id
stringlengths
10
14
is_camera
bool
1 class
reference
stringlengths
3.02k
50.9k
summary
stringlengths
1.59k
16.7k
tokenized_len_total
int64
1.64k
16.4k
__index_level_0__
int64
3
1.4k
32001L0023
false
Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti Gazzetta ufficiale n. L 082 del 22/03/2001 pag. 0016 - 0020 Direttiva 2001/23/CE del Consigliodel 12 marzo 2001concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimentiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 94,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),considerando quanto segue:(1) La direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti(3) è stata modificata in maniera sostanziale(4) ed è, perciò, opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla sua codificazione.(2) L'evoluzione economica implica, sul piano nazionale e comunitario, modifiche delle strutture delle imprese effettuate, tra l'altro, con trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti a nuovi imprenditori in seguito a cessioni contrattuali o a fusioni.(3) Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti.(4) Sussistono differenze negli Stati membri per quanto riguarda l'entità della protezione dei lavoratori in questo settore e occorre attenuare tali differenze.(5) La carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1989 ("Carta sociale"), nei punti 7, 17 e 18 dispone in particolare che la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale miglioramento deve consentire, ove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti. Occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri. L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare in occasione di ristrutturazioni o fusioni di imprese che incidono sull'occupazione dei lavoratori.(6) Nel 1977 il Consiglio ha adottato la direttiva 77/187/CEE per promuovere l'armonizzazione delle legislazioni nazionali relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori e chiedere ai cedenti e ai cessionari di informare e consultare in tempo utile i rappresentanti dei lavoratori.(7) Detta direttiva è stata in seguito modificata alla luce dell'impatto del mercato interno, delle tendenze legislative degli Stati membri per quanto riguarda il salvataggio delle imprese con difficoltà economiche, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(5), e delle norme legislative già in vigore nella maggior parte degli Stati membri.(8) La sicurezza e la trasparenza giuridiche hanno richiesto un chiarimento della nozione giuridica di trasferimento alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Tale chiarimento non ha modificato la sfera di applicazione della direttiva 77/187/CEE, quale interpretata dalla Corte di giustizia.(9) La Carta sociale riconosce l'importanza della lotta contro tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle basate sul sesso, sul colore, sulla razza, sulle opinioni e sulle credenze.(10) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato I, parte B,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IAmbito di applicazione e definizioniArticolo 11. a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.b) Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria.c) La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche o private che esercitano un'attività economica, che perseguano o meno uno scopo di lucro. Una riorganizzazione amministrativa di enti amministrativi pubblici o il trasferimento di funzioni amministrative tra enti amministrativi pubblici, non costituisce trasferimento ai sensi della presente direttiva.2. La presente direttiva si applica se e nella misura in cui l'impresa, lo stabilimento o la parte di impresa o di stabilimento da trasferire si trovi nell'ambito d'applicazione territoriale del trattato.3. La presente direttiva non si applica alle navi marittime.Articolo 21. Ai sensi della presente direttiva si intende:a) per "cedente", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o dallo stabilimento;b) per "cessionario", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la veste di imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o dello stabilimento;c) per "rappresentanti dei lavoratori" ed espressioni connesse, i rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri;d) per "lavoratore", ogni persona che nello Stato membro interessato è tutelata come tale nell'ambito del diritto nazionale del lavoro.2. La presente direttiva non lede il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione di contratto o di rapporto di lavoro.Tuttavia, gli Stati membri non potranno escludere dall'ambito di applicazione della presente direttiva i contratti o i rapporti di lavoro a motivo unicamente:a) del numero di ore di lavoro prestate o da prestare;b) di rapporti di lavoro disciplinati da un contratto di lavoro di durata determinata a norma dell'articolo 1, punto 1, della direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale(6); oc) di rapporti di lavoro interinali a norma dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 91/383/CEE e del fatto che l'impresa, lo stabilimento o la parte d'impresa o di stabilimento trasferita è l'agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro o parte di essa.CAPO IIMantenimento dei diritti dei lavoratoriArticolo 31. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.Gli Stati membri possono prevedere che il cedente, anche dopo la data del trasferimento, sia responsabile, accanto al cessionario, degli obblighi risultanti prima della data del trasferimento da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento.2. Gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari per garantire che il cedente notifichi al cessionario tutti i diritti e gli obblighi che saranno trasferiti al cessionario a norma del presente articolo, nella misura in cui tali diritti e obblighi siano o avessero dovuto essere noti ai cedente al momento del trasferimento. Il fatto che il cedente ometta di notificare al cessionario tali diritti e obblighi non incide sul trasferimento di detto diritto o obbligo e dei diritti di qualsiasi lavoratore nei confronti del cessionario e/o del cedente in relazione a detto diritto o obbligo.3. Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest'ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell'entrata in vigore o dell'applicazione di un altro contratto collettivo.Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.4. a) A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi 1 e 3 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale degli Stati membri.b) Anche quando essi non prevedono, a norma della lettera a), che i paragrafi 1 e 3 si applichino a tali diritti, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, dei regimi complementari di cui alla lettera a) del presente paragrafo.Articolo 41. Il trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di impresa o di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d'organizzazione che comportano variazioni sul piano dell'occupazione.Gli Stati membri possono prevedere che il primo comma non si applichi a talune categorie delimitate di lavoratori non coperti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri in materia di tutela contro il licenziamento.2. Se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è risolto in quanto il trasferimento comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro.Articolo 51. A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un'autotità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente).2. Quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente (indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali procedure siano sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere un curatore fallimentare determinato dal diritto nazionale), uno Stato membro può disporre che:a) nonostante l'articolo 3, paragrafo 1, gli obblighi del cedente risultanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima dei trasferimento o prima dell'apertura della procedura di insolvenza non siano trasferiti al cessionario, a condizione che tali procedure diano adito, in virtù della legislazione dello Stato membro, ad una protezione almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro(7); e/ob) il cessionario, il cedente o la persona o le persone che esercitano le funzioni del cedente, da un lato, e i rappresentanti dei lavoratori, dall'altro, possano convenire, nella misura in cui la legislazione o le prassi in vigore lo consentano, modifiche delle condizioni di lavoro dei lavoratori intese a salvaguardare le opportunità occupazionali garantendo la sopravvivenza dell'impresa, dello stabilimento o di parti di imprese o di stabilimenti.3. Uno Stato membro ha facoltà di applicare il paragrafo 2, lettera b), a trasferimenti in cui il cedente sia in una situazione di grave crisi economica quale definita dal diritto nazionale, purché tale situazione sia dichiarata da un'autorità pubblica competente e sia aperta al controllo giudiziario, a condizione che tali disposizioni fossero già vigenti nel diritto nazionale il 17 luglio 1998.La Commissione presenterà una relazione sugli effetti della presente disposizione entro il 17 luglio 2003 e sottoporrà eventuali proposte adeguate al Consiglio.4. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di impedire che l'abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei diritti loro riconosciuti a norma della presente direttiva.Articolo 61. Qualora l'impresa, lo stabilimento o parte di un'impresa o di uno stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e la funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori interessati dal trasferimento, secondo le stesse modalità e alle stesse condizioni esistenti prima della data del trasferimento, previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o da accordi, a patto che siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione della rappresentanza dei lavoratori.Il primo comma non si applica se, in virtù delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o della prassi degli Stati membri o si termini di un accordo con i rappresentanti dei lavoratori, esistono le condizioni necessarie per la nuova designazione dei rappresentanti dei lavoratori o la nuova costituzione della rappresentanza dei lavoratori.Nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolge sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente), gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari al fine di garantire che i lavoratori trasferiti siano adeguatamente rappresentati fino alla nuova elezione o designazione di rappresentanti dei lavoratori.Qualora l'impresa, lo stabilimento o la parte di un'impresa o di uno stabilimento non conservi la propria autonomia, gli Stati membri adotteranno i provvedimenti necessari per garantire che i lavoratori trasferiti, che erano rappresentati prima del trasferimento, continuino ad essere adeguatamente rappresentati per il periodo necessario a provvedere ad una nuova costituzione o designazione della rappresentanza dei lavoratori, conformemente alla legislazione o alla prassi nazionale.2. Qualora il mandato dei rappresentanti dei lavoratori interessati dal trasferimento scada a causa del trasferimento, questi rappresentanti continuano a beneficiare delle misure di protezione previste dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o dalla prassi degli Stati membri.CAPO IIIInformazione e consultazioneArticolo 71. Il cedente e il cessionario sono tenuti ad informare i rappresentanti dei rispettivi lavoratori interessati da un trasferimento sui seguenti punti:- data o data proposta del trasferimento,- motivi del trasferimento,- conseguenze giuridiche, economiche e sociali, del trasferimento per i lavoratori,- misure previste nei confronti dei lavoratori.Il cedente è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile prima dell'attuazione del trasferimento.Il cessionario è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile ed in ogni caso prima che i suoi lavoratori siano direttamente lesi dal trasferimento nelle loro condizioni d'impiego e di lavoro.2. Se il cedente o il cessionario prevedono misure nei confronti dei rispettivi lavoratori, essi sono tenuti ad avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali misure con i rappresentanti dei rispettivi lavoratori al fine di ricercare un accordo.3. Gli Stati membri le cui disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedono la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ad un'istanza di arbitrato per ottenere una decisione su misure da adottare nei confronti dei lavoratori, possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1 e 2 ai casi in cui il trasferimento realizzato comporta una modifica a livello dello stabilimento che può implicare svantaggi sostanziali per una parte consistente dei lavoratori.L'informazione e la consultazione devono almeno riferirsi alle misure previste nei confronti dei lavoratori.L'informazione e la consultazione devono aver luogo in tempo utile prima dell'attuazione della modifica a livello dello stabilimento di cui al primo comma.4. Gli obblighi di cui al presente articolo si applicano indipendentemente dal fatto che la decisione riguardante il trasferimento sia presa dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlla.Nell'esame delle pretese violazioni degli obblighi in materia di informazione e di consultazione previsti nella presente direttiva, non si deve tener conto quale mezzo di difesa del fatto che tale violazione è avvenuta in quanto l'impresa che controlla il datore di lavoro non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.5. Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1, 2 e 3 alle imprese o agli stabilimenti che soddisfano, per quanto riguarda il numero dei lavoratori occupati, le condizioni per l'elezione o la designazione di un organo collegiale che rappresenti i lavoratori.6. Gli Stati membri possono prevedere che, qualora in un'impresa o in uno stabilimento non vi siano rappresentanti dei lavoratori per motivi indipendenti dalla volontà degli stessi, i lavoratori interessati debbano essere informati in precedenza:- della data o della data proposta del trasferimento,- dei motivi del trasferimento,- delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori,- delle misure previste nei confronti dei lavoratori.CAPO IVDisposizioni finaliArticolo 8La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di incoraggiare o consentire l'applicazione di accordi collettivi o di accordi tra le parti sociali più favorevoli ai lavoratori.Articolo 9Gli Stati membri introducono nelle loro normative nazionali i provvedimenti atti a consentire a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti che si ritengono lesi dall'inosservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva, di tutelare i loro diritti con un'azione in giudizio dopo eventuali ricorsi ad altri organi competenti.Articolo 10La Commissione presenta al Consiglio una relazione sugli effetti delle disposizioni della presente direttiva entro il 17 luglio 2006. Essa propone le modifiche che risultano necessarie.Articolo 11Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 12La direttiva 77/187/CEE come modificata dalla direttiva di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini d'attuaziune indicati all'allegato I, parte B.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II.Articolo 13La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 12 marzo 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Ringholm(1) Parere espresso il 25 ottobre 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU C 367 del 20.12.2000, pag. 21.(3) GU L 61 del 5.3.1977, pag. 26.(4) Cfr. allegato I, parte A.(5) GU L 48 del 22.2.1975, pag. 29. Direttiva sostituita dalla direttiva 98/59/CE (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16).(6) GU L 206 del 29.7.1991, pag. 19.(7) GU L 283 del 20.10.1980, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.ALLEGATO IPARTE ADirettiva abrogata e modificazione successiva(articolo 12)Direttiva 77/187/CEE del Consiglio (GU L 61 del 5.3.1977, pag. 26)Direttiva 98/50/CE del Consiglio (GU L 201 del 17.7.1998, pag. 88)PARTE BElenco dei termini per l'attuazione in diritto nazionale(articilo 12)>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IITAVOLA DI CONCORDANZA>SPAZIO PER TABELLA>
Tutela dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento della proprietà di un’impresa SINTESI CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Stabilisce i diritti dei lavoratori a livello dell’UE in casi di trasferimento della proprietà dell’impresa in cui lavorano, nonché gli obblighi di cedenti e cessionari. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva si applica a tutti i tipi di rapporto di lavoro, senza distinzioni per quanto riguarda: — il numero di ore di lavoro prestate o da prestare; — il tipo di contratto di lavoro (a durata indeterminata, determinata o interinale). Si applica a tutte le imprese, pubbliche o private, che esercitano un’attività economica a scopo lucrativo o non lucrativo. Trasferimento della proprietà — Il trasferimento della proprietà può risultare da una cessione contrattuale o da una fusione. — La persona o l’impresa destinataria del trasferimento diventa il datore di lavoro dell’impresa a essa trasferita. Trasferimento del rapporto di lavoro — Il trasferimento di un’impresa non costituisce un motivo di licenziamento. I licenziamenti possono unicamente intervenire per ragioni economiche, tecniche o di organizzazione. — Quando la proprietà viene trasferita i lavoratori mantengono i propri diritti e obblighi, legati all’esistenza di un contratto di lavoro o di un rapporto di lavoro. — I termini e le condizioni di lavoro dei dipendenti vengono mantenute per la durata di validità del contratto collettivo dell’impresa trasferita. Tuttavia, tale periodo può essere limitato dai governi nazionali, ma non può essere inferiore a un anno. — I diritti e gli obblighi dei lavoratori, esistenti a titolo dei regimi complementari di protezione sociale, non vengono trasferiti. Tuttavia, i governi nazionali possono prendere misure per proteggere i diritti alle prestazioni di vecchiaia acquisiti a titolo di tali regimi. — I diritti e gli obblighi dei lavoratori non vengono mantenuti quando il trasferimento avviene nel corso di una procedura fallimentare o d’insolvenza. I governi nazionali possono prendere tutte le misure necessarie per evitare ricorsi abusivi a procedure d’insolvenza, miranti a privare i lavoratori dei loro diritti. Rappresentanti dei lavoratori — Al momento del trasferimento, i rappresentanti dei lavoratori mantengono le loro funzioni finché non sia possibile un loro rinnovo. I lavoratori devono continuare ad essere rappresentati, anche in caso di procedura fallimentare o d’insolvenza. — I rappresentanti sindacali devono essere consultati prima dell’adozione di misure riguardanti i lavoratori. — Il precedente e il nuovo datore di lavoro devono informare per tempo i lavoratori o i loro rappresentanti: — della data fissata o proposta per il trasferimento; — dei motivi del trasferimento; — delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori; — di qualsiasi misura prevista nei confronti dei lavoratori. — Se nel paese dell’UE interessato esiste un’istanza di arbitrato, l’obbligo d’informazione e consultazione può essere limitato ai casi in cui il trasferimento determini svantaggi per una parte importante dei lavoratori. CONTESTO Condizioni di lavoro: trasferimento di imprese. ATTO Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2001/23/CE del Consiglio 11.4.2001 16.2.1979 GU L 82 del 22.3.2001, pagg. 16-20 Le modifiche successive alla direttiva 2001/23/CE sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
7,230
577
31993L0103
false
Direttiva 93/103/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) Gazzetta ufficiale n. L 307 del 13/12/1993 pag. 0001 - 0017 DIRETTIVA 93/103/CE DEL CONSIGLIO del 23 novembre 1993 riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione(1) , presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, in cooperazione con il Parlamento europeo(2) , visto il parere del Comitato economico e sociale(3) , considerando che il Consiglio, nella risoluzione del 21 dicembre 1987 concernente la sicurezza, l'igiene e la salute sul luogo di lavoro(4) , ha preso atto dell'intenzione della Commissione di presentargli prescrizioni minime riguardo all'organizzazione della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro; considerando che, nell'ambito dei vari provvedimenti comunitari riguardanti il settore della pesca, è opportuno adottare misure in materia di sicurezza e di salute sul lavoro; considerando che il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un maggiore livello di sicurezza e di salute a bordo delle navi da pesca costituisce un imperativo per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori interessati; considerando che le condizioni specifiche e particolarmente difficili di lavoro e di vita a bordo delle navi da pesca fanno sì che il tasso di frequenza degli infortuni mortali registrati nel settore della pesca marittima sia molto elevato; considerando che il Parlamento europeo, in data 15 aprile 1988, ha approvato una risoluzione nella quale riconosce l'importanza della prevenzione in materia di sicurezza durante il lavoro a bordo delle navi da pesca; considerando l'importanza che deve essere attribuita per motivi di sicurezza e di salute dei lavoratori alla localizzazione delle navi da pesca in caso di emergenza, in particolare tramite le nuove tecnologie; considerando che la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro(5) ; che di conseguenza le disposizioni di quest'ultima direttiva si applicano pienamente al settore del lavoro a bordo delle navi da pesca, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva; considerando che le direttive particolari già adottate nel campo della sicurezza e della salute durante il lavoro si applicano, salvo indicazioni contrarie, alla pesca marittima e che pertanto è opportuno precisare se del caso le peculiarità di questa attività per ottimizzare l'applicazione di queste direttive particolari; considerando che la direttiva 92/29/CEE del Consiglio, del 31 marzo 1992, riguardante le prescrizioni minime di salute e sicurezza per promuovere una migliore assistenza medica a bordo delle navi(6) , si applica appieno al settore della pesca marittima; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva, che è la tredicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, fissa prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca definite all'articolo 2. 2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano interamente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva. Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva si intende per: a) nave da pesca: ogni imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro o registrata sotto la piena giurisdizione di uno Stato membro, impiegata per fini commerciali per la cattura, o per la cattura e la lavorazione, del pesce o di altre risorse vive del mare; b) nave da pesca nuova: ogni nave da pesca la cui lunghezza fra le perpendicolari è superiore o uguale a quindici metri, per la quale, alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 1, primo comma, o successivamente: i) è stato concluso un contratto di costruzione o di importante trasformazione o, ii) il contratto di costruzione o di importante trasformazione è stato concluso anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 1, primo comma e che è consegnata dopo tre anni o più dalla suddetta data o, iii) in mancanza di un contratto di costruzione, - è stata effettuata la posa della chiglia, o - è stata avviata una costruzione identificabile con una nave particolare, o - è iniziato il montaggio, con l'impiego di almeno 50 tonnellate o l'1 % della massa stimata di tutti i materiali di struttura, se quest'ultimo valore è inferiore; c) nave da pesca esistente: ogni nave da pesca la cui lunghezza fra le perpendicolari è superiore o uguale a diciotto metri e che non è una nave da pesca nuova; d) nave: ogni nave da pesca nuova o esistente; e) lavoratore: qualsiasi persona che svolga un'attività professionale a bordo di una nave, nonché i tirocinanti e gli apprendisti, ad esclusione del personale a terra che effettua lavori a bordo di una nave all'ormeggio e dei piloti portuali; f) armatore: il proprietario registrato di una nave, a meno che la nave sia stata noleggiata a scafo nudo o sia gestita interamente o parzialmente da una persona fisica o giuridica diversa dal proprietario registrato in base ad un contratto di gestione; in questo caso si considera armatore rispettivamente il noleggiatore a scafo nudo o la persona fisica o giuridica che gestisce la nave; g) capitano: il lavoratore che, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, comanda la nave o ne è responsabile. Articolo 3 Disposizioni generali 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché: a) gli armatori si assicurino che le loro navi vengano impiegate, senza compromettere la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente in condizioni meteorologiche prevedibili, fatta salva la responsabilità del capitano; b) all'atto dell'applicazione dell'articolo 8, paragrafo 4 della direttiva 89/391/CEE, si tenga conto degli eventuali rischi per il resto dei lavoratori; c) gli eventi in mare che hanno o che possono avere un effetto sulla sicurezza e la salute dei lavoratori a bordo siano oggetto di un resoconto dettagliato da trasmettere all'autorità competente designata all'uopo e siano accuratamente e circostanziatamente registrati sul libro di bordo qualora la legislazione o la regolamentazione nazionale vigente ne impongano la tenuta per questo tipo di nave o, in mancanza di esso, su un documento richiesto a tal fine. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le navi siano oggetto, ai fini dell'osservanza della presente direttiva, di controlli periodici da parte di autorità specificamente incaricare di tale missione. Taluni controlli, riguardanti l'osservanza della presente direttiva, possono essere effettuati in mare. Articolo 4 Navi da pesca nuove Le navi da pesca nuove debbono soddisfare, al più tardi alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 1, primo comma, le prescrizioni minime di sicurezza e di salute riportate nell'allegato I. Articolo 5 Navi da pesca esistenti Le navi da pesca esistenti debbono soddisfare, al più tardi sette anni dalla data di cui all'articolo 13, paragrafo 1, primo comma, le prescrizioni minime di sicurezza e di salute riportate nell'allegato II. Articolo 6 Riparazioni, trasformazioni e modifiche di vasta portata Qualora le navi subiscano riparazioni, trasformazioni e modifiche di grande portata alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 1, primo comma, o successivamente a tale data, dette riparazioni, trasformazioni e modifiche di grande portata debbono essere conformi alle prescrizioni minime corrispondenti riportate nell'allegato I. Articolo 7 Attrezzature e manutenzione 1. Per preservare la sicurezza e la salute dei lavoratori gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l'armatore, fatta salva la responsabilità del capitano: a) si accerti della manutenzione tecnica delle navi, degli impianti e dei dispositivi, in particolare di quelli indicati agli allegati I e II e faccia sì che i difetti constatati, quando possono ledere la sicurezza e la salute dei lavoratori, vengano eliminati al più presto; b) adotti misure intese a garantire la regolare pulizia delle navi e del complesso degli impianti e dei dispositivi per mantenere condizioni adeguate di igiene; c) tenga a bordo della nave mezzi di salvataggio e di sopravvivenza appropriati, in buono stato di funzionamento e in quantità sufficiente; d) tenga conto delle prescrizioni minime di sicurezza e di salute riguardanti i dispositivi di salvataggio e di sopravvivenza di cui all'allegato III; e) fatte salve le disposizioni della direttiva 89/656/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)(7) , tenga conto delle specifiche in materia di attrezzature di protezione individuale riportate nell'allegato IV della presente direttiva. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché, per preservare la sicurezza e la salute dei lavoratori, l'armatore fornisca al capitano i mezzi necessari per conformarsi agli obblighi che gli sono imposti dalla presente direttiva. Articolo 8 Informazione dei lavoratori 1. Fatto salvo l'articolo l0 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori e/o i loro rappresentanti vengono informati circa tutte le misure da adottare per quanto riguarda la sicurezza e la salute a bordo delle navi. 2. Le informazioni devono essere comprensibili per i lavoratori interessati. Articolo 9 Formazione dei lavoratori 1. Fatto salvo l'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori devono ricevere una formazione adeguata, in particolare sotto forma di istruzioni precise e comprensibili per quanto riguarda la sicurezza e la salute a bordo delle navi, segnatamente la prevenzione degli incidenti. 2. La formazione di cui al paragrafo 1 riguarda segnatamente la lotta antincendio, l'impiego dei mezzi di salvataggio e di sopravvivenza e, per i lavoratori interessati, l'impiego degli apparecchi di pesca e delle attrezzature di trazione, nonché i differenti metodi di segnalazione in particolare gestuale. Questa formazione sarà oggetto di aggiornamenti resisi necessari a causa delle modifiche delle attività a bordo. Articolo 10 Formazione approfondita delle persone che possono essere chiamate a comandare una nave Fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 3 della direttiva 92/29/CEE, le persone che possono essere chiamate a comandare una nave devono ricevere una formazione approfondita riguardante: a) la prevenzione delle malattie e degli infortuni sul lavoro a bordo e le misure da prendere in caso di infortuni; b) la stabilità della nave e il mantenimento della stabilità in tutte le condizioni prevedibili di carico e all'atto delle operazioni di pesca; c) la navigazione e le comunicazioni via radio, comprese le procedure. Articolo 11 Consultazione e partecipazione dei lavoratori La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti avvengono in conformità dell'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE per tutte le materie disciplinate dalla presente direttiva, compresi i suoi allegati. Articolo 12 Adeguamento degli allegati Gli adeguamenti di carattere prettamente tecnico degli allegati in funzione: - dell'adozione di direttive in materia di armonizzazione tecnica e di normalizzazione, riguardanti taluni aspetti del settore della sicurezza e della salute a bordo delle navi, e/o - del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o specifiche internazionali e delle conoscenze nel campo della sicurezza e della salute a bordo delle navi, sono adottati secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 13 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 23 novembre 1995. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Gli Stati membri presentano con periodicità quadriennale alla Commissione una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 23 novembre 1993. Per il Consiglio Il Presidente M. SMET (1) GU n. C 337 del 31. 12. 1991, pag. 21 e GU n. C 311 del 27. 11. 1992, pag. 21. (2) GU n. C 241 del 21. 9. 1992, pag. 106 e decisione del 27 ottobre 1993 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 169 del 6. 7. 1992, pag. 46. (4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 1. (5) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. (6) GU n. L 113 del 30. 4. 1992, pag. 19. (7) GU n. L 393 del 30. 12. 1989, pag. 18. ALLEGATO I PRESCRIZIONI MINIME DI SICUREZZA E DI SALUTE PER LE NAVI DA PESCA NUOVE [Articoli 4 e 6 e articolo 7, paragrafo 1, lettera a)] Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dai presenti allegati sono di applicazione ogniqualvolta lo richiedano le caratteristiche del luogo di lavoro o dell'attività, le condizioni o un rischio a bordo di una nave da pesca nuova. 1. Navigabilità e stabilità 1.1. La nave deve essere mantenuta in buone condizioni di navigabilità e dotata di attrezzature appropriate alla sua destinazione ed al suo impiego. 1.2. Le informazioni sulle caratteristiche di stabilità della nave devono essere disponibili a bordo e accessibili al personale di guardia. 1.3. Ogni nave che non sia in avaria deve avere e conservare una stabilità sufficiente nelle condizioni operative previste. Il comandante deve prendere le misure precauzionali necessarie per conservare l'adeguata stabilità della nave. Vanno rigorosamente seguite le istruzioni relative alla stabilità della nave. 2. Impianto meccanico ed elettrico 2.1. L'impianto elettrico deve essere concepito e realizzato in modo da non costituire pericolo e garantire: - la protezione dell'equipaggio e della nave contro i rischi elettrici; - il buon funzionamento di tutte le apparecchiature necessarie per mantenere la nave in condizioni operative e di abitabilità normali senza dover fare ricorso ad una fonte di energia elettrica di emergenza; - il funzionamento, nei vari casi di emergenza, delle apparecchiature elettriche essenziali per la sicurezza. 2.2. Deve essere prevista una fonte di energia elettrica di emergenza. Essa deve essere sistemata, tranne nelle navi con ponte aperto, al di fuori della sala macchine ed essere progettata in modo da assicurare, in caso di incendio o altro guasto dell'impianto elettrico principale, il funzionamento simultaneo, per almeno tre ore: - del sistema di comunicazione interno, dei rilevatori antincendio e dei segnali necessari in caso di emergenza; - delle luci di navigazione e dell'illuminazione di emergenza; - del sistema di radiocomunicazione; - della pompa elettrica antincendio di emergenza, se disponibile sulla nave. Se la fonte di energia elettrica di emergenza è costituita da una batteria di accumulatori, in caso di guasto dell'impianto elettrico principale, la batteria di accumulatori deve essere collegata automaticamente al pannello di distribuzione di energia elettrica di emergenza e deve garantire l'alimentazione senza interruzioni per tre ore dei servizi indicati al secondo comma, primo, secondo e terzo trattino. Il pannello di distribuzione di energia elettrica ed il pannello di emergenza dovrebbero, per quanto possibile, essere installati in maniera che non si trovino esposti simultaneamente all'acqua o al fuoco. 2.3. I pannelli di comando devono recare indicazioni chiare; le scatole dei fusibili e il supporto dei fusibili devono essere periodicamente controllati per accertare che la taratura dei fusibili utilizzati sia corretta. 2.4. Gli scompartimenti che ospitano le batterie di accumulatori per l'elettricità devono essere adeguatamente aerati. 2.5. I sistemi elettronici di assistenza alla navigazione devono essere controllati frequentemente e sottoposti a manutenzione. 2.6. Tutte le attrezzature impiegate per il sollevamento devono essere controllate e provate periodicamente. 2.7. Tutte le parti dei dispositivi di sollevamento, di trazione e delle attrezzature ad essi affini devono essere mantenute in buono stato di funzionamento. 2.8. Gli impianti di refrigerazione ed i sistemi ad aria compressa eventualmente installati a bordo devono essere sottoposti a manutenzione e controllati periodicamente. 2.9. Gli apparecchi per la cottura e quelli per uso domestico che funzionano con gas pesanti devono essere impiegati solo in locali ben aerati; occorre evitare accuratamente le concentrazioni pericolose di gas. I cilindri metallici che contengono gas infiammabili e altri gas pericolosi devono riportare una indicazione chiara del loro contenuto e devono essere ubicati in coperta. Tutte le valvole, i regolatori della pressione e le tubazioni di collegamento a detti cilindri devono essere protetti contro i guasti. 3. Impianto di radiocomunicazione Gli impianti di radiocomunicazione devono permettere di entrare in collegamento in qualsiasi momento con almeno una stazione costiera o terrestre costiera, tenuto conto delle normali condizioni di propagazione delle onde radioelettriche. 4. Vie e uscite di sicurezza 4.1. Le vie e le uscite che possono essere utilizzate come vie e uscite di sicurezza non devono mai essere ostruite, devono essere facilmente accessibili e condurre il più direttamente possibile in coperta o in area sicura e da qui ai dispositivi di salvataggio, in modo che i lavoratori possano evacuare rapidamente e in condizioni di massima sicurezza i posti di lavoro o gli alloggi. 4.2. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite che possono essere utilizzate come vie e uscite di sicurezza devono dipendere dall'impiego, dall'attrezzatura e dalle dimensioni del posto di lavoro e di alloggio e dal numero massimo di persone che possono trovarvisi. In caso di emergenza le uscite che possono essere utilizzate come uscite di sicurezza e che sono chiuse devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da qualunque lavoratore o da squadre di salvataggio. 4.3. La tenuta alle intemperie e all'acqua delle porte di emergenza e delle altre uscite di sicurezza deve essere adeguata all'ubicazione e alla funzione specifica. Le porte di emergenza e le altre uscite di sicurezza devono avere una capacità di resistenza al fuoco pari a quella delle pareti. 4.4. Le vie e le uscite di sicurezza devono essere indicate da segnali in conformità delle normative nazionali che applicano la direttiva 92/58/CEE(1) . I segnali devono essere apposti nei punti appropriati ed essere fatti per durare. 4.5. Le vie di emergenza, i mezzi di evacuazione e le uscite di sicurezza che richiedono illuminazione devono essere dotati di luci di emergenza di sufficiente intensità per i casi di guasto all'illuminazione. 5. Rilevazione incendio e lotta antincendio 5.1. A seconda delle dimensioni e dell'impiego della nave, dell'attrezzatura che essa contiene, delle proprietà fisiche e chimiche delle sostanze presenti e del numero massimo di persone che possono trovarsi a bordo, gli alloggi, i posti di lavoro chiusi, compresa la sala macchine nonché la stiva per il pesce eventualmente necessaria, devono essere equipaggiati con adeguate attrezzature antincendio e, se necessario, con sistemi di rilevamento e di allarme antincendio. 5.2. Le attrezzature antincendio devono essere sempre tenute nei luoghi appositi, devono essere mantenute in condizione di funzionare e devono essere immediatamente accessibili. I lavoratori devono sapere dove si trovano le attrezzature antincendio, come funzionano e come si usano. La presenza degli estintori e delle altre attrezzature portatili antincendio deve essere verificata prima dell'approntamento della nave. 5.3. Le attrezzature antincendio azionate manualmente devono essere facilmente accessibili e di facile uso e devono essere indicate mediante segnali in conformità delle normative nazionali che applicano la direttiva 92/58/CEE. Questi segnali devono essere apposti in luoghi appropriati ed essere fatti per durare. 5.4. I sistemi di rilevazione incendio e di relativo allarme devono essere regolarmente provati e sottoposti a manutenzione. 5.5. Le esercitazioni antincendio devono essere effettuate regolarmente. 6. Aerazione dei posti di lavoro chiusi Nei posti di lavoro chiusi si deve garantire che vi sia sufficiente aria pulita, tenuto conto dei metodi di lavoro impiegati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori. Se viene usato un sistema di aerazione meccanico, esso deve essere sottoposto a manutenzione. 7. Temperatura dei locali 7.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati, degli sforzi fisici imposti ai lavoratori e delle condizioni meteorologiche esistenti o che possono esistere nella regione in cui opera la nave. 7.2. La temperatura degli alloggi, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso, ove esistano, deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali. 8. Illuminazione naturale e artificiale dei posti di lavoro 8.1. I posti di lavoro devono disporre per quanto possibile di una illuminazione naturale sufficiente e essere dotati di dispositivi di illuminazione artificiale adeguata alle condizioni di pesca senza mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o la navigazione delle altre navi. 8.2. Gli impianti di illuminazione dei posti di lavoro, scale, scale a pioli e corridoi devono essere installati in modo tale che il tipo di illuminazione previsto non presenti un rischio di infortunio per i lavoratori e non ostacoli la navigazione della nave. 8.3. Nei posti di lavoro in cui i lavoratori sono particolarmente esposti a pericoli nel caso di guasto all'illuminazione artificiale si deve prevedere un'illuminazione di emergenza di intensità adeguata. 8.4. L'illuminazione di emergenza deve essere mantenuta in buone condizioni di funzionamento e deve essere controllata periodicamente. 9. Pavimenti, pareti e soffitti 9.1. I locali accessibili ai lavoratori devono essere antisdrucciolevoli o essere dotati di altri dispositivi contro la caduta ed essere esenti da ostacoli per quanto possibile. 9.2. I locali comprendenti posti di lavoro devono disporre di un isolamento acustico e termico sufficiente, tenuto conto del tipo di mansioni e dell'attività fisica dei lavoratori. 9.3. Le superfici dei pavimenti, delle pareti e dei soffitti nei locali devono essere tali da poter essere pulite o deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene. 10. Porte 10.1. Le porte devono sempre potersi aprire dall'interno senza un dispositivo particolare. Esse devono potersi aprire da entrambi i lati quando i posti di lavoro sono in uso. 10.2. Le porte, e in particolare le porte scorrevoli quando non se ne possa fare a meno, devono funzionare nel modo più sicuro possibile per i lavoratori, specialmente in condizioni di cattivo tempo e di mare agitato. 11. Vie di circolazione - Zone di pericolo 11.1. Corridoi, cofani, la parte esterna della tuga e in generale tutte le vie di circolazione devono essere dotate di battagliole, corrimano, guardacorpo o altri dispositivi per garantire la sicurezza dei lavoratori nello svolgimento delle loro attività a bordo. 11.2. Qualora sussista il rischio che il lavoratore cada attraverso un boccaporto del ponte o da un ponte all'altro, si deve prevedere, per quanto possibile, un'adeguata protezione. Allorché detta protezione è assicurata da una battagliola, questa deve avere una altezza di almeno un metro. 11.3. Gli accessi agli impianti previsti al di sopra del ponte ai fini del loro impiego o manutenzione devono essere tali da garantire la sicurezza dei lavoratori. Parapetti o dispositivi similari di protezione di altezza adeguata devono essere previsti per prevenire cadute. 11.4. Le impavesate o altri mezzi previsti per evitare le cadute fuori bordo devono essere mantenuti efficienti. Dei parapetti di scarico o altri dispositivi simili devono essere previsti nell'impavesata per un rapido scolo delle acque. 11.5. Su pescherecci per traino poppiero dotati di rampe, la parte superiore di queste ultime deve essere equipaggiata con una porta o un altro dispositivo della stessa altezza delle impavesate, o altri dispositivi adiacenti, che impediscano l'accesso per proteggere i pescatori dal rischio di cadere nella rampa. Questa porta o altro dispositivo deve essere di facile apertura e chiusura, preferibilmente con telecomando, deve essere aperta soltanto per salpare ed issare a bordo la rete. 12. Struttura dei posti di lavoro 12.1. Le aree di lavoro devono essere tenute sgombre e, per quanto possibile, protette contro il moto del mare e devono fornire un'adeguata protezione ai lavoratori contro le cadute a bordo o fuori bordo. Le aree di lavorazione del pesce saranno sufficientemente spaziose sia in termini di altezza che di superficie. 12.2. Quando viene effettuato dalla sala macchine, il comando dei motori deve essere effettuato in un locale separato, isolato acusticamente e termicamente da detta sala e accessibile senza attraversare la sala stessa. Il ponte di comando è considerato un locale conforme ai requisiti previsti nel primo comma. 12.3. I comandi dei dispositivi di trazione devono essere installati in un'area sufficientemente ampia per consentire ai manovratori di operare senza ostacoli. I dispositivi di trazione devono inoltre essere muniti di congegni di sicurezza adeguati per i casi di emergenza, compresi congegni di arresto di emergenza. 12.4. Il manovratore dei dispositivi di trazione deve avere un campo di visione adeguato su tali dispositivi e sui lavoratori all'opera. Se i comandi dei dispositivi di trazione sono manovrati dal ponte, il manovratore deve avere anche in questo caso una visione libera sui lavoratori all'opera, sia direttamente, sia tramite un altro mezzo adeguato. 12.5. Fra il ponte e la coperta di lavoro deve essere impiegato un sistema di comunicazione affidabile. 12.6. Durante l'attività di pesca o quando altri lavori sono svolti in coperta deve essere sempre mantenuta un'attenta vigilanza e l'equipaggio deve essere avvertito del pericolo imminente di ondate in arrivo. 12.7. Il tratto non protetto di funi e cavi e degli elementi mobili dell'attrezzatura deve essere ridotto al minimo prevedendo dispositivi di protezione. 12.8. Devono essere installati dispositivi per il controllo delle masse in movimento, particolarmente sui pescherecci per traino poppiero: - dispositivi di blocco dei bozzelli divergenti, - dispositivi per il controllo delle oscillazioni del sacco della rete. 13. Alloggi 13.1. L'ubicazione, la struttura, l'isolamento acustico e termico e le dotazioni degli alloggi per i lavoratori e se del caso dei locali di servizio e delle relative vie di accesso devono essere tali da garantire adeguata protezione contro le intemperie e il moto del mare, contro le vibrazioni, il rumore, nonché contro esalazioni da altri locali che possano disturbare i lavoratori durante il loro periodo di riposo. Se la struttura, le dimensioni e/o lo scopo della nave lo consentono, gli alloggi per i lavoratori devono essere ubicati in modo da ridurre al minimo gli effetti di movimenti e accelerazioni. Adeguate misure devono essere adottate per quanto possibile per la protezione dei non fumatori contro il disagio provocato dal fumo di tabacco. 13.2. Gli alloggi per i lavoratori devono essere correttamente ventilati per garantire un costante rifornimento di aria pulita e per prevenire la condensa. Negli alloggi per i lavoratori deve essere prevista un'adeguata illuminazione con: - illuminazione normale generale adeguata, - illuminazione generale soffusa per evitare disagio ai lavoratori che riposano, - illuminazione locale in ciascuna cuccetta. 13.3. La cucina e la mensa eventuali devono avere dimensioni adeguate, con appropriata illuminazione e ventilazione e deve essere facile mantenerle pulite. Devono essere previsti frigoriferi o altre attrezzature di conservazione per mantenere gli alimenti a bassa temperatura. 14. Impianti sanitari 14.1. Sulle navi che dispongono di alloggi per l'equipaggio, devono essere debitamente equipaggiati e installati docce con acqua corrente calda e fredda, lavabi e gabinetti ed i locali rispettivi devono essere opportunamente aerati. 14.2. Ciascun lavoratore deve disporre di un posto in cui sistemare gli effetti personali. 15. Pronto soccorso Tutte le navi devono essere dotate di materiale di pronto soccorso in conformità dei requisiti dell'allegato II della direttiva 92/29/CEE. 16. Scale e passerelle d'imbarco Deve essere disponibile una scala di imbarco, una passerella di imbarco o un altro dispositivo analogo che offra un accesso adeguato e sicuro a bordo della nave. 17. Rumore Si devono prendere le opportune misure tecniche affinché il livello sonoro sui luoghi di lavoro e negli alloggi sia ridotto al minimo, tenuto conto della stazza della nave. (1) GU n. L 245 del 26. 8. 1992, pag. 23. ALLEGATO II PRESCRIZIONI MINIME DI SICUREZZA E DI SALUTE PER LE NAVI DA PESCA ESISTENTI [Articolo 5 e articolo 7, paragrafo 1, lettera a)] Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dal presente allegato sono di applicazione, nelle misura consentita dalle caratteristiche strutturali della nave ogniqualvolta lo richiedano le caratteristiche del luogo di lavoro o dell'attività, le condizioni o un rischio a bordo di una nave da pesca esistente. 1. Navigabilità e stabilità 1.1. La nave deve essere mantenuta in buone condizioni di navigabilità e dotata di attrezzature appropriate alla sua destinazione ed al suo impiego. 1.2. Le informazioni sulle caratteristiche di stabilità della nave, se esistono, devono essere disponibili a bordo e accessibili al personale di guardia. 1.3. Ogni nave che non sia in avaria deve avere e conservare una stabilità sufficiente nelle condizioni operative previste. Il comandante deve prendere le misure precauzionali necessarie per conservare l'adeguata stabilità della nave. Vanno rigorosamente seguite le istruzioni relative alla stabilità della nave. 2. Impianto meccanico ed elettrico 2.1. L'impianto elettrico deve essere concepito e realizzato in modo da non costituire pericolo e garantire: - la protezione dell'equipaggio e della nave contro i rischi elettrici; - il buon funzionamento di tutte le attrezzature necessarie per mantenere la nave in condizioni operative e di abitabilità normali senza dover fare ricorso ad una fonte di energia elettrica di emergenza; - il funzionamento degli apparecchi elettrici essenziali per la sicurezza nelle possibili situazioni di emergenza. 2.2. Deve essere prevista una fonte di energia elettrica di emergenza. Essa deve essere sistemata, tranne nelle navi con ponte aperto, al di fuori della sala macchine ed essere progettata in modo da assicurare, in caso di incendio o altro guasto dell'impianto elettrico principale, il funzionamento simultaneo, per almeno tre ore: - del sistema di comunicazione interno, dei rilevatori antincendio e dei segnali necessari in caso di emergenza; - delle luci di navigazione e dell'illuminazione di emergenza; - del sistema di radiocomunicazione; - della pompa elettrica antincendio di emergenza, se disponibile sulla nave. Se la fonte di energia elettrica di emergenza è costituita da una batteria di accumulatori, in caso di guasto dell'impianto elettrico principale, la batteria di accumulatori deve essere collegata automaticamente al pannello di distribuzione di energia elettrica di emergenza e deve garantire l'alimentazione senza interruzioni per tre ore dei servizi indicati al secondo comma, primo, secondo e terzo trattino. Il pannello di distribuzione di energia elettrica ed il pannello di emergenza dovrebbero, per quanto possibile, essere installati in maniera che non si trovino esposti simultaneamente all'acqua o al fuoco. 2.3. I pannelli di comando devono recare indicazioni chiare; le scatole dei massimi fusibili e il supporto dei fusibili devono essere periodicamente controllati per accertare che la taratura dei fusibili utilizzati sia corretta. 2.4. Gli scompartimenti che ospitano gli accumulatori per l'elettricità devono essere adeguatamente aerati. 2.5. I sistemi elettronici di assistenza alla navigazione devono essere controllati frequentemente e sottoposti a manutenzione. 2.6. Tutte le attrezzature impiegate per il sollevamento devono essere controllate e provate periodicamente. 2.7. Tutte le parti dei dispositivi di sollevamento, di trazione e delle attrezzature ad essi affini devono essere mantenute in buono stato di funzionamento. 2.8. Gli impianti di refrigerazione ed i sistemi ad aria compressa eventualmente installati a bordo devono essere sottoposti a manutenzione e controllati periodicamente. 2.9. Gli apparecchi per la cottura e quelli per uso domestico che funzionano con gas pesanti devono essere impiegati solo in locali ben aerati; occorre evitare accuratamente le concentrazioni pericolose di gas. I cilindri metallici che contengono gas infiammabili e altri gas pericolosi devono riportare una indicazione chiara del loro contenuto e devono essere ubicati in coperta. Tutte le valvole, i regolatori della pressione e le tubazioni di collegamento a detti cilindri devono essere protetti contro i guasti. 3. Impianto di radiocomunicazione Gli impianti di radiocomunicazione devono permettere di entrare in collegamento in qualsiasi momento con almeno una stazione costiera o terrestre costiera, tenuto conto delle normali condizioni di propagazione delle onde radioelettriche. 4. Vie e uscite di sicurezza 4.1. Le vie e le uscite che possono essere utilizzate come vie e uscite di sicurezza non devono mai essere ostruite, devono essere facilmente accessibili e condurre il più direttamente possibile in coperta o in area sicura e da qui ai dispositivi di salvataggio, in modo che i lavoratori possano evacuare rapidamente e in condizioni di massima sicurezza i posti di lavoro o gli alloggi. 4.2. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite che possono essere utilizzate come vie e uscite di sicurezza devono dipendere dall'impiego, dall'attrezzatura e dalle dimensioni del posto di lavoro e di alloggio e dal numero massimo di persone che possono trovarsi a bordo. Le uscite che possono essere utilizzate come uscite di sicurezza e che sono chiuse devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente in caso di emergenza da qualunque lavoratore o da squadre di salvataggio. 4.3. Le vie e le uscite di sicurezza devono essere indicate da segnali in conformità delle normative nazionali che applicano la direttiva 92/58/CEE. I segnali devono essere apposti nei punti appropriati ed essere fatti per durare. 4.4. Le vie di emergenza, i mezzi di evacuazione e le uscite di sicurezza che richiedono illuminazione devono essere dotati di luci di emergenza di sufficiente intensità per i casi di guasto all'illuminazione. 5. Rilevazione incendio e lotta antincendio 5.1. A seconda delle dimensioni e dell'impiego della nave, dell'attrezzatura che essa contiene, delle proprietà fisiche e chimiche delle sostanze presenti e del numero massimo di persone che possono trovarsi a bordo, gli alloggi, i posti di lavoro chiusi, compresa la sala macchine nonché la stiva per il pesce eventualmente necessaria, devono essere equipaggiati con adeguate attrezzature antincendio e, se necessario, con sistemi di rilevamento e di allarme antincendio. 5.2. Le attrezzature antincendio devono essere sempre tenute nei luoghi appositi, devono essere mantenute in condizione di funzionare e devono essere immediatamente accessibili. I lavoratori devono sapere dove si trovano le attrezzature antincendio, come funzionano e come si usano. La presenza degli estintori e delle altre attrezzature portatili antincendio deve essere verificata prima dell'approntamento della nave. 5.3. Le attrezzature antincendio azionate manualmente devono essere facilmente accessibili e di facile uso e devono essere indicate mediante segnali in conformità delle normative nazionali che applicano la direttiva 92/58/CEE. Questi segnali devono essere apposti in luoghi appropriati ed essere fatti per durare. 5.4. I sistemi di rilevazione incendio e di relativo allarme devono essere regolarmente trovati e sottoposti a manutenzione. 5.5. Le esercitazioni antincendio devono essere effettuate regolarmente. 6. Aerazione dei posti di lavoro chiusi Nei posti di lavoro chiusi si deve garantire che vi sia sufficiente aria pulita, tenuto conto dei metodi di lavoro impiegati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori. Se viene usato un sistema di aerazione meccanico, esso deve essere sottoposto a manutenzione. 7. Temperatura dei locali 7.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati, degli sforzi fisici imposti ai lavoratori e delle condizioni meteorologiche esistenti o che possono esistere nella regione in cui opera la nave. 7.2. La temperatura degli alloggi, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso, ove esistano, deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali. 8. Illuminazione naturale e artificiale dei posti di lavoro 8.1. I posti di lavoro devono disporre per quanto possibile di una illuminazione naturale sufficiente e essere dotati di dispositivi di illuminazione artificiale adeguata alle condizioni di pesca senza mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o la navigazione delle altre navi. 8.2. Gli impianti di illuminazione dei posti di lavoro, scale, scale a pioli e corridoi devono essere installati in modo tale che il tipo di illuminazione previsto non presenti un rischio di infortunio per i lavoratori e non ostacoli la navigazione della nave. 8.3. Nei posti di lavoro in cui i lavoratori sono particolarmente esposti a pericoli nel caso di guasto all'illuminazione artificiale si deve prevedere un'illuminazione di emergenza di intensità adeguata. 8.4. L'illuminazione di emergenza deve essere mantenuta in buone condizioni di funzionamento e deve essere controllata periodicamente. 9. Pavimenti, pareti e soffitti 9.1. I locali accessibili ai lavoratori devono essere antisdrucciolevoli o essere dotati di altri dispositivi contro la caduta ed essere esenti da ostacoli per quanto possibile. 9.2. I locali comprendenti posti di lavoro devono disporre, per quanto possibile, di un isolamento acustico e termico sufficiente, tenuto conto del tipo di mansioni e dell'attività fisica dei lavoratori. 9.3. Le superfici dei pavimenti, delle pareti e dei soffitti nei locali devono essere tali da poter essere pulite o deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene. 10. Porte 10.1. Le porte devono sempre potersi aprire dall'interno senza un dispositivo particolare. Esse devono potersi aprire da entrambi i lati quando i posti di lavoro sono in uso. 10.2. Le porte, e in particolare le porte scorrevoli quando non se ne possa fare a meno, devono funzionare nel modo più sicuro possibile per i lavoratori, specialmente in condizioni di cattivo tempo e di mare agitato. 11. Vie di circolazione - Zone di pericolo 11.1. Corridoi, cofani, la parte esterna della tuga e in generale tutte le vie di circolazione devono essere dotate di battagliole, corrimano, guardacorpo o altri dispositivi per garantire la sicurezza dei lavoratori nello svolgimento delle loro attività a bordo. 11.2. Qualora sussista il rischio che il lavoratore cada attraverso un boccaporto del ponte o da un ponte all'altro, si deve prevedere, per quanto possibile, un'adeguata protezione. 11.3. Gli accessi agli impianti previsti al di sopra del ponte ai fini del loro impiego o manutenzione devono essere tali da garantire la sicurezza dei lavoratori. Parapetti o dispositivi similari di protezione di altezza adeguata devono essere previsti per prevenire cadute. 11.4. Le impavesate o altri mezzi previsti per evitare le cadute fuori bordo devono essere mantenuti efficienti. Dei parapetti di scarico o altri dispositivi simili devono essere previsti nell'impavesata per un rapido scolo delle acque. 11.5. Su pescherecci per traino poppiero dotati di rampe, la parte superiore di queste ultime deve essere equipaggiata con una porta o un altro dispositivo della stessa altezza delle impavesate, o altri dispositivi adiacenti, che impediscano l'accesso per proteggere i pescatori dal rischio di cadere nella rampa. Questa porta o altro dispositivo deve essere di facile apertura e chiusura, deve essere aperta soltanto per salpare ed issare a bordo la rete. 12. Struttura dei posti di lavoro 12.1. Le aree di lavoro devono essere tenute sgombre e, per quanto possibile, protette contro il moto del mare e devono fornire un'adeguata protezione ai lavoratori contro le cadute a bordo o fuori bordo. Le aree di lavorazione del pesce saranno sufficientemente spaziose sia in termini di altezza che di superficie. 12.2. Quando viene effettuato dalla sala macchine, ii comando dei motori deve essere effettuato in un locale separato, isolato acusticamente e termicamente da detta sala e accessibile senza attraversare la sala stessa. Il ponte di comando è considerato un locale conforme ai requisiti previsti nel primo capoverso. 12.3. I comandi dei dispositivi di trazione devono essere installati in un'area sufficientemente ampia per consentire ai manovratori di operare senza ostacoli. I dispositivi di trazione devono inoltre essere muniti di congegni di sicurezza adeguati per i casi di emergenza, compresi congegni di arresto di emergenza. 12.4. Il manovratore dei dispositivi di trazione deve avere un campo di visione adeguato su tali dispositivi e sui lavoratori all'opera. Se i comandi dei dispositivi di trazione sono manovrati dal ponte, il manovratore deve avere anche in questo caso una visione libera sui lavoratori all'opera, sia direttamente, sia tramite un altro mezzo adeguato. 12.5. Fra il ponte e la coperta di lavoro deve essere impiegato un sistema di comunicazione affidabile. 12.6. Durante l'attività di pesca o quando altri lavori sono svolti in coperta deve essere sempre mantenuta un'attenta vigilanza e l'equipaggio deve essere avvertito del pericolo imminente di ondate in arrivo. 12.7. Il tratto non protetto di funi e cavi e degli elementi mobili dell'attrezzatura deve essere ridotto al minimo prevedendo dispositivi di protezione. 12.8. Devono essere installati dispositivi per il controllo delle masse in movimento, particolarmente sui pescherecci per traino poppiero: - dispositivi di blocco dei bozzelli divergenti, - dispositivi per il controllo delle oscillazioni del sacco della rete. 13. Alloggi 13.1. Gli eventuali alloggi dei lavoratori devono essere strutturati in modo tale che il rumore, le vibrazioni, gli effetti di movimenti e accelerazioni nonché le esalazioni da altri locali siano ridotti al minimo. Negli alloggi deve essere prevista un'adeguata illuminazione. 13.2. La cucina e la mensa eventuali devono avere dimensioni adeguate, con appropriata illuminazione e ventilazione e deve essere facile mantenerle pulite. Devono essere previsti frigoriferi o altre attrezzature di conservazione per mantenere gli alimenti a bassa temperatura. 14. Impianti sanitari 14.1. Sulle navi che dispongono di alloggi per l'equipaggio, devono essere installati lavabi, gabinetti e, se possibile, una doccia e i rispettivi locali devono essere debitamente aerati. 15. Pronto soccorso Tutte le navi devono essere dotate di materiale di pronto soccorso in conformità dei requisiti dell'allegato II della direttiva 92/29/CEE. 16. Scale e passerelle d'imbarco Deve essere disponibile una scala di imbarco, una passerella di imbarco o un altro dispositivo analogo che offra un accesso adeguato e sicuro a bordo della nave. ALLEGATO III PRESCRIZIONI MINIME DI SICUREZZA E DI SALUTE RIGUARDANTI I DISPOSITIVI DI SALVATAGGIO DI SOPRAVVIVENZA [Articolo 7, paragrafo 1, lettera d)] Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dal presente allegato sono di applicazione ogniqualvolta lo richiedano le caratteristiche del luogo di lavoro o dell'attività, le condizioni o un rischio a bordo di una nave da pesca. 1. Le navi da pesca devono disporre di adeguati dispositivi di salvataggio e di sopravvivenza, comprese le attrezzature adeguate per recuperare i lavoratori caduti in mare, nonché di dispositivi di salvataggio radio, segnatamente di un radiofaro per la localizzazione dei sinistri munito di un dispositivo a sganciamento idrostatico, tenuto conto del numero di persone a bordo e dell'area in cui la nave svolge la sua attività. 2. Tutti i dispositivi di salvataggio e di sopravvivenza devono trovarsi al posto previsto, essere mantenuti in buono stato di funzionamento ed essere disponibili per un'utilizzazione immediata. Essi devono essere controllati prima che la nave lasci il porto e durante il viaggio. 3. I dispositivi di salvataggio e di sopravvivenza sono soggetti a ispezione a intervalli regolari. 4. Tutti i lavoratori devono essere debitamente addestrati e istruiti in previsione di qualsiasi emergenza. 5. Se la lunghezza della nave è superiore a 45 m o se l'equipaggio comporta 5 o più lavoratori, deve essere fornito a ciascun lavoratore un elenco con chiare istruzioni da seguire in caso di emergenza. 6. Ogni mese devono essere effettuate, in porto e/o in mare, adunate dei lavoratori a scopo di esercitazioni di salvataggio. Tali esercitazioni devono garantire che i lavoratori comprendano in modo esauriente le operazioni da svolgere per l'impiego e il maneggiamento dei dispositivi di salvataggio e di sopravvivenza e siano addestrati in tali operazioni. I lavoratori devono essere addestrati nel montaggio e nell'impiego dell'apparecchiatura radiofonica portatile, se esiste a bordo. ALLEGATO IV PRESCRIZIONI MINIME DI SICUREZZA E DI SALUTE RIGUARDANTI LE ATTREZZATURE DI PROTEZIONE INDIVIDUALE [Articolo 7, paragrafo 1, lettera e)] Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dal presente allegato sono di applicazione ogniqualvolta lo richiedano le caratteristiche del luogo di lavoro o dell'attività, le condizioni o un rischio a bordo di una nave da pesca. 1. Qualora non fosse possibile escludere o limitare in modo sufficiente i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori mediante i mezzi collettivi o tecnici di protezione, essi devono essere dotati di attrezzature di protezione individuale. 2. Le attrezzature di protezione individuale portate come indumenti o sopra un indumento devono essere di colore vivace ben contrastante con l'ambiente marino e ben visibili.
Navi da pesca: sicurezza e salute per chi lavora a bordo CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Delinea le misure e le responsabilità necessarie per migliorare la salute e la sicurezza a bordo delle navi da pesca. PUNTI CHIAVE I proprietari di navi da pesca devono assicurarsi che l’utilizzo di queste ultime non metta in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori, tenendo conto delle condizioni meteorologiche prevedibili. Ai sensi della direttiva 89/391/CEE, devono inoltre considerare tutti i pericoli che i lavoratori che restano si trovano ad affrontare quando i loro colleghi lasciano i posti di lavoro per reagire a situazioni pericolose. Le navi da pesca nuove, così come le riparazioni e le alterazioni di grande entità si sono dovute conformare ai requisiti minimi di sicurezza e salute imposti dal 23 novembre 1995, mentre alle navi esistenti è stato concesso un periodo aggiuntivo di sette anni per adeguarsi. Gli eventi in mare che possono avere un effetto sulla sicurezza e la salute dei lavoratori a bordo devono essere segnalati all’autorità competente e registrati sul libro di bordo. I paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che le navi da pesca vengano collaudate regolarmente da autorità preposte a tale scopo, per assicurare la conformità con questa direttiva. Obblighi dei proprietari I proprietari devono garantire la manutenzione tecnica delle navi, degli impianti e dei dispositivi e devono attenersi ai requisiti dettagliati elencati negli allegati alla direttiva relativi ai seguenti ambiti: navigabilità e stabilità; impianto meccanico ed elettrico; sistema di radiocomunicazione; vie e uscite di sicurezza; rilevazione incendio e lotta antincendio; aerazione dei posti di lavoro chiusi; temperatura dei locali; illuminazione naturale e artificiale dei posti di lavoro; pavimenti, pareti e soffitti; porte; vie di circolazione - zone di pericolo; struttura dei posti di lavoro; alloggi; impianti sanitari; pronto soccorso; scale e passerelle d’imbarco; rumore. Occorre tenere a bordo mezzi di salvataggio e di sopravvivenza appropriati. Formazione e consultazione I lavoratori devono essere tenuti informati in merito a tutte le misure di salute e sicurezza e devono ricevere una formazione adeguata, in particolare per quanto riguarda la prevenzione degli incidenti e l’utilizzo dei dispositivi di salvataggio e di sopravvivenza. Tutte le persone che possono essere chiamate a comandare devono ricevere una formazione approfondita riguardante la prevenzione delle malattie e degli infortuni sul lavoro a bordo, la stabilità della nave e il mantenimento della stabilità in tutte le condizioni prevedibili e la navigazione e le comunicazioni via radio. I lavoratori, o i loro rappresentanti, devono essere consultati in merito alle misure relative alla sicurezza e alla salute, in conformità con la direttiva 89/391/CEE. I rappresentanti devono avere a disposizione i mezzi necessari per svolgere tali attività, comprese le dispense dal lavoro senza perdita della retribuzione e non devono essere penalizzati per questo. Devono avere l’opportunità di esporre le proprie osservazioni durante le visite di ispezione, conformemente con i termini di partecipazione dei lavoratori stabiliti nella direttiva 89/391/CEE. Attuazione I paesi dell’UE devono inviare resoconti alla Commissione europea ogni cinque anni per quanto riguarda l’attuazione pratica della direttiva, includendo anche i punti di vista di datori di lavoro e lavoratori. Una relazione del 2009 emessa dalla Commissione valuta l’attuazione pratica di questa direttiva, nonché della direttiva del 1992 riguardante le prescrizioni minime di salute e sicurezza per promuovere una migliore assistenza medica a bordo delle navi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica a partire dal 2 gennaio 1994. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 23 novembre 1995. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Direttiva 93/103/CE - Lavoro a bordo della navi da pesca» sul sito Internet dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 93/103/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca (tredicesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 307 del 13.12.1993, pag. 1-17) Le modifiche successive alla direttiva 93/103/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’introduzione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul posto di lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1-8) Si veda la versione consolidata. Direttiva 92/29/CEE del Consiglio, del 31 marzo 1992, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per promuovere una migliore assistenza medica a bordo delle navi (GU L 113 del 30.4.1992, pag. 19-36) Si veda la versione consolidata. Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’attuazione pratica delle direttive in materia di salute e sicurezza sul lavoro 93/103/CE (navi da pesca) e 92/29/CEE (assistenza medica a bordo delle navi) [COM(2009) 599 def. del 29.10.2009]
16,378
727
32005D0511
false
DECISIONE 2005/511/GAI DEL CONSIGLIO del 12 luglio 2005 relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare, l’articolo 30, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l’iniziativa della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica italiana e del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) In quanto moneta legale di 12 Stati membri, l’euro si è sempre più affermato su scala mondiale divenendo pertanto uno degli obiettivi privilegiati delle organizzazioni internazionali dedite alla falsificazione nell’Unione europea e nei paesi terzi. (2) È necessario impedire l’ulteriore aumento del volume di euro falsificati che metterebbe a repentaglio la libera circolazione delle banconote e delle monete metalliche denominate in euro. (3) È necessario incentivare la cooperazione tra gli Stati membri e tra gli Stati membri e l’Europol al fine di rafforzare il sistema di protezione dell’euro al di fuori del territorio dell’Unione europea. (4) La convenzione internazionale per la repressione del falso nummario, adottata a Ginevra il 20 aprile 1929 (di seguito «convenzione di Ginevra»), dovrebbe essere applicata con maggiore efficacia tenuto conto delle condizioni dell’integrazione europea. (5) I paesi terzi necessitano di un punto di contatto centrale per le informazioni relative agli euro falsificati e tutte le informazioni pertinenti dovrebbero essere raccolte presso l’Europol, per essere analizzate. (6) Alla luce della decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all’introduzione dell’euro (3), il Consiglio ritiene opportuno che tutti gli Stati membri divengano parti contraenti della convenzione di Ginevra ed istituiscano uffici centrali, ai sensi dell’articolo 12 di detta convenzione. (7) Il Consiglio ritiene opportuno designare l’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro, ai sensi dell’articolo 12 della convenzione di Ginevra, DECIDE: Articolo 1 1. Per gli Stati membri che sono parti contraenti della convenzione di Ginevra, l’Europol agisce, conformemente alla dichiarazione figurante nell’allegato (di seguito «dichiarazione»), come ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro, ai sensi dell’articolo 12, prima frase, della convenzione di Ginevra. Per la falsificazione di tutte le altre monete e per le funzioni di ufficio centrale non delegate all’Europol in virtù della dichiarazione, gli uffici centrali nazionali mantengono le attuali competenze. 2. I governi degli Stati membri che sono parti contraenti della convenzione di Ginevra emettono la dichiarazione e incaricano il rappresentante della Repubblica federale di Germania di inoltrarla al segretario generale delle Nazioni Unite. Articolo 2 La presente decisione ha effetto il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 12 luglio 2005. Per il Consiglio Il presidente G. BROWN (1) GU C 317 del 22.12.2004, pag. 10. (2) Parere espresso il 12 aprile 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1. Decisione quadro modificata dalla decisione quadro 2001/888/GAI (GU L 329 del 14.12.2001, pag. 3). ALLEGATO Dichiarazione di … per la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro …, Stato membro dell’Unione europea ha conferito all’Ufficio europeo di polizia (di seguito «Europol») il mandato di lottare contro la falsificazione dell’euro. Per un più efficace funzionamento della convenzione di Ginevra del 1929, ... s’impegna ad adempiere ai seguenti obblighi. 1. In relazione alla falsificazione dell’euro, l’Europol svolge, nel quadro dell’obiettivo sancito dall’atto del Consiglio del 26 luglio 1995, che istituisce un Ufficio europeo di polizia (convenzione Europol) (1), le seguenti funzioni di ufficio centrale, ai sensi degli articoli da 12 a 15 della convenzione di Ginevra del 1929. 1.1. L’Europol centralizza e vaglia, secondo la convenzione Europol, tutte le informazioni che agevolino le indagini, la prevenzione e la lotta contro la falsificazione dell’euro e trasmette senza indugio tali informazioni agli uffici centrali nazionali degli Stati membri. 1.2. Ai sensi della convenzione Europol, in particolare del suo articolo 18, e dell’atto del Consiglio, del 12 marzo 1999, che stabilisce le norme per la trasmissione dei dati di carattere personale da parte dell’Europol a Stati od organismi terzi (2), l’Europol corrisponde direttamente con gli uffici centrali dei paesi terzi al fine di svolgere le funzioni enunciate nei punti 1.3, 1.4 e 1.5 della presente dichiarazione. 1.3. Nella misura in cui lo ritiene opportuno, l’Europol trasmette agli uffici centrali dei paesi terzi una serie di esemplari autentici di euro. 1.4. L’Europol dà regolarmente notifica agli uffici centrali dei paesi terzi, fornendo loro tutte le informazioni necessarie, delle nuove emissioni e del ritiro dalla circolazione di monete. 1.5. Ad eccezione dei casi di interesse meramente locale, l’Europol, nella misura ritenuta opportuna, notifica agli uffici centrali dei paesi terzi: — eventuali scoperte di falsificazioni di euro. La notifica della falsificazione è accompagnata da una descrizione tecnica dei falsi, fornita esclusivamente dall’istituto di emissione le cui banconote sono state falsificate. Dovrebbe essere trasmessa una riproduzione fotografica o, se possibile, un esemplare della banconota falsa. In caso di urgenza possono essere trasmesse agli uffici centrali interessati, in via riservata, una notifica e una descrizione sommaria effettuate dalle autorità di polizia, restando impregiudicate la notifica e la descrizione tecnica di cui sopra, — i particolari delle scoperte effettuate in materia di falsificazione, specificando se sia stato possibile procedere al sequestro integrale dei falsi messi in circolazione. 1.6. In qualità di ufficio centrale degli Stati membri, l’Europol partecipa alle conferenze sulla falsificazione dell’euro, ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Ginevra. 1.7. Qualora l’Europol non sia in grado di svolgere le funzioni di cui ai punti da 1.1 a 1.6 conformemente alla convenzione Europol, gli uffici centrali nazionali degli Stati membri mantengono la propria competenza. 2. Per quanto riguarda la falsificazione di tutte le altre monete e le funzioni di ufficio centrale non delegate all’Europol conformemente al punto 1, gli uffici centrali nazionali mantengono le attuali competenze. Nome del rappresentante …, addì … (1) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 1. (2) GU C 88 del 30.3.1999, pag. 1. Atto del Consiglio modificato dall’atto del Consiglio del 28 febbraio 2002 (GU C 76 del 27.3.2002, pag. 1).
Protezione dell’euro contro la falsificazione – Europol QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Designa l’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro, al fine di applicare con maggiore efficacia la convenzione internazionale per la repressione del falso nummario adottata a Ginevra nel 1929 (convenzione di Ginevra) e di incentivare la cooperazione tra i paesi dell’Unione europea (UE) e tra i paesi dell’UE, l’Europol e i paesi extra UE. PUNTI CHIAVE L’UE sta incentivando la cooperazione tra i paesi dell’UE e tra i paesi dell’UE e l’Europol allo scopo di proteggere l’euro contro la falsificazione a livello internazionale. I paesi extra UE necessitano di un punto di contatto centrale per le informazioni relative agli euro falsificati. Tutte queste informazioni devono essere raccolte per essere analizzate presso l’Europol, che funge da ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro in virtù della convenzione di Ginevra. Ruolo dell’Europol L’Europol funge da ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro ai sensi dell’articolo 12 della convenzione di Ginevra, che afferma che «in ogni paese le indagini in materia di falsificazione delle monete devono, nei limiti della legislazione nazionale, essere organizzate da un ufficio centrale.» Nel contesto del proprio mandato, l’Europol: centralizza e vaglia tutte le informazioni che agevolino le indagini, la prevenzione e la lotta contro la falsificazione dell’euro e trasmette tali informazioni agli uffici centrali nazionali dei paesi dell’UE; corrisponde direttamente con gli uffici centrali dei paesi extra-UE ai sensi delle norme per la trasmissione dei dati di carattere personale; trasmette, nella misura in cui lo ritiene opportuno, agli uffici centrali dei paesi extra-UE una serie di esemplari autentici di euro; dà regolarmente notifica agli uffici centrali dei paesi extra-UE delle nuove emissioni o del ritiro dalla circolazione di monete, di eventuali scoperte di falsificazioni di euro, dei particolari delle scoperte effettuate in materia di falsificazione, ecc. Per quanto riguarda la falsificazione di tutte le altre monete, gli uffici centrali nazionali mantengono le attuali competenze. Applicazione efficace della convenzione di Ginevra del 1929 La convenzione di Ginevra dovrebbe essere applicata con maggiore efficacia. Essa stabilisce norme efficaci per la prevenzione e la lotta contro le violazioni in materia di falsificazione. La parola «moneta» si riferisce a banconote e monete a corso legale. Il Consiglio considera opportuno che tutti i paesi dell’UE diventino parti contraenti della Convenzione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 16 luglio 2005. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2005/511/GAI del Consiglio, del 12 luglio 2005, relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro (GU L 185 del 16.7.2005, pag. 35–36)
3,306
629
32015D1908
false
DECISIONE (PESC) 2015/1908 DEL CONSIGLIO del 22 ottobre 2015 a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II») IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 26, paragrafo 2, e l'articolo 31, paragrafo 1, vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 13 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato la strategia europea in materia di sicurezza in cui venivano identificate cinque sfide di fondo cui l'Unione è confrontata: il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata. Le conseguenze della produzione, del trasferimento e della circolazione illegali delle armi convenzionali, incluse le armi leggere e di piccolo calibro («SALW»), e la loro accumulazione eccessiva e diffusione incontrollata sono centrali per quattro delle cinque sfide. Esse alimentano l'insicurezza nell'Africa subsahariana, in Medio Oriente e in molte altre regioni del mondo, esacerbando il conflitto e minacciando la rappacificazione post bellica, ponendo in tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza. (2) Il 15 e 16 dicembre 2005 il Consiglio ha adottato la strategia dell'UE volta a combattere l'accumulazione e il traffico illegali di SALW e relative munizioni («strategia dell'UE sulle SALW»), che stabilisce gli orientamenti per l'azione dell'UE nel settore delle SALW. La strategia dell'UE sulle SALW sottolinea che le SALW contribuiscono ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata e costituiscono un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti nonché nel crollo delle strutture statali. (3) La strategia dell'UE sulle SALW asserisce inoltre che l'Unione dovrebbe rafforzare e appoggiare i meccanismi di sorveglianza delle sanzioni e sostenere il rafforzamento dei controlli delle esportazioni, nonché la promozione della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio (1) attraverso, tra l'altro, la promozione di misure sulla trasparenza. (4) Con il programma di azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di SALW in tutti i suoi aspetti («programma di azione dell'ONU»), adottato il 20 luglio 2001, tutti gli Stati membri dell'ONU si sono impegnati a prevenire il traffico illegale di SALW, compresa la loro diversione verso destinatari non autorizzati, e, in particolare, a tener conto del rischio di diversione di SALW verso il commercio illegale nel valutare le domande di autorizzazioni di esportazione. (5) L'8 dicembre 2005 l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato uno strumento internazionale volto a consentire agli Stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, SALW illegali. (6) Nella seconda conferenza di riesame del 2012 del programma di azione dell'ONU, tutti gli Stati membri dell'ONU hanno ribadito l'impegno a prevenire il traffico illegale di SALW, inclusa la loro diversione verso destinatari non autorizzati, nonché gli impegni contenuti nel programma di azione dell'ONU concernenti la valutazione delle domande di autorizzazioni di esportazione. (7) Il 2 aprile 2013 l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato il testo del trattato sul commercio delle armi (ATT). L'obiettivo dell'ATT è stabilire norme internazionali comuni quanto più possibile elevate per disciplinare o migliorare la regolamentazione del commercio internazionale di armi convenzionali, prevenire e sradicare il commercio illegale di armi convenzionali e impedirne la diversione. L'Unione dovrebbe sostenere tutti gli Stati membri dell'ONU nell'attuare controlli efficaci sul trasferimento di armi al fine di assicurare che l'ATT sia quanto più possibile efficace, in particolare riguardo all'attuazione del suo articolo 11. (8) L'Unione ha già sostenuto Conflict Armament Research Ltd. (CAR) mediante la decisione 2013/698/PESC del Consiglio (2). (9) L'Unione intende finanziare la seconda fase del meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali illegali al fine di ridurre il rischio del loro commercio illegale e di continuare a contribuire al conseguimento degli obiettivi di cui sopra, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 In vista dell'attuazione della strategia dell'UE sulle SALW e della promozione della pace e della sicurezza, le attività di progetto che devono essere sostenute dall'Unione si prefiggono i seguenti obiettivi specifici: — continuare a far funzionare e potenziare ulteriormente un sistema mondiale di gestione delle informazioni, accessibile e di facile impiego, sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico («iTrace») al fine di fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi convenzionali le informazioni pertinenti per sviluppare strategie e progetti efficaci basati su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, — condotta di ricerche sul campo concernenti SALW e altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti e inserimento di tutte le prove raccolte nel sistema di gestione delle informazioni, invio di richieste formali di rintracciamento ai governi nazionali laddove necessario e pubblicazione delle informazioni, previa verifica (anche tramite tracciamento formale), nel sistema iTrace, — centralizzazione della documentazione di rilevanza politica esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali nel sistema mondiale di gestione delle informazioni, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali dell'ONU e al programma di azione dell'ONU sul commercio illegale di SALW, i testi degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni verificate sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali, — aumento della sensibilizzazione sui risultati del progetto, promozione della finalità e delle funzioni disponibili dell'iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazioni di armi e rafforzamento della capacità internazionale di monitorare la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, nonché di assistere i responsabili delle politiche nell'individuazione dei settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione internazionali e di ridurre il rischio di diversione delle SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace, — stesura di relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace, concernenti settori specifici che meritano attenzione internazionale, inclusi i principali modelli di traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e la distribuzione regionale delle armi e munizioni oggetto di traffico. L'Unione finanzia il progetto, descritto in dettaglio nell'allegato della presente decisione. Articolo 2 1. L'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell'attuazione della presente decisione. 2. L'esecuzione tecnica del progetto di cui all'articolo 1 è realizzata da Conflict Armament Research Ltd. («CAR»). 3. CAR svolge i suoi compiti sotto la responsabilità dell'AR. A tal fine l'AR stabilisce le necessarie modalità con CAR. Articolo 3 1. L'importo di riferimento finanziario per l'esecuzione del progetto di cui all'articolo 1 è pari a 2 530 684 EUR. Il bilancio totale stimato per l'intero progetto è pari a 3 020 000 EUR, messi a disposizione attraverso il cofinanziamento con CAR e il ministero degli Affari Esteri tedesco. 2. Le spese finanziate con l'importo di cui al paragrafo 1 sono gestite secondo le procedure e le norme applicabili al bilancio generale dell'Unione. 3. La Commissione vigila sulla corretta gestione dell'importo di riferimento finanziario di cui al paragrafo 1. A tal fine, conclude il necessario accordo con CAR. L'accordo stabilisce che CAR deve assicurare la visibilità del contributo dell'Unione in funzione della sua entità. 4. La Commissione si adopera per concludere l'accordo di cui al paragrafo 3 non appena possibile dopo l'entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio di ogni difficoltà in tale procedimento e della data di conclusione dell'accordo. Articolo 4 1. L'AR riferisce al Consiglio in merito all'attuazione della presente decisione sulla base di relazioni trimestrali descrittive redatte da CAR. Su tali relazioni si basa la valutazione del Consiglio. Al fine di assistere il Consiglio nella sua valutazione dei risultati della presente decisione, il progetto è valutato da un'entità esterna. 2. La Commissione riferisce sugli aspetti finanziari del progetto di cui all'articolo 1. Articolo 5 1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione. 2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell'accordo di cui all'articolo 3, paragrafo 3. Tuttavia, essa cessa di produrre effetti sei mesi dopo la data della sua entrata in vigore se non è stato concluso alcun accordo entro tale termine. Fatto a Lussemburgo, il 22 ottobre 2015 Per il Consiglio Il presidente F. ETGEN (1) Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell'8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99). (2) Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale (GU L 320 del 30.11.2013, pag. 34). ALLEGATO Meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali iTrace 1. Contesto e motivazione del sostegno della politica estera e di sicurezza comune (PESC) 1.1. La presente decisione si basa sulle successive decisioni del Consiglio per combattere l'impatto destabilizzante della diversione e del traffico delle SALW e di altre armi convenzionali, segnatamente la decisione 2013/698/PESC del Consiglio (1), che ha istituito il meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali illegali iTrace. La proliferazione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali è un importante fattore che compromette la stabilità degli Stati ed esacerba i conflitti, costituendo in tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza. Come indicato nella strategia dell'UE sulle SALW, le armi e munizioni illegali contribuiscono ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata e costituiscono un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti nonché nel crollo delle strutture statali. Le attività svolte ai sensi della decisione 2013/698/PESC hanno aumentato significativamente la capacità di controllo e diagnostica della comunità internazionale nel settore della lotta alla proliferazione di SALW e di altre armi convenzionali illegali. Nell'ambito della decisione 2013/698/PESC, iTrace ha documentato più di 200 000 armi, munizioni convenzionali e materiale correlato, inclusi ordigni esplosivi improvvisati (IED), conseguendo un risultato ampiamente superiore alla somma di tutti gli sforzi precedenti di mappatura delle armi illegali. Sono state eseguite indagini sul campo iTrace in Ciad, Costa d'Avorio, Egitto, Emirati arabi uniti, Giordania, Iraq, Libano, Mali, Mauritania, Myanmar, Nepal, Repubblica centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Siria, Somalia, Somaliland, Sud Sudan e Uganda. iTrace ha altresì fornito un rilevante sostegno tecnico ai gruppi sulle sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU e alle missioni dell'ONU (MINUSCA, MINUSMA, MONUSCO, UNMISS, UNOCI e UNSOM), nonché a vari governi che ne hanno chiesto il sostegno nelle indagini. Dal momento che la portata e la scala delle indagini si sono accresciute, iTrace è progressivamente diventato uno strumento vitale per: a) generare informazioni utilizzabili ai fini della definizione di interventi sui trasferimenti illegali di armi nelle zone di conflitto, in particolare in regioni specifiche che destano la preoccupazione degli Stati membri dell'UE; b) consentire una comprensione in tempo reale del commercio illegale mondiale di armi; c) definire i profili della diversione per incrementare la capacità delle autorità dell'UE incaricate del controllo delle esportazioni di valutare i rischi di diversione prima dell'esportazione, e d) facilitare la condivisione delle informazioni tra organismi dell'ONU, internazionali, regionali e nazionali, altrimenti scarsamente collegati tra loro. 1.2. La presente decisione, pertanto, mira a proseguire le attività del progetto pilota nell'ambito della decisione 2013/698/PESC, continuando a fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti e raccolte sistematicamente, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di armi convenzionali e relative munizioni per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. La decisione continuerà quindi ad aiutarli a combinare una strategia di risposta efficace con un'azione preventiva adeguata per contrastare l'offerta e la domanda illegali e assicurare l'effettivo controllo delle armi convenzionali nei paesi terzi. 1.3. La presente decisione prevede il continuo funzionamento e l'ulteriore potenziamento del sistema in linea accessibile al pubblico iTrace, che traccia le SALW e altre armi e munizioni convenzionali illegali, precisando in particolare tipi specifici di armi, fornitori, vettori dei trasferimenti e destinatari illegali. Il sistema iTrace, incentrato sulle regioni colpite da conflitti, funge da meccanismo mondiale di segnalazione che consente ai governi nazionali di monitorare il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e di individuare i casi di diversione. 2. Obiettivi generali L'azione descritta in appresso continuerà a sostenere la comunità internazionale nel contrasto all'impatto destabilizzante della diversione e del traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Continuerà a fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. In particolare l'azione fornirà: a) informazioni concrete sul traffico di SALW e di altre armi convenzionali necessarie per monitorare più efficacemente l'attuazione del programma di azione dell'ONU sul commercio illegale di SALW, b) informazioni concrete per rafforzare l'attuazione dello strumento internazionale per il rintracciamento, c) informazioni concrete per tracciare le principali rotte ed entità coinvolte nella fornitura di armi e munizioni convenzionali a regioni colpite da conflitti o a organizzazioni terroristiche internazionali e per fornire prove dell'implicazione di gruppi e persone nel commercio illegale a sostegno dei procedimenti giudiziari nazionali, d) una cooperazione rafforzata tra competenti organi e missioni dell'ONU e altre organizzazioni internazionali, nel settore del rintracciamento delle SALW e di altre armi convenzionali, e la fornitura di informazioni a diretto sostegno dei meccanismi di monitoraggio esistenti, incluso il sistema di INTERPOL per la registrazione e la tracciabilità delle armi da fuoco illegali (iARMS), che è complementare a iTrace e con il quale si garantirà un coordinamento continuo, e) informazioni pertinenti per individuare i settori prioritari della cooperazione e dell'assistenza internazionale al fine di combattere efficacemente la diversione e il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, quali il finanziamento di progetti in relazione alla sicurezza delle scorte e/o alla gestione delle frontiere, f) un meccanismo per assistere nel monitoraggio dell'attuazione dell'ATT, in particolare per individuare la diversione di armi convenzionali trasferite, nonché per assistere i governi nella valutazione del rischio di diversione prima dell'esportazione di armi convenzionali, segnatamente il rischio di diversione all'interno del paese acquirente o di riesportazione a condizioni non ammissibili. 3. Sostenibilità e risultati del progetto a lungo termine L'azione rafforzerà un quadro stabile per il monitoraggio durevole della diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Si prevede che aumenterà considerevolmente le informazioni esistenti connesse alle armi e sosterrà in modo significativo lo sviluppo mirato di efficaci politiche sul controllo delle armi convenzionali e sul controllo delle esportazioni di armi. In particolare il progetto: a) svilupperà ulteriormente un sistema di gestione delle informazioni che assicurerà la raccolta e l'analisi a lungo termine dei dati sulle armi convenzionali illegali; b) fornirà ai responsabili delle politiche e agli esperti in materia di controllo delle armi convenzionali uno strumento per definire strategie più efficaci e settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione (ad esempio individuando meccanismi subregionali o regionali di cooperazione, di coordinamento e di condivisione di informazioni che occorre istituire o rafforzare, nonché scorte nazionali insicure, gestione non adeguata degli inventari, rotte dei trasferimenti illegali, controlli deboli alle frontiere e capacità di contrasto insufficienti); c) avrà la flessibilità intrinseca necessaria per generare informazioni pertinenti, indipendentemente dalla rapidità di evoluzione delle esigenze politiche; d) accrescerà sostanzialmente l'efficacia di persone e organizzazioni internazionali attive nel monitoraggio delle armi mettendo a disposizione un meccanismo di condivisione delle informazioni di portata sempre più ampia. 4. Descrizione dell'azione 4.1. Progetto 1 — Potenziamento del sistema mondiale di gestione delle informazioni sul rintracciamento di armi e portale di mappatura in linea iTrace 4.1.1. Obiettivo del progetto Il progetto potenzierà il software iTrace, inizialmente sviluppato da CAR per il progetto attuato ai sensi della decisione 2013/698/PESC, e accrescerà la facilità d'impiego del sistema. Tra i miglioramenti figurano: una migliore analisi dei dati, lo sviluppo di un pacchetto di funzioni per gli utenti che fornirà a specifici gruppi di utenti istruzioni chiare su come ottimizzare l'utilizzo del sistema, inserimento di dati ad alta velocità (incluso lo streaming via satellite), aggiornamento istantaneo dei documenti strategici, un'applicazione mobile iTrace che funzionerà su dispositivi iOS® e Android® e migliorie alla banca dati per tenere conto di una gamma sempre più ampia di armi e componenti. 4.1.2. Attività di progetto Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti: a) potenziamento del sistema al fine di consentire la generazione di analisi sofisticate delle tendenze in materia di traffico di armi in un'ottica pluriennale. I miglioramenti includeranno capacità di interrogazione e di visualizzazione dei dati che permetteranno agli utenti di svolgere indagini sulle complesse relazioni tra grandi insiemi di dati; b) lo sviluppo di un pacchetto di funzioni per gli utenti che offrirà un'interfaccia esplicativa tra la pagina di accesso a iTrace e il portale propriamente detto. Il pacchetto sarà strutturato per tematiche, offrirà istruzioni video destinate a gruppi specifici di utenti (ad esempio responsabili delle politiche in materia di controllo delle armi o funzionari incaricati del rilascio delle licenze di esportazione), presenterà le funzioni specifiche del sistema (ad esempio la produzione di statistiche sulla diversione o la definizione di profili di paesi) e fornirà orientamenti sulle ricerche avanzate e l'utilizzo dei dati. Disporrà anche di una funzione di aiuto interattivo, strutturata sulla base delle domande frequenti; c) modifica del sistema per consentire l'aggiornamento istantaneo delle informazioni specifiche per paese (incluse le relazioni nazionali, la legislazione e gli strumenti di controllo delle armi). Il sistema estrarrà informazioni in tempo reale da una serie di banche dati esistenti, permettendo una ricerca rapida e il reperimento di documenti strategici sull'applicazione mobile [cfr.il punto 4.1.2, lettera e), in appresso]; d) riconfigurazione del sistema per consentire l'inserimento di dati provenienti da MS Excel® e da altre applicazioni basate su fogli elettronici tramite collegamento ascendente (uplink) via satellite. Si prevede che questo sviluppo, reso imperativo dall'ingente volume dei dati raccolti (in particolare in Iraq e Siria) quintuplichi la velocità di inserimento dei dati; e) in risposta alle richieste degli utenti, sviluppo di una versione più basilare di iTrace, progettata per funzionare su dispositivi iOS® e Android®. L'obiettivo dell'applicazione sarà di garantire ai responsabili delle politiche l'accesso alle funzioni di iTrace in ordine alla mappatura geospaziale, al monitoraggio della diversione e al documento per paese su ogni piattaforma e in qualsiasi sede; f) modifica del sistema per tenere conto di nuove banche dati e rispecchiare la gamma sempre più ampia di armi, munizioni, componenti e veicoli militari identificati durante le operazioni allargate di CAR nel periodo 2013-15. 4.1.3. Risultati del progetto Il progetto mirerà a: a) consentire a qualsiasi utente in linea di accedere a una particolare località, paese, regione o continente del mondo; b) individuare e trasmettere prove visive di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tale località, paese, regione o continente; c) riportare, su una mappa mondiale in linea, le date di trasferimento, le rotte di fornitura illegali e i trafficanti coinvolti per ciascuno (delle migliaia) di articoli che rientrano tra le SALW e altre armi e munizioni convenzionali oggetto di traffico; d) reperire automaticamente casi simili (SALW e altre armi e munizioni convenzionali dello stesso tipo, paese di fabbricazione o serie di produzione) e riportare tali articoli, e la loro ubicazione, su una mappa mondiale in linea; e) individuare e tracciare i collegamenti tra i tipi di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, o le parti implicate nel traffico internazionale; f) generare relazioni globali (ad esempio il grado di diversione in un determinato paese o l'origine delle armi convenzionali oggetto di diversione), che saranno scaricabili in formato PDF; g) ospitare, per paese e globalmente, la documentazione pertinente esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali dell'ONU e al programma di azione dell'ONU sul commercio illegale di SALW, il testo degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni verificate sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali; h) inviare dati compatibili con iARMS di INTERPOL, il che consentirà a INTERPOL di confrontare le armi collegate a reati in iARMS con le informazioni generate da iTrace sulle armi illegali; i) produrre statistiche sulla diversione, al fine di sostenere gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell'individuazione di settori prioritari per il miglioramento, l'assistenza e la cooperazione e allo scopo di appoggiare le autorità nazionali incaricate del rilascio delle licenze di esportazione di armi nel riconoscimento dei rischi concreti di diversione. 4.1.4. Indicatori di esecuzione del progetto Nell'ambito del progetto proseguiranno il funzionamento e il potenziamento di un sistema di mappatura in linea libero, accessibile al pubblico, privo di restrizioni per quanto concerne i potenziali beneficiari. 4.1.5. Beneficiari del progetto iTrace continuerà a fornire informazioni sempre più complete destinate esplicitamente, ma non limitate, a: responsabili delle politiche nazionali sul controllo di armi, organismi incaricati del rilascio delle licenze di esportazione di armi, organizzazioni regionali e internazionali (compresi i gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, le missioni ONU di mantenimento della pace, UNODC, UNODA e INTERPOL), organizzazioni non governative di ricerca [compresi il Centro internazionale di Bonn per la riconversione (BICC), il gruppo di ricerca e d'informazione sulla pace (GRIP), l'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) e la Small Arms Survey (Inchiesta sulle armi di piccolo calibro)], organizzazioni impegnate nella causa (tra esse Amnesty International e Human Rights Watch) e i media internazionali. 4.2. Progetto 2 — Indagini sul campo necessarie ad alimentare ulteriormente il sistema iTrace con prove documentali in tempo reale relative a diversione e traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e con altre informazioni pertinenti 4.2.1. Obiettivo del progetto Il progetto condurrà ricerche sul campo sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti. La portata geografica del progetto si amplierà costantemente, accordando la priorità a numerosi paesi che destano particolari preoccupazioni negli Stati membri dell'UE, inclusi, tra gli altri, Iraq, Libia, Mali, Repubblica centrafricana, Siria, Somalia e Sud Sudan. La definizione di accordi formali in materia di condivisione delle informazioni con una serie di organizzazioni, incluse le missioni dell'ONU, agevolerà il progetto, come anche l'invio selettivo di richieste formali di rintracciamento ai governi nazionali. Il progetto continuerà inoltre a svolgere ricerche documentali e a verificare (anche tramite indagini sul campo) le informazioni esistenti sui trasferimenti pertinenti raccolte da organizzazioni diverse da CAR a fini di inserimento nel sistema iTrace. 4.2.2. Attività di progetto Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti: a) invio di esperti di armi qualificati per la conduzione di analisi sul campo relative a SALW e ad altre armi, munizioni e materiale correlato convenzionali e illegali recuperati da Stati colpiti da conflitti; b) analisi, riesame e verifica di prove documentate sulle SALW e su altre armi e munizioni illegali e sui relativi utilizzatori, compresi, tra gli altri: fotografie di armi, di loro componenti e di marchiature interne ed esterne, imballaggi, documenti di spedizione associati e i risultati delle indagini sul campo (utilizzatori, forniture e rotte dei trasferimenti); c) riesame e verifica delle prove aggiuntive recenti sui trasferimenti pertinenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali raccolte da organizzazioni diverse da CAR, comprese le relazioni dei gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, delle organizzazioni della società civile e dei media internazionali; d) inserimento di tutte le prove raccolte e riesaminate nel sistema di gestione delle informazioni e portale di mappatura in linea iTrace; e) individuazione e sostegno dei partner locali al fine di garantire una raccolta dati continuata a sostegno di iTrace per tutta la durata dell'azione proposta e oltre; f) contatti costanti con i governi dell'UE volti a predefinire punti di contatto nazionali, e un meccanismo di coordinamento, al fine di chiarire il raggio d'azione delle indagini di CAR e di attenuare possibili conflitti di interesse, prima delle suddette indagini. Il progetto sarà attuato in modo graduale nell'intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni. 4.2.3. Risultati del progetto Il progetto mirerà a: a) documentare, in situ, le prove materiali di armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico nelle regioni colpite da conflitti; b) verificare e sviluppare casi di traffico illegale a partire dalle prove raccolte da CAR, da organizzazioni con cui vigono accordi in materia di condivisione di informazioni con CAR e, se del caso, da altre organizzazioni in merito a armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tutte le regioni; c) fornire prove visive concrete di armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, comprese fotografie di articoli, numeri di serie, marchi di fabbrica, contenitori, distinte di colli, documenti di spedizione e certificazione degli utenti finali; d) generare resoconti testuali di attività illegali, comprendenti le rotte del traffico, gli attori coinvolti nella diversione o nel trasferimento illegale e valutazioni dei fattori concorrenti (tra cui gestione e sicurezza inefficienti delle scorte e reti di approvvigionamento illegali, deliberatamente orchestrate dallo Stato); e) inserimento delle suddette prove nel sistema di gestione delle informazioni e portale di mappatura in linea iTrace ai fini di una piena divulgazione al pubblico. 4.2.4. Indicatori di esecuzione del progetto Fino a 30 presenze sul campo (se necessario prorogate) nell'intero periodo di due anni per ottenere elementi di prova da inserire nel sistema di gestione delle informazioni e portale di mappatura in linea iTrace. 4.2.5. Beneficiari del progetto Per l'elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, si veda il punto 4.1.5. 4.3. Progetto 3 — Sensibilizzazione dei soggetti interessati e coordinamento internazionale 4.3.1. Obiettivo del progetto Il progetto illustrerà i vantaggi di iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare ulteriormente la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace. 4.3.2. Attività di progetto Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti: a) presentazioni a cura del personale CAR in occasione di conferenze internazionali pertinenti dedicate al commercio illegale di armi convenzionali in tutti i suoi aspetti. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace con un accento sui seguenti aspetti: 1) vantaggi concreti per l'assistenza nel monitoraggio dell'attuazione del programma di azione dell'ONU, dell'ATT e di altri strumenti internazionali pertinenti; 2) utilità nell'individuare i settori prioritari per la cooperazione e l'assistenza internazionali; 3) utilità in quanto meccanismo di definizione dei profili di valutazione di rischio per le autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione; b) presentazioni a cura del personale CAR ai governi nazionali e alle operazioni di mantenimento della pace. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace ai dipartimenti preposti alle missioni, incoraggiare e sviluppare accordi formali in materia di condivisione delle informazioni in grado di produrre informazioni che possono essere inserite nel sistema, nonché assistere i responsabili delle politiche nell'individuazione dei settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione internazionali. Il progetto sarà attuato nell'intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni. 4.3.3. Risultati del progetto Il progetto mirerà a: a) dimostrare l'utilità di iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali impegnati nell'attuazione degli accordi in materia di controllo delle armi convenzionali e di controllo delle esportazioni di armi (programma di azione dell'ONU, ATT e altri strumenti internazionali pertinenti), e nella valutazione dell'attuazione stessa; b) fornire le informazioni pertinenti per assistere i responsabili delle politiche e gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell'individuazione dei settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione internazionali e nell'elaborazione di strategie antiproliferazione efficaci; c) fornire, alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione, informazioni approfondite su iTrace e la sua utilità nella valutazione del rischio, prevedendo anche ulteriori modalità di riscontro e potenziamento del sistema; d) agevolare la condivisione di informazioni tra i governi nazionali e le operazioni ONU di mantenimento della pace, ivi inclusi il trattamento e l'analisi dei dati con l'ausilio del sistema iTrace; e) rafforzare il collegamento in rete di un gruppo crescente di esperti del controllo delle armi convenzionali impegnati in indagini in situ sulla diversione e il traffico di armi e munizioni convenzionali; f) rafforzare il profilo pubblico del rintracciamento delle armi e munizioni convenzionali quale mezzo per assistere nel monitoraggio dell'attuazione del programma di azione dell'ONU, dell'ATT e di altri strumenti internazionali e regionali di controllo delle armi e di controllo delle esportazioni di armi. 4.3.4. Indicatori di esecuzione del progetto Un massimo di dodici conferenze di sensibilizzazione con la presenza di personale CAR. In tutte le conferenze sarà prevista la presentazione di iTrace. La relazione finale conterrà gli ordini del giorno e brevi sintesi delle conferenze. 4.3.5. Beneficiari del progetto Per l'elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, si veda il punto 4.1.5. 4.4. Progetto 4 — Relazioni sulla politica iTrace 4.4.1. Obiettivo del progetto Il progetto fornirà relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace. Le relazioni saranno concepite in modo da mettere in evidenza aspetti specifici di interesse internazionale, tra cui i principali modelli di traffico di armi e munizioni convenzionali, la distribuzione regionale di armi e munizioni oggetto di traffico e settori prioritari che meritano attenzione a livello internazionale. 4.4.2. Attività di progetto Analisi approfondita che terminerà con la stesura, la revisione, l'edizione e la pubblicazione di un massimo di dieci relazioni sulla politica iTrace. 4.4.3. Risultati del progetto Il progetto mirerà a: a) produrre un massimo di dieci relazioni, ognuna delle quali delineerà un aspetto di interesse internazionale; b) assicurare la distribuzione delle relazioni sulla politica iTrace a tutti gli Stati membri dell'UE; c) delineare una strategia di sensibilizzazione mirata per assicurare la massima copertura globale; d) sostenere la visibilità dell'azione sulla scena politica e nei media internazionali, presentando tra l'altro informazioni sulle armi illegali concernenti temi di attualità, fornendo analisi di rilevanza politica a corredo delle procedure in corso di controllo delle armi e dando alle relazioni un taglio che susciti il maggior interesse dei media internazionali. 4.4.4. Indicatori di esecuzione del progetto Un massimo di dieci relazioni sulla politica iTrace pubblicate in linea per l'intera durata dell'azione proposta e distribuite su scala globale. 4.4.5. Beneficiari del progetto Per l'elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, si veda il punto 4.1.5. 5. Sedi Sede del progetto 1 sarà il Regno Unito. Il progetto riconosce che i risultati richiesti delle indagini sul campo non possono essere replicati a distanza e, per il progetto 2, occorrerà inviare un numero elevato di esperti di armi convenzionali nelle regioni colpite da conflitti. Gli invii saranno valutati caso per caso, sotto il profilo della sicurezza, dell'accesso e della disponibilità delle informazioni. CAR ha già stabilito contatti o avviato progetti in molti paesi interessati. Il progetto 3 sarà condotto in conferenze internazionali e, in coordinamento con i governi nazionali e le organizzazioni pertinenti, su scala mondiale per assicurarne la massima visibilità. Il progetto 4 sarà compilato nel Regno Unito. 6. Durata La durata totale stimata dei progetti combinati è di 24 mesi. 7. Entità di esecuzione e visibilità UE L'esecuzione tecnica della presente decisione sarà affidata a CAR. CAR svolgerà i suoi compiti sotto la responsabilità dell'AR. CAR è nata da una rete di investigatori sulle armi di importanza crescente che, nel 2006, è stata la prima a svolgere attività di individuazione e rintracciamento delle armi e munizioni convenzionali. CAR concentra la sua attività sull'individuazione e il rintracciamento delle armi sul campo. Questo approccio basato sui singoli casi e la capacità tecnica necessaria per metterlo in atto sono essenziali per una mappatura esauriente della diversione di armi convenzionali nei paesi in conflitto e all'interno di questi, che attualmente non è monitorata in misura sufficiente dalla comunità internazionale. A tal fine CAR invia piccole squadre di investigatori, con esperienza almeno decennale specifica nel settore delle armi, in regioni colpite da conflitti per esaminare e documentare sul posto le armi illegali. A partire dal maggio 2013 CAR ha inviato personale nell'ambito di operazioni sul campo in 18 regioni colpite da conflitti, ha sostenuto direttamente sette gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, ha stipulato accordi formali di condivisione delle informazioni con due missioni ONU di mantenimento della pace e ha fornito assistenza tecnica a due missioni PSDC. Ha altresì regolarmente fornito sostegno tecnico a sette governi nazionali per quanto concerne l'identificazione e il rintracciamento delle armi. CAR continua a essere la sola organizzazione, al di fuori del sistema delle Nazioni Unite, a occuparsi esclusivamente di individuare e rintracciare armi e munizioni convenzionali e materiale correlato sul campo nei conflitti armati contemporanei. Il 25 novembre 2013, con la decisione 2013/698/PESC, è stato conferito a CAR il mandato di progettare e dare attuazione a iTrace. iTrace è un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali. Nella sua fase pilota (iTrace I) il progetto si è incentrato principalmente sulla documentazione delle armi illegali nell'Africa subsahariana, con un ulteriore accento sul Medio Oriente (Iraq e Siria), e sull'inserimento dei risultati nel sistema iTrace. A oggi il progetto ha documentato più di 200 000 articoli, tra cui armi, munizioni e materiale correlato in circolazione in regioni colpite da conflitti. CAR adotterà tutte le misure opportune a pubblicizzare il fatto che l'azione è stata finanziata dall'Unione. Tali misure saranno attuate in linea con il Manuale di comunicazione e visibilità per le azioni esterne dell'Unione europea elaborato e pubblicato dalla Commissione. CAR garantirà quindi la visibilità del contributo dell'Unione con un'opportuna strategia di marchio e pubblicità che metta in risalto il ruolo dell'Unione, assicuri la trasparenza delle sue azioni e aumenti la consapevolezza quanto ai motivi della decisione, nonché al sostegno dell'Unione alla decisione stessa e ai risultati di tale sostegno. Sul materiale prodotto dal progetto figurerà in modo evidente la bandiera dell'Unione, conformemente agli orientamenti dell'Unione per l'uso corretto e la riproduzione corretta della bandiera. 8. Presentazione di relazioni CAR redigerà relazioni trimestrali descrittive. (1) Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale (GU L 320 del 30.11.2013, pag. 34).
Armi e munizioni illegali: meccanismo mondiale di segnalazione SINTESI CHE COSA FA LA DECISIONE? Rinnova i finanziamenti dell’Unione europea (UE) per iTrace, un sistema mondiale di gestione delle informazioni, accessibile e di facile impiego, sulle armi leggere e di piccolo calibro* (SALW) e sulle munizioni, oggetto di diversione o traffico. PUNTI CHIAVE — Il progetto iTrace deve essere attuato dall’organizzazione non governativa Conflict Armament Research (CAR), sotto la responsabilità dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). — L’alto rappresentante riferisce sul processo di attuazione al Consiglio dell’UE, mentre la Commissione europea riferisce sugli aspetti finanziari. — Per il progetto sono stati stanziati 2,53 milioni di euro dal bilancio dell’UE. CAR e il ministero degli Affari esteri tedesco copriranno i costi aggiuntivi. Il progetto sostiene i seguenti obiettivi: — continuare a far funzionare e potenziare ulteriormente iTrace, al fine di fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del controllo delle esportazioni di armi, le informazioni pertinenti per sviluppare strategie e progetti efficaci basati su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW; — condurre ricerche sul campo concernenti le SALW, inserire tutte le prove in iTrace e inviare richieste formali ai governi nazionali per rintracciare i movimenti di SALW; — centralizzare la documentazione di rilevanza politica esistente sui trasferimenti di SALW; — aumentare la sensibilizzazione sui risultati del progetto e promuovere le finalità e le funzioni di iTrace ai responsabili politici, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del controllo delle esportazioni di armi; — elaborare relazioni su questioni politiche fondamentali concernenti settori specifici che meritano l’attenzione internazionale, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La presente decisione è entrata in vigore il 22 ottobre 2015. CONTESTO Le SALW contribuiscono ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata e costituiscono un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti nonché nel crollo delle strutture statali. Il monitoraggio dei movimenti di SALW illegali è fondamentale per risolvere questi problemi. L’UE ha finanziato per la prima volta iTrace nel 2013, nel quadro della decisione 2013/698/PESC del Consiglio. Questa decisione sostiene la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illegali di SALW e relative munizioni. TERMINI CHIAVE *Armi leggere e di piccolo calibro (SALW): si riferisce a qualsiasi arma letale portatile. Le armi di piccolo calibro includono pistole, fucili da caccia, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere. Le armi leggere includono mitragliatrici pesanti, lanciagranate e cannoni anticarro. ATTO Decisione (PESC) 2015/1908 del Consiglio, del 22 ottobre 2015, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II») (GU L 278 del 23.10.2015, pagg. 15-25) ATTI COLLEGATI Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale (GU L 320 del 30.11.2013, pagg. 34-42)
13,383
328
32013L0051
false
DIRETTIVA 2013/51/EURATOM DEL CONSIGLIO del 22 ottobre 2013 che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare gli articoli 31 e 32, vista la proposta della Commissione europea, elaborata sentito il parere di un gruppo di personalità designate dal Comitato scientifico e tecnico fra gli esperti scientifici degli Stati membri conformemente all’articolo 31 del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) L’ingestione di acqua è una delle vie di incorporazione delle sostanze radioattive nel corpo umano. A norma della direttiva 96/29/Euratom del Consiglio (2), il contributo delle pratiche che comportano un rischio in termini di radiazioni ionizzanti all’esposizione dell’intera popolazione dev’essere mantenuto entro il valore più basso ragionevolmente ottenibile. (2) Data l’importanza per la salute umana della qualità delle acque destinate al consumo umano, è necessario stabilire a livello comunitario norme sulla qualità che svolgano una funzione di indicatore e disporre il controllo dell’osservanza di tali norme. (3) La direttiva 98/83/CE del Consiglio (3) definisce, nell’allegato I, parte C, parametri indicatori relativi alle sostanze radioattive, nonché, nell’allegato II, le connesse disposizioni di controllo. Tuttavia, tali parametri rientrano nell’ambito delle norme fondamentali di cui all’articolo 30 del trattato Euratom. (4) È quindi opportuno adottare i requisiti per il controllo dei livelli di sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano mediante norme legislative specifiche che garantiscano l’uniformità, la coerenza e la completezza della normativa di radioprotezione ai sensi del trattato Euratom. (5) Poiché la Comunità è competente dell’adozione delle norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, le disposizioni della presente direttiva sostituiscono quelle della direttiva 98/83/CE per quanto riguarda i requisiti per la protezione sanitaria della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano. (6) Come riconosciuto dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, il compito di stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione, imposto alla Comunità dall’articolo 2, lettera b), del trattato Euratom, non preclude agli Stati membri, salvo indicazione specifica in tali norme, la possibilità di prevedere misure di protezione più rigorose. Poiché la presente direttiva prevede norme minime, gli Stati membri dovrebbero essere liberi di adottare o mantenere misure più rigorose nel settore da essa disciplinato, fatta salva la libera circolazione delle merci nel mercato interno quale definita dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. (7) I valori di parametro non dovrebbero essere considerati valori limite. Qualora il controllo delle acque destinate al consumo umano riveli un’inosservanza di un valore di parametro, lo Stato membro interessato dovrebbe valutare se ciò costituisca un rischio per la salute umana tale da richiedere un intervento e, ove necessario, adottare provvedimenti correttivi per migliorare la qualità dell’acqua fino ad un livello conforme ai requisiti per la tutela della salute umana sotto il profilo della radioprotezione. (8) Il controllo delle acque destinate al consumo umano, diverse dalle acque minerali naturali, confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita, inteso a verificare che i livelli di sostanze radioattive siano conformi ai valori di parametro di cui alla presente direttiva dovrebbe essere effettuato in conformità dei principi dell’analisi di rischio e dei punti critici di controllo (HACCP), come disposto dal regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e fatti salvi i principi dei controlli ufficiali previsti dal regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). (9) È opportuno informare la popolazione in modo adeguato e appropriato sulla qualità delle acque destinate al consumo umano. (10) È necessario escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva le acque minerali naturali e le acque medicinali, soggette a regole specifiche stabilite dalla direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e dalla direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7). (11) È opportuno che ogni Stato membro istituisca programmi di controllo per verificare se le acque destinate al consumo umano siano conformi ai requisiti fissati dalla presente direttiva. (12) I metodi di analisi della qualità delle acque destinate al consumo umano dovrebbero essere tali da garantire risultati attendibili e comparabili. (13) Considerata la notevole variabilità geografica della presenza naturale di radon, la Commissione ha adottato la raccomandazione 2001/928/Euratom (8), relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano per quanto riguarda il radon e i prodotti di decadimento del radon a vita lunga. È opportuno che tali radionuclidi rientrino nell’ambito di applicazione della presente direttiva. (14) Al fine di mantenere un livello elevato di qualità delle acque destinate al consumo umano considerata l’importanza che ciò riveste per la salute umana, è necessario aggiornare periodicamente gli allegati II e III alla luce dei progressi scientifici e tecnici. (15) Sebbene spetti agli Stati membri definire le frequenze di campionamento e di analisi per le acque destinate al consumo umano confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita, per gli Stati membri che hanno l’obbligo di controllare la concentrazione di radon o trizio nelle acque destinate al consumo umano o di stabilirne la dose indicativa (DI) è consigliabile effettuare il campionamento e le analisi almeno una volta all’anno, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano. Essa stabilisce i valori di parametro, la frequenza e i metodi per il controllo delle sostanze radioattive. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «acque destinate al consumo umano»: a) tutte le acque trattate o non trattate, destinate a uso potabile, per la preparazione o la cottura di cibi o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, cisterne, o in bottiglie o contenitori; b) tutte le acque utilizzate in un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o sostanze destinati al consumo umano, salvo il caso in cui le autorità nazionali competenti ritengano che la qualità dell’acqua non possa avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale; 2) «sostanza radioattiva»: qualsiasi sostanza contenente uno o più radionuclidi di cui, ai fini della radioprotezione, non si può trascurare l’attività o la concentrazione; 3) «dose indicativa» o «DI»: la dose efficace impegnata per un anno di ingestione risultante da tutti i radionuclidi, di origine naturale e artificiale, la cui presenza è stata rilevata nella fornitura di acque destinate al consumo umano ad eccezione di trizio, potassio-40, radon e prodotti di decadimento del radon a vita breve; 4) «valore di parametro»: il valore delle sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano al di sopra del quale gli Stati membri valutano se la presenza di sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano costituisca un rischio per la salute umana tale da richiedere un intervento e, ove necessario, adottano provvedimenti correttivi per migliorare la qualità dell’acqua fino ad un livello conforme ai requisiti per la tutela della salute umana sotto il profilo della radioprotezione. Articolo 3 Ambito di applicazione ed esenzioni 1. La presente direttiva si applica alle acque destinate al consumo umano. 2. La presente direttiva non si applica: a) alle acque minerali naturali riconosciute come tali dalle competenti autorità nazionali a norma della direttiva 2009/54/CE; b) alle acque che sono dei medicinali ai sensi della direttiva 2001/83/CE. 3. Gli Stati membri possono prevedere esenzioni dalla presente direttiva: a) per le acque destinate esclusivamente ad usi per i quali le autorità competenti ritengono che la qualità delle acque non abbia ripercussioni, dirette o indirette, sulla salute della popolazione interessata; b) per le acque destinate al consumo umano provenienti da una singola fonte che ne eroghi in media meno di 10 m3 al giorno o che approvvigioni meno di cinquanta persone, escluse le acque fornite nell’ambito di un’attività commerciale o pubblica. 4. Gli Stati membri che si avvalgono delle esenzioni di cui al paragrafo 3, lettera b), provvedono a che: a) la popolazione interessata sia informata al riguardo e in ordine a qualsiasi provvedimento eventualmente adottato al fine di tutelare la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano; b) allorché si manifesta un pericolo potenziale per la salute umana derivante dalla qualità di tali acque, la popolazione interessata riceva tempestivamente i consigli appropriati. Articolo 4 Obblighi generali Fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 6, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 96/29/Euratom (9), gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per istituire un appropriato programma di controllo delle acque destinate al consumo umano al fine di garantire che, in caso di inosservanza dei valori di parametro stabiliti in conformità della presente direttiva: a) si valuti se ciò costituisca un rischio per la salute umana tale da richiedere un intervento e, b) si adottino, ove necessario, provvedimenti correttivi per migliorare la qualità dell’acqua fino ad un livello conforme ai requisiti per la tutela della salute umana sotto il profilo della radioprotezione. Articolo 5 Valori di parametro e punti in cui i valori devono essere rispettati 1. Gli Stati membri fissano i valori di parametro applicabili al controllo delle sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano conformemente all’allegato I. 2. Allorché i controlli delle acque destinate al consumo umano sono effettuati conformemente ai requisiti di cui all’allegato II della presente direttiva, il punto in cui i valori devono essere rispettati è: a) per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, il punto in cui queste fuoriescono dai rubinetti normalmente utilizzati; b) per le acque fornite da una cisterna, il punto in cui queste fuoriescono dalla cisterna; c) per le acque confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita, il punto in cui sono imbottigliate o introdotte nei contenitori; d) per le acque utilizzate nelle imprese alimentari, il punto in cui sono utilizzate nell’impresa. 3. La definizione dei punti in cui i valori devono essere rispettati di cui al paragrafo 2, lettera a), avviene fatta salva la scelta di un punto di prelievo, che può essere qualsiasi punto nella zona di approvvigionamento o presso gli impianti di trattamento a condizione che il valore di concentrazione tra il punto di prelievo e il punto in cui i valori devono essere rispettati non diminuisca. Articolo 6 Controlli e analisi 1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie a garantire che il controllo delle sostanze radioattive nelle acque destinate al consumo umano sia effettuato in conformità delle strategie e alle frequenze di controllo di cui all’allegato II, al fine di accertare se i valori delle sostanze radioattive rispondano ai valori di parametro fissati ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1. Gli Stati membri garantiscono che i controlli siano effettuati in modo da assicurare che i valori misurati ottenuti siano rappresentativi della qualità delle acque consumate nel corso dell’anno. Per le acque destinate al consumo umano che sono confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita, ciò fa salvi i principi HACCP di cui al regolamento (CE) n. 852/2004 e i principi dei controlli ufficiali definiti nel regolamento (CE) n. 882/2004. 2. I controlli relativi alla DI sono effettuati in conformità dei requisiti di cui all’allegato III e le caratteristiche di prestazione analitica sono conformi agli stessi requisiti. 3. Gli Stati membri provvedono affinché i laboratori in cui sono analizzati i campioni siano dotati di un sistema di controllo analitico di qualità posto sotto la sorveglianza di un’organizzazione esterna riconosciuta a tal fine dall’autorità competente. Articolo 7 Provvedimenti correttivi e informazione della popolazione 1. Gli Stati membri provvedono affinché qualsiasi inosservanza di un valore di parametro fissato ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia esaminata immediatamente per individuarne la causa. 2. In caso di inosservanza di un valore di parametro, lo Stato membro determina se ciò costituisca un rischio per la salute umana tale da richiedere un intervento. 3. In presenza di un rischio ai sensi del paragrafo 2, lo Stato membro: a) adotta provvedimenti correttivi al fine di conformarsi ai requisiti per la tutela della salute umana sotto il profilo della radioprotezione; e b) provvede a che la popolazione interessata sia: i) informata del rischio e dei provvedimenti correttivi adottati; e ii) consigliata sulle eventuali misure cautelative supplementari necessarie alla tutela della salute umana sotto il profilo della radioprotezione. Articolo 8 Recepimento nel diritto interno 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 28 novembre 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 10 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, il 22 ottobre 2013 Per il Consiglio Il presidente L. LINKEVIČIUS (1) GU C 24 del 28.1.2012, pag. 122. (2) Direttiva 96/29/Euratom del Consiglio, del 13 maggio 1996, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (GU L 159 del 29.6.1996, pag. 1). (3) Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32). (4) Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1). (5) Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1). (6) Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (GU L 164 del 26.6.2009, pag. 45). (7) Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67). (8) Raccomandazione 2001/928/Euratom della Commissione, del 20 dicembre 2001, sulla tutela della popolazione contro l’esposizione al radon nell’acqua potabile (GU L 344 del 28.12.2001, pag. 85). (9) Direttiva 96/29/Euratom del Consiglio, del 13 maggio 1996, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (GU L 159 del 29.6.1996, pag. 1). ALLEGATO I VALORI DI PARAMETRO PER RADON, TRIZIO E DI DELLE ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO Parametro Valore di parametro Unità di misura Note Radon 100 Bq/l (Nota 1) Trizio 100 Bq/l (Nota 2) DI 0,10 mSv a) Gli Stati membri possono fissare per il radon un livello il cui superamento è considerato inappropriato ed al di sotto del quale occorre proseguire l’ottimizzazione della protezione, senza compromettere l’approvvigionamento idrico su scala nazionale o regionale. Il livello fissato da uno Stato membro può essere superiore a 100 Bq/l ma comunque inferiore a 1 000 Bq/l. Al fine di semplificare la normativa nazionale, gli Stati membri possono decidere di adeguare il valore di parametro a questo livello. b) I provvedimenti correttivi sono considerati giustificati da motivi di protezione radiologica, senza ulteriori considerazioni, quando le concentrazioni di radon superano 1 000 Bq/l. Nota 2: Livelli elevati di trizio possono indicare la presenza di altri radionuclidi artificiali. Se la concentrazione di trizio supera il valore di parametro, è necessaria un’analisi della presenza di altri radionuclidi artificiali. ALLEGATO II CONTROLLI DELLE SOSTANZE RADIOATTIVE 1. Principi generali e frequenza dei controlli Tutti i parametri per i quali devono essere fissati dei valori di parametro ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sono soggetti a controlli. Tuttavia, non è richiesto il controllo di un parametro specifico qualora un’autorità competente possa stabilire che, per un periodo da essa determinato, è improbabile che tale parametro si trovi in un dato approvvigionamento di acque destinate al consumo umano in concentrazioni tali da far prevedere il superamento del valore di parametro corrispondente. Nel caso di radionuclidi di origine naturale, ove risultati precedenti abbiano dimostrato che la loro concentrazione è stabile, la frequenza è decisa, in deroga ai requisiti minimi di campionamento di cui al punto 6, dallo Stato membro, valutando il rischio per la salute umana. Uno Stato membro non ha l’obbligo di controllare la concentrazione di radon o trizio nelle acque destinate al consumo umano o di stabilire la DI ove ritenga, sulla base di indagini rappresentative, dati di monitoraggio o altre informazioni attendibili che, per un periodo da esso determinato, i livelli di radon, trizio o la DI calcolata rimarranno al di sotto dei rispettivi valori di parametro di cui all’allegato I. In tal caso, lo Stato membro comunica i motivi di tale decisione alla Commissione, cui fornisce la necessaria documentazione a sostegno di tale decisione, compresi i risultati di eventuali indagini, controlli o verifiche effettuati. In tale contesto, non si applicano le disposizioni relative ai requisiti minimi di campionamento e analisi di cui al punto 6 del presente allegato. 2. Radon Gli Stati membri assicurano che siano effettuate indagini rappresentative al fine di determinare l’entità e la natura di possibili esposizioni al radon nelle acque destinate al consumo umano provenienti da vari tipi di sorgenti di acque sotterranee e pozzi in diverse zone geologiche. Le indagini sono concepite in modo tale che i parametri di base, in particolare le caratteristiche geologiche e idrologiche della zona, la radioattività della roccia o del terreno e il tipo di pozzo, possano essere identificati e utilizzati successivamente per orientare ulteriori interventi in aree con probabili esposizioni elevate. Le concentrazioni di radon sono controllate allorché, in base ai risultati delle indagini rappresentative o di altre informazioni attendibili, vi sono motivi di temere un superamento del valore di parametro fissato ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1. 3. Trizio Gli Stati membri assicurano che siano effettuati controlli sul trizio nelle acque destinate al consumo umano in presenza di una fonte antropogenica di trizio o di altri radionuclidi artificiali nel bacino di captazione e ove non sia possibile dimostrare, sulla base di altri programmi di sorveglianza o indagini, che il livello di trizio si attesta al di sotto del suo valore di parametro elencato all’allegato I. Ove occorra sia richiesto il monitoraggio del trizio, questo è effettuato con la frequenza indicata nella tabella che figura nel presente allegato, punto 6. Se la concentrazione di trizio supera il valore di parametro, è necessaria un’indagine sulla presenza di altri radionuclidi artificiali. 4. Dose indicativa Sono effettuati controlli delle acque destinate al consumo umano per accertare la DI laddove sia presente una fonte di radioattività artificiale o di radioattività naturale elevata e non sia possibile dimostrare, sulla base di altri programmi di controllo rappresentativi o di altre indagini, che il livello della DI è al di sotto del valore di parametro elencato all’allegato I. Ove occorra effettuare controlli per accertare i livelli dei radionuclidi artificiali, questi sono effettuati con la frequenza indicata nella tabella che figura nel presente allegato, punto 6. Ove occorra effettuare controlli per accertare i livelli di radionuclidi naturali, ciascuno Stato membro definisce la frequenza dei controlli dell’attività alfa totale, dell’attività beta totale o dei singoli radionuclidi naturali a seconda della strategia di screening da esso adottata (conformemente all’allegato III). La frequenza dei controlli può variare da un’unica misurazione di controllo alla frequenza indicata nella tabella che figura nel presente allegato, punto 6. Ove occorra effettuare un unico controllo della radioattività naturale, è necessario procedere a un ulteriore controllo almeno in caso di cambiamenti dell’approvvigionamento tali da influire sulle concentrazioni di radionuclidi nell’acqua destinata al consumo umano. 5. Trattamento delle acque In caso di trattamento volto a ridurre la concentrazione di radionuclidi nelle acque destinate al consumo umano, i controlli sono effettuati con la frequenza indicata nella tabella che figura al punto 6 per garantire l’efficacia costante di tale trattamento. 6. Frequenze minime di campionamento e analisi La frequenza minima dei campionamento e delle analisi per i controlli delle acque destinate al consumo umano fornite da una rete di distribuzione o da cisterne o utilizzate nelle imprese alimentari è stabilita nella seguente tabella: Tabella Frequenza minima di campionamento e analisi per i controlli delle acque destinate al consumo umano fornite da una rete di distribuzione o da cisterne o utilizzate nelle imprese alimentari Volume di acqua distribuito o prodotto ogni giorno in una zona di approvvigionamento (Note 1 e 2) m3 Numero di campioni all’anno (Note 3 e 4) volume ≤ 100 (Nota 5) 100 < volume ≤ 1 000 1 1 000 < volume ≤ 10 000 1 + 1 per ogni 3 300 m3/d del volume totale e relativa frazione 10 000 < volume ≤ 100 000 3 + 1 per ogni 10 000 m3/d del volume totale e relativa frazione volume > 100 000 10 + 1 per ogni 25 000 m3/d del volume totale e relativa frazione Nota 1: una zona di approvvigionamento è una zona geograficamente definita all’interno della quale le acque destinate al consumo umano provengono da una o varie fonti e la loro qualità può essere considerata circa uniforme. Nota 2: i volumi calcolati rappresentano una media su un anno civile. Per determinare la frequenza minima uno Stato membro può basarsi sul numero di abitanti in una zona di approvvigionamento invece che sul volume d’acqua, supponendo un consumo di 200 l pro capite al giorno. Nota 3: nella misura del possibile, il numero di campioni deve essere uniformemente distribuito in termini di tempo e luogo. Nota 4: nel caso di approvvigionamento intermittente di breve durata, la frequenza del controllo delle acque distribuite con cisterna deve essere stabilita dallo Stato membro interessato. Nota 5: la frequenza deve essere stabilita dallo Stato membro interessato. Gli Stati membri definiscono le frequenze di campionamento per le acque destinate al consumo umano confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita. A tal fine essi possono prendere in considerazione il volume di acqua prodotto. 7. Media Allorché un valore di parametro è superato in un dato campione, gli Stati membri definiscono l’entità del ricampionamento necessario per garantire che i valori misurati siano rappresentativi di una concentrazione media di attività durante un intero anno. ALLEGATO III CONTROLLO DELLA DOSE INDICATIVA E DELLE CARATTERISTICHE DI PRESTAZIONE ANALITICA 1. Controllo del rispetto della DI Gli Stati membri possono utilizzare varie strategie di screening affidabili per indicare la presenza di radioattività nelle acque destinate al consumo umano. Tali strategie possono includere lo screening di taluni radionuclidi o di un singolo radionuclide, ovvero lo screening dell’attività alfa totale o dell’attività beta totale. a) Screening di taluni radionuclidi o di un singolo radionuclide Se una delle concentrazioni di attività supera il 20 % del valore derivato corrispondente o se la concentrazione di trizio supera il valore di parametro elencato all’allegato I, occorre procedere a un’analisi di altri radionuclidi. I radionuclidi da misurare sono stabiliti dagli Stati membri tenendo conto di tutte le informazioni pertinenti alle probabili fonti di radioattività. b) Strategie di screening dell’attività alfa totale e dell’attività beta totale Gli Stati membri possono utilizzare strategie di screening dell’attività alfa totale e dell’attività beta totale (1) per controllare il valore di parametro della DI. A tal fine sono fissati livelli di screening dell’attività alfa totale o dell’attività beta totale. Il livello di screening raccomandato per l’attività alfa totale è 0,1 Bq/l; il livello di screening raccomandato per l’attività beta totale è 1,0 Bq/l. Se l’attività alfa totale e l’attività beta totale sono inferiori, rispettivamente, a 0,1 Bq/l e 1,0 Bq/l, lo Stato membro può ritenere che la DI sia inferiore al valore di parametro 0,1 mSv e non esigere un’indagine radiologica, a meno che non sia noto da altre fonti di informazione che specifici radionuclidi sono presenti nelle acque e possono determinare una DI superiore a 0,1 mSv. Se l’attività alfa totale supera 0,1 Bq/l o l’attività beta totale supera 1,0 Bq/l, occorre effettuare un’analisi relativa agli specifici radionuclidi. Gli Stati membri possono stabilire livelli di screening alternativi dell’attività alfa totale e dell’attività beta totale allorché possono dimostrare che i livelli alternativi sono conformi a una DI di 0,1 mSv. I radionuclidi da misurare sono stabiliti dagli Stati membri tenendo conto di tutte le informazioni pertinenti alle probabili fonti di radioattività. Poiché livelli elevati di trizio possono indicare la presenza di altri radionuclidi artificiali, occorre misurare il trizio, l’attività alfa totale e l’attività beta totale nello stesso campione. 2. Calcolo della DI La DI è calcolata a partire dalle concentrazioni di radionuclidi misurate e dai coefficienti della dose di cui all’allegato III, tabella A, della direttiva 96/29/Euratom o da informazioni più recenti avallate dalle autorità competenti nello Stato membro, in base all’ingestione annua di acqua (730 l per gli adulti). Se la seguente formula è soddisfatta, gli Stati membri possono ritenere che la DI sia inferiore al valore di parametro 0,1 mSv e non occorrono ulteriori verifiche: dove: Ci(obs) = concentrazione osservata del radionuclide i Ci(der) = concentrazione derivata del radionuclide i n = numero di radionuclidi rivelati. Concentrazioni derivate relative alla radioattività nelle acque destinate al consumo umano (2) Origine Nuclide Concentrazione derivata Naturale U-238 (3) 3,0 Bq/l U-234 (3) 2,8 Bq/l Ra-226 0,5 Bq/l Ra-228 0,2 Bq/l Pb-210 0,2 Bq/l Po-210 0,1 Bq/l Artificiale C-14 240 Bq/l Sr-90 4,9 Bq/l Pu-239/Pu-240 0,6 Bq/l Am-241 0,7 Bq/l Co-60 40 Bq/l Cs-134 7,2 Bq/l Cs-137 11 Bq/l I-131 6,2 Bq/l 3. Caratteristiche di prestazione e metodi di analisi Per i seguenti parametri e radionuclidi, il metodo di analisi utilizzato deve, come minimo, essere in grado di misurare le concentrazioni di attività con un limite di rivelazione specificato di seguito: Parametri e radionuclidi Limite di rivelazione (Note 1 e 2) Note Trizio 10 Bq/l Nota 3 Radon 10 Bq/l Nota 3 Attività alfa totale 0,04 Bq/l Nota 4 Attività beta totale 0,4 Bq/l Nota 4 U-238 0,02 Bq/l U-234 0,02 Bq/l Ra-226 0,04 Bq/l Ra-228 0,02 Bq/l Nota 5 Pb-210 0,02 Bq/l Po-210 0,01 Bq/l C-14 20 Bq/l Sr-90 0,4 Bq/l Pu-239/Pu-240 0,04 Bq/l Am-241 0,06 Bq/l Co-60 0,5 Bq/l Cs-134 0,5 Bq/l Cs-137 0,5 Bq/l I-131 0,5 Bq/l Nota 1: il limite di rivelazione è calcolato conformemente alla norma ISO 11929, relativa ai fondamenti e alle applicazioni della determinazione dei limiti caratteristici (soglia di decisione, limite di rivelazione e limiti dell’intervallo di confidenza) per le misure delle radiazioni ionizzanti, con probabilità di errore del primo e secondo tipo di 0,05 in ciascun caso. Nota 2: le incertezze di misura sono calcolate e riportate come incertezze standard combinate o come incertezze standard estese con un fattore di estensione di 1,96, conformemente alla Guida ISO per l’espressione dell’incertezza nelle misurazioni. Nota 3: il limite di rivelazione del trizio e del radon è pari al 10 % del suo valore di parametro 100 Bq/l. Nota 4: il limite di rivelazione delle attività alfa totale e dell’attività beta totale è pari al 40 % dei valori di screening 0,1 Bq/l e 1,0 Bq/l, rispettivamente. Nota 5: questo limite di rivelazione si applica esclusivamente allo screening iniziale per la DI di una nuova fonte di acqua; se dalle verifiche iniziali emerge che non è plausibile che il Ra-228 superi il 20 % della concentrazione derivata, il limite di rivelazione può essere aumentato a 0,08 Bq/l per le misurazioni specifiche di routine del Ra-228 finché non sia necessario ripetere il controllo. (1) Se del caso, l’attività beta totale può essere sostituita con l’attività beta residua dopo aver sottratto la concentrazione dell’attività del K-40. (2) La tabella comprende i valori dei radionuclidi naturali e artificiali più comuni; si tratta di valori puntuali calcolati per una dose di 0,1 mSv e un’ingestione annua di 730 litri, utilizzando i coefficienti di dose stabiliti nell’allegato III, tabella A, della direttiva 96/29/Euratom; le concentrazioni derivate per altri radionuclidi possono essere calcolate sulla stessa base ed i valori possono essere aggiornati alla luce delle informazioni più recenti approvate dalle autorità competenti dello Stato membro. (3) La tabella si riferisce esclusivamente alle proprietà radiologiche dell’uranio e non alla sua tossicità chimica.
