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La legione romana (dal latino legio, derivato del verbo legere, "raccogliere assieme", che all'inizio indicava l'intero esercito) era l'unità militare di base dell'esercito romano. Nacque dalla trasformazione dell'esercito alto-repubblicano dal modello falangitico a quello manipolare nel IV secolo a.C. L'esercito romano passò così dall'impiego del clipeus e dellhasta all'uso dello scutum, del pilum e del gladius, che divennero le armi fondamentali dei legionari romani, conformi del tutto all'impiego imposto dalla tattica bellica romana.
Grazie al grande successo militare della Repubblica e, in seguito, dell'Impero, la legione viene considerata come il massimo modello antico di efficienza militare, sia sotto il profilo dell'addestramento, sia dal punto di vista tattico e organizzativo. Altra chiave del successo della legione era il morale dei soldati, consolidato dalla consapevolezza che ciascun uomo doveva contare sull'appoggio del compagno, prevedendo la legione l'integrazione dei soldati in un meccanismo complessivo di lavoro di squadra.
Era assimilabile a una grande unità complessa odierna, di rango variabile tra una brigata e una divisione, ma soprattutto riuniva attorno a sé, oltre ai reparti dell'arma base, fanteria e cavalleria, altri reparti specializzati come frombolieri, sagittarii, esploratori e genieri. All'inizio autonoma sul piano logistico, era normalmente stanziata in una provincia, di cui aveva la responsabilità della sicurezza e della difesa militare. Nella storia di Roma, l'esercito poté contare su oltre 60 legioni (composte di ÷ armati) al termine della guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio, e su un minimo di 28 agli inizi del principato (ridotte a 25 dopo la disfatta di Teutoburgo). Nel passaggio dalla Repubblica al Principato, e poi al Dominato, l'esercito, e con esso la struttura della legione (il cui numero di unità andò riducendosi), venne ristrutturato profondamente.
Età regia
Per tutta l'età regia di Roma l'esercito romano fu costituito da un'unica legione, tanto da identificarsi con quest'ultima e viceversa.
La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange, con la cavalleria ai lati, chiamate alae.
Struttura della Legione
Secondo la tradizione fu Romolo a creare sull'esempio della falange greca la legione romana, inizialmente formata da fanti (pedites) e 300 cavalieri (equites), scelti tra la popolazione. Con l'inclusione del popolo Sabino, Romolo raddoppiò il volume delle truppe, potendo così contare su fanti e 600 cavalieri.
Fanti e cavalieri erano arruolati tra le tre tribù romane ( fanti e 100 cavalieri ciascuna) che formavano la primitiva popolazione di Roma: i Tities, i Ramnes e i Luceres. In epoca regia era formata da cittadini compresi tra i 17 e i 46 anni, in grado di potersi permettere il costo dell'armamento.
La riforma di Servio Tullio (metà VI secolo a.C.)
In età monarchica fu eseguita, secondo la tradizione da Servio Tullio, sesto re di Roma, una riforma timocratica che divise tutta la popolazione romana in cinque classi in base al censo (secondo altre fonti 6 classi), ognuna divisa a sua volta in tre categorie:
seniores, cioè chi aveva più di 46 anni
iuniores, cioè chi aveva tra 17 e 46 anni, ovvero i più adatti a combattere
pueri, cioè chi era di età inferiore ai 17 anni
Se la prima classe, la più facoltosa, poteva permettersi l'equipaggiamento da legionario (il costo del tributo per gli armamenti veniva stabilito in base al censo), quelle inferiori avevano armamenti via via più leggeri.
Catena di comando
Il Rex era il comandante supremo dell'esercito romano, a cui spettava il compito di scioglierlo al termine della campagna militare dell'anno. A lui erano subordinati tre tribuni militum, ciascuno dei quali posto a capo di una delle tre tribù o file di fanti; gli squadroni di cavalleria erano invece sottoposti al comando di tribuni celerum.
Con la riforma serviana, vi fu un'importante novità: coloro i quali si erano distinti in battaglia diventavano centurioni.
Disposizione tattica
La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange, con la cavalleria ai lati, chiamate alae.
Con la riforma serviana dell'esercito romano, la prima classe risultava la più avanzata schiera rispetto alle altre.
Effettuavano il combattimento in modo estremamente compatto, armati di lancia e spada, difesi da scudo, elmo e corazza o da altre protezione pettorali. Dietro la prima classe, in battaglia era posizionata la seconda, poi la terza classe che chiudeva lo schieramento. Quarta e quinta classe costituivano la fanteria leggera che solitamente era disposta al di fuori dallo schieramento.
Età repubblicana
Struttura della legione
A differenza delle successive formazioni legionarie, composte esclusivamente di fanteria pesante, le legioni della prima e media età repubblicana consistevano di fanteria sia leggera che pesante.
Il termine esercito manipolare, cioè un esercito basato su unità chiamate manipoli (), è pertanto usato in contrapposizione con il successivo esercito legionario del tardo periodo repubblicano e alto imperiale, incentrato, invece, su un sistema di unità chiamate coorti.
L'esercito manipolare si basava in parte sul sistema di classi sociali e in parte sull'età e sull'esperienza militare; rappresentava quindi un compromesso teorico tra il precedente modello basato interamente sulle classi e gli eserciti degli anni che ne erano indipendenti.
Prima repubblica
Stando alla storiografia latina, si deve l'introduzione del manipolo come elemento tattico a Marco Furio Camillo durante il periodo del suo quarto tribunato consolare.
L'unità costituì l'elemento fondamentale della legione romana dalle battaglie contro Equi e Volsci, vinte da Furio Camillo, fino alla Seconda guerra punica.
Le principali configurazioni sono:
Legione manipolare impiegata nelle guerre nel Latium vetus – dal 389 a.C. al III secolo a.C.
Legione manipolare impiegate nelle guerre per l'egemonia sulla penisola – dal III al II secolo a.C.
Legione manipolare impiegata da Publio Cornelio Scipione – Seconda guerra punica
La legione veniva generalmente schierata su tre file, dette triplex acies, alle quali si aggiungevano i fanti leggeri, detti leves, per un totale che varia tra i 4200 e i 5000 effettivi a seconda del periodo:
costituita da quindici manipoli di Hastati
costituita da quindici manipoli di Principes
costituita quindici unità, ognuna formata da un manipolo di Triarii, uno di Rorarii e l'ultimo di Accensi.
Questa differenziazione esisteva, oltre che sulla base dell'esperienza dei soldati, anche sulla base del censo, tanto che ogni soldato era tenuto a provvedere autonomamente all'equipaggiamento.
Tra i fanti, i più "benestanti" erano i triarii, che potevano permettersi l'equipaggiamento più completo e pesante, mentre gli accensi erano i più poveri, presi dalla quarta classe di cittadini, secondo l'ordinamento censitario di Servio Tullio.
Tarda repubblica
Tra il 107 a.C. e il 104 a.C. il console romano Gaio Mario portò avanti un programma di riforme dell'esercito romano, al fine di dare la possibilità a tutti i cittadini di arruolarsi, indipendentemente dal benessere e dalla classe sociale.Questa sua iniziativa formalizzava e concludeva un processo, sviluppatosi per secoli, di graduale rimozione dei requisiti patrimoniali per l'accesso al servizio militare, permettendo così alla Repubblica di avere un esercito più numeroso della media dell'epoca.La distinzione tra hastati, principes e triarii, che già era andata assottigliandosi, era ufficialmente rimossa,. e fu creata quella che, nell'immaginario popolare, è la fanteria legionaria: un'unità omogenea di fanteria pesante.
La fanteria leggera di cittadini dalle classi meno abbienti, come i velites, fu sostituita dalle auxilia, cioè delle truppe ausiliarie che potevano consistere anche di mercenari stranieri.
L'organizzazione interna subiva inoltre un cambiamento fondamentale: il manipolo perse ogni funzione tattica in battaglia e fu sostituito in modo permanente dalle coorti, sull'esempio di ciò che era già stato anticipato da Scipione l'Africano un secolo prima.
Numerate da I a X, ogni coorte era formata da tre manipoli oppure da sei centurie, per un totale di 3.840 fanti.
Unità complementari
Cavalleria legionaria (e ausiliaria)
Con la riforma manipolare descritta da Livio e da Polibio, la cavalleria legionaria tornò a disporre di 300 cavalieri, divisi in dieci squadroni, a capo di ognuno dei quali erano posti tre comandanti, i decurioni, organizzati verticalmente.
Con la riforma mariana dell'esercito romano la cavalleria legionaria venne sostituita da speciali corpi di truppe ausiliarie o alleate a supporto e complemento della nuova legione romana.
Il costante contatto con Celti e Germani durante la conquista della Gallia indusse Gaio Giulio Cesare a rivalutare il corpo della cavalleria, tanto che ne fece un impiego crescente negli anni, reintroducendo unità di cavalleria permanente accanto a quelle fanteria e a quella ausiliaria.
Genio militare
Fondamentale novità del periodo relativo alla legione manipolare, dovendosi condurre campagne militari sempre più lontane dalla città di Roma, vide il proprio gruppo di genieri costretti a trovare nuove soluzioni difensive adatte al pernottamento in territori spesso ostili. Ciò indusse i Romani a creare, sembra a partire dalle guerre pirriche, un primo esempio di accampamento militare da marcia fortificato, per proteggere le armate romane al suo interno.
Altro apporto del genio fu la costruzione di strade militari, che si cominciò a usare per migliorare e velocizzare gli spostamenti delle armate ed in seguito dalla stessa popolazione civile dopo che l'area era stata pacificata.
A partire dalle guerre pirriche furono mossi i primi importanti assedi ad opera dei Romani, tra cui l'assedio di Lilibeo,che comportò per la prima volta l'attuazione di tecniche d'assedio complesse.
Cesare apportò nel settore dell'ingegneria militare innovazioni determinanti, con la realizzazione di opere sorprendenti costruite con grande perizia e in tempi rapidissimi, come il ponte sul Reno o la rampa d'assedio costruita durante l'assedio di Avarico.
Gerarchia interna
Il cursus honorum prevedeva che nessuno potesse intraprendere la carriera politica senza aver prestato almeno 10 anni di servizio militare.
Ogni manipolo era comandato da un centurione, il più importante dei quali era il primus pilus (primipilo), comandante dei triarii, uno dei pochi a servirsi del cavallo durante la marcia. Il primus pilus veniva scelto tra i soldati più coraggiosi ed esperti.
Il comando della legione era affidato al legatus, un magistrato facente le veci dei consoli nel comando di una specifica legione. Secondo nella gerarchia era un tribuno esperto, il tribuno laticlavio (), affiancato da altri cinque tribuni angusticlavi (). In assenza di tribuni, il comando era affidato al praefectus castrorum.
Disposizione tattica
L'esercito manipolare deve il suo nome alle modalità tattiche con cui la sua fanteria pesante era dispiegata in battaglia.
I manipoli erano unità di 120 uomini della medesima classe che risultavano abbastanza da permettere sul campo di battaglia i movimenti tattici delle singole unità di fanteria nel contesto del più grande esercito.
La fanteria al centro era sempre coperta ai fianchi da unità di cavalleria e disponeva di avanguardie di fanti leggeri, che davano inizio alla battaglia disturbando il nemico con dardi o giavellotti sul nemico, per poi ritirarsi al sicuro.
Mentre la prima linea centrale impegnava il nemico, grazie al rapido movimento ad arretrare dei manipoli, la cavalleria poteva tentare, inoltre, manovre evasive o accerchiamenti.
I Triarii, dopo aver accolto Hastati e Principes tra le loro file, serravano le file ed in un'unica ininterrotta schiera si gettavano sul nemico.
Con la riforma mariana, le legioni, ora schierate secondo il nuovo ordinamento coortale, venivano disposte normalmente su due linee (duplex acies), soluzione che permetteva di avere un fronte sufficientemente lungo ma anche profondo e flessibile.
Vi erano poi altri tipi di schieramenti praticati dalle armate romane del tardo periodo repubblicano: su una sola linea, ovviamente quando era necessario coprire un fronte molto lungo come nel caso del Bellum Africum durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo; o su tre linee (triplex acies), formazione spesso adoperata da Cesare durante la conquista della Gallia, con la prima linea formata da 4 coorti, e le restanti due, formate da tre coorti ciascuna. Le coorti schierate lungo la terza linea costituivano spesso una "riserva tattica" da utilizzare in battaglia, come avvenne contro Ariovisto in Alsazia.
Il tardo periodo repubblicano si contraddistingue, invece, per un certo dinamismo tattico dei legatus, i quali hanno ideato molti schieramenti alternativi, tra cui il giuliano triplex acies con prima linea formata da 4 coorti e le restanti due da tre coorti ciascuna.
Modello strategico
Se in età regia la legione identificava l'esercito per intero, durante la repubblica le maggiori esigenze operative han via via fatto aumentare il numero di legioni attive contemporaneamente, seppur in maniera contingente.Fonti storiografiche riportano un primo conteggio di quattro legioni durante la guerra latina (340-338 a.C.), a cui andava sommato un numero pari di truppe alleate di fanteria e un numero triplo di cavalleria, il quale arriva al suo apice durante la seconda guerra punica dove l'esercito romano arrivò a contare ben 23 legioni tra cittadini romani e Socii (nel 212-211 a.C.); si trattava di una forza pari a circa fanti e cavalieri in base alle fonti), le quali non tengono conto delle truppe dislocate in Spagna agli ordini dei fratelli Gneo e Publio Scipione.
Giulio Cesare fu il primo a comprendere che la dislocazione permanente di una parte delle forze militari repubblicane doveva costituire la base per un nuovo sistema strategico di difesa dei confini del mondo romano, gettando così le basi per lo sviluppo dei vari limes.
Alla sua morte erano dislocate sul territorio 37 legioni, usate sfruttando appieno il potenziale in mobilità, di cui ben 6 in Macedonia, 3 in Africa Proconsolare e 10 nelle province orientali.
Al termine delle guerre civili tra Marco Antonio ed Ottaviano si contavano 60 legioni circa, pur se non a ranghi completi.
Età alto imperiale
Fanteria
La fanteria era formata in età alto-imperiale da cittadini romani, inquadrati in unità chiamate legioni (formate per lo più da fanteria pesante), e truppe ausiliarie (socii) alle ali dello schieramento. All'interno delle stesse legioni vi erano anche limitati reparti di fanteria "leggera", come i velites o le leves, ma soprattutto si trattava di reparti di fanteria "pesante", come gli hastati, i principes ed i triarii.
Dalla grande riforma augustea agli Antonini
La "spina dorsale" dell'esercito romano rimase la legione, in numero di 28 (25 dopo Teutoburgo). Ogni legione era composta di circa cittadini, in prevalenza Italici (attorno al 65%, per lo più provenienti dalla Gallia Cisalpina, mentre il restante 35% era formato da cittadini romani residenti nelle province), per un totale di circa uomini (e poi circa ), che si rinnovavano con una media di armati all'anno. L'ufficiale a capo della legione divenne ora un membro dell'ordine senatorio con il titolo legatus Augusti legionis. Le legioni erano arruolate fra i circa di cittadini romani.
È con Ottaviano Augusto, in un periodo compreso tra il 30 a.C. e il 14 a.C., che la legione cambiò struttura, aumentando i suoi effettivi fino almeno a soldati, essenzialmente fanti ma anche cavalieri (120 per legione, comandati da centurioni, non da decurioni), questi ultimi con funzioni di esplorazione, messaggeri o scorta del legatus legionis. La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reintrodotta in modo definitivo da Augusto. Si trattava però di una forza alquanto ridotta, i cui cavalieri erano dotati di uno scudo più piccolo e rotondo (detto parma o clipeus), come ci racconta Giuseppe Flavio, al tempo della prima guerra giudaica. Potrebbe essere stata, infine, abolita da Traiano.
La fanteria legionaria era divisa in 10 coorti (di cui nove di 480 armati ciascuna), che al loro interno contavano 3 manipoli di 2 centurie. La riforma della prima coorte avvenne in un periodo imprecisato, sicuramente tra l'epoca di Augusto e quella dei Flavi. Si trattava di una coorte milliare, vale a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti, con 5 centurie (non 6) di un numero doppio di armati (160 ciascuna), pari a 800 legionari complessivi, ed a cui era affidata l'aquila della legione.
Sempre ad Augusto si deve l'introduzione di un esercito di professionisti che rimanessero in servizio non meno di sedici anni per i legionari, portati a venti nel 5 (come era successo fin dai tempi di Polibio, in caso di massima crisi), e venti-venticinque per le truppe ausiliarie. A questo periodo di servizio poteva subentrarne uno ulteriore di alcuni anni tra le "riserve" di veterani, in numero di 500 per legione (sotto il comando di un curator veteranorum).
I successori di Augusto: da Tiberio a Commodo
Tiberio dispose che l'acquartieramento delle legioni lungo il limes acquisisse le caratteristiche di una maggiore permanenza e stabilità, tanto che i terrapieni, rinforzati con una palizzata in legno, diventassero sempre più massicci, mentre gli alloggiamenti più confortevoli, mentre in rari casi sembra che alcuni accampamenti legionari siano stati costruiti in pietra (come ad Argentoratae e Vindonissa);
Al tempo di Vespasiano sembra si attuò la riforma della prima coorte, che secondo alcuni studiosi moderni potrebbe essere invece avvenuta all'epoca di Augusto. Si trattava di una coorte milliare, vale a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti, con 5 centurie (non quindi 6) doppie di 160 armati ciascuna (non quindi 80), in tutto pari a 800 legionari), a cui era affidata l'aquila della legione. Primo esempio di costruzioni che ospitassero una coorte di queste dimensioni lo si trova nella fortezza legionaria di Inchtuthill in Scozia.
Al tempo delle guerre marcomanniche fu l'uso da parte di Marco Aurelio di vexillationes, al fine di comporre un esercito di invasione e poi di occupazione della neo-provincia di Marcomannia, come testimoniano numerose iscrizioni, tra cui quella rinvenuta a Leugaricio, delle legioni I Adiutrix e II Adiutrix.
Comandi complementari interni alla legione
Cavalleria legionaria (e ausiliaria)
La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reintrodotta da Augusto. Si trattava però di una forza alquanto ridotta, composta di soli 120 cavalieri (comandati da centurioni, non da decurioni; dotati di uno scudo più piccolo e rotondo, detto parma o clipeus), come ci racconta Giuseppe Flavio, al tempo della prima guerra giudaica.
Potrebbe essere stata abolita, almeno per un breve periodo di tempo dall'imperatore Traiano, considerando che viene citata in un discorso del suo successore, Adriano. In questo periodo esistevano, infatti, numerosi reparti di cavalleria ausiliaria (formata da provinciali e alleati, i cosiddetti peregrini), quale degno completamento tattico e strategico alla fanteria legionaria (formata invece da cittadini romani).
Si trattava di unità altamente specializzate, arruolate in aree territoriali di antiche tradizioni, come segue:
"pesante", come i catafratti (di origine orientale o sarmata, a partire dai principati di Traiano ed Adriano; vedi sotto), dotati di una lunga e pesante lancia, chiamata contus (usata normalmente con l'ausilio di entrambe le mani, poiché a volte raggiungeva i 3,65 metri di lunghezza), oltre al fatto di essere interamente rivestiti di una maglia di metallo, cavaliere e cavallo (chiamata lorica squamata, formata da "scaglie" di metallo; o lorica hamata, fatta invece da anelli del diametro di 3-9 mm);
"leggera", come quella numida o maura, dotata di un piccolo scudo rotondo (clipeus), una spatha che a volte raggiungeva i 90 cm (certamente più lunga rispetto al gladio del legionario), una lancea più leggera (normalmente lunga 1,8 metri) ed in alcuni casi un'armatura (lorica hamata o squamata);
sagittaria, come gli arcieri orientali o quelli Traci a cavallo;
ed infine "mista", come le coorti equitate.
Genio militare
In età alto-imperiale venne riorganizzato anche il reparto di tecnici e ingegneri militari atti a rendere più agevole il cammino delle armate romane durante le campagne militari o la loro permanenza negli alloggiamenti estivi (castra aestiva) ed invernali (hiberna). E così se le strade romane potevano essere utilizzate per velocizzare lo schieramento degli eserciti durante le operazioni di "polizia" lungo i confini imperiali, alcuni tipi di ponti potevano essere montati e smontati velocemente senza impiego di chiodi: in questo modo i legionari, che trasportavano un equipaggiamento di circa 40 chili (comprendente anche un palo per la palizzata del campo) potevano percorrere nella marcia circa 24 chilometri al giorno (40 quando potevano viaggiare più leggeri). In altri casi si provvedeva alla costruzione di strade in zone acquitrinose (pontes longi), come avvenne in Germania durante il periodo della sua occupazione (dal 12 a.C. al 9 d.C.).
L'artiglieria romana comprendeva baliste (ogni legione ne aveva 55, servite ciascuna da 11 uomini), ossia grandi balestre montate su ruote, che grazie alla torsione delle loro corde lanciavano a più di 500 metri distanza dardi di 3 cubiti (132 cm), che potevano essere anche incendiati. Insieme alle baliste c'erano anche gli "scorpioni", simili alle precedenti ma molto più piccoli e maneggevoli. Insieme alle baliste venivano schierati anche gli onagri (catapulte chiamate così per il rinculo che producevano durante il lancio), che lanciavano massi ricoperti di pece, cui si appiccava il fuoco, creando vere "bombe incendiarie", con lo scopo di abbattere le difese nemiche, distruggendo mura ed edifici. L'artiglieria era naturalmente usata anche nelle battaglie campali. Tale uso fu fatto da Germanico nel 14 d.C. contro i Catti e nel 16 d.C. contro i Cherusci nell'assalto delle truppe romane contro un terrapieno difeso dai barbari.
I genieri in forza alle legioni erano in grado di costruire e schierare potenti armi collettive, in funzione sia offensiva che difensiva, come catapulte, onagri (10 per legione, ovvero 1 per coorte), scorpioni e carrobaliste (55 per legione), con una funzione tattica analoga a quella della attuale artiglieria campale; inoltre vi erano altre macchine usate esclusivamente per l'assedio, come baliste, arieti, torri d'assedio, vinee.
Addetti alle armi da lancio erano in primo luogo i ballistarii, i quali grazie ad un'elevata specializzazione, appartenevano a quel gruppo di legionari privilegiati, chiamati immunes. Erano alle dipendenze di un Magister ballistarius (attestato fin dal II secolo), che a sua volta era coadiuvato da un optio ballistariorum (attendente alla cura del comandante) ed un certo numero di doctores ballistariorum (sott-ufficiali).
Funzioni civili
Ma il genio della legione non assolveva soltanto a funzioni militari. Si conoscono addetti e veterani delle legioni che erano richiamati anche per incarichi civili nelle città e servivano da collaboratori delle autorità provinciali. Si segnala il caso del veterano librator Nonio Dato che fu richiamato dal proconsole della Mauretania Cesariense come addetto alla supervisione per la costruzione dell'acquedotto della città di Saldae. Lo stesso Plinio in Bitinia ricevette la richiesta di selezionare dei tecnici della più vicina legione per l'edificazione di un canale. Quest'impiego del personale tecnico specializzato delle legioni poté riguardare tutte le legioni e le province dell'impero. Spesso le stesse coorti assolvevano anche a compiti di polizia nelle città, come a Cartagine, dove ogni coorte della III Augusta si alternava periodicamente nel presidio della città.
