall follow developments in scientific research and new methods in animal husbandry.3. Unless a longer period is decided upon by the Standing Committee, a recommendation shall become effective as such six months after the date of its adoption by the Committee. As from the date when a recommendation becomes effective each Contracting Party shall either implement it or inform the Standing Committee by notification to the Secretary General of the Council of Europe of the reasons why it has decided that it cannot implement the recommendation or can no longer implement it.4. If two or more Contracting Parties or the European Economic Community, being itself a Contracting Party, have given notice in accordance with paragraph 3 of this Article of their decision not to implement or no longer to implement a recommendation, that recommendation shall cease to have effect.Article 10The Standing Committee shall use its best endeavours to facilitate a friendly settlement of any difficulty which may arise between Contracting Parties concerning the implementation of this Convention.Article 11The Standing Committee may express an advisory opinion on any question concerning the protection of animals at the request of a Contracting Party.Article 12Each Contracting Party may appoint one or more bodies from which the Standing Committee may request information and advice to assist it in its work. Contracting Parties shall communicate to the Secretary General of the Council of Europe the names and addresses of such bodies.Article 13The Standing Committee shall submit to the Committee of Ministers of the Council of Europe, at the expiry of the third year after the entry into force of this Convention and of each further period of three years, a report on its work and on the functioning of the Convention, including if it deems it necessary proposals for amending the Convention.CHAPTER IIIFinal provisionsArticle 141. This Convention shall be open to signature by the Member States of the Council of Europe and by the European Economic Community. It shall be subject to ratification, acceptance or approval. Instruments of ratification, acceptance or approval shall be deposited with the Secretary General of the Council of Europe.2. This Convention shall enter into force six months after the date of the deposit of the fourth instrument of ratification, acceptance or approval by a Member State of the Council of Europe.3. In respect of a signatory Party ratifying, accepting or approving after the date referred to in paragraph 2 of this Article, the Convention shall enter into force six months after the date of the deposit of its instrument of ratification, acceptance or approval.Article 151. After the entry into force of this Convention, the Committee of Ministers of the Council of Europe may, upon such terms and conditions as it deems appropriate, invite any non-member State to accede thereto.2. Such accession shall be effected by depositing with the Secretary General of the Council of Europe an instrument of accession which shall take effect six months after the date of its deposit.Article 161. Any Contracting Party may, at the time of signature or when depositing its instrument of ratification, acceptance, approval or accession, specify the territory or territories to which this Convention shall apply.2. Any Contracting Party may, when depositing its instrument of ratification, acceptance, approval or accession or at any later date, by declaration addressed to the Secretary General of the Council of Europe, extend this Convention to any other territory or territories specified in the declaration and for whose international relations it is responsible or on whose behalf it is authorized to give undertakings.3. Any declaration made in pursuance of the preceding paragraph may, in respect of any territory mentioned in such declaration, be withdrawn according to the procedure laid down in Article 17 of this Convention.Article 171. Any Contracting Party may, in so far as it is concerned, denounce this Convention by means of a notification addressed to the Secretary General of the Council of Europe.2. Such denunciation shall take effect six months after the date of receipt by the Secretary General of such notification.Article 18The Secretary General of the Council of Europe shall notify the Member States of the Council and any Contracting Party not a Member State of the Council of: (a) any signature;(b) any deposit of an instrument of ratification, acceptance, approval or accession;(c) any date of entry into force of this Convention in accordance with Articles 14 and 15 thereof;(d) any recommendation of the kind referred to in Article 9 (1) and the date on which it takes effect;(e) any notification received in pursuance of the provisions of Article 9 (3);(f) any communication received in pursuance of the provisions of Article 12;(g) any declaration received in pursuance of the provisions of Article 16 (2) and (3);(h) any notification received in pursuance of the provisions of Article 17 and the date on which denunciation takes effect.LES ÉTATS MEMBRES DU CONSEIL DE L'EUROPE,signataires de la présente convention,considérant qu'il est souhaitable d'adopter des dispositions communes pour protéger les animaux dans les élevages, en particulier dans les systèmes modernes d'élevage intensif,SONT CONVENUS DE CE QUI SUIT:TITRE PREMIER Principes générauxArticle premierLa présente convention s'applique à l'alimentation, aux soins et au logement des animaux, en particulier dans les systèmes modernes d'élevage intensif. Au sens de la présente convention, on entend par «animaux» ceux qui sont élevés ou gardés pour la production de denrées alimentaires, de laine, de peaux, de fourrures ou à d'autres fins agricoles et par «systèmes modernes d'élevage intensif» ceux qui utilisent surtout des installations techniques exploitées principalement à l'aide de dispositifs automatiques.Article 2Chaque partie contractante donne effet aux principes de protection des animaux fixés dans la présente convention aux articles 3 à 7.Article 3Tout animal doit bénéficier d'un logement, d'une alimentation et des soins qui - compte tenu de son espèce, de son degré de développement, d'adaptation et de domestication - sont appropriés à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 41. La liberté de mouvement propre à l'animal, compte tenu de son espèce et conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques, ne doit pas être entravée de manière à lui causer des souffrances ou des dommages inutiles.2. Lorsqu'un animal est continuellement ou habituellement attaché, enchaîné ou maintenu, il doit lui être laissé un espace approprié à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 5L'éclairage, la température, le degré d'humidité, la circulation d'air, l'aération du logement de l'animal et les autres conditions ambiantes telles que la concentration des gaz ou l'intensité du bruit, doivent - compte tenu de son espèce, de son degré de développement, d'adaptation et de domestication - être appropriés à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 6Aucun animal ne doit être alimenté de telle sorte qu'il en résulte des souffrances ou des dommages inutiles et son alimentation ne doit pas contenir de substances qui puissent lui causer des souffrances ou des dommages inutiles.Article 71. La condition et l'état de santé de l'animal doivent faire l'objet d'une inspection approfondie à des intervalles suffisants pour éviter des souffrances inutiles, soit au moins une fois par jour dans le cas d'animaux gardés dans des systèmes modernes d'élevage intensif.2. Les installations techniques dans les systèmes modernes d'élevage intensif doivent faire l'objet, au moins une fois par jour, d'une inspection approfondie et tout défaut constaté doit être éliminé dans les délais les plus courts. Lorsqu'un défaut ne peut être éliminé sur le champ, toutes les mesures temporaires nécessaires pour préserver le bien-être des animaux doivent être prises immédiatement.TITRE II Dispositions détaillées pour la mise en oeuvreArticle 81. Il est consitué, dans l'année qui suit la date d'entrée en vigueur de la présente convention, un comité permanent.2. Toute partie contractante a le droit de désigner un représentant au comité permanent. Tout État membre du Conseil de l'Europe qui n'est pas partie contractante à la convention a le droit de se faire représenter au comité par un observateur.3. Le secrétaire général du Conseil de l'Europe convoque le comité permanent chaque fois qu'il l'estime nécessaire et, en tout cas, si la majorité des représentants des parties contractantes ou le représentant de la Communauté économique européenne, elle-même partie contractante, en formulent la demande.4. La majorité des représentants des parties contractantes constitue le quorum nécessaire pour tenir une réunion du comité permanent.5. Le comité permanent prend ses décisions à la majorité des voix exprimées; toutefois, l'unanimité des voix exprimées est exigée pour: a) l'adoption des recommandations visées au paragraphe 1 de l'article 9;b) la décision d'admettre des observateurs autres que ceux visés au paragraphe 2 du présent article;c) l'adoption du rapport visé à l'article 13, rapport qui, le cas échéant, fait état des opinions divergentes.6. Sous réserve des dispositions de la présente convention, le comité permanent établit son règlement intérieur.Article 91. Le comité permanent est chargé d'élaborer et d'adopter des recommandations aux parties contractantes contenant des dispositions détaillées en vue de l'application des principes énoncés au titre premier de la présente convention; ces dispositions doivent se fonder sur les connaissances scientifiques concernant les différentes espèces.2. Aux fins de l'accomplissement de ses tâches telles que visées au paragraphe 1 du présent article, le comité permanent suit l'évolution de la recherche scientifique et des nouvelles méthodes en matière d'élevage.3. Sauf si un délai plus long est fixé par le comité permanent, toute recommandation prend effet en tant que telle six mois après la date de son adoption par le comité. À partir de la date à laquelle une recommandation prend effet, toute partie contractante doit, soit la mettre en oeuvre, soit informer le comité permanent par notification adressée au secrétaire général du Conseil de l'Europe des raisons pour lesquelles elle a décidé qu'elle n'est pas ou n'est plus en mesure de la mettre en oeuvre.4. Si deux ou plusieurs parties contractantes ou la Communauté économique européenne, elle-même partie contractante, ont notifié conformément au paragraphe 3 du présent article, leur décision de ne pas mettre ou de ne plus mettre en oeuvre une recommandation, cette recommandation cesse d'avoir effet.Article 10Le comité permanent facilite autant que de besoin le règlement amiable de toute difficulté qui peut surgir entre parties contractantes concernant l'application de la présente convention.Article 11Le comité permanent peut, à la demande d'une partie contractante, exprimer un avis consultatif sur toute question relative à la protection des animaux.Article 12En vue d'assister le comité permanent dans ses travaux, toute partie contractante peut désigner un ou plusieurs organes auxquels ce comité peut demander des informations et des conseils. Les parties contractantes communiquent au secrétaire général du Conseil de l'Europe le nom et l'adresse desdits organes.Article 13Le comité permanent soumet au comité des ministres du Conseil de l'Europe, à l'expiration de la troisième année après l'entrée en vigueur de la présente convention et à l'expiration de chaque période ultérieure de trois ans, un rapport sur ses travaux et sur le fonctionnement de la convention, en y incluant s'il l'estime nécessaire des propositions visant à amender la convention.TITRE IIIDispositions finalesArticle 141. La présente convention est ouverte à la signature des États membres du Conseil de l'Europe ainsi qu'à celle de la Communauté économique européenne. Elle sera ratifiée, acceptée ou approuvée. Les instruments de ratification, d'acceptation ou d'approbation seront déposés près le secrétaire général du Conseil de l'Europe.2. La présente convention entrera en vigueur six mois après la date du dépôt du quatrième instrument de ratification, d'acceptation ou d'approbation d'un État membre du Conseil de l'Europe.3. Elle entrera en vigueur à l'égard de toute partie signataire qui la ratifiera, l'acceptera ou l'approuvera après la date visée au paragraphe 2 du présent article, six mois après la date du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation ou d'approbation.Article 151. Après l'entrée en vigueur de la présente convention, le comité des ministres du Conseil de l'Europe pourra inviter, selon les modalités qu'il jugera opportunes, tout État non membre du Conseil à adhérer à la présente convention.2. L'adhésion s'effectuera par le dépôt, près le secrétaire général du Conseil de l'Europe, d'un instrument d'adhésion qui prendra effet six mois après la date de son dépôt.Article 161. Toute partie contractante peut, au moment de la signature ou au moment du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion, désigner le ou les territoires auxquels s'appliquera la présente convention.2. Toute partie contractante peut, au moment du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion, ou à tout autre moment par la suite, étendre l'application de la présente convention, par déclaration adressée au secrétaire général du Conseil de l'Europe, à tout autre territoire désigné dans la déclaration et dont elle assure les relations internationales ou pour lequel elle est habilitée à stipuler.3. Toute déclaration faite en vertu du paragraphe précédent pourra être retirée, en ce qui concerne tout territoire désigné dans cette déclaration, aux conditions prévues par l'article 17 de la présente convention.Article 171. Toute partie contractante pourra, en ce qui la concerne, dénoncer la présente convention en adressant une notification au secrétaire général du Conseil de l'Europe.2. La dénonciation prendra effet six mois après la date de la réception de la notification par le secrétaire général.Article 18Le secrétaire général du Conseil de l'Europe notifiera aux États membres du Conseil et à toute partie contractante non membre du Conseil: a) toute signature;b) le dépôt de tout instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion;c) toute date d'entrée en vigueur de la présente convention conformément à ses articles 14 et 15;d) toute recommandation visée au paragraphe 1 de l'article 9 et la date à laquelle elle prendra effet;e) toute notification reçue en application des dispositions du paragraphe 3 de l'article 9;f) toute communication reçue en application des dispositions de l'article 12;g) toute déclaration reçue en application des dispositions des paragraphes 2 et 3 de l'article 16;h) toute notification reçue en application des dispositions de l'article 17 et la date à laquelle la dénonciation prendra effet.In witness whereof, the undersigned, being duly authorized thereto, have signed this Convention.Done at Strasbourg, this ... day of March 1976, in English and in French, both texts being equally authoritative, in a single copy which shall remain deposited in the archives of the Council of Europe. The Secretary General of the Council of Europe shall transmit certified copies to each of the signatory and acceding Parties.En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés à cet effet, ont signé la présente convention.Fait à Strasbourg, le ... mars 1976, en français et en anglais, les deux textes faisant également foi, en un seul exemplaire qui sera déposé dans les archives du Conseil de l'Europe. Le secrétaire général du Conseil de l'Europe en communiquera copie certifiée conforme à chacune des parties signataires et adhérentes.>PIC FILE= "T0019558">>PIC FILE= "T0019559"> Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLE DECISIONI? La presente convenzione, firmata sotto l’egida del Consiglio d’Europa, intende imporre ai paesi firmatari condizioni comuni minime per la protezione degli animali nei loro metodi di allevamento. La convenzione è stata emendata nel 1992 dal protocollo di modifica. La decisione 78/923/CEE e la decisione 92/583/CEE hanno segnato rispettivamente la conclusione della convenzione europea per la protezione degli animali negli allevamenti e del suo protocollo di modifica. PUNTI CHIAVE La convenzione si applica agli animali d’allevamento, ovvero agli animali allevati o custoditi per la produzione di prodotti alimentari, lana, pelli, pellicce o altri scopi agricoli, compresi gli animali provenienti da modificazioni genetiche o da nuove combinazioni genetiche. La convenzione si rivolge in particolare agli animali che si trovano in sistemi di allevamento intensivo. L’obiettivo della convenzione è proteggere gli animali da allevamento da inutili sofferenze o lesioni, a causa delle condizioni di alloggiamento, alimentazione o cura. Per raggiungere questo obiettivo, la convenzione impone ai paesi che l’hanno approvata di rispettare determinate regole, in particolare relativamente al sito di allevamento (spazio e condizioni ambientali), all’alimentazione e la salute degli animali, e all’organizzazione delle ispezioni degli impianti tecnici nei moderni sistemi di allevamento intensivo. La convenzione crea un comitato permanente che sovrintende alla sua attuazione. Questo comitato può elaborare e adottare raccomandazioni nei confronti dei paesi firmatari. DATA DI ENTRATA IN VIGORE La convenzione è entrata in vigore il 10 settembre 1978. DOCUMENTI PRINCIPALI Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978, pag. 14). Protocollo di modifica alla convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 22). Decisione 78/923/CEE del Consiglio, del 19 giugno 1978, relativa alla conclusione della convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12). Decisione 92/583/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992, relativa alla conclusione del protocollo di modifica della convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 21). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2008/119/CE del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime relative alla protezione dei vitelli (versione codificata) (GU L 10 del 15.1.2009, pag. 7). Le successive modifiche alla direttiva 2008/119/CE del Consiglio sono state integrate al testo originale. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Direttiva 2008/120/CE del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini (Versione codificata) (GU L 47 del 18.2.2009, pag. 5). Si veda la versione consolidata. Direttiva 1999/74/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole (GU L 203 del 3.8.1999, pag. 53). Si veda la versione consolidata. Direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti (GU L 221 dell’8.8.1998, pag. 23). Si veda la versione consolidata.