Sostanze radioattive in acque destinate al consumo umano: tutela della salute pubblica La direttiva stabilisce vari requisiti per tutelare la salute della popolazione da sostanze radioattive potenzialmente nocive che possono essere presenti nell’acqua potabile. ATTO Direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano SINTESI Tramite la normale acqua potabile le sostanze radioattive possono entrare nel corpo umano causando danni agli organi vitali. Per minimizzare il rischio quanto più possibile, la legislazione stabilisce valori parametrici per sostanze come il radon e il trizio. Le autorità nazionali sono tenute a monitorare questi valori e ad effettuare un regolare campionamento di acqua potabile ad intervalli frequenti a seconda dei volumi coinvolti. La normativa riguarda tutte le acque destinate al consumo umano. Sono comprese tutte le acque trattate o non trattate, destinate a uso potabile, culinario o per la preparazione di cibi o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori. Essa si estende anche a tutte le acque utilizzate in un’impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o sostanze destinati al consumo umano, salvo il caso in cui le autorità nazionali competenti ritengano che la qualità dell’acqua non possa avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale. La normativa non si applica alle acque minerali naturali o all'acqua considerata come medicinale. Queste ultime sono disciplinate da una normativa europea distinta. Le autorità nazionali possono escludere le acque destinate al consumo umano provenienti da una singola fonte che ne eroghi in media meno di 10 m3 al giorno o che approvvigioni meno di 50 persone, escluse le acque fornite nell'ambito di un'attività commerciale o pubblica. Quando si manifesta un pericolo potenziale, la popolazione interessata deve ricevere tempestivamente i consigli appropriati sui possibili rischi e qualsiasi altra misura precauzionale eventualmente necessaria. È necessario adottare qualsiasi azione rapidamente per portare l'acqua di nuovo al livello necessario. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 2013/51/Euratom 27.11.2013 28.11.2015 GU L 296 del 7.11.2013
10,916
736
31998F0700
false
98/700/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0004 - 0007 AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (98/700/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),considerando che l'articolo K.1, punto 3), del trattato stabilisce che la politica d'immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei cittadini dei paesi terzi costituiscono una questione di interesse comune;considerando che la lotta contro i documenti falsi è un settore che rientra nella politica d'immigrazione e nella cooperazione di polizia; che il moltiplicarsi del numero dei documenti autentici e falsi richiede un frequente aggiornamento; che il fatto che le tecniche utilizzate per la produzione di documenti autentici e le loro relative contraffazioni diventano sempre più sofisticate rende necessario uno strumento di qualità;considerando che, poiché il bollettino delle frodi europeo ed il manuale dei documenti autentici non rispondono adeguatamente ai due imperativi di rapidità e di riproduzione fedele, il ricorso ad un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini rappresenta, assieme ad una formazione adeguata del personale interessato, un elemento essenziale di una strategia globale atta a soddisfare le esigenze degli Stati membri;considerando che vari Stati membri dispongono già di sistemi informatizzati di archiviazione delle immagini in fase di realizzazione;considerando che, per assicurare un elevato livello di controllo da parte degli Stati membri, sarebbe utile istituire un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini che dia accesso al personale preposto al controllo dei documenti negli Stati membri; che il sistema dovrebbe consentire agli utenti di disporre di informazioni sui nuovi metodi di falsificazione individuati, nonché sui nuovi documenti autentici in circolazione;considerando che, al fine di salvaguardare la compatibilità e l'omogeneità delle informazioni del sistema, è necessario stabilire procedure di elaborazione dei contributi degli Stati membri destinati ad essere inseriti nel sistema e procedure di controllo e verifica dei contributi stessi;considerando che la presente azione comune lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri relativa al riconoscimento di passaporti, di documenti di viaggio, di visti o altri documenti di identità,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. È istituito un sistema europeo di archiviazione delle immagini concepito affinché gli Stati membri possano procedere a scambi informatizzati rapidissimi di informazioni a loro disposizione su documenti autentici e documenti falsi accertati, secondo le modalità stabilite nell'allegato della presente azione comune.2. Detto sistema non sostituisce né annulla il consueto scambio di informazioni su supporto cartaceo fino a quando tutti gli Stati membri non saranno in grado di servirsene.Articolo 2 La base dati del sistema deve contenere, tra l'altro, le seguenti informazioni:a) immagini di documenti contraffatti e falsi;b) immagini di documenti autentici;c) informazioni sintetiche sulle tecniche di falsificazione;d) informazioni sintetiche sulle tecniche di sicurezza.Articolo 3 La creazione del sistema europeo non impedisce a ciascuno Stato membro di istituire ed utilizzare il proprio sistema nazionale in grado di soddisfare le esigenze dei posti di frontiera nazionali e dei servizi interni di controllo dei documenti.Articolo 4 Il Consiglio adotta quanto prima i requisiti tecnici relativi alla compatibilità con i sistemi esistenti, all'inserimento delle informazioni nel sistema nonché alle procedure di controllo e di verifica delle informazioni stesse.Articolo 5 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.Gli Stati membri applicano l'articolo 1 entro dodici mesi dall'adozione delle misure di cui all'articolo 4.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGLALLEGATO SISTEMA EUROPEO DI ARCHIVIAZIONE DELLE IMMAGINI Presso il Segretariato generale del Consiglio è istituito un sistema informatizzato che contiene documenti autentici, falsi e falsificati.Il nome del sistema europeo è FADO (Documenti falsi e autentici).1. Descrizione del sistema - Il sistema deve essere consultato da una sola unità centrale di ciascuno Stato membro.- Il sistema si basa sulla tecnologia Internet. È importantissimo garantire che l'informazione possa essere trasmessa rapidamente alle unità centrali nazionali. Non appena l'informazione perviene al Segretariato generale del Consiglio viene introdotta in tempi brevissimi nel sistema FADO. Spetta a ciascuno Stato membro integrare questi dati nel proprio sistema nazionale o nella sua copia del sistema FADO.- Il sistema è plurilingue.- Il sistema deve essere conviviale.- Il sistema si basa su una codificazione molto rigorosa. È essenziale garantire la sicurezza delle informazioni contenute nel sistema informatizzato. Il sistema utilizza linee speciali per la trasmissione dei dati tra il Segretariato generale del Consiglio e i servizi centrali degli Stati membri.- Negli Stati membri il sistema è consultato da un'unità centrale attraverso un internet crittografato. Uno Stato membro può usare lo stesso sistema a livello nazionale (ossia, collegare diverse stazioni di lavoro situate ai suoi diversi posti di frontiera o presso altre autorità competenti). Non vi saranno collegamenti diretti tra una stazione di lavoro diversa dall'unità centrale nazionale ed il punto centrale installato presso il Segretariato generale. Vi sarà un metodo per duplicare e aggiornare, nel sistema situato negli Stati membri, il sistema FADO (nastri magnetici, dischi amovibili, CD-ROM, ecc.).- Ciascuno Stato membro ha la facoltà di sviluppare il proprio sistema crittografato per la trasmissione interna di dati.- Il sistema FADO collega in rete la base centrale presso il Segretariato generale con le centrali ubicate in ciascuno Stato membro. Esso consente il rapido scambio di informazioni.- Dato che i documenti sono inviati per via elettronica per essere inseriti nei sistemi nazionali esistenti, le immagini devono essere di formato standard (JPEG, TIFF, BMP . . .). La loro qualità deve essere la migliore possibile, ma deve altresì essere assicurato un giusto equilibrio fra la qualità dell'immagine, le dimensioni e la compressione.- Sono disponibili ingrandimenti, ma soltanto delle parti importanti dell'immagine, sempreché se ne ravvisi la necessità.- Il sistema deve consentire di confrontare sullo schermo il documento autentico con quello falso o falsificato.- Il sistema fornisce delucidazioni sulle diverse tecniche di falsificazione e sulle tecniche di sicurezza.- I rinvii incrociati risultano necessari agli utenti per reperire le informazioni in tempi molto brevi.- Priorità viene conferita anzitutto ai documenti degli Stati membri e ai documenti dei paesi terzi da cui si registra un'emigrazione abituale verso gli Stati membri. Le informazioni contenute nel sistema sono successivamente completate e aggiornate in modo da includervi tutti gli altri documenti e da risultare il più completo possibile.- Si deve introdurre un sistema «flash» che comporti l'invio a tutti gli Stati membri, per posta elettronica, di un avviso riguardante un dato documento falso.- Il sistema ha fin dall'inizio più di un archivio. Occorre prevedere fin dall'inizio la possibilità di un livello di consultazione supplementare per gli esperti contenente informazioni più particolareggiate sulle falsificazioni.- Il sistema contiene una zona speciale per l'inserimento di documenti che non sono riconosciuti da uno o più Stati membri.2. Costi del sistema I costi relativi all'istituzione e al funzionamento del sistema FADO riguardano l'acquisto di attrezzature tecniche e i costi relativi al personale. Dato che il sistema FADO è destinato unicamente all'archiviazione e alla trasmissione elettroniche di documenti, che di regola avviene su supporto cartaceo, tali spese rientrano pertanto nelle spese amministrative del Consiglio, ai sensi dell'articolo K.8, paragrafo 2, primo comma, del trattato sull'Unione europea.
Lotta ai falsi documentali: sistema di archiviazione delle immagini FADO QUAL È LO SCOPO DI QUEST’AZIONE COMUNE? Istituisce un sistema di archiviazione delle immagini dell’Unione Europea (UE) basato su Internet, noto come FADO (documenti falsi e autentici online), che consente la rapida condivisione fra paesi dell’UE di immagini di documenti autentici, falsi e falsificati, al fine di contribuire alla lotta contro le frodi documentali e d’identità. L’azione comune 98/700/GAI è abrogata e sarà sostituita tra qualche anno dal regolamento (UE) 2020/493 (si veda la sintesi), anche se le informazioni esistenti sono state trasferite al nuovo sistema FADO che sarà istituito dall’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. PUNTI CHIAVE Il sistema è multilingue, progettato per essere di facile utilizzo e basato su una codificazione molto rigorosa, al fine di garantire la standardizzazione e la sicurezza delle informazioni. Un servizio centrale in ciascun paese partecipante è collegato con il segretariato generale del Consiglio dell’UE, ma ogni paese dell’UE e di Schengen è libero di copiare il sistema o di sviluppare il proprio sistema per la distribuzione sicura dei dati interni. Il sistema garantisce che le informazioni possano essere trasmesse rapidamente ai servizi centrali nazionali. La creazione del sistema comunitario non impedisce ai paesi dell’UE di sviluppare i propri sistemi nazionali per soddisfare i rispettivi requisiti di sicurezza ai confini e verifica dei documenti. Il sistema è progettato in particolare per consentire:la visualizzazione di immagini ingrandite dei documenti, ove necessario;il confronto sullo schermo fra documenti autentici e falsificati;l’accesso alle informazioni sulle tecniche di falsificazione e di sicurezza;rinvii incrociati affinché gli utenti possano reperire le relative informazioni in tempi brevi;comunicazioni su documenti falsi particolari. Priorità viene conferita ai documenti dei paesi dell’UE e ai documenti dei paesi extra UE da cui si registra un’emigrazione abituale. Il 1o dicembre 2014, il Regno Unito (1) ha comunicato alla Commissione europea che nel campo della cooperazione di polizia desiderava continuare a partecipare all’azione comune. Ciò è stato confermato dalla decisione della Commissione 2014/858/UE.Abrogazione L’azione comune 98/700/GAI è abrogata dal regolamento (UE) 2020/493. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’AZIONE COMUNE? Essa è in vigore dal 10 dicembre 1998. CONTESTO Il numero crescente di documenti di viaggio, d’identità e altri documenti giustificativi autentici e falsi, come passaporti, permessi di soggiorno e visti, e le sempre più sofisticate tecniche di falsificazione, fanno sì che tra gli strumenti necessari per combattere le frodi documentali e d’identità debba esserci una condivisione rapida ed efficiente delle informazioni. Per maggiori informazioni consultare:Sicurezza dei documenti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Azione comune 98/700/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, relativo alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (GU L 333 del 9.12.1998, pag. 4). DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 del 1.12.2014, pag. 6). Decisione 2000/261/GAI del Consiglio, del 27 marzo 2000, relativa al miglioramento dello scambio di informazioni per combattere i documenti di viaggio contraffatti (GU L 81 del 1.4.2000, pag. 1).
3,614
520
32001D0470
false
2001/470/CE: Decisione del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa all'istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale Gazzetta ufficiale n. L 174 del 27/06/2001 pag. 0025 - 0031 Decisione del Consigliodel 28 maggio 2001relativa all'istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale(2001/470/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 61, lettere c) e d), l'articolo 66 e l'articolo 67, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) L'Unione si è prefissa di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al cui interno sia garantita la libertà di circolazione delle persone.(2) L'istituzione progressiva di questo spazio, nonché il buon funzionamento del mercato interno, richiedono il miglioramento, la semplificazione e l'accelerazione dell'effettiva cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in materia civile e commerciale.(3) Il piano d'azione del Consiglio e della Commissione, sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia(4), che è stato adottato dal Consiglio il 3 dicembre 1998 e approvato dal Consiglio europeo di Vienna l'11 e 12 dicembre 1998, riconosce che il potenziamento della cooperazione giudiziaria in materia civile costituisce una tappa fondamentale nella creazione di uno spazio giudiziario europeo che offra concreti benefici ai cittadini dell'Unione.(4) Il paragrafo 40 di detto piano d'azione prevede che venga esaminata la possibilità di estendere ai procedimenti civili il principio della rete giudiziaria europea in materia penale.(5) Nelle conclusioni del vertice straordinario di Tampere, riunitosi il 15 e 16 ottobre 1999, il Consiglio europeo ha raccomandato la creazione di un sistema di informazione facilmente accessibile, che una rete di autorità nazionali competenti dovrebbe provvedere ad alimentare e aggiornare.(6) Per migliorare, semplificare e accelerare l'effettiva cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri nelle materie civili e commerciali, è necessario creare a livello comunitario una struttura di cooperazione organizzata in rete, ovvero la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.(7) Rientrano in questa materia le misure di cui agli articoli 65 e 66 del trattato, da adottare a norma dell'articolo 67.(8) Per garantire la realizzazione degli obiettivi della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale è opportuno che le disposizioni relative alla sua istituzione vengano fissate da uno strumento giuridico comunitario vincolante.(9) Dato che gli obiettivi dell'azione proposta, vale a dire migliorare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri e consentire un accesso alla giustizia effettivo per le persone che devono far fronte a controversie con risvolti transnazionali, non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure in base al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Nel rispetto del principio di proporzionalità di cui a detto articolo, la presente decisione non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi in questione.(10) La rete giudiziaria europea istituita dalla presente decisione mira ad agevolare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in materia civile e commerciale, sia nei settori contemplati dagli strumenti in vigore sia in quelli in cui non si applica alcun strumento.(11) In alcuni settori specifici, atti comunitari e strumenti internazionali relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale prevedono già determinati meccanismi di cooperazione. La rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale non si prefigge di sostituire questi meccanismi e deve operare nel pieno rispetto dei medesimi. Le disposizioni della presente decisione lasciano pertanto impregiudicati gli atti comunitari o gli strumenti internazionali relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale.(12) La rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale andrebbe posta in essere gradualmente, in base alla massima collaborazione tra la Commissione e gli Stati membri. Essa dovrebbe avvalersi anche delle possibilità offerte dalle moderne tecnologie di comunicazione e informazione.(13) Per conseguire i propri obiettivi, la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale deve fondarsi su punti di contatto designati dagli Stati membri, nonché poter contare sulla partecipazione delle autorità di questi ultimi che hanno responsabilità specifiche nel campo della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale. Per garantire il buon funzionamento della rete sono indispensabili contatti e riunioni periodiche tra i vari partecipanti.(14) È essenziale che gli sforzi per creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia si traducano in benefici concreti per le persone che devono far fronte a controversie con risvolti transnazionali. È pertanto necessario che la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale promuova l'accesso alla giustizia. A tal fine, in base alle informazioni comunicate e attualizzate dai punti di contatto, la rete dovrebbe predisporre progressivamente un sistema di informazione accessibile sia al grande pubblico sia agli specialisti.(15) La presente decisione non osta alla possibilità di mettere a disposizione, all'interno della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale o nei confronti del pubblico, informazioni diverse da quelle in essa menzionate. Di conseguenza, quanto menzionato nel titolo III non deve ritenersi esaustivo.(16) Le informazioni e i dati sono elaborati ai sensi della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(5), e della direttiva 97/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni(6).(17) Per garantire che la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale possa rimanere uno strumento efficace, incorporare le migliori prassi in materia di cooperazione giudiziaria e di funzionamento interno, nonché rispondere alle aspettative del pubblico, occorre prevedere valutazioni periodiche che consentano di proporre, se del caso, le necessarie modifiche.(18) Il Regno Unito e l'Irlanda, a norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione e all'applicazione della presente decisione.(19) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente decisione e non è di conseguenza vincolata da essa né è soggetta alla sua applicazione,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:TITOLO IPRINCIPI DELLA RETE GIUDIZIARIA EUROPEA IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALEArticolo 1Istituzione1. È istituita tra gli Stati membri una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale (in seguito denominata la "rete").2. Ai fini della presente decisione, per "Stato membro" si intendono gli Stati membri ad eccezione della Danimarca.Articolo 2Composizione1. La rete giudiziaria si compone di:a) punti di contatto designati dagli Stati membri a norma del paragrafo 2;b) organi centrali ed autorità centrali previsti da atti comunitari, strumenti internazionali cui gli Stati membri partecipano o norme di diritto interno nella sfera della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale;c) magistrati di collegamento previsti dall'azione comune 96/277/GAI del 22 aprile 1996, relativa ad un quadro di scambio di magistrati di collegamento diretto a migliorare la cooperazione giudiziaria fra gli Stati membri dell'Unione europea(7), con responsabilità nel campo della cooperazione in materia civile e commerciale;d) qualsiasi altra autorità giudiziaria o amministrativa competente per la cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale la cui appartenenza alla rete sia giudicata opportuna dal rispettivo Stato membro.2. Ciascuno Stato membro designa un punto di contatto. Se lo reputa necessario, ciascuno Stato membro può tuttavia designare un numero limitato di altri punti di contatto, in funzione dell'esistenza di sistemi giuridici differenti, della ripartizione interna delle competenze, dei compiti affidati ai punti di contatto, o allo scopo di associare ai lavori dei punti di contatto direttamente organi giudiziari che trattino frequentemente controversie con risvolti transnazionali.Qualora uno Stato membro designi vari punti di contatto, fa in modo che tra essi funzionino meccanismi di coordinamento adeguati.3. Gli Stati membri individuano le autorità di cui al paragrafo 1, lettere b) e c).4. Gli Stati membri designano le autorità di cui al paragrafo 1, lettera d).5. Gli Stati membri comunicano alla Commissione, a norma dell'articolo 20, gli estremi completi delle autorità di cui al paragrafo 1, con l'indicazionea) dei mezzi di comunicazione di cui esse dispongono;b) delle loro conoscenze linguistiche ec) ove opportuno, delle relative funzioni specifiche all'interno della rete.Articolo 3Compiti e attività della rete1. La rete ha il compito di:a) agevolare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in materia civile e commerciale, compresi l'ideazione, la progressiva predisposizione e l'aggiornamento di un sistema d'informazione destinato ai membri della rete;b) ideare, predisporre progressivamente e tenere aggiornato un sistema d'informazione accessibile al pubblico.2. Fatti salvi gli altri atti comunitari o strumenti internazionali relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, la rete sviluppa le proprie attività in particolare con le finalità seguenti:a) assicurare il corretto svolgimento dei procedimenti con risvolti transnazionali e agevolare le richieste di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, in particolare ove non si applichi alcun atto comunitario o strumento internazionale;b) garantire un'applicazione effettiva e pratica degli atti comunitari o delle convenzioni vigenti tra due o più Stati membri;c) predisporre e alimentare un sistema d'informazione, destinato al pubblico, sulla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale all'interno dell'Unione europea, sugli strumenti comunitari e internazionali pertinenti, nonché sul diritto interno degli Stati membri, con particolare riferimento all'accesso alla giustizia.Articolo 4Modalità di funzionamento della reteLa rete svolge i propri compiti in particolare secondo le modalità seguenti:1) agevola gli opportuni contatti tra le autorità degli Stati membri di cui all'articolo 2, paragrafo 1, per realizzare i compiti previsti all'articolo 3;2) organizza riunioni periodiche tra i punti di contatto e i suoi membri, ai sensi delle disposizioni previste dal titolo II;3) elabora e mantiene aggiornate le informazioni relative alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, nonché ai sistemi giuridici degli Stati membri di cui al titolo III, conformemente ai sensi delle disposizioni previste da tale titolo.Articolo 5Punti di contatto1. I punti di contatto sono a disposizione delle autorità di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere da b) a d), per svolgere i compiti previsti all'articolo 3.I punti di contatto sono a disposizione altresì delle autorità giudiziarie locali dei rispettivi Stati membri, con le stesse finalità, secondo le modalità decise da ciascuno Stato membro.2. In particolare, i punti di contatto hanno il compito di:a) fornire qualsiasi informazione necessaria per la buona cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, a norma dell'articolo 3, agli altri punti di contatto, alle autorità di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere da b) a d), e alle autorità giudiziarie locali del rispettivo Stato membro, per consentire loro di presentare richieste di cooperazione giudiziaria attuabili e di stabilire i contatti diretti più appropriati;b) cercare soluzioni alle difficoltà che possono sorgere quando si presenta una richiesta di cooperazione giudiziaria, fatti salvi il paragrafo 4 del presente articolo e l'articolo 6;c) agevolare il coordinamento del trattamento delle richieste di cooperazione giudiziaria nello Stato membro interessato, in particolare ove varie richieste delle autorità giudiziarie di questo Stato debbano essere eseguite in un altro Stato membro;d) collaborare all'organizzazione delle riunioni di cui all'articolo 9 e parteciparvi;e) collaborare alla preparazione e all'aggiornamento delle informazioni di cui al titolo III, in particolare del sistema d'informazione destinato al pubblico, secondo le modalità previste da tale titolo.3. Qualora un punto di contatto riceva una richiesta d'informazione da un altro membro della rete alla quale non è in grado di dare seguito, la trasmette al punto di contatto o al membro della rete più idoneo a provvedervi. Il punto di contatto si tiene a disposizione per fornire ogni possibile forma di assistenza utile per contatti successivi.4. Nei settori in cui gli atti comunitari o gli strumenti internazionali prevedono già autorità incaricate di agevolare la cooperazione giudiziaria, i punti di contatto invitano i richiedenti a rivolgersi a tali autorità.Articolo 6Autorità competenti previste dagli atti comunitari o dagli strumenti internazionali relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale1. L'integrazione nella rete delle autorità competenti previste degli atti comunitari o degli strumenti internazionali relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, lascia impregiudicate le competenze attribuite loro dall'atto o dallo strumento che ne prevede la designazione.I contatti all'interno della rete lasciano impregiudicati i contatti regolari o occasionali tra queste autorità.2. In ciascuno Stato membro le autorità previste dagli atti comunitari o dagli strumenti internazionali relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, nonché i punti di contatto della rete, si incontrano e scambiano le proprie opinioni ad intervalli regolari, per dare la massima diffusione alle rispettive esperienze.3. I punti di contatto della rete si tengono a disposizione delle autorità previste dagli atti comunitari o dagli strumenti internazionali relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, per fornire loro ogni possibile forma di assistenza.Articolo 7Conoscenze linguistiche dei punti di contattoPer agevolare il funzionamento della rete, ciascuno Stato membro provvede a che i suoi punti di contatto dispongano di una conoscenza sufficiente di una lingua ufficiale delle istituzioni della Comunità europea diversa dalla loro, tenuto conto del fatto che devono poter comunicare coi punti di contatto degli altri Stati membri.Gli Stati membri agevolano e favoriscono la formazione linguistica specializzata del personale dei punti di contatto e promuovono gli scambi tra i punti di contatto degli Stati membri.Articolo 8Mezzi di comunicazioneI punti di contatto si avvalgono dei mezzi tecnologici più idonei per rispondere con la massima efficacia e tempestività a tutte le richieste ad essi rivolte.TITOLO IIRIUNIONE ALL'INTERNO DELLA RETEArticolo 9Riunioni dei punti di contatto1. I punti di contatto della rete si riuniscono almeno una volta per semestre, a norma dell'articolo 12.2. Ciascuno Stato membro è rappresentato in queste riunioni da uno o più punti di contatto, che possono essere accompagnati da altri membri della rete, senza comunque superare il numero di quattro rappresentanti per Stato membro.3. La prima riunione dei punti di contatto si terrà entro il 1o marzo 2003, fatta salva la possibilità di convocare riunioni preparatorie prima di tale data.Articolo 10Oggetto delle riunioni periodiche dei punti di contatto1. Le riunioni periodiche dei punti di contatto servono a:a) permettere loro di conoscersi e di scambiare le proprie esperienze, in particolare in ordine al funzionamento della rete;b) offrire una piattaforma di discussione per i problemi pratici e giuridici che gli Stati membri incontrano nel quadro della cooperazione giudiziaria, in particolare per quel che riguarda l'applicazione delle misure adottate dalla Comunità europea;c) individuare le migliori prassi nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, nonché garantire la diffusione delle relative informazioni all'interno della rete;d) scambiare dati e punti di vista, in particolare in merito alla struttura, all'organizzazione, al contenuto e all'accessibilità delle informazioni disponibili di cui al titolo III;e) definire orientamenti per la progressiva elaborazione delle schede informative di cui all'articolo 15, con particolare riferimento agli argomenti da trattare e alla forma di tali schede;f) individuare iniziative specifiche diverse da quelle di cui al titolo III, ma che presentino finalità analoghe.2. Nelle riunioni dei punti di contatto, gli Stati membri provvedono ad illustrare l'esperienza ricavata dal funzionamento dei meccanismi specifici di cooperazione previsti dagli atti comunitari o dagli strumenti internazionali vigenti.Articolo 11Riunioni dei membri della rete1. Si terranno riunioni aperte a tutti i membri della rete per dare loro la possibilità di conoscersi e di scambiare le proprie esperienze, nonché per offrire loro una piattaforma di discussione sui problemi pratici e giuridici riscontrati e per trattare questioni specifiche.Le riunioni possono essere convocate anche per trattare questioni specifiche.2. Le riunioni sono convocate ove opportuno e ai sensi dell'articolo 12.3. La Commissione, in stretta collaborazione con la presidenza del Consiglio e con gli Stati membri, fissa per ogni riunione il numero massimo di partecipanti.Articolo 12Organizzazione e svolgimento delle riunioni della rete1. La Commissione, in stretta collaborazione con la Presidenza del Consiglio e gli Stati membri, convoca e organizza le riunioni di cui agli articoli 9 e 11. Essa presiede le riunioni, oltre a svolgere le relative mansioni di segreteria.2. Prima di ciascuna riunione, la Commissione fissa il progetto di ordine del giorno, d'accordo con la Presidenza del Consiglio e in consultazione con gli Stati membri, attraverso i rispettivi punti di contatto.3. Il progetto di ordine del giorno viene comunicato prima della riunione ai punti di contatto, i quali possono chiedere di apportarvi modifiche o di inserire altri argomenti.4. Al termine di ciascuna riunione la Commissione stila un resoconto che viene comunicato ai punti di contatto.5. Le riunioni dei punti di contatto e dei membri della rete possono aver luogo in qualsiasi Stato membro.TITOLO IIIINFORMAZIONI DISPONIBILI ALL'INTERNO DELLA RETE SISTEMA D'INFORMAZIONE DESTINATO AL PUBBLICOArticolo 13Informazioni diffuse all'interno della rete1. Le informazioni diffuse all'interno della rete comprendono:a) i dati di cui all'articolo 2, paragrafo 5;b) qualsiasi altra informazione ritenuta utile dai punti di contatto per il corretto funzionamento della rete.2. Ai fini del paragrafo 1, la Commissione, in consultazione con i punti di contatto, predispone progressivamente un sistema elettronico di scambio di informazioni crittografato e di accesso limitato.Articolo 14Sistema di informazione destinato al pubblico1. È istituito progressivamente un sistema di informazione destinato al pubblico che si avvale di Internet, compreso il sito web della rete a norma degli articoli 17 e 18.2. Il sistema di informazione comprende i seguenti elementi:a) gli atti comunitari vigenti o in preparazione, relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale;b) le misure nazionali volte a dare attuazione, sul piano interno, agli strumenti vigenti di cui alla lettera a);c) gli strumenti internazionali in vigore, relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, a cui gli Stati membri partecipano nonché le dichiarazioni e riserve formulate nel quadro di questi strumenti;d) gli elementi pertinenti della giurisprudenza comunitaria nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale;e) le schede informative di cui all'articolo 15.3. Ai fini dell'accesso all'informazione di cui al paragrafo 2, lettere da a) aAd), la rete, sul proprio sito, si avvale, se opportuno, di collegamenti con altri siti sui quali si trovano le informazioni originali.4. Allo stesso modo, il sito della rete agevolerà l'accesso alle iniziative analoghe di informazione del pubblico in settori collaterali, nonché a siti contenenti informazioni sui sistemi giuridici degli Stati membri.Articolo 15Schede informative1. Le schede informative vengono preparate in via prioritaria su questioni relative all'accesso alla giustizia negli Stati membri e comprendono informazioni relative alle modalità per adire gli organi giurisdizionali e all'assistenza giudiziaria, indipendentemente da altre iniziative comunitarie, di cui la rete tiene massimo conto.2. Le schede informative devono essere pratiche e concise. Devono essere redatte in un linguaggio facilmente comprensibile e contenere informazioni pratiche per il pubblico. Esse devono essere predisposte progressivamente almeno sui temi seguenti:a) principi del sistema giuridico e dell'ordinamento giudiziario degli Stati membri;b) modalità per adire gli organi giurisdizionali, con particolare riferimento ai casi di minore rilevanza e conseguenti procedure giudiziarie, comprese le possibilità e le procedure di ricorso;c) condizioni e modalità per ottenere l'assistenza giudiziaria, comprese descrizioni dei compiti delle organizzazioni non governative che operano nel settore, tenendo conto dei lavori già condotti nel quadro del dialogo coi cittadini;d) norme nazionali in materia di notificazione e comunicazione degli atti;e) norme e procedure per l'esecuzione delle sentenze emesse in un altro Stato membro;f) possibilità e procedure per ottenere misure conservative, in particolare per quel che riguarda il sequestro dei beni ai fini dell'esecuzione di una sentenza;g) possibilità di comporre controversie con metodi alternativi e indicazione dei centri nazionali d'informazione e di assistenza della rete comunitaria di organi nazionali per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo;h) organizzazione e funzionamento delle professioni forensi.4. Nelle schede, se opportuno, sono riportati elementi della giurisprudenza pertinente degli Stati membri.5. Le schede informative possono contenere dati più dettagliati ad uso degli specialisti.Articolo 16Aggiornamento delle informazioniTutte le informazioni diffuse all'interno della rete e al pubblico, a norma degli articoli 13, 14 e 15, vengono aggiornate regolarmente.Articolo 17Ruolo della Commissione nell'ambito del sistema di informazione al pubblicoLa Commissione:1) è responsabile della gestione del sistema di informazione destinato al pubblico;2) in consultazione con i punti di contatto, allestisce un sito Web della rete sul proprio sito Internet;3) fornisce informazioni sugli aspetti pertinenti del diritto comunitario e delle relative procedure, compresa la giurisprudenza comunitaria, a norma dell'articolo 14;4) a) assicura che le schede informative abbiano un formato uniforme e contengano tutte le informazioni giudicate necessarie dalla rete;b) ne cura la traduzione nelle altre lingue ufficiali delle istituzioni della Comunità e le inserisce nel sito della rete.Articolo 18Ruolo dei punti di contatto nell'ambito del sistema di informazione al pubblicoI punti di contatto assicurano che:1) siano fornite alla Commissione le informazioni necessarie per alimentare e far funzionare il sistema di informazione;2) le informazioni inserite nel sistema siano esatte;3) siano notificati senza indugio alla Commissione i necessari aggiornamenti, non appena un'informazione va modificata;4) siano progressivamente elaborate le schede informative relative ai rispettivi Stati membri, secondo gli orientamenti di cui all'articolo 10, paragrafo 1, lettera e);5) sia data la massima diffusione alle schede informative inserite nel sito della rete, nei rispettivi Stati membri.TITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 19Riesame1. Entro il 1o dicembre 2005, e successivamente almeno ogni cinque anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'applicazione della presente decisione, stilata in base alle informazioni fornite dai punti di contatto. Tale relazione è accompagnata, eventualmente, da proposte volte ad adeguare la presente decisione.2. La relazione esamina, tra le varie questioni pertinenti, quelle inerenti a un eventuale accesso diretto del pubblico ai punti di contatto della rete, all'accesso delle professioni forensi e alla possibilità di associarle ai lavori della rete, nonché alle forme di sinergia con la rete comunitaria di organi comunitari per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo. Esamina altresì la relazione tra i punti di contatto della rete e le autorità competenti previste dagli atti comunitari o dagli strumenti internazionali relativi alla cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale.Articolo 20Predisposizione degli elementi di base della reteEntro il 1o giugno 2002 gli Stati membri comunicano alla Commissione le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 5.Articolo 21Data di applicazioneLa presente decisione si applica a decorrere dal 1o dicembre 2002, eccetto per quanto riguarda gli articoli 2 e 20, i quali si applicano a decorrere dalla data di notifica della decisione agli Stati membri destinatari.Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 28 maggio 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteT. Bodström(1) GU C 29 E del 30.1.2001, pag. 281.(2) Parere reso il 5 aprile 2001 (non ancore pubblicato nella GU).(3) GU C 139 dell'11.5.2001, pag. 6.(4) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1.(5) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.(6) GU L 24 del 30.1.1998, pag. 1.(7) GU L 105 del 27.4.1996, pag. 1.
Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Stabilisce una rete giudiziaria europea volta a migliorare la cooperazione legale in materia civile e commerciale* tra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE La rete giudiziaria europea è una struttura informale e flessibile, con l’obiettivo di semplificare e rafforzare la cooperazione giudiziaria tra i paesi dell’UE. Agevola i contatti tra i diversi tribunali nazionali tramite una rete di punti di contatto nazionali. I compiti principali della rete giudiziaria sono: facilitare la cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale tra i paesi dell’UE fornendo assistenza con la notificazione e comunicazione degli atti o la raccolta di prove; informare i cittadini dell’UE sull’accesso alla giustizia transfrontaliera, in particolare tramite schede informative e guide del cittadino su specifiche leggi dell’UE, pubblicate sul portale europeo della giustizia e-Justice; valutare e condividere esperienze sull’attuazione della legislazione dell’UE per individuarne i punti deboli ed esplorare le potenzialità per rafforzare il diritto dell’Unione. La rete è composta da punti di contatto e autorità competenti specializzati in diritto civile e commerciale provenienti da diversi paesi dell’UE, ad esempio: organi giudiziari o amministrativi responsabili della cooperazione giudiziaria nei paesi dell’UE; associazioni professionali di avvocati direttamente coinvolti nell’applicazione del diritto civile e commerciale dell’UE. La Danimarca non partecipa alla rete giudiziaria. Per quanto riguarda la sua organizzazione, la rete svolge la propria attività mediante riunioni periodiche dei punti di contatto, soprattutto a Bruxelles. La segreteria della rete giudiziaria è gestita dalla Commissione europea, che coordina i punti di contatto per quanto riguarda il lavoro e le priorità della rete. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È stata applicata a partire dal 1o dicembre 2002. CONTESTO Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale. * TERMINI CHIAVE Diritto civile e diritto commerciale: leggi che riguardano i cittadini e le imprese, ad esclusione del diritto penale, della famiglia, fallimentare e di successione. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2001/470/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa all’istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale (GU L 174 del 27.6.2001, pag. 25-31) Le successive modifiche alla decisione 2001/470/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
8,769
663
31998L0005
false
Direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo E del Consiglio del 16 febbraio 1998 volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica Gazzetta ufficiale n. L 077 del 14/03/1998 pag. 0036 - 0043 DIRETTIVA 98/5/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 febbraio 1998 volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 49 e l'articolo 57, paragrafo 1 e paragrafo 2, prima e terza frase,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3),(1) considerando che, secondo l'articolo 7 A del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne e che, a norma dell'articolo 3, lettera c) del trattato, l'eliminazione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone e dei servizi costituisce uno degli obiettivi della Comunità; che, per i cittadini degli Stati membri, essa comporta, in particolare, la facoltà di esercitare, nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, una professione in uno Stato membro diverso da quello in cui essi hanno acquisito le loro qualifiche professionali;(2) considerando che un avvocato in possesso di tutte le qualifiche prescritte in uno Stato membro può fin da ora chiedere il riconoscimento del proprio diploma per stabilirsi in un altro Stato membro, allo scopo di esercitarvi la professione di avvocato con il titolo professionale di questo Stato membro a norma della direttiva 89/48/CEE, del 21 dicembre 1988, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di insegnamento superiore che sanzionano formazioni professionali della durata minima di tre anni (4); che tale direttiva ha lo scopo di garantire l'integrazione dell'avvocato nella professione dello Stato membro ospitante e non mira né a modificare le regole professionali in esso vigenti, né a sottrarre l'avvocato all'applicazione delle stesse;(3) considerando che alcuni avvocati possono integrarsi rapidamente nella professione dello Stato membro ospitante, in particolare superando la prova attitudinale prevista dalla direttiva 89/48/CEE, mentre altri avvocati in possesso di tutte le qualifiche prescritte devono poter ottenere tale integrazione dopo un certo periodo di esercizio della professione nello Stato membro ospitante con il proprio titolo professionale d'origine oppure continuare la loro attività con il titolo professionale d'origine;(4) considerando che questo periodo deve consentire all'avvocato di integrarsi nella professione dello Stato membro ospitante previa verifica del possesso di un'esperienza professionale in tale Stato membro;(5) considerando che un'azione comunitaria in materia è giustificata non solo perché rispetto al sistema generale di riconoscimento offre agli avvocati un metodo più semplice che consente loro di integrarsi nella professione di uno Stato membro ospitante, ma anche perché, dando agli avvocati la possibilità di esercitare stabilmente con il loro titolo professionale d'origine in uno Stato membro ospitante, risponde alle esigenze degli utenti del diritto, che a motivo del flusso crescente delle attività commerciali, dovuto particolarmente alla creazione del mercato interno, chiedono consulenze in occasione di operazioni transfrontaliere nelle quali si trovano spesso strettamente connessi il diritto internazionale, il diritto comunitario e i diritti nazionali;(6) considerando che un'azione comunitaria è giustificata anche dal fatto che alcuni Stati membri già consentono ad avvocati provenienti da altri Stati membri di esercitare attività professionali, sotto forma diversa dalla prestazione di servizi, sul proprio territorio con il loro titolo professionale d'origine; che, tuttavia, negli Stati membri che riconoscono tale diritto le modalità del suo esercizio sono profondamente diverse in relazione, ad esempio, al campo di attività e all'obbligo di iscrizione presso le autorità competenti; che una siffatta disparità di situazioni dà luogo a disparità di trattamento e a distorsioni della concorrenza fra gli avvocati degli Stati membri e costituisce un ostacolo alla loro libera circolazione; che solo una direttiva che stabilisca le condizioni per l'esercizio della professione, sotto forma diversa dalla prestazione di servizi, da parte degli avvocati che esercitano la loro attività con il loro titolo professionale di origine, è in grado di risolvere questi problemi e di dare, in tutti gli Stati membri, identiche possibilità agli avvocati ed agli utenti del diritto;(7) considerando che la presente direttiva, in armonia con le sue finalità, si astiene dal disciplinare situazioni giuridiche puramente interne e lascia impregiudicate le norme nazionali dell'ordinamento professionale, salvo laddove ciò risulti indispensabile per consentire di conseguire pienamente i suoi scopi; che, in particolare, essa non lede in alcun modo la disciplina nazionale relativa all'accesso alla professione di avvocato e al suo esercizio con il titolo professionale dello Stato membro ospitante;(8) considerando che occorre sottoporre gli avvocati contemplati dalla presente direttiva all'obbligo di iscriversi presso l'autorità competente dello Stato membro ospitante, in modo che questa possa accertare che essi ottemperano alle regole professionali e deontologiche ivi vigenti; che resta riservata al diritto applicabile agli avvocati dello Stato membro ospitante la disciplina degli effetti di detta iscrizione relativamente alle circoscrizioni giudiziarie e ai vari ordini e gradi di giurisdizione dinanzi ai quali gli avvocati possono patrocinare;(9) considerando che gli avvocati non integrati nella professione dello Stato membro ospitante sono tenuti ad esercitare nello Stato membro ospitante con il titolo professionale di origine, onde garantire la corretta informazione dei consumatori e permettere di distinguere questi avvocati e gli avvocati dello Stato membro ospitante che esercitano con il titolo professionale rilasciato da quest'ultimo;(10) considerando che occorre permettere agli avvocati contemplati dalla presente direttiva di dare consulenze, in particolare nel diritto dello Stato membro di origine, nel diritto comunitario, nel diritto internazionale e nel diritto dello Stato membro ospitante; che questa possibilità era già contemplata per quanto attiene alla prestazione di servizi dalla direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l'esercizio effettivo della libera prestazione dei servizi da parte degli avvocati (5); che, tuttavia, occorre prevedere, come nella direttiva 77/249/CEE, la facoltà di escludere dalle attività degli avvocati che esercitano con il loro titolo professionale di origine nel Regno Unito ed in Irlanda determinati atti in materia immobiliare e successoria; che la presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni che, in ogni Stato membro, riservano alcune attività a professioni diverse da quella di avvocato; che occorre altresì prevedere, come nella direttiva 77/249/CEE, la facoltà per lo Stato membro ospitante di esigere che l'avvocato che esercita con il suo titolo professionale di origine agisca di concerto con un avvocato ivi stabilito per rappresentare e difendere un cliente in giudizio; che l'obbligo di agire di concerto si applica secondo l'interpretazione che di tale nozione ha dato la Corte di giustizia delle Comunità europee, in particolare nella sentenza pronunciata il 25 febbraio 1988 nella causa 427/85, Commissione/Germania (6);(11) considerando che per garantire il buon funzionamento della giustizia occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di riservare, mediante norme specifiche, l'accesso ai loro più alti organi giurisdizionali ad avvocati specializzati, senza ostacolare l'integrazione degli avvocati degli Stati membri che soddisfino le condizioni richieste;(12) considerando che l'avvocato iscritto con il proprio titolo professionale di origine nello Stato membro ospitante deve restare iscritto presso l'autorità competente dello Stato membro d'origine se vuole conservare la sua qualifica di avvocato ed avvalersi della presente direttiva; che, per tale ragione, è indispensabile instaurare una stretta collaborazione fra le autorità competenti, soprattutto nell'eventualità di procedimenti disciplinari;(13) considerando che gli avvocati contemplati dalla presente direttiva possono, indipendentemente dalla loro qualifica di liberi professionisti o di lavoratori subordinati nello Stato membro di origine, esercitare la professione nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato nello Stato membro ospitante se ed in quanto quest'ultimo offra tale possibilità ai propri avvocati;(14) considerando che la presente direttiva permette agli avvocati di esercitare la loro attività in un altro Stato membro con il proprio titolo professionale di origine anche allo scopo di facilitare loro l'ottenimento del titolo professionale dello Stato membro ospitante; che, a norma degli articoli 48 e 52 del trattato, come interpretati dalla Corte di giustizia, lo Stato membro ospitante è comunque tenuto a prendere in considerazione l'esperienza professionale acquisita nel suo territorio; che, dopo tre anni di attività effettiva e regolare svolta nello Stato membro ospitante e riguardante il diritto di questo Stato membro, ivi compreso il diritto comunitario, è lecito presumere che tali avvocati abbiano acquisito le competenze necessarie per integrarsi completamente nella professione di avvocato dello Stato membro ospitante; che al termine di tale periodo l'avvocato in grado, con riserva di una verifica, di comprovare la propria competenza professionale nello Stato membro ospitante, deve poter ottenere il titolo professionale di tale Stato membro; che, qualora l'attività effettiva e regolare di almeno tre anni sia di durata inferiore relativamente al diritto dello Stato membro ospitante, l'autorità deve tenere conto anche delle altre conoscenze di tale diritto che può verificare nel corso di un colloquio; che se non viene fornita la prova che tali condizioni sono soddisfatte, la decisione dell'autorità competente di tale Stato di non concedere il titolo professionale di quest'ultimo, secondo le modalità di agevolazione connesse con tali condizioni, deve essere motivata ed è soggetta a ricorso giurisdizionale di diritto interno;(15) considerando che l'evoluzione economica e professionale nella Comunità dimostra che la facoltà di esercitare in comune la professione di avvocato, ivi compreso in forma di associazione, sta diventando una realtà; che occorre evitare che il fatto di esercitare la professione in comune nello Stato membro di origine costituisca un pretesto per opporre ostacoli o intralci allo stabilimento nello Stato membro ospitante degli avvocati che vi partecipano; che occorre tuttavia consentire agli Stati membri di adottare provvedimenti adeguati per conseguire lo scopo legittimo di garantire l'indipendenza della professione; che si devono prevedere in ogni Stato membro delle garanzie che consentano l'esercizio in comune della professione,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Scopo, campo di applicazione e definizioni 1. Scopo della presente direttiva è di facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato, come libero professionista o come lavoratore subordinato, in uno Stato membro diverso da quello nel quale è stata acquisita la qualifica professionale.2. Ai fini della presente direttiva, si intende pera) avvocato, ogni persona, avente la cittadinanza di uno Stato membro, che sia abilitata ad esercitare le proprie attività professionali facendo uso di uno dei seguenti titoli professionali:>SPAZIO PER TABELLA>b) Stato membro di origine, lo Stato membro nel quale l'avvocato ha acquisito il diritto di utilizzare uno dei titoli professionali di cui alla lettera a) prima di esercitare la professione di avvocato in un altro Stato membro;c) Stato membro ospitante, lo Stato membro nel quale l'avvocato esercita secondo le disposizioni della presente direttiva;d) titolo professionale di origine, il titolo professionale dello Stato membro nel quale l'avvocato ha acquistato il diritto di utilizzare tale titolo prima di esercitare la professione di avvocato nello Stato membro ospitante;e) studio collettivo, qualsiasi entità, con o senza personalità giuridica e costituita secondo la legislazione di uno Stato membro, nell'ambito della quale alcuni avvocati esercitano la loro attività professionale in comune e sotto una denominazione comune.f) titolo professionale corrispondente o professione corrispondente, il titolo professionale o la professione facente capo all'autorità competente presso la quale l'avvocato si è iscritto a norma dell'articolo 3, e per autorità competente, tale autorità.3. La presente direttiva si applica agli avvocati che esercitano la professione sia come liberi professionisti che come lavoratori subordinati nello Stato membro di origine e, fatto salvo l'articolo 8, nello Stato membro ospitante.4. L'esercizio della professione di avvocato, a norma della presente direttiva, non riguarda le prestazioni di servizi disciplinate dalla direttiva 77/249/CEE.Articolo 2 Diritto di esercitare la professione con il proprio titolo professionale di origine Gli avvocati hanno il diritto di esercitare stabilmente le attività di avvocato precisate all'articolo 5 in tutti gli altri Stati membri con il proprio titolo professionale di origine.L'integrazione nella professione di avvocato dello Stato membro ospitante è soggetta alle disposizioni dell'articolo 10.Articolo 3 Iscrizione presso l'autorità competente 1. L'avvocato che intende esercitare in uno Stato membro diverso da quello nel quale ha acquisito la sua qualifica professionale deve iscriversi presso l'autorità competente di detto Stato membro.2. L'autorità competente dello Stato membro ospitante procede all'iscrizione dell'avvocato su presentazione del documento attestante l'iscrizione di questi presso la corrispondente autorità competente dello Stato membro di origine. Essa può esigere che l'attestato dell'autorità competente dello Stato membro di origine non sia stato rilasciato prima dei tre mesi precedenti la sua presentazione. Essa dà comunicazione dell'iscrizione all'autorità competente dello Stato membro di origine.3. Ai fini dell'applicazione del paragrafo 1:- nel Regno Unito e in Irlanda, gli avvocati, che esercitano con un titolo professionale diverso da quelli del Regno Unito e dell'Irlanda si iscrivono presso l'autorità competente per la professione di «barrister» o di «advocate», oppure presso l'autorità competente per la professione di «solicitor».- nel Regno Unito, l'autorità competente per un «barrister» irlandese è quella competente per la professione di «barrister» o di «advocate» e per un «solicitor» irlandese è quella competente per la professione di «solicitor».- in Irlanda, l'autorità competente per un «barrister» o un «advocate» del Regno Unito è quella competente per la professione di «barrister» e per un «solicitor» del Regno Unito quella competente per la professione di «solicitor».4. Quando pubblica i nomi degli avvocati iscritti nei suoi albi professionali, l'autorità competente dello Stato membro ospitante pubblica anche i nomi degli avvocati iscritti in forza della presente direttiva.Articolo 4 Esercizio con il titolo professionale di origine 1. L'avvocato che esercita nello Stato membro ospitante con il proprio titolo professionale di origine è tenuto ad esercitare facendo uso di questo titolo, che deve essere indicato nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di origine, comunque in modo comprensibile e tale da evitare confusioni con il titolo professionale dello Stato membro ospitante.2. Ai fini dell'applicazione del paragrafo 1, lo Stato membro ospitante può esigere che l'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine aggiunga la denominazione dell'organizzazione professionale cui appartiene nello Stato membro di origine ovvero quella della giurisdizione presso la quale può patrocinare secondo la normativa dello Stato membro di origine. Lo Stato membro ospitante può altresì esigere che l'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine menzioni la sua iscrizione presso l'autorità competente di tale Stato membro.Articolo 5 Campo di attività 1. Salvo i paragrafi 2 e 3, l'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine svolge le stesse attività professionali dell'avvocato che esercita con il corrispondente titolo professionale dello Stato membro ospitante, e può, in particolare, offrire consulenza legale sul diritto del proprio Stato membro d'origine, sul diritto comunitario, sul diritto internazionale e sul diritto dello Stato membro ospitante. Esso rispetta comunque le norme di procedura applicabili dinanzi alle giurisdizioni nazionali.2. Gli Stati membri che autorizzano una determinata categoria di avvocati a redigere sul loro territorio atti che conferiscono il potere di amministrare i beni dei defunti o riguardanti la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, che in altri Stati membri sono riservati a professioni diverse da quella dell'avvocato, possono escludere da queste attività l'avvocato che esercita con un titolo professionale di origine rilasciato in uno di questi ultimi Stati membri.3. Per l'esercizio delle attività relative alla rappresentanza ed alla difesa di un cliente in giudizio e nella misura in cui il proprio diritto riservi tali attività agli avvocati che esercitano con un titolo professionale dello Stato membro ospitante, quest'ultimo può imporre agli avvocati che ivi esercitano con il proprio titolo professionale di origine di agire di concerto con un avvocato che eserciti dinanzi alla giurisdizione adita e il quale resta, eventualmente, responsabile nei confronti di tale giurisdizione, oppure con un «avoué» patrocinante dinanzi ad essa.Ciononostante, per assicurare il buon funzionamento della giustizia, gli Stati membri possono stabilire norme specifiche di accesso alle Corti supreme, quali il ricorso ad avvocati specializzati.Articolo 6 Regole professionali e deontologiche applicabili 1. Indipendentemente dalle regole professionali e deontologiche cui è soggetto nel proprio Stato membro di origine, l'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale d'origine è soggetto alle stesse regole professionali e deontologiche cui sono soggetti gli avvocati che esercitano col corrispondente titolo professionale dello Stato membro ospitante per tutte le attività che esercita sul territorio di detto Stato.2. Gli, avvocati che esercitano con il proprio titolo professionale di origine devono essere adeguatamente rappresentati nelle organizzazioni professionali dello Stato membro ospitante. Tale rappresentanza prevede almeno un diritto di voto per l'elezione degli organi di dette organizzazioni.3. Lo Stato membro ospitante può imporre all'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine l'obbligo di sottoscrivere un'assicurazione per la responsabilità professionale o l'obbligo di affiliarsi ad un fondo di garanzia professionale, secondo la normativa che disciplina le attività professionali esercitate sul suo territorio. L'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine è tuttavia dispensato dall'osservanza di tale obbligo, qualora documenti di avere sottoscritto in'assicurazione o di essere coperto da una garanzia secondo la normativa dello Stato membro di origine, nella misura in cui le modalità e l'estensione della copertura siano equivalenti. Qualora l'equivalenza sia solo parziale, l'autorità competente dello Stato membro ospitante può esigere che l'interessato sottoscriva un'assicurazione o una garanzia complementare per coprire gli elementi che non risultino già coperti dall'assicurazione o dalla garanzia sottoscritta secondo la normativa dello Stato membro d'origine.Articolo 7 Procedimenti disciplinari 1. Se l'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine non ottempera agli obblighi vigenti nello Stato membro ospitante si applicano le regole di procedura, le sanzioni e i mezzi di ricorso previsti nello Stato membro ospitante.2. Prima di avviare un procedimento disciplinare nei confronti dell'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale d'origine, l'autorità competente dello Stato membro ospitante ne dà comunicazione con la massima sollecitudine all'autorità competente dello Stato membro di origine fornendo a questa ogni informazione utile.Il primo comma si applica, mutatis mutandis, allorché un procedimento disciplinare è avviato dall'autorità competente dello Stato membro d'origine, che ne informa l'autorità competente dello Stato o degli Stati membri ospitanti.3. Senza pregiudizio del potere decisionale dell'autorità competente dello Stato membro ospitante, questa coopera per tutto lo svolgimento del procedimento disciplinare con l'autorità competente dello Stato membro di origine. In particolare, lo Stato membro ospitante prende le disposizioni necessarie affinché l'autorità competente dello Stato membro di origine possa presentare le proprie osservazioni dinanzi agli organi competenti per i ricorsi.4. L'autorità competente dello Stato membro di origine decide, secondo le proprie norme sostanziali e procedurali, quali conseguenze debbano trarsi dalla decisione presa dall'autorità competente dello Stato membro ospitante nei confronti dell'avvocato che ivi esercita con il proprio titolo professionale d'origine.5. Pur non costituendo una condizione preliminare della decisione dell'autorità competente dello Stato membro ospitante, la revoca temporanea o definitiva dell'abilitazione all'esercizio della professione disposta dall'autorità competente dello Stato membro di origine comporta automaticamente, per l'avvocato che ne è oggetto, il divieto temporaneo o definitivo di esercitare con il proprio titolo professionale di origine nello Stato membro ospitante.Articolo 8 Esercizio nell'ambito di un rapporto subordinato L'avvocato iscritto nello Stato membro ospitante con il titolo professionale di origine può esercitare la professione come lavoratore subordinato di un altro avvocato, di un'associazione o società di avvocati, di un ente pubblico o privato, qualora lo Stato membro ospitante lo consenta agli avvocati iscritti con il titolo professionale che esso rilascia.Articolo 9 Motivazione e ricorso giurisdizionale Le decisioni con cui viene negata o revocata l'iscrizione di cui all'articolo 3 e le decisioni che infliggono sanzioni disciplinari devono essere motivate.Tali decisioni sono soggette a ricorso giurisdizionale di diritto interno.Articolo 10 Assimilazione all'avvocato dello Stato membro ospitante 1. L'avvocato che eserciti con il proprio titolo professionale di origine e che abbia comprovato l'esercizio per almeno tre anni di un'attività effettiva e regolare nello Stato membro ospitante, e riguardante il diritto di tale Stato, ivi compreso il diritto comunitario, è dispensato dalle condizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b) della direttiva 89/48/CEE per accedere alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante. Per attività effettiva e regolare si intende l'esercizio reale dell'attività senza interruzioni che non siano quelle dovute agli eventi della vita quotidiana.Grava sull'interessato l'onere di provare all'autorità competente dello Stato membro ospitante l'esercizio di tale attività effettiva e regolare per una durata minima di tre anni nel diritto dello Stato membro ospitante. A tal fine:a) l'avvocato fornisce all'autorità competente dello Stato ospitante ogni informazione e documento utile, in particolare per quanto attiene al numero e alla natura delle pratiche trattate;b) l'autorità competente dello Stato membro ospitante può verificare il carattere regolare ed effettivo dell'attività esercitata e, se necessario, invitare l'avvocato a fornire oralmente o per iscritto chiarimenti o precisazioni supplementari in merito alle informazioni e ai documenti menzionati nella lettera a).La decisione dell'autorità competente dello Stato membro ospitante di non concedere tale dispensa qualora non sia fornita la prova che i requisiti di cui al primo comma sono soddisfatti deve essere motivata ed è soggetta a ricorso giurisdizionale di diritto interno.2. Un avvocato che eserciti con il proprio titolo professionale di origine in uno Stato membro ospitante può in qualsiasi momento chiedere il riconoscimento del proprio diploma a norma della direttiva 89/48/CEE, allo scopo di accedere alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante e di esercitarla con il titolo professionale corrispondente a tale professione in detto Stato membro.3. Un avvocato che eserciti con il proprio titolo professionale di origine, che dimostri un'attività effettiva e regolare per un periodo di almeno tre anni nello Stato membro ospitante, ma di durata inferiore relativamente al diritto di tale Stato membro, può ottenere dall'autorità competente di detto Stato membro l'accesso alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante e il diritto di esercitarla con il titolo professionale corrispondente a tale professione in detto Stato membro, senza dover rispettare le condizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b) della direttiva 89/48/CEE, alle condizioni e secondo le modalità qui di seguito indicate:a) L'autorità dello Stato membro ospitante prende in considerazione l'attività effettiva e regolare nel corso del periodo sopra precisato, nonché le conoscenze e le esperienze professionali nel diritto dello Stato membro ospitante, nonché la partecipazione del richiedente a corsi o seminari che vertono sul diritto dello Stato membro ospitante, compreso l'ordinamento della professione e la deontologia professionale.b) L'avvocato fornisce all'autorità dello Stato membro ospitante tutte le informazioni e i documenti utili, in particolare sulle pratiche da lui seguite. La valutazione dell'attività effettiva e regolare dell'avvocato svolta nello Stato ospitante, nonché la valutazione della sua capacità di proseguire l'attività ivi esercitata viene effettuata nell'ambito di un colloquio con l'autorità competente dello Stato membro ospitante, che mira a verificare il carattere regolare ed effettivo dell'attività esercitata.La decisione dell'autorità competente dello Stato membro ospitante di non concedere l'autorizzazione qualora non sia fornita la prova che i requisiti stabiliti al primo comma sono soddisfatti deve essere motivata ed è soggetta a ricorso giurisdizionale di diritto interno.4. L'autorità competente dello Stato membro ospitante può, con decisione motivata soggetta a un ricorso giurisdizionale di diritti interno, non ammettere l'avvocato al beneficio delle disposizioni del presente articolo qualora ritenga che l'ordine pubblico sarebbe pregiudicato, in particolare a causa di procedimenti disciplinari, di reclami o di altri incidenti di qualsiasi natura.5. I rappresentanti dell'autorità competente incaricati di istruire le domande garantiscono il segreto su tutte le informazioni ottenute.6. L'avvocato che accede alla professione di avvocato dello Stato membro ospitante secondo le modalità previste dai paragrafi 1, 2, e 3 ha diritto di far uso, a fianco del titolo professionale corrispondente alla professione di avvocato nello Stato membro ospitante, del titolo professionale d'origine indicato nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro d'origine.Articolo 11 Esercizio in comune della professione Ove l'esercizio in comune della professione sia consentito agli avvocati che esercitano l'attività col titolo professionale corrispondente nello Stato membro ospitante, agli avvocati che intendono esercitare l'attività con tale titolo o che si iscrivono presso l'autorità competente si applicano le seguenti disposizioni:1) Uno o più avvocati che esercitino col proprio titolo professionale d'origine in uno Stato membro ospitante e membri di uno stesso studio collettivo nello Stato membro di origine, possono praticare la loro attività professionale nell'ambito di una succursale o di un'agenzia del loro studio collettivo nello Stato membro ospitante. Tuttavia, quando le regole fondamentali che disciplinano la costituzione dell'attività di tale studio collettivo nello Stato membro di origine siano incompatibili con le regole fondamentali derivanti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro ospitante, queste ultime regole si applicano se ed in quanto la loro osservanza sia giustificata dall'interesse generale della tutela dei clienti e dei terzi.2) Ogni Stato membro offre la possibilità a due o più avvocati provenienti dallo stesso studio collettivo o dallo stesso Stato membro d'origine e che esercitano sul suo territorio con il loro titolo professionale d'origine di accedere ad una forma d'esercizio in comune della professione. Agli stessi avvocati devono essere accessibili tutte le forme di esercizio in comune della professione eventualmente consentite dall'ordinamento dello Stato membro ospitante. Le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative dello Stato membro ospitante disciplinano le modalità secondo le quali tali avvocati esercitano in comune le loro attività.3) Lo Stato membro ospitante prende i provvedimenti necessari per consentire l'esercizio in comune delle attività professionali anchea) a più avvocati provenienti da Stati membri diversi che esercitano con il loro titolo professionale di origine,b) a uno o più avvocati di cui alla lettera a) e a uno o più avvocati dello Stato membro ospitante.Le modalità secondo le quali detti avvocati esercitano in comune la loro attività nello Stato membro ospitante sono disciplinate dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale Stato membro.4) L'avvocato che intenda esercitare col proprio titolo professionale di origine informa l'autorità competente dello Stato membro ospitante di far parte di uno studio collettivo nel proprio Stato membro di origine e fornisce tutte le informazioni utili riguardanti quest'ultimo.5) In deroga ai punti da 1 a 4 lo Stato membro ospitante, qualora vieti agli avvocati che esercitano con il loro titolo professionale corrispondente l'esercizio della professione di avvocato nell'ambito di uno studio in cui operino persone estranee alla professione, può rifiutare ad un avvocato iscritto col suo titolo professionale d'origine di esercitare sul proprio territorio in qualità di membro di tale studio. Si considera che nello studio operano persone estranee alla professione allorché:- il capitale di quest'ultimo è detenuto in tutto o in parte, o- la denominazione con la quale viene esercitata la professione è utilizzata, ovvero- il potere decisionale viene esercitato di fatto e di diritto,da persone non aventi la qualifica di avvocato a norma dell'articolo 1, paragrafo 2.Qualora le norme fondamentali alla base di un simile studio collettivo di avvocati nello Stato membro di origine siano incompatibili con le norme in vigore nello Stato membro ospitante o con le disposizioni di cui al primo comma, lo Stato membro ospitante può, senza le restrizioni di cui al punto 1), opporsi all'apertura di una filiale o di un'agenzia nel proprio territorio.Articolo 12 Denominazione dello studio collettivo Indipendentemente dalle modalità secondo le quali esercitano la professione con il loro titolo professionale di origine nello Stato membro ospitante, gli avvocati possono menzionare la denominazione dello studio collettivo di cui fanno parte nello Stato membro di origine.Lo Stato membro ospitante può esigere che, oltre alla denominazione di cui al primo comma sia indicata anche la forma giuridica dello studio collettivo nello Stato membro di origine e/o i nomi dei suoi membri che esercitano nel proprio territorio.Articolo 13 Cooperazione fra le autorità competenti dello Stato membro ospitante e dello Stato membro d'origine e riservatezza Allo scopo di facilitare l'applicazione della presente direttiva ed evitare che le sue disposizioni siano eluse al solo scopo di sottrarsi all'osservanza della normativa vigente nello Stato membro ospitante, le autorità competenti di questo e dello Stato membro d'origine collaborano strettamente e si accordano reciproca assistenza.Esse garantiscono la riservatezza delle informazioni che si comunicano.Articolo 14 Designazione delle autorità competenti Al più tardi il 14 marzo 2000 gli Stati membri designano le autorità competenti a ricevere le domande e a prendere le decisioni contemplate dalla presente direttiva. Essi ne informano gli altri Stati membri e la Commissione.Articolo 15 Relazione della Commissione Entro dieci anni a decorrere dall'entrata in vigore della presente direttiva, la Commissione presenterà una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della direttiva.Dopo aver proceduto a tutte le consultazioni necessarie, essa presenterà in tale occasione le sue conclusioni e le eventuali modifiche da apportare al sistema in vigore.Articolo 16 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 14 marzo 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 17 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 18 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 16 febbraio 1998.Per il ParlamentoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteJ. CUNNINGHAM(1) GU C 128 del 24. 5. 95, pag. 6 eGU C 355 del 25. 11. 1996, pag. 19.(2) GU C 256 del 2. 10. 1995, pag. 14.(3) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 1996 (GU C 198 dell'8. 7. 1996, pag. 85), posizione comune del Consiglio del 24 luglio 1997 (GU C 297 del 29. 9. 1997, pag. 6), decisione del Parlamento europeo del 19 novembre 1997. (Decisione del Consiglio del 15 dicembre 1997.)(4) GU L 19 del 24. 1. 1989, pag. 16.(5) Gu L 78 del 26. 3. 1977, pag. 17. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(6) Racc. 1988, pag. 1123.
Avvocati che esercitano stabilmente all'estero — Le norme dell'Unione europea SINTESI COSA FA LA DIRETTIVA? La direttiva consente agli avvocati che hanno acquistato la qualifica in un paese dell’Unione europea (UE), di esercitare stabilmente in un altro paese con il titolo professionale d’origine. La direttiva si applica ai cittadini dell’UE autorizzati all’esercizio con il titolo professionale di «avvocato» , ma il sistema si estende anche ai cittadini dei paesi dello Spazio economico europeo e della Svizzera. PUNTI CHIAVE Diritto di esercitare Gli avvocati possono praticare stabilmente la loro professione in un altro paese dell’UE con il titolo professionale acquisito nel paese dell’UE d’origine. Coloro che desiderano farlo, devono registrarsi presso le autorità competenti del paese dell’UE ospitante. Ambiti di attività Gli avvocati che esercitano con il loro titolo professionale d’origine possono svolgere le stesse attività professionali degli avvocati del paese ospitante, con alcune eccezioni. Possono fornire consulenze sul diritto del paese d’origine e di quello UE ospitante, così come sulla legislazione dell’UE e quella internazionale. Per quanto concerne le attività legate alla rappresentanza ed alla difesa di un cliente in giudizio, è possibile che agli avvocati che hanno acquisito la qualifica in un paese diverso da quello in questione venga richiesto di collaborare di concerto con un avvocato locale. Posizione paritaria In presenza di determinate condizioni, gli avvocati provenienti da altri paesi dell’UE possono ottenere il titolo professionale del paese UE ospitante. Devono svolgere un’attività effettiva e regolare per tre anni nel paese ospitante e avere maturato una dimestichezza sufficiente con il diritto del paese ospitante durante detto periodo. Qualora l’attività legata al diritto del paese ospitante non risulti sufficiente, gli avvocati che hanno acquistato la qualifica al di fuori di quest’ultimo potranno comunque ottenere il titolo professionale del paese ospitante dimostrando alle autorità competenti di avere acquisito le conoscenze necessarie con altri mezzi (ad es. frequentando corsi o seminari pertinenti). Esercizio in comune della professione Se un paese dell’UE ospitante consente l’esercizio in comune della professione, uno o più avvocati appartenenti a uno studio collettivo nel paese d’origine potranno continuare a esercitare come membri dello studio collettivo nel paese ospitante. Regole professionali e deontologiche Gli avvocati che esercitano stabilmente in un altro paese dell’UE devono osservare le regole professionali e deontologiche del paese ospitante, pur restando soggetti al codice deontologico del proprio paese d’origine. Procedure disciplinari Gli avvocati che esercitano con il titolo professionale del paese d’origine sono soggetti alle procedure disciplinari del paese dell’UE ospitante. A PARTIRE DA QUANTO ENTRA IN VIGORE LA DIRETTIVA? A partire dal 14 marzo 1998. I paesi dell’UE avrebbero dovuto recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 14 marzo 2000. CONTESTO Alla professione legale si applicano anche altri strumenti giuridici dell’UE. Essi riguardano: la possibilità di offrire servizi a carattere temporaneo e occasionale (direttiva 77/249/CEE); il riconoscimento della qualifica professionale, in modo tale da ottenere l’integrazione immediata nella professione nel paese dell’UE ospitante (direttiva 2005/36/CE); professioni dotate di una legislazione specifica. ATTO Direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica (GU L 77 del 14.3.1998, pagg. 36-43) Le modifiche successive alla direttiva 98/5/CE sono state incorporate nel testo base. Questa versione consolidata è da utilizzarsi a solo scopo di riferimento. ATTI COLLEGATI Direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati (GU L 78 del 26.3.1977, pagg. 17-18). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255 del 30.9.2005, pagg. 22-142). Si veda la versione consolidata.
11,390
903
31993L0109
false
Direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini Gazzetta ufficiale n. L 329 del 30/12/1993 pag. 0034 - 0038 edizione speciale finlandese: capitolo 1 tomo 3 pag. 0076 edizione speciale svedese/ capitolo 1 tomo 3 pag. 0076 DIRETTIVA 93/109/CE DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 1993 relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadiniIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 8 B, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando che il trattato sull'Unione europea costituisce una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta fra i popoli dell'Europa; che uno dei suoi compiti è quello di organizzare in maniera coerente e solidale le relazioni fra i popoli degli Stati membri e che uno dei suoi obiettivi fondamentali è quello di rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dei propri Stati membri grazie all'introduzione di una cittadinanza dell'Unione; considerando che a tale scopo le disposizioni del titolo II del trattato sull'Unione europea, che modifica il trattato che istituisce la Comunità economica europea per creare la Comunità europea, introducono una cittadinanza dell'Unione a beneficio di tutti i cittadini degli Stati membri e riconoscono loro, a tale titolo, un complesso di diritti; considerando che il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, previsto dall'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato che istituisce la Comunità europea, costituisce un'applicazione del principio di non discriminazione fra cittadini per origine e altri cittadini, nonché un corollario del diritto di libera circolazione e di soggiorno, sancito dall'articolo 8 A dello stesso trattato; considerando che l'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE riguarda solo la possibilità di esercitare il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo, senza recare pregiudizio all'attuazione dell'articolo 138, paragrafo 3 del trattato CE, che prevede l'introduzione di una procedura uniforme in tutti gli Stati membri per tali elezioni; che esso mira essenzialmente ad eliminare la condizione della cittadinanza che attualmente è richiesta nella maggior parte degli Stati membri per esercitare tali diritti; considerando che l'applicazione dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE non presuppone un'armonizzazione dei sistemi elettorali degli Stati membri e che, inoltre, per tener conto del principio di proporzionalità enunciato all'articolo 3 B, terzo comma del trattato CE, il contenuto della legislazione comunitaria in materia non deve andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento dell'obiettivo dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE; considerando che l'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE si propone di fare in modo che tutti i cittadini dell'Unione, siano essi o meno cittadini dello Stato membro di residenza, possano esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo alle stesse condizioni; che è necessario quindi che le condizioni, specie quelle connesse con la durata e con la prova della residenza, valide per i cittadini di altri Stati membri, siano identiche a quelle eventualmente applicabili ai cittadini dello Stato membro considerato; considerando che l'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE prevede il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo nello Stato membro di residenza senza peraltro sostituirlo al diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di cui il cittadino europeo ha la cittadinanza; che è importante rispettare la libertà di scelta dei cittadini dell'Unione, quanto allo Stato membro nel quale intendono partecipare alle elezioni europee, facendo però in modo di evitare un abuso di tale libertà tramite un doppio voto o una doppia candidatura; considerando che qualsiasi deroga alle norme generali della presente direttiva deve essere giustificata, a norma dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE, da problemi specifici di uno Stato membro e che ogni disposizione derogatoria, per sua stessa natura, deve essere sottoposta a riesame; considerando che tali problemi specifici possono sorgere specialmente in uno Stato membro in cui la percentuale dei cittadini dell'Unione che vi risiedono senza averne la cittadinanza e che hanno raggiunto l'età del voto supera di molto la media; che una quota del 20 % di questi cittadini rispetto al totale dell'elettorato giustifica disposizioni derogatorie che si basino sul criterio della durata della residenza; considerando che la cittadinanza dell'Unione mira ad una migliore integrazione dei cittadini dell'Unione nel paese ospitante e che, in questo contesto, è conforme all'intento degli autori del trattato evitare ogni polarizzazione tra le liste dei candidati nazionali e stranieri; considerando che tale rischio di polarizzazione riguarda in particolare uno Stato membro in cui la percentuale di cittadini dell'Unione stranieri in età di voto supera il 20 % di tutti i cittadini dell'Unione in età di voto residenti in detto Stato e che, di conseguenza, lo Stato membro in causa deve poter adottare, nell'osservanza dell'articolo 8 B del trattato CE, disposizioni specifiche relative alla composizione delle liste dei candidati; considerando che si deve tener conto del fatto che in alcuni Stati membri i cittadini di altri Stati membri che vi risiedono hanno diritto di voto alle elezioni per il Parlamento nazionale e che, di conseguenza, alcune disposizioni della presente direttiva possono non essere applicabili in tali Stati, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 1. La presente direttiva stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell'Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo. 2. Le disposizioni della presente direttiva fanno salve le disposizioni di ogni Stato membro in materia di diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini che risiedono fuori del suo territorio elettorale. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intendono per: 1) « elezioni al Parlamento europeo », le elezioni a suffragio universale diretto dei rappresentanti al Parlamento europeo conformemente all'Atto del 20 settembre 1976 (1); 2) « territorio elettorale », il territorio di uno Stato membro in cui, conformemente allo stesso Atto e, in questo quadro, alle leggi elettorali di detto Stato membro, i membri del Parlamento europeo sono eletti dal popolo di detto Stato membro; 3) « Stato membro di residenza », lo Stato membro in cui il cittadino dell'Unione risiede senza averne la cittadinanza; 4) « Stato membro d'origine », lo Stato membro di cui il cittadino dell'Unione ha la cittadinanza; 5) « elettore comunitario », ogni cittadino dell'Unione che abbia il diritto di voto alle elezioni per il Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, conformemente alle disposizioni della presente direttiva; 6) « cittadino eleggibile comunitario », ogni cittadino dell'Unione che abbia il diritto di eleggibilità al Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, conformemente alle disposizioni della presente direttiva; 7) « lista elettorale », il registro ufficiale di tutti gli elettori che hanno il diritto di votare in una determinata circoscrizione o in un determinato ente locale, compilato e aggiornato dalle competenti autorità secondo le leggi elettorali dello Stato membro di residenza oppure il registro della popolazione, se indica la qualità di elettore; 8) « giorno di riferimento », il giorno o i giorni in cui i cittadini dell'Unione devono soddisfare, a norma della legislazione dello Stato membro di residenza, le condizioni richieste per essere ivi elettori o cittadino eleggibile; 9) « dichiarazione formale », l'atto rilasciato dall'interessato, la cui inesattezza è passibile di sanzioni, conformemente alla legge nazionale applicabile. Articolo 3 Ogni persona che, nel giorno di riferimento, a) è cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, secondo comma del trattato, e b) pur non essendo cittadino dello Stato membro di residenza, possiede i requisiti a cui la legislazione di detto Stato subordina il diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini, ha il diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo se non è decaduta da tali diritti in virtù dell'articolo 6 o 7. Qualora i cittadini dello Stato membro di residenza debbano aver acquisito la cittadinanza da un periodo minimo per essere eleggibili, i cittadini dell'Unione sono considerati in possesso di tale requisito qualora abbiano acquisito la cittadinanza di uno Stato membro da questo stesso periodo. Articolo 4 1. L'elettore comunitario esercita il diritto di voto nello Stato membro di residenza o nello Stato membro d'origine. Nessuno può votare più di una volta nel corso delle stesse elezioni. 2. Nessuno può presentarsi come candidato in più di uno Stato membro nel corso delle stesse elezioni. Articolo 5 Qualora i cittadini dello Stato membro di residenza debbano risiedere da un periodo minimo nel territorio elettorale per essere elettori o eleggibili, gli elettori e i cittadini comunitari eleggibili sono considerati in possesso di tale requisito qualora abbiano risieduto in altri Stati membri per una durata equivalente. Questa disposizione si applica fatte salve le specifiche condizioni connesse alla durata della residenza in una determinata circoscrizione o collettività locale. Articolo 6 1. Ogni cittadino dell'Unione che risiede in uno Stato membro senza averne la cittadinanza e che, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, è decaduto dal diritto di eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro di residenza o di quello dello Stato membro d'origine, è escluso dall'esercizio di questo diritto nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo. 2. La candidatura di ogni cittadino dell'Unione alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza è dichiarata inammissibile qualora detto cittadino non possa presentare l'attestato di cui all'articolo 10, paragrafo 2. Articolo 7 1. Lo Stato membro di residenza può accertarsi che il cittadino dell'Unione che ha espresso la volontà di esercitarvi il diritto di voto non sia decaduto, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, da tale diritto nello Stato membro d'origine. 2. Ai fini dell'attuazione del paragrafo 1 del presente articolo, lo Stato membro di residenza può notificare la dichiarazione di cui all'articolo 9, paragrafo 2 allo Stato membro d'origine. Allo stesso fine le informazioni disponibili provenienti dallo Stato d'origine sono trasmesse nelle forme e nei termini appropriati; queste informazioni possono comportare solo le indicazioni strettamente necessarie all'attuazione del presente articolo ed essere utilizzate unicamente a tale scopo. Se le informazioni trasmesse infirmano il contenuto della dichiarazione, lo Stato membro di residenza prende le misure adeguate per prevenire il voto dell'interessato. 3. Lo Stato membro di origine può inoltre trasmettere allo Stato membro di residenza, nello dovute forme e entro termini appropriati, le informazioni necessarie per l'attuazione del presente articolo. Articolo 8 1. L'elettore comunitario esercita il diritto di voto nello Stato membro di residenza qualora ne abbia espresso la volontà. 2. Se nello Stato membro di residenza il voto è obbligatorio, tale obbligo si applica agli elettori comunitari che ne hanno espresso la volontà. CAPO II ESERCIZIO DEL DIRITTO DI VOTO E DI ELEGGIBILITÀ Articolo 9 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire all'elettore comunitario che ne abbia espresso la volontà di essere iscritto nelle liste elettorali in tempo utile prima della consultazione elettorale. 2. Per essere iscritto nelle liste elettorali l'elettore comunitario deve fornire le stesse prove di un elettore nazionale. Egli deve inoltre presentare una dichiarazione formale, indicante: a) cittadinanza e indirizzo nel territorio elettorale nello Stato membro di residenza, b) eventualmente la collettività locale o la circoscrizione dello Stato membro di origine nelle cui liste elettorali è stato iscritto da ultimo e c) che eserciterà il diritto di voto esclusivamente nello Stato membro di residenza. 3. Inoltre, lo Stato membro di residenza può esigere che l'elettore comunitario a) precisi, nella dichiarazione di cui al paragrafo 2, che non è decaduto dal diritto di voto nello Stato membro di origine, b) presenti un documento di identità valido, c) indichi da che data risiede in questo Stato o in un altro Stato membro. 4. Gli elettori comunitari iscritti nelle liste elettorali vi restano iscritti, alle stesse condizioni degli elettori nazionali, finché non chiedono la cancellazione o finché non sono cancellati d'ufficio in quanto siano venute meno le condizioni richieste per l'esercizio del diritto di voto. Articolo 10 1. All'atto del deposito della dichiarazione di candidatura, il cittadino comunitario eleggibile deve fornire le stesse prove richieste al candidato nazionale. Inoltre, deve presentare una dichiarazione formale, indicante: a) cittadinanza e indirizzo nel territorio elettorale dello Stato membro di residenza; b) che non è simultaneamente candidato alle elezioni al Parlamento europeo in un altro Stato membro, c) eventualmente la collettività locale o la circoscrizione dello Stato membro di origine nelle cui liste elettorali è stato iscritto da ultimo. 2. Il cittadino comunitario eleggibile deve inoltre presentare, all'atto del deposito della propria candidatura, un attestato delle autorità amministrative competenti dello Stato d'origine che certifichi che egli non è decaduto dal diritto di eleggibilità in tale Stato o che a dette autorità non risulta che il cittadino sia decaduto da tale diritto. 3. Inoltre, lo Stato membro di residenza può esigere che il cittadino comunitario eleggibile presenti un documento di identità valido; può anche esigere che egli indichi da che data è cittadino di uno Stato membro. Articolo 11 1. Lo Stato membro di residenza informa l'interessato sul seguito riservato alla domanda di iscrizione nelle liste elettorali o sulla decisione relativa all'ammissibilità della candidatura. 2. In caso di rifiuto di iscrizione nelle liste elettorali o di rifiuto della candidatura, l'interessato può presentare i ricorsi che la legislazione dello Stato membro di residenza consente, in casi analoghi, agli elettori e ai candidati nazionali. Articolo 12 Lo Stato membro di residenza informa, in tempo utile e in maniera adeguata, gli elettori e i cittadini comunitari eleggibili sulle condizioni e modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità nel suo territorio. Articolo 13 Gli Stati membri si scambiano le informazioni necessarie per attuare l'articolo 4. A tale scopo, lo Stato membro di residenza, in base alla dichiarazione formale di cui agli articoli 9 e 10, trasmette allo Stato membro di origine, entro un termine appropriato prima di ogni consultazione elettorale, le informazioni relative ai cittadini di quest'ultimo iscritti nelle liste elettorali o che hanno presentato una candidatura. Lo Stato membro di origine adotta, conformemente alla legislazione nazionale, le misure adeguate allo scopo di evitare il doppio voto e la doppia candidatura dei propri cittadini. CAPO III DISPOSIZIONI DEROGATORIE E TRANSITORIE Articolo 14 1. Se in uno Stato membro alla data del 1o gennaio 1993 la percentuale dei cittadini dell'Unione ivi residenti senza averne la cittadinanza e che hanno raggiunto l'età per essere elettori supera il 20 % di tutti i cittadini dell'Unione ivi residenti e che hanno l'età per essere elettori, detto Stato membro, in deroga agli articoli 3, 9 e 10: a) può riservare il diritto di voto agli elettori comunitari residenti in tale Stato membro da un periodo minimo, non superiore a 5 anni, b) può riservare il diritto di eleggibilità ai cittadini comunitari eleggibili residenti in tale Stato membro da un periodo minimo, non superiore ai 10 anni. Tali disposizioni non pregiudicano le misure appropriate che detto Stato membro può prendere in materia di costituzione delle liste dei candidati, volte in particolare a favorire l'integrazione dei cittadini dell'Unione stranieri. Tuttavia, agli elettori e ai cittadini comunitari eleggibili che, a motivo della loro residenza fuori dello Stato membro di origine o della sua durata, non hanno in esso il diritto elettorale attivo o passivo, non possono essere opposti i requisiti relativi alla durata della residenza, di cui al primo comma. 2. Se alla data del 1o febbraio 1994 la legislazione di uno Stato membro stabilisce che i cittadini di un altro Stato membro che vi risiedono godono del diritto di voto al Parlamento nazionale di detto Stato e possono essere iscritti, a tal fine, sulle liste elettorali di detto Stato membro alle stesse condizioni degli elettori nazionali, il primo Stato membro, in deroga alla presente direttiva, ha la facoltà di non applicare gli articoli da 6 a 13 a tali cittadini. 3. Entro il 31 dicembre 1997 e, successivamente, diciotto mesi prima di ciascuna elezione al Parlamento europeo, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione nella quale verifica il persistere dei motivi che giustificano la concessione agli Stati membri interessati di una deroga in forza dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE e propone eventualmente che si proceda agli opportuni adeguamenti. Gli Stati membri che adottano disposizioni derogatorie, in conformità del paragrafo 1, forniscono alla Commissione tutti i necessari elementi giustificativi. Articolo 15 Per le quarte elezioni dirette al Parlamento europeo, si applicano le seguenti disposizioni specifiche: a) i cittadini dell'Unione che al 15 febbraio 1994 hanno già il diritto di voto nello Stato membro di residenza e figurano su una lista elettorale di tale Stato non sono tenuti ad espletare le formalità previste all'articolo 9; b) gli Stati membri nei quali le liste elettorali sono state formate anteriormente al 15 febbraio 1994 prendono le disposizioni necessarie per consentire agli elettori comunitari che intendono esercitarvi il diritto di voto di iscriversi nelle liste elettorali entro un termine adeguato prima del giorno della consultazione elettorale; c) gli Stati membri nei quali il voto non è obbligatorio e che, senza compilare una lista elettorale specifica, menzionano la qualità di elettore nel registro anagrafico, possono applicare questo regime anche agli elettori comunitari che figurano in tale registro e che, dopo essere stati informati individualmente dei loro diritti, non hanno manifestato la volontà di esercitare il diritto di voto nello Stato membro di origine. Essi trasmettono alle autorità dello Stato membro d'origine il documento che manifesta l'intenzione espressa da questi elettori di votare nello Stato membro di residenza; d) gli Stati membri nei quali la procedura interna di designazione dei candidati dei partiti o gruppi politici è disciplinata dalla legge possono disporre che tali procedure avviate, conformemente a tale legge, anteriormente al 1o febbraio 1994 e le decisioni adottate in tale ambito rimangano valide. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 16 La Commissione presenta al Parlamento europeo ed al Consiglio, anteriormente al 31 dicembre 1995, una relazione sull'applicazione della presente direttiva in occasione delle elezioni al Parlamento europeo del giugno 1994. Sulla base di questa relazione il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può adottare disposizioni volte a modificare la presente direttiva. Articolo 17 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 1o febbraio 1994. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 18 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 19 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 1993. Per il Consiglio Il Presidente W. CLAES (1) GU n. C 329 del 6. 12. 1993. (2) GU n. L 278 dell'8. 10. 1976, pag. 5.
Diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce disposizioni dettagliate in base alle quali i cittadini dell’UE che risiedono in un paese dell’UE di cui non hanno la cittadinanza possono esercitare il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo (PE) in quel paese. PUNTI CHIAVE Requisiti da soddisfare La direttiva definisce i requisiti che un cittadino di un altro paese dell’UE deve soddisfare per votare o presentarsi come candidato nel proprio paese di residenza. La persona deve:essere cittadino dell’UE; essere residente nel paese dell’UE in cui intende votare o presentarsi come candidato; soddisfare le stesse condizioni dei cittadini di quel paese dell’UE che desiderano votare o presentarsi come candidati (principio dell’uguaglianza tra elettori nazionali e stranieri). Procedure più semplici per la presentazione delle candidatureLa direttiva è stata modificata nel 2013 per semplificare le procedure di presentazione delle candidature di chi risiede in un paese dell’UE di cui non ha la cittadinanza. In precedenza, i cittadini dell’UE che si trovavano in questa situazione dovevano fornire un certificato del loro paese di cittadinanza attestante che non erano stati esclusi dalla candidatura alle elezioni del PE in quel paese. Dal 2014, i cittadini dell’UE che presentano la loro candidatura alle elezioni possono fornire una dichiarazione invece del certificato. Le autorità del paese UE di residenza devono mettersi in contatto con il paese di cui la persona ha la cittadinanza per verificare la validità della dichiarazione. Per garantire una comunicazione efficace, i paesi dell’UE devono designare ciascuno un punto di contatto responsabile della notifica delle informazioni relative ai candidati. Esercizio del diritto di voto e di eleggibilità I cittadini dell’Unione possono esercitare il diritto di voto e di eleggibilità o nel paese UE di residenza o nel paese d’origine. Nessuno può votare più di una volta o presentarsi come candidato in più di un paese dell’UE alla stessa elezione. Iscrizione nelle liste elettoraliGli elettori possono essere iscritti nelle liste elettorali del loro paese di residenza solo se ne fanno richiesta in anticipo. Nei paesi dell’UE per i cui cittadini vige l’obbligo di voto, gli elettori stranieri che chiedono di essere iscritti nelle liste elettorali sono soggetti allo stesso obbligo.Per essere iscritti nelle liste elettorali, gli elettori stranieri devono presentare gli stessi documenti degli elettori nazionali. Devono inoltre fornire ulteriori informazioni sotto forma di dichiarazione formale. RicorsiI ricorsi di cui dispongono i cittadini nazionali devono essere accessibili anche ai cittadini stranieri cui sia stata negata l’iscrizione nelle liste elettorali o la cui candidatura sia stata respinta. Norme nazionali relative ai cittadini che vivono al di fuori del proprio territorio Nessuna disposizione della direttiva 93/109/CE può incidere sulle norme di ciascun paese dell’UE relative al diritto di voto o di eleggibilità dei suoi cittadini che risiedono al di fuori del proprio territorio elettorale. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? La direttiva si applica dal 30 dicembre 1993. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1° febbraio 1994. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Elezioni del Parlamento europeo (La tua Europa). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini (GU L 329 del 30.12.1993, pag. 34). Le successive modifiche alla direttiva 93/109/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
7,416
590
32008L0099
false
DIRETTIVA 2008/99/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Ai sensi dell’articolo 174, paragrafo 2, del trattato, la politica comunitaria in materia di ambiente deve mirare ad un elevato livello di tutela. (2) La Comunità è preoccupata per l’aumento dei reati ambientali e per le loro conseguenze, che sempre più frequentemente si estendono al di là delle frontiere degli Stati in cui i reati vengono commessi. Questi reati rappresentano una minaccia per l’ambiente ed esigono pertanto una risposta adeguata. (3) L’esperienza dimostra che i sistemi sanzionatori vigenti non sono sufficienti per garantire la piena osservanza della normativa in materia di tutela dell’ambiente. Tale osservanza può e dovrebbe essere rafforzata mediante la disponibilità di sanzioni penali, che sono indice di una riprovazione sociale di natura qualitativamente diversa rispetto alle sanzioni amministrative o ai meccanismi risarcitori di diritto civile. (4) L’introduzione di regole comuni sui reati consente di usare efficaci metodi d’indagine e di assistenza, all’interno di uno Stato membro o tra diversi Stati membri. (5) Un’efficace tutela dell’ambiente esige, in particolare, sanzioni maggiormente dissuasive per le attività che danneggiano l’ambiente, le quali generalmente provocano o possono provocare un deterioramento significativo della qualità dell’aria, compresa la stratosfera, del suolo, dell’acqua, della fauna e della flora, compresa la conservazione delle specie. (6) L’inosservanza di un obbligo di agire può avere gli stessi effetti del comportamento attivo e dovrebbe quindi essere parimenti passibile di sanzioni adeguate. (7) Pertanto, tali condotte dovrebbero essere perseguibili penalmente in tutto il territorio della Comunità qualora siano state poste in essere intenzionalmente o per grave negligenza. (8) La legislazione elencata negli allegati della presente direttiva contiene disposizioni che dovrebbero essere soggette a misure di diritto penale per garantire che le norme sulla tutela dell’ambiente siano pienamente efficaci. (9) Gli obblighi imposti dalla presente direttiva riguardano unicamente le disposizioni della legislazione elencata negli allegati della presente direttiva che obbligano gli Stati membri, in sede di attuazione della legislazione, a prevedere misure di divieto. (10) La presente direttiva obbliga gli Stati membri a prevedere nella loro legislazione nazionale sanzioni penali in relazione a gravi violazioni delle disposizioni del diritto comunitario in materia di tutela dell’ambiente. La presente direttiva non crea obblighi per quanto riguarda l’applicazione di tali sanzioni, o di altri sistemi di applicazione della legge disponibili, in casi specifici. (11) La presente direttiva lascia impregiudicati gli altri sistemi relativi alla responsabilità per danno ambientale previsti dal diritto comunitario o dal diritto nazionale. (12) Poiché la presente direttiva detta soltanto norme minime, gli Stati membri hanno facoltà di mantenere in vigore o adottare misure più stringenti finalizzate ad un’efficace tutela penale dell’ambiente. Tali misure devono essere compatibili con il trattato. (13) Gli Stati membri dovrebbero fornire informazioni alla Commissione sull’attuazione della presente direttiva per consentirle di valutare gli effetti della direttiva stessa. (14) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire una più efficace tutela dell’ambiente, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (15) Ogni qual volta vengano adottati nuovi atti legislativi in materia di ambiente, essi dovrebbero specificare, ove opportuno, che la presente direttiva è di applicazione. Ove necessario, l’articolo 3 dovrebbe essere modificato. (16) La presente direttiva rispetta i diritti ed osserva i principi fondamentali riconosciuti, in particolare, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva istituisce misure collegate al diritto penale allo scopo di tutelare l’ambiente in modo più efficace. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva s’intende per: a) «illecito» ciò che viola: i) gli atti legislativi adottati ai sensi del trattato CE ed elencati all’allegato A; ovvero, ii) in relazione ad attività previste dal trattato Euratom, gli atti legislativi adottati ai sensi del trattato Euratom ed elencati all’allegato B; ovvero iii) un atto legislativo, un regolamento amministrativo di uno Stato membro o una decisione adottata da un’autorità competente di uno Stato membro che dia attuazione alla legislazione comunitaria di cui ai punti i) o ii); b) «specie animali o vegetali selvatiche protette»: i) ai fini dell’articolo 3, lettera f), quelle figuranti: — nell’allegato IV della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (3), — nell’allegato I e a cui si fa riferimento all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (4); ii) ai fini dell’articolo 3, lettera g), quelle figuranti nell’allegato A o nell’allegato B del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (5); c) «habitat all’interno di un sito protetto» qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale a norma dell’articolo 4, paragrafi 1 o 2, della direttiva 79/409/CEE o qualsiasi habitat naturale o un habitat di specie per cui un sito sia designato come zona speciale di conservazione a norma dell’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 92/43/CEE; d) «persona giuridica» qualsiasi soggetto giuridico che possieda tale status in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche che esercitano i pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 3 Infrazioni Ciascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati: a) lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora; b) la raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora; c) la spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 335, del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (6), e sia effettuata in quantità non trascurabile in un’unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse; d) l’esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all’esterno dell’impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora; e) la produzione, la lavorazione, il trattamento, l’uso, la conservazione, il deposito, il trasporto, l’importazione, l’esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora; f) l’uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie; g) il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie; h) qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto; i) la produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono. Articolo 4 Favoreggiamento e istigazione ad un reato Gli Stati membri provvedono affinché siano punibili penalmente il favoreggiamento e l’istigazione a commettere intenzionalmente le attività di cui all’articolo 3. Articolo 5 Sanzioni Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui agli articoli 3 e 4 siano puniti con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 6 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di cui agli articoli 3 e 4 quando siano stati commessi a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, in virtù: a) del potere di rappresentanza della persona giuridica; b) del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o c) del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica. 2. Gli Stati membri provvedono altresì affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione di un reato di cui agli articoli 3 e 4 a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude l’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, incitatori o complici dei reati di cui agli articoli 3 e 4. Articolo 7 Sanzioni per le persone giuridiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche dichiarate responsabili di un reato ai sensi dell’articolo 6 siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 8 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 26 dicembre 2010. Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva e una tavola di concordanza tra tali disposizioni e la presente direttiva. Articolo 9 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 10 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 19 novembre 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J.-P. JOUYET (1) GU C 10 del 15.1.2008, pag. 47. (2) Parere del Parlamento europeo del 21 maggio 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 24 ottobre 2008. (3) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7. (4) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1. (5) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. (6) GU L 190 del 12.7.2006, pag. 1. ALLEGATO A Elenco della normativa comunitaria adottata in base al trattato CE la cui violazione costituisce un illecito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), punto i), della presente direttiva — Direttiva 70/220/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle misure da adottare contro l’inquinamento atmosferico con le emissioni dei veicoli a motore (1) — Direttiva 72/306/CEE del Consiglio, del 2 agosto 1972, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle misure da adottare contro l’inquinamento prodotto dai motori diesel destinati alla propulsione dei veicoli (2) — Direttiva 75/439/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente l’eliminazione degli oli usati (3) — Direttiva 76/160/CEE del Consiglio, dell’8 dicembre 1975, concernente la qualità delle acque di balneazione (4) — Direttiva 76/769/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di ammissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (5) — Direttiva 77/537/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle misure da adottare contro l’inquinamento prodotto dai motori diesel destinati alla propulsione dei trattori agricoli o forestali a ruote (6) — Direttiva 78/176/CEE del Consiglio, del 20 febbraio 1978, relativa ai rifiuti provenienti dall’industria del biossido di titanio (7) — Direttiva 79/117/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1978, relativa al divieto di immettere in commercio e impiegare prodotti fitosanitari contenenti determinate sostanze attive (8) — Direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (9) — Direttiva 82/176/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1982, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell’elettrolisi dei cloruri alcalini (10) — Direttiva 83/513/CEE del Consiglio, del 26 settembre 1983, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio (11) — Direttiva 84/156/CEE del Consiglio, dell’8 marzo 1984, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell’elettrolisi dei cloruri alcalini (12) — Direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta contro l’inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali (13) — Direttiva 84/491/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1984, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano (14) — Direttiva 85/203/CEE del Consiglio, del 7 marzo 1985, concernente le norme di qualità atmosferica per i biossidi di azoto (15) — Direttiva 86/278/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura (16) — Direttiva 86/280/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell’elenco I dell’allegato della direttiva 76/464/CEE (17) — Direttiva 87/217/CEE del Consiglio, del 19 marzo 1987, concernente la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento dell’ambiente causato dall’amianto (18) — Direttiva 90/219/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (19) — Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (20) — Direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (21) — Direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (22) — Direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi (23) — Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (24) — Direttiva 92/112/CEE del Consiglio, del 15 dicembre 1992, che fissa le modalità di armonizzazione dei programmi per la riduzione, al fine dell’eliminazione, dell’inquinamento provocato dai rifiuti dell’industria del biossido di carbonio (25) — Direttiva 94/25/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti le imbarcazioni da diporto: le disposizioni modificate dalla direttiva 2003/44/CE (26) — Direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (27) — Direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio (28) — Direttiva 96/49/CE del Consiglio, del 23 luglio 1996, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia (29) — Direttiva 96/59/CE del Consiglio, del 16 settembre 1996, concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) (30) — Direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente (31) — Direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (32) — Direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente i provvedimenti da adottare contro l’emissione di inquinanti gassosi e il particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all’installazione su macchine mobili non stradali (33) — Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (34) — Direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all’immissione sul mercato dei biocidi (35) — Direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel (36) — Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (37) — Direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell’11 marzo 1999, sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti (38) — Direttiva 1999/30/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (39) — Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (40) — Direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (41) — Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso (42) — Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (43) — Direttiva 2000/69/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000 concernente i valori limite per il benzene ed il monossido di carbonio nell’aria ambiente (44) — Direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull’incenerimento dei rifiuti (45) — Regolamento (CE) n. 2037/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (46) — Direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (47) — Direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (48) — Direttiva 2002/3/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2002, relativa all’ozono nell’aria (49) — Direttiva 2002/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (50) — Direttiva 2002/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (51) — Direttiva 2004/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente l’arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell’aria ambiente (52) — Regolamento (CE) n. 648/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativo ai detergenti (53) — Regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo agli inquinanti organici persistenti (54) — Direttiva 2005/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 settembre 2005, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da prendere contro l’emissione di inquinanti gassosi e di particolato prodotti dai motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione di veicoli e contro l’emissione di inquinanti gassosi prodotti dai motori ad accensione comandata alimentati con gas naturale o con gas di petrolio liquefatto destinati alla propulsione di veicoli (55) — Direttiva 2005/78/CE della Commissione, del 14 novembre 2005, che attua la direttiva 2005/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da prendere contro l’emissione di inquinanti gassosi e di particolato prodotti dai motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione di veicoli e contro l’emissione di inquinanti gassosi prodotti dai motori ad accensione comandata alimentati con gas naturale o con gas di petrolio liquefatto destinati alla propulsione di veicoli e ne modifica gli allegati I, II, III, IV e VI (56) — Direttiva 2006/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione (57) — Direttiva 2006/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, concernente l’inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell’ambiente idrico della Comunità (58) — Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (59) — Direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (60) — Direttiva 2006/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle emissioni degli impianti di condizionamento d’aria dei veicoli a motore (61) — Direttiva 2006/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sulla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci (62) — Direttiva 2006/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori (63) — Direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento (64) — Regolamento (CE) n. 842/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, su taluni gas fluorurati ad effetto serra (65) — Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (66) — Regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo (67) — Regolamento (CE) n. 1418/2007 della Commissione, del 29 novembre 2007, relativo all’esportazione di alcuni rifiuti destinati al recupero, elencati nell’allegato III o IIIA del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, verso alcuni paesi ai quali non si applica la decisione dell’OCSE sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti (68) — Direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (69) (1) GU L 76 del 6.4.1970, pag. 1. (2) GU L 190 del 20.8.1972, pag. 1. (3) GU L 194 del 25.7.1975, pag. 23. (4) GU L 31 del 5.2.1976, pag. 1. (5) GU L 262 del 27.9.1976, pag. 201. (6) GU L 220 del 29.8.1977, pag. 38. (7) GU L 54 del 25.2.1978, pag. 19. (8) GU L 33 dell’8.2.1979, pag. 36. (9) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1. (10) GU L 81 del 27.3.1982, pag. 29. (11) GU L 291 del 24.10.1983, pag. 1. (12) GU L 74 del 17.3.1984, pag. 49. (13) GU L 188 del 16.7.1984, pag. 20. (14) GU L 274 del 17.10.1984, pag. 11. (15) GU L 87 del 27.3.1985, pag. 1. (16) GU L 181 del 4.7.1986, pag. 6. (17) GU L 181 del 4.7.1986, pag. 16. (18) GU L 85 del 28.3.1987, pag. 40. (19) GU L 117 dell’8.5.1990, pag. 1. (20) GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40. (21) GU L 230 del 19.8.1991, pag. 1. (22) GU L 375 del 31.12.1991, pag. 1. (23) GU L 377 del 31.12.1991, pag. 20. (24) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7. (25) GU L 409 del 31.12.1992, pag. 11. (26) GU L 214 del 26.8.2003, pag. 18. (27) GU L 365 del 31.12.1994, pag. 10. (28) GU L 365 del 31.12.1994, pag. 24. (29) GU L 235 del 17.9.1996, pag. 25. (30) GU L 243 del 24.9.1996, pag. 31. (31) GU L 296 del 21.11.1996, pag. 55. (32) GU L 10 del 14.1.1997, pag. 13. (33) GU L 59 del 27.2.1998, pag 1. (34) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. (35) GU L 123 del 24.4.1998, pag. 1. (36) GU L 350 del 28.12.1998, pag. 58. (37) GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32. (38) GU L 85 del 29.3.1999, pag. 1. (39) GU L 163 del 29.6.1999, pag. 41. (40) GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1. (41) GU L 121 dell’11.5.1999, pag. 13. (42) GU L 269 del 21.10.2000, pag. 34. (43) GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1. (44) GU L 313 del 13.12.2000, pag. 12. (45) GU L 332 del 28.12.2000, pag. 91. (46) GU L 244 del 29.9.2000, pag. 1. (47) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1. (48) GU L 309 del 27.11.2001, pag. 1. (49) GU L 67 del 9.3.2002, pag. 14. (50) GU L 37 del 13.2.2003, pag. 19. (51) GU L 37 del 13.2.2003, pag. 24. (52) GU L 23 del 26.1.2005, pag. 3. (53) GU L 104 dell’8.4.2004, pag. 1. (54) GU L 158 del 30.4.2004, pag. 7. (55) GU L 275 del 20.10.2005, pag. 1. (56) GU L 313 del 29.11.2005, pag. 1. (57) GU L 64 del 4.3.2006, pag. 37. (58) GU L 64 del 4.3.2006, pag. 52. (59) GU L 114 del 27.4.2006, pag. 9. (60) GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 15. (61) GU L 161 del 14.6.2006, pag. 12. (62) GU L 264 del 25.9.2006, pag. 20. (63) GU L 266 del 26.9.2006, pag. 1. (64) GU L 372 del 27.12.2006, pag. 19. (65) GU L 161 del 14.6.2006, pag. 1. (66) GU L 190 del 12.7.2006, pag. 1. (67) GU L 171 del 29.6.2007, pag. 1. (68) GU L 316 del 4.12.2007, pag. 6. (69) GU L 24 del 29.1.2008, pag. 8. ALLEGATO B Elenco della normativa comunitaria adottata in base al trattato Euratom la cui violazione costituisce un illecito a norma dell’articolo 2, lettera a), punto ii), della presente direttiva — Direttiva 96/29/Euratom del Consiglio, del 13 maggio 1996, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (1) — Direttiva 2003/122/Euratom del Consiglio, del 22 dicembre 2003, sul controllo delle sorgenti radioattive sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane (2) — Direttiva 2006/117/Euratom del Consiglio, del 20 novembre 2006, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito (3) (1) GU L 159 del 29.6.1996, pag. 1. (2) GU L 346 del 31.12.2003, pag. 57. (3) GU L 337 del 5.12.2006, pag. 21.
Normativa dell’Unione europea in materia di reati ambientali QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Definisce una serie di reati gravi a danno dell’ambiente. Richiede agli Stati membri dell’Unione europea di introdurre sanzioni penali effettive e proporzionate che costituiscano un deterrente per tali reati, sia che vengano commessi intenzionalmente o in seguito a grave negligenza. PUNTI CHIAVE Le tipologie di* comportamento illecito nocive per la salute dell’uomo o per l’ambiente soggette a sanzioni includono:scarico, emissione o altro tipo di rilascio di materiali pericolosi nell’aria, nel terreno o nell’acqua; raccolta, trasporto, recupero o smaltimento di rifiuti pericolosi; spedizione di quantità rilevanti di rifiuti; gestione di impianti industriali che svolgono attività pericolose o che tengono in deposito sostanze pericolose (ad esempio fabbriche che producono vernici o sostanze chimiche); produzione, trattamento, immagazzinamento, accumulo, utilizzo, trasporto, importazione, esportazione o smaltimento di materiale nucleare e materiale radioattivo pericoloso; uccisione, possesso o traffico di quantità rilevanti di specie protette di flora e fauna; danni ad habitat protetti; produzione, commercio o utilizzo di sostanze che riducono lo strato di ozono (ad esempio sostanze chimiche di estintori o solventi per la pulizia).SanzioniGli Stati membri devono garantire che i reati di cui all’articolo 3 della direttiva siano puniti con sanzioni penali efficaci e proporzionate che fungano da deterrente e siano applicabili alle persone fisiche. Gli Stati membri devono stabilire che le persone giuridiche* possono essere dichiarate responsabili di reati commessi a loro vantaggio da persone che detengano una posizione preminente in virtù del potere di rappresentanza, del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica o di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica. Le persone giuridiche sono inoltre dichiarate responsabili qualora l’assenza di supervisione o controllo da parte di una persona che detenga una posizione preminente abbia reso possibile la commissione di un reato. La responsabilità delle persone giuridiche non esclude i procedimenti penali a carico delle persone che hanno perpetrato, incitato a perpetrare o contribuito a perpetrare il reato di cui alla direttiva. A seconda dell’ordinamento giuridico applicabile nello Stato membro interessato, la responsabilità della persona giuridica può essere di natura penale o non penale. Questa direttiva si basa sulla direttiva 2004/35/CE (si veda la sintesi), che stabilisce le regole sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. Gli Stati membri sono responsabili di intraprendere azioni penali contro i reati ambientali. Dato che gli ordinamenti giuridici dei diversi Stati membri sono diversi, i criminali possono sfruttare la mancanza di collaborazione e di coordinamento tra le autorità nazionali. Le reti di professionisti quali la rete dell’Unione europea per l’attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell’ambiente, il Forum europeo — Unione dei giudici per l’ambiente e la rete europea dei procuratori per l’ambiente rivestono un ruolo importante nella condivisione delle migliori prassi e nello sviluppo di metodologie per una applicazione efficace.Riesame La direttiva è attualmente oggetto di riesame. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 26 dicembre 2008 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 26 dicembre 2010. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Contrasto al reato ambientale (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Illecito: in questo contesto, si riferisce alla violazione di leggi dell’Unione o nazionali che applicano la legislazione dell’Unione, di cui agli allegati alla direttiva 2008/99/CE. Persona giuridica: entità non umana, ad esempio una società, che viene trattata come persona per fini legali limitati. Una persona giuridica può perseguire, essere perseguita, possedere delle proprietà e stipulare contratti. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla tutela penale dell’ambiente (GU L 328 del 6.12.2008, pag. 28). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 56). Le successive modifiche alla direttiva 2004/35/CE sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
12,948
1,002
32006D0688
false
DECISIONE DEL CONSIGLIO del 5 ottobre 2006 che istituisce un meccanismo d'informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell'asilo e dell'immigrazione (2006/688/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 66, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha approvato un programma pluriennale, noto come programma dell’Aia, per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui sollecita l’avvio della seconda fase di sviluppo di una politica comune in materia di asilo, migrazione, visti e frontiere, che è iniziata il 1o maggio 2004 e si fonda, tra l'altro, su una più stretta cooperazione pratica fra gli Stati membri e un migliore scambio di informazioni. (2) Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, lo sviluppo di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione ha determinato un’interdipendenza maggiore fra le politiche degli Stati membri in questi settori, rendendo essenziale un maggiore coordinamento delle politiche nazionali ai fini del rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. (3) Nelle conclusioni del 14 aprile 2005, il Consiglio «Giustizia e affari interni» ha chiesto l'istituzione di un sistema d'informazione reciproca tra i responsabili delle politiche di migrazione e di asilo degli Stati membri, fondato sulla necessità di comunicare informazioni relative alle misure che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale e atto a consentire uno scambio di opinioni tra Stati membri e Commissione su richiesta di uno degli Stati membri o della Commissione. (4) Il meccanismo d'informazione dovrebbe basarsi sulla solidarietà, la trasparenza e la fiducia reciproca e offrire un canale flessibile, rapido e snello per lo scambio d'informazioni e di opinioni, a livello di Unione europea, sulle misure nazionali in materia di asilo e di immigrazione. (5) Ai fini dell'applicazione della presente decisione, fra le misure nazionali nei settori dell'asilo e dell'immigrazione che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale si annoverano intenzioni politiche, programmazioni a lungo termine, normativa adottata e in fase di progetto, decisioni definitive dei supremi organi giurisdizionali che applicano o interpretano disposizioni di diritto interno e decisioni amministrative che si ripercuotono su un numero consistente di persone. (6) Le informazioni dovrebbero essere comunicate al più tardi quando le misure in questione diventano di dominio pubblico; tuttavia, s'incoraggiano gli Stati membri a trasmetterle il prima possibile. (7) Per motivi di efficienza e accessibilità, è opportuno che una rete basata sul web costituisca un elemento essenziale del meccanismo d’informazione sulle misure nazionali nei settori dell'asilo e dell'immigrazione. (8) La possibilità di scambiare opinioni sulle misure nazionali dovrebbe venire a integrare lo scambio d'informazioni attraverso una rete basata sul web. (9) Il meccanismo d'informazione istituito dalla presente decisione non dovrebbe pregiudicare il diritto degli Stati membri di chiedere in qualsiasi momento, a norma del regolamento interno del Consiglio, che si tenga nell'ambito del Consiglio una discussione ad hoc su misure nazionali. (10) Poiché gli obiettivi della presente decisione, ossia lo scambio d'informazioni sicuro e la consultazione fra gli Stati membri, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa degli effetti della presente decisione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (11) Il Regno Unito e l'Irlanda, a norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione e all'applicazione della presente decisione. (12) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Oggetto e campo di applicazione 1. La presente decisione istituisce un meccanismo di scambio reciproco di informazioni sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale. 2. Il meccanismo di cui al paragrafo 1 consente di preparare scambi di opinioni e dibattiti su dette misure. Articolo 2 Informazioni da comunicare 1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri informazioni sulle misure che intendono adottare, o hanno recentemente adottato, nei settori dell’asilo e dell’immigrazione, laddove dette misure siano di dominio pubblico e possano avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull'Unione europea in generale. Le informazioni sono comunicate il prima possibile e, al più tardi, quando diventano di dominio pubblico. Ai fini del presente paragrafo valgono gli obblighi in materia di riservatezza e di protezione dei dati eventualmente applicabili ad una data misura. Ciascuno Stato membro ha la responsabilità di valutare se le proprie misure nazionali possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull'Unione europea in generale. 2. Le informazioni a norma del paragrafo 1 sono comunicate attraverso la rete di cui all'articolo 3 mediante il modulo di segnalazione allegato alla presente decisione. 3. La Commissione o uno Stato membro possono chiedere ulteriori precisazioni riguardo alle informazioni che un altro Stato membro ha comunicato attraverso la rete. In tal caso, lo Stato membro in questione dispone di un mese per fornire ulteriori precisazioni. Non possono essere chieste ulteriori precisazioni a norma del presente paragrafo riguardo alle informazioni relative a decisioni definitive dei supremi organi giurisdizionali che applicano o interpretano disposizioni di diritto interno. 4. Gli Stati membri possono avvalersi della possibilità di fornire ulteriori precisazioni, di cui al paragrafo 3, anche per comunicare, di propria iniziativa oppure su richiesta della Commissione o di un altro Stato membro, informazioni su misure che esulano dall'obbligo di cui al paragrafo 1. Articolo 3 La rete 1. La rete per lo scambio di informazioni a norma della presente decisione è basata sul web. 2. La Commissione è responsabile dello sviluppo e della gestione della rete, compresi la struttura, i contenuti e l'accesso ad essa. Misure adeguate garantiscono la riservatezza di tutte le informazioni reperibili sulla rete o di parte di esse. 3. Per l'effettiva messa in opera della rete, la Commissione si avvale della piattaforma tecnica esistente nel quadro comunitario della rete telematica transeuropea per lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri. 4. Una funzionalità specifica della rete consentirà alla Commissione e agli Stati membri di chiedere ad uno o più Stati membri sia ulteriori precisazioni sulle misure comunicate, in conformità dell'articolo 2, paragrafo 3, sia altre informazioni, in conformità dell'articolo 2 paragrafo 4. 5. Gli Stati membri designano i referenti nazionali con accesso alla rete e ne informano la Commissione. 6. Laddove necessario per lo sviluppo della rete, la Commissione può concludere accordi con istituzioni della Comunità europea e con enti di diritto pubblico costituiti in virtù dei trattati che istituiscono le Comunità europee o costituiti nell'ambito dell'Unione europea. La Commissione informa il Consiglio ogniqualvolta sia presentata una siffatta richiesta di accesso e ogniqualvolta sia autorizzato l'accesso dell'istituzione e/o ente in questione. Articolo 4 Scambio di opinioni, relazione generale e discussioni a livello ministeriale 1. La Commissione elabora ogni anno una relazione generale per ricapitolare le principali informazioni comunicate dagli Stati membri. Al fine di predisporre tale relazione individuando gli elementi d'interesse comune, gli Stati membri si associano alla Commissione nel lavoro preparatorio, che può comprendere riunioni tecniche nell'arco del periodo coperto dalla relazione, durante le quali gli esperti degli Stati membri possono procedere ad uno scambio di opinioni sulle informazioni comunicate a norma dell'articolo 2. La relazione generale è trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio. 2. Fatta salva la possibilità di tenere consultazioni ad hoc nell'ambito del Consiglio, la relazione generale della Commissione costituisce la base su cui si sviluppa il dibattito a livello ministeriale sulle politiche nazionali in materia di asilo e immigrazione. Articolo 5 Valutazione e riesame La Commissione valuta il funzionamento del meccanismo due anni dopo l’entrata in vigore della presente decisione e a intervalli regolari in seguito. La Commissione propone, se del caso, modifiche della presente decisione. Articolo 6 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 7 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Lussemburgo, addì 5 ottobre 2006. Per il Consiglio Il presidente K. RAJAMÄKI (1) Parere emesso il 3 maggio 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). ALLEGATO
Meccanismo d’informazione reciproca sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La decisione punta a intensificare lo scambio di informazioni tra gli Stati dell’UE sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione. Essa istituisce una procedura d’informazione formale tra i paesi dell’UE e la Commissione europea, con l’obiettivo di migliorare il coordinamento delle politiche di immigrazione e di asilo tra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE Scambio e trasmissione delle informazioni Il meccanismo d’informazione reciproca consente lo scambio di informazioni tra la Commissione e i paesi dell’UE sulle leggi nazionali in materia di asilo e di immigrazione. I paesi dell’UE sono tenuti a trasmettere le misure che intendono adottare o che hanno recentemente adottato:attraverso una rete basata sul web; e mediante il modulo di segnalazione allegato alla decisione. Le informazioni sono comunicate il prima possibile e, al più tardi, quando diventano di dominio pubblico I paesi dell’Unione europea sono tenuti a comunicare alla Commissione e agli altri paesi dell’UE soltanto le misure che potrebbero avere un impatto significativo:in altri paesi dell’UE; a livello dell’UE in generale. Sviluppo e gestione della rete La Commissione è responsabile dello sviluppo e della gestione della rete. Per la messa in opera della rete, essa si avvale della piattaforma tecnica esistente nel quadro comunitario della rete telematica transeuropea per lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri (nota come CIRCA). La rete consente alla Commissione e agli Stati membri di chiedere a uno o più Stati membri ulteriori precisazioni sulle misure comunicate. Le misure specifiche nazionali notificate in questo modo possono dare luogo ad uno scambio di opinioni tra esperti dei paesi dell’UE e la Commissione. Oltre a queste discussioni tecniche, la Commissione elabora ogni anno una relazione per ricapitolare le principali informazioni comunicate dai paesi dell’UE. La relazione sarà presentata al Parlamento europeo e al Consiglio e costituirà la base su cui si sviluppa il dibattito a livello ministeriale sulle politiche nazionali in materia di asilo e di immigrazione. Valutazione Nel 2009 la Commissione ha pubblicato una relazione di valutazione del funzionamento del meccanismo d’informazione reciproca. Tra aprile 2007 e il 30 settembre 2009, solo 16 paesi dell’UE hanno trasmesso informazioni tramite il meccanismo d’informazione reciproca solo su 45 misure. Non sono state effettuate comunicazioni relative a decisioni definitive degli organi giurisdizionali di ultimo grado. Il formato in cui sono state redatte le comunicazioni era raramente omogeneo e il modulo di segnalazione allegato alla decisione non veniva sempre utilizzato. A volte venivano forniti solo il titolo inglese e il testo nella lingua originale, con conseguenti problemi di comprensione. Erano presenti inoltre differenze nel contenuto dei moduli di segnalazione presentati: alcuni erano relativamente completi, mentre altri fornivano solo una descrizione sommaria senza fornire un’indicazione della natura della misura. La relazione concludeva che il meccanismo di informazione reciproca non aveva raggiunto i suoi obiettivi poiché la quantità di informazioni presentate era formale. Tuttavia, poiché era stato operativo solo per un breve periodo, la Commissione ha ritenuto prematuro proporre emendamenti alla decisione. Il meccanismo di informazione reciproca per le misure nazionali in materia di asilo e immigrazione non è stato attivato né dalla Commissione né dai paesi dell’UE, nemmeno durante i due anni di intenso afflusso di migranti in Europa, nel 2015 e nel 2016. Invece, i paesi dell’UE (le presidenze dell’Unione europea) sembravano preferire utilizzare il meccanismo di informazione sulle crisi dell’Unione europea per scambiare dati sui flussi migratori. La richiesta di informazioni è stata poi gradualmente rilevata dalle agenzie competenti dell’Unione europea, EASO e FRONTEX, che oggi forniscono la maggior parte dei dati sulla migrazione necessari per gestire il flusso migratorio attuale. Ulteriori informazioni su importanti sviluppi nel campo della migrazione nei paesi dell’UE sono regolarmente aggiornate attraverso i bollettini della rete europea sulla migrazione che vengono regolarmente prodotti ogni trimestre. Malgrado ciò, non si può escludere che il meccanismo di informazione reciproca possa rivelarsi utile nei futuri scambi di informazioni sulla migrazione tra i paesi dell’UE e la Commissione europea e quindi la sua esistenza è ancora giustificabile. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È stata applicata a partire dal 3 novembre 2006. CONTESTO Le misure nazionali nei settori dell’immigrazione e dell’asilo potrebbero avere un impatto su altri paesi dell’UE. Ciò è dovuto:alla mancanza di controlli di frontiera nell’area Schengen; alle strette relazioni economiche e sociali tra i paesi dell’UE; e allo sviluppo di politiche comuni in materia di visti, immigrazione e asilo. Per maggiori informazioni, consultare:Rete europea delle migrazioni a livello nazionale (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2006/688/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, che istituisce un meccanismo d’informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione (GU L 283 del 14.10.2006, pag. 40). DOCUMENTO CORRELATO Relazione della Commissione ai sensi degli articoli 4 e 5 della decisione del Consiglio, del 5 ottobre 2006, che istituisce un meccanismo d’informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione (COM/2009/0687 def. del 17.12.2009).