Gerarchia interna
Le gerarchie di comando rimasero pressoché identiche a quelle dell'epoca di Gaio Mario e Gaio Giulio Cesare, anche se ora ogni coorte disponeva di un vessillifero, vestito con pelle di leone o d'orso, e che serviva per riconoscere le proprie insegne. Partendo dalla base troviamo:
il semplice miles (legionario romano), poi
gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti): genieri, artiglieri, istruttori di armi, i frumentarii (polizia militare), falegnami, medici, custos armorum (custodi d'armi) e alcuni tra i responsabili amministrativi (come il curator, il librarius), il decanus (a capo di un contubernium di 8 miles);
i principales (sotto-ufficiali con incarichi tattici) a loro volta divisi in (a seconda del livello del loro stipendium):
sesquiplicarii (paga pari a 1,5 volte quella di un soldato semplice), ovvero il cornicen, il bucinator, il tubicen, il tesserarius ed il beneficiarius e
duplicarii (paga pari al doppio rispetto a quella di un soldato semplice), ovvero loptio, laquilifer, il signifer, limaginifer, il vexillarius equitum, il cornicularius e il campidoctor. A questo punto si trovano gli ufficiali della legione imperiale.
i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dallhastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, allhastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior);.
i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, lhastatus posterior, al princeps posterior, allhastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus; quest'ultimo poteva poi accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria;.
un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (di età attorno ai 20 anni);
i 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (di età attorno ai 30 anni);
un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio);
un praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento);
un tribunus laticlavius (di solito il primo incarico per un giovane dell'ordine senatoriale);
un legatus legionis, sempre di rango senatorio, a cui era affidato il comando di una singola legione, normalmente per due o tre anni. Nel caso in cui la provincia fosse stata difesa da una sola legione, il comando della stessa veniva affidato direttamente al governatore, il legatus Augusti pro praetore.
un praefectus legionis di rango equestre (per la legione della sola provincia d'Egitto; a partire da Settimio Severo anche per le tre legioni partiche, legio I, II e III; a partire da Gallieno sostituisce tutti i legati legionis).
Disposizione tattica
Il modello ideale di disposizione tattica della legione in epoca alto-imperiale è fornito dal racconto di Tacito della vittoria della Legio III Augusta, comandata dal proconsole Furio Camillo, su Tacfarinace nel 17 d.C.
In questo scontro il proconsole riunì tutte le truppe sotto il suo comando, comprese alcune unità ausiliarie, e mosse battaglia contro il ribelle numida, quest'ultimo supportato da unità maure. La legione fu schierata, non si sa in quante acies (se singula, duplex o triplex), con le centurie (o i manipoli) al centro dello schieramento (10 coorti di 480 uomini l'una, per un totale di 60 centurie): la prima coorte disposta a partire da destra, in prima fila, e la cavalleria legionaria, i tribuni e il legato Camillo davanti al contingente di cavalleria legionaria collocata immediatamente dietro l'ultimo ordine delle coorti. A destra e a sinistra dei legionari "le coorti leggere e due ali di cavalleria". Immediatamente a sinistra e a destra la prima e la seconda coorte di ausiliari, composte ciascuna da 480 uomini, mentre alle parti estreme le due ali di cavalleria ausiliaria (probabilmente numidica), formata ciascuna da 500 cavalieri divisi in 16 turmae.
In questo episodio appare evidente come la legione si reggesse, per quanto attiene alle forze di cavalleria, sull'esclusivo apporto di ausiliari e numeri alloctoni. Allo stesso modo si comprende come essa non fosse adatta alle schermaglie, alle scaramucce di confine e al presidio delle zone frontaliere, a motivo della sua struttura lenta e poco manovrabile. La sconfitta di Crasso a Carre rimane l'emblema delle debolezze di un esercito privo di forze mobili, esposto ai colpi di una cavalleria sfuggente e dedita alla tattica d'incalzo. La stessa cavalleria legionaria in servizio presso le legioni non aveva una funzione tattica sul campo, ma era impiegata in operazioni di ricognizione, di picchetto e avanscoperta. Si capisce quindi come le forze ausiliarie (fanteria e cavalleria leggere, tiratori) fossero componenti complementari e non alternative alle legioni; una campagna di conquista senza queste forze e senza l'apporto della loro cavalleria (organizzata in alae e cohortes equitatae), sarebbe stata altrimenti inattuabile.
Il non uso delle staffe da parte dei romani non impediva del resto l'uso della cavalleria romana ausiliaria, pesante e leggera, come forza d'attacco. Tale cavalleria costituiva quindi anche un elemento d'urto e non solo una forza di ricognizione, compito cui era assegnato semmai, come già detto, il piccolo contingente a cavallo della legione.
Modello strategico
Riordinò l'intero sistema di difese dei confini imperiali, acquartierando in modo permanente legioni e auxilia in fortezze e forti lungo il limes. Delle legioni sopravvissute alla guerra civile, 28 rimasero dopo Azio, e 25 dopo la disfatta di Teutoburgo, oltre ad un numero crescente di auxilia. In totale vi erano circa 340 000 uomini, di cui 140 000 servivano nelle legioni.
Caligola creò nel 39, due nuove legioni, per una campagna in Germania Magna, sulle orme di suo padre Germanico e di suo nonno Druso maggiore: XV Primigenia e la XXII Primigenia;.
Nerone creò una nuova legione nel 66-67, composta da italici tutti di statura molto elevata, a cui venne dato il nome di I Italica, e che lo stesso Nerone ribattezzò “falange di Alessandro Magno”, circostanza che denotò le grandiose idee che si celavano nella sua mente. L'obiettivo della campagna militare consisteva nell'occupare le cosiddette “porte del Caspio” (passo di Darial), sottomettendo il popolo degli Albani e forse degli stessi sarmati Alani più a nord.
Galba portò a termine l'arruolamento delle legioni I Adiutrix (i cui effettivi erano costituiti da uomini che avevano prestato servizio nelle flotte italiche di Miseno e Ravenna) e VII Gemina.
Vespasiano, al termine della guerra civile e della rivolta dei Batavi, sciolse ben quattro legioni che avevano trascinato nel fango le proprie insegne macchiandosi di disonore (I Germanica, IV Macedonica, XV Primigenia e XVI Gallica) e ne riformò tre nuove (II Adiutrix Pia Fidelis, IV Flavia Felix, e XVI Flavia Firma) dando la possibilità ad alcuni di fare pubblica ammenda. Il figlio Domiziano creava una nuova legione in vista delle campagne in Germania, nella regione degli agri decumates: la I Minervia.
Traiano formò due nuove legioni, la prima in vista della conquista della Dacia (la XXX Ulpia Victrix, il cui numerale indicava che in quel momento vi erano esattamente 30 unità legionarie),. la seconda prima delle campagne partiche (la II Traiana Fortis). Marco Aurelio, infine, formò attorno al 165-166 due nuove legioni. Si trattava della II e III Italica.
Dai Severi all'anarchia militare
Struttura della legione
Riforma di Settimio Severo
Settimio Severo avviò importanti riforme militari che toccarono numerosi aspetti dell'esercito romano e che costituirono le basi del successivo sistema fondato sugli imperatori militari del III secolo. Creò la prima forma di autocrazia militare, togliendo potere al Senato dopo aver messo a morte numerosi membri dello stesso. Sebbene la struttura base della legione continuò ad essere quella della riforma augustea, il numero delle legioni venne aumentato di un 10% e portato a 33 (con la creazione delle legioni I, II e III Parthica). Egli favorì i legionari in svariati modi:
aumentando loro la paga, oltre a distribuire loro frequenti donativa al termine di ogni campagna militare, tanto che il figlio Caracalla concesse un ulteriore aumento della paga del 50% ai legionari;
riconoscendo loro il diritto di sposarsi durante il servizio militare, oltre a permettere loro di abitare con la propria famiglia, non lontano dalle fortezze legionarie (canabae), di fatto introducendo una maggior "regionalizzazione" delle legioni, che in questo modo si legarono non solo al loro comandante, ma anche al territorio;
aumentando il reclutamento di provinciali, tanto che, una volta entrato a Roma sostituì gli effettivi delle coorti pretorie (ora raddoppiati) con soldati scelti delle legioni pannoniche, per punire coloro che si erano in precedenza schierati contro di lui durante la guerra civile;
favorendo la nomina di comandanti dell'ordine equestre nelle legioni di sua fondazione (I, II e III Parthica), ponendo a capo delle stesse non un legatus legionis, bensì un praefectus legionis, cominciando quel lento processo che culminerà con Gallieno nell'abolizione delle cariche senatoria nell'esercito romano (a questo aspetto va aggiunta la naturale ostilità di Severo verso il senato). Non a caso si trova un altro praefectus legionis in Britannia al tempo delle campagne dello stesso Severo.
operando, infine, una serie di altre concessioni, tese a migliorare la condizione dei soldati, tra le quali l'istituzione dell'annona militare, il miglioramento del rancio, la possibilità per i graduati di riunirsi in scholae (sorte di associazioni, di collegia), riconoscendo inoltre segni di distinzione particolari: la veste bianca per i centurioni (che Gallieno avrebbe esteso a tutti i soldati) e l'anello d'oro per i principales.
Riforma di Gallieno
Non è chiaro se sia stato l'imperatore Gallieno ad aumentare il contingente di cavalleria interno alla legione stessa, portandolo da soli 120 cavalieri a 726 (pari a 22 turmae), o i suoi successori, gli imperatori illirici, come una parte della storiografia moderna sembra sostenere. La verità è che la nuova unità di cavalleria legionaria risultava divisa tra le dieci coorti legionarie, dove alla prima coorte erano affiancati 132 cavalieri (4 turmae), mentre alle altre nove 66 ciascuna (2 turmae per ciascune delle nove coorti). Questo incremento della cavalleria fu dovuto proprio alla necessità di avere un esercito sempre più "mobile" e versatile nel corso del III secolo,. come conseguenza delle continue invasioni, sia da parte dei barbari lungo i confini settentrionali, sia a causa della crescente minaccia orientale, dove alla dinastia dei Parti Arsacidi subentrò (dal 224) quella dei Sasanidi, assai più bellicosa e che intendeva replicare ai fasti dell'antico Impero achemenide.
Gallieno promosse il rafforzamento delle vexillationes equitum, i reparti mobili a cavallo, in particolare svincolando la cavalleria dal controllo dei governatori provinciali e collocandola in alcuni centri strategici come Mediolanum (Milano). Promossa o meno da Gallieno, si assistette al consolidamento delle forze di uomini a cavallo, detti Equites promoti (con base nella già citata Milano) formati da unità reclutate nell'Illirico (dalmatae), in Nord Africa (mauri) e in aggiunta da forze d'élite (scutarii), sempre svincolati dalla legione, non è chiaro se preposte all'intervento come forza d'emergenza nel caso di invasione ("riserva mobile").. Queste forze insieme erano definite Equites illyriciani o vexillatio. L'importanza di questa nuova organizzazione crebbe a tal punto che chi guidava queste unità di cavalleria poteva aspirare a ruoli di maggiore prestigio e addirittura a proclamarsi imperatore (si pensi a Claudio il Gotico e Aureliano). Con Gallieno, inoltre, si completava la fine delle responsabilità militari dell'ordine senatorio a tutto vantaggio dell'ordine equestre, procedimento iniziato sotto Settimio Severo e che portò all'abolizione della figura del legatus Augusti pro praetore di rango pretorio. Con un editto infatti l'imperatore abrogò l'accesso dei senatori alla legazione di legione.
Comandi complementari interni alla legione
Cavalleria legionaria (e ausiliaria)
La cavalleria legionaria di questo periodo appare divisa ancora in turmae e guidata da decurioni. In battaglia, il decurione era affiancato dal draconarius, portatore dell'insegna del draco (simbolo di nuova introduzione per le coorti e le unità di cavalleria, di derivazione dacico-sarmatica), e seguito da un calo (lo schiavo del decurione che montava il suo cavallo di riserva).
Premesso ciò, al tempo di Alessandro Severo, aumentò il ricorso sempre più frequente ad unità ausiliarie di arcieri montati (tra osroeni, palmireni ed emesiani), integrati nei numeri di cavalieri dalmati e mauri, operativi già nel II secolo; oltre a cavalieri in particolar modo quelli corazzati (i cosiddetti catafrattari, clibanarii), reclutati sia in Oriente, sia tra i Sarmati, ma anche di quelli "leggeri" provenienti dalla Mauretania.
Le prime unità di catafratti erano state, infatti, create da Adriano. A partire da questo periodo si cominciò a fare ricorso ad unità di contarii, truppe armate di contus, ad imitazione dello stile di combattimento aggressivo tipico di sarmati e iazigi, fondato sulla carica diretta. Già all'inizio del 69 unità sarmatiche erano state assoldate per presidiare la frontiera in Mesia, anche se tali truppe erano sospettate di essere facilmente corruttibili. Una delle prime unità di contarii fu l'''Ala I Ulpia contariorum militaria, di stanza nella vicina Pannonia inferiore, costituita successivamente alla campagna dacica di Traiano. Questi cavalieri non avevano elmo o armatura, ma erano muniti solo di lancia.
Il successore di Alessandro Severo, Massimino il Trace, promosse la barbarizzazione dell'esercito romano, essendo lo stesso Imperatore nato senza la cittadinanza romana, ed aumentò l'importanza della cavalleria di origine germanica e catafratta sarmatica, arruolata dopo aver battuto queste popolazioni durante le guerre del 235-238. L'aumento degli effettivi della cavalleria, non solo andava ad accentuare la caratteristica di maggior mobilità dell'esercito romano, costituendone una nuova "riserva strategica" interna (insieme alla legio II Parthica, formata in precedenza da Settimio Severo), ma anche quella di tradursi in un esercito meno di "confine o sbarramento" che ne aveva caratterizzato il periodo precedente fin dai tempi di Adriano.
Questo processo di graduale incremento di reparti di cavalleria, potrebbe aver generato una maggiore "mobilità" anche nella legione stessa, che culminò con la riforma di Gallieno. Di fatto la cavalleria andava a costituire una sorta di "nuova riserva strategica" collocata nelle retrovie, in aggiunta alla legio II Parthica. L'esercito iniziava a tradursi in una forza meno stanziale, non più puramente di "confine o sbarramento", come era stato per i due secoli precedenti, in cui era apparsa legata in prima istanza alle forze di fanteria e in misura ridotta a quelle montate..
Genio militare
Ad Alessandro Severo si deve un uso crescente presso tutte le fortezze del limes di nuovi modelli di catapulte (ballistae, onagri e scorpiones), al fine di tenere impegnato il nemico fino all'accorrere delle "riserve strategiche" (concetto iniziato con Settimio Severo, sviluppato da Gallieno, Diocleziano e Costantino I.
Gerarchia interna
Con Gallieno, che di fatto abolì le cariche senatoriali all'interno dell'esercito romano e, di conseguenza, anche all'interno della legione stessa (le cariche di tribunus laticlavius e legatus legionis scomparvero), la gerarchia subì una parziale modifica almeno nella parte concernente l'alto comando. Ciò potrebbe essere spiegato anche tenendo conto del fatto che il ceto senatorio era ormai disabituato a ricoprire responsabilità militari e appariva sguarnito delle competenze idonee a condurre gli eserciti. Questo punto della riforma, però, eliminò definitivamente ogni legame tra le legioni e l'Italia, poiché i nuovi comandanti, che erano spesso militari di carriera partiti dai gradi più bassi e arrivati a quelli più alti, erano interessati solo al proprio tornaconto o al massimo agli interessi della provincia d'origine, ma non a Roma. Il resto del corpo di truppa, degli ufficiali e sotto-ufficiali rimase pressoché invariato:
il semplice miles (legionario romano);
gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti): ingegneri, artiglieri, istruttori di armi, i frumentarii (polizia militare), falegnami, medici, custos armorum (custodi d'armi) e alcuni tra i responsabili amministrativi (come il curator, il librarius);
i principales (sotto-ufficiali con incarichi tattici) a loro volta divisi in (a seconda del livello del loro stipendium):
sesquiplicarii (paga pari a 1,5 volte quella di un soldato semplice), ovvero il cornicen, il bucinator, il tubicen, il tesserarius ed il beneficiarius e
duplicarii (paga pari al doppio rispetto a quella di un soldato semplice), ovvero loptio, laquilifer, il signifer, limaginifer, il vexillarius equitum, il cornicularius ed il campidoctor. A questo punto si trovano gli ufficiali della legione imperiale.
i 22 decurioni, uno per turma, della riforma di Gallieno (o degli Imperatori illirici).
i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dallhastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, allhastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior);
i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, lhastatus posterior, al princeps posterior, allhastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus; quest'ultimo poteva poi accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria;
un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (di età attorno ai 20 anni);
i 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (di età attorno ai 30 anni);
un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio);
un praefectus legionis di rango equestre, identificabile con il "vecchio" praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento).
Disposizione tattica
Ad Alessandro Severo risalirebbe un'importante modifica tattica, come il ritorno allo schieramento falangitico di più legioni contemporaneamente, fino a costituire una massa d'urto di 6 legioni complessive (per un totale di armati), fianco a fianco, senza alcun intervallo tra loro.
Modello strategico
Sotto Settimio Severo venne aumentato il numero delle legioni romane a 33, con la costituzione di ben tre unità, in vista delle campagne partiche: la legio I, II e III Parthica. Venne posta una legione di riserva in prossimità di Roma, nei Castra Albana, dove fu alloggiata la II Parthica. L'esercito ora poteva contare su armati complessivamente. Un numero comunque esiguo se si pensa che dovevano presidiare circa chilometri di confine, controllare e difendere i 70 milioni di abitanti dell'Impero e che per raggiungere il confine dall'Italia occorrevano mediamente 2 mesi di marcia.
Ai tempi di Aureliano le legioni scesero a 31, per un totale di legionari, affiancati probabilmente da un'altra metà di ausiliari, certamente maggiore in alcune province, per un esercito complessivamente composto da uomini, di molto inferiore a quello di settant'anni prima a causa dell'incidenza delle guerre civili, delle numerose sconfitte e delle difficoltà di reclutamento. Il ricorso alle vessillazioni si era fatto sempre più frequente.
Armamento
Tardo impero
Dalla riforma di Diocleziano al consolidamento del potere costantiniano (285-324)
La vera grande riforma militare di Diocleziano fu soprattutto di tipo politico. Il nuovo imperatore dispose, prima di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal 285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari), compiendo così una prima vera "rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto.
Questa forma di governo a quattro, se da un lato non fu così felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe tuttavia il grande merito di fronteggiare con tempestività i pericoli esterni al mondo romano.. La presenza di due Augusti e due Cesari facilitava, infatti, la rapidità dell'intervento armato e riduceva i pericoli che la prolungata assenza di un unico sovrano poteva arrecare alla stabilità dell'Impero.
Diocleziano creò una vera e propria gerarchia militare sin dalle più alte cariche statali, quelle dei "quattro" Imperatori, dove il più alto in grado era lAugusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto Herculio (protetto da un semidio, Ercole), a cui si aggiungevano i due rispettivi Cesari, ovvero i "successori designati".
In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore strategico e la sua sede amministrativa era il più possibile vicino alle frontiere che doveva controllare (Augusta Treverorum e Mediolanum-Aquileia in Occidente; Sirmium e Nicomedia in Oriente), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i tentativi di incursione dei barbari, evitando che diventassero catastrofiche invasioni come quelle che si erano verificate nel III secolo.
Diocleziano riorganizzò l'esercito, trasformando la "riserva mobile" introdotta da Gallieno (formata di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus, distinto dalle forze poste ai confini, probabilmente costituito da due vexillationes (Promoti e Comites) e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii).
Struttura della legione
Non sembra vi fossero particolari cambiamenti interni alla struttura della legione. Ciò che cominciò, invece, a delinearsi con maggiore frequenza, fu il costante invio di vexillationes (di - legionari) da parte della "legione madre" (attraverso la suddivisione di unità più antiche) che, sempre più spesso, non fecero più ritorno. La legione però rimaneva ancora legata al territorio, alla provincia di appartenenza, anche se essa andò perdendo di consistenza, passando dai circa componenti dell'età alto-imperiale, ai dell'età dioclezianea e ai di quella valentiniana. I principali motivi furono determinati dalle situazioni contingenti del momento:
il prolungarsi di numerose guerre lungo i vari fronti imperiali;
la frequenza con cui la guerra civile, che determinò nel 324 la fine della tetrarchia, portò ad un continuo avvicendarsi di augusti e cesari nelle varie parti dell'impero, e di conseguenza il cambio di potere al vertice, impedendo di fatto il ritorno di queste vexillationes migrate spesso molto lontane dalle fortezze originarie.
Cavalleria
Diocleziano comprese quale importanza ora rivestissero le forze di cavalleria. Egli, infatti, trasformò la "riserva strategica mobile" introdotta da Gallieno (di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus, nettamente distinto da un "esercito di confine". Qui nel comitatus, costituito da due vexillationes di cavalleria (tra Promoti e Comites), e tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), ebbero ancora grande importanza le forze di cavalleria (vexillationes), che, ricordiamo, al tempo di Gallieno ne costituirono l'intera "riserva strategica mobile".
Genio militare
Gerarchia interna
Non sembra vi furono sostanziali modifiche riguardo alla gerarchia interna delle legioni, rispetto all'epoca di Gallieno.
Disposizione tattica
Lo Strategikon, prontuario di guerra attribuito all'imperatore bizantino Maurizio, metteva in guardia dal comporre una formazione da battaglia con meno di quattro ordini. Dunque, è probabile che in quest'epoca prevalessero formazioni, di assetto prettamente difensivo, date dalla sovrapposizione di più ordini, che potevano anche arrivare a sedici. Arriano riferisce invece la disposizione in otto ordini: i primi quattro composti da uomini armati di hasta; tra questi gli uomini assegnati al primo rango protendevano in avanti le aste, alla maniera della falange, mentre nel secondo, terzo e quarto rango i compagni nelle retrovie si apprestavano a mettere mano alle armi da lancio (dardi e giavellotti), e una volta scagliate, riprendevano in mano le lunghe lance e le spade per farsi sotto il nemico. I successivi quattro ordini invece dovevano essere armati di lancea (sempre giavellotti), con cui bersagliare il nemico. Un nono ordine era formato da numeri di arcieri barbari.
Vegezio inoltre prescriveva che tra un soldato e l'altro nella fila successiva ci fossero sei piedi (1,77 m) di distanza (un soldato occupava 3 piedi di spazio, corrispondenti a 88 cm). Si ritiene che nell'avvicinamento al nemico le truppe serrassero i ranghi, mediante l'avvicinamento, a partire dalla retroguardia, delle file precedenti a quelle successive, per evitare che qualcuno nel mezzo, come allerta l'autore dello Strategikon, fermasse la marcia o si provocassero sfasamenti nella linea di schieramento.
Il ruolo tattico della cavalleria sembra essere rimasto sostanzialmente subalterno alla fanteria.Zosimo, Storia nuova, I, 25-27 Essa appare più che altro destinata a ruoli di schermaglia e "di contrappeso" con la cavalleria nemica, incaricata di svolgere missioni esplorative e azioni di disturbo, ma mai, se non in rari casi, di condurre attacchi risolutivi. Asclepiodoto informa (nel I secolo a.C. però) che la cavalleria poteva assumere varie formazioni: quadrate, a losanga, allungate, a cuneo. Occorreva però che non fosse sviluppata molto in profondità per evitare di creare il panico tra i cavalli nel caso in cui questi si sovrapponessero gli uni agli altri in una formazione troppo affastellata.
Modello strategico
Lo sfondamento ripetuto di tutte le frontiere romane, eredità della crisi del III secolo, costrinse Diocleziano a creare un modello di difesa che moltiplicasse il normale ed unico comando imperiale in uno formato ora da quattro imperatori: la tetrarchia. Ciò determinò, di conseguenza, la necessità di creare nuove e numerose legioni da porre lungo i confini imperiali. Questa necessità strategica di difesa del limes, portò inevitabilmente ad un incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i / uomini. Si rese così necessaria un'ulteriore tassazione del cittadino romano e una miglior distribuzione della circolazione monetaria per meglio rifornire le truppe alloggiate e distribuite a guardia dei confini provinciali.
Armamento
Dall'ascesa di Costantino alla morte di Valente (324-378)
Una volta divenuto unico augusto, subito dopo la sconfitta definitiva di Licinio nel 324, Costantino I avviò una nuova riforma dell'esercito romano. Il percorso che egli compì, fu però graduale nel corso degli ultimi tredici anni di regno (dal 324 al 337, anno della sua morte), continuando poi con i suoi figli. Suddivise, prima di tutto, l'"esercito mobile" in "centrale" (unità palatinae) e "periferico" (unità comitatenses),. contemporaneamente rovesciò l'assetto complessivo dell'apparato bellico romano tetrarchico, continuando ad espandere la componente mobile, a vantaggio di quella di frontiera.