1
995
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione di principi contabili internazionali Gazzetta ufficiale n. L 243 del 11/09/2002 pag. 0001 - 0004 Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 19 luglio 2002relativo all'applicazione di principi contabili internazionaliIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Il Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 ha sottolineato l'esigenza di accelerare il completamento del mercato interno dei servizi finanziari, ha stabilito la scadenza del 2005 per la messa in atto del piano d'azione per i servizi finanziari della Commissione e ha invitato a prendere misure per migliorare la comparabilità dell'informativa finanziaria pubblicata dalle società i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici.(2) Ai fini di un migliore funzionamento del mercato interno, occorre obbligare le società i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici ad applicare un insieme unico di principi contabili internazionali di elevata qualità per la redazione dei loro bilanci consolidati. Inoltre, è importante che i principi dell'informativa finanziaria applicati dalle società comunitarie attive nei mercati finanziari siano accettate a livello internazionale e costituiscano principi di carattere veramente globale. Ciò implica una maggiore convergenza dei principi contabili attualmente utilizzati a livello internazionale, con l'obiettivo finale di conseguire un insieme unico di principi contabili su scala mondiale.(3) La direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società(4), la direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1983, relativa ai conti consolidati(5), la direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari(6), e la direttiva 91/674/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1991, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle imprese di assicurazione(7), sono altresì rivolte alle società comunitarie i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici. Gli obblighi in materia informativa stabiliti da queste direttive non possono garantire l'elevato livello di trasparenza e comparabilità dell'informativa finanziaria da parte di tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici, che costituisce una condizione necessaria per creare un mercato dei capitali integrato operante in modo efficace, agevole ed efficiente. È quindi necessario integrare il quadro giuridico applicabile alle società i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici.(4) Il presente regolamento mira a contribuire ad un funzionamento efficiente, sotto il profilo operativo e dei costi, dei mercati dei capitali. La tutela degli investitori e il mantenimento della fiducia sono anch'essi aspetti importanti del completamento del mercato interno nel settore finanziario. Il presente regolamento rafforza la libertà di movimento dei capitali nel mercato interno e contribuisce a mettere le imprese comunitarie nelle condizioni di competere ad armi pari per l'allocazione delle risorse finanziarie disponibili nei mercati comunitari dei capitali nonché in quelli mondiali.(5) È fondamentale per la competitività dei mercati comunitari dei capitali promuovere la convergenza dei principi seguiti in Europa per redigere i bilanci, introducendo l'uso di principi contabili internazionali che possano essere riconosciuti su scala mondiale, al fine di realizzare operazioni transfrontaliere o di ottenere l'ammissione alla quotazione ovunque nel mondo.(6) Il 13 giugno 2000 la Commissione ha pubblicato la comunicazione "La strategia dell'UE in materia di informativa finanziaria: la via da seguire" nella quale propone che tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici preparino i loro conti consolidati conformemente ad un insieme unico di principi contabili, gli International Accounting Standards (IAS), al più tardi nel 2005.(7) Gli International Accounting Standards (IAS) sono messi a punto dall'International Accounting Standards Committee (IASC), che si propone di sviluppare un unico insieme di principi contabili validi su scala mondiale. Il 1o aprile 2001, oltre alla ristrutturazione dello IASC, il nuovo Consiglio, adottando una delle sue prime decisioni, ha ridenominato lo IASC International Accounting Standards Board (IASB) e, per quanto riguarda i futuri principi contabili internazionali, gli IAS sono stati ridenominati International Financial Reporting Standards (IFRS). L'uso di questi principi contabili, se possibile e a condizione che assicurino un grado elevato di trasparenza e di comparabilità dell'informativa finanziaria nella Comunità, andrebbe reso obbligatorio per tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico.(8) Le misure necessarie per l'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8) e tenuto debito conto della dichiarazione rilasciata dalla Commissione al Parlamento europeo il 5 febbraio 2002 sull'attuazione della legislazione relativa ai servizi finanziari.(9) Per adottare un principio contabile internazionale da applicare nella Comunità, è necessario in primo luogo che esso rispetti il requisito di base stabilito dalle direttive del Consiglio sopra menzionate, vale a dire che la sua applicazione comporti un'autentica ed equa visione della posizione finanziaria e delle prestazioni di un'impresa - principio che occorre valutare alla luce delle suddette direttive del Consiglio senza implicare un rigoroso adeguamento a tutte le disposizioni di tali direttive. In secondo luogo, è necessario che, in ossequio alle conclusioni del Consiglio del 17 luglio 2000, il principio contribuisca all'interesse pubblico europeo e, infine, rispetti i criteri fondamentali per quanto riguarda la qualità dell'informazione prevista per le dichiarazioni finanziarie di cui si avvalgono gli utenti.(10) Un comitato tecnico di contabilità provvederà a fornire alla Commissione il supporto e la consulenza tecnica necessari per la valutazione dei principi contabili internazionali.(11) Il meccanismo di omologazione dovrebbe essere in grado di decidere rapidamente in merito ai principi contabili internazionali proposti e costituire altresì una sede di deliberazione, di riflessione e di scambio di informazioni in merito ai principi contabili internazionali per le principali parti interessate, in particolare gli organi di normazione contabile a livello nazionale, le autorità di vigilanza del settore dei valori mobiliari, del settore bancario e delle assicurazioni, le banche centrali compresa la BCE, i contabili e gli utilizzatori e gli estensori dei conti. Il meccanismo dovrebbe favorire un'interpretazione comune dei principi contabili internazionali adottati nella Comunità.(12) Conformemente al principio di proporzionalità, le disposizioni del presente regolamento, che prescrivono alle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico di conformarsi ad un insieme unico di principi contabili internazionali, sono necessarie per contribuire all'efficienza, in termini operativi e di costi, dei mercati comunitari dei capitali e quindi per il completamento del mercato interno.(13) Conformemente allo stesso principio, è necessario che, per quanto riguarda i conti annuali, sia data agli Stati membri la facoltà di permettere o di imporre alle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico di redigere i conti annuali conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura stabilita nel presente regolamento. Gli Stati membri possono decidere di estendere tale facoltà o tale obbligo anche ad altre società per quanto riguarda la redazione dei loro conti consolidati e/o dei loro conti annuali.(14) Per facilitare lo scambio di opinioni e consentire agli Stati membri di coordinare le proprie posizioni, la Commissione dovrebbe informare a intervalli regolari il comitato di regolamentazione contabile sui progetti attivi, i documenti oggetto di discussione, i progetti preliminari e le successive proposte di principi contabili emessi dallo IASB e sui relativi lavori tecnici effettuati dal comitato tecnico di contabilità. È altresì importante che il Comitato di regolamentazione contabile sia informato tempestivamente qualora la Commissione intenda non proporre l'adozione di un principio contabile internazionale.(15) Nelle deliberazioni volte a definire le sue posizioni sui documenti pubblicati dallo IASB nel quadro dello sviluppo dei principi contabili internazionali (IFRS e SIC-IFRIC), la Commissione dovrebbe tener conto del fatto che occorrerebbe evitare svantaggi concorrenziali per le società europee che operano sul mercato globale e, nella massima misura possibile, del punto di vista delle delegazioni in seno al comitato di regolamentazione contabile. La Commissione deve essere rappresentata negli organi costituenti dello IASB.(16) Un sistema di esecuzione adeguato e rigoroso è fondamentale al fine di rafforzare la fiducia degli investitori nei mercati finanziari. A norma dell'articolo 10 del trattato, gli Stati membri devono adottare misure adeguate per garantire il rispetto dei principi contabili internazionali. La Commissione deve mantenere il contatto con gli Stati membri, in particolare per il tramite del comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CAERVM), per stabilire un approccio comune in merito all'applicazione.(17) È inoltre necessario autorizzare gli Stati membri a differire al 2007 l'applicazione di talune disposizioni per le società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico nella Comunità e in un mercato regolamentato di un paese terzo e che già applicano un altro insieme di principi internazionalmente riconosciuti come base principale dei loro conti consolidati, nonché per le società i cui titoli di debito sono negoziati unicamente in un mercato regolamentato. È nondimeno cruciale che, al più tardi nel 2007, un insieme unico di principi contabili internazionali (IAS) sia applicato a tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico regolamentato della Comunità.(18) Per consentire agli Stati membri e alle imprese di effettuare gli adeguamenti necessari per rendere possibile l'applicazione dei principi contabili internazionali, è necessario che talune disposizioni del presente regolamento entrino in applicazione solo nel 2005. È opportuno stabilire disposizioni adeguate per la prima applicazione degli IAS da parte delle società, a seguito dell'entrata in vigore del presente regolamento. Tali disposizioni dovrebbero essere stabilite a livello internazionale, onde garantire il riconoscimento sul piano internazionale delle sanzioni adottate,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoIl presente regolamento ha come obiettivo l'adozione e l'utilizzazione di principi contabili internazionali nella Comunità per armonizzare l'informazione finanziaria presentata dalle società di cui all'articolo 4, al fine di garantire un elevato livello di trasparenza e comparabilità dei bilanci e quindi l'efficiente funzionamento del mercato comunitario dei capitali e del mercato interno.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento, si intendono per "principi contabili internazionali" gli International Accounting Standards (IAS), gli International Financial Reporting Standards (IFRS) e le relative Interpretazioni (interpretazioni SIC/IFRIC), le successive modifiche di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall'International Accounting Standards Board (IASB).Articolo 3Adozione e utilizzo di principi contabili internazionali1. Secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, la Commissione decide in merito all'applicabilità di principi contabili internazionali all'interno della Comunità.2. I principi contabili internazionali possono essere adottati solo se:- non sono contrari al principio di cui all'articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 78/660/CEE e all'articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 83/349/CEE e contribuiscono all'interesse pubblico europeo,- rispondono ai criteri di comprensibilità, pertinenza, affidabilità e comparabilità richiesti dall'informazione finanziaria necessaria per adottare le decisioni economiche e valutare l'idoneità della gestione.3. Al più tardi il 31 dicembre 2002, la Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, decide in merito all'applicazione nella Comunità dei principi contabili internazionali esistenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento.4. I principi contabili internazionali adottati sono pubblicati in versione integrale, in ognuna delle lingue ufficiali della Comunità, come regolamento della Commissione, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 4Conti consolidati delle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblicoPer ogni esercizio finanziario avente inizio il 1o gennaio 2005, o in data successiva, le società soggette al diritto di uno Stato membro redigono i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 13, della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari(9).Articolo 5Opzioni relative ai conti annuali e alle società i cui titoli non sono negoziati in un mercato pubblicoGli Stati membri possono consentire o prescriverea) alle società di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti annualib) alle società diverse da quelle di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti consolidati e/o i loro conti annualiconformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2.Articolo 6Procedura di comitatologia1. La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione contabile, in seguito denominato "il comitato".2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7Informativa e coordinamento1. La Commissione mantiene un contatto regolare con il comitato sullo stato dei progetti attivi IASB e su qualsiasi altro documento relativo emesso dallo IASB, al fine di coordinare le posizioni ed agevolare la discussione sull'adozione dei principi che potrebbero derivare da tali progetti e documenti.2. La Commissione comunica debitamente e tempestivamente al comitato quando intende non proporre l'adozione di un principio.Articolo 8ComunicazioneGli Stati membri che adottano misure ai sensi dell'articolo 5 le comunicano immediatamente alla Commissione e agli altri Stati membri.Articolo 9Disposizioni transitorieIn deroga all'articolo 4, gli Stati membri possono disporre che i requisiti di cui a detto articolo siano applicabili unicamente a ogni esercizio finanziario avente inizio nel gennaio 2007, o dopo tale data, alle società:a) i cui soli titoli di debito sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 13, della direttiva 93/22/CEE; ob) i cui titoli sono ammessi alla negoziazione pubblica in un paese terzo e che, a tal fine, hanno applicato principi riconosciuti internazionalmente a partire da un esercizio finanziario iniziato prima della data di pubblicazione del presente regolamento nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Informazione e riesameLa Commissione esamina l'applicazione del presente regolamento e riferisce in merito al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 1o luglio 2007.Articolo 11Entrata in vigoreIl regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 19 luglio 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteT. Pedersen(1) GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 285.