4,690
771
31996L0053
false
Direttiva 96/53/CE del Consiglio del 25 luglio 1996 che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale Gazzetta ufficiale n. L 235 del 17/09/1996 pag. 0059 - 0075 DIRETTIVA 96/53/CE DEL CONSIGLIO del 25 luglio 1996 che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 75,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che la direttiva 85/3/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1984, relativa ai pesi, alle dimensioni e a certe altre caratteristiche tecniche di taluni veicoli stradali (4) ha stabilito, nel quadro della politica comune dei trasporti, norme comuni che consentono un migliore impiego dei veicoli stradali nel traffico tra gli Stati membri;(2) considerando che la direttiva 85/3/CEE è stata modificata ripetutamente e in modo sostanziale; che, in occasione della nuova modifica è opportuno, per motivi di razionalità e di chiarezza, procedere alla sua codificazione in un testo unico con la direttiva 86/364/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, relativa alla prova di conformità dei veicoli alla direttiva 85/3/CEE (5);(3) considerando che le differenze fra le norme in vigore negli Stati membri in materia di pesi e dimensioni dei veicoli stradali commerciali potrebbero esercitare un effetto negativo sulle condizioni di concorrenza e costituire un ostacolo alla circolazione fra Stati membri;(4) considerando che, in virtù del principio di sussidiarietà, è opportuno prendere delle misure a livello comunitario per eliminare un tale ostacolo;(5) considerando che le norme in questione riflettono l'equilibrio tra l'utilizzazione razionale ed economica dei veicoli stradali commerciali e le esigenze di manutenzione dell'infrastruttura, di sicurezza stradale e di protezione dell'ambiente e del quadro di vita;(6) considerando che è necessario che le norme comuni relative alle dimensioni dei veicoli adibiti al trasporto di merci si mantengano stabili su un lungo periodo;(7) considerando che prescrizioni tecniche supplementari relative ai pesi e alle dimensioni possono applicarsi ai veicoli commerciali immatricolati o messi in circolazione in uno Stato membro; che tali prescrizioni non devono costituire un ostacolo alla circolazione dei veicoli commerciali fra gli Stati membri;(8) considerando che occorre ampliare la definizione di «veicolo frigorifero a parete spessa» di cui all'articolo 2 della direttiva 85/3/CEE, come modificata dalla direttiva 89/338/CEE (6), affinché gli Stati membri possano autorizzare la circolazione nel loro territorio di veicoli frigoriferi non più conformi alle condizioni di isolamento definite da detto articolo;(9) considerando che, per garantire l'applicazione uniforme della presente direttiva per quanto si riferisce alle autorizzazioni rilasciate a veicoli o veicoli combinati adibiti al trasporto di «carichi indivisibili», è necessario precisare tale nozione;(10) considerando che la tonnellata è universalmente usata e riconosciuta come unità di misura per il peso dei veicoli, e che essa è pertanto applicata nella presente direttiva pur ammettendo che l'unità formale di peso è il newton;(11) considerando che, nel quadro dell'attuazione del mercato interno, il campo di applicazione della presente direttiva dovrebbe essere esteso ai trasporti nazionali per quanto concerne le caratteristiche che incidono in modo significativo sulle condizioni di concorrenza nel settore dei trasporti, in particolare i valori relativi alla lunghezza e alla larghezza massima autorizzata dei veicoli e dei veicoli combinati adibiti al trasporto di merci;(12) considerando che, per quanto riguarda le altre caratteristiche dei veicoli, gli Stati membri sono autorizzati ad applicare nel loro territorio valori diversi da quelli previsti dalla presente direttiva unicamente per i veicoli utilizzati nel traffico interno;(13) considerando che la lunghezza massima degli autotreni che utilizzano sistemi di rimorchio estensibili è di fatto pari a 18,75 m in posizione di massima estensione; che occorre autorizzare la stessa lunghezza massima per gli autotreni che utilizzano sistemi di rimorchio rigidi;(14) considerando che la larghezza massima autorizzata di 2,50 m per i veicoli adibiti al trasporto di merci può lasciare uno spazio interno non sufficiente per effettuare il caricamento delle palette, il che ha dato luogo all'applicazione negli Stati membri di tolleranze supplementari diverse per il traffico interno; che è pertanto necessario procedere ad un adeguamento generale della situazione attuale ai fini di una maggiore chiarezza dei requisiti tecnici, tenendo presente gli aspetti di dette caratteristiche inerenti alla sicurezza stradale;(15) considerando che, se la larghezza massima dei veicoli adibiti al trasporto di merci è portata a 2,55 m, questa norma deve essere estesa anche agli autobus; che nel caso degli autobus occorre tuttavia prevedere un periodo transitorio per consentire ai costruttori interessati di adeguare la propria attrezzatura industriale;(16) considerando che per quanto riguarda l'autorizzazione alla messa in circolazione e l'utilizzo dei veicoli, il montaggio di sospensioni pneumatiche o di tipo equivalente dev'essere preferito alle sospensioni meccaniche, al fine di evitare ogni eccessivo deterioramento della rete stradale e garantire la manovrabilità; che è opportuno evitare il superamento di determinati carichi massimi per asse e che il veicolo deve poter effettuare una conversione a 360° entro limiti accettabili per la strada percorsa;(17) considerando che è opportuno che gli Stati membri possono autorizzare la circolazione nel loro territorio, nel trasporto nazionale di merci, di veicoli o veicoli combinati le cui dimensioni non sono conformi a quelle fissate dalla presente direttiva, qualora detti veicoli effettuino operazioni di trasporto che, secondo la definizione della presente direttiva, non influiscono significativamente sulla concorrenza internazionale nel settore dei trasporti, ossia ove si tratti di operazioni effettuate da veicoli specializzati o di operazioni effettuate secondo un'impostazione modulare;(18) considerando che, ove si tratti di operazioni effettuate secondo un'impostazione modulare, occorre prevedere un periodo transitorio per consentire allo Stato membro di adeguare la sua infrastruttura stradale;(19) considerando che, nel caso di veicoli o combinazioni di veicoli costruiti in funzione di nuove tecnologie o nuove concezioni, secondo norme non conformi a quelle stabilite dalla presente direttiva, è opportuno che essi possano effettuare operazioni di trasporto locali per un periodo di prova che consenta di trarre beneficio dal progresso tecnico;(20) considerando che i veicoli entrati in circolazione prima della messa in applicazione della presente direttiva, che non sono conformi alle caratteristiche di dimensioni ivi stabilite a causa di precedenti disposizioni nazionali o metodi di misura sino ad allora diversi, dovrebbero essere autorizzati a proseguire l'attività di trasporto all'interno dello Stato membro di immatricolazione o di messa in circolazione per un periodo transitorio;(21) considerando che sono stati compiuti progressi in vista dell'adozione delle direttive di omologazione dei veicoli combinati a 5 o 6 assi; che dovrebbero pertanto essere soppressi i requisiti di conformità a caratteristiche diverse da quelle relative ai pesi e alle dimensioni stabilite nell'allegato II della direttiva 85/3/CEE;(22) considerando che tale modifica è altresì opportuna per evitare un conflitto tra le norme e le convenzioni internazionali in materia di traffico e di circolazione stradale;(23) considerando che, allo scopo di facilitare il controllo della conformità alla presente direttiva, è necessario accertarsi che i veicoli siano muniti di una prova di conformità;(24) considerando che la presente direttiva fa salvi gli obblighi degli Stati membri in materia di date limite per il recepimento nel diritto interno e per l'applicazione delle direttive che essa codifica,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. La presente direttiva si applica:a) alle dimensioni dei veicoli a motore delle categorie M2, M3 e N2 e N3 e dei loro rimorchi della categoria 03 e 04, quali definiti nell'allegato II della direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (7);b) ai pesi e a certe altre caratteristiche dei veicoli definiti alla lettera a) e specificati all'allegato I, punto 2 della presente direttiva.2. Tutti i valori dei pesi indicati nell'allegato I valgono come norme di circolazione e quindi riguardano le condizioni di carico e non le norme di produzione che verranno definite in una successiva direttiva.Articolo 2Ai fini della presente direttiva, s'intende per:- «veicolo a motore», qualsiasi veicolo fornito di un motore a propulsione e circolante su strada con mezzi propri;- «rimorchio», qualsiasi veicolo destinato ad essere agganciato ad un veicolo a motore, ad esclusione dei semirimorchi, e che, per costruzione e attrezzatura, è adibito al trasporto di merci;- «semirimorchio», qualsiasi veicolo destinato ad essere agganciato ad un veicolo a motore in modo che una parte del rimorchio poggi sul veicolo a motore e una parte sostanziale del suo peso e del peso del suo carico sia sopportata da tale veicolo, e che, per costruzione e attrezzature, è adibito al trasporto di merci;- «veicolo combinato»:- un autotreno costituito da un veicolo a motore cui è agganciato un rimorchio, oppure- un autoarticolato costituito da un veicolo a motore cui è agganciato un semirimorchio;- «veicolo condizionato», qualsiasi veicolo le cui sovrastrutture fisse o mobili siano specialmente attrezzate per il trasporto di merci a temperatura controllata ed in cui lo spessore di ciascuna delle pareti laterali, compreso l'isolamento, sia almeno pari a 45 mm;- «autobus», qualsiasi veicolo con più di nove posti a sedere, compreso quello del conducente, che, per costruzione e attrezzatura, è adibito al trasporto di persone e dei loro bagagli. Può avere uno o due livelli e ad esso può altresì trainare un rimorchio per bagagli;- «autosnodato», un autobus composto di due tronconi rigidi collegati tra loro da una sezione snodata. Su questo tipo di veicolo i compartimenti viaggiatori situati in ciascuno dei due tronconi rigidi sono comunicanti. La sezione snodata permette la libera circolazione dei viaggiatori tra i tronconi rigidi. La connessione e la disgiunzione delle due parti possono essere effettuate soltanto in un'officina;- «dimensioni massime autorizzate», le dimensioni massime per l'utilizzazione di un veicolo previste all'allegato I della presente direttiva;- «peso massimo autorizzato», il peso massimo per l'utilizzazione di un veicolo a pieno carico nel traffico internazionale;- «peso massimo autorizzato per asse», il peso massimo per l'utilizzazione nel traffico internazionale di un asse o gruppo di assi a pieno carico;- «carico indivisibile», un carico che non può, ai fini del trasporto stradale, essere diviso in due o più carichi senza comportare costi o rischi di danni inconsiderati e che non può, a causa delle sue masse o dimensioni, essere trasportato da un veicolo a motore, un rimorchio, un autotreno o un autoarticolato conformi sotto tutti gli aspetti alle disposizioni della presente direttiva;- «tonnellata», il peso esercitato dalla massa di una tonnellata e corrispondente a 9,8 kilonewton (kN).Tutte le dimensioni massime autorizzate di cui all'allegato I sono misurate a norma dell'allegato I della direttiva 70/156/CEE, senza tolleranza positiva.Articolo 31. Uno Stato membro non può rifiutare o vietare l'uso nel proprio territorio:- nel traffico internazionale, dei veicoli immatricolati o immessi in circolazione in un altro Stato membro per ragioni inerenti ai pesi e alle dimensioni,- nel traffico nazionale, di veicoli per il trasporto di merci immatricolati o immessi in circolazione in un altro Stato membro per ragioni inerenti alle dimensioni,se tali veicoli sono conformi ai valori limite di cui all'allegato I.Tale disposizione si applica anche se:a) i suddetti veicoli non sono conformi alle prescrizioni di detto Stato membro riguardanti talune caratteristiche relative ai pesi e alle dimensioni, non disciplinate nell'allegato I;b) l'autorità competente dello Stato membro in cui i veicoli sono immatricolati o immessi in circolazione ha autorizzato limiti non indicati nell'articolo 4, paragrafo 1 superiori a quelli previsti nell'allegato I.2. Tuttavia il paragrafo 1, secondo comma, lettera a) lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di esigere, nel debito rispetto della legislazione comunitaria, che i veicoli immatricolati o immessi in circolazione nel loro territorio siano conformi alle loro prescrizioni nazionali riguardanti caratteristiche relative ai pesi e alle dimensioni non disciplinate nell'allegato I.3. Nel caso dei veicoli condizionati, gli Stati membri possono esigere che detti veicoli siano muniti di un documento o di una targhetta di attestazione ATP di cui all'accordo del 1° settembre 1970 sui trasporti internazionali di derrate deperibili e sui mezzi speciali che vanno impiegati per tali trasporti.Articolo 41. Gli Stati membri non autorizzano nel loro territorio la normale circolazione di veicoli o di veicoli combinati per il trasporto nazionale di merci non conformi alle caratteristiche di cui all'allegato I, punti 1.1, 1.2, da 1.4 a 1.8, 4.2 e 4.4.2. Tuttavia, gli Stati membri possono autorizzare nel loro territorio la circolazione di veicoli o di veicoli combinati per il trasporto nazionale di merci non conformi alle caratteristiche di cui all'allegato I, punti 1.3, 2, 3, 4.1 e 4.3.3. I veicoli o i veicoli combinati che superano le dimensioni massime possono essere ammessi a circolare unicamente se provvisti di autorizzazioni speciali rilasciate, senza discriminazioni, dalle autorità competenti o in base a modalità non discriminatorie convenute caso per caso con tali autorità allorché detti veicoli o veicoli combinati trasportano o sono destinati al trasporto di carichi indivisibili.4. Gli Stati membri possono autorizzare la circolazione nel loro territorio di veicoli o di veicoli combinati per il trasporto di merci, che effettuano talune attività di trasporto nazionale che non pregiudicano in modo significativo la concorrenza internazionale nel settore dei trasporti, le cui dimensioni differiscono da quelle stabilite all'allegato I, punti 1.1, 1.2, da 1.4 da 1.8, 4.2 e 4.4.Le attività di trasporto sono considerate come non pregiudicanti in modo significativo la concorrenza internazionale nel settore dei trasporti qualora ricorra una delle circostanze di cui alle lettere a) e b):a) le attività di trasporto sono effettuate, nel territorio di uno Stato membro, da veicoli o veicoli combinati specializzati, in circostanze in cui esse non sono di norma effettuate da veicoli provenienti da altri Stati membri (ad esempio le attività legate allo sfruttamento delle foreste e all'industria forestale);b) lo Stato membro che consente attività di trasporto nel suo territorio mediante veicoli o veicoli combinati le cui dimensioni differiscono da quelle previste all'allegato I, autorizza anche l'utilizzazione di veicoli a motore, rimorchi e semirimorchi conformi alle dimensioni di cui all'allegato I, combinati in modo tale che si possa ottenere almeno la lunghezza di carico autorizzata in detto Stato membro affinché qualsiasi operatore possa beneficiare di pari condizioni di concorrenza (impostazione modulare).Lo Stato membro interessato che deve adeguare la sua infrastruttura stradale perché ricorra la circostanza di cui alla lettera b), può tuttavia vietare, sino al 31 dicembre 2003 al più tardi, la circolazione nel suo territorio, nel trasporto nazionale di merci, di veicoli o veicoli combinati che oltrepassano le norme nazionali vigenti per quanto concerne le dimensioni, fermo restando che la legislazione nazionale continua ad applicarsi ad ogni vettore comunitario in modo non discriminatorio.Gli Stati membri informano la Commissione delle misure adottate in applicazione del presente paragrafo.5. Gli Stati membri possono autorizzare i veicoli o i veicoli combinati che sfruttano nuove concezioni o nuove tecnologie e che non sono conformi ad una o più prescrizioni della presente direttiva ad effettuare talune operazioni di trasporto locale, durante un periodo di prova. Gli Stati membri ne informano la Commissione.6. Gli Stati membri possono autorizzare fino al 31 dicembre 2006 la circolazione nel loro territorio di veicoli o di veicoli combinati adibiti al trasporto di merci e immatricolati o immessi in circolazione anteriormente all'entrata in vigore della direttiva le cui dimensioni superino quelle stabilite all'allegato I, punti 1.1, 1.2, da 1.4 a 1.8, 4.2 e 4.4, a motivo di precedenti disposizioni nazionali o di metodi di misura differenti.Articolo 5Fatto salvo il disposto dell'articolo 4, paragrafo 6:a) ai fini dell'applicazione dell'articolo 3, gli autoarticolati immessi in circolazione anteriormente al 1° gennaio 1991 e che non sono conformi alle disposizioni di cui ai punti 1.6 e 4.4 dell'allegato I si considerano conformi a tali disposizioni se non superano la lunghezza totale di 15,50 m;b) ai fini dell'applicazione dell'articolo 3, gli autotreni i cui veicoli a motore sono immessi in circolazione anteriormente al 31 dicembre 1991 e che non sono conformi alle disposizioni di cui ai punti 1.7 e 1.8 dell'allegato I sono considerati, fino al 31 dicembre 1998, conformi a tali disposizioni se non superano la lunghezza totale di 18,00 m.Articolo 61. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che i veicoli di cui all'articolo 1, conformi alla presente direttiva, siano muniti di una delle prove indicate alle lettere a), b), e c):a) una combinazione delle due targhette seguenti:- la «targhetta del costruttore», redatta e apposta conformemente alla direttiva 76/114/CEE (8);- la targhetta relativa alle dimensioni conformi all'allegato III, redatta e apposta conformemente alla direttiva 76/114/CEE;b) una targhetta unica, redatta e apposta conformemente alla direttiva 76/114/CEE, contenente le informazioni delle due targhette menzionate alla lettera a);c) un documento unico rilasciato dall'autorità competente dello Stato membro nel quale il veicolo è immatricolato o immesso in circolazione. Tale documento deve contenere rubriche e informazioni uguali a quelle figuranti nelle targhette menzionate alla lettera a). Esso sarà conservato in luogo facilmente accessibile al controllo e sufficientemente protetto.2. Qualora le caratteristiche del veicolo non corrispondano più a quelle indicate sulla prova di conformità, lo Stato membro in cui il veicolo è immatricolato prende le misure necessarie ad assicurare la modifica della prova di conformità.3. Le targhette e i documenti di cui al paragrafo 1 sono riconosciuti dagli Stati membri come prova della conformità dei veicoli prevista dalla presente direttiva.4. I veicoli muniti di una prova di conformità possono essere sottoposti a:- controlli a campione, per quanto riguarda le norme comuni relative ai pesi;- controlli solo in caso di sospetto di non conformità alla presente direttiva, per quanto riguarda le norme comuni relative alle dimensioni.5. La colonna centrale della prova di conformità relativa ai pesi indica, se del caso, i valori comunitari in materia di pesi applicabili al veicolo in questione. Per i veicoli menzionati all'allegato I, punto 2.2.2, lettera c), la menzione «44 t» è scritta tra parentesi sotto il peso massimo autorizzato del veicolo combinato.6. Ogni Stato membro può decidere, per qualsiasi veicolo immatricolato o immesso in circolazione sul proprio territorio che i pesi massimi autorizzati dalla propria legislazione nazionale siano indicati nella prova di conformità nella colonna di sinistra e che i pesi tecnicamente ammissibili siano indicati nella colonna di destra.Articolo 7La presente direttiva non osta all'applicazione delle disposizioni vigenti in ogni Stato membro in materia di circolazione stradale che permettono di limitare pesi e/o dimensioni dei veicoli su talune strade o opere di ingegneria civile, indipendentemente dallo Stato d'immatricolazione o di messa in circolazione di tali veicoli.Articolo 8Le disposizioni dell'articolo 3 non si applicano in Irlanda e nel Regno Unito fino al 31 dicembre 1998:a) per quanto riguarda le norme di cui all'allegato I, punti 2.2, 2.3.1, 2.3.3, 2.4 e 3.3.2:- ad eccezione degli autoarticolati di cui al punto 2.2.2:i) se il loro peso totale a pieno carico non supera 38 tonnellate;ii) se il peso di ogni asse tridem, alle distanze assiali specificate al punto 3.3.2, non supera 22,5 tonnellate,- ad eccezione dei veicoli di cui ai punti 2.2.3, 2.2.4, 2.3 e 2.4 il cui peso totale a pieno carico non superi:i) 35 tonnellate per i veicoli di cui ai punti 2.2.3, e 2.2.4;ii) 17 tonnellate per i veicoli di cui al punto 2.3.1,iii) 30 tonnellate per i veicoli di cui al punto 2.3.3, fatta salva l'osservanza delle condizioni specificate a detto punto e al punto 4.3,iv) 27 tonnellate per i veicoli di cui al punto 2.4;b) per quanto riguarda la norma di cui all'allegato I, punto 3.4, ad eccezione dei veicoli di cui ai punti 2.2, 2.3 e 2.4, se il carico per asse motore non supera 10,5 tonnellate.Articolo 9Per quanto riguarda la norma di cui all'allegato I, punto 1.2 a) gli Stati membri possono rifiutare o vietare l'uso nel loro territorio, fino al 31 dicembre 1999, di autobus con larghezza superiore a 2,50 m.Gli Stati membri comunicano alla Commissione le misure adottate in applicazione del presente articolo. La Commissione ne informa gli altri Stati membri.Articolo 10Le direttive elencate nell'allegato IV, parte A sono abrogate, alla data di cui all'articolo 11, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepimento che figurano nell'allegato IV, parte B.I riferimenti alle direttive abrogate devono intendersi come riferimenti alla presente direttiva e devono essere letti secondo la tabella di concordanza che figura all'allegato V.Articolo 111. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 settembre 1997. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 12La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 13Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 25 luglio 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteH. COVENEY(1) GU n. C 38 dell'8. 2. 1994, pag. 3 e GU n. C 247 del 23. 9. 1995, pag. 1.(2) GU n. C 295 del 22. 10. 1994, pag. 72.(3) Parere del Parlamento europeo del 15 novembre 1994 (GU n. C 341 del 5. 12. 1994, pag. 39), posizione comune del Consiglio dell'8 dicembre 1995 (GU n. C 356 del 30. 12. 1995, pag. 13) e decisione del Parlamento europeo del 14 marzo 1996 (GU n. C 96 dell'1. 4. 1996, pag. 233).(4) GU n. L 2 del 3. 1. 1985, pag. 14. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 92/7/CEE (GU n. L 57 del 2. 3. 1992, pag. 29).(5) GU n. L 221 del 7. 8. 1986, pag. 48.(6) GU n. L 142 del 25. 5. 1989 pag. 3.(7) GU n. L 42 del 23. 2. 1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(8) GU n. L 24 del 30. 1. 1976, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 78/507/CEE della Commissione (GU n. L 155 del 13. 6. 1978, pag. 31).ALLEGATO I >SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II CONDIZIONI PER L'EQUIVALENZA TRA TALUNE SOSPENSIONI NON PNEUMATICHE E LE SOSPENSIONI PNEUMATICHE PER L'ASSE MOTORE O GLI ASSI MOTORE DEL VEICOLO 1. DEFINIZIONE DI SOSPENSIONE PNEUMATICA Un sistema di sospensione è considerato di tipo pneumatico se almeno il 75 % del suo effetto molla è determinato da un dispositivo pneumatico.2. EQUIVALENZA Una sospensione è riconosciuta equivalente ad una sospensione pneumatica se è conforme ai requisiti sotto elencati:2.1. durante l'oscillazione verticale libera transitoria a bassa frequenza della massa sospesa su un carrello o un asse motore, i valori misurati della frequenza e dello smorzamento con la sospensione sottoposta al suo carico massimo devono essere compresi nei limiti indicati ai punti da 2.2 a 2.5;2.2. ciascuno degli assi deve essere munito di ammortizzatori idraulici. Su carrelli ad assi tandem tali ammortizzatori devono essere disposti in modo da ridurre al minimo l'oscillazione del carrello;2.3. il tasso medio di smorzamento D deve essere superiore al 20 % dello smorzamento critico per le sospensioni con ammortizzatori idraulici in condizioni normali di funzionamento;2.4. il tasso massimo di smorzamento delle sospensioni in cui tutti gli ammortizzatori idraulici siano stati rimossi o inattivati non deve essere superiore al 50 % del tasso medio di smorzamento D;2.5. la frequenza massima della massa sospesa sul carrello o sull'asse motore nell'oscillazione verticale libera transitoria non dev'essere superiore a 2 Hz;2.6. la definizione della frequenza e dello smorzamento delle sospensioni è riportata nel paragrafo 3. Le modalità di prova per la misurazione della frequenza e dello smorzamento sono riportate nel paragrafo 4.3. DEFINIZIONE DI FREQUENZA E DI SMORZAMENTO Nella presente definizione, si considera una massa M (kg) sospesa su un carrello o su un asse motore. L'asse - o il carrello - presenta una rigidezza verticale totale tra la superficie della strada e la massa sospesa pari a K newton/metro (N/m) e un coefficiente di smorzamento totale pari a C newton/metro al secondo (N/ms); lo spostamento verticale della massa sospesa è Z. L'equazione del moto, per l'oscillazione libera della massa sospesa, è la seguente:M >NUM>d² Z>DEN>dt² + C >NUM>d Z>DEN>dt + kZ = 0La frequenza di oscillazione della massa sospesa F >NUM>(rad/>DEN>sec) è:F = &radic;>NUM>K>DEN>M - >NUM>C²>DEN>4M²Lo smorzamento è critico quando C = C°,doveC° = 2&radic;KMIl tasso di smorzamento quale frazione dello smorzamento critico è:>NUM>C/>DEN>C°.Durante l'oscillazione transitoria libera della massa sospesa, il moto verticale della massa è rappresentato da una sinusoide sempre più smorzata (figura 2). La frequenza si può valutare misurando il tempo per tanti cicli di oscillazione quanto è dato osservare. Lo smorzamento si può valutare misurando l'altezza dei massimi (picchi) successivi dell'oscillazione nella stessa direzione. Indicando con A1 e A2 l'ampiezza dei massimi del primo e del secondo ciclo dell'oscillazione, il tasso di smorzamento D è il seguente:D = >NUM>C>DEN>C° = >NUM>1>DEN>2ð . ln >NUM>A1>DEN>A2dove «ln» è il logaritmo naturale del rapporto tra le ampiezze.4. MODALITÀ DI PROVA Per il calcolo pratico del tasso di smorzamento D, del tasso di smorzamento in assenza di ammortizzatori idraulici e della frequenza della sospensione F, si procede nel modo seguente:a) il veicolo, carico, è guidato a bassa velocità (5 km/h + 1 km/h) su un gradino di 80 mm di altezza avente il profilo indicato nella figura 1. L'oscillazione transitoria di cui occorre analizzare la frequenza e lo smorzamento è quella che si verifica dopo che le ruote dell'asse motore hanno superato il gradino;oppureb) il veicolo, carico, è tirato verso il basso agendo sul telaio, in modo da portare il carico sull'asse motore a una volta e mezza il suo valore statico massimo; il veicolo viene quindi sbloccato di colpo e se ne analizza l'oscillazione successiva;oppurec) il veicolo, carico, è tirato verso l'alto agendo sul telaio, in modo che la massa sospesa sia sollevata di 80 mm rispetto all'asse motore. Il veicolo viene poi lasciato cadere di colpo e se ne analizza l'oscillazione successiva;oppured) il veicolo, carico, è sottoposto ad altri metodi di prova qualora il costruttore abbia dimostrato in modo convincente al servizio tecnico l'equivalenza di detti metodi.Il veicolo deve essere munito, tra l'asse motore e il telaio, direttamente sull'asse motore, di un trasduttore dello spostamento verticale. Dal tracciato fornito dal dispositivo in questione si può misurare l'intervallo di tempo tra il primo e il secondo massimo (picco) di compressione per ottenere la frequenza F e l'ampiezza dell'oscillazione, per ottenere il tasso di smorzamento. Nei carrelli ad asse tandem, i trasduttori dello spostamento verticale dovrebbero essere alloggiati tra ciascuno degli assi motori e il telaio, direttamente su questo.>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>ALLEGATO III TARGHETTA RELATIVA ALLE DIMENSIONI DI CUI ALL'ARTICOLO 6, PARAGRAFO 1, LETTERA a) I. La targhetta relativa alle dimensioni, fissata se possibile accanto a quella prevista dalla direttiva 76/114/CEE, contiene le indicazioni seguenti:1. Nome del costruttore (1).2. Numero di identificazione del veicolo (2).3. Lunghezza (L) del veicolo a motore, del rimorchio o del semirimorchio.4. Larghezza (W) del veicolo a motore, del rimorchio o del semirimorchio.5. Dati per la misurazione della lunghezza dei veicoli combinati:- la distanza (a) fra la parte anteriore del veicolo a motore e il centro del dispositivo d'aggancio (gancio di traino o ralla); nel caso di una ralla con vari punti d'aggancio, vanno indicati i valori minimo e massimo (amin e amax);- la distanza (b) fra il centro del dispositivo del rimorchio (occhione) o del semirimorchio (perno d'aggancio) e la parte posteriore del rimorchio o semirimorchio; nel caso di un dispositivo con vari punti d'aggancio, vanno indicati i valori minimo e massimo (bmin e bmax).La lunghezza dei veicoli combinati è la lunghezza misurata quando il veicolo a motore, il rimorchio o il semirimorchio sono disposti in linea retta.II. I valori indicati sulla prova di conformità devono rispecchiare esattamente le misure effettuate direttamente sul veicolo.(1) Queste indicazioni non devono essere ripetute quando il veicolo è munito di una targhetta unica contenente dati relativi ai pesi e alle dimensioni.ALLEGATO IV PARTE A DIRETTIVE ABROGATE (ai sensi dell'articolo 10) - Direttiva 85/3/CEE relativa ai pesi, alle dimensioni e a certe altre caratteristiche tecniche di taluni veicoli stradali e successive modifiche:- Direttiva 86/360/CEE- Direttiva 88/218/CEE- Direttiva 89/338/CEE- Direttiva 89/460/CEE- Direttiva 89/461/CEE- Direttiva 91/60/CEE- Direttiva 92/7/CEE- Direttiva 86/364/CEE relativa alla prova di conformità dei veicoli alla direttiva 85/3/CEE relativa ai pesi, alle dimensioni e a certe altre caratteristiche tecniche di taluni veicoli stradali.PARTE B >SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO V >SPAZIO PER TABELLA>
Dimensioni e pesi massimi autorizzati per camion, autobus e pullman QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva sui pesi e le dimensioni è volta a migliorare il funzionamento del mercato interno dell’Unione europea (Unione) e a garantire la libera circolazione delle merci nell’Unione stabilendo dei limiti massimi per i veicoli pesanti, gli autobus e i pullman adibiti al trasporto internazionale all’interno dell’Unione. Richiede che le aziende dei trasporti nazionali rispettino le norme stabilite per il trasporto internazionale. La direttiva è stata modificata dalla direttiva (UE) 2015/719, volta a rendere i veicoli pesanti e gli autobus più verdi e più sicuri autorizzando pesi e dimensioni che superano i limiti stabiliti nella direttiva 96/53/CE, in taluni casi e in talune specifiche condizioni. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazioneLa direttiva, così modificata, si applica alle dimensioni di:veicoli per il trasporto di merci e loro rimorchi che pesano più di 3,5 tonnellate;veicoli per il trasporto di passeggeri che trasportano più di nove persone. Non si applica agli autobus articolati che prevedono più di una sezione articolata. La direttiva (UE) 2015/719 consente un aumento di peso di una tonnellata per gli autocarri e gli autobus a tre assi alimentati con combustibili alternativi*, per tenere conto del peso richiesto per la tecnologia di combustibile alternativo. Il regolamento (UE) 2019/1242 ha modificato la direttiva per consentire una tonnellata aggiuntiva agli autocarri e gli autobus articolati a tre assi a zero emissioni* (si veda la sintesi). Inoltre aumenta di 1,5 tonnellate il peso massimo degli autobus a due assi per tenere conto degli sviluppi nel trasporto collettivo di passeggeri, come il maggior peso medio dei passeggeri e dei loro bagagli, nonché delle apparecchiature richieste dalle normative di sicurezza.Traffico internazionaleStabilisce limiti massimi su pesi e dimensioni, unitamente a talune caratteristiche del veicolo definite negli allegati alla direttiva. Nessun veicolo che superi i limiti stabiliti è autorizzato a utilizzare le strade di uno Stato membro dell’Unione, se non con permessi speciali. Ai veicoli provenienti da uno Stato membro che rientra nei limiti stabiliti deve essere consentito l’utilizzo delle strade di un altro Stato membro, con la possibile eccezione di alcuni tratti di strada o strutture come piccoli paesi, luoghi di particolare interesse o vecchi ponti, dove possono essere stabiliti limiti inferiori dall’amministrazione.Traffico nazionale Nessun veicolo che superi i limiti stabiliti relativi alle dimensioni è autorizzato a utilizzare le strade di uno Stato membro. Tuttavia, vi sono diverse deroghe a tali limiti, comprese quelle per:la lunghezza dei veicoli con caratteristiche aerodinamiche progettate per aumentare l’efficienza energetica; la lunghezza dei veicoli progettati per il trasporto di merci particolari, come il legname; la lunghezza delle combinazioni di veicoli standard (veicoli a motore, rimorchi e semirimorchi combinati insieme); la lunghezza e il peso di veicoli che trasportano container nel trasporto intermodale*.Gli Stati membri possono autorizzare limiti di peso superiori per il trasporto nazionale. Gli Stati membri possono anche sottoporre a test nuove tecnologie all’interno dei propri territori, per i veicoli che superano i limiti fissati, per un periodo limitato. Conformità Gli Stati membri devono garantire che i veicoli possono provare la propria conformità alle norme, fornendo uno dei seguenti:la targhetta del costruttore con una targhetta aggiuntiva relativa alle dimensioni; una targhetta unica contenente le informazioni delle due targhette sopra menzionate; un documento rilasciato dallo Stato membro nel quale il veicolo è stato immatricolato contenendo le stesse informazioni.Ulteriori dettagli sono disponibili nell’allegato III della direttiva. Applicazione delle norme I governi nazionali decidono come attuare le norme e quali sanzioni imporre in caso di superamento dei limiti di peso massimo autorizzato. Tuttavia, dovrebbero implementare misure specifiche per rilevare i veicoli pesanti in circolazione che potrebbero superare tali limiti con l’aiuto di sistemi automatici (sensori sulla strada o apparecchiature di pesatura a bordo). Ogni due anni deve essere inviata una relazione alla Commissione europea che riporti:il numero di controlli eseguiti nei precedenti due anni civili; il numero riscontrato di veicoli o veicoli combinati caricati eccessivamente.Atti di esecuzioneIl regolamento di esecuzione (UE) 2019/1213 stabilisce condizioni uniformi ai fini dell’attuazione dell’interoperabilità e della compatibilità delle apparecchiature di pesatura installate a bordo dei veicoli o delle combinazioni di veicoli per garantire la conformità con la direttiva 96/53/CE o con i requisiti sul peso massimo per il trasporto nazionale dello Stato membro in cui il veicolo è in uso. Il regolamento di esecuzione (UE) 2019/1916 stabilisce disposizioni dettagliate per quanto riguarda l’utilizzo di dispositivi aerodinamici posteriori (ad es. gli alettoni retraibili o pieghevoli attaccati alla parte posteriore dei camion e dei loro rimorchi).Nota: un atto strettamente correlato, il regolamento (UE) 2019/1892, stabilisce i requisiti di omologazione per le cabine allungate e per le apparecchiature e i dispositivi aerodinamici. A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA? La direttiva 96/53/CE è in vigore dal 17 settembre 1996 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 16 settembre 1997. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Pesi e dimensioni (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Combustibili alternativi. Combustibili o fonti di energia che fungono, almeno in parte, da sostituti delle fonti di petrolio fossile nella fornitura di energia per il trasporto e che possono contribuire alla sua decarbonizzazione e migliorare le prestazioni ambientali del settore dei trasporti, che consistono in:elettricità consumata in tutti i tipi di veicoli elettrici;idrogeno;gas naturale, compreso il biometano, in forma gassosa (gas naturale compresso — GNC) e liquefatta (gas naturale liquefatto — GNL);gas di petrolio liquefatto (GPL);energia meccanica immagazzinata/prodotta a bordo, incluso il calore di scarto. Autocarri e autobus a zero emissioni. Veicoli pesanti (autocarri e autobus) con nessun motore a combustione interna o con un motore a combustione interna che emette meno di 1 g di CO2/kWh o meno di 1 g di CO2/km. Trasporto intermodale. Trasporto di merci che coinvolge una combinazione di trasporto su strada con trasporto alternativo su ferrovia e/o acqua, dove le merci vengono trasportate all’interno di un’unità di carico intermodale (container o cassa mobile fino a 45 piedi) senza che le merci effettive vengano manipolate al trasbordo. L’uso di tali modalità alternative dovrebbe essere previsto per la maggior parte del tragitto, mentre il tratto del trasporto su strada dovrebbe essere limitato a una distanza breve all’inizio e/o alla fine del viaggio. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 96/53/CE del Consiglio del 25 luglio 1996 che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale (GU L 235 del 17.9.1996, pag. 59). Le successive modifiche alla direttiva 96/53/CE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2019/1916 della Commissione, del 15 novembre 2019, che stabilisce disposizione dettagliate per quanto riguarda l’utilizzo di dispositivi aerodinamici posteriori a norma della direttiva 96/53/CE del Consiglio (GU L 297 del 18.11.2019, pag. 3). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) 2019/1892 della Commissione, del 31 ottobre 2019 che modifica il regolamento (UE) n. 1230/2012 per quanto riguarda i requisiti di omologazione per taluni veicoli a motore dotati di cabine allungate e per le apparecchiature e i dispositivi aerodinamici destinati ai veicoli a motore e ai loro rimorchi (GU L 291 del 12.11.2019, pag. 17). Regolamento di esecuzione (UE) 2019/1213 della Commissione, del 12 luglio 2019, che stabilisce disposizioni dettagliate a garanzia di condizioni uniformi ai fini dell’attuazione dell’interoperabilità e della compatibilità delle apparecchiature di pesatura installate a bordo dei veicoli a norma della direttiva 96/53/CE del Consiglio (GU L 192 del 18.7.2019, pag. 1).
12,806
915
32002D0956
false
2002/956/GAI: Decisione del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità Gazzetta ufficiale n. L 333 del 10/12/2002 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 28 novembre 2002relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità(2002/956/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e c), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno di Spagna(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Fatta salva la raccomandazione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, riguardante la determinazione di una scala di valutazione comune delle minacce nei confronti di personalità in visita nell'Unione europea(3), non esistono una legislazione, norme o manuali dell'Unione europea che disciplinino in generale la protezione delle personalità, sia che si tratti di personalità a livello nazionale sia di personalità comunitarie o straniere.(2) L'eventualità che si verifichino aggressioni e attentati a dette personalità non può essere esclusa.(3) La protezione delle personalità è compito dello Stato membro della visita. Le misure di protezione dello Stato membro della visita sono basate unicamente sulle disposizioni di legge vigenti in detto Stato membro e sui pertinenti accordi internazionali.(4) L'aumento degli spostamenti di personalità all'interno dell'Unione rende necessario predisporre una struttura formale per la comunicazione e la consultazione tra autorità nazionali,DECIDE:Articolo 11. È istituita una rete europea di protezione delle personalità, in seguito denominata "la rete".2. La rete è composta dei servizi di polizia nazionali e di altri servizi competenti in materia di protezione delle personalità. Ogni Stato membro designa un unico punto di contatto. Le informazioni relative ai punti di contatto nazionali designati, comprese eventuali successive modifiche, sono trasmesse al segretariato generale del Consiglio, che provvede a farle pubblicare nella Gazzetta ufficiale.Articolo 2Ai fini della presente decisione per "personalità" si intende la persona che, conformemente alla legislazione nazionale di uno Stato membro o in virtù della regolamentazione di un'organizzazione o un'istituzione internazionale o sovranazionale, abbia diritto a un servizio di protezione.Articolo 31. Le attività della rete sono promosse dallo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio.2. Anche gli Stati candidati e l'Europol possono designare un punto di contatto ai fini della loro partecipazione alla rete.La presidenza esamina, caso per caso, la partecipazione della Commissione e del segretariato generale del Consiglio alle attività della rete di cui all'articolo 4, lettere a), b), c) e d).Articolo 4La rete ha i seguenti obiettivi:a) promuovere lo scambio di informazioni tra i servizi che partecipano alla rete, soprattutto:- le informazioni di carattere generale e tecnico e le esperienze in materia di protezione delle personalità,- le informazioni sui più opportuni criteri di selezione e di formazione del personale competente dei servizi responsabili della protezione delle personalità;b) promuovere l'elaborazione di un insieme di buone pratiche comuni per quanto attiene alle attività operative intraprese dai servizi che partecipano alla rete;c) promuovere il comando reciproco di funzionari dei servizi che partecipano alla rete;d) consentire ai servizi che partecipano alla rete di scambiarsi informazioni, comunicare ed elaborare opinioni comuni per quanto riguarda:- le procedure e le domande di autorizzazione da parte dello Stato membro della visita, per la presenza nel suo territorio dei servizi addetti alla protezione dello Stato richiedente che accompagnano una personalità,- i metodi d'intervento congiunto per la prevenzione di aggressioni e di attentati, incluse le modalità di spiegamento di funzionari e risorse,- i protocolli sulla priorità stradale da accordare alla personalità protetta negli spostamenti delle delegazioni,- la collaborazione con i competenti servizi incaricati dell'applicazione della legge e altri servizi pubblici,- le raccomandazioni relative ai mezzi di comunicazione;e) promuovere lo scambio, conformemente al diritto nazionale, delle informazioni operative tra i punti di contatto o direttamente tra i servizi competenti, in base alle informazioni fornite dai punti di contatto, in merito all'applicazione di misure di sicurezza nei casi in cui la protezione di una personalità debba essere garantita in due o più Stati membri.Articolo 5La rete presenta ogni anno al Consiglio una relazione sull'evoluzione delle sue attività. Il Consiglio valuterà le attività della rete ogni tre anni.Articolo 6La presente decisione ha effetto il giorno successivo all'adozione da parte del Consiglio.Fatto a Bruxelles, addì 28 novembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Haarder(1) GU C 42 del 15.2.2002, pag. 14.(2) Parere espresso il 30 maggio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 356 del 14.12.2001, pag. 1.
Rete europea di protezione delle personalità La responsabilità della protezione delle personalità da aggressioni e attentati durante le visite nell’Unione europea (EU) compete agli Stati membri. In seguito all’aumento degli spostamenti di personalità all'interno dell'Unione, tale decisione istituisce una rete europea di protezione delle personalità che funge da struttura formale per la comunicazione e la consultazione tra autorità nazionali. ATTO Decisione 2002/956/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità [Cfr. atti modificativi]. SINTESI La protezione delle personalità è compito dello Stato membro della visita. Fatta salva la raccomandazione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, riguardante la determinazione di una scala di valutazione comune delle minacce nei confronti di personalità in visita nell'Unione europea e un’iniziativa della Spagna, il Consiglio ha adottato tale decisione per colmare le lacune esistenti nella legislazione sulla protezione delle personalità. Tale decisione istituisce una rete europea per la protezione delle personalità. La rete è composta dai servizi di polizia nazionali e da altri servizi competenti in materia di protezione delle personalità. Ogni Stato membro designa un unico punto di contatto nazionale per la rete. Anche gli Stati candidati all’UE e l’Europol possono designare i punti di contatto. Per «personalità» si intende la persona che visita l’UE, nell’esercizio o meno di incarichi ufficiali e abbia diritto a un servizio di protezione conformemente alla legislazione nazionale di uno Stato membro o in virtù della regolamentazione di un’organizzazione o un’istituzione internazionale o sopranazionale. Le attività della rete sono promosse dallo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. La rete ha i seguenti obiettivi promuovere lo scambio di informazioni di carattere generale e tecnico e le esperienze tra i servizi nazionali che partecipano alla rete; promuovere l'elaborazione di un insieme di buone pratiche comuni per quanto attiene alle attività operative intraprese dai servizi nazionali; promuovere il comando reciproco di funzionari dei servizi che partecipano alla rete; consentire ai servizi nazionali che partecipano alla rete di scambiarsi informazioni, comunicare ed elaborare opinioni comuni per quanto riguarda le procedure e i metodi di protezione delle personalità; promuovere lo scambio delle informazioni operative in merito all'applicazione di misure di sicurezza nei casi in cui la protezione di una personalità debba essere garantita in due o più Stati membri; promuovere la collaborazione tra le autorità dei servizi di protezione nazionali in merito all’applicazione di misure di protezione nei casi in cui la protezione delle personalità debba essere garantita in due o più Stati membri. La rete presenta ogni anno al Consiglio una relazione sull'evoluzione delle sue attività. Il Consiglio valuterà le attività della rete ogni tre anni. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2002/956/GAI 29.11.2002 - GU L 333 del 10.12.2002 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2009/796/GAI 19.11.2009 - GU L 283 del 30.10.2009
2,511
578
32009L0020
false
DIRETTIVA 2009/20/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) Uno degli elementi della politica comunitaria dei trasporti marittimi consiste nell’innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile responsabilizzando maggiormente tutti gli operatori economici. (2) Misure dissuasive sono già state adottate con la direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni (4). (3) Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano unanimemente l’importanza dell’applicazione del protocollo del 1996 della convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi da parte di tutti gli Stati membri. (4) L’obbligo dell’assicurazione dovrebbe assicurare una migliore protezione delle vittime. Dovrebbe inoltre contribuire ad eliminare le navi non conformi alle norme e permettere di ripristinare la concorrenza tra gli operatori. Inoltre, nella risoluzione A.898(21) l’Organizzazione marittima internazionale ha invitato gli Stati ad esortare gli armatori ad essere adeguatamente assicurati. (5) L’inosservanza delle disposizioni della presente direttiva dovrebbe essere corretta. La direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sul controllo da parte dello Stato di approdo (rifusione) (5), prevede già il fermo delle navi in caso di mancanza dei certificati che devono essere presenti a bordo. È tuttavia opportuno contemplare la possibilità di espellere una nave che non detenga un certificato di assicurazione. Le modalità dell’espulsione dovrebbero consentire di porre rimedio alla situazione entro un termine ragionevole. (6) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, cioè l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica del trasporto marittimo, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva disciplina taluni aspetti degli obblighi cui sono soggetti gli armatori riguardo all’assicurazione per i crediti marittimi. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate. 2. La presente direttiva non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato impiegate per servizi pubblici a fini non commerciali. 3. La presente direttiva fa salve le discipline fissate dagli strumenti in vigore nello Stato membro interessato ed elencate in allegato. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «armatore» il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave; b) «assicurazione» l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe; c) «convenzione del 1996» il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996. Articolo 4 Assicurazione per i crediti marittimi 1. Ciascuno Stato membro prescrive che gli armatori delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi. 2. Ciascuno Stato membro prescrive agli armatori delle navi battenti bandiera di un altro paese di essere coperti da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla giurisdizione dello Stato membro in questione. Ciò non osta a che gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, impongano il rispetto di tale obbligo quando dette navi si trovano nelle loro acque territoriali. 3. L’assicurazione di cui ai paragrafi 1 e 2 copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996. L’importo dell’assicurazione per ciascuna nave per evento è pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità conformemente a quanto stabilito nella convenzione del 1996. Articolo 5 Ispezioni, conformità, espulsione dai porti e rifiuto di accesso ai porti 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché ogni ispezione di una nave in un porto soggetto alla sua giurisdizione in conformità della direttiva 2009/16/CE includa la verifica della presenza a bordo del certificato di cui all’articolo 6. 2. Se il certificato di cui all’articolo 6 non è a bordo e fatta salva la direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, l’autorità competente può emanare nei confronti della nave un ordine di espulsione, il quale è notificato alla Commissione, agli altri Stati membri e allo Stato di bandiera interessato. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine di espulsione, ciascuno Stato membro rifiuta l’accesso di detta nave ai suoi porti fino alla notificazione del certificato di cui all’articolo 6 da parte dell’armatore. Articolo 6 Certificati di assicurazione 1. L’esistenza dell’assicurazione di cui all’articolo 4 è comprovata da uno o più certificati rilasciati dal suo fornitore e presenti a bordo della nave. 2. I certificati rilasciati dal fornitore dell’assicurazione recano le informazioni seguenti: a) nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione; b) nome e luogo della sede principale dell’armatore; c) tipo e durata dell’assicurazione; d) nome e sede principale del fornitore dell’assicurazione e, se del caso, sede presso la quale l’assicurazione è stata stipulata. 3. Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo include una traduzione in una di queste lingue. Articolo 7 Sanzioni Ai fini dell’articolo 4, paragrafo 1, gli Stati membri stabiliscono il sistema di sanzioni applicabile in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 8 Relazioni Ogni tre anni, e per la prima volta anteriormente al 1o gennaio 2015, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva. Articolo 9 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o gennaio 2012. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 10 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 11 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195. (2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38. (3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 166), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 7) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (4) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 11. (5) Cfr. pagina 57 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO — Convenzione internazionale del 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi — Convenzione internazionale del 1996 sulla responsabilità e l’indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose (convenzione HNS) — Convenzione internazionale del 2001 sulla responsabilità civile per i danni derivanti dall’inquinamento determinato dal carburante delle navi (convenzione «Bunker Oil») — Convenzione internazionale di Nairobi del 2007 sulla rimozione dei relitti (convenzione «rimozione dei relitti») — Regolamento (CE) n. 392/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente
Assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi La presente direttiva stabilisce un quadro giuridico in materia di assicurazione degli armatori per i crediti marittimi al fine di responsabilizzare maggiormente gli operatori economici e innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile. ATTO Direttiva 2009/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi. SINTESI La presente direttiva crea un quadro giuridico armonizzato in materia di assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi. Ambito di applicazione La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate. Non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato per servizi pubblici a fini non commerciali. Obblighi degli armatori Ciascuno Stato membro deve prescrivere che: gli armatori * delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi; le navi battenti bandiera di un altro paese siano coperte da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla loro giurisdizione. Gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, possono imporre il rispetto di tale obbligo alle navi che transitano nelle loro acque territoriali. L’assicurazione * copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996 * e deve consentire una copertura pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità previsto da questa convenzione. Accesso ai porti Ciascuno Stato membro deve assicurarsi che le navi in un porto soggetto alla sua giurisdizione abbiano a bordo un certificato di assicurazione. Fatte salve le disposizioni della direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, la presente direttiva permette all’autorità competente di emanare un ordine di espulsione della nave. Tale ordine è notificato alla Commissione e agli altri Stati membri. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine, alla nave sarà negato l’accesso in tutti i porti dell’Unione europea (UE) fino alla notificazione del certificato da parte dell’armatore. Certificati di assicurazione Il o i certificati di assicurazione devono recare le informazioni seguenti: nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione; nome e luogo della sede principale dell’armatore; tipo e durata dell’assicurazione; sede principale del fornitore dell’assicuratore. Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo deve essere tradotto almeno in una di queste lingue. Sanzioni Gli Stati membri devono stabilire un sistema di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva. Contesto La presente direttiva si inserisce nell’ambito della volontà dell’Unione europea e dell’OMI (EN) di responsabilizzare gli operatori economici e migliorare in tal modo la qualità del trasporto marittimo mercantile. Termini chiave dell’atto «armatore», il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave; «assicurazione», l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe; «convenzione del 1996», il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/20/CE 29.5.2009 1.1.2012 GU L 131 del 28.5.2009
4,407
403
31993L0011
false
Direttiva 93/11/CEE della Commissione, del 15 marzo 1993, concernente la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturale Gazzetta ufficiale n. L 093 del 17/04/1993 pag. 0037 - 0038 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 12 pag. 0167 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 12 pag. 0167 DIRETTIVA 93/11/CEE DELLA COMMISSIONE del 15 marzo 1993 concernente la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturaleLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il Trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 89/109/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari (1), in particolare l'articolo 3, considerando che le norme comunitarie previste dalla presente direttiva sono non solo necessarie, ma indispensabili al raggiungimento degli obiettivi del mercato interno, i quali non possono essere attuati a livello dei singoli Stati membri, e che d'altra parte la loro realizzazione a livello comunitario è gia prevista dalla direttiva 89/109/CEE; considerando che è dimostrata la possibilità di liberazione, da tettarelle e succhiotti di elastomero o di gomma naturale, di N-nitrosammine e di sostanze che possono trasfomarsi in N-nitrosammine (sostanze N-nitrosabili); considerando che il comitato scientifico dell'alimentazione umana ha espresso il parere secondo cui le N-nitrosammine e le sostanze N-nitrosabili possono creare rischi per la salute umana a causa della loro tossicità ed è pertanto raccomandabile che la migrazione di dette sostanze attraverso gli oggetti soprammenzionati sia tenuta sotto i limiti di rilevamento di un metodo sufficientemente sensibile; considerando che secondo l'articolo 2 della direttiva 89/109/CEE i materiali e gli oggetti allo stato di prodotti finiti non devono cedere i loro costituenti ai prodotti alimentari in quantità tali da costituire un pericolo per la salute umana; considerando che per le tettarelle tale obiettivo può essere adeguatamente raggiunto con una direttiva specifica, ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 89/109/CEE; considerando che l'impiego di succhiotti può determinare lo stesso tipo di rischio e che pertanto è opportuno adottare le medesime disposizioni anche per tali oggetti; considerando che è necessario agire immediatamente e che perciò la presente direttiva si limita a stabilire norme specifiche relative alla liberazione delle nitrosammine e sostanze N-nitrosabili da terrarelle e succhiotti di elastomero o di gomma naturale, rinviando ad una direttiva più generale, riguardante gli elastomeri e la gomma naturale, la soluzione di altri problemi relativi alle tettarelle ed ai succhiotti; considerando che con la presente direttiva è opportuno stabilire le norme di base e i criteri generali per determinare la liberazione di N-nitrosammine e sostanze N-nitrosabili, rinviando la definizione di un metodo di analisi dettagliato; considerando che il metodo di analisi riportato negli allegati è adottato come provvedimento temporaneo sino a che siano disponibili altri risultati sulla validità di questo metodo e su possibili metodi alternativi; considerando che la Commissione si è impegnata a promuovere ulteriori ricerche sui metodi di analisi per rivedere la metodologia proposta e a prendere in considerazione la definizione di tolleranze analitiche alla luce di tali ricerche; considerando che le misure previste in questa direttiva sono conformi al parere del comitato permanente per i prodotti alimentari, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva è una direttiva specifica ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 89/109/CEE. Essa riguarda la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili, da tettarelle e succhiotti di elastomero o di gomma naturale. Articolo 2 Le tettarelle e i succhiotti di cui all'articolo 1 non devono liberare, alla prova di migrazione con il liquido simulante la saliva alle condizioni specificate nell'allegato I, nessuna N-nitrosammina o sostanza N-nitrosabile rilevabile con un metodo convalidato conforme ai criteri di cui all'allegato II ed idoneo a rilevare le seguenti quantità: - 0,01 mg del totale delle N-nitrosammine liberate/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale), - 0,1 mg del totale di sostanze N-nitrosabili/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale). Articolo 3 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva a decorrere dal 1° aprile 1994. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Gli Stati membri: - permettono, a decorrere dal 1° aprile 1994, la vendita e l'uso di succhiotti e tettarelle rispondenti al disposto della presente direttiva; - essi vietano, a partire dal 1° aprile 1995, la vendita e l'uso di succhiotti e tettarelle non rispondenti al disposto della presente direttiva. 2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 15 marzo 1993. Per la Commissione Martin BANGEMANN Membro della Commissione ALLEGATO I NORME DI BASE PER ACCERTARE LA LIBERAZIONE DI N-NITROSAMMINE E DI SOSTANZE N-NITROSABILI 1. Liquido per la prova di liberazione (soluzione di saliva per la prova) Per preparare il liquido per la prova di cessione, disciogliere 4,2 g di bicarbonato di sodio (NaHCO3), 0,5 mg di cloruro di sodio (NaCl), 0,2 g di carbonato di potassio (K2CO3) e 30,0 mg di nitrito di sodio (NaNO2) in un litro di acqua distillata o di acque di qualità equivalente. Il pH della soluzione deve essere pari a 9. 2. Condizioni di prova Immersione di campioni di materiale ottenuto a partire da un numero adeguato di succhiotti o tettarelle nel liquido della prova di liberazione per una durata di 24 ore ad una temperatura di 40 °C (± 2 °C). ALLEGATO II CRITERI APPLICABILI AL METODO DI DETERMINAZIONE DELLA LIBERAZIONE DI N-NITROSAMMINE E DI SOSTANZE N-NITROSABILI 1. La liberazione delle N-nitrosammine è determinata in un'aliquota di ciascuna soluzione ottenuta secondo l'allegato I. Le N-nitrosammine vengono estratte da una aliquota servendosi di diclorometano (DCM) non contenente nitrosammine e sono determinate per via gascromatografica. 2. La liberazione di sostanze N-nitrosabili è determinata in un'altra aliquota ciascuna soluzione ottenuta secondo l'allegato I. Le sostanze nitrosabili sono trasformate in nitrosammine per acidificazione di un aliquota con acido cloridrico. Quindi le nitrosammine sono estratte dalla soluzione mediante DCM e determinate per via gascromatografica.
Liberazione di N-nitrosammine dalle tettarelle di gomma naturale La legislazione comunitaria armonizza le disposizioni relative alla liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturale. ATTO Direttiva 93/11/CEE della Commissione, del 15 marzo 1993, concernente la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturale. SINTESI La presente direttiva è una misura specifica ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1935/2004 relativo ai materiali destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. I succhiotti e le tettarelle di elastomero o di gomma naturale possono liberare N-nitrosammine e sostanze che possono trasformarsi in N-nitrosammine (sostanze N-nitrosabili), che possono creare rischi per la salute umana a causa della loro tossicità. Pertanto, la migrazione di dette sostanze non deve superare i seguenti limiti: 0,01 mg del totale delle N-nitrosammine liberate/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale); 0,1 mg del totale di sostanze N-nitrosabili/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale). Tali limiti devono essere controllati mediante una prova, alle condizioni specificate nell'allegato della presente direttiva. L'allegato descrive altresì il metodo di analisi da utilizzare. I succhiotti e le tettarelle non conformi alla presente direttiva sono vietati a partire dal 1° aprile 1995. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 93/11/CEE 24.3.1993 1.4.1994 GU L 93 del 17.4.1993 See also Sito della DG "Salute e consumatori" (EN).
2,936
600
32005R1552
false
REGOLAMENTO (CE) N. 1552/2005 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 7 settembre 2005 relativo alle statistiche sulla formazione professionale nelle imprese (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) In occasione del Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, l'Unione europea ha stabilito l'obiettivo strategico di diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. (2) L'occupabilità, l'adattabilità e la mobilità dei cittadini sono vitali per l'Unione, se essa vuole mantenere l'impegno a diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo. (3) L'apprendimento permanente è un elemento chiave per lo sviluppo e la promozione di una manodopera qualificata, formata e adattabile. (4) Il Consiglio, nelle sue conclusioni del 5 maggio 2003 in merito ai livelli di riferimento del rendimento medio europeo nel settore dell'istruzione e della formazione (parametri di riferimento) (2), ha adottato il seguente parametro di riferimento per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita: «Pertanto, entro il 2010, il livello medio di partecipazione all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita dovrebbe attestarsi nell'Unione europea almeno al 12,5 % della popolazione adulta in età lavorativa (fascia di età compresa tra 25 e 64 anni)». (5) Il Consiglio europeo di Lisbona ha confermato che l'apprendimento permanente costituisce una componente essenziale del modello sociale europeo. (6) La nuova strategia europea per l'occupazione, confermata dalla decisione 2003/578/CE del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (3), intende meglio contribuire alla strategia di Lisbona e porre in atto strategie coerenti e globali per l'apprendimento permanente. (7) Nell'applicazione del presente regolamento, è opportuno tenere conto della nozione di «persone svantaggiate sul mercato di lavoro», presente negli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione. (8) Si dovrebbe riservare un'attenzione particolare alla formazione sul posto di lavoro e durante l'orario di lavoro quali aspetti decisivi dell'apprendimento permanente. (9) Informazioni statistiche comparabili a livello comunitario, con un'attenzione specifica per la formazione professionale nelle imprese, sono essenziali per lo sviluppo di strategie di apprendimento permanente e per il monitoraggio dei progressi realizzati nella loro attuazione. (10) La produzione di statistiche comunitarie specifiche è disciplinata da regole stabilite nel regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4). (11) La trasmissione di dati che sottostanno all'obbligo di riservatezza dei dati statistici è disciplinata dalle regole enunciate nel regolamento (CE) n. 322/97 e dal regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 del Consiglio, dell'11 giugno 1990, relativo alla trasmissione all'Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto (5). (12) Il regolamento (CE) n. 831/2002 della Commissione, del 17 maggio 2002, recante attuazione del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie, per quanto riguarda l'accesso ai dati riservati per fini scientifici (6), stabilisce le condizioni in base alle quali può essere consentito l'accesso ai dati riservati trasmessi alla Comunità. (13) Poiché lo scopo del presente regolamento, cioè la creazione di standard statistici comuni che consentano la produzione di dati armonizzati, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito all'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato in tale articolo. (14) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7). Tali misure dovrebbero tenere conto delle risorse disponibili negli Stati membri per la raccolta e la trasformazione dei dati. (15) Il comitato del programma statistico è stato consultato conformemente all'articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, del 19 giugno 1989, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (8), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce un quadro comune per la produzione di statistiche comunitarie sulla formazione professionale nelle imprese. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni: 1) «impresa»: l'impresa quale definita nel regolamento (CEE) n. 696/93 del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativo alle unità statistiche di osservazione e di analisi del sistema produttivo nella Comunità (9); 2) «NACE Rev. 1.1»: la classificazione statistica comune delle attività economiche nella Comunità europea stabilita dal regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (10). Articolo 3 Dati da raccogliere 1. I dati sono raccolti dagli Stati membri al fine di produrre statistiche comunitarie per l'analisi della formazione professionale continua nelle imprese nei seguenti ambiti: a) la politica di formazione e le strategie di formazione delle imprese per lo sviluppo delle capacità della loro manodopera; b) la gestione, l'organizzazione e i tipi di formazione professionale continua nelle imprese; c) il ruolo delle parti sociali nell'assicurare in tutti i suoi aspetti una formazione professionale continua sul posto di lavoro; d) l'accesso alla formazione professionale continua, il suo volume e contenuto, soprattutto in relazione all'attività economica e alla grandezza dell'impresa; e) misure specifiche di formazione professionale continua delle imprese per migliorare le abilità TIC della loro manodopera; f) le opportunità per i lavoratori delle piccole e medie imprese (PMI) di accedere alla formazione professionale continua e di acquisire nuove abilità e in particolare i bisogni specifici delle PMI di offrire formazione; g) l'impatto di misure pubbliche sulla formazione professionale continua nelle imprese; h) le pari opportunità nell'accesso alla formazione professionale continua nelle imprese per tutti i lavoratori, con un'attenzione particolare per il genere e per specifici gruppi d'età; i) misure specifiche di formazione professionale continua per persone svantaggiate sul mercato del lavoro; j) misure di formazione professionale continua rivolte alle diverse forme di contratto di lavoro; k) spesa per la formazione professionale continua: livelli di finanziamento e risorse finanziarie, incentivi per la formazione professionale continua; e l) procedure di valutazione e monitoraggio delle imprese in relazione alla formazione professionale continua. 2. Dati specifici sono raccolti dagli Stati membri per quanto concerne la formazione professionale iniziale nelle imprese relativamente a: a) i partecipanti alla formazione professionale iniziale; e b) la spesa complessiva per la formazione professionale iniziale. Articolo 4 Campo di applicazione delle statistiche Le statistiche sulla formazione professionale nelle imprese coprono almeno tutte le attività economiche definite nelle sezioni da C a K e nella sezione O della NACE Rev. 1.1. Articolo 5 Unità statistiche 1. Per la raccolta dei dati, si usa quale unità statistica l'impresa attiva nell'ambito di una delle attività economiche di cui all'articolo 4 e che occupa almeno 10 lavoratori. 2. Tenendo conto della specifica distribuzione delle imprese per dimensione a livello nazionale e dell'evoluzione dei fabbisogni del settore, gli Stati membri possono estendere la definizione di unità statistica sul loro territorio. La Commissione può a sua volta decidere di estendere tale definizione, secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2, qualora tale estensione migliori nettamente la rappresentatività e la qualità dei risultati dell'indagine negli Stati membri interessati. Articolo 6 Fonti di dati 1. Gli Stati membri acquisiscono i dati necessari facendo ricorso a un'indagine nelle imprese ovvero a una combinazione di indagine nelle imprese e di altre fonti, applicando i principi di riduzione dell'aggravio per gli intervistati e di semplificazione amministrativa. 2. Gli Stati membri stabiliscono le modalità secondo le quali le imprese rispondono all'indagine. 3. Nel corso dell'indagine, spetta alle imprese fornire dati corretti e completi entro le scadenze stabilite. 4. Altre fonti, compresi dati amministrativi, possono essere usate per completare i dati da raccogliersi, allorché tali fonti siano appropriate in termini di pertinenza e aggiornamento. Articolo 7 Caratteristiche dell'indagine 1. L'indagine è un'indagine per campione. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i dati che essi trasmettono rispecchino la struttura della popolazione delle unità statistiche. L'indagine è effettuata in modo tale da consentire una ripartizione dei risultati a livello comunitario almeno nelle seguenti categorie: a) attività economiche in base alla NACE Rev.1.1; e b) dimensioni delle imprese. 3. I requisiti di campionamento e di esattezza, le dimensioni del campione necessarie a rispondere a tali requisiti, e le specifiche dettagliate della NACE Rev.1.1 e le categorie di grandezza in cui i risultati possono essere ripartiti sono determinati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Articolo 8 Strategia d'indagine 1. Per ridurre l'aggravio a carico degli intervistati, la strategia d'indagine consentirà di adeguare su misura la raccolta dei dati in relazione a: a) imprese che formano e imprese che non formano; e b) diversi tipi di formazione professionale. 2. I dati specifici da raccogliere in relazione alle imprese che formano e alle imprese che non formano e ai diversi tipi di formazione professionale sono determinati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Articolo 9 Controllo di qualità e relazioni 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare la qualità dei dati che essi trasmettono. 2. Entro 21 mesi a decorrere dallo scadere di ciascun periodo di riferimento di cui all'articolo 10, gli Stati membri presentano alla Commissione (Eurostat) una relazione di qualità contenente tutte le informazioni e i dati ad essa necessari per verificare la qualità dei dati trasmessi. La relazione segnala eventuali violazioni dei requisiti metodologici. 3. Sulla base delle relazioni di cui al paragrafo 2, la Commissione (Eurostat) valuta la qualità dei dati trasmessi, in particolare al fine di garantire la comparabilità dei dati tra Stati membri. 4. I requisiti di qualità per i dati da raccogliere e trasmettere per le statistiche comunitarie sulla formazione professionale nelle imprese, la struttura delle relazioni di qualità di cui al paragrafo 2 e le eventuali misure necessarie per valutare o migliorare la qualità dei dati sono determinati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Articolo 10 Periodo di riferimento e periodicità 1. Il periodo di riferimento da coprire per la raccolta dei dati è un anno di calendario. 2. La Commissione determina il primo anno di riferimento per il quale si devono raccogliere dati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. 3. Gli Stati membri raccolgono i dati con cadenza quinquennale. Articolo 11 Trasmissione dei dati 1. Gli Stati membri e la Commissione, entro i loro rispettivi ambiti di competenza, promuovono le condizioni per un uso più intenso della raccolta elettronica di dati, della trasmissione elettronica di dati e dell'elaborazione automatica di dati. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati individuali sulle imprese conformemente alle vigenti disposizioni comunitarie sulla trasmissione di dati statisticamente riservati di cui ai regolamenti (CE) n. 322/97 e (Euratom, CEE) n. 1588/90. Gli Stati membri assicurano che i dati trasmessi non consentano l'identificazione diretta delle unità statistiche. 3. Gli Stati membri trasmettono i dati in forma elettronica, conformemente all'appropriato formato tecnico e alla norma sull'interscambio di informazioni da determinarsi secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. 4. Gli Stati membri trasmettono entro 18 mesi dallo scadere di ciascun anno di riferimento i dati completi e corretti. Articolo 12 Relazione sull'attuazione 1. Entro il 20 ottobre 2010 e previa consultazione del comitato del programma statistico, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento. In particolare la relazione: a) accerta i benefici derivanti alla Comunità, agli Stati membri e agli utenti delle statistiche prodotte in relazione all'aggravio a carico degli intervistati; b) identifica ambiti per potenziali miglioramenti e modifiche ritenuti necessari alla luce dei risultati ottenuti. 2. A seguito della relazione, la Commissione ha facoltà di proporre le misure per migliorare l'attuazione del presente regolamento. Articolo 13 Misure di attuazione Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento, comprese le misure atte a tener conto degli sviluppi economici e tecnici in materia di raccolta, trasmissione e trattamento dei dati, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2. Articolo 14 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. Articolo 15 Finanziamento 1. Per il primo anno di riferimento per cui sono prodotte le statistiche comunitarie di cui al presente regolamento, la Commissione mette a disposizione degli Stati membri un contributo finanziario per contribuire a coprire i costi da essi sostenuti al fine di raccogliere, trattare e trasmettere i dati. 2. L'ammontare del contributo finanziario è fissato contestualmente alla pertinente procedura di bilancio annuale. L'autorità di bilancio determina lo stanziamento disponibile. 3. Nell'attuazione del presente regolamento, la Commissione può ricorrere ad esperti e organizzazioni di assistenza tecnica il cui finanziamento può essere predisposto contestualmente al quadro finanziario generale del presente regolamento. La Commissione ha facoltà di organizzare seminari, colloqui o altre riunioni di esperti suscettibili di agevolare l'attuazione del presente regolamento e di intraprendere appropriate azioni di informazione, pubblicazione e diffusione. Articolo 16 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 7 settembre 2005. Per il Parlamento europeo Il Presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il Presidente C. CLARKE (1) Parere del Parlamento europeo del 23 febbraio 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), decisione del Consiglio del 27 giugno 2005. (2) GU C 134 del 7.6.2003, pag. 3. (3) GUJ L 197 del 5.8.2003, pag. 13. (4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 151 del 15.6.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (6) GU L 133 del 18.5.2002, pag. 7. (7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (8) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (9) GU L 76 del 30.3.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (10) GU L 293 del 24.10.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003.
Statistiche sulla formazione professionale QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce le regole e i metodi per la raccolta delle statistiche europee sulla formazione professionale nelle imprese*. PUNTI CHIAVE Dati da raccogliere nelle imprese Gli Stati membri devono raccogliere i dati nei seguenti ambiti:La politica di formazione e le strategie di formazione delle imprese per lo sviluppo delle capacità della loro manodopera; la gestione, l’organizzazione e i tipi di formazione professionale continua nelle imprese; il ruolo delle parti sociali nell’assicurare in tutti i suoi aspetti una formazione professionale continua sul posto di lavoro; l’accesso alla formazione professionale continua, il suo volume e contenuto, soprattutto in relazione all’attività economica e alla grandezza dell’impresa; misure specifiche di formazione professionale continua delle imprese per migliorare le abilità TIC della loro manodopera; le opportunità per i lavoratori delle piccole e medie imprese (PMI) di accedere alla formazione professionale continua e di acquisire nuove abilità e in particolare i bisogni specifici delle PMI di offrire formazione; l’impatto di misure pubbliche sulla formazione professionale continua nelle imprese; le pari opportunità nell’accesso alla formazione nelle imprese per tutti i lavoratori (con un’attenzione particolare per il genere e per specifici gruppi d’età); misure specifiche di formazione professionale continua per persone svantaggiate sul mercato del lavoro, ad esempio gli anziani e gli appartenenti alle minoranze; misure rivolte alle diverse forme di contratto di lavoro; spesa per la formazione professionale continua: livelli di finanziamento e risorse finanziarie, incentivi per la formazione professionale continua; procedure di valutazione e monitoraggio delle imprese in relazione alla formazione professionale continua. Per quanto concerne la formazione professionale iniziale sul posto di lavoro, gli Stati membri devono raccogliere dati relativamente a:i partecipanti alla formazione professionale iniziale; e la spesa complessiva per la formazione di questo tipo. Campo di applicazione Le statistiche coprono almeno la formazione nelle imprese coinvolte nelle attività economiche definite nelle sezioni da C a K e nella sezione O della classificazione NACE*. Unità statistiche Come regola generale, i dati vengono raccolti solo in relazione alle imprese che occupano almeno 10 lavoratori. Fonti di dati Gli Stati membri acquisiscono i dati facendo ricorso a un’indagine nelle imprese ovvero a una combinazione di indagini nelle imprese e altre fonti, puntando a ridurre l’aggravio per gli intervistati e a semplificare gli aspetti amministrativi. Gli Stati membri stabiliscono le modalità secondo le quali le imprese rispondono all’indagine entro le scadenze stabilite. Altre fonti di dati possono essere usate purché appropriate in termini di pertinenza e aggiornamento. Caratteristiche e strategie dell’indagine Gli Stati membri devono assicurare che i dati che essi trasmettono rispecchino accuratamente la struttura della popolazione delle unità statistiche. L’indagine è effettuata in modo tale da consentire una ripartizione dei risultati a livello comunitario almeno nelle seguenti categorie:attività economiche, dimensioni delle imprese. La Commissione europea (Eurostat) stabilisce i requisiti del campionamento, le dimensioni del campione necessarie a rispondere a tali requisiti, e le specifiche dettagliate della NACE e le categorie di grandezza in cui i risultati possono essere ripartiti. La Commissione stabilisce inoltre i dati specifici che devono essere raccolti in relazione a imprese che formano* e imprese che non formano* diversi tipi di formazione professionale. Controllo di qualità Gli Stati membri sono responsabili di assicurare la qualità dei dati che essi trasmettono a Eurostat. Allo scadere di ciascun periodo di riferimento di un anno di calendario, ed entro 21 mesi, gli Stati membri presentano a Eurostat una relazione di qualità contenente tutte le informazioni e i dati richiesti. La relazione dovrebbe inoltre menzionare eventuali violazioni dei requisiti metodologici. Sulla base di queste relazioni, Eurostat valuta la qualità dei dati trasmessi, al fine di garantirne la comparabilità. Periodicità Gli Stati membri raccolgono i dati con cadenza quinquennale. Trasmissione dei dati Gli Stati membri trasmettono a Eurostat i dati individuali sulle imprese conformemente alle vigenti disposizioni comunitarie sulla trasmissione di dati statisticamente riservati di cui al regolamento (CE) n. 223/2009. Essi assicurano che i dati trasmessi non consentano l’identificazione diretta delle unità statistiche. La trasmissione avviene in forma elettronica, conformemente alle specifiche stabilite dal Comitato del sistema statistico europeo, un comitato di supporto che assiste e fornisce orientamento a Eurostat, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dalla Commissione. Gli Stati membri trasmettono entro 18 mesi dallo scadere di ciascun anno di riferimento i dati completi e corretti. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 20 ottobre 2005. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Formazione professionale e statistiche sulla formazione (Eurostat) Indagine sulla formazione professionale continua (Eurostat). TERMINI CHIAVE Impresa: l’unità statistica utilizzata da Eurostat per l’osservazione e l’analisi del sistema produttivo dell’UE. Classificazione NACE: sigla della classificazione statistica delle attività economiche nell’Unione europea, dal francese Nomenclature statistique des activités économiques. Imprese che formano: imprese coinvolte nel campionamento che erogano servizi di formazione. Imprese che non formano: imprese coinvolte nel campionamento la cui attività non prevede l’erogazione di servizi di formazione. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1552/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativo alle statistiche sulla formazione professionale nelle imprese (GU L 255 del 30.9.2005, pagg. 1-5). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1552/2005 sono state incorporate nel documento originale. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario. DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pagg. 164-173) Si veda la versione consolidata.
7,362
855
31988L0361
false
Direttiva 88/361/CEE del Consiglio del 24 giugno 1988 per l'attuazione dell'articolo 67 del Trattato Gazzetta ufficiale n. L 178 del 08/07/1988 pag. 0005 - 0018 edizione speciale finlandese: capitolo 10 tomo 1 pag. 0044 edizione speciale svedese/ capitolo 10 tomo 1 pag. 0044 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 24 giugno 1988 per l'attuazione dell'articolo 67 del trattato (88/361/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 69 e 70, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del Comitato monetario (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),considerando che l'articolo 8 A del trattato stabilisce che il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione dei capitali senza pregiudizio delle altre disposizioni del trattato;considerando che gli Stati membri devono poter adottare le misure necessarie per regolare la liquidità bancaria e che tali misure debbono essere limitate a tale obiettivo;considerando che gli Stati membri devono poter adottare, qualora sia necessario, misure che impediscano, provvisoriamente e nel quadro di procedure comunitarie appropriate, movimenti di capitali a breve termine che, anche in assenza di sensibili divergenze tra i fattori economici fondamentali, provocherebbero gravi perturbazioni nella conduzione della loro politica monetaria e valutaria;considerando che, a fini di trasparenza, è opportuno indicare il campo d'applicazione, in base al dispositivo stabilito dalla presente direttiva, delle misure transitorie adottate a beneficio del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese dall'atto di adesione del 1985 nel settore dei movimenti di capitali;considerando che il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese possono differire, in virtù rispettivamente degli articoli da 61 a 66 e da 222 a 232 dell'atto di adesione del 1985, la liberalizzazione di taluni movimenti di capitali, in deroga agli obblighi della prima direttiva del Consiglio dell'11 maggio 1960, per l'applicazione dell'articolo 67 del trattato (3), modificata da ultimo dalla direttiva 86/566/CEE (4); che la direttiva 86/566/CEE prevede del pari l'applicazione di un regime transitorio a beneficio di questi due Stati membri per quanto riguarda gli obblighi di liberalizzazione dei movimenti di capitali; che è opportuno che questi due Stati membri possano differire, per un periodo analogo e per le stesse ragioni economiche, l'applicazione dei nuovi obblighi di liberalizzazione risultanti dalla presente direttiva;considerando che la Repubblica ellenica e l'Irlanda si trovano a far fronte, pur in misura diversa, ad una situazione difficile della loro bilancia dei pagamenti ed al vincolo di un debito estero elevato; che una liberalizzazione immediata e totale dei movimenti di capitali in questi due Stati membri renderebbe più difficile il proseguimento delle iniziative da essi intraprese per migliorare le loro posizioni sui mercati esteri e per rafforzare la capacità di adattamento del loro sistema finanziario alle esigenze di un mercato finanziario integrato nella Comunità; che è opportuno, conformemente all'articolo 8 C del trattato, accordare a questi due Stati membri dei termini supplementari, adeguati alla loro situazione specifica, per l'applicazione degli obblighi della presente direttiva;considerando che la completa liberalizzazione dei movimenti di capitali potrebbe, in alcuni Stati membri e soprattutto nelle zone di frontiera, comportare difficoltà nel mercato delle residenze secondarie; che pertanto la legislazione nazionale esistente che disciplina detti acquisti non dovrebbe subire le ripercussioni dell'applicazione della presente direttiva;considerando che conviene utilizzare il termine posto per l'applicazione della presente direttiva affinché la Commissione possa presentare proposte volte a sopprimere o ad attenuare i rischi di distorsioni, di evasione e di frode fiscale connessi con la diversità dei regimi fiscali nazionali ed il Consiglio possa deliberare su tali proposte;considerando che conformemente alle disposizioni dell'articolo 70, paragrafo 1 del trattato, la Comunità deve procurare di raggiungere il più alto grado possibile di liberalizzazione nel settore dei movimenti di capitale tra i suoi residenti e quelli dei paesi terzi;considerando che movimenti di capitali a breve termine di grande ampiezza provenienti o a destinazione dei paesi terzi possono perturbare gravemente la situazione monetaria o finanziaria degli Stati membri o provocare gravi tensioni sui mercati dei cambi; che tali sviluppi possono risultare pregiudizievoli alla coesione del sistema monetario europeo, al corretto funzionamento del mercato interno e alla graduale realizzazione dell'unione economica e monetaria; che occorre pertanto creare le condizioni richieste per un'azione concertata degli Stati membri, qualora essa risultasse necessaria;considerando che la presente direttiva sostituisce la direttiva 72/156/CEE del Consiglio del 21 marzo 1972, per la regolazione dei flussi finanziari internazionali e la neutralizzazione degli effetti indesiderabili degli stessi sulla liquidità interna (5); che pertanto la direttiva 72/156/CEE deve essere abrogata,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. Gli Stati membri sopprimono le restrizioni ai movimenti di capitali effettuati tra le persone residenti negli Stati membri, fatte salve le disposizioni che seguono. Per facilitare l'applicazione della presente direttiva i movimenti di capitali sono classificati in base alla nomenclatura riportata nell'allegato I.2. I trasferimenti relativi ai movimenti di capitali si effettuano a condizioni di cambio uguali a quelle praticate per i pagamenti relativi alle transazioni correnti.Articolo 2Gli Stati membri informano la Commissione, il Comitato monetario ed il Comitato dei governatori delle Banche centrali, al più tardi al momento della loro entrata in vigore, in merito alle misure di regolazione della liquidità bancaria che hanno un effetto specifico sulle operazioni in capitale effettuate dagli istituti di credito con non residenti.Le suddette misure devono essere limitate a quanto è necessario ai fini della regolazione monetaria interna. Il Comitato monetario e il Comitato dei governatori delle Banche centrali esprimono dei pareri in merito destinati alla Commissione.Articolo 31. Qualora movimenti di capitali a breve termine di portata eccezionale esercitino forti tensioni sui mercati dei cambi e provochino gravi perturbazioni nella conduzione della politica monetaria e valutaria di uno Stato membro, causando in particolare variazioni importanti della liquidità interna, la Commissione, sentito il Comitato monetario e il Comitato dei governatori delle Banche centrali, può autorizzare tale Stato ad adottare, relativamente ai movimenti di capitali elencati nell'allegato II, le misure di salvaguardia delle quali essa definisce le condizioni e le modalità.2. Lo Stato membro interessato può adottare di propria iniziativa le misure di salvaguardia sopra menzionate, qualora esse si rivelino necessarie in presenza di una situazione d'urgenza. La Commissione e gli altri Stati membri devono essere informati di tali misure al più tardi al momento in cui esse entrano in vigore. La Commissione, sentito il Comitato monetario e il Comitato dei governatori delle Banche centrali, decide se lo Stato interessato può mantenere oppure deve modificare o sopprimere tali misure.3. Le decisioni adottate dalla Commissione ai sensi dei paragrafi 1 e 2 possono essere revocate o modificate dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata.4. La durata d'applicazione delle misure di salvaguardia adottate in virtù del presente articolo non può superare sei mesi.5. Sulla scorta di una relazione della Commissione e sentito il Comitato monetario e il Comitato dei governatori delle Banche centrali, il Consiglio esamina prima del 31 dicembre 1992 se le disposizioni del presente articolo siano ancora adeguate, quanto al principio e alle modalità, alle esigenze per cui sono state stabilite.Articolo 4Le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano il diritto degli Stati membri di adottare le misure indispensabili per impedire le infrazioni alle leggi e ai regolamenti interni, specialmente in materia fiscale o ai fini di una sorveglianza cautelare degli istituti finanziari, o di stabilire procedure di dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica.L'applicazione di queste misure e procedure non può avere l'effetto di ostacolare i movimenti di capitali operati conformemente alle disposizioni del diritto comunitario.Articolo 5Per il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese, il campo di applicazione, secondo la nomenclatura dei movimenti di capitali riportata nell'allegato I, delle disposizioni dell'atto diadesione del 1985 nel settore dei movimenti di capitali va inteso come indicato nell'allegato III.Articolo 61. Gli Stati membri mettono in vigore le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 1° luglio 1990. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Gli Stati membri comunicano del pari alla Commissione, al più tardi al momento della loro entrata in vigore, qualsiasi nuova misura o modifica apportata alle disposizioni che disciplinano i movimenti di capitali elencati nell'allegato I.2. Il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese - fatti salvi, per questi due paesi, gli articoli da 61 a 66 e da 222 a 232 dell'atto di adesione del 1985 - nonché la repubblica ellenica e l'Irlanda possono mantenere provvisoriamente restrizioni ai movimenti di capitali elencati nell'allegato IV, alle condizioni e per il periodo previsti in tale allegato.Qualora, prima della scadenza del termine fissato per la liberalizzazione dei movimenti di capitali indicati negli elenchi III e IV dell'allegato IV, la Repubblica ellenica ritenessero di non essere in grado di effettuare tale liberalizzazione, soprattutto a causa di difficoltà della bilancia dei pagamenti o di un insufficiente grado di adeguamento del sistema finanziario nazionale, la Commissione, a richiesta di uno di tali Stati membri, procede in collaborazione con il Comitato monetario all'esame della situazione economica e finanziaria di questo Stato. In base alle conclusioni di tale esame, la Commissione propone al Consiglio di prorogare, per la totalità o una parte dei movimenti di capitali in questione, il termine fissato per la liberalizzazione. Detta proroga non può eccedere tre anni. Il Consiglio delibera in base alla procedura dell'articolo 69 del trattato.3. Il Regno del Belgio e il Granducato del Lussemburgo possono mantenere temporaneamente il doppio mercato dei cambi alle condizioni e nei termini previsti nell'allegato V.4. L'attuale legislazione nazionale che disciplina l'acquisto di residenze secondarie può essere mantenuta in vigore fino a che il Consiglio adotterà ulteriori disposizioni in questo settore in conformità dell'articolo 69 del trattato. Questa disposizione non inficia l'applicabilità delle altre disposizioni del diritto comunitario.5. Entro il 31 dicembre 1988 la Commissione presenterà al Consiglio le proposte intese a sopprimere o ad attenuare rischi di distorsioni, di evasione e di frodi fiscali, connessi con la diversità dei regimi nazionali per quanto concerne la fiscalità relativa al risparmio e il controllo della loro applicazione.Il Consiglio dovrà pronunciarsi sulle proposte della Commissione entro il 30 giugno 1989. Conformemente al trattato, qualsiasi disposizione fiscale di carattere comunitario dovrà essere adottata all'unanimità.Articolo 71. Gli Stati membri si adoperano per raggiungere, nel regime che essi applicano ai trasferimenti relativi ai movimenti di capitali con i paesi terzi, lo stesso grado di liberalizzazione delle operazioni che si verificano con i residenti degli altri Stati membri, fatte salve le altre disposizioni della presente direttiva.Il primo comma non pregiudica l'applicazione nei confronti dei paesi terzi delle norme nazionali o del diritto comunitario, e in particolare delle eventuali condizioni di reciprocità, per quanto riguarda le operazioni di stabilimento, prestazione di servizi finanziari e ammissione dei titoli sui mercati dei capitali.2. Qualora i movimenti di capitali a breve termine di grande ampiezza provenienti o a destinazione dei paesi terzi perturbino gravemente la situazione monetaria o finanziaria interna o esterna degli Stati membri o di parecchi di essi, oppure determinino gravi tensioni nei rapporti di cambio all'interno della Comunità o tra la Comunità e i paesi terzi, gli Stati membri si consultano su ogni misura che potrebbe essere adottata per ovviare alle difficoltà incontrate. La consultazione avviene in sede di Comitato dei governatori delle Banche centrali e del Comitato monetario ad iniziativa della Commissione o di qualsiasi Stato membro.Articolo 8Il Comitato monetario esamina, almeno una volta all'anno, la situazione in materia di libera circolazione dei capitali quale risulta dall'applicazione della presente direttiva. L'esame riguarda le misure di regolamentazione interna del credito e dei mercati finanziari e monetari che possono avere un'incidenza specifica sui movimenti internazionali di capitali e su tutti gli altri elementi della presente direttiva. Il Comitato riferisce alla Commissione in merito alle conclusioni di tale esame.Articolo 9La prima direttiva dell'11 maggio 1960 e la direttiva 72/156/CEE sono abrogate con effetto al 1° luglio 1990.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 24 giugno 1988.Per il ConsiglioIl PresidenteM. BANGEMANN(1) GU n. C 26 dell'1. 2. 1988, pag. 1.(2) Parere reso il 17 giugno 1988 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU n. 43 del 12. 7. 1960, pag. 921/60.(4) GU n. L 332 del 26. 11. 1986, pag. 22.(5) GU n. L 91 del 18. 4. 1972, pag. 13.ALLEGATO I NOMENCLATURA DEI MOVIMENTI DI CAPITALI DI CUI ALL'ARTICOLO 1 DELLA DIRETTIVA Nella presente nomenclatura i movimenti di capitali sono classificati secondo la natura economica delle attività e passività, espresse in moneta nazionale o in divisa estera, sulle quali essi vertono.I movimenti di capitali elencati nella presente nomenclatura comprendono:- l'insieme delle operazioni necessarie alla realizzazione dei movimenti di capitali: conclusione ed esecuzione della transazione e trasferimenti relativi. La transazione avviene di solito fra residenti di Stati membri diversi; può succedere tuttavia che taluni movimenti di capitali vengono effettuati da una sola persona per proprio conto (come nel caso, ad esempio, di trasferimenti di capitali da parte di emigranti);- le operazioni effettuate da qualsiasi persona fisica o giuridica (;), comprese le operazioni concernenti le attività o le passività degli Stati membri e delle altre amministrazioni e organismi pubblici, fatte salve le disposizioni dell'articolo 68, paragrafo 3 del trattato;- l'accesso dell'operatore a tutte le tecniche finanziarie disponibili sul mercato sul quale l'operazione viene effettuata. Ad esempio, la nozione di acquisto di titoli e di altri strumenti finanziari copre oltre che le operazioni a pronti anche tutte le tecniche di negoziazione disponibili: operazioni a termine, operazioni di opzione o con warrant, operazioni di scambio contro altre attività, ecc. Analogamente, la nozione di operazioni in conto corrente e deposito presso enti finanziari comprende, oltre alla costituzione e all'alimentazione di conti,anche le operazioni a termine in valuta estera si tratti sia di operazioni dirette a coprire i rischi di cambio sia ad assumere una posizione aperta su una valuta;- le operazioni di liquidazione o di cessione di attività costituite, il rimpatrio del prodotto di tale linquidazione (;) o l'utilizzo in loco di tale prodotto nei limiti degli obblighi comunitari;- Le operazioni di rimborso di crediti o prestiti.La presente nomenclatura non è limitativa della nozione di movimenti di capitali, per cui è stata inclusa una rubrica XIII F «Altri movimenti di capitali: Diversi». Essa non può quindi essere interpretata come una limitazione della portata del principio della completa liberalizzazione dei movimento di capitali enunciata nell'articolo 1 della presente direttiva.I. INVESTIMENTI DIRETTI (;) 1) Costituzione ed estensione di succursali o di imprese nuove appartenenti esclusivamente al finanziatore e acquisto integrale di imprese già esistenti2) Partecipazione a imprese nuove o esistenti al fine di stabilire o mantenere legami economici durevoli3) Prestiti a lungo termine al fine di stabilire o mantenere legami economici durevoli4) Reinvestimenti di utili al fine di mantenere legami economici durevoliA. Investimenti diretti effettuati sul territorio nazionale da non residenti (;)B. Investimenti diretti effettuati all'estero da residentiII. INVESTIMENTI IMMOBILIARI (non compresi nella categoria I) (;) A. Investimenti immobiliari effettuati sul territorio nazionale da non residentiB. Investimenti immobiliari effettuati all'estero da residentiIII. OPERAZIONI IN TITOLI NORMALMENTE TRATTATI SUL MERCATO DEI CAPITALI (non compresi nelle categorie I, IV e V) a) Azioni e altri titoli aventi carattere di partecipazione (;)b) Obbligazioni (;)(;) Vedi infra le note esplicative.A. Transazioni su titoli del mercato dei capitali1) Acquisto da parte di non residenti di titoli nazionali trattati in borsa (;)2) Acquisto da parte di residenti di titoli esteri trattati in borsa3) Acquisto da parte di non residenti di titoli nazionali non trattati in borsa (;)4) Acquisto da parte di residenti di titoli esteri non trattati in borsaB. Ammissione di titoli sul mercato dei capitali (;)ii) Introduzione in borsa (;)ii) Emissione e collocamento su un mercato dei capitali (;)1) Ammissione dei titoli nazionali su un mercato estero dei capitali2) Ammissione di titoli esteri sul mercato nazionale dei capitaliIV. OPERAZIONI SU QUOTE DI ORGANISMI DI INVESTIMENTO COLLETTIVO (;) a) Quote di organismi di investimento collettivo in titoli normalmente trattati sul mercato dei capitali (azioni, altri titoli di partecipazione e obbligazioni)b) Quote di organismi di investimento collettivo in titoli o strumenti normalmente trattati sul mercato monetarioc) Quote di organismi di investimento collettivo in altre attivitàA. Transazioni su quote di organismi di investimento collettivo1) Acquisto da parte di non residenti di quote, trattate in borsa, di organismi nazionali2) Acquisto da parte di residenti di quote, trattate in borsa, di organismi stranieri3) Acquisto da parte di non residenti di quote, non trattate in borsa, di organismi nazionali4) Acquisto da parte di residenti di quote, non trattate in borsa, di organismi stranieriB. Ammissione di quote di organismi di investimento collettivo sul mercato dei capitaliii) Introduzione in borsaii) Emissione e collocamento su un mercato dei capitali1) Ammissione di quote di organismi nazionali di investimento collettivo su un mercato di capitali straniero2) Ammissione di quote di organismi esteri di investimento collettivo sul mercato nazionale dei capitaliV. OPERAZIONI IN TITOLI E ALTRI STRUMENTI NORMALMENTE TRATTALI SUL MERCATO MONETARIO (;) A. Transazioni su titoli e altri strumenti del mercato monetario1) Acquisto da parte di non residenti di titoli e strumenti nazionali del mercato monetario2) Acquisto da parte di residenti di titoli e strumenti esteri del mercato monetarioB. Ammissione di titoli e di altri strumenti sul mercato monetarioi) Introduzione su un mercato monetario autorizzato (;)ii) Emissione e collocamento su un mercato monetario autorizzato1) Ammissione di titoli e strumenti nazionali su un mercato monetario estero2) Ammissione di titoli e strumenti esteri su un mercato monetario nazionale(;) Vedi infra le note esplicative.VI. OPERAZIONI IN CONTI CORRENTI E DEPOSITI PRESSO ISTITUTI FINANZIARI (¹) A. Operazioni effettuate da non residenti presso istituti finanziari nazionaliB. Operazioni effettuate da residenti presso istituti finanziari stranieriVII. CREDITI RELATIVI AD OPERAZIONI COMMERCIALI O A PRESTAZIONI DI SERVIZI ALLE QUALI PARTECIPI UN RESIDENTE (¹) 1. A breve termine (meno di un anno)2. A medio termine (da uno a cinque anni)3. A lungo termine (cinque anni e oltre)A. Crediti concessi da non residenti a residentiB. Crediti concessi da residenti a non residentiVIII. PRESTITI E CREDITI FINANZIARI (NON COMPRESI NELLE CATEGORIE I, VII E XI) (¹) 1. A breve termine (meno di un anno)2. A medio termine (da uno a cinque anni)3. A lungo termine (cinque anni e oltre)A. Prestiti e crediti concessi da non residenti a residentiB. Prestiti e crediti concessi da residenti a non residentiIX. CAUZIONI, ALTRE GARANZIE E DIRITTI DI PEGNO A. Concessi da non residenti a residentiB. Concessi da residenti a non residentiX. TRASFERIMENTI EFFETTUATI IN ESECUZIONE DI CONTRATTI DI ASSICURAZIONE A. Premi e prestazioni a titolo di un contratto di assicurazione ramo-vita1. Contratti conclusi da compagnie di assicurazione del ramo-vita nazionali con non residenti2. Contratti conclusi da compagnie di assicurazione del ramo-vita estere con residentiB. Premi e prestazioni a titolo di un contratto di assicurazione credito1. Contratti conclusi da compagnie di assicurazione credito nazionali con non residenti2. Contratti conclusi da compagnie di assicurazione credito estere con residentiC. Altri trasferimenti di capitali connessi con contratti di assicurazioneXI. MOVIMENTI DI CAPITALI A CARATTERE PERSONALE A. PrestitiB. Donazioni e dotazioniC. DotiD. Successioni e legatiE. Regolamento di debiti nel paese di residenza anteriore da parte di immigrantiF. Trasferimenti di capitali costituiti da residenti, in caso di emigrazione, al momento dell'installazione e durante la loro permanenza all'esteroG. Trasferimenti dei risparmi degli immigrati nel paese di residenza anteriore durante la loro permanenza all'estero(;) Vedi infra le note esplicative.XII. IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE MATERIALI DI VALORI A. TitoliB. Mezzi di pagamento di ogni tipoXIII. ALTRI MOVIMENTI DI CAPITALI A. Imposte di successioneB. Risarcimenti di danni (aventi carattere di capitale)C. Rimborsi effettuati in caso di annullamento di contratti o di pagamenti indebiti (aventi carattere di capitale)D. Diritti d'autore: brevetti, disegni, marchi di fabbrica e invenzioni (cessioni e trasferimenti derivanti da tali cessioni)E. Trasferimenti di capitali necessari all'esecuzione di prestazioni di servizi (non compresi nella categoria VI)F. DiversiNOTE ESPLICATIVE Ai sensi della presente nomenclatura e ai soli fini della direttiva si intende per:Investimenti direttiGli investimenti di qualsiasi tipo effettuati da persone fisiche, imprese commerciali, industriali o finanziarie aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti fra il finanziatore e l'imprenditore o l'impresa a cui tali fondi sono destinati per l'esercizio di un'attività economica. Tale nozione va quindi intesa in senso lato.Le imprese menzionate al punto I.1 della nomenclatura comprendono le imprese giuridicamente indipendenti (filiali al 100 %) e le succursali.Per quanto riguarda le imprese menzionate al punto I.2 della nomenclatura e che hanno lo statuto di società per azioni, si ha partecipazione con carattere di investimento diretto, quando il pacchetto di azioni in possesso di una persona fisica, di un'altra impresa o di qualsiasi altro detentore, attribuisce a tali azionisti, sia a norma delle disposizioni di legge nazionali sulle società per azioni, sia altrimenti, la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di tale società o al suo controllo.Per prestiti a lungo termine aventi il carattere di partecipazione, di cui al punto I.3 della nomenclatura, s'intendono i prestiti aventi una durata superiore a cinque anni e destinati a stabilire o a mantenere legami economici durevoli. I principali esempi in proposito sono i prestiti concessi da una società alle sue filiali o a società nelle quali essa possiede una partecipazione, nonché prestiti collegati ad una partecipazione agli utili. In tale categoria figurano anche i prestiti concessi da enti finanziari aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami economici durevoli.Investimenti immobiliariGli acquisti di terreni con immobili e senza, nonché la costruzione di immobili da parte di privati a scopo di lucro o personale. Tale categoria comprende anche i diritti di usufrutto, le servitù fondiarie e i diritti di superficie.Introduzione in borsa o su un mercato monetario autorizzatoL'accesso, secondo una determinata procedura, di titoli e altri strumenti negoziabili, alle transazioni regolamentate, ufficialmente o non ufficialmente, di una borsa o di un compartimento del mercato monetario, ufficialmente riconosciuti.Titoli trattati in borsa (quotati ufficialmente e non)I titoli oggetto di transazioni regolamentate e i cui corsi sono sistematicamente pubblicati, o da organi ufficiali di borsa (titoli ufficialmente quotati) o da altri organi collegati alla borsa come, ad esempio, le commissioni bancarie (titoli non quotati ufficialmente).Emissioni di titoli e altri strumenti negoziabiliLa vendita effettuata mediante offerta al pubblico.Collocamento di titoli e di altri strumenti negoziabiliLa vendita diretta da parte dell'emittente o del consorzio che ne ha l'incarico, senza che vi sia offerta al pubblico.Titoli e altri strumenti nazionali o esteriTitoli a seconda di dove si trova la sede dell'emittente. L'acquisto da parte di residenti di titoli e altri strumenti nazionali, emessi su un mercato estero è assimilato all'acquisto di titoli esteri.Azioni e altri titoli aventi carattere di partecipazioneCompresi i diritti di sottoscrizione di azioni di nuova emissione.ObbligazioniTitoli negoziabili di una durata di almeno due anni dall'emissione, per i quali la fissazione del tasso d'interesse e le modalità di rimborso del capitale e di versamento degli interessi sono determinate al momento dell'emissione.Organismi di investimento collettivoGli organismi,- il cui oggetto è l'investimento collettivo in valori mobiliari, o in altri averi, dei capitali raccolti e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischie- le cui quote a richiesta dei portatori, alle condizioni legali, contrattuali o statutarie che li disciplinano, sono riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi. Viene equiparato a tali acquisti o rimborsi il fatto che un organismo di investimento collettivo agisca per impedire che il valore delle sue quote in borsa si discosti sensibilmente dal valore netto di inventario.Conformemente al diritto nazionale questi organismi possono assumere la forma contrattuale (fondi comuni di investimento gestiti da una società di gestione) o di «trust» («unit trust») oppure la forma statutaria (società di investimento).Ai fini della direttiva il termine «fondo comune di investimento» comprende anche l'«unit trust».Titoli e altri strumenti normalmente trattati sul mercato monetarioI buoni del Tesoro e altri titoli negoziabili, i certificati di deposito, le accettazioni bancarie, i buoni di tesoreria e gli altri strumenti simili.Crediti relativi ad operazioni commerciali o a prestazioni di serviziI crediti derivanti dai contratti commerciali (anticipi o pagamenti scaglionati per lavori in corso o da eseguire e dilazioni di pagamento, accompagnati o no dalla sottoscrizione di effetti commerciali nonché il loro finanziamento con crediti concessi da enti creditizi. Tale categoria comprende anche le operazioni di «factoring».Prestiti e crediti finanziariI finanziamenti di qualsiasi tipo concessi da istituti finanziari, compresi quelli relativi a operazioni commerciali o a prestazioni di servizi alle quali non partecipa alcun residente.Tale categoria comprende anche i prestiti ipotecari, i crediti al consumo, il leasing finanziario nonché le linee di credito di sostituzione e altre facilitazioni di emissione di effetti.Residenti o non residentiLe persone fisiche e giuridiche definite dalle normative sui cambi, in vigore in ogni Stato membro.Prodotto della liquidazione (degli investimenti, dei titoli, ecc.)Il prodotto delle vendite, comprese le eventuali plusvalenze, l'importo dei rimborsi, il prodotto delle liquidazioni giudiziarie, ecc.Persone fisiche o persone giuridicheQuelle definite dalle normative nazionali.Istituti finanziariLe banche, le casse di risparmio e gli organismi specializzati nella concessione di crediti a breve, medio e lungo termine nonché le compagnie di assicurazione, le società di prestito alla costruzione, le società di investimento e gli altri enti di natura simile.Istituti creditiziLe banche, le casse di risparmio e gli organismi specializzati nella concessione di crediti a breve, medio e lungo termine.ALLEGATO II >SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO III DI CUI ALL'ARTICOLO 5 DELLA DIRETTIVA >SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IV DI CUI ALL'ARTICOLO 6, PARAGRAFO 2 DELLA DIRETTIVA I. La Repubblica portoghese può mantenere o introdurre fino al 31 dicembre 1990 le restrizioni esistenti alla data della notifica della direttiva relative ai movimenti di capitali di cui all'elenco I infra>SPAZIO PER TABELLA>II. Il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese possono mantenere o reintrodurre, rispettivamente fino al31 dicembre 1990 e fino al 31 dicembre 1992, le restrizioni esistenti alla data della notifica della direttiva, relative ai movimenti di capitali di cui all'elenco II infra.>SPAZIO PER TABELLA> Tipo di operazioniVoci dellanomenclaturaIII. La Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, l'Irlanda e la Repubblica portoghese possono mantenere o reintrodurre fino al 31 dicembre 1992 le restrizioni esistenti alla data della notifica della direttiva e relative ai movimenti di capitali di cui all'elenco III infra:>SPAZIO PER TABELLA>IV. La Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, l'Irlanda e la Repubblica portoghese possono differire fino al31 dicembre 1992 la liberalizzazione dei movimenti dei capitali di cui all'elenco IV infra:>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO V Considerando che il sistema di doppio mercato dei cambi praticato dal Regno del Belgio e dal Granducato di Lussemburgo non ha l'effetto di limitare i movimenti di capitale ma costituisce tuttavia una anomalia nello SME e che bisogna porvi fine nell'ambito dell'attuazione effettiva della direttiva e nella prospettiva del rafforzamento del sistema monetario europeo, questi due Stati membri si impegnano a sopprimerlo prima del 31 dicembre 1992. Essi si impegnano anche ad amministrare il sistema fino al momento della sua soppressione, secondo modalità che continuino ad assicurare effettivamente la libera circolazione dei capitali a condizioni tali che i corsi applicati sui due mercati non presentino divari importanti e durevoli.