In genere le unità palatinae costituivano l'esercito dedicato a un'intera prefettura del Pretorio, mentre le unità comitatenses costituivano l'esercito dedicato a una singola diocesi nell'ambito della prefettura. Analogamente conferì all'"esercito di confine" una connotazione più peculiare: le unità che lo costituivano furono definite limitanee (stanziate lungo i limes) e riparienses (operanti lungo i fiumi Reno e Danubio) (in epoca teodosiana alcune di esse furono rinominate pseudocomitatenses quando trasferite nell'"esercito mobile").
In sintesi si può così riassumere la nuova organizzazione delle unità militari, classificandola in tre differenti tipi, ognuno dei quali era a sua volta divisibile in sotto-unità, come segue:
le Scholae palatinae, ovvero quelle unità che costituivano la guardia personale dell'imperatore, dopo lo scioglimento della guardia pretoriana, operata da Costantino I nel 312;
l'esercito "mobile" (comitatus), che dipendeva direttamente dall'imperatore. La vastità dell'Impero costrinse Costantino I a dover creare altri eserciti mobili, dislocati in varie regioni, al comando dei propri figli: Crispo, Costante, Costanzo e Costantino. Per distinguere l'esercito comitatensis regionale da quello sotto il diretto controllo dell'imperatore, quest'ultimo prese il titolo di praesentalis. Questo esercito "mobile" era a sua volta diviso nelle seguenti sotto-unità, differenziate tra loro per rango gerarchico:
unità Palatinae (di palazzo o praesentalis), che rappresentavano l'élite dell'esercito romano, e che facevano parte dell'armata sotto il diretto controllo dell'Imperatore (nell'evoluzione successiva, affidato al Magister militum praesentalis) a loro volta suddivise in:
Legiones palatinae, ovvero i reparti di fanteria pesante dell'esercito mobile praesentalis;
Auxilia palatina ovvero la fanteria leggera dell'esercito mobile praesentalis;
Vexillationes palatinae, ovvero la cavalleria dell'esercito mobile praesentalis;
unità Comitatenses vere e proprie, che rappresentavano le unità "mobili regionali", ovvero quelle unità a disposizione dei singoli Cesari (nel caso dei figli di Costantino) o dei vari magistri militum non-praesentalis (non di "corte"), a loro volta suddivise in:
Legiones comitatenses, ovvero la fanteria pesante dell'esercito mobile non-praesentalis;
Vexillationes comitatenses, ovvero la cavalleria dell'esercito mobile non-praesentalis;
unità Pseudocomitatenses, che rappresentavano quelle unità di frontiera (limitanei) distaccate presso l'esercito campale (comitatus) in occasione di particolari campagne militari, e che spesso rimasero a far parte dell'esercito "mobile" in modo permanente. Esse poteveno essere solo di un tipo:
Legiones pseudocomitatenses, ovvero unità "prestate" dalle frontiere imperiali, all'esercito "mobile";
l'esercito "lungo le frontiere" (limes), ovvero dei Limitanei e/o Riparienses (questi ultimi erano soldati, posti a protezione delle frontiere fluviali di Reno, Danubio ed Eufrate), unità "fisse" di frontiera aventi compiti principalmente difensivi e costituenti il primo ostacolo contro le invasioni esterne. Queste unità erano a loro volta suddivise, sempre in ordine di importanza gerarchica in:
legiones limitaneae, ovvero la fanteria pesante dell'esercito stabile lungo le frontiere (formate da 1.200 fino a armati ciascuna; normalmente quelle in Occidente erano di consistenza inferiore, rispetto a quelle della parte orientale);
Auxilia (o auxiliares o auxilium), di difficile interpretazione allo stato attuale delle conoscenze, ma comunque di dimensioni e qualità inferiori rispetto alle legiones di limitanei;
Milites o Numeri, i primi rappresentavano forse dei distaccamenti di altre unità, mentre i secondi, erano unità di dimensioni sempre più ridotte e di formazione "indigena";
Equites e Cunei, erano invece reparti di cavalleria limitanea;
Alae e Cohortes erano forse i residui di vecchie unità alto-imperiali.
In aggiunta, va precisato che si rese necessario un crescente reclutamento obbligatorio dei barbari (chiamati laeti), già inquadrati nei numeri sin dall'epoca di Marco Aurelio, stanziati all'interno dell'Impero con l'obbiettivo di ripopolare alcuni territori abbandonati o falcidiati dalle pestilenze. In virtù dell'ereditarietà dei mestieri decisa da Diocleziano, si impose ai figli di ex militari la ferma obbligatoria, anche se però questi godevano di privilegi dovuti alla carriera dei propri padri. Con il passare dei secoli l'ingresso nell'impero di gruppi barbari fu visto come l'occasione per acquisire nuove reclute. L'esercito, quindi, svolse un grande ruolo nella romanizzazione dei barbari (costituendo praticamente l'unico modo per conquistare un ruolo sociale di rilievo), garantendo un'integrazione talmente forte da consentire di intraprendere la stessa carriera dei colleghi romani. La politica di integrazione perseguita tra il III e il IV secolo rese inutile a partire dal regno di Costantino I un documento che concedesse formalmente la cittadinanza ai veterani barbari poiché questi si erano già integrati e romanizzati.
Struttura della legione
A partire dalla seconda parte del regno di Costantino (dopo la vittoria su Licinio del 324), molte delle legioni tradizionali (composte da / armati) cominciarono, in modo assai più evidente, a inviare loro vexillationes in forti/fortezze di nuova costruzione, o in città/borghi, perdendo la loro abituale numerazione, ma soprattutto non facendo più ritorno alla sede principale della "legione madre". Alcuni studiosi hanno creduto che ciò andasse ad aumentare considerevolmente il numero delle legioni, in realtà molte di queste legioni erano semplici "distaccamenti legionari" (ad esempio gli Ioviani dalla legio I Iovia, i Septimiani dalla legio VII Claudia, ecc.) formati ora da 800/ armati, prelevati dalla "legione madre" (di armati), che andava così in modo definitivo a ridurre i propri effettivi. Contemporaneamente questi distaccamenti, chiamati in epoca alto imperiale vexillationes, divennero essi stessi delle unità indipendenti legionarie. È vero anche che se buona parte di queste legioni "nacquero" da questo scorporo, altre furono create ex novo, da reparti specifici dell'esercito romano (ad esempio i Ballistari, quali reparti di artiglieria) o da vecchie unità ausiliarie (ad esempio i Germaniciani).. Sulla base di quanto è stato esposto poco sopra vi erano quattro tipi di legioni che:
con l'evolversi del sistema post-costantiniano si trasformarono gradualmente da unità di armati, a unità ridotte fino a 800/ armati circa;
continuavano a costituire il nerbo dell'esercito romano, costituite da fanteria pesante.
Si trattava delle seguenti legiones:
la legio palatina, appartenente all'esercito mobile praesentalis che dipendeva direttamente dall'imperatore;
la legio comitatensis, facente parte di quelle unità "mobili regionali" a disposizione dei singoli Cesari (nel caso dei figli di Costantino) o dei vari magistri militum non-praesentalis (non di "corte");
la legio pseudocomitatensis, ovvero quel genere di unità "prestate" dalle frontiere imperiali all'esercito "mobile";
la legio limitanea, facente parte di quelle unità poste a difesa "lungo le frontiere" dei Limitanei e/o dei Riparienses.
Costantino introdusse, quindi, nell'"esercito mobile" un nuovo tipo di unità (in aggiunta alle legiones e alle vexillationes): gli auxilia palatina, eredi delle unità ausiliarie, che dopo la constitutio antoniniana di Caracalla (212) erano state integrate nel tessuto imperiale. In particolare gli auxilia palatina erano costituite da circa 500 fanti, generalmente con armamento leggero, più versatili delle legiones ed impiegabili anche in azioni di guerriglia e rastrellamento. Conseguentemente nel tardo impero la distinzione tra legiones e auxilia divenne tecnico-tattica, più che basata sulla cittadinanza dei combattenti che vi militavano. Le legioni, infatti, risultavano meno flessibili ed erano dotate di un'organizzazione migliore rispetto a quella delle auxilia, oltre ad essere armate in modo "più pesante".
Vi è, infine, da aggiungere che nel 365, il nuovo imperatore Valentiniano I (Augustus senior presso Mediolanum), spartì con il fratello minore Valente (Augustus iunior presso Costantinopoli) tutte le unità militari dell'Impero (comprese quindi le legiones), le quali furono attribuite all'uno o all'altro in parti uguali (quelle di armati) oppure divise in due metà (quelle con un numero di legionari ancora di consistenza superiore ai armati) dette rispettivamente "senior" (assegnate a Valentiniano I) e "iunior" (assegnate a Valente).
Comandi complementari interni alla legione
Cavalleria
Con la riforma costantiniana post 324, sembra che i reparti di cavalleria legionaria siano stati pressoché aboliti a vantaggio di nuove unità di cavalleria specializzata, denominate vexillationes. Si trattava di unità usate all'interno del comitatus. L'abolizione della cavalleria interna alla legione, fu un processo lungo iniziato dalla riforma di Gallieno (o degli imperatori illirici), quando la cavalleria andò lentamente separandosi dalla fanteria legionaria, divenendo di fatto indipendente proprio sotto Costantino I (324-337) e cessando così di esistere come corpo aggregato alla legione romana.
Le vessillazioni in quest'epoca designavano, non più i distaccamenti legionari alto imperiali, ma reparti di sola cavalleria. Le vexillationes equitum andarono incontro a un progressivo consolidamento nell'organico e nel numero di distaccamenti, tanto da far pensare all'assegnazione di una nuova funzione strategica alle unità di cavalleria. Con la riforma di Costantino e dei suoi figli, le vessillazioni divennero unità alla base dell'organizzazione delle forze montate: le vexillationes palatinae e quelle comitatentes erano nominalmente formate da 300 o 600 uomini. La Notitia dignitatum elenca in quest'epoca ben 88 vessillazioni.
La cavalleria poteva essere leggera o pesante a seconda dell'armamento o della pesantezza dell'armatura. Esistevano gli equites sagittarii, arcieri a cavallo di derivazione orientale, partica o barbarica, la cavalleria leggera d'avanguardia (mauri, dalmatae, cetrati), e la cavalleria pesante dei catafractarii attrezzati di lance e muniti di pesanti armature squamate e o di lorica manica, di derivazione sarmatica, partica o palmirena. Soprattutto in Oriente, se si registra la presenza di ben 19 unità di catafratti secondo la Notitia Dignitatum, una delle quali era una schola, reggimento di guardie a cavallo imperiale. Tutte queste unità, tranne due, appartennero al Comitatus, con una minoranza tra i Comitatensi palatini, mentre ci fu solo un'unità militare di arcieri catafratti.
I corpi di cavalleria erano integrati tanto nelle legioni comitatensi, quanto in quelle limitanee, eredi o delle vecchie alae di cavalleria ausiliaria o degli equites illyriciani o dei clibanarii già operanti in epoca alto-imperiale.
Unità d'élite erano le scholae, istituite all'inizio del IV secolo per opera di Costantino I a seguito dello scioglimento dell'antica Guardia pretoriana, e divise tra gentiles e scutarii. Ogni schola era comandata inizialmente da un tribuno, poi successivamente al V secolo da un comes scholarorum, che aveva sotto il suo diretto commando un certo numero di ufficiali anziani detti domestici o protectores. Se all'inizio de IV secolo erano elencate tre unità, nel V secolo la Notitia dignitatum elenca sette scholae nella parte orientale dell'Impero e cinque in quella occidentale.
Genio militare
Gerarchia interna
Ufficiali maggiori
Se al vertice di una delle armate, almeno fino a Onorio e Arcadio, si collocava l'imperatore in persona (il quale poteva delegare gli altri eserciti ad Augusti e Cesari), ai grandi immediatamente inferiori erano preposti i magistri militum, tutti comites rei militaris in quanto parte dellentourage imperiale. Essi erano:
il Magister militum praesentalis a capo della cavalleria;
il Magister militum praesentalis a capo della fanteria.
Sotto di loro i magistri militum regionali, per la cavalleria e per la fanteria. Alle dipendenze di questi ultimi vi erano i comites, i conti, distinti da quelli suindicati per essere assegnati al comando di regioni secondarie o considerate più sicure.
Ai gradi immediatamente inferiori i duces, distribuiti uno per ogni provincia (a cui erano affidate truppe di limitanei, comprendenti anche le legiones limitanae), e sottoposti all'autorità del comes territoriale. Il prepositus, invece, poteva apparire alle dipendenze del dux, oppure poteva identificare un grado di comandante di cavalleria o di una specifica unità di appiedati. Sopravvivono in quest'epoca infine, per i quadri dell'esercito, i tribuni, agli ordini di un prefetto e divisi in due grandi categorie: comandanti di unità e comandanti superiori. Altri potevano essere addetti a svariate altre funzioni (dalla fabbricazione delle armi, al comando di unità della flotta ecc).
Ufficiali inferiori e truppa
Con la fine della guerra civile (nel 324) e la dinastia costantiniana le "vecchie" vexillationes legionarie vennero trasformate in nuove legioni indipendenti dalla legione "madre", riducendo il numero di armati fino a 1.200 uomini (come risulta da alcuni passi di Ammiano Marcellino, a proposito della battaglia di StrasburgoElton, p. 89. del 357 e di Amida del 359, e in Zosimo). San Gerolamo in un passo aiuta a ricostruire quella che doveva essere la gerarchia per gli ufficiali subalterni in quest'epoca. Essa doveva prevedere:
il primicerius, addetto alla compilazione delle liste delle unità;
il senator;
il ducenarius, probabilmente al comando di due centurie o di un manipolo;
i centenarii, corrispondente al vecchio centurione, e divisi in:
protectores, inseriti negli eserciti provinciali, grado conferito precedentemente anche ai componenti della guardia imperiale;
ordinarii, a capo dei primi ordines;
ordinati.
Per quanto riguarda la truppa, se si fa riferimento alla gerarchia gerolamiana, vi erano nell'ordine il biarchus, il circitor, leques (il cavaliere) e il tiro. A questa economia vanno aggiunti il pedes, il fante, e il semissalis, collocato tra il cavaliere e il circitor. Va ricordato che a ciascun grado più alto, pur trattandosi di soldati, corrispondeva una paga più alta. Di conseguenza avremmo trovato:
il biarchus, forse come il circitor un decurione o un ufficiale inferiore;
il circitor;
il semissalis (che riceveva una paga e mezza, pur svolgendo analoghe funzioni di un soldato);
leques, di norma superiore al fante;
il pes, il soldato appiedato;
il tiro, la recluta.
Disposizione tattica
Modello strategico
Le legioni stanziate lungo il limes in quest'epoca hanno ormai assunto una connotazione e un ruolo strategico dissimile dalle altre truppe stanziate in profondità, dislocate nei centri interni a causa delle sempre più gravi difficoltà logistiche. La loro posizione andò conferendo a queste forze di frontiera, dette di limitanei o ripenses (se poste a guardia dei confini fluviali), un ruolo di salvaguardia o di controllo del limes, rispetto alle truppe "mobili", quelle dei comitatensi (comitatensi e limitanei potevano essere reclutati entrambi tra cittadini e peregrini).
Limitanei e comitatensi non vanno necessariamente vincolati gli uni e gli altri ai ruoli di forza "d'attrito" stativa e di forza mobile più flessibile. Una tale distinzione può anche essere suggerita a motivo della differente collocazione geografica, ma in realtà non esiste alcuna certezza che fossero preposti al ruolo, i primi, di forza di contenimento, e, i secondi, di "riserva strategica" o "forza mobile". Inoltre i limitanei (il cui termine inizia a designare le forze di frontiera solo alla fine del IV secolo) iniziano ad essere impiegati sensibilmente più tardi rispetto al comitatus, già esistente prima dell'avvento di Diocleziano.
L'accusa di Zosimo rivolta a Costantino, e replicata dall'anonimo autore del De rebus bellicis attorno al 370, di aver minato la difesa delle frontiere allo scopo di istituire forze dinamiche di intervento, tradendo il progetto dioclezianeo del presidio dei confini, ha per lungo tempo contribuito a interpretare in senso oppositivo le strategie militari di Diocleziano e di Costantino.
La scelta di Costantino fu dettata principalmente dalla maggiore facilità di approvvigionamento per le truppe vicine ai centri cittadini (pur comportando tale iniziativa ovvi problemi di ordine pubblico e di abusi da parte dei militari). Diocleziano aveva scelto di rafforzare le difese, di costruire nuovi forti, anche se dotandoli di una quantità di truppe di difesa inferiore rispetto al periodo precedente. Ogni provincia era dotata di due legioni, due vexillationes di cavalleria (ognuna di 500 uomini) per un totale di soldati circa. Costantino, all'opposto, con le forze prelevate dalle frontiere trasformò il comitatus, comandato da magistri militum provinciali, che divenne la principale massa di manovra dell'esercito. A questo si affiancava la forza limitanea, sottoposta al controllo dei duces. Con Costantino il controllo dell'esercito era inoltre definitivamente sottratto ai governatori, ormai ridotti al ruolo esclusivo di amministratori e giudici. Sotto Costantino si ebbe, ancora una volta, la necessità di creare nuove legioni da porre lungo i confini imperiali, portando inevitabilmente ad un incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i 600 000 uomini.
La Notitia Dignitatum fornisce, infine, un quadro più o meno completo, anche se in gran parte anteriore alle grandi invasioni ed ai regni romano-barbarici, della struttura delle province e delle unità militari. Dal documento emerge una certa frammentazione, un quadro di apparente indebolimento delle vecchie legioni, con unità prive di un organico completo, anche se del tutto regolari e pienamente inserite all'interno di un preciso organigramma. L'aspirazione ad entrare nella milizia limitanea era, generalmente, più diffusa, non solo perché chi vi era arruolato (ovvero i provinciali) avesse il vantaggio di rimanere vicino alla famiglia, ma anche in ragione dell'esenzione a beneficio dei figli dei curiali (il notabilato delle città), garantita da una legge del 363, dell'obbligo ereditario alla ferma (riservato unicamente a coloro che sceglievano la strada dell'arruolamento e servivano nell'esercito per 10 anni).
Armamento
Da Adrianopoli alla fine dell'Occidente (378-476)
In seguito alla sconfitta di Adrianopoli, l'Impero dovette venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani come foederati semi-autonomi: essi mantennero il loro stile di vita e la loro organizzazione tribale stanziandosi in territorio romano come esercito alleato dei romani. Oltre ai Visigoti, che alla fine ottennero, dopo molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione dall'imperatore Onorio di fondare un regno federato in Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (che entrarono all'interno dei confini dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari inflitte all'impero, il permesso imperiale di stanziarsi all'interno dei confini.
Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito: un esercito professionale come quello romano, infatti, per essere mantenuto efficiente, aveva bisogno di essere pagato e equipaggiato, e le ristrettezze economiche dovute al crollo del gettito fiscale portarono ovviamente a un declino progressivo delle capacità di addestramento, arruolamento, dell'organizzazione logistica e della qualità dei rifornimenti in armi e derrate ai soldati (si spiegano in questo senso le sempre più crudeli minacce ai cittadini contenute nelle leggi del periodo in caso di mancato versamento dei tributi). Da un'attenta analisi della Notitia Dignitatum, si può ricavare che quasi la metà dell'esercito campale romano-occidentale andò distrutto nel corso delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre molte delle ricostituite unità erano semplicemente unità di limitanei promossi a comitatenses, con conseguente declino delle potenzialità militari con riferimento sia alla consistenza meramente quantitativa delle truppe che sotto il profilo della qualità.
La perdita dell'Africa ebbe riverberi inevitabili e seri sulle finanze dello stato, indebolendo ulteriormente l'esercito (attorno al 444). Le perdite subite portarono all'ammissione in grosse quantità di ausiliari e foederati germanici (ad esempio Unni): ciò poteva portare benefici a breve termine, ma era deleterio a lungo termine, in quanto diminuiva gli investimenti nel rafforzamento delle unità regolari.
Nel tardo impero l'esercito, per difendere i confini imperiali dalla crescente pressione barbarica, non potendo contare su reclute insignite di cittadinanza, a causa sia del calo demografico all'interno dei confini dell'Impero, sia della resistenza alle coscrizioniGibbon (Capitolo XVII) narra che molti giovani si tagliarono le dita della mano destra pur di non essere arruolati., ricorse sempre di più a contingenti di gentiles (fino a una vera deriva "mercenaristica"), utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unità regolari tardo imperiali (legiones, vexillationes e auxilia), ed in seguito, in forme sempre più ingenti e diffuse, come alleati che conservavano le loro tradizioni e le loro usanze belliche. Il risultato fu un esercito romano nel nome, ma sempre più culturalmente estraneo alla società che era chiamato a proteggere.
Vegezio, autore di un manuale di strategia militare redatto tra la fine del IV secolo e la prima metà del V secolo, si lamentò per l'imbarbarimento progressivo dell'esercito romano, il quale, cominciando a combattere alla maniera barbarica, perse il suo tradizionale vantaggio nella superiore disciplina e strategia militare; lo stesso Vegezio si lamentò per il fatto che l'imperatore Graziano avesse permesso ai suoi fanti, probabilmente di origini barbariche, di non indossare più elmo e armature, esponendoli maggiormente alle armi nemiche e portando come nefasta conseguenza a diverse sconfitte contro gli arcieri goti. Vegezio lamentò poi che non si costruissero più accampamenti e riferisce le conseguenze nefaste di questa scelta. Sempre Vegezio lamentava poi che i proprietari terrieri, non intendendo perdere manodopera, escogitavano diversi espedienti pur di non fornire soldati all'esercito, ricorrendo anche alla corruzione degli ufficiali reclutatori: ciò fece sì che, invece di reclutare gente idonea al combattimento, venissero reclutati pescatori, pasticcieri, tessitori ed altre professioni ritenute non idonee da Vegezio. La soluzione di Vegezio era tornare all'antico modo di combattere, alla "maniera romana", abbandonando il modo di combattere "alla barbara" introdotto dal sempre più crescente arruolamento di Barbari; in Occidente, tuttavia, per diverse ragioni, non si riuscì a invertire questa tendenza, portando alla sua rovina.
Da alcune fonti letterarie del tempo si può evincere che il termine "ausiliario" divenne a poco a poco sinonimo di "soldato", così come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", il che sta ad indicare una fase di progressiva smobilitazione delle antiche unità legionarie in favore di quelle ausiliarie. In una seconda ed ultima fase, l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua identità, quando probabilmente anche la maggior parte degli auxilia palatina furono rimpiazzate da federati.
Intorno al 460 l'esercito romano, e di conseguenza le legiones, dovevano apparire solo l'ombra di sé stesse, con i territori ridotti ormai alla sola Italia o poco più. Nonostante tutto, secondo alcuni studiosi, l'esercito romano rimase efficiente fino ad almeno a Maggioriano (461). Sotto Ezio e Maggioriano, l'Impero sembra fosse ancora in grado di affrontare e vincere in battaglia Visigoti, Burgundi, Bagaudi, Franchi, mantenendo sotto il suo controllo la Gallia, a riprova di una sua relativa efficienza. Solo con l'uccisione di Maggioriano cominciò il definitivo declino, a causa della rivolta dell'esercito delle Gallie che portò alla formazione di uno stato secessionista in Gallia settentrionale, il Dominio di Soissons. Privato dell'esercito delle Gallie, ed essendosi ridotti i territori gallici sotto il controllo del governo centrale alle sole Provenza e Alvernia, l'impero non fu più in grado di difendere queste province con il solo ricorso all'esercito d'Italia. Nel 476 le armate sollevate da Odoacre contro il magister militum Flavio Oreste e l'ultimo imperatore in Italia, Romolo Augusto, erano costituite unicamente da alleati germanici, perlopiù Sciri ed Eruli. Tuttavia l'assetto generale dell'esercito romano tardo-imperiale, e alcune sue unità, sopravvissero almeno fino al VI secolo in seno alla Pars Orientis. Teofilatto Simocatta attesta, ancora a fine VI secolo, l'esistenza della Legio IV Parthica, anche se all'epoca le legioni erano quasi del tutto scomparse, sostituite da reggimenti di circa 500 soldati denominati numeri (in latino) o arithmoi (in greco).