(2) GU C 260 del 17.9.2001, pag. 86.(3) Parere del Parlamento europeo del 12 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 7 giugno 2002.(4) GU L 222 del 14.8.1978, pag. 11. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 283 del 27.10.2001, pag. 28).(5) GU L 193 del 18.7.1983, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.(6) GU L 372 del 31.12.1986, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.(7) GU L 374 del 31.12.1991, pag. 7.(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(9) GU L 141 dell'11.6.1993, pag. 27. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 17.11.2000, pag. 27). Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Principi internazionali d’informativa finanziaria (IFRS) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso richiede che le società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico (cioè società dell’UE che hanno emesso titoli su un mercato regolamentato dell’UE (incluse banche e compagnie assicurative), redigano i loro conti consolidati in conformità con i principi di informativa finanziaria (IFRS)* dal 2005 in poi. L’applicazione di principi contabili comunitari ha contribuito ad aumentare la trasparenza e la comparabilità delle dichiarazioni finanziarie, riducendo il costo della raccolta di capitali per le società. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE hanno la facoltà di permettere o di imporre alle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico di redigere i conti annuali conformemente agli IFRS adottati secondo la procedura stabilita nel presente regolamento. Possono inoltre decidere di estendere questo permesso o requisito ad altre società per quanto concerne la preparazione dei loro conti consolidati o conti annuali. Al fine di garantire una supervisione politica appropriata, il regolamento istituisce un nuovo meccanismo UE volto a valutare gli IFRS adottati dall’Organismo internazionale di normalizzazione contabile (IASB), con sede a Londra, per fornire una convalida (approvazione) legale per l’utilizzo all’interno dell’UE. Il regolamento prevede l’istituzione di due organi incaricati di favorire il processo:il comitato di regolamentazione contabile (ARC) presieduto dalla Commissione e composto dai rappresentanti dei paesi dell’UE, decide se convalidare o meno gli IFRS in base alle proposte della Commissione; Il gruppo consultivo per l’informazione finanziaria in Europa (EFRAG) offre supporto e competenze alla Commissione per quanto riguarda la valutazione degli IFRS. Si compone di esperti contabili del settore privato provenienti da vari paesi dell’UE. Il meccanismo di omologazione prevede un processo formato da due livelli:un processo di regolamentazione, in cui l’ARC decide, sulla base della proposta della Commissione, se adottare gli IFRS; un processo tecnico nel quale l’EFRAG offre il supporto e le competenze necessarie per valutare gli IFRS e consigliare la Commissione in merito all’adozione degli IFRS in esame. Il regolamento (CE) n. 1126/2008 identifica i principi contabili internazionali e le relative interpretazioni. Questo regolamento è stato modificato varie volte per includere tutti i principi presentati dall’IASB dal 2008 in poi, comprese alcune revisioni del 2012 relative ai bilanci consolidati e alle informazioni da fornire in merito alle partecipazioni detenute in altre entità. Sul sito web della Commissione viene pubblicata e aggiornata regolarmente una tabella che elenca tutte le modifiche apportate al regolamento n. 1126/2008. Nel mese di giugno 2015, la Commissione europea ha adottato una relazione di valutazione del funzionamento del regolamento. Essa conclude principalmente che gli IFRS hanno contribuito efficacemente ad aumentare l’efficienza dei mercati comunitari dei capitali e a incrementare la trasparenza e la comparabilità delle dichiarazioni finanziarie. Sono state tuttavia individuati alcuni margini di miglioramento, come ad esempio il miglioramento della collaborazione tra gli attori del processo di omologazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal sabato 14 settembre 2002. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Informativa finanziaria (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Principi internazionali d’informativa finanziaria: precedentemente noti come Principi contabili internazionali (IAS), Principi internazionali d’informativa finanziaria (IFRS) e le relative interpretazioni (interpretazioni SIC-IFRIC*), successive modifiche di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall’International Accounting Standards Board (IASB). SIC-IFRIC: il Comitato permanente di interpretazione (SIC) era il predecessore dell’International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU L 243 dell’11.9.2002, pagg. 1-4). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1606/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Valutazione del regolamento (CE) n. 1606/2002, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (COM(2015) 301 final del 18.6.2015). Regolamento (CE) n. 1126/2008 della Commissione, del 3 novembre 2008, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 320 del 29.11.2008, pagg. 1-481). Si veda la versione consolidata.
0
673
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (CE) n.1161/2005 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 6 luglio 2005 relativo alla compilazione di conti trimestrali non finanziari per settore istituzionale IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere della Banca centrale europea (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Nel piano d'azione sulle esigenze statistiche dell'Unione economica e monetaria (UEM) approvato dal Consiglio Ecofin nel settembre 2000 si precisa che è urgentemente necessario disporre di una serie limitata di conti settoriali trimestrali e che questi conti dovrebbero essere disponibili entro 90 giorni dalla fine del trimestre cui si riferiscono. (2) La relazione comune del Consiglio Ecofin e della Commissione al Consiglio europeo sulle statistiche e sugli indicatori della zona euro, adottata dal Consiglio Ecofin il 18 febbraio 2003, sottolinea che entro il 2005 dovrebbero essere pienamente attuate azioni ad elevata priorità in diversi campi, tra cui i conti nazionali trimestrali per settore istituzionale. (3) Ai fini dell'analisi delle fluttuazioni cicliche dell'economia dell'Unione europea e della gestione della politica monetaria nell'ambito dell'UEM è necessario disporre di statistiche macroeconomiche sul comportamento economico e sulle interrelazioni dei singoli settori istituzionali, che non scaturiscono dai dati elaborati a livello del totale dell'economia. Occorre pertanto procedere alla compilazione di conti trimestrali per settore istituzionale per l'insieme dell'Unione europea e per la zona euro. (4) La compilazione di tali conti rientra nell'obiettivo generale di realizzare un sistema di conti annuali e trimestrali per l'Unione europea e per la zona euro. Il sistema comprende i principali aggregati macroeconomici e i conti finanziari e non finanziari per settore istituzionale. Lo scopo consiste nell'ottenere la coerenza tra tutti questi conti e, con riferimento ai conti del resto del mondo, tra i dati della bilancia dei pagamenti e i dati dei conti nazionali. (5) Ai fini della compilazione dei conti europei per settore istituzionale conformemente ai principi del Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità, istituito con regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio (3), si rende necessaria la trasmissione di conti nazionali trimestrali per settore istituzionale degli Stati membri. I conti europei devono tuttavia rispecchiare l'economia dell'area europea nel suo complesso e possono non coincidere con la semplice aggregazione dei conti degli Stati membri. In particolare l'obiettivo è quello di tener conto delle operazioni delle istituzioni e degli organi dell'Unione europea nei conti dell'area interessata (a seconda dei casi, l'Unione europea o la zona euro). (6) L'elaborazione di specifiche statistiche comunitarie è disciplinata dalle norme contemplate dal regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4). (7) Poiché lo scopo del presente regolamento, ossia la compilazione di conti trimestrali non finanziari per settore istituzionale per l'Unione europea e per la zona euro, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione in questione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. In particolare allorché forniscono un contributo trascurabile al totale europeo, gli Stati membri dovrebbero essere esentati dal trasmettere l'intera serie di dati dettagliati. (8) Le misure necessarie all'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5). (9) Il comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/392/CEE, Euratom del Consiglio (6), e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti, istituito con la decisione 91/115/CEE del Consiglio (7), sono stati consultati, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Scopo Il presente regolamento definisce un quadro comune per i contributi degli Stati membri alla compilazione dei conti trimestrali non finanziari europei per settore istituzionale. Articolo 2 Trasmissione di conti trimestrali non finanziari per settore istituzionale 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione conti trimestrali non finanziari per settore istituzionale come specificato in allegato, ad esclusione in un primo tempo delle voci P.1, P.2, D.42, D.43, D.44, D.45 e B.4G. 2. Un calendario per la trasmissione delle voci P.1, P.2, D.42, D.43, D.44, D.45 e B.4G e qualsiasi decisione di richiedere, per le operazioni elencate nell'allegato, un'articolazione per settore di contropartita sono adottati conformemente alla procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. Ogni decisione in tal senso è adottata solo dopo che la Commissione ha riferito al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del presente regolamento a norma dell'articolo 9. 3. I dati trimestrali di cui al paragrafo 1 sono trasmessi alla Commissione al più tardi 90 giorni di calendario dopo la fine del trimestre cui i dati si riferiscono. Durante un periodo transitorio di tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento i dati trimestrali di cui al paragrafo 1 sono trasmessi alla Commissione al più tardi 95 giorni di calendario dopo la fine del trimestre cui i dati si riferiscono. Contemporaneamente è trasmessa anche qualsiasi revisione dei dati relativi ai trimestri precedenti. 4. Il termine di trasmissione specificato al paragrafo 3 può essere modificato di un massimo di cinque giorni secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 5. La prima trasmissione di dati trimestrali è quella dei dati per il terzo trimestre del 2005. Gli Stati membri trasmettono tali dati entro il 3 gennaio 2006. Questa prima trasmissione include i dati retrospettivi per i periodi dal primo trimestre del 1999. Articolo 3 Obblighi in merito alla trasmissione dei dati 1. Tutti gli Stati membri trasmettono i dati specificati nell'allegato con riguardo al settore del resto del mondo (S.2) e al settore delle amministrazioni pubbliche (S.13). Uno Stato membro il cui prodotto interno lordo a prezzi correnti è normalmente superiore all'1 % del corrispondente totale comunitario trasmette i dati precisati nell'allegato per tutti i settori istituzionali. 2. La Commissione determina la percentuale del prodotto interno lordo complessivo della Comunità a prezzi correnti rappresentata normalmente dal prodotto interno lordo di uno Stato membro, come specificato al paragrafo 1, sulla base della media aritmetica dei dati annuali relativi agli ultimi tre anni trasmessi dagli Stati membri. 3. La percentuale (1 %) del totale comunitario di cui al paragrafo 1 può essere modificata secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 4. Deroghe al presente regolamento possono essere accettate dalla Commissione nel caso in cui i sistemi statistici nazionali necessitino di considerevoli adeguamenti. Tali deroghe hanno una durata non superiore a tre anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento o delle misure di esecuzione adottate secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. Articolo 4 Definizioni e standard Gli standard, le definizioni, le classificazioni e le norme contabili per i dati trasmessi ai fini del presente regolamento sono quelli fissati nel regolamento (CE) n. 2223/96 (di seguito «regolamento SEC»). Articolo 5 Fonti dei dati e requisiti di coerenza 1. Gli Stati membri elaborano i dati di cui al presente regolamento attingendo a tutte le fonti ritenute pertinenti, dando priorità alle informazioni dirette quali quelle ricavate da fonti amministrative o da indagini sulle imprese e sulle famiglie. Se tali informazioni dirette, in particolare per i dati retrospettivi di cui all'articolo 2, paragrafo 5, non possono essere rilevate, è ammessa la trasmissione di accurati dati stimati. 