Libera circolazione dei capitali nell'UE QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva si prefiggeva di dare al mercato unico dell'Unione europea (UE) una piena dimensione finanziaria. Il suo scopo era quello di abolire progressivamente tutte le restrizioni alla libera circolazione dei capitali tra i paesi dell'UE, attuando l'articolo 67 del trattato che istituisce la Comunità europea (l'articolo 67 è stato successivamente abrogato). Le norme della direttiva divennero obsolete a seguito dell'entrata in vigore del nuovo articolo 63 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea che garantisce la libera circolazione dei capitali tra i paesi dell'UE, nonché tra i paesi dell'UE e i paesi extra UE. Tuttavia, come indicato nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, la nomenclatura dei movimenti di capitali inclusa nell'allegato I è ancora usata ai fini della definizione della nozione di movimenti di capitali. PUNTI CHIAVE La direttiva sancisce il principio della totale liberalizzazione dei movimenti di capitali* tra i paesi UE a partire dal 1o luglio 1990. Le operazioni che rappresentano i movimenti di capitali sono elencate nell'allegato I. Sono stati previsti regimi transitori per Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo, e il Portogallo e la Grecia a cui è stata data un'ulteriore proroga di un massimo di 3 anni. La direttiva mira ad abolire il regime generale di restrizioni ai movimenti di capitali tra le persone residenti nei paesi dell'UE. È stata introdotta una «clausola di salvaguardia». I movimenti di capitali possono mettere a dura prova i mercati dei cambi, perturbando gravemente le politiche monetarie e i tassi di cambio di un paese. In questo caso, la Commissione europea, dopo aver consultato il Comitato monetario e il Comitato dei governatori delle banche centrali, può autorizzare il paese ad adottare misure di salvaguardia. Le misure di salvaguardia riguardavano i movimenti di capitali elencati nell'allegato II della direttiva e non dovevano superare i 6 mesi. Con decorrenza dal 1o luglio 1990, la direttiva ha abrogato: la prima direttiva per l'attuazione dell'articolo 67 del trattato; la Direttiva 72/156/CEE del Consiglio per la regolazione dei flussi finanziari internazionali e la neutralizzazione dei loro effetti indesiderabili sulla liquidità interna*. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È stata applicata tra il 7 luglio 1988 e il 31 dicembre 1999. I paesi dell'UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 1o luglio 1990. La direttiva è ora sostituita dalle nuove norme del trattato in materia di libera circolazione dei capitali ma è ancora usata per la definizione della nozione di movimenti di capitali. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Libera circolazione dei capitali» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Movimenti di capitali: trasferimenti in conto capitale tra paesi, effettuati da una persona, un'organizzazione o un'azienda. Comprendono gli investimenti diretti, gli investimenti nel settore immobiliare, le operazioni in titoli e in conti correnti e di deposito, i prestiti finanziari e i crediti. Liquidità interna: La quantità di denaro contante o mezzi equivalenti (ossia attività che possono essere rapidamente convertite in denaro) in circolazione all'interno dell'economia di un paese. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 88/361/CEE del Consiglio del 24 giugno 1988 per l'attuazione dell'articolo 67 del trattato (GU L 178 dell'8.7.1988, pag. 5-18)
10,440
1,017
32015L1535
false
DIRETTIVA (UE) 2015/1535 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 9 settembre 2015 che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (codificazione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e in particolare gli articoli 114, 337 e 43, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando conformemente alla procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione é opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Pertanto, il divieto di restrizioni quantitative nonché di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative per gli scambi di merci costituisce uno dei fondamenti dell'Unione. (3) Per assicurare il buon funzionamento del mercato interno, è opportuno garantire la massima trasparenza delle iniziative nazionali intese a introdurre regolamenti tecnici. (4) Gli ostacoli agli scambi dei prodotti, derivanti dalle regolamentazioni tecniche relative agli stessi, sono ammissibili soltanto se sono necessari per soddisfare esigenze imperative e se perseguono un obbiettivo di interesse generale di cui costituiscono la garanzia basilare. (5) È indispensabile che la Commissione disponga, prima dell'adozione delle disposizioni tecniche, delle necessarie informazioni. Di conseguenza, gli Stati membri, che ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea (TUE) devono agevolare lo svolgimento dei suoi compiti, devono pertanto notificarle i loro progetti nel settore delle regolamentazioni tecniche. (6) Tutti gli Stati membri devono essere altresì informati delle regolamentazioni tecniche progettate da uno di essi. (7) Il mercato interno ha lo scopo di assicurare un contesto favorevole alla competitività delle imprese. Un migliore sfruttamento da parte delle imprese dei vantaggi inerenti a detto mercato esige, in particolare, una maggiore informazione. Di conseguenza, occorre prevedere la possibilità per gli operatori economici di far conoscere la loro valutazione sull'incidenza delle regolamentazioni tecniche nazionali progettate dagli altri Stati membri mediante la regolare pubblicazione dei titoli dei progetti notificati e mediante le disposizioni relative alla riservatezza di detti progetti. (8) Pertanto è opportuno, ai fini della certezza giuridica, che gli Stati membri rendano pubblico che una regola tecnica nazionale è stata adottata nel rispetto delle formalità della presente direttiva. (9) Per quanto riguarda le regolamentazioni tecniche relative ai prodotti, le misure destinate ad assicurare il buon funzionamento del mercato o a proseguirne il compimento implicano, in particolare, una maggiore trasparenza dei progetti nazionali nonché un'estensione dei motivi e delle condizioni di valutazione delle possibili conseguenze sul mercato dei regolamenti progettati. (10) È pertanto necessario valutare l'insieme delle prescrizioni imposte per il prodotto e tener conto dell'evoluzione delle prassi nazionali in materia di regolamentazione dei prodotti. (11) I requisiti diversi dalle specificazioni tecniche che riguardano il ciclo di vita del prodotto dopo la sua commercializzazione possono pregiudicare la libera circolazione dello stesso o creare degli ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno. (12) È necessario chiarire la nozione di regola tecnica de facto. In particolare, le disposizioni con le quali l'autorità pubblica si riferisce a dette specificazioni tecniche o ad altri requisiti o promuove la loro osservanza nonché le disposizioni concernenti prodotti ai quali l'autorità pubblica è associata, al fine dell'interesse pubblico, hanno l'effetto di conferire all'osservanza di tali requisiti o specificazioni una forza vincolante maggiore di quella derivante, di norma, dalla loro origine. (13) La Commissione e gli Stati membri devono inoltre poter disporre del termine necessario per proporre modifiche di una misura progettata, al fine di eliminare o ridurre gli ostacoli alla libera circolazione delle merci che possono derivarne. (14) Lo Stato membro interessato deve tener conto di tali modifiche nella stesura del testo definitivo della misura progettata. (15) Il mercato interno implica, in particolare nel caso in cui sia impossibile attuare il principio del reciproco riconoscimento da parte degli Stati membri, che la Commissione adotti o proponga l'adozione di atti vincolanti. Un termine di differimento specifico è stato introdotto per evitare che l'adozione di misure nazionali comprometta l'adozione di atti vincolanti del Parlamento europeo e del Consiglio o della Commissione nello stesso settore. (16) Lo Stato membro interessato deve, in virtù degli obblighi generali derivanti dall'articolo 4, paragrafo 3, TUE, soprassedere all'attuazione della misura progettata durante un termine sufficiente a permettere l'esame in comune delle modifiche proposte oppure l'elaborazione della proposta di un atto legislativo o l'adozione di un atto vincolante della Commissione. (17) Con la finalità di facilitare l'adozione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio delle misure, è opportuno che gli Stati membri si astengano dall'adottare una regola tecnica quando il Consiglio ha adottato una posizione in prima lettura su una proposta della Commissione, relativa alla stessa materia. (18) È opportuno prevedere un comitato permanente, i cui membri sono designati dagli Stati membri, incaricato di coadiuvare gli sforzi della Commissione per ovviare agli eventuali inconvenienti per la libera circolazione dei prodotti. (19) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui alla parte B dell'allegato III, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: a) «prodotto»: i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti agricoli, compresi i prodotti della pesca; b) «servizio»: qualsiasi servizio della società dell'informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi. Ai fini della presente definizione si intende per: i) «a distanza»: un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti; ii) «per via elettronica»: un servizio inviato all'origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici; iii) «a richiesta individuale di un destinatario di servizi»: un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale; nell'allegato I figura un elenco indicativo di servizi non contemplati da tale definizione; c) «specificazione tecnica»: una specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l'imballaggio, la marcatura e l'etichettatura, nonché le procedure di valutazione della conformità. Il termine «specificazione tecnica» comprende anche i metodi e i procedimenti di produzione relativi ai prodotti agricoli ai sensi dell'articolo 38, paragrafo 1, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), ai prodotti destinati all'alimentazione umana e animale, nonché ai medicinali definiti all'articolo 1 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), così come i metodi e i procedimenti di produzione relativi agli altri prodotti, quando abbiano un'incidenza sulle caratteristiche di questi ultimi; d) «altro requisito»: un requisito diverso da una specificazione tecnica, prescritto per un prodotto per motivi di tutela, in particolare dei consumatori o dell'ambiente, e concernente il suo ciclo di vita dopo la commercializzazione, quali le sue condizioni di utilizzazione, di riciclaggio, di reimpiego o di eliminazione, qualora tali condizioni possano influenzare in modo significativo la composizione o la natura del prodotto o la sua commercializzazione; e) «regola relativa ai servizi»: un requisito di natura generale relativo all'accesso alle attività di servizio di cui alla lettera b) e al loro esercizio, in particolare le disposizioni relative al prestatore di servizi, ai servizi e al destinatario di servizi, ad esclusione delle regole che non riguardino specificamente i servizi ivi definiti. Ai fini della presente definizione: i) una regola si considera riguardante specificamente i servizi della società dell'informazione quando, alla luce della sua motivazione e del testo del relativo dispositivo, essa si pone come finalità e obiettivo specifici, nel suo insieme o in alcune disposizioni puntuali, di disciplinare in modo esplicito e mirato tali servizi; ii) una regola non si considera riguardante specificamente i servizi della società dell'informazione se essa riguarda tali servizi solo in modo implicito o incidentale; f) «regola tecnica»: una specificazione tecnica o altro requisito o una regola relativa ai servizi, comprese le disposizioni amministrative che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la commercializzazione, la prestazione di servizi, lo stabilimento di un fornitore di servizi o l'utilizzo degli stessi in uno Stato membro o in una parte importante di esso, nonché, fatte salve quelle di cui all'articolo 7, le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri che vietano la fabbricazione, l'importazione, la commercializzazione o l'utilizzo di un prodotto oppure la prestazione o l'utilizzo di un servizio o lo stabilimento come fornitore di servizi. Costituiscono in particolare regole tecniche de facto: i) le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro che fanno riferimento o a specificazioni tecniche o ad altri requisiti o a regole relative ai servizi, o a codici professionali o di buona prassi che si riferiscono a loro volta a specificazioni tecniche o ad altri requisiti ovvero a regole relative ai servizi e la cui osservanza conferisce una presunzione di conformità alle prescrizioni fissate dalle suddette disposizioni legislative, regolamentari o amministrative; ii) gli accordi facoltativi dei quali l'autorità pubblica è parte contraente e che, nell'interesse generale mirano al rispetto di specificazioni tecniche o di altri requisiti, o di regole relative ai servizi, ad eccezione del capitolato degli appalti pubblici; iii) le specificazioni tecniche o altri requisiti o le regole relative ai servizi connessi con misure di carattere fiscale o finanziario che influenzano il consumo di prodotti o di servizi promuovendo l'osservanza di tali specificazioni tecniche o altri requisiti o regole relative ai servizi; non sono contemplati le specificazioni tecniche, o altri requisiti o le regole relative ai servizi connessi con i regimi nazionali di sicurezza sociale. Si tratta delle regole tecniche stabilite dalle autorità designate dagli Stati membri e che figurano in un elenco stabilito e aggiornato, all'occorrenza da parte della Commissione nell'ambito del comitato di cui all'articolo 2. Tale elenco è modificato secondo questa stessa procedura; g) «progetto di regola tecnica»: il testo di una specificazione tecnica o di un altro requisito o di una regola relativa ai servizi, comprendente anche disposizioni amministrative, elaborato per adottarlo o farlo adottare come regola tecnica e che si trovi in una fase preparatoria in cui sia ancora possibile apportarvi modificazioni sostanziali. 2. La presente direttiva non si applica: a) ai servizi di radiodiffusione sonora; b) ai servizi di radiodiffusione televisiva di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6). 3. La presente direttiva non si applica a regole concernenti questioni che costituiscono oggetto di una normativa dell'Unione in materia di servizi di telecomunicazione, di cui alla direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7). 4. La presente direttiva non si applica a regole concernenti questioni che costituiscono oggetto di una normativa dell'Unione in materia di servizi finanziari, quali elencati in modo non esauriente nell'allegato II della presente direttiva. 5. Ad eccezione dell'articolo 5, paragrafo 3, la presente direttiva non si applica alle regole emanate dai o per i mercati regolamentati a norma della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8), o emanate da o per altri mercati o organi che effettuano operazioni di compensazione o di pagamento su tali mercati. 6. La presente direttiva non si applica alle misure che gli Stati membri ritengono necessarie nel contesto dei trattati per garantire la protezione delle persone, e segnatamente dei lavoratori, in occasione dell'impiego di prodotti, a condizione che tali misure non influiscano sui prodotti stessi. Articolo 2 È istituito un comitato permanente composto di rappresentanti designati dagli Stati membri che possono farsi assistere da esperti o consulenti e presieduto da un rappresentante della Commissione. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno. Articolo 3 1. Il comitato si riunisce almeno due volte l'anno. Il comitato si riunisce in una composizione specifica per esaminare le questioni relative ai servizi della società dell'informazione. 2. La Commissione presenta al comitato una relazione sulla realizzazione e l'applicazione delle procedure previste dalla presente direttiva e proposte per eliminare gli ostacoli agli scambi, esistenti o prevedibili. 3. Il comitato prende posizione sulle comunicazioni e sulle proposte di cui al paragrafo 2 e a tale riguardo può in particolare chiedere alla Commissione: a) di far sì che, se necessario, allo scopo di evitare ostacoli agli scambi, gli Stati membri interessati decidano, in un primo tempo tra di essi, le misure appropriate; b) di adottare qualsiasi disposizione necessaria; c) di individuare i settori per i quali risulta necessaria un'armonizzazione e di avviare, eventualmente, gli opportuni lavori di armonizzazione in un settore determinato. 4. Il comitato deve essere consultato dalla Commissione: a) al momento della scelta del sistema pratico da applicare per lo scambio di informazioni previsto dalla presente direttiva e delle eventuali modifiche da apportarvi; b) al momento del riesame del funzionamento del sistema istituito dalla presente direttiva. 5. Il comitato può essere consultato dalla Commissione su qualsiasi progetto preliminare di regola tecnica da essa ricevuto. 6. Dietro richiesta del presidente o di uno Stato membro, può essere sottoposto al comitato qualsiasi problema relativo all'applicazione della presente direttiva. 7. I lavori del comitato e le informazioni da sottoporgli hanno carattere riservato. Tuttavia, prendendo le necessarie precauzioni, il comitato e le amministrazioni nazionali possono consultare persone fisiche o giuridiche, anche appartenenti al settore privato. 8. Per quanto riguarda le regole relative ai servizi, la Commissione e il comitato possono consultare persone fisiche o giuridiche provenienti dal settore industriale o dal mondo accademico e, ove possibile, organismi rappresentativi in grado di fornire una consulenza qualificata sugli obiettivi e le conseguenze a livello sociale e di società di qualsiasi progetto di regola relativa ai servizi e prendere atto della loro opinione ogniqualvolta ne sia fatta richiesta. Articolo 4 Gli Stati membri comunicano alla Commissione, conformemente all'articolo 5, paragrafo 1, tutte le richieste presentate agli organismi di normazione volte a elaborare specifiche tecniche o una norma per prodotti specifici, in previsione dell'elaborazione di una regola tecnica per tali prodotti come progetto di regola tecnica e indicano i motivi che ne giustificano la formulazione. Articolo 5 1. Fatto salvo l'articolo 7, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti del semplice recepimento integrale di una norma internazionale o europea, nel qual caso è sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa. Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto. All'occorrenza, e a meno che non sia già stato trasmesso in relazione con una comunicazione precedente, gli Stati membri comunicano contemporaneamente alla Commissione il testo delle disposizioni legislative e regolamentari fondamentali, essenzialmente e direttamente in questione, qualora la conoscenza di detto testo sia necessaria per valutare la portata del progetto di regola tecnica. Gli Stati membri procedono ad una nuova comunicazione alla Commissione del progetto di regola tecnica secondo le modalità stabilite al primo e secondo comma del presente paragrafo qualora essi apportino al progetto di regola tecnica modifiche importanti che ne alterino l'ambito di applicazione, ne abbrevino il calendario di applicazione inizialmente previsto, aggiungano o rendano più rigorosi le specificazioni o i requisiti. Quando il progetto di regola tecnica mira in particolare a limitare la commercializzazione o l'utilizzazione di una sostanza, di un preparato o di un prodotto chimico, segnatamente per motivi di salute pubblica o di tutela dei consumatori o dell'ambiente, gli Stati membri comunicano anche un riassunto oppure gli estremi dei dati pertinenti relativi alla sostanza, al preparato o al prodotto in questione e di quelli relativi ai prodotti di sostituzione conosciuti e disponibili, se tali informazioni sono disponibili, nonché le conseguenze previste delle misure per quanto riguarda la salute pubblica o la tutela del consumatore e dell'ambiente, con un'analisi dei rischi effettuata, all'occorrenza, secondo i principi previsti nella parte corrispondente della sezione II.3 dell'allegato XV del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento e del Consiglio (9). La Commissione comunica senza indugio agli altri Stati membri il progetto di regola tecnica e tutti i documenti che le sono stati trasmessi. Essa può anche sottoporre il progetto al parere del comitato di cui all'articolo 2 della presente direttiva e, se del caso, del comitato competente del settore in questione. Per quanto concerne le specificazioni tecniche o altri requisiti o le regole relative ai servizi di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera f), secondo comma, punto iii), della presente direttiva, le osservazioni o i pareri circostanziati della Commissione o degli Stati membri possono basarsi unicamente sugli aspetti che costituiscano eventualmente ostacoli agli scambi o, per le regole relative ai servizi, alla libera circolazione dei servizi o alla libertà di stabilimento dell'operatore di servizi, e non sugli elementi fiscali o finanziari della misura. 2. La Commissione e gli Stati membri possono inviare allo Stato membro che ha presentato il progetto di regola tecnica osservazioni di cui lo Stato membro terrà conto, per quanto possibile, nella stesura definitiva della regola tecnica. 3. Gli Stati membri comunicano senza indugio alla Commissione il testo definitivo della regola tecnica. 4. Le informazioni fornite ai sensi del presente articolo non sono considerate riservate, a meno che lo Stato membro autore della notifica ne presenti richiesta esplicita. Qualsiasi richiesta in tal senso deve essere motivata. In caso di simile richiesta, il comitato di cui all'articolo 2 e le amministrazioni nazionali, adottate le debite precauzioni, hanno la facoltà di consultare, ai fini di una perizia, persone fisiche o giuridiche del settore privato. 5. Se un progetto di regola tecnica fa parte di una misura la cui comunicazione in fase di progetto è prevista da un altro atto dell'Unione, gli Stati membri possono effettuare la comunicazione di cui al paragrafo 1 in forza di tale altro atto, a condizione di indicare formalmente che essa vale anche ai fini della presente direttiva. La mancanza di reazione della Commissione nel quadro della presente direttiva in merito ad un progetto di regola tecnica non pregiudica la decisione che potrebbe essere presa nel quadro di altri atti dell'Unione. Articolo 6 1. Gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica di tre mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1. 2. Gli Stati membri rinviano: — di quattro mesi l'adozione di un progetto di regola tecnica avente forma di accordo facoltativo a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera f), secondo comma, punto ii), — fatti salvi i paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo, di sei mesi l'adozione di qualsiasi altro progetto di regola tecnica, esclusi i progetti relativi ai servizi, a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, se essa o un altro Stato membro emette, nei tre mesi successivi a tale data, un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta presenta aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione delle merci nell'ambito del mercato interno, — fatti salvi i paragrafi 4 e 5, di quattro mesi l'adozione di un progetto di regola relativa ai servizi, a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, se essa o un altro Stato membro emette, nei tre mesi successivi a tale data, un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta presenta aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione dei servizi o alla libertà di stabilimento degli operatori di servizi nell'ambito del mercato interno. Per quanto riguarda i progetti di regole relative ai servizi, i pareri circostanziati della Commissione o degli Stati membri non possono pregiudicare misure di politica culturale, in particolare nel settore audiovisivo, che gli Stati potrebbero adottare secondo il diritto dell'Unione, tenendo conto della loro diversità linguistica, delle specificità nazionali e regionali, nonché dei loro patrimoni culturali. Lo Stato membro interessato riferisce alla Commissione sul seguito che esso intende dare a tali pareri circostanziati. La Commissione commenta tale reazione. Per quanto riguarda le regole relative ai servizi, lo Stato membro interessato indica, se del caso, i motivi per i quali non sia possibile tenere conto dei pareri circostanziati. 3. Gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica, esclusi i progetti di regole relative ai servizi, di 12 mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, della presente direttiva, se la Commissione, nei tre mesi successivi a tale data, comunica la sua intenzione di proporre o di adottare una direttiva, un regolamento o una decisione in materia a norma dell'articolo 288 TFUE. 4. Gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica di 12 mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, della presente direttiva, se, nei tre mesi successivi a tale data, la Commissione comunica la constatazione che il progetto di regola tecnica concerne una materia oggetto di una proposta di direttiva, di regolamento o di decisione presentata al Parlamento europeo e del Consiglio conformemente all'articolo 288 TFUE. 5. Se il Consiglio adotta una posizione in prima lettura durante il termine di differimento di cui ai paragrafi 3 e 4, tale periodo è esteso a 18 mesi fatte salve le disposizioni del paragrafo 6. 6. Gli obblighi di cui ai paragrafi 3, 4 e 5 cessano: a) se la Commissione informa gli Stati membri che essa rinuncia alla sua intenzione di proporre o di adottare un atto vincolante; b) se la Commissione informa gli Stati membri del ritiro della sua proposta o del suo progetto; c) all'adozione di un atto vincolante da parte del Parlamento europeo e del Consiglio o della Commissione. 7. I paragrafi da 1 a 5 non sono applicabili allorché: a) per motivi urgenti giustificati da una situazione grave e imprevedibile inerente alla tutela della salute delle persone e degli animali, alla preservazione dei vegetali o alla sicurezza e, per le regole relative ai servizi, giustificati anche da motivi di ordine pubblico, in particolare in materia di tutela dei minori, uno Stato membro si trovi nella necessità di elaborare in tempi brevissimi regole tecniche da adottare e mettere in vigore con effetto immediato, senza alcuna possibilità di consultazione; oppure b) per motivi urgenti giustificati da una situazione grave inerente alla tutela della sicurezza e integrità del sistema finanziario e in particolare ai fini della tutela dei depositanti, degli investitori e degli assicurati, uno Stato membro si trovi nella necessità di adottare e mettere in vigore in tempi brevissimi regole relative ai servizi finanziari. Lo Stato membro indica, nella comunicazione di cui all'articolo 5, i motivi che giustificano l'urgenza delle misure in questione. La Commissione si pronuncia su tale comunicazione nel più breve tempo possibile. Essa adotta le misure opportune in caso di ricorso abusivo a tale procedura. Il Parlamento europeo è tenuto informato dalla Commissione. Articolo 7 1. Gli articoli 5 e 6 non si applicano a tali disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative o agli accordi facoltativi con i quali gli Stati membri: a) si conformano agli atti vincolanti dell'Unione che danno luogo all'adozione di specificazioni tecniche o di regole relative ai servizi; b) soddisfano gli impegni derivanti da un accordo internazionale, che danno luogo all'adozione di specificazioni tecniche o di regole comuni relative ai servizi comuni nell'Unione; c) fanno uso di clausole di salvaguardia previste in atti vincolanti dell'Unione; d) applicano l'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10); e) si limitano ad eseguire una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea; f) si limitano a modificare una regola tecnica a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, lettera f), in conformità di una domanda della Commissione diretta ad eliminare un ostacolo agli scambi o, per le regole relative ai servizi, alla libera circolazione dei servizi o alla libertà di stabilimento dell'operatore di servizi. 2. L'articolo 6 non si applica alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri recanti divieti di fabbricazione, nella misura in cui esse non ostacolino la libera circolazione dei prodotti. 3. L'articolo 6, paragrafi da 3 a 6, non si applica agli accordi facoltativi di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera f), secondo comma, punto ii). 4. L'articolo 6 non si applica alle specificazioni tecniche o ad altri requisiti o alle regole relative ai servizi di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera f, secondo comma, punto iii). Articolo 8 La Commissione riferisce ogni due anni al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale europeo sui risultati dell'applicazione della presente direttiva. La Commissione pubblica statistiche annuali sulle notifiche ricevute nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 9 Quando gli Stati membri adottano una regola tecnica, questa contiene un riferimento alla presente direttiva o è corredata di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 10 La direttiva 98/34/CE, modificata dalle direttive di cui all'allegato III, parte A, della presente direttiva è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui all'allegato III, parte B, della direttiva abrogata e all'allegato III, parte B, della presente direttiva. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato IV. Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 9 settembre 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente N. SCHMIT (1) Parere del 14 luglio 2010 (GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 142) e parere del 26 febbraio 2014 (GU C 214 dell'8.7.2014, pag. 55). (2) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 luglio 2015. (3) Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37). Il titolo originale era «Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche». Essa è stata modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 luglio 1998 relativa ad una modifica della direttiva 98/34/CE che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 217 del 5.8.1998, pag. 18). (4) Cfr. allegato III, Parte A. (5) Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67). (6) Direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (GU L 95 del 15.4.2010, pag. 1). (7) Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 33) . (8) Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1). (9) Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un'agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1). (10) Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU L 11 del 15.1.2002, pag. 4). ALLEGATO I Elenco indicativo dei servizi non contemplati dall'articolo 1, paragrafo 1, lettera, b), secondo comma 1. Servizi non forniti «a distanza» Servizi forniti in presenza del prestatario e del destinatario, anche se mediante dispositivi elettronici: a) esame o trattamento in un gabinetto medico mediante attrezzature elettroniche, ma con la presenza del paziente; b) consultazione di un catalogo elettronico in un negozio in presenza del cliente; c) prenotazione di biglietti aerei attraverso una rete informatica in un'agenzia viaggi in presenza del cliente; d) giochi elettronici messi a disposizione di un giocatore presente in una sala giochi. 2. Servizi non forniti «per via elettronica» — Servizi a contenuto materiale anche se implicano l'utilizzazione di dispositivi elettronici: a) distributori automatici di biglietti (banconote, biglietti ferroviari); b) accesso a reti stradali, parcheggi, ecc. a pagamento, anche se all'entrata e/o all'uscita intervengono dispositivi elettronici per controllare l'accesso e/o garantire il corretto pagamento. — Servizi non in linea: distribuzione di cd-rom e di software su dischetti, — Servizi non forniti attraverso sistemi elettronici di archiviazione/trattamento di dati: a) servizi di telefonia vocale; b) servizi telefax/telex; c) servizi forniti mediante telefonia vocale o telefax; d) consulto medico per telefono/telefax; e) consulenza legale per telefono /telefax; f) marketing diretto per telefono/telefax. 3. Servizi non forniti «a richiesta individuale di un destinatario di servizi» Servizi forniti mediante invio di dati senza una richiesta individuale e destinati alla ricezione simultanea da parte di un numero illimitato di destinatari (trasmissione da punto a multipunto): a) servizi di radiodiffusione televisiva (compresi i servizi near-video on-demand) di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2010/13/UE; b) servizi di radiodiffusione sonora; c) teletesto (televisivo). ALLEGATO II Elenco indicativo dei servizi finanziari di cui all'articolo 1, paragrafo 4 — Servizi d'investimento — Operazioni di assicurazione e riassicurazione — Servizi bancari — Operazioni relative ai fondi di pensione — Servizi concernenti operazioni a termine o in opzione Tali servizi comprendono in particolare: a) i servizi di investimento di cui all'allegato della direttiva 2004/39/CE, i servizi di organismi di investimento collettivo; b) i servizi concernenti attività che beneficiano del riconoscimento reciproco, di cui all'allegato I della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1); c) le operazioni che riguardano attività di assicurazione e riassicurazione di cui alla direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2). (1) Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338). (2) Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1). ALLEGATO III PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle modifiche successive (di cui all'articolo 10) Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37) Direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 217 del 5.8.1998, pag. 18) Allegato II, parte 1, titolo H, dell'atto di adesione del 2004 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 68) Limitatamente ai riferimenti di cui al paragrafo 2 della direttiva 98/34/CE Direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81) Limitatamente ai riferimenti di cui all'articolo 1 della direttiva 98/34/CE Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12) Limitatamente all'articolo 26, paragrafo 2 PARTE B Termini di recepimento nel diritto interno (di cui all'articolo 10) Direttiva Termine di applicazione 98/34/CE — 98/48/CE 5 agosto 1999 2006/96/CE 1 gennaio 2007 ALLEGATO IV Tavola di concordanza Direttiva 98/34/CE Presente direttiva Articolo 1, primo comma, parte introduttiva Articolo 1, paragrafo 1, parte introduttiva Articolo 1, primo comma, punto 1, Articolo 1, paragrafo 1, lettera a) Articolo 1, primo comma, punto 2, primo comma Articolo 1, paragrafo 1, lettera b), primo comma Articolo 1, primo comma, punto 2, secondo comma, primo trattino Articolo 1, paragrafo 1, lettera b), secondo comma, punto i) Articolo 1, primo comma, punto 2), secondo comma, secondo trattino Articolo 1, paragrafo 1, lettera b), secondo comma, punto ii) Articolo 1, primo comma, punto 2, secondo comma, terzo trattino Articolo 1, paragrafo 1, lettera b), secondo comma, punto iii) Articolo 1, primo comma, punto 2, terzo comma Articolo 1, paragrafo 1, lettera b), terzo comma Articolo 1, primo comma, punto 2, quarto comma, parte introduttiva Articolo 1, paragrafo 2,parte introduttiva Articolo 1, primo comma, punto 2, quarto comma, primo trattino Articolo 1, paragrafo 2, lettera a) Articolo 1, primo comma, punto 2, quarto comma, secondo trattino Articolo 1, paragrafo 2, lettera b) Articolo 1, primo comma, punto 3 Articolo 1, paragrafo 1, lettera c) Articolo 1, primo comma, punto 4 Articolo 1, paragrafo 1, lettera d) Articolo 1, primo comma, punto 5, primo comma Articolo 1, paragrafo 1, lettera e), primo comma Articolo 1, primo comma, punto 5, secondo comma Articolo 1, paragrafo 3 Articolo 1, primo comma, punto 5, terzo comma Articolo 1, paragrafo 4 Articolo 1, primo comma, punto 5, quarto comma Articolo 1, paragrafo 5 Articolo 1, primo comma, punto 5, quinto comma, frase introduttiva Articolo 1, paragrafo 1, lettera e) secondo comma, frase introduttiva Articolo 1, primo comma, punto 5, quinto comma, primo trattino Articolo 1, paragrafo 1, lettera e), secondo comma, punto i) Articolo 1, primo comma, punto 5, quinto comma, secondo trattino Articolo 1, paragrafo 1, lettera e), secondo comma, punto ii) Articolo 1, primo comma, punto 11, primo comma Articolo 1, paragrafo 1, lettera f), primo comma Articolo 1, primo comma, punto 11, secondo comma, frase introduttiva Articolo 1, paragrafo 1, lettera f ), secondo comma, frase introduttiva Articolo 1, primo comma, punto 11, secondo comma, primo trattino Articolo 1, paragrafo 1, lettera f ), secondo comma, punto i) Articolo 1, primo comma, punto 11, secondo comma secondo trattino Articolo 1, paragrafo 1, lettera f ), secondo comma punto ii) Articolo 1, primo comma, punto 11, secondo comma terzo trattino Articolo 1, paragrafo 1, lettera f ), secondo comma, punto iii) Articolo 1, primo comma, punto 11, terzo comma Articolo 1, paragrafo 1, lettera f ), terzo comma Articolo 1, primo comma, punto 11, quarto comma Articolo 1, paragrafo 1, lettera f ), quarto comma Articolo 1, primo comma, punto 12 Articolo 1, paragrafo 1, lettera g) Articolo 1, secondo comma Articolo 1, paragrafo 6 Articolo 5 Articolo 2 Articolo 6, paragrafi 1 e 2 Articolo 3, paragrafi 1 e 2 Articolo 6, paragrafo 3, parte introduttiva Articolo 3, paragrafo 3, parte introduttiva Articolo 6, paragrafo 3, secondo trattino Articolo 3, paragrafo 3, lettera a) Articolo 6, paragrafo 3, terzo trattino Articolo 3, paragrafo 3, lettera b) Articolo 6, paragrafo 3, quarto trattino Articolo 3, paragrafo 3, lettera c) Articolo 6, paragrafo 4, parte introduttiva Articolo 3, paragrafo 4, parte introduttiva Articolo 6, paragrafo 4, lettera c) Articolo 3, paragrafo 4, lettera a) Articolo 6, paragrafo 4, lettera d) Articolo3, paragrafo 4, lettera b) Articolo 6, paragrafi da 5 a 8 Articolo 3, paragrafi da 5 a 8 Articolo 7 Articolo 4 Articolo 8 Articolo 5 Articolo 9, paragrafi da 1 a 5 Articolo 6, paragrafi da 1 a 5 Articolo 9, paragrafo 6, parte introduttiva Articolo 6, paragrafo 6, parte introduttiva Articolo 9, paragrafo 6, primo trattino Articolo 6, paragrafo 6, lettera a) Articolo 9, paragrafo 6, secondo trattino Articolo 6, paragrafo 6, lettera b) Articolo 9, paragrafo 6, terzo trattino Articolo 6, paragrafo 6, lettera c) Articolo 9, paragrafo 7, primo comma, parte introduttiva Articolo 6, paragrafo 7, primo comma, parte introduttiva Articolo 9, paragrafo 7, primo comma, primo trattino Articolo 6, paragrafo 7, primo comma, lettera a) Articolo 9, paragrafo 7, primo comma, secondo trattino Articolo 6, paragrafo 7, primo comma, lettera b) Articolo 9, paragrafo 7, secondo comma Articolo 6, paragrafo 7, secondo comma Articolo 10, paragrafo 1, parte introduttiva Articolo 7, paragrafo 1, parte introduttiva Articolo 10, paragrafo 1, primo trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) Articolo 10, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) Articolo 10, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) Articolo 10, paragrafo 1, quarto trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera d) Articolo 10, paragrafo 1, quinto trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera e) Articolo 10, paragrafo 1, sesto trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera f) Articolo 10, paragrafi 2, 3 e 4 Articolo 7, paragrafi 2, 3 e 4 Articolo 11, prima frase Articolo 8, primo comma Articolo 11, seconda frase Articolo 8, secondo comma Articolo 12 Articolo 9 Articolo 13 — — Articolo 10 Articolo 14 Articolo 11 Articolo 15 Articolo 12 Allegato III — Allegato IV — Allegato V Allegato I Allegato VI Allegato II — Allegato III — Allegato IV
Direttiva sulla trasparenza nel mercato unico SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Invita le autorità nazionali a informare la Commissione europea di eventuali progetti di regole tecniche relative ai prodotti e ai servizi della società dell’informazione prima che vengano adottate nelle legislazioni nazionali, pur consentendo alcune eccezioni. Il suo scopo è evitare la creazione di nuove barriere commerciali. PUNTI CHIAVE I paesi dell’Unione europea (UE) devono informare la Commissione di qualsiasi progetto di regola tecnica che intendano introdurre. La Commissione informa immediatamente gli altri paesi dell’UE attraverso il sistema informativo sulle regole tecniche. È previsto un periodo di differimento di tre mesi, durante il quale il paese dell’UE in questione non può adottare il progetto di regola tecnica proposto. Tale periodo può essere esteso a quattro, sei, dodici o addirittura diciotto mesi, a seconda delle circostanze del caso. Durante tale periodo la Commissione e gli altri paesi dell’UE esaminano il progetto di regola proposto e possono reagire conformemente. In situazioni urgenti, dovute a circostanze gravi e imprevedibili, un paese dell’UE può adottare una regola tecnica senza rispettare il periodo di differimento («procedura d’urgenza»). Ogni due anni la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull’attuazione della direttiva. La normativa istituisce un comitato permanente di rappresentanti nazionali presieduto dalla Commissione. Il comitato si riunisce almeno due volte all’anno e fornisce consulenza alla Commissione relativamente alle modalità per evitare le barriere commerciali, oltre a prendere in considerazione le questioni derivanti dall’attuazione della direttiva. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva (UE) 2015/1535 ha abrogato e sostituito la direttiva 98/34/CE a partire dal 7 ottobre 2015. CONTESTO Obiettivo della procedura 2015/1535 ATTO Direttiva (UE) n. 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU L 241 del 17.9.2015, pag. 1-15)
14,333
42
32008R1100
false
REGOLAMENTO (CE) N. 1100/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 22 ottobre 2008 relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 71, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (3), è stato modificato in modo sostanziale (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno procedere alla codificazione di tale regolamento. (2) L’attuazione della libera circolazione dei servizi nel settore dei trasporti costituisce un elemento importante della politica comune dei trasporti prevista dal trattato. Pertanto, la politica comune dei trasporti ha lo scopo di incrementare la scorrevolezza della circolazione dei diversi mezzi di trasporto all’interno della Comunità. (3) In base alle normative comunitarie e nazionali vigenti in materia di trasporti su strada e per vie navigabili, gli Stati membri effettuano controlli, verifiche ed ispezioni riguardanti le caratteristiche tecniche, le autorizzazioni ed altri documenti cui debbono conformarsi i veicoli e le navi. Tali controlli, verifiche ed ispezioni continuano ad essere giustificati, in generale, dalla finalità di evitare perturbazioni nell’organizzazione del mercato dei trasporti e garantire la sicurezza della circolazione su strada e per vie navigabili. (4) A norma delle disposizioni comunitarie vigenti, gli Stati membri sono liberi d’organizzare ed effettuare i summenzionati controlli, verifiche ed ispezioni nei luoghi da essi prescelti. (5) Detti controlli, verifiche ed ispezioni possono essere effettuati con pari efficacia su tutto il territorio degli Stati membri interessati e pertanto il varco della frontiera non dovrebbe costituire il pretesto per l’esecuzione di dette operazioni, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Il presente regolamento si applica ai controlli effettuati dagli Stati membri in applicazione delle disposizioni comunitarie o nazionali in materia di trasporti su strada e per vie navigabili effettuati con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in uno Stato membro. Articolo 2 Ai sensi del presente regolamento si intende per: a) «frontiera»: una frontiera interna alla Comunità, o una frontiera esterna, qualora il trasporto tra Stati membri comporti l’attraversamento di un paese terzo; b) «controllo»: qualsiasi controllo, ispezione, verifica o formalità espletati alle frontiere degli Stati membri dalle autorità nazionali che comportino un’interruzione o una limitazione della libera circolazione dei veicoli interessati o delle navi interessate. Articolo 3 I controlli di cui all’allegato I, effettuati in applicazione di disposizioni comunitarie o nazionali in materia di trasporti su strada o per vie navigabili tra Stati membri, non sono effettuati a titolo di controlli alle frontiere, ma esclusivamente come parte delle normali procedure di controllo applicate, in modo non discriminatorio, su tutto il territorio di uno Stato membro. Articolo 4 La Commissione propone, se necessario, modifiche dell’allegato I in considerazione dell’evoluzione tecnologica nel settore di cui al presente regolamento. Articolo 5 Il regolamento (CEE) n. 4060/89, modificato dal regolamento elencato nell’allegato II, è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III. Articolo 6 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 22 ottobre 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J.-P. JOUYET (1) GU C 324 del 30.12.2006, pag. 47. (2) Parere del Parlamento europeo del 14 dicembre 2006 (GU C 317 E del 23.12.2006, pag. 599) e decisione del Consiglio del 15 settembre 2008. (3) GU L 390 del 30.12.1989, pag. 18. (4) Cfr. allegato II. ALLEGATO I PARTE 1 NORMATIVA COMUNITARIA Sezione 1 Direttive a) Articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 96/53/CE del Consiglio, del 25 luglio 1996, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale (1), il quale prevede che i veicoli possano essere sottoposti, per quanto riguarda le norme comuni relative ai pesi, a controlli per sondaggio e, per quanto riguarda le norme comuni relative alle dimensioni, unicamente a controlli in caso di sospetto di non conformità alle disposizioni della direttiva stessa. b) Articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (2), il quale stabilisce che ciascuno Stato membro riconosca l’attestato, comprovante che un veicolo ha superato un controllo tecnico, rilasciato in un altro Stato membro; tale riconoscimento implica che la verifica da parte delle autorità nazionali può effettuarsi in qualsiasi punto del loro territorio. c) Articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2006/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, relativa all’utilizzazione di veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada (3), il quale stabilisce che la conformità alla direttiva è comprovata dal contratto relativo al noleggio e dal contratto di lavoro del conducente che devono trovarsi a bordo del veicolo noleggiato. d) Articolo 3, paragrafi 3, 4 e 5, della direttiva 76/135/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità rilasciati per le navi della navigazione interna (4), il quale stabilisce che le autorità nazionali possano esigere che siano esibiti attestati di navigabilità, certificati o autorizzazioni. e) Articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 82/714/CEE del Consiglio, del 4 ottobre 1982, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna (5), il quale stabilisce che gli Stati membri possano, in qualsiasi momento, controllare che a bordo di una nave si trovi un certificato valido ai sensi della direttiva stessa. Sezione 2 Regolamenti a) Articoli 14 e 15 del regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, relativo alla fissazione di norme comuni per i trasporti internazionali di viaggiatori effettuati con autobus (6), i quali permettono agli agenti incaricati del controllo di verificare e controllare il documenti di trasporto, le autorizzazioni e i documenti di controllo previsti nel regolamento stesso. b) Articolo 18 del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada (7), il quale autorizza gli Stati membri ad adottare disposizioni riguardanti, tra l’altro, l’organizzazione, la procedura e gli strumenti di controllo al fine di verificare che siano soddisfatte le disposizioni del regolamento stesso. c) Articolo 19 del regolamento (CEE) n. 3821/85 del Consiglio, del 20 dicembre 1985, relativo all’apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada (8), il quale lascia agli Stati membri il compito di adottare disposizioni riguardanti, tra l’altro, l’organizzazione, la procedura e gli strumenti di controllo al fine di accertare la conformità degli apparecchi alle disposizioni del regolamento stesso. d) Articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 881/92 del Consiglio, del 26 marzo 1992, relativo all’accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (9), il quale prevede che una copia autenticata dell’autorizzazione comunitaria debba essere conservata nel veicolo e che debba essere esibita ad ogni richiesta degli agenti addetti al controllo. PARTE 2 NORMATIVA NAZIONALE a) Controlli relativi alle patenti di guida dei conducenti di veicoli, per il trasporto di merci e di viaggiatori. b) Controlli relativi al trasporto di merci pericolose, in particolare: i) documenti: — certificato di formazione del conducente, — istruzioni di sicurezza, — certificato di approvazione (ADR o norme equivalenti), — copia dell’eventuale deroga (ADR o norme equivalenti); ii) identificazione del veicolo che trasporta la merce pericolosa: — pannello arancione: — conformità, — posizione del veicolo, — segnalazione di pericolo sul veicolo: — conformità, — posizione sul veicolo, — targa di identificazione delle cisterne (fisse, amovibili o container-cisterna): — presenza e leggibilità, — data dell’ultima ispezione, — punzonatura dell’organismo di controllo; iii) attrezzatura (ADR o norme equivalenti) del veicolo: — estintore supplementare, — attrezzature speciali; iv) carico dei veicoli: — carico eccedente (secondo la capacità delle cisterne), — sistemazione del carico, — divieto di carico in comune. c) Controlli relativi al trasporto di derrate deperibili, in particolare: i) documenti: — attestato di conformità delle attrezzature; ii) attrezzature speciali utilizzate per il trasporto delle derrate deperibili: — attestato di conformità (targhetta), — contrassegni di identificazione; iii) funzionamento delle attrezzature speciali: — condizioni di temperatura delle attrezzature. (1) GU L 235 del 17.9.1996, pag. 59. (2) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 1. (3) GU L 33 del 4.2.2006, pag. 82. (4) GU L 21 del 29.1.1976, pag. 10. (5) GU L 301 del 28.10.1982, pag. 1. (6) GU L 74 del 20.3.1992, pag. 1. (7) GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 1. (8) GU L 370 del 31.12.1985, pag. 8. (9) GU L 95 del 9.4.1992, pag. 1. ALLEGATO II REGOLAMENTO ABROGATO E SUA MODIFICA SUCCESSIVA (di cui all’articolo 5) Regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio (GU L 390 del 30.12.1989, pag. 18). Regolamento (CEE) n. 3356/91 del Consiglio (GU L 318 del 20.11.1991, pag. 1). ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CEE) n. 4060/89 Presente direttiva Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 3 bis Articolo 4 Articolo 4 Articolo 6 — Articolo 5 Allegato, parte 1, Direttive a) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera a) Allegato, parte 1, Direttive b) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera b) Allegato, parte 1, Direttive c) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera c) Allegato, parte 1, Direttive d) — Allegato, parte 1, Direttive e) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera d) Allegato, parte 1, Direttive f) Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera e) Allegato, parte 1, Regolamenti a) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera a) Allegato, parte 1, Regolamenti b) — Allegato, parte 1, Regolamenti c) — Allegato, parte 1, Regolamenti d) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera b) Allegato, parte 1, Regolamenti e) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera c) Allegato, parte 1, Regolamenti f) Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera d) Allegato, parte 2 Allegato I, parte 2 — Allegato II — Allegato III
Trasporti su strada e vie navigabili: controlli di frontiera QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI? I regolamenti aboliscono i controlli effettuati dai paesi dell’Unione europea (UE) sul rispetto delle norme in materia di trasporti su strada e per vie navigabili alle frontiere interne dell’UE. Per garantire la libera circolazione all’interno dell’Unione dei veicoli e delle navi interessati, questi controlli non devono più essere effettuati come controlli alle frontiere, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio dei paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE Il regolamento (CEE) n. 3912/92 si riferisce ai controlli relativi alle operazioni di trasporto su strada e per vie navigabili effettuate con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese non appartenente all’UE. Questi controlli non devono più essere effettuati alle frontiere interne tra i paesi dell’UE, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio di questi paesi. Possono tuttavia essere effettuati anche alle frontiere esterne (con un paese extra UE). Il regolamento (CE) n. 1100/2008 si riferisce ai controlli relativi alle operazioni di trasporto su strada e per vie navigabili effettuate con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese dell’UE. Questi controlli non devono più essere effettuati alle frontiere interne tra i paesi dell’UE, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio di questi paesi. I controlli oggetto dei due regolamenti sono quelli previsti dal diritto dell’Unione o nazionale di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1100/2008 e, nel caso del regolamento (CEE) n. 3912/92, quelli previsti da accordi internazionali tra uno o più paesi dell’UE e uno o più paesi extra UE.Il recesso del Regno Unito dall’UE Dal recesso del Regno Unito dall’UE il 31 gennaio 2020, il confine tra il Regno Unito e i paesi dell’UE non è più un confine interno. Tuttavia, durante il periodo di transizione, quando le leggi dell’UE erano ancora applicate al Regno Unito e al suo interno, questo confine è stato trattato come un confine interno. Dall’inizio del 2021, entrambi i regolamenti sopra citati non sono più applicabili a tale confine. Il controllo dei veicoli e delle navi del Regno Unito sarà d’ora in poi soggetto al regolamento (CEE) n. 3912/92 e non sarà più soggetto al regolamento (CE) n. 1100/2008. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CEE) n. 3912/92 si applica dal 1 gennaio 1993. Il regolamento (CE) n. 1100/2008 si applica dal 4 dicembre 2008. Esso ha codificato e sostituito il regolamento (CEE) n. 4060/89 e le successive modifiche, applicabili dal 1o luglio 1990. CONTESTO Si veda anche:Vie navigabili interne (Commissione europea) Strada (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CEE) n. 3912/92 del Consiglio, del 17 dicembre 1992, relativo ai controlli effettuati all’interno della Comunità nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili per quanto riguarda i mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese terzo (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 6). Regolamento (CE) n. 1100/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (Versione codificata) (GU L 304 del 14.11.2008, pag. 63).
5,416
1,108
32009R0116
false
REGOLAMENTO (CE) N. 116/2009 DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2008 relativo all'esportazione di beni culturali (Versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 133, vista la proposta della Commissione, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 3911/92 del Consiglio, del 9 dicembre 1992, relativo all'esportazione di beni culturali (1), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) Ai fini del mantenimento del mercato interno è necessario adottare una normativa per gli scambi con i paesi terzi, la quale assicuri la protezione dei beni culturali. (3) Sembra necessario prendere misure in particolare per garantire che le esportazioni di beni culturali siano sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne della Comunità. (4) Un siffatto sistema dovrebbe prevedere l'obbligo di presentare una licenza rilasciata dallo Stato membro competente, prima dell'esportazione dei beni culturali contemplati dal presente regolamento. Ciò richiede una precisa definizione del campo di applicazione di dette misure e delle loro modalità di attuazione. La realizzazione del sistema dovrebbe presentare la massima semplicità ed efficacia. (5) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (3). (6) Data la notevole esperienza acquisita dalle autorità degli Stati membri nell'applicare il regolamento (CE) n. 515/97 del Consiglio, del 13 marzo 1997, relativo alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle normative doganale e agricola (4), detto regolamento dovrebbe essere applicato nel presente settore. (7) L'allegato I del presente regolamento ha lo scopo di definire le categorie di beni culturali che dovrebbero formare oggetto di particolare protezione negli scambi con i paesi terzi, ferma restando la libertà degli Stati membri di definire i beni da considerare patrimonio nazionale ai sensi dell'articolo 30 del trattato, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizione Fatti salvi i poteri degli Stati membri ai sensi dell'articolo 30 del trattato, per «beni culturali» s'intendono, ai fini del presente regolamento, i beni elencati nell'allegato I. Articolo 2 Licenza di esportazione 1. L'esportazione di beni culturali al di fuori del territorio della Comunità è subordinata alla presentazione di una licenza di esportazione. 2. La licenza di esportazione è rilasciata, su richiesta dell'interessato: a) da un'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio si trovava lecitamente e definitivamente il bene culturale alla data del 1o gennaio 1993; b) oppure, dopo la suddetta data, da un'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio il bene culturale si trova dopo essere stato lecitamente e definitivamente spedito da un altro Stato membro o dopo essere stato importato da un paese terzo o reimportato da un paese terzo in seguito a una spedizione lecita da uno Stato membro verso detto paese terzo. Tuttavia, fermo restando il paragrafo 4, lo Stato membro competente conformemente al primo comma, lettera a) o lettera b), può non richiedere licenze di esportazione per i beni culturali elencati nell'allegato I, categoria A.1, primo e secondo trattino, qualora detti beni abbiano un interesse archeologico o scientifico limitato e purché non provengano direttamente da scavi, scoperte o siti archeologici in uno Stato membro e la loro presenza sul mercato sia lecita. La licenza di esportazione può essere negata, ai sensi del presente regolamento, qualora i beni culturali in questione siano contemplati da una legislazione che tutela il patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico nello Stato membro di cui trattasi. Se necessario, l'autorità di cui al primo comma, lettera b), prende contatto con le autorità competenti dello Stato membro da cui il bene culturale proviene, in particolare le autorità competenti ai sensi della direttiva 93/7/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (5). 3. La licenza di esportazione è valida in tutta la Comunità. 4. Fatte salve le disposizioni dei paragrafi da 1 a 3, l'esportazione diretta dal territorio doganale della Comunità di beni del patrimonio nazionale di valore artistico, storico o archeologico che non rientrano nella definizione di beni culturali ai sensi del presente regolamento è soggetta alla normativa nazionale dello Stato membro di esportazione. Articolo 3 Autorità competenti 1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione l'elenco delle autorità competenti per il rilascio delle licenze di esportazione di beni culturali. 2. La Commissione pubblica l'elenco di queste autorità, nonché le eventuali modifiche dello stesso, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C. Articolo 4 Presentazione della licenza La licenza di esportazione è presentata, a sostegno della dichiarazione di esportazione, al momento dell'espletamento delle formalità doganali di esportazione, presso l'ufficio doganale competente per accettare tale dichiarazione. Articolo 5 Restrizione del numero degli uffici doganali competenti 1. Gli Stati membri possono limitare il numero degli uffici doganali competenti per espletare le formalità di esportazione di beni culturali. 2. Quando si avvalgono della possibilità di cui al paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione l'elenco degli uffici doganali debitamente abilitati. La Commissione pubblica tali informazioni nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C. Articolo 6 Cooperazione amministrativa Ai fini dell'attuazione del presente regolamento, si applicano mutatis mutandis le disposizioni del regolamento (CE) n. 515/97, in particolare quelle relative alla riservatezza delle informazioni. Oltre a cooperare ai sensi del primo comma, gli Stati membri fanno tutto il necessario per stabilire, sul piano dei loro rapporti reciproci, una cooperazione tra le autorità doganali e le autorità competenti di cui all'articolo 4 della direttiva 93/7/CEE. Articolo 7 Misure di attuazione Le misure necessarie all'attuazione del presente regolamento, in particolare quelle relative al formulario da utilizzare (ad esempio, il modello e le caratteristiche tecniche), sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. Articolo 8 Comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE. Articolo 9 Sanzioni Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme del presente regolamento e adottano ogni provvedimento necessario per assicurare l’applicazione delle sanzioni stesse. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 10 Relazione 1. Ogni Stato membro informa la Commissione delle misure che prende per l'esecuzione del presente regolamento. La Commissione comunica tali informazioni agli altri Stati membri. 2. Ogni tre anni, la Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull'attuazione del presente regolamento. Il Consiglio, su proposta della Commissione, procede ogni tre anni a esaminare e se del caso a rivalutare gli importi indicati nell'allegato I, per tener conto degli indicatori economici e monetari nella Comunità. Articolo 11 Abrogazione Il regolamento (CEE) n. 3911/92, come modificato dai regolamenti elencati all'allegato II, è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato III. Articolo 12 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2008. Per il Consiglio Il presidente M. BARNIER (1) GU L 395 del 31.12.1992, pag. 1. (2) Cfr. allegato II. (3) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (4) GU L 82 del 22.3.1997, pag. 1. (5) GU L 74 del 27.3.1993, pag. 74. ALLEGATO I Categorie di beni culturali di cui all'articolo 1 1. Reperti archeologici aventi più di 100 anni, provenienti da: — scavi e scoperte terrestri o sottomarini 9705 00 00 — siti archeologici 9706 00 00 — collezioni archeologiche 2. Elementi costituenti parte integrante di monumenti artistici, storici o religiosi e provenienti dallo smembramento dei monumenti stessi, aventi più di 100 anni 9705 00 00 9706 00 00 3. Quadri e pitture diversi da quelli appartenenti alla categoria 4 o 5, fatti interamente a mano, su qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale (1) 9701 4. Acquerelli, guazzi e pastelli eseguiti interamente a mano, su qualsiasi supporto (1) 9701 5. Mosaici, diversi da quelli delle categorie 1 o 2, realizzati interamente a mano, con qualsiasi materia, e disegni fatti interamente a mano su qualsiasi supporto e con qualsiasi materia (1) 6914 9701 6. Incisioni, stampe, serigrafie e litografie originali e relative matrici, nonché manifesti originali (1) Capitolo 49 9702 00 00 8442 50 99 7. Opere originali dell'arte statuaria o dell'arte scultoria e copie ottenute con il medesimo procedimento dell'originale (1), diverse da quelle della categoria 1 9703 00 00 8. Fotografie, film e relativi negativi (1) 3704 3705 3706 4911 91 80 9. Incunaboli e manoscritti, comprese le carte geografiche e gli spartiti musicali, isolati o in collezione (1) 9702 00 00 9706 00 00 4901 10 00 4901 99 00 4904 00 00 4905 91 00 4905 99 00 4906 00 00 10. Libri aventi più di 100 anni, isolati o in collezione 9705 00 00 9706 00 00 11. Carte geografiche stampate aventi più di 200 anni 9706 00 00 12. Archivi di qualsiasi natura e supporto, comprendenti elementi aventi più di 50 anni 3704 3705 3706 4901 4906 9705 00 00 9706 00 00 13. a) Collezioni (2) ed esemplari provenienti da collezioni di zoologia, botanica, mineralogia, anatomia 9705 00 00 b) Collezioni (2) aventi interesse storico, paleontologico, etnografico o numismatico 9705 00 00 14. Mezzi di trasporto aventi più di 75 anni 9705 00 00 Capitoli 86-89 15. Altri oggetti d'antiquariato non contemplati dalle categorie da A.1 a A.14 a) aventi fra 50 e 100 anni: giocattoli, giochi Capitolo 95 vetrerie 7013 articoli di oreficeria 7114 mobili e oggetti d'arredamento Capitolo 94 strumenti ottici, fotografici o cinematografici Capitolo 90 strumenti musicali Capitolo 92 orologi Capitolo 91 opere in legno Capitolo 44 vasellame Capitolo 69 arazzi 5805 00 00 tappeti Capitolo 57 carte da parati 4814 armi Capitolo 93 b) aventi più di 100 anni 9706 00 00 I beni culturali rientranti nelle categorie da A.1 a A.15 sono disciplinati dal presente regolamento soltanto se il loro valore è pari o superiore ai valori di cui al punto B. B. Valori applicabili a talune categorie di cui al punto A (in EUR) Valori: qualunque ne sia il valore — 1 (Reperti archeologici) — 2 (Smembramento di monumenti) — 9 (Incunaboli e manoscritti) — 12 (Archivi) 15 000 — 5 (Mosaici e disegni) — 6 (Incisioni) — 8 (Fotografie) — 11 (Carte geografiche stampate) 30 000 — 4 (acquerelli, guazzi e pastelli) 50 000 — 7 (Arte statuaria) — 10 (Libri) — 13 (Collezioni) — 14 (Mezzi di trasporto) — 15 (Altri oggetti) 150 000 — 3 (Quadri) Il rispetto delle condizioni relative ai valori deve essere accertato al momento della presentazione della domanda di licenza di esportazione. Il valore è quello del bene culturale nello Stato membro di cui all'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento. Per gli Stati membri che non adottano l'euro, i valori espressi in euro nell'allegato I sono convertiti e espressi nelle monete nazionali al tasso di cambio del 31 dicembre 2001 pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Tale controvalore nelle monete nazionali è rivisto ogni due anni dal 31 dicembre 2001 in poi. Il calcolo del controvalore si basa sulla media del valore quotidiano di tali monete, espresso in euro, relativo al periodo di ventiquattro mesi terminante l'ultimo giorno del mese di agosto che precede la revisione avente effetto dal 31 dicembre. Questo metodo di calcolo è riesaminato, su proposta della Commissione, dal comitato consultivo dei beni culturali, in linea di principio due anni dopo la prima applicazione. Per ogni revisione i valori espressi in euro e i loro controvalori in moneta nazionale sono periodicamente pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea nei primi giorni del mese di novembre precedente la data da cui ha effetto la revisione. (1) Aventi più di 50 anni e non appartenenti all'autore. (2) Quali definite dalla Corte di giustizia nella sentenza n. 252/84: «Gli oggetti da collezione ai sensi della voce 97.05 della TDC sono quelli che possiedono le qualità richieste per far parte di una collezione, cioè gli oggetti relativamente rari, che non sono normalmente usati secondo la loro destinazione originaria, che formano oggetto di transazioni speciali al di fuori del mercato abituale degli analoghi oggetti di uso comune e hanno un valore elevato.» ALLEGATO II Regolamento abrogato e sue modificazioni successive Regolamento (CEE) n. 3911/92 del Consiglio (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 1) Regolamento (CE) n. 2469/96 del Consiglio (GU L 335 del 24.12.1996, pag. 9) Regolamento (CE) n. 974/2001 del Consiglio (GU L 137 del 19.5.2001, pag. 10) Regolamento (CE) n. 806/2003 del Consiglio (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1) limitatamente all’allegato I, punto 2 ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CEE) n. 3911/92 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma Articolo 2, paragrafo 2, quarto comma Articolo 2, paragrafo 2, quarto comma Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 4 Articolo 2, paragrafo 4 Articoli da 3 a 9 Articoli da 3 a 9 Articolo 10, primo comma Articolo 10, paragrafo 1, primo comma Articolo 10, secondo comma Articolo 10, paragrafo 1, secondo comma Articolo 10, terzo comma Articolo 10, paragrafo 2, primo comma Articolo 10, quarto comma — Articolo 10, quinto comma Articolo 10, paragrafo 2, secondo comma — Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 Allegato, punti A.1, A.2 e A.3 Allegato I, punti A.1, A.2 e A.3 Allegato, punto A.3 bis Allegato I, punto A.4 Allegato, punto A.4 Allegato I, punto A.5 Allegato, punto A.5 Allegato I, punto A.6 Allegato, punto A.6 Allegato I, punto A.7 Allegato, punto A.7 Allegato I, punto A.8 Allegato, punto A.8 Allegato I, punto A.9 Allegato, punto A.9 Allegato I, punto A.10 Allegato, punto A.10 Allegato I, punto A.11 Allegato, punto A.11 Allegato I, punto A.12 Allegato, punto A.12 Allegato I, punto A.13 Allegato, punto A.13 Allegato I, punto A.14 Allegato, punto A.14 Allegato I, punto A.15 Allegato, punto B Allegato I, punto B — Allegato II — Allegato III
Esportazione di beni culturali QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Ai fini della protezione dei beni culturali europei, il regolamento garantisce che le esportazioni di beni culturali siano sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne dell'Unione europea (UE) mediante le licenze di esportazione. PUNTI CHIAVE Il regolamento definisce le regole sull'esportazione dei beni culturali ai fini della loro protezione. Esso garantisce, in particolare, che le esportazioni di beni culturali siano sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne dell'UE. Le categorie di beni culturali oggetto del presente regolamento sono elencate all'allegato I. Licenze di esportazione L'esportazione di beni culturali al di fuori del territorio della Comunità è soggetta alla presentazione di una licenza di esportazione. La licenza di esportazione è rilasciata, su richiesta dell'interessato, dall'autorità competente dello Stato membro ed è valida in tutta la Comunità. La licenza di esportazione può essere negata da uno Stato membro qualora i beni culturali in questione siano contemplati da una legislazione che tutela il patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico nello Stato membro di cui trattasi. In alcune circostanze, uno Stato membro può autorizzare le esportazioni di alcuni beni culturali senza una licenza. La licenza di esportazione è presentata, a sostegno della dichiarazione di esportazione, al momento dell'espletamento delle formalità doganali di esportazione, presso l'ufficio doganale competente. Gli Stati membri possono limitare il numero degli uffici doganali competenti per espletare le formalità relative ai beni culturali. Il regolamento di esecuzione (UE) n. 1081/2012 della Commissione stabilisce le norme che disciplinano la redazione, il rilascio e l'utilizzo delle licenze di esportazione di cui al regolamento (CE) n. 116/2009. Esso specifica le tipologie di licenza da rilasciare, il loro utilizzo ed il loro periodo di validità. Vi sono tre tipi di licenza: licenza normale: utilizzata in circostanze normali per ogni esportazione soggetta al regolamento (CE) n. 116/2009 e valida per 1 anno; licenza aperta specifica: concerne l'esportazione temporanea ripetuta di uno specifico bene culturale da parte del suo proprietario per l'utilizzo e/o l'esposizione in paesi terzi ed è valida per 5 anni; licenza aperta generale: rilasciata ad un museo o ad altri enti per quanto riguarda l'esportazione temporanea di qualsiasi merce appartenente alla loro collezione permanente che sia esportata temporaneamente dall'UE in un paese non UE per l'esposizione su base regolare. La licenza è valida per 5 anni. Negli allegati I, II e II sono forniti modelli esemplificativi dei tre moduli. Attuazione Ai fini dell'attuazione del presente regolamento, è essenziale che vi sia mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e che queste collaborino con la Commissione europea. Inoltre, deve essere stabilita una cooperazione tra le autorità doganali e le autorità competenti degli Stati membri. Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme del presente regolamento, le quali devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO Il regolamento (UE) n. 116/2009 è la versione codificata di un atto originale (regolamento (CEE) n. 3911/92) e delle sue successive modifiche. È applicato dal 2 marzo 2009. CONTESTO Per maggiori informazioni, si consulti: «Beni culturali» sul sito Internet della Commissione europea DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo all'esportazione di beni culturali (versione codificata) (GU L 39 del 10.2.2009, pag. 1-7) DOCUMENTI CORRELATI Elenco delle autorità competenti per il rilascio delle licenze di esportazione dei beni culturali, pubblicato conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio (GU C 164 del 16.7.2009, pag. 6-20). Elenco degli uffici doganali abilitati ad espletare le formalità di esportazione dei beni culturali, pubblicato conformemente all'articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio (GU C 134 del 13.6.2009, pag. 9-13).
7,133
55
32004R0549
false
Regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, che stabilisce i principi generali per l'istituzione del cielo unico europeo ("regolamento quadro") (Testo rilevante ai fini del SEE) - Dichiarazione degli Stati membri sulle questioni militari connesse con il cielo unico europeo Gazzetta ufficiale n. L 096 del 31/03/2004 pag. 0001 - 0009 Regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento Europeo e del Consigliodel 10 marzo 2004che stabilisce i principi generali per l'istituzione del cielo unico europeo("regolamento quadro")(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione l'11 dicembre 2003,considerando quando segue:(1) L'attuazione della politica comune dei trasporti richiede un sistema di trasporto aereo efficace, che consenta l'esercizio in condizioni di sicurezza e regolarità dei servizi di trasporto aereo, agevolando così la libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi.(2) Nella riunione straordinaria tenutasi a Lisbona il 23 ed il 24 marzo 2000 il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a presentare proposte concernenti la gestione dello spazio aereo, del controllo del traffico aereo e del flusso di traffico aereo, basandosi sui lavori del "Gruppo ad alto livello per il cielo unico europeo" costituito dalla Commissione stessa. Tale gruppo, composto essenzialmente dalle autorità civili e militari preposte alla navigazione aerea negli Stati membri, ha consegnato la propria relazione nel novembre 2000.(3) Il corretto funzionamento del sistema di trasporto aereo richiede un elevato e uniforme livello di sicurezza nei servizi di navigazione aerea che consenta un uso ottimale dello spazio aereo europeo nonché un elevato ed uniforme livello di sicurezza del trasporto aereo, ferma restando la funzione di interesse generale dei servizi di navigazione aerea, tra cui gli obblighi di servizio pubblico. Il sistema di trasporto aereo dovrebbe quindi essere realizzato ai livelli più elevati di responsabilità e competenza.(4) L'iniziativa del cielo unico europeo dovrebbe essere sviluppata in conformità degli obblighi che derivano dall'appartenenza della Comunità e dei suoi Stati membri ad Eurocontrol, nonché dei principi fissati dalla convenzione internazionale per l'aviazione civile di Chicago del 1944.(5) Le decisioni che incidono sul contenuto, sulla portata o sull'esecuzione delle operazioni e dell'addestramento militari esulano dalla sfera di competenze della Comunità.(6) Gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione generale sulle questioni militari connesse con il cielo unico europeo(5). Conformemente a tale dichiarazione, gli Stati membri dovrebbero, in particolare, rafforzare la cooperazione civile/militare e, se e nella misura ritenuta necessaria da tutti gli Stati membri interessati, facilitare la cooperazione tra le rispettive forze armate in tutte le questioni inerenti alla gestione del traffico aereo.(7) Lo spazio aereo costituisce una risorsa limitata, il cui uso ottimale ed efficiente sarà possibile soltanto se le esigenze di tutti gli utenti saranno prese in considerazione e, ove del caso, rappresentate in tutto il processo di sviluppo, di decisione e di attuazione del cielo unico europeo, come pure nel comitato per il cielo unico. Gli Stati membri dovrebbero rafforzare la cooperazione civile/militare e, nella misura ritenuta necessaria da tutti gli Stati membri interessati, facilitare la cooperazione tra le rispettive forze armate in tutte le questioni inerenti alla gestione del traffico aereo.(8) Per tutte queste ragioni ed al fine di estendere il cielo unico europeo ad un più ampio numero di Stati europei, la Comunità dovrebbe fissare obiettivi comuni e stabilire un programma di azione che veda impegnati la Comunità, i suoi Stati membri ed i vari soggetti economici, per realizzare uno spazio aereo operativo più integrato, denominato "cielo unico europeo", tenendo peraltro conto degli sviluppi che si registrano in seno ad Eurocontrol.(9) Allorché gli Stati membri intervengono per assicurare la conformità ai requisiti comunitari, le autorità che procedono alla verifica della conformità dovrebbero essere sufficientemente indipendenti dai fornitori di servizi di navigazione aerea.(10) I servizi di navigazione aerea, in particolare i servizi di traffico aereo che sono paragonabili ad una autorità pubblica, richiedono una separazione funzionale o strutturale e sono organizzati secondo forme giuridiche molto diverse a seconda degli Stati membri.(11) Allorché sono richieste valutazioni contabili indipendenti relative ai fornitori di servizi di navigazione aerea, dovrebbero essere riconosciute come tali le ispezioni delle autorità di revisione contabile degli Stati membri in cui tali servizi sono forniti dall'amministrazione o da un organismo pubblico sottoposto al controllo di dette autorità, a prescindere dal fatto che le relazioni contabili elaborate siano o meno rese pubbliche.(12) È opportuno estendere il cielo unico europeo a paesi terzi europei nel quadro della partecipazione della Comunità ai lavori di Eurocontrol, dopo che la Comunità avrà aderito a Eurocontrol oppure nel quadro di accordi conclusi dalla Comunità con tali paesi.(13) L'adesione della Comunità ad Eurocontrol costituisce un fattore importante per la realizzazione di uno Spazio aereo paneuropeo.(14) Nel processo di istituzione del cielo unico europeo la Comunità dovrebbe, ove opportuno, sviluppare il massimo livello di cooperazione con Eurocontrol, per assicurare sinergie sul piano della regolamentazione e approcci coerenti e per evitare duplicazioni tra le due parti.(15) In conformità delle conclusioni del Gruppo ad alto livello, Eurocontrol è l'organismo che dispone di adeguate competenze per coadiuvare la Comunità nel suo ruolo di regolatore. Dovrebbero pertanto essere messe a punto norme di attuazione, per le questioni che rientrano nella sfera di competenza di Eurocontrol, quale risultato di mandati conferiti a tale organizzazione, fatte salve le condizioni che saranno integrate in un quadro di cooperazione tra la Commissione ed Eurocontrol.(16) Per elaborare i provvedimenti necessari all'istituzione del cielo unico europeo è necessaria un'ampia consultazione delle parti economiche e sociali.(17) Le parti sociali dovrebbero essere informate e consultate secondo appropriate modalità su qualsiasi provvedimento che abbia importanti ripercussioni sociali. Dovrebbe inoltre essere consultato il comitato di dialogo settoriale, istituito in base alla decisione 98/500/CE della Commissione, del 20 maggio 1998, che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo(6).(18) Le parti interessate, quali i fornitori di servizi di navigazione aerea, gli utenti dello spazio aereo, gli aeroporti, l'industria manifatturiera e gli enti rappresentativi del personale, dovrebbero avere la possibilità di fornire consulenza alla Commissione per gli aspetti tecnici dell'istituzione del cielo unico europeo.(19) Le prestazioni a livello europeo del sistema di servizi di navigazione aerea nel suo complesso dovrebbero essere valutate periodicamente, tenendo debito conto della necessità di mantenere un elevato livello di sicurezza, per verificare l'efficacia dei provvedimenti adottati e per proporne di nuovi.(20) Le sanzioni previste per le violazioni del presente regolamento e delle misure di cui all'articolo 3 dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive, e non ridurre la sicurezza.(21) Gli effetti dei provvedimenti presi in applicazione del presente regolamento dovrebbero essere valutati alla luce di relazioni presentate regolarmente dalla Commissione.(22) Il presente regolamento lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri a adottare disposizioni relative all'organizzazione delle rispettive forze armate, in virtù della quale gli Stati membri possono adottare misure atte a garantire che le loro forze armate dispongano di uno spazio aereo sufficiente per mantenere uno livello di formazione e di addestramento adeguato. Si dovrebbe pertanto prevedere una clausola di salvaguardia per consentire l'esercizio di tale competenza.(23) Il 2 dicembre 1987, a Londra, il Regno di Spagna e il Regno Unito hanno convenuto, con una dichiarazione comune dei Ministri degli Affari esteri dei due paesi, accordi intesi a rafforzare la cooperazione sull'utilizzo dell'aeroporto di Gibilterra. Tali accordi devono ancora iniziare ad esercitare i loro effetti.(24) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire l'istituzione del cielo unico europeo, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri, a motivo della dimensione transnazionale dell'intervento stesso, e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, pur consentendo norme di attuazione che tengono conto delle specifiche condizioni locali, la Comunità può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(25) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(26) L'articolo 8, paragrafo 2, del regolamento interno tipo dei comitati(8), stabilito in applicazione dell'articolo 7, paragrafo 1, della decisione 1999/468/CE, stabilisce una norma modello conformemente alla quale il presidente di un comitato può decidere di invitare persone terze ad una riunione del comitato. Se del caso, il presidente del comitato per il cielo unico dovrebbe invitare rappresentanti di Eurocontrol a partecipare alle riunioni in qualità di osservatori o di esperti,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Obiettivo e ambito d'applicazione1. L'iniziativa "cielo unico europeo" si prefigge l'obiettivo di rafforzare l'attuale livello di sicurezza e l'efficienza globale del traffico aereo generale in Europa, di ottimizzare una capacità adeguata alle esigenze di tutti gli utenti dello spazio aereo e di minimizzare i ritardi. Nel perseguimento di tale obiettivo, il presente regolamento mira ad istituire un quadro normativo armonizzato per la creazione del cielo unico europeo entro il 31 dicembre 2004.2. L'applicazione del presente regolamento e delle misure di cui all'articolo 3 lascia impregiudicate la sovranità degli Stati membri sul proprio spazio aereo e le esigenze degli stessi per quanto attiene all'ordine pubblico e alla sicurezza nazionale e in materia di difesa di cui all'articolo 13. Il presente regolamento e le summenzionate misure non contemplano operazioni e addestramento militari.3. L'applicazione del presente regolamento e delle misure di cui all'articolo 3 lascia impregiudicati i diritti e i doveri degli Stati membri derivanti dalla convenzione internazionale per l'aviazione civile di Chicago del 1944.4. Resta inteso che l'applicazione del presente regolamento e delle misure di cui all'articolo 3 all'aeroporto di Gibilterra lascia impregiudicate le rispettive posizioni giuridiche del Regno di Spagna e del Regno Unito in merito alla disputa relativa alla sovranità sul territorio nel quale è situato detto aeroporto.5. L'applicazione del presente regolamento e delle misure di cui all'articolo 3 all'aeroporto di Gibilterra è sospesa fino alla data in cui gli accordi previsti dalla dichiarazione comune resa dai Ministri degli affari esteri del Regno di Spagna e del Regno Unito il 2 dicembre 1987 cominciano ad esercitare i loro effetti. I Governi della Spagna e del Regno Unito comunicheranno al Consiglio tale data.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento e delle misure di cui all'articolo 3, s'intendono per:1) "servizio di controllo del traffico aereo": un servizio fornito al fine di:a) prevenire collisioni:- tra aeromobili, e- nell'area di manovra tra aeromobili e ostacoli; eb) accelerare il flusso di traffico aereo e mantenerlo ordinato;2) "servizi di controllo dell'aerodromo": i servizi di controllo del traffico aereo per il traffico dell'aerodromo;3) "servizio di informazioni aeronautiche": un servizio, istituito nell'ambito dell'area definita di copertura, incaricato di fornire informazioni e dati aeronautici necessari per la sicurezza, la regolarità e l'efficienza della navigazione aerea;4) "servizi di navigazione aerea": i servizi di traffico aereo, i servizi di comunicazione, navigazione e sorveglianza, i servizi meteorologici per la navigazione aerea e i servizi di informazione aeronautica;5) "fornitori di servizi di navigazione aerea": qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che fornisce servizi di navigazione per il traffico aereo generale;6) "blocco di spazio aereo": uno spazio aereo di dimensioni definite, nello spazio e nel tempo, all'interno del quale sono forniti i servizi di navigazione aerea;7) "gestione dello spazio aereo": una funzione di pianificazione con l'obiettivo primario di massimizzare l'utilizzo dello spazio aereo disponibile mediante una ripartizione temporale dinamica (time-sharing) e, talvolta, la segregazione dello spazio aereo tra varie categorie di utenti dello spazio aereo in funzione di esigenze a breve termine;8) "utenti dello spazio aereo": l'insieme degli aeromobili che operano quale traffico aereo generale;9) "gestione del flusso di traffico aereo": una funzione istituita con l'obiettivo di contribuire al flusso sicuro, ordinato e veloce del traffico aereo garantendo la massima utilizzazione possibile della capacità di controllo del traffico aereo e la compatibilità del volume di traffico con le capacità dichiarate dai pertinenti fornitori di servizi di traffico aereo;10) "gestione del traffico aereo": il complesso delle funzioni aeree e terrestri (servizi di traffico aereo, gestione dello spazio aereo e gestione del flusso di traffico aereo) richieste per garantire il movimento sicuro ed efficace degli aeromobili durante tutte le fasi delle operazioni;11) "servizi di traffico aereo": i vari servizi di informazione di volo, i servizi di allarme, i servizi consultivi sul traffico aereo e i servizi di controllo del traffico aereo (compresi servizi di controllo di area, dell'avvicinamento e dell'aerodromo);12) "servizio di controllo di area": il servizio di controllo del traffico aereo per voli controllati in un blocco di spazio aereo;13) "servizio di controllo di avvicinamento": il servizio di controllo del traffico aereo per i voli controllati in arrivo o in partenza;14) "pacchetto di servizi": due o più servizi di navigazione aerea;15) "certificato": un documento rilasciato da uno Stato membro nella forma prevista dalla legislazione nazionale che certifica l'idoneità di un fornitore di servizi di navigazione aerea a fornire un servizio specifico;16) "servizi di comunicazione": i servizi aeronautici fissi e mobili che consentono comunicazioni terra/terra, aria/terra e aria/aria a fini di controllo del traffico aereo;17) "rete europea di gestione del traffico aereo": la serie di sistemi elencati nell'allegato I del regolamento (CE) n. 552/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull'interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo (il "regolamento sull'interoperabilità")(9) che permettono la fornitura di servizi di navigazione aerea nella Comunità, incluse le interfacce ai confini con paesi terzi;18) "concetto di funzionamento": i criteri per l'uso operativo della rete europea di gestione del traffico aereo o di parte di essa;19) "costituenti": gli oggetti tangibili come hardware e gli oggetti intangibili come software dai quali dipende l'interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo;20) "Eurocontrol": l'Organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea, istituita dalla convenzione internazionale di cooperazione per la sicurezza della navigazione aerea, del 13 dicembre 1960(10);21) "principi di Eurocontrol per la determinazione della base di calcolo dei canoni di rotta e il calcolo dei coefficienti unitari": i principi specificati nel documento n. 99.60.01/01 del 1o agosto 1999, pubblicato da Eurocontrol;22) "uso flessibile dello spazio aereo": un concetto di gestione dello spazio aereo applicato nella zona della conferenza europea dell'aviazione civile, come specificato nella prima edizione del 5 febbraio 1996 del manuale pubblicato da Eurocontrol "Airspace Management Handbook for the application of the Concept of the Flexible Use of Airspace";23) "regione di informazione di volo": uno spazio aereo di dimensioni definite nel quale sono forniti servizi di informazione di volo e servizi di allarme;24) "livello di volo": una superficie di pressione atmosferica costante legata alla pressione specifica di riferimento di 1013,2 ettopascal e separata da altre superfici di questo tipo da intervalli di pressione specifici;25) "blocco funzionale di spazio aereo": un blocco di spazio aereo basato su requisiti operativi, che rispecchia la necessità di assicurare una gestione più integrata dello spazio aereo, a prescindere dai confini esistenti;26) "traffico aereo generale": l'insieme dei movimenti di aeromobili civili, nonché l'insieme dei movimenti di aeromobili statali (compresi gli aeromobili della difesa, dei servizi doganali e della polizia) quando questi movimenti sono svolti secondo le procedure dell'ICAO;27) "ICAO": l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale, istituita dalla Convenzione internazionale per l'aviazione civile di Chicago del 1944;28) "interoperabilità": una serie di proprietà funzionali, tecniche ed operative richieste ai sistemi e ai costituenti della rete europea di gestione del traffico aereo e alle sue procedure operative, in modo da consentirne il funzionamento sicuro, ininterrotto ed efficiente. L'interoperabilità si realizza rendendo i sistemi ed i costituenti conformi ai requisiti essenziali;29) "servizi meteorologici": le apparecchiature e i servizi che forniscono agli aeromobili le previsioni meteorologiche, note e osservazioni nonché tutti gli altri informazioni ed i dati forniti dagli Stati per uso aeronautico;30) "servizi di navigazione": gli impianti e i servizi che forniscono agli aeromobili informazioni di posizionamento e datazione;31) "dati operativi": informazioni riguardo a tutte le fasi di volo necessarie affinché i fornitori di servizi di navigazione aerea, gli utenti dello spazio aereo, gli operatori aeroportuali e gli altri soggetti interessati possano prendere decisioni operative;32) "procedura", quale utilizzata nel contesto del regolamento sull'interoperabilità: un metodo standard per l'uso tecnico o operativo di sistemi, nel contesto dei concetti di funzionamento convenuti e convalidati che necessitano di una attuazione uniforme in tutta la rete europea di gestione del traffico aereo;33) "messa in servizio": la prima utilizzazione dopo l'installazione iniziale o il potenziamento di un sistema;34) "rete di rotte": una rete di rotte specificate per incanalare il flusso di traffico aereo generale come necessario per la fornitura di servizi di controllo del traffico aereo;35) "percorso di volo": l'itinerario scelto che deve essere seguito da un aeromobile durante il volo;36) "funzionamento omogeneo": il funzionamento della rete europea di gestione del traffico aereo in maniera che nella prospettiva dell'utente funziona come se fosse un'entità unica;37) "settore": parte di una zona di controllo e/o regione/regione superiore d'informazione di volo;38) "servizi di sorveglianza": gli impianti e i servizi utilizzati per determinare le rispettive posizioni degli aeromobili per consentirne la sicura separazione;39) "sistema": i costituenti terrestri e aerei nonché l'attrezzaturaspaziale, che fornisce un supporto ai servizi di navigazione aerea in tutte le fasi di volo;40) "potenziamento": qualsiasi modifica che muta le caratteristiche operative di un sistema.Articolo 3Settori di intervento della Comunità1. Il presente regolamento stabilisce un quadro regolamentare armonizzato per l'istituzione del cielo unico europeo insieme:a) al regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo all'organizzazione e all'uso dello spazio aereo e del cielo unico europeo ("regolamento sullo spazio aereo")(11);b) al regolamento (CE) n. 550/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo alla fornitura di servizi di navigazione aerea nel cielo unico europeo ("regolamento sulla fornitura di servizi")(12); ec) al regolamento (CE) n. 552/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo all'interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo ("regolamento sull'interoperabilità")(13),e alle norme di attuazione adottate dalla Commissione sulla base del presente regolamento e dei regolamenti di cui sopra.2. Le misure di cui al paragrafo 1 si applicano fatte salve le disposizioni del presente regolamento.Articolo 4Autorità nazionali di vigilanza1. Gli Stati membri designano o istituiscono in qualità di autorità nazionale di vigilanza un ente o enti che assumano le funzioni assegnate a detta autorità dal presente regolamento e dalle misure di cui all'articolo 3.2. Le autorità nazionali di vigilanza sono indipendenti dai fornitori di servizi di navigazione aerea. Tale indipendenza è garantita attraverso l'adeguata separazione, quanto meno a livello funzionale, delle autorità nazionali di vigilanza dai fornitori di servizi. Gli Stati membri garantiscono che le autorità nazionali di vigilanza esercitino i loro poteri con imparzialità e trasparenza.3. Gli Stati membri notificano alla Commissione i nomi e gli indirizzi delle autorità nazionali di vigilanza, nonché gli eventuali cambiamenti, e la informano delle misure adottate per garantire l'osservanza del paragrafo 2.Articolo 5Procedura del Comitato1. La Commissione è assistita dal comitato per il cielo unico, in seguito denominato "comitato", composto da due rappresentanti per ciascuno Stato membro e presieduto da un rappresentante della Commissione. Il comitato assicura un esame adeguato degli interessi di tutte le categorie di utenti.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a un mese.4. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 6Organo consultivo di settoreSenza pregiudizio del ruolo del comitato e di Eurocontrol, la Commissione istituisce un "organo consultivo di settore", cui partecipano i fornitori di servizi di navigazione aerea, le associazioni di utenti dello spazio aereo, gli aeroporti, l'industria manifatturiera e gli enti rappresentativi del personale. Il ruolo di detto organo è unicamente quello di fornire consulenza alla Commissione sugli aspetti tecnici dell'istituzione del cielo unico europeo.Articolo 7Relazioni con i paesi terzi europeiLa Comunità si prefigge e sostiene l'obiettivo di estendere il cielo unico europeo ai paesi che non sono membri dell'Unione europea. A tal fine, nel quadro degli accordi conclusi con i paesi terzi vicini, o nel quadro di Eurocontrol, la Comunità si sforza di estendere l'ambito di applicazione del presente regolamento, e delle misure di cui all'articolo 3, ai suddetti paesi.Articolo 8Norme di attuazione1. Ai fini della messa a punto delle norme di attuazione ai sensi dell'articolo 3 che rientrano nella sfera di competenza di Eurocontrol, la Commissione conferisce mandati a quest'ultimo in cui precisa i compiti da svolgere e il relativo calendario. In tale contesto, essa si sforza di utilizzare al meglio le disposizioni di Eurocontrol relative alla partecipazione e alla consultazione di tutte le parti interessate qualora tali disposizioni siano conformi alla prassi della Commissione in materia di trasparenza e di procedure di consultazione e non contrastino con i suoi obblighi istituzionali. La Commissione agisce secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 2.2. Sulla base delle attività svolte a norma del paragrafo 1, le decisioni inerenti all'applicazione dei risultati di tali attività all'interno della Comunità e alle scadenze di attuazione sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 3. Tali decisioni sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.3. Fatte salve le disposizioni del paragrafo 2, se Eurocontrol non può accettare un mandato conferito a norma del paragrafo 1 o se, consultandosi con il comitato, la Commissione considera chea) le attività svolte sulla base del mandato conferito non segnano progressi soddisfacenti in funzione del calendario stabilito, ob) i risultati delle suddette attività sono inadeguati,la Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 3, può adottare altre misure per conseguire gli obiettivi del mandato in questione.4. Ai fini della messa a punto delle norme di attuazione ai sensi dell'articolo 3 che esulano dalla competenza di Eurocontrol, la Commissione agisce secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 3.Articolo 9SanzioniLe sanzioni che gli Stati membri istituiscono per le violazioni del presente regolamento e delle misure di cui all'articolo 3 da parte degli utenti dello spazio aereo e dei fornitori di servizi sono effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 10Consultazione delle parti interessateGli Stati membri, in conformità delle rispettive legislazioni nazionali, e la Commissione istituiscono meccanismi di consultazione per coinvolgere in modo appropriato le parti interessate nell'attuazione del cielo unico europeo.Le parti interessate possono comprendere:- fornitori di servizi di navigazione aerea,- utenti dello spazio aereo,- aeroporti,- industria manifatturiera, e- enti rappresentativi del personale.La consultazione delle parti interessate comprende, in particolare, lo sviluppo e l'introduzione di nuovi concetti e tecnologie nella rete europea di gestione del traffico aereo.Articolo 11Valutazione delle prestazioni1. La Commissione provvede all'esame e alla valutazione delle prestazioni della navigazione aerea, avvalendosi delle competenze specifiche di Eurocontrol.2. L'analisi delle informazioni raccolte ai fini del paragrafo 1 mira a:a) consentire il raffronto e il miglioramento della fornitura dei servizi di navigazione aerea;b) assistere i fornitori di servizi di navigazione aerea nella fornitura dei servizi necessari;c) migliorare le modalità di consultazione tra utenti dello spazio aereo, fornitori di servizi di navigazione aerea e aeroporti;d) consentire di individuare e promuovere le migliori pratiche, inclusa una maggiore sicurezza, efficacia e capacità.3. Fatto salvo il diritto di accesso del pubblico ai documenti della Commissione stabilito nel regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione(14), la Commissione adotta, secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 3, le misure per la diffusione alle parti interessate delle informazioni di cui al paragrafo 2.Articolo 12Monitoraggio, controllo e metodi di valutazione degli effetti1. Il monitoraggio, il controllo e i metodi di valutazione degli effetti si fondano sulla presentazione da parte degli Stati membri di relazioni annuali sull'attuazione delle azioni intraprese ai sensi del presente regolamento e delle misure di cui all'articolo 3.2. La Commissione riesamina periodicamente l'applicazione del presente regolamento e delle misure di cui all'articolo 3 e riferisce al Parlamento europeo ed al Consiglio per la prima volta entro il 20 aprile 2007 e successivamente ogni tre anni. A tal fine la Commissione può chiedere agli Stati membri informazioni supplementari oltre a quelle contenute nelle relazioni da essi presentate a norma del paragrafo 1.3. Ai fini della stesura delle relazioni di cui al paragrafo 2 la Commissione chiede il parere del comitato.4. Le relazioni contengono una valutazione dei risultati conseguiti mediante le azioni intraprese ai sensi del presente regolamento compresa un'informazione adeguata in merito agli sviluppi registrati nel settore per quanto concerne, in particolare, gli aspetti economici, sociali, occupazionali e tecnologici, nonché in merito alla qualità del servizio, tenendo conto degli obiettivi iniziali e in vista delle esigenze future.Articolo 13SalvaguardieIl presente regolamento non impedisce agli Stati membri di applicare misure di cui essi ravvisino la necessità per salvaguardare interessi essenziali di sicurezza e difesa. Tali misure sono in particolare quelle che si rivelano indispensabili:- ai fini della sorveglianza dello spazio aereo che è di loro responsabilità, conformemente agli accordi dell'ICAO sulla navigazione aerea regionale, compresa la capacità di scoprire, identificare e valutare tutti gli aeromobili che utilizzano tale spazio aereo, al fine di cercare di salvaguardare la sicurezza dei voli e di adottare disposizioni volte a garantire il rispetto delle esigenze in materia di sicurezza e di difesa,- in caso di gravi disordini interni che compromettano il mantenimento dell'ordine pubblico,- in caso di conflitto armato o di gravi tensioni internazionali che costituiscono una minaccia di conflitto armato,- per adempiere gli obblighi internazionali che incombono agli Stati membri in relazione al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale,- per condurre operazioni militari e di addestramento militare, comprese le possibilità necessarie per le esercitazioni.Articolo 14Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 10 marzo 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 103 E del 30.4.2002, pag. 1.(2) GU C 241 del 7.10.2002, pag. 24.(3) GU C 278 del 14.11.2002, pag. 13.(4) Parere del Parlamento europeo del 3 settembre 2002 (GU C 272 E del 13.11.2003, pag. 296), posizione comune del Consiglio del 18 marzo 2003 (GU C 129 E del 3.6.2003, pag. 1) e posizione del Parlamento europeo del 3 luglio 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 29 gennaio 2004 e decisione del Consiglio del 2 febbraio 2004.(5) Cfr. pagina 9 della presente Gazzetta ufficiale.(6) GU L 225 del 12.8.1998, pag. 27.(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(8) GU C 38 del 6.2.2001, pag. 3.(9) Cfr. pagina 33 della presente Gazzetta ufficiale.(10) Convenzione modificata dal protocollo del 12 febbraio 1981 e riveduta dal protocollo del 27 giugno 1997.(11) Cfr. pagina 20 della presente Gazzetta ufficiale.(12) Cfr. pagina 10 della presente Gazzetta ufficiale.(13) Cfr. pagina 26 della presente Gazzetta ufficiale.(14) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.Dichiarazione degli Stati membri sulle questioni militari connesse con il cielo unico europeoGli Stati membri,- constatando che la normativa volta a realizzare un cielo unico europeo si applica soltanto al traffico aereo generale e non disciplina operazioni e addestramenti militari,- affermando l'esigenza di attuare con coerenza il quadro normativo per il cielo unico europeo, tenendo conto pienamente dei bisogni connessi con la politica nazionale in materia di sicurezza e di difesa e con gli accordi internazionali,- persuasi che l'utilizzo sicuro ed efficiente dello spazio aereo può essere conseguito soltanto grazie alla stretta cooperazione degli utenti civili e militari dello spazio stesso, basandosi principalmente sul concetto di uso flessibile dello spazio aereo e su un efficace coordinamento civile-militare quale stabilito dall'ICAO,dichiarano che:1. coopereranno tra loro, prendendo in considerazione i requisiti militari nazionali, affinché il concetto di uso flessibile dello spazio aereo sia pienamente e uniformemente applicato in tutti gli Stati membri da tutti gli utenti dello spazio aereo;2. garantiranno che gli interessi degli utenti militari dello spazio aereo degli Stati membri, laddove pertinenti, siano rappresentati nell'intero ciclo di sviluppo, nel processo decisionale e nella realizzazione del cielo unico europeo, tra l'altro anche in sede di Comitato per il cielo unico europeo, istituito dall'articolo 5 del regolamento (CE) n. 549/2004 (regolamento quadro);3. garantiranno, ove opportuno, che il personale militare sia coinvolto nei lavori avviati dalle organizzazioni riconosciute di cui all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 550/2004 (regolamento sulla fornitura di servizi);4. terranno conto, relativamente a questioni di gestione del traffico aereo, dell'importanza fondamentale di Eurocontrol;5. rafforzeranno la cooperazione civile-militare e, se e nella misura in cui tutti gli Stati membri interessati lo riterranno necessario,- faciliteranno la cooperazione tra le rispettive forze armate in tutte le questioni connesse alla gestione del traffico aereo, in modo da poter rispondere alle pertinenti necessità nell'attuazione del quadro normativo per il cielo unico europeo,- tenendo conto dell'obiettivo di istituire un quadro normativo per il cielo unico europeo entro il 31 dicembre 2004, creeranno le disposizioni necessarie a sostenere tale cooperazione militare al fine di prendere equamente in considerazione i requisiti economici e quelli di sicurezza e di difesa.
Principi generali per la realizzazione del cielo unico europeo QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento fa parte di un pacchetto legislativo sulla gestione del traffico aereo che istituisce il cielo unico europeo per consentire l’uso ottimale dello spazio aereo europeo prendendo in considerazione le esigenze di tutti gli utenti dello spazio aereo stesso. Il regolamento si prefigge di:rafforzare l’attuale livello di sicurezza e l’efficienza globale del traffico aereo generale in Europa;ottimizzare la capacità; eminimizzare i ritardi. Il regolamento è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1070/2009 in vista del piano di estensione delle competenze dell’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea al fine di includere la sicurezza della gestione del traffico aereo. Tale modifica consente alla Commissione europea di aggiornare la legislazione in linea con gli sviluppi tecnici o operativi, nonché di stabilire i criteri e le procedure di base per l’utilizzo di determinate funzioni di gestione della rete. PUNTI CHIAVE Autorità nazionali di vigilanzaI paesi dell’Unione, congiuntamente o individualmente, designano o istituiscono come autorità nazionale di vigilanza un ente o più enti che assumano le funzioni assegnate secondo il regolamento. Tali autorità sono indipendenti dai fornitori di servizi di navigazione aerea.Comitato per il cielo unico europeoIl comitato per il cielo unico europeo viene istituito per assistere la Commissione nella gestione del cielo unico europeo e assicurare che siano tenuti in debito conto gli interessi di tutte le categorie di utenti dello spazio aereo. Esso è composto da due rappresentanti per ciascun paese dell’Unione ed è presieduto da un rappresentante della Commissione.Attuazione delle norme Eurocontrol partecipa all’elaborazione di misure di esecuzione che rientrano nel suo ambito di competenza, sulla base di mandati definiti dal comitato per il cielo unico. Valutazione delle prestazioni Il regolamento introduce un meccanismo di valutazione delle prestazioni dei servizi di navigazione aerea e delle funzioni di rete. Esso include:obiettivi prestazionali a livello europeo relativi ai settori chiave della sicurezza, dell’ambiente, della capacità e dell’efficacia sotto il profilo dei costi; piani nazionali o piani per blocchi funzionali di spazio aereo* a garanzia della conformità con gli obiettivi prestazionali comunitari; e riesame periodico, monitoraggio e analisi comparativa delle prestazioni dei servizi di navigazione aerea e delle funzioni di rete.Il regolamento di esecuzione (UE) 2019/317 stabilisce le regole per il funzionamento del sistema di prestazioni per i servizi di navigazione aerea e le funzioni di rete e quelle relative al sistema di tariffazione di cui al regolamento (CE) n. 550/2004 sui servizi di navigazione aerea (si veda la sintesi). Misure di salvaguardia Il regolamento non impedisce ai paesi dell’Unione di applicare misure di cui essi ravvisino la necessità per salvaguardare interessi essenziali di sicurezza e difesa. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? Il regolamento si applica dal 20 aprile 2004. CONTESTO Il primo pacchetto sul «cielo unico europeo» si compone di questo regolamento quadro e di tre regolamenti tecnici sulla fornitura di servizi di navigazione aerea [regolamento (CE) n. 550/2004], sull’organizzazione e l’uso dello spazio aereo [regolamento (CE) n. 551/2004] e sull’interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo [ora sotto il regolamento (UE) 2018/1139 o altri regolamenti delegati o regolamenti di esecuzione che hanno abrogato e sostituito il regolamento (CE) n. 552/2004]. Questi regolamenti sono intesi, in particolare, a migliorare e rafforzare la sicurezza e a riorganizzare lo spazio aereo in funzione del traffico e non delle frontiere nazionali. Per maggiori informazioni, si veda:Cielo unico europeo (Commissione europea) TERMINI CHIAVE Blocco funzionale di spazio aereo: un blocco di spazio aereo basato su requisiti operativi piuttosto che sui confini nazionali, in cui la navigazione aerea e i relativi servizi sono guidati dalle prestazioni e ottimizzati al fine di introdurre, in ciascun blocco funzionale di spazio aereo, una cooperazione rafforzata tra i fornitori di servizi di navigazione aerea o, se del caso, un fornitore integrato. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, che stabilisce i principi generali per l’istituzione del cielo unico europeo (regolamento quadro) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) N. 549/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione di esecuzione (UE) 2019/903 della Commissione, del 29 maggio 2019, relativa alla definizione di obiettivi prestazionali a livello dell’Unione per la rete di gestione del traffico aereo per il terzo periodo di riferimento compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2024 (GU L 144 del 3.6.2019, pag. 49). Regolamento di esecuzione (UE) 2019/317 della Commissione, dell’11 febbraio 2019, che stabilisce un sistema di prestazioni e di tariffazione nel cielo unico europeo e abroga i regolamenti di esecuzione (UE) n. 390/2013 e (UE) n. 391/2013 (GU L 56 del 25.2.2019, pag. 1). Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1). Decisione di esecuzione (UE) 2017/259 della Commissione, del 13 febbraio 2017, relativa a taluni obiettivi prestazionali rivisti e a misure appropriate inclusi nei piani nazionali o nei piani per i blocchi funzionali di spazio aereo presentati a norma del regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio e non adeguati in relazione agli obiettivi prestazionali a livello dell’Unione per il secondo periodo di riferimento, che stabilisce l’obbligo di misure correttive (GU L 38 del 15.2.2017, pag. 76). Decisione di esecuzione (UE) 2015/348 della Commissione, del 2 marzo 2015, relativa alla coerenza di taluni obiettivi inclusi nei piani nazionali o piani per i blocchi funzionali di spazio aereo presentati a norma del regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio con gli obiettivi prestazionali a livello dell’Unione per il secondo periodo di riferimento (GU L 60 del 4.3.2015, pag. 55). Si veda la versione consolidata. Decisione di esecuzione 2014/132/UE della Commissione, dell’11 marzo 2014, che stabilisce gli obiettivi prestazionali a livello dell’Unione per la rete di gestione del traffico aereo e le soglie di allarme per il secondo periodo di riferimento 2015-2019 (GU L 71 del 12.3.2014, pag. 20). Regolamento di esecuzione (UE) n. 409/2013 della Commissione, del 3 maggio 2013, relativo alla definizione di progetti comuni, all’assetto di governance e all’indicazione di incentivi a sostegno dell’attuazione del piano generale di gestione del traffico aereo in Europa (GU L 123 del 4.5.2013, pag. 1). Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull’organizzazione e l’uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo (regolamento sullo spazio aereo) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 20). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 550/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sulla fornitura di servizi di navigazione aerea nel cielo unico europeo (regolamento sulla fornitura di servizi) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 10). Si veda la versione consolidata.
13,235
825
31993R1493
false
Regolamento (Euratom) n. 1493/93 del Consiglio, dell'8 giugno 1993, sulle spedizioni di sostanze radioattive tra gli Stati membri Gazzetta ufficiale n. L 148 del 19/06/1993 pag. 0001 - 0007 edizione speciale finlandese: capitolo 12 tomo 2 pag. 0160 edizione speciale svedese/ capitolo 12 tomo 2 pag. 0160 REGOLAMENTO (EURATOM) N. 1493/93 DEL CONSIGLIO dell'8 giugno 1993 sulle spedizioni di sostanze radioattive tra gli Stati membriIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare gli articoli 31 e 32, vista la proposta della Commissione (1), elaborata previo parere di un gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico tra gli esperti scientifici degli Stati membri, visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il 2 febbraio 1959 il Consiglio ha adottato direttive che fissano le norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (4), modificate in particolare dalla direttiva 80/836/Euratom (5); considerando che, a norma dell'articolo 3 della direttiva 80/836/Euratom, gli Stati membri sono tenuti a rendere obbligatoria la denuncia di attività che comportano un rischio derivante da radiazioni ionizzanti; che, nei casi determinati da ciascuno Stato membro, queste attività sono soggette ad autorizzazione preventiva alla luce del possibile pericolo e di altre considerazioni pertinenti; considerando che, di conseguenza, gli Stati membri hanno istituito, all'interno dei propri territori, sistemi destinati a soddisfare i requisiti dell'articolo 3 della direttiva 80/836/Euratom; che pertanto, attraverso controlli interni che gli Stati membri pongono in atto sulla base di norme nazionali compatibili con le attuali disposizioni comunitarie e con qualsiasi altra pertinente disposizione internazionale, gli stessi Stati membri continuano a garantire un livello equivalente di protezione all'interno del loro territorio; considerando che le spedizioni di residui radioattivi tra Stati membri e quelle verso la Comunità e fuori di essa sono soggette alle disposizioni specifiche fissate dalla direttiva 92/3/Euratom (6); che gli Stati membri devono applicare al più tardi il 1o gennaio 1994 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie a conformarsi alla direttiva 92/3/Euratom; che a ciascuno Stato membro spetta garantire, l'adeguata gestione dei propri residui radioattivi; considerando che l'abolizione dal 1o gennaio 1993 dei controlli alle frontiere nell'ambito della Comunità ha privato le autorità competenti delle informazioni precedentemente fornite da questi controlli sui trasporti di sostanze radioattive; che dette autorità competenti necessitano di un livello di informazione pari al precedente per continuare ad applicare i controlli ai fini della radioprotezione; che un sistema comunitario di dichiarazioni e scambi di informazioni renderebbe più agevole mantenere il controllo della radioprotezione; che un sistema di dichiarazioni preventive è necessario per le spedizioni di sorgenti sigillate e di residui radioattivi; considerando che le materie fissili speciali di cui all'articolo 197 del trattato CEEA sono soggette alle disposizioni del titolo secondo, capo VII, Controllo di sicurezza, del trattato; che per il trasporto di tali materie vigono gli obblighi risultanti, per gli Stati membri e la Commissione, dalla convenzione internazionale sulla protezione fisica delle materie nucleari (AIEA 1980); considerando che il presente regolamento lascia impregiudicati l'obbligo di fornire informazioni e i controlli prescritti per motivi diversi dalla radioprotezione, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento si applica alle spedizioni, tra Stati membri, di sorgenti sigillate e di altre sorgenti pertinenti allorché i quantitativi e le concentrazioni superano i livelli previsti dall'articolo 4, lettere a) e b) della direttiva 80/836/Euratom. Esso si applica anche alle spedizioni tra Stati membri di residui radioattivi di cui alla direttiva 92/3/Euratom. 2. In caso di materie nucleari ciascuno Stato membro effettua nel proprio territorio tutti i controlli necessari al fine di garantire che ogni destinatario di queste materie oggetto di trasferimento da un altro Stato membro soddisfi le disposizioni nazionali di attuazione dell'articolo 3 della direttiva 80/836/Euratom. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si intende per: - spedizione: le operazioni di trasporto di sostanze radioattive dal luogo di origine al luogo di destinazione, inclusi il caricamento e lo scaricamento; - detentore di sostanze radioattive: qualsiasi persona fisica o giuridica che, prima di effettuare la spedizione, abbia la responsabilità giuridica, in virtù della legislazione nazionale, di tali materiali e intenda effettuare una spedizione verso un destinatario; - destinatario di sostanze radioattive: la persona fisica o giuridica a cui le sostanze siano trasferite; - sorgente sigillata: ha lo stesso significato che nella direttiva 80/836/Euratom; - altre sorgenti pertinenti: le sostanze radioattive che non siano una sorgente sigillata destinate all'uso diretto o indiretto della radiazione ionizzante da esse emesso per applicazioni mediche, veterinarie, industriali, commerciali, di ricerca o agricole; - residuo radioattivo: ha lo stesso significato che nella direttiva 92/3/Euratom; - materie nucleari: le materie fissili speciali, le materie grezze e i minerali di cui all'articolo 197 del trattato CEEA; - autorità competenti: qualsiasi autorità responsabile nello Stato membro dell'applicazione e della gestione del presente regolamento o qualunque altra autorità designata dallo Stato membro; - attività: ha lo stesso significato che nella direttiva 80/836/Euratom. Articolo 3 I controlli delle spedizioni di sorgenti sigillate, di altre sorgenti pertinenti e di residui radioattivi, tra Stati membri, ai sensi della legislazione comunitaria o nazionale, dal punto di vista della radioprotezione, sono effettuati come parte delle procedure di controllo applicate in maniera non discriminatoria in tutto il territorio dello Stato membro. Articolo 4 1. Un detentore di sorgenti sigillate o di residui radioattivi che intenda spedirli o farli spedire, si fa rilasciare dal destinatario delle sostanze radioattive una dichiarazione preventiva scritta indicante che quest'ultimo si è conformato, nello Stato membro di destinazione, a tutte le disposizioni applicabili in esecuzione dell'articolo 3 della direttiva 80/836/Euratom e agli obblighi nazionali pertinenti riguardanti lo stoccaggio, l'uso e lo smaltimento sicuri di una determinata categoria di sorgenti o di residui. La dichiarazione è effettuata mediante i documenti uniformi i cui modelli figurano negli allegati I e II. 2. La dichiarazione di cui al paragrafo 1 è trasmessa dal destinatario alle autorità competenti dello Stato membro di destinazione della spedizione. Le autorità competenti attestano, con l'apposizione del proprio timbro sul documento, di aver preso conoscenza della dichiarazione e la dichiarazione è quindi trasmessa dal destinatario al detentore. Articolo 5 1. La dichiarazione di cui all'articolo 4 può riferirsi a più di una spedizione, purché: - le sorgenti sigillate o i residui radioattivi a cui essa si riferisce presentino essenzialmente le stesse caratteristiche fisiche e chimiche, - le sorgenti sigillate o i residui radioattivi a cui essa si riferisce non superino i livelli di attività specificati nella dichiarazione e - le spedizioni siano effettuate dallo stesso detentore allo stesso destinatario e dipendano dalle stesse autorità competenti. 2. La dichiarazione è valida per un periodo non superiore a tre anni a decorrere dalla data dell'apposizione del timbro da parte dell'autorità competente di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Articolo 6 Un detentore di sorgenti sigillate, altre sorgenti pertinenti e residui radioattivi, che abbia spedito o fatto spedire dette sorgenti o detti residui, deve fornire, entro ventuno giorni dalla fine di ciascun trimestre, alle autorità competenti dello Stato membro di destinazione i seguenti dati riguardanti le consegne effettuate durante il trimestre: - il nome e l'indirizzo dei destinatari; - l'attività totale per radionuclide consegnato a ciascun destinatario e il numero delle consegne effettuate; - la quantità singola più elevata di ciascun radionuclide consegnato a ciascun destinatario; - il tipo di sostanza: sorgente sigillata, altra sorgente pertinente o residui radioattivi. La prima di tali comunicazioni copre il periodo dal 1o luglio al 30 settembre 1993. Articolo 7 Le autorità competenti degli Stati membri collaborano per assicurare l'applicazione e l'osservanza del presente regolamento. Articolo 8 Gli Stati membri trasmettono alla Commissione non oltre il 1o luglio 1993 il nome e l'indirizzo della/e autorità competente/i di cui all'articolo 2, nonché tutte le informazioni necessarie per mettersi rapidamente in contatto con dette autorità. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione le eventuali modifiche di tali dati. La Commissione comunica l'informazione in questione nonché le relative modifiche a tutte le autorità competenti della Comunità e la pubblica, così come le relative modifiche, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 9 Il presente regolamento lascia impregiudicate le vigenti disposizioni nazionali e gli accordi internazionali esistenti riguardanti il trasporto, compreso il transito, di materiali radioattivi. Articolo 10 Il presente regolamento lascia impregiudicati gli obblighi e i diritti risultanti dalla direttiva 92/3/Euratom. Articolo 11 1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. 2. Il presente regolamento non è più applicabile ai residui radioattivi dal 1o gennaio 1994. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Lussemburgo, addì 8 giugno 1993. Per il Consiglio Il Presidente N. HELVEG PETERSEN (1) GU n. C 347 del 31. 12. 1992, pag. 17. (2) GU n. C 150 del 31. 5. 1993. (3) GU n. C 19 del 25. 1. 1993, pag. 13. (4) GU n. 11 del 20. 2. 1959, pag. 221/59. (5) GU n. L 246 del 17. 9. 1980, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 84/467/Euratom (GU n. L 265 del 5. 10. 1984, pag. 4). (6) GU n. L 35 del 12. 2. 1992, pag. 24. ALLEGATO I SPEDIZIONE DI SORGENTI SIGILLATE TRA GLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ EUROPEA Documento uniforme da utilizzare ai sensi del regolamento (Euratom) n. 1493/93 del Consiglio Avvertenza - Il destinatario di sorgenti sigillate deve compilare le caselle da 1 a 5 e trasmettere il presente modulo alla pertinente autorità competente del suo paese. - L'autorità competente dello Stato membro del destinatario deve compilare la casella 6 e restituire quindi il modulo al destinatario. - Il destinatario deve quindi trasmettere il modulo al detentore nel paese di spedizione, prima dell'inoltro delle sorgenti sigillate. - Compilare tutte le parti del modulo e, se del caso, contrassegnare le caselle. 1. LA PRESENTE DICHIARAZIONE RIGUARDA: UNA SPEDIZIONE (Il modulo è valido fino al termine della spedizione se non altrimenti dichiarato nella casella 6) data presunta di spedizione (se nota): VARIE SPEDIZIONI (Il modulo ha validità triennale se non altrimenti dichiarato nella casella 6) 2. DESTINAZIONE DELLA/E SORGENTE/I Nome del destinatario: Persona da contattare: Indirizzo: Tel.: Fax: 3. DETENTORE DELLA/E SORGENTE/I NEL PAESE DI SPEDIZIONE Nome del detentore: Persona da contattare: Indirizzo: Tel.: Fax: 4. DESCRIZIONE DELLA/E SORGENTE/I OGGETTO DELLA/E SPEDIZIONE/I a) Radionuclide/i: b) Attività massima di ogni singola sorgente (MBq): c) Numero di sorgenti: d) Se tale (tali) sorgente/i sigillata/e è (sono) montata/e su macchinari/dispositivi/attrezzature all'atto della spedizione breve descrizione del macchinario/dispositivo/attrezzatura: e) Indicare (se noti e richiesti dalle autorità competenti): - norma tecnica nazionale o internazionale a cui la/e sorgente/i sigillata/e si conforma/no e numero di certificazione: - data di scadenza della certificazione: - nome del produttore e riferimento al catalogo: 5. DICHIARAZIONE DELLA PERSONA AUTORIZZATA O RESPONSABILE - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente che le informazioni contenute nel presente modulo sono corrette. - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente di essere in possesso di una licenza, un'autorizzazione o altro permesso per prendere in consegna la/e sorgente/i descritta/e nel presente modulo. - Numero della licenza, dell'autorizzazione o di altro permesso (se applicabile) e sua data di scadenza: - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente di ottemperare a tutti i pertinenti requisiti nazionali, quali quelli relativi allo stoccaggio sicuro, all'uso o allo smaltimento della/e sorgente/i descritta/e nel presente modulo. Nome: Firma: Data: 6. ATTESTAZIONE DI CONOSCENZA DELLA DICHIARAZIONE DA PARTE DELL'AUTORITÀ COMPETENTE DEL PAESE DEL DESTINATARIO Timbro: Denominazione dell'autorità: Indirizzo: Tel.: Fax: Data: La presente attestazione è valida fino (se pertinente) al Si rimanda alla casella 1 di pagina 1 per informazioni sul termine di validità del presente modulo ALLEGATO II SPEDIZIONE DI RESIDUI RADIOATTIVI TRA GLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ EUROPEA Documento uniforme da utilizzare ai sensi del regolamento (Euratom) n. 1493/93 del Consiglio Avvertenza - Il destinatario di residui radioattivi deve compilare le caselle da 1 a 6 e trasmettere il presente modulo alla pertinente autorità competente del suo paese. - L'autorità competente dello Stato membro del destinatario deve compilare la casella 7 e restituire il modulo, debitamente vidimato, al destinatario. - Il destinatario deve quindi trasmettere il modulo al detentore nel paese di spedizione, prima dell'inoltro dei residui radioattivi. - Compilare tutte le parti del modulo e, se del caso, contrassegnare le caselle. - Il presente documento cesserà di essere applicabile a decorrere dal 1o gennaio 1994. 1. LA PRESENTE DICHIARAZIONE RIGUARDA: UNA SPEDIZIONE data presunta di spedizione (se nota): VARIE SPEDIZIONI 2. DESTINAZIONE DEI RESIDUI RADIOATTIVI Nome del destinatario: Persona da contattare: Indirizzo: Tel.: Fax: 3. DETENTORE DEI RESIDUI RADIOATTIVI NEL PAESE DI SPEDIZIONE Nome del detentore: Persona da contattare: Indirizzo: Tel.: Fax: 4. NATURA DEI RESIDUI RADIOATTIVI a) Descrizione dei residui: b) Origine dei residui: (ad esempio, medicina, ricerca: produzione di energia, ecc.) c) Radionuclidi principali: d) Attività alfa massima della/e spedizione/i (Bq): e) Attività beta/gamma massima della/e spedizione/i (Bq): f) Quantità massima di residui oggetto della/e spedizione/i, volume o massa (m3 o kg): g) Numero delle spedizioni: 5. SCOPO DELLA SPEDIZIONE (Condizionamento, stoccaggio, smaltimento dei residui, ecc.) 6. DICHIARAZIONE DELLA PERSONA AUTORIZZATA O RESPONSABILE - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente che le informazioni contenute nel presente modulo sono corrette. - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente di essere in possesso di una licenza, un'autorizzazione o altro permesso per prendere in consegna i residui radioattivi descritti nel presente modulo. - Numero della licenza, dell'autorizzazione o di altro permesso (se applicabile) e sua data di scadenza: - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente di ottemperare a tutti i pertinenti requisiti nazionali in materia di stoccaggio sicuro o smaltimento dei residui descritti nel presente modulo. Nome: Firma: Data: 7. ATTESTAZIONE DI CONOSCENZA DELLA DICHIARAZIONE DA PARTE DELL'AUTORITÀ COMPETENTE DEL PAESE DEL DESTINATARIO Timbro: Denominazione dell'autorità: Indirizzo: Tel.: Fax: Data: La presente attestazione è valida fino (se pertinente) al Si rimanda all'avvertenza di pagina 1 per informazioni sul termine di validità del presente modulo ALLEGATO I SPEDIZIONE DI SORGENTI SIGILLATE TRA GLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ EUROPEA Documento uniforme da utilizzare ai sensi del regolamento (Euratom) n. 1493/93 del Consiglio Avvertenza - Il destinatario di sorgenti sigillate deve compilare le caselle da 1 a 5 e trasmettere il presente modulo alla pertinente autorità competente del suo paese. - L'autorità competente dello Stato membro del destinatario deve compilare la casella 6 e restituire quindi il modulo al destinatario. - Il destinatario deve quindi trasmettere il modulo al detentore nel paese di spedizione, prima dell'inoltro delle sorgenti sigillate. - Compilare tutte le parti del modulo e, se del caso, contrassegnare le caselle. 1. LA PRESENTE DICHIARAZIONE RIGUARDA: UNA SPEDIZIONE (Il modulo è valido fino al termine della spedizione se non altrimenti dichiarato nella casella 6) data presunta di spedizione (se nota): VARIE SPEDIZIONI (Il modulo ha validità triennale se non altrimenti dichiarato nella casella 6) 2. DESTINAZIONE DELLA/E SORGENTE/I Nome del destinatario: Persona da contattare: Indirizzo: Tel.: Fax: 3. DETENTORE DELLA/E SORGENTE/I NEL PAESE DI SPEDIZIONE Nome del detentore: Persona da contattare: Indirizzo: Tel.: Fax: 4. DESCRIZIONE DELLA/E SORGENTE/I OGGETTO DELLA/E SPEDIZIONE/I a) Radionuclide/i: b) Attività massima di ogni singola sorgente (MBq): c) Numero di sorgenti: d) Se tale (tali) sorgente/i sigillata/e è (sono) montata/e su macchinari/dispositivi/attrezzature all'atto della spedizione breve descrizione del macchinario/dispositivo/attrezzatura: e) Indicare (se noti e richiesti dalle autorità competenti): - norma tecnica nazionale o internazionale a cui la/e sorgente/i sigillata/e si conforma/no e numero di certificazione: - data di scadenza della certificazione: - nome del produttore e riferimento al catalogo: 5. DICHIARAZIONE DELLA PERSONA AUTORIZZATA O RESPONSABILE - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente che le informazioni contenute nel presente modulo sono corrette. - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente di essere in possesso di una licenza, un'autorizzazione o altro permesso per prendere in consegna la/e sorgente/i descritta/e nel presente modulo. - Numero della licenza, dell'autorizzazione o di altro permesso (se applicabile) e sua data di scadenza: - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente di ottemperare a tutti i pertinenti requisiti nazionali, quali quelli relativi allo stoccaggio sicuro, all'uso o allo smaltimento della/e sorgente/i descritta/e nel presente modulo. Nome: Firma: Data: 6. ATTESTAZIONE DI CONOSCENZA DELLA DICHIARAZIONE DA PARTE DELL'AUTORITÀ COMPETENTE DEL PAESE DEL DESTINATARIO Timbro: Denominazione dell'autorità: Indirizzo: Tel.: Fax: Data: La presente attestazione è valida fino (se pertinente) al Si rimanda alla casella 1 di pagina 1 per informazioni sul termine di validità del presente modulo ALLEGATO II SPEDIZIONE DI RESIDUI RADIOATTIVI TRA GLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ EUROPEA Documento uniforme da utilizzare ai sensi del regolamento (Euratom) n. 1493/93 del Consiglio Avvertenza - Il destinatario di residui radioattivi deve compilare le caselle da 1 a 6 e trasmettere il presente modulo alla pertinente autorità competente del suo paese. - L'autorità competente dello Stato membro del destinatario deve compilare la casella 7 e restituire il modulo, debitamente vidimato, al destinatario. - Il destinatario deve quindi trasmettere il modulo al detentore nel paese di spedizione, prima dell'inoltro dei residui radioattivi. - Compilare tutte le parti del modulo e, se del caso, contrassegnare le caselle. - Il presente documento cesserà di essere applicabile a decorrere dal 1o gennaio 1994. 1. LA PRESENTE DICHIARAZIONE RIGUARDA: UNA SPEDIZIONE data presunta di spedizione (se nota): VARIE SPEDIZIONI 2. DESTINAZIONE DEI RESIDUI RADIOATTIVI Nome del destinatario: Persona da contattare: Indirizzo: Tel.: Fax: 3. DETENTORE DEI RESIDUI RADIOATTIVI NEL PAESE DI SPEDIZIONE Nome del detentore: Persona da contattare: Indirizzo: Tel.: Fax: 4. NATURA DEI RESIDUI RADIOATTIVI a) Descrizione dei residui: b) Origine dei residui: (ad esempio, medicina, ricerca: produzione di energia, ecc.) c) Radionuclidi principali: d) Attività alfa massima della/e spedizione/i (Bq): e) Attività beta/gamma massima della/e spedizione/i (Bq): f) Quantità massima di residui oggetto della/e spedizione/i, volume o massa (m3 o kg): g) Numero delle spedizioni: 5. SCOPO DELLA SPEDIZIONE (Condizionamento, stoccaggio, smaltimento dei residui, ecc.) 6. DICHIARAZIONE DELLA PERSONA AUTORIZZATA O RESPONSABILE - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente che le informazioni contenute nel presente modulo sono corrette. - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente di essere in possesso di una licenza, un'autorizzazione o altro permesso per prendere in consegna i residui radioattivi descritti nel presente modulo. - Numero della licenza, dell'autorizzazione o di altro permesso (se applicabile) e sua data di scadenza: - Il sottoscritto destinatario certifica con la presente di ottemperare a tutti i pertinenti requisiti nazionali in materia di stoccaggio sicuro o smaltimento dei residui descritti nel presente modulo. Nome: Firma: Data: 7. ATTESTAZIONE DI CONOSCENZA DELLA DICHIARAZIONE DA PARTE DELL'AUTORITÀ COMPETENTE DEL PAESE DEL DESTINATARIO Timbro: Denominazione dell'autorità: Indirizzo: Tel.: Fax: Data: La presente attestazione è valida fino (se pertinente) al Si rimanda all'avvertenza di pagina 1 per informazioni sul termine di validità del presente modulo
Spedizioni di sostanze radioattive SINTESI Dopo l’eliminazione dei controlli interni alle frontiere fra i paesi dell’Unione europea (UE) il 1o gennaio 1993, le autorità nazionali necessitavano di un livello di informazione sulle spedizioni di sostanze radioattive pari al precedente, per continuare ad applicare i controlli ai fini della radioprotezione. CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Introduce un sistema comunitario per la dichiarazione delle spedizioni di sostanze radioattive fra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE Obblighi del detentore Il detentore*, quando effettua spedizioni di materiale radioattivo, deve fornire una dichiarazione preventiva al destinatario*. Tale dichiarazione dovrebbe certificare l’adempimento della normativa dell’UE sulla denuncia obbligatoria di attività relative a sostanze radioattive naturali e artificiali da parte del destinatario. Tale dichiarazione deve essere fornita all’autorità nazionale competente del paese dell’UE di destinazione. I detentori devono inoltre rispettare i regolamenti nazionali per lo stoccaggio, l’uso e lo smaltimento in sicurezza delle sostanze radioattive. La dichiarazione deve effettuare i seguenti passaggi: — il destinatario presenta la dichiarazione all’autorità; — l’autorità attesta l’avvenuta dichiarazione, confermandola con un timbro ufficiale, e la invia nuovamente al destinatario; — a questo punto il destinatario invia la dichiarazione a detentore. Una dichiarazione è valida fino a tre anni. Spedizioni multiple La dichiarazione rilasciata può riferirsi a spedizioni multiple se: — le sostanze radioattive hanno le stesse caratteristiche fisiche e chimiche; — le sorgenti sigillate* cui si riferisce non superano i livelli di attività presenti nella dichiarazione; — le spedizioni sono eseguite dallo stesso detentore allo stesso destinatario e riguardano le stesse autorità competenti. Informazioni I detentori devono fornire alle autorità, entro 21 giorni dalla spedizione: — i nomi e gli indirizzi dei destinatari; — la radioattività totale di ogni lotto consegnato; — il numero di consegne eseguite e le quantità consegnate a ogni destinatario; il tipo di sostanza (sorgente sigillata o altra sorgente rilevante). I paesi dell’UE devono comunicare tutte le attività che potrebbero comportare un rischio derivante da radiazioni ionizzanti. Residui radioattivi Le spedizioni di residui radioattivi fra paesi dell’UE e verso l’interno o l’esterno dell’UE sono soggette a misure specifiche stabilite dalla direttiva 2006/117/Euratom. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? A decorrere dal 9 luglio 1993. TERMINI CHIAVE * Detentore: qualsiasi persona o organizzazione incaricata di organizzare la spedizione di residui radioattivi o combustibile esaurito e che, prima di effettuare la spedizione, ne abbia la responsabilità giuridica. * Destinatario: la parte che riceve la spedizione. *Sorgente sigillata: una sorgente di radiazioni ionizzanti che consiste di sostanze radioattive stabilmente incorporate in materiali solidi e inattivi, o sigillata in un contenitore inattivo sufficientemente solido da evitare, in condizioni normali d’uso, qualsiasi dispersione di sostanze radioattive. ATTO Regolamento (Euratom) n. 1493/93 del Consiglio, dell’8 giugno 1993, sulle spedizioni di sostanze radioattive tra gli Stati membri RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (Euratom) n. 1493/93 9.7.1993 - GU L 148 del 19.6.1993, pag. 1-7 ATTI COLLEGATI Direttiva del Consiglio 2006/117/Euratom, del 20 novembre 2006, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito (GU L 337 del 5.12.2006, pag. 21-32) Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom (GU L 13 del 17.1.2014, pag. 1-73)
8,671
599
32006R1184
false
REGOLAMENTO (CE) N. 1184/2006 DEL CONSIGLIO del 24 luglio 2006 relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (Versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 36 e 37, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento n. 26 del Consiglio, del 4 aprile 1962, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (2), è stato modificato nel suo contenuto (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) Secondo l’articolo 36 del trattato, l’applicazione alla produzione ed al commercio di prodotti agricoli delle regole di concorrenza previste dal trattato costituisce uno degli elementi della politica agricola comune e che le disposizioni del presente regolamento dovranno pertanto essere completate tenendo conto dello sviluppo di tale politica. (3) Le regole di concorrenza relative agli accordi, decisioni e pratiche di cui all’articolo 81 del trattato, nonché allo sfruttamento abusivo delle posizioni dominanti, debbono essere applicate alla produzione ed al commercio dei prodotti agricoli, nei limiti in cui la loro applicazione non ostacoli il funzionamento delle organizzazioni nazionali dei mercati agricoli e non pregiudichi il raggiungimento degli obiettivi della politica agricola comune. (4) È opportuno riservare una particolare attenzione alla situazione delle associazioni di imprenditori agricoli nella misura in cui esse abbiano segnatamente per oggetto la produzione o il commercio in comune dei prodotti agricoli o l’utilizzazione d’impianti comuni, salvo che detta azione comune escluda la concorrenza o pregiudichi il raggiungimento degli obiettivi dell’articolo 33 del trattato. (5) Sia al fine di non compromettere lo sviluppo della politica agricola comune, che per assicurare la certezza giuridica ed un trattamento non discriminatorio alle imprese interessate, la Commissione, fatto salvo il controllo della Corte di giustizia, è sola competente per accertare se siano adempiute le condizioni di cui ai due precedenti considerando, relativamente agli accordi, decisioni e pratiche di cui all’articolo 81 del trattato. (6) Per l’attuazione, nell’ambito dello sviluppo della politica agricola comune, delle regole relative agli aiuti alla produzione o al commercio dei prodotti agricoli, la Commissione deve essere messa in condizione di redigere un inventario degli aiuti esistenti, nuovi o progettati, di presentare agli Stati membri le osservazioni utili e di proporre loro misure adeguate, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Gli articoli da 81 a 86 del trattato, nonché le disposizioni adottate per la loro esecuzione, si applicano a tutti gli accordi, decisioni e pratiche, di cui all’articolo 81, paragrafo 1, e all’articolo 82 del trattato, riguardanti la produzione o il commercio dei prodotti elencati all’allegato I del trattato, fatte salve le disposizioni del seguente articolo 2 del presente regolamento. Articolo 2 1. L’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi, decisioni e pratiche di cui all’articolo 1 del presente regolamento che costituiscono parte integrante di un’organizzazione nazionale di mercato o che sono necessari per il conseguimento degli obiettivi enunciati nell’articolo 33 del trattato. Non si applica in particolare agli accordi, decisioni e pratiche di imprenditori agricoli, di associazioni di imprenditori agricoli o di associazioni di dette associazioni appartenenti ad un unico Stato membro, nella misura in cui, senza che ne derivi l’obbligo di praticare un prezzo determinato, riguardino la produzione o la vendita di prodotti agricoli o l’utilizzazione di impianti comuni per il deposito, la manipolazione o la trasformazione di prodotti agricoli, a meno che la Commissione non accerti che in tal modo la concorrenza sia esclusa o che siano compromessi gli obiettivi dell’articolo 33 del trattato. 2. Previa consultazione degli Stati membri e udite le imprese o associazioni d’imprese interessate o ogni altra persona fisica o giuridica che essa reputi necessario interpellare, la Commissione, fatto salvo il controllo della Corte di giustizia, è sola competente per accertare, mediante decisione da pubblicarsi, per quali accordi, decisioni e pratiche ricorrano le condizioni previste al paragrafo 1. La Commissione procede a tale accertamento d’ufficio o su richiesta di un’autorità competente di uno Stato membro oppure di un impresa o associazione di imprese interessate. 3. La pubblicazione indica le parti interessate e il contenuto essenziale della decisione. Essa deve tener conto dell’interesse delle imprese a che non vengano divulgati i segreti relativi ai loro affari. Articolo 3 Le disposizioni del paragrafo 1 e del paragrafo 3, prima frase, dell’articolo 88 del trattato si applicano agli aiuti concessi alla produzione o al commercio dei prodotti elencati nell’allegato I del trattato. Articolo 4 Il regolamento n. 26 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Articolo 5 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 24 luglio 2006. Per il Consiglio Il presidente M. PEKKARINEN (1) Parere del Parlamento europeo del 27 aprile 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU 30 del 20.4.1962, pag. 993/62. Regolamento modificato dal regolamento n. 49 (GU 53 dell’1.7.1962, pag. 1571/62). (3) Cfr. allegato I. ALLEGATO I Regolamento abrogato e sua modificazione Regolamento n. 26 del Consiglio (GU 30 del 20.4.1962, pag. 993/62) Regolamento n. 49 del Consiglio (GU 53 dell’1.7.1962, pag. 1571/62) soltanto l’articolo 1, paragrafo 1, lettera g) ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 26 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 2 Articolo 2, paragrafo 2, primo comma Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 4 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 3 — Articolo 4 Articolo 3 — Articolo 4 Articolo 5 Articolo 5 — Allegato I — Allegato II
Applicazione di alcune regole di concorrenza dell’UE ai prodotti agricoli QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme relative all’applicabilità degli articoli da 101 a 106 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (precedentemente articoli da 81 a 86 del trattato che istituisce la Comunità europea), ossia le norme dell’UE sulla concorrenza, al settore agricolo. PUNTI CHIAVE Il regolamento afferma che gli articoli 101, paragrafo 1, e 102 del TFUE si applicano al settore della produzione e del commercio dei prodotti agricoli, tranne per quanto riguarda i prodotti che rientrano nell’ambito del regolamento (UE) n. 1308/2013 sull’organizzazione comune dei mercati agricoli e del regolamento (UE) n. 1379/2013 sull’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura. Ammette due eccezioni alle norme generali, che comprendono:accordi, decisioni e pratiche che sono parte integrante dell’organizzazione di un mercato nazionale o sono necessari per conseguire le finalità della politica agricola comune (PAC) come stabilite dall’articolo 39 del TFUE; determinati accordi, decisioni e pratiche di imprenditori agricoli, associazioni di imprenditori agricoli o associazioni di dette associazioni appartenenti a un unico paese dell’UEche riguardino la produzione o la vendita di prodotti agricoli, oppurel’utilizzazione di impianti comuni per il deposito, la manipolazione o la trasformazione di prodotti agricoli esenza che ne derivi l’obbligo di praticare un prezzo determinatopurché tali accordi non escludano la concorrenza o compromettano le finalità della PAC. La Commissione europea è sola competente, fatto salvo il controllo della Corte di giustizia dell’UE, per accertare, mediante decisione da pubblicarsi, per quali accordi, decisioni e pratiche ricorrano tali condizioni. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 24 agosto 2006. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Concorrenza: agricoltura e prodotti alimentari (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1184/2006 del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (Versione codificata) (GU L 214 del 4.8.2006, pagg. 7-9) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1184/2006 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 101 (ex articolo 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 88-89) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 102 (ex articolo 82 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 89) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 103 (ex articolo 83 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 89-90) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 104 (ex articolo 84 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 90) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 105 (ex articolo 85 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 90) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 106 (ex articolo 86 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 90-91) Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pagg. 671-854) Cfr. versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, recante modifica ai regolamenti (CE) n. 1184/2006 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga il regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pagg. 1-21) Cfr. versione consolidata.