Armamento
Età regia Xiphos (spada greca a punta); lancia da urto; oplon (scudo di origine greca rotondo e concavo, che contraddistingueva l'oplita); linothorax (armatura greca di tessuto); elmo corinzio, elmo attico ed elmo calcidico (elmi di fogge greche, largamente usati dai Romani in età regia).
Età repubblicana
Equipaggiamento dei Velites: scudo piccolo, rotondo e di legno; spada a punta, soltanto per infilzare; poi sostituita dal gladio; elmo piccolo e semplice; pelliccia di lupo da mettere sopra l’elmo; giavellotti corti e con una punta sottile.
Equipaggiamento degli Hastati: spade all’inizio di foggia greca, poi sostituite, a seguito della seconda guerra punica, con il gladius hispaniensis; due pila con la punta di ferro dolce; scutum ovale o rettangolare con i lati arrotondati; pettorina in bronzo che copriva soltanto il petto; elmo del tipo di Montefortino, in bronzo, dotato di tre piume d’aquila rosse.
Equipaggiamento dei Principes: spade all’inizio di foggia greca, poi sostituite, a seguito della seconda guerra punica, con il gladius hispaniensis; due pila con la punta di ferro dolce; scutum ovale o rettangolare con i lati arrotondati; lorica hamata; elmo di Montefortino, in bronzo, dotato di un cimiero di crini di cavallo.
Equipaggiamento dei Triarii: spade di foggia greca, poi sostituite, a seguito della seconda guerra punica, con il gladius hispaniensis; lancia da urto; lorica musculata (molto costosa); scutum ovale o rettangolare con i lati arrotondati; elmo del tipo di Montefortino, in bronzo, dotato di tre piume nere.
I secolo a.C. Lorica hamata; gladio (spada corta, a punta e a doppio taglio); elmo del tipo di Montefortino, dotato di un ciuffo di crini di cavallo; scutum rettangolare con i lati arrotondati; due pila con la punta di ferro dolce; pugio (pugnale: usato come arma di ultima difesa).
età augustea
Gladio (spada corta, a punta e a doppio taglio); elmocoolus e agen port; lorica hamata; pugio; scutum; due pila.
età imperiale Gladius hispaniensis (spada corta a doppio taglio); pilum; pugio (pugnale appeso alla vita tramite una cintura); scutum rettangolare di legno dotato di una parte centrale in ferro usato per lo sfondamento; lorica segmentata (corazza a piastre di ferro sovrapposte); elmo di derivazione gallica.
Fortificazioni
Le legioni alloggiavano in due tipi di accampamenti (castrum): "da marcia" o permanenti. I primi erano costruiti in via temporanea per garantire la sicurezza della legione durante la sosta notturna in territorio nemico, i secondi erano relativamente stabili e potevano essere di due tipi: castra hibernia, in cui svernare, e castra aestiva, in cui alloggiare le truppe nei mesi estivi o in prossimità delle campagne militari. I sistemi difensivi più rapidi e più facilmente realizzabili erano costituiti dai cavalli di frisia, ovvero da pila muralia (pali acuminati con un'incavatura al centro per consentire l'incastro assieme ad altri pila) legati insieme e posti in cima agli aggeri che sorgevano accanto allintervallum che separava la zona adibita ad ospitare le tende (papiliones), da quella della cinta difensiva, solitamente costituita da un fossato a ridosso di un terrapieno, per i campi temporanei, o da un vallum di legno o pietra (intervallato da quattro porte mediane) munito di torri per quelli permanenti. Le tende erano fatte di pelli cucite di vitello, di capra o di cuoio.
Il castrum romano era attraversato da due strade principali che intersecavano nell'area del Praetorium (tenda o abitazione del comandante) e dei Principia (quartier generale), la via Praetoria (che collegava porta praetoria e porta decumana) e la via Principalis (che collegava le due porte principali). Il castrum romano poteva estendersi anche su 20-30 ettari e ospitò fino all'89 d.C. 2 legioni, dopodiché ne poté ospitare solo una. Le unità ausiliarie avevano propri forti distribuiti nelle zone più di confine ed erano intervallate con quelle legionarie. Le fortezze ausiliarie (castella) erano basi di attività di pattugliamento e monitoraggio dei confini, fondamentali anche per tenere impegnato il nemico in caso di invasione. I forti erano dotati anche del valetudinarium, di un ospedale militare.
Conduzione degli assedi e macchine da guerra
Le fasi dell'assedio erano fondamentalmente tre, svincolate spesso da un ordine logico tra loro. La prima consisteva nel porre il blocco all'ingresso di merci e persone nella città e nell'isolamento del nucleo cittadino. La seconda fase era quella della contravallatio (controvallazione), usata a Masada, consistente nella costruzione di una semplice palizzata, di un fossato o di fortificazioni più complesso come sistema di difesa dagli assediati. Ulteriore sviluppo della seconda era la fase (terza) della circumvallatio, utile ai fini della difesa dall'esterno e dall'interno del campo degli assedianti, impiegato da Cesare ad Alesia.
Utili in fase di avanzamento erano le vinee (anche i plutei) o in alternativa la formazione a testuggine, delle tettoie mobili per proteggere i soldati o gli scavatori nell'avvicinamento alle mura. Armi d'assedio ampiamente usate erano le baliste, grosse balestre pensate per scagliare proietti di pietra o frecce e gli scorpiones, adoperati per il lancio di dardi e frecce di medie dimensioni. Spesso si usavano anche rampe (come quelle di Jotapata e Masada) per far arrivare le torri d'assedio alle mura (munite di baliste o di arieti) o si ricorreva alla costruzione di imponenti terrapieni (come ad Avarico).
Vegezio elenca sette tipi di armi d'assedio nell'Epitoma, riferibili a quest'epoca, ma certamente collocabili anche nei tempi anteriori. Le macchine più usate erano:
le testuggini, che secondo la descrizione dell'epitomatore tardo antico costituivano le macchine all'interno delle quali poteva essere collocata o l'estremità in ferro (per sineddoche si sarebbe poi forse intesa per ariete l'intera macchina), cioè l'ariete volto a minare la solidità delle mura, oppure una "falce" che serviva a "estrarre le pietre dalle mura";
le vinee (larga circa 2 metri, alta 2 e lunga 4,70 metri), tettoie di legno leggero che potevano essere realizzate in gran numero a formare un lungo corridoio che consentiva l'avvicinamento alle mura degli scavatori;
i plutei, schermi mobili, formati da intrecciature di vimini rivestiti di pelli o di cuoio, al riparo dai quali gli assedianti bersagliano gli spalti delle mura;
i muscoli, macchine coperti dalle quali si poteva operare il riempimento dei fossati che consentisse alle torri mobili di raggiungere le mura;
le torri mobili (larghe dai 9 ai 15 metri), costruite con travi e tavole ricoperte di pelli grezze per evitare di prendere fuoco, e formate su tre livelli, il primo dotato di ariete per colpire le mura, il secondo munito del ponte per l'accesso agli spalti, il terzo costituito da una torretta (spesso nascosta) con la quale colpire i nemici sulle mura e agevolare la conquista del settore o evitare l'incendio della torre stessa, soggetta spesso ad essere colpita da dardi incendiari.
Simboli della legione
Durante il suo secondo consolato, nel 104 a.C., Gaio Mario conferì all'aquila un valore simbolico particolare, rendendola il segno distintivo della legione.Sallustio, De Catilinae coniuratione, 59 Racconta Plinio che prima della decisione di Mario la legione possedeva altri quattro simboli: il lupo, il cavallo, il minotauro e il cinghiale, recati davanti a ciascun rango dell'esercito. Non è chiaro tuttavia cosa identificassero queste quattro figure, e se fossero adoperate insieme o servissero ciascuna a designare un determinato raggruppamento. Si potrebbe ipotizzare che i quattro simboli fossero riferiti alle quattro legioni citate da Livio.. L'aquila in età imperiale era tenuta in consegna dalla prima centuria della prima coorte.
La progressiva sostituzione dell'aquila, sacra a Giove Capitolino, o il suo affiancamento al draco, simbolo religioso e militare presso i daci e i sarmati, con tutta probabilità assimilato dai romani durante la campagna dacica di Traiano, tanto da essere riportato in ben 20 scene della Colonna traiana, dovrebbero risalire al II secolo. Il simbolo compare in numerosi coni emessi da Antonino Pio, Decio, Claudio il Gotico e Aureliano. Prima adottato dalle coorti e dalle ali di cavalleria, passò successivamente a identificare l'intera legione.
Oltre all'aquila e al drago sarà impiegato più tardi il labaro (labarum), drappo quadrato recante il monogramma di Cristo (oppure costituito da un drappo con tre cerchi sormontato dal monogramma), quando Costantino ne farà il simbolo del proprio esercito, promuovendone la sostituzione, una volta divenuto imperatore, alle precedenti simbologie pagane. Secondo Eusebio di Cesarea, il ritratto dell'imperatore si trovava sulla metà superiore del drappo, mentre sulla metà inferiore era disegnata una croce. Il Chi-Rho, invece, era attaccato al braccio superiore della croce. Il labaro, assieme al draco, una manica a vento purpurea retta da un'asta sfarzosa, precedeva le truppe in marcia alla testa dell'esercito.
Signiferi e vessilliferi
I simboli militari romani erano il vexillum, un piccolo stendardo consistente in un drappo, e il signum, costituito da forme solide raffiguranti animali, persone o oggetti. Gli addetti al trasporto dei simboli delle legioni e delle centurie erano: laquilifer per l'aquila della legione, il signifer per il simbolo del manipolo o della centuria, il vexillarius per il portatore del vessillo, limaginifer per le imagines degli imperatori e, in epoca tarda, il draconarius (i portatori del draco erano sottoposti a un magister draconum) per il draco, che passò ad identificare anche il signifer. All'interno dell'accampamento o del forte le insegne (signa militaria) erano conservate nellaedes signorum, uno degli edifici dei Principia (quartier generale della legione), contenente gli stendardi delle unità.
Laquilifer, di solito un signifero anziano, secondo nella gerarchia rispetto al centurione, era una figura di primaria importanza della legione, avendo la responsabilità di condurre in battaglia il simbolo dell'intero corpo militare, anche se la sua tutela era assegnata al centurione. Conservare e difendere l'aquila significava preservare la continuità della legione, perché la sua perdita poteva comportarne lo scioglimento, come avvenuto per le legioni distrutte dopo le battaglie di Carre e Teutoburgo. La caduta nelle mani del nemico delle insegne era un'onta gravissima, tanto che Augusto si prodigò per ottenere la restituzione delle insegne di Crasso, riuscendo a farsele riconsegnare dal re parto Fraate IV nel 20 a.C.
Ogni centuria, comprese quelle ausiliarie che avevano uno specifico signifer auxilia, possedeva un'insegna (signum) che consisteva in un certo numero di dischi metallici (phalerae), di solito in numero di sei (corrispondenti alle centurie nella coorte), fissati ad un'asta di legno, terminante in una punta o una forma di mano (il cui significato è incerto) al di sotto della quale poteva essere montato una targa con su indicato il numero della coorte o della centuria stessa. Il vexillum era uno stendardo, riportante il nome della legione, il simbolo e il numero, uno per ogni legione. Spesso identificava una vexillatio legionaria, ovvero un distaccamento della legione. Limaginifer invece era il portatore dellimago dell'imperatore, introdotta da Augusto, quando la figura dell'imperatore divenne oggetto di culto. Limago o le imagines erano ritratti realizzati in metallo battuto, custoditi dalla prima coorte.
Servizio medico
Vita del legionario
Legione e flotta
Nel 214 a.C. nel pieno dell'attacco di Annibale, a Brundisium agli ordini di Marco Valerio Levino era acquartierata una forza di fanteria della consistenza di una legio classica a supporto delle operazioni della Marina militare romana nell'Adriatico, che però venne usata per difendere la costa illirica dagli attacchi di Filippo di Macedonia. Dopo le sanguinose guerre contro Cartagine, la flotta romana era diventata tra le più forti del Mediterraneo. Sotto Augusto, incrementata nel numero di navi, essa divenne stabile. Le principali basi di stanziamento divennero Miseno, presso Pozzuoli, nel Mar Tirreno e Classe, presso Ravenna, nel Mar Adriatico, col compito di controllare l'una il Mediterraneo occidentale, l'altra quello orientale. Flotte minori erano stanziate nei mari delle province periferiche (Britannia, Germania, Pannonia, Mesia, Ponto, Siria).
Con l'ulteriore espansione della flotta, le navi vennero dotate di contingenti di fanteria imbarcata. Questa era in forza alla base principale del Miseno, ed effettuava le comuni esercitazioni della fanteria romana, oltre alle speciali tecniche della guerra sul mare, come abbordaggi e il bersagliare le navi avversarie dalle torri delle quali erano dotate le unità maggiori della flotta. Il numero di queste unità fu soggetto a contrazioni ed espansioni nel tempo, seguendo le fortune della marina alla quale era in forza. In effetti, la fanteria di marina romana, antesignana di quella attuale in forza a quasi tutte le marine militari moderne, aveva una sua struttura e dei suoi campi di addestramento, come la Schola Militum di Miseno.
Il comando di ogni flotta era affidato a prefetti di rango equestre, talvolta a liberti. Al prefetto del Miseno era assegnata una superiorità gerarchica rispetto a quello ravennate. Le flotte provinciali erano guidate invece da centurioni o da prefetti equestri. Ogni nave era assimilata ad una centuria e comandata di norma da un centurione chiamato triarca. Al di sotto del prefetto, di grado superiore al centurione triarca c'era il navarca, comandante di una flottiglia o di una squadra di imbarcazioni, anche se Vegezio sostiene che fosse a capo di una singola nave, con l'incarico di curare l'addestramento dell'equipaggio.
Galleria d'immagini
Note
Bibliografia
Fonti primarie
(testo latino e versione inglese).
(traduzione inglese ).
(testo greco e traduzione inglese ).
(testo latino e traduzione inglese ).
(testo latino e traduzione inglese).
(testo latino e traduzione francese ).
(testo latino e traduzione francese).
(testo greco e traduzione inglese).
(testo latino e versione italiana del Progetto Ovidio oppure qui).
(testo latino e versione italiana del Progetto Ovidio).
(testo latino e traduzione inglese ).
(testo latino e traduzione inglese ).
(testo latino e traduzione inglese ).
(traduzione inglese).
(traduzione inglese qui e qui ).
(testo latino e traduzione inglese ).
(Iscrizione latina e traduzione inglese).
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(testo latino , traduzione italiana del Progetto Ovidio).
(testo latino , traduzione italiana e traduzione inglese).
(testo latino ; traduzione italiana ; traduzione inglese qui e qui).
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Fonti storiografiche moderne
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Albert Harkness, The Military System Of The Romans, University Press of the Pacific, 2004 ISBN 1-4102-1153-3.
Howard Hayes Scullard, A History of the Roman World, 753 to 146 BC, Routledge, 2003 ISBN 0-415-30504-7.
Pat Southern, The Roman army: a social and institutional history'', ABC-CLIO, 2006 ISBN 1-85109-730-9.
Altri progetti
Collegamenti esterni |
Biografia
Primo esponente dei Dal Verme, nobile famiglia di Verona, giurista e diplomatico, figlio un certo Vermis, cittadino veronese attestato nel 1174. Non si sa nulla della sua giovinezza se non che la famiglia è residente a Verona nella zona periferica di porta San Zeno. Fu il primo esponente di rilievo noto della famiglia, che proprio con lui si affermò durevolmente nella classe dirigente cittadina dell'età comunale di Verona ed ezzeliniana e che sembra configurarsi come uno dei casi di affermazione ed ascesa sociale e politica, tipici dell'età comunale.
Qualificato come iudex sin dalla sua prima apparizione alla ribalta politica cittadina, egli appare ben inserito nel gruppo dei causidici ed esperti del diritto che costituiscono un nucleo importante della classe dirigente duecentesca. Attraverso una assidua, cinquantennale presenza nelle magistrature comunali veronesi, radicò su solide basi il prestigio della famiglia attraversando indenne il periodo delle lotte di fazione pre-ezzeliniane ed ezzeliniane.
La prima notizia sul suo conto è del 1198, quando il Comune di Verona stipulò un patto col Comune di Treviso, il Dal Verme era console di giustizia, incarico ricoperto anche nel 1201 e nel 1205. La carriera pubblica del Dal Verme si sviluppò negli anni di consolidamento politico degli Ezzelini. Ma anche quando non occupava specifiche cariche, fu sempre presente, e spesso a comprova del suo prestigio menzionato fra i primi o per primo, fra i causidici che assistevano il podestà di Verona in atti di rilevante importanza: così nel maggio 1200 quando Salinguerra II Torelli sentenziò in una causa fra il patriarca di Aquileia Pellegrino di Ortenburg-Sponheim e il Comune di Treviso, o nel 1201 quando il Consiglio generale di Verona ratificò un provvedimento relativo alla tassazione dei beni ecclesiastici. Il Dal Verme figura nella lista dei consiglieri veronesi anche 1203, quando venne giurato un patto quinquennale con Cremona.
La sua assenza dalle magistrature cittadine nel periodo di supremazia della fazione guelfa dei conti Sambonifacio (1208-2014) è segno probabile della sua adesione, sin da allora, alla famiglia ghibellina dei Montecchi.
Negli anni successivi le presenze e gli incarichi sono reiterati: fu console nel secondo semestre del 1215, come giudice e procuratore del Comune di Verona nel 1217 era a Cerea per rivendicare i diritti del capitolo dei canonici su quel paese (a questi placiti partecipava sempre l'élite della classe dirigente cittadina, milites o giudici) e nello stesso anno rappresentò il Comune ad un atto relativo al controllo di Ostiglia; nel 1220 rappresentò il Monastero di San Michele Arcangelo in Campagna presso l'imperatore Federico II di Svevia; nel 1222, ancora per la giurisdizione su Cerea, si recò a nome del Comune di Verona a Bologna e nel novembre 1225 era nuovamente iudex et procurator comunis Veronae.
Nell'aprile 1226 il Dal Verme fu fra i giuristi veronesi che ratificarono l'adesione della città di Verona (dove da pochi mesi avevano preso il definitivo sopravvento la famiglia ghibellina dei Montecchi alleata con la fazione dei Quattroventi, formata da partigiani della famiglia guelfa dei conti Sambonifacio passati con i Montecchi, capeggiati dal podestà Leone Dalle Carceri favorevoli a Ezzelino III da Romano) alla seconda Lega Lombarda di Mosio al congresso nella Chiesa di San Zenone di Mosio nel mantovano; e dopo questo incarico fu poi deputato alla compilazione degli statuti nuovi del Comune di Verona.
Negli anni del consolidamento ezzeliniano il Dal Verme fu in posizione di rilievo: nel 1229 è menzionato per primo fra i centoquaranta cives che si fecero fideiussori di un prestito per il Comune; nel 1234 e nel 1237 fu ancora console. Dal 1238 appare nei consigli cittadini anche un suo figlio, Vilio. Nel 1252 figura ancora in Consiglio, sempre con il figlio Vilio, ma dovette scomparire di lì a poco.
Lasciava ai discendenti una situazione economica certo agiata, ma soprattutto un saldo inserimento nel ceto dirigente.
Discendenza
Dei fratelli di Nicola, si sa appena il nome o qualche incarico, come per Gambarino o Iohannis de Vermo, causidico sembra attestato nel 1201; il fratello Iacobino figura dal 1203 al 1238 tra i consiglieri del Comune di Verona, dei figli di costui, Ventura fu console nel 1243 e Trinitello fu console nel 1238 e nel 1272.
Nicola si sposa con una donna N.N. dalla quale ebbe due figli:
Vilio, console di Verona, dal 1238 al 1252 appare consecutivamente nei consigli cittadini assieme al padre; ebbe tre figli:
Nicola, uomo d'arme e giurista, politico e diplomatico negli anni di consolidamento politico della signoria scaligera;
Castellana;
Zilia, sposata ad un eminente giudice veronese, Enrico de Bella.
Bonaventura (+ Verona 1260 ca.), stretto collaboratore di Ezzelino III da Romano, compare quale testimone il 28 marzo del 1253 all'atto di cessione, con cui Ezzelino da Romano dopo aver comprato dal conte Riprando d'Arco signore di Arco la metà del Castello di Dosso Maggiore e del Castello di Arco, ne investì a titolo di feudo Sodegerio da Tito, podestà di Trento. Compare come membro del Consiglio Minore veronese nel 1254 e nel 1257 fu eletto da Ezzelino quale Podestà di Cerea fino al 1258, dove nel seguente anno gli fu successore Mastino I della Scala, elevato nel 1262 alla signoria di Verona.
Note
Bibliografia
Pompeo Litta, Famiglie celebri italiane. Dal Verme di Verona, Milano, 1834
Pierre Savy Seigneurs et condottières: les Dal Verme : appartenances sociales, constructions étatiques et pratiques politiques dans l'Italie de la Renaissance, École française de Rome, 2013
Ricotti E. Storia delle compagnie di ventura. Giuffrè Pompa & C., Torino, 1847
Fabrizio Bernini-Cesare Scrollini, I Conti Dal Verme tra Milano e l'Oltrepo pavese-piacentino, Gianni Iuculano Editore, Pavia 2006
Giorgio Fiori I conti Dal Verme feudatari di Bobbio, in Scritti storici bobbiesi, Ed. Tipografia Fogliani, Piacenza 1970
Collegamenti esterni
Famiglia Dal Verme su Gallica - Famiglie celebri di Italia. Dal Verme di Verona / P. Litta Litta, Pompeo (1781-1851)
N |
Creepshow 3 è un film del 2006 diretto da Ana Clavell e James Dudelson. Anche questo film presenta storie diverse che si intrecciano l'un l'altra in un punto. Il cane ricercato ha la trama simile ad una puntata di Creepshow 2. Il film è un sequel non-ufficiale di Creepshow e Creepshow 2. Il film è un direct-to-video (anche negli Stati Uniti), distribuito da One Movie.
Trama
Alice
Il padre di Alice compra un telecomando universale e appena tocca un tasto, tutto cambia. Alice vede una famiglia di neri che la salutano dicendo di essere la loro figlia. Il padre (nero) tocca un tasto dello stesso telecomando e tutto cambia di nuovo. Alice vede una famiglia ispanica e anch'essi la salutano dicendogli di essere la loro figlia. Lei diventa un brutto mostro e quando tutto torna alla normalità, i veri genitori non riconoscendola tentano di ucciderla, prima che l'intervento dell'inventore del telecomando universale non la trasformi in un coniglio, salvandola dalla morte.
La radio
Un uomo compra una radio parlante che gli dice sempre cosa fare. Un giorno, l'uomo vuole scappare dal suo appartamento con una donna che gli piace che vive nello stesso edificio. La radio gli dice di ucciderla perché è un'assassina. Lui non la ascolta e viene colpito da un colpo di pistola dalla ragazza e lei viene colpita da un colpo di fucile da un altro uomo che ha la stessa radio.
Rachel, la prostituta
Rachel uccide ogni uomo che voglia perdere la verginità. Una notte, un ragazzo la chiama e lei lo uccide. Questo ragazzo però è un vampiro immortale, che, tutt'altro che morto, si vendica e la inchioda al muro con altre vittime per nutrirsi del suo sangue.
La moglie del professore
Un professore chiama i suoi alunni per presentargli la moglie giovanissima. La donna sembra un robot e quando il professore esce di casa, loro la smontano. Scoprono di avere ucciso una vera persona con una tragica malattia. I ragazzi nascondono varie parti del corpo in dei cassetti e scappano.