2. I dati trasmessi dagli Stati membri ai fini del presente regolamento sono coerenti con i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche e con i principali aggregati trimestrali del totale dell'economia trasmessi alla Commissione nel quadro del programma di trasmissione di dati del regolamento SEC. 3. I dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri ai fini del presente regolamento sono conformi ai corrispondenti dati annuali trasmessi nel contesto del programma di trasmissione di dati del regolamento SEC. Articolo 6 Standard di qualità e relazioni 1. Gli Stati membri adottano tutte le misure idonee a garantire il miglioramento nel tempo della qualità dei dati trasmessi onde soddisfare standard di qualità comuni da definire in conformità della procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 2. Entro un anno dalla loro prima trasmissione di dati gli Stati membri forniscono alla Commissione una descrizione aggiornata delle fonti, dei metodi e dei trattamenti statistici utilizzati. 3. Gli Stati membri informano la Commissione delle principali modifiche metodologiche o di altra natura suscettibili di influenzare i dati trasmessi entro tre mesi dall'entrata in vigore della modifica in questione. Articolo 7 Misure di esecuzione Le misure di esecuzione sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. Tali misure includono: a) la determinazione del calendario per la trasmissione delle voci P.1, P.2, D.42, D.43, D.44, D.45 e B.4G ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2; b) la richiesta dell'articolazione per settore di contropartita delle operazioni specificate nell'allegato ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2; c) la revisione del calendario delle trasmissioni trimestrali ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 4; d) la modifica della percentuale (1 %) del totale comunitario ai fini della determinazione dell'obbligo di trasmissione di dati per tutti i settori istituzionali ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3; e) la definizione di standard di qualità dei dati ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1. Articolo 8 Comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 9 Relazione sull'applicazione Entro cinque anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla sua applicazione. In particolare la relazione: a) fornisce informazioni sulla qualità delle statistiche elaborate; b) valuta i benefici derivanti alla Comunità, agli Stati membri, nonché ai fornitori e agli utilizzatori di dati statistici dall'elaborazione delle statistiche in questione in rapporto ai relativi costi; c) individua le possibilità di potenziale miglioramento e gli emendamenti ritenuti necessari alla luce dei risultati ottenuti. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 6 luglio 2005. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente J. STRAW (1) GU C 42 del 18.2.2004, pag. 23. (2) Parere del Parlamento europeo del 30 marzo 2004 (GU C 103 E del 29.4.2004, pag. 141), posizione comune del Consiglio dell'8 marzo 2005 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 26 maggio 2005 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1). (4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (7) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. ALLEGATO Trasmissione dei dati Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Conti trimestrali non finanziari dei paesi dell’Unione europea per settore istituzionale QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce un insieme di norme per i paesi dell’Unione europea (UE) per la compilazione di statistiche trimestrali non finanziarie coerenti sul comportamento economico dei singoli settori istituzionali*. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE devono trasmettere i conti trimestrali non finanziari alla Commissione europea, articolati secondo i seguenti settori istituzionali: totale dell’economia; totale dell’economia non specificato (solitamente riferito a imposte e contributi); società non finanziarie (società di capitali pubbliche e private che producono beni o forniscono servizi non finanziari); società finanziarie (entità private e pubbliche che esercitano dei servizi finanziari, quali banche, assicurazioni e fondi pensione); amministrazioni pubbliche; famiglie e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie (ISP, ad esempio organismi di beneficenza e sindacati); resto del mondo (transazioni con residenti extra-UE). L’allegato al regolamento fornisce una matrice dettagliata delle tipologie specifiche di dati richiesti per ogni settore istituzionale, distinguendo tra impieghi e risorse. I dati richiesti riguardano: spesa per consumi individuali e collettivi; investimenti; esportazioni e importazioni di beni e servizi; redditi da lavoro dipendente; redditi da capitale, interessi e affitti; imposte, contributi, contributi e prestazioni sociali; premi di assicurazione e indennizzi; trasferimenti in conto capitale, imposte in conto capitale e contributi agli investimenti; ammortamenti (consumo di capitale fisso); valore aggiunto lordo; reddito disponibile; risparmio; accreditamento e indebitamento. Tutti i paesi dell’UE devono trasmettere i dati corrispondenti ai settori del resto del mondo e delle amministrazioni pubbliche, mentre solo i paesi il cui prodotto interno lordo è normalmente superiore all’1 % del totale dell’UE devono fornire i dati per tutti i settori istituzionali. I conti devono essere trasmessi al più tardi 90 giorni dopo la fine del trimestre cui i dati si riferiscono e devono essere conformi al regolamento (CE) n. 2223/96 che ha introdotto la versione del 1995 del sistema europeo dei conti. Nel fornire i dati, i paesi dell’UE devono dare priorità alle informazioni dirette, quali quelle ricavate da fonti amministrative o da indagini sulle imprese e sulle famiglie, e devono fornire alla Commissione una descrizione delle fonti, dei metodi e dei trattamenti statistici utilizzati. La Commissione trasmetterà al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del regolamento entro 5 anni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Esso è in vigore dall’11 agosto 2005. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Settori istituzionali» sul sito Internet di Eurostat. * TERMINI CHIAVE Settore istituzionale: un settore istituzionale combina gruppi che hanno caratteristiche e comportamenti generalmente simili, in questo caso come strumento per raccogliere statistiche utili. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1161/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005, relativo alla compilazione dei conti non finanziari per settore istituzionale (GU L 191 del 22.7.2005, pagg. 22-28) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1161/2005 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
1
122
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. Regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativo ad una disciplina speciale per l'assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane Gazzetta ufficiale n. L 108 del 27/04/1999 pag. 0002 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 856/1999 DEL CONSIGLIOdel 22 aprile 1999relativo ad una disciplina speciale per l'assistenza ai fornitori ACP tradizionali di bananeIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 W,vista la proposta della Commissione(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato(2),(1) considerando che l'Unione europea è vincolata dagli impegni contratti nei confronti dei paesi ACP in base ai termini della convenzione di Lomé e, più particolarmente, del suo protocollo n. 5 che punta a garantire agli Stati ACP il mantenimento dei vantaggi di cui beneficiano sul mercato europeo, l'accesso a tale mercato a condizioni che non possono essere meno favorevoli di quelle di cui hanno beneficiato in precedenza e il miglioramento delle condizioni di produzione e di commercializzazione delle banane ACP;(2) considerando che l'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana, istituita dal regolamento (CEE) n. 404/93(3), ha creato un quadro che consente ai fornitori ACP tradizionali di continuare a fruire, sul mercato comunitario, degli stessi vantaggi di cui hanno già fruito in passato;(3) considerando che, in particolare, il regime degli scambi con i paesi terzi stabilito dal titolo IV di detto regolamento prevede che le banane originarie dei paesi ACP, che sono fornitori tradizionali della Comunità, siano commercializzate sul mercato comunitario a condizioni tali da garantire un congruo reddito ai produttori, in base agli impegni contratti dalla Comunità;(4) considerando che tale regime degli scambi è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1637/98;(5) considerando che le modifiche degli scambi hanno alterato in misura sostanziale le condizioni di mercato per i fornitori ACP tradizionali e potrebbero in particolare costituire un pregiudizio per i fornitori più svantaggiati;(6) considerando che i fornitori ACP tradizionali dovranno compiere particolari sforzi per adattarsi alle nuove condizioni di mercato al fine di rimanere presenti sul mercato comunitario e salvaguardare la competitività delle forniture ACP tradizionali;(7) considerando che è quindi necessario prestare ai fornitori ACP tradizionali un'assistenza tecnica e finanziaria complementare a quella prevista dalla quarta convenzione ACP-CE di Lomé, per aiutarli ad adattarsi alle nuove condizioni di mercato e in particolare a migliorare la loro capacità di concorrenza; che è opportuno promuovere nel contempo metodi di produzione e di commercializzazione delle banane compatibili con le esigenze di tutela dell'ambiente e che altresì osservino norme sociali;(8) considerando che è opportuno stabilire criteri oggettivi per determinare l'entità di tale assistenza, la quale dovrebbe essere proporzionata allo sforzo richiesto in conseguenza delle nuove condizioni di mercato;(9) considerando che, per garantirne l'efficacia in rapporto agli obiettivi perseguiti, è opportuno che l'assistenza sia temporanea e gradualmente decrescente;(10) considerando che, per agevolare l'attuazione delle presenti disposizioni, è opportuno istituire una procedura che preveda una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituita una disciplina speciale per l'assistenza tecnica e finanziaria ai fornitori ACP tradizionali di banane, volta a facilitarne l'adattamento alle nuove condizioni di mercato conseguenti alle modifiche apportate all'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana dal regolamento (CE) n. 1637/98.2. La suddetta disciplina speciale è attuata per un periodo massimo di dieci anni a decorrere dal 1o gennaio 1999.Articolo 2Ai fini del presente regolamento si intende per:- "fornitori ACP tradizionali": gli Stati ACP elencati nell'allegato,- "banane": le banane fresche o essiccate di cui al codice NC 0803, ad eccezione delle banane da cuocere.Articolo 31. I fornitori ACP tradizionali sono ammissibili ad un'assistenza tecnica e finanziaria.2. L'assistenza tecnica e finanziaria è concessa su richiesta degli ACP allo scopo di facilitare l'esecuzione di programmi destinati:a) a promuovere la competitività nel settore della banana, in particolare mediante i seguenti provvedimenti:- aumento della produttività, senza causare danni all'ambiente,- miglioramento della qualità, comprese misure fitosanitarie,- adattamento dei metodi di produzione, di distribuzione o di commercializzazione alle norme qualitative stabilite dall'articolo 2 del regolamento (CEE) n. 404/93,- costituzione di organizzazioni di produttori aventi come finalità di migliorare le condizioni di commercializzazione e di concorrenza dei loro prodotti e di promuovere sistemi di certificazione dei metodi di produzione rispettosi dell'ambiente, incluse le banane del commercio equo,- sviluppo di una strategia produttiva e/o commerciale rispondente alle esigenze del mercato in base all'organizzazione comune del mercato comunitaria nel settore della banana,- promozione della formazione, della prospezione del mercato, dell'introduzione di metodi di produzione rispettosi dell'ambiente, incluse le banane del commercio equo, dell'adeguamento dell'infrastruttura di distribuzione e della prestazione di moderni servizi commerciali e finanziari ai produttori di banane;b) a sostenere la diversificazione ove il miglioramento della competitività nel settore della banana non sia sostenibile.Articolo 4La Commissione decide in merito all'ammissibilità dei programmmi di cui all'articolo 3, previa consultazione dei fornitori ACP tradizionali interessati, secondo le procedure di cui all'articolo 6, e tenendo particolare conto della situazione individuale di ciascun fornitore ACP, con particolare riguardo all'esigenza di soluzioni specifiche per la Somalia. Essa tiene conto inoltre della compatibilità del programma previsto con gli obiettivi generali di sviluppo del paese ACP in causa e della sua coerenza sul piano della cooperazione regionale con altri produttori di banane, in particolare i produttori comunitari.Articolo 51. La Commissione è incaricata di istruire, adottare decisioni sulle azioni effettuate in base al presente regolamento e gestirle secondo le procedure di bilancio e le altre procedure in vigore, in particolare quelle previste dal regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.2. Le decisioni riguardanti ogni azione finanziata in base al presente regolamento ad un costo superiore a 2 milioni di euro, od ogni adeguamento di tale azione che comporti un incremento superiore al 20 % dell'importo inizialmente proposto e le proposte di modifiche sostanziali da apportare a seguito di difficoltà riscontrate nell'attuazione di progetti già avviati sono adottate secondo la procedure di cui all'articolo 6.Quando il superamento di cui al primo paragrafo è superiore a 4 milioni di euro ma inferiore al 20 % dell'impiego originario il parere del comitato, definito all'articolo 6, può essere espresso con il ricorso a procedure semplificate e accelerate.La Commissione fornisce concise informazioni al comitato in ordine alle decisioni di finanziamento che intende adottare e che riguardano progetti e programmi di valore inferiore a 2 milioni di euro. Tali informazioni sono fornite almeno una settimana prima dell'adozione della decisione.3. Ogni convenzione e contratto di finanziamento concluso in base al presente regolamento prevede che la Commissione e la Corte dei conti effettuino controlli in loco secondo le abituali modalità stabilite dalla Commissione in base alle norme in vigore, in particolare quelle del regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.4. Quando le azioni sono oggetto di convenzioni di finanziamento tra la Comunità e il paese beneficiario, queste prevedono che il pagamento di tasse, dazi e altri eventuali oneri non sia a carico della Comunità.5. La partecipazione alle gare e ai contratti d'appalto è aperta, a parità di condizioni, a tutte le persone fisiche e giuridiche degli Stati membri, del paese beneficiario e degli Stati ACP. Essa può essere estesa ad altri paesi in via di sviluppo al fine di garantire il miglior rapporto costi/benefici in casi debitamente giustificati.6. Le forniture sono originarie degli Stati membri o degli Stati ACP. In casi eccezionali, debitamente giustificati, le forniture possono essere originarie di altri Stati.7. Un'attenzione particolare sarà rivolta:- alla ricerca della miglior redditività e di un impatto durevole nell'elaborazione dei progetti;- alla chiara definizione e al monitoraggio degli obiettivi e degli indicatori di realizzazione per tutti i progetti.8. L'assistenza fornita in base al presente regolamento completa e rafforza quella fornita nel quadro di altri strumenti di cooperazione allo sviluppo.