4,212
454
32014D0573
false
DECISIONE N. 573/2014/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l'impiego (SPI) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 149, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Nelle conclusioni del 17 giugno 2010, il Consiglio europeo ha adottato la strategia Europa 2020 per l'occupazione e per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva («Europa 2020»). Il Consiglio europeo ha sollecitato la mobilitazione di tutti gli strumenti e le politiche dell'Unione a sostegno del raggiungimento degli obiettivi comuni e ha invitato gli Stati membri a intensificare l'azione coordinata. I servizi pubblici per l'impiego (SPI) svolgono un ruolo cruciale nel contribuire a raggiungere l'obiettivo principale del tasso di occupazione di Europa 2020 del 75 % tra donne e uomini di età compresa tra i 20 ed i 64 anni entro il 2020, in particolare riducendo la disoccupazione giovanile. (2) L'articolo 45 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea («trattato») stabilisce la libera circolazione dei lavoratori nell'ambito dell'Unione, mentre l'articolo 46 stabilisce le relative misure di attuazione, prevedendo in particolare una stretta cooperazione tra i servizi per il pubblico impiego. Oltre a prendere in esame diversi aspetti generali relativi alla mobilità geografica, una rete di SPI istituita in forza della presente decisione («rete») dovrebbe coprire un'ampia gamma di obiettivi ed iniziative mediante misure di incentivazione intese a promuovere la cooperazione tra gli Stati membri nel campo dell'occupazione. (3) La presente decisione dovrebbe incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri nei settori di responsabilità degli SPI. Essa formalizza e rafforza la cooperazione informale fra gli SPI tramite l'attuale rete europea dei capi degli SPI cui tutti gli Stati membri hanno accettato di partecipare. Il pieno potenziale della rete risiede nella partecipazione continuativa di tutti gli Stati membri. Tale partecipazione dovrebbe essere notificata al segretariato della rete. (4) In conformità dell'articolo 148, paragrafo 4, del trattato, il Consiglio, con decisione 2010/707/UE (3), ha adottato alcuni orientamenti in materia di politiche dell'occupazione degli Stati membri, che sono stati mantenuti per gli anni dal 2011 al 2013. Tali orientamenti integrati forniscono agli Stati membri indicazioni per definire i rispettivi programmi di riforma nazionali ed attuare le riforme in oggetto. Gli orientamenti integrati costituiscono la base per le raccomandazioni specifiche per paese che il Consiglio rivolge agli Stati membri a norma del suddetto articolo. Negli ultimi anni tali raccomandazioni hanno incluso raccomandazioni specifiche sul funzionamento e la capacità degli SPI e sull'efficacia di politiche attive del mercato del lavoro negli Stati membri. (5) Le raccomandazioni specifiche per paese risulterebbero più efficaci se supportate da una base fattuale più solida e da reazioni all'esito dell'attuazione delle politiche e della cooperazione tra gli SPI degli Stati membri. A tal fine la rete dovrà prendere iniziative concrete quali, ad esempio, costituire sistemi comuni di valutazione comparativa basati su elementi concreti, avviare corrispondenti attività di apprendimento reciproco, assicurare l'assistenza reciproca tra i membri della rete ed attuare interventi strategici per la modernizzazione degli SPI. Le conoscenze specifiche della rete e dei suoi singoli membri dovrebbero altresì essere impiegate per fornire elementi concreti a sostegno dello sviluppo di politiche in materia di occupazione, su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione o del comitato per l'occupazione (EMCO). (6) Una cooperazione tra gli SPI più stretta e mirata dovrebbe portare al miglioramento della condivisione di migliori prassi. La rete dovrebbe collegare i risultati basati sulle attività di valutazione comparativa e di apprendimento reciproco in modo da consentire lo sviluppo di un processo di apprendimento comparativo sistematico, dinamico ed integrato. (7) La rete dovrebbe operare in stretta cooperazione con l'EMCO, ai sensi dell'articolo 150 del trattato, e contribuire ai lavori di quest'ultimo fornendo concreti elementi di prova e relazioni sulle politiche attuate dagli SPI. I contribuiti della rete al Parlamento europeo dovrebbero essere trasmessi tramite il segretariato e quelli al Consiglio dovrebbero essere trasmessi tramite l'EMCO, senza alcuna modifica e, se del caso, accompagnati da commenti. In particolare i decisori a livello unionale e nazionale potrebbero avvalersi delle conoscenze congiunte della rete sulla realizzazione di politiche in materia di occupazione e sulle analisi comparative degli SPI per valutare e definire le politiche in materia di occupazione. (8) La rete, nell'ambito dei settori di responsabilità degli SPI, dovrebbe contribuire all'attuazione di iniziative strategiche nel settore dell'occupazione, come disposto dalla raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013, sull'istituzione di una garanzia per i giovani (4). La rete dovrebbe inoltre sostenere iniziative intese a garantire una migliore corrispondenza delle competenze, condizioni di lavoro dignitose e sostenibili e una mobilità volontaria dei lavoratori e un'attività di orientamento rafforzate, nonché ad agevolare la transizione dall'istruzione e dalla formazione all'occupazione, anche sostenendo la fornitura di orientamenti e migliorando la trasparenza di competenze e qualifiche. Le attività della rete dovrebbero riguardare la valutazione e analisi di politiche attive del mercato del lavoro, comprese quelle mirate ai gruppi sociali vulnerabili e all'esclusione sociale. (9) La rete dovrebbe rafforzare la cooperazione tra i suoi membri, sviluppare iniziative congiunte per lo scambio di informazioni e migliori prassi in ogni settore di competenza degli SPI, l'analisi comparativa e l'attività di consulenza nonché la promozione di approcci innovativi nell'organizzazione di servizi per l'impiego. L'istituzione della rete renderà possibile un confronto integrato di tutti gli SPI fondato su elementi concreti e orientato alle prestazioni, in modo da individuare le migliori prassi nei settori dei servizi degli SPI. Tali risultati dovrebbero contribuire ad una migliore concezione e all'organizzazione dei servizi per l'impiego nell'ambito delle rispettive responsabilità. Le iniziative dalla rete dovrebbero migliorare l'efficacia degli SPI e l'efficienza della spesa pubblica. La rete dovrebbe altresì cooperare con altri prestatori di servizi per l'impiego. (10) Nel proprio programma annuale la rete dovrebbe definire i dettagli tecnici della valutazione comparativa degli SPI e del relativo esercizio di apprendimento reciproco, in particolare la metodologia dell'apprendimento comparativo sulla base degli indicatori per la valutazione comparativa di cui all'allegato della presente decisione per valutare le prestazioni degli SPI, le variabili di contesto, i requisiti per la trasmissione dei dati, e gli strumenti di apprendimento del programma integrato di apprendimento reciproco. I settori per la valutazione comparativa dovrebbero essere definiti nella presente decisione. Gli Stati membri restano competenti a decidere se impegnarsi su base volontaria in esercizi supplementari di apprendimento comparativo in altri settori. (11) Dovrebbe pertanto essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato riguardo alla modifica dell'allegato sugli indicatori per la valutazione comparativa. È di particolare importanza che, durante i lavori preparatori, la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, e più specificamente esperti degli SPI. Nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio. (12) In ragione della varietà dei modelli, dei compiti e delle forme di erogazione dei servizi degli SPI, spetta agli Stati membri indicare un membro e un membro supplente per il consiglio direttivo della rete degli SPI («consiglio direttivo»), da reperire fra i dirigenti dei rispettivi SPI. Ove applicabile, in seno al consiglio direttivo, il membro o il membro supplente dovrebbe rappresentare gli altri SPI dello Stato membro di origine. Qualora, per ragioni costituzionali, non sia possibile per uno Stato membro indicare un solo SPI, si dovrebbero individuare gli SPI pertinenti mantenendo il loro numero al minimo e senza modificare la norma di tale Stato membro uguale ad un voto nel consiglio direttivo. I membri del consiglio direttivo dovrebbero fare ogni sforzo per garantire che le opinioni e le esperienze delle autorità locali e regionali siano integrate nelle attività della rete e che tali autorità siano tenute informate in merito a tali attività. I membri del consiglio direttivo dovrebbero avere il potere di assumere decisioni per conto dei rispettivi SPI. Al fine di garantire che tutti gli SPI siano coinvolti nella rete, le attività dovrebbero essere aperte alla partecipazione degli SPI ad ogni livello. (13) Al fine di rendere il lavoro comune degli SPI più conforme alla realtà del mercato del lavoro, la rete dovrebbe disporre dei dati più aggiornati relativi alla disoccupazione al livello NUTS 3. (14) La rete dovrebbe prendere le mosse dal lavoro già svolto dall'esistente gruppo consultivo informale della rete europea dei responsabili degli SPI, che la Commissione sostiene dal 1997, e sostituirlo. I pareri di tale gruppo consultivo sono stati presi in considerazione nella presente decisione e i settori chiave d'azione individuati da tale gruppo consultivo nel documento dal titolo «Strategia 2020 per gli SPI» dovrebbero contribuire alla modernizzazione e al rafforzamento degli SPI. (15) La rete dovrebbe fornire assistenza ai suoi membri e aiutarli affinché si sostengano fra loro nel modernizzare le strutture organizzative e nell'erogare i servizi di loro competenza, migliorando la cooperazione con specifico riferimento al trasferimento delle conoscenze, a visite di studio e scambi di personale. (16) La rete e le sue iniziative dovrebbero essere finanziate tramite la sezione occupazione/PROGRESS del programma dell'Unione europea per l'occupazione e l'innovazione sociale («EaSI») istitutito dal regolamento (UE) n. 1296/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), nei limiti degli stanziamenti stabiliti dal Parlamento europeo e dal Consiglio. (17) Per i progetti sviluppati dalla rete o formulati nell'ambito delle attività per l'apprendimento reciproco e successivamente attuati nei singoli SPI, gli Stati membri dovrebbero avere accesso ad un finanziamento da parte del Fondo sociale europeo (FSE), del Fondo di sviluppo regionale (FESR) e di «Orizzonte 2020», il programma quadro dell'Unione di ricerca e innovazione (2014—2020), istituito dal regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). (18) È opportuno che la rete garantisca di completare e non sostituire né duplicare le azioni intraprese nell'ambito della strategia europea per l'occupazione ai sensi del titolo IX del trattato, in particolare quelle dell'EMCO e dei suoi strumenti come il quadro di valutazione comune (JAF), nonché il programma di apprendimento reciproco. Inoltre, per creare sinergie la Commissione dovrebbe garantire che il segretariato della rete cooperi strettamente con quello dell'EMCO. (19) La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e ottempera ai principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta»). In particolare, la presente decisione è tesa a garantire il pieno rispetto del diritto di accedere a servizi di collocamento gratuito e a promuovere l'applicazione dell'articolo 29 della Carta. HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Istituzione della rete È istituita una rete dell'Unione di servizi pubblici per l'impiego (SPI) per il periodo dal 17 giugno 2014 fino al 31 dicembre 2020 («rete»). La rete condurrà le iniziative di cui all'articolo 4. La rete si compone: a) degli SPI designati dagli Stati membri; e b) della Commissione. L'EMCO ha lo status di osservatore. Gli Stati membri in cui siano presenti SPI subnazionali autonomi sono tenuti a garantire che questi siano adeguatamente rappresentati nelle specifiche iniziative della rete. Articolo 2 Definizione di apprendimento comparativo Ai fini della presente decisione e delle attività della rete, «apprendimento comparativo» significa il processo di creazione di un nesso sistematico e integrato tra le attività di valutazione comparativa e di apprendimento reciproco, vale a dire l'identificazione di buone prestazioni attraverso sistemi di valutazione comparativa basati su indicatori, compresi la raccolta dei dati, la convalida e il consolidamento dei dati e le valutazioni, con una metodologia appropriata, e l'utilizzo dei risultati per attività di apprendimento reciproco tangibili e basate su elementi concreti, compresi modelli di buone o migliori prassi. Articolo 3 Obiettivi Lo scopo della presente decisione è quello di incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri tramite la rete nel settore dell'occupazione, nell'ambito dei settori di responsabilità degli SPI, al fine di contribuire a Europa 2020 e all'attuazione delle pertinenti politiche dell'Unione, e sostenere in tal modo: a) i gruppi sociali più vulnerabili con alti tassi di disoccupazione, specialmente i lavoratori più anziani e i giovani disoccupati al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione («NEET»); b) il lavoro dignitoso e sostenibile; c) il migliore funzionamento dei mercati del lavoro nell'UE; d) l'individuazione delle carenze di competenze e la fornitura di informazioni in merito alla loro entità e ubicazione, nonché una migliore corrispondenza delle competenze delle persone in cerca di lavoro con le esigenze dei datori di lavoro; e) la migliore integrazione dei mercati del lavoro; f) maggiore mobilità geografica e professionale volontaria su una base equa per soddisfare esigenze specifiche del mercato del lavoro; g) l'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro nell'ambito della lotta contro l'esclusione sociale; h) la valutazione e l'analisi di iniziative attive per il mercato del lavoro e la loro attuazione efficace ed efficiente. Articolo 4 Iniziative della rete 1. Nell'ambito dei settori di responsabilità degli SPI, la rete conduce, in particolare, le seguenti iniziative: a) lo sviluppo e l'attuazione tra gli SPI a livello dell'Unione dell'apprendimento comparativo basato su elementi concreti per comparare, con una metodologia adeguata, le prestazioni delle loro attività nei seguenti settori: i) il contributo alla riduzione della disoccupazione per tutti i gruppi di età e per i gruppi vulnerabili; ii) il contributo alla riduzione della durata della disoccupazione e la riduzione dell'inattività per far fronte alla disoccupazione di lunga durata e strutturale nonché all'esclusione sociale; iii) la copertura dei posti vacanti (anche mediante la mobilità volontaria dei lavoratori); iv) la soddisfazione dei clienti per i servizi degli SPI. b) la fornitura di assistenza reciproca, sotto forma di attività inter pares o di gruppo, tramite la cooperazione, lo scambio di informazioni, di esperienze e di personale tra i membri della rete, incluso un sostegno all'attuazione delle raccomandazioni sugli SPI specifiche per paese formulate dal Consiglio su richiesta dello Stato membro o dello SPI interessato; c) contribuire a modernizzare e rafforzare gli SPI in settori di importanza cruciale, in linea con gli obiettivi occupazionali e sociali di Europa 2020; d) redigere relazioni su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione o di propria iniziativa; e) contribuire all'attuazione di iniziative pertinenti nel campo dell'occupazione; f) adottare ed attuare il proprio programma di lavoro annuale che stabilisce i suoi metodi di lavoro, i risultati concreti da ottenere e i dettagli relativi all'attuazione dell'apprendimento comparativo; g) promuovere e condividere le migliori prassi sull'identificazione dei NEET e sullo sviluppo di iniziative volte a garantire che tali giovani acquisiscano le competenze necessarie per entrare e rimanere sul mercato del lavoro. Riguardo all'iniziativa indicata al primo comma, lettera a), l'apprendimento comparativo utilizza gli indicatori definiti nell'allegato. La rete partecipa inoltre attivamente all'attuazione di queste iniziative mediante la condivisione di dati, conoscenze e prassi. Gli Stati membri restano competenti a decidere se impegnarsi su base volontaria in esercizi supplementari di apprendimento comparativo in settori distinti da quelli elencati alla lettera a), punti da i) a iv). 2. La rete stabilisce un meccanismo di rendicontazione rispetto alle iniziative di cui al paragrafo 1. In applicazione di tale meccanismo, i membri della rete presentano relazioni sulla loro attività con cadenza annuale al consiglio direttivo. Articolo 5 Cooperazione La rete avvia la cooperazione con le parti interessate del mercato del lavoro, inclusi altri prestatori di servizi per l'impiego, e, ove opportuno, parti sociali, organizzazioni che rappresentano i disoccupati o i gruppi vulnerabili, ONG che operano nel campo dell'occupazione, autorità regionali e locali, la rete europea per la politica di orientamento lungo tutto l'arco della vita e servizi privati per l'impiego, coinvolgendole nelle attività e negli incontri della rete e scambiando con loro informazioni e dati. Articolo 6 Funzionamento della rete 1. La rete è retta da un consiglio direttivo. Gli Stati membri designano nel consiglio direttivo un membro e un supplente provenienti dalla dirigenza dei loro rispettivi SPI. Anche la Commissione nomina un membro ed un supplente del consiglio direttivo. I supplenti del consiglio direttivo sostituiscono i suoi membri ogniqualvolta ciò si renda necessario. L'EMCO designa tra i suoi membri e in conformità del suo regolamento interno, un rappresentante con lo status di osservatore nel consiglio direttivo, tranne le riunioni ristrette del consiglio direttivo. Il consiglio direttivo può riunirsi in ambito ristretto con la partecipazione di un membro per Stato membro e un membro della Commissione, tranne per i punti dell'ordine del giorno riguardanti le questioni sul programma di lavoro annuale. Il regolamento interno del consiglio direttivo fornisce ulteriori dettagli sulla tenuta delle riunioni ristrette. 2. Il consiglio direttivo nomina tra i membri designati da uno Stato membro un presidente e due vice-presidenti. Il presidente rappresenta la rete. Un vice-presidente sostituisce il presidente ogniqualvolta ciò si renda necessario. 3. Il consiglio direttivo adotta all'unanimità il regolamento interno. Tale regolamento interno include, tra l'altro, disposizioni sulle modalità di decisione del consiglio direttivo e sulla nomina e durata dell'incarico del presidente e dei vice-presidenti del consiglio direttivo. 4. Il consiglio direttivo decide a maggioranza: a) il programma di lavoro annuale della rete, che comprende la costituzione di gruppi di lavoro e la scelta del regime linguistico delle riunioni della rete; b) il quadro tecnico per la realizzazione delle attività di valutazione comparativa e di apprendimento reciproco, quale parte del programma di lavoro annuale della rete, include la metodologia di apprendimento comparativo sulla base degli indicatori per la valutazione comparativa che figurano nell'allegato della presente decisione per comparare le prestazioni degli SPI, le variabili di contesto, le condizioni per la trasmissione dei dati, e gli strumenti di apprendimento del programma integrato di apprendimento reciproco; c) la relazione annuale della rete. Detta relazione viene trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio ed è pubblicata. 5. Il consiglio direttivo è assistito da un segretariato garantito dalla Commissione e situato nei locali di quest'ultima. Il segretariato, congiuntamente al presidente ed ai vice-presidenti, prepara le riunioni del consiglio direttivo, il programma di lavoro annuale e la relazione annuale della rete. Il segretariato coopera strettamente con il segretariato dell'EMCO. Articolo 7 Sostegno finanziario per la presente misura di incentivazione Le risorse complessive da destinare all'attuazione della presente decisione sono stabilite nella sezione occupazione/PROGRESS dell'EaSI, i cui stanziamenti annuali sono autorizzati dal Parlamento europeo e dal Consiglio nei limiti del quadro finanziario. Articolo 8 Modifica dell'allegato sugli indicatori per la valutazione comparativa Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 9 al fine di modificare l'allegato che fissa gli indicatori per la valutazione comparativa. Articolo 9 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. La delega di potere di cui all'articolo 8 è conferita alla Commissione a decorrere dal 17 giugno 2014 fino al 31 dicembre 2020. 3. La delega di potere di cui all'articolo 8 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 5. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 8 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato ovvero se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 10 Riesame Entro il 18 giugno 2017, la Commissione presenta una relazione sull'attuazione della presente decisione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Tale relazione stabilisce in particolare in che misura la rete ha contribuito al conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 3 e se ha assolto le sue funzioni. Essa valuta altresì le modalità di sviluppo e attuazione della valutazione comparativa da parte della rete nei settori di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punti da i) a iv). Articolo 11 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 67 del 6.3.2014, pag. 116. (2) Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'8 maggio 2014. (3) Decisione del Consiglio 2010/707/UE, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche dell'occupazione degli Stati membri (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46). (4) GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1. (5) Regolamento (UE) n. 1296/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo a un programma dell'Unione europea per l'occupazione e l'innovazione sociale («EaSI») e recante modifica della decisione n. 283/2010/UE che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l'occupazione e l'inclusione sociale (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 238). (6) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104). ALLEGATO INDICATORI PER LA VALUTAZIONE COMPARATIVA A. Gli indicatori quantitativi per i settori elencati all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punti da i) a iv): 1) Contributo alla riduzione della disoccupazione per tutti i gruppi di età e per i gruppi vulnerabili: a) Transizione dalla disoccupazione all'occupazione per gruppo di età, genere e livello di qualifiche come quota dei disoccupati registrati; b) Numero di persone cancellate dai registri di disoccupazione degli SPI come quota dei disoccupati registrati. 2) Contributo alla riduzione della durata della disoccupazione e alla riduzione dell'inattività per far fronte alla disoccupazione di lunga durata e strutturale nonché all'esclusione sociale: a) Transizione verso l'occupazione entro, ad esempio, 6 e 12 mesi dall'inizio della disoccupazione per gruppo di età, genere e livello di qualifiche e come quota di tutte le transizioni verso l'occupazione; b) Iscrizioni in un registro degli SPI delle persone precedentemente inattive come quota di tutte le iscrizioni in tale registro degli SPI per gruppo di età e genere. 3) Copertura di posti vacanti (anche tramite mobilità volontaria dei lavoratori): a) Posti vacanti coperti; b) Risposte all'indagine di Eurostat sulla forza lavoro riguardo al contributo degli SPI nel trovare il lavoro attuale dei destinatari dell'indagine. 4) Soddisfazione del cliente per i servizi degli SPI: a) Soddisfazione complessiva delle persone che cercano lavoro; b) Soddisfazione complessiva dei datori di lavoro. B. Settori di valutazione comparativa mediante valutazione qualitativa interna ed esterna dei facilitatori di prestazione per i settori elencati all'articolo 4, paragrafo1, lettera a), punti da i) a iv): 1) Gestione strategica della prestazione; 2) Concezione di processi operativi quali efficace orientamento e definizione dei profili delle persone che cercano lavoro e utilizzo mirato degli strumenti attivi del mercato del lavoro; 3) Attivazione sostenibile e gestione delle transizioni; 4) Servizi ai datori di lavoro; 5) Concezione di servizi degli SPI basata su elementi concreti e loro attuazione; 6) Gestione efficace dei partenariati con le parti interessate; 7) Assegnazione delle risorse degli SPI.
Cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l’impiego QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La decisione n. 573/2014/UE stabilisce, tramite la cooperazione rafforzata, una rete unionale di servizi pubblici per l’impiego (SPI)*, di seguito «la rete», attiva dal 17 giugno 2014 al 31 dicembre 2020. La decisione (UE) 2020/1782 modifica la decisione n. 573/2014/UE, estendendo la durata della rete al 31 dicembre 2027 e introducendo alcune ulteriori modifiche, di seguito delineate. La rete incoraggia la cooperazione tra i paesi dell’Unione nei settori dell’occupazione nell’ambito della responsabilità degli SPI, per aiutare ad attuare le politiche occupazionali dell’Unione. Ciò contribuirà anche ad attuare i principi del pilastro europeo dei diritti sociali, contribuirà a realizzare gli obiettivi del Green Deal europeo (si veda sintesi) e a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. PUNTI CHIAVE Composizione Fanno parte della rete:i servizi pubblici per l’occupazione nazionali; la Commissione europea.Il comitato per l’occupazione (EMCO), che è un organo consultivo dei ministri del Lavoro e degli affari sociali in seno al Consiglio «Occupazione, politica sociale, salute e consumatori» in materia di occupazione, funge da osservatore. Ambito di indagine A seguito delle modifiche apportate dalla decisione (UE) 2020/1782, l’ambito di indagine della rete include le seguenti aree: incoraggiare la cooperazione tra i paesi dell’Unione e sostenere:i gruppi sociali più vulnerabili con alti tassi di disoccupazione, qualii lavoratori più anziani, egiovani non coinvolti in attività lavorative, educative o formative («NEETS»);persone con disabilità;persone esposte a discriminazione multipla; il lavoro dignitoso e sostenibile; un’integrazione, un funzionamento e un’inclusività migliori dei mercati del lavoro; la parità di genere; identificare le carenze di competenze e fornire informazioni sulla loro portata e ubicazione, abbinare meglio le competenze di chi cerca lavoro con le esigenze dei datori di lavoro, individuando anche le esigenze di formazione professionale e l’occupabilità di chi cerca lavoro e prevenire la disoccupazione, ad esempio attraverso consulenza e formazione professionale; favorire una maggiore mobilità geografica e professionale volontaria; integrare coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro; valutare e analizzare iniziative attive per il mercato del lavoro e la loro attuazione efficace ed efficiente.Iniziative volte a:Sviluppare e attuare l’apprendimento comparativo* basato su prove a livello dell’Unione tra gli SPI per confrontarne le prestazioni in aree quali:la riduzione della disoccupazione per tutti i gruppi di età, di genere e i gruppi vulnerabili;la riduzione della durata della disoccupazione e dell’inattività;l’assegnazione dei posti vacanti;la soddisfazione dei clienti per i servizi degli SPI; fornire assistenza reciproca tra i membri della rete; contribuire a modernizzare e rafforzare gli SPI in settori di importanza cruciale considerando:le politiche sociali occupazionali e sociali dell’Unione, il pilastro europeo dei diritti sociali, il Green Deal europeo e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite;le sfide relative alla digitalizzazione;il mutevole mondo del lavoro e dei modelli di lavoro;cambiamenti demografici; redigere relazioni; contribuire all’attuazione di iniziative pertinenti nel campo dell’occupazione; adottare e attuare il suo programma di lavoro annuale, che include strategie di diffusione e cooperazione; promuovere e condividere le migliori prassi relativamente a:l’identificazione dei NEET e lo sviluppo di iniziative volte a garantire l’acquisizione delle competenze necessarie per entrare e rimanere nel mercato del lavoro;l’integrazione dei disoccupati di lunga durata e di altri gruppi vulnerabili nel mercato del lavoro.Cooperare con altri organismi del mercato del lavoro, come altri fornitori di servizi per l’impiego e servizi sociali, le parti sociali, le agenzie dell’Unione operanti nei settori dell’occupazione, della politica sociale, della parità di genere e dell’istruzione e della formazione, organismi per la parità, organizzazioni di formazione professionale, enti regionali e locali, ONG e servizi privati per l’impiego. Se del caso, la rete può scambiare le migliori pratiche con i servizi pubblici per l’impiego pertinenti di paesi extra-Unione. Funzionamento della rete Un consiglio direttivo composto da rappresentanti dei servizi pubblici per l’impiego nazionali e da un rappresentante della Commissione dirige la rete. Un segretariato situato nei locali della Commissione assiste il consiglio direttivo e coopera strettamente con il segretariato dell’EMCO. La rete presenta una relazione annuale al consiglio direttivo sulle iniziative svolte. Le risorse necessarie ad attuare questa decisione saranno rese disponibili in conformità con il quadro finanziario pluriennale 2021-2027. La Commissione:ha il potere di adottare atti delegati fino al 31 dicembre 2027; deve presentare al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, entro il 30 settembre 2026, una relazione sull’attuazione della presente decisione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È in vigore dal 17 giugno 2014. CONTESTO La rete comprende tutti i paesi dell’Unione, la Norvegia, l’Islanda e la Commissione. Per ulteriori informazioni, si veda:Servizi pubblici per l’impiego (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Servizi pubblici per l’impiego: agenzie nazionali che mettono in collegamento le persone in cerca di lavoro e i datori di lavoro. Contribuiscono a far corrispondere domanda e offerta sul mercato del lavoro attraverso servizi di informazione, collocamento e sostegno attivo a livello locale, nazionale ed europeo. Apprendimento comparativo: collegare l’apprendimento comparativo e l’apprendimento reciproco al fine di individuare le buone prassi. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione n. 573/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l’impiego (SPI) (GU L 159 del 28.5.2014, pag. 32). Le successive modifiche alla decisione n. 573/2014/UE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il Green Deal europeo [COM(2019) 640 final, dell’11.12.2019]. Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Applicazione della decisione n. 573/2014/UE su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l’impiego (SPI) [COM(2017) 287 final del 6.6.2017]. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Istituzione di un pilastro europeo dei diritti sociali [COM(2017) 250 final, del 26.4.2017].
10,306
219
32003L0049
false
DIRETTIVA 2003/49/CE DEL CONSIGLIO del 3 giugno 2003 concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 94, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (3), considerando quanto segue: (1) In un mercato unico avente le caratteristiche di un mercato interno le operazioni tra società di Stati membri diversi non dovrebbero essere assoggettate ad un trattamento fiscale meno favorevole di quello applicabile alle medesime operazioni effettuate tra società dello stesso Stato membro. (2) Attualmente tale condizione non è soddisfatta riguardo ai pagamenti di interessi e di canoni. Le legislazioni fiscali nazionali, unitamente, ove esistano, alle convenzioni bilaterali o multilaterali, non possono sempre assicurare l'eliminazione della doppia imposizione e la loro applicazione comporta spesso formalità amministrative onerose e problemi di flussi di liquidità per le imprese interessate. (3) È necessario vigilare affinché i pagamenti di interessi e di canoni siano assoggettati ad imposizione fiscale una sola volta in uno Stato membro. (4) L'abolizione delle imposte, siano esse riscosse tramite ritenuta alla fonte o previo accertamento, sui pagamenti di interessi e di canoni nello Stato membro da cui essi provengono costituisce la soluzione più idonea per eliminare le formalità e i problemi sopraindicati e per garantire la parità di trattamento fiscale tra operazioni nazionali e operazioni transfrontaliere. È particolarmente necessario abolire tali imposte per quanto riguarda i pagamenti del predetto tipo effettuati tra società consociate di Stati membri diversi nonché tra stabili organizzazioni di tali società. (5) Le norme dovrebbero applicarsi soltanto all'importo dei pagamenti di interessi o di canoni che sarebbe stato concordato dal pagatore e dal beneficiario effettivo in assenza di particolari rapporti tra di loro. (6) Occorre inoltre evitare di precludere agli Stati membri la possibilità di adottare le misure appropriate per combattere le frodi o gli abusi. (7) Per motivi di bilancio, la Grecia ed il Portogallo dovrebbero essere autorizzati a beneficiare di un periodo transitorio per poter diminuire gradualmente le imposte, riscosse sia tramite ritenuta alla fonte sia previo accertamento, sui pagamenti di interessi e di canoni, finché non saranno in grado di applicare le disposizioni dell'articolo 1. (8) Per motivi di bilancio, la Spagna, avendo varato un piano per incrementare il potenziale tecnologico spagnolo, dovrebbe essere autorizzata per un periodo transitorio a non applicare le disposizioni dell'articolo 1 relative ai pagamenti di canoni. (9) Decorsi tre anni dalla data in cui la direttiva dev'essere recepita, la Commissione deve riferire in merito al Consiglio, in particolare ai fini dell'estensione dell'ambito di applicazione della direttiva stessa ad altre società od imprese e della revisione dell'ambito di applicazione della definizione di interessi e canoni, allo scopo di realizzare la necessaria convergenza delle disposizioni relative agli interessi e ai canoni delle vigenti legislazioni nazionali e delle convenzioni bilaterali e multilaterali sulla doppia imposizione. (10) Dato che l'obiettivo dell'azione proposta, vale a dire l'introduzione di un regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure secondo il principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Alla luce del principio di proporzionalità di cui al suddetto articolo, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Ambito d'applicazione e procedura 1. I pagamenti di interessi o di canoni provenienti da uno Stato membro sono esentati da ogni imposta applicata in tale Stato su detti pagamenti, sia tramite ritenuta alla fonte sia previo accertamento fiscale, a condizione che il beneficiario effettivo degli interessi o dei canoni sia una società di un altro Stato membro o una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, di una società di uno Stato membro. 2. Un pagamento effettuato da una società di uno Stato membro o da una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro è considerato proveniente da detto Stato membro, in seguito denominato «Stato d'origine». 3. Una stabile organizzazione è considerata pagatore di interessi o canoni soltanto nella misura in cui i pagamenti in questione rappresentano per la stabile organizzazione spese fiscalmente deducibili nello Stato membro in cui essa è situata. 4. Una società di uno Stato membro è considerata beneficiario effettivo di interessi o canoni soltanto se riceve tali pagamenti in qualità di beneficiaria finale e non di intermediaria, quale agente, delegato o fiduciario di un'altra persona. 5. Una stabile organizzazione è considerata beneficiario effettivo di interessi o canoni: a) nella misura in cui il credito, il diritto, l'utilizzo o l'informazione che generano i pagamenti degli interessi o dei canoni si ricolleghino effettivamente a tale stabile organizzazione e b) nella misura in cui i pagamenti di interessi o di canoni rappresentano redditi per i quali essa è assoggettata nello Stato membro in cui è situata ad una delle imposte enumerate nell'articolo 3, lettera a), punto iii) o, in Belgio, all'«impôt des non-résidents/belasting der niet-verblijfhouders», in Spagna all'«Impuesto sobre la Renta de no Residentes» ovvero a un'imposta identica o sostanzialmente simile applicata dopo la data di entrata in vigore della presente direttiva, in aggiunta o in sostituzione di dette imposte. 6. Se una stabile organizzazione di una società di uno Stato membro è considerata pagatore o beneficiario effettivo di interessi o canoni, nessun'altra parte di tale società è considerata pagatore o beneficiario effettivo di tali interessi o canoni ai fini del presente articolo. 7. Il presente articolo si applica soltanto se la società che è il pagatore, o la società la cui stabile organizzazione è considerata pagatore, di interessi o canoni è una società consociata della società che è il beneficiario effettivo, o la cui stabile organizzazione è considerata beneficiario effettivo di tali interessi o canoni. 8. Il presente articolo non si applica se gli interessi o canoni sono pagati da o ad una stabile organizzazione situata in uno Stato terzo di una società di uno Stato membro le cui attività vengono esercitate in tutto o in parte attraverso detta stabile organizzazione. 9. Il presente articolo lascia impregiudicata la facoltà di uno Stato membro di tenere conto, nell'applicazione della propria legislazione fiscale, degli interessi o dei canoni percepiti dalle proprie società, dalle stabili organizzazioni delle proprie società o dalle stabili organizzazioni situate in detto Stato. 10. Uno Stato membro ha la facoltà di non applicare la presente direttiva a una società di un altro Stato membro o ad una stabile organizzazione di una società di un altro Stato membro, qualora le condizioni di cui all'articolo 3, lettera b), non abbiamo persistito per un periodo ininterrotto di almeno due anni. 11. Lo Stato d'origine può esigere che il soddisfacimento dei requisiti previsti nel presente articolo e nell'articolo 3 sia comprovato da un certificato al momento del pagamento di interessi o di canoni. Se il soddisfacimento dei requisiti stabiliti dal presente articolo non è stato comprovato al momento del pagamento, lo Stato membro ha la facoltà di esigere una ritenuta alla fonte. 12. Lo Stato d'origine può subordinare l'esenzione a norma della presente direttiva all'emanazione di una decisione con cui l'esenzione è concessa attualmente sulla scorta di un certificato che attesta il soddisfacimento dei requisiti previsti nel presente articolo e nell'articolo 3. La decisione sull'esenzione è emanata entro tre mesi dalla presentazione del certificato e delle informazioni a sostegno che lo Stato d'origine può ragionevolmente richiedere e resta valida per almeno un anno a partire dall'emanazione. 13. Ai fini dei paragrafi 11 e 12, il certificato da presentare resta valido, per ciascun contratto di pagamento, per un periodo non inferiore ad un anno ma non superiore a tre anni a decorrere dalla data del rilascio e contiene le seguenti informazioni: a) prova della residenza fiscale della società beneficiaria e, ove necessario, dell'esistenza di una stabile organizzazione comprovata dall'autorità tributaria dello Stato membro nel quale la società beneficiaria è residente ai fini fiscali o nel quale è situata la stabile organizzazione; b) prova della qualità di beneficiario effettivo della società in questione a norma del paragrafo 4 ovvero esistenza delle condizioni di cui al paragrafo 5 qualora una stabile organizzazione riceva il pagamento; c) soddisfacimento dei requisiti di cui all'articolo 3, lettera a), punto iii), da parte della società beneficiaria; d) partecipazione minima ovvero criterio di una quota minima dei diritti di voto di cui all'articolo 3, lettera b); e) data a partire dalla quale esiste la partecipazione di cui alla lettera d). Gli Stati membri possono inoltre richiedere la giustificazione legale dei pagamenti in virtù del contratto (ad es., contratto di prestito o di licenza). 14. Se viene meno il soddisfacimento dei requisiti per l'esenzione, la società beneficiaria o la stabile organizzazione beneficiaria ne informa immediatamente la società o la stabile organizzazione che effettua il pagamento e, se lo Stato d'origine lo richiede, la competente autorità di detto Stato. 15. Se la società o la stabile organizzazione che effettua il pagamento ha operato una ritenuta alla fonte cui si applica l'esenzione a norma del presente articolo, un'istanza di rimborso può essere presentata relativamente a tale ritenuta alla fonte. Lo Stato membro può richiedere le informazioni di cui al paragrafo 13. L'istanza di rimborso deve essere presentata entro il termine previsto. Detto termine è di almeno due anni a decorrere dalla data in cui sono pagati gli interessi o i canoni. 16. Lo Stato di origine rimborsa l'eccedenza di imposta ritenuta alla fonte entro un anno dalla debita ricezione dell'istanza e delle informazioni a sostegno che esso può ragionevolmente richiedere. Se la ritenuta alla fonte non è rimborsata entro detto termine, alla scadenza dell'anno in questione la società beneficiaria o la stabile organizzazione beneficiaria ha diritto agli interessi sull'imposta rimborsata, il cui tasso corrisponde al tasso d'interesse nazionale applicabile a casi analoghi ai sensi della legislazione nazionale dello Stato d'origine. Articolo 2 Definizione di interessi e canoni Ai fini della presente direttiva s'intendono per: a) «interessi»: i redditi da crediti di qualsiasi natura, garantiti o non da ipoteca e recanti o meno una clausola di partecipazione agli utili del debitore e, in particolare, i redditi derivanti da titoli e da obbligazioni di prestiti, compresi i premi collegati a detti titoli; le penali per tardivo pagamento non sono considerate interessi; b) «canoni»: i compensi di qualsiasi natura percepiti per l'uso o la concessione in uso del diritto di autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche, e il software, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, progetti, formule o processi segreti o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico; sono considerati canoni i compensi per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche. Articolo 3 Definizione di società, società consociata e stabile organizzazione Ai fini della presente direttiva si intendono per: a) «società di uno Stato membro»: qualsiasi società che i) ha una delle forme enumerate nell'allegato; e ii) secondo la normativa fiscale dello Stato membro in questione, è considerata residente ai fini fiscali in detto Stato membro e non è considerata, ai sensi di una convenzione sulle doppie imposizioni sui redditi conclusa con uno Stato terzo, residente ai fini fiscali al di fuori della Comunità; e iii) è assoggettata, senza esserne esentata, ad una delle imposte seguenti ovvero a un'imposta identica o sostanzialmente simile applicata dopo la data di entrata in vigore della presente direttiva, in aggiunta o in sostituzione di dette imposte: — impôt des sociétés/vennootschapsbelasting in Belgio, — selskabsskat in Danimarca, — Körperschaftsteuer in Germania, — Φόρος εισοδήματος νομικών προσώπων in Grecia, — impuesto sobre sociedades in Spagna, — impôt sur les sociétés in Francia, — corporation tax in Irlanda, — imposta sul reddito delle persone giuridiche in Italia, — impôt sur le revenu des collectivités in Lussemburgo, — vennootschapsbelasting nei Paesi Bassi, — Körperschaftsteuer in Austria, — imposto sobre o rendimento da pessoas colectivas in Portogallo, — yhteisöjen tulovero/inkomstskatten för samfund in Finlandia, — statlig inkomstskatt in Svezia, — corporation tax nel Regno Unito; b) «società consociata»: una società consociata di una seconda società perlomeno allorché: i) la prima detiene una partecipazione diretta minima del 25 % nel capitale della seconda, oppure ii) la seconda società detiene una partecipazione diretta minima del 25 % nel capitale della prima, oppure iii) una terza società detiene una partecipazione diretta minima del 25 % nel capitale sia della prima sia della seconda. Le partecipazioni devono comprendere soltanto le società residenti nel territorio della Comunità. Tuttavia, gli Stati membri possono sostituire il criterio della partecipazione di una quota minima nel capitale con quello di una quota minima dei diritti di voto; c) «stabile organizzazione»: una sede fissa di affari situata in uno Stato membro, attraverso la quale una società di un altro Stato membro esercita in tutto o in parte la sua attività. Articolo 4 Esclusione di pagamenti a titolo di interessi o canoni 1. Lo Stato d'origine non è tenuto a concedere i benefici della presente direttiva nei casi seguenti: a) pagamenti considerati utili distribuiti o capitale rimborsato ai sensi della legislazione dello Stato d'origine; b) pagamenti relativi a crediti recanti una clausola di partecipazione agli utili del debitore; c) pagamenti relativi a crediti che autorizzano il creditore a rinunciare al suo diritto agli interessi in cambio del diritto a partecipare agli utili del debitore; d) pagamenti relativi a crediti che non contengono disposizioni per la restituzione del capitale o per i quali il rimborso debba essere effettuato trascorsi più di 50 anni dalla data di emissione. 2. Qualora, a motivo di particolari rapporti tra il pagatore ed il beneficiario effettivo del pagamento degli interessi o dei canoni, ovvero tra uno di essi ed un terzo, l'importo degli interessi o dei canoni sia superiore all'importo che sarebbe stato convenuto dal pagatore e dal beneficiario effettivo in assenza dei rapporti in questione, le disposizioni della presente direttiva si applicano esclusivamente a quest'ultimo importo, se previsto. Articolo 5 Frodi e abusi 1. La presente direttiva non osta all'applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per impedire frodi o abusi. 2. Gli Stati membri, nel caso di transazioni aventi come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali l'evasione o l'elusione fiscali, o gli abusi, possono revocare i benefici della presente direttiva o rifiutarne l'applicazione. Articolo 6 Norme transitorie per la Grecia, la Spagna e il Portogallo 1. La Grecia ed il Portogallo sono autorizzati a non applicare le disposizioni dell'articolo 1 fino alla data di applicazione di cui all'articolo 17, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2003/48/CE del Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi (4). Per un periodo transitorio di otto anni a decorrere dalla data dianzi citata, l'aliquota dell'imposta sui pagamenti di interessi o di canoni effettuati nei confronti di una società consociata di un altro Stato membro o di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro di una società consociata di uno Stato membro non deve superare il 10 % nei primi quattro anni e il 5 % negli ultimi quattro anni. La Spagna è autorizzata, soltanto per i pagamenti di canoni, a non applicare le disposizioni dell'articolo 1 fino alla data di applicazione di cui all'articolo 17, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2003/48/CE. Per un periodo transitorio di sei anni a decorrere dalla data dianzi citata l'aliquota dell'imposta sui pagamenti di canoni effettuati nei confronti di una società consociata di un altro Stato membro o di una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro di una società consociata di uno Stato membro non deve superare il 10 %. Tali norme transitorie sono tuttavia subordinate all'applicazione continuativa di aliquote d'imposta inferiori a quelle di cui al primo e secondo comma previste da accordi bilaterali tra la Grecia, la Spagna o il Portogallo e altri Stati membri. Prima della fine di ciascuno dei periodi transitori di cui al presente paragrafo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può decidere all'unanimità un'eventuale proroga dei summenzionati periodi transitori. 2. Se una società di uno Stato membro o una stabile organizzazione situata in detto Stato membro di una società di uno Stato membro: — riceve interessi o canoni da una società consociata situata in Grecia o Portogallo, — riceve canoni da una società consociata situata in Spagna, — riceve interessi o canoni da una stabile organizzazione situata in Grecia o Portogallo di una società consociata di uno Stato membro o — riceve canoni da una stabile organizzazione situata in Spagna di una società consociata di uno Stato membro, il primo Stato membro autorizza la detrazione, dall'imposta sul reddito della società o della stabile organizzazione che ha ricevuto tale reddito, di un importo pari all'imposta pagata, a norma del paragrafo 1, su tale reddito in Grecia, in Spagna o in Portogallo. 3. La detrazione di cui al paragrafo 2 non può superare il più basso tra i due valori seguenti: a) l'imposta dovuta in Grecia, in Spagna o in Portogallo su tale reddito sulla base del paragrafo 1, o b) la quota dell'imposta sul reddito della società o della stabile organizzazione cui sono stati corrisposti gli interessi o i canoni, calcolata prima della detrazione, che grava su detti pagamenti ai sensi della legislazione nazionale dello Stato membro cui appartiene la società o in cui è situata la stabile organizzazione. Articolo 7 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2004. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, unitamente ad una tabella di corrispondenza fra le disposizioni nazionali adottate ed i corrispondenti articoli della presente direttiva. Articolo 8 Riesame Entro il 31 dicembre 2006 la Commissione riferisce al Consiglio in merito all'applicazione della presente direttiva, in particolare al fine di estenderne l'ambito di applicazione a società o imprese diverse da quelle di cui all'articolo 3 e all'allegato. Articolo 9 Clausola limitativa La presente direttiva non pregiudica l'applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali che vanno oltre le disposizioni della presente direttiva e sono volte ad eliminare o attenuare la doppia imposizione su interessi e canoni. Articolo 10 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 11 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 3 giugno 2003. Per il Consiglio Il Presidente N. CHRISTODOULAKIS (1) GU C 123 del 22.4.1998, pag. 9. (2) GU C 313 del 12.10.1998, pag. 151. (3) GU C 284 del 14.9.1998, pag. 50. (4) Vedi pagina 38 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO Elenco delle società di cui all'articolo 3, lettera a), della direttiva a) Le società di diritto belga denominate «société anonyme/naamloze vennootschap», «société en commandite par actions/commanditaire vennootschap op aandelen», «société privée à responsabilité limitée/besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid», nonché gli enti di diritto pubblico che operano in regime di diritto privato; b) le società di diritto danese denominate «aktieselskab» e «anpartsselskab»; c) le società di diritto tedesco denominate «Aktiengesellschaft», «Kommanditgesellschaft auf Aktien», «Gesellschaft mit beschränkter Haftung» e «bergrechtliche Gewerkschaft»; d) le società di diritto greco denominate «ανώνυμη εταιρία»; e) le società di diritto spagnolo denominate «sociedad anónima», «sociedad comanditaria por acciones», «sociedad de responsabilidad limitada», nonché gli enti di diritto pubblico che operano in regime di diritto privato; f) le società di diritto francese denominate «société anonyme», «société en commandite par actions», «société à responsabilité limitée», nonché gli stabilimenti ed imprese pubblici a carattere industriale e commerciale; g) le società di diritto irlandese denominate «public companies limited by shares or by guarantee», «private companies limited by shares or by guarantee», gli enti registrati sotto il regime degli «Industrial and Provident Societies Acts» o le «building societies» registrate sotto il regime dei «Building Societies Acts»; h) le società di diritto italiano denominate «società per azioni», «società in accomandita per azioni», «società a responsabilità limitata», nonché gli enti pubblici e privati che esercitano attività industriali e commerciali; i) le società di diritto lussemburghese denominate «société anonyme», «société en commandite par actions» e «société à responsabilité limitée»; j) le società di diritto olandese denominate «naamloze vennootschap» e «besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid»; k) le società di diritto austriaco denominate: «Aktiengesellschaft» e «Gesellschaft mit beschränkter Haftung»; l) le società commerciali o società civili di forma commerciale, le cooperative e le imprese pubbliche costituite conformemente al diritto portoghese; m) le società di diritto finlandese denominate: «osakeyhtiö/aktiebolag», «osuuskunta/andelslag», «säästöpankki/sparbank» e «vakuutusyhtiö/försäkringsbolag»; n) le società di diritto svedese denominate: «aktieboag» e «försäkringsaktiebolag»; o) le società costituite conformemente al diritto del Regno Unito.
Regime fiscale applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa punta a garantire una tassazione equa dei pagamenti eseguiti fra società consociate* di Stati membri diversi, evitando la doppia imposizione tra Stati membri. Essa si applica a:Pagamenti di interessi*; pagamenti di canoni* PUNTI CHIAVE Lo scopo della direttiva è quello di abolire le imposte riscosse nello Stato membro di origine, mentre lo Stato di ricezione tassa lo stesso pagamento. Pertanto, lo scopo principale è quello di garantire che i pagamenti non vengano tassati in più di uno Stato (doppia imposizione). I pagamenti di interessi o di canoni provenienti da uno Stato membro sono esentati da ogni imposta applicata in tale Stato su detti pagamenti, sia tramite ritenuta alla fonte sia previo accertamento fiscale, a condizione che il beneficiario effettivo* degli interessi o dei canoni sia:una società di un altro Stato membro* o una stabile organizzazione* situata in un altro Stato membro. L’allegato alla direttiva contiene un elenco delle tipologie di società alle quali si applica la direttiva. La direttiva è stata modificata per tenere conto dei tipi di società dei paesi che hanno aderito all’UE nel 2004, 2007 e 2013. Se una società consociata o una stabile organizzazione paga una tassa in eccedenza su interessi o canoni in un paese dell’UE che non è il proprio, deve richiedere un rimborso. Lo Stato di origine rimborsa l’eccedenza di imposta ritenuta alla fonte entro un anno dalla debita ricezione dell’istanza e delle informazioni a sostegno che esso può ragionevolmente richiedere alla società o alla stabile organizzazione. Se la ritenuta alla fonte non è rimborsata entro detto termine, alla scadenza dell’anno in questione la società beneficiaria o la stabile organizzazione beneficiaria ha diritto agli interessi sull’imposta rimborsata. Il tasso corrisponde al tasso d’interesse nazionale applicabile a casi analoghi ai sensi della legislazione nazionale dello Stato d’origine. La direttiva non osta all’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi. Gli Stati membri, nel caso di transazioni aventi come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali l’evasione o l’elusione fiscali, o gli abusi, possono revocare i benefici della presente direttiva o rifiutarne l’applicazione. Taluni Paesi hanno beneficiato di un periodo di norme transitorie durante il quale l’applicazione della direttiva è stata differita. Nel 2006, l’ufficio internazionale per la documentazione fiscale ha condotto un sondaggio sull’attuazione della direttiva per la Commissione europea e nel 2009 la Commissione ha pubblicato la sua relazione su tale operazione. Nel 2011, la Commissione ha adottato una proposta di rifusione della direttiva al fine di estenderne il campo di applicazione e di evitare situazioni in cui sono previste agevolazioni fiscali, ma il reddito corrispondente non è effettivamente soggetto a imposta (doppia non-imposizione). DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 26 giugno 2003 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 1 gennaio 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:imposizione fiscale dei pagamenti transfrontalieri di interessi e canoni nell’UE (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Pagamento di interessi: i redditi da crediti di qualsiasi natura, garantiti o non da ipoteca e recanti o meno una clausola di partecipazione agli utili del debitore. Tra gli esempi vi sono i redditi derivanti da titoli e da obbligazioni di prestiti (obbligazioni a lungo termine che generano un tasso fisso di interesse, emesse da una società e garantiti da attività) e i premi collegati a detti titoli e obbligazioni Le penali per tardivo pagamento non sono considerate interessi. Pagamento di canoni: i compensi di qualsiasi natura percepiti per l’uso o la concessione in uso del diritto di autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese:le pellicole cinematografiche e il software,brevetti,marchi di fabbrica,disegni o modelli,progetti,formule o processi segreti o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico.I compensi per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche sono considerati canoni. Società consociate: Due società sono definite società consociate:quando una di esse detiene una partecipazione diretta minima del 25 % nel capitale della seconda, oquando una terza società detiene una partecipazione diretta minima del 25 % nel capitale di entrambe le società. Beneficiario effettivo: la società che riceve tali pagamenti in qualità di beneficiaria finale e non di intermediaria, quale agente, delegato o fiduciario di un’altra persona.Nel caso di una stabile organizzazione, quando il pagamento si ricolleghi effettivamente a tale stabile organizzazione. Società di un altro Stato membro: società che soddisfa i seguenti tre criteri:è stata costituita conformemente al diritto di uno Stato membro (ossia ha la propria sede legale, l’amministrazione centrale o il principale centro di attività all’interno dell’UE e le sue attività presentano un legame effettivo e continuo con l’economia di quel paese);è residente in quello Stato membro;è soggetta all’imposta sulle società. Stabile organizzazione: una sede fissa di affari situata in uno Stato membro, attraverso la quale una società di un altro Stato membro esercita in tutto o in parte la sua attività. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva del Consiglio 2003/49/CE del 3 giugno 2003 concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49). Gli emendamenti e le modifiche successive della direttiva 2003/49/CE sono state integrate nel testo originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Proposta di direttiva del Consiglio concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi, COM(2011) 714 final, dell’11.11.2011.
8,735
562
32002F0465
false
Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni Gazzetta ufficiale n. L 162 del 20/06/2002 pag. 0001 - 0003 Decisione quadro del Consigliodel 13 giugno 2002relativa alle squadre investigative comuni(2002/465/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 34, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica francese, del Regno di Spagna e del Regno Unito(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Uno degli obiettivi dell'Unione è di offrire ai cittadini un elevato livello di sicurezza nell'ambito di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, obiettivo che va realizzato con la prevenzione e la lotta alla criminalità attraverso una più stretta cooperazione tra forze di polizia, autorità doganali e altre autorità competenti degli Stati membri, nel rispetto dei principi relativi ai diritti dell'uomo, le libertà fondamentali e lo stato di diritto sui quali si fonda l'Unione, principi che sono comuni agli Stati membri.(2) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha chiesto di costituire senza indugio, ai sensi del trattato, squadre investigative comuni come primo passo per combattere il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani e il terrorismo.(3) L'articolo 13 della convenzione stabilita dal Consiglio a norma dell'articolo 34 del trattato sull'Unione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea(3) prevede la costituzione e il funzionamento di squadre investigative comuni.(4) Il Consiglio raccomanda di adottare le misure per garantire che la presente convenzione sia ratificata prima possibile e, in ogni caso, nel corso del 2002.(5) Il Consiglio riconosce l'importanza di dare una risposta rapida all'invito del Consiglio europeo di costituire senza indugi squadre investigative comuni.(6) A giudizio del Consiglio, per lottare nel modo più efficace possibile contro la criminalità internazionale, è attualmente opportuno adottare, a livello di Unione, uno strumento specifico giuridicamente vincolante relativo alle squadre investigative comuni, da applicare nelle indagini congiunte in materia di traffico di stupefacenti, tratta di esseri umani e terrorismo.(7) Il Consiglio ritiene che tali squadre debbano essere costituite, in via prioritaria, per combattere i reati commessi da terroristi.(8) Gli Stati membri che costituiscono una squadra ne dovrebbero decidere la composizione, le finalità e la durata.(9) Gli Stati membri che costituiscono una squadra dovrebbero avere la possibilità di decidere, laddove possibile e conformemente al diritto applicabile, di far partecipare alle attività della squadra persone che non rappresentano le autorità competenti degli Stati membri e che possono includere, per esempio, rappresentanti dell'Europol, della Commissione (OLAF) o di Stati terzi, in particolare rappresentanti di autorità statunitensi preposte all'applicazione della legge. In tali casi, l'accordo istitutivo della squadra dovrebbe specificare le questioni relative all'eventuale responsabilità di tali rappresentanti.(10) Una squadra investigativa comune dovrebbe operare nel territorio di uno Stato membro in conformità del diritto applicabile in detto Stato.(11) La presente decisione quadro non pregiudica altre disposizioni o intese esistenti sulla costituzione o il funzionamento di squadre investigative comuni,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:Articolo 1Squadre investigative comuni1. Le autorità competenti di due o più Stati membri possono costituire, di comune accordo, una squadra investigativa comune, per uno scopo determinato e una durata limitata che può essere prorogata con l'accordo di tutte le parti, per svolgere indagini penali in uno o più degli Stati membri che costituiscono la squadra. La composizione della squadra è indicata nell'accordo.Una squadra investigativa comune può in particolare essere costituita:a) quando le indagini condotte da uno Stato membro su reati comportano inchieste difficili e di notevole portata che hanno un collegamento con altri Stati membri;b) quando più Stati membri svolgono indagini su reati che, per le circostanze del caso, esigono un'azione coordinata e concertata negli Stati membri interessati.Una richiesta di costituzione di una squadra investigativa comune può essere presentata da qualsiasi Stato membro interessato. La squadra viene costituita in uno degli Stati membri in cui si svolgeranno presumibilmente le indagini.2. Oltre alle informazioni di cui all'articolo 14 della convenzione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale e all'articolo 37 del trattato Benelux, del 27 giugno 1962, modificato dal protocollo dell'11 maggio 1974, le richieste di costituzione di una squadra investigativa comune contengono proposte in merito alla composizione della squadra.3. La squadra investigativa comune opera nel territorio degli Stati membri che la costituiscono alle seguenti condizioni generali:a) la squadra è diretta da un rappresentante dell'autorità competente che prende parte alle indagini penali dello Stato membro nel cui territorio la squadra interviene. Il direttore della squadra agisce entro i limiti delle sue competenze in conformità del diritto nazionale;b) la squadra opera in conformità del diritto dello Stato membro in cui interviene. Nello svolgimento delle loro funzioni, i membri della squadra rispondono alla persona di cui alla lettera a), tenendo conto delle condizioni stabilite dalle rispettive autorità nell'accordo sulla costituzione della squadra;c) lo Stato membro nel cui territorio la squadra investigativa interviene predispone le condizioni organizzative necessarie per consentirle di operare.4. Ai sensi della presente decisione quadro, per "distaccati" presso la squadra si intendono i membri della squadra investigativa comune degli Stati membri diversi da quelli dello Stato membro nel cui territorio essa interviene.5. I membri distaccati della squadra investigativa comune sono autorizzati ad essere presenti nello Stato membro dell'intervento qualora siano adottate misure investigative. Tuttavia, per ragioni particolari, il direttore della squadra può disporre altrimenti, in conformità del diritto dello Stato membro in cui la squadra interviene.6. I membri distaccati della squadra investigativa comune possono, in conformità del diritto dello Stato membro dell'intervento, essere incaricati dell'esecuzione di talune misure investigative dal direttore della squadra, qualora ciò sia stato approvato dalle autorità competenti dello Stato membro dell'intervento e dello Stato membro che li ha distaccati.7. Se la squadra investigativa comune ravvede la necessità che in uno degli Stati membri che hanno costituito la squadra siano adottate misure investigative, le persone distaccate da tale Stato membro possono farne direttamente richiesta alle proprie autorità competenti. Le misure in questione sono esaminate in tale Stato membro alle condizioni che si applicherebbero qualora fossero richieste nell'ambito di un'indagine svolta a livello nazionale.8. Se la squadra investigativa comune ha bisogno dell'assistenza di uno Stato membro che non ha partecipato alla costituzione della squadra, ovvero di un paese terzo, le autorità competenti dello Stato d'intervento ne possono fare richiesta alle autorità competenti dell'altro Stato interessato conformemente agli strumenti o disposizioni pertinenti.9. Ai fini di un'indagine penale svolta dalla squadra investigativa comune, i membri di quest'ultima possono, conformemente al loro diritto nazionale ed entro i limiti delle rispettive competenze, fornire alla squadra stessa le informazioni disponibili nello Stato membro che li ha distaccati.10. Le informazioni legalmente ottenute da un membro o da un membro distaccato durante la sua partecipazione a una squadra investigativa comune e non altrimenti disponibili per le autorità competenti dello Stato membro interessato possono essere utilizzate:a) per i fini previsti all'atto della costituzione della squadra;b) previo accordo dello Stato membro in cui le informazioni sono rese disponibili, per l'individuazione, l'indagine e il perseguimento di altri reati. Detto consenso può essere negato soltanto qualora l'uso in questione mettesse a repentaglio le indagini penali nello Stato membro interessato o qualora quest'ultimo potesse rifiutare l'assistenza giudiziaria ai fini di tale uso;c) per scongiurare una minaccia immediata e grave alla sicurezza pubblica, lasciando impregiudicata la lettera b) in caso di successivo avvio di un'indagine penale;d) per altri scopi entro i limiti convenuti dagli Stati membri che hanno costituito la squadra.11. La presente decisione quadro lascia impregiudicata ogni altra vigente disposizione o intesa concernente la costituzione o l'attività di squadre investigative comuni.12. Nella misura consentita dal diritto degli Stati membri interessati o dalla disposizione di qualunque strumento giuridico tra di essi applicabile, è possibile concordare che persone diverse dai rappresentanti delle autorità competenti degli Stati membri che costituiscono la squadra investigativa comune partecipino alle attività della stessa. È possibile includere ad esempio funzionari di organismi istituiti ai sensi del trattato. I diritti conferiti ai membri o ai membri distaccati della squadra ai sensi della presente decisione quadro non si applicano a tali persone, a meno che l'accordo non stabilisca espressamente altrimenti.Articolo 2Responsabilità penale riguardo ai funzionariNel corso delle operazioni di cui all'articolo 1, i funzionari di uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui si svolge l'operazione sono assimilati ai funzionari di quest'ultimo Stato membro per quanto riguarda i reati che dovessero subire o commettere.Articolo 3Responsabilità civile riguardo ai funzionari1. Quando, a norma dell'articolo 1, i funzionari di uno Stato membro operano in un altro Stato membro, il primo Stato membro è responsabile dei danni da essi causati nell'adempimento della missione, conformemente al diritto dello Stato membro nel cui territorio essi operano.2. Lo Stato membro nel cui territorio sono causati i danni di cui al paragrafo 1 provvede al risarcimento di tali danni alle condizioni applicabili ai danni causati dai propri funzionari.3. Lo Stato membro i cui funzionari abbiano causato danni a terzi nel territorio di un altro Stato membro rimborsa integralmente a quest'ultimo le somme versate alle vittime o ai loro aventi diritto.4. Fatto salvo l'esercizio dei propri diritti nei confronti di terzi e fatto salvo il paragrafo 3, ciascuno Stato membro rinuncia, nel caso previsto al paragrafo 1, a chiedere ad un altro Stato membro il risarcimento dei danni da esso subiti.Articolo 4Attuazione1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 1o gennaio 2003.2. Gli Stati membri trasmettono al Segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di queste e di altre informazioni, la Commissione presenta al Consiglio, entro il 1o luglio 2004, una relazione sull'attuazione della presente decisione quadro. Il Consiglio esamina in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla decisione stessa.Articolo 5Entrata in vigoreLa presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. I suoi effetti cesseranno allorché la convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea entrerà in vigore in tutti gli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 13 giugno 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 9.(2) Parere espresso il 13 novembre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 197 del 12.7.2000, pag. 1.
Squadre investigative comuni QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO? Stabilisce le regole per la costituzione e il funzionamento delle squadre investigative comuni (SIC). La logica è che alcuni tipi di reati all’interno dell’Unione europea (UE) possono essere indagati in modo più efficace da squadre investigative comuni, costituite per un periodo determinato a seguito di un accordo tra paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE La decisione quadro è da ricondurre a una riunione dei paesi dell’UE del 1999, che ha richiesto di costituire senza indugio tali squadre per combattere il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani e il terrorismo. La Convenzione sull’assistenza giudiziaria in materia penale, adottata nel maggio 2000, prevede la costituzione di squadre investigative comuni. Tuttavia, a causa di ritardi nelle ratifiche, l’attuazione della decisione quadro doveva concludersi entro il 1o gennaio 2003. La decisione quadro cesserà di avere effetto quando la Convenzione sarà entrata in vigore in tutti i paesi dell’UE. Qualora un’indagine penale all’interno dell’Unione europea richieda un’azione coordinata e concertata, almeno due paesi dell’UE possono costituire una SIC. A tal fine, le autorità competenti dei paesi dell’UE interessati concludono un accordo che stabilisce la procedura da seguire da parte della squadra. La squadra comune deve essere costituita per: uno scopo specifico; un periodo limitato (che può essere prorogato con l’accordo di tutte le parti coinvolte). I paesi dell’UE che costituiscono la squadra ne decidono la composizione, le finalità e la durata. La squadra è guidata da una persona di uno dei paesi dell’Unione europea in cui si svolge l’indagine. Può inoltre essere consentito a rappresentanti di Europol, Eurojust, OLAF e a rappresentanti di paesi extra-UE di partecipare alle attività della squadra. Tutti i membri della squadra devono svolgere i propri compiti nel rispetto delle leggi del paese in cui operano. Si può costituire una SIC anche con e tra paesi al di fuori dell’UE, a condizione che esista una base giuridica, come ad esempio un accordo internazionale o una legge nazionale. Il 1o dicembre 2014, il Regno Unito ha notificato alla Commissione europea la propria volontà di partecipare alla decisione quadro, confermata dalla decisione 2014/858/UE della Commissione. L’11 marzo 2016, l’Italia ha notificato alla Commissione di aver incorporato la decisione quadro nel proprio ordinamento nazionale. Ciò significa che tutti i paesi dell’UE hanno ora una base giuridica unionale su cui costituire le squadre investigative comuni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO? È entrata in vigore il 20 giugno 2002. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 1o gennaio 2003. CONTESTO Nel luglio 2005 è stata istituita la rete di esperti nazionali in materia di squadre investigative comuni (rete SIC), per attuare il «Programma dell’Aia» e il suo impegno a far sì che ciascun paese dell’UE designi un esperto nazionale «al fine di incoraggiare l’uso di squadre investigative comuni e lo scambio esperienze sulle migliori pratiche» (documento del Consiglio 11037/05). Dal 2005 la rete SIC si riunisce una volta all’anno e da metà gennaio 2011 ha un segretariato, ospitato da Eurojust, che promuove le attività della rete SIC e assiste gli esperti nazionali nel loro lavoro. In questo senso, dal 2012, il segretariato della rete SIC ha sostenuto lo sviluppo di un modulo progettato per assistere gli operatori nella valutazione delle prestazioni delle SIC, che comprende i risultati raggiunti, le questioni giuridiche e le difficoltà pratiche incontrate. Una prima versione del modulo di valutazione SIC è stata sviluppata e messa a disposizione dei professionisti del settore nell’aprile del 2014. Il numero crescente di squadre investigative comuni create ogni anno dimostra che si tratta di strumenti chiave, che consentono di coordinare le indagini e che aumentano la fiducia reciproca tra le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie dell’Unione europea. Per ulteriori informazioni, consultare: «Squadre investigative comuni — SIC» sul sito Internet di Europol; «Squadre investigative comuni — SIC» sul sito Internet di Eurojust. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni (GU L 162 del 20.6.2002, pag. 1-3) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 dell’1.12.2014, pag. 6-9)
4,883
544
32009H0708(02)
false
RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale (ECVET) (Testo rilevante ai fini del SEE) 2009/C 155/02 IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 149, paragrafo 4, e l'articolo 150, paragrafo 4, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) Lo sviluppo e il riconoscimento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze dei cittadini rivestono una funzione chiave ai fini del loro sviluppo personale e professionale nonché della promozione della competitività, dell'occupazione e della coesione sociale nella Comunità. A questo proposito essi dovrebbero agevolare la mobilità transnazionale dei lavoratori e dei discenti e contribuire a soddisfare le necessità dell'offerta e della domanda sul mercato del lavoro europeo. Occorre pertanto promuovere e migliorare a livello comunitario la partecipazione all'apprendimento permanente senza frontiere per tutti, nonché il trasferimento, il riconoscimento e l'accumulo dei risultati dell'apprendimento individuale ottenuti in contesti formali, non formali e informali. (2) Il Consiglio europeo di Lisbona del 2000 ha concluso che una maggiore trasparenza delle qualifiche dovrebbe costituire uno dei principali elementi necessari ad adeguare alle esigenze della società della conoscenza i sistemi di istruzione e di formazione nella Comunità. Inoltre il Consiglio europeo di Barcellona del 2002 ha posto l'accento sull'importanza di migliorare la trasparenza e i metodi di riconoscimento nel settore dell'istruzione e della formazione professionale. (3) I sistemi di istruzione e formazione professionale, uno dei principali settori dell'apprendimento permanente, sono direttamente legati sia all'istruzione generale e superiore sia alla politica in materia di occupazione e alla politica sociale di ciascuno Stato membro. Attraverso il loro impatto transettoriale, essi promuovono non solo la competitività dell'economia europea e la soddisfazione delle esigenze del mercato del lavoro, ma anche la coesione sociale, l'uguaglianza e la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini. (4) La risoluzione del Consiglio del 19 dicembre 2002 sulla promozione di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale (4) («il processo di Copenaghen») e la relazione intermedia comune 2004 del Consiglio e della Commissione sull'attuazione del programma di lavoro Istruzione e formazione 2010 (5), ribadiscono l'importanza di un sistema di trasferimento di crediti per l'istruzione e la formazione professionale, mentre la relazione congiunta 2008 del Consiglio e della Commissione (6) sottolinea la necessità di compiere sforzi maggiori per migliorare la qualità e l'attrattività dell'istruzione e della formazione professionale. (5) Le conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 15 novembre 2004 sulle priorità future di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale (VET) hanno dato la priorità allo sviluppo e all'applicazione di un sistema europeo di trasferimento di crediti per l'istruzione e la formazione professionale al fine di consentire ai discenti di far valere i risultati conseguiti nei loro percorsi di apprendimento quando si trasferiscono da un sistema di formazione professionale a un altro. (6) Scopo della presente raccomandazione è la creazione di un sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale («ECVET») inteso ad agevolare il trasferimento, il riconoscimento e l'accumulo dei risultati comprovati dell'apprendimento delle persone interessate ad acquisire una qualifica. Ciò consentirà di migliorare la comprensione generale dei risultati dell'apprendimento dei cittadini nonché la loro trasparenza, mobilità transnazionale e portabilità tra gli Stati membri e, se del caso, all'interno degli stessi, in uno spazio di apprendimento permanente senza frontiere, come pure la mobilità e la portabilità delle qualifiche a livello nazionale fra diversi settori dell'economia e all'interno del mercato del lavoro; inoltre, contribuirà a sviluppare e potenziare la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione. (7) È opportuno che il sistema ECVET si basi sui principi e sulle specifiche tecniche di cui all'allegato II. Inoltre esso dovrebbe fondarsi sui principi comuni in materia di assicurazione della qualità definiti nelle conclusioni del Consiglio del 28 maggio 2004 sulla garanzia della qualità in materia di istruzione e formazione professionale e nella raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per garantire la qualità dell'insegnamento e della formazione professionale (7). (8) Il sistema ECVET è applicabile per tutti i risultati dell'apprendimento conseguibili in linea di principio attraverso vari percorsi di istruzione e di apprendimento a tutti i livelli del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente («EQF») e successivamente trasferiti e riconosciuti. La presente raccomandazione contribuisce pertanto al conseguimento dei più ampi obiettivi della promozione dell'apprendimento permanente e dell'accrescimento dell'occupabilità, dell'apertura alla mobilità e dell'inclusione sociale dei lavoratori e dei discenti. Essa facilita in particolare lo sviluppo di percorsi flessibili e individualizzati e il riconoscimento dei risultati dell'apprendimento conseguiti attraverso l'apprendimento non formale e informale. (9) L'esistenza di principi di assicurazione della qualità trasparenti, lo scambio di informazioni e lo sviluppo di partenariati tra le istituzioni competenti per le qualifiche, i soggetti erogatori di istruzione e formazione professionale e le altre parti in causa dovrebbero contribuire alla creazione di un clima di fiducia reciproca e dovrebbero agevolare l'applicazione della presente raccomandazione. (10) La presente raccomandazione dovrebbe migliorare la compatibilità, la comparabilità e la complementarità tra i sistemi di crediti utilizzati nell'istruzione e nella formazione professionale e il sistema europeo di accumulazione e trasferimento dei crediti («ECTS») utilizzato nel settore dell'istruzione superiore, contribuendo pertanto a una maggiore permeabilità tra i livelli di istruzione e formazione, conformemente alla normativa e alle prassi nazionali. (11) La convalida dei risultati comprovati dell'apprendimento non formale e informale dovrebbe essere promossa conformemente alle conclusioni del Consiglio del 28 maggio 2004 sui principi comuni europei per l'individuazione e la convalida dell'apprendimento non formale e informale. (12) La presente raccomandazione integra la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (8), la quale raccomanda agli Stati membri di promuovere stretti collegamenti tra l'EQF e gli esistenti o futuri sistemi europei di trasferimento e cumulo di crediti nell'istruzione superiore e nell'istruzione e formazione professionale. Mentre l'EQF ha come principale obiettivo l'aumento della trasparenza, della comparabilità e della trasferibilità delle qualifiche acquisite, il sistema ECVET è inteso ad agevolare il trasferimento, il riconoscimento e l'accumulazione dei risultati dell'apprendimento conseguiti da una persona in vista dell'acquisizione di una qualifica. (13) La presente raccomandazione tiene conto della decisione n. 2241/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, relativa a un quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass) (9) e della raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla mobilità transnazionale nella Comunità a fini di istruzione e formazione professionale: Carta europea di qualità per la mobilità (10). (14) La presente raccomandazione dovrebbe agevolare l'impegno delle competenti autorità locali e regionali nell'attività di collegamento, laddove opportuno, dei quadri e dei sistemi nazionali o di altro tipo in materia di qualifiche con il sistema ECVET. (15) La presente raccomandazione non dovrebbe pregiudicare la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (11), che attribuisce diritti e doveri sia alla pertinente autorità nazionale sia al lavoratore migrante. L'utilizzo del sistema ECVET non dovrebbe influenzare l'accesso al mercato del lavoro allorché le qualifiche professionali siano state riconosciute conformemente alla direttiva 2005/36/CE. Inoltre, il sistema ECVET non comporta per i cittadini alcun diritto di ottenere il riconoscimento automatico dei risultati dell'apprendimento o dei punti. (16) L'introduzione e l'attuazione del sistema ECVET sono volontarie ai sensi degli articoli 149 e 150 del trattato e possono quindi aver luogo solo in conformità delle leggi e regolamentazioni nazionali esistenti. (17) Poiché gli obiettivi della presente raccomandazione, ossia sostenere e completare le attività degli Stati membri, facilitare la cooperazione tra gli stessi, incrementare la trasparenza e promuovere la mobilità e l'apprendimento permanente, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa della dimensione o degli effetti, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente raccomandazione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, nella misura in cui non sostituisce né definisce le qualifiche, i sistemi di qualifiche o i sistemi di crediti nazionali, non prescrive specifici risultati dell'apprendimento o competenze personali, né auspica o richiede la frammentazione o l'armonizzazione dei sistemi delle qualifiche, RACCOMANDANO AGLI STATI MEMBRI DI: 1. promuovere il sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale («ECVET») illustrato negli allegati I e II, a tutti i livelli dell'EQF in riferimento alle qualifiche dell'istruzione e della formazione professionale, al fine di favorire la mobilità transnazionale e il riconoscimento dei risultati dell'apprendimento nel settore dell'istruzione e della formazione professionale e dell'apprendimento permanente senza frontiere; 2. creare le condizioni necessarie e adottare misure, se del caso, in modo che dal 2012, conformemente alla legislazione e alle prassi nazionali ed alla luce di sperimentazioni e prove, il sistema ECVET possa essere gradualmente applicato alle qualifiche dell'istruzione e della formazione professionale a tutti i livelli dell'EQF e utilizzato allo scopo di trasferire, riconoscere e accumulare i risultati dell'apprendimento conseguiti da una persona in contesti formali e, se del caso, non formali e informali; 3. promuovere lo sviluppo di reti e partenariati nazionali ed europei, cui partecipino autorità e istituzioni responsabili in materia di qualifiche e diplomi, i soggetti erogatori di istruzione e formazione professionale, le parti sociali e le altre parti in causa, finalizzate a sperimentare, applicare e promuovere il sistema ECVET; 4. garantire alle singole persone e alle parti in causa nel settore dell'istruzione e della formazione professionale l'accesso alle informazioni e alle istruzioni per l'uso del sistema ECVET, facilitando nel contempo lo scambio di informazioni tra gli Stati membri; assicurare inoltre che l'applicazione di tale sistema alle qualifiche sia adeguatamente pubblicizzata dalle autorità competenti e che gli associati documenti «Europass» rilasciati dalle competenti autorità contengano esplicite informazioni nel merito; 5. applicare, conformemente alla legislazione e alle prassi nazionali, i principi comuni di assicurazione della qualità nell'istruzione e nella formazione professionale definiti nelle conclusioni del Consiglio del 28 maggio 2004 sulla garanzia della qualità in materia di istruzione e formazione professionale in sede di utilizzo del sistema ECVET, in particolare con riferimento alla valutazione, alla convalida e al riconoscimento dei risultati dell'apprendimento; 6. assicurarsi dell'esistenza ai livelli appropriati di meccanismi operativi di monitoraggio e di coordinamento, conformemente alla legislazione, alle strutture e alle prescrizioni di ciascuno Stato membro, al fine di garantire la qualità, la trasparenza e la coerenza delle iniziative adottate per applicare il sistema ECVET. APPOGGIANO L'INTENZIONE DELLA COMMISSIONE DI: 1. sostenere gli Stati membri nell'espletamento dei compiti di cui ai punti da 1 a 6 e nell'utilizzo dei principi e delle specifiche tecniche del sistema ECVET quali definiti nell'allegato II, in particolare facilitando la sperimentazione, la collaborazione, l'apprendimento reciproco, la promozione e l'avvio di azioni di consultazione e informazione, garantendo nel contempo l'accesso al materiale di orientamento per tutti i cittadini interessati; 2. sviluppare, in collaborazione con gli Stati membri, esperti e utenti nazionali ed europei, un manuale e strumenti d'uso nonché adeguare i documenti Europass pertinenti; sviluppare know-how per il miglioramento della compatibilità e complementarità tra il sistema ECVET e l'ECTS utilizzato nel settore dell'istruzione superiore, in collaborazione con esperti in materia di istruzione e formazione professionale nonché di istruzione superiore e con utenti a livello nazionale ed europeo; e fornire regolarmente informazioni sugli sviluppi del sistema ECVET; 3. promuovere, partecipandovi con gli Stati membri, una rete ECVET europea comprendente le parti in causa nel settore dell'istruzione e della formazione professionale e le istituzioni nazionali competenti al fine di diffondere e sostenere il sistema ECVET negli Stati membri e costituire una piattaforma sostenibile per lo scambio di informazioni ed esperienze tra Stati membri; istituire, nell'ambito di tale rete, un gruppo di utenti del sistema ECVET al fine di contribuire all'aggiornamento del manuale d'uso e al miglioramento della qualità e della coerenza globale del processo di cooperazione per l'applicazione del sistema ECVET; 4. seguire e verificare le iniziative adottate, compresi i risultati delle sperimentazioni e delle prove e, previa valutazione delle iniziative condotte in collaborazione con gli Stati membri, riferire al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 18 giugno 2014, in merito alle esperienze acquisite e alle implicazioni per il futuro, includendo, se necessario, un riesame e un adeguamento della presente raccomandazione che comprendano l'aggiornamento degli allegati e del materiale di orientamento, in cooperazione con gli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addi 18 giugno 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente Štefan FÜLE (1) GU C 100 del 30.4.2009, pag. 140. (2) GU C 325 del 19.12.2008, pag. 48. (3) Posizione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2008 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'11 maggio 2009. (4) GU C 13 del 18.1.2003, pag. 2. (5) GU C 104 del 30.4.2004, pag. 1. (6) GU C 86 del 5.4.2008, pag. 1. (7) Cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale. (8) GU C 111 del 6.5.2008, pag.1. (9) GU L 390 del 31.12.2004, pag. 6. (10) GU L 394 del 30.12.2006, pag. 5. (11) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22. ALLEGATO I DEFINIZIONI Ai fini della presente raccomandazione si intendono per: a) «qualifica»: il risultato formale di un processo di valutazione e convalida ottenuto allorché un'istituzione competente stabilisce che una persona ha conseguito risultati dell'apprendimento a un determinato livello; b) «risultati dell'apprendimento»: l'indicazione in termini di conoscenze, abilità e competenze di ciò che un beneficiario di una formazione sa, comprende ed è in grado di fare una volta che ha completato un processo di apprendimento; c) «unità di risultati dell'apprendimento» (unità): un elemento della qualifica costituito da una serie coerente di conoscenze, abilità e competenze suscettibili di essere valutate e convalidate; d) «credito per i risultati dell'apprendimento» (credito): una serie di risultati dell'apprendimento conseguiti da una persona che sono stati valutati e che possono essere accumulati in vista di una qualifica o trasferiti ad altri programmi di apprendimento o altre qualifiche; e) «istituzione competente»: l'istituzione responsabile della concezione e dell'attribuzione di qualifiche o del riconoscimento di unità o altre funzioni connesse al sistema ECVET, quali l'attribuzione di punti ECVET alle qualifiche e alle unità, la valutazione, la convalida e il riconoscimento dei risultati dell'apprendimento, nel rispetto delle norme e delle prassi dei paesi partecipanti; f) «valutazione dei risultati dell'apprendimento»: i metodi e i processi utilizzati per definire la misura in cui una persona ha effettivamente conseguito una particolare conoscenza, abilità o competenza; g) «convalida dei risultati dell'apprendimento»: il processo di conferma che determinati risultati dell'apprendimento valutati, conseguiti da una persona, corrispondono ai risultati specifici che possono essere richiesti per un'unità o una qualifica; h) «riconoscimento dei risultati dell'apprendimento»: il processo in cui sono attestati i risultati dell'apprendimento ufficialmente conseguiti attraverso l'attribuzione di unità o qualifiche; i) «punti ECVET»: una rappresentazione numerica del peso complessivo dei risultati dell'apprendimento in una qualifica e del peso relativo delle unità in relazione alla qualifica. ALLEGATO II ECVET — PRINCIPI E SPECIFICHE TECNICHE ECVET è un quadro tecnico per il trasferimento, il riconoscimento e, se del caso, l'accumulazione dei risultati dell'apprendimento ai fini del raggiungimento di una qualifica. Gli strumenti e la metodologia di ECVET comprendono la descrizione delle qualifiche in termini di unità di risultati dell'apprendimento con i relativi punti, un processo di trasferimento e di accumulazione, nonché documenti integrativi quali accordi in materia di apprendimento, le trascrizioni degli archivi ed i manuali d'uso ECVET. ECVET è inteso a facilitare il riconoscimento dei risultati dell'apprendimento conformemente alla legislazione nazionale, nel quadro della mobilità, in vista del conseguimento di una qualifica. Occorre rilevare che ECVET non comporta per i cittadini alcun diritto di ottenere il riconoscimento automatico dei risultati dell'apprendimento o dei punti. La sua applicazione per una determinata qualifica è conforme alla legislazione, alle norme ed alle regolamentazioni applicabili negli Stati membri e si basa sui seguenti principi e sulle seguenti specifiche tecniche. 1. Unità di risultati dell'apprendimento Un'unità è un elemento della qualifica costituito da un complesso coerente di conoscenze, abilità e competenze che possono essere valutate e convalidate con una serie di punti ECVET associati. Una qualifica comprende in linea di principio diverse unità ed è formata dal complesso delle unità. Una persona può pertanto acquisire una qualifica accumulando le unità necessarie ottenute in paesi e contesti diversi (formali e, se del caso, non formali e informali), nel rispetto della legislazione nazionale relativa all'accumulazione delle unità ed al riconoscimento dei risultati dell'apprendimento. Le unità che costituiscono una qualifica dovrebbero essere: — descritte in termini leggibili e comprensibili con riferimento alle conoscenze, abilità e competenze in esse contenute; — costruite e organizzate in modo coerente con riguardo alla qualifica generale; — articolate in modo tale da consentire la distinta valutazione e convalida dei risultati dell'apprendimento contenuti nell'unità. Un'unità può riguardare un'unica qualifica o essere comune a diverse qualifiche. I risultati dell'apprendimento attesi che definiscono un'unità possono essere conseguiti indipendentemente dal luogo o dalle modalità di ottenimento. Un'unità pertanto non va confusa con un elemento di un programma di apprendimento formale o di una formazione. Le norme e le procedure finalizzate alla definizione delle caratteristiche delle unità di risultati dell'apprendimento e alla combinazione e all'accumulazione di unità per una determinata qualifica sono definite dalle istituzioni competenti e dai partner coinvolti nel processo di formazione conformemente alle norme nazionali o regionali. Le specifiche per un'unità dovrebbero includere: — il titolo generale dell'unità; — il titolo generale della qualifica (o delle qualifiche) cui l'unità si riferisce, laddove applicabile; — il riferimento della qualifica secondo il livello dell'EQF e, se del caso, il livello del quadro nazionale delle qualifiche («NQF») con i punti dei crediti ECVET associati alla qualifica; — i risultati dell'apprendimento contenuti nell'unità; — le procedure e i criteri di valutazione di tali risultati dell'apprendimento; — i punti ECVET associati all'unità; — se del caso, la validità in termini di tempo dell'unità. 2. Trasferimento e accumulazione dei risultati dell'apprendimento, partnership ECVET Nel sistema ECVET, le unità dei risultati dell'apprendimento conseguite in un contesto sono valutate e, se la valutazione è positiva, sono successivamente trasferite verso un altro contesto. In questo secondo ambito esse sono convalidate e riconosciute dall'istituzione competente come parte dei requisiti richiesti per la qualifica che la persona desidera ottenere. Le unità di risultati dell'apprendimento possono pertanto essere accumulate in vista dell'acquisizione di tale qualifica, conformemente alle norme nazionali o regionali. Le procedure e gli orientamenti concernenti la valutazione, la convalida, l'accumulazione e il riconoscimento delle unità dei risultati dell'apprendimento sono delineate dalle pertinenti istituzioni competenti e dai partner coinvolti nel processo di formazione. Il trasferimento di crediti basato sul sistema ECVET e applicato ai risultati dell'apprendimento conseguiti in contesti formali dovrebbe essere facilitato dall'istituzione di partnership e reti fra istituzioni competenti, ciascuna delle quali avrebbe facoltà, nel proprio contesto, di rilasciare qualifiche o unità o di attribuire crediti per i risultati dell'apprendimento conseguiti in vista del loro trasferimento e della loro convalida. L'istituzione di partenariati mira a: — creare un quadro generale di collaborazione e di messa in rete tra i partner sulla base di protocolli d'intesa al fine di promuovere l'instaurarsi di un clima di fiducia reciproca; — agevolare la definizione da parte dei partner di disposizioni specifiche in merito al trasferimento dei crediti. Il protocollo d'intesa dovrebbe confermare che i partner: — si riconoscono reciprocamente lo status di istituzione competente; — ritengono soddisfacenti ai fini del trasferimento dei crediti i criteri e le procedure adottati dai partner in materia di assicurazione della qualità, valutazione, convalida e riconoscimento; — approvano le condizioni per il funzionamento della partnership, quali obiettivi, durata e accordi per il riesame del protocollo d'intesa; — concordano sulla comparabilità delle qualifiche interessate ai fini del trasferimento dei crediti, utilizzando i livelli di riferimento stabiliti dal quadro europeo delle qualifiche; — individuano altre parti e istituzioni competenti che potrebbero partecipare al processo in questione e ne precisano le funzioni. Ai fini dell'applicazione del sistema ECVET ai risultati dell'apprendimento conseguiti in un contesto non formale e informale o al di fuori del quadro di un protocollo d'intesa, l'istituzione competente autorizzata a rilasciare qualifiche o unità o ad attribuire crediti deve fissare le procedure e i meccanismi idonei all'individuazione, alla convalida e al riconoscimento di tali risultati attraverso l'attribuzione delle relative unità e degli associati punti ECVET. 3. Accordo di apprendimento e libretto personale Ai fini del trasferimento di crediti con la partecipazione di due partner e di uno specifico discente in mobilità, le due istituzioni competenti coinvolte nel processo di formazione e convalida e il beneficiario della formazione stipulano, nel quadro di un protocollo d'intesa, un accordo di apprendimento. In tale accordo: — dovrebbe essere operata una distinzione tra istituzione competente di provenienza e ospitante (1); — sono specificate le particolari condizioni per un periodo di mobilità quali l'identità del soggetto beneficiario della formazione, la durata del periodo di mobilità, i risultati dell'apprendimento attesi e gli associati punti ECVET. L'accordo di apprendimento deve stabilire che, nel caso in cui il soggetto beneficiario della formazione abbia conseguito i risultati previsti e questi siano stati positivamente valutati dall'istituzione ospitante, l'istituzione di provenienza dovrebbe convalidarli e riconoscerli quali parte dei requisiti per una qualifica, conformemente alle procedure e alle disposizioni fissate dall'istituzione competente. I trasferimenti tra partner possono riguardare i risultati dell'apprendimento conseguiti in contesti formali e, se del caso, non formali e informali. Pertanto il trasferimento di crediti per i risultati dell'apprendimento conseguiti prevede tre stadi: — l'istituzione ospitante valuta i risultati dell'apprendimento conseguiti e attribuisce al soggetto beneficiario della formazione i pertinenti crediti; i risultati dell'apprendimento conseguiti e i corrispondenti punti ECVET sono registrati nel suo «libretto personale» (2); — l'istituzione di provenienza convalida i crediti come un'idonea attestazione dei risultati conseguiti dal soggetto in questione; — l'istituzione di provenienza riconosce quindi i risultati dell'apprendimento conseguiti. Tale riconoscimento determina l'attribuzione delle unità e dei corrispondenti punti ECVET secondo le norme del sistema nazionale. La convalida e il riconoscimento da parte dell'istituzione competente di provenienza dipende dalla valutazione positiva dei risultati dell'apprendimento effettuata dall'istituzione ospitante, conformemente alle procedure e ai criteri di assicurazione della qualità convenuti. 4. Punti ECVET I punti ECVET forniscono informazioni supplementari sulle qualifiche e sulle unità in forma numerica. Essi hanno valore solo in funzione dei risultati dell'apprendimento per la qualifica specifica cui si riferiscono e riflettono il conseguimento e l'accumulazione di unità. Ai fini di un approccio comune per l'uso dei punti ECVET si prevede l'attribuzione convenzionale di 60 punti ai risultati dell'apprendimento che ci si attende siano conseguiti in un anno di istruzione e formazione professionale formale a tempo pieno. Nel sistema ECVET i punti sono normalmente attribuiti in due fasi: dapprima alla qualifica nel suo insieme e poi alle sue unità. Per una determinata qualifica si prende come riferimento un contesto di apprendimento formale e per convenzione si attribuisce il numero totale di punti per tale qualifica. A partire da questo totale sono quindi attribuiti a ciascuna unità punti ECVET in funzione del loro peso relativo nell'ambito della qualifica. Per le qualifiche che non dispongono di un percorso di apprendimento formale di riferimento, punti ECVET possono essere attribuiti attraverso stime sulla base di confronti con altre qualifiche che presentano un contesto formale di riferimento. Per determinare la comparabilità delle qualifiche, l'istituzione competente dovrebbe far riferimento all'equivalente livello EQF o eventualmente NQF o alle analogie tra i risultati dell'apprendimento in un settore professionale strettamente correlato. Il peso relativo di un'unità di risultati dell'apprendimento, con riguardo alle qualifiche, dovrebbe essere determinato sulla base dei seguenti criteri o di una loro combinazione: — l'importanza relativa dei risultati dell'apprendimento che costituiscono l'unità ai fini della partecipazione al mercato del lavoro, di progressi verso altri livelli di qualifica o dell'integrazione sociale; — la complessità, l'ampiezza e il volume dei risultati dell'apprendimento nell'unità; — lo sforzo necessario per acquisire le conoscenze, abilità e competenze necessarie per l'unità. Il peso relativo di una qualsiasi unità comune a molteplici qualifiche, espressa in punti ECVET, può variare da una qualifica all'altra. L'attribuzione di punti ECVET rientra normalmente nella concezione delle qualifiche e delle unità. Essa spetta all'istituzione competente responsabile della definizione e della realizzazione della qualifica o appositamente incaricata di espletare tale compito. Nei paesi in cui esiste già un sistema nazionale di punti, le pertinenti istituzioni competenti stipulano accordi per la conversione dei punti nazionali in punti ECVET. L'acquisizione di una qualifica o di un'unità determina l'attribuzione degli associati punti ECVET, indipendentemente dal tempo effettivo necessario per conseguirli. Normalmente il trasferimento di un'unità comporta il trasferimento dei corrispondenti punti ECVET, in maniera tale che essi sono inclusi quando i risultati dell'apprendimento trasferiti sono riconosciuti, conformemente alle norme nazionali o regionali. Spetta all'istituzione competente riconsiderare, se necessario, i punti ECVET di cui tener conto, a condizione che le norme e le metodologie all'uopo stabilite siano trasparenti e ispirate a principi di assicurazione della qualità. Qualsiasi qualifica acquisita attraverso un apprendimento non formale o informale per il quale può essere individuato un percorso di apprendimento formale di riferimento e le corrispondenti unità producono gli stessi punti ECVET del riferimento, dato che vengono conseguiti i medesimi risultati dell'apprendimento. (1) L'istituzione di provenienza è l'organismo che convalida e riconosce i risultati dell'apprendimento conseguiti dal soggetto beneficiario della formazione. L'istituzione ospitante è quella che eroga la formazione per i risultati di apprendimento considerati e valuta i risultati conseguiti. (2) Un libretto personale è un documento che elenca i risultati dell'apprendimento valutati, nonché le unità e i punti ECVET attribuiti al soggetto beneficiario della formazione.
Sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionali (ECVET) L’ECVET è un quadro metodologico comune che facilita l’accumulo e il trasferimento dei crediti di apprendimento da un sistema di certificazione all'altro. Il suo obiettivo è quello di favorire la mobilità transnazionale e l'accesso all'apprendimento durante l'intero arco della vita. Questo dispositivo non intende sostituire i sistemi nazionali di certificazione, bensì ottenere una migliore comparabilità e compatibilità fra tali sistemi. L'ECVET si applica a tutti i risultati ottenuti da una persona nelle varie filiere dell'istruzione e della formazione, successivamente trasferiti, riconosciuti e accumulati in vista dell’acquisizione di una qualifica. La presente iniziativa consentirà ai cittadini dell’Unione europea di ottenere con maggiore facilità il riconoscimento delle loro formazioni, delle loro competenze e delle loro conoscenze acquisite in un paese dell’UE diverso dal proprio. ATTO Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’istituzione di un sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale (ECVET) (GU C 155 dell'8.7.2009, pag. 11-18) SINTESI La Commissione europea definisce il sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionali (ECVET) come un quadro metodologico utile per descrivere le certificazioni , in termini di unità di apprendimento , con punti di credito associati. L’ECVET è un sistema europeo di accumulazione, capitalizzazione e trasferimento di unità di apprendimento riguardante l'istruzione e la formazione professionali in Europa. Tale sistema consente di attestare e registrare i risultati delle formazioni svolte da una persona in diversi contesti, sia all'estero sia attraverso un percorso formale o informale di apprendimento. I risultati di tali acquisizioni possono essere trasferiti verso i contesti di origine delle persone interessate, ove possono essere accumulati e ne può essere ottenuta la certificazione. La diversità dei sistemi nazionali che definiscono i livelli e il contenuto di certificazione non favorisce la mobilità transnazionale di chi è in formazione. L’ECVET rimedia a tale situazione favorendo la mobilità delle persone in formazione attraverso l'intera Europa. I paesi dell’UE erano liberi di adottare la raccomandazione e di realizzare questo sistema. Essi erano quindi invitati, a titolo volontario, ad applicare progressivamente misure volte ad utilizzare il sistema ECVET a decorrere dal 2012. L’ECVET viene attuato attraverso partenariati e reti sulla base di accordi di apprendimento (protocolli d’intesa) che costituiscono un quadro adatto per il trasferimento dei crediti. In vista del trasferimento dei crediti, vengono illustrati nell’allegato II i principi e le specifiche tecniche per descrivere le qualifiche in termini di unità di risultati dell’apprendimento con i relativi punti. Una rete ECVET europea, comprendente le parti in causa nel settore dell’IFP e le istituzioni competenti, promuove l’ECVET e consente ai paesi dell’UE di scambiarsi informazioni ed esperienze. Nell’ambito di tale rete la Commissione ha istituito un gruppo di utenti del sistema ECVET al fine di contribuire all’aggiornamento del manuale d’uso ECVET e all’applicazione di tale sistema. Complementarità con altre iniziative per il riconoscimento e il trasferimento delle competenze L’ECVET è una delle tante iniziative europee in favore della mobilità di chi è in formazione nell'Unione europea (UE), quali Europass e la carta europea di qualità per la mobilità . L’ECVET, inoltre, completa il sistema europeo di accumulazione e trasferimento dei crediti (ECTS), collegando l'istruzione e la formazione professionali all’istruzione superiore. Istituito nel 1989, il sistema ECTS ha favorito la trasparenza e il riconoscimento dei periodi di studio all'estero. L'obiettivo di ECVET è quello di facilitare il trasferimento di crediti di apprendimento da un sistema di certificazione ad un altro. Esso differisce dal quadro europeo delle qualifiche (EQF) che è un contesto di riferimento comune. L'ECVET mira a favorire la compatibilità dei sistemi, ma non la loro armonizzazione, come interfaccia fra le disposizioni esistenti a livello nazionale per l’accumulo, il riconoscimento e il trasferimento dei crediti. L’ECVET non riguarda il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, per il quale la direttiva corrispondente prevede obblighi vincolanti per i paesi dell’UE. Quadro europeo di riferimento per garantire la qualità dell’IFP Un nuovo strumento di riferimento per motivare i paesi dell’UE a scambiarsi le loro procedure migliori nel settore delle politiche di istruzione e di formazione professionali è stato presentato insieme all’ECVET. Il Contesto europeo di riferimento per garantire la qualità (CERAQ) è destinato a migliorare le procedure nazionali di gestione della qualità in questo settore grazie a un insieme di criteri e indicatori comuni. TERMINI CHIAVE *Certificazione: risultato formale di un processo di valutazione e convalida ottenuto quando un’istituzione competente stabilisce che una persona ha acquisito determinate conoscenze. * Unità di acquisizione di conoscenze:elemento di una certificazione comprendente un insieme coerente di conoscenze, abilità e competenze che può essere oggetto di una valutazione e di una convalida. *Punto di credito o punto ECVET: rappresentazione numerica complessiva dell’acquisizione di conoscenze relative ad una certificazione, nonché di ciascuna unità della certificazione.
10,506
803
32012D0738
false
DECISIONE DEL CONSIGLIO del 13 novembre 2012 relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, della convenzione sull’assistenza alimentare (2012/738/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 214, paragrafo 4, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 6, lettera a), vista la proposta della Commissione europea, vista l’approvazione del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) L’Unione è parte della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 (1) («CAA 1999»), che scade il 1o luglio 2012. (2) Conformemente alla decisione 2012/511/UE del Consiglio (2), la convenzione sull’assistenza alimentare è stata firmata il 23 luglio 2012, con riserva della sua conclusione. (3) L’Unione ha interesse ad essere parte della convenzione in quanto quest’ultima dovrebbe favorire il conseguimento degli obiettivi nel settore dell’aiuto umanitario di cui all’articolo 214, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. (4) È opportuno approvare la convenzione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 La convenzione sull’assistenza alimentare («convenzione») è approvata a nome dell’Unione. Il testo della convenzione è accluso alla presente decisione. Articolo 2 La Commissione stabilisce l’impegno annuo da sottoscrivere a nome dell’Unione conformemente all’articolo 5 della convenzione, e lo comunica al segretariato del comitato. Articolo 3 La Commissione presenta relazioni annuali e partecipa allo scambio di informazioni a nome dell’Unione conformemente all’articolo 6 della convenzione. Articolo 4 Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a procedere, a nome dell’Unione, al deposito dello strumento di approvazione di cui all’articolo 12 della convenzione, al fine di esprimere il consenso dell’Unione ad essere vincolata dalla convenzione (3). Articolo 5 La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Fatto a Bruxelles, il 13 novembre 2012 Per il Consiglio Il presidente V. SHIARLY (1) GU L 222 del 24.8.1999, pag. 40. (2) GU L 256 del 22.9.2012, pag. 3. (3) La data di entrata in vigore della convenzione sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea a cura del segretariato generale del Consiglio. TRADUZIONE CONVENZIONE SULL’ASSISTENZA ALIMENTARE PREAMBOLO LE PARTI DELLA PRESENTE CONVENZIONE, CONFERMANDO il loro impegno costante riguardo agli obiettivi, tuttora validi, della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999, per contribuire alla sicurezza alimentare mondiale e a migliorare la capacità della comunità internazionale di far fronte alle situazioni di emergenza e agli altri bisogni alimentari dei paesi in via di sviluppo, DESIDEROSE di migliorare l’efficacia, l’efficienza e la qualità dell’assistenza alimentare al fine di preservare le vite umane e alleviare le sofferenze delle popolazioni più vulnerabili, soprattutto in situazioni di emergenza, potenziando la cooperazione e il coordinamento internazionali, soprattutto tra le parti e i soggetti interessati, RICONOSCENDO che le popolazioni vulnerabili hanno particolari bisogni alimentari e nutrizionali, AFFERMANDO che gli Stati sono i principali responsabili della loro sicurezza alimentare e quindi della progressiva realizzazione del diritto a un’alimentazione adeguata, come definito dalle linee guida dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) «Voluntary Guidelines on the Progressive Realization of the Right to Adequate Food in the Context of National Food Security» (linee guida volontarie sulla realizzazione progressiva del diritto ad un’alimentazione adeguata nel contesto della sicurezza alimentare nazionale), adottate dal Consiglio della FAO nel novembre 2004, INCENTIVANDO i governi dei paesi che versano in condizioni di insicurezza alimentare a elaborare e attuare strategie nazionali che affrontino le cause a monte dell’insicurezza alimentare, tramite misure di lungo respiro, e che garantiscano i nessi necessari tra le attività di soccorso, ripresa e sviluppo, FONDANDOSI sul diritto internazionale umanitario e sui principi umanitari fondamentali di umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza, BASANDOSI sui «Principles and Good Practice of Humanitarian Donorship» (principi e buone pratiche per l’aiuto umanitario), firmati a Stoccolma il 17 giugno 2003, RICONOSCENDO che le parti conducono politiche proprie per l’erogazione dell’assistenza alimentare in situazioni di emergenza e non, TENENDO PRESENTI il piano d’azione del vertice mondiale sull’alimentazione adottato a Roma nel 1996, i cinque principi di Roma per una sicurezza alimentare globale sostenibile individuati dalla Dichiarazione del vertice mondiale sulla sicurezza alimentare del 2009, in particolare l’impegno a conseguire la sicurezza alimentare per tutti i paesi, e lo sforzo continuo per ridurre la povertà ed eliminare la fame ribadito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella Dichiarazione del millennio delle Nazioni Unite, CONSIDERANDO gli impegni sottoscritti dai paesi donatori e beneficiari per migliorare l’efficacia degli aiuti allo sviluppo nel rispetto dei principi stabiliti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) nella dichiarazione di Parigi sull’efficacia degli aiuti allo sviluppo adottata nel 2005, INTENZIONATE ad agire nel rispetto degli obblighi derivanti dalla loro appartenenza all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), e in particolare di qualsiasi normativa dell’OMC sugli aiuti alimentari, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Obiettivi La presente convenzione mira a salvare vite umane, a ridurre la fame, a migliorare la sicurezza alimentare e lo stato nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili: a) sopperendo al fabbisogno alimentare e nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili tramite gli impegni sottoscritti dalle parti di fornire un’assistenza alimentare che migliori l’accesso ad alimenti adeguati, sicuri e nutrienti, e che ne favorisca il consumo; b) facendo in modo che l’assistenza alimentare fornita alle popolazioni più vulnerabili sia adeguata, opportuna, efficace, efficiente e fondata sui bisogni e su principi comuni; c) facilitando lo scambio di informazioni, la cooperazione e il coordinamento e offrendo un forum di discussione al fine di migliorare l’utilizzazione efficace, efficiente e coerente delle risorse delle parti per soddisfare il fabbisogno. Articolo 2 Principi dell’assistenza alimentare Nel fornire ed erogare assistenza alimentare alle popolazioni più vulnerabili, le parti dovrebbero sempre rispettare i seguenti principi: a) principi generali dell’assistenza alimentare: i) l’assistenza alimentare è fornita solo quando rappresenta il mezzo più efficace e adeguato per soddisfare il fabbisogno alimentare o nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili; ii) l’assistenza alimentare è fornita tenendo presenti gli obiettivi a lungo termine di riabilitazione e sviluppo dei paesi beneficiari e nel perseguimento dell’obiettivo generale di garantire la sicurezza alimentare, ove appropriato; iii) l’assistenza alimentare è fornita in modo da tutelare la sussistenza e rafforzare l’autosufficienza e la resilienza delle popolazioni vulnerabili e delle comunità locali, e in modo da prevenire e attenuare le crisi di sicurezza alimentare e in modo da prepararsi e rispondere ad esse; iv) l’assistenza alimentare è fornita in modo da evitare la dipendenza e ridurre al minimo l’impatto negativo diretto e indiretto sui beneficiari e su ogni altro soggetto; v) l’assistenza alimentare è fornita in modo da non incidere negativamente sulla produzione locale, sulle condizioni di mercato, sulle strutture di commercializzazione e sugli scambi o sui prezzi dei beni di prima necessità per le popolazioni vulnerabili; vi) l’assistenza alimentare è fornita, ove possibile, esclusivamente sotto forma di doni; b) principi sull’efficacia dell’assistenza alimentare: i) i costi associati relativi all’assistenza alimentare alle popolazioni vulnerabili sono ridotti al minimo, al fine di aumentare l’importo disponibile per finanziare tale assistenza e di promuovere l’efficienza; ii) sono ricercati attivamente la cooperazione, il coordinamento e lo scambio di informazioni per migliorare l’efficacia e l’efficienza dei programmi di assistenza alimentare e la coerenza tra l’assistenza alimentare e i relativi settori e strumenti di politica connessi; iii) i prodotti alimentari e le altre componenti dell’assistenza alimentare sono acquistati sui mercati locali e regionali, ove possibile e opportuno; iv) l’assistenza alimentare è fornita sempre più sotto forma di aiuti svincolati in valuta, ove ciò sia possibilite e corrisponda ai bisogni; v) gli aiuti alimentari sono monetizzati solo in presenza di un’esigenza precisa e per migliorare la sicurezza alimentare delle popolazioni vulnerabili; la monetizzazione è basata su un’analisi di mercato trasparente e obiettiva e in modo da evitare qualsiasi distorsione commerciale; vi) l’assistenza alimentare non deve servire a promuovere gli obiettivi di sviluppo commerciale delle parti; vii) la riesportazione degli aiuti alimentari è evitata nella misura del possibile, a meno che non sia necessaria a prevenire o rispondere a situazioni di emergenza; la riesportazione di aiuti alimentari deve essere effettuata in modo da evitare qualsiasi distorsione commerciale; viii) sono riconosciuti, se del caso, il ruolo e la responsabilità primari delle autorità competenti o dei soggetti interessati per quanto riguarda i compiti relativi all’organizzazione, al coordinamento e all’attuazione delle operazioni di assistenza alimentare; c) principi relativi all’erogazione dell’assistenza alimentare: i) l’assistenza alimentare è fornita in funzione delle esigenze alimentari e nutrizionali delle popolazioni più vulnerabili; ii) i beneficiari, ed eventualmente altri soggetti interessati, sono coinvolti nella valutazione del fabbisogno dei beneficiari e nella definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione dell’assistenza alimentare; iii) l’assistenza alimentare rispetta le norme di sicurezza sanitaria e di qualità applicabili, le abitudini alimentari locali e culturali e il fabbisogno nutrizionale dei beneficiari; iv) l’assistenza alimentare è fornita nel rispetto della dignità dei beneficiari; d) principi sulla responsabilità dell’assistenza alimentare: i) la responsabilizzazione e la trasparenza delle politiche, dei programmi e delle operazioni di assistenza alimentare sono rafforzate con misure specifiche e adeguate; ii) i risultati e l’impatto delle attività di assistenza alimentare sono monitorati, valutati e comunicati in modo sistematico e trasparente per permettere di sviluppare ulteriormente le migliori pratiche e di massimizzarne l’efficacia. Articolo 3 Rapporto con gli accordi dell’OMC La presente convenzione lascia impregiudicati gli obblighi presenti o futuri che intercorrono tra le parti nell’ambito dell’OMC. In caso di conflitto tra tali obblighi e la presente convenzione, i primi prevalgono. La presente convenzione non pregiudica le posizioni che una parte può adottare nell’ambito di negoziati nell’OMC. Articolo 4 Paesi, popolazioni vulnerabili, prodotti, attività ammissibili e costi associati 1. Per «paese ammissibile» si intende qualsiasi paese figurante nell’elenco dei beneficiari dell’aiuto pubblico allo sviluppo stabilito dal comitato per l'assistenza allo sviluppo (CAS) dell’OCSE, o qualsiasi altro paese individuato dalle regole di procedura e di attuazione. 2. Per «popolazioni vulnerabili ammissibili» si intendono le popolazioni vulnerabili di qualsiasi paese ammissibile. 3. Per «prodotti ammissibili» si intendono i prodotti destinati al consumo umano, conformi alle pertinenti politiche e normative nazionali del paese in cui si svolgono le operazioni e, se del caso, alle norme internazionali applicabili in materia di sicurezza e di qualità degli alimenti, e i prodotti che contribuiscono a soddisfare il fabbisogno alimentare e a salvaguardare la sussistenza nelle situazioni di emergenza e di ripresa rapida. L’elenco dei prodotti ammissibili è riportato nelle regole di procedura e di attuazione. 4. Le attività ammissibili ai fini dell’esecuzione dell’impegno annuo minimo di una parte conformemente all’articolo 5, sono conformi all’articolo 1 e includono almeno le seguenti attività: a) fornitura e distribuzione di prodotti ammissibili; b) versamento di contanti e distribuzione di buoni per acquisto alimentare; c) interventi nutrizionali. Tali attività ammissibili sono descritte in modo più dettagliato nelle regole di procedura e di attuazione. 5. I costi associati ammissibili ai fini dell’esecuzione dell’impegno annuo minimo di ciascuna parte conformemente all’articolo 5, sono conformi all’articolo 1 e si limitano ai costi direttamente collegati alla prestazione delle attività ammissibili, come precisato nelle regole di procedura e di attuazione. Articolo 5 Impegno 1. Per conseguire gli obiettivi della presente convenzione, ciascuna parte accetta di stabilire un impegno annuo per l’assistenza alimentare, conformemente alle proprie leggi e normative. Per «impegno annuo minimo» si intende l’impegno di ciascuna parte. 2. L’impegno annuo minimo è espresso in valore o in quantità, come ulteriormente specificato nelle regole di procedura e di attuazione. L’impegno delle parti può essere espresso in valore minimo, in quantità minima o combinando i due elementi. 3. Gli impegni annui minimi in valore possono essere espressi nella valuta prescelta da ciascuna parte. Gli impegni annui minimi in quantità possono essere espressi in tonnellate di equivalente cereali o in altre unità di misura previste dalle regole di procedura e di attuazione. 4. Ciascuna parte notifica l’impegno annuo minimo iniziale quanto prima al segretariato, e in ogni caso entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente convenzione, o entro tre mesi dalla sua adesione alla presente convenzione. 5. Ciascuna parte comunica al segretariato le eventuali modifiche che intende apportare negli anni successivi all’impegno annuo minimo entro il quindici dicembre dell’anno che precede la modifica. 6. Il segretariato comunica al più presto, e in ogni caso entro il primo gennaio di ogni anno, l’aggiornamento degli impegni annui minimi a tutte le parti. 7. I contributi destinati a raggiungere gli impegni annui minimi dovrebbero essere effettuati integralmente sotto forma di doni laddove possibile. Per quanto riguarda l’assistenza alimentare imputata all’esecuzione dell’impegno di ciascuna parte, è erogato integralmente sotto forma di doni almeno l’80 % dell’assistenza destinata ai paesi ammissibili e alle popolazioni vulnerabili ammissibili, come precisato nelle regole di procedura e di attuazione. Nei limiti del possibile, le parti si impegnano a superare progressivamente questa percentuale. Ciascuna parte rende conto nella relazione annuale dei contributi non erogati integralmente sotto forma di doni. 8. Le parti si impegnano a effettuare tutte le loro transazioni di assistenza alimentare nel quadro della presente convenzione in modo da evitare qualsiasi pregiudizio alla struttura normale di produzione e del commercio internazionale. 9. Le parti garantiscono che la fornitura di assistenza alimentare non sia vincolata direttamente o indirettamente, formalmente o informalmente, esplicitamente o implicitamente a esportazioni commerciali di prodotti agricoli o di altri beni e servizi verso i paesi beneficiari. 10. Le parti onorano l’impegno annuo minimo, espresso in valore o in quantità, con contributi conformi alla presente convenzione consistenti in fondi destinati a finanziare prodotti o attività ammissibili e costi associati, ai sensi dell’articolo 4 e come precisato nelle regole di procedura e di attuazione. 11. I contributi per raggiungere l’impegno annuo minimo in forza della presente convenzione possono essere diretti unicamente a paesi o popolazioni vulnerabili ammissibili, ai sensi dell’articolo 4 e come precisato nelle regole di procedura e di attuazione. 12. I contributi delle parti possono essere erogati bilateralmente, tramite organizzazioni intergovernative o altre organizzazioni internazionali o tramite altri partner nel settore dell’assistenza alimentare, ma non tramite altre parti. 13. Ciascuna parte si adopera al fine di garantire il raggiungimento del proprio impegno annuo minimo. La parte che non riesce, in un particolare anno, a raggiungere il proprio impegno annuo minimo, descrive le circostanze di tale inadempimento nella relazione annuale per l’anno in questione. La quota rimasta scoperta viene aggiunta al suo impegno annuo minimo per l’anno successivo, a meno che il comitato istituito a norma dell’articolo 7 non decida altrimenti o che la mancanza non sia giustificata da circostanze straordinarie. 14. Se una parte contribuisce oltre il proprio impegno annuo minimo, la quota in eccedenza, entro il limite del cinque per cento del suo contributo annuo minimo, può essere imputata al suo impegno per l’anno successivo. Articolo 6 Relazioni annuali e scambio di informazioni 1. Entro novanta giorni dalla fine dell’anno civile, ciascuna parte inoltra al segretariato una relazione annuale, conformemente alle regole di procedura e di attuazione, che descrive in dettaglio come essa ha raggiunto l’impegno annuo minimo stabilito in forza della presente convenzione. 2. Tale relazione annuale contiene una sezione argomentativa che può includere delle informazioni relative al modo in cui le politiche, i programmi e le operazioni della parte nel settore dell’assistenza alimentare contribuiscono agli obiettivi e ai principi della presente convenzione. 3. Le parti dovrebbero scambiarsi regolarmente informazioni sulle loro politiche e sui loro programmi nel settore dell’assistenza alimentare nonché sui risultati delle relative valutazioni. Articolo 7 Comitato di assistenza alimentare 1. È istituito un comitato di assistenza alimentare (il «comitato»), composto da tutte le parti della presente convenzione. 2. Il comitato delibera in sessioni formali e svolge le funzioni necessarie all’applicazione delle disposizioni della presente convenzione, nel rispetto dei principi e degli obiettivi da questa stabiliti. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno e può adottare regole che precisino le disposizioni della presente convenzione per assicurarne la corretta attuazione. Il documento FAC(11/12)1, del 25 aprile 2012, del comitato per l’aiuto alimentare istituito in forza della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 fungerà inizialmente da regole di procedura e di attuazione della presente convenzione. Il comitato può successivamente decidere di modificare tali regole di procedura e di attuazione. 4. Il comitato delibera per consenso, vale a dire che nessuna parte esprime alcuna opposizione formale alla proposta di decisione del comitato su una questione discussa durante una sessione formale. Un’opposizione formale può essere espressa durante la sessione formale o entro trenta giorni dalla trasmissione del verbale della sessione formale che contiene le proposte di decisioni interessate. 5. Ogni anno il segretariato prepara per il comitato una relazione di sintesi redatta, adottata e pubblicata conformemente alle regole di procedura e di attuazione. 6. Il comitato dovrebbe fungere da forum di discussione tra le parti su questioni riguardanti l’assistenza alimentare, come la necessità di ottenere impegni adeguati e opportuni in materia di risorse per soddisfare il fabbisogno alimentare e nutrizionale, soprattutto in particolari situazioni di emergenza o di crisi. Il comitato dovrebbe facilitare lo scambio e la divulgazione di informazioni con gli altri soggetti interessati, che può consultare e ai quali può chiedere informazioni per alimentare le discussioni. 7. Ciascuna parte nomina un proprio rappresentante al quale il segretariato invia le notifiche e le altre comunicazioni. Articolo 8 Presidente e vicepresidente del comitato 1. Ogni anno, in occasione dell’ultima sessione formale, il comitato nomina un presidente e un vicepresidente per l’anno successivo. 2. Il presidente svolge i seguenti compiti: a) approva l’ordine del giorno provvisorio delle sessioni formali o delle riunioni informali; b) presiede le sessioni formali o le riunioni informali; c) avvia e conclude le sessioni formali o le riunioni informali; d) sottopone, all’inizio di ogni sessione formale o riunione informale, l’ordine del giorno provvisorio per l’approvazione da parte del comitato; e) dirige i dibattiti e assicura l’osservanza delle regole di procedura e di attuazione; f) accorda alle parti il diritto di parola; g) delibera su ogni mozione d’ordine conformemente alle pertinenti disposizioni delle regole di procedura e di attuazione; h) rivolge domande e annuncia decisioni. 3. Se non può partecipare in tutto o in parte a una sessione formale o a una riunione informale, o se è temporaneamente impossibilitato a svolgere le sue funzioni, il presidente è sostituito dal vicepresidente. In caso di assenza tanto del presidente quanto del vicepresidente, il comitato designa un presidente ad interim. 4. Se, per qualunque motivo, il presidente non può continuare ad esercitare il proprio mandato, il vicepresidente gli subentra nell’ufficio, fino alla fine dell’anno in corso. Articolo 9 Sessioni formali e riunioni informali 1. Il comitato si riunisce in sessioni formali e in riunioni informali secondo le regole di procedura e di attuazione. 2. Il comitato si riunisce in sessione formale almeno una volta l’anno. 3. Ulteriori sessioni formali o riunioni informali del comitato sono convocate su richiesta del presidente o di almeno tre parti. 4. Il comitato può invitare a partecipare alle sue sessioni formali o riunioni informali osservatori o altri soggetti interessati che desiderino discutere particolari questioni riguardanti l’assistenza alimentare, conformemente alle regole di procedura e di attuazione. 5. Il comitato si riunisce nella sede stabilita secondo le regole di procedura e attuazione. 6. L’ordine del giorno delle sessioni formali e delle riunioni informali è stilato secondo le regole di procedura e di attuazione. 7. Il verbale di una sessione formale, che rende conto di qualsiasi proposta di decisione del comitato, è trasmesso entro trenta giorni dalla data della sessione. Articolo 10 Segretariato 1. Il comitato nomina un segretariato e si avvale dei suoi servizi secondo le regole di procedura e di attuazione. Il comitato chiede al Consiglio internazionale dei cereali (CIC) che il segretariato di quest’ultimo funga inizialmente da segretariato del comitato. 2. Il segretariato esegue i compiti definiti dalla presente convenzione e dalle regole di procedura e di attuazione, svolge mansioni amministrative, compreso il trattamento e la distribuzione di documenti e relazioni, e assolve ad altre funzioni decise dal comitato. Articolo 11 Composizione delle controversie Il comitato si impegna a comporre eventuali controversie tra le parti sull’interpretazione o sull’attuazione della presente convenzione o delle regole di procedura e di attuazione e sul presunto inadempimento degli obblighi stabiliti nella presente convenzione. Articolo 12 Firma e ratifica, accettazione o approvazione La presente convenzione è aperta alla firma dell’Argentina, dell’Australia, della Repubblica d’Austria, del Regno del Belgio, della Repubblica di Bulgaria, del Canada, della Repubblica di Croazia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica ceca, del Regno di Danimarca, dell’Unione europea, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Finlandia, della Repubblica francese, della Repubblica federale di Germania, della Repubblica ellenica, dell’Ungheria, dell’Irlanda, della Repubblica italiana, del Giappone, della Repubblica di Lettonia, Repubblica di Lituania, del Granducato del Lussemburgo, della Repubblica di Malta, del Regno dei Paesi Bassi, del Regno di Norvegia, della Repubblica di Polonia, della Repubblica portoghese, della Romania, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Slovenia, del Regno di Spagna, del Regno di Svezia, della Confederazione svizzera, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli Stati Uniti d’America, presso la sede delle Nazioni Unite a New York, dall’11 giugno 2012 al 31 dicembre 2012. La presente convenzione è soggetta alla ratifica, all’accettazione o all’approvazione da parte di ogni firmatario. Gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione sono depositati presso il depositario. Articolo 13 Adesione 1. Qualsiasi Stato elencato all’articolo 12 che non abbia firmato la presente convenzione entro la scadenza del periodo previsto per la firma, o l’Unione europea se non l’ha firmata entro tale termine, può aderire alla presente convenzione in qualsiasi momento successivo a tale periodo. Gli strumenti di adesione sono depositati presso il depositario. 2. Dopo l’entrata in vigore conformemente all’articolo 15, la presente convenzione è aperta all’adesione di qualsiasi Stato diverso da quelli elencati all’articolo 12 e di qualsiasi territorio doganale separato, che goda di piena autonomia nella gestione delle relazioni commerciali estere, ritenuto ammissibile da una decisione del comitato. Gli strumenti di adesione sono depositati presso il depositario. Articolo 14 Notifica dell’applicazione a titolo provvisorio Qualsiasi Stato elencato all’articolo 12, o l’Unione europea, che intenda ratificare, accettare o approvare la presente convenzione o aderirvi, o qualsiasi Stato o territorio doganale separato ritenuto ammissibile all’adesione da una decisione del comitato a norma dell’articolo 13, paragrafo 2, ma che non abbia ancora depositato il proprio strumento, può depositare in qualsiasi momento presso il depositario una notifica di applicazione a titolo provvisorio della presente convenzione. La convenzione si applica in via provvisoria a tale Stato, a tale territorio doganale separato o all’Unione europea a decorrere dalla data di deposito della notifica. Articolo 15 Entrata in vigore 1. La presente convenzione entra in vigore il 1o gennaio 2013 se, entro il 30 novembre 2012, cinque firmatari hanno depositato gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione. 2. Se la presente convenzione non entra in vigore conformemente al paragrafo 1, i firmatari della presente convenzione che hanno depositato gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione e gli Stati, o l’Unione europea, che hanno depositato gli strumenti di adesione conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, possono decidere all’unanimità che essa entra in vigore tra loro stessi. 3. Ove uno Stato, un territorio doganale separato, o l’Unione europea, ratifichi, accetti, approvi la presente convenzione o vi aderisca dopo la sua entrata in vigore, la presente convenzione entra in vigore nei suoi confronti alla data del deposito del suo strumento di ratifica, approvazione, accettazione o adesione. Articolo 16 Procedura di valutazione e modifica 1. In qualsiasi momento dopo l’entrata in vigore della presente convenzione, una parte può proporre di valutarne la pertinenza e proporre modifiche. Le modifiche proposte sono trasmesse dal segretariato a tutte le parti con almeno sei mesi di anticipo e sono discusse in occasione della prima sessione formale del comitato dopo la scadenza di tale periodo di preavviso. 2. Qualsiasi proposta di modifica della presente convenzione è adottata tramite decisione del comitato. Qualsiasi proposta di modifica adottata dal comitato è comunicata dal segretariato a tutte le parti e al depositario, che trasmette le modifiche adottate a tutte le parti. 3. Le notifiche di accettazione delle modifiche sono inviate al depositario. Per le parti che hanno inviato tale notifica, la modifica adottata entra in vigore novanta giorni dopo la data in cui il depositario ha ricevuto le notifiche provenienti da parti che rappresentino almeno quattro quinti del numero delle parti della presente convenzione alla data di adozione da parte dal comitato della modifica proposta. Per le altre parti la modifica adottata entra in vigore novanta giorni dopo che ciascuna parte ha depositato la propria notifica al depositario. Il comitato può decidere di cambiare la soglia delle notifiche richieste affinché una specifica modifica entri in vigore. Il segretariato comunica tale decisione a tutte le parti e al depositario. Articolo 17 Ritiro e estinzione 1. Qualsiasi parte può ritirarsi dalla presente convenzione alla fine di ogni anno dandone notifica scritta al depositario e al comitato almeno novanta giorni prima della fine dell’anno in questione. Tale parte continua ad essere soggetta all’impegno annuo minimo e all’obbligo di informazione, sottoscritti in forza della presente convenzione fino a quando ne è stata parte, che risultano inadempiuti entro la fine dell’anno in questione. 2. Ciascuna parte può proporre di porre fine alla presente convenzione in qualsiasi momento dalla sua entrata in vigore. Tale proposta è comunicata per iscritto al segretariato che la trasmette a tutte le parti almeno sei mesi prima di essere discussa dal comitato. Articolo 18 Depositario 1. Il segretario generale delle Nazioni Unite è designato depositario della presente convenzione. 2. Il depositario riceve notifica di ogni firma, ratifica, accettazione, approvazione, applicazione a titolo provvisorio e adesione alla presente convenzione e informa tutte le parti e i firmatari delle notifiche ricevute. Articolo 19 Testi autentici Gli originali della presente convenzione, i cui testi in lingua francese e inglese fanno ugualmente fede, sono depositati presso il segretario generale delle Nazioni Unite. IN FEDE DI CHE, i sottoscritti, debitamente autorizzati a questo fine, hanno firmato la presente convenzione. Fatto a Londra, il 25 aprile 2012
Convenzione sull’assistenza alimentare L’Unione europea (UE) contribuisce a soddisfare il fabbisogno alimentare e nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili nei paesi terzi. Questa convenzione rende la coordinazione dell’assistenza offerta dai paesi donatori più efficiente ed efficace a livello globale. ATTO Decisione del Consiglio 2012/738/UE relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, della convenzione sull’assistenza alimentare. SINTESI Di cosa si tratta? La Convenzione sull’assistenza alimentare, la più recente di una serie di accordi multilaterali fra donatori, mira ad offrire un’assistenza alimentare adeguata ed efficace alle popolazioni vulnerabili nei paesi ammissibili, in base al fabbisogno individuato. L’obiettivo della convenzione è di: salvare vite umane ridurre la fame migliorare la sicurezza alimentare (*) migliorare la qualità dell’alimentazione delle popolazioni più vulnerabili nei paesi ammissibili. In linea con la politica umanitaria di assistenza alimentare dell’UE, la convenzione mira a migliorare l’accesso e il consumo, da parte delle popolazioni più vulnerabili, di alimenti adatti, sicuri e nutrienti grazie a un’adeguata analisi del fabbisogno. Che cosa è cambiato? Nel quadro della convenzione, le parti mettono informazioni in comune, cooperano e si relazionano le une con le altre. È inoltre un utile forum di discussione che permette loro di scambiare informazioni con altre parti su diverse questioni (ad esempio, gli insegnamenti appresi durante l’attuazione di un determinato tipo di programma), per contribuire ad assicurare che le risorse siano impiegate nel modo più efficace possibile. Funzionamento: ciascuna parte stabilisce un impegno annuo minimo per l’assistenza alimentare, espresso in valore o in quantità. L’impegno dovrebbe essere assunto quanto più possibile sotto forma di doni. Si sancisce chiaramente che l’assistenza alimentare non può essere vincolata in nessun modo a esportazioni commerciali di prodotti agricoli o di altri beni e servizi verso i paesi beneficiari. I contributi possono essere forniti: bilateralmente, tramite organizzazioni intergovernative od altre organizzazioni internazionali, oppure tramite altri partner dell’assistenza alimentare. I paesi ammissibili includono: qualsiasi paese figurante nell’elenco di beneficiari dell’aiuto pubblico allo sviluppo, stabilito dal Comitato per gli aiuti allo sviluppo (CAS) dell’OCSE, oppure qualsiasi altro paese individuato dalle norme di procedura e attuazione. Contesto: l’Unione europea aderisce all’Accordo internazionale sui cereali che comprende due distinti strumenti giuridici: la Convenzione sul commercio dei cereali e la Convenzione sull’assistenza alimentare. Altri paesi firmatari includono l’Australia, il Canada, il Giappone, gli Stati Uniti e la Svizzera. Definizione (*) Sicurezza alimentare: il vertice mondiale sull’alimentazione del 1996 ha definito la sicurezza alimentare come la situazione in cui «tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti [...] per condurre una vita attiva e sana». RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2012/738 13.11.2012 - GU L 330 del 30.11.2012 ATTI CORRELATI Decisione del Consiglio 2011/339/UE che stabilisce la posizione che deve essere adottata dall’Unione europea in sede di comitato per l’aiuto alimentare per quanto riguarda la proroga della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 . Decisione del Consiglio 2010/316/UE che stabilisce la posizione da adottare, a nome dell’Unione europea, nel comitato per l’aiuto alimentare per quanto riguarda la proroga della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 . Decisione del Consiglio 2011/224/UE che stabilisce la posizione che deve essere adottata dall’Unione europea in sede di Consiglio internazionale dei cereali con riguardo alla proroga della convenzione sul commercio dei cereali del 1995 . Decisione del Consiglio 2000/421/CE relativa alla conclusione, in nome della Comunità europea, della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 .