Il cane ricercato
Un dottore cinico e menefreghista non vuole aiutare un barbone che gli chiede qualche spicciolo o qualcosa da mangiare, dopo aver comprato un panino ad un chiosco però gli cade a terra, e solo allora si decide a dare l'hot dog al senzatetto che però dopo averlo addentato muore, perché il panino gli va di traverso. Il fantasma di questo senzatetto comincia a perseguitare il dottore fino ad ucciderlo. Nell'episodio finale ricompaiono il vampiro, ad una festa a cui va il dottore, il professore, che ripara la moglie e riesce a sposarla, ed infine Alice, in versione coniglio, assieme alla sua famiglia umana.
Collegamenti esterni
Film horror |
Il regno di Doomsday (Reign of Doomsday) è una miniserie crossover a fumetti in tre parti pubblicata negli Stati Uniti d'America del 2011 dalla DC Comics sulle testate incentrate sul personaggio di Superman. La trama prende il titolo dalla saga Il regno dei Superman, seguito immediato della La morte di Superman. La miniserie è stata ben accolta dai fan, ma meno dai critici, che sono arrivati a decretarla la peggior storia del 2011.
Storia editoriale
Il crossover è iniziato nel gennaio 2011 con l'albo one-shot Steel, pubblicato sotto l'etichetta DC Icons; è poi continuato nel n. 37 della serie Outsiders, nel n. 55 di Justice League of America e nel n. 5 dello speciale annuale Superman / Batman - entrambi i quali riguardavano Supergirl e Cyborg Superman - Superboy n. 6, dove ha affrontato Superboy, e Action Comics dal n. 900 al n. 904, dove ha affrontato Superman. La trama si è concluso nel n. 904, l'ultimo numero della prima serie di Action Comics che ha preceduto il rilancio della testata come parte del progetto The New 52.
Trama
Quando Doomsday atterra a Metropolis, Steel combatte la creatura e perde. Doomsday prende Steel e si allontana dalla scena. Doomsday attacca poi gli estranei a Markovia, intenti a trovare Eradicator. Dopo aver sconfitto Eradicator e i suoi compagni di squadra, Doomsday si allontana dal campo di battaglia con il suo corpo. Il giorno del giudizio più tardi attacca l'alfa Lanterna Boodikka e diversi membri della Justice League. Il Cyborg Superman emerge dal corpo di Boodikka e rivela che Doomsday è arrivato per lui. Cyborg Superman ferisce Doomsday, che assimila la nanotecnologia di Cyborg Superman e si ricostruisce in Cyborg Doomsday. Supergirl arriva e aiuta Cyborg Superman contro Doomsday, ma Doomsday li sconfigge entrambi e si teletrasporta via con i loro corpi. Successivamente Doomsday attacca Superboy e dopo averlo sconfitto facilmente, porta via anche lui.
Superman scopre che probabilmente Doomsday è stato risvegliato da Lex Luthor, e si avvia in una base segreta a Central City per salvare i suoi amici. Superman tenta di liberare i suoi alleati, ma scopre il corpo addormentato di Doomsday, così come tre cloni separati - ognuno con un powerset diverso progettato per renderli in grado di eliminare più kryptoniani. Luthor aveva trovato Doomsday su un altro pianeta in uno stato di profondo sonno, in una sorta di letargo, così prese la decisione di portarlo sulla terra in modo da clonarlo. Superman libera i suoi alleati e scappano assieme al Doomsday originale addormentato, i potenti cloni li inseguono cercando di catturarli.
In quel momento il dormiente mostro grigio si sveglia e uccide senza difficoltà i suoi potenti cloni e comincia a distruggere Central City. Superman, Supergirl, Superboy, Cyborg Superman e l'arrivato Flash cominciano a combattere il mostro, ma la potenza di Doomsday è talmente elevata che i quattro vengono sconfitti facilmente. Batman viene a sapere tramite un notiziario ciò che sta accadendo a Central City e chiama la Justice League, formata al momento dal potente Capitan Atom, Shazam, Wonder Woman, Lanterna Verde e Aquaman.
La jla si unisce alla battaglia contro il mostro grigio, ma quest'ultimo sconfigge facilmente anche loro. Doomsday continua a distruggere la città e ad uccidere ogni cittadino, Capitan Cold, Mirror Master e Heat Wave si uniscono alla jla per proteggere la loro città. L'unione degli eroi e dei loro nemici non potrà niente contro la furia di Doomsday. Batman indeciso sul da farsi, contatterà Plastic Man, Martian Manhunter, gli Outsiders e i Teen Titans per fermare l'avanzata inarrestabile di Doomsday. Nulla riuscirà a fermare l'avanzata del mostro, nonostante gli inutili tentativi di fermarlo da parte di un incredibile numero di eroi e di potenti villain (tra cui Black Adam e Major Force).
Nella mischia intervengono anche Orion, Capitan Comet, e Big Barda; Doomsday ferisce gravemente Orion che è costretto a ritirarsi e uccide Capitan Comet. Giunto a destinazione, Firestorm cerca di fermare il mostro con un potentissimo colpo combinato con le potenti scariche elettriche di Black Lightning, ma neanche questo ha effetto. Doomsday continua a mietere vittime tra super eroi e super criminali, proprio in quel momento giungono sul campo di battaglia anche il Dottor Fate assieme a Zatanna Zatara. Il potente mago cercherà di usare la sua potente magia, ma Doomsday risulta immune anche a questo. Batman (su suggerimento del figlio Damian), chiama in aiuto il potente e malvagio Darkseid. Nel frattempo Fate prova a fermare il mostro con un attacco combinato tra la sua magia, i potenti raggi di Superman, l'energia di Capitan Atom e Major Force e i poteri di Shazam e Black Adam, senza però scalfire minimamente il potente mostro.
In quel momento fa la sua comparsa Darkseid, felice di aver finalmente trovato un degno avversario e di poter attaccare Doomsday a piena potenza. Visto la potenza dello scontro tra i due esseri, Fate rinchiude il campo di battaglia con una enorme cupola magica che servirà per trattenere i loro incredibili poteri senza distruggere la terra.Mentre il resto degli eroi, mettono in salvo i civili, Darkseid e Doomsday continuano a scambiarsi colpi di inimmaginabile potenza all'interno della cupola magica. Nel frattempo Fate trova il sistema per liberarsi definitivamente del mostro, rinchiuderlo in qualche dimensione parallela. Attraverso un boomdotto e l'uso di un potente incantesimo, Fate riesce a rinchiudere Doomsday in una dimensione simile alla zona fantasma.
Darkseid infastidito dalla scelta degli eroi, torna su Apokolips, lasciando gli eroi a leccarsi le ferite. Batman andrà da Luthor per arrestarlo, ma troverà un ennesimo clone di Doomsday a fronteggiare l'eroe, il clone verrà sconfitto dai feriti Superman e Capitan Atom, dando però la possibilà a Luthor di scappare.
Note |
La diocesi di Santiago di Capo Verde (in latino: Dioecesis Sancti Iacobi Capitis Viridis) è una sede della Chiesa cattolica a Capo Verde immediatamente soggetta alla Santa Sede. Nel 2020 contava 431.700 battezzati su 451.400 abitanti. È retta dal vescovo cardinale Arlindo Gomes Furtado.
Territorio
La diocesi comprende le isole dell'arcipelago di Sotavento nella repubblica di Capo Verde.
Sede vescovile è la città di Praia, dove si trova la cattedrale dell'Assunzione di Maria Vergine, venerata con il titolo di Nostra Signora della Grazia.
Il territorio si estende su 1.803 km² ed è suddiviso in 24 parrocchie: 2 nell'isola di Maio, 16 nell'isola di Santiago, 4 nell'isola di Fogo e 2 nell'isola di Brava.
Storia
L'arcipelago di Capo Verde fu scoperto verso la metà del XV secolo e la presenza cristiana si affermò con la progressiva colonizzazione delle isole. L'evangelizzazione dei territori ultramarini del Portogallo fu affidata all'Ordine del Cristo, che governava l'arcipelago dalla sede centrale di Tomar. In realtà i primi missionari a giungere assieme ai coloni nel 1462 furono due francescani, Frei Rogério e Frei Jaime, a cui si aggiunse un domenicano nel 1473, Frei João.
Dalle isole di Capo Verde transitavano le navi portoghesi che trasportavano gli schiavi africani verso il Brasile e il Nordamerica; a loro si rivolgevano i missionari e nel 1514 e 1516 furono pubblicate le prime norme relative al battesimo da conferire agli schiavi sulle navi negriere.
La diocesi è stata eretta il 31 gennaio 1533 con la bolla Pro excellenti praeeminentia di papa Clemente VII, ricavandone il territorio dalla diocesi di Funchal, contestualmente elevata al rango di sede metropolitana delle diocesi ultramarine portoghesi. Da Funchal dipendeva in origine anche la diocesi di Capo Verde, fino a quando nel 1551 divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Lisbona (oggi patriarcato).
Dei primi vescovi di Capo Verde, pochi furono quelli che posero la loro sede nelle isole. Al vescovo Francisco de la Cruz si deve la costruzione della cattedrale nel 1556. Il seminario diocesano fu istituito nel 1570, ma ebbe vita breve, perché fu chiuso nel 1594. Fu opera del vescovo Francisco de São Simão la costruzione di un seminario e del palazzo episcopale sul finire del XVIII secolo. L'attuale seminario di San Giuseppe è stato eretto nel 1957 dal vescovo José Filípe do Carmo Colaço.
Il 4 settembre 1940, facendo seguito all'accordo missionario successivo al concordato tra Roma e Lisbona, la diocesi perse la giurisdizione sui territori della terraferma della Guinea Portoghese, che fin dal 1533 erano di sua competenza, dove fu eretta una missione sui iuris, divenuta in seguito diocesi di Bissau.
Il 9 gennaio 1978 la diocesi di Capo Verde è stata sottratta alla provincia ecclesiastica del patriarcato di Lisbona e resa immediatamente soggetta alla Santa Sede.
Il 9 dicembre 2003 la diocesi è stata divisa in due con l'erezione della diocesi di Mindelo comprensiva delle Ilhas do Barlavento.
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
Braz Neto, O.F.M. † (31 gennaio 1533 - 9 febbraio 1538 deceduto)
João Parvi † (23 settembre 1538 - 29 novembre 1546 deceduto)
Sede vacante (1546-1553)
Francisco de la Cruz, O.S.A. † (18 agosto 1553 - 19 gennaio 1571 deceduto)
Bartolomeu Leitão † (6 febbraio 1572 - 9 febbraio 1587 deceduto)
Pedro Brandão, O.Carm. † (8 agosto 1588 - 14 luglio 1608 deceduto)
Luis Pereira de Miranda † (10 novembre 1608 - maggio 1610 deceduto)
Sebastião de Ascensão, O.P. † (18 aprile 1611 - 17 marzo 1614 deceduto)
Manuel Afonso de Guerra † (24 febbraio 1616 - 8 marzo 1624 deceduto)
Lorenzo Garro † (18 agosto 1625 - 1º novembre 1646 deceduto)
Sede vacante (1646-1672)
Fabio dos Reis Fernandes, O.Carm. † (16 maggio 1672 - 8 febbraio 1674 deceduto)
Antonio de São Dionysio, O.F.M. † (2 dicembre 1675 - 13 settembre 1684 deceduto)
Victorino do Porto, O.F.M. † (12 maggio 1687 - 21 gennaio 1705 deceduto)
Francisco a São Agostinho, T.O.R. † (24 settembre 1708 - 8 maggio 1719 deceduto)
José a Santa Maria de Jesus Azevedo Leal, O.F.M. † (12 febbraio 1721 - 7 giugno 1736 deceduto)
João de Faro, O.F.M.Ref. † (3 settembre 1738 - 21 luglio 1741 deceduto)
João de Moreira, O.F.M.Ref. † (26 novembre 1742 - 13 agosto 1747 deceduto)
Sede vacante (1747-1753)
Pedro Jacinto Valente, O. do Cristo † (29 gennaio 1753 - 19 gennaio 1774 deceduto)
Sede vacante (1774-1779)
Francisco de São Simão, O.F.M.Ref. † (1º marzo 1779 - 10 agosto 1783 deceduto)
Cristoforo a São Boaventura, O.F.M.Ref. † (14 febbraio 1785 - 29 aprile 1798 deceduto)
Sede vacante (1798-1802)
Silvestre Santa Maria, O.F.M. † (24 maggio 1802 - 22 novembre 1813 deceduto)
Sede vacante (1813-1820)
Geronimo do Barco, O.F.M. † (21 febbraio 1820 - 27 dicembre 1831 dimesso)
Sede vacante (1831-1845)
João Henriques Monis † (24 novembre 1845 - 1º luglio 1847 deceduto)
Patrício Xavier de Moura † (11 dicembre 1848 - 15 aprile 1859 nominato vescovo di Funchal)
João Crisóstomo de Amorim Pessoa, O.F.M.Ref. † (23 marzo 1860 - 22 marzo 1861 nominato arcivescovo di Goa)
Sede vacante (1861-1865)
José Luis Alves Feijo, O.SS.T. † (25 settembre 1865 - 5 maggio 1871 nominato vescovo di Braganza e Miranda)
José Dias Correia de Carvalho † (26 giugno 1871 - 9 agosto 1883 nominato vescovo di Viseu)
Joaquim Augusto de Barros † (27 marzo 1884 - 1º marzo 1904 deceduto)
António Moutinho † (14 novembre 1904 - 4 marzo 1909 nominato vescovo di Portalegre)
José Alves Martins † (10 marzo 1910 - 15 novembre 1935 dimesso)
Joaquim Rafael Maria d'Assunçâo Pitinho, O.F.M. † (15 novembre 1935 - 5 maggio 1940 dimesso)
Faustino Moreira dos Santos, C.S.Sp. † (28 gennaio 1941 - 27 luglio 1955 deceduto)
José Filípe do Carmo Colaço † (28 marzo 1956 - 21 aprile 1975 dimesso)
Paulino do Livramento Évora, C.S.Sp. † (21 aprile 1975 - 22 luglio 2009 ritirato)
Arlindo Gomes Furtado, dal 22 luglio 2009
Statistiche
La diocesi nel 2020 su una popolazione di 451.400 persone contava 431.700 battezzati, corrispondenti al 95,6% del totale.
|-
| 1950 || 168.109 || 176.687 || 95,1 || 25 || 7 || 18 || 6.724 || || 15 || 9 || 30
|-
| 1970 || 250.961 || 256.969 || 97,7 || 46 || 12 || 34 || 5.455 || || 36 || 28 || 30
|-
| 1980 || 294.360 || 300.550 || 97,9 || 42 || 12 || 30 || 7.008 || || 36 || 30 || 30
|-
| 1990 || 344.921 || 355.898 || 96,9 || 47 || 12 || 35 || 7.338 || || 40 || 102 || 30
|-
| 1999 || 432.424 || 451.909 || 95,7 || 49 || 14 || 35 || 8.824 || || 55 || 111 || 31
|-
| 2000 || 443.325 || 475.850 || 93,2 || 48 || 13 || 35 || 9.235 || || 62 || 108 || 31
|-
| 2001 || 408.813 || 434.263 || 94,1 || 47 || 12 || 35 || 8.698 || || 49 || 123 || 31
|-
| 2002 || 452.320 || 487.575 || 92,8 || 48 || 13 || 35 || 9.423 || || 41 || 123 || 31
|-
| 2003 || 410.079 || 443.625 || 92,4 || 50 || 13 || 37 || 8.201 || || 53 || 127 || 31
|-
| 2004 || 292.488 || 318.317 || 91,9 || 32 || 12 || 20 || 9.140 || || 27 || 105 || 19
|-
| 2007 || 299.655 || 317.970 || 94,2 || 32 || 9 || 23 || 9.364 || || 27 || 76 || 19
|-
| 2010 || 311.922 || 365.000 || 85,5 || 34 || 12 || 22 || 9.174 || || 23 || 76 || 21
|-
| 2014 || 389.000 || 408.000 || 95,3 || 40 || 19 || 21 || 9.725 || || 31 || 71 || 23
|-
| 2017 || 415.900 || 435.700 || 95,5 || 41 || 18 || 23 || 10.143 || 1 || 42 || 104 || 24
|-
| 2020 || 431.700 || 451.400 || 95,6 || 45 || 20 || 25 || 9.593 || 1 || 45 || 105 || 24
|}
Note
Bibliografia
Henrique Pinto Rema, v. Cabo Verde, in Dicionário de história religiosa de Portugal, vol. I, Lisboa, 2000, pp. 280–284
Pius Bonifacius Gams, Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Leipzig, 1931, pp. 472–473
Konrad Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi, vol. 3, p. 150; vol. 4, p. 206; vol. 5, p. 224; vol. 6, pp. 239–240
Bolla Pro excellenti praeeminentia, in Bullarium patronatus Portugalliae regum, Tomus I, pp. 141–142
Altri progetti
Collegamenti esterni
Annuario pontificio del 2021 e precedenti, in
Sito ufficiale della diocesi
Santiago de Cabo Verde
Santiago di Capo Verde |
è un film del 1972, diretto da Shunya Ito, tratto dall'omonimo manga di Tooru Shinohara.
Primo film della serie Sasori, composta da altri nove lungometraggi, è considerato uno dei più celebri film appartenenti al genere Pinky violence. Lanciò nel novero delle star del genere l'attrice Meiko Kaji e rivelò il talento del regista Shunya Ito, alla sua opera prima.
Trama
Nami Matsushima, detta Sasori ( in lingua giapponese), è stata tradita dal suo amante Sugimi, un poliziotto che l'ha fatta stuprare da un gruppo di yakuza. In seguito al fallito tentativo di uccidere Sugimi, Nami è stata rinchiusa in un carcere gestito da un sadico uomo. Lì tenta la fuga insieme alla sua amica Yuriko, ma le due vengono scovate e rinchiuse in una cella d'isolamento. Nami viene così torturata, psicologicamente e fisicamente, sia dai poliziotti che dalle altre carcerate.
Intanto Sugimi mette in atto un piano insieme alla yakuza, e ordina l'uccisione in carcere di Nami. Arruola così Katagiri, una ragazza che deve uccidere Nami facendo credere la sua morte un incidente. Nami intanto scambia poche parole con le altre detenute e nei suoi occhi vi è una volontà implacabile di vendetta. Approfittando di una rivolta, le detenute prendono in ostaggio un gruppo di poliziotti, mentre Nami scappa. Viene però riportata insieme alle altre detenute, che iniziano a torturarla. Nami riesce a sopravvivere e grazie a un'altra detenuta riesce finalmente a fuggire dal carcere e a ottenere la sua vendetta, uccidendo tutti gli yakuza e Sugimi, per poi tornare in carcere.
Seguiti
(1972)
(1973)
(1973)
Qualche anno dopo furono distribuiti due film con una nuova attrice: nel 1976 e nel 1977.
Collegamenti ad altre pellicole
La canzone che accompagna i titoli di testa della pellicola, Urami-Bushi, scritta da Shunya Ito e cantata da Meiko Kaji, è stata utilizzata da Quentin Tarantino nei titoli di coda dei due Kill Bill.
Note
Collegamenti esterni
Scheda di Female Prisoner #701: Scorpion su PinkyViolence.com
Film drammatici
Film erotici
Film thriller
Pinky Violence
Film women in prison
Pinku Eiga
Film live action basati su anime e manga |
La cattedrale metropolitana dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria () è il principale luogo di culto cattolico di Mosca, capitale della Russia, e sede vescovile dell'arcidiocesi metropolitana della Madre di Dio a Mosca.
Costruita in stile neogotico, è una delle due chiese cattoliche della capitale russa e la più grande dell'intero paese eurasiatico. Si trova nel distretto centrale della città.
La costruzione della cattedrale fu proposta alle autorità della Russia zarista nel 1894. La cerimonia di posa della prima pietra ebbe luogo nel 1899, ma i lavori di costruzione furono concretamente avviati nel 1901 e si conclusero circa dieci anni dopo. Costruita in mattoni rossi e composta da tre navate, la cattedrale fu realizzata sulla base del progetto dell'architetto di origine polacca Tomasz Bohdanowicz-Dworzecki. I tratti stilistici dell'edificio risentono dell'influenza dell'abbazia di Westminster e del duomo di Milano.
Nel 1938, a causa dell'ateismo di Stato praticato dall'Unione Sovietica, la cattedrale fu chiusa al culto, al pari di altri edifici religiosi del paese. Durante la seconda guerra mondiale fu minacciata di demolizione, ma al termine del conflitto si decise di adibirla a magazzino. Successivamente divenne un ostello. A seguito della caduta del comunismo nel 1991, l'edificio tornò ad essere una chiesa nel 1996, mentre nel 2002 acquisì lo status di cattedrale. Dopo un ampio e costoso programma di restauro, fu riconsacrata nel 2005.
Nel XXI secolo, dopo 58 anni di uso non religioso, la cattedrale è quindi tornata ad ospitare regolari celebrazioni liturgiche in varie lingue - russo, polacco, coreano, inglese, francese, spagnolo, armeno e latino - così come concerti benefici di musica sacra. Il suo organo, il terzo da quando l'edificio è stato costruito, è un dono della cattedrale di Basilea. La chiesa è un monumento protetto, facente parte del patrimonio architettonico federale.
Storia
Costruzione
Alla fine del XIX secolo, solo due chiese cattoliche erano presenti a Mosca: la chiesa di San Luigi dei Francesi per la comunità di origine francese e la chiesa dei Santi Pietro e Paolo per i parrocchiani polacchi. Quando la comunità polacca aumentò, giungendo a circa 30.000 unità, le strutture esistenti risultarono essere troppo piccole ed inadeguate. Nel 1894, a seguito della presentazione di una petizione al governatore generale di Mosca, il consiglio locale approvò la costruzione di una nuova chiesa. La realizzazione del nuovo edificio di culto fu sottoposta ad alcune condizioni, incluse due relative al luogo in cui la chiesa avrebbe dovuto sorgere. Esso doveva trovarsi fuori dal centro storico e lontano da luoghi sacri appartenenti alla religione ortodossa.
Tenendo presenti le direttive del consiglio, il 16 maggio 1895 la parrocchia acquistò 10 ettari di terreno siti nella strada Malaja Gruzinskaja, area circondata da campi ed orti della periferia. Attualmente il luogo fa parte del distretto amministrativo centrale, al di fuori dell'Anello dei Giardini ed in prossimità della linea Kol'cevaja della metropolitana di Mosca. L'acquisto del terreno fu finanziato dalle donazioni provenienti dalle parrocchie della Russia e degli Stati più vicini. Il costo dell'operazione raggiunse i 10.000 rubli in oro (circa 7.300.000 dollari del 2012). Il contratto d'acquisto e la lista completa delle donazioni effettuate sono conservati negli archivi delle città di Mosca e San Pietroburgo.
Un'ulteriore condizione apposta alla costruzione della chiesa fu la seguente: "alla luce delle due chiese cattoliche esistenti, la futura chiesa dovrà essere più grande, con una croce sulla ghimberga, ma senza guglie e sculture esteriori". I piani architettonici furono affidati a Tomasz Bohdanowicz-Dworzecki, un architetto di origine polacca. Anche se l'ultima condizione posta dal consiglio non fu rispettata, il progetto ottenne comunque l'approvazione. La nuova chiesa avrebbe dovuto ospitare un massimo di 5.000 fedeli. La cerimonia di posa della prima pietra fu realizzata nel 1899, ma i lavori presero avvio due anni dopo e si conclusero nel 1911. I costi totali di costruzione ammontarono a 290.000 rubli in oro (circa 210 milioni di dollari del 2012), la maggioranza dei quali provenienti dai membri della parrocchia polacca di Mosca. Altri fondi giunsero dalle parrocchie cattoliche sparse per il territorio della Russia, della Bielorussia e della Polonia. La chiesa fu consacrata il 21 dicembre 1911 con il nome di "cattedrale dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria". La cerimonia di consacrazione ottenne notevole risalto negli organi di stampa russi e polacchi. Tra gli altri, il quotidiano moscovita Russkoe Slovo scrisse:
Dal 1911 al 1917 furono raccolti ulteriori fondi per l'arredamento degli interni della chiesa. Essi infatti erano molto scarni, a parte l'altare maggiore. Il progetto originario fu parzialmente abbandonato: il pavimento non fu costruito in marmo ma in calcestruzzo, mentre i pinnacoli all'esterno non erano originariamente previsti. In merito a questi ultimi, alcuni storici sostengono che siano stati aggiunti nel 1923, mentre secondo altri la loro realizzazione sarebbe frutto del restauro dell'era post-sovietica. I sostenitori della prima ipotesi affermano che i pinnacoli sarebbero stati danneggiati durante la seconda guerra mondiale.
Chiusura e riconversione
A seguito della rivoluzione bolscevica, il nuovo governo sovietico intraprese misure politiche di stampo antireligioso. Numerosi edifici di culto subirono la chiusura in tutto il paese. La parrocchia polacca dei Santi Pietro e Paolo fu disciolta nel 1929 e le fu impedito di celebrare la messa. Nel 1935 la chiesa perse alcuni dei giardini che la circondavano - al cui posto fu costruita una scuola l'anno seguente - e fu definitivamente chiusa al culto il 30 luglio 1938 (stesso destino riservato alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo 9 giorni prima). Dopo la chiusura, la cattedrale fu saccheggiata e molti oggetti (inclusi l'altare maggiore e l'organo) andarono perduti irrimediabilmente. Per diversi mesi i locali interni dell'edificio furono adibiti a magazzino per un negozio di vegetali. Successivamente fu ricostruita e trasformata in un ostello a 4 piani.
La guglia della torre principale era già stata rimossa durante la battaglia di Mosca, al fine di evitare che la Luftwaffe la utilizzasse come punto di riferimento. Poco dopo il termine del conflitto gli spazi di giardino rimasti furono utilizzati per la costruzione di un condominio. Nel 1956, a causa di un incendio, gli inquilini dell'ostello costruito dentro la cattedrale furono rialloggiati altrove. L'edificio finì per ospitare i membri dell'istituto di ricerca Mosspetspromproekt (). Tale gruppo di esperti realizzava principalmente progetti per gli impianti industriali, ma si rese protagonista anche della progettazione del braciere olimpico usato allo Stadio Lenin di Mosca, in occasione dei Giochi della XXII Olimpiade del 1980.
Durante gli anni sessanta l'esterno dell'edificio assunse un aspetto sempre più fatiscente. Tra i più preoccupati del deterioramento della struttura vi fu l'attore, musicista e poeta Vladimir Vysockij, il quale viveva vicino all'ex cattedrale. Alla fine degli anni settanta l'amministrazione di Mosca considerò l'ipotesi di ristrutturare l'edificio, al fine di utilizzarlo come centro culturale o sala da concerto. Tuttavia, l'opposizione dei ricercatori del Mosspetspromproekt impedì la realizzazione di questo progetto.
Ritorno ai fedeli
Con la cosiddetta "glasnost'", lanciata da Michail Gorbačëv, si aprì una nuova stagione nello sviluppo della libertà religiosa in Unione Sovietica. In conseguenza di ciò, nel 1989 un gruppo di cattolici moscoviti e l'associazione "Casa Polacca" () proposero che l'edificio tornasse ad essere una chiesa. A seguito dell'assenso delle autorità cittadine, dopo decenni di chiusura al culto, la prima messa nell'edificio fu celebrata in occasione della festività dell'Immacolata Concezione, l'8 dicembre 1990. La celebrazione fu officiata dal sacerdote polacco Tadeusz Pikus, in seguito divenuto vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Varsavia.
Nel frattempo, nel gennaio 1990, un gruppo di fedeli diede formalmente vita alla parrocchia dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Il 13 aprile 1991 Papa Giovanni Paolo II promulgò la costituzione apostolica Providi quae che sancì l'istituzione della "amministrazione apostolica della Russia europea". L'appena insediato amministratore apostolico, Tadeusz Kondrusiewicz, emanò un decreto per la ricostruzione della cattedrale il 21 aprile 1991. Il 3 maggio, con il permesso delle autorità, in occasione della festa nazionale polacca, fu tenuta una messa sulle scale esterne della chiesa. La costituzione della parrocchia fu ufficialmente riconosciuta il 31 maggio dal dipartimento di giustizia del consiglio cittadino. Nel frattempo, diversi locali della struttura furono affittati da alcune imprese.
Dal 7 giugno 1991 le messe iniziarono ad essere celebrate ogni domenica sul sagrato della cattedrale. Il 15 luglio 1991 padre Josef Sanewski, membro della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, divenne il nuovo parroco. Dal 29 novembre le Sorelle Salesiane iniziarono ad occuparsi dell'educazione religiosa della comunità. Nello stesso periodo furono fondati i primi organismi benefici di natura infermieristica e di sostegno ai poveri. Il vicesindaco di Mosca Jurij Lužkov firmò un decreto in favore della chiesa il 1º febbraio 1992, ordinando all'istituto Mosspetspromproekt di lasciare l'edificio entro il 1994. Il 2 luglio 1992 i parrocchiani occuparono la parte della struttura adibita a laboratorio. Quindi il consiglio cittadino decise di affidare immediatamente lo spazio ai fedeli attraverso la creazione di un muro divisorio. Là fu possibile celebrare la messa regolarmente.
Il muro divisorio fu abbattuto dai membri della parrocchia il 7 marzo 1995, mentre altri iniziarono a rimuovere il traliccio. L'istituto di ricerca chiamò l'OMON, in cerca d'aiuto. Il giorno seguente si verificarono scontri con le forze dell'ordine e vari parrocchiani (tra cui una suora) rimasero feriti. Altri fedeli furono arresti, compresi un sacerdote ed un seminarista, ma furono rilasciati poco dopo. In seguito a questi eventi, l'amministratore apostolico scrisse una lettera aperta al presidente russo Boris El'cin, il 9 marzo 1995, richiedendone l'intervento e lamentando gli arresti e le percosse ai fedeli.
Di conseguenza, Jurij Lužkov, nominato sindaco di Mosca da El'cin, firmò una delibera per la rimozione dell'istituto. La decisione intimava a quest'ultimo l'abbandono dei locali della cattedrale entro il 1996. Simultaneamente, l'istituto scrisse al sindaco per descrivere gli eventi precedenti dal proprio punto di vista e richiese un indennizzo per la perdita dell'uso dell'edificio. Nel frattempo, il 15 marzo, durante un incontro tra l'ambasciatore polacco Stanisław Ciosek ed il facente funzioni del sindaco di Mosca, Aleksandr Musykantski, fu assicurato che entro la fine del 1995 la struttura sarebbe tornata ai cattolici.
Il 19 marzo 1995 fu celebrata una messa nell'area già restituita ai fedeli, alla presenza del nunzio pontificio John Bukowski. Costui impartì la benedizione di Papa Giovanni Paolo II alla parrocchia. Con una nuova decisione, datata 2 novembre, Lužkov ribadì all'istituto l'ordine di lasciare i locali della chiesa entro l'anno. Quando apparve chiaro che la decisione sarebbe stata disattesa, il 2 gennaio 1996, i parrocchiani entrarono nell'istituto ed iniziarono a rimuoverne gli strumenti. Il direttore Evgenij Afanas'ev chiamò nuovamente la polizia, la quale però non intervenne. Successivamente, il direttore chiese al parroco lo slittamento di due settimane del termine entro cui lasciare l'edificio. L'istituto Mosspetspromproekt sgomberò la struttura il 13 gennaio. Contestualmente la Chiesa cattolica in Russia ottenne il permesso ufficiale di utilizzare la cattedrale a tempo indeterminato.
Restauro e riconsacrazione
Già nei primi anni '90 furono elaborati, da parte dell'Ufficio per la Protezione dei Monumenti, dei piani di restauro della cattedrale da svolgersi nel 1997, anno in cui ricorreva l'850º anniversario della fondazione di Mosca. A causa delle dispute fra la comunità cattolica e l'istituto di ricerca che occupava la struttura, non fu possibile porre in essere tali piani. Tuttavia, nel 1995 l'amministrazione locale stabilì che i costi di restauro fossero sostenuti dalla parrocchia. Fu costituita una commissione per pianificare il recupero della cattedrale, presieduta dal parroco Josef Sanevski, dallo storico russo Stanislav Durdin e dall'imprenditore edile e politico polacco Grzegorz Tuderek.
Tra il 1996 ed il 1999 si svolsero i lavori di restauro, grazie anche alla sponsorizzazione della azienda polacca EnergoPol ed all'associazione tedesca Renovabis. Verso la fine dei lavori anche il governo russo fornì dei fondi. La ricostruzione fu inizialmente condotta sotto la direzione delle aziende polacche PKZ e Budimex, le quali si occuparono della ristrutturazione completa della facciata e del tetto. Dal settembre 1998 il sacerdote Andrzey Stetskevich e l'architetto e restauratore di Toruń Jan Tajchman supervisionarono congiuntamente i lavori. Entrambi avevano già svolto la medesima funzione in occasione della ristrutturazione della cattedrale dell'Assunzione di Maria di San Pietroburgo. Successivamente Stetskevich divenne vicario generale dell'arcidiocesi moscovita.
Le finiture interne e l'altare furono realizzati da una squadra di esperti ucraini, russi e bielorussi. Aziende di Mosca si occuparono invece dei rivestimenti in marmo esterni ed interni. Gli arredi della cattedrale furono opera degli studenti della scuola di ristrutturazione di San Pietroburgo, sotto la direzione di Vladimir Muchin. Le vetrate del rosone della facciata furono realizzate a Toruń, mentre le altre finestre prodotte dall'azienda bielorussa Tolotschko di Hrodna. La cattedrale fu riaperta il 12 dicembre 1999, giorno in cui si svolse la cerimonia di riconsacrazione, alla presenza del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano. All'interno della struttura trovano posto una libreria, l'ufficio stampa della rivista "Il Messaggero Cattolico - La luce del Vangelo" (), così come gli uffici della Caritas locale.
XXI secolo
L'11 febbraio 2002 Papa Giovanni Paolo II diede vita all'arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca e nominò l'amministratore apostolico Tadeusz Kondrusiewicz arcivescovo e metropolita. Tuttavia, questa decisione fu criticata dal patriarca di Mosca Alessio II che la definì "scortese", poiché venne interpretata come un tentativo di proselitismo. Nello stesso tempo la chiesa assunse ufficialmente il rango di cattedrale della nuova arcidiocesi. Nel marzo 2002 i parrocchiani della cattedrale e i cattolici di altre città europee parteciparono ad un rosario guidato in videoconferenza dal papa.
Nel 2011 si sono svolte le celebrazioni del centenario della consacrazione della cattedrale. I festeggiamenti hanno compreso vari concerti di musica sacra, l'inaugurazione di un monumento a Madre Teresa di Calcutta, una mostra fotografica, la presentazione del libro e del film dedicati alla storia della cattedrale. È stata anche tenuta una messa solenne, alla presenza del cardinale Jozef Tomko e di vescovi provenienti da Russia, Polonia, Stati Uniti, Bielorussia, Kazakistan e Lituania.
Descrizione
Architettura
La cattedrale, caratterizzata dallo stile neogotico, ha tre navate ed un'abside. È costruita interamente in mattoni rossi ed all'esterno non è rivestita di cemento. La navata principale a 5 campate si estende per 65 metri. La torre che ospita la lanterna ottagonale sopra la crociera è alta 30 metri.
Esterno
La facciata è disegnata su modello dell'abbazia di Westminster, mentre le torri sono liberamente ispirate a quelle del duomo di Milano. Al pari delle chiese costruite in vecchio stile, le due navate laterali sono rafforzate da 5 contrafforti ciascuna, i quali insieme raffigurano i dieci comandamenti. Ogni torre principale è sormontata da croci. Nei pinnacoli sono presenti, tra gli altri, gli armoriali di Papa Giovanni Paolo II e dell'arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz.
I primi dieci gradini che conducono al portale simboleggiano i dieci comandamenti, mentre l'undicesimo rappresenta Gesù. Il portale è invece simbolo della porta del paradiso, raggiungibile attraverso il rispetto dei comandamenti e degli insegnamenti di Cristo. È circondato da colonne e coronato da una ghimberga decorata con un rilievo ornamentale, al centro del quale si trova il monogramma dorato "VMIC" (Virgo Maria Immaculata Concepta). Originariamente era però previsto che al posto del monogramma vi fosse una stella di David, come riferimento alle origini della Vergine Maria. Sopra la ghimberga si trova una finestra di colore rosa.
Le 5 campane della cattedrale si trovano sul lato sinistro della facciata. Sono state realizzate dalla fonderia Felczyński di Przemyśl e donate dall'arcivescovo Wiktor Skworc. La più grande pesa 900 chilogrammi ed è stata dedicata alla Madonna di Fátima. Le altre sono state dedicate a Giovanni Paolo II, a San Giuda Taddeo, a San Vittore ed all'anniversario del 2000. Le funzioni delle campane sono attivate elettronicamente.
Interno
Ad ognuno dei due lati d'ingresso della cattedrale si trova un crocifisso e l'acquasantiera. In alto a sinistra si trova un mattone della basilica di San Giovanni in Laterano, mentre a destra è presente una medaglia commemorativa del Giubileo del 2000. Per accedere alla cripta occorre attraversare un passaggio posto nel muro destro del vestibolo, giungere fino al matroneo e scendere attraverso la porta a sinistra. Nella cripta si trovano un oratorio, le stanze utilizzate per il catechismo e gli uffici della Caritas.
Le navate laterali sono separate da quella centrale attraverso due file di pilastri. Le colonne ed il tetto sono dipinti di bianco, mentre le pareti laterali in color crema. Il pavimento è costituito da lastre di marmo a scacchiera di colore grigio chiaro e scuro. La maggioranza delle vetrate è caratterizzata dall'astrattismo. Quelle del transetto sono leggermente più grandi ed hanno uno stile più particolare. In una finestra a destra è raffigurato San Pietro ed in una a sinistra Sant'Andrea, i quali simboleggiano i due polmoni della Chiesa cattolica, quello occidentale e quello orientale. Tra le raffigurazioni trova posto anche quella di Papa Giovanni Paolo II che osserva l'apparizione mariana di Fátima. Nella navata, sotto le finestre, vi sono quattro rilievi che descrivono le stazioni della Via Crucis.
L'entrata della sacrestia si trova in fondo alla navata destra, in prossimità del coro. In fondo alla navata sinistra si trova, invece, la cappella dedicata alla Divina Misericordia. L'altare maggiore ospita alcune reliquie dei santi Andrea, Zeno di Verona, Gregorio di Nissa, Gregorio Nazianzeno, Cosma e Damiano ed Anastasia, così come una sciarpa della Madonna ed una donazione della diocesi di Verona. L'ambone è sito sul lato destro dell'altare, dietro il quale si trova un grande crocifisso di pietra alto nove metri. Ai lati di quest'ultimo si trovano due statue in pietra bianca raffiguranti la Vergine Maria e San Giovanni Battista, realizzate da Svjatoslav Sachlebin. Sul lato opposto dell'altare si trova la cantoria, il cui spazio è occupato in gran parte dall'organo.
Organo a canne
L'attuale organo a canne della cattedrale è tra i più grandi dell'intera Russia ed il terzo nella storia dell'edificio.
Il primo fu requisito dallo Stato nel 1938 ed il secondo, un organo elettronico, fu donato dall'associazione americana "Aiuto alla Chiesa in Russia" nel 1999. Questo secondo organo fu rimpiazzato dall'organo a canne nel 2005. Quest'ultimo fu costruito nel 1955 dalla Orgelbau Kuhn AG per la protestante cattedrale di Basilea. Nel 2002 fu donato alla cattedrale dell'Immacolata Concezione di Mosca. Le canne furono avvolte con indumenti nuovi da distribuire ai poveri della capitale russa. L'installazione dell'organo fu realizzata dall'azienda tedesca Orgelbau Schmid che rifiutò di ricevere il pagamento del lavoro. Il 9 settembre 2004 il generoso Gerhard Schmid, capo dell'azienda, morì cadendo da un'impalcatura nel corso del montaggio dell'organo. I lavori furono conclusi dal figlio Gunnar.
L'organo è stato inaugurato il 16 gennaio 2005 con la prima edizione del Festival Organistico Internazionale. Ha 5563 canne per un totale di 74 registri distribuiti fra quattro tastiere, di 56 note ciascuna, e la pedaliera, di 32 note.
Galleria d'immagini
Note
Voci correlate
Cattedrali in Russia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Architetture neogotiche della Russia
Cattedrali di Mosca
Mosca
Mosca
Chiese neogotiche della Russia |
Biografia
Albert Francis Xavier Herbert nasce il 15 maggio 1901 a Geraldton, figlio illegittimo di Amy Victoria Scammell e registrato all'anagrafe come Alfred Jackson figlio di John Jackson (ma molto probabilmente la paternità è da attribuirsi a Benjamin Francis Herbert).
Interrotti gli studi di medicina all'Università di Melbourne per dedicarsi al giornalismo, comincia a viaggiare per l'Australia settentrionale e svolge svariati mestieri tra i quali il minatore, il marinaio, l'aviatore e il sommozzatore.
Trasferitosi a Sydney nel 1926, comincia a pubblicare i suoi primi racconti firmandosi Herbert Astor, lavora nei "Protector of Aborigines" a Darwin e nel 1930 si trasferisce in Inghilterra dove comincia a lavorare al suo primo romanzo intitolato in origine Black Velvet che viene però rifiutato dagli editori inglesi.
Tornato in Australia, nel 1938 riesce a pubblicare la sua prima opera con il titolo Capricornia. Tradotta in italiano 4 anni dopo con l'originaria intitolazione Velluto nero, rappresenta il massacro della popolazione aborigena per mano britannica schierandosi dalla parte dei conquistati e alternando uno stile comico-grottesco a uno più realista-drammatico.
In seguito dà alle stampe 3 raccolte di racconti, una biografia e altri 3 romanzi tra i quali va ricordato Poor Fellow My Country. Epopea del giovane aborigeno Prindy nel passaggio dall'adolescenza all'età adulta, il libro vince il Miles Franklin Award nel 1975 ed è ricordato come il romanzo australiano più lungo di sempre con le sue 850000 parole.
Muore il 10 novembre 1984 ad Alice Springs all'età di 83 anni.
Opere
Romanzi
Velluto nero (Capricornia, 1938), Milano, Corbaccio, Scrittori di tutto il mondo N. 61, 1942 traduzione di Giuseppina Ripamonti Perego e Maria Zotti
Seven Emus (1959)
Soldiers' Women (1961)
Poor Fellow My Country (1975)
Raccolte di racconti
Larger than Life (1963)
South of Capricornia (1990)
Xavier Herbert (1992)
Memoir
Disturbing Element (1963)
Miscellanea
Letters (2002)
Premi e riconoscimenti
Sesquicentenary Library Prize: 1938 vincitore con Velluto nero
Australian Literature Society Gold Medal: 1939 vincitore con Velluto nero
Miles Franklin Award: 1975 vincitore con Poor Fellow My Country
Note
Bibliografia
Breve storia della letteratura inglese a cura di Paolo Bertinetti, Torino, Einaudi, 2004 ISBN 88-06-16770-7. (pag. 336)
Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi di AA. VV. , Milano, Bompiani, 2005 ISBN 88-452-3236-0. (Vol VII pag. 7409-7410)
Collegamenti esterni |
La Megaforce Records è una casa discografica statunitense fondata da Jon Zazula nel 1982.
Storia della Megaforce Records
La Megaforce Records fu fondata nel 1982 da Jon "Jonny Z" Zazula e da sua moglie Marsha Zazula per poter pubblicare i primissimi lavori dei Metallica.
Furono ritenuti importanti, anche, per la distribuzione negli Stati Uniti dei dischi di Venom e Mercyful Fate. Inoltre, a loro si deve la produzione esecutiva, tra gli altri, dei primi album di Anthrax, Overkill e Testament. Inizialmente, veniva distribuita in Europa dalla Music for Nations.
Successivamente, oltre ad avere una distribuzione mondiale da parte delle Atlantic Records e, per quanto riguarda gli Anthrax, dalla Island Records, si creò una sussidiaria chiamata Megaforce Worldwide. È tuttora attiva sul mercato, occupandosi anche delle ristampe delle loro precedenti release.
Principali artisti
Anthrax
Exciter
Hades
King's X
M.O.D.
Manowar
Metallica
Mind Funk
Nudeswirl
Overkill
Raven
Stormtroopers of Death
Testament
TT Quick
Vio-lence
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Etichette discografiche statunitensi
Etichette discografiche heavy metal |
Nella sua carriera ha collaborato inoltre con vari musicisti della scena nipponica, in qualità di compositore o produttore.
Biografia
Kawatani si avvicina alla musica all'età di otto anni, quando ascolta la canzone High Pressure di T.M.Revolution (1997). Inizia a comporre musica mentre è studente universitario alla Tokyo University of Agriculture and Technology. Lì fa conoscenza di Masao Wada (attualmente conosciuto come il bassista dei Gesu no Kiwami Otome, Kyūjitsu Kachō). Nell'aprile 2009, Kawatani forma il gruppo Indigo la End, esibendosi prevalentemente dal vivo nelle aree di Shinjuku, Shimokitazawa e Shibuya di Tokyo. Nel'aprile 2012 gli Indigo la End pubblicano il loro primo extended play, dal titolo Sayōnara, subarashii sekai, sotto l'etichetta indipendente Space Shower Music.
Nel maggio 2012, Kawatani dà vita a un nuovo progetto musicale, che prende il nome di Gesu no Kiwami Otome, a cui partecipano diversi musicisti con cui il cantante aveva collaborato nei mesi precedenti. Kawatani continua a pubblicare musica con gli Indigo la End, con il loro secondo extended play Nagisa nite nel settembre 2012 e il loro primo album Yoru ni mahō o kakerarete nel febbraio 2013. Un mese dopo anche i Gesu no Kiwami Otome pubblicano il loro primo lavoro, l'EP Doresu no nugikata, sempre attraverso Space Shower Music.
Nel dicembre 2013, entrambe le band di Kawatani firmano con la Warner Unborde. Sotto la nuova etichetta vengono pubblicati gli album dei Gesu no Kiwami Otome e Ano machi record degli Indigo la End, entrambi il 2 aprile 2014. Nell'agosto 2014, il brano dei Gesu no Kiwami Otome Ryōkiteki na kiss o watashi ni shite viene usato come sigla di apertura del dorama Around 30-chan: Mushūsei e pubblicato come singolo. Esso raggiunge il numero quattro nella classifica Billboard Japan Hot 100, e viene certificato disco d'oro dalla Recording Industry Association of Japan. L'album di debutto della band Miryoku ga sugoi yo (2014) ha raggiunto il numero quattro nella classifica degli album di Oricon, e il loro secondo, Ryōseibai (2016), ha raggiunto il numero uno, dopo diversi singoli di successo commerciale pubblicati nel 2015: Watashi igai watashi watashi janai no, Romance ga ariamaru e Otonatic.
Nel 2014, Kawatani ha composto canzoni per musicisti al di fuori delle sue due band per la prima volta, quando ha dato alla boyband SMAP due canzoni per il loro album Mr. S. Kawatani ha lavorato di nuovo con la band nel 2015, sul loro singolo Ai ga tomaru made wa, ha anche lavorato con Tomohisa Yamashita e il gruppo femminile Team Syachihoko sul loro singolo Shampoo Hat (2014).
Vita privata
Il vero nome di Kawatani è Kenta, anche se ha usato il nome Enon Kawatani almeno dal 2011. Nelle prime uscite di Gesu no Kiwami Otome, Kawatani ha usato lo pseudonimo MC.K.
Nel gennaio 2016, la rivista Shūkan Bunshun ha riferito che Kawatani si era sposato in segreto con una donna non celibe a metà del 2015 e che era sospettato di avere una relazione con il personaggio televisivo Becky. L'articolo dettagliato ha fatto trapelare le conversazioni tra i due dall'applicazione di messaggistica Line. Questo ha portato Becky a tenere una conferenza stampa un giorno prima dell'uscita dell'articolo in cui si scusava per la sua condotta, e Kawatani a rilasciare una dichiarazione di scuse in cui ha professato che lui e Becky erano solo amici intimi. Nel dicembre 2015, Shin-Ei Animation aveva contattato Kawatani per chiedergli di scrivere la sigla del film Crayon Shin-chan: Fast Asleep! Dreaming World Big Assault! (2016) e la sua band Gesu no Kiwami Otome per eseguirla. Tuttavia, dopo che le accuse di adulterio sono state pubblicate, Shin-Ei ha revocato l'offerta.
Discografia
Produzione discografica
Note
Collegamenti esterni
Chitarristi giapponesi
Cantanti giapponesi del XXI secolo |
Il museo Antiquarium è un Museo archeologico di Loreto Aprutino.
Storia e descrizione
Il museo nacque nel 1998, come collezione privata donata dalla famiglia nobile Casamarte.
I reperti vennero scoperti nel territorio nel XIX secolo durante varie campagne di scavo. Furono riportati alla luce reperti paleolitici, romani e alto medievali. Nelle campagne di scavo in 30 siti diversi intorno Loreto, sono affiorati reperti archeologici, 400 pezzi furono raccolti dal barone Antonio Casamarte, confluiti poi nell'eredità della baronessa Maria Beatrice, che li donò al Comune. Il materiale riguarda sepolture funebri vestini, arredi e ornamenti provenienti anche dalla cella santuario della dea Feronia.
Tra i pezzi più pregiati si ricordano:
Corredi per uso civile e funebre del VII-V secolo a.C., rinvenuti in contrada Scannella, Cappuccini, Madonna delle Grazie
Ricostruzione ipotetica del santuario della dea Feronia di Poggio Ragone, con materiale di devozione, statuette, ex voto; stele votiva, altare, statua di Giove, frammenti bronzei ritraenti Feronia
Corredi provenienti dalle ville patrizie romane del I secolo, con mosaici, intonaci policromi, vasellame
Reperti provenienti dalla basilica paleocristiana di San Serotino di Colle Fiorano, con ceramiche altomedievale bizantine del "tipo Crecchio", paese della provincia di Chieti con il Museo dell'Abruzzo bizantino altomedievale; molti pettini in osso lavorato.
Come struttura attuale il Museo è ospitato nella chiesa di San Francesco. Il percorso si compone di 13 vetrine.
A seguito del Terremoto dell'Aquila del 2009 il Museo Antiquarium è stato chiuso e al momento è ancora dichiarato inagibile.
Altri progetti
Collegamenti esterni
Musei di Loreto Aprutino
Loreto
antiquarium |
Biografia
Jonathan è fratello minore di Ludwig Augustinsson, anch'egli terzino sinistro cresciuto nel Brommapojkarna.
Carriera
Ha iniziato a giocare a calcio nel Brommapojkarna quando aveva 7 anni, seguendo le orme del fratello Ludwig. Durante gli anni dell'adolescenza ha avuto alcuni fastidi ai muscoli, al ginocchio e alla schiena, superati al punto tale da compiere tutta la trafila delle giovanili e arrivare alla prima squadra. Diciannovenne, con il "BP" ha giocato 16 partite della Superettan 2015, 15 delle quali – la metà delle giornate complessive – da titolare. La squadra, tuttavia, ha chiuso la stagione retrocedendo in terza serie.
Nel febbraio del 2016 è stato tesserato dal Djurgården, altra squadra stoccolmese, con cui ha firmato un contratto di quattro anni. Nella stagione del debutto con la nuova maglia è stato fermato da problemi fisici che non gli hanno consentito di mettere a referto presenze in gare ufficiali. Le sue prime partite ufficiali con il Djurgården sono state in Coppa di Svezia tra febbraio e marzo 2017, poi nell'Allsvenskan 2017 ha collezionato 8 presenze, tutte da subentrante. Durante il campionato 2018, però, ha preso stabilmente il posto lasciato libero dalla partenza di Elliot Käck, mentre l'anno successivo (concluso con la vittoria del titolo nazionale) ha giocato 9 partite da titolare e 7 da subentrante.
Il 4 dicembre 2020 è stato reso noto il suo acquisto da parte dei norvegesi del Rosenborg: il giocatore ha firmato un contratto quadriennale, valido dal successivo mese di gennaio, e ha scelto di vestire la maglia numero 3.
Palmarès
Club
Competizioni nazionali
Djurgarden: 2019
Note
Altri progetti
Collegamenti esterni
Calciatori della Nazionale svedese |
La cloaca, in anatomia comparata è, in alcune specie animali, un'apertura che serve come unico canale in cui affluiscono le terminazioni dell'intestino posteriore, dell'apparato genitale e apparato urinario.
Descrizione
Gli anfibi, i rettili, gli uccelli e alcuni mammiferi possiedono questo foro, dal quale espellono sia urina che feci, diversamente dagli euteri, cioè dalla maggior parte dei mammiferi, che possiedono due o tre orifizi separati per l'evacuazione.
Per quanto riguarda i pesci, la cloaca è presente negli elasmobranchi e nei sarcopterigi.
I monotremi ed i tenrecidi sono gli unici mammiferi che presentano la cloaca. Essa si forma nell'embrione di tutti i mammiferi, ma permane solo nei monotremi, mentre negli altri (marsupiali e placentati) avviene una precoce separazione di una parte dorsale, da cui si forma il retto, e una parte ventrale, da cui si originano il seno uro-genitale e la vescica urinaria.
Il termine cloaca deriva dalla lingua latina e in particolare da cluō, che vuol dire "fogna".
Voci correlate
Ano
Perineo
Escrezione
Vescica
Altri progetti
Collegamenti esterni
Sistema digerente
Anatomia animale
Anatomia degli uccelli |
I francobolli vittoriani sono una serie di francobolli tra i primi in assoluto stampati al mondo, nel Regno Unito sotto il governo della regina Vittoria.
Storia
Oggetti simili ai moderni francobolli ma aventi il nome caratteristico di 'post mark' erano già in utilizzo nella seconda metà del Seicento in Inghilterra, ma il vero e proprio francobollo come lo conosciamo attualmente comparve nel Regno Unito solo a partire dagli anni '30 dell'Ottocento quando la regina Vittoria iniziò le prime riforme postali.
Il 17 agosto 1839 la regina diede l'assenso reale al Uniform Postage Act che ebbe il vero e proprio compito di riformare gli uffici postali. Rowland Hill venne nominato Cancelliere dello Scacchiere e si occupò di sovrintendere a questo tipo di riforme.
Il Penny Black
Il famoso Penny Black fu il primo francobollo in assoluto ad essere stampato nella produzione filatelica inglese. Esso presentava una combinazione tra il profilo della regina, familiare e riconoscibile dai sudditi (e direttamente indicante l'autorità emittente) ed il valore del francobollo stesso.
Esso venne emesso ufficialmente il 6 maggio 1840 e venne nel contempo emesso un sistema per annullare i francobolli con appositi timbri.
Problemi riguardanti il riutilizzo
Il Penny Black venne in breve tempo ad ogni modo sostituito da francobolli simili ma con una colorazione diversa come il Penny Red in quanto l'inchiostro nero dell'annullo, sullo sfondo nero del francobollo, creavano problemi a livello di visibilità dell'annullo.
Ben presto si pose anche il problema circa il largo riutilizzo dei francobolli attuato da molte persone che riuscivano a pulire dalla superficie del valore stampato il timbro d'annullo. Come tale dal febbraio del 1841 venne introdotto uno speciale inchiostro per annullare i francobolli contenente ferricianuro di potassio per renderlo indelebile ed impedire quindi i tentativi di truffa ai danni delle poste.
I francobolli in rilievo
Parallelamente alla produzione di francobolli per la circolazione di lettere a livello nazionale, vennero a crearsi dei francobolli per l'estero che vennero realizzati con delle caratteristiche differenti. Essi erano:
Perlopiù di forma ottagonale
Prodotti singolarmente
Aventi la caratteristica forma a sbalzo, attraverso un sistema di pressione della carta a secco
Perforazione
Originariamente i francobolli di epoca vittoriana venivano tagliati a mano da fogli completi mediante l'utilizzo di forbici direttamente dal venditore, ma questo creava problematiche legate essenzialmente ad errori di taglio che potevano essere commessi dai responsabili degli uffici postali oppure da possibili contraffazioni.
Per risolvere questa problematica, nel gennaio del 1854 vennero creati i primi francobolli perforati, ovvero gli spazi circondanti i singoli francobolli nel foglio venivano perforati da una serie di buchi che rendevano più agibile anche il distacco degli stessi francobolli e ne ribadivano nel contempo l'autorizzazione da parte dello stato. I buchi, una volta staccato il francobollo, andavano a creare i famosi "dentelli" che originariamente erano in numero di 16 per lato di francobollo (poi ridotti a 14 dal 1855 per rendere più resistente il foglio stesso).
Filigrana
Con la creazione dei francobolli si impose nel contempo anche la problematica di garantirne l'autenticità e come tale vi venne applicata la filigrana, un processo già conosciuto per i documenti ufficiali ma utilizzato prevalentemente nell'ambito delle cartiere. La prima filigrana ad essere applicata ai francobolli vittoriani fu una piccola corona, sostituita dal maggio del 1855 con una grande corona, contemporaneamente al cambio del numero dei dentelli
Altre particolarità
I plateau
Quando vennero introdotti i primi Penny Blacks, la tecnologia di produzione era quantomai basilare e anche il servizio postale si trovava ai suoi esordi. Il problema era che molti dei singoli francobolli prodotti subivano non pochi danneggiamenti durante le operazioni di trasporto a causa dei motivi più disparati (dalla sfregatura alle condizioni climatiche, ecc.).
Come tale si decise di creare i plateau ovvero i cosiddetti "fogli", pagine intere con stampati dei francobolli, il cui valore per pagina proprio nel caso di quelli da 1 penny era di una sterlina per rendere più agibile il conto anche al venditore.
L'alfabeto
Tutti questi francobolli del periodo vittoriano hanno delle lettere agli angoli inferiori che servono per indicare la precisa posizione del francobollo all'interno del plateau. I francobolli venivano prodotti tenendo conto di un preciso schema che vedeva 20 righe da 12 francobolli ciascuna con lettere dalla A alla L e 12 colonne da 20 francobolli ciascuna con lettere dalla A alla T. Il numero totale dei francobolli doveva corrispondere a 240 pence totali in quanto secondo la vecchia datazione 1 sterlina = 240 pence.
Successivamente vennero utilizzate anche lettere del tipo AI, AII, AIII per consentire l'ingrandimento dei plateau mantenendo il medesimo schema alfabetico.
Annulli
Sino al 1844 venne utilizzato come annullo per i francobolli vittoriani una croce maltese, valida uniformemente in tutti i territori del Regno Unito. Nel 1844 venne brevettato un ovale barrato per l'Inghilterra, un rettangolo barrato per la Scozia e un diamante barrato per l'Irlanda di modo da differenziare le diverse aree di utilizzo dei francobolli.
I primi annulli dei francobolli erano in rosso, ma vennero cambiati in nero quando venne cambiato poi il colore dei primi francobolli.
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Emissioni filateliche del Regno Unito
Età vittoriana |
Laramie è una città e capoluogo della contea di Albany, Wyoming, Stati Uniti. La popolazione era di abitanti al censimento del 2010. Situata sul fiume Laramie, nel sud-est del Wyoming, la città si trova a ovest di Cheyenne, all'incrocio tra l'Interstate 80 e l'U.S. Route 287.
Laramie fu colonizzata a metà del XIX secolo lungo la linea della Union Pacific Railroad, che attraversa il fiume Laramie a Laramie. È sede dell'Università del Wyoming, del Wyoming Technical Institute e di un ramo del Laramie County Community College. L'Aeroporto Regionale di Laramie serve Laramie. Le rovine di Fort Sanders, un forte dell'esercito che precede Laramie, si trovano a sud della città lungo la Route 287. Situata nella Laramie Valley tra le Medicine Bow Mountains e le Laramie Mountains, la città attira gli appassionati di attività all'aria aperta con la sua abbondanza di attività all'aria aperta.
Nel 1869 il Wyoming fu organizzato come Territorio del Wyoming, la cui prima legislatura approvò un disegno di legge che garantiva uguali diritti politici alle donne nel territorio. Nel marzo 1870, cinque residenti di Laramie divennero le prime donne al mondo a far parte di una giuria. Poiché Laramie fu la prima città del Wyoming a tenere un'elezione municipale, il 6 settembre 1870, Louisa Swain, residente a Laramie, fu la prima donna degli Stati Uniti a votare legalmente in un'elezione generale.
Nel 2011, Laramie è stata nominata come una delle migliori città in cui ritirarsi dalla rivista Money, che ha citato la sua posizione panoramica, le tasse basse e le opportunità di istruzione.
Geografia fisica
Secondo lo United States Census Bureau, ha un'area totale di .
Società
Evoluzione demografica
Secondo il censimento del 2010, la popolazione era di abitanti.
Etnie e minoranze straniere
Secondo il censimento del 2010, la composizione etnica della città era formata dall'89,5% di bianchi, l'1,3% di afroamericani, lo 0,7% di nativi americani, il 3,2% di asiatici, lo 0,1% di oceanici, il 2,5% di altre razze, e il 2,8% di due o più etnie. Ispanici o latinos di qualunque razza erano il 9,2% della popolazione.
Infrastrutture e trasporti
Laramie è collegata via aerea grazie alla presenza dell'aeroporto regionale di Laramie, collocato a circa ad ovest del centro cittadino.
Note
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La ÖFB-Cup 2010-2011 è stata la 76ª edizione della coppa nazionale di calcio austriaca. Iniziata con il turno preliminare del 23 luglio 2010, si è conclusa con la finale del 29 maggio 2011.
La squadra detentrice del trofeo, lo Sturm Graz, è eliminato nei quarti di finale per mano del Ried.
Ha visto la vittoria del Ried, che si è imposto in finale sull'Austria Lustenau, ed ha conquistato il suo secondo trofeo dopo quello della stagione 1997-1998. Grazie a questa vittoria la formazione dell'Alta Austria si è qualificata per l'edizione 2011-2012 dell'Europa League.
L'Austria Lustenau, formazione di Erste Liga, è stata la prima squadra del Vorarlberg a raggiungere la finale di coppa.
Formula
La competizione è iniziata il 23 luglio 2010 con le partite del turno preliminare, in cui sono entrate in gioco 68 squadre non professioniste dalle diverse federazioni regionali. Le vincitrici si sono qualificate per il primo turno della competizione, in cui tutte le società di Bundesliga e Erste Liga, oltre alle vincitrici delle 9 coppe di land, hanno raggiunto la competizione.
Risultati
Turno preliminare
Il sorteggio del turno preliminare si è svolto il 7 luglio 2010.
Primo turno
Secondo turno
Il sorteggio del secondo turno si è svolto il 18 agosto 2010.
Ottavi di finale
Le partite sono state giocate il 9 e 10 novembre 2010.
Quarti di finale
Il sorteggio è stato effettuato il 21 novembre 2010. Le partite sono state giocate il 19 e 20 aprile 2011.
Semifinali
Il sorteggio è stato effettuato il 21 aprile 2011. Le partite saranno giocate il 3 e 4 maggio 2011.
Finale
La finale è stata disputata domenica 29 maggio 2011 all'Ernst Happel Stadion di Vienna.
Note
Voci correlate
Fußball-Bundesliga 2010-2011 (Austria)
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Calcio nel 2010
Calcio nel 2011
2010-2011 |
Martin Archer Shee nacque a Dublino, da una famiglia cattolica di antiche origini; il padre di Martin, ricco commerciante, riteneva addirittura che la professione di pittore non fosse adatta ad un membro della sua famiglia. Nonostante questo, Martin Shee studiò arte nella Dublin Society e poi si trasferì a Londra. Nel 1788 lo scozzese William Burke presentò il giovane Shee a sir Joshua Reynolds, che ricopriva la carica di Primo pittore di corte del re. Reynolds si interessò al giovane e lo fece studiare nelle scuole della Royal Academy of Arts. Nel 1789 Shhe presentò pubblicamente le sue due prime opere, Testa di vecchio e Ritratto di gentiluomo. La sua fama continuò a crescere, tanto che nel 1800 Shee divenne un accademico reale. In seguito si trasferì nella abitazione di George Romney, che ne fece il suo successore.
Nel 1805 pubblicò un poema intitolato Rhymes on Art cui seguì una seconda pubblicazione nel 1809. Nel suo English Bards and Scotch Reviewers Lord Byron parlò del poema con parole di elogio. Nel 1814 Shee pubblicò un altro volume, The Commemoration of Sir Joshua Reynolds, and other Poems, che non ottenne il successo sperato; scrisse anche una tragedia, Alasco, che andò in scena in Polonia.
Quando nel 1830 morì Thomas Lawrence, Shee fu scelto come nuovo presidente della Royal Academy e di lì a poco venne nominato baronetto. Continuò a dipingere sino al 1845 e morì nel 1850, lasciando tre figli.
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Presidenti della Royal Academy |
Biografia
Nel 1615 partì con Jacob Le Maire da Texel, nei Paesi Bassi, al comando di una spedizione sponsorizzata da Isaac Le Maire e la sua Australische Compagnie, codiretta in parti uguali anche da Schouten. Scopo principale della spedizione era trovare la Terra Australis, scopo fallito. Altro obiettivo era fugare le restrizioni commerciali imposte dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, cercando una nuova rotta per il Pacifico. Nel 1616 Schouten doppiò Capo Horn, a cui diede il nome della sua città natale. Seguì le coste della Nuova Irlanda e della Nuova Guinea e visitò le isole vicine, comprese quelle che verranno poi battezzate Isole Meridionali.
Nonostante avesse tracciato una nuova rotta, la Compagnia delle Indie lo accusò di aver infranto il loro monopolio di commercio. Schouten fu arrestato, e dopo rilasciato, e la sua nave confiscata a Giava. Al suo ritorno volle passare per la rotta delle Indie e in uno dei viaggi morì, al largo delle coste del Madagascar.
Pubblicazioni
Schouten descrisse i suoi viaggi nel Journal pubblicato in lingua olandese ad Amsterdam nel 1618 e subito tradotto in molte lingue.
Edizione olandese: Journal Ofte Beschryvinghe van de wonderlicke reyse, ghaedaen door Willem Cornelisz Schouten van Hoorn, inde Jaren 1615, 1616, en 1617. Hoe hy bezuyden de Strate van Magekkanes een nieuwe Passagie tot inde groote Zuyzee onteckt en voort den gheheelen Aerdkloot angheseylt, heeft. Wat Eylanden, vreemde volcken en wonderlicke avontueren hem ontmoet zijn. Amsterdam: Willem Jansz. 1618.
Edizione francese: Journal ou Description du marveilleux voyage de Guilliaume Schouten.Amsterdam: Willem Jansz. 1618.
Edizione inglese: The Relation of a Wonderfull Voiage made by Willem Cornelison Schouten of Horne. Shewing how South from the Straights of Magelan in Terra Delfuego: he found and discovered a newe passage through the great South Seaes, and that way sayled round about the world. London: Imprinted by T.D. for Nathanaell Newbery. 1619.
Edizione tedesca: Journal, oder Beschreibung der wunderbaren Reise W. Schouten auss Hollandt, im Jahr 1615-17 ... Frankfurt am Main. 1619.
Edizione latina: Novi Freti, a parte meridionali freti Magellanici in Magnum Mare Australe Detectio. Diarium vel descriptio laboriosissimi et molestissimi itineris, facti a Guilielmo Cornelii Schoutenio annis 1615-17... Amsterdam: Janson. 1619.
Tra gli storici non c'è unanime consenso sulla paternità del Journal da parte di Schouten. Le edizioni olandese, francese, tedesca e latina contengono nove carte dense di informazioni preziosissime, carte non presenti nella versione inglese.
Bibliografia
Barreveld, Dirk J. Tegen De Heeren Van De VOC - Isaac Le Maire En De Ontdekking Van Kaap Hoorn. The Hague: Sdu Publishers. Uitgeverij 2002.
Bolyanatz, Alexander H. "Where Is Claes Pietersz Bay? An Episode in the History of the Sursurunga of New Ireland", in Ethnohistory 45:2 (1998), p. 319-347.
Edward Duyker (ed.) Mirror of the Australian Navigation by Jacob Le Maire: A Facsimile of the ‘Spieghel der Australische Navigatie...' Being an Account of the Voyage of Jacob Le Maire and Willem Schouten 1615-1616 published in Amsterdam in 1622, Hordern House for the Australian National Maritime Museum, Sydney, 1999, pp. 202, ISBN 1-875567-25-9.
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Morti nell'Oceano Indiano |
La Tenuta Colombara (o Tenuta Torrone della Colombara) è una cascina localizzata nel comune di Livorno Ferraris, in provincia di Vercelli, edificata intorno al 1400.
Originariamente conosciuta come ostello per viandanti, nel 1571 viene avviata la coltivazione risicola, e la chiesa della Tenuta diviene parrocchia. Negli anni si sviluppa una comunità di persone intorno alla cascina, dove erano presenti abitazioni, osterie, botteghe, una scuola, il campo santo e tutto il necessario per vivere con la propria famiglia, compreso un seggio elettorale.
Tra il 1875 e il 1898 la Tenuta viene ampliata e parzialmente ricostruita, in particolare vengono costruite le due torri poste all'inizio del viale alberato.
Storicamente di proprietà di diverse famiglie di rami cadetti dei Savoia, nel 1868 viene acquistata dalla famiglia biellese dei Magnani. Nel 1935 la cascina viene acquistata da Cesare Rondolino, che ne diventa il terzo proprietario storico.
Oggi è sede didattica distaccata dell'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, sede produttiva di Riso Acquerello e sede del Conservatorio del Riso, museo dedicato alla cultura risicola del vercellese. Dal 2016 è possibile effettuare una visita virtuale di tutti gli ambienti della cascina attraverso il Google Virtual Tour.
Il Conservatorio della Risicoltura
Il Conservatorio del Risicoltura, noto anche come Ecomuseo, nasce su impulso della famiglia Rondolino, di enti locali e della cittadinanza di Livorno Ferraris come luogo di memoria e testimonianza della cultura risicola del territorio.
Il conservatorio è composto da due parti principali, il dormitorio delle mondine, e alcune stanze della cascina dove sono state ricreati gli ambienti di vita di una riseria di metà novecento. All'interno dei diversi ambienti, tra cui cucina, camera da letto, aula scolastica, laboratori del fabbro, maniscalco e mugnaio, sono esposti oggetti e attrezzature d'epoca donati e catalogati dalla cittadinanza.
La riseria
All'interno della Tenuta Colombara è stata realizzata anche la filiera completa di una riseria. I campi intorno alla Tenuta sono coltivati con riso Carnaroli, mentre all'interno della riseria sono presenti tutti i macchinari necessari alla lavorazione e al confezionamento del riso.
Note
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Architetture di Livorno Ferraris
Cascine del Piemonte
Architetture rurali della provincia di Vercelli |
Con il termine chiesa di San Rocco si intendono tutte le chiese cristiane sparse per il mondo, intitolate, o cointitolate, al santo francese. La lista che segue è un elenco non esaustivo dei suddetti edifici.
Belgio
Chiesa di San Rocco – Aarschot
Chiesa di San Rocco – Anversa
Chiesa di San Rocco – Blankenberge
Chiesa di San Rocco – Bruxelles
Chiesa di San Rocco – Courtrai
Chiesa di San Rocco – Dison
Chiesa di San Rocco – Halle
Chiesa di San Rocco – Hasselt
Chiesa di San Rocco – Hauset, frazione di Raeren
Chiesa di San Rocco – Wandre, frazione di Liegi
Chiesa di San Rocco – Lummen
Chiesa di San Rocco – Pepinster
Chiesa di San Rocco – Theux
Chiesa di San Rocco – Thimister-Clermont
Chiesa di San Rocco – Waasmunster
Chiesa di San Rocco – Wellen
Canada
Chiesa di San Rocco – Québec
Colombia
Chiesa di San Rocco – Barranquilla
Francia
Chiesa di San Rocco – Ajaccio
Chiesa di San Rocco – Amiens
Chiesa di San Rocco – Ambérieu-en-Bugey
Chiesa di San Rocco – Blyes
Chiesa di San Rocco – Cambrai
Chiesa di San Rocco – Domeyrat
Chiesa di San Rocco – Gouy-Servins
Chiesa di San Rocco – Loffre
Chiesa di San Rocco – Nizza
Chiesa di San Rocco – Parcieux
Chiesa di San Rocco – Parigi
Chiesa di San Rocco – Roncq
Chiesa di San Rocco – Saint-Étienne
Germania
Chiesa di San Rocco – Altenahr
Chiesa di San Rocco – Aquisgrana
Chiesa di San Rocco – Bonn
Chiesa di San Rocco – Bruch
Chiesa di San Rocco – Colonia
Chiesa di San Rocco – Dittelbrunn
Chiesa di San Rocco – Düsseldorf
Chiesa di San Rocco – Ebrach
Chiesa di San Rocco – Egg an der Günz
Chiesa di San Rocco – Gheldria
Chiesa di San Rocco – Hatzenport
Chiesa di San Rocco – Hofbieber
Chiesa di San Rocco – Hosenfeld
Chiesa di San Rocco – Ingelfingen
Chiesa di Santa Maria e San Rocco – Irrel
Chiesa di San Rocco – Jülich
Chiesa di San Rocco – Kaiserslautern
Chiesa di San Rocco – Kerpen
Chiesa di San Rocco – Lohr
Chiesa di San Rocco – Löffingen
Chiesa di San Rocco – Magonza
Chiesa di San Rocco – Mechernich
Chiesa di San Rocco – Mönchengladbach
Chiesa di San Rocco – Neuhäusel
Chiesa di San Rocco – Orenhofen
Chiesa di San Rocco – Overath
Chiesa di San Rocco – Stolberg
Chiesa di San Rocco – Weiskirchen
Chiesa di San Rocco – Anhoven, frazione di Wegberg
Chiesa di San Rocco – Dalheim-Rödgen, frazione di Wegberg
Chiesa di San Rocco – Würzburg
Grecia
Chiesa di San Rocco – La Canea
Italia
Abruzzo
Chiesa di San Rocco – Atessa
Chiesa di San Rocco – Avezzano
Chiesa di San Rocco – Castel Frentano
Chiesa di San Rocco – Castelli
Chiesa di San Rocco – Guardiagrele
Chiesa di San Rocco – Lanciano
Chiesa di San Rocco – Mozzagrogna
Chiesa di San Rocco – Montorio al Vomano
Chiesa di San Rocco – Orsogna
Chiesa di San Rocco – Ortona
Chiesa di San Rocco – Tagliacozzo
Chiesa di San Rocco – Pratola Peligna
Chiesa di San Rocco – Roccamontepiano
Chiesa di San Rocco – Sambuceto frazione di San Giovanni Teatino
Chiesa di San Rocco – San Valentino in Abruzzo Citeriore
Chiesa di San Rocco – Scanno
Chiesa di San Rocco – Tocco da Casauria
Chiesa di San Rocco – Tornareccio
Chiesa di San Rocco – Torrevecchia Teatina
Chiesa di San Rocco – Vallecupa, frazione di Bomba
Basilicata
Chiesa di San Rocco – Baragiano
Chiesa di San Rocco – Grottole
Chiesa di San Rocco – Matera
Chiesa di San Rocco – Montemurro
Chiesa di San Rocco – Montescaglioso
Chiesa di San Rocco – Pisticci
Chiesa di San Rocco – Potenza
Chiesa di San Rocco – Salandra
Chiesa di San Rocco – Satriano di Lucania
Chiesa di San Nicola e San Rocco – Tolve
Calabria
Chiesa di Santa Maria Lauretana e San Rocco – Aprigliano frazione di Guamo
Chiesa di San Rocco – Ardore
Chiesa di San Rocco – Belcastro
Chiesa di San Rocco – Bocchigliero
Chiesa di San Rocco – Bova
Chiesa di San Rocco – Caccuri
Chiesa di San Rocco – Catanzaro
Chiesa di San Rocco – Cittanova
Chiesa di San Rocco – Cosenza
Chiesa di San Rocco – Cutro
Chiesa di San Rocco – Dinami
Chiesa di San Rocco – Figline Vegliaturo
Chiesa di San Rocco – Fiumefreddo Bruzio
Chiesa di San Rocco – Gerocarne
Chiesa di San Rocco – Girifalco
Chiesa di San Rocco – Ionadi
Chiesa di San Rocco – Laureana di Borrello, frazione di Stelletanone
Chiesa di San Rocco – Melicuccà
Chiesa di San Rocco – San Giovanni, frazione di Mileto
Chiesa di San Rocco – Mormanno
Chiesa di San Rocco – Oriolo
Chiesa di Maria Santissima Immacolata e San Rocco – Palmi
Chiesa di San Rocco – Papasidero
Chiesa di San Rocco e San Francesco da Paola – Pizzo
Chiesa di San Rocco – Placanica
Chiesa di San Rocco – Plataci
Chiesa di San Rocco – Armo
Chiesa di San Rocco – Ortì, frazione di Reggio Calabria
Chiesa di San Rocco – Rende
Chiesa di San Rocco – Drosi, frazione di Rizziconi
Chiesa di San Rocco – Rosarno
Chiesa di San Rocco – San Benedetto Ullano
Chiesa di San Rocco – San Costantino Calabro
Chiesa di San Rocco – San Paolo Albanese
Chiesa di San Rocco – Sant'Andrea Apostolo dello Ionio
Chiesa di San Rocco – Santo Stefano di Rogliano
Chiesa di San Rocco – Cupani, frazione di Scigliano
Chiesa di San Rocco – Scilla
Chiesa di San Rocco – Serra San Bruno
Chiesa di San Rocco – Stignano
Campania
Chiesa di San Rocco – chiesa di Barano d'Ischia (NA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bosco, frazione di San Giovanni a Piro (SA)
Santuario Diocesano di San Rocco – chiesa di Capriati a Volturno (CE)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cava de' Tirreni (SA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cerreto Sannita (BN)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cesinali (AV)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Faicchio (BN)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Frattamaggiore (NA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Frigento (AV),
Chiesa di San Rocco – chiesa di Galdo Cilento (SA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Lacco Ameno (NA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Napoli, quartiere Piscinola
Chiesa di San Rocco – chiesa di Napoli, quartiere Ponticelli
Chiesa di San Rocco alla Riviera di Chiaia – chiesa di Napoli
Chiesa di San Rocco – chiesa nel borgo di Maiano in Sant'Agnello (NA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pietramelara (CE)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Roscigno (SA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Saragnano frazione di Baronissi (SA)
Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano e congrega del Rosario – chiesa di Siano (SA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Villamaina (AV)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Guardia Sanframondi
Chiesa di San Rocco – chiesa di Salerno
Emilia-Romagna
Chiesa di San Rocco – chiesa di Borgo Val di Taro (PR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Busseto (PR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Faenza
Chiesa di San Rocco – chiesa di Parma
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ravenna
Friuli-Venezia Giulia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Aurisina (TS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Coseano (UD)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Brazzano di Cormons (GO)
Chiesa di San Rocco in Canale – chiesa di Campeglio di Faedis (UD)
Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Reana del Rojale (UD)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Montina di Torreano (UD)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Turriaco (GO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Portis di Venzone (UD)
Chiesa di San Rocco – chiesa di San Rocco di Gorizia (GO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Villesse
Chiesa di San Rocco – chiesa di Muggia
Lazio
Chiesa di San Sebastiano e San Rocco – chiesa di Affile
Chiesa di San Rocco – chiesa demolita di Cerveteri
Chiesa di San Rocco – chiesa di Colonna
Chiesa di San Rocco all'Augusteo – chiesa di Roma
Chiesa di San Rocco a Malagrotta – chiesa di Roma
Chiesa di San Rocco – chiesa di San Polo dei Cavalieri
Chiesa di San Rocco – chiesa di Sutri Lazio
Liguria
Chiesa di San Rocco – chiesa di Camogli (GE)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Campomorone (GE)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cosseria
Chiesa di San Rocco di Vernazza – chiesa di Genova
Chiesa di San Rocco – chiesa di Recco (GE)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Urbe (SV)
Chiesa di San Rocco e Sacro Cuore di Gesù – chiesa di Uscio (GE)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Levanto
Chiesa di San Rocco – chiesa di Moneglia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Neirone
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pallare
Chiesa di San Rocco – chiesa di Sassello
Lombardia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Adrara San Rocco (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Albenza, frazione di Almenno San Bartolomeo (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Albino (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Asola
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bagolino (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Barzana (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bergamo, nella Città Alta
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bergamo, in località Castagneta
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bergamo, in località Fontana
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bergamo, in via Broseta
Chiesa dell'Assunzione di Maria e San Rocco – chiesa di Berlingo (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Brescia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bianzano in (BG)
Chiesa di San Rocco o del Lazzaretto – chiesa di Bisuschio (VA)
Chiesetta di San Rocco – chiesa di Bulgorello (CO)
Chiesetta di San Rocco – chiesa di Busnago (MB)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Busto Arsizio (VA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Calcio (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Capo di Ponte (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Chiari (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Collio (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Como
Chiesa di San Rocco – chiesa di Darfo Boario Terme
Chiesa di San Rocco – chiesa di Dello (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Fiumenero (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Gallarate (VA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Gazzaniga (BG)
Chiesa di San Rocco – detta lAncella chiesa di Isorella (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Leffe (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Limone sul Garda (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Livigno (SO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Lodi
Chiesa di San Rocco – chiesa di Maccagno con Pino e Veddasca
Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Magenta (MI)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Melegnano
Chiesa di San Rocco al Gentilino – chiesa di Milano
Chiesa di San Rocco – chiesa di Monza
Chiesetta di San Rocco – chiesa di Morbegno (SO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Offanengo (CR)
Chiesa di San Rocco – Olmo al Brembo in (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ostiano (CR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pezzolo, frazione di Vilminore di Scalve (BG)
Chiesa sussidiaria di San Rocco – chiesa di Porlezza (CO)
Chiesa di San Rocco al Colle – chiesa di Ranica (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Romano di Lombardia (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Sabbioneta (MN)
Chiesetta di San Rocco – chiesa di San Martino della Battaglia, frazione di Desenzano del Garda (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di San Rocco, frazione di Cenate Sotto (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di San Rocco, frazione di Colico (LC)
Chiesetta di San Rocco – chiesa di Sergnana (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di San Giorgio in Salici frazione di Sona (VR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Tronzano Lago Maggiore (VA)
Chiesa di San Rocco Confessore – chiesa di Vergonzana, frazione di Crema (CR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Viadanica (BG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Vigolo (BG)
Chiesa di San Rocco – detta chiesa della Purità della Beata Vergine'' a Visano (BS)
Chiesa di San Rocco – chiesa demolita di Milano
Chiesa di San Rocco – chiesa di Parre
Chiesa di San Rocco – chiesa di Riva di Solto
Chiesa di San Rocco – chiesa di Vigevano
Chiesa di San Rocco – chiesa di Voghera
Chiesa di San Rocco – chiesa di Como
Marche
Chiesa di San Rocco – chiesa di Acquaviva Picena (AP)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Montecosaro (MC)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ripatransone (AP)
Molise
Chiesa di San Rocco – chiesa di Carpinone (IS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Poggio Sannita (IS)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Sant'Elia a Pianisi (CB)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Toro (CB)
Piemonte
Chiesa di San Rocco – chiesa di Alessandria
Chiesa di San Rocco – chiesa di Asti
Chiesa di San Rocco – chiesa di Canale (CN)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Carmagnola (TO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Castagnole Piemonte (TO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cereseto Monferrato (AL)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cercenasco (TO)
Chiesa dei Santi Bernardino e Rocco – chiesa di Chieri (TO)
Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Cumiana (TO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Fontanetto Po (VC)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Giaveno (TO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Solcio di Lesa (NO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Miasino (NO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Moretta (CN)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Mosetti, frazione di Chieri (TO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Sant'Ambrogio di Torino (TO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Settimo Torinese (TO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Torino (TO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Verbania
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cuneo
Chiesa di San Rocco – chiesa di Mongrando
Chiesa di San Rocco – chiesa di Montalto Dora
Puglia
Chiesa del Preziosissimo Sangue in San Rocco – chiesa di Bari
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ceglie Messapica (BR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Conversano (BA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Foggia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Gagliano del Capo (LE)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Gioia del Colle (BA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Grumo Appula (BA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Locorotondo (BA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Palagiano (TA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Palo del Colle (BA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ruvo di Puglia (BA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Turi (BA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Valenzano (BA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Casamassima (BA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Trani
Sardegna
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bortigiadas
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cagliari
Chiesa di San Rocco – chiesa di Collinas
Sicilia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Acireale (CT)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Alì Terme (ME)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Burgio (AG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Butera (CL)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Calderà di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Capaci (PA)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Gela (CL)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Grotte (AG)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Linguaglossa (CT)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Motta d'Affermo (ME)
Chiesa di San Rocco – chiesa sconsacrata di Ragusa
Chiesa di San Rocco – chiesa di Savoca (ME)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Scordia (CT)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Trappeto, frazione di San Giovanni La Punta (CT)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Milazzo (ME)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Palermo
Chiesa di San Rocco – chiesa di Piazza Armerina
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ragusa
Chiesa di San Rocco - chiesa di Misterbianco (CT)
Toscana
Chiesa di San Rocco – chiesa di Altopascio (LU)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Asciano, frazione di San Giuliano Terme (PI)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Buti
Chiesa di San Rocco – chiesa di Marina di Grosseto (GR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Massa
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pisa
Chiesa di Santa Maria Assunta in San Rocco – chiesa di Pistoia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pitigliano (GR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Portoferraio (LI)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Procchio, frazione di Marciana (LI)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Rio Marina (LI)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Sansepolcro (AR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Rocca Sigillina, frazione di Filattiera (MC)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Sorano (GR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Larciano
Chiesa di San Rocco – chiesa di Massa Marittima
Chiesa di San Rocco – chiesa di Porto Ercole
Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Croce sull'Arno
Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Fiora
Trentino-Alto Adige
Chiesa dei Santi Antonio di Padova e Rocco – chiesa di Albiano
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bleggio Superiore
Chiesa di San Rocco – chiesa di Brentonico
Chiesa di San Rocco nuova – chiesa di Campi, frazione di Riva del Garda
Chiesa di San Rocco vecchia – chiesa di Campi, frazione di Riva del Garda
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cles
Chiesa di San Rocco – chiesa di Miola, frazione di Baselga di Piné
Chiesa di San Rocco – chiesa di Riva del Garda
Chiesa di San Rocco – chiesa di Caldes
Chiesa di San Rocco - chiesa di Caneve, frazione di Arco
Chiesa di San Rocco – chiesa di Canezza, frazione di Pergine Valsugana
Chiesa di San Rocco – chiesa di Castello Tesino
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cembra
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ceola, frazione di Giovo
Chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco – chiesa di Condino, frazione di Borgo Chiese
Chiesa di San Rocco – chiesa di Covelo, frazione di Cimone
Chiesa di San Rocco – chiesa di Folaso, frazione di Isera
Chiesa di San Rocco – chiesa di Gabbiolo, frazione di Trento
Chiesa di San Rocco – chiesa di Mori
Chiesa di San Rocco – chiesa di Nave San Rocco, frazione di Terre d'Adige
Chiesa di San Rocco – chiesa di Peio
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pergine Valsugana
Chiesa di San Rocco – chiesa di Rovereto
Chiesa di San Rocco – chiesa di Tuenetto, frazione di Predaia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Vattaro
Chiesa di San Rocco – chiesa di Volano
Chiesa di San Rocco – chiesa di Fiavé
Chiesa di San Rocco – chiesa di Nago-Torbole
Chiesa di San Rocco – chiesa di Tesero
Umbria
Chiesa di San Rocco – chiesa di Baschi
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bastia Umbra
Chiesa di San Rocco – chiesa di Calvi dell'Umbria (frazione di Colletarocco)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cantiano (frazione di San Rocco)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Costacciaro
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ferentillo (frazione di Gabbio)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Foligno (frazione di Barri)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Gualdo Cattaneo (frazione Ponte di Ferro)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Gualdo Tadino
Chiesa di San Rocco – chiesa di Gubbio (frazione di Cipolleto)
Chiesa dei Santi Antonio e Rocco – chiesa di Magione (frazione di Antria)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Montecchio (frazione di Tenaglie)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Montefalco (frazione di Aggelli)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Orvieto (frazione di Sugano)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Orvieto (capoluogo)
Chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco – chiesa di Paciano (frazione di San Sebastiano)
Chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco – chiesa di Perugia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Preci (frazione di Roccanolfi)
Chiesa di San Rocco – chiesa di San Gemini (frazione di Collepizzuto)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Preci (frazione di Case Sparse)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Sellano (frazione di Casale)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Spoleto (frazione di Beroide)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Spoleto (capoluogo)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Stroncone
Chiesa di San Rocco – chiesa di Terni (frazione di Collestatte)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Torgiano (frazione di Miralduolo)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Vallo di Nera
Valle d'Aosta
Chiesa di San Rocco – chiesa di Lillianes
Veneto
Chiesa di San Rocco – chiesa di Belluno
Chiesa di San Rocco – chiesa di Calto (RO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Caprino Veronese (VR)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Celat
Chiesa dei Santi Rocco e Domenico – chiesa di Conegliano (TV)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Costa di Rovigo (RO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Dolo (VE)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Lendinara (RO)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Mestre (VE)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pinidello (TV)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Verona in località Castiglione (VR)
Chiesa di San Rocchetto – chiesa di Verona in località Quinzano (VR)
Chiesa di San Rocco – chiesa scomparsa di Rovigo
Chiesa di San Rocco – chiesa di Schio (VI)
Chiesa dei Santi Pietro e Rocco – chiesa di Tezze sul Brenta (VI)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Venezia
Chiesa di San Rocco – chiesa nei pressi di Verona
Chiesa di San Rocco – chiesa di Vicenza
Chiesetta di San Rocco – chiesa di Villafranca di Verona (VR)
Chiesetta di San Rocco – chiesa di Bussolengo (VR)
Chiesa di San Rocco – nuova chiesa di Valliera, frazione di Adria
Chiesa di San Rocco della Valiera – antica chiesa di Valliera, frazione di Adria
Malta
Chiesa di San Rocco – chiesa di Balzan
Portogallo
Chiesa di San Rocco – chiesa di Angra do Heroísmo
Chiesa di San Rocco – chiesa di Funchal
Chiesa di San Rocco – chiesa di Lisbona
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ponta Delgada
Chiesa di San Rocco – chiesa di Santana
Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Cruz das Flores
Chiesa di San Rocco – chiesa di São Roque do Pico
Chiesa di San Rocco – chiesa di São João da Madeira.
Slovenia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bisterza nel villaggio di Mala Bukovica;
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bisterza nel villaggio di Račice;
Chiesa di San Rocco – chiesa di Bloke
Chiesa di San Rocco – chiesa di Brežice
Chiesa di San Rocco – chiesa di Capodistria
Chiesa di San Rocco – chiesa di Caporetto
Chiesa di San Rocco – chiesa di Circonio
Chiesa di San Rocco – chiesa di Črnomelj
Chiesa di San Rocco – chiesa di Dolenjske Toplice
Chiesa di San Rocco – chiesa di Erpelle-Cosina
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ivančna Gorica
Chiesa di San Rocco – chiesa di Isola d'Istria
Chiesa di San Rocco – chiesa di Kočevje
Chiesa dei Santi Fabiano, Sebastiano e Rocco – chiesa di Kranj
Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Ljutomer
Chiesa di San Rocco – chiesa di Loška Dolina
Chiesa di San Rocco – chiesa di Lubiana
Chiesa di San Rocco – chiesa di Metlika
Chiesa di San Rocco – chiesa di Mokronog-Trebelno
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pirano
Chiesa di San Rocco – chiesa di Postumia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ptuj
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ribnica
Chiesa di San Rocco – chiesa di Rogatec
Chiesa di San Rocco – chiesa di Semič
Chiesa di San Rocco – chiesa di Šentjernej
Chiesa di San Rocco – chiesa di Sevnica
Chiesa di San Rocco – chiesa di Slovenj Gradec
Chiesa di San Rocco – chiesa di Šmarje pri Jelšah
Chiesa di San Rocco – chiesa di Velike Lašče
Chiesa di San Rocco – chiesa di Žužemberk.
Spagna
Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Alcoi
Chiesa di San Rocco – chiesa di Almansa
Chiesa di San Rocco – chiesa di Almería
Chiesa di San Rocco – chiesa di Almendralejo
Chiesa di San Rocco de Meicende – chiesa di Arteixo
Chiesa di San Rocco – chiesa di Atajate
Chiesa di San Rocco – chiesa di Badajoz
Chiesa di San Rocco – chiesa di Barakaldo
Chiesa di San Rocco – chiesa di Benicull de Xúquer
Chiesa della Assunzione di Nostra Signora e San Rocco – chiesa di Cordova
Chiesa di San Giuseppe e San Rocco – chiesa di Cordova
Chiesa di San Pio X e San Rocco – chiesa di La Coruna
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cudillero
Chiesa di San Rocco – chiesa di Hellín
Chiesa di San Rocco – chiesa di Firgas
Chiesa di San Rocco – chiesa di Fuentes de Ayódar
Chiesa di Nostra Signora di Belen e San Rocco – chiesa di Jaén
Chiesa di San Rocco – chiesa di Las Cabezas de San Juan
Chiesa di San Rocco – chiesa di Las Palmas
Chiesa di San Rocco – chiesa di Llocnou de Sant Jeroni
Chiesa di San Rocco – chiesa di Madrid
Chiesa di San Rocco – chiesa di Novelda
Chiesa di San Rocco – chiesa di Oliva
Chiesa di San Rocco – chiesa di Palma de Maiorca
Chiesa di San Rocco – chiesa di Poio
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pontevedra
Chiesa di San Rocco – chiesa di Ribadedeva
Chiesa di San Rocco – chiesa di San Miguel de Abona
Chiesa di San Rocco – chiesa di San Millán de la Cogolla
Chiesa di San Rocco – chiesa di San Roque de Riomiera
Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Cruz de Tenerife
Chiesa di San Rocco – chiesa di Santander
Chiesa di San Rocco – chiesa di La Secuita
Chiesa di San Rocco – chiesa di Silla
Chiesa di San Rocco – chiesa di Siviglia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Torrechiva
Chiesa di San Rocco – chiesa di Torrevieja
Chiesa di San Rocco – chiesa di Valencia
Chiesa di San Rocco – chiesa di Vall de Gallinera
Chiesa di San Rocco – chiesa di Valle de Carranza
Chiesa di San Cristoforo e San Rocco – chiesa di Vega de Liébana
Chiesa di San Rocco – chiesa di Villargordo del Cabriel
Chiesa di San Rocco – chiesa di Vivel del Río Martín
Stati Uniti d'America
Chiesa di San Rocco – chiesa di Avondale (Pennsylvania)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Cleveland (Ohio)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Dunmore (Pennsylvania)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Flat Rock (Michigan)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Greenwich (Connecticut)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Indianapolis (Indiana)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Johnston (Rhode Island)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Johnstown (Pennsylvania), chiusa nel 2009;
Chiesa di San Rocco – chiesa di Martins Creek (Pennsylvania)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Mentz (Texas)
Chiesa di San Rocco – chiesa di New York City, quartiere Bronx (New York)
Chiesa di San Rocco – chiesa di New York City, quartiere Brooklyn (New York)
Chiesa di San Rocco – chiesa di New York City, quartiere Staten Island (New York)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Pittston (Pennsylvania)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Kahuku (Hawaii)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Oak Forest (Illinois)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Oxford (Massachusetts)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Saint Louis (Missouri)
Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Barbara (California)
Svizzera
Chiesa di San Rocco – Bedigliora
Chiesa di San Rocco – Bellinzona
Chiesa di San Rocco – Bissone
Chiesa di San Rocco – Campo
Chiesa di San Rocco – Losone
Chiesa di San Rocco – Bogno, frazione di Lugano
Chiesa di San Rocco – Lugano
Chiesetta di San Rocco – Manno
Chiesa di San Rocco – Mendrisio
Chiesa di San Rocco – Mesocco
Chiesa di San Rocco''' – Soazza
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