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato geografico competente per lo sviluppo, composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.3. La Commmissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di un mese a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 71. Nell'ambito della dotazione globale stanziata per un determinato anno, la Commissione fissa l'importo massimo di cui ciascun fornitore ACP tradizionale può disporre per il finanziamento dei programmi di cui al paragrafo 2 dell'articolo 3, tenendo conto del grado di competitività riscontrato e dell'importanza della produzione bananiera per l'economia del paese considerato. Quando sono attuati esclusivamente i programmi definiti alla lettera b) del paragrafo 2 dell'articolo 3, la Commissione assegnerà un importo comparabile a quello fornito ad altri fornitori tradizionali.2. A decorrere dall'anno 2004 e in seguito per ogni successivo anno, si applica un coefficiente di riduzione pari ad un massimo del 15 % al livello di assistenza messo a disposizione dei singoli fornitori tradizionali ACP. Se sono attuati i programmi definiti a norma della lettera a) del paragrafo 2 dell'articolo 3, tale coefficiente di riduzione è ridotto allo stesso livello di un aumento della competitività riscontrato rispetto all'anno precedente.3. La Commissione stabilisce le modalità di applicazione secondo la procedura di cui all'articolo 8.Articolo 81. La Commissione adotta le modalità di applicazione del presente regolamento.2. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.4. La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 9Entro il 31 dicembre 2000, e successivamente ogni due anni, la Commissione presenta una relazione, sul funzionamento del presente regolamento, corredata eventualmente da proposte, al Parlamento europeo e al Consiglio.Articolo 10Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, il 22 aprile 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteW. MÜLLER(1) GU C 364 del 25.11.1998, pag. 14.(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 1998 (GU C 210 del 6.7.1998), posizione comune del Consiglio del 5 ottobre 1998 (GU C 364 del 25.11.1998), e decisione del Parlamento europeo del 28 gennaio 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 47 del 25.2.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1637/98 (GU L 210 del 28.7.1998, pag. 28).ALLEGATOELENCO DI CUI AL PRIMO TRATTINO DELL'ARTICOLO 2Fornitori ACP tradizionali di bananeBelizeCamerunCapo VerdeCosta d'AvorioDominicaGrenadaGiamaicaMadagascarSaint LuciaSaint Vincent e GrenadineSomaliaSuriname Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Assistenza a favore dei fornitori ACP tradizionali di banane - EUR-Lex Dal 1994 al 2008 l'Unione europea (UE) ha fornito un’assistenza tecnica e finanziaria temporanea a favore dei fornitori tradizionali di banane dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Questa assistenza doveva facilitarne l’adattamento alle nuove condizioni di mercato nel settore delle banane e doveva aiutare i paesi beneficiari ad essere più competitivi e/o a diversificare le loro economie. ATTO Regolamento (CE) n. 2686/94 del Consiglio, del 31 ottobre 1994, che istituisce un sistema speciale di assistenza in favore dei fornitori tradizionali ACP di banane. Regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativo ad una disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane. SINTESI I paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) fornitori tradizionali di banane hanno beneficiato di un quadro di aiuti per migliorare la competitività e la diversificazione della loro produzione agricola. Il termine«fornitore ACP tradizionale di banane» non designa tutti i fornitori ACP attuali di banane. I paesi interessati (definiti in funzione di riferimenti storici) sono: Belize, Camerun, Capo Verde, Costa d’Avorio, Dominica, Grenada, Giamaica, Madagascar, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Somalia e Suriname. Ai fini del presente regolamento si intende per «banane» le banane fresche o essiccate, ad eccezione delle banane da legume. La disciplina speciale temporanea è istituita dal regolamento (CE) n. 856/1999 per un periodo di dieci anni a decorrere dal 1o gennaio 1999. Attività che possono beneficiare dell’assistenza Le misure di assistenza sono volte a: accrescere la produttività e migliorare la qualità dei prodotti, anche nel settore fitosanitario; adattare i metodi di produzione, di distribuzione o di commercializzazione alle norme stabilite dal regolamento (CEE) n. 404/93 e (CE) n. 1234/2007; costituire organizzazioni di produttori per migliorare le condizioni di commercializzazione e di concorrenza dei loro prodotti; sviluppare il commercio equo, nonché un sistema di certificazione dei metodi di produzione rispettosi dell’ambiente; sviluppare strategie produttive e/o commerciali rispondenti alle esigenze del mercato; promuovere la formazione, la prospezione del mercato, l’introduzione di metodi di produzione rispettosi dell’ambiente ed equi; sostenere la diversificazione della produzione ove il miglioramento della competitività nel settore della banana non sia sostenibile. Finanziamento dei programmi L'assistenza finanziaria è intesa a completare e rafforzare l’assistenza fornita nel quadro di altri strumenti di cooperazione allo sviluppo. L’importo massimo a disposizione di ogni fornitore è fissato annualmente dalla Commissione tenendo conto del grado di competitività riscontrato e dell’importanza della produzione bananiera per l’economia del paese considerato. Il regolamento prevede dei meccanismi volti a ridurre gradualmente l’aiuto comunitario. A decorrere dall’anno 2004, si applica ogni anno un coefficiente di riduzione pari ad un massimo del 15 % al livello di assistenza messo a disposizione dei singoli paesi. Quando i programmi sono attuati, tale coefficiente di riduzione è ridotto allo stesso livello di aumento della competitività. I progetti finanziati dalla linea di bilancio «Banana» sono stati decentrati presso le delegazioni della Commissione europea nell’ultimo trimestre del 2005. Questo decentramento ha permesso alle delegazioni di gestire i progetti in maniera più efficace e di recuperare alcuni ritardi negli impegni o nei pagamenti. Valutazione La Commissione doveva presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’esecuzione del regolamento entro il 31 dicembre 2000 e in seguito ogni due anni. La Commissione ha presentato la sua prima relazione biennale nel febbraio 2001 e la sua seconda relazione biennale nel dicembre 2002. Contesto I paesi ACP hanno beneficiato di un regime commerciale preferenziale per l’esportazione di banane verso l'UE, da quando, nel 1993, è stata istituita l’organizzazione comune del mercato (OCM) della banana. Pertanto: dal 1993 al 2005 le importazioni di banane provenienti dai paesi non ACP erano soggette a quote e dazi doganali. I paesi ACP non erano soggetti a dazi doganali nel quadro di una quota e beneficiavano di dazi ridotti per le importazioni fuori quota; a partire dal 2006 il regime generale d’importazione è stato sostituito con un sistema basato unicamente sui dazi doganali, salvo per i paesi ACP che beneficiavano di un sistema di quote esonerato dai dazi doganali; dal 2008 i paesi ACP che hanno negoziato un accordo di partenariato economico (APE) (EN), beneficiano di un accesso senza quote e senza dazi doganali. Gli APE sostituiscono le disposizioni commerciali dell’accordo di Cotonou che scadevano il 31 dicembre 2007; dal 15 dicembre 2009 il dazio doganale applicabile alle importazioni dai paesi terzi (non ACP) ammonta a 148€/tonnellata. La disciplina speciale di assistenza a favore dei fornitori ACP, istituita nel 1999, si è conclusa nel 2008; tuttavia molti progetti sono ancora in fase di esecuzione. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (CE) n. 2686/94 5.11.1994 - GU L 286 del 5.11.1994 Regolamento (CE) n. 856/1999 30.4.1999 - GU L 108 del 27.4.1999 ATTI COLLEGATI Decisione 2010/314/UE del Consiglio-relativa alla firma e all’applicazione provvisoria dell’accordo di Ginevra sul commercio delle banane tra l’Unione europea e Brasile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Panama, Perù e Venezuela, e dell’accordo sul commercio delle banane tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America. Regolamento (CE) n. 1882/2003 recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE del Consiglio delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti soggetti alla procedura prevista all'articolo 251 del trattato CE [GU L 284 del 31.10.2003]. Regolamento (CE) n. 1609/1999 della Commissione recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio [Gazzetta ufficiale L 190 del 23.7.1999]. Questo regolamento stabilisce le modalità di applicazione della disciplina speciale di assistenza, ad esempio i termini, i metodi di calcolo del prezzo di riferimento, le quantità di riferimento e il divario di competitività. Le richieste di assistenza devono basarsi su una strategia coerente a lungo termine per il settore della banana. I programmi proposti devono essere elaborati in base a questa strategia e nella forma di piani d’azione annuali. I fondi assegnati ai paesi che non hanno presentato la richiesta di assistenza entro i termini fissati vengono distribuiti agli altri paesi. RELAZIONI Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo «Relazione biennale sulla disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane» [ COM(2010) 103 def. -Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. La disciplina speciale per l’assistenza si è conclusa il 31 dicembre 2008. La sua istituzione ha consentito ai paesi ACP produttori tradizionali di banane di compiere progressi in termini di: competitività e adattamento alle esigenze del mercato europeo, alle norme e alle politiche dell’UE nell’ottica di uno sviluppo economico sostenibile; diversificazione della produzione agricola, integrandola maggiormente e in maniera più strategica nella pianificazione di sviluppo del paese. Ciononostante, la maggior parte di questi paesi resta vulnerabile agli choc esterni e deve sempre far fronte ad importanti sfide per adattarsi alle pressioni del commercio mondiale. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2006 [ COM(2006) 806 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2004 [ COM(2004) 823 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Il regime commerciale dell’UE non è cambiato dall’ultima relazione e sono state prese delle misure nel quadro dell’allargamento. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 23 dicembre 2002 - Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2002 [ COM(2002) 763 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Nell’aprile 2001 la Comunità ha elaborato un nuovo regime per conformarsi alle norme dell'OMC, ponendo fine al 'conflitto della banana' tra gli Stati Uniti e la Comunità europea. Il sistema modificato rappresenta un compromesso e comporta notevoli modifiche, introdotte in diverse fasi, del regime di importazione delle banane dell’UE: il sistema di contingenti deve essere sostituito con un regime esclusivamente tariffario; nel frattempo, il mercato comunitario delle banane continuerà ad essere gestito attraverso un sistema di contingenti in base al metodo di riferimenti storici, anch’esso discusso con i paesi ACP. Dal 1999 al 2002, la Commissione ha principalmente constatato una riduzione degli importi destinati all’aumento della produttività delle piantagioni di banane a vantaggio di azioni volte a sostenere la diversificazione. Sono state introdotte alcune modifiche della struttura operativa e delle modalità di utilizzazione dei crediti. Tali modifiche corrispondono alla volontà della Commissione di migliorare le condizioni di gestione dei crediti segnatamente per quanto riguarda la trasparenza, la sicurezza e la determinazione delle responsabilità dei diversi partecipanti. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo del 7 febbraio 2001 -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (Regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2000 [ COM(2001) 67 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Le condizioni del mercato sono state difficili per i fornitori ACP tradizionali di banane negli anni 1999 e 2000. Il mercato è dominato dalle banane dell’America latina il cui prezzo è più basso. Inoltre, nel 1999 il prezzo delle banane è calato e nel 2000 è sceso ad un livello eccezionalmente basso. Infine, in seguito alle conclusioni sfavorevoli dell’OMC relative ai regimi d’importazione della Commissione, nel 1999 la Commissione ha apportato modifiche importanti al proprio regime d’importazione.
0
668
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (UE) 2015/475 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Il 22 luglio 1972 è stato firmato a Bruxelles un accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda («accordo»). (3) È necessario stabilire le modalità di attuazione delle clausole di salvaguardia e delle misure conservative di cui agli articoli da 23 a 28 dell'accordo. (4) L'esecuzione delle clausole bilaterali di salvaguardia dell'accordo richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure di salvaguardia. Tali misure dovrebbero essere adottate a norma del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). (5) Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alle situazioni di cui agli articoli 25, 25 bis e 27 dell'accordo o nel caso di aiuti all'esportazione che abbiano un'incidenza diretta e immediata sugli scambi, imperativi motivi di urgenza, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 La Commissione può decidere di adire il Comitato misto istituito dall'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda («accordo») in merito alle misure di cui agli articoli 23, 25, 25 bis e 27 del medesimo. Ove occorra, la Commissione adotta tali misure secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento. La Commissione informa gli Stati membri qualora decida di adire il Comitato misto in merito a una questione. Articolo 2 1. Nel caso di pratiche che possano giustificare l'applicazione da parte dell'Unione, delle misure previste all'articolo 24 dell'accordo, la Commissione, dopo aver costituito la documentazione di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, si pronuncia sulla compatibilità di tali pratiche con l'accordo. Ove occorra, la Commissione adotta misure di salvaguardia secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento. 2. Nel caso di pratiche che possano esporre l'Unione a subire misure di salvaguardia in virtù dell'articolo 24 dell'accordo, la Commissione, dopo aver costituito la documentazione, si pronuncia sulla compatibilità di tali pratiche con i principi sanciti nell'accordo. Ove occorra, essa formula le opportune raccomandazioni. Articolo 3 Nel caso di pratiche che possano giustificare l'applicazione, da parte dell'Unione, delle misure previste all'articolo 26 dell'accordo, si applicano le procedure stabilite dal regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (6) e dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7). Articolo 4 1. Quando circostanze eccezionali richiedono un intervento immediato, nelle situazioni previste agli articoli 25, 25 bis e 27 dell'accordo nonché nel caso di aiuti all'esportazione che abbiano un'incidenza diretta e immediata sugli scambi, la Commissione può adottare, secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento o, in casi di urgenza, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, del presente regolamento, le misure conservative di cui all'articolo 28, paragrafo 3, lettera e). 2. Quando l'azione della Commissione è richiesta da uno Stato membro, la Commissione si pronuncia su tale domanda entro il termine massimo di cinque giorni lavorativi dalla sua ricezione. Articolo 5 La notifica dell'Unione al Comitato misto prevista dall'articolo 28, paragrafo 2, dell'accordo è effettuata dalla Commissione. Articolo 6 1. La Commissione è assistita dal comitato per le misure di salvaguardia istituito dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio (8). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con il suo articolo 5. Articolo 7 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale presentata al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009. Articolo 8 Il regolamento (CEE) n. 2843/72 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II. Articolo 9 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio, del 19 dicembre 1972, relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (GU L 301 del 31.12.1972, pag. 162). (4) Si veda l'allegato I. (5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (6) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93). (7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). (8) Regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1). ALLEGATO I Regolamento abrogato ed elenco delle modifiche successive Regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio (GU L 301 del 31.12.1972, pag. 162). Regolamento (CEE) n. 640/90 del Consiglio (GU L 74 del 20.3.1990, pag. 4). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 2 dell'allegato ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CEE) n. 2843/72 Presente regolamento Articoli da 1 a 4 Articoli da 1 a 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 — Articolo 8 — Articolo 9 — Allegato I — Allegato II Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Unione europea e Islanda: chiarimento di determinate norme relative agli scambi commerciali (misure di salvaguardia) SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Codifica e abroga il precedente regolamento (CEE) 2843/72, che era stato modificato in maniera sostanziale diverse volte. Specifica le norme dettagliate necessarie per attuare le misure di salvaguardia* bilaterali stabilite nell'accordo di libero scambio del 22 luglio 1972 fra la Comunità economica europea (CEE) e l'Islanda. PUNTI CHIAVE La Commissione europea può adottare misure di salvaguardia qualora si verifichino le condizioni necessarie. Inoltre, la Commissione europea può adottare misure cautelari e di salvaguardia immediatamente applicabili in situazioni urgenti, ad esempio nel caso di aiuti all'esportazione con effetto diretto e immediato sugli scambi commerciali. Laddove un paese dell'UE richieda alla Commissione di agire, essa deve prendere una decisione relativa a tale richiesta entro un periodo massimo di cinque giorni lavorativi dalla sua ricezione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 16 aprile 2015. CONTESTO Le relazioni commerciali fra l'UE e l'Islanda sono regolate principalmente dall'accordo di libero scambio con la CEE del 1972 e dall'accordo sullo Spazio economico europeo, entrato in vigore nel gennaio 1994. TERMINE CHIAVE * Misure di salvaguardia: tali misure vengono introdotte quando un'indagine della Commissione europea conclude che le importazioni sono aumentate a tal punto da provocare (o minacciare di provocare) gravi danni ai produttori dell'UE. Sono misure temporanee, quali tetti massimi, applicate alle importazioni al fine di dare all'industria dell'UE il tempo per mettere in atto le necessarie modifiche. ATTO Regolamento (UE) n. 2015/475 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 1-5)
0
1,105
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. REGOLAMENTO (UE) N. 284/2011 DELLA COMMISSIONE del 22 marzo 2011 che stabilisce condizioni particolari e procedure dettagliate per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa speciale di Hong Kong, Cina, o da esse provenienti LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti ed alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l’articolo 48, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) La direttiva 2002/72/CE della Commissione (2) fissa disposizioni specifiche riguardanti i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, ivi comprese prescrizioni relative alla loro composizione, nonché restrizioni e specifiche per le sostanze che possono essere utilizzate nella loro fabbricazione. (2) Tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi di cui all’articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), sono state ricevute varie notifiche e allerte riguardanti materiali in contatto con gli alimenti importati nell’Unione dalla Repubblica popolare cinese (di seguito «Cina») e dalla regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese (di seguito «Hong Kong»), che rilasciano nei prodotti alimentari o nei loro simulanti quantità di sostanze chimiche non conformi alla legislazione dell’Unione. (3) Le notifiche e le allerte riguardano principalmente utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina che non sono conformi ai requisiti relativi al rilascio di amine aromatiche primarie e di formaldeide nei prodotti alimentari, figuranti rispettivamente nell’allegato V, parte A, e nell’allegato II, sezione A, della direttiva 2002/72/CE. (4) Le amine aromatiche primarie sono una famiglia di composti, alcuni dei quali sono cancerogeni e altri sono sospetti cancerogeni. Le amine aromatiche primarie possono presentarsi in materiali destinati a entrare in contatto con prodotti alimentari per effetto della presenza di impurità o di prodotti di degradazione. (5) Sono stati segnalati casi di utensili per cucina in poliammide originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong che rilasciano nei prodotti alimentari amine aromatiche primarie in quantità elevate. (6) La direttiva 2002/72/CE autorizza l’utilizzo della formaldeide nella fabbricazione di materie plastiche, a condizione che tali materie plastiche non rilascino nei prodotti alimentari più di 15 mg/kg di formaldeide (limite di migrazione specifica espresso come somma di formaldeide ed esamentilentetrammina). (7) Sono stati segnalati casi di utensili per cucina in melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong che rilasciano nei prodotti alimentari formaldeide in quantità superiori a quelle autorizzate. (8) Negli ultimi anni, per migliorare la conoscenza dei requisiti stabiliti dalla legislazione dell’Unione per i materiali in contatto con gli alimenti importati nell’Unione, la Commissione ha preso varie iniziative, tra cui sessioni di formazione per le autorità di controllo cinesi e l’industria interessata. (9) Nonostante queste iniziative, le missioni effettuate in Cina e a Hong Kong dall’Ufficio alimentare e veterinario nel 2009 hanno permesso di constatare gravi carenze nel sistema di controllo ufficiale per quanto riguarda le materie plastiche in contatto con gli alimenti destinate a essere importate nell’Unione e grandi quantità di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong che sono stati controllati non rispondono ancora ai requisiti stabiliti dalla legislazione dell’Unione. (10) Il regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) contiene disposizioni specifiche riguardanti i materiali e gli oggetti destinati ad entrare in contatto, direttamente o indirettamente, con gli alimenti e stabilisce alcuni requisiti generali e particolari a cui questi materiali e oggetti devono conformarsi. A norma dell’articolo 24 del suddetto regolamento, gli Stati membri effettuano controlli ufficiali per garantire l’osservanza del regolamento conformemente alle pertinenti disposizioni della normativa dell’Unione relativa ai controlli ufficiali dei prodotti alimentari e dei mangimi. Tali disposizioni sono contenute nel regolamento (CE) n. 882/2004. (11) In particolare, l’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 882/2004 dispone che, se la normativa dell’Unione non prevede le condizioni e le procedure dettagliate da rispettare all’atto di importare merci da paesi terzi, esse sono stabilite, se necessario, dalla Commissione. (12) L’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 882/2004 prevede la possibilità di imporre condizioni speciali di importazione per particolari prodotti provenienti da certi paesi terzi, tenendo conto dei rischi associati a tali prodotti. (13) Per ridurre al minimo i rischi sanitari che possono derivare dagli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, ogni partita di questi prodotti deve essere accompagnata da una documentazione appropriata, comprendente i risultati di analisi da cui risulti che la partita è conforme ai requisiti relativi al rilascio rispettivamente di amine aromatiche policicliche e di formaldeide, stabiliti dalla direttiva 2002/72/CE. (14) Per garantire un’organizzazione più efficiente dei controlli degli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, gli importatori o i loro rappresentanti devono notificare preventivamente l’arrivo e il contenuto delle partite. Inoltre, gli Stati membri devono avere la possibilità di designare punti di ingresso specifici attraverso i quali le partite di questi articoli possono essere introdotte nell’Unione. Queste informazioni devono essere accessibili al pubblico. (15) Per garantire l’uniformità al livello dell’Unione dei controlli sugli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, è necessario stabilire nel presente regolamento la procedura da seguire per i controlli ufficiali, come definiti all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 882/2004. Tali controlli devono consistere in controlli documentali, controlli di identità e controlli fisici. (16) Se nel corso dei controlli fisici è constatata una non conformità, gli Stati membri devono immediatamente informare la Commissione tramite il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi. (17) Gli Stati membri devono avere la possibilità, in casi specifici, di autorizzare l’inoltro dal punto di ingresso di partite di utensili di cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, a condizione che siano adottate disposizioni, d’intesa con l’autorità competente del luogo di destinazione, atte a garantire la tracciabilità delle partite in attesa dei risultati dei controlli fisici, per consentire all’autorità competente di gestire in modo efficace ed efficiente la procedura di importazione di queste partite. (18) L’immissione in libera pratica di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong deve avvenire soltanto dopo che sono stati ultimati tutti i controlli e i risultati sono stati resi noti. A questo scopo, prima che le merci possano essere immesse in libera pratica, i risultati dei controlli devono essere messi a disposizione delle autorità doganali. (19) È necessario istituire una procedura per la registrazione delle informazioni ottenute per mezzo di questi controlli. Tali informazioni devono essere regolarmente comunicate alla Commissione. (20) Le disposizioni del presente regolamento devono essere periodicamente riesaminate, tenendo conto delle informazioni ricevute degli Stati membri. (21) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce condizioni specifiche e procedure dettagliate per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese (di seguito «Cina») e della regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese (di seguito «Hong Kong») o da esse provenienti. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: a) utensili per cucina in plastica, oggetti di materie plastiche come definiti all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2002/72/CE e classificati sotto il codice NC ex 3924 10 00; b) partita, una quantità di utensili per cucina in plastica a base di poliammide o di melammina oggetto dello stesso documento o degli stessi documenti, trasportata con lo stesso mezzo di trasporto e proveniente dallo stesso paese terzo; c) autorità competenti, le autorità competenti designate a norma dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 882/2004; d) punto di ingresso, il punto di ingresso nell’Unione di una partita; e) controllo documentale, la verifica dei documenti di cui all’articolo 3 del presente regolamento; f) controllo di identità, la verifica, mediante ispezione visiva, della concordanza tra i documenti che accompagnano la partita e il contenuto della partita stessa; g) controllo fisico, il prelievo di campioni da sottoporre ad analisi e prove di laboratorio e qualsiasi altro controllo necessario per verificare la conformità ai requisiti relativi al rilascio di amine aromatiche policicliche e di formaldeide stabiliti dalla direttiva 2002/72/CE. Articolo 3 Condizioni di importazione 1. Gli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong sono importati negli Stati membri soltanto se l’importatore presenta all’autorità competente, per ogni partita, una dichiarazione, debitamente compilata, attestante la sua conformità ai requisiti relativi al rilascio di amine aromatiche primarie e di formaldeide indicati rispettivamente nell’allegato V, parte A e nell’allegato II, sezione A, della direttiva 2002/72/CE. 2. Un modello della dichiarazione di cui al paragrafo 1 è riportato nell’allegato del presente regolamento. La dichiarazione è redatta nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro nel quale la partita è importata. 3. La dichiarazione di cui al paragrafo 1 è accompagnata da un rapporto di laboratorio che contiene: a) per quanto riguarda gli utensili per cucina in poliammide, risultati di analisi che dimostrano che essi non rilasciano amine aromatiche primarie in quantità rilevabili in prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari. Il limite di rilevazione è riferito alla somma delle amine aromatiche primarie. Ai fini dell’analisi, il limite di rilevazione per le amine aromatiche primarie è fissato a 0,01 mg/kg di prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari; b) per quanto riguarda gli utensili per cucina in melammina, risultati di analisi che dimostrano che essi non rilasciano formaldeide in quantità superiore a 15 mg/kg di prodotti alimentari. 4. L’autorità competente indica nella dichiarazione riportata nell’allegato del presente regolamento se le merci possono o no essere immesse in libera pratica, secondo che siano o no conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 2002/72/CE, di cui al paragrafo 1. Articolo 4 Notifica preliminare delle partite Gli importatori o i loro rappresentanti notificano all’autorità competente del punto di ingresso, con almeno due giorni lavorativi di anticipo, la data e l’ora previste dell’arrivo delle partite originarie o provenienti dalla Cina e da Hong Kong. Articolo 5 Notifica del punto di ingresso Se gli Stati membri decidono di designare punti di ingresso specifici per le partite originarie o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, pubblicano su Internet un elenco aggiornato di tali punti e comunicano l’indirizzo Internet alla Commissione. La Commissione pubblica nel suo sito web, per informazione, i link verso gli elenchi nazionali dei punti di ingresso specifici. Articolo 6 Controlli al punto di ingresso 1. L’autorità competente effettua al punto di ingresso: a) controlli documentali su tutte le partite entro due giorni lavorativi dal loro arrivo; b) controlli di identità e fisici, tra cui analisi di laboratorio sul 10 % delle partite, eseguiti in modo da non permettere agli importatori o ai loro rappresentanti di prevedere quale particolare partita sarà sottoposta a tali controlli; i risultati dei controlli fisici devono essere resi noti non appena tecnicamente possibile. 2. Se l’analisi di laboratorio di cui al paragrafo 1, lettera b), accerta una non conformità, le autorità competenti comunicano immediatamente i risultati alla Commissione tramite il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi di cui all’articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002. Articolo 7 Inoltro delle partite L’autorità competente del punto di ingresso può autorizzare l’inoltro delle partite originarie o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, in attesa dei risultati dei controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b). Se l’autorità competente concede l’autorizzazione di cui al primo comma, informa l’autorità competente del luogo di destinazione e fornisce una copia della dichiarazione riportata nell’allegato, debitamente completata come previsto all’articolo 3, e dei risultati dei controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), non appena essi sono disponibili. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché le partite restino sotto il controllo costante delle autorità competenti e non possano in alcun modo essere manomesse in attesa dei risultati dei controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b). Articolo 8 Immissione in libera pratica L’immissione in libera pratica degli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong è subordinata alla presentazione alle autorità doganali della dichiarazione riportata nell’allegato, debitamente completata come previsto all’articolo 3. Articolo 9 Trasmissione di un rapporto alla Commissione 1. Quando sono effettuati i controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, le autorità competenti registrano le seguenti informazioni: a) i dati relativi a ogni partita controllata, in particolare: i) dimensione (numero di articoli); ii) paese d’origine; b) il numero di partite da cui sono stati prelevati e analizzati campioni; c) i risultati dei controlli di cui all’articolo 6. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione un rapporto trimestrale contenente le informazioni di cui al paragrafo 1 entro il mese seguente ciascun trimestre. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento si applica a decorrere dal 1o luglio 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati. Fatto a Bruxelles, il 22 marzo 2011. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. (2) GU L 220 del 15.8.2002, pag. 18. (3) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. (4) GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4. ALLEGATO Dichiarazione da fornire per ogni partita di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originaria della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa speciale di Hong Kong, Cina, o da esse proveniente Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Importazione di utensili da cucina in plastica dalla Cina QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso fissa condizioni specifiche e procedure per l’importazione nell’UE di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Cina o di Hong Kong. PUNTI CHIAVE Condizioni di importazioneL'autorità competente al primo punto di ingresso nell’UE dovrà eseguire controlli documentali su tutte le partite e controlli di identità e controlli fisici sul 10 % delle partite. Solo allora le merci possono essere immesse sul mercato.Per dimostrare la conformità e facilitare le procedure di controllo, l’importatore deve fornire all’autorità competente una dichiarazione per ogni partita. Ciò attesta che la partita soddisfa i requisiti relativi al rilascio di composti organici amine aromatiche primarie e di formaldeide. La dichiarazione è accompagnata da un rapporto di laboratorio che dimostra: che gli utensili per cucina in poliammide non rilasciano amine aromatiche primarie in quantità rilevabili in prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari (il limite di rilevazione è fissato a 0,01 mg/kg);che gli utensili per cucina in melammina non rilasciano formaldeide in quantità superiore a 15 mg/kg in prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari.L'autorità completa i controlli fisici non appena ciò sia tecnicamente fattibile; da quel momento è consentito il trasporto ma solo in determinate condizioni.L’autorità competente indica nella dichiarazione se le merci possono o no essere immesse in libera pratica nell’UE.Se l’analisi di laboratorio accerta una non conformità con le condizioni per l’importazione, la Commissione europea deve essere immediatamente informata tramite il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi.Agli utensili da cucina si applica anche il regolamento (UE) n. 10/2011.NotificaGli importatori devono notificare all’autorità competente del punto di ingresso, con almeno due giorni lavorativi di anticipo, la data e l’ora previste dell’arrivo delle loro partite.Se uno Stato membro designa punti di ingresso specifici, pubblica su Internet un elenco aggiornato di tali punti e comunica l’indirizzo Internet alla Commissione.La Commissione pubblica nel suo sito web, per informazione, i link verso gli elenchi nazionali dei punti di ingresso.Trasmissione dei rapportiLe autorità competenti registrano le seguenti informazioni: il paese di origine della partita,il numero di articoli di ogni partita,il numero di partite controllate,i risultati dei controlli eseguiti.Un rapporto contenente queste informazioni viene trasmesso trimestralmente alla Commissione. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 1 luglio 2011. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Materiale a contatto con gli alimenti — Legislazione (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 284/2011 della Commissione, del 22 marzo 2011, che stabilisce condizioni particolari e procedure dettagliate per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa speciale di Hong Kong, Cina, o da esse provenienti (GU L 77, 23.3.2011, pagg. 25-29). DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1-142). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 10/2011 della Commissione, del 14 gennaio 2011, riguardante i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU L 12, 15.1.2011, pagg. 1-89). Le successive modifiche Regolamento (CE) n. 10/2011 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE. Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU L 165, 30.4.2004, pagg. 1-141). Testo ripubblicato nella rettifica (GU L 191, 28.5.2004, pagg. 1-52). Si veda la versione consolidata. Linee guida dell'UE per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della cina e Hong Kong Linee guida tecniche riguardanti gli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina e il campionamento e i metodi di analisi
0
258
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo. Inizio documento. DECISIONE DEL CONSIGLIO del 13 luglio 2010 a norma dell’articolo 140, paragrafo 2, del trattato, relativa all'adozione dell'euro da parte dell'Estonia il 1o gennaio 2011 (2010/416/UE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (il «trattato»), in particolare l'articolo 140, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, vista la relazione della Commissione europea, vista la relazione della Banca centrale europea, visto il parere del Parlamento europeo, visto il dibattito in seno al Consiglio europeo, vista la raccomandazione presentata dai membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri la cui valuta è l'euro, considerando quanto segue: (1) La terza fase dell'Unione economica e monetaria («UEM») è iniziata il 1o gennaio 1999. Con la decisione 1998/317/CE (1) il Consiglio, riunito a Bruxelles il 3 maggio 1998 nella composizione dei capi di Stato o di governo, ha stabilito che il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, l'Austria, il Portogallo e la Finlandia soddisfacevano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1o gennaio 1999. (2) Con la decisione 2000/427/CE (2) il Consiglio ha stabilito che la Grecia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2001. Con la decisione 2006/495/CE (3) il Consiglio ha stabilito che la Slovenia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2007. Con le decisioni 2007/503/CE (4) e 2007/504/CE (5) il Consiglio ha stabilito che Cipro e Malta, rispettivamente, soddisfacevano le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2008. Con la decisione 2008/608/CE (6) il Consiglio ha stabilito che la Slovacchia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2009. (3) A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intendeva passare alla terza fase dell'UEM il 1o gennaio 1999. Da allora tale notifica non è stata revocata. A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative alla Danimarca allegato al trattato che istituisce la Comunità europea e della decisione adottata a Edimburgo dai capi di Stato o di governo nel dicembre 1992, la Danimarca ha notificato al Consiglio che non intendeva partecipare alla terza fase dell'UEM. La Danimarca non ha chiesto l'avvio della procedura di cui all'articolo 140, paragrafo 2, del trattato. (4) A norma della decisione 98/317/CE la Svezia beneficia di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. Conformemente all'articolo 4 dell'atto di adesione del 2003, la Repubblica ceca, l'Estonia, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria e la Polonia beneficiano di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. A norma dell'articolo 5 dell’atto di adesione del 2005, la Bulgaria e la Romania beneficiano di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. (5) La Banca centrale europea («BCE») è stata istituita il 1o luglio 1998. Il sistema monetario europeo è stato sostituito da un meccanismo di cambio, la cui istituzione è stata decisa con una risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997, sull'istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (7). Le procedure operative del meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (ERM II) sono state stabilite nell'accordo del 16 marzo 2006 tra la BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro, che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (8). (6) La procedura per l'abolizione della deroga degli Stati membri che ne beneficiano è stabilita nell'articolo 140, paragrafo 2, del trattato. Almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga, la Commissione e la BCE riferiscono al Consiglio in conformità della procedura di cui all'articolo 140, paragrafo 1, del trattato. Le più recenti relazioni periodiche sulla convergenza della Commissione e della BCE sono state adottate nel maggio 2010. (7) La legislazione nazionale degli Stati membri, inclusi gli statuti delle banche centrali nazionali, deve essere adattata, se necessario, per garantire la compatibilità con gli articoli 130 e 131 del trattato e lo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea («statuto del SEBC e della BCE»). Le relazioni della Commissione e della BCE forniscono una valutazione dettagliata della compatibilità della legislazione dell'Estonia con gli articoli 130 e 131 del trattato e lo statuto del SEBC e della BCE. (8) A norma dell'articolo 1 del protocollo n. 13 sui criteri di convergenza («il protocollo»), il criterio relativo alla stabilità dei prezzi di cui all'articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del trattato significa che uno Stato membro presenta un andamento dei prezzi sostenibile e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all'esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della stabilità dei prezzi l'inflazione si misura mediante indici dei prezzi al consumo armonizzati (IPCA) definiti nel regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio, del 23 ottobre 1995, relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (9). Per valutare la stabilità dei prezzi, l'inflazione di uno Stato membro è stata misurata in base alla variazione percentuale della media aritmetica di 12 indici mensili rispetto alla media aritmetica dei 12 indici mensili precedenti. Nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorato di 1,5 punti percentuali. Nel periodo di un anno che è terminato a marzo 2010, il valore di riferimento dell’inflazione è stato calcolato all'1,0 %, con Portogallo, Estonia e Belgio che rappresentavano i tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, con tassi di inflazione, rispettivamente, a – 0,8 %, – 0,7 % e – 0,1 %. Nelle attuali circostanze economiche caratterizzate da un forte shock negativo comune, in cui un numero significativo di paesi affrontano episodi di tassi di inflazione negativi, sembra giustificato escludere dall'elenco dei paesi che hanno conseguito i migliori risultati quelli il cui tasso medio d'inflazione differisce nettamente dalla media dell'area euro (0,3 % nel marzo 2010) — in linea con il precedente della relazione di convergenza del 2004 —, poiché tali paesi non possono essere ragionevolmente considerati quali paesi che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi e includendoli si influirebbe fortemente sul valore di riferimento e, conseguentemente, sull'equità del criterio. Per marzo 2010, tale ragionamento conduce all'esclusione dell'Irlanda, che è il solo paese il cui tasso d'inflazione medio su dodici mesi (a – 2,3 % nel marzo 2010) si differenziava nettamente rispetto a quello dell'area euro e degli altri Stati membri, soprattutto a causa del forte rallentamento economico. (9) A norma dell'articolo 2 del protocollo, il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all'articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, del trattato significa che al momento dell'esame lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio a norma dell'articolo 126, paragrafo 6, del trattato circa l'esistenza di un disavanzo eccessivo. (10) A norma dell'articolo 3 del protocollo, il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo di cui all'articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, del trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo senza gravi tensioni per un periodo di almeno due anni prima dell'esame. In particolare, e per lo stesso periodo, non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti dell'euro. Dal 1o gennaio 1999 l'ERM II fornisce il quadro di riferimento per la valutazione del rispetto del criterio relativo al tasso di cambio. Nel valutare nelle loro relazioni il rispetto di questo criterio, la Commissione e la BCE hanno preso in esame il periodo di due anni conclusosi il 23 aprile 2010. (11) A norma dell'articolo 4 del protocollo, il criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse di cui all'articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino del trattato, significa che il tasso medio d'interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro, osservato nell'arco di un anno prima dell'esame, non ha superato di oltre due punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse sono stati utilizzati i tassi d'interesse comparabili delle obbligazioni di riferimento a dieci anni emesse dallo Stato. L'Estonia, che era uno degli Stati membri con i risultati migliori in termini di stabilità dei prezzi nel marzo 2010, non dispone di obbligazioni di Stato di riferimento a lungo termine armonizzate, né di titoli comparabili che possano essere utilizzati per calcolare il valore di riferimento. Di conseguenza, conformemente al testo del protocollo (che menziona i «tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi»), per valutare il rispetto del criterio della convergenza dei tassi d'interesse, nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come la media aritmetica semplice dei tassi d'interesse nominali degli altri due Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorata di due punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento per il periodo di un anno che termina a marzo 2010 era pari al 6,0 %, la media dei tassi d'interesse del Portogallo (4,2 %) e del Belgio (3,8 %), maggiorata di due punti percentuali. (12) A norma dell'articolo 5 del protocollo, i dati statistici da usare per l'attuale valutazione del rispetto dei criteri di convergenza devono essere forniti dalla Commissione. La Commissione ha fornito i dati per l'elaborazione della presente decisione. I dati di bilancio sono stati forniti dalla Commissione in base alle informazioni comunicate dagli Stati membri entro il 1o aprile 2010 a norma del regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (10). (13) Sulla base delle relazioni presentate dalla Commissione e dalla BCE sui progressi compiuti dall'Estonia nell'adempimento dei suoi obblighi relativi alla realizzazione dell'UEM, la Commissione può concludere che: a) la legislazione nazionale estone, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 130 e 131 del trattato e con lo statuto del SEBC e della BCE; b) per quanto riguarda il rispetto da parte dell'Estonia dei criteri di convergenza indicati nei quattro trattini dell'articolo 140, paragrafo 1, del trattato: — il tasso medio di inflazione dell'Estonia nei dodici mesi fino a marzo 2010 è stato pari a – 0,7 %, ossia ben inferiore al valore di riferimento, e dovrebbe mantenersi al di sotto di tale valore anche nei prossimi mesi, — l'Estonia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo con un disavanzo di bilancio nel 2009 pari all'1,7 % del PIL, — l'Estonia fa parte dell'ERM II dal 28 giugno 2004; nel biennio terminato il 23 aprile 2010, la corona estone non ha subito gravi tensioni e non si è registrata alcuna differenza in relazione alla sua parità centrale all'interno dell'ERM II dal momento della sua partecipazione al meccanismo, — dato il basso livello di debito pubblico lordo dell'Estonia, non sono disponibili obbligazioni statali a lungo termine o titoli analoghi da utilizzare come riferimento per valutare la sostenibilità della convergenza quale risulta dai tassi di interesse a lungo termine. La percezione del rischio sui mercati finanziari per quanto riguarda l'Estonia si è accresciuta all'apice della crisi, ma la sua evoluzione nel periodo di riferimento e una valutazione più globale della durabilità della convergenza, tenuto conto in particolare dei risultati della politica di bilancio dell'Estonia e della relativa flessibilità dell'economia, supporterebbe una valutazione positiva del rispetto da parte dell'Estonia del criterio dei tassi d'interesse a lungo termine; c) alla luce della valutazione della compatibilità della legislazione e del rispetto dei criteri di convergenza e dei fattori aggiuntivi, l'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. La deroga nei confronti dell'Estonia di cui all’articolo 4 dell’atto di adesione del 2003, è abrogata a decorrere dal 1o gennaio 2011. Articolo 2 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 13 luglio 2010. Per il Consiglio Il presidente D. REYNDERS (1) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 30. (2) GU L 167 del 7.7.2000, pag. 19. (3) GU L 195 del 15.7.2006, pag. 25. (4) GU L 186 del 18.7.2007, pag. 29. (5) GU L 186 del 18.7.2007, pag. 32. (6) GU L 195 del 24.7.2008, pag. 24. (7) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 5. (8) GU C 73 del 25.3.2006, pag. 21. (9) GU L 257 del 27.10.1995, pag. 1. (10) GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1. Fine documento. Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto:
Adesione dell'Estonia all'euro (2011) L'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. Essa adotterà quindi l'euro come moneta unica a partire dal 1º gennaio 2011. L'Estonia è il diciassettesimo Stato membro dell'Unione europea ad adottare l'euro. ATTO Decisione 2010/416/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, a norma dell’articolo 140, paragrafo 2, del trattato, relativa all'adozione dell'euro da parte dell'Estonia il 1º gennaio 2011 [Gazzetta ufficiale L 196 del 28.7.2010]. SINTESI Con la presente decisione, il Consiglio accerta che l'Estonia soddisfa tutte le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro: l'Estonia soddisfa i requisiti stabiliti dai criteri di convergenza: la stabilità dei prezzi; la situazione delle finanze pubbliche; la partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo; la presenza di un tasso d'interesse a lungo termine soddisfacente; l'Estonia dispone di una legislazione nazionale compatibile con l'introduzione dell'euro. Pertanto l'Estonia adotterà l'euro a partire dal 1º gennaio 2011. Stabilità dei prezzi Gli Stati membri devono presentare un andamento dei prezzi sostenibile. Ai fini del criterio, il tasso d'inflazione annuale dello Stato membro dev'essere inferiore al valore di riferimento, che corrisponde alla media dei tassi di inflazione annuale dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Se il tasso d'inflazione dello Stato membro candidato non supera di oltre 1,5 punti percentuali il valore di riferimento e se il suo risultato in termini di stabilità dei prezzi è considerato sostenibile, allora il criterio di stabilità dei prezzi è soddisfatto. Il Consiglio constata che il tasso d'inflazione annuale medio in Estonia calcolato nel marzo 2010 (-0.7%) è ben inferiore al valore di riferimento (0.3%) e ritiene quindi sostenibile il suo risultato in termini di stabilità dei prezzi. Finanze pubbliche L'Estonia non presenta alcun disavanzo di bilancio eccessivo. La situazione delle finanze pubbliche del paese è quindi soddisfacente e permette l'introduzione dell'euro. Partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo Il meccanismo stabilisce un tasso di cambio centrale tra l'euro e le monete nazionali degli Stati membri e autorizza fluttuazioni moderate rispetto al tasso centrale. Ciascun paese candidato all'adozione dell'euro deve aver partecipato a tale meccanismo di cambio per almeno due anni senza aver subito gravi tensioni nel corso della sua moneta. Conformemente ai requisiti dei trattati, la corona estone ha adottato tale meccanismo di cambio nel giugno 2004 e non ha subito gravi tensioni nel biennio di esame della sua candidatura. Tassi d'interesse a lungo termine I tassi d'interesse a lungo termine sono calcolati in base ai tassi d'interesse delle obbligazioni a lungo termine emesse dagli Stati membri. Il Consiglio constata che il livello del debito pubblico dell'Estonia è molto basso e che non esistono quindi tassi di interesse a lungo termine appropriati per analizzare la sostenibilità della convergenza dell'Estonia. Il Consiglio ha quindi tenuto conto dell'analisi qualitativa di vari indicatori economici e finanziari nonché dei risultati della politica di bilancio dell'Estonia e della relativa flessibilità dell'economia per valutare il rispetto del criterio dei tassi d'interesse a lungo termine. Legislazione nazionale Oltre a soddisfare i criteri di convergenza, uno Stato membro candidato dell'euro deve anche disporre di una legislazione nazionale compatibile con l'introduzione della moneta unica. Nel caso specifico, il Consiglio constata che la legislazione interna dell'Estonia non pone alcun problema all'introduzione dell'euro. Essa è infatti compatibile con lo statuto della Banca centrale europea e del sistema europeo di banche centrali (SEBC). Si ricorda che il SEBC è composto dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali degli Stati membri. L'obiettivo principale del SEBC è mantenere la stabilità dei prezzi.
0
418