10,175
367
32014R0316
false
REGOLAMENTO (UE) N. 316/2014 DELLA COMMISSIONE del 21 marzo 2014 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi e pratiche concordate (1), in particolare l’articolo 1, previa pubblicazione del progetto del presente regolamento, sentito il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, considerando quanto segue: (1) Il regolamento n. 19/65/CEE conferisce alla Commissione il potere di applicare, mediante regolamento, l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato a determinate categorie di accordi di trasferimento di tecnologia cui partecipano soltanto due imprese e alle corrispondenti pratiche concordate, che rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. (2) A norma del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione ha adottato, in particolare, il regolamento (CE) n. 772/2004 (2), il quale definisce le categorie di accordi di trasferimento di tecnologia che la Commissione ha considerato come corrispondenti, di norma, alle condizioni stabilite all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In considerazione dell’esperienza complessivamente positiva dell’applicazione di tale regolamento, che scade il 30 aprile 2014, e di altre esperienze accumulate successivamente alla sua adozione, è opportuno adottare un nuovo regolamento di esenzione per categoria. (3) Il presente regolamento deve soddisfare la duplice esigenza di assicurare l’efficace tutela della concorrenza e di offrire alle imprese la necessaria certezza del diritto. Nel perseguire tali obiettivi occorre tenere conto della necessità di semplificare per quanto possibile la vigilanza amministrativa e il quadro legislativo. (4) Gli accordi di trasferimento di tecnologia hanno per oggetto la licenza per diritti tecnologici. Tali accordi favoriscono di norma un più efficiente uso delle risorse e promuovono la concorrenza, in quanto possono ridurre la duplicazione delle attività di ricerca e sviluppo, offrire maggiori incentivi per la ricerca e sviluppo iniziale, stimolare l’innovazione incrementale, agevolare la diffusione delle tecnologie e alimentare la concorrenza sul mercato del prodotto. (5) La probabilità che tali effetti di incremento dell’efficienza e di promozione della concorrenza superino gli eventuali effetti anticoncorrenziali dovuti alle restrizioni contenute negli accordi di trasferimento di tecnologia dipende dal grado di potere di mercato delle imprese interessate e, di conseguenza, dalla misura in cui tali imprese devono affrontare la concorrenza di imprese che detengono tecnologie sostitutive o di imprese che producono prodotti sostitutivi. (6) È opportuno che il presente regolamento si applichi soltanto agli accordi di trasferimento di tecnologia tra un licenziante e un licenziatario. Esso deve applicarsi agli accordi in questione anche se l’accordo contiene condizioni applicabili a più livelli commerciali, imponendo per esempio al licenziatario di istituire un particolare sistema di distribuzione e specificando gli obblighi che il licenziatario deve o può imporre ai distributori dei prodotti realizzati sotto licenza. È opportuno tuttavia che tali condizioni e obblighi siano compatibili con le regole di concorrenza applicabili agli accordi di fornitura e di distribuzione stabilite nel regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione (3). Gli accordi di fornitura e di distribuzione conclusi tra un licenziatario e gli acquirenti dei prodotti contrattuali non devono essere esentati dal presente regolamento. (7) È necessario che il presente regolamento si applichi esclusivamente agli accordi mediante i quali il licenziante autorizza il licenziatario e/o uno o più dei suoi subfornitori a sfruttare i diritti tecnologici sotto licenza, eventualmente successivamente a ulteriore attività di ricerca e sviluppo da parte del licenziatario e/o dei subfornitori, per la finalità di produzione di beni o servizi. Esso non deve applicarsi alla concessione in licenza nel contesto degli accordi in materia di ricerca e sviluppo contemplati dal regolamento (UE) n. 1217/2010 della Commissione (4) o alla concessione in licenza nel contesto degli accordi di specializzazione contemplati dal regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione (5). Né deve applicarsi ad accordi che abbiano come finalità la semplice riproduzione e distribuzione di prodotti di software protetti dal diritto d’autore, poiché tali accordi non riguardano la concessione in licenza di una tecnologia finalizzata alla produzione, ma sono più simili ad accordi di distribuzione. Occorre che il regolamento non si applichi neppure agli accordi finalizzati alla costituzione di pool tecnologici, vale a dire agli accordi volti a mettere in comune le tecnologie al fine di concederle in licenza a terzi, né agli accordi in cui la tecnologia messa in comune è concessa in licenza a tali terzi. (8) Ai fini dell’applicazione mediante regolamento dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non è necessario definire gli accordi di trasferimento di tecnologia che possono rientrare nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Nella valutazione individuale degli accordi ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, occorre tenere conto di diversi fattori e in particolare della struttura e della dinamica dei mercati rilevanti delle tecnologie e del prodotto. (9) Il beneficio dell’esenzione per categoria previsto dal presente regolamento deve essere limitato agli accordi per i quali si può presupporre con sufficiente certezza la conformità alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Al fine di conseguire i vantaggi e di realizzare gli obiettivi del trasferimento di tecnologia, il presente regolamento non deve applicarsi esclusivamente ai trasferimenti di tecnologia in quanto tali ma anche ad altre disposizioni contenute negli accordi di trasferimento di tecnologia, se e nella misura in cui tali disposizioni sono direttamente collegate alla produzione o alla vendita dei prodotti contrattuali. (10) Per quanto riguarda gli accordi di trasferimento di tecnologia tra concorrenti, qualora la quota dei mercati rilevanti attribuibile congiuntamente alle parti non superi il 20 % e gli accordi non contengano restrizioni aventi effetti anticoncorrenziali gravi, si può presumere che essi siano in genere atti a determinare un miglioramento della produzione o della distribuzione e a riservare agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva. (11) Per quanto riguarda gli accordi di trasferimento di tecnologia tra non concorrenti, qualora la quota individuale dei mercati rilevanti attribuibile a ciascuna delle parti non superi il 30 % e gli accordi non contengano restrizioni aventi effetti anticoncorrenziali gravi, si può presumere che essi siano in genere atti a determinare un miglioramento della produzione o della distribuzione e a riservare agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva. (12) Se la quota di mercato applicabile supera la soglia stabilita su uno o più mercati del prodotto o delle tecnologie, l’esenzione per categoria non deve applicarsi all’accordo per i mercati rilevanti interessati. (13) Non è possibile presumere che, qualora la quota di mercato superi dette soglie, gli accordi di trasferimento di tecnologia rientrino nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Un accordo di licenza esclusiva tra imprese non concorrenti, ad esempio, spesso non rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Non è neppure possibile presumere che, qualora la quota di mercato superi dette soglie, gli accordi di trasferimento di tecnologia che rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, non soddisfino le condizioni per l’esenzione. Tuttavia, non si può nemmeno presumere che tali accordi determinino di norma vantaggi oggettivi di natura e ampiezza tali da compensare gli svantaggi che essi determinano sotto il profilo della concorrenza. (14) È opportuno che il presente regolamento non esenti gli accordi di trasferimento di tecnologia che contengano restrizioni non indispensabili per il miglioramento della produzione o della distribuzione. In particolare, gli accordi di trasferimento di tecnologia che contengono alcune restrizioni aventi effetti anticoncorrenziali gravi, quali la fissazione dei prezzi praticati ai terzi, devono essere esclusi dal beneficio dell’esenzione per categoria di cui al presente regolamento indipendentemente dalle quote di mercato delle imprese interessate. In caso di simili restrizioni fondamentali, la totalità dell’accordo deve essere esclusa dal beneficio dell’esenzione per categoria. (15) Al fine di tutelare gli incentivi a innovare e l’adeguata applicazione dei diritti di proprietà di beni immateriali, occorre escludere talune restrizioni dalla possibilità di beneficiare dell’esenzione per categoria. In particolare, è necessario escludere determinati obblighi di retrocessione e determinate clausole di non contestazione. Qualora una simile restrizione sia inclusa in un accordo di licenza, è opportuno che soltanto la restrizione in questione sia esclusa dal beneficio dell’esenzione per categoria. (16) Le soglie relative alla quota di mercato e l’esclusione dall’esenzione degli accordi di trasferimento di tecnologia contenenti restrizioni anticoncorrenziali gravi e le restrizioni escluse previste dal presente regolamento assicureranno di norma che gli accordi cui si applica l’esenzione per categoria non consentano alle imprese partecipanti di eliminare la concorrenza in relazione a una parte sostanziale dei prodotti in questione. (17) A norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (6), la Commissione può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento qualora constati che, in un caso determinato, un accordo al quale si applica l’esenzione di cui al presente regolamento produce nondimeno effetti incompatibili con le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Ciò può avvenire in particolare quando gli incentivi a innovare vengono limitati o quando l’accesso ai mercati risulta ostacolato. (18) A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità responsabile della concorrenza di uno Stato membro può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento nel suo territorio o in una parte di esso quando, in un caso determinato, un accordo al quale si applica l’esenzione di cui al presente regolamento produce nondimeno effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio di tale Stato membro o in una parte di esso, qualora tale territorio abbia tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto. (19) Al fine di rafforzare la vigilanza sulle reti parallele di accordi di trasferimento di tecnologia aventi effetti restrittivi simili e che coprono più del 50 % di un dato mercato, la Commissione può, con regolamento, dichiarare il presente regolamento inapplicabile ad accordi di trasferimento di tecnologia che contengano specifiche restrizioni relative al mercato di cui trattasi, ripristinando così nei confronti di tali accordi la piena applicazione dell’articolo 101 del trattato, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni 1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «accordo»: un accordo, una decisione di un’associazione di imprese o una pratica concordata; b) «diritti tecnologici»: il know-how e i seguenti diritti, o una loro combinazione, incluse le domande o le domande di registrazione relative a tali diritti: i) brevetti; ii) modelli di utilità; iii) diritti su disegni e modelli; iv) topografie di prodotti a semiconduttori; v) certificati complementari di protezione per i medicinali o per tutti gli altri prodotti per i quali possono essere ottenuti tali certificati; vi) certificati riguardanti le nuove varietà vegetali; vii) diritti d’autore sul software; c) «accordo di trasferimento di tecnologia»: i) accordo di licenza per diritti tecnologici concluso tra due imprese, avente per oggetto la produzione dei prodotti contrattuali da parte del licenziatario e/o dei suoi subappaltatori; ii) cessione di diritti tecnologici tra due imprese, avente per oggetto la produzione dei prodotti contrattuali, ove parte del rischio connesso allo sfruttamento della tecnologia rimane a carico del cedente; d) «accordo reciproco»: un accordo di trasferimento di tecnologia mediante il quale due imprese si concedono reciprocamente, nello stesso contratto o in contratti distinti, una licenza per diritti tecnologici, laddove le licenze riguardano tecnologie concorrenti o possono essere utilizzate per la produzione di prodotti concorrenti; e) «accordo non reciproco»: un accordo di trasferimento di tecnologia mediante il quale un’impresa concede a un’altra impresa una licenza per diritti tecnologici, o mediante il quale due imprese si concedono reciprocamente una tale licenza, laddove invece le licenze non riguardano tecnologie concorrenti e non possono essere utilizzate per la produzione di prodotti concorrenti; f) «prodotto»: bene o servizio, inclusi sia i beni e i servizi intermedi sia i beni e servizi finali; g) «prodotti contrattuali»: prodotti realizzati, direttamente o indirettamente, sulla base dei diritti tecnologici sotto licenza; h) «diritti di proprietà di beni immateriali»: diritti di proprietà industriale, in particolare brevetti e marchi, diritti d’autore e diritti affini; i) «know-how»: un patrimonio di conoscenze pratiche derivanti da esperienze e da prove che è: i) segreto, vale a dire non generalmente noto, né facilmente accessibile; ii) sostanziale, vale a dire significativo e utile per la produzione dei prodotti contrattuali; e iii) individuato, vale a dire descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificare se risponde ai criteri di segretezza e di sostanzialità; j) «mercato rilevante del prodotto»: il mercato dei prodotti contrattuali e dei loro prodotti sostitutivi, vale a dire tutti i prodotti considerati intercambiabili o sostituibili dall’acquirente, in ragione delle loro caratteristiche, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati; k) «mercato rilevante delle tecnologie»: il mercato dei diritti tecnologici sotto licenza e dei loro sostituti, vale a dire i diritti tecnologici considerati intercambiabili o sostituibili dal licenziatario, in ragione delle loro caratteristiche, delle royalties cui sono soggetti e dell’uso al quale sono destinati; l) «mercato geografico rilevante»: l’area nella quale le imprese interessate forniscono o acquistano prodotti o concedono licenze di diritti tecnologici, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue perché in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse; m) «mercato rilevante»: la combinazione del mercato rilevante del prodotto o delle tecnologie col mercato geografico rilevante; n) «imprese concorrenti»: imprese che sono in concorrenza tra loro sul mercato rilevante, vale a dire: i) imprese concorrenti sul mercato rilevante in cui i diritti tecnologici sono concessi in licenza, cioè imprese che concedono in licenza diritti tecnologici concorrenti (concorrenti effettivi sul mercato rilevante); ii) imprese concorrenti sul mercato rilevante in cui sono venduti i prodotti contrattuali, cioè imprese che, in assenza dell’accordo di trasferimento di tecnologia, operano entrambe sui mercati rilevanti sui quali sono venduti i prodotti contrattuali (concorrenti effettivi sul mercato rilevante) o che, in assenza dell’accordo di trasferimento di tecnologia, potrebbero, in base a considerazioni realistiche e non solo come possibilità puramente teorica, nell’ipotesi di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi, effettuare entro un breve periodo di tempo gli investimenti supplementari o sostenere gli ulteriori costi di conversione necessari al fine di penetrare nel o nei mercati rilevanti (concorrenti potenziali sul mercato rilevante); o) «sistema di distribuzione selettiva»: un sistema di distribuzione nel quale il licenziante si impegna a concedere la licenza per la produzione dei prodotti contrattuali, direttamente o indirettamente, solo a licenziatari selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi licenziatari si impegnano a non vendere i prodotti contrattuali a distributori non autorizzati nel territorio riservato dal licenziante per praticare tale sistema; p) «licenza esclusiva»: una licenza che non autorizza il licenziante a produrre in base ai diritti tecnologici oggetto della licenza né a concedere in licenza a terzi i diritti tecnologici in questione, in generale o per un uso particolare in un particolare territorio; q) «territorio esclusivo»: un determinato territorio nel quale una sola impresa è autorizzata a produrre i prodotti contrattuali, ma nel quale tuttavia è data la possibilità di consentire a un altro licenziatario di produrre i prodotti contrattuali all’interno di quel territorio solo per un determinato cliente, quando la seconda licenza sia stata concessa per creare una fonte di approvvigionamento alternativa per tale cliente; r) «gruppo di clienti esclusivo»: un gruppo di clienti ai quali solo una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia è autorizzata a effettuare vendite attive dei prodotti contrattuali realizzati utilizzando la tecnologia sotto licenza. 2. Ai fini del presente regolamento i termini «impresa», «licenziante» e «licenziatario» includono le imprese ad essi rispettivamente collegate. Con «imprese collegate» si intendono: a) le imprese nelle quali una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia detiene, direttamente o indirettamente: i) il potere di esercitare più della metà dei diritti di voto; o ii) il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa; o iii) il diritto di gestire gli affari dell’impresa; b) le imprese che, direttamente o indirettamente, detengono nei confronti di una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia i diritti o i poteri di cui alla lettera a); c) le imprese nelle quali un’impresa di cui alla lettera b) detiene, direttamente o indirettamente, i diritti o i poteri di cui alla lettera a); d) le imprese nelle quali una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia insieme con una o più imprese di cui alle lettere a), b) o c), o due o più di queste ultime imprese, detengono congiuntamente i diritti o i poteri di cui alla lettera a); e) le imprese nelle quali i diritti o i poteri di cui alla lettera a) sono detenuti congiuntamente: i) dalle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia o dalle rispettive imprese collegate ai sensi delle lettere da a) a d); o ii) da una o più parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia, o da una o più imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d) e da una o più imprese terze. Articolo 2 Esenzione 1. Conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, e salvo il disposto del presente regolamento, l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi di trasferimento di tecnologia. 2. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica nella misura in cui tali accordi contengono restrizioni della concorrenza che rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. L’esenzione si applica fintantoché i diritti tecnologici sotto licenza non si siano estinti, non siano scaduti o non siano stati dichiarati nulli o, per quanto riguarda il know-how, fintantoché il know-how rimanga segreto. Tuttavia, nel caso in cui il know-how venga reso pubblico a seguito di un intervento del licenziatario, l’esenzione si applica per la durata dell’accordo. 3. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica anche alle disposizioni contenute negli accordi di trasferimento di tecnologia che si riferiscono all’acquisto di prodotti da parte del licenziatario o che riguardano il rilascio di licenze o la cessione al licenziatario di altri diritti di proprietà di beni immateriali o di know-how, se e nella misura in cui tali disposizioni sono direttamente collegate alla produzione o alla vendita dei prodotti contrattuali. Articolo 3 Soglie relative alla quota di mercato 1. Quando le imprese parti dell’accordo sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 20 % sui mercati rilevanti. 2. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta da ciascuna delle parti non superi il 30 % sui mercati rilevanti. Articolo 4 Restrizioni fondamentali 1. Quando le imprese parti dell’accordo sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno per oggetto uno o l’altro dei seguenti elementi: a) la restrizione della facoltà di una delle parti di determinare i prezzi praticati per la vendita dei prodotti a terzi; b) la limitazione della produzione, ad eccezione delle limitazioni della produzione dei prodotti contrattuali imposte al licenziatario in un accordo non reciproco o imposte a uno solo dei licenziatari in un accordo reciproco; c) la ripartizione dei mercati o della clientela, fatti salvi: i) l’obbligo imposto al licenziante e/o al licenziatario, in un accordo non reciproco, di non produrre utilizzando i diritti tecnologici sotto licenza nel territorio esclusivo riservato all’altra parte e/o di non effettuare vendite attive e/o passive nel territorio esclusivo o al gruppo di clienti esclusivo riservati all’altra parte; ii) la restrizione, in un accordo non reciproco, delle vendite attive del licenziatario nel territorio esclusivo o al gruppo di clienti esclusivo assegnati dal licenziante a un altro licenziatario, a condizione che quest’ultimo non fosse un’impresa concorrente del licenziante al momento della conclusione del proprio accordo di licenza; iii) l’obbligo imposto al licenziatario di produrre i prodotti contrattuali esclusivamente per il proprio uso, a condizione che il licenziatario non sia soggetto a restrizioni per quanto riguarda la vendita attiva e passiva dei prodotti contrattuali come pezzi di ricambio per i propri prodotti; iv) l’obbligo imposto al licenziatario, in un accordo non reciproco, di produrre i prodotti contrattuali solo per un determinato cliente, qualora la licenza sia stata concessa per creare una fonte di approvvigionamento alternativa per quel cliente; d) la restrizione della facoltà del licenziatario di sfruttare i propri diritti tecnologici o la restrizione della facoltà delle parti dell’accordo di svolgere attività di ricerca e sviluppo, fatto salvo quando quest’ultima restrizione sia indispensabile per evitare la divulgazione a terzi del know-how sotto licenza. 2. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno per oggetto uno o l’altro dei seguenti elementi: a) la restrizione della facoltà di una delle parti di determinare i prezzi praticati per la vendita dei prodotti a terzi, fatta salva la possibilità di imporre un prezzo massimo di vendita o di raccomandare un prezzo di vendita, a condizione che ciò non equivalga a imporre un prezzo fisso o un prezzo minimo di vendita per effetto di pressioni esercitate o incentivi offerti da una delle parti; b) la restrizione relativa al territorio in cui, o ai clienti ai quali, il licenziatario può effettuare vendite passive dei prodotti contrattuali, eccetto: i) la restrizione delle vendite passive in un territorio esclusivo o a un gruppo di clienti esclusivo riservati al licenziante; ii) l’obbligo di produrre i prodotti contrattuali esclusivamente per il proprio uso, a condizione che il licenziatario non sia soggetto a restrizioni per quanto riguarda la vendita attiva e passiva dei prodotti contrattuali come pezzi di ricambio per i propri prodotti; iii) l’obbligo di produrre i prodotti contrattuali solo per un determinato cliente, quando la licenza sia stata concessa per creare una fonte di approvvigionamento alternativa per quel cliente; iv) la restrizione delle vendite agli utilizzatori finali da parte di un licenziatario operante al livello del commercio all’ingrosso; v) la restrizione delle vendite a distributori non autorizzati da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva; c) la restrizione delle vendite attive o passive agli utilizzatori finali da parte di un licenziatario membro di un sistema di distribuzione selettiva e operante nel commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire a un membro di tale sistema di svolgere la propria attività a partire da un luogo di stabilimento non autorizzato. 3. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti al momento della conclusione dell’accordo, ma lo diventano successivamente, si applica il paragrafo 2 anziché il paragrafo 1 per l’intera durata dell’accordo, salvo nel caso in cui l’accordo sia successivamente modificato nei suoi elementi fondamentali. Una modifica siffatta include la conclusione, fra le parti, di un nuovo accordo di trasferimento di tecnologia riguardante diritti tecnologici concorrenti. Articolo 5 Restrizioni escluse 1. L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica ai seguenti obblighi contenuti in accordi di trasferimento di tecnologia: a) l’obbligo, diretto o indiretto, del licenziatario di concedere una licenza esclusiva o di cedere, in tutto o in parte, diritti al licenziante o a un terzo designato dal licenziante per i perfezionamenti o per le nuove applicazioni della tecnologia sotto licenza realizzati dal licenziatario; b) l’obbligo, diretto o indiretto, di una delle parti, di non contestare la validità dei diritti di proprietà di beni immateriali che l’altra parte detiene nell’Unione, fatta salva la possibilità, in caso di licenza esclusiva, di recedere dall’accordo di trasferimento di tecnologia qualora il licenziatario contesti la validità di uno qualsiasi dei diritti tecnologici sotto licenza. 2. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli obblighi diretti o indiretti che limitino la facoltà del licenziatario di sfruttare i propri diritti tecnologici o che limitino la facoltà delle parti dell’accordo di svolgere attività di ricerca e sviluppo, fatto salvo quando quest’ultima restrizione sia indispensabile per evitare la divulgazione a terzi del know-how sotto licenza. Articolo 6 Revoca in casi individuali 1. A norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, la Commissione può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento qualora constati che, in un caso determinato, un accordo di trasferimento di tecnologia al quale si applica l’esenzione di cui all’articolo 2 del presente regolamento produce nondimeno effetti incompatibili con le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, e in particolare qualora: a) l’accesso delle tecnologie di terzi al mercato risulti limitato dall’effetto cumulativo di reti parallele di accordi restrittivi simili che vietino ai licenziatari di utilizzare tecnologie di terzi; b) l’accesso di licenziatari potenziali al mercato risulti limitato, ad esempio a causa dell’effetto cumulativo di reti parallele di accordi restrittivi simili che vietino ai licenzianti di concedere licenze ad altri licenziatari o perché l’unico titolare della tecnologia che concede in licenza i diritti tecnologici in questione conclude un accordo di licenza esclusiva con un licenziatario già operante sul mercato del prodotto sulla base di diritti tecnologici sostitutivi. 2. A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, qualora, in un caso determinato, un accordo di trasferimento di tecnologia cui si applica l’esenzione di cui all’articolo 2 del presente regolamento produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio di uno Stato membro, o in una parte di esso avente tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto, l’autorità garante della concorrenza di tale Stato membro può revocare il beneficio del presente regolamento, su tale territorio, negli stessi casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Articolo 7 Non applicazione del presente regolamento 1. A norma dell’articolo 1 bis del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione può dichiarare mediante regolamento che, nei casi in cui reti parallele di accordi di trasferimento di tecnologia simili coprano più del 50 % di un mercato rilevante, il presente regolamento non si applica agli accordi di trasferimento di tecnologia contenenti specifiche restrizioni relative a tale mercato. 2. Il regolamento adottato in virtù del paragrafo 1 non si applica prima di sei mesi dalla data della sua adozione. Articolo 8 Applicazione delle soglie relative alla quota di mercato Ai fini del calcolo delle soglie relative alla quota di mercato di cui all’articolo 3, si applicano le disposizioni seguenti: a) la quota di mercato viene calcolata sulla base dei dati relativi al valore delle vendite sul mercato. Qualora non siano disponibili dati relativi al valore delle vendite, la quota di mercato dell’impresa interessata può essere determinata usando stime basate su altre informazioni attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite sul mercato; b) la quota di mercato viene calcolata sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente; c) la quota di mercato detenuta dalle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera e), viene ripartita in eguale misura tra ciascuna delle imprese che detengono i diritti o i poteri elencati all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera a); d) la quota di mercato di un licenziante su un mercato rilevante per i diritti tecnologici sotto licenza è calcolata in termini di presenza dei diritti tecnologici sotto licenza sul o sui mercati rilevanti del prodotto (ossia il mercato geografico e il mercato del prodotto), cioè sulla base dei dati relativi alle vendite dei prodotti contrattuali prodotti dal licenziante e dai suoi licenziatari insieme; e) qualora la quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1 o 2 non sia inizialmente superiore rispettivamente al 20 % e al 30 %, ma successivamente superi tali livelli, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi nei due anni civili successivi all’anno in cui la soglia del 20 % o del 30 % è stata superata per la prima volta. Articolo 9 Relazione con altri regolamenti di esenzione per categoria Il presente regolamento non si applica alle clausole in materia di licenze degli accordi di ricerca e sviluppo che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (UE) n. 1217/2010 o degli accordi di specializzazione che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (UE) n. 1218/2010. Articolo 10 Periodo transitorio Il divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica nel periodo compreso tra il 1o maggio 2014 e il 30 aprile 2015 agli accordi già in vigore al 30 aprile 2014 che non rispondano alle condizioni di esenzione di cui al presente regolamento, ma che al 30 aprile 2014 rispondevano alle condizioni di esenzione di cui al regolamento (CE) n. 772/2004. Articolo 11 Periodo di validità Il presente regolamento entra in vigore il 1o maggio 2014. Esso si applica fino al 30 aprile 2026. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 21 marzo 2014 Per la Commissione, a nome del presidente Joaquín ALMUNIA Vicepresidente (1) GU 36 del 6.3.1965, pag. 533/65. (2) Regolamento (CE) n. 772/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia (GU L 123 del 27.4.2004, pag. 11). (3) Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 102 del 23.4.2010, pag. 1). (4) Regolamento (UE) n. 1217/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi ricerca e sviluppo (GU L 335 del 18.12.2010, pag. 36). (5) Regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione (GU L 335 del 18.12.2010, pag. 43). (6) Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
Accordi di trasferimento di tecnologia per garantire il rispetto delle regole di concorrenza Gli accordi di licenza che limitano la concorrenza sono contrari alle regole di concorrenza dell’Unione europea (UE). Tuttavia, tali accordi possono anche avere effetti positivi che superano i loro effetti restrittivi sulla concorrenza. Un nuovo regolamento e nuove linee guida di «esenzione per categoria» relativamente agli accordi di trasferimento di tecnologia creano un’area di certezza per molti accordi di licenza. ATTO Regolamento (UE) n. 316/2014 della Commissione, del 21 marzo 2014, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia. SINTESI Secondo la legislazione sulla proprietà intellettuale i titolari dei diritti di proprietà di beni immateriali possiedono alcuni diritti esclusivi. Questi permettono loro di impedire l’uso non autorizzato dei loro beni immateriali, nonché di sfruttare la loro proprietà, in particolare concedendo tali diritti in licenza a terzi. Gli accordi di trasferimento di tecnologia riguardano la concessione in licenza di tecnologia e possono essere bilaterali o multilaterali («pool di brevetti»). Nel marzo 2014, la Commissione europea ha adottato un regolamento di esenzione per categoria relativo al trasferimento di tecnologie (RECTT), in sostituzione di un testo del 2004. Esso chiarisce come la legislazione dell’UE in materia di concorrenza (nello specifico l’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea) si applica a talune categorie di accordi di licenza e ai criteri utilizzati per valutare tali accordi. Come i regolamenti precedenti, è accompagnato da linee guida che forniscono orientamenti sull’applicazione delle norme. Campo di applicazione ed esenzioni Il RECTT esenta gli accordi di licenza tra imprese che hanno un potere di mercato limitato (ovvero una quota di mercato inferiore al 20 % per gli accordi tra concorrenti e al 30 % per gli accordi tra non concorrenti) e che rispondono a determinati requisiti. Gli effetti non sono considerati anticoncorrenziali o, se lo sono, gli effetti positivi superano quelli negativi e quindi non sono in contrasto con le norme antitrust dell’UE. Il RECTT si applica solo per agli accordi in materia di ricerca e sviluppo (R&S), se gli specifici regolamenti di esenzione per categoria sugli accordi di R&S e sugli accordi di specializzazione non sono applicabili. Il RECTT si applica solo agli accordi bilaterali; le linee guida riguardano anche i pool di brevetti. Principali modifiche introdotte: un nuovo criterio per determinare se talune clausole in un accordo di trasferimento di tecnologia (in particolare per quanto riguarda gli acquisti di materie prime o di attrezzature da un licenziatario o l’uso di un marchio del licenziatario) siano esentate dall’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, insieme con l’accordo di trasferimento di tecnologia in sé; vengono aggiunte alla lista delle restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4 (pratiche ritenute così gravi che, insieme al resto del contratto in cui si trovano, sono escluse dalla deroga di un regolamento di esenzione) le restrizioni delle vendite passive tra licenziatari, che non possono mai essere esentate dal RECTT; tutti gli obblighi di retrocessione esclusiva sono al di fuori del campo di applicazione della deroga prevista dal RECTT (gli obblighi di retrocessione non esclusivi, invece, rientrano nel suo campo di applicazione); le clausole di risoluzione, che consentono al licenziatario di recedere dall’accordo di licenza se l’altra parte contesta la validità della tecnologia sotto licenza, non rientreranno nella deroga prevista dal RECTT. Applicazione Le nuove regole si applicano non solo ai contratti conclusi dopo dopo l’entrata in vigore del RECTT (1o maggio 2014), ma anche agli accordi stipulati sotto il regime precedente, che hanno dovuto essere adeguati alle nuove norme entro il 30 aprile 2015. CONTESTO In seguito all’epidemia da Covid-19 e all’introduzione di misure volte a far fronte all’impatto della crisi, la Commissione europea ha adottato:Comunicazione della Commissione Quadro temporaneo per la valutazione delle questioni in materia di antitrust relative alla cooperazione tra imprese volta a rispondere alle situazioni di emergenza causate dall'attuale pandemia di Covid-19TERMINI CHIAVE Accordo di trasferimento di tecnologia: un accordo che disciplina il trasferimento di competenze, tecnologie, tecniche tra due o più parti. Esenzione per categoria: secondo tali norme, la Commissione europea può dichiarare specifiche categorie di aiuti di Stato compatibili con il trattato sul funzionamento dell’UE qualora soddisfino determinate condizioni. Questo li esenta dall’obbligo di notifica preventiva e approvazione della Commissione. Pool di brevetto: un accordo tra due o più proprietari di brevetti per concedere in licenza uno o più dei loro brevetti all’altro o a terzi. Accordi di specializzazione: accordi che mirano a promuovere la cooperazione tra imprese nel settore di specializzazione per la produzione di beni e la fornitura di servizi. Restrizioni delle vendite passive: si ha vendita passiva quando una parte risponde a ordini non sollecitati di singoli clienti. Obblighi di retrocessione: in un accordo di licenza, al licenziatario può essere richiesto di divulgare e trasferire tutte le migliorie apportate (tra cui il know-how relativo acquisito) alla tecnologia sotto licenza durante il periodo di licenza. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) n. 316/2014 1.5.2014 - GU L 93 del 28.3.2014, pag. 17-23 ATTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione - Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di trasferimento di tecnologia (GU C 89 del 28.3.2014, pag. 3-50).
12,161
329
21994A0722(04)
false
Accordo, di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l'Australia - Dichiarazione del Consiglio e della Commissione Gazzetta ufficiale n. L 188 del 22/07/1994 pag. 0018 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 32 pag. 0102 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 32 pag. 0102 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l'Australia L'AUSTRALIA e la COMUNITÀ EUROPEA, in appresso denominate «Parti»,RICONOSCENDO che la Comunità europea, in appresso denominata «Comunità», e l'Australia stanno attuando programmi specifici di ricerca in settori di comune interesse,TENENDO CONTO dell'accordo tra il governo dell'Australia e la Commissione delle Comunità europee in materia di cooperazione scientifica e tecnologica, firmato a Canberra il 12 novembre 1986, il quale prevede la cooperazione nei settori scientifici e tecnologici di interesse reciproco attraverso lo scambio delle informazioni risultanti da ricerche in settori specifici;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica per l'Australia e la Comunità e i reciproci vantaggi ottenibili se le parti faciliteranno ulteriormente la cooperazione reciproca, nonchéDESIDEROSE di creare un contesto favorevole per la collaborazione nel campo della ricerca scientifica e tecnica, onde approfondire ed intensificare la cooperazione in settori di comune interesse e promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione dando impulso allo sviluppo sociale ed economico dell'Australia e della Comunità,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Definizioni1. «Attività di cooperazione»: ogni attività svolta ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta.2. «Informazione»: dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo risultanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che le Parti e/o i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta ritengano debba essere fornita o scambiata in virtù del presente accordo o dell'attività di ricerca svolta nel quadro dell'accordo stesso.3. «Proprietà intellettuale»: nel significato di cui all'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.4. «Ricerca congiunta»: ricerca condotta con i contributi congiunti delle Parti e/o basata su di essi, eventualmente con la collaborazione dei partecipanti di entrambe le Parti.5. «Partecipante»: qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o altro organismo, nonché le Parti stesse, che partecipa ad un progetto di ricerca in virtù del presente accordo.Articolo 2ObiettiviLe Parti si impegnano a promuovere e a favorire, nei termini stabiliti dal presente accordo, la cooperazione tra l'Australia e la Comunità nei settori di comune interesse in cui le Parti appoggiano attività di ricerca e sviluppo al fine di dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori.Articolo 3PrincipiL'attività di cooperazione svolta in virtù del presente accordo è disciplinata dai principi seguenti:a) la reciprocità di vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione;c) nell'ambito delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di proprietà intellettuale, la tutela effettiva e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale, in conformità a quanto disposto nell'allegato del presente accordo, che costituisce parte integrante di quest'ultimo; ed) il perseguimento dei benefici economici e sociali che la Comunità e l'Australia possono trarre dalle attività di cooperazione, tenuto conto dei contributi dati alle suddette attività dai rispettivi partecipanti e dalle Parti.Articolo 4Campo di applicazione1. La cooperazione comprende le attività seguenti:a) la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, istituti di ricerca e altri organismi, comprese le Parti stesse, a progetti di ricerca condotti dall'Australia o dalla Comunità, conformemente alle procedure applicabili a ciascuna delle Parti;b) l'utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca ai fini della cooperazione ai progetti di ricerca;c) le visite e gli scambi di personale scientifico, tecnico ed altro, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;d) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; ee) le altre attività che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, conformemente alle politiche ed ai programmi applicati dalle Parti.2. Ai fini del presente accordo, la cooperazione è circoscritta alle attività che rientrano nei seguenti settori:a) biotecnologia;b) ricerca medica e sanitaria;c) scienza e tecnologia marina;d) ambiente;e) tecnologia dell'informazione;f) tecnologia delle comunicazioni.3. I progetti di ricerca possono essere avviati ai sensi del presente accordo solo dopo che le Parti abbiano approvato un programma di gestione della tecnologia, conforme alle norme contenute nell'appendice del presente accordo e accettato dai partecipanti.Articolo 5Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia1. Le attività di cooperazione ai sensi del presente accordo sono gestite da un comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, in appresso denominato «comitato», composto di rappresentanti di ciascuna delle Parti.2. I compiti del comitato consistono nel:a) promuovere e sottoporre a verifica le attività previste dal presente accordo;b) autorizzare le attività di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera e) del presente accordo in quanto attività di cooperazione da esso disciplinate;c) consigliare le Parti sui mezzi atti ad intensificare la cooperazione secondo le finalità ed i principi enunciati nel presente accordo; ed) redigere una relazione annuale, destinata alle Parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese in virtù del presente accordo.3. Il comitato procura di riunirsi una volta all'anno, alternativamente in Europa e in Australia. Riunioni straordinarie possono essere convocate di comune accordo.4. Le decisioni del comitato vengono adottate per consenso. Ad ogni riunione viene redatto un verbale delle decisioni e dei principali punti discussi. Il suddetto verbale viene approvato dalle persone che le Parti hanno designato per presiedere in comune la riunione ed è disponibile, insieme alla relazione annuale, alla successiva riunione ministeriale tra l'Australia e la Comunità.Articolo 6Divulgazione ed utilizzazione delle informazioniLa divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni, nonché la gestione, l'attribuzione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale, che risultano dalla ricerca congiunta promossa in virtù del presente accordo, sono assoggettati ai principi enunciati nell'allegato del presente accordo.Articolo 7Finanziamento1. Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità dei fondi e al rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili, delle politiche e dei programmi dell'Australia e della Comunità.2. Le spese sostenute dai partecipanti nelle attività di cooperazione disciplinate dal presente accordo non devono esigere alcun trasferimento di fondi da una Parte all'altra.3. Le spese sostenute da o per conto del comitato sono finanziate dalla Parte nei confronti della quale i membri sono responsabili. Le spese, diverse da quelle di viaggio e soggiorno, inerenti alle riunioni del comitato, sono finanziate dalla Parte ospite.Articolo 8Circolazione del personale e delle attrezzatureOgni Parte adotta tutte le misure necessarie e si adopera per facilitare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature dell'altra Parte impiegati nelle attività di cooperazione conformemente al presente accordo.Articolo 9Altri accordiIl presente accordo lascia impregiudicata ogni cooperazione intrapresa in virtù di altri accordi o intese tra le Parti.Articolo 10Applicazione territoriale del presente accordoIl presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio dell'Australia.Articolo 11Entrata in vigore e risoluzione1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le Parti si notificano per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure necessarie a tal fine.2. Il presente accordo può essere modificato o prorogato dalle Parti in comune accordo. Le modifiche e le proroghe entrano in vigore alla data in cui le Parti si notificano per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure necessarie a tal fine.3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle Parti con un preavviso scritto di 12 mesi. La scadenza o la rinuncia del presente accordo non pregiudica la validità o la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi stabiliti in conformità dell'allegato del presente accordo.Articolo 12Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.En fe de lo cual, los abajo firmantes suscriben el presente Acuerdo.Til bekræftelse heraf har undertegnede underskrevet denne aftale.Zu Urkund dessen haben die Unterzeichneten dieses Abkommen unterschrieben.Óå ðßóôùóç ôùí áíùôÝñù, ïé õðïãñÜöïíôåò Ýèåóáí ôçí õðïãñáöÞ ôïõò êÜôù áðü ôçí ðáñïýóá óõìöùíßá.In witness whereof the undersigned have signed this Agreement.En foi de quoi, les soussignés ont apposé leur signature au bas du présent accord.In fede di che, i sottoscritti hanno firmato il presente accordo.Ten blijke waarvan de ondergetekenden hun handtekening onder deze overeenkomst hebben gezet.Em fé do que, os abaixo-assinados apuseram as suas assinaturas no final do presente acordo.Hecho en Canberra, el veintitrés de febrero de mil novecientos noventa y cuatro.Udfærdiget i Canberra den treogtyvende februar nitten hundrede og fireoghalvfems.Geschehen zu Canberra am dreiundzwanzigsten Februar neunzehnhundertvierundneunzig.¸ãéíå óôçí ÊáìðÝñá, óôéò åßêïóé ôñåéò Öåâñïõáñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ôÝóóåñá.Done at Canberra on the twenty-third day of February in the year one thousand nine hundred and ninety-four.Fait à Canberra, le vingt-trois février mil neuf cent quatre-vingt-quatorze.Fatto a Canberra, addì ventitré febbraio millenovecentonovantaquattro.Gedaan te Canberra, de drieëntwintigste februari negentienhonderd vierennegentig.Feito em Camberra, em vinte e três de Fevereiro de mil novecentos e noventa e quatro.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaPor AustraliaFor AustralienFür AustralienÃéá ôçí ÁõóôñáëßáFor AustraliaPour l'AustraliePer l'AustraliaVoor AustraliëPela AustráliaALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. Proprietà, attribuzione ed esercizio dei diritti1. L'attività di ricerca svolta in conformità del presente accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti elaborano congiuntamente programmi di gestione comune della tecnologia (PGT) (1) per quanto riguarda la proprietà e l'utilizzazione, inclusa la pubblicazione delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) che risultano dalla ricerca congiunta. Tali programmi sono approvati dalle Parti prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo a cui essi si riferiscono. I PGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, delle norme legislative applicabili in materia, delle procedure di composizione delle controversie e di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I programmi di gestione comune della tecnologia disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI risultanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate dai programmi di gestione della tecnologia sono attribuite, con l'approvazione delle Parti, secondo i principi stabiliti dai suddetti programmi, compresa la composizione delle controversie. In caso di divergenza che per validi motivi non possa essere risolta secondo la procedura di composizione delle controversie concordata, è possibile adire il comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, il quale si adopera per mediare tra i partecipanti. Ove, una volta esaurite le procedure summenzionate, la divergenza dovesse persistere, le informazioni o la PI diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta da cui esse provengono. Ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Ciascuna Parte garantisce che l'altra Parte e i suoi partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti conformemente ai principi enunciati nella parte I del presente allegato.4. Pur mantenendo le condizioni di concorrenza nei settori interessati dall'accordo, ciascuna Parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti in virtù del presente accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da incoraggiare in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente accordo;ii) l'adozione e l'applicazione di norme internazionali.II. Opere oggetto di diritto d'autorePer i diritti d'autore appartenenti alle Parti o ai loro partecipanti si applica la disciplina prevista dalla Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971).III. Pubblicazioni scientificheFatta salva la sezione IV, a meno che non sia convenuto altrimenti nel PGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dalle Parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Senza pregiudizio di questa norma generale, si applicano le seguenti regole:1) Nell'eventualità che una Parte o un ente pubblico di tale Parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta ai sensi del presente accordo, l'altra parte ha diritto ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita, per quanto riguarda la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione pubblica di tali pubblicazioni.2) Le Parti garantiscono che sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche, realizzate da editori indipendenti, risultanti dalla ricerca congiunta ai sensi del presente accordo.3) Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore destinata alla divulgazione pubblica e redatta in base alla presente clausola riportano i nomi dell'autore o degli autori a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono contenere anche una menzione chiaramente visibile del sostegno cooperativo delle Parti.IV. Informazioni non divulgabiliA. Informazioni documentarie non divulgabili1. Ciascuna Parte o i partecipanti, secondo il caso, individuano al più presto, e preferibilmente in sede di elaborazione del programma di gestione della tecnologia, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:i) la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;ii) il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;iii) i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo al fine di mantenerne la segretezza.In alcuni casi, le Parti ed i partecipanti possono convenire che, qualora non sia altrimenti indicato, le informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta ai sensi del presente accordo non siano divulgate, né in tutto né in parte.2. Ciascuna Parte provvede affinché le informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra Parte, ad esempio mediante un apposito contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.3. La Parte che riceve informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo ne rispetta il carattere particolare. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni vengono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.4. Le informazioni non divulgabili comunicate ai sensi del presente accordo possono essere rivelate dalla Parte che le riceve a persone del suo ambito o da essa assunte, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili siano comunicate rispettando l'obbligo di riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali, come sopra indicato.5. Previo consenso scritto della Parte che fornisce le informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo, la Parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 4. Le Parti cooperano nell'istituire procedure per richiedere e ottenere l'assenso preventivo scritto a tal fine: ciascuna Parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabiliLe informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente accordo o le informazioni relative all'assegnazione di personale, all'utilizzazione di attrezzature o a progetti comuni, sono trattate dalle Parti o dai partecipanti conformemente ai principi stabiliti nel presente accordo per le informazioni documentarie, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare nel momento in cui gli vengono comunicate.C. ControlloCiascuna Parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute in virtù del presente accordo siano controllate come ivi previsto. Se una Parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà, in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui ai punti A o B, ne informa immediatamente l'altra Parte. Le Parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.(1) Le caratteristiche indicative dei PGT sono esposte nell'appendice.Appendice Caratteristiche indicative dei Programmi di gestione della tecnologia (PGT) Il PGT è un accordo specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PGT disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi gli accordi per la pubblicazione comune, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la composizione delle controversie. Il PGT può inoltre contenere informazioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.Dichiarazione del Consiglio e della Commissione Il Consiglio e la Commissione dichiarano che il presente accordo e qualsiasi attività decisa conformemente ad esso non pregiudicano in alcun modo la facoltà degli Stati membri di intraprendere attività bilaterali con l'Australia nel campo della scienza, tecnologia, ricerca e sviluppo e di concludere eventualmente accordi in tal senso.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Australia QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione in ambiti di interesse comune in cui le Parti appoggiano attività di ricerca e sviluppo al fine di dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori. L’accordo è stato modificato una volta nel 1999 e in particolare nel suo articolo 4, paragrafo 2, sull’ambito di applicazione. Con queste decisioni, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo e dei successivi emendamenti per conto della Comunità europea (oggi Unione europea — UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:reciprocità dei vantaggi; lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull’azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione; la tutela effettiva e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale; e il perseguimento dei benefici economici e sociali che l’UE e l’Australia posso no trarre dalle attività di cooperazione.Ambito di applicazione I settori di cooperazione sono definiti come segue:Per l’UE, essi possono comprendere tutte le azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione indicate dagli articoli 180, lettera a) (attuazione di programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, promuovendo la cooperazione con e tra le imprese, i centri di ricerca e le università) e 180 lettera d) (impulso alla formazione e alla mobilità dei ricercatori dell’UE) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), con l’intesa che quest’ultima lettera si applica soltanto alle reti tra gestori di infrastrutture e ai relativi progetti di ricerca. Per l’Australia, i settori di cooperazione possono comprendere tutte le attività scientifiche e tecnologiche finanziate o condotte dal governo australiano, dai governi dei suoi Stati e territori, da organismi non governativi, ivi compresi istituti di ricerca privati e imprese, nonché da qualsiasi ente di ricerca interessato.Attività La cooperazione comprende le attività seguenti:la partecipazione di persone fisiche e giuridiche*, istituti di ricerca e altri organismi, comprese le Parti stesse, a progetti di ricerca condotti dall’Australia o dall’UE, conformemente alle procedure applicabili a ciascuna delle Parti; l’utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca ai fini della cooperazione ai progetti di ricerca; le visite e gli scambi di personale scientifico, tecnico ed altro, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell’ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell’ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; e le altre attività che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione tra l’UE e l’Australia per la scienza e la tecnologia. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 25 luglio 1994 e l’accordo di modifica il 9 dicembre 1999. È a tempo indeterminato e può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO Questo accordo scientifico e tecnologico del 1994 è stato il primo accordo di cooperazione scientifica e tecnica concluso dalla Comunità europea con un paese industrializzato al di fuori dell’Europa. Esso fa parte delle più ampie relazioni bilaterali tra l’UE e l’Australia, che si basano attualmente sul quadro di partenariato del 2008 tra l’UE e l’Australia. Un nuovo accordo quadro più completo è stato firmato nel 2017 ed è applicato in via provvisoria a determinati settori dal 4 ottobre 2018. Per ulteriori informazioni consultare:L’Australia e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna)Per maggiori informazioni sulla cooperazione con l’Australia per la ricerca e l’innovazione (RI), consultare:Cooperazione internazionale RI con l’Australia (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Australia (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Soggetti giuridici: società, organizzazioni e persone titolari di diritti e di obblighi di qualsiasi natura. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 188 del 22.7.1994, pag. 18). Le modifiche successive sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Decisione 99/510/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa alla conclusione dell’accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 195, del 28.7.1999, pag. 31). Decisione 94/457/CE del Consiglio, del 27 giugno 1994, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 188, del 22.7.1994, pag. 17). DOCUMENTI CORRELATI Accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’Australia, dall’altra (GU L 237 del 15.9.2017, pag. 7).
7,574
926
32007L0036
false
DIRETTIVA 2007/36/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 luglio 2007 relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 44 e 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo del 21 maggio 2003, intitolata «Modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societario nell’Unione europea — Un piano per progredire», la Commissione ha segnalato che dovrebbero essere prese nuove iniziative mirate a rafforzare i diritti degli azionisti delle società quotate e che dovrebbero essere affrontati urgentemente i problemi relativi all’esercizio transfrontaliero del diritto di voto. (2) Nella risoluzione del 21 aprile 2004 (3) il Parlamento europeo ha espresso il proprio sostegno all’intenzione della Commissione di rafforzare i diritti degli azionisti, in particolare attraverso l’estensione delle norme sulla trasparenza, dell’esercizio del diritto di voto per delega, della possibilità di partecipare alle assemblee mediante mezzi elettronici e garantendo l’esercizio transfrontaliero del diritto di voto. (3) I detentori di azioni con diritto di voto dovrebbero poter esercitare tali diritti, considerato che questi si riflettono nel prezzo corrisposto per l’acquisto delle azioni. Inoltre, un controllo effettivo da parte degli azionisti è una condizione preliminare per un buon governo societario e dovrebbe quindi essere agevolato e incoraggiato. A tal fine è pertanto necessario adottare misure per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri. Gli ostacoli che dissuadono gli azionisti dal votare, come il fatto di subordinare l’esercizio dei diritti di voto al blocco delle azioni per un certo periodo precedente l’assemblea, dovrebbero essere eliminati. La presente direttiva lascia tuttavia impregiudicata la legislazione comunitaria vigente in materia di quote emesse dagli organismi di investimento collettivo o in materia di acquisto o cessione di quote in tali organismi. (4) La legislazione comunitaria vigente non è sufficiente per raggiungere questo obiettivo. La direttiva 2001/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 maggio 2001, riguardante l’ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l’informazione da pubblicare su detti valori (4), è incentrata sulle informazioni che gli emittenti devono comunicare al mercato e non riguarda quindi la procedura di voto degli azionisti. Inoltre, la direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato (5), impone agli emittenti l’obbligo di mettere a disposizione una serie di informazioni e documenti rilevanti per l’assemblea, ma tali informazioni e documenti devono essere messi a disposizione solo nello Stato membro dell’emittente. Dovrebbero pertanto essere introdotte alcune norme minime volte a proteggere gli investitori e a promuovere l’esercizio agevole e effettivo dei diritti degli azionisti conferiti da azioni con diritto di voto. Riguardo ai diritti diversi dal diritto di voto, gli Stati membri possono estendere l’applicazione di tali norme minime anche alle azioni senza diritto di voto, nella misura in cui queste azioni non godano già di siffatto regime. (5) Percentuali significative di azioni delle società quotate sono detenute da azionisti che non risiedono nello Stato membro nel quale la società ha la propria sede legale. Gli azionisti non residenti dovrebbero essere in grado di esercitare i loro diritti in relazione all’assemblea con la stessa facilità degli azionisti che risiedono nello Stato membro nel quale la società ha la sede legale. Questo comporta la necessità di eliminare gli ostacoli che impediscono attualmente agli azionisti non residenti di avere accesso alle informazioni rilevanti per l’assemblea e di esercitare i diritti di voto senza intervenire fisicamente all’assemblea. L’eliminazione di tali ostacoli dovrebbe andare anche a vantaggio degli azionisti residenti che non intervengono, o non possono intervenire, all’assemblea. (6) Gli azionisti dovrebbero poter votare con cognizione di causa nel corso dell’assemblea, o prima della sua tenuta, indipendentemente dal luogo in cui risiedono. Tutti gli azionisti dovrebbero disporre di tempo sufficiente per esaminare la documentazione che sarà sottoposta all’assemblea e decidere di come far uso dei diritti di voto conferiti dalle loro azioni. A tal fine, l’assemblea dovrebbe essere convocata per tempo e gli azionisti dovrebbero ricevere tutte le informazioni che saranno sottoposte all’assemblea. È opportuno sfruttare le possibilità offerte dalle moderne tecnologie al fine di rendere immediatamente accessibili le informazioni. La presente direttiva presuppone che tutte le società quotate abbiano già un sito Internet. (7) Gli azionisti dovrebbero, in linea di principio, avere la possibilità di iscrivere dei punti all’ordine del giorno dell’assemblea e di presentare proposte di delibera sui punti all’ordine del giorno. Fatti salvi i diversi termini temporali e le diverse modalità attualmente applicati nella Comunità, l’esercizio di tali diritti dovrebbe essere disciplinato da due regole di base, vale a dire che le soglie richieste per l’esercizio di tali diritti non superino il 5 % del capitale della società e che tutti gli azionisti ricevano comunque la versione finale dell’ordine del giorno in tempo utile per prepararsi per la discussione e per votare su ciascun punto all’ordine del giorno. (8) Ciascun azionista dovrebbe, in linea di principio, avere la possibilità di porre domande in relazione ai punti all’ordine del giorno dell’assemblea e di ricevere risposte alle stesse, in conformità delle norme stabilite dagli Stati membri in ordine alle modalità e ai tempi per porre le domande e per rispondervi. (9) Le società non dovrebbero incontrare ostacoli giuridici nell’offrire ai propri azionisti mezzi di partecipazione elettronica all’assemblea. L’esercizio del voto, per corrispondenza o con mezzi elettronici, senza intervenire fisicamente all’assemblea, non dovrebbe essere soggetto a restrizioni diverse da quelle necessarie per la verificazione dell’identità e per la sicurezza delle comunicazioni. Tuttavia, ciò non dovrebbe impedire agli Stati membri di adottare norme intese ad assicurare che i risultati del voto rispecchino le intenzioni degli azionisti in ogni circostanza, comprese le norme destinate a far fronte a situazioni in cui si verificano o si sono rivelate nuove circostanze dopo che un azionista ha espresso il suo voto per corrispondenza o con mezzi elettronici. (10) Il buon governo societario richiede procedure agevoli ed efficienti per l’esercizio del voto per delega. Le limitazioni e i vincoli esistenti che rendono il voto per delega difficile e oneroso dovrebbero pertanto essere eliminati. Tuttavia, il buon governo societario richiede anche opportune salvaguardie contro eventuali abusi del voto per delega. Per tale motivo il rappresentante dovrebbe essere tenuto a osservare le istruzioni eventualmente ricevute dall’azionista e gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di introdurre misure appropriate per garantire che il rappresentante non persegua interessi diversi da quelli dell’azionista, indipendentemente dal motivo che ha dato origine al conflitto di interessi. Le misure avverso possibili abusi potrebbero, in particolare, essere costituite dai regimi adottati dagli Stati membri per disciplinare l’attività di persone che sollecitano deleghe o che abbiano di fatto raccolto più di un determinato e significativo numero di deleghe, in particolare al fine di garantire un livello adeguato di affidabilità e trasparenza. In forza della presente direttiva, gli azionisti dispongono del diritto illimitato di designare dette persone come rappresentanti incaricati di intervenire e votare a loro nome in assemblea. La presente direttiva lascia tuttavia impregiudicate le disposizioni o le sanzioni che gli Stati membri possono applicare a tali persone, quando i voti sono stati espressi facendo un uso fraudolento delle deleghe raccolte. Inoltre, la presente direttiva non impone alle società alcun obbligo di verificare che i rappresentanti esprimano il voto conformemente alle istruzioni di voto impartite dall’azionista che essi rappresentano. (11) Allorquando sono coinvolti intermediari finanziari, l’efficacia del voto su istruzioni dipende in ampia misura dall’efficienza della catena di intermediari, considerato che gli investitori spesso non sono nelle condizioni per esercitare i diritti di voto conferiti dalle loro azioni senza la cooperazione di ogni intermediario della catena, che potrebbe non avere interesse economico nelle azioni. Per consentire all’investitore di esercitare i propri diritti di voto in situazioni transfrontaliere è quindi importante che gli intermediari facilitino l’esercizio dei diritti di voto. La Commissione dovrebbe considerare ulteriormente la questione nel quadro di una raccomandazione, nella prospettiva di assicurare che gli investitori abbiano accesso a servizi per l’esercizio del diritto di voto efficaci e che questo sia esercitato in conformità delle loro istruzioni. (12) I tempi della comunicazione dei voti espressi prima dell’assemblea per corrispondenza o con mezzi elettronici all’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza così come al pubblico sono un’importante questione di governo societario, che può essere tuttavia definita dagli Stati membri. (13) I risultati delle votazioni dovrebbero essere determinati attraverso metodi che riflettano le intenzioni di voto espresse dagli azionisti e dopo l’assemblea dovrebbero essere resi pubblici almeno sul sito Internet della società. (14) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire consentire agli azionisti di esercitare effettivamente i loro diritti in tutta la Comunità, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri sulla base della legislazione comunitaria vigente e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti delle misure in questione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (15) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (6), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti che indichino, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. La presente direttiva stabilisce i requisiti relativi all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti conferiti da azioni con diritto di voto in relazione alle assemblee di società che hanno la loro sede legale in uno Stato membro e le cui azioni sono ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato situato o operante all’interno di uno Stato membro. 2. Lo Stato membro competente a disciplinare le materie oggetto della presente direttiva è lo Stato membro in cui la società ha la sede legale e i riferimenti alla «legge applicabile» si intendono fatti alla legge di tale Stato membro. 3. Gli Stati membri possono escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i seguenti tipi di società: a) organismi di investimento collettivo costituiti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.) (7); b) organismi, il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico, il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi e che non mirano ad assumere il controllo o la direzione degli emittenti in cui investono, a condizione che tali organismi di investimento collettivo siano autorizzati e soggetti alla vigilanza delle autorità competenti e che dispongano di un depositario che eserciti funzioni equivalenti a quelle previste dalla direttiva 85/611/CEE; c) società cooperative. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva, si intende per: a) «mercato regolamentato»: un mercato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 14, della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (8); b) «azionista»: la persona fisica o giuridica riconosciuta come azionista dalla legge applicabile; c) «delega»: il potere conferito ad una persona fisica o giuridica da un azionista di esercitare in assemblea alcuni o tutti i diritti di tale azionista in nome di questo. Articolo 3 Ulteriori misure nazionali La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di imporre obblighi ulteriori alle società o di adottare ulteriori misure intese ad agevolare l’esercizio, da parte degli azionisti, dei diritti indicati nella presente direttiva. CAPO II ASSEMBLEA DEGLI AZIONISTI Articolo 4 Parità di trattamento degli azionisti La società assicura la parità di trattamento di tutti gli azionisti che si trovano nella stessa posizione per quanto concerne la partecipazione e l’esercizio dei diritti di voto in assemblea. Articolo 5 Informazioni prima dell’assemblea 1. Fatti salvi l’articolo 9, paragrafo 4, e l’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, concernente le offerte pubbliche di acquisto (9), gli Stati membri assicurano che la società emetta la convocazione dell’assemblea secondo una delle modalità indicate nel paragrafo 2 del presente articolo, non oltre il ventunesimo giorno precedente la data dell’assemblea. Gli Stati membri possono prevedere che, qualora la società offra agli azionisti la possibilità di votare con mezzi elettronici accessibili a tutti gli azionisti, l’assemblea degli azionisti possa decidere di emettere la convocazione dell’assemblea purché non si tratti di quella annuale secondo una delle modalità specificate al paragrafo 2 del presente articolo non oltre il quattordicesimo giorno precedente la data dell’assemblea. Tale decisione va presa da una maggioranza di almeno due terzi dei voti conferiti dalle azioni o dal capitale sottoscritto rappresentati in assemblea e per una durata non superiore alla successiva assemblea annuale. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare i termini minimi di cui al primo e secondo comma alla seconda convocazione o alle convocazioni successive dell’assemblea, emesse per mancato raggiungimento del quorum necessario per l’assemblea indetta in prima convocazione, a condizione che siano state rispettate le disposizioni del presente articolo per la prima convocazione e non siano stati aggiunti nuovi punti all’ordine del giorno e intercorrano almeno dieci giorni tra la convocazione finale e la data dell’assemblea. 2. Fatti salvi gli ulteriori requisiti in materia di notifica o pubblicazione stabiliti dallo Stato membro competente quale definito all’articolo 1, paragrafo 2, la società è tenuta a emettere la convocazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo in modo tale da assicurare un accesso rapido e su base non discriminatoria alla medesima. Lo Stato membro impone alla società di utilizzare mezzi di comunicazione che possono ragionevolmente garantire un’effettiva diffusione delle informazioni al pubblico in tutta la Comunità. Lo Stato membro non può imporre l’obbligo di utilizzare solo i mezzi di comunicazione i cui operatori sono stabiliti sul suo territorio. Lo Stato membro non è tenuto ad applicare il primo comma alle società in grado di desumere nomi e indirizzi dei propri azionisti da un registro aggiornato degli azionisti, a condizione che le società in questione abbiano l’obbligo di inviare l’avviso di convocazione a ciascun azionista registrato. In entrambi i casi la società non può addebitare costi specifici per l’emissione della convocazione secondo le modalità prescritte. 3. La convocazione di cui al paragrafo 1 deve come minimo: a) indicare con precisione dove e quando si svolgerà l’assemblea e l’ordine del giorno proposto per la stessa; b) contenere una descrizione chiara e precisa delle procedure che gli azionisti devono rispettare per poter partecipare e votare in assemblea, comprese le informazioni riguardanti: i) i diritti di cui godono gli azionisti ai sensi dell’articolo 6, nella misura in cui possono essere esercitati dopo l’emissione della convocazione, e ai sensi dell’articolo 9 e i termini entro cui tali diritti possono essere esercitati; la convocazione può limitarsi ad indicare solo i termini entro cui tali diritti possono essere esercitati, a condizione che contenga un riferimento a informazioni più dettagliate su tali diritti, disponibili sul sito Internet della società; ii) la procedura per l’esercizio del voto per delega, in particolare i formulari da utilizzare per il voto per delega e le modalità che la società è disposta ad accettare per le notifiche elettroniche delle designazioni dei rappresentanti; e iii) se applicabile, le procedure di voto per corrispondenza o con mezzi elettronici; c) se applicabile, indicare la data di registrazione quale definita nell’articolo 7, paragrafo 2, e chiarire che solo coloro che risultano azionisti a tale data avranno il diritto di partecipare e di votare in assemblea; d) indicare dove è possibile reperire il testo completo e integrale delle proposte di delibera e dei documenti di cui al paragrafo 4, lettere c) e d), e le modalità per ottenerli; e) indicare l’indirizzo del sito Internet sul quale saranno disponibili le informazioni di cui al paragrafo 4. 4. Gli Stati membri assicurano che per un periodo ininterrotto di almeno ventuno giorni precedenti la data dell’assemblea e comprendente quest’ultima, la società renda disponibile agli azionisti sul suo sito Internet almeno le informazioni seguenti: a) la convocazione di cui al paragrafo 1; b) il numero complessivo delle azioni e dei diritti di voto alla data della convocazione (compreso quello per ciascuna classe di azioni, nel caso in cui il capitale della società sia ripartito in due o più classi di azioni); c) i documenti che saranno sottoposti all’assemblea; d) una proposta di delibera o, qualora non sia proposta l’adozione di alcuna delibera, un commento dell’organo competente della società, designato conformemente alla legge applicabile, su ciascun punto dell’ordine del giorno proposto all’assemblea; inoltre, le proposte di delibera presentate dagli azionisti sono rese disponibili sul sito Internet non appena possibile dopo la loro ricezione da parte della società; e) se applicabile, i formulari da utilizzare per il voto per delega e per corrispondenza, salvo che tali formulari siano inviati direttamente a ciascun azionista. Qualora i formulari di cui alla lettera e) non possano essere resi disponibili su Internet per motivi tecnici, la società indica sul suo sito Internet le modalità per ottenerli in forma cartacea. In tal caso la società è tenuta a trasmettere i formulari per corrispondenza e gratuitamente a ciascun azionista che ne faccia richiesta. Se, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 4, o dell’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva 2004/25/CE o in virtù del paragrafo 1, secondo comma, del presente articolo, la convocazione dell’assemblea è emessa oltre il ventunesimo giorno precedente l’assemblea, il periodo di cui al presente paragrafo è ridotto di conseguenza. Articolo 6 Diritto di iscrivere punti all’ordine del giorno dell’assemblea e di presentare proposte di delibera 1. Gli Stati membri assicurano che gli azionisti, che agiscano individualmente o collettivamente: a) abbiano il diritto di iscrivere punti all’ordine del giorno dell’assemblea, a condizione che ciascuno di questi punti sia corredato di una motivazione o di una proposta di delibera da adottare in assemblea; e b) abbiano il diritto di presentare proposte di delibera sui punti che figurano o figureranno all’ordine del giorno dell’assemblea. Gli Stati membri possono stabilire che il diritto di cui alla lettera a) possa essere esercitato solo in relazione all’assemblea annuale, a condizione che gli azionisti, agendo individualmente o collettivamente, abbiano il diritto di convocare, o di chiedere alla società di convocare, un’assemblea che non sia quella annuale con un ordine del giorno comprendente almeno tutti i punti che essi hanno chiesto. Gli Stati membri possono stabilire che tali diritti siano esercitati per iscritto (per corrispondenza con mezzi elettronici). 2. Qualora uno dei diritti di cui al paragrafo 1 sia subordinato alla condizione che l’azionista o gli azionisti in questione detengano una partecipazione minima nella società, tale partecipazione minima non supera il 5 % del capitale. 3. Ciascuno Stato membro fissa un’unica data, in funzione di un determinato numero di giorni precedenti l’assemblea o la convocazione, entro la quale gli azionisti possono esercitare il diritto di cui al paragrafo 1, lettera a). Analogamente, ciascuno Stato membro può fissare un termine per l’esercizio del diritto di cui al paragrafo 1, lettera b). 4. Gli Stati membri assicurano che, qualora l’esercizio del diritto di cui al paragrafo 1, lettera a), comporti una modifica dell’ordine del giorno dell’assemblea già comunicato agli azionisti, la società rende disponibile un ordine del giorno modificato seguendo le stesse modalità utilizzate per l’ordine del giorno precedente, prima della data di registrazione applicabile quale definita nell’articolo 7, paragrafo 2, o, in mancanza di una data di registrazione applicabile, con sufficiente anticipo rispetto alla data dell’assemblea, in modo da consentire agli altri azionisti di designare un rappresentante o, se applicabile, di votare per corrispondenza. Articolo 7 Requisiti per partecipare e votare all’assemblea 1. Gli Stati membri assicurano: a) che i diritti di un azionista di partecipare all’assemblea e di votare, in funzione delle sue azioni, non siano soggetti ad alcun requisito di depositare, trasferire o registrare, a nome di un’altra persona fisica o giuridica, tali azioni prima dell’assemblea; e b) che i diritti di un azionista di vendere o trasferire in altro modo le sue azioni durante il periodo che intercorre tra la data di registrazione quale definita al paragrafo 2 e l’assemblea cui questa si riferisce non siano soggetti ad alcuna limitazione a cui non sono soggetti in altri momenti. 2. Gli Stati membri provvedono affinché i diritti di un azionista di partecipare all’assemblea e di votare, in funzione delle sue azioni, siano determinati dalle azioni detenute da tale azionista a una determinata data precedente l’assemblea (data di registrazione). Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il primo comma alle società in grado di desumere nomi e indirizzi dei loro azionisti da un registro aggiornato degli azionisti alla data dell’assemblea. 3. Ciascuno Stato membro assicura che a tutte le società si applichi un’unica data di registrazione. Tuttavia, uno Stato membro può stabilire una data di registrazione per le società che hanno emesso azioni al portatore e un’altra data di registrazione per le società che hanno emesso azioni nominative, a condizione che alle società che hanno emesso azioni di entrambe le categorie si applichi un’unica data di registrazione. La data di registrazione non può precedere di oltre trenta giorni la data dell’assemblea cui si riferisce. Nell’attuare la presente disposizione e l’articolo 5, paragrafo 1, ciascuno Stato membro assicura che tra l’ultima data utile per la convocazione dell’assemblea e la data di registrazione intercorrano almeno otto giorni. Nel calcolo del numero dei giorni tali due date non sono incluse. Nei casi di cui all’articolo 5, paragrafo 1, terzo comma, uno Stato membro può tuttavia chiedere che intercorrano almeno sei giorni tra l’ultima data utile per la seconda convocazione o le convocazioni successive dell’assemblea e la data di registrazione. Nel calcolo del numero dei giorni tali due date non sono incluse. 4. La prova della qualità di azionista può essere soggetta solo ai requisiti necessari per assicurare l’identificazione degli azionisti e solo nella misura in cui detti requisiti siano proporzionati al raggiungimento di tale obiettivo. Articolo 8 Partecipazione all’assemblea con mezzi elettronici 1. Gli Stati membri consentono alle società di offrire ai loro azionisti qualsiasi forma di partecipazione all’assemblea con mezzi elettronici, in particolare in una o più delle seguenti forme: a) trasmissione in tempo reale dell’assemblea; b) comunicazione a due vie, in tempo reale, che consenta agli azionisti di intervenire in assemblea da un’altra località; c) un meccanismo per esercitare il diritto di voto, prima dell’assemblea o durante il suo svolgimento, senza che sia necessario designare un rappresentante fisicamente presente alla stessa. 2. Il ricorso a mezzi elettronici per consentire agli azionisti di partecipare all’assemblea può essere soggetto solo ai requisiti e ai vincoli necessari per assicurare l’identificazione degli azionisti e la sicurezza delle comunicazioni elettroniche e solo nella misura in cui detti requisiti e vincoli siano proporzionati al raggiungimento di tali obiettivi. La presente disposizione non pregiudica le norme giuridiche che gli Stati membri hanno adottato o possono adottare riguardo al processo decisionale della società ai fini dell’introduzione o dell’attuazione di qualsiasi forma di partecipazione con mezzi elettronici. Articolo 9 Diritto di porre domande 1. Ogni azionista ha il diritto di porre domande connesse con i punti all’ordine del giorno dell’assemblea. La società risponde alle domande poste dagli azionisti. 2. Il diritto di porre domande e l’obbligo di rispondere sono soggetti alle misure che gli Stati membri possono adottare, o consentire alle società di adottare, per garantire l’identificazione degli azionisti, il corretto svolgimento dell’assemblea, la sua preparazione e la tutela della riservatezza e degli interessi delle società. Gli Stati membri possono consentire alle società di fornire una risposta unitaria alle domande dello stesso contenuto. Gli Stati membri possono prevedere che si consideri fornita una risposta se le informazioni pertinenti sono disponibili sul sito Internet della società in un formato «domanda e risposta». Articolo 10 Voto per delega 1. Ciascun azionista ha il diritto di designare una persona fisica o giuridica come rappresentante incaricato di intervenire e votare a suo nome in assemblea. Il rappresentante gode degli stessi diritti di intervenire e di porre domande in assemblea di cui godrebbe l’azionista rappresentato. A parte il requisito che il rappresentante abbia capacità giuridica, gli Stati membri abrogano le norme giuridiche che limitano, o consentono alle società di limitare, l’idoneità di persone a essere designate come rappresentanti. 2. Gli Stati membri possono limitare la designazione di un rappresentante a una singola assemblea o alle assemblee che si svolgono in un determinato periodo. Fatto salvo l’articolo 13, paragrafo 5, gli Stati membri possono limitare il numero di persone che l’azionista può designare come rappresentanti per una determinata assemblea. Tuttavia, qualora l’azionista possieda azioni di una società detenute in più di un conto titoli, detta limitazione non impedisce all’azionista di designare per una determinata assemblea un distinto rappresentante con riferimento alle azioni detenute in ciascun conto titoli. Ciò non pregiudica le regole previste dalla legge applicabile che vietano di votare in modo differenziato per azioni detenute dallo stesso azionista. 3. Salve le limitazioni espressamente consentite dai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri non possono limitare, o consentire alle società di limitare, l’esercizio dei diritti dell’azionista tramite un rappresentante per fini diversi da quelli volti a risolvere i potenziali conflitti di interesse tra il rappresentante e l’azionista nell’interesse del quale il rappresentante è tenuto ad agire; nel fare ciò gli Stati membri non possono imporre requisiti diversi dai seguenti: a) gli Stati membri possono stabilire che il rappresentante comunichi le specifiche circostanze che possono essere rilevanti per gli azionisti nel valutare se esistono rischi che il rappresentante possa perseguire un interesse diverso dall’interesse dell’azionista; b) gli Stati membri possono limitare o escludere l’esercizio dei diritti dell’azionista attraverso un rappresentante in mancanza di istruzioni di voto specifiche per ciascuna delibera in relazione alla quale il rappresentante dovrà votare per conto dell’azionista; c) gli Stati membri possono limitare o escludere il trasferimento della delega a un’altra persona, ma ciò non impedisce a un rappresentante che sia una persona giuridica di esercitare, tramite un membro dei suoi organi di direzione o di amministrazione o un suo dipendente, i poteri conferitigli. Un conflitto di interessi ai sensi del presente paragrafo può sussistere in particolare nei casi in cui il rappresentante: i) sia un azionista di controllo della società o sia un altro soggetto controllato da tale azionista; ii) sia membro dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza della società o di un azionista di controllo o di un soggetto controllato di cui al punto i); iii) sia un dipendente o un revisore della società o di un azionista di controllo o di un soggetto controllato di cui al punto i); iv) abbia legami familiari con una delle persone fisiche di cui ai punti da i) a iii). 4. Il rappresentante esprime il voto conformemente alle istruzioni di voto impartite dall’azionista che esso rappresenta. Gli Stati membri possono chiedere ai rappresentanti di tenere traccia delle istruzioni di voto per un determinato periodo minimo e di confermare su richiesta che le istruzioni di voto sono state rispettate. 5. Una persona che agisca in qualità di rappresentante può ricevere deleghe da parte di più di un azionista, senza limitazioni riguardo al numero di azionisti rappresentati. La legge applicabile consente a un rappresentante che detenga deleghe di più azionisti di esprimere per un azionista un voto diverso da quello espresso per un altro. Articolo 11 Formalità per la nomina e la notifica del rappresentante 1. Gli Stati membri consentono agli azionisti di designare un rappresentante con mezzi elettronici. Inoltre, gli Stati membri consentono alle società di accettare le notifiche di designazione effettuate con mezzi elettronici e provvedono affinché tutte le società offrano ai loro azionisti almeno un modo effettivo di notifica con mezzi elettronici. 2. Gli Stati membri garantiscono che i rappresentanti possano essere designati, e la loro designazione notificata alla società, esclusivamente per iscritto. Oltre a questo requisito formale essenziale, la designazione di un rappresentante, la notifica della designazione alla società e la formulazione delle istruzioni di voto, se del caso, al rappresentante possono essere solo assoggettate a requisiti formali necessari, rispettivamente, ad assicurare l’identificazione dell’azionista e del rappresentante o ad assicurare la possibilità di verificare il contenuto delle istruzioni di voto e solo nella misura in cui detti requisiti siano proporzionati al raggiungimento di tali obiettivi. 3. Le disposizioni del presente articolo sono estese, in quanto applicabili, alla revoca della designazione di un rappresentante. Articolo 12 Voto per corrispondenza Gli Stati membri consentono alle società di offrire ai loro azionisti la possibilità di votare per corrispondenza prima dell’assemblea. Il voto per corrispondenza può essere assoggettato unicamente ai requisiti e ai vincoli necessari ad assicurare l’identificazione degli azionisti e solo nella misura in cui detti requisiti e vincoli sono proporzionati al raggiungimento di tale obiettivo. Articolo 13 Soppressione di taluni impedimenti all’effettivo esercizio dei diritti di voto 1. Il presente articolo si applica nei casi in cui una persona fisica o giuridica, riconosciuta come azionista dalla legge applicabile, agisca, nel quadro di un’attività professionale, per conto di un’altra persona fisica o giuridica (il «cliente»). 2. Qualora la legge applicabile imponga requisiti di comunicazione, come condizione preliminare per l’esercizio dei diritti di voto da parte di un azionista di cui al paragrafo 1, detti requisiti non vanno al di là di un elenco che comunica alla società l’identità di ciascun cliente e il numero di azioni in relazione alle quali è esercitato il diritto di voto per suo conto. 3. Qualora la legge applicabile imponga requisiti formali riguardo all’autorizzazione di un azionista di cui al paragrafo 1 a esercitare diritti di voto, o alle istruzioni di voto, detti requisiti formali non vanno al di là di quanto necessario, rispettivamente, per l’identificazione del cliente o per consentire la verifica del contenuto delle istruzioni di voto e sono proporzionati al raggiungimento di tali obiettivi. 4. Un azionista di cui al paragrafo 1 è autorizzato ad esprimere il voto conferito da determinate azioni in maniera diversa rispetto a quello relativo ad altre azioni. 5. Qualora la legge applicabile limiti il numero delle persone che un azionista può designare come rappresentanti a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, tale limitazione non impedisce all’azionista di cui al paragrafo 1 del presente articolo di conferire una delega a ciascuno dei suoi clienti o ad una terza parte designata da un cliente. Articolo 14 Risultato della votazione 1. La società determina per ogni delibera almeno il numero di azioni per le quali sono stati espressi voti validi, la proporzione di capitale che tali voti rappresentano, il numero totale di voti validamente espressi, nonché il numero di voti favorevoli e contrari alla delibera e, se applicabile, il numero delle astensioni. Tuttavia, gli Stati membri possono prevedere o consentire alle società di prevedere che, se nessun azionista richiede un pieno rendiconto del voto, sia sufficiente determinare i risultati della votazione solo nella misura in cui ciò è necessario per assicurare che per ogni delibera sia stata raggiunta la maggioranza richiesta. 2. Entro un termine, determinato dalla legge applicabile ma comunque non oltre quindici giorni dopo l’assemblea, la società pubblica sul suo sito Internet i risultati della votazione determinati a norma del paragrafo 1. 3. Il presente articolo lascia impregiudicate le norme giuridiche che gli Stati membri hanno adottato o possono adottare circa le formalità necessarie affinché una delibera sia ritenuta valida o la possibilità di una successiva impugnazione dei risultati della votazione. CAPO III DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Attuazione Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 3 agosto 2009. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. In deroga al primo comma, gli Stati membri in cui al 1o luglio 2006 fossero in vigore disposizioni nazionali che limitano o vietano la designazione di un rappresentante nell’ambito della casistica di cui all’articolo 10, paragrafo 3, secondo comma, punto ii), mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all’articolo 10, paragrafo 3, per quanto riguarda siffatta limitazione o divieto, entro il 3 agosto 2012. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione il numero di giorni di cui all’articolo 6, paragrafo 3, e all’articolo 7, paragrafo 3, e qualsiasi modifica al riguardo; la Commissione pubblica tali informazioni nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 16 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 17 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 11 luglio 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente M. LOBO ANTUNES (1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 42. (2) Parere del Parlamento europeo del 15 febbraio 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 12 giugno 2007. (3) GU C 104 E del 30.4.2004, pag. 714. (4) GU L 184 del 6.7.2001, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/1/CE (GU L 79 del 24.3.2005, pag. 9). (5) GU L 390 del 31.12.2004, pag. 38. (6) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (7) GU L 375 del 31.12.1985, pag. 3. (8) GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1. (9) GU L 142 del 30.4.2004, pag. 12.
Direttiva sui diritti degli azionisti QUAL È LO SCOPO DELLE DIRETTIVE? Stabiliscono le regole per la promozione dell’esercizio dei diritti degli azionisti in relazione all’assemblea di società con sede legale in UE, le cui azioni sono ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato all’interno dell’UE. La revisione del 2017 [Direttiva (UE) 2017/828] mira a incoraggiare il coinvolgimento degli azionisti a lungo termine per garantire che vengano prese decisioni per la stabilità a lungo termine di una società e tenere conto delle questioni ambientali e sociali. La direttiva rivista:facilita l’identificazione degli azionisti e i flussi di informazioni tra gli azionisti e la società;migliora la sorveglianza sulla remunerazione degli amministratori;regolamenta le operazioni con parti correlate*; eintroduce una maggiore trasparenza. PUNTI CHIAVE Le società devono fornire agli azionisti le informazioni che saranno sottoposte all’assemblea, compresi i 21 giorni di preavviso e inoltre, l’ordine del giorno, le procedure di voto e partecipazione devono essere resi disponibili sul sito Internet della società. Le società devono inoltre fornire altre informazioni, quali:il numero complessivo delle azioni e dei diritti di voto; i documenti che saranno sottoposti all’assemblea; una proposta di delibera su ciascun punto dell’ordine del giorno proposto all’assemblea; e i formulari da utilizzare per il voto per delega (quando un azionista autorizza un’altra persona o società a rappresentarlo). Gli azionisti hanno il diritto di:iscrivere dei punti all’ordine del giorno dell’assemblea e presentare proposte di delibera (se detengono il 5 % del capitale della società); porre domande in relazione ai punti all’ordine del giorno, a cui la società è tenuta a rispondere; partecipare e votare senza limitazioni oltre alla data di abilitazione indicata dalla società per il possesso di azioni. Gli Stati membri devono abrogare le norme giuridiche che limitano la partecipazione degli azionisti alle assemblee con mezzi elettronici, e accettare le notifiche di designazione di delega effettuate con mezzi elettronici. Le società devono inoltre contare regolarmente il numero esatto dei voti per ciascuna delibera e pubblicare i risultati entro il termine massimo di quindici giorni. Gli Stati membri possono scegliere di fissare termini più brevi. La direttiva (UE) 2017/828 modifica la direttiva del 2007, con l’aggiunta di nuovi diritti quali:Esprimersi sulla remunerazione degli amministratori Gli azionisti hanno il diritto di votare la politica di remunerazione degli amministratori almeno ogni quattro anni. Il voto può essere vincolante o consultivo, in base alla scelta dello Stato membro. La politica dovrebbe sostenere la strategia della società. Essa dovrebbe descrivere le componenti fissa e variabile della remunerazione degli amministratori, e contenere le caratteristiche principali relative a pensioni e pagamenti connessi alla cessazione. In caso di remunerazione variabile, i risultati raggiunti dall’amministratore vengono valutati in base a criteri finanziari e non finanziari, ove applicabile. La politica deve inoltre stabilire se si applicano clausole di malus o periodi di differimento o sospensione. Gli azionisti avranno inoltre il diritto di votare le relazioni annuali sulla remunerazione che forniscono informazioni sulla retribuzione dei singoli amministratori relative all’esercizio finanziario precedente. Gli Stati membri possono consentire alle piccole e medie imprese di discuterne in assemblea in alternativa al voto. The politica delle remunerazioni e le relazioni dovranno inoltre essere messe a disposizione del pubblico. Identificazione degli azionisti Le società hanno il diritto di identificare i propri azionisti e di ricevere informazioni sulla loro identità da intermediari in possesso di tali informazioni. Gli intermediari (quali gli istituti di credito) devono comunicare tempestivamente alla società le suddette informazioni. Gli Stati membri possono fissare una soglia minima pari allo 0,5 % delle azioni o dei diritti di voto prima che una società possa richiedere l’identificazione di un azionista. Facilitazione dell’esercizio dei diritti degli azionisti Le nuove norme sono volte a facilitare la partecipazione degli azionisti residenti in un altro Stato membro alle assemblee generali e al voto. L’esercizio dei diritti degli azionisti, compreso il diritto a partecipare e a votare nelle assemblee, deve essere facilitato dagli intermediari. Gli intermediari devono inoltre fornire agli azionisti tutte le informazioni sulla società che consentano agli azionisti di esercitare correttamente i propri diritti e trasmettere alla società le informazioni ricevute dagli azionisti in relazione all’esercizio dei loro diritti. Operazioni con parti correlate Per le operazioni rilevanti (come definite da ciascuno Stato membro) tra una società quotata e una parte correlata:l’operazione deve essere resa nota al pubblico;a seconda dello Stato membro, l’informativa al pubblico può essere resa nota al pubblico corredata di una valutazione che valuti se l’operazione è corretta e ragionevole dal punto di vista della società e degli altri azionisti;l’operazione deve essere approvata dagli azionisti o dall’organo di amministrazione. Gli stati membri possono inoltre richiedere l’approvazione degli azionisti. Trasparenza degli investitori istituzionali, dei gestori di attivi e dei consulenti in materia di voto Gli investitori istituzionali e i gestori di attivi pubblicano una politica di impegno degli azionisti, o una spiegazione delle ragioni per cui hanno scelto di non farlo. Essi, inoltre, comunicano al pubblico su base annua le modalità di attuazione di tale politica, includendo in particolare una spiegazione dei voti più significativi. Gli investitori istituzionali sono tenuti a spiegare in che modo gli elementi principali della loro strategia di investimento azionario sono coerenti con il profilo e la durata delle loro passività, e in che modo contribuiscono al rendimento a medio e lungo termine dei loro attivi. I gestori degli attivi sono tenuti a comunicare all’investitore istituzionale in che modo la loro strategia d’investimento e la relativa attuazione contribuiscono al rendimento a medio e lungo termine degli attivi dell’investitore istituzionale o del fondo. Ulteriori requisiti di trasparenza per gli investitori istituzionali e i gestori di attivi mirano a promuovere lo sviluppo di strategie di investimento più a lungo termine e a impegnare i gestori di attivi ad agire nel migliore interesse a medio e lungo termine dell’investitore istituzionale e i suoi beneficiari finali. I consulenti in materia di voto (che svolgono ricerche e forniscono consulenze e raccomandazioni su come votare) sono soggetti ai requisiti di trasparenza. Essi sono tenuti a riferire in merito al codice di condotta applicato o fornire informazioni al pubblico sulle ragioni per cui non applicano tale codice. Il regolamento di esecuzione (UE) 2018/1212 definisce i requisiti minimi per:l’identificazione degli azionisti:la trasmissione delle informazioni; el’agevolazione dell’esercizio dei diritti degli azionisti. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DIRETTIVE? La direttiva 2007/36/CE è entrata in vigore il 3 agosto 2007. Le regole modificate della Direttiva (UE) 2017/828 si applicano dal 9 giugno 2017 e dovevano diventare legge negli Stati membri entro il 10 giugno 2019. CONTESTO Si veda anche:Diritto delle società e direzione d’azienda (Commissione europea). Domande e risposte sulla direttiva sui diritti degli azionisti (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Operazione con parti correlate: una transazione tra la società e una persona fisica o giuridica con cui ha una precedente connessione. Esempi sono le operazioni con azionisti di controllo, dirigenti con responsabilità strategiche o società appartenenti allo stesso gruppo. DOCUMENTI PRINCIPALI Direttiva 2007/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate (GU L 184 del 14.7.2007, pag. 17). Le successive modifiche alla direttiva 2007/36/CE sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva (UE) 2017/828 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che modifica la direttiva 2007/36/CE per quanto riguarda l’incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti (GU L 132 del 20.5.2017, pag. 1). Si veda la versione consolidata. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2018/1212 della Commissione, del 3 settembre 2018, che stabilisce i requisiti minimi di attuazione delle disposizioni della direttiva 2007/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’identificazione degli azionisti, la trasmissione delle informazioni e l’agevolazione dell’esercizio dei diritti degli azionisti (GU L 223 del 4.9.2018, pag. 1).
13,902
778
31993R0095
false
Regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità Gazzetta ufficiale n. L 014 del 22/01/1993 pag. 0001 - 0006 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 4 pag. 0188 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 4 pag. 0188 REGOLAMENTO (CEE) N. 95/93 DEL CONSIGLIO del 18 gennaio 1993 relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della ComunitàIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che vi è un crescente squilibrio tra l'espansione del sistema di trasporto aereo in Europa e la disponibilità di infrastrutture aeroportuali atte a fronteggiare la domanda; che pertanto è in aumento nella Comunità il numero di aeroporti soggetti a congestione; considerando che l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti congestionati deve essere basata su norme imparziali, trasparenti e non discriminatorie; considerando che l'imparzialità è garantita nel modo migliore se il coordinamento dell'aeroporto è deciso dallo Stato membro responsabile dello stesso sulla base di criteri obiettivi; considerando che in determinate condizioni, per facilitare le operazioni, è auspicabile che uno Stato membro sia in grado di classificare un aeroporto come coordinato, purché siano rispettati i principi di trasparenza, imparzialità e non discriminazione; considerando che lo Stato membro responsabile dell'aeroporto coordinato deve garantire la nomina di un coordinatore di indiscussa imparzialità; considerando che la trasparenza dell'informazione è un elemento essenziale ove si voglia garantire un sistema obiettivo di assegnazione delle bande orarie; considerando che i principi che ispirano l'attuale sistema di assegnazione delle bande orarie possono costituire la base del presente regolamento, a condizione che detto sistema evolva in armonia con i nuovi sviluppi nel settore dei trasporti della Comunità; considerando che la politica comunitaria mira a facilitare la concorrenza e ad incoraggiare l'accesso al mercato, conformemente al regolamento (CEE) n. 2408/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, sull'accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie (4), e che tali obiettivi implicano un ampio sostegno ai vettori che intendono avviare servizi su rotte intracomunitarie; considerando che l'attuale sistema contempla i diritti acquisiti; considerando che si dovranno prevedere disposizioni per permettere nuovi arrivati nel mercato comunitario; considerando che è necessario prevedere disposizioni speciali, in circostanze limitate, per il mantenimento di servizi aerei nazionali adeguati verso regioni dello Stato membro in questione; considerando che occorre altresì evitare, per scarsa disponibilità di bande orarie, una ripartizione disuguale dei vantaggi della liberalizzazione nonché una distorsione della concorrenza; considerando che è auspicabile sfruttare nel modo migliore le attuali bande orarie per conseguire gli obiettivi sopra esposti; considerando che è auspicabile che i paesi terzi offrano ai vettori comunitari un trattamento equivalente; considerando che l'applicazione delle disposizioni del presente regolamento non pregiudica le regole di concorrenza del trattato, in particolare gli articoli 85 e 86; considerando che il 2 dicembre 1987 il Regno di Spagna e il Regno Unito hanno concordato a Londra, in una dichiarazione comune dei Ministri degli esteri dei due paesi, un regime per una più stretta cooperazione nell'uso dell'aeroporto di Gibilterra e che tale regime non è ancora entrato in vigore; considerando che occorre riesaminare il presente regolamento dopo un periodo stabilito di applicazione per valutarne il funzionamento, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Il presente regolamento è applicabile all'assegnazione di bande orarie negli aeroporti comunitari. 2. L'applicazione del presente regolamento all'aeroporto di Gibilterra non pregiudica le rispettive posizioni giuridiche del Regno di Spagna e del Regno Unito per quanto riguarda la controversia relativa alla sovranità sul territorio in cui è situato tale aeroporto. 3. L'applicazione delle disposizioni del presente regolamento all'aeroporto di Gibilterra resta sospesa fino al momento in cui entrerà in vigore la regolamentazione prevista dalla dichiarazione comune dei Ministri degli esteri del Regno di Spagna e del Regno Unito del 2 dicembre 1987. I governi del Regno di Spagna e del Regno Unito informeranno il Consiglio in merito a tale data. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) « banda oraria », il tempo programmato d'arrivo o di partenza disponibile o assegnato per un movimento aeronavale ad una data determinata in un aeroporto coordinato in base al presente regolamento; b) « nuovo arrivato »: i) un vettore aereo che richieda l'assegnazione di bande orarie in un aeroporto in un giorno qualsiasi e che detenga o a cui siano state assegnate nel medesimo giorno meno di quattro bande orarie in detto aeroporto, oppure, ii) un vettore aereo che richieda bande orarie per un collegamento non stop tra due aeroporti comunitari, qualora al massimo altri due vettori aerei effettuino nel medesimo giorno un servizio diretto tra questi due aeroporti o sistemi aeroportuali, e che detenga o a cui siano state assegnate meno di quattro bande orarie per quel giorno in detto aeroporto per il collegamento non stop. Un vettore aereo che detenga più del 3 % delle bande orarie totali disponibili nel giorno di cui trattasi in un determinato aeroporto o più del 2 % delle bande orarie totali disponibili nel giorno di cui trattasi in un sistema aeroportuale di cui fa parte tale aeroporto, non è considerato come nuovo arrivato in detto aeroporto; c) « servizio aereo diretto », un servizio tra due aeroporti inclusi « stopover » con lo stesso aeromobile e lo stesso numero di volo; d) « periodo di validità degli orari », la stagione estiva o invernale indicata negli orari dei vettori aerei; e) « vettore aereo della Comunità », un vettore aereo munito di una licenza d'esercizio valida rilasciata da uno Stato membro in conformità del regolamento (CEE) n. 2407/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, sul rilascio delle licenze ai vettori aerei (5); f) « aeroporto coordinato », un aeroporto in cui sia stato designato un coordinatore per facilitare l'attività dei vettori che operano o intendono operare in detto aeroporto; g) « aeroporto pienamente coordinato », un aeroporto in cui un vettore aereo, per atterrare o decollare durante i periodi in cui l'aeroporto è pienamente coordinato, debba avere ottenuto l'assegnazione di una banda oraria da un coordinatore; h) « sistema aeroportuale », un raggruppamento di due o più aeroporti che servano la stessa città, o lo stesso agglomerato urbano, secondo quanto indicato nell'allegato II del regolamento (CEE) n. 2408/92. Articolo 3 Condizioni per il coordinamento degli aeroporti 1. Uno Stato membro non ha l'obbligo di designare un qualsiasi aeroporto come aeroporto coordinato, salvo nei casi previsti nel presente articolo. 2. Uno Stato membro può tuttavia provvedere a che un aeroporto sia designato come aeroporto coordinato, a condizione che siano rispettati i principi di trasparenza, imparzialità e non discriminazione. 3. i) Se i vettori che rappresentano più della metà dell'attività di un aeroporto e/o le autorità aeroportuali ritengono che la capacità sia insufficiente per le attività aeronautiche effettive o previste in certi periodi, ovvero ii) se i nuovi arrivati incontrano seri problemi nell'ottenere bande orarie oppure iii) se uno Stato membro lo ritiene necessario, esso provvede affinché si proceda quanto prima, tenuto conto dei metodi generalmente riconosciuti, ad un'analisi accurata della capacità nell'aeroporto stesso, al fine di determinare le possibilità di aumentare a breve termine tale capacità mediante modifiche dell'infrastruttura o operative e di definire il periodo di tempo previsto per risolvere i vari problemi. L'analisi è periodicamente aggiornata. L'analisi e i metodi in essa impiegati sono messi a disposizione delle parti interessate. 4. Se, previa consultazione dei vettori aerei che usano regolarmente l'aeroporto, delle organizzazioni che li rappresentano, delle autorità aeroportuali, delle autorità preposte al controllo del traffico aereo e, ove esistano, delle organizzazioni che rappresentano i passeggeri, l'analisi non indica alcuna possibilità di risolvere i seri problemi entro breve tempo, lo Stato membro provvede affinché l'aeroporto sia designato come pienamente coordinato per i periodi in cui si verificano i problemi di capacità. 5. Allorché in un aeroporto pienamente coordinato si consegue una capacità sufficiente a far fronte alle attività aeronautiche effettive o previste, la designazione di aeroporto pienamente coordinato è revocata. Articolo 4 Coordinatore 1. Lo Stato membro responsabile di un aeroporto coordinato o pienamente coordinato provvede a nominare come coordinatore di tale aeroporto una persona fisica o giuridica avente conoscenze particolareggiate in materia di coordinamento degli orari dei vettori aerei, previo parere dei vettori aerei che usano regolarmente l'aeroporto in questione, delle organizzazioni che li rappresentano nonché delle autorità aeroportuali. Lo stesso coordinatore può essere nominato per più di un aeroporto. 2. Ogni Stato membro garantisce che il coordinatore svolga le sue mansioni, nell'ambito del presente regolamento, in maniera indipendente. 3. Il coordinatore agisce conformemente alle disposizioni del presente regolamento in modo imparziale, non discriminatorio e trasparente. 4. Il coordinatore partecipa alle conferenze internazionali per gli orari dei vettori aerei nel rispetto del diritto comunitario. 5. Il coordinatore è responsabile dell'assegnazione delle bande orarie. 6. Il coordinatore controlla costantemente l'utilizzazione delle bande orarie. 7. Nel caso di assegnazione delle bande orarie, a richiesta ed entro limiti di tempo ragionevoli, il coordinatore mette a disposizione delle parti interessate, affinché possano esaminarle, le informazioni seguenti: a) le bande orarie precedentemente operate da ciascuna compagnia aerea, elencate in ordine cronologico, per tutti i vettori aerei che usano l'aeroporto; b) le bande orarie richieste (domande iniziali) elencate per ogni singolo vettore aereo, in ordine cronologico e per l'insieme dei vettori aerei; c) tutte le bande orarie assegnate e le richieste di bande orarie ancora in sospeso, elencate individualmente, in ordine cronologico, vettore per vettore, per tutti i vettori aerei; d) le restanti bande orarie disponibili; e) dettagli esaurienti sui criteri adottati per l'assegnazione. 8. Le informazioni di cui al paragrafo 7 sono messe a disposizione al più tardi al momento delle pertinenti conferenze per gli orari e, secondo necessità, durante le conferenze stesse nonché in seguito. Articolo 5 Comitato di coordinamento 1. Ogni Stato membro assicura che in un aeroporto classificato come pienamente coordinato sia istituito un comitato di coordinamento incaricato di assistere, con funzioni consultive, il coordinatore di cui all'articolo 4. Sono ammessi a partecipare a tale comitato almeno i vettori aerei che usano regolarmente l'aeroporto o gli aeroporti e/o le organizzazioni che li rappresentano, le autorità aeroportuali interessate e i rappresentanti del controllo del traffico aereo. Lo stesso comitato di coordinamento può essere nominato per più di un aeroporto. Le funzioni del comitato di coordinamento consistono, tra l'altro, nel fornire un parere in merito ai punti seguenti: - possibilità di un aumento della capacità determinata a norma dell'articolo 6; - miglioramenti delle condizioni di traffico esistenti nell'aeroporto in questione; - reclami sull'assegnazione delle bande orarie, come previsto all'articolo 8, paragrafo 7; - metodi di controllo dell'uso delle bande orarie assegnate; - linee direttrici per l'assegnazione di bande orarie, tenuto conto delle condizioni locali; - gravi problemi per i nuovi arrivati, come previsto all'articolo 10. 2. Il paragrafo 1 può applicarsi agli aeroporti designati come coordinati ai sensi dell'articolo 3. Articolo 6 Capacità dell'aeroporto 1. Negli aeroporti in cui è effettuata l'assegnazione delle bande orarie le autorità competenti determinano, due volte all'anno, la capacità disponibile per l'assegnazione di bande orarie, in cooperazione con i rappresentanti del controllo del traffico aereo, le autorità doganali e quelle responsabili dell'immigrazione, i vettori aerei che utilizzano l'aeroporto e/o le organizzazioni che li rappresentano, nonché il coordinatore dell'aeroporto secondo metodi generalmente riconosciuti. Qualora l'autorità competente non sia l'autorità aeroportuale, questa viene a sua volta consultata. La procedura di cui al primo comma si basa su un'analisi obiettiva delle possibilità di accogliere il traffico aereo, tenuto conto dei vari tipi di traffico in detto aeroporto. L'esito di tale procedura è comunicato al coordinatore dell'aeroporto in tempo utile prima che venga effettuata l'assegnazione iniziale delle bande orarie ai fini delle conferenze per gli orari. 2. Il pagarafo 1 può essere applicato agli aeroporti designati come coordinati ai sensi dell'articolo 3. Articolo 7 Informazioni per il coordinatore I vettori aerei che operano o che intendono operare in un aeroporto coordinato o pienamente coordinato comunicano al coordinatore le informazioni pertinenti da questo richieste. Articolo 8 Procedura di assegnazione delle bande orarie 1. a) Fatte salve le disposizioni dell'articolo 10, il vettore aereo che abbia operato una banda oraria con l'autorizzazione del coordinatore conserva il diritto di chiedere la stessa banda nel successivo periodo di validità degli orari corrispondente. b) Nel caso in cui non sia possibile soddisfare tutte le richieste di bande orarie dei vettori aerei interessati, viene data la precedenza ai servizi aerei commerciali, in particolare ai servizi di linea e ai servizi programmati non di linea. c) Il coordinatore tiene conto altresì delle norme supplementari in materia di priorità definite dall'industria dei trasporti aerei e, se possibile, di orientamenti supplementari che sono raccomandati dal comitato di coordinamento e che permettono di tener conto delle condizioni locali, sempre che rispettino la legislazione comunitaria. 2. Se la richiesta di una banda oraria non può essere accolta, il coordinatore ne comunica le ragioni alla compagnia aerea, proponendo in alternativa la banda oraria più vicina. 3. Il coordinatore fa il possibile per accogliere in qualsiasi momento richieste specifiche di bande orarie per ogni tipo di aviazione, compresa l'aviazione generale. A tal fine, può ricorrere alle bande disponibili nel pool di cui all'articolo 10 non ancora assegnate, come pure a bande appena liberate. 4. Le bande orarie possono essere liberamente scambiate tra vettori aerei o trasferite da uno stesso vettore aereo, da una determinata rotta ad un'altra o da un determinato tipo di servizio ad un altro, in base ad un reciproco accordo o in seguito ad un'acquisizione totale o parziale oppure unilateralmente. Tali scambi e trasferimenti devono essere trasparenti e devono essere soggetti alla conferma di fattibilità da parte del coordinatore che accerta che: a) le attività aeroportuali non siano pregiudicate; b) le limitazioni imposte da uno Stato membro in base all'articolo 9 siano rispettate; c) una modifica della destinazione della banda oraria non rientri nel campo d'applicazione dell'articolo 11. 5. Le bande orarie assegnate ai nuovi arrivati che operano un servizio tra due aeroporti comunitari non possono essere scambiate tra vettori aerei o trasferite da uno stesso vettore aereo, da una rotta ad un'altra come previsto al paragrafo 4 per un periodo di due stagioni. 6. Previa consultazione con i vettori aerei, i coordinatori e le autorità aeroportuali, la Commissione può stabilire gli standard raccomandati per l'utilizzo dei sistemi automatizzati da parte dei coordinatori, al fine di garantire la corretta attuazione degli articoli 4 e 7. 7. In caso di ricorsi contro l'assegnazione di bande orarie, il comitato di coordinamento esamina la questione e presenta eventualmente proposte al coordinatore per trovare una soluzione. 8. Se i problemi permangono dopo l'esame da parte del comitato di coordinamento, lo Stato membro può fornire una mediazione, tramite un'organizzazione rappresentativa dei vettori aerei oppure tramite terzi. Articolo 9 Servizi regionali 1. In un aeroporto pienamente coordinato uno Stato membro può riservare determinate bande orarie per servizi nazionali di linea: a) su una rotta verso un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo nel suo territorio se tale rotta è considerata di vitale importanza per lo sviluppo economico della regione in cui si trova l'aeroporto, purché: i) le bande orarie siano utilizzate su detta rotta alla data di entrata in vigore del presente regolamento; ii) sulla rotta in questione operi un solo vettore aereo; iii) nessun altro mezzo di trasporto possa offrire un servizio adeguato; iv) la condizione di riserva di bande orarie cessi qualora un secondo vettore aereo abbia istituito un servizio nazionale di linea sulla rotta in questione, con la stessa frequenza del primo vettore e l'abbia operato per almeno una stagione; b) su rotte per le quali siano stati imposti oneri di servizio pubblico ai sensi del diritto comunitario. 2. Se un altro vettore aereo comunitario è interessato ad operare sulla rotta in questione e non ha potuto ottenere bande orarie nell'ora che precede o che segue quella richiesta al coordinatore, si applicano le procedure di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettere da d) a i) del regolamento (CEE) n. 2408/92. 3. Lo Stato membro trasmette alla Commissione un elenco delle rotte per cui sono state riservate bande orarie presso un aeroporto pienamente coordinato. Il primo elenco è trasmesso al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento. Entro due mesi dalla trasmissione, la Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un riepilogo delle rotte in questione. Articolo 10 Pool di bande orarie 1. In un aeroporto in cui le bande orarie sono assegnate viene istituito, per ogni periodo coordinato, un pool contenente le bande orarie di nuova creazione, quelle inutilizzate e quelle cedute da un vettore nel corso o verso la fine della stagione o divenute disponibili in altro modo. 2. Ogni banda oraria non utilizzata viene ritirata e iscritta nell'apposito pool di bande orarie, salvo che il mancato utilizzo possa essere imputabile al fermo operativo di un tipo di aeromobile o alla chiusura di un aeroporto o di uno spazio aereo o ad analoghi casi eccezionali. 3. Le bande orarie assegnate ad un vettore aereo per operare un servizio di linea o un servizio non di linea programmato in un determinato momento della giornata e nello stesso giorno della settimana per un periodo individuabile fino al massimo di un periodo di validità degli orari non autorizzano il vettore aereo ad esigere la stessa serie di bande orarie nel successivo periodo corrispondente, a meno che il vettore aereo possa dimostrare in modo soddisfacente al coordinatore di averle operate, con l'autorizzazione del coordinatore, perlomeno nella misura dell'80 % del tempo durante il periodo di assegnazione. 4. Le bande orarie assegnate ad un vettore aereo anteriormente al 31 gennaio per la successiva stagione estiva o anteriormente al 31 agosto per la successiva stagione invernale, ma restituite al coordinatore per essere riassegnate prima di tali date, non saranno prese in considerazione ai fini del calcolo dell'utilizzo. 5. Se non è possibile dimostrare che la serie di bande orarie è stata utilizzata all'80 %, tutte le bande orarie della serie in questione saranno iscritte nel pool di bande orarie, a meno che il mancato utilizzo possa essere giustificato in base ad una delle ragioni seguenti: a) circostanze imprevedibili ed insuperabili indipendenti dal controllo del vettore aereo che portano per esempio: - al fermo operativo del tipo di aeromobile generalmente utilizzato per il servizio in questione, oppure - alla chiusura di un aeroporto o di uno spazio aereo; b) problemi connessi con l'introduzione di un nuovo servizio passeggeri di linea con un aeromobile con un massimo di 80 posti su una rotta tra un aeroporto regionale e un aeroporto coordinato e con una capacità non superiore a 30 000 posti all'anno, oppure c) gravi difficoltà finanziarie del vettore comunitario interessato, in seguito alle quali le autorità competenti rilasciano una licenza provvisoria in attesa della ristrutturazione finanziaria del vettore in conformità dell'articolo 5, paragrafo 5 del regolamento (CEE) n. 2407/92; d) interruzione di una serie di servizi non di linea in seguito a cancellazione da parte di operatori turistici, specialmente al di fuori dell'alta stagione abituale, purché l'utilizzo globale delle bande orarie non scenda sotto il 70 %; e) interruzione di una serie di servizi a causa di un'azione che è intesa a influire su detti servizi e che impedisce, praticamente e/o tecnicamente, al vettore aereo di effettuare le operazioni come previsto. 6. Se per i nuovi arrivati continuano a sussistere gravi problemi, lo Stato membro provvede per la convocazione di una riunione del comitato di coordinamento dell'aeroporto. La riunione ha la finalità di esaminare le possibilità di porre rimedio alla situatzione. La Commissione è invitata a partecipare a tale riunione. 7. Fatto salvo l'articolo 8, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 2408/92, le bande orarie raggruppate nei pool sono distribuite fra i vettori che ne fanno richiesta. Il 50 % di tali bande orarie è distribuito ai nuovi arrivati, a meno che le richieste di questi ultimi siano inferiori al 50 %. 8. Il nuovo arrivato a cui siano state offerte bande orarie nelle 2 ore che precedono o che seguono l'orario richiesto, ma che non abbia accettato questa offerta, non conserva la qualità di nuovo arrivato. Articolo 11 Meccanismo di salvaguardia 1. Ove non sia possibile trovare una soluzione ai sensi del paragrafo 2 tenendo presente che la concorrenza tra i vettori aerei interessati non deve essere falsata, un vettore aereo non è autorizzato a ricorrere alla flessibilità prevista all'articolo 8, paragrafo 4, per introdurre una o più frequenze supplementari su una rotta tra un aeroporto pienamente coordinato nella Comunità e un aeroporto di un altro Stato membro, se un altro vettore aereo della Comunità, a cui un altro Stato membro ha rilasciato la licenza, non ha potuto ottenere, nonostante sforzi seri e ripetuti, bande orarie di atterraggio e di partenza che possano essere ragionevolmente utilizzate per operare una o più frequenze supplementari sulla rotta in questione nell'ambito delle due ore che precedono o che seguono l'orario richiesto al coordinatore. Questa disposizione non è applicabile se il vettore aereo che ricorre alla flessibilità di cui all'articolo 8, paragrafo 4 non supera le frequenze dell'altro vettore. 2. Tenendo conto del fatto che la concorrenza tra i vettori aerei interessati non deve essere falsata, lo Stato membro responsabile dell'aeroporto pienamente coordinato, di cui al paragrafo 1, si adopera per agevolare il raggiungimento di un accordo tra i vettori aerei interessati. Si deve cercare una soluzione alternativa al problema, che può consistere: - nello sforzo per soddisfare la richiesta di bande orarie del vettore aereo a cui l'altro Stato membro ha rilasciato la licenza, - nell'uso ragionevole della flessibilità prevista all'articolo 8, paragrafo 4 da parte di detto vettore. 3. Ogni stato membro interessato può chiedere alla Commissione di svolgere indagini sull'applicazione del presente articolo entro due mesi dalla data in cui un vettore ha informato il coordinatore della propria intenzione di avvalersi della flessibilità prevista all'articolo 8, paragrafo 4. Articolo 12 Disposizioni generali 1. Qualora risulti che, nell'assegnazione delle bande orarie negli aeroporti, un paese terzo: a) non riserva ai vettori aerei comunitari un trattamento analogo a quello concesso dagli Stati membri della Comunità ai vettori aerei di tale paese, o b) non concede ai vettori aerei comunitari de facto un trattamento nazionale, o c) concede ai vettori aerei di altri paesi terzi un trattamento più favorevole di quello riservato ai vettori aerei comunitari, gli opportuni provvedimenti possono essere presi per porre rimedio alla situazione relativa all'aeroporto o agli aeroporti interessato(i), compresa la sospensione, totale o parziale, degli obblighi del presente regolamento nei confronti di un vettore aereo di tale paese terzo, in conformità del diritto comunitario. 2. Gli Stati membri segnalano alla Commissione le difficoltà gravi incontrate, de jure o de facto, dai vettori aerei comunitari nell'assegnazione di bande orarie in aeroporti di paesi terzi. Articolo 13 Relazione e cooperazione 1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento entro tre anni dalla sua entrata in vigore. La relazione contiene tra l'altro gli elementi seguenti: a) struttura del settore dell'aviazione; b) progressi conseguiti nel settore per ridurre il mancato utilizzato di bande orarie; c) dimensione del pool di bande orarie, definito all'articolo 10, paragrafo 1, per ogni stagione in un campione di aeroporti; d) volume delle richieste di bande orarie con esito negativo, per ogni stagione in un campione di aeroporti; e) numero di nuovi arrivati che richiedono bande orarie, per ogni stagione in un campione di aeroporti; f) impiego delle procedure in materia di controversie in base all'articolo 8. 2. Gli Stati membri e la Commissione cooperano nell'applicazione del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda la raccolta delle informazioni necessarie per la relazione di cui al paragrafo 1. Articolo 14 Revisione Il Consiglio decide in merito alla continuazione o alla revisione del presente regolamento entro il 1o luglio 1997, sulla base di una proposta che la Commissione dovrà presentare entro il 1o gennaio 1996. Articolo 15 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 gennaio 1993. Per il Consiglio Il Presidente T. PEDERSEN (1) GU n. C 43 del 19. 2. 1991, pag. 3. (2) GU n. C 13 del 20. 1. 1992, pag. 446. (3) GU n. C 339 del 31. 12. 1991, pag. 41. (4) GU n. L 240 del 24. 8. 1992, pag. 8. (5) GU n. L 240 del 24. 8. 1992, pag. 1.
Assegnazione di bande orarie negli aeroporti dell’Unione europea QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento mira a garantire che, laddove la capacità dell’aeroporto sia insufficiente, le bande orarie* disponibili per l’atterraggio e il decollo siano utilizzate in modo efficiente e distribuite in modo imparziale, non discriminatorio e trasparente. PUNTI CHIAVE Il regolamento stabilisce i criteri obiettivi in base ai quali un aeroporto può essere classificato come aeroporto coordinato* o aeroporto a orari facilitati* qualora la sua capacità sia insufficiente. Gli Stati membri dell’Unione europea (Unione) possono designare un qualsiasi aeroporto come aeroporto coordinato, purché:venga condotta un’analisi della capacità; vi sia una grave carenza di capacità che non può essere risolta a breve termine.Coordinatore/facilitatore degli orariLo Stato membro responsabile di un aeroporto coordinato o a orari facilitati deve nominare a coordinatore aeroportuale o facilitatore di orari una persona fisica o ente giuridico avente conoscenze particolareggiate in materia di coordinamento degli orari degli aeromobili. Il coordinatore/facilitatore degli orari agisce in modo imparziale, non discriminatorio e trasparente e dovrebbe essere funzionalmente separato da ogni singola parte interessata. Il sistema di finanziamento delle attività del coordinatore sarà tale da garantire lo status indipendente del coordinatore. Lo stesso coordinatore può essere nominato per più di un aeroporto.Capacità dell’aeroportoLe autorità competenti determinano, due volte all’anno, la capacità disponibile per l’assegnazione di bande orarie, secondo le due «stagioni» di programmazione (inverno ed estate) riconosciute dall’aviazione internazionale. Il calcolo della capacità di un aeroporto si basa su un’analisi obiettiva delle possibilità di accogliere il traffico aereo. I vettori aerei devono rendere disponibili al coordinatore le informazioni pertinenti di cui fa richiesta.Comitato di coordinamentoLo Stato membro responsabile deve garantire che in un aeroporto coordinato sia istituito un comitato di coordinamento. Il comitato di coordinamento presenta proposte e fornisce pareri al coordinatore sulle questioni riguardanti la capacità dell’aeroporto, e in particolare, sui seguenti aspetti:possibilità di un aumento della capacità;parametri di coordinamento;metodi di controllo;linee guida a livello locale. Sono ammessi a partecipare a tale comitato:i vettori aerei che usano l’aeroporto;l’autorità aeroportuale;le autorità di controllo del traffico aereo;rappresentanti dell’aviazione generale.Procedura di assegnazione delle bande orarieSecondo il principio generale relativo all’assegnazione delle bande orarie, un vettore aereo che ha operato una specifica serie di bande orarie* per almeno l’80 % del periodo di validità degli orari in estate o inverno ha il diritto alla stessa serie di bande orarie nel periodo di validità degli orari corrispondente dell’anno successivo (noti come diritti acquisiti). Di conseguenza, le bande orarie non sufficientemente utilizzate dai vettori aerei sono ricollocate nel fondo comune di bande orarie per la riassegnazione (la cosiddetta regola «use it or lose it»). Il regolamento prevede l’istituzione di fondi comuni di bande orarie contenenti le bande orarie di nuova creazione, quelle inutilizzate e quelle cedute da un vettore o divenute disponibili in altro modo. Il coordinatore tiene conto anche di altre regole e linee guida stabilite dal settore del trasporto aereo, nonché delle linee direttrici locali proposte dal comitato di coordinamento e approvate dallo Stato membro o da qualsiasi altro organismo responsabile dell’aeroporto, purché queste siano compatibili con il regolamento sulle bande orarie e il diritto dell’Unione. Se la richiesta di una banda oraria non può essere accolta, il coordinatore ne comunica le ragioni alla compagnia aerea, proponendo in alternativa la banda oraria più vicina. In determinate circostanze specifiche (ad esempio tra società controllanti e controllate, nel caso in cui si verifichi un’acquisizione parziale o totale o di un trasferimento ad un’altra rotta), i vettori aerei possono scambiare tra loro o trasferire a un altro vettore le bande orarie. In questi casi è sempre richiesta la conferma esplicita da parte del coordinatore. Uno Stato membro può riservare determinate bande orarie per servizi regionali.EsecuzioneIl piano di volo di un vettore aereo può essere respinto dalle autorità competenti per la gestione del traffico aereo se il vettore aereo intende atterrare o decollare in un aeroporto coordinato senza disporre di una banda oraria assegnata dal coordinatore. Se un vettore aereo opera ripetutamente e intenzionalmente servizi aerei in un momento significativamente diverso dalle bande orarie assegnate o in un modo significativamente diverso, il coordinatore può decidere di ritirare da tale compagnia aerea le serie di bande orarie. Di conseguenza, tale vettore aereo potrebbe perdere i diritti acquisiti. Gli Stati membri sono tenuti a garantire che siano disponibili sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per far fronte a questo tipo di situazioni.Emendamenti Il regolamento originale è stato modificato otto volte:nel 2002, in seguito agli attacchi terroristici del settembre 2001, per consentire ai vettori aerei di mantenere le bande orarie loro assegnate per il 2001 durante l’estate 2002 e per la stagione invernale 2002/2003 (regolamento (CE) n. 894/2002); nel 2003, per tener conto della guerra contro l’Iraq e dello scoppio della sindrome respiratoria acuta grave (SARS) per garantire che il mancato utilizzo delle bande orarie assegnate per la stagione 2003 non causasse per i vettori aerei la perdita del diritto a tali bande orarie (regolamento (CE) n. 1554/2003); nel 2004, per chiarire l’applicazione del regime esistente su una serie di punti diversi, tra cui lo status indipendente di coordinatori e il funzionamento delle procedure di assegnazione delle bande orarie (regolamento 793/2004/CE); nel 2009, in vista della crisi economica e finanziaria globale, per garantire che il mancato utilizzo delle bande orarie assegnate per il periodo di programmazione dell’estate 2009 non causasse per i vettori aerei la perdita del diritto a tali bande orarie (regolamento (CE) n. 545/2009); nel 2020, in vista della crisi COVID-19, per garantire che il mancato utilizzo delle bande orarie assegnate per marzo 2020 (e per le rotte verso la Cina e Hong Kong per il periodo dal 23 gennaio al 29 febbraio 2020) e quelle assegnate per l’intero periodo di programmazione dell’estate 2020 causasse per i vettori aerei la perdita del diritto a tali bande orarie (regolamento (UE) 2020/459). Nell’ottobre del 2020, tali misure sono state prorogate sino al 27 marzo 2021 al fine di allentare la pressione esercitata sull’intero settore dell’aviazione e di ridurre le emissioni facendo in modo che le compagnie aeree non effettuino voli quasi vuoti (regolamento delegato (UE) 2020/1477); nel febbraio del 2021, il regolamento (UE) 2021/250 ha modificato il regolamento (CEE) n. 95/93 per offrire un ulteriore sollievo temporaneo dalle regole di utilizzazione delle bande orarie presso gli aeroporti dell’Unione a causa della crisi COVID-19. Dato il calo nella domanda dei passeggeri, i vettori aerei hanno dovuto apportare modifiche di grande entità ai propri orari a partire dal 1° marzo 2020. Tali modifiche hanno comportato una diminuzione del tasso di utilizzo delle bande orarie presso gli aeroporti coordinati ben al di sotto della soglia dell’80 % stabilita dal regolamento sulle bande orarie. Il regolamento di modifica consente alle compagnie aeree di restituire il 50 % delle proprie serie di bande orarie prima dell’inizio della stagione estiva del 2021, senza perderne i diritti acquisiti; tuttavia, per poterle mantenere, dovranno utilizzare almeno il 50 % delle bande orarie rimanenti. Le compagnie aeree possono giustificare il mancato utilizzo delle bande orarie qualora le misure adottate dalle autorità pubbliche impediscano in modo rigoroso voli aerei relativi a una rotta (l’eccezione del «giustificato mancato utilizzo delle bande orarie»). Le compagnie aeree dovranno restituire qualsiasi banda oraria che non intendono utilizzare almeno tre settimane prima del volo previsto, affinché altre compagnie aeree abbiano la possibilità di assorbire la capacità inutilizzata. La Commissione europea ha la facoltà di stabilire una soglia di utilizzo appropriata per la stagione invernale 2021/2022 e quella estiva del 2022 mediante atti delegati; a ottobre 2021, il regolamento delegato (UE) 2021/1889 ha modificato il regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio al fine di prorogare le misure di sollievo temporaneo dalle regole di utilizzazione delle bande orarie (compresa l’eccezione del giustificato mancato utilizzo delle bande orarie) a causa dell’impatto continuo della pandemia di COVID-19 sul traffico aereo. Poiché si prevede un numero considerevole di cancellazioni nel periodo di programmazione della stagione invernale 2021/2022 (dal 31 ottobre 2021 al 26 marzo 2022) quale conseguenza della pandemia, il tasso di utilizzo delle bande aeree per tale periodo è fissato al 50 %. La possibilità per le compagnie aeree di restituire una percentuale delle proprie bande orarie prima dell’inizio della stagione senza perdere i propri diritti acquisiti non è stata prorogata dato che esula dall’ambito delle competenze della Commissione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 22 febbraio 1993. CONTESTO In seguito alle comunicazioni pubblicate nel 2007 e nel 2008 sull’applicazione del regolamento, la Commissione ha presentato una proposta di rifusione del regolamento nel 2011. La proposta è oggetto di esame della procedura legislativa tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea. Per ulteriori informazioni, si veda:Bande orarie (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Bande orarie. Il permesso dato da un coordinatore di utilizzare l’intera gamma di infrastrutture aeroportuali necessarie per operare un servizio aereo in un aeroporto coordinato in una data e in un orario specifici al fine di atterrare o decollare. Aeroporto coordinato. Un aeroporto con un elevato livello di congestione in cui la domanda supera la capacità nel pertinente periodo e in cui, per atterrare o decollare, è necessario per un vettore aereo aver ottenuto l’assegnazione di una banda oraria da parte di un coordinatore. Aeroporto a orari facilitati. Un aeroporto in cui esiste un rischio di congestione in alcuni periodi e in cui è stato nominato un facilitatore degli orari, con il compito di agevolare l’attività dei vettori aerei che operano o intendono operare in tale aeroporto. Serie di bande orarie. Almeno cinque bande orarie richieste e assegnate per lo stesso orario nello stesso giorno della settimana in un periodo di validità degli orari. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità (GU L 14 del 22.1.1993, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CEE) n. 95/93 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’applicazione del regolamento (CEE) n. 95/93 modificato relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità [COM (2008) 227 final, del 30.4.2008]. Comunicazione della Commissione sull’applicazione del regolamento (CE) n. 793/2004 relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità [COM(2007) 704 final, del 15.11.2007].
11,744
601
32002R2195
false
Regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 novembre 2002 relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 340 del 16/12/2002 pag. 0001 - 0562 Regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 5 novembre 2002relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV)(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2, e gli articoli 55 e 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) L'utilizzazione di diverse nomenclature compromette l'apertura e la trasparenza degli appalti pubblici europei. Il suo impatto sulla qualità e i termini di pubblicazione dei bandi di gara limita di fatto le possibilità di accesso agli appalti pubblici da parte degli operatori economici.(2) Nella sua raccomandazione 96/527/CE(5), la Commissione ha invitato le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori a utilizzare, per la descrizione dell'oggetto dei loro appalti, il vocabolario comune per gli appalti pubblici (Common Procurement Vocabulary - CPV), sviluppato sulla base di talune nomenclature già esistenti, per tener maggiormente conto delle specificità del settore degli appalti pubblici.(3) È opportuno unificare tramite un sistema di classificazione unico per gli appalti pubblici i riferimenti utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori per la descrizione dell'oggetto degli appalti.(4) È necessario che gli Stati membri dispongano di un sistema di riferimento unico, che utilizzi la stessa descrizione dei beni nelle lingue comunitarie ufficiali e uno stesso codice alfanumerico corrispondente che consenta di eliminare le barriere linguistiche a livello comunitario.(5) È pertanto opportuno adottare con il presente regolamento il CPV, in una versione riveduta, un sistema di classificazione unico per gli appalti pubblici applicabile ai sensi delle direttive relative al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.(6) È altresì opportuno elaborare, a titolo indicativo, tavole di corrispondenza tra il CPV e la "Classificazione dei prodotti associati alle attività nella Comunità economica europea" (CPA), la "Classificazione centrale dei prodotti" (CPC Prov.) delle Nazioni Unite, la "Nomenclatura statistica delle attività economiche nella Comunità europea" (NACE Rev. 1) e la "Nomenclatura combinata" (NC).(7) La struttura e i codici del CPV possono richiedere degli adeguamenti o delle modifiche, in funzione dell'evoluzione degli appalti e dei fabbisogni degli utilizzatori. È pertanto necessario prevedere una procedura di revisione adeguata.(8) Le misure necessarie all'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(9) Poiché lo scopo dell'azione in questione, vale a dire l'istituzione di un sistema di classificazione applicabile agli appalti pubblici, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri, e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(10) La scelta del ricorso ad un regolamento anziché ad una direttiva è motivata dal fatto che l'istituzione di un sistema di classificazione per gli appalti pubblici non richiede un recepimento da parte degli Stati membri.(11) Per familiarizzare gli utilizzatori con un sistema di classificazione unico obbligatorio entro un certo termine, è necessario che l'applicazione del presente regolamento sia preceduta da un periodo di adeguamento,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituito un sistema di classificazione unico applicabile agli appalti pubblici «Vocabolario comune per gli appalti pubblici» (Common Procurement Vocabulary - CPV).2. Il testo del CPV figura nell'allegato I.3. Le tavole di corrispondenza, indicative, tra il CPV e le nomenclature "Classificazione dei prodotti associati alle attività nella Comunità economica europea" (CPA), "Classificazione centrale dei prodotti" (CPC Prov.) delle Nazioni Unite, "Nomenclatura statistica delle attività economiche nella Comunità europea" (NACE Rev. 1) e "Nomenclatura combinata" (NC) figurano rispettivamente negli allegati II, III, IV e V.Articolo 2Le misure necessarie alla revisione del CPV sono adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 2.Articolo 31. La Commissione è assistita dal comitato consultivo per gli appalti pubblici, istituito dall'articolo 1 della decisione 71/306/CEE del Consiglio(7) (qui di seguito denominato "il comitato").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 4Il presente regolamento entra in vigore il 16 dicembre 2003.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 5 novembre 2002.Per il Parlamento europeoIl presidenteP. CoxPer il ConsiglioIl presidenteT. Pedersen(1) GU C 25 E del 29.1.2002, pag. 1.(2) GU C 48 del 21.2.2002, pag. 9.(3) GU C 192 del 12.8.2002, pag. 50.(4) Parere del Parlamento europeo del 13 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 7 giugno 2002 (GU C 281 E del 19.11.2002, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 25 settembre 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 222 del 3.9.1996, pag. 10.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 185 del 16.8.1971, pag. 15. Decisione modificata dalla decisione 77/63/CEE (GU L 13 del 15.1.1977, pag. 15).ALLEGATO IVOCABOLARIO COMUNE PER GLI APPALTI PUBBLICI (CPV)Struttura del sistema di classificazione1. Il CPV comprende un vocabolario principale e un vocabolario supplementare.2. Il vocabolario principale poggia su una struttura ad albero di codici che possono avere fino a nove cifre, ai quali corrisponde una denominazione che descrive le forniture, i lavori o servizi, oggetto del mercato.Il codice numerico ha otto cifre ed è suddiviso in:- divisioni, identificate dalle due prime cifre del codice;- gruppi, identificati dalle tre prime cifre del codice;- classi, identificate dalle quattro prime cifre del codice;- categorie, identificate dalle prime cinque cifre del codice.Ciascuna delle tre ultime cifre fornisce un grado di precisione supplementare all'interno di ogni categoria.Una nona cifra serve alla verifica delle cifre precedenti.3. Il vocabolario supplementare può essere utilizzato per completare la descrizione dell'oggetto degli appalti. Esso è costituito da un codice alfanumerico, al quale corrisponde una denominazione che consente di fornire ulteriori dettagli sulla natura o la destinazione specifiche del bene da acquistare.Il codice alfanumerico comprende:- un primo livello costituito da una lettera corrispondente ad una sezione;- un secondo livello costituito da quattro cifre, le cui prime tre formano una suddivisione e le ultime tre cifre sono di controllo.>SPAZIO PER TABELLA>VOCABOLARIO SUPPLEMENTARE>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IITAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA CPA 96>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIITAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA CPC prov.>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IVTAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA NACE Rev. 1>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO VTAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA NC>SPAZIO PER TABELLA>
Vocabolario comune per gli appalti pubblici SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Intende standardizzare, attraverso un sistema unico di classificazione per gli appalti pubblici, i termini utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori per descrivere l'oggetto dei loro appalti. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa un sistema di classificazione unico, il vocabolario comune per gli appalti pubblici («common procurement vocabulary», CPV). Tale classificazione cerca di coprire le caratteristiche dei contratti legati a forniture, lavori e servizi. Normalizzando i riferimenti utilizzati dagli enti appaltanti nella descrizione dell'oggetto dei loro appalti, 'uso del CPV migliora la trasparenza degli appalti pubblici contemplati dalle direttive dell'UE. L'uso del CPV consente ai potenziali appaltatori, come ad esempio le aziende, di individuare più facilmente nuove opportunità commerciali e di ridurre il rischio di errori nella traduzione degli avvisi, poiché il CPV è disponibile in tutte le lingue ufficiali dell'UE. Il CPV associa a ogni codice numerico una descrizione di un oggetto di contratto, per la quale esiste una versione in ognuna delle lingue ufficiali dell'UE. Il CPV comprende: un vocabolario principale, basato su una struttura ad albero, contenente una serie di codici numerici, costituito ognuno da 8 cifre e una nona cifra per verificare le cifre precedenti; un vocabolario supplementare che completa la descrizione dell'oggetto dei contratti apportando precisazioni circa la natura e la destinazione dell'oggetto degli appalti. L'elenco dei codici CPV e le tavole di corrispondenza tra il CPV e altre nomenclature possono essere consultati sul sito Internet SIMAP, «informazione sugli appalti pubblici europei». L'attuale CPV intende migliorare la facilità d'uso di questo strumento concentrando l'attenzione meno sui materiali e più sui prodotti. Inoltre, la gerarchia del CPV è stata razionalizzata. Il sito Internet TED è destinata alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, serie «S», dei bandi di gara per appalti pubblici contemplati dalle direttive dell'UE. Dal 2003 la base dati TED utilizza i codici CPV, che sono diventati obbligatori con l'adozione della revisione delle direttive 2004/17/CE) e 2004/18/CE (successivamente abrogate rispettivamente dalle direttive 2014/25/UE e 2014/24/UE). ATTO Regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (CPV) (GU L 340 del 16.12.2002, pag. 1-562) Le modifiche e correzioni successive al regolamento (CE) n. 2195/2002 sono state integrate al testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 2151/2003 della Commissione, del 16 dicembre 2003 che modifica il regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (GU L 329 del 17.12.2003, pag. 1-270). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 451/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008 che definisce una nuova classificazione statistica dei prodotti associata alle attività (CPA) e abroga il regolamento (CEE) n. 3696/93 del Consiglio (GU L 145 del 4.6.2008, pag. 65-226). Si veda la versione consolidata.
3,826
696
32014R0481
false
REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 481/2014 DELLA COMMISSIONE del 4 marzo 2014 che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 18, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) A norma dell'articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 è necessario stabilire norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione ai costi del personale, alle spese d'ufficio e amministrative, alle spese di viaggio e soggiorno, ai costi per consulenze e servizi esterni nonché alle spese per attrezzature (di seguito «categorie di spese»). (2) Per consentire flessibilità nell'applicazione delle norme in materia di ammissibilità per i programmi di cooperazione, è opportuno che agli Stati membri che partecipano a un determinato programma di cooperazione sia consentito di decidere che a uno specifico asse prioritario di un dato programma di cooperazione non si applichi una determinata categoria di spese. (3) Si dovrebbe precisare come le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione fissate dal presente regolamento si inseriscano nel quadro giuridico generale delle norme in materia di ammissibilità applicabili a tutti i fondi SIE, stabilite dagli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). (4) Per ciascuna categoria di spese è opportuno stabilire un elenco di vari elementi di spesa. (5) Occorre precisare che, di norma, i regali non sono ammissibili. Dovrebbe tuttavia essere ammissibile la distribuzione di piccoli articoli che attengono ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione. (6) Dovrebbero esseri definiti i diversi elementi dei costi del personale e stabilite allo stesso tempo le norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso dei costi del personale in generale e, in particolare, per gli incarichi a tempo parziale o i contratti di servizio sulla base di una tariffa oraria. (7) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese d'ufficio e amministrative unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso di questi elementi di costo come costi diretti oppure come costi indiretti, in particolare qualora esse siano associate ai tassi forfettari di cui al regolamento (UE) n. 1303/2013. (8) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese di viaggio e soggiorno unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso indipendentemente dal fatto che tali spese siano sostenute dal beneficiario o direttamente dal suo personale. Dovrebbero altresì essere precisate le condizioni di contabilizzazione delle spese di viaggio e soggiorno qualora siano sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma di cui all'articolo 20 del regolamento (UE) n. 1299/2013. (9) È opportuno elencare i diversi elementi dei costi per consulenze e servizi esterni. (10) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese per attrezzature unitamente alle norme in materia di ammissibilità delle attrezzature di seconda mano, (11) Al fine di consentire l'immediata applicazione delle misure di cui al presente regolamento, è opportuno che il presente regolamento entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Fatte salve le norme in materia di ammissibilità di cui agli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 o stabilite sulla base di tali articoli, il presente regolamento stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione alle seguenti categorie di spese: a) costi del personale; b) spese d'ufficio e amministrative; c) spese di viaggio e soggiorno; d) costi per consulenze e servizi esterni; e e) spese per attrezzature. 2. Gli Stati membri che partecipano al comitato di sorveglianza di un programma di cooperazione possono stabilire di comune accordo la non ammissibilità, nell'ambito di uno o più assi prioritari, delle spese rientranti in una o più categorie tra quelle elencate al paragrafo 1. Articolo 2 Disposizioni generali 1. Le spese ammissibili a norma del presente regolamento, pagate dal beneficiario o per conto del medesimo, riguardano i costi di avvio oppure i costi di avvio e attuazione di un'operazione o di una sua parte. 2. Non sono ammissibili i seguenti costi: a) le ammende, le penali e le spese per controversie legali e di contenzioso; b) i costi dei regali, ad eccezione di quelli di valore unitario non superiore ai 50 EUR ove connessi ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione; c) i costi connessi alle fluttuazioni del tasso di cambio. Articolo 3 Costi del personale 1. Le spese relative ai costi del personale sono date dai costi del lavoro lordi relativi al personale alle dipendenze del beneficiario secondo le seguenti modalità: a) a tempo pieno; b) a tempo parziale con una percentuale fissa del tempo di lavoro mensile; c) a tempo parziale con un numero flessibile di ore di lavoro al mese; oppure d) su base oraria. 2. Le spese relative ai costi del personale si limitano a quanto di seguito elencato: a) spese per retribuzioni, connesse alle attività che l'entità non svolgerebbe se l'operazione in questione non fosse realizzata, stabilite in un contratto di impiego/di lavoro, in una decisione di nomina (di seguito denominati «atto di impiego») o dalla legge e riconducibili alle responsabilità del dipendente interessato precisate nella descrizione delle mansioni; b) ogni altro costo direttamente correlato ai pagamenti delle retribuzioni, che sia sostenuto e pagato dal datore di lavoro, quali imposte sul lavoro e contributi di sicurezza sociale, compresi i contributi pensionistici, secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), a condizione che tali costi: i) siano stabiliti in un atto di impiego o dalla legge; ii) siano conformi alla legislazione richiamata nell'atto di impiego e alle normali pratiche del paese e/o dell'organizzazione in cui il singolo dipendente espleta effettivamente la sua attività di lavoro; e iii) non siano recuperabili dal datore di lavoro. In relazione alla lettera a), i pagamenti effettuati a favore di persone fisiche che lavorano per il beneficiario in forza di un contratto diverso da un contratto di impiego/di lavoro possono essere assimilati alle spese per retribuzioni e tale contratto può essere equiparato a un atto di impiego. 3. I costi del personale possono essere rimborsati: i) sulla base del costo effettivo (dimostrato dall'atto di impiego e dalle buste paga); oppure ii) sulla base delle opzioni relative ai costi semplificati di cui all'articolo 67, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento (UE) n. 1303/2013; oppure iii) su base forfettaria in conformità all'articolo 19 del regolamento (UE) n. 1299/2013. 4. I costi del personale relativi a persone che lavorano con un incarico a tempo parziale nell'ambito dell'operazione sono calcolati come: a) una percentuale fissa del costo del lavoro lordo, corrispondente a una percentuale fissa del tempo di lavoro nell'ambito dell'operazione, senza l'obbligo di istituzione di un sistema separato di registrazione dell'orario di lavoro; oppure b) una quota flessibile del costo del lavoro lordo, corrispondente a un numero mensilmente variabile di ore di lavoro nell'ambito dell'operazione, sulla base di un sistema di registrazione dei tempi che copre il 100 % dell'orario di lavoro del dipendente. 5. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera a), il datore di lavoro rilascia per ciascun dipendente un documento che stabilisce la percentuale del tempo di lavoro da riservare all'operazione. 6. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera b), il rimborso dei costi del personale è calcolato sulla base di una tariffa oraria che viene determinata: i) dividendo il costo del lavoro lordo mensile per l'orario di lavoro mensile stabilito nell'atto di impiego, espresso in ore; oppure ii) dividendo il costo del lavoro lordo annuo documentato più recente per 1 720 ore, in conformità all'articolo 68, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013. La tariffa oraria è moltiplicata per il numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione. 7. I costi del personale relativi a persone che, in forza di un atto di impiego, sono occupate su base oraria sono ammissibili procedendo alla moltiplicazione del numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione per la tariffa oraria concordata nell'atto di impiego sulla base di un sistema di registrazione dell'orario di lavoro. Articolo 4 Spese d'ufficio e amministrative Le spese d'ufficio e amministrative si limitano ai seguenti elementi: a) canone di locazione degli uffici; b) assicurazioni e imposte relative agli edifici che ospitano il personale e alle attrezzature d'ufficio (ad esempio, assicurazioni incendio, furto); c) consumi per le utenze (ad esempio, elettricità, riscaldamento, acqua); d) forniture per ufficio; e) contabilità generale all'interno dell'organizzazione beneficiaria; f) archivi; g) manutenzione, pulizie e riparazioni; h) sicurezza; i) sistemi informatici; j) comunicazione (ad esempio, telefono, fax, Internet, servizi postali, biglietti da visita); k) spese bancarie di apertura e gestione del conto o dei conti, qualora l'attuazione dell'operazione richieda l'apertura di un conto separato; l) oneri associati alle transazioni finanziarie transnazionali. Articolo 5 Spese di viaggio e soggiorno 1. Le spese relative ai costi di viaggio e di soggiorno si limitano ai seguenti elementi: a) spese di viaggio (ad esempio, biglietti, assicurazioni di viaggio e assicurazione auto, carburante, rimborso auto chilometrico, pedaggi e spese di parcheggio); b) spese di vitto; c) spese di soggiorno; d) spese per i visti; e) indennità giornaliere. 2. Gli elementi elencati al paragrafo 1, lettere da a) a d), che risultino coperti da un'indennità giornaliera non beneficiano di un rimborso aggiuntivo rispetto all'indennità giornaliera. 3. Le spese di viaggio e soggiorno di esperti e prestatori di servizi esterni rientrano nei costi per consulenze e servizi esterni di cui all'articolo 6. 4. Il pagamento diretto delle spese di cui al presente articolo sostenute da parte di un dipendente del beneficiario richiede la dimostrazione del rimborso effettuato dal beneficiario a favore del dipendente in questione. 5. Per le operazioni concernenti assistenza tecnica o attività promozionali e di sviluppo delle capacità, le spese sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma sono ammissibili se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013. 6. L'autorità di gestione può accettare come ammissibili le spese di vitto e soggiorno sostenute presso esercizi situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. La stessa disposizione si applica alle spese di trasporto locali nel luogo di svolgimento di un evento o un'azione al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma. 7. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, l'autorità di gestione può accettare come ammissibili i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. 8. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati all'interno della parte dell'Unione nell'area di programma, i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, sono considerate ammissibili in conformità all'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013. Articolo 6 Costi per consulenze e servizi esterni Le spese relative ai costi per consulenze e servizi esterni si limitano ai servizi e alle consulenze seguenti forniti da un soggetto di diritto pubblico o privato o da una persona fisica diversi dal beneficiario dell'operazione: a) studi o indagini (ad esempio, valutazioni, strategie, note sintetiche, schemi di progettazione, manuali); b) formazione; c) traduzioni; d) sistemi informatici e creazione, modifiche e aggiornamenti di siti web; e) attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione collegate a un'operazione o a un programma di cooperazione in quanto tali; f) gestione finanziaria; g) servizi correlati all'organizzazione e attuazione di eventi o riunioni (compresi canoni di locazione, servizi di catering o di interpretazione); h) partecipazione a eventi (ad esempio, quote di iscrizione); i) servizi di consulenza legale e servizi notarili, consulenza tecnica e finanziaria, altri servizi di consulenza e contabili; j) diritti di proprietà intellettuale; k) verifiche di cui all'articolo 125, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013 e all'articolo 23, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013; l) costi di certificazione e di audit a livello del programma, a norma degli articoli 126 e 127 del regolamento (UE) n. 1303/2013; m) garanzie fornite da una banca o da un altro istituto finanziario, ove prescritte dalla normativa nazionale o dell'Unione o da un documento di programmazione adottato dal comitato di sorveglianza; n) spese di viaggio e soggiorno di esperti, oratori, presidenti di riunione e prestatori di servizi esterni; o) altre consulenze e servizi specifici necessari per le operazioni. Articolo 7 Spese per attrezzature 1. Le spese relative al finanziamento dell'acquisto, della locazione o del leasing delle attrezzature da parte del beneficiario dell'operazione, diverse da quelle di cui all'articolo 4, si limitano alle seguenti voci: a) attrezzature per ufficio; b) hardware e software; c) mobilio e accessori; d) apparecchiature di laboratorio; e) strumenti e macchinari; f) attrezzi o dispositivi; g) veicoli; h) altre attrezzature specifiche necessarie per le operazioni. 2. L'acquisto di attrezzature di seconda mano può essere ammissibile alle seguenti condizioni: a) non hanno beneficiato di altra assistenza da parte dei fondi SIE; b) il loro prezzo non è superiore ai costi generalmente accettati sul mercato in questione; c) possiedono le caratteristiche tecniche necessarie per l'operazione e sono conformi alle norme e agli standard applicabili. Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2014 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). (3) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).
Norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione territoriale europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione tra i paesi dell’UE, rispetto a specifiche categorie di spesa. PUNTI CHIAVE Cooperazione territoriale europeaQuesto programma è noto più comunemente come Interreg. Rappresenta uno dei due obiettivi della politica di coesione dell’UE 2014-2020 e fornisce un mezzo per attuare le azioni comuni e gli scambi politici tra attori nazionali, regionali e locali provenienti da diversi paesi dell’UE. Si propone di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale armonica dell’UE nel suo complesso. È costruito attorno a tre filoni di cooperazione:transfrontaliera (Interreg A): affronta sfide comuni individuate congiuntamente nelle regioni di confine;transnazionale (Interreg B): sostiene un’ampia gamma di investimenti di progetto correlati a innovazione, ambiente, accessibilità, telecomunicazioni, sviluppo urbano, ecc.;interregionale (Interreg C): fornisce un mezzo per scambiare esperienze tra organismi regionali e locali in diversi paesi. Per agevolare la cooperazione tra questi tre filoni, nel 2007 furono istituiti i gruppi europei di cooperazione territoriale ai sensi del regolamento (CE) n. 1082/2006. Il finanziamento è offerto dal Fondo europeo di sviluppo regionale, parte dei Fondi strutturali e d’investimento europei. Categorie di spesa Il regolamento stabilisce norme per le seguenti categoria di spesa:spese per il personale; spese di funzionamento e d’ufficio; spese di viaggio e alloggio; spese per collaborazioni esterne e di servizio; spese di attrezzatura. Spese ammissibiliLe spese ammissibili devono riguardare i costi di avvio oppure di avvio e attuazione di un’operazione o di parte di un’operazione. Le seguenti tipologie di spesa non sono ammissibili:multe, sanzioni pecuniarie e spese relative a controversie legali e contenziosi;regali, salvo quelli che non eccedono i 50 € per regalo se relativi a promozioni, comunicazioni, pubblicità o informazioni;spese legate alle fluttuazioni dei tassi di cambio. A PARTIRE DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Esso è in vigore dal 14 maggio 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione tra regioni e paesi (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) n. 481/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione (GU L 138 del 13.5.2014, pag. 45). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). I successivi emendamenti e le correzioni al presente regolamento sono stati inclusi nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 19). Consultare la versione consolidata.
6,602
336
31992H0241
false
92/241/CEE: Raccomandazione del Consiglio, del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini Gazzetta ufficiale n. L 123 del 08/05/1992 pag. 0016 - 0018 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 31 marzo 1992 sulla custodia dei bambini (92/241/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 235, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che al punto 16, terzo comma della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai Capi di Stato e di governo di undici Stati membri al Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, si dichiara: « È altresì opportuno sviluppare misure che consentano agli uomini e alle donne di conciliare meglio i loro obblighi professionali e familiari. »; considerando che la Commissione ha previsto la presente raccomandazione nel suo programma di azione relativo all'applicazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori; considerando che la Commissione, nel suo terzo programma di azione a medio termine sulle pari opportunità per uomini e donne (1991-1995), ha ravvisato la necessità di ulteriori azioni in questo settore; considerando che la Commissione, nella sua comunicazione sulle politiche familiari trasmessa al Consiglio il 24 agosto 1989, ha sottolineato l'importanza di un'intensificazione dei lavori concernenti la custodia dei bambini; considerando che i metodi di custodia dei bambini, il congedo parentale e il congedo di maternità sono elementi di un tutto che consente ai lavoratori di conciliare le loro responsabilità familiari con le ambizioni professionali; considerando che gli Stati membri devono prendere e/o stimolare iniziative, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con questi vari attori; considerando che la conciliazione delle responsabilità professionali con le responsabilità familiari e educative derivanti dalla custodia di bambini deve essere vista in un'ampia prospettiva che tenga anche conto degli interessi e delle particolari necessità dei bambini delle diverse fasce d'età; che è importante, per raggiunger questo fine, promuovere una politica globale volta a rendere possibile tale conciliazione; considerando che è essenziale promuovere il benessere dei bambini e delle famiglie garantendo il soddisfacimento delle loro diverse esigenze e tenendo conto che le responsabilità derivanti dalla custodia di bambini e dalla loro educazione esistono prima e durante il periodo di scolarità e in particolare durante i primi anni di vita; considerando che in tutti gli Stati membri la domanda di servizi di custodia di bambini, a prezzi abbordabili per i genitori, è superiore all'offerta esistente; considerando che la carenza di servizi di costo contenuto di custodia dei bambini nonché di altre iniziative volte a conciliare le responsabilità di cura ed educazione dei figli con il lavoro dei genitori, o con l'istruzione e la formazione che questi seguono per ottenere un impiego, rappresenta un grave ostacolo all'accesso e ad una più efficace partecipazione delle donne al mercato del lavoro, alla parità delle possibilità con gli uomini, alla piena partecipazione delle donne a tutti i settori della società e ad un'efficace utilizzazione dei loro talenti, nonché delle loro qualificazioni e attitudini, nell'attuale situazione demografica; considerando inoltre che, al riguardo, esistono disparità tra gli Stati membri e tra le regioni degli Stati membri; considerando che più adeguati servizi di custodia dei bambini possono facilitare la libera circolazione dei lavoratori sul mercato del lavoro europeo; considerando che i servizi di custodia di bambini possono essere pubblici, privati, individuali o collettivi; considerando che la custodia dei bambini è una nozione vasta che può implicare l'organizzazione di servizi di custodia corrispondenti alle esigenze dei bambini, la concessione di congedi speciali a genitori, lo sviluppo di un ambiente, di strutture e di un'organizzazione del lavoro appropriati e la divisione fra uomini e donne delle responsabilità professionali, familiari ed educative derivanti dalla custodia di bambini; considerando che, in taluni Stati membri, a motivo del basso livello del reddito nazionale e della necessità di ridurre rigorosamente l'aumento delle spese pubbliche, il ruolo delle autorità pubbliche può essere sottoposto a particolari costrizioni; considerando che la clausola tipo inclusa nei quadri comunitari di sostegno relativi alla politica strutturale stabilisce che le azioni e misure intraprese in tale contesto devono essere conformi alla politica e legislazione comunitaria in materia di pari opportunità per uomini e donne, contribuendo eventualmente alla loro attuazione, e che in particolare si deve tener conto delle esigenze, in fatto di formazione e infrastruttura, che facilitano la partecipazione delle donne con figli al mercato del lavoro; considerando inoltre che nell'ambito dell'iniziativa comunitaria NOW (1991-1993), finanziata dai Fondi strutturali e mirante a promuovere pari opportunità per le donne nel campo dell'occupazione e della formazione professionale, sono previste misure complementari per la custodia dei bambini atte a facilitare l'accesso delle donne con figli al mercato del lavoro e a corsi di formazione professionale, RACCOMANDA QUANTO SEGUE: Articolo 1 Oggetto Si raccomanda agli Stati membri di adottare e/o stimolare gradualmente iniziative che consentano agli uomini e alle donne di conciliare le loro responsabilità professionali con le responsabilità familiari e educative derivanti dalla custodia di bambini. Articolo 2 Settori di iniziative Si raccomanda a tal fine agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative nei quattro settori seguenti: 1) organizzazione di servizi di custodia di bambini mentre i genitori: - lavorano, - seguono corsi di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro, - sono in cerca di un lavoro o di un corso di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro. Ai fini della presente raccomandazione, si intende per « servizi di custodia di bambini » qualsiasi forma di custodia di bambini pubblica o privata, individuale o collettiva; 2) concessione di congedi speciali ai genitori che lavorano e sono responsabili della custodia ed educazione di bambini; 3) ambiente, strutture e organizzazione del lavoro, al fine di adeguarli alle esigenze dei lavoratori con figli; 4) divisione fra uomini e donne delle responsabilità professionali e di quelle familiari e di educazione risultanti dalla custodia di bambini. Articolo 3 Servizi di custodia di bambini Per quanto riguarda i servizi di custodia di bambini, si raccomanda agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative volte a: 1) consentire a genitori che lavorano, seguono corsi di istruzione o formazione per ottenere un lavoro, o sono in cerca di un lavoro o di un corso di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro, l'accesso per quanto possibile a servizi locali di custodia di bambini. In questo contesto, occorre in particolare provvedere affinché: - i servizi siano offerti a costi contenuti che i genitori possano affrontare; - i servizi concilino un'assistenza affidabile dal punto di vista della salute e della sicurezza e un'educazione generale e un approccio pedagogico; - si tenga conto delle esigenze dei genitori e dei bambini nel determinare l'accesso ai servizi; - i servizi siano disponibili in tutte le aree e regioni degli Stati membri, comprese le aree urbane e rurali; - i servizi siano accessibili ai bambini aventi esigenze particolari, per esempio di ordine linguistico, e a quelli che vivono in famiglie monoparentali, e rispondano alle loro necessità; 2) incoraggiare la flessibilità e la varietà dei servizi di custodia dei bambini come elementi di una strategia volta ad accrescere le possibilità di scelta e soddisfare le diverse preferenze, esigenze e situazioni dei bambini e delle famiglie, pur preservando una coerenza fra i vari servizi; 3) provvedere a che la formazione iniziale e permanente degli addetti ai servizi di custodia dei bambini sia conforme all'importanza e al valore sociale ed educativo del loro lavoro; 4) incoraggiare i servizi in questione ad operare in stretta collaborazione con i genitori e con le collettività locali, prevedendo regolari contatti e scambi di informazioni, in modo da rispondere alle esigenze dei genitori e a situazioni locali particolari; 5) incoraggiare le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, conformemente alle rispettive responsabilità, ad apportare un contributo finanziario alla creazione e/o al funzionamento di servizi di custodia di bambini, omogenei e di costo contenuto, con possibilità di scelta per i genitori. Articolo 4 Congedi speciali Per quanto riguarda i congedi speciali concessi ai genitori che svolgono un lavoro subordinato e hanno responsabilità in fatto di custodia ed educazione di bambini, si raccomanda agli Stati membri, in funzione delle rispettive responsabilità delle parti sociali, delle autorità nazionali, regionali o locali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le parti sociali, le autorità nazionali, regionali o locali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o di stimolare iniziative, volte a tener conto, realisticamente, della maggiore partecipazione delle donne al lavoro. Queste iniziative prevedono, in particolare, congedi speciali per consentire a genitori che svolgono un lavoro subordinato, uomini e donne, che lo desiderano, di esercitare efficacemente le loro responsabilità professionali, familiari e di educatori, adottando, fra l'altro, modalità flessibili nell'organizzazione dei congedi. Articolo 5 Ambiente, strutture e organizzazione del lavoro Per quanto riguarda l'ambiente, le strutture e l'organizzazione del lavoro, si raccomanda agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti nonché dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative volte a: 1) sostenere azioni, in particolare nell'ambito di contratti collettivi, volte a creare un ambiente, delle strutture e un'organizzazione del lavoro che tengano conto delle esigenze di tutti i genitori che lavorano e sono responsabili della custodia ed educazione di bambini; 2) valorizzare le modalità di esecuzione del lavoro delle persone occupate nei servizi di custodia di bambini e sottolinearne l'importanza sociale; 3) promuovere azioni, tra l'altro nel settore pubblico, che servano di esempio per lo sviluppo di iniziative in questo campo. Articolo 6 Divisione delle responsabilità Per quanto riguarda le responsabilità derivanti dalla custodia ed educazione dei bambini, si raccomanda agli Stati membri di promuovere e di incoraggiare, nel rispetto dell'autonomia degli individui, una maggiore partecipazione degli uomini al fine di assicurare una più equa ripartizione delle responsabilità parentali tra uomini e donne e permettere a queste ultime una partecipazione più efficace al mercato del lavoro. Articolo 7 Relazione della Commissione Gli Stati membri informano la Commissione, entro tre anni dalla data di adozione della presente raccomandazione, delle misure prese per attuarla, in modo da permettere alla Commissione di elaborare una relazione sull'attuazione della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, addì 31 marzo 1992. Per il Consiglio Il Presidente Vitor MARTINS (1) GU n. C 242 del 17. 9. 1991, pag. 3. (2) GU n. C 326 del 16. 12. 1991, pag. 279. (3) GU n. C 40 del 17. 2. 1992, pag. 88.
Custodia dei bambini: equilibrio fra lavoro e vita privata per uomini e donne Raccomandazione 92/241/CEE sulla custodia dei bambini ATTO Raccomandazione del Consiglio 92/241/CEE, del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini (GU L 123 dell’8.5.1992, pagg. 16-18) SINTESI CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE? Promuove pari opportunità per madri e padri al fine di conciliare il lavoro con la vita familiare, incoraggiando i paesi dell’Unione europea (UE) ad assumere e/o sostenere iniziative che aiutino i genitori a gestire le loro responsabilità di custodia dei bambini. PUNTI CHIAVE La raccomandazione affronta le aree seguenti: — provvedere ai servizi di custodia dei bambini nel caso in cui i genitori lavorino, studino o seguano un corso di formazione, oppure stiano cercando attivamente un lavoro; — garantire permessi speciali ai genitori lavoratori che sono responsabili della custodia dei figli; — rendere l’ambiente lavorativo più adatto alle necessità delle lavoratrici e dei lavoratori con figli; — attuare misure che favoriscano la condivisione fra uomini e donne di responsabilità occupazionali e di custodia dei figli. Raccomanda che i servizi di custodia dei bambini: — abbiano un prezzo ragionevole; — combinino una custodia affidabile dal punto di vista della salute e della sicurezza con un’educazione generale e un approccio pedagogico; — siano in grado di andare incontro alle necessità dei bambini con bisogni speciali, ad esempio con difficoltà di linguaggio, e dei bambini di famiglie monoparentali. Permessi speciali Per accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, i paesi dell’UE dovrebbero incoraggiare iniziative quali i permessi, sia per le madri che per i padri. Ambiente lavorativo I paesi dell’UE dovrebbero assumere e/o incoraggiare iniziative volte a: — rendere il lavoro più conciliabile con la custodia dei bambini, in particolare attraverso accordi collettivi fra datori di lavoro e sindacati; — garantire retribuzioni e condizioni lavorative dignitose per il personale impiegato nei servizi di custodia dei bambini; — promuovere azioni nel settore pubblico che possano servire da esempio per il resto dell’economia. Condivisione delle responsabilità I paesi dell’UE dovrebbero incoraggiare una maggiore partecipazione degli uomini agli obblighi di custodia dei bambini, per raggiungere una condivisione più equa delle responsabilità parentali e per permettere alle donne di avere un ruolo più consistente nel mercato del lavoro. Ulteriori informazioni sulla pagina dedicata agli obiettivi dell’UE per la custodia dei bambini. ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Obiettivi di Barcellona - Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva [COM(2013) 322 final del 29.5.2013]
4,536
583
31986H0666
false
86/666/CEE: Raccomandazione del Consiglio del 22 dicembre 1986 per la protezione antincendio degli alberghi già esistenti Gazzetta ufficiale n. L 384 del 31/12/1986 pag. 0060 - 0068 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 22 dicembre 1986 per la protezione antincendio degli alberghi già esistenti (86/666/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 235, vista la proposta della Commissione(1), visto il parere del Parlamento europeo(2), visto il parere del Comitato economico e sociale(3), considerando che non in tutti gli Stati membri esiste una normativa in materia di protezione antincendio di tutti gli alberghi ; che, laddove esistono, le relative disposizioni sono spesso incomplete e disperse in vari testi e che pertanto è difficile averne un'idea precisa ; che la loro applicazione non è sempre interamente garantita ; considerando che con lo sviluppo sempre più intenso del turismo e dei viaggi d'affari un numero sempre maggiore di persone soggiorna in alberghi situati in Stati membri diversi da quelli del paese di origine ; che tali persone hanno il diritto di fruire di una protezione sufficiente nel paese ospitante e di conoscere la natura e la portata di questa protezione ; che la protezione degli ospiti deve essere compatibile con la sicurezza del personale sul luogo di lavoro ; considerando che, pur tenendo conto delle differenze di tipo e di costruzione che caratterizzano gli alberghi negli Stati membri, è possibile definire un livello minimo di sicurezza antincendio per l'insieme di questi alberghi ; che la loro conformità con questo livello minimo è essenziale alla loro ulteriore gestione e che è opportuno sottoporre gli alberghi a un controllo periodico ; considerando che, per motivi economici, tecnici ed architettonici la protezione antincendio degli alberghi richiederà un certo periodo per essere attuata completamente ; che, per realizzare l'obiettivo perseguito, tale periodo deve rimanere entro limiti ragionevoli ; considerando che non esistono ancora a livello comunitario disposizioni armonizzate in materia di utilizzazione e di applicazione dei materiali per la costruzione dal punto di vista della protezione antincendio ; che questa situazione non può giustificare l'adozione, da parte degli Stati membri, di misure atte ad accentuare gli ostacoli tecnici agli scambi ma che, al contrario, la protezione antincendio degli alberghi sulla base di un livello minimo di sicurezza deve preparare e favorire i lavori di armonizzazione già in corso ; considerando che tanto sotto l'aspetto economico quanto sotto quello della sicurezza dei turisti o delle persone che viaggiano per qualsiasi altra ragione da uno Stato membro ad un altro è importante favorire la circolazione e la diffusione dell'informazione relativa alle misure adottate a livello nazionale per la protezione antincendio degli alberghi ; che la Commissione deve svolgere un ruolo essenziale per la circolazione e la diffusione di questo tipo d'informazione, RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI : 1)di prendere, qualora la legislazione esistente non sia già sufficiente per rispondere alle esigenze della presente raccomandazione, tutte le misure utili affinché in materia di sicurezza antincendio gli alberghi esistenti siano assoggettati a disposizioni basate sui principi indicati in appresso : Scopo della protezione degli alberghi esistenti e mezzi per realizzarla 1.La protezione antincendio degli alberghi esistenti mira : 1.1.a ridurre i rischi che possa divampare un incendio ; 1.2.ad impedire la propagazione del fuoco e dei fumi ; 1.3.a consentire a tutti gli eventuali occupanti di uscire incolumi ; 1.4.a consentire l'intervento dei servizi di soccorso. 2.Per soddisfare queste esigenze è necessario assicurarsi che nell'esercizio siano state prese tutte le precauzioni necessarie per : 2.1.predisporre vie di evacuazione sicure, chiaramente indicate, che restino aperte e siano libere da ogni ostruzione ; 2.2.garantire la stabilità dell'immobile in caso d'incendio almeno per il tempo necessario perché gli occupanti possano uscire incolumi ; 2.3.limitare accuratamente la presenza o l'uso di materiali altamente infiammabili nei rivestimenti delle pareti, del soffitto e del pavimento e nelle decorazioni interne ; (impianto elettrico, del gas, di riscaldamento, ecc.) presentino una buona sicurezza di funzionamento ; 2.5.predisporre ed assicurare il corretto funzionamento di mezzi adeguati per allarmare gli occupanti ; 2.6.affiggere in ogni locale solitamente occupato dagli ospiti o dal personale le istruzioni di sicurezza e la pianta dei locali con l'indicazione delle vie di evacuazione ; 2.7.disporre ed assicurare la manutenzione dei mezzi di soccorso di primo intervento (estintori, ecc.) ; 2.8.assicurare adeguati addestramento e formazione del personale. 3.Nell'applicare i principi summenzionati agli esercizi esistenti che svolgono attività commerciale, che occupano in tutto o in parte un edificio e che sotto la denominazione di albergo, pensione, ostello, locanda, motel o qualsiasi altra equivalente, possono offrire alloggio ad almeno venti ospiti paganti di passaggio, gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione gli orientamenti tecnici contenuti nell'allegato. Gli Stati membri possono ricorrere a misure diverse o più severe di quelle elencate nell'allegato, se queste consentono di raggiungere un risultato almeno equivalente. In particolare, qualora una qualsiasi disposizione dell'allegato, per motivi economici, tecnici, compresi antisismici, o architettonici, non possa essere applicata, le soluzioni alternative adottate devono assicurare il rispetto del livello minimo globale di sicurezza che le disposizioni di detto allegato sono intese a garantire. Per gli esercizi che offrono alloggio a meno di venti ospiti paganti di passaggio, gli Stati membri dovrebbero adottare le misure più idonee per garantire la loro sicurezza conformemente ai principi stabiliti ai punti 1 e 2, tenendo conto del grado del rischio ; 2)di sottoporre gli alberghi a un controllo periodico della loro conformità rispetto alle disposizioni nazionali basate sui principi sopraindicati ; 3)di informare la Commissione, entro un termine di due anni, di tutte le misure nazionali intese a garantire che vengano rispettate negli alberghi le prescrizioni sopra indicate, nonché dei provvedimenti che essi intendono prendere a tal fine nei prossimi cinque anni. Entro sei mesi la Commissione riferisce al Consiglio sulle misure adottate o previste. Per il ConsiglioIl PresidenteG. SHAW (1)GU n. C 49 del 21. 2. 1984, pag. 7. (2)GU n. C 262 del 14. 10. 1985, pag. 20, e GU n. C 36 del 17. 2. 1986, pag. 155. (3)GU n. C 248 del 17. 9. 1984, pag. 4. ALLEGATO ORIENTAMENTI TECNICI 1.VIE DI EVACUAZIONE 1.1.Generalità distribuite da sfociare in modo indipendente in una strada oppure in uno spazio libero abbastanza ampio da potersi allontanare dall'edificio e da consentire un'evacuazione rapida e sicura delle persone verso l'esterno. 1.1.2.Le porte, le scale, le uscite e gli accessi che conducono alle vie di evacuazione debbono essere segnalati con simboli di sicurezza normalizzati, visibili di giorno e di notte. A tal fine si ricorre in particolare all'uso dei segnali destinati ad informare il pubblico, stabiliti dalla norma ISO/DIS 6309.2 dell'11 dicembre 1985. 1.1.3.Le porte non utilizzabili dal pubblico in caso di incendio, qualora diano sulle vie di evacuazione e non siano normalmente chiuse a chiave debbono essere mantenute chiuse o munite di fermo e recare un apposito segnale normalizzato. 1.2.Senso di apertura delle porte - ostruzione delle vie di evacuazione 1.2.1.Nei limiti del possibile, le porte situate sulle vie di evacuazione debbono aprirsi nel senso previsto per l'evacuazione stessa. 1.2.2.La porta di uscita di una via di evacuazione deve sempre potersi aprire facilmente dall'interno da una persona che voglia fuggire dall'albergo. 1.2.3.Una porta girevole o scorrevole deve essere abbinata ad una porta che si apra nel senso previsto per l'evacuazione. 1.2.4.Nelle vie di evacuazione è vietato collocare ostacoli (depositi, mobilio, ecc.) che possano intralciare la circolazione o costituiscano un rischio di propagazione. 1.2.5.Nelle vie di evacuazione è vietato disporre specchi che possano trarre in inganno gli occupanti sulla direzione delle uscite e delle uscite e delle scale. 1.3.Numero di scale 1.3.1.Per valutare se il numero di scale di cui dispone un albergo esistente sia sufficiente, si può ricorrere a vari criteri : 1.3.1.1.il numero totale di persone che possono trovarsi nell'albergo ; 1.3.1.2.la distanza da percorrere per raggiungere le scale. 1.3.2.Se il criterio applicato è quello del numero di persone, gli alberghi su due o più piani fuoriterra che ospitano complessivamente oltre 50 persone debbono disporre di almeno due scale. 1.3.3.Se si applica il criterio della distanza da percorrere : 1.3.3.1.la lunghezza dei corridoi ciechi non deve superare 10 m ; 1.3.3.2.se l'albergo dispone di più scale, la distanza da percorrere da un punto qualsiasi di una via di evacuazione per raggiungere una scala non deve superare 35 m. 1.3.4.Di massima, un albergo già esistente a più di tre piani fuoriterra deve avere almeno due scale. 1.3.5.Le lunghezze massime di 10 m per i corridoi ciechi e di 35 m per le distanze da percorrere per raggiungere una scala debbono essere rispettate in ogni caso. 1.3.6.Una scala esterna può essere ammessa quale seconda scala purché offra condizioni di sicurezza soddisfacenti. 1.3.7.Le scale esistenti in un albergo debbono avere ciascuna una larghezza sufficiente affinché l'evacuazione degli eventuali occupanti possa svolgersi in modo soddisfacente. Se però, per la portezione di un albergo già esistente, dovesse risultare necessaria la costruzione di scale supplementari, ciascuna di queste nuove scale dovrà avere una larghezza minima di 0,80 m. 2.CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE 2.1.È necessario vigilare affinché le caratteristiche costruttive degli alberghi già esistenti rispondano ai requisiti seguenti : 2.1.1.in caso di incendio, la resistenza al fuoco degli elementi portanti deve garantire la stabilità strutturale complessiva per un tempo sufficiente ; 2.1.2.la tramezzatura deve opporre alla propagazione del fuoco e dei fumi una barriera che conta l'accessibilità e la praticabilità per un tempo sufficiente delle vie di evacuazione. 2.1.3.di massima, la situazione deve essere valutata caso per caso in base alle prescrizioni minime indicate qui di seguito. 2.2.Strutture degli edifici 2.2.1.Negli edifici con un massimo di tre piani fuori terra la resistenza al fuoco (R) della struttura dell'edificio deve essere equivalente ad almeno 30 minuti (R 30), fatti salvi gli edifici su un unico piano senza scantinato. 2.2.2.Negli altri edifici con più di tre piani fuori terra la resistenza al fuoco (R) della struttura dell'edificio deve essere equivalente ad almeno 60 minuti (R 60). 2.3.Solai 2.3.1.Negli edifici con un massimo di tre piani fuori terra la resistenza al fuoco (REI) dei solai deve essere equivalente ad almeno 30 minuti (REI 30). 2.3.2.Negli altri edifici con più di tre piani fuori terra la resistenza al fuoco (REI) dei solai deve essere equivalente ad almeno 60 minuti (REI 60). 2.4.Ingabbiamento delle scale 2.4.1.Di massima, negli alberghi già esistenti con più di due piani fuori terra le scale devono essere ingabbiate. 2.4.1.1.Le pareti della gabbia delle scale debbono avere una resistenza al fuoco (REI) equivalente ad almeno 30 minuti (REI 30). 2.4.1.2.Le porte, compreso il telaio, d'accesso alle gabbie delle scale debbono avere una resistenza al fuoco (RE) equivalente ad almeno 30 minuti (RE 30), essere munite di un apposito fermo e recare un'indicazione che prescriva che le porte debbono essere tenute chiuse. 2.4.2.Ove uno stesso vano scala permetta di servire tanto i piani accessibili al pubblico, quanto gli scantinati, la sua gabbia deve essere concepita in modo che sia possibile isolare gli scantinati dal resto del vano scala. 2.4.3.La parte superiore di ogni vano scala deve essere munita di un telaio o di una finestra dotata di vetro sottile, con una superficie di circa 1 m2, corredati, se non direttamente accessibili, con un dispositivo che ne consenta un'agevole apertura dal pianoterra. 2.4.4.I vani scala di servizio, accessibili unicamente al personale dell'esercizio debbono essere protetti secondo principi identici a quelli applicati per i vani scala accessibili al pubblico. 2.5.Tramezzi 2.5.1.Di massima, i tramezzi (da solaio a solaio) che separano le camere dalle vie di evacuazione debbono avere una resistenza al fuoco (REI) equivalente ad almeno 30 minuti (REI 30) ; le loro porte e i relativi telai debbono avere una resistenza al fuoco (RE) equivalente ad almeno 15 minuti (RE 15). 2.5.2.Di massima, le strutture (solai, tramezzi da solaio a solaio e soffitti) che separano le camere e le vie di evacuazione dai locali che presentano speciali pericoli di incendio debbono avere una resistenza al fuoco (REI) equivalente ad almeno 60 minuti (REI 60) ; le loro porte e i relativi telai debbono avere una resistenza al fuoco (RE) equivalente ad almeno 60 minuti (RE 60), essere munite di un apposito fermo e recare un'indicazione che prescriva che le porte debbono essere tenute chiuse. 3.RIVESTIMENTI INTERNI E DECORAZIONI 3.1.Negli alberghi già esistenti i rivestimenti interni e le decorazioni debbono presentare caratteristiche di reazione al fuoco tali da non presentare speciali rischi capaci di contribuire eventualmente alla progagazione dell'incendio e alla produzione di fumi. 3.1.1.Questa esigenza riguarda in special modo le parti dell'edificio quali : 3.1.1.1.vie di evacuazione, in particolare corridoi, scale e disimpegni quali gli atri ; 3.1.1.2.locali accessibili al pubblico, in particolare ai clienti dell'albergo, tranne le camere. 3.1.2.Nei locali di cui al punto 3.1.1 i rivestimenti interni e le decorazioni cui specificamente si allude sono in particolare : 3.1.2.1.i rivestimenti del pavimento, 3.1.2.2.i rivestimenti e le decorazioni murali, 3.1.2.3.i rivestimenti e le decorazioni dei soffitti. 3.1.3.Dato che, al momento attuale, i metodi di prova e di classificazione dei materiali dal punto di vista della loro reazione al fuoco non sono armonizzati, i requisiti minimi ai quali debbono rispondere i rivestimenti interni e le decorazioni negli alberghi già esistenti vengono espressi con riferimento alle disposizioni nazionali in materia. 3.2.Rivestimenti e decorazioni nelle vie di evacuazione 3.2.1.Per i rivestimenti interni e le decorazioni presenti lungo le vie di evacuazione degli alberghi già esistenti, sono ritenuti corrispondenti al livello minimo di sicurezza richiesto le classificazioni di materiali elencate nella seguente tabella. >SPAZIO PER TABELLA> 3.2.2.La tabella precedente fa riferimento alle seguenti disposizioni nazionali : a)Germania Norma DIN 4107, prima parte Comportamento al fuoco dei materiali e degli elementi per l'edilizia. b)Danimarca Codice edilizio 1977 allegato 3. c)Francia Decreto 4 giugno 1973, che classifica i materiali e gli elementi per l'edilizia per categorie secondo il loro comportamento al fuoco, nonché la descrizione dei metodi di prova (Gazzetta ufficiale della Repubblica francese del 26 luglio 1973). d)Italia Decreto ministeriale 26 giugno 1984. Classificazione di reazione al fuoco ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi (Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 234 del 25 agosto 1984). e)Paesi Bassi Norma NEN 3883. f)Regno Unito Norma RS 476, sesta parte, 1981 Prova di propagazione del fuoco per i prodotti, Norma BS 476, settima parte, 1971 Prova di propagazione in superficie del fuoco per i materiali. g)Irlanda 1.Norma BS 4790, 1972 Determinazione degli effetti di un focolaio ridotto sui materiali tessili per pavimentazione (metodo cosiddetto « hot nut ») valutato in base alla norma BS 5287, 1976. 2.Norma BS 5867, seconda parte, 1980 prescrizioni in materia di accensione - Specificazione per fibre per tende e tappezzerie. 3.Norma BS 5852, prima parte, 1979 Norma BS 5852, seconda parte, 1982 Metodo di prova per l'infiammabilità dei sedili imbottiti. 3.3.Rivestimenti e decorazioni nei locali accessibili al pubblico, tranne le camere 3.3.1.Quando il locale risponde ai requisiti del punto 2.5.2, i rivestimenti interni e le decorazioni debbono essere conformi alle disposizioni nazionali vigenti, tenuto conto della destinazione del locale. 3.3.2.Quando il locale non risponde ai requisiti del punto 2.5.2, i rivestimenti interni e le decorazioni debbono essere conformi alle disposizioni stabilite al punto 3.2 che sono d'applicazione per le vie di evacuazione. 3.3.3.Per i locali accessibili al pubblico diversi da quelli di cui al punto 3.1.1, le vie di evacuazione indipendenti devono soddisfare almeno alle disposizioni che si applicano alle vie di evacuazione previste per l'albergo, adeguandole di volta in volta alla situazione riscontrata. 4.ILLUMINAZIONE ELETTRICA 4.1.Sistema di illuminazione principale 4.1.1.Il sistema d'illuminazione principale di un esercizio alberghiero deve essere costituito da un sistema di illuminazione elettrica. 4.1.2.L'impianto elettrico di un esercizio alberghiero già esistente e il suo impiego debbono essere tali da evitare in particolare l'insorgere e la propagazione di incendi. L'impianto deve essere provvisto di messa a terra. 4.1.3.Il punto 4.1.2 è d'applicazione anche qualora l'alimentazione elettrica dell'esercizio sia fornita da una fonte autonoma. 4.2.Sistema d'illuminazione di sicurezza 4.2.1.Ciascun esercizio alberghiero deve essere dotato di un sistema adeguato d'illuminazione elettrica di sicurezza che entri in funzione quando venga a mancare l'illuminazione del sistema principale. 4.2.2.Il sistema di illuminazione di sicurezza di un esercizio alberghiero deve essere in grado di funzionare durante un periodo sufficiente a consentire l'evacuazione di tutte le persone che si trovano nell'esercizio quando venga a mancare l'illuminazione del sistema principale. 5.IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 5.1.Norma generale 5.1.1.Il riscaldamento avviene tramite generatori di calore collettivi ovvero tramite generatori di calore individuali fissi. 5.1.2.L'impianto di riscaldamento di un esercizio alberghiero già esistente e il suo impiego debbono essere tali da evitare in particolare l'insorgere e la propagazione di incendi. 5.2.Vano caldaia Quando un generatore di calore a combustione ha una potenza utile tale da dover essere installato in un locale separato dagli altri e comunque sempre nel caso di un generatore di potenza pari o superiore a 70 kW, occorre rispettare quanto segue. 5.2.1.questo locale deve essere progettato e realizzato in conformità della normativa nazionale vigente ; 5.2.2.le pareti del vano caldaia debbono avere una resistenza al fuoco (REI) equivalente ad almeno 60 minuti ; le porte, compreso il telaio, debbono avere una resistenza al fuoco (RE) equivalente ad almeno 60 minuti (RE 60), essere munite di un apposito fermo e recare un'indicazione che prescriva che le porte debbono essere tenute chiuse. 5.3.Distribuzione del fluidi combustibili 5.3.1.Fatto salvo il punto 5.1.2, l'arrivo dei fluidi combustibili liquidi o gassosi che alimentano i generatori di calore si deve poter interrompere mediante almeno un dispositivo di chiusura a comando manuale. 5.3.1.1.Per i generatori di calore individuali fissi questo dispositivo di chiusura deve essere situato in prossimità dell'apparecchio. 5.3.1.2.Per i generatori di calore collettivi installati all'interno di un vano caldaia questo dispositivo di chiusura deve essere posto all'esterno del vano stesso in un punto di facile accesso e perfettamente segnalato. 5.3.2.Quando l'edificio nel quale è situato l'esercizio alberghiero è provvisto di una tubazione di alimentazione generale del gas, quest'ultima deve essere munita di almeno un dispositivo di chiusura manuale situato direttamente all'arrivo della tubazione nell'edificio e perfettamente segnalato. 5.3.3.Nel caso di combustibili liquidi, se il serbatoio è situato all'interno di un locale, questo deve essere progettato in modo da soddisfare almeno a quanto disposto al punto 5.2.2 e da contenere le eventuali perdite di combustibile. 5.3.4.Per il gas di petrolio liquefatto, il serbatoio deve essere collocato all'esterno. 5.4.Generatore di calore individuale fisso 5.4.1.Fatte salve le disposizioni del punto 5.1.2, quando l'uso di generatori di calore individuali fissi è autorizzato negli alberghi già esistenti, questi generatori debbono essere installati in modo da prevenire il rischio di incendio e non presentare pericolo per gli occupanti dei locali nei quali si trovano. 5.4.2.Questi generatori di calore individuali fissi debbono formare oggetto di una manutenzione regolare adeguata e le istruzioni per il loro uso debbono essere chiaramente indicate. 6.SISTEMI DI VENTILAZIONE 6.1.Se un albergo già esistente è munito di un sistema di ventilazione, devono essere prese misure per evitare in particolare la propagazione dell'incendio, dei gas e dei fumi caldi tramite i condotti di distribuzione di un sistema del genere. 6.2.I sistemi di ventilazione debbono essere muniti di un interruttore d'arresto generale situato in un punto di facile accesso e perfettamente segnalato. 7.MEZZI DI SOCCORSO, DI ALLARME E DI CHIAMATA DI SOCCORSO 7.1.Mezzi di primo intervento 7.1.1.I mezzi di primo intervento hanno lo scopo di combattere un principio d'incendio ; essi debbono essere distinti dai mezzi più importanti destinati a combattere un incendio esteso e che vengono generalmente usati da specialisti dell'intervento contro il fuoco. 7.1.2.I mezzi di primo intervento sono costituiti da estintori portatili o da dispositivi equivalenti fissi. Essi debbono essere concepiti in conformità della normativa nazionale in vigore o, ove esistano, delle relative norme europee. 7.1.3.I mezzi di primo intervento debbono essere collocati a ogni piano in prossimità degli accessi alle scale o delle uscite, nelle vie di evacuazione a una distanza massima di 25 m l'uno dall'altro, nonché in prossimità dei locali che presentano un rischio speciale. 7.1.4.I mezzi di primo intervento debbono essere facilmente accessibili e mantenuti in buono stato di funzionamento. 7.2.Allarme 7.2.1.Gli esercizi alberghieri debbono essere muniti di un valido sistema di allarme sonoro, la cui tonalità sia distinta dalla suoneria del telefono. 7.2.2.Questo sistema, di qualunque tipo esso sia, deve presentare un funzionamento adeguato alle caratteristiche costruttive dell'esercizio e consentire di avvertire in tempo, in caso di sinistro, tutte le persone che si trovino nelle varie parti dell'albergo. 7.3.Chiamata di soccorso 7.3.1.I servizi di soccorso debbono poter essere avvertiti facilmente sia mediante la rete telefonica pubblica, sia mediante linea diretta, sia mediante qualsiasi altro mezzo analogo adeguato. 7.3.2.La procedura di chiamata deve essere chiaramente indicata immediatamente a fianco di qualsiasi punto dal quale questa chiamata è possibile. Nel caso della rete telefonica pubblica, il numero di chiamata del centro di soccorso ed eventualmente il suo indirizzo debbono essere esposti bene in vista presso l'apparecchio telefonico dell'esercizio. 7.4.Addestramento del personale 7.4.1.La direzione dell'albergo deve provvedere affinché in caso di incendio il personale sia in grado di usare correttamente i mezzi disponibili per le operazioni di primo intervento, nonché di azionare il sistema di allarme e il sistema di chiamata di soccorso. 7.4.2.In caso di incendio il personale di un esercizio alberghiero deve essere in grado : 7.4.2.1.di applicare le istruzioni che gli sono state impartite per iscritto ; 7.4.2.2.di contribuire efficacemente all'evacuazione di tutti gli occupanti dell'albergo. 7.4.3.Tenendo conto delle condizioni di esercizio ed eventualmente del ritmo stagionale, il personale di un esercizio alberghiero deve essere chiamato a partecipare almeno due volte l'anno a riunioni di addestramento e di allenamento all'uso dei mezzi di soccorso, di allarme e di chiamata di soccorso, nonché a esercitazioni di evacuazione dell'immobile. 8.ISTRUZIONI DI SICUREZZA 8.1.Nell'ingresso dell'albergo 8.1.1.Le istruzioni precise relative al comportamento del personale e del pubblico in caso di sinistro debbono essere esposte bene in vista. 8.1.2.Una pianta dell'edificio per informare le squadre di soccorso deve indicare in particolare la posizione : -delle scale e delle vie di evacuazione, -dei mezzi di estinzione disponibili, -del dispositivi di arresto degli impianti di distribuzione del gas e dell'elettricità, -dell'eventuale dispositivo di arresto del sistema di ventilazione, -dell'eventuale quadro generale del sistema di rivelazione e di allarme, -degli eventuali impianti e locali che presentano un rischio speciale. 8.2.A ciascun piano Nel caso di alberghi su due o più piani, per ciascun piano una piantina d'orientamento semplificata deve essere collocata all'accesso. 8.3.In ciascuna camera 8.3.1.Istruzioni precise esposte bene in vista debbono indicare il comportamento da tenere in caso di incendio ; oltre che nelle lingue nazionali queste istruzioni debbono essere redatte in alcune lingue estere, tenendo conto della provenienza della clientela abituale dell'albergo. 8.3.2.Queste istruzioni debbono essere accompagnate da una piantina semplificata del piano che indichi schematicamente le posizione della camera rispetto alle vie di evacuazione, alle scale e/o alle uscite. 8.4.Le istruzioni debbono soprattutto attirare l'attenzione sul divieto di usare gli ascensori in caso d'incendio, fatti salvi quelli appositamente protetti e riservati esclusivamente all'evacuazione degli invalidi.
Protezione antincendio degli alberghi già esistenti CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE? Intende definire un livello minimo di sicurezza antincendio per tutti gli alberghi nei paesi dell’UE. Raccomanda ai paesi dell’UE di compiere una serie di interventi intesi a garantire che gli alberghi rispettino tali norme. PUNTI CHIAVE Protezione Si raccomanda ai paesi dell’UE di introdurre la protezione antincendio al fine di soddisfare quattro obiettivi: ridurre al minimo il rischio che possa divampare un incendio; impedire la propagazione del fuoco e dei fumi; consentire a tutti gli eventuali occupanti di uscire incolumi; consentire l’intervento dei servizi di soccorso. Principi Si esortano i paesi dell’UE a compiere interventi intesi a garantire che gli alberghi siano soggetti a normative basate su una serie di principi. Essi comprendono: la predisposizione di vie di evacuazione sicure, chiaramente indicate e libere da ogni ostruzione; la stabilità dell’immobile in caso d’incendio, almeno per il tempo necessario perché gli occupanti possano uscire incolumi; la limitazione della presenza o dell’uso di materiali altamente infiammabili nei rivestimenti delle pareti, del soffitto e del pavimento e nelle decorazioni interne; l’installazione e il corretto funzionamento dei mezzi per avvertire gli occupanti; l’assicurazione di addestramento e formazione adeguati del personale. Orientamenti tecnici L’allegato della raccomandazione contiene orientamenti tecnici: Questi riguardano nello specifico: la posizione e la segnaletica delle vie di evacuazione; la costruzione dell’immobile; i rivestimenti interni e le decorazioni; gli impianti elettrici e di riscaldamento e i sistemi di ventilazione; i mezzi di soccorso, di allarme e di chiamata di soccorso; le istruzioni di sicurezza. Controlli Gli alberghi devono essere sottoposti a controlli periodici. Relazione Nel 2001, come previsto nella raccomandazione, la Commissione europea ha pubblicato una relazione sulle misure introdotte dai paesi dell’UE per applicarla, in cui si osservava che il suo impatto nei diversi paesi dell’UE dipendeva dal livello di protezione già presente e dal modo in cui la raccomandazione stessa era stata recepita nel diritto nazionale. In taluni paesi, il diritto nazionale già comprendeva (o addirittura superava) gli orientamenti tecnici o le prescrizioni minime della raccomandazione; in altri paesi, invece, era stata attuata soltanto in parte, applicandola soltanto alla costruzione di nuovi alberghi o alla ristrutturazione delle strutture esistenti. Seguito Su una questione connessa, la Commissione ha preparato nel 2013 una relazione sulle normative già esistenti relative alla sicurezza di determinati servizi ai consumatori, a livello nazionale, nell’intera UE e in Islanda, Liechtenstein e Norvegia. Tra le altre cose, la relazione esaminava le rispettive normative nazionali sulla sicurezza dei servizi di ricettività turistica. Una pubblica consultazione sulla sicurezza dei servizi di ricettività turistica è stata condotta dalla Commissione nel 2014. Elaborati i riscontri, la Commissione ha concluso che non esisteva alcun collegamento tra le normative già esistenti in tutti i paesi dell’UE, l’assenza di una regolamentazione a livello dell’UE a causa della sussidiarietà e i rischi per i consumatori. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE? Si applica a partire dal 22 dicembre 1986. ATTO Raccomandazione del Consiglio 86/666/CEE del 22 dicembre 1986 per la protezione antincendio degli alberghi già esistenti (GU L 384 del 31.12.1986, pag. 60-68) ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione sull’applicazione della raccomandazione del Consiglio del 22 dicembre 1986 per la protezione antincendio degli alberghi già esistenti (86/666/CEE), COM(2001) 348 def. del 27.6.2001.
9,668
941
31999D0879
false
1999/879/CE: Decisione del Consiglio, del 17 dicembre 1999, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE Gazzetta ufficiale n. L 331 del 23/12/1999 pag. 0071 - 0072 DECISIONE DEL CONSIGLIOdel 17 dicembre 1999relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE(1999/879/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),considerando quanto segue:(1) ai sensi dell'articolo 1 della decisione 90/218/CEE del Consiglio, del 25 aprile 1990, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST)(3), gli Stati membri devono provvedere affinché, fino al 31 dicembre 1999, non sia autorizzata nei rispettivi territori l'immissione sul mercato della somatotropina bovina ai fini della commercializzazione e della somministrazione, sotto qualsiasi forma, alle vacche da latte;(2) in virtù dell'articolo 2, paragrafo 2, della suddetta decisione, il Consiglio ha incaricato la Commissione di affidare ad un gruppo di personalità scientifiche indipendenti il compito di valutare, in collaborazione con gli Stati membri, gli effetti dell'impiego della BST tenendo conto del parere del comitato per i medicinali veterinari, in particolare per quanto concerne l'incidenza dell'impiego di tale prodotto sui casi di mastite;(3) l'articolo 2, paragrafo 1, della suddetta decisione autorizza gli Stati membri a procedere a prove pratiche limitate di impiego della somatotropina bovina, sotto il controllo di un veterinario ufficiale, al fine di ottenere altri dati scientifici che possano essere presi in considerazione dal Consiglio al momento della decisione finale; la Commissione non ha ricevuto alcuna informazione in merito a tali prove e, in considerazione del divieto stabilito dalla decisione, non è necessario che se ne autorizzi il proseguimento;(4) il protocollo sulla protezione e il benessere degli animali annesso al trattato invita la Comunità e gli Stati membri a tenere pienamente conto, nella formulazione e nell'attuazione della politica agricola comunitaria, delle esigenze in materia di salute e benessere degli animali;(5) con decisione 78/923/CEE(4), la Comunità ha approvato la convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (in appresso denominata "la convenzione") ed ha depositato il relativo strumento di approvazione; tutti gli Stati membri hanno ratificato la suddetta convenzione;(6) ai sensi del punto 18 dell'allegato alla direttiva 98/58/CE del Consiglio, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti(5), nessun'altra sostanza, ad eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici, deve essere somministrata ad un animale, a meno che gli studi scientifici sul benessere degli animali o l'esperienza acquisita ne abbiano dimostrato l'innocuità per la sua salute e il suo benessere;(7) la BST non viene prodotta per scopi terapeutici ma solo per aumentare la produzione di latte;(8) il 10 marzo 1999, il comitato scientifico per la salute e il benessere degli animali (CSSBA) ha adottato la relazione sull'impatto dell'utilizzazione di somatotropina bovina sulla salute e il benessere degli animali, in cui si afferma che la BST aumenta il rischio di mastite clinica e la durata della relativa cura, che aumenta l'incidenza di disturbi alle zampe e ai piedi, che può avere effetti negativi sulla riproduzione e indurre gravi reazioni nel punto di iniezione;(9) per salvaguardare la salute e la produttività dei bovini da latte, è importante ridurre al minimo i fattori di stress che possono produrre un aumento di malattie quali mastiti, lesioni dei piedi e reazioni nel punto di iniezione; il CSSBA è del parere che l'uso della BST provochi un aumento di tali patologie, che risultano dolorose e debilitanti e possono incidere negativamente sul benessere degli animali e provocare un aumento della morbilità degli stessi; il CSSBA ritiene dunque che la BST non dovrebbe essere somministrata alle vacche da latte,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 1Dal momento in cui la presente decisione ha effetto, gli Stati membri provvedono affinché sia proibita nel territorio della Comunità, l'immissione sul mercato di somatotropina bovina ai fini della commercializzazione e della somministrazione, sotto qualsiasi forma, alle vacche da latte.Articolo 2Le aziende che acquistano o producono sostanze a base di somatotropina bovina e le aziende autorizzate a commercializzare a qualsiasi titolo tali sostanze devono tenere registri in cui vengano specificati, in ordine cronologico, i quantitativi prodotti o acquistati e quelli venduti o utilizzati a fini diversi dall'immissione sul mercato di cui all'articolo 1 nonché i nomi delle persone a cui tali quantitativi sono stati venduti o da cui sono stati acquistati. Le informazioni di cui sopra devono essere messe a disposizione dell'autorità competente su richiesta di quest'ultima; nel caso dei registri informatizzati deve esserne fornita una versione stampata.Articolo 3Il divieto di cui all'articolo 1 non incide sulla produzione e sulle importazioni di somatotropina bovina negli Stati membri ai fini dell'esportazione di questo prodotto verso i paesi terzi.Articolo 4La decisione 90/218/CEE è abrogata.Articolo 5La presente decisione ha effetto il 1o gennaio 2000.Articolo 6Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Fatto a Bruxelles, addì 17 dicembre 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteK. HEMILÄ(1) Parere espresso il 16 dicembre 1999 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) Parere espresso il 9 dicembre 1999 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 116 dell'8.5.1990, pag. 27. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 94/936/CE del Consiglio (GU L 366 del 31.12.1994, pag. 19).(4) GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12.(5) GU L 221 dell'8.8.1998, pag. 23.
Norme dell'Unione europea sulla commercializzazione e l'impiego della somatotropina bovina QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa intende disciplinare l'immissione sul mercato e l'impiego, all'interno dell'Unione europea (UE), della somatotropina bovina, un ormone della crescita bovina che aumenta la produzione di latte. PUNTI CHIAVE La decisione vieta l'immissione sul mercato dell'UE della somatotropina bovina ai fini di commercializzazione e impiego nel trattamento delle vacche da latte, sotto qualsiasi forma. Resta autorizzata la produzione o importazione della somatotropina bovina nei paesi dell'UE ai fini dell'esportazione in paesi extra UE. Inoltre, le imprese che producono o sono autorizzate a commercializzare somatotropina, devono tenere dei registri in cui vengano specificati, in ordine cronologico, i quantitativi prodotti o acquistati e quelli venduti o utilizzatia fini diversi dall'immissione sul mercato, nonché i nomi delle persone a cui tali quantitativi sono stati venduti o da cui sono stati acquistati. CONTESTO Ai sensi della direttiva 2001/82/CE, nessuna sostanza, con l'eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici, deve essere somministrata ad un animale se non è stato dimostrato da studi scientifici di benessere degli animali o da consolidata esperienza che il suo effetto non è nocivo per la salute o il benessere degli animali. La somatotropina è prodotta solo per aumentare la produzione di latte e il Comitato scientifico dell'UE sulla salute e il benessere degli animali [sostituito dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare, istituita ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002] ha dichiarato, nel marzo 1999, che l'ormone ha aumentato il rischio di infezioni e potrebbe influire negativamente sulla riproduzione e indurre gravi reazioni nei bovini. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 1999/879/CE del Consiglio, del 17 dicembre 1999, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE (GU L 331 del 23.12.1999, pag. 71-72)
2,669
1,006
22004A1223(01)
false
Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese Gazzetta ufficiale n. L 375 del 23/12/2004 pag. 0020 - 0026 Accordodi cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cineseLA COMUNITÀ EUROPEAeIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESEin seguito denominati le "parti contraenti",VISTA l'importanza delle relazioni commerciali tra la Repubblica popolare cinese e la Comunità europea, e desiderosi di contribuire, a vantaggio di entrambe le parti contraenti, allo sviluppo armonioso di dette relazioni;CONVINTI che, per conseguire tale obiettivo, occorre impegnarsi a sviluppare la cooperazione doganale;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni contrarie alla normativa doganale, comprese le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, ledono gli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraenti, e riconoscendo l'importanza di determinare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri, in particolare mediante una corretta applicazione delle norme in materia di valore in dogana, origine e classificazione tariffaria;PERSUASI che la cooperazione tra le loro autorità amministrative competenti può rendere più efficaci gli interventi contro tali operazioni;HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:a) "normativa doganale", qualsiasi disposizione legislativa, regolamentare o altro strumento giuridicamente vincolante adottato dalla Comunità europea o dalla Repubblica popolare cinese che disciplini l'importazione, l'esportazione e il transito delle merci e il loro vincolo a qualsiasi altro regime o procedura doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo;b) "autorità doganale", nella Repubblica popolare cinese, l'amministrazione generale delle dogane della Repubblica popolare cinese e, nella Comunità europea, i servizi della Commissione delle Comunità europee competenti per le questioni doganali e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea;c) "autorità richiedente", l'autorità doganale competente all'uopo, designata da una parte contraente, che presenta una domanda di assistenza amministrativa in base al presente accordo;d) "autorità interpellata", l'autorità doganale competente all'uopo, designata da una parte contraente, che riceve una domanda di assistenza amministrativa in base al presente accordo;e) "dati personali", tutte le informazioni relative a una persona fisica identificata o identificabile;f) "operazione contraria alla normativa doganale", qualsiasi violazione o tentativo di violazione della normativa doganale;g) "persona", persona fisica o giuridica;h) "informazioni", dati anche non elaborati o analizzati, e documenti, relazioni e altre comunicazioni in qualsiasi formato, incluso quello elettronico, o loro copie certificate o autenticate.Articolo 2Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, al territorio doganale della Repubblica popolare cinese e, dall'altro, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni stabilite in detto trattato.Articolo 3Sviluppi futuriLe parti contraenti possono, di comune intesa, ampliare il presente accordo per potenziare e integrare la cooperazione doganale, in conformità delle rispettive normative doganali, mediante accordi su settori o temi specifici.TITOLO IIAMBITO DI APPLICAZIONE DELL'ACCORDOArticolo 4Attuazione della cooperazione e dell'assistenzaLa cooperazione e l'assistenza contemplate dal presente accordo sono attuate dalle parti contraenti in conformità delle rispettive disposizioni legislative, regolamentari e altri strumenti giuridici, nonché entro i limiti della competenza e delle risorse disponibili di ciascuna.Articolo 5Obblighi imposti da altri accordi1. Tenendo conto delle competenze rispettive della Comunità europea e degli Stati membri, le disposizioni del presente accordo:a) non pregiudicano gli obblighi delle parti contraenti derivanti da altri accordi o convenzioni internazionali;b) vanno considerate complementari rispetto agli accordi di cooperazione doganale e di assistenza amministrativa reciproca già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri e la Repubblica popolare cinese;c) non pregiudicano le disposizioni comunitarie relative alla comunicazione tra i servizi competenti della Commissione e le autorità doganali degli Stati membri di qualsiasi informazione ottenuta nel quadro del presente accordo che possa essere di interesse per la Comunità.2. Fatto salvo il paragrafo 1, le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle degli accordi bilaterali di cooperazione doganale e di assistenza amministrativa reciproca già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri e la Repubblica popolare cinese, qualora le disposizioni di tali accordi risultassero incompatibili con quelle del presente accordo.3. Per quanto riguarda le questioni relative all'applicabilità del presente accordo, le parti contraenti si consultano per trovare una soluzione nell'ambito del comitato misto di cooperazione doganale istituito a norma dell'articolo 21 del presente accordo.TITOLO IIICOOPERAZIONE DOGANALEArticolo 6Ambito della cooperazione1. Le parti contraenti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale. In particolare, esse cercano di cooperare al fine di:a) stabilire e mantenere canali di comunicazione tra le rispettive autorità doganali per agevolare e garantire un rapido scambio di informazioni;b) agevolare un coordinamento efficace tra le rispettive autorità doganali;c) occuparsi di qualsiasi altra questione amministrativa connessa al presente accordo che possa occasionalmente richiedere la loro azione comune.2. Le parti contraenti si impegnano a sviluppare attività intese ad agevolare gli scambi nel settore doganale, tenendo conto delle attività svolte a tale riguardo dalle organizzazioni internazionali.3. Ai sensi del presente accordo, la cooperazione doganale riguarda tutte le questioni relative all'applicazione della normativa doganale.Articolo 7Cooperazione in materia di procedure doganaliLe parti contraenti dichiarano il proprio impegno ad agevolare la legittima circolazione delle merci e si scambiano informazioni e consulenze su misure volte a migliorare le tecniche e le procedure doganali, nonché su sistemi informatizzati, con l’intento di attuare tale impegno in conformità delle disposizioni del presente accordo.Articolo 8Cooperazione tecnicaLe autorità doganali delle parti contraenti possono, ove reciprocamente vantaggioso, prestarsi assistenza tecnica in campo doganale, in particolare per quanto riguarda:a) scambi di personale ed esperti, intesi a promuovere la reciproca comprensione delle rispettive normative, procedure e tecniche doganali;b) attività di formazione, intese in particolare a sviluppare le competenze dei loro funzionari delle dogane;c) scambi di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla normativa e alle procedure doganali;d) tecniche e metodi più efficaci di trattamento dei passeggeri e del carico;e) ogni altra questione amministrativa generale che possa occasionalmente richiedere azioni congiunte delle loro amministrazioni doganali.Articolo 9Coordinamento nell'ambito delle organizzazioni internazionaliLe autorità doganali si adoperano per sviluppare e potenziare la loro cooperazione in questioni d'interesse comune al fine di raggiungere una posizione coordinata quando tali questioni sono discusse nel quadro delle organizzazioni internazionali.TITOLO IVASSISTENZA AMMINISTRATIVA RECIPROCAArticolo 10Campo di applicazione1. Le autorità doganali si prestano assistenza fornendosi le informazioni che possono contribuire a garantire la corretta applicazione della normativa doganale e a prevenire, individuare e combattere le violazioni di tale normativa.2. Le disposizioni del presente accordo relative all’assistenza in materia doganale si applicano a ogni autorità amministrativa delle parti contraenti competente per l'applicazione del presente accordo. Esse non pregiudicano le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale e non si applicano alle informazioni ottenute in virtù delle facoltà esercitate a richiesta di un'autorità giudiziaria.3. L'assistenza in materia di riscossione di diritti, tasse o ammende, l'arresto o la detenzione di persone e il sequestro o la confisca di beni non rientrano nel campo di applicazione del presente accordo.Articolo 11Assistenza su richiesta1. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata le fornisce tutte le informazioni pertinenti atte a consentirle di garantire la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare informazioni riguardanti attività accertate o programmate che sono o potrebbero essere operazioni contrarie alla normativa doganale. In particolare, su richiesta, le autorità doganali si scambiano informazioni relative ad attività che potrebbero avere come risultato infrazioni nel territorio dell'altra parte, ad esempio dichiarazioni in dogana e certificati di origine inesatti, oppure fatture o altri documenti che risultano o si sospettano essere inesatti o falsificati.2. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata le comunica:a) se i documenti ufficiali forniti a sostegno di una dichiarazione delle merci effettuata presso l'autorità doganale della parte richiedente sono autentici;b) se le merci esportate dal territorio di una delle parti contraenti sono state importate legalmente nel territorio dell'altra parte contraente, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle stesse;c) se le merci importate nel territorio di una delle parti contraenti sono state esportate legalmente dal territorio dell'altra parte, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle stesse.3. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta, nel quadro delle sue disposizioni legislative, regolamentari o di altri strumenti giuridicamente vincolanti, le misure necessarie per assicurare una speciale sorveglianza:a) sulle persone riguardo alle quali si può ragionevolmente ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla legislazione doganale;b) sui luoghi in cui partite di merci sono state o potrebbero essere depositate o messe insieme in modo tale da far ragionevolmente ritenere che tali merci siano destinate a essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;c) sulle merci che sono o potrebbero essere trasportate in modo tale da far ragionevolmente ritenere che siano destinate a essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;d) sui mezzi di trasporto che sono o potrebbero essere utilizzati in modo tale da far ragionevolmente ritenere che siano destinati a essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 12Assistenza spontaneaLe parti contraenti si assistono reciprocamente, di propria iniziativa e conformemente alle loro disposizioni legislative, regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare in situazioni che possano comportare un danno considerevole per l'economia, la salute pubblica, la sicurezza pubblica o altri interessi vitali dell'altra parte contraente, fornendo informazioni riguardanti:a) attività che sono o che sembrano essere contrarie alla normativa doganale e che possono essere di interesse per l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare operazioni contrarie alla normativa doganale;c) merci che risultano essere oggetto di operazioni contrarie alla normativa doganale;d) persone riguardo alle quali si può ragionevolmente ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla legislazione doganale;e) mezzi di trasporto riguardo ai quali si può ragionevolmente ritenere che siano stati, siano, ovvero possano essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 13Forma e contenuto delle domande di assistenza1. Le domande formulate ai sensi del presente accordo sono presentate per iscritto e sono corredate dei documenti necessari per permettere di darvi seguito. Qualora l'urgenza della situazione lo esiga, possono essere accettate anche domande orali, le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate conformemente al paragrafo 1 devono contenere le seguenti informazioni:a) benestare formale dell'autorità richiedente;b) azione richiesta;c) oggetto e ragione della domanda;d) disposizioni legislative, regolamentari o altri strumenti giuridicamente vincolanti in causa;e) indicazioni il più possibile precise ed esaurienti sulle persone oggetto di indagine;f) sintesi dei fatti pertinenti e delle indagini già svolte.3. Le domande sono presentate in una lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti acclusi alla domanda di cui al paragrafo 1.4. Se una domanda non soddisfa i requisiti formali di cui sopra, si può chiedere che essa venga corretta o completata; nel frattempo, possono essere disposte misure precauzionali.Articolo 14Espletamento delle domande1. Per espletare le domande di assistenza, l'autorità interpellata procede, nell'ambito delle sue competenze e compatibilmente con le risorse disponibili, come se agisse per proprio conto o su richiesta di altre autorità della stessa parte contraente, fornendo informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini o facendo procedere alle indagini opportune.2. Le domande di assistenza sono espletate conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari o altri strumenti giuridicamente vincolanti dell'autorità interpellata.3. Funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, con il consenso dell'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, essere presenti alle indagini su casi specifici condotte nella giurisdizione di quest'ultima.4. Qualora la domanda non possa essere espletata, tale fatto viene tempestivamente notificato all'autorità richiedente, unitamente alle motivazioni e a qualsiasi altra informazione che l'autorità interpellata ritiene possa essere utile all'autorità richiedente.Articolo 15Forma in cui devono essere comunicate le informazioni1. L'autorità interpellata trasmette per iscritto i risultati delle indagini all'autorità richiedente unitamente a documenti, copie autenticate o altro materiale pertinente.2. Tali informazioni possono essere fornite per via elettronica e, se necessario, sono immediatamente confermate per iscritto.Articolo 16Deroghe all'obbligo di prestare assistenza1. L'assistenza può essere rifiutata o essere subordinata all'assolvimento di talune condizioni o esigenze, qualora una parte contraente ritenga che prestare assistenza nel quadro del presente accordo:a) potrebbe pregiudicare la sovranità della Repubblica popolare cinese o di uno Stato membro della Comunità europea al quale è stata chiesta assistenza ai sensi del presente accordo; ob) potrebbe pregiudicare l'ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali, in particolare nei casi di cui all'articolo 17, paragrafo 2; oc) violerebbe un segreto industriale, commerciale o professionale.2. L'assistenza può essere rinviata dall'autorità interpellata qualora interferisca in un'indagine, in un'azione giudiziaria o in un procedimento in corso. In tal caso, l'autorità interpellata consulta l'autorità richiedente per stabilire se l'assistenza possa essere fornita secondo le modalità o alle condizioni che l'autorità interpellata potrebbe esigere.3. Se l'autorità richiedente domanda un'assistenza che essa non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesta, lo fa presente nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità interpellata decidere quale seguito dare a tale domanda.4. Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 2, la decisione dell'autorità interpellata e le relative motivazioni devono essere comunicate senza indugio all'autorità richiedente.Articolo 17Scambio di informazioni e riservatezza1. Tutte le informazioni comunicate, in qualsiasi forma, ai sensi del presente accordo, sono di carattere riservato o soggette a determinate restrizioni, a seconda delle norme applicabili da ciascuna parte contraente. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e beneficiano della tutela accordata a informazioni similari dalle pertinenti leggi della parte contraente che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le autorità comunitarie.2. I dati personali possono essere trasmessi solo se la parte contraente che li riceve si impegna a tutelarli in maniera per lo meno equivalente a quella applicabile al caso specifico nella parte contraente che li fornisce. La parte contraente che fornisce le informazioni non stipula condizioni più onerose di quelle ad esse applicabili nella sua giurisdizione. Le parti contraenti si comunicano informazioni relative alle norme in esse applicabili, comprese eventualmente le disposizioni legislative vigenti negli Stati membri della Comunità.3. Il presente accordo non osta a che informazioni o documenti ottenuti in conformità dell'accordo stesso siano utilizzati come elementi di prova in procedimenti amministrativi successivamente avviati in relazione a operazioni contrarie alla normativa doganale. Pertanto, le parti contraenti, nei documenti probatori, nelle relazioni e testimonianze, nonché nei procedimenti amministrativi, possono utilizzare come elementi di prova le informazioni ottenute e i documenti consultati in conformità delle disposizioni del presente accordo. L'autorità competente che ha fornito dette informazioni o dato accesso ai documenti viene informata di tale uso.4. Le informazioni ottenute sono utilizzate solo ai fini del presente accordo. Una parte contraente che voglia utilizzare tali informazioni per altri fini deve ottenere l'accordo scritto preliminare dell'autorità che le ha fornite. Tale utilizzazione è quindi soggetta a tutte le restrizioni imposte da detta autorità.5. Le disposizioni pratiche per l'attuazione del presente articolo vengono stabilite dal comitato misto di cooperazione doganale di cui all'articolo 21.Articolo 18Periti e testimoniUn funzionario dell'autorità interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in veste di perito o di testimone in procedimenti amministrativi riguardanti le materie di cui al presente accordo nel territorio dell'altra parte contraente e a produrre oggetti, documenti, ovvero loro copie autenticate, che possano occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere precisato davanti a quale autorità amministrativa, su quale argomento e a quale titolo il funzionario sarà interrogato.Articolo 19Spese di assistenza1. Le parti contraenti rinunciano reciprocamente a tutte le richieste di rimborso delle spese sostenute in virtù del presente accordo, escluse, se del caso, le spese per periti e testimoni, nonché per gli interpreti e traduttori che non dipendano da pubblici servizi.2. Se l'espletamento di una domanda comporta o comporterà spese consistenti o straordinarie, le parti contraenti si consultano per stabilire secondo quali modalità e condizioni la domanda sarà espletata e in che modo i costi saranno sostenuti.TITOLO VDISPOSIZIONI FINALIArticolo 20Attuazione1. L'attuazione del presente accordo è affidata, da un lato, alle autorità doganali della Commissione delle Comunità europee e, se del caso, degli Stati membri della Comunità europea e, dall'altro, all'autorità doganale della Repubblica popolare cinese. Esse decidono in merito a tutte le misure e disposizioni pratiche necessarie per l'applicazione, tenendo conto delle norme vigenti, segnatamente in materia di protezione dei dati. Esse possono raccomandare agli organi competenti le modifiche che a loro parere andrebbero apportate al presente accordo.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle disposizioni di attuazione dettagliate adottate conformemente alle disposizioni del presente accordo.Articolo 21Comitato misto di cooperazione doganale1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti delle autorità doganali della Repubblica popolare cinese e della Comunità europea. Il comitato si riunisce nel luogo, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale provvede tra l'altro a:a) assicurare il corretto funzionamento dell'accordo;b) esaminare tutte le questioni relative alla sua applicazione;c) prendere le misure necessarie alla cooperazione doganale conformemente agli obiettivi del presente accordo;d) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le misure future e le relative risorse;e) raccomandare soluzioni intese a favorire il conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.4. Il comitato misto di cooperazione doganale, se del caso, informa la commissione mista istituita ai sensi dell'articolo 15 dell'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese in merito alle attività in corso nel quadro dell'accordo.Articolo 22Entrata in vigore e durata1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Ciascuna parte contraente può denunciare il presente accordo mediante notifica scritta all'altra parte. In tal caso, l'accordo cessa di essere in vigore tre mesi dopo la data della notifica. Le domande di assistenza ricevute prima della denuncia dell'accordo vengono espletate conformemente alle disposizioni del medesimo.Articolo 23Testi facenti fedeIl presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua ceca, danese, estone, finnica, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, olandese, polacca, portoghese, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e cinese, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i sottoscritti, debitamente abilitati a questo fine, hanno firmato il presente accordo.Fatto a L'Aia, l' 8 dicembre 2004.Por la Comunidad EuropeaZa Evropské společenstvíFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftEuroopa Ühenduse nimelΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaEiropas Kopienas vārdāEuropos bendrijos varduaz Európai Közösség részérőlVoor de Europese GemeenschapW imieniu Wspólnoty EuropejskiejPela Comunidade EuropeiaZa Európske spoločenstvoza Evropsko skupnostEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnarPor el Gobierno de la República Popular ChinaZa vládu Činské lidové republikyFor Folkerepublikken Kinas regeringIm Namen der Regierung der Volksrepublik ChinaHiina Rahvavabariigi valitsuse nimelΓια την κυβέρνηση της Λαϊκής Δημοκρατίας της ΚίναςFor the Government of the People's Republic of ChinaPour le gouvernement de la République populaire de ChinePer il Governo della Repubblica popolare cineseKīnas Tautas Republikas vārdāKinijos Liaudies Respublikos Vyriausybės varduA Kínai Népköztársaság kormánya részérőlVoor de Regering van de Volksrepubliek ChinaW imieniu rządu Chińskiej Republiki LudowejPelo Governo da República Popular da ChinaZa vládu Činskey ľudovej republikyZa Vlado Ljudske republike KitajskeKiinan kansantasavallan hallituksen puolestaPå Folkrepubliken Kinas regerings vägnar--------------------------------------------------
Accordo con la Repubblica popolare cinese sulla cooperazione e assistenza reciproca in materia doganale QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo mira a migliorare la cooperazione tra le autorità amministrative responsabili dell’applicazione della normativa doganale*. La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Le azioni per contrastare le operazioni contrarie alla legislazione doganale sono più efficaci se sono sostenute dall’assistenza reciproca tra paesi in materia doganale. Le operazioni interessate sono quelle pregiudizievoli per gli interessi economici, fiscali e commerciali delle parti: è essenziale per qualsiasi stato assicurare un’accurata valutazione dei dazi doganali e di altre imposte. Sviluppo della cooperazione doganale Le parti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale, in particolare:istituendo la creazione di canali di comunicazione; favorendo la collaborazione efficace tra le autorità amministrative; avviando azioni congiunte sulle questioni amministrative; favorendo la legittima circolazione delle merci; scambiando informazioni e competenze relative alle procedure doganali; offrendo assistenza tecnica reciproca, ad es. scambi di personale, formazione e scambio di dati; ricercando una posizione coordinata quando le questioni doganali vengono discusse nelle organizzazioni internazionali. Assistenza amministrativa reciproca Le autorità doganali si prestano assistenza fornendosi informazioni che possono garantire la corretta applicazione della normativa doganale: esse non pregiudicano le norme che disciplinano l’assistenza reciproca in materia penale. Non si applicano alle informazioni ottenute su richiesta di un’autorità giudiziaria. Le seguenti forme di assistenza non rientrano nel campo di applicazione del presente accordo:la riscossione di diritti, tasse o ammende; l’arresto o la detenzione di persone; il sequestro o la confisca di beni. L’accordo riguarda sia l’assistenza su richiesta che l’assistenza spontanea. Assistenza su richiesta: l’autorità interpellata fornisce all’autorità richiedente tutte le informazioni atte a consentirle di garantire la corretta applicazione della normativa doganale. Tali informazioni possono riguardare:attività che potrebbero avere come risultato infrazioni nel territorio dell’altra parte, ad esempio dichiarazioni inesatte e documenti falsificati. l’autenticità di documenti ufficiali forniti a sostegno di una dichiarazione doganale delle merci; la legalità delle esportazioni e importazioni di merci dal territorio di una delle parti contraenti nel territorio dell’altra parte contraente, e del regime doganale applicato; L’autorità interpellata adotta, nel quadro delle sue disposizioni legislative e su richiesta dell’autorità richiedente, le misure necessarie per assicurare una speciale sorveglianza. Tale sorveglianza si riferisce alle persone riguardo alle quali si può ragionevolmente ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla legislazione doganale di una delle parti contraenti. Essa interessa inoltre i luoghi, le merci e i beni trasportati e i mezzi di trasporto che potrebbero essere stati utilizzati in condizioni fraudolente; Assistenza spontanea: qualora non sia possibile presentare una richiesta formale a causa dell’urgenza in situazioni che potrebbero comportare un danno considerevole per l’economia, la salute pubblica, la sicurezza pubblica o altri interessi vitali, le parti contraenti si assistono reciprocamente, di propria iniziativa. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza Le richieste devono essere conformi con taluni requisiti di forma e sostanza relativamente a:benestare formale dell’autorità richiedente; azione richiesta; oggetto e ragione della domanda. L’autorità interpellata procede come se agisse per proprio conto. Essa gestisce le richieste in conformità con gli strumenti giuridicamente vincolanti applicabili nella sua propria giurisdizione. La risposta deve essere trasmessa per iscritto. Sono previste deroghe all’obbligo di prestare assistenza. L’assistenza può essere rifiutata o essere subordinata a talune condizioni qualora si ritenga che possa pregiudicare: la sovranità della Repubblica popolare cinese o di uno Stato membro della Comunità europea al quale è stata chiesta assistenza; l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali. L’accordo contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 1o aprile 2005. Si applica al territorio doganale della Repubblica popolare cinese e ai territori dei 28 paesi dell’UE. CONTESTO La Commissione europea e l’amministrazione generale delle dogane della Repubblica popolare cinese hanno firmato il quadro strategico per la cooperazione doganale 2018-2020 nel giugno 2017. Esso ribadisce gli obiettivi principali della cooperazione e dell’assistenza reciproca tra l’UE e la Repubblica popolare cinese e si basa sull’accordo sulla cooperazione e l’assistenza amministrativa reciproca in materia doganale. Le priorità individuate comprendono l’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale, la sicurezza della catena di approvvigionamento, la lotta contro la frode (finanziaria e ambientale) e le statistiche. Il nuovo quadro strategico introduce anche la cooperazione in materia di commercio elettronico. TERMINI CHIAVE Normativa doganale: la normativa doganale comprende qualsiasi disposizione adottata dall’UE o dalla Repubblica popolare cinese che disciplini l’importazione, l’esportazione, il transito delle merci e il vincolo a qualsiasi altro regime doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2004/889/CE del Consiglio, del 16 novembre 2004, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 375 del 23.12.2004, pag. 19). Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 375 del 23.12.2004, pag. 20). DOCUMENTI CORRELATI Potenziamento della sicurezza e della facilitazione commerciale UE-Cina: Quadro strategico per la cooperazione doganale 2018-2020 tra l’Unione europea e il governo della Repubblica popolare cinese, del 22 maggio 2017 (documento del Consiglio dell’Unione europea). Decisione 2014/772/UE del Comitato misto di cooperazione doganale istituito a norma dell’accordo di cooperazione e assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la comunità europea e la Repubblica popolare cinese del 16 maggio 2014 per quanto riguarda il riconoscimento reciproco dei programmi di operatore economico autorizzato, nell’Unione europea, e le misure del programma di gestione classificata delle imprese, nella Repubblica popolare cinese (GU L 315 dell’1.11.2014, pag. 46). Informazione relativa all’entrata in vigore dell’accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 110 del 30.4.2005, pag. 80).
9,005
865
31990L0269
false
Direttiva 90/269/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) Gazzetta ufficiale n. L 156 del 21/06/1990 pag. 0009 - 0013 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 4 pag. 0198 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 4 pag. 0198 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 29 maggio 1990 relativa alla prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (90/269/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione (1), presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che, a norma dell'articolo precitato, le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuri- dici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che la comunicazione della Commissione relativa al suo programma in materia di sicurezza, di igiene e di salute sul luogo di lavoro (4) prevede l'adozione di direttive volte a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che il Consiglio, nella risoluzione del 21 dicembre 1987, relativa alla sicurezza, all'igiene e alla tutela della salute sul luogo di lavoro (5), ha preso atto dell'intenzione della Commissione di presentargli a breve termine una direttiva sulla protezione contro i rischi derivanti dal trasporto manuale di carichi pesanti; considerando che il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un miglior livello di sicurezza e di salute sui luoghi di lavoro costituisce un imperativo per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva GU n. C 96 del 17. 4. 1990, pag. 82. 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6); che di conseguenza le disposizioni di quest'ultima direttiva si applicano pienamente al settore della movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno; considerando che, a norma della decisione 74/325/CEE (7), la Commissione consulta il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, ai fini dell'elaborazione di proposte in questo settore, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva, che è la quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative alla movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. 2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano interamente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva. Articolo 2 Definizione Ai sensi della presente direttiva, per movimentazione manuale di carichi si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli comportano tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. SEZIONE II OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO Articolo 3 Disposizione generale 1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. 2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato I. Articolo 4 Organizzazione dei posti di lavoro Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non possa essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana e: a) valuta, se possibile in anticipo, le condizioni di sicurezza e di salute presentate dal lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in base all'allegato I; b) si preoccupa di evitare o ridurre tra l'altro i rischi dorso-lombari del lavoratore adottando le misure adeguate e tenendo conto in particolare delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato I. Articolo 5 Presa in considerazione dell'allegato II Ai fini dell'attuazione dell'articolo 6, paragrafo 3, lettera b) e degli articoli 14 e 15 della direttiva 89/391/CEE, occorre tener conto dell'allegato II. Articolo 6 Informazione e formazione dei lavoratori 1. Fatto salvo l'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori e/o i loro rappresentanti vengono informati di tutte le misure da attuare in applicazione della presente direttiva per la protezione della sicurezza e della salute. I datori di lavoro provvedono affinché i lavoratori e/o i loro rappresentanti ricevano indicazioni generali e, ogniqualvolta sia possibile, informazioni precise: - sul peso di un carico; - sul centro di gravità o sul lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica. 2. Fatto salvo l'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, i datori di lavoro provvedono affinché i lavoratori abbiano, inoltre, una formazione adeguata e informazioni precise relative alla movimentazione corretta dei carichi e ai rischi che corrono in particolare se queste attività non vengono eseguite in maniera tecnicamente corretta, tenuto conto degli allegati I e II. Articolo 7 Consultazione e partecipazione dei lavoratori La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti si svolge conformemente all'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE su tutte le questioni che rientrano nell'ambito della presente direttiva, compresi i suoi allegati. SEZIONE III DISPOSIZIONI VARIE Articolo 8 Adattamento degli allegati Gli adattamenti di carattere prettamente tecnico degli allegati I e II in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore della movimentazione manuale dei carichi sono adottati secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 9 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Ogni quattro anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 29 maggio 1990. Per il Consiglio Il Presidente B. AHERN (1) GU n. C 117 del 4. 5. 1988, pag. 8. (2) GU n. C 326 del 19. 12. 1988, pag. 137, e(3) GU n. C 318 del 12. 12. 1988, pag. 37. (4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 3. (5) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 1.(6) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. (7) GU n. L 185 del 9. 7. 1974, pag. 15. ALLEGATO I (*) ELEMENTI DI RIFERIMENTO (Articolo 3, paragrafo 2, articolo 4, lettere a) e b) e articolo 6, paragrafo 2) 1. Caratteristiche del carico La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l'altro dorso-lombare nei casi seguenti: - il carico è troppo pesante o troppo grande; - è ingombrante o difficile da afferrare; - è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; - è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco; - può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto. 2. Sforzo fisico richiesto Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi: - è eccessivo; - può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; - può comportare un movimento brusco del carico; - è compiuto con il corpo in posizione instabile. 3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi: - lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta; - il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate dal lavoratore; - il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione; - il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi; - il pavimento o il punto d'appoggio sono instabili; - la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate. 4. Esigenze connesse all'attività L'attività può comportare un rischio tra l'altro dorso-lombare se comporta una o più delle seguenti esigenze: - sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati; - periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente; - distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto; - un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore. (*) Nella prospettiva di un'analisi plurifattoriale possono essere presi contemporaneamente in considerazione vari elementi che figurano negli allegati I e II. ALLEGATO II (*) FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO (Articolo 5 e articolo 6, paragrafo 2) Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi: - inidoneità fisica a svolgere il compito in questione; - indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore; - insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione. (*) Nella prospettiva di un'analisi plurifattoriale possono essere presi contemporaneamente in considerazione vari elementi che figurano negli allegati I e II.
Sicurezza sul lavoro: movimentazione manuale dei carichi L’obiettivo della direttiva è garantire che i lavoratori all’interno dell’Unione europea (UE) siano tutelati dai rischi legati alla movimentazione manuale dei carichi*. ATTO Direttiva 90/269/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l’altro rischi dorso-lombari per i lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) SINTESI L’obiettivo della direttiva è garantire che i lavoratori all’interno dell’Unione europea (UE) siano tutelati dai rischi legati alla movimentazione manuale dei carichi*. CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Stabilisce requisiti di salute e di sicurezza concernenti la movimentazione manuale di carichi, che comporta tra l’altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. PUNTI CHIAVE I datori di lavoro dovrebbero fare tutto il possibile per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale, il datore di lavoro modifica il modo in cui il lavoro è organizzato o fornisce ai lavoratori i mezzi adeguati per ridurre il rischio, attraverso i seguenti interventi: organizza i posti di lavoro in modo che la movimentazione sia quanto più possibile sicura; valuta, se possibile in anticipo, le condizioni di sicurezza e di salute presentate dal lavoro in questione, in particolare le caratteristiche del carico; si preoccupa di evitare o ridurre i rischi dorso-lombari adottando le misure adeguate e tenendo conto dell’ambiente di lavoro e dell’attività; fornisce ai lavoratori informazioni sul peso e sulla distribuzione del peso di un carico; assicura un’adeguata formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori riguardante la movimentazione di carichi e i rischi potenziali. Si rischia un infortunio alla schiena se il carico: è troppo pesante o troppo grande; è ingombrante o difficile da afferrare; è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco, oppure con una torsione o inclinazione del tronco; può intrinsecamente comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto. Lo sforzo fisico può presentare un rischio di lesioni se: è eccessivo; può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; può comportare un movimento brusco del carico; è compiuto con il corpo in posizione instabile. L’ambiente di lavoro può aumentare le possibilità di rischio se: non c’è abbastanza spazio per svolgere l’attività; il pavimento è ineguale, oppure instabile, irregolare o scivoloso; le condizioni del posto di lavoro impediscono la movimentazione di carichi a un’altezza di sicurezza o in buona posizione; la temperatura, l’umidità o la ventilazione sono inadeguate. L’attività può comportare un rischio se prevede: sforzi eccessivi che sollecitano in particolare la colonna vertebrale; periodi di riposo o di recupero insufficienti; distanze di sollevamento, di abbassamento o di trasporto eccessive; un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore. Il lavoratore può correre un rischio se: non è fisicamente idoneo a svolgere il compito; indossa indumenti inadeguati; possiede una conoscenza o una formazione inadeguata. TERMINE CHIAVE * Movimentazione manuale di carichi: ai fini della presente direttiva, si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che comportano tra l’altro rischi dorso-lombari. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 12 giugno 1990. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 90/269/CEE 12.6.1990 31.12.1992 GU L 156 del 21.6.1990, pag. 9-13 Atto modificatore Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2007/30/CE 28.6.2007 31.12.2012 GU L 165 del 27.6.2007, pag. 21-24
5,361
953
32016L1919
false
DIRETTIVA (UE) 2016/1919 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 ottobre 2016 sull'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell'ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) La presente direttiva intende garantire l'effettività del diritto di avvalersi di un difensore, previsto dalla direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), rendendo disponibile l'assistenza di un difensore retribuito dagli Stati membri agli indagati e agli imputati in procedimenti penali e alle persone oggetto di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo ai sensi della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio (4) («persone ricercate»). (2) Stabilendo norme minime comuni riguardanti il diritto al patrocinio a spese dello Stato per indagati, imputati e persone ricercate, la presente direttiva mira a rafforzare la fiducia degli Stati membri in ognuno dei sistemi di giustizia penale degli altri Stati membri e quindi a facilitare il riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale. (3) L'articolo 47, terzo paragrafo, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta»), l'articolo 6, paragrafo 3, lettera c), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («CEDU») e l'articolo 14, paragrafo 3, lettera d), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici («ICCPR») sanciscono il diritto al patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti penali alle condizioni stabilite nelle suddette disposizioni. La Carta ha lo stesso valore giuridico dei trattati e gli Stati membri sono firmatari della CEDU e dell'ICCPR. Tuttavia, l'esperienza ha dimostrato che ciò non sempre assicura, di per sé, che vi sia un grado sufficiente di fiducia nei sistemi di giustizia penale degli altri Stati membri. (4) Il 30 novembre 2009 il Consiglio ha adottato una risoluzione relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali (5) («tabella di marcia»). Seguendo un approccio graduale, la tabella di marcia invoca l'adozione di misure riguardanti il diritto alla traduzione e all'interpretazione (misura A), il diritto alle informazioni relative ai diritti e all'accusa (misura B), il diritto alla consulenza legale e all'assistenza legale (misura C), il diritto alla comunicazione con familiari, datori di lavoro e autorità consolari (misura D) e garanzie speciali per indagati e imputati vulnerabili (misura E). (5) L'11 dicembre 2009 il Consiglio europeo ha accolto con favore la tabella di marcia e l'ha integrata nel programma di Stoccolma — Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (6) (punto 2.4). Il Consiglio europeo ha sottolineato il carattere non esaustivo della tabella di marcia, invitando la Commissione a esaminare ulteriori elementi dei diritti procedurali minimi di indagati e imputati nonché a valutare se sia necessario affrontare altre questioni, ad esempio la presunzione di innocenza, per promuovere una migliore cooperazione in tale settore. (6) Finora sono state adottate cinque misure in materia di diritti procedurali nei procedimenti penali a norma della tabella di marcia: le direttive 2010/64/UE (7), 2012/13/UE (8), 2013/48/UE, (UE) 2016/343 (9) e (UE) 2016/800 (10) del Parlamento europeo e del Consiglio. (7) La presente direttiva riguarda la seconda parte della misura C della tabella di marcia, relativa all'assistenza legale gratuita. (8) Il patrocinio a spese dello Stato dovrebbe coprire i costi della difesa per l'indagato, l'imputato e la persona ricercata. Nel concedere il patrocinio a spese dello Stato, le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero poter richiedere all'indagato, all'imputato o alla persona ricercata di sostenere parte di tali costi, in base alle risorse finanziarie di cui dispongono. (9) Fatto salvo l'articolo 6 della direttiva (UE) 2016/800, la presente direttiva non dovrebbe applicarsi laddove gli indagati, gli imputati o le persone ricercate abbiano rinunciato al diritto di avvalersi di un difensore in conformità, rispettivamente, dell'articolo 9 o dell'articolo 10, paragrafo 3, della direttiva 2013/48/UE, e non abbiano revocato tale rinuncia, o laddove gli Stati membri abbiano applicato le deroghe temporanee ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 5 o 6, della direttiva 2013/48/UE, per la durata di tale deroga. (10) Una persona inizialmente non indagata o imputata, quale un testimone, che assuma la qualità di indagato o imputato, dovrebbe avere il diritto di non autoincriminarsi e la facoltà di non rispondere, conformemente al diritto dell'Unione e alla CEDU, secondo l'interpretazione della Corte di giustizia dell'Unione europea («Corte di giustizia») e della Corte europea dei diritti dell'uomo. La presente direttiva fa pertanto espresso riferimento al caso pratico in cui tale persona assuma la qualità di indagato o imputato durante un interrogatorio condotto dalla polizia o da un'altra autorità di contrasto nell'ambito di un procedimento penale. Laddove nel corso di un interrogatorio di tale tipo una persona diversa da un indagato o imputato assuma la qualità di indagato o imputato, è opportuno sospendere immediatamente l'interrogatorio. Tuttavia, dovrebbe essere possibile proseguire l'interrogatorio qualora l'interessato sia stato informato di essere indagato o imputato e sia in grado di esercitare pienamente i diritti previsti dalla presente direttiva. (11) In taluni Stati membri un'autorità diversa da un giudice o tribunale avente giurisdizione in materia penale è competente per irrogare sanzioni diverse dalla privazione della libertà personale in relazione a reati relativamente minori. Questo può essere il caso, ad esempio, delle infrazioni in materia di circolazione commesse su larga scala e che potrebbero essere accertate in seguito a un controllo della circolazione. In tali situazioni non sarebbe ragionevole esigere che le autorità competenti garantiscano tutti i diritti sanciti dalla presente direttiva. Laddove il diritto di uno Stato membro preveda l'imposizione di una pena per reati minori da parte di tale autorità e laddove vi sia il diritto a presentare ricorso o la possibilità che il caso sia altrimenti deferito a un giudice o tribunale avente giurisdizione in materia penale, la presente direttiva dovrebbe pertanto applicarsi solo ai procedimenti dinanzi a tale giudice o tribunale in seguito a ricorso o deferimento. (12) In taluni Stati membri determinati reati minori, in particolare le infrazioni minori in materia di circolazione, le violazioni minori dei regolamenti comunali generali e le violazioni minori dell'ordine pubblico, sono considerati reati. In tali situazioni non sarebbe ragionevole esigere che le autorità competenti garantiscano tutti i diritti sanciti dalla presente direttiva. Laddove il diritto di uno Stato membro preveda che la privazione della libertà personale non possa essere imposta per sanzionare i reati minori, la presente direttiva dovrebbe pertanto applicarsi solo ai procedimenti dinanzi a un giudice o tribunale avente giurisdizione in materia penale. (13) L'applicazione della presente direttiva ai reati minori è subordinata alle condizioni stabilite dalla presente direttiva. Gli Stati membri dovrebbero poter prevedere una valutazione delle risorse e/o del merito al fine di determinare se debba essere concessa l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. A condizione che ciò sia compatibile con il diritto a un equo processo, la verifica del merito può considerarsi non soddisfatta nel caso di taluni reati minori. (14) L'ambito di applicazione della presente direttiva con riferimento a taluni reati minori dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri di garantire, ai sensi della CEDU, il diritto a un equo processo, che comprenda il diritto ad avere l'assistenza di un difensore. (15) A condizione che ciò sia compatibile con il diritto a un equo processo, le seguenti situazioni non costituiscono privazione della libertà personale ai sensi della presente direttiva: identificare l'indagato o l'imputato; determinare se debbano essere avviate indagini; verificare il possesso di armi o altre questioni analoghe relative alla sicurezza; effettuare atti investigativi o atti di raccolta delle prove diversi da quelli specificamente menzionati nella presente direttiva, quali ispezioni personali, esami fisici, analisi del sangue, test alcolemici o prove simili, scattare fotografie, acquisire impronte digitali; far comparire l'indagato o imputato davanti a un'autorità competente conformemente al diritto nazionale. (16) La presente direttiva stabilisce norme minime. Gli Stati membri dovrebbero poter concedere il patrocinio a spese dello Stato in situazioni che esulano dall'ambito di applicazione della presente direttiva, ad esempio durante lo svolgimento di atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove diversi da quelli specificamente menzionati nella presente direttiva. (17) Conformemente all'articolo 6, paragrafo 3, lettera c), della CEDU, gli indagati o imputati che non hanno risorse sufficienti per coprire i costi dell'assistenza di un difensore hanno il diritto al patrocinio a spese dello Stato quando ciò sia nell'interesse della giustizia. Questa norma minima prevede per gli Stati membri la facoltà di effettuare una valutazione delle risorse e/o del merito. L'effettuazione di tali valutazioni non dovrebbe limitare i diritti e le garanzie procedurali garantiti dalla Carta e dalla CEDU secondo l'interpretazione della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell'uomo, né dovrebbe comportare una deroga a tali diritti e garanzie procedurali. (18) Gli Stati membri dovrebbero stabilire modalità pratiche riguardanti la concessione del patrocinio a spese dello Stato. Tali modalità potrebbero prevedere che l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato sia concessa a seguito di una richiesta da parte di un indagato, un imputato o una persona ricercata. Tenendo conto delle esigenze specifiche delle persone vulnerabili, una tale richiesta non dovrebbe tuttavia costituire una condizione essenziale per la concessione del patrocinio a spese dello Stato. (19) Le autorità competenti dovrebbero concedere l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato senza indebito ritardo e, al più tardi, prima che siano svolti l'interrogatorio dell'interessato da parte della polizia, di un'altra autorità di contrasto o di un'autorità giudiziaria, o prima che siano svolti gli specifici atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove di cui alla presente direttiva. Se le autorità competenti non sono in grado di procedere in tal modo, dovrebbero almeno concedere il patrocinio a spese dello Stato come misura provvisoria o di emergenza prima che si svolga l'interrogatorio o prima che siano svolti gli atti investigativi o di raccolta delle prove di cui sopra. (20) Data la specificità dei procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo, l'interpretazione delle disposizioni della presente direttiva che riguardano unicamente le persone ricercate dovrebbero tenere conto di tale specificità e non pregiudicare in alcun modo l'interpretazione delle altre disposizioni della presente direttiva. (21) Le persone ricercate dovrebbero avere il diritto al patrocinio a spese dello Stato nello Stato membro di esecuzione. Inoltre, la persona ricercata oggetto di un procedimento di esecuzione del mandato d'arresto europeo ai fini dell'esercizio di un'azione penale e che esercita il diritto di nominare un difensore sul territorio dello Stato membro di emissione in virtù della direttiva 2013/48/UE, dovrebbe avere il diritto al patrocinio a spese dello Stato in tale Stato membro nell'ambito di tale procedimento nello Stato membro di esecuzione, nella misura in cui il patrocinio a spese dello Stato sia necessario ad assicurare un accesso effettivo alla giustizia, come stabilito dall'articolo 47 della Carta. Ciò si applica quando il difensore nello Stato membro di esecuzione non è in grado di svolgere i propri compiti relativi all'esecuzione del mandato d'arresto europeo in modo efficiente ed efficace senza l'assistenza di un difensore nello Stato membro di emissione. Qualsiasi decisione in merito alla concessione del patrocinio a spese dello Stato nello Stato membro di emissione dovrebbe essere adottata da un'autorità che sia competente per tali decisioni nel suddetto Stato membro, sulla base dei criteri stabiliti da tale Stato membro interessato in sede di attuazione della presente direttiva. (22) Al fine di assicurare che le persone ricercate possano effettivamente avvalersi di un difensore, gli Stati membri dovrebbero garantire loro il diritto al patrocinio a spese dello Stato fino alla consegna, o fino al momento in cui la decisione sulla consegna diventa definitiva. (23) Nell'attuare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire il rispetto del diritto fondamentale al patrocinio a spese dello Stato quale previsto dalla Carta e dalla CEDU. Nel farlo, gli Stati membri dovrebbero rispettare i principi e gli orientamenti delle Nazioni Unite sull'accesso al patrocinio a spese dello Stato nei sistemi giudiziari penali. (24) Fatte salve le disposizioni del diritto nazionale relative alla presenza obbligatoria di un difensore, un'autorità competente dovrebbe decidere senza indebito ritardo sulla concessione o meno del patrocinio a spese dello Stato. L'autorità competente dovrebbe essere un'autorità indipendente competente per le decisioni in materia di concessione del patrocinio a spese dello Stato oppure un organo giurisdizionale, anche monocratico. In situazioni di urgenza, dovrebbe tuttavia essere anche possibile coinvolgere temporaneamente la polizia e il pubblico ministero, nella misura in cui ciò sia necessario per la concessione tempestiva del patrocinio a spese dello Stato. (25) Qualora sia stato concesso il patrocinio a spese dello Stato a un indagato, un imputato o una persona ricercata, un modo per assicurare l'efficacia e la qualità di tale patrocinio consiste nell'agevolare la continuità nella rappresentanza in giudizio. A tale riguardo, gli Stati membri dovrebbero agevolare la continuità della rappresentanza in giudizio per l'intera durata dei procedimenti penali, nonché — se del caso — i procedimenti di esecuzione del mandato di arresto europeo. (26) Il personale impegnato nel processo decisionale relativo al patrocinio a spese dello Stato nell'ambito di procedimenti penali e nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo dovrebbe ricevere una formazione adeguata. Gli Stati membri dovrebbero richiedere, fatte salve l'indipendenza della magistratura e le differenze nell'organizzazione del potere giudiziario negli Stati membri, che coloro i quali sono responsabili della formazione dei giudici forniscano effettivamente tale formazione adeguata ai tribunali e ai giudici che decidono sulla concessione del patrocinio a spese dello Stato. (27) Il principio dell'efficacia del diritto dell'Unione impone agli Stati membri di istituire mezzi di ricorso adeguati ed efficaci in caso di violazione dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell'Unione. Tali mezzi di ricorso efficaci dovrebbero essere disponibili qualora il diritto al patrocinio a spese dello Stato sia compromesso, o la prestazione del patrocino a spese dello Stato sia ritardata o interamente o parzialmente rifiutata. (28) Al fine di controllare e valutare l'efficacia della presente direttiva, è necessario che siano raccolti dati pertinenti, a partire dai dati disponibili, sull'attuazione dei diritti stabiliti nella presente direttiva. Tali dati comprendono, ove possibile, il numero di domande di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nell'ambito di procedimenti penali, come pure nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo in cui lo Stato membro è Stato membro di emissione o di esecuzione, il numero di casi in cui l'ammissione al patrocinio è stata concessa e il numero di casi in cui una domanda di ammissione al patrocinio è stata respinta. Gli Stati membri dovrebbero raccogliere inoltre dati sui costi dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato degli indagati, degli imputati e delle persone ricercate, nella misura del possibile. (29) È opportuno che la presente direttiva si applichi agli indagati, agli imputati e alle persone ricercate indipendentemente dal loro status giuridico e dalla loro cittadinanza o nazionalità. Gli Stati membri dovrebbero rispettare e garantire i diritti stabiliti nella presente direttiva, senza alcuna discriminazione e indipendentemente dalla razza, dal colore della pelle, dal sesso, dall'orientamento sessuale, dalla lingua, dalla religione, dalle opinioni politiche o di altro genere, dalla nazionalità, dall'origine etnica o sociale, dalla ricchezza, dalla disabilità o dalla nascita. La presente direttiva difende i diritti fondamentali e i principi riconosciuti dalla Carta e dalla CEDU, compresi la proibizione della tortura o di trattamenti inumani o degradanti, il diritto alla libertà e alla sicurezza, il rispetto della vita privata e familiare, il diritto all'integrità della persona, i diritti del minore, l'inserimento delle persone con disabilità, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, la presunzione di innocenza e i diritti della difesa. La presente direttiva dovrebbe essere applicata in conformità di tali diritti e principi. (30) La presente direttiva stabilisce norme minime. Gli Stati membri dovrebbero poter ampliare i diritti da essa previsti al fine di assicurare un livello di tutela più elevato. Tale livello di tutela più elevato non dovrebbe costituire un ostacolo al reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie che dette regole minime mirano a facilitare. Il livello di tutela fornita dagli Stati membri non dovrebbe mai essere inferiore alle norme della Carta o della CEDU come interpretate dalla Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell'uomo. (31) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire la definizione di norme minime comuni riguardanti il diritto al patrocinio a spese dello Stato per indagati, imputati e persone ricercate, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma possono, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (32) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), e fatto salvo l'articolo 4 di tale protocollo, detti Stati membri non partecipano all'adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione. (33) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva stabilisce norme minime comuni concernenti il diritto al patrocinio a spese dello Stato per: a) gli indagati e gli imputati in procedimenti penali, e b) le persone ricercate oggetto di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo ai sensi della decisione quadro 2002/584/GAI («persone ricercate»). 2. La presente direttiva integra le direttive 2013/48/UE e (UE) 2016/800. Nessuna disposizione della presente direttiva può essere interpretata in modo da limitare i diritti conferiti da tali direttive. Articolo 2 Ambito d'applicazione 1. La presente direttiva si applica agli indagati e agli imputati in procedimenti penali che hanno il diritto di avvalersi di un difensore in virtù della direttiva 2013/48/UE e che sono: a) privati della libertà personale; b) tenuti ad essere assistiti da un difensore conformemente al diritto dell'Unione o nazionale; ovvero c) tenuti a partecipare, o aventi facoltà di partecipare, a un atto investigativo o di raccolta delle prove, compresi come minimo i seguenti: i) ricognizioni di persone; ii) confronti; iii) ricostruzioni della scena di un crimine. 2. La presente direttiva si applica altresì, in seguito ad arresto nello Stato membro di esecuzione, alle persone ricercate che hanno il diritto di avvalersi di un difensore in virtù della direttiva 2013/48/UE. 3. La presente direttiva si applica altresì, alle stesse condizioni di cui al paragrafo 1, alle persone che non erano inizialmente indagate o imputate, ma che ne assumono la qualità nel corso di un interrogatorio da parte della polizia o di altre autorità di contrasto. 4. Fatto salvo il diritto a un equo processo, in relazione a reati minori: a) laddove il diritto di uno Stato membro preveda l'irrogazione di una sanzione da parte di un'autorità diversa da una giurisdizione competente in materia penale e l'irrogazione di tale sanzione possa essere oggetto di impugnazione dinanzi a tale giurisdizione o ad essa deferita; ovvero b) laddove la privazione della libertà personale non possa essere imposta come sanzione, la presente direttiva si applica unicamente ai procedimenti dinanzi a un giudice o tribunale avente giurisdizione in materia penale. In ogni caso, la presente direttiva si applica quando è adottata una decisione in merito alla detenzione e, durante la detenzione, in qualsiasi fase del procedimento sino alla conclusione del procedimento. Articolo 3 Definizione Ai fini della presente direttiva, si intende per «patrocinio a spese dello Stato» il finanziamento da parte di uno Stato membro dell'assistenza di un difensore che consenta l'esercizio del diritto di avvalersi di un difensore. Articolo 4 Patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti penali 1. Gli Stati membri assicurano che gli indagati o imputati privi di risorse sufficienti a coprire i costi dell'assistenza di un difensore godano del diritto al patrocinio a spese dello Stato quando sia necessario nell'interesse della giustizia. 2. Gli Stati membri possono prevedere una valutazione delle risorse e/o del merito al fine di determinare se debba essere concesso il patrocinio a spese dello Stato a norma del paragrafo 1. 3. Qualora uno Stato membro applichi una valutazione delle risorse, tiene conto di tutti i fattori pertinenti e obiettivi quali il reddito, il patrimonio e la situazione familiare dell'interessato, nonché il costo dell'assistenza di un difensore e il livello di vita in tale Stato membro per determinare se, in funzione dei criteri applicabili in tale Stato membro, gli indagati o imputati sono privi di risorse sufficienti a coprire i costi dell'assistenza di un difensore. 4. Qualora uno Stato membro applichi una valutazione delle risorse, tiene conto della gravità del reato, della complessità del caso e della severità della sanzione in questione, per determinare se la concessione del patrocinio a spese dello Stato sia necessaria nell'interesse della giustizia. In ogni caso, la verifica del merito può considerarsi soddisfatta nelle situazioni seguenti: a) quando l'indagato o l'imputato è condotto dinanzi a un giudice o tribunale competente a decidere in merito alla detenzione, in qualsiasi fase del procedimento che rientri nell'ambito di applicazione della presente direttiva; e b) durante la detenzione. 5. Le autorità competenti assicurano che il patrocinio a spese dello Stato sia concesso senza indebito ritardo e, al più tardi, prima che sia svolto l'interrogatorio dell'interessato da parte della polizia, di un'altra autorità di contrasto o di un'autorità giudiziaria, oppure prima che siano svolti gli atti investigativi o altri atti di raccolta delle prove di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera c). 6. Il patrocinio a spese dello Stato è concesso solamente ai fini del procedimento penale in cui la persona interessata è indagata o imputata per un reato. Articolo 5 Patrocinio a spese dello Stato nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo 1. Lo Stato membro di esecuzione assicura che la persona ricercata goda del diritto al patrocinio a spese dello Stato dal momento dell'arresto eseguito in conformità del mandato d'arresto europeo fino alla consegna o fino al momento in cui la decisione sulla mancata consegna diventi definitiva. 2. Lo Stato membro di emissione assicura che la persona ricercata oggetto di un procedimento di esecuzione del mandato d'arresto europeo ai fini dell'esercizio di un'azione penale e che esercita il diritto di nominare un difensore sul territorio di quello Stato membro affinché assista il difensore nello Stato membro di esecuzione, in virtù dell'articolo 10, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2013/48/UE, abbia il diritto al patrocinio a spese dello Stato nello Stato membro di emissione nell'ambito di tale procedimento nello Stato membro di esecuzione, nella misura in cui il patrocinio a spese dello Stato sia necessario ad assicurare un accesso effettivo alla giustizia. 3. Il diritto al patrocinio a spese dello Stato di cui ai paragrafi 1 e 2 può essere subordinato a una valutazione delle risorse a norma dell'articolo 4, paragrafo 3, che si applica mutatis mutandis. Articolo 6 Decisione sulla concessione del patrocinio a spese dello Stato 1. Le decisioni sulla concessione o meno del patrocinio a spese dello Stato, e sulla nomina dei difensori, sono adottate senza indebito ritardo da un'autorità competente. Gli Stati membri adottano le misure atte ad assicurare che l'autorità competente adotti le proprie decisioni con diligenza, nel rispetto dei diritti della difesa. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che gli indagati, gli imputati e le persone ricercate siano informati per iscritto se la loro richiesta di patrocinio a spese dello Stato è respinta integralmente o in parte. Articolo 7 Qualità dei servizi di patrocinio a spese dello Stato e formazione 1. Gli Stati membri adottano misure necessarie, anche per quanto riguarda il finanziamento, al fine di assicurare che: a) esista un sistema di patrocinio a spese dello Stato efficace e di qualità adeguata; e b) i servizi di patrocinio a spese dello Stato siano di qualità adeguata a salvaguardare l'equità del procedimento, nel dovuto rispetto dell'indipendenza della professione forense. 2. Gli Stati membri assicurano che il personale impegnato nel processo decisionale relativo al patrocinio a spese dello Stato nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo ricevano una formazione adeguata. 3. Nel dovuto rispetto per l'indipendenza della professione forense e per il ruolo dei responsabili della formazione di difensori, gli Stati membri adottano misure appropriate per promuovere l'offerta di adeguata formazione ai difensori che forniscono servizi di patrocinio a spese dello Stato. 4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che gli indagati, gli imputati e le persone ricercate abbiano il diritto, su loro richiesta, di far sostituire il difensore che fornisce loro servizi di patrocinio a spese dello Stato ove le specifiche circostanze lo giustifichino. Articolo 8 Mezzi di ricorso Gli Stati membri garantiscono che gli indagati, gli imputati e le persone ricercate dispongano di mezzi di ricorso effettivi ai sensi del diritto nazionale in caso di violazione dei diritti previsti dalla presente direttiva. Articolo 9 Persone vulnerabili Gli Stati membri garantiscono che, nell'attuazione della presente direttiva, si tenga conto delle particolare esigenze di indagati, imputati e persone ricercate vulnerabili. Articolo 10 Raccolta dei dati e relazioni 1. Entro il 25 maggio 2021 e successivamente ogni tre anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione i dati disponibili relativi al modo in cui sono stati attuati i diritti stabiliti dalla presente direttiva. 2. Entro il 25 maggio 2022 e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione della presente direttiva. Nella sua relazione, la Commissione valuta l'attuazione della presente direttiva per quanto riguarda il diritto al patrocinio a spese dello Stato nell'ambito dei procedimenti penali e dei procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo. Articolo 11 Clausola di non regressione Nessuna disposizione della presente direttiva può essere interpretata in modo tale da limitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali garantiti dalla Carta, dalla CEDU, da altre pertinenti disposizioni di diritto internazionale o dal diritto degli Stati membri che assicurano un livello di protezione più elevato. Articolo 12 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 25 maggio 2019. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 13 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 14 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati. Fatto a Strasburgo, il 26 ottobre 2016 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente I. LESAY (1) GU C 226 del 16.7.2014, pag. 63. (2) Posizione del Parlamento europeo del 4 ottobre 2016 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 ottobre 2016. (3) Direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d'arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (GU L 294 del 6.11.2013, pag. 1). (4) Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1). (5) GU C 295 del 4.12.2009, pag. 1. (6) GU C 115 del 4.5.2010, pag. 1. (7) Direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (GU L 280 del 26.10.2010, pag. 1). (8) Direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all'informazione nei procedimenti penali (GU L 142 dell'1.6.2012, pag. 1). (9) Direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (GU L 65 dell'11.3.2016, pag. 1). (10) Direttiva (UE) 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2016, sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 1).
Patrocinio gratuito nei procedimenti penali QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DIRETTIVA? Essa stabilisce una serie di norme minime comuni riguardanti il diritto al patrocinio gratuito* nei procedimenti penali interni all’UE. Definisce chiaramente i criteri per l’assegnazione del patrocinio gratuito, le norme di qualità e i rimedi in caso di violazione. Integra le regole dell’UE sul diritto di avvalersi di un difensore e sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati di reato e non incide sui diritti che esse definiscono. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione Le norme si applicano ai soggetti descritti di seguito:indagati e imputati in procedimenti penali che siano:privati della libertà;tenuti a farsi assistere da un avvocato in conformità con il diritto nazionale o dell’UE, ma non possano permetterselo;tenuti o ammessi a presenziare ad atti investigativi o di raccolta di prove comprendenti, quanto meno, ricognizioni di persona (una fila di persone, compresa quella sospettata di avere commesso il crimine, presentate a un testimone per l’identificazione), confronti o ricostruzioni delle scene del crimine; persone che abbiano ricevuto un mandato di cattura europeo (MAE). Le regole si applicano a tutti i cittadini e a tutti i paesi dell’UE eccetto la Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito (1). Diritto al patrocinio gratuito nei procedimenti penali I paesi dell’UE:devono garantire che gli indagati e gli imputati sprovvisti delle risorse necessarie per sostenere i costi dell’assistenza di un avvocato abbiano diritto al patrocinio gratuito quando lo esigano gli interessi della giustizia; possono applicare criteri diversi per determinare se sia giusto concedere il patrocinio gratuito:una valutazione dei mezzi (basata sulle risorse della persona coinvolta, compresi reddito e patrimonio) e/ouna valutazione della fondatezza (basata sulla necessità di garantire un accesso efficace alla giustizia nelle circostanze della fattispecie); devono rispettare i criteri stabiliti per svolgere queste valutazioni, in particolare quello relativo al fatto che la fondatezza sia da ritenere esistente laddove la persona venga citata in giudizio per una decisione relativa alla detenzione e durante la detenzione; devono concedere il patrocinio gratuito senza indebiti ritardi e, al più tardi, prima che la persona coinvolta venga interrogata dalla polizia, da un’altra autorità incaricata dell’applicazione della legge o da un’autorità giudiziaria, ovvero prima che abbiano luogo atti investigativi o di raccolta di prove specifici. Diritto al patrocinio gratuito nei procedimenti di MAE Le persone ricercate* hanno diritto a ricevere il patrocinio gratuito:dal paese dell’UE di esecuzione*, al momento dell’arresto e fino alla consegna al paese dell’UE di emissione*, o finché la decisione di non consegnare la persona sia definitiva; dal paese di emissione, qualora esercitino il diritto di nominare un avvocato nel paese di emissione per assistere l’avvocato nel paese di esecuzione, in conformità alle regole dell’UE sul diritto di accesso a un difensore, nella misura in cui il patrocinio gratuito risulti necessario per garantire un accesso efficace alla giustizia. Questo diritto può essere soggetto a una valutazione dei mezzi basata sugli stessi criteri dei procedimenti penali. Decisione, ricorso e persone vulnerabili Indagati, imputati e ricercati devono:essere informati per iscritto se la loro richiesta di patrocinio gratuito viene rifiutata; avere diritto a un ricorso effettivo ai sensi del diritto nazionale nel caso di una violazione dei loro diritti in forza della direttiva; vedere considerate le loro esigenze specifiche nel caso in cui siano persone vulnerabili. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Essa è in vigore dal 24 novembre 2016 e diventerà legge nei paesi dell’UE entro il 5 maggio 2019. CONTESTO Questa direttiva è la sesta e ultima di un pacchetto di strumenti legali adottato in linea con la tabella di marcia dell’UE, volta a consolidare i diritti procedurali delle persone indagate o imputate in procedimenti penali e pubblicata nel 2009. Per ulteriori informazioni, consultare:Diritti degli indagati e degli imputati (Commissione europea) Domande e risposte sul patrocinio gratuito (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Patrocinio gratuito: ai fini della presente direttiva, il finanziamento offerto da un paese dell’UE per fornire un avvocato a coloro che non possiedono le risorse per coprire le spese processuali. Paese di esecuzione: nel contesto di un mandato di arresto, il paese al quale un altro paese ha richiesto di arrestare e consegnare una persona ricercata ai fini dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione di una pena detentiva. Persone ricercate: nel contesto di un mandato di arresto, le persone ricercate ai fini dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione di una pena detentiva e per le quali un altro paese abbia richiesto l’arresto e la consegna. Paese di emissione: nel contesto di un mandato di arresto, il paese che chiede a un altro paese di arrestare e consegnare una persona ricercata ai fini dell’esercizio dell’azione penale o dell’esecuzione di una pena detentiva. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, sul patrocinio gratuito a indagati e imputati in procedimenti penali e per i procedimenti di esecuzione di un mandato d’arresto europeo (GU L 297 del 4.11.2016, pag. 1). I successivi emendamenti alla direttiva (UE) 2016/1919 sono stati incorporati nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea — Titolo VI — Giustizia Articolo 47 — Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 403). Direttiva (UE) 2016/800 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016 sulle garanzie procedurali per i minori indagati o imputati nei procedimenti penali (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 1). Direttiva 2013/48/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa al diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari (GU L 294 del 6.11.2013, pag. 1). Risoluzione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali (GU C 295 del 4.12.2009, pag. 1).
12,043
78
32008L0009
false
DIRETTIVA 2008/9/CE DEL CONSIGLIO del 12 febbraio 2008 che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 93, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), considerando quanto segue: (1) Notevoli problemi derivano, sia per le autorità amministrative degli Stati membri che per le imprese, dalle disposizioni di attuazione stabilite dalla direttiva 79/1072/CEE del Consiglio, del 6 dicembre 1979, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Modalità per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese (3). (2) Le modalità stabilite da quest'ultima direttiva dovrebbero essere modificate per quanto riguarda i termini entro i quali le decisioni concernenti le richieste di rimborso devono essere notificate alle imprese. Nel contempo occorre prevedere che anche le imprese debbano fornire risposte entro un termine specifico. Inoltre occorre semplificare e modernizzare la procedura consentendo l'uso delle tecnologie moderne. (3) La nuova procedura dovrebbe promuovere la posizione delle imprese, in quanto gli Stati membri sono responsabili del pagamento degli interessi se il rimborso è effettuato in ritardo e il diritto di ricorso da parte delle imprese sarà rafforzato. (4) A fini di chiarezza e migliore leggibilità, la disposizione relativa all'applicazione della direttiva 79/1072/CEE finora contenuta nella direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (4), dovrebbe essere ora integrata nella presente direttiva. (5) Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni dell'intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato; la presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (6) Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (5), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la direttiva e i provvedimenti di attuazione. (7) A fini di chiarezza la direttiva 79/1072/CEE dovrebbe pertanto essere abrogata, salve le necessarie misure transitorie relative alle richieste di rimborso presentate anteriormente al 1o gennaio 2010, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) di cui all'articolo 170 della direttiva 2006/112/CE ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le condizioni di cui all'articolo 3. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, s'intende per: 1) «soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso» il soggetto passivo, ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE, che non è stabilito nello Stato membro di rimborso, ma nel territorio di un altro Stato membro; 2) «Stato membro di rimborso» lo Stato membro in cui l'IVA è addebitata al soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso per beni o servizi fornitigli da altri soggetti passivi in tale Stato membro o per l'importazione di beni in tale Stato membro; 3) «periodo di riferimento» il periodo di cui all'articolo 16 coperto dalla richiesta di rimborso; 4) «richiesta di rimborso» la richiesta di rimborso dell'IVA addebitata al soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso per beni o servizi fornitigli da altri soggetti passivi in tale Stato membro o per l'importazione di beni in tale Stato membro; 5) «richiedente» il soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso che formula la richiesta di rimborso. Articolo 3 La presente direttiva si applica ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso che soddisfano le seguenti condizioni: a) nel periodo di riferimento non avevano nello Stato membro di rimborso né la sede della propria attività economica né una stabile organizzazione dalla quale fossero effettuate operazioni commerciali, né, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il domicilio o la residenza abituale; b) nel periodo di riferimento non hanno effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi il cui luogo di effettuazione si possa considerare situato nello Stato membro di rimborso, fatta eccezione per le seguenti operazioni: i) prestazioni di servizi di trasporto e di servizi ad essi accessori, esenti a norma degli articoli 144, 146, 148, 149, 151, 153, 159 o 160 della direttiva 2006/112/CE; ii) cessioni di beni e prestazioni di servizi al debitore dell'IVA ai sensi degli articoli da 194 a 197 e dell'articolo 199 della direttiva 2006/112/CE. Articolo 4 La presente direttiva non si applica: a) agli importi dell'IVA che, conformemente alla legislazione dello Stato membro di rimborso, sono stati indebitamente fatturati; b) agli importi dell'IVA che sono stati fatturati per le cessioni di beni che siano, o possano essere, esenti ai sensi dell'articolo 138 o dell'articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/112/CE. Articolo 5 Ciascuno Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso l'IVA a lui addebitata in relazione a beni o servizi fornitigli da altri soggetti passivi in tale Stato membro o in relazione all'importazione di beni in tale Stato membro, nella misura in cui i beni e servizi in questione siano impiegati ai fini delle seguenti operazioni: a) operazioni di cui all'articolo 169, lettere a) e b), della direttiva 2006/112/CE; b) operazioni il cui destinatario è il debitore dell'IVA ai sensi degli articoli da 194 a 197 e dell'articolo 199 della direttiva 2006/112/CE, quali applicati nello Stato membro di rimborso. Fatto salvo l'articolo 6, ai fini della presente direttiva il diritto al rimborso dell'IVA a monte è determinato secondo la direttiva 2006/112/CE quale applicata dallo Stato membro di rimborso. Articolo 6 Per poter ottenere un rimborso nello Stato membro di rimborso, il soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso deve effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione nello Stato membro in cui è stabilito. Se un soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso effettua nello Stato membro in cui è stabilito sia operazioni che danno diritto alla detrazione sia operazioni che non conferiscono diritto alla detrazione in tale Stato membro, il rimborso da parte dello Stato membro di rimborso è ammesso soltanto per il prorata dell'importo dell'IVA rimborsabile, ai sensi dell'articolo 5, relativo alla prima categoria di operazioni ai sensi dell'articolo 173 della direttiva 2006/112/CE, quale applicata dallo Stato membro di stabilimento. Articolo 7 Per ottenere un rimborso dell'IVA nello Stato membro di rimborso, il soggetto passivo non stabilito nello Stato membro di rimborso inoltra a tale Stato membro una richiesta elettronica di rimborso e la presenta allo Stato membro in cui è stabilito attraverso il portale elettronico predisposto da tale Stato membro. Articolo 8 1. La richiesta di rimborso reca le informazioni seguenti: a) nome e indirizzo completo del richiedente; b) indirizzo di contatto elettronico; c) descrizione dell'attività economica del richiedente per la quale i beni o i servizi sono acquisiti; d) periodo di riferimento coperto dalla richiesta; e) dichiarazione del richiedente secondo la quale il richiedente non ha effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi il cui luogo di effettuazione si possa considerare situato nello Stato membro di rimborso durante il periodo di riferimento, ad eccezione delle operazioni di cui all'articolo 3, lettera b), punti i) e ii); f) il numero d'identificazione IVA o il numero di registrazione fiscale del richiedente; g) dati del conto bancario, inclusi i codici IBAN e BIC. 2. Oltre alle informazioni di cui al paragrafo 1, la richiesta contiene, per ciascuno Stato membro di rimborso e per ciascuna fattura o documento d'importazione, le seguenti indicazioni: a) il nome e l'indirizzo completo del cedente o prestatore; b) tranne in caso di importazione, il numero d'identificazione IVA del cedente o prestatore o il suo numero di registrazione fiscale, quale assegnato dallo Stato membro di rimborso a norma degli articoli 239 e 240 della direttiva 2006/112/CE; c) tranne in caso di importazione, il prefisso dello Stato membro di rimborso a norma dell'articolo 215 della direttiva 2006/112/CE; d) la data e il numero della fattura o del documento d'importazione; e) la base imponibile e l'importo dell'IVA espressi nella valuta dello Stato membro di rimborso; f) l'importo dell'IVA detraibile calcolato a norma dell'articolo 5 e dell'articolo 6, paragrafo 2, espresso nella valuta dello Stato membro di rimborso; g) se del caso, il prorata detraibile calcolato in conformità dell'articolo 6, espresso in percentuale; h) la natura dei beni e servizi acquisiti indicata mediante i codici di cui all'articolo 9. Articolo 9 1. Nella richiesta di rimborso la natura dei beni e servizi acquisiti è indicata mediante il codice corrispondente tra quelli sottoelencati: 1 = carburante; 2 = locazione di mezzi di trasporto; 3 = spese relative a mezzi di trasporto, ad eccezione dei beni e dei servizi di cui ai codici 1 e 2; 4 = pedaggi stradali e oneri per l'uso della strada; 5 = spese di viaggio quali spese di taxi, spese per l'utilizzazione di mezzi di trasporto pubblici; 6 = alloggio; 7 = alimenti, bevande e servizi di ristorazione; 8 = ingresso a fiere ed esposizioni; 9 = spese suntuarie, di divertimento e di rappresentanza; 10 = altro. Se si utilizza il codice 10, occorre indicare la natura dei beni ceduti e dei servizi prestati. 2. Lo Stato membro di rimborso può esigere che il richiedente fornisca ulteriori informazioni elettroniche codificate per ciascuno dei codici di cui al paragrafo 1, nella misura in cui tali informazioni siano necessarie a motivo di eventuali limitazioni del diritto a detrazione di cui alla direttiva 2006/112/CE, quali applicati nello Stato membro di rimborso o per l'applicazione delle pertinenti deroghe concesse allo Stato membro di rimborso a norma degli articoli 395 o 396 di detta direttiva. Articolo 10 Fatte salve le richieste di informazioni di cui all'articolo 20, lo Stato membro di rimborso può esigere che il richiedente presenti per via elettronica una copia della fattura o del documento d'importazione insieme alla richiesta di rimborso, qualora la base imponibile su una fattura o un documento d'importazione sia pari o superiore a 1 000 EUR o al controvalore in moneta nazionale. Tuttavia, qualora la fattura riguardi acquisto di carburante, tale soglia è pari a 250 EUR o al controvalore in moneta nazionale. Articolo 11 Lo Stato membro di rimborso può esigere che il richiedente fornisca la descrizione della sua attività economica sotto forma di codici armonizzati, determinati ai sensi dell'articolo 34 bis, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1798/2003 del Consiglio (6). Articolo 12 Lo Stato membro di rimborso può specificare la o le lingue che devono essere utilizzate dal richiedente per le informazioni da indicare nella richiesta di rimborso o di ulteriori informazioni supplementari. Articolo 13 Se successivamente alla presentazione della richiesta di rimborso il prorata detraibile dichiarato è adattato a norma dell'articolo 175 della direttiva 2006/112/CE, il richiedente effettua una correzione dell'importo richiesto o già rimborsato. La correzione è effettuata in una richiesta di rimborso durante l'anno civile successivo al periodo di riferimento in questione o, se il richiedente non presenta richieste di rimborso in tale anno civile, trasmettendo una dichiarazione separata attraverso il portale elettronico predisposto dallo Stato membro di stabilimento. Articolo 14 1. La richiesta di rimborso riguarda: a) l'acquisto di beni o di servizi fatturato durante il periodo di riferimento, purché l'imposta sia divenuta esigibile prima o al momento della fatturazione, o per il quale l'imposta è divenuta esigibile durante il periodo di riferimento, purché l'acquisto sia stato fatturato prima che l'imposta divenisse esigibile; b) l'importazione di beni effettuata durante il periodo di riferimento. 2. In aggiunta alle operazioni di cui al paragrafo 1, la richiesta di rimborso può riguardare fatture o documenti d'importazione non coperti da richieste di rimborso anteriori e relativi ad operazioni eseguite nel corso dell'anno civile in questione. Articolo 15 1. La richiesta di rimborso è presentata allo Stato membro di stabilimento al più tardi il 30 settembre dell'anno civile successivo al periodo di riferimento. La richiesta di rimborso si considera presentata solo se il richiedente ha fornito tutte le informazioni previste dagli articoli 8, 9 e 11. 2. Lo Stato membro di stabilimento trasmette senza indugio al richiedente una ricevuta per via elettronica. Articolo 16 Il periodo di riferimento non può essere superiore a un anno civile o inferiore a tre mesi civili. Le richieste di rimborso possono, tuttavia, riguardare un periodo inferiore a tre mesi se questo rappresenta la parte residua di un anno civile. Articolo 17 Se la richiesta di rimborso si riferisce ad un periodo di riferimento inferiore ad un anno civile ma non inferiore a tre mesi, l'importo dell'IVA che forma oggetto della richiesta di rimborso non può essere inferiore a 400 EUR o al controvalore in moneta nazionale. Se la richiesta si riferisce a un periodo di riferimento di un anno civile o alla parte residua di un anno civile, l'importo dell'IVA non può essere inferiore a 50 EUR o al controvalore in moneta nazionale. Articolo 18 1. Lo Stato membro di stabilimento non inoltra la richiesta allo Stato membro di rimborso nei casi in cui, durante il periodo di riferimento, il richiedente nello Stato membro di stabilimento: a) non è un soggetto passivo ai fini dell'IVA; b) effettua unicamente cessioni di beni o prestazioni di servizi esenti in virtù degli articoli 132, 135, 136 e 371, degli articoli da 374 a 377, dell'articolo 378, paragrafo 2, lettera a), dell'articolo 379, paragrafo 2, o degli articoli da 380 a 390 della direttiva 2006/112/CE o delle disposizioni in materia di franchigia, dello stesso tenore, contenute nell'atto di adesione del 2005, senza diritto a detrazione dell'IVA pagata nella fase precedente; c) beneficia della franchigia per le piccole imprese prevista dagli articoli da 284, 285, 286 e 287 della direttiva 2006/112/CE; d) beneficia del regime comune forfettario per i produttori agricoli previsto dagli articoli da 296 a 305 della direttiva 2006/112/CE. 2. Lo Stato membro di stabilimento notifica con mezzi elettronici al richiedente la propria decisione presa ai sensi del paragrafo 1. Articolo 19 1. Lo Stato membro di rimborso notifica senza indugio al richiedente, con mezzi elettronici, la data in cui gli è pervenuta la richiesta. 2. Lo Stato membro di rimborso notifica al richiedente la propria decisione di approvare o respingere la richiesta di rimborso entro quattro mesi dalla ricezione della richiesta in tale Stato membro. Articolo 20 1. Nei casi in cui lo Stato membro di rimborso ritiene di non disporre di tutte le informazioni pertinenti su cui basare la decisione in merito a tutta la richiesta di rimborso o parte di essa, può chiedere per via elettronica informazioni aggiuntive, in particolare al richiedente o alle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento, entro il termine di quattro mesi di cui all'articolo 19, paragrafo 2. Se le informazioni aggiuntive sono richieste a una persona diversa dal richiedente o dall'autorità competente di uno Stato membro, la richiesta è introdotta per via elettronica solo se il destinatario della richiesta dispone dei mezzi necessari a tal fine. Se necessario, lo Stato membro di rimborso può chiedere ulteriori informazioni aggiuntive. Le informazioni richieste in conformità del presente paragrafo possono includere l'originale o una copia della fattura o del documento d'importazione pertinente se lo Stato membro di rimborso ha motivo di dubitare ragionevolmente della validità o dell'accuratezza di una particolare richiesta. In tal caso, le soglie di cui all'articolo 10 non si applicano. 2. Le informazioni richieste ai sensi del paragrafo 1 sono fornite allo Stato membro di rimborso entro un mese dal giorno in cui la richiesta è pervenuta alla persona a cui è indirizzata. Articolo 21 Qualora chieda informazioni aggiuntive, lo Stato membro di rimborso notifica al richiedente la propria decisione di approvare o rifiutare la richiesta di rimborso entro due mesi dal giorno in cui le informazioni richieste gli sono pervenute o, se non ha ricevuto risposta alla sua richiesta, entro due mesi dalla scadenza del periodo di cui all'articolo 20, paragrafo 2. Tuttavia, il periodo a disposizione per la decisione in merito a tutta la richiesta di rimborso o parte di essa non è comunque inferiore a sei mesi a decorrere dalla data di ricezione della richiesta nello Stato membro di rimborso. Qualora chieda ulteriori informazioni aggiuntive, lo Stato membro di rimborso notifica al richiedente la propria decisione in merito a tutta la richiesta di rimborso o parte di essa entro otto mesi dalla ricezione della richiesta in tale Stato membro. Articolo 22 1. Qualora la richiesta di rimborso sia approvata, i rimborsi dell'importo approvato sono versati dallo Stato membro di rimborso al più tardi entro dieci giorni lavorativi dalla scadenza del termine di cui all'articolo 19, paragrafo 2, o, se vengono chieste informazioni aggiuntive o ulteriori informazioni aggiuntive, dalla scadenza dei corrispondenti termini di cui all'articolo 21. 2. Il rimborso è effettuato nello Stato membro di rimborso o, su domanda del richiedente, in un altro Stato membro. In quest'ultimo caso, lo Stato membro di rimborso deduce dall'importo che deve essere pagato al richiedente le spese bancarie relative al trasferimento. Articolo 23 1. Qualora la richiesta di rimborso sia rifiutata del tutto o in parte, i motivi del rifiuto sono notificati al richiedente dallo Stato membro di rimborso unitamente alla decisione. 2. Il richiedente può presentare ricorso presso le autorità competenti dello Stato membro di rimborso contro una decisione di rifiuto di una richiesta di rimborso nella forma ed entro i termini prescritti per i ricorsi riguardanti le richieste di rimborso presentate dalle persone stabilite in tale Stato membro. Se, in base alla legislazione nazionale dello Stato membro di rimborso, il fatto che non venga presa, entro i termini stabiliti dalla presente direttiva, una decisione sulla richiesta di rimborso non viene considerato né assenso né rifiuto, il richiedente ha accesso alle stesse procedure amministrative e giudiziarie di cui, in questa situazione, possono avvalersi i soggetti passivi stabiliti in detto Stato membro. Se le suddette procedure non sono previste, il fatto che non venga presa una decisione sulla richiesta di rimborso entro i termini stabiliti dalla presente direttiva è considerato un rifiuto. Articolo 24 1. Qualora un rimborso sia stato ottenuto con mezzi fraudolenti o in altro modo non corretto, l'autorità competente dello Stato membro di rimborso procede direttamente al recupero degli importi indebitamente pagati, compreso il pagamento di eventuali sanzioni pecuniarie e interessi conformemente alla procedura applicabile nello Stato membro di rimborso, fatte salve le disposizioni in materia di assistenza reciproca ai fini del recupero dell'IVA. 2. In caso di una sanzione amministrativa o di interessi imposti ma non pagati, lo Stato membro di rimborso può sospendere ogni ulteriore rimborso al soggetto passivo in questione, sino a un importo pari a quello non pagato. Articolo 25 Lo Stato membro di rimborso conteggia come diminuzione o aumento dell'importo del rimborso ogni correzione apportata in relazione a una precedente richiesta di rimborso di cui all'articolo 13 o, in caso di trasmissione di una dichiarazione separata, mediante pagamento o riscossione separati. Articolo 26 Se il rimborso è effettuato dopo l'ultima data per il pagamento ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 1, lo Stato membro di rimborso deve al richiedente un interesse sull'importo del rimborso che gli spetta. Il paragrafo 1 non si applica se il richiedente non fornisce allo Stato membro di rimborso le informazioni aggiuntive o ulteriori informazioni aggiuntive richieste entro i periodi specificati. Lo stesso vale finché i documenti da trasmettere per via elettronica ai sensi dell'articolo 10 non sono stati ricevuti dallo Stato membro di rimborso. Articolo 27 1. L'interesse è calcolato dal giorno successivo all'ultimo giorno per il pagamento del rimborso ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 1, fino al giorno in cui il rimborso è effettivamente pagato. 2. Il tasso di interesse è pari al tasso di interesse previsto per i rimborsi dell'IVA ai soggetti passivi stabiliti nello Stato membro di rimborso conformemente alla legislazione nazionale di tale Stato membro. Se non vi sono interessi pagabili ai sensi della legislazione nazionale sui rimborsi ai soggetti passivi stabiliti, gli interessi pagabili sono pari agli interessi o agli oneri equivalenti applicati dallo Stato membro di rimborso in caso di ritardato pagamento dell'IVA da parte di soggetti passivi. Articolo 28 1. La presente direttiva si applica alle richieste di rimborso presentate dopo il 31 dicembre 2009. 2. La direttiva 79/1072/CEE è abrogata con effetto dal 1o gennaio 2010. Tuttavia, le sue disposizioni continuano ad applicarsi alle richieste di rimborso presentate anteriormente al 1o gennaio 2010. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva, salvo per le richieste di rimborso presentate anteriormente al 1o gennaio 2010. Articolo 29 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva con effetto al 1o gennaio 2010. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 30 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 31 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 12 febbraio 2008. Per il Consiglio Il presidente A. BAJUK (1) GU C 285 E del 22.11.2006, pag. 122. (2) GU C 28 del 3.2.2006, pag. 86. (3) GU L 331 del 27.12.1979, pag. 11. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/98/CE (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 129). (4) GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2007/75/CE (GU L 346 del 29.12.2007, pag. 13). (5) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (6) GU L 264 del 15.10.2003, pag. 1.
Rimborso IVA: soggetti passivi stabiliti in un altro paese dell’UE QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Questa direttiva stabilisce le norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), previsto dalla direttiva 2006/112/CE, sul sistema comune dell’Unione europea di imposta sul valore aggiunto (IVA), ai soggetti passivi non stabiliti nel paese dell’UE di rimborso* ma in un altro paese dell’UE. PUNTI CHIAVE La direttiva si applica ai soggetti passivi non stabiliti nel paese dell’UE di rimborso (ma stabiliti in un altro paese dell’UE) che, nel periodo di riferimento:non avevano in quel paese dell’UE né la sede della propria attività economica né una stabile organizzazione dalla quale fossero effettuate operazioni commerciali, né, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il proprio domicilio o la residenza abituale; non avevano effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi in quel paese dell’UE, fatta eccezione per le prestazioni di determinati servizi di trasporto e le cessioni di beni e prestazioni di servizi a soggetti debitori dell’IVA. I paesi dell’UE sono quindi tenuti a rimborsare a ogni soggetto passivo, non stabilito nel loro paese (ma stabilito in un altro paese dell’UE), l’IVA a lui addebitata in relazione a beni o servizi fornitigli da altri soggetti passivi in tale paese dell’UE o in relazione all’importazione di beni in tale paese, nella misura in cui i beni e servizi in questione siano impiegati ai fini delle operazioni elencate nella direttiva 2006/112/CE. Per poter ottenere un rimborso nel paese dell’UE di rimborso, il soggetto passivo non stabilito nel paese di rimborso deve effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione nel paese dell’UE in cui è stabilito. Se un soggetto passivo non stabilito nel paese dell’UE di rimborso effettua nel paese dell’UE in cui è stabilito sia operazioni che danno diritto alla detrazione sia operazioni che non conferiscono diritto alla detrazione in tale paese, il rimborso da parte del paese dell’UE di rimborso è ammesso soltanto per il pro rata dell’importo dell’IVA rimborsabile. Richiesta di rimborso Questa direttiva stabilisce una procedura interamente elettronica. Il soggetto passivo non stabilito nel paese dell’UE di rimborso (ma stabilito in un altro paese dell’UE.) inoltra al paese UE di rimborso una richiesta elettronica di rimborso attraverso il portale elettronico del suo paese UE. La richiesta di rimborso si riferisce all’IVA sull’acquisto di beni o servizi fatturato durante il periodo di riferimento e all’importazione di beni effettuata durante il periodo di riferimento. La richiesta di rimborso deve essere presentata al paese dell’UE di stabilimento al più tardi il 30 settembre dell’anno civile successivo al periodo di riferimento. L’importo dell’IVA che forma oggetto della richiesta di rimborso non può essere inferiore a 400 EUR (o 50 EUR in determinate condizioni). In caso di ritardo, da parte del paese, nel pagamento del rimborso, al richiedente spetteranno interessi sull’importo del rimborso. Il paese UE di stabilimento deve inviare senza indugio al richiedente una conferma elettronica della ricezione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 20 febbraio 2008 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 1 gennaio 2010. Essa abroga la direttiva 79/1072/CEE. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Rimborsi IVA (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Paese dell’UE di rimborso: il paese in cui l’IVA è addebitata al soggetto passivo per beni o servizi forniti da altri soggetti passivi in tale paese dell’UE o per l’importazione di beni in tale paese dell’UE. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro (GU L 44 del 20.2.2008, pagg. 23-28) Le successive modifiche alla Direttiva 2008/9/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) n. 79/2012 della Commissione del 31 gennaio 2012 che stabilisce le modalità d’applicazione di talune disposizioni del regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto (GU L 29, del 1.2.2012, pagg. 13-32) Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 79/2012 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto (GU L 268, del 12.10.2010, pagg. 1-18) Consultare la versione consolidata.
9,313
839
32004R0065
false
Regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissione, del 14 gennaio 2004, che stabilisce un sistema per la determinazione e l'assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificati Gazzetta ufficiale n. L 010 del 16/01/2004 pag. 0005 - 0010 Regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissionedel 14 gennaio 2004che stabilisce un sistema per la determinazione e l'assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificatiLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,visto il regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l'etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE(1), in particolare l'articolo 8,considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 1830/2003 stabilisce un quadro normativo armonizzato per assicurare la tracciabilità degli organismi geneticamente modificati (di seguito "OGM") e degli alimenti e dei mangimi ottenuti da OGM, mediante la trasmissione e la conservazione, da parte degli operatori, delle pertinenti informazioni relative a tali prodotti in tutte le fasi della loro immissione in commercio.(2) In virtù di tale regolamento, ciascun operatore che immette in commercio prodotti contenenti OGM o costituiti da OGM è tenuto a includere tra le suddette informazioni l'identificatore unico assegnato ad ogni OGM per indicarne la presenza e contraddistinguere lo specifico evento di trasformazione oggetto dell'autorizzazione all'immissione in commercio di tale OGM.(3) Per garantire la coerenza a livello comunitario e internazionale, gli identificatori unici devono essere determinati utilizzando un particolare formato.(4) L'autorizzazione all'immissione in commercio di un determinato OGM rilasciata a norma della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio(2) o di altri atti normativi comunitari deve menzionare l'identificatore unico assegnato a tale OGM. Inoltre la persona che chiede l'autorizzazione deve assicurarsi che la domanda indichi il pertinente identificatore unico.(5) Nei casi in cui siano state concesse autorizzazioni all'immissione in commercio di OGM ai sensi della direttiva 90/220/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati(3) prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, è necessario assicurare che, per ciascun OGM oggetto di tali autorizzazioni, sia stato o sia determinato, assegnato e opportunamente registrato un identificatore unico.(6) Per tenere conto degli sviluppi sopravvenuti nelle sedi internazionali e mantenere la necessaria coerenza, è opportuno fare riferimento ai formati degli identificatori unici definiti dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e utilizzati per la banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici (OECD BioTrack Product Database) e nell'ambito del centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza (Biosafety Clearing House) istituito dal protocollo di Cartagena sulla biosicurezza allegato alla convenzione sulla diversità biologica.(7) Ai fini della piena applicazione del regolamento (CE) n. 1830/2003, è essenziale che il presente regolamento si applichi con la massima urgenza.(8) Le disposizioni del presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito ai sensi dell'articolo 30 della direttiva 2001/18/CE,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO I AMBITO DI APPLICAZIONEArticolo 11. Il presente regolamento si applica agli organismi geneticamente modificati (di seguito "OGM"), che abbiano ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio ai sensi della direttiva 2001/18/CE o di altra normativa comunitaria e alle domande di immissione in commercio presentate ai sensi di tale normativa.2. Il presente regolamento non si applica ai medicinali per uso umano e veterinario autorizzati a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93, del Consiglio(4), né alle domande di autorizzazione presentate ai sensi di tale regolamento.CAPO II DOMANDE DI IMMISSIONE IN COMMERCIO DI OGMArticolo 21. Le domande di immissione in commercio di OGM devono contenere un identificatore unico per ciascun OGM cui si riferiscono.2. I richiedenti generano l'identificatore unico di ciascun OGM secondo i formati riportati in allegato, previa consultazione della banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici e del centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza, al fine di accertare se sia già stato determinato un identificatore unico per l'OGM in questione secondo tali formati.Articolo 3Qualora sia concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM:a) l'autorizzazione deve specificare l'identificatore unico assegnato a tale OGM;b) la Commissione, a nome della Comunità, ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio provvede affinché l'identificatore unico dell'OGM in questione sia comunicato il più presto possibile per iscritto al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza;c) l'identificatore unico di ciascun OGM oggetto di autorizzazione è iscritto negli appositi registri della Commissione.CAPO III OGM PER I QUALI L'AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO SIA STATA RILASCIATA PRIMA DELL'ENTRATA IN VIGORE DEL PRESENTE REGOLAMENTOArticolo 41. Sono assegnati identificatori unici a tutti gli OGM che hanno ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio ai sensi della direttiva 90/220/CEE prima dell'entrata in vigore del presente regolamento.2. I titolari delle relative autorizzazioni ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio, consultano la banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici e il centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza al fine di accertare se sia già stato determinato un identificatore unico per l'OGM in questione secondo i formati riportati in allegato.Articolo 51. Nei casi in cui, prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, sia stata concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM per il quale è già stato determinato un identificatore unico secondo i formati riportati in allegato, si applicano i paragrafi 2, 3 e 4.2. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, il titolare dell'autorizzazione ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio, comunica per iscritto alla Commissione:a) l'avvenuta determinazione dell'identificatore unico secondo i formati riportati in allegato;b) i dati relativi all'identificatore unico.3. L'identificatore unico di ciascun OGM oggetto di autorizzazione è iscritto negli appositi registri della Commissione.4. La Commissione, a nome della Comunità, ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio provvede affinché l'identificatore unico dell'OGM in questione sia comunicato il più presto possibile per iscritto al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza.Articolo 61. Nei casi in cui, prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, sia stata concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM per il quale non è stato ancora determinato un identificatore unico secondo i formati riportati in allegato, si applicano i paragrafi 2, 3, 4 e 5.2. Il titolare dell'autorizzazione ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio determina un identificatore unico per l'OGM in questione secondo i formati riportati in allegato.3. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, il titolare dell'autorizzazione comunica per iscritto i dati relativi all'identificatore unico all'autorità competente che ha rilasciato l'autorizzazione, la quale a sua volta trasmette immediatamente tali dati alla Commissione.4. L'identificatore unico di ciascun OGM oggetto di autorizzazione è iscritto negli appositi registri della Commissione.5. La Commissione, a nome della Comunità, ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio provvede affinché l'identificatore unico dell'OGM in questione sia comunicato il più presto possibile per iscritto al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza.CAPO IV DISPOSIZIONI FINALIArticolo 7Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, il 14 gennaio 2004.Per la CommissioneMargot WallströmMembro della Commissione(1) GU L 268 del 18.10.2003, pag. 24.(2) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1820/2003.(3) GU L 117 dell'8.5.1990, pag. 15. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/18/CE.(4) GU L 214 del 24.8.1993, pag. 1.ALLEGATOFORMATO DEGLI IDENTIFICATORI UNICIIl presente allegato definisce il formato degli identificatori unici per le piante (sezione A) e per i microrganismi e gli animali (sezione B).SEZIONE A1. formato generaleIl presente allegato descrive il formato da utilizzare per gli identificatori unici degli OGM che hanno ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio o sono in attesa di autorizzazione ai sensi della normativa comunitaria. Tale formato è costituito da tre componenti, che constano di un determinato numero di caratteri alfanumerici, corrispondenti al richiedente/titolare dell'autorizzazione, all'evento di trasformazione e a un sistema di controllo.L'identificatore è composto complessivamente da 9 caratteri alfanumerici. La prima componente corrisponde al richiedente/titolare dell'autorizzazione e comprende 2 o 3 caratteri alfanumerici. La seconda componente corrisponde all'evento di trasformazione e comprende 5 o 6 caratteri alfanumerici. La terza componente serve a fini di controllo ed è costituita da un carattere numerico finale.Esempio di identificatore unico determinato utilizzando tale formato:>PIC FILE= "L_2004010IT.000802.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000803.TIF">Di seguito sono fornite le indicazioni sulle modalità di determinazione delle tre diverse componenti dell'identificatore unico.2. Prima componente: richiedente/titolare dell'autorizzazioneI primi 2 o 3 caratteri alfanumerici indicano il richiedente/titolare dell'autorizzazione (ad esempio, le prime 2 o 3 lettere del nome dell'organizzazione richiedente/titolare dell'autorizzazione) e sono seguiti da un trattino, come nel seguente esempio:>PIC FILE= "L_2004010IT.000804.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000805.TIF">È possibile che i richiedenti abbiano già ottenuto l'assegnazione di caratteri alfanumerici per indicare la loro identità, e che detti caratteri figurino nella tabella dei codici dei richiedenti della banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici. In tal caso essi dovranno continuare ad utilizzare tali caratteri.I nuovi richiedenti non ancora identificati nella banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici non possono utilizzare i codici già esistenti riportati nella tabella dei codici dei richiedenti, ma devono informare le autorità nazionali, che procederanno all'aggiornamento della banca dati mediante l'inserimento di un nuovo codice identificativo nella tabella.3. Seconda componente: evento di trasformazioneIl secondo gruppo di 5 o 6 caratteri alfanumerici rappresenta lo specifico evento (o gli specifici eventi) di trasformazione oggetto della domanda di immissione in commercio e/o dell'autorizzazione, come nell'esempio che segue:>PIC FILE= "L_2004010IT.000806.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000807.TIF">È evidente che un singolo evento di trasformazione può avere luogo in diversi organismi, specie e varietà e che i caratteri devono essere rappresentativi dello specifico evento in questione. Ancora una volta, prima di generare gli identificatori unici i richiedenti dovranno consultare la banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici per verificare gli identificatori unici assegnati ad eventi di trasformazione simili riguardanti lo stesso organismo o la stessa specie, in modo da assicurare la coerenza ed evitare duplicazioni.I richiedenti devono stabilire il proprio meccanismo interno per evitare di utilizzare la stessa designazione (ossia gli stessi caratteri) per un evento di trasformazione riguardante organismi differenti. Qualora due o più organizzazioni sviluppino eventi di trasformazione simili, le "informazioni relative al richiedente" (cfr. punto 2) devono consentire a ciascun richiedente di generare un identificatore unico per il proprio prodotto, assicurandone l'unicità rispetto agli identificatori generati da altri richiedenti.Con riferimento ai nuovi OGM che implicano più eventi di trasformazione ("gene stacking"), i richiedenti o i titolari delle autorizzazioni devono generare un nuovo identificatore unico.4. Terza componente: carattere di controlloL'ultimo carattere dell'identificatore unico serve a fini di controllo ed è separato dagli altri caratteri da un trattino, come nell'esempio che segue:>PIC FILE= "L_2004010IT.000901.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000902.TIF">Il carattere di controllo è destinato a ridurre gli errori garantendo l'integrità del codice alfanumerico introdotto dagli utenti della banca dati.Di seguito è descritta la regola per il calcolo del carattere di controllo. Il carattere di controllo è composto da un unico carattere numerico (ossia un'unica cifra) ed è calcolato sommando i valori numerici di ciascuno dei caratteri alfanumerici dell'identificatore unico. Il valore numerico dei caratteri va da>PIC FILE= "L_2004010IT.000903.TIF">a 9 per i caratteri numerici da>PIC FILE= "L_2004010IT.000904.TIF">a 9, e da 1 a 26 per i caratteri alfabetici dalla A alla Z (cfr. punti 5 e 6). Qualora il totale sia un numero a più cifre, il carattere di controllo viene calcolato sommando più volte tali cifre tra loro secondo la stessa regola fino ad ottenere un valore composto da una sola cifra.Ad esempio, il carattere di controllo per il codice CED-AB891 è calcolato nel modo seguente:>SPAZIO PER TABELLA>Di conseguenza l'identificatore unico sarà: CED-AB891-6.5. Caratteri numerici da utilizzare nell'identificatore unico>PIC FILE= "L_2004010IT.000905.TIF">6. Caratteri alfabetici da utilizzare e relativi equivalenti numerici per il calcolo del carattere di controllo>PIC FILE= "L_2004010IT.001001.TIF">SEZIONE BLe disposizioni della sezione A del presente allegato si applicano ai microorganismi e agli animali, a meno che per i relativi identificatori unici non venga adottato a livello internazionale e approvato a livello comunitario un altro formato.
Organismi geneticamente modificati: identificatori unici SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce un identificatore unico*, simile a un codice a barre, specifico per ogni organismo geneticamente modificato* (OGM) immesso sul mercato. Si tratta di un elemento chiave per la tracciabilità* e l’etichettatura di alimenti e mangimi ottenuti da OGM, volto a migliorare la scelta dei consumatori e a fornire garanzie per la salute e per l’ambiente. PUNTI CHIAVE Per garantire la coerenza con gli sviluppi nelle sedi internazionali, viene utilizzato il formato dell’identificatore unico utilizzato dalla banca dati dei prodotti biotecnologici dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e dal centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza istituito dal protocollo di Cartagena sulla biosicurezza allegato alla convenzione sulla diversità biologica. Per ogni nuova domanda di autorizzazione all’immissione sul mercato di un OGM, il richiedente deve consultare le banche dati per accertarsi se sia già stato determinato un identificatore unico per l’OGM in questione, prima di crearne uno secondo il formato prescritto. Qualora sia concessa l’autorizzazione all’immissione in commercio di un OGM, la Commissione europea comunica al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza l’identificatore unico, che verrà iscritto nel registro comunitario degli OGM autorizzati. A tutti gli OGM autorizzati prima dell’entrata in vigore del regolamento sono stati assegnati identificatori unici in base allo stesso. Il formato dell’identificatore unico è definito in allegato al regolamento ed è composto da nove caratteri alfanumerici. I primi due o tre caratteri alfanumerici rappresentano il nome della società o dell’organizzazione. La seconda componente di cinque o sei caratteri rappresenta l’evento di trasformazione* mentre la componente finale è un singolo carattere di controllo, separato da un trattino, ad esempio: MON-00603-1. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento si applica a decorrere dal 16 gennaio 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda la pagina «Tracciabilità ed etichettatura» sul sito Internet della Commissione europea. TERMINI CHIAVE * Identificativo unico: un codice alfanumerico composto da nove caratteri, specifico di un OGM, che gli consente di essere facilmente identificato sull’etichetta di un prodotto. * Organismi geneticamente modificati: piante o animali allevati per raggiungere una maggiore resa o resistere alle malattie, attraverso la modificazione del loro patrimonio cellulare e genetico. * Tracciabilità : la capacità di rintracciare gli OGM e i prodotti ottenuti da OGM, in tutte le fasi della catena di produzione e di distribuzione, facilitando un’etichettatura precisa. * Evento di trasformazione: un termine usato per differenziare geneticamente le varietà di colture e di altri organismi modificati (trasformati) attraverso l’ingegneria genetica. ATTO Regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissione, del 14 gennaio 2004, che stabilisce un sistema per la determinazione e l’assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificati (GU L 10 del 16.1.2004, pagg. 5-10) ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 641/2004 della Commissione, del 6 aprile 2004, recante norme attuative del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la domanda di autorizzazione di nuovi alimenti e mangimi geneticamente modificati, la notifica di prodotti preesistenti e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di materiale geneticamente modificato che è stato oggetto di una valutazione del rischio favorevole (GU L 102 del 7.4.2004, pagg. 14-25). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 641/2004 della Commissione sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l’etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE (GU L 268 del 18.10.2003, pagg. 24-28). Si veda la versione consolidata.
6,156
828
32007D0436
false
DECISIONE DEL CONSIGLIO del 7 giugno 2007 relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (2007/436/CE, Euratom) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 269, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare l’articolo 173, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere della Corte dei conti (2), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (3), considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo, riunito a Bruxelles il 15 e il 16 dicembre 2005, ha concluso fra l’altro che il sistema delle risorse proprie dovrebbe essere ispirato all’obiettivo generale di equità e dovrebbe pertanto garantire, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Fontainebleau del 1984, che nessuno Stato membro si faccia carico di un onere di bilancio eccessivo rispetto alla propria prosperità relativa. Di conseguenza, tale sistema dovrebbe introdurre disposizioni per determinati Stati membri. (2) Il sistema di risorse proprie della Comunità deve garantire risorse adeguate per il corretto sviluppo delle politiche della Comunità, ferma restando la necessità di una rigorosa disciplina di bilancio. (3) Ai fini della presente decisione, il reddito nazionale lordo (RNL) dovrebbe essere definito come l’RNL annuo a prezzi di mercato, determinato dalla Commissione in applicazione del sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (di seguito «SEC 95») a norma del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio (4). (4) In considerazione del passaggio dal SEC 79 al SEC 95 per quanto riguarda il bilancio e le risorse proprie e al fine di mantenere immutato l’importo delle risorse finanziarie messe a disposizione delle Comunità, la Commissione ha ricalcolato, a norma dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della decisione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio, del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (5), il massimale delle risorse proprie e il massimale degli stanziamenti per impegni, espressi con due decimali, sulla base della formula prevista da detto articolo. Il 28 dicembre 2001 la Commissione ha comunicato i nuovi massimali al Consiglio e al Parlamento europeo. Il massimale delle risorse proprie è stato fissato all’1,24 % dell’RNL totale degli Stati membri a prezzi di mercato, mentre per gli stanziamenti per impegni è stato previsto un massimale dell’1,31 % dell’RNL totale degli Stati membri. Il Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005 ha concluso che tali massimali dovrebbero essere mantenuti ai livelli attuali. (5) Al fine di mantenere immutato l’importo delle risorse finanziarie messe a disposizione delle Comunità, è opportuno adeguare tali massimali, espressi in percentuale dell’RNL, in caso di modifiche del SEC 95 che comportino un cambiamento significativo nel livello dell’RNL. (6) A seguito dell’attuazione nel diritto dell’Unione europea degli accordi conclusi nel quadro dei negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round, non vi è più alcuna differenza sostanziale tra dazi agricoli e dazi doganali. È pertanto opportuno rimuovere tale distinzione dal contesto del bilancio generale dell’Unione europea. (7) Ai fini della trasparenza e della semplicità il Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005 ha concluso che l’aliquota uniforme di prelievo della risorsa dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) è fissata allo 0,30 %. (8) Il Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005 ha concluso che l’Austria, la Germania, i Paesi Bassi e la Svezia devono beneficiare di aliquote di prelievo dell’IVA ridotte durante il periodo 2007-2013 e che nello stesso periodo i Paesi Bassi e la Svezia devono beneficiare di riduzioni lorde dei loro contributi annui basati sull’RNL. (9) Il Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005 ha concluso che il meccanismo di correzione a favore del Regno Unito deve restare insieme al finanziamento ridotto della correzione di cui beneficiano l’Austria, la Germania, i Paesi Bassi e la Svezia. Dopo un periodo di introduzione graduale fra il 2009 e il 2011, tuttavia, il Regno Unito dovrà partecipare integralmente al finanziamento dei costi dell’allargamento, fatta eccezione per i pagamenti diretti nel settore agricolo e le spese connesse al mercato, e la parte delle spese per lo sviluppo rurale originate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione Garanzia. Il calcolo della correzione a favore del Regno Unito deve pertanto essere adeguato escludendo progressivamente le spese ripartite fra gli Stati membri che hanno aderito all’UE dopo il 30 aprile 2004, fatta eccezione per le spese agricole e di sviluppo rurale di cui sopra. Il contributo supplementare del Regno Unito risultante dalla riduzione della spesa ripartita non dovrà superare 10,5 miliardi di EUR a prezzi 2004 nel periodo 2007-2013. In caso di ulteriori allargamenti prima del 2013, fatta eccezione per l’adesione di Bulgaria e Romania, l’importo sarà adeguato di conseguenza. (10) Il Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005 ha concluso che l’articolo 4, lettera f), secondo comma, della decisione 2000/597/CE, Euratom relativo all’esclusione delle spese annue di preadesione nei paesi in via di adesione dal calcolo della correzione a favore del Regno Unito non dovrà più essere applicato alla fine del 2013. (11) Il Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005 ha invitato la Commissione a procedere a un riesame generale e approfondito che tenga conto di tutti gli aspetti relativi alle spese dell’UE, compresa la politica agricola comune (PAC), e alle risorse, inclusa la correzione per il Regno Unito, da presentare nel 2008/2009. (12) Dovrebbero essere fissate le disposizioni necessarie per garantire la transizione dal regime previsto dalla decisione 2000/597/CE, Euratom a quello introdotto dalla presente decisione. (13) Il Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005 ha previsto che la presente decisione prenda effetto il 1o gennaio 2007, HA ADOTTATO LE PRESENTI DISPOSIZIONI, DI CUI RACCOMANDA L’ADOZIONE AGLI STATI MEMBRI: Articolo 1 Alle Comunità sono attribuite le risorse proprie secondo le modalità fissate negli articoli che seguono allo scopo di garantire il finanziamento del bilancio generale dell’Unione europea come previsto dall’articolo 269 del trattato che istituisce la Comunità europea (di seguito «il trattato CE») e dall’articolo 173 del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (di seguito «il trattato Euratom»). Fatte salve altre entrate, il bilancio generale dell’Unione europea è integralmente finanziato da risorse proprie delle Comunità. Articolo 2 1. Costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio generale dell’Unione europea le entrate provenienti: a) da prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni delle Comunità sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione del trattato, ormai scaduto, che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, nonché contributi e altri dazi previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero; b) fatto salvo il paragrafo 4, secondo comma, dall’applicazione di un’aliquota uniforme, valida per tutti gli Stati membri, agli imponibili IVA armonizzati, determinati secondo regole comunitarie. L’imponibile da prendere in considerazione a tal fine è limitato al 50 % dell’RNL di ciascuno Stato membro, come stabilito al paragrafo 7; c) fatto salvo il paragrafo 5, secondo comma, dall’applicazione di un’aliquota uniforme — che sarà fissata secondo la procedura di bilancio, tenuto conto del totale di tutte le altre entrate — alla somma degli RNL di tutti gli Stati membri. 2. Costituiscono inoltre risorse proprie iscritte nel bilancio generale dell’Unione europea le entrate provenienti da altre imposte eventualmente istituite, nell’ambito di una politica comune, ai sensi del trattato CE o del trattato Euratom, a condizione che sia stata portata a termine la procedura di cui all’articolo 269 del trattato CE o quella di cui all’articolo 173 del trattato Euratom. 3. Gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 25 % degli importi di cui al paragrafo 1, lettera a). 4. L’aliquota uniforme di cui al paragrafo 1, lettera b), è fissata allo 0,30 %. Limitatamente al periodo 2007-2013, l’aliquota di prelievo della risorsa IVA per l’Austria è fissata allo 0,225 %, per la Germania allo 0,15 % e per i Paesi Bassi e la Svezia allo 0,10 %. 5. L’aliquota uniforme di cui al paragrafo 1, lettera c), si applica all’RNL di ciascuno Stato membro. Limitatamente al periodo 2007-2013, i Paesi Bassi beneficiano di una riduzione lorda del proprio contributo RNL annuo pari a 605 milioni di EUR e la Svezia di una pari a 150 milioni di EUR, espresse a prezzi 2004. Tali importi sono adeguati a prezzi correnti applicando l’ultimo deflatore PIL per l’UE espresso in euro, come previsto dalla Commissione, disponibile al momento della preparazione del progetto preliminare di bilancio. Le riduzioni lorde sono applicate previo calcolo della correzione a favore del Regno Unito e del suo finanziamento, come indicato negli articoli 4 e 5 della presente decisione e non hanno alcun impatto su di essa. 6. Se all’inizio dell’esercizio il bilancio non è stato ancora adottato, le aliquote IVA e l’aliquota RNL esistenti continuano ad applicarsi fino all’entrata in vigore delle nuove aliquote. 7. Ai fini della presente decisione, per RNL si intende l’RNL dell’anno ai prezzi di mercato fornito dalla Commissione in applicazione del SEC 95, ai sensi del regolamento (CE) n. 2223/96. Qualora modifiche del SEC 95 determinassero cambiamenti significativi dell’RNL fornito dalla Commissione, il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, dopo aver consultato il Parlamento europeo, decide se tali modifiche sono applicabili ai fini della presente decisione. Articolo 3 1. L’importo totale delle risorse proprie attribuito alle Comunità per gli stanziamenti annuali per pagamenti non può superare l’1,24 % del totale degli RNL degli Stati membri. 2. L’importo totale degli stanziamenti annuali per impegni iscritti nel bilancio generale dell’Unione europea non può superare l’1,31 % della somma degli RNL degli Stati membri. Si mantiene una correlazione ordinata tra stanziamenti per impegni e stanziamenti di pagamento per garantirne la compatibilità e consentire di rispettare il massimale di cui al paragrafo 1 negli anni successivi. 3. Nell’ipotesi di modifiche del SEC 95 che diano luogo a variazioni significative dell’RNL utilizzato ai fini della presente decisione, i massimali per gli stanziamenti per pagamenti e per impegni di cui ai paragrafi 1 e 2 sono ricalcolati dalla Commissione sulla base della seguente formula: dove t è l’ultimo anno completo per cui sono disponibili dati in base al regolamento (CE, Euratom) n. 1287/2003 del Consiglio, del 15 luglio 2003, relativo all’armonizzazione del reddito nazionale lordo ai prezzi di mercato (regolamento RNL) (6). Articolo 4 1. Una correzione degli squilibri di bilancio è accordata al Regno Unito. L’entità della correzione è determinata: a) calcolando la differenza esistente nel corso dell’esercizio precedente, tra: — la parte in percentuale del Regno Unito nella somma degli imponibili IVA non ridotti, e — la parte in percentuale del Regno Unito nel totale della spesa ripartita; b) moltiplicando la differenza così ottenuta per il totale della spesa ripartita; c) moltiplicando il risultato di cui alla lettera b) per 0,66; d) detraendo dal risultato ottenuto alla lettera c) gli effetti che risultano, per il Regno Unito, dal passaggio all’IVA ridotta e ai versamenti di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), vale a dire sottraendo la differenza fra: — quanto il Regno Unito avrebbe dovuto versare per gli importi finanziati con le risorse di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere b) e c), se l’aliquota uniforme IVA fosse stata applicata agli imponibili IVA non ridotti, e — i versamenti del Regno Unito di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere b) e c); e) detraendo dal risultato di cui alla lettera d) i guadagni netti risultanti per il Regno Unito dall’aumento della percentuale delle risorse di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), trattenute dagli Stati membri a titolo di copertura delle spese di riscossione e delle spese correlate; f) calcolando, al momento di ciascun singolo allargamento dell’UE, un aggiustamento del risultato di cui alla lettera e), in modo da ridurre la compensazione, garantendo con ciò che la spesa non compensata prima dell’allargamento rimanga tale. Tale aggiustamento è effettuato riducendo il totale della spesa ripartita di un importo pari alla spesa annua di preadesione dei paesi in via di adesione. Tutti gli importi così calcolati sono riportati agli esercizi seguenti e sono adeguati ogni anno applicando l’ultimo deflatore PIL disponibile per l’UE espresso in euro, come previsto dalla Commissione. La presente lettera cessa di essere applicata a partire dalla correzione da iscrivere in bilancio per la prima volta nel 2014; g) adeguando il calcolo, mediante una detrazione dalla spesa ripartita totale della spesa ripartita totale degli Stati membri che hanno aderito all’UE dopo il 30 aprile 2004, fatta eccezione per i pagamenti diretti nel settore agricolo e le spese connesse al mercato, nonché la parte delle spese per lo sviluppo rurale originate dal FEAOG, sezione Garanzia. La riduzione è introdotta progressivamente in base al calendario qui di seguito: Correzione a favore del Regno Unito da iscrivere in bilancio per la prima volta nell’anno Percentuale delle spese connesse all’allargamento (come definite qui sopra) da escludere dal calcolo della correzione a favore del Regno Unito 2009 20 2010 70 2011 100 2. Durante il periodo 2007-2013 il contributo supplementare del Regno Unito risultante dalla riduzione della spesa ripartita di cui al paragrafo 1, lettera g), non supera i 10,5 miliardi di EUR a prezzi 2004. Ogni anno i servizi della Commissione verificano se l’adeguamento cumulato della correzione supera tale importo. Ai fini del presente calcolo, gli importi a prezzi correnti sono convertiti a prezzi 2004 applicando l’ultimo deflatore PIL disponibile per l’UE espresso in euro, come previsto dalla Commissione. Se si supera il massimale di 10,5 miliardi di EUR il contributo del Regno Unito è ridotto di conseguenza. In caso di ulteriori allargamenti prima del 2013, il massimale di 10,5 miliardi di EUR è adeguato di conseguenza verso l’alto. Articolo 5 1. L’onere finanziario della correzione è assunto dagli altri Stati membri secondo le modalità seguenti: a) la ripartizione dell’onere è inizialmente calcolata in funzione della parte rispettiva degli Stati membri nei versamenti di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), ad esclusione del Regno Unito e senza tenere conto delle riduzioni lorde dei contributi basati sull’RNL dei Paesi Bassi e della Svezia di cui all’articolo 2, paragrafo 5; b) essa è in seguito adeguata in modo da limitare la partecipazione finanziaria dell’Austria, della Germania, dei Paesi Bassi e della Svezia ad un quarto delle quote normali risultanti da questo calcolo. 2. La correzione è accordata al Regno Unito mediante riduzione dei suoi versamenti risultanti dall’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c). L’onere finanziario assunto dagli altri Stati membri è aggiunto ai rispettivi versamenti risultanti dall’applicazione, per ciascuno Stato membro, dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c). 3. La Commissione procede ai calcoli necessari per l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 5, dell’articolo 4 e del presente articolo. 4. Se all’inizio dell’esercizio il bilancio non è stato adottato, continuano a venire applicati la correzione accordata al Regno Unito e l’onere finanziario assunto dagli altri Stati membri iscritti nell’ultimo bilancio definitivamente adottato. Articolo 6 Le entrate di cui all’articolo 2 sono utilizzate indistintamente per finanziare tutte le spese iscritte nel bilancio generale dell’Unione europea. Articolo 7 L’eventuale eccedenza delle entrate delle Comunità sul totale delle spese effettive nel corso di un esercizio è riportata all’esercizio successivo. Articolo 8 1. Le risorse proprie delle Comunità di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), sono riscosse dagli Stati membri ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, eventualmente adattate alle esigenze della normativa comunitaria. La Commissione procede, ad intervalli regolari, all’esame delle disposizioni nazionali che le sono comunicate dagli Stati membri, comunica agli Stati membri gli adattamenti che ritiene necessari per garantire che esse siano conformi alle normative comunitarie e riferisce all’autorità di bilancio. Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione le risorse di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a), b) e c). 2. Secondo le procedure di cui all’articolo 279, paragrafo 2, del trattato CE, e all’articolo 183 del trattato Euratom, il Consiglio adotta le disposizioni necessarie all’attuazione della presente decisione, nonché quelle relative al controllo della riscossione, alla messa a disposizione della Commissione e al versamento delle entrate di cui agli articoli 2 e 5. Articolo 9 Nel quadro del riesame generale e approfondito che tenga conto di tutti gli aspetti relativi alle spese dell’UE, compresa la PAC, e alle risorse, inclusa la correzione per il Regno Unito, che presenterà nel 2008/2009, la Commissione avvia un riesame generale del sistema delle risorse proprie. Articolo 10 1. Fatto salvo il paragrafo 2, la decisione 2000/597/CE, Euratom è abrogata a decorrere dal 1o gennaio 2007. Ogni riferimento alla decisione del Consiglio 70/243/CECA, CEE, Euratom, del 21 aprile 1970, relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità (7), alla decisione 85/257/CEE, Euratom del Consiglio, del 7 maggio 1985, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (8), alla decisione 88/376/CEE, Euratom del Consiglio, del 24 giugno 1988, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità (9), alla decisione 94/728/CE, Euratom del Consiglio, del 31 ottobre 1994, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (10), o alla decisione 2000/597/CE, Euratom deve intendersi fatto alla presente decisione. 2. Gli articoli 2, 4 e 5 della decisione 88/376/CEE, Euratom, della decisione 94/728/CE, Euratom e della decisione 2000/597/CE, Euratom rimangono applicabili al calcolo e agli adeguamenti delle entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme valida per tutti gli Stati membri all’imponibile IVA determinato in modo uniforme previo livellamento fra il 50 e il 55 % del PNL o dell’RNL di ciascuno Stato membro, a seconda dell’esercizio di riferimento, e al calcolo della correzione degli squilibri di bilancio accordata al Regno Unito per gli esercizi dal 1988 al 2006. 3. Gli Stati membri continuano a trattenere, a titolo di spese di riscossione, il 10 % degli importi di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), che avrebbero dovuto mettere a disposizione anteriormente al 28 febbraio 2001 conformemente alle norme comunitarie applicabili. Articolo 11 La presente decisione è notificata agli Stati membri dal segretario generale del Consiglio. Gli Stati membri notificano senza indugio al segretario generale del Consiglio l’espletamento delle procedure richieste dalle rispettive norme costituzionali per l’adozione della presente decisione. La presente decisione entra in vigore il primo giorno del mese successivo al ricevimento dell’ultima notifica di cui al secondo comma. Essa prende effetto il 1o gennaio 2007. Articolo 12 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Lussemburgo, addì 7 giugno 2007. Per il Consiglio Il presidente M. GLOS (1) Parere espresso il 4 luglio 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 203 del 25.8.2006, pag. 50. (3) GU C 309 del 16.12.2006, pag. 103. (4) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1). (5) GU L 253 del 7.10.2000, pag. 42. (6) GU L 181 del 19.7.2003, pag. 1. (7) GU L 94 del 28.4.1970, pag. 19. (8) GU L 128 del 14.5.1985, pag. 15. (9) GU L 185 del 15.7.1988, pag. 24. (10) GU L 293 del 12.11.1994, pag. 9.
Sistema delle risorse proprie La decisione sulle risorse proprie stabilisce le disposizioni di base per il finanziamento del bilancio dell'Unione europea. ATTO Decisione 2007/436/CE,Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee SINTESI Il funzionamento dell'Unione europea (UE) si basa su un bilancio equilibrato, interamente finanziato da risorse proprie. Il massimale delle risorse proprie è stato mantenuto all'1,23 % del reddito nazionale lordo (RNL) degli Stati membri dell'UE. Esistono tre categorie di risorse proprie: le risorse proprie tradizionali, la risorsa propria basata sull'imposta sul valore aggiunto (TVA) e quella basata sul reddito nazionale lordo (RNL). Altre entrate derivano, tra l'altro, dalle imposte pagate dai funzionari, dalle ammende imposte dall'Unione alle imprese e dagli interessi di mora. Risorse proprie tradizionali Le risorse proprie tradizionali consistono nei dazi della tariffa doganale e nei contributi previsti nell'ambito della produzione dello zucchero nell'Unione. Gli Stati membri possono trattenere, a titolo di spese di riscossione, il 25 % del totale. La risorsa IVA L'aliquota uniforme dello 0,30 % è riscossa sulla base imponibile IVA armonizzata per ciascuno Stato membro. L'imponibile massimo dell'IVA è fissato al 50 % dell'RNL di ciascuno Stato membro. L'obiettivo di questa norma è di evitare che gli Stati membri più poveri versino un importo sproporzionato. La risorsa basata sull'RNL Viene riscossa una percentuale uniforme sull'RNL di ciascuno Stato membro. Tale percentuale viene impiegata per finanziare la parte del bilancio dell'UE non coperta da altre risorse proprie e altre fonti di reddito. L'obiettivo è di bilanciare le entrate e le uscite. Correzione in favore di alcuni Stati membri Le correzioni sono calcolate sulla base del principio per cui ogni Stato membro che sostiene un onere di bilancio eccessivo rispetto alla propria prosperità relativa dovrebbe, al momento opportuno, beneficiare di una correzione. I paesi che beneficiano attualmente di tali misure sono la Germania, i Paesi Bassi, l'Austria, la Svezia e il Regno Unito. Riscossione delle risorse proprie Il metodo di riscossione delle risorse proprie continuerà a essere determinato da disposizioni nazionali. La Commissione procederà a un monitoraggio regolare di tali disposizioni. Gli Stati membri informano regolarmente la Commissione delle anomalie con un impatto finanziario riscontrate nell'ambito della riscossione. Modifica del sistema delle risorse proprie dell'UE Nel giugno 2011, la Commissione ha presentato una proposta di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea per il 2014-2020. La decisione, adottata dal Consiglio nel maggio 2014, entrerà in vigore solo quando sarà ratificata da tutti gli Stati membri. Tuttavia, una volta in vigore, sarà applicata con effetto retroattivo dal 1o gennaio 2014. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Decisione2007/436/CE, Euratom 1.1.2007 - GU L 163 del 23.6.2007 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE, Euratom) n. 1287/2003 del Consiglio, del 15 luglio 2003, relativo all'armonizzazione del reddito nazionale lordo ai prezzi di mercato (Regolamento RNL) (GU L 181 del 19.7.2003) Decisione 97/245/CE, Euratom, della Commissione, del 20 marzo 1997, che fissa le modalità di comunicazione da parte degli Stati membri di talune informazioni trasmesse alla Commissione nel quadro del sistema delle risorse proprie delle Comunità (GU L 97 del 12.4.1997) Regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89 del Consiglio concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dall'imposta sul valore aggiunto (GU L 155 del 7.6.1989) Proposta di regolamento del Consiglio concernente le modalità e la procedura di messa a disposizione della risorsa propria basata sull'imposta sul valore aggiunto [COM(2011) 737 def. , non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Tale proposta, che dovrebbe abrogare e sostituire il regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89, si propone di definire il metodo a cui dovranno attenersi gli Stati membri per il calcolo della nuova risorsa propria IVA e la procedura di messa a disposizione per il bilancio dell'UE. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Settima relazione a norma dell’articolo 12 del regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89 sulle procedure di riscossione e di controllo dell’IVA [COM(2014) 69 final, non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea (GU L 168 del 7.6.2014). Regolamento (UE, Euratom) n. 608/2014 del Consiglio, del 26 maggio 2014, che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea (GU L 168 del 7.6.2014). Regolamento (UE, Euratom) n. 609/2014 del Consiglio, del 26 maggio 2014, concernente le modalità e la procedura di messa a disposizione delle risorse proprie tradizionali e delle risorse proprie basate sull'IVA e sull'RNL, nonché le misure per far fronte al fabbisogno di tesoreria (Rifusione) (GU L 168 del 7.6.2014).
8,743
842
32004D0002
false
2004/257/CE: Decisione della Banca centrale europea, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della Banca centrale europea (BCE/2004/2) Gazzetta ufficiale n. L 080 del 18/03/2004 pag. 0033 - 0041 Decisione della Banca centrale europeadel 19 febbraio 2004che adotta il regolamento interno della Banca centrale europea(BCE/2004/2)(2004/257/CE)IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare l'articolo 12.3,DECIDE:Articolo unicoIl regolamento interno della Banca centrale europea, modificato il 22 aprile 1999, come ulteriormente modificato dalla decisione BCE/1999/6, del 7 ottobre 1999, recante modifiche al regolamento interno della Banca centrale europea(1), è sostituito dal testo seguente, che entrerà in vigore il 1o marzo 2004.REGOLAMENTO INTERNO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEACAPITOLO PRELIMINAREArticolo 1DefinizioniIl presente regolamento interno è complementare al trattato che istituisce la Comunità europea e allo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea. I termini contenuti nel presente regolamento interno hanno il medesimo significato di quelli contenuti nel trattato e nello statuto. Per "Eurosistema" si intende la Banca centrale europea (BCE) e le banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro.CAPITOLO I IL CONSIGLIO DIRETTIVOArticolo 2Data e luogo di riunione del consiglio direttivo2.1. Il consiglio direttivo decide le date delle proprie riunioni su proposta del presidente. In linea di principio, il consiglio direttivo si riunisce regolarmente in base a un programma che esso stesso stabilisce con debito anticipo rispetto all'inizio di ogni anno solare.2.2. Il presidente convoca una riunione del consiglio direttivo su richiesta di almeno tre dei suoi membri.2.3. Il presidente può inoltre convocare riunioni del consiglio direttivo ogniqualvolta lo ritenga necessario.2.4. Il consiglio direttivo tiene di norma le proprie riunioni nei locali della BCE.2.5. Le riunioni possono essere tenute anche in teleconferenza, salvo obiezione di almeno tre governatori.Articolo 3Partecipazione alle riunioni del consiglio direttivo3.1. Salvo quanto qui disposto, la partecipazione alle riunioni del consiglio direttivo è limitata ai propri membri, al presidente del Consiglio dell'Unione europea e a un membro della Commissione delle Comunità europee.3.2. Ciascun governatore può normalmente essere accompagnato da una persona.3.3. Qualora un membro del consiglio direttivo non sia in grado di partecipare, esso ha la facoltà di nominare per iscritto un supplente, fatto salvo l'articolo 4. Tale comunicazione scritta è inviata al presidente con debito anticipo rispetto alla riunione. Tale supplente può normalmente essere accompagnato da una persona.3.4. Il presidente nomina un membro del personale della BCE quale segretario. Quest'ultimo assiste il comitato esecutivo nella preparazione delle riunioni del consiglio direttivo e ne redige i verbali.3.5. Il consiglio direttivo potrà inoltre invitare altre persone a partecipare alle proprie riunioni, ove lo ritenga opportuno.Articolo 4Votazione4.1. Affinché il consiglio direttivo possa validamente votare, è necessario il raggiungimento di un quorum pari ai due terzi dei suoi membri. Qualora il quorum non venga raggiunto, il presidente può convocare una riunione straordinaria nella quale possono essere prese decisioni a prescindere dal quorum.4.2. Il consiglio direttivo procede alla votazione su richiesta del presidente. Il presidente dà inizio alla procedura di votazione anche su richiesta di un membro del consiglio direttivo.4.3. Le astensioni non impediscono l'adozione da parte del consiglio direttivo di decisioni di cui all'articolo 41.2 dello statuto.4.4. Se un membro del consiglio direttivo è impossibilitato a votare per un periodo di tempo prolungato (ad esempio superiore a un mese), esso avrà la facoltà di nominare un supplente quale membro del consiglio direttivo.4.5. In conformità dell'articolo 10.3 dello statuto, qualora un governatore non sia in grado di votare su una decisione da assumersi ai sensi degli articoli 28, 29, 30, 32, 33 e 51 dello statuto, il suo sostituto ha facoltà di esprimere il proprio voto ponderato.4.6. Il presidente ha facoltà di indire votazioni a scrutinio segreto su richiesta almeno di tre membri del consiglio direttivo. Se una decisione ex articolo 11.1, 11.3 o 11.4 dello statuto riguarda personalmente membri del consiglio direttivo, è effettuata una votazione a scrutinio segreto. In tali casi, i membri interessati del consiglio direttivo non partecipano al voto.4.7. Le decisioni possono inoltre essere prese mediante procedura scritta, salvo obiezione di almeno tre membri del consiglio direttivo. La procedura scritta richiede: i) di norma non meno di cinque giorni lavorativi per la valutazione da parte di ciascun membro del consiglio direttivo; ii) la sottoscrizione di ciascun membro del consiglio direttivo (o del suo sostituto, conformemente all'articolo 4.4); e iii) la registrazione di ogni decisione nei verbali della successiva riunione del consiglio direttivo.Articolo 5Organizzazione delle riunioni del consiglio direttivo5.1. Il consiglio direttivo adotta l'ordine del giorno per ciascuna riunione. Un ordine del giorno provvisorio è redatto dal comitato esecutivo e inviato, unitamente alla documentazione relativa, ai membri del consiglio direttivo e agli altri partecipanti autorizzati, almeno otto giorni prima della riunione pertinente, fatti salvi i casi di urgenza nei quali il comitato esecutivo agisce in maniera appropriata, considerate le circostanze. Il consiglio direttivo ha facoltà di decidere la cancellazione o l'aggiunta di voci all'ordine del giorno provvisorio, su proposta del presidente o di un membro del consiglio direttivo. Su richiesta di almeno tre membri del consiglio direttivo è disposta la cancellazione dall'ordine del giorno di una voce se la documentazione relativa non è stata inviata a tempo debito ai membri del consiglio direttivo.5.2. I verbali dei lavori del consiglio direttivo sono presentati per approvazione ai suoi membri nel corso della riunione successiva (o, se necessario, prima di essa, mediante procedura scritta) e sono sottoscritti dal presidente.5.3. Il consiglio direttivo ha la facoltà di definire regole interne riguardanti il processo decisionale in situazioni di emergenza.CAPITOLO II IL COMITATO ESECUTIVOArticolo 6Data e luogo delle riunioni del comitato esecutivo6.1. La data delle riunioni è decisa dal comitato esecutivo su proposta del presidente.6.2. Il presidente ha inoltre facoltà di convocare riunioni del comitato esecutivo ogniqualvolta lo ritenga necessario.Articolo 7Votazione7.1. In conformità dell'articolo 11.5 dello statuto, perché il comitato esecutivo possa validamente votare, è necessario il raggiungimento di un quorum pari a due terzi dei suoi membri. Qualora il quorum non venga raggiunto, il presidente può convocare una riunione straordinaria nella quale possono essere prese decisioni a prescindere dal quorum.7.2. Le decisioni possono inoltre essere prese mediante procedura scritta, salvo obiezione di almeno due membri del comitato esecutivo.7.3. I membri del comitato esecutivo che potrebbero essere personalmente interessati da una decisione ex articolo 11.1, 11.3 o 11.4 dello statuto, non partecipano alle votazioni.Articolo 8Organizzazione delle riunioni del comitato esecutivoIl comitato esecutivo decide circa l'organizzazione delle proprie riunioni.CAPITOLO III ORGANIZZAZIONE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEAArticolo 9Eurosistema e comitati del SEBC9.1. Il consiglio direttivo istituisce e scioglie i comitati. Questi supportano l'attività degli organi decisionali della BCE e riferiscono al consiglio direttivo attraverso il comitato esecutivo.9.2. I comitati sono composti da massimo due membri di ciascuna BCN dell'Eurosistema e della BCE, nominati rispettivamente da ciascun governatore e dal comitato esecutivo. Il consiglio direttivo determina il mandato dei comitati e nomina i relativi presidenti. Di regola, il presidente è un membro del personale della BCE. Il consiglio direttivo e il comitato esecutivo hanno il diritto di richiedere ai comitati studi su argomenti specifici. La BCE fornisce assistenza di segretariato ai comitati.9.3. Anche la banca centrale nazionale di ciascuno Stato membro non partecipante può nominare fino a un massimo di due membri del proprio personale affinché prendano parte alle riunioni di un comitato ogni qual volta si tratti di questioni di competenza del consiglio generale e ogni qual volta il presidente di un comitato e il comitato esecutivo lo ritengano opportuno.9.4. Rappresentanti di altre istituzioni e organi comunitari, e altri terzi, possono essere invitati a partecipare alle riunioni di un comitato ogni qual volta il presidente del rispettivo comitato e il Comitato esecutivo lo ritenga opportuno.Articolo 9 bisIl consiglio direttivo può decidere di istituire comitati ad hoc aventi specifici compiti di consulenza.Articolo 10Struttura interna10.1. Previa consultazione del consiglio direttivo, il comitato esecutivo decide sul numero, nome e rispettive competenze di ciascuna delle unità operative della BCE. Tale decisione è resa pubblica.10.2. Tutte le unità operative della BCE sono poste sotto la direzione del comitato esecutivo. Il Comitato esecutivo decide circa le responsabilità individuali dei propri membri in relazione alle unità operative della BCE e ne dà informazione al consiglio direttivo, al consiglio generale e al personale della BCE. Tali decisioni sono prese esclusivamente in presenza di tutti i membri del comitato esecutivo e non possono essere prese con il voto contrario del presidente.Articolo 11Personale della BCE11.1. Ciascun membro del personale della BCE è informato sulla propria posizione all'interno della struttura della BCE, sulla propria posizione gerarchica e sulle proprie responsabilità professionali.11.2. Fatti salvi gli articoli 36 e 47 dello statuto, il comitato esecutivo emana norme a contenuto organizzativo (di seguito denominate "circolari amministrative"), vincolanti per il personale della BCE.11.3. Il comitato esecutivo adotta e aggiorna un codice di condotta volto a fornire direttive ai propri membri e ai membri del personale della BCE.CAPITOLO IV COINVOLGIMENTO DEL CONSIGLIO GENERALE NEGLI INCARICHI DEL SISTEMA EUROPEO DI BANCHE CENTRALIArticolo 12Rapporti fra il consiglio direttivo e il consiglio generale12.1. Il consiglio generale della BCE ha l'opportunità di presentare osservazioni prima che il consiglio direttivo adotti:- pareri in virtù degli articoli 4 e 25.1 dello statuto,- raccomandazioni in materia di statistiche, in virtù dell'articolo 42 dello statuto,- la relazione annuale,- regole sulla uniformazione delle norme contabili e sul rendiconto sulle operazioni,- misure per l'applicazione dell'articolo 29 dello statuto,- le condizioni di impiego per il personale della BCE,- un parere della BCE in forza dell'articolo 123, paragrafo 5, del trattato o relativo ad atti giuridici comunitari da adottarsi in caso di abrogazione di una deroga, nel quadro dei preparativi per la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio.12.2. Ogniqualvolta si richieda al consiglio generale la presentazione di osservazioni ai sensi del primo paragrafo del presente articolo, esso ha a disposizione un arco di tempo ragionevole, non inferiore a dieci giorni lavorativi, per pronunciarsi. In caso di urgenza, che deve essere giustificata nella richiesta, tale periodo può essere ridotto a cinque giorni lavorativi. Il presidente ha facoltà di decidere il ricorso alla procedura scritta.12.3. In conformità dell'articolo 47.4 dello statuto, il presidente informa il consiglio generale delle decisioni adottate dal consiglio direttivo.Articolo 13Rapporti fra il comitato esecutivo e il consiglio generale13.1. Il consiglio generale della BCE ha l'opportunità di presentare osservazioni prima che il comitato esecutivo:- dia attuazione ad atti giuridici del consiglio direttivo per i quali, in conformità del precedente articolo 12, paragrafo 1, è richiesto il contributo del consiglio generale,- adotti, in virtù dei poteri conferitigli dal consiglio direttivo ex articolo 12.1 dello statuto, atti giuridici per i quali, in conformità dell'articolo 12, paragrafo 1, del presente regolamento, è richiesto il contributo del consiglio generale.13.2. Ogni qual volta si richieda al consiglio generale di presentare osservazioni ai sensi del primo paragrafo del presente articolo, esso ha a disposizione un arco di tempo ragionevole, non inferiore a dieci giorni lavorativi, per pronunciarsi. In caso di urgenza, che deve essere giustificata nella richiesta, tale periodo può essere ridotto a cinque giorni lavorativi. Il presidente ha facoltà di decidere se ricorrere alla procedura scritta.CAPITOLO V DISPOSIZIONI PROCEDURALI SPECIFICHEArticolo 14Delega dei poteri14.1. La delega di poteri da parte del consiglio direttivo al comitato esecutivo di cui all'ultimo periodo del secondo paragrafo dell'articolo 12.1 dello statuto, è notificata alle parti interessate, o pubblicata, se del caso, qualora decisioni prese sulla base di una delega producano effetti giuridici in capo a terzi. Il consiglio direttivo viene informato senza indugio di qualunque atto adottato per effetto di delega.14.2. Il libro dei soggetti autorizzati a firmare per conto della BCE, istituito in conformità delle decisioni adottate ai sensi dell'articolo 39 dello statuto, è distribuito alle parti interessate.Articolo 15Procedura di bilancio15.1. Il consiglio direttivo, agendo su proposta del comitato esecutivo in conformità dei principi stabiliti dal consiglio stesso, prima della conclusione di ciascun esercizio finanziario adotta il bilancio preventivo della BCE per l'esercizio finanziario successivo.15.2. Per l'assistenza nelle questioni relative al bilancio preventivo della BCE, il consiglio direttivo istituisce un comitato di bilancio e ne stabilisce il mandato e la composizione.Articolo 16Relazioni e conti annuali16.1. Il consiglio direttivo adotta la relazione annuale prevista dall'articolo 15.3 dello statuto.16.2. Il comitato esecutivo è competente, per effetto di delega, dell'adozione e pubblicazione dei rapporti trimestrali di cui all'articolo 15.1 dello statuto, dei rendiconti finanziari consolidati settimanali di cui all'articolo 15.2 dello statuto, dei bilanci consolidati di cui all'articolo 26.3 dello statuto e di altre relazioni.16.3. Il comitato esecutivo, in conformità dei principi stabiliti dal consiglio direttivo, prepara i conti annuali della BCE entro il primo mese dell'esercizio finanziario successivo. Essi sono sottoposti a revisione esterna.16.4. Il consiglio direttivo adotta i conti annuali della BCE entro il primo trimestre dell'anno successivo. La relazione del revisore esterno è presentata al consiglio direttivo prima dell'adozione di tali conti.Articolo 17Strumenti giuridici della BCE17.1. I regolamenti della BCE sono adottati dal consiglio direttivo e sono sottoscritti per suo conto dal presidente.17.2. Gli indirizzi della BCE sono adottati dal consiglio direttivo, e successivamente notificati, in una delle lingue ufficiali delle Comunità europee, e sono sottoscritti per suo conto dal presidente. Essi indicano le motivazioni su cui si fondano. La notifica alle banche centrali nazionali può essere effettuata a mezzo telefax, posta elettronica, telex o su supporto cartaceo. Ogni indirizzo della BCE che debba essere ufficialmente pubblicato è tradotto nelle lingue ufficiali delle Comunità europee.17.3. Il consiglio direttivo ha facoltà di delegare i propri poteri normativi al comitato esecutivo per l'attuazione dei suoi regolamenti ed indirizzi. I regolamenti o gli indirizzi in questione precisano gli elementi a cui deve essere data attuazione, così come i limiti e la portata dei poteri delegati.17.4. Le decisioni e le raccomandazioni della BCE sono adottate dal consiglio direttivo o dal comitato esecutivo nei rispettivi ambiti di competenza e sono sottoscritte dal presidente. Le decisioni della BCE che impongano sanzioni in capo a terzi sono sottoscritte dal presidente, dal vicepresidente o da altri due membri del comitato esecutivo. Le decisioni e le raccomandazioni indicano le motivazioni su cui si fondano. Le raccomandazioni relative alla legislazione comunitaria secondaria di cui all'articolo 42 dello statuto sono adottate dal consiglio direttivo.17.5. Fatto salvo l'articolo 44, paragrafo 2, e l'articolo 47.1, primo trattino, dello statuto, i pareri della BCE sono adottati dal consiglio direttivo. Tuttavia, in circostanze eccezionali e a meno che almeno tre governatori non dichiarino di voler lasciare al consiglio direttivo la competenza ad adottare pareri in materie specifiche, i pareri della BCE possono essere adottati dal comitato esecutivo, in conformità dei commenti forniti dal consiglio direttivo e tenendo in considerazione il contributo del consiglio generale. I pareri della BCE sono sottoscritti dal presidente.17.6. Le istruzioni della BCE sono adottate dal comitato esecutivo, e successivamente notificate, in una delle lingue ufficiali delle Comunità europee, e sono sottoscritte per suo conto dal presidente o da altri due suoi membri. La notifica alle banche centrali nazionali può essere effettuata a mezzo telefax, posta elettronica, telex o su supporto cartaceo. Tutte le istruzioni della BCE che debbano essere ufficialmente pubblicate sono tradotte nelle lingue ufficiali delle Comunità europee.17.7. Tutti gli strumenti giuridici della BCE sono numerati in sequenza in modo da facilitare la loro identificazione. Qualora si tratti di regolamenti della BCE, di pareri della BCE riguardanti proposte legislative comunitarie e di strumenti giuridici della BCE la cui pubblicazione sia stata espressamente decisa, il comitato esecutivo si preoccupa di assicurare la custodia degli originali, la notifica ai destinatari o alle autorità richiedenti e provvede all'immediata pubblicazione in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.17.8. I principi contenuti nel regolamento (CE) n. 1 del Consiglio che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea(1), del 15 aprile 1958, si applicano agli atti giuridici elencati nell'articolo 34 dello statuto.Articolo 18Procedura di cui all'articolo 106, paragrafo 2, del trattatoL'approvazione prevista nell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato è concessa, per l'anno successivo, dal consiglio direttivo con decisione unica per tutti gli Stati membri partecipanti entro l'ultimo trimestre di ogni anno.Articolo 19Approvvigionamento19.1. L'approvvigionamento di beni e servizi per la BCE prevede che vengano tenuti in debita considerazione il principio di pubblicità, di trasparenza, di parità condizioni di accesso, di non discriminazione e di amministrazione efficiente.19.2. Ad eccezione del principio di amministrazione efficiente, una deroga ai principi sopra enunciati può essere operata in casi di urgenza, per ragioni di sicurezza o segretezza, laddove vi sia un fornitore unico, per forniture alla BCE da parte delle banche centrali nazionali o per assicurare la continuità di un fornitore.Articolo 20Selezione, nomina e promozione del personale20.1. Tutti i componenti del personale della BCE sono selezionati, nominati e promossi dal comitato esecutivo.20.2. I membri del personale della BCE sono selezionati, nominati e promossi nel debito rispetto dei principi di qualifica professionale, pubblicità, trasparenza, parità di condizioni di accesso e non discriminazione. Le regole e le procedure per l'assunzione e per la promozione interna sono ulteriormente specificate per mezzo di circolari amministrative.Articolo 21Condizioni di impiego21.1. Le condizioni di impiego e le norme sul personale stabiliscono il rapporto di lavoro tra la BCE e il proprio personale.21.2. Il consiglio direttivo, su proposta del comitato esecutivo e in seguito a consultazione del consiglio generale, adotta le condizioni di impiego.21.3. Il comitato esecutivo adotta le norme sul personale, applicative delle condizioni di impiego.21.4. Il comitato del personale è consultato prima dell'adozione di nuove condizioni di impiego o di nuove norme sul personale. Il suo parere è presentato rispettivamente al consiglio direttivo o al comitato esecutivo.Articolo 22Comunicazioni e annunciLe comunicazioni e gli annunci di carattere generale riguardanti decisioni assunte dagli organi decisionali della BCE possono essere pubblicati sul sito Internet della BCE, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o resi pubblici mediante agenzie di stampa note nei mercati finanziari o attraverso qualunque altro mezzo di informazione.Articolo 23Riservatezza e accesso ai documenti della BCE23.1. I lavori degli organi decisionali della BCE e di ogni comitato o gruppo da essi istituito sono riservati a meno che il consiglio direttivo non autorizzi il presidente a rendere pubblico il risultato delle loro delibere.23.2. Il pubblico accesso ai documenti redatti o detenuti dalla BCE è regolato da una decisione del Consiglio direttivo.23.3. I documenti redatti dalla BCE sono classificati e trattati in conformità delle regole stabilite in una circolare amministrativa. Essi sono liberamente accessibili dopo un periodo di 30 anni a meno che gli organi decisionali non decidano diversamente.CAPITOLO VI DISPOSIZIONI FINALIArticolo 24Modifiche al presente regolamento internoIl Consiglio direttivo ha facoltà di modificare il presente regolamento interno. Il Consiglio generale può proporre modifiche e il Comitato esecutivo ha facoltà di adottare norme supplementari nell'ambito delle proprie competenze.Fatto a Francoforte sul Meno, il 19 febbraio 2004.Il Presidente della BCEJean-Claude Trichet(1) GU del 6.10.1958, pag. 385/58.(1) GU L 314 dell'8.12.1999, pag. 32.
Banca centrale europea — regolamento interno QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Esso completa il trattato sul funzionamento dell’Unione europea e lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, fornendo ulteriori dettagli sul funzionamento degli organi decisionali della BCE:Il consiglio direttivo; il comitato esecutivo; e il consiglio generale. PUNTI CHIAVE Il consiglio direttivoIl consiglio direttivo è composto da:i sei membri del comitato esecutivo; ei governatori delle banche centrali dei paesi dell’eurozona. Il consiglio direttivo si riunisce due volte al mese. Le riunioni possono essere convocate anche dal presidente su richiesta di almeno tre dei suoi membri. La partecipazione è limitata ai membri, al presidente del Consiglio europeo e a un membro della Commissione europea. Ogni governatore può venire accompagnato da una sola persona. Affinché il consiglio direttivo possa validamente votare, è necessario il raggiungimento di un quorum pari ai due terzi dei suoi membri. Il presidente può avviare una votazione a scrutinio segreto in seno al consiglio direttivo su richiesta di almeno tre dei suoi membri. Le decisioni possono essere prese mediante procedura scritta, salvo obiezione di almeno tre membri. Il consiglio direttivo può costituire e sciogliere comitati per facilitare il lavoro degli organi decisionali della BCE. Il consiglio direttivo adotta regolamenti, linee guida, decisioni raccomandazioni e opinioni della BCE. Ha facoltà di delegare alcuni poteri al comitato esecutivo per attuare i regolamenti e le linee guida. Il comitato esecutivoIl comitato esecutivo adotta le istruzioni della BCE. In talune circostanze, può adottare anche decisioni, raccomandazioni e pareri. Il comitato esecutivo decide su numero, nome e rispettive competenze di ciascuna delle unità di operative della BCE. Il comitato esecutivo si consulta con il consiglio direttivo su tali decisioni, che sono rese pubbliche. Il consiglio generaleIl consiglio generale può presentare osservazioni al Consiglio direttivo su alcune questioni, tra cui le raccomandazioni in materia di statistiche, le condizioni di impiego per il personale e la relazione annuale. La decisione 2004/257/CE è stata modificata più volte:La decisione 2009/328/CE ha introdotto un sistema di rotazione in forza del quale i governatori delle banche centrali ricevono a turno il diritto di voto nel consiglio direttivo. La decisione 2014/179/UE impone al consiglio direttivo di adottare e tenere aggiornato un codice di condotta per i suoi membri e i membri supplenti, e di istituire un comitato di controllo ad alto livello per rafforzare i livelli di controllo esterni e interni, consolidando in questo modo la governance interna della BCE. La decisione (UE) 2015/716 allinea la decisione con il regolamento (UE) 1024/2013 che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi. La decisione chiarisce le situazioni in cui decisioni possono essere prese mediante procedura scritta. La decisione (UE) 2016/1717 riguarda atti legali quali gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea (BCE) e come devono venire notificati alle banche centrali e alle autorità nazionali. le decisioni della BCE aventi per destinatari soggetti vigilati o enti che hanno presentato richiesta di autorizzazione all’accesso all’attività di ente creditizio, e decisioni che irrogano sanzioni nei confronti di terzi dovranno ora essere firmate dal segretario del consiglio direttivo (invece che dal presidente della BCE con i destinatari) per accertarne la conformità con le decisioni del consiglio direttivo. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? È entrata in vigore il 19 febbraio 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Regolamenti interni (Banca centrale europea) DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2004/257/CE della Banca centrale europea, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della Banca centrale europea (BCE/2004/2) (GU L 80 del 18.3.2004, pag. 33). Le modifiche successive alla decisione 2004/257/CE sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) 2015/529 della Banca centrale europea, del 21 gennaio 2015, che modifica la decisione BCE/2004/3 relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea (BCE/2015/1) (GU L 84 del 28.3.2015, pag. 64). Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag 63). Decisione 2004/258/CE della Banca centrale europea, del 4 marzo 2004, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea (BCE/2004/3) (GU L 80 del 18.3.2004, pag. 42). Cfr. la versione consolidata.
8,326
143
32012R0530
false
REGOLAMENTO (UE) N. 530/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 giugno 2012 sull’introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo (rifusione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 100, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 417/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 febbraio 2002, sull’introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). Poiché sono necessarie nuove modificazioni, è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla rifusione di detto regolamento. (2) Nell’ambito della politica comune dei trasporti dovrebbero essere adottate misure al fine di migliorare la sicurezza e di prevenire l’inquinamento nei trasporti marittimi. (3) L’Unione è seriamente preoccupata per i sinistri marittimi causati da petroliere e per l’inquinamento delle coste dell’Unione che ne consegue, nonché per i danni provocati alla fauna, alla flora e ad altre risorse marine. (4) Nella comunicazione per una politica comune sulla sicurezza dei mari la Commissione ha posto l’accento sulla richiesta del Consiglio straordinario «Ambiente e Trasporti» del 25 gennaio 1993 di sostenere le iniziative dell’Organizzazione marittima internazionale (OMI) in materia di riduzione del divario tra la sicurezza delle navi di nuova costruzione e delle navi esistenti grazie a migliorie e/o alla progressiva eliminazione delle navi esistenti. (5) Nella risoluzione dell’8 giugno 1993 per una politica comune della sicurezza dei mari (5), il Consiglio ha pienamente condiviso gli obiettivi formulati nella comunicazione della Commissione. (6) Nella risoluzione dell’11 marzo 1994 su una politica comune sulla sicurezza dei mari (6), il Parlamento europeo ha accolto favorevolmente la comunicazione della Commissione ed ha sollecitato in particolare azioni volte a migliorare le norme di sicurezza delle navi cisterna. (7) Nella risoluzione del 20 gennaio 2000 sulla marea nera causata dal naufragio dell’Erika (7), il Parlamento europeo ha accolto favorevolmente le iniziative della Commissione volte ad anticipare la data di introduzione dell’obbligo del doppio scafo per le petroliere. (8) Nella risoluzione del 21 novembre 2002 sul naufragio della petroliera «Prestige» al largo delle coste della Galizia (8), il Parlamento europeo ha auspicato l’emanazione di misure più severe che possano entrare in vigore quanto prima, affermando che la nuova catastrofe ha evidenziato nuovamente la necessità di un’azione efficace a livello internazionale e unionale per migliorare in modo significativo la sicurezza marittima. (9) L’OMI ha stabilito, nell’ambito della convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi del 1973 e del relativo protocollo del 1978 (MARPOL 73/78), norme definite a livello internazionale per la prevenzione dell’inquinamento che riguardano la progettazione e l’esercizio delle petroliere. Gli Stati membri sono parti della convenzione MARPOL 73/78. (10) A norma dell’articolo 3.3 della convenzione MARPOL 73/78, la convenzione non si applica alle navi da guerra o ausiliarie o ad altre navi possedute o gestite da uno Stato e impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali. (11) Il raffronto tra i dati statistici relativi all’età e ai sinistri delle navi cisterna rivela un aumento del tasso di sinistri per le navi più vetuste. È riconosciuto a livello internazionale che l’applicazione delle modifiche apportate nel 1992 alla convenzione MARPOL 73/78, che prevedono l’obbligo di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo esistenti quando raggiungono una certa età, garantirà un maggior livello di protezione contro l’inquinamento accidentale da idrocarburi in caso di collisione o incaglio. (12) È nell’interesse dell’Unione adottare misure per garantire che le petroliere che accedono ai porti o ai terminali in mare aperto o gettano l’ancora in una zona sotto la giurisdizione degli Stati membri e le petroliere che battono la bandiera degli Stati membri siano conformi alla regola 20 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78, rivista nel 2004 mediante la risoluzione MEPC 117(52), adottata dal comitato per la protezione dell’ambiente marino dell’OMI («MEPC»), al fine di ridurre i rischi di inquinamento accidentale da idrocarburi nelle acque europee. (13) La risoluzione MEPC 114(50), adottata il 4 dicembre 2003, ha introdotto una nuova regola 21 nell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78 sulla prevenzione dell’inquinamento da idrocarburi di petroliere quando trasportano prodotti petroliferi pesanti (HGO), che vieta il trasporto di HGO in petroliere a scafo singolo. I paragrafi 5, 6 e 7 della regola 21 prevedono la possibilità di deroghe all’applicazione di talune disposizioni di tale regola. La dichiarazione della presidenza italiana del Consiglio europeo per conto dell’Unione europea, che figura nella relazione ufficiale adottata dal MEPC nella sua 50a sessione (MEPC 50/3), esprime un impegno politico a non invocare tali deroghe. (14) Il 6 marzo 1992 l’OMI ha adottato modifiche della convenzione MARPOL 73/78 che sono entrate in vigore il 6 luglio 1993. Tali misure prevedono, per le petroliere consegnate a partire dal 6 luglio 1996, l’obbligo di doppio scafo o di tecnologia equivalente al fine di prevenire un inquinamento da idrocarburi in caso di collisione o incaglio. Tali modifiche prevedono inoltre, per le petroliere monoscafo consegnate prima di tale data, un programma di eliminazione avente effetto a decorrere dal 6 luglio 1995, in base al quale le petroliere consegnate prima del 1o giugno 1982 dovranno conformarsi alle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente entro venticinque o, in certi casi, trenta anni dopo la data di consegna. Le petroliere monoscafo esistenti non potrebbero più operare a partire dal 2005 e, in taluni casi, dal 2012, a meno che soddisfino le norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente previste dalla regola 19 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78. Per quanto riguarda le petroliere monoscafo esistenti consegnate dopo il 1o giugno 1982 o quelle consegnate anteriormente al 1o giugno 1982, ma che sono state modificate in modo da soddisfare le norme MARPOL 73/78 in materia di cisterne di zavorra segregata e delle relative sistemazioni protettive, il termine ultimo sarà raggiunto entro il 2026. (15) Il 27 aprile 2001 durante la 46a sessione del MEPC sono state adottate rilevanti modifiche alla regola 20 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78 mediante la risoluzione MEPC 95(46) e il 4 dicembre 2003 mediante la risoluzione MEPC 111(50), che ha introdotto un nuovo calendario accelerato di progressiva eliminazione delle petroliere monoscafo. I termini rispettivi entro i quali le petroliere devono conformarsi alla regola 19 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78 dipendono dalle dimensioni e dall’età della nave. In detto calendario le petroliere sono pertanto divise in tre categorie a seconda della loro stazza, costruzione ed età. Tutte queste categorie, compresa quella inferiore, ossia la categoria 3, sono importanti per gli scambi all’interno dell’Unione. (16) Il termine ultimo entro il quale le petroliere monoscafo devono essere eliminate è la data anniversario del giorno di consegna della nave, secondo un calendario a partire dal 2003 fino al 2005 per le petroliere di categoria 1 e fino al 2010 per le petroliere delle categorie 2 e 3. (17) La regola 20 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78 introduce un requisito secondo cui tutte le petroliere a scafo unico possono continuare ad operare soltanto a condizione che siano conformi ad un regime di valutazione delle condizioni delle navi (CAS), adottato il 27 aprile 2001 mediante la risoluzione MEPC 94(46) dall’OMI, come modificata mediante la risoluzione MEPC 99(48) dell’11 ottobre 2002, e mediante la risoluzione MEPC 112(50) del 4 dicembre 2003. Il CAS obbliga l’amministrazione dello Stato di bandiera a rilasciare una dichiarazione di conformità, nonché a partecipare alle procedure di ispezione nell’ambito del regime di valutazione delle condizioni. Il CAS mira a rilevare le debolezze strutturali nelle petroliere di una certa età e dovrebbe quindi applicarsi a tutte le petroliere di età pari o superiore a quindici anni. (18) La regola 20.5 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78 prevede una deroga per le petroliere delle categorie 2 e 3 secondo cui, in determinate circostanze, esse possono operare oltre la data limite per la loro eliminazione. La regola 20.8.2 dello stesso allegato riconosce il diritto, per le parti della convenzione MARPOL 73/78, di negare l’accesso a porti o terminali in mare aperto sotto la loro giurisdizione a petroliere cui è stato consentito di operare in virtù di tale deroga. Gli Stati membri hanno dichiarato la loro intenzione di avvalersi di tale diritto. Qualsiasi decisione di ricorrere a tale diritto dovrebbe essere comunicata all’OMI. (19) È importante garantire che le disposizioni del presente regolamento non compromettano la sicurezza degli equipaggi o delle petroliere in cerca di un’area sicura o di un luogo di rifugio. (20) Al fine di consentire ai cantieri navali degli Stati membri di procedere alla riparazione di petroliere monoscafo, gli Stati membri possono prevedere deroghe per autorizzare l’ingresso nei loro porti di tali navi, a condizione che non trasportino nessun carico. (21) È alquanto improbabile che l’OMI modifichi il contenuto delle pertinenti regole della convenzione MARPOL 73/78 e delle risoluzioni MEPC 111(50) e 94(46) adottate dal MEPC di cui al presente regolamento. In tali testi potrebbero, tuttavia, essere introdotte modifiche non sostanziali, quali una rinumerazione. Al fine di mantenere il presente regolamento aggiornato in relazione alle più recenti evoluzioni del pertinente diritto internazionale, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea solo riguardo alle modifiche che non amplino l’ambito d’applicazione del presente regolamento. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell’elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Scopo Il presente regolamento ha lo scopo di prevedere l’introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente di cui alla convenzione MARPOL 73/78, come definito all’articolo 3 del presente regolamento, applicabili alle petroliere monoscafo, e di vietare il trasporto verso o da porti degli Stati membri di prodotti petroliferi pesanti in petroliere monoscafo. Articolo 2 Ambito d’applicazione 1. Il presente regolamento si applica alle petroliere di portata lorda pari o superiore a 5 000 tonnellate: a) che battono la bandiera di uno Stato membro; b) che, indipendentemente dalla loro bandiera, accedono a un porto o ad un terminale in mare aperto sotto la giurisdizione di uno Stato membro, salpano da essi o gettano l’ancora in una zona sotto la giurisdizione di uno Stato membro. Ai fini dell’articolo 4, paragrafo 3, il presente regolamento si applica alle petroliere di portata lorda pari o superiore a 600 tonnellate. 2. Il presente regolamento non si applica a navi da guerra o ausiliarie o ad altre navi possedute o gestite da uno Stato e impiegate, al momento, solo per servizi statali a fini non commerciali. Gli Stati membri si impegnano, per quanto ragionevole e praticabile, a rispettare il presente regolamento per le navi di cui al presente paragrafo. Articolo 3 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «convenzione MARPOL 73/78»: la convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi, come modificata dal protocollo del 1978, nella sua versione aggiornata; 2) «petroliera»: una nave cisterna per il trasporto di idrocarburi quale definita nella regola 1.5 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78; 3) «portata lorda»: la portata lorda quale definita nella regola 1.23 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78; 4) «petroliera di categoria 1»: una petroliera di portata lorda pari o superiore a 20 000 tonnellate il cui carico sia costituito da petrolio greggio, olio combustibile, combustibile pesante per motori diesel o olio lubrificante, nonché petroliera di portata lorda pari o superiore a 30 000 tonnellate il cui carico sia costituito da idrocarburi diversi da quelli sopra specificati, che non soddisfi i requisiti prescritti dalle regole da 18.1 a 18.9, da 18.12 a 18.15, 30.4, 33.1, 33.2, 33.3, 35.1, 35.2 e 35.3 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78; 5) «petroliera di categoria 2»: una petroliera di portata lorda pari o superiore a 20 000 tonnellate il cui carico sia costituito da petrolio greggio, olio combustibile, combustibile pesante per motori diesel o olio lubrificante, nonché petroliera di portata lorda pari o superiore a 30 000 tonnellate il cui carico sia costituito da idrocarburi diversi da quelli sopra specificati, che soddisfi i requisiti prescritti dalle regole da 18.1 a 18.9, da 18.12 a 18.15, 30.4, 33.1, 33.2, 33.3, 35.1, 35.2 e 35.3 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78; ogni petroliera di Categoria 2 è provvista di cisterne a zavorra segregata sistemate a fini di protezione (SBT/PL); 6) «petroliera di categoria 3»: una petroliera di portata lorda pari o superiore a 5 000 tonnellate, ma inferiore alla portata lorda specificata ai punti 4 e 5; 7) «petroliera monoscafo»: una petroliera che non soddisfa i requisiti in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente di cui alle regole 19 e 28.6 dell’allegato I della convenzione MARPOL73/78; 8) «petroliera a doppio scafo»: a) una petroliera di portata lorda pari o superiore a 5 000 tonnellate, che soddisfa i requisiti in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente di cui alle regole 19 e 28.6 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78 ovvero i requisiti prescritti dalla regola 20.1.3 del medesimo allegato; o b) una petroliera di portata lorda pari o superiore a 600 tonnellate, ma inferiore a 5 000 tonnellate, provvista di cisterne o di spazi a doppio fondo rispondenti ai requisiti di cui alla regola 19.6.1 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78, nonché di cisterne o di spazi laterali sistemati conformemente alla regola 19.3.1 e rispondenti al requisito in materia di distanza w di cui alla regola 19.6.2; 9) «età»: l’età della nave, espressa in numero di anni dalla data della sua consegna; 10) «combustibili pesanti per motori diesel»: i combustibili per motori diesel quali definiti dalla regola 20 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78; 11) «oli combustibili»: i distillati pesanti o i residui del petrolio greggio o le miscele di tali prodotti, quali definiti dalla regola 20 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78; 12) «prodotti petroliferi pesanti»: a) il petrolio greggio con una densità, alla temperatura di 15 °C, superiore a 900 kg/m3 (che corrisponde a un grado API inferiore a 25,7); b) i prodotti petroliferi diversi dal petrolio greggio, con una densità, alla temperatura di 15 °C, superiore a 900 kg/m3 o con una viscosità cinematica, alla temperatura di 50 °C, superiore a 180 mm2/s (che corrisponde a una viscosità cinematica superiore a 180 cSt); c) bitume e catrame e relative emulsioni. Articolo 4 Conformità delle petroliere monoscafo alle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente 1. Nessuna petroliera è autorizzata ad operare battendo la bandiera di uno Stato membro o ad accedere, indipendentemente dalla sua bandiera, ai porti o ai terminali in mare aperto sotto la giurisdizione di uno Stato membro a meno che non sia una petroliera a doppio scafo. 2. In deroga al paragrafo 1, le petroliere della categoria 2 o 3 che dispongano unicamente di un doppio fondo o di un rivestimento doppio non utilizzato per il trasporto di petrolio e percorrente l’intera lunghezza della cisterna di carico, o che dispongano di spazi a doppio scafo non utilizzati per il trasporto di petrolio e percorrenti l’intera lunghezza della cisterna di carico, ma che non soddisfino le condizioni per l’esenzione dalle disposizioni della regola 20.1.3 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78, possono continuare ad operare, fino alla data anniversario del varo della nave nel 2015 o fino alla data in cui la nave raggiunge l’età di venticinque anni dalla consegna, a seconda di quale data sia anteriore. 3. Nessuna petroliera che trasporti prodotti petroliferi pesanti è autorizzata a battere la bandiera di uno Stato membro a meno che non sia una petroliera a doppio scafo. Nessuna petroliera che trasporti prodotti petroliferi pesanti è autorizzata, indipendentemente dalla sua bandiera, ad accedere a o uscire da porti o terminali in mare aperto sotto la giurisdizione di uno Stato membro o a gettare l’ancora in una zona sotto la giurisdizione di uno Stato membro, a meno che non sia una petroliera a doppio scafo. 4. Le petroliere che operano esclusivamente nei porti e nella navigazione interna possono essere esonerate dal paragrafo 3 a condizione che siano debitamente autorizzate a norma della legislazione in materia di navigazione interna. Articolo 5 Conformità al regime di valutazione delle condizioni delle navi Una petroliera monoscafo di età superiore a quindici anni non è autorizzata, indipendentemente dalla sua bandiera, ad accedere a porti o terminali in mare aperto sotto la giurisdizione di uno Stato membro, a salpare da essi o a gettare l’ancora in una zona sotto la giurisdizione di uno Stato membro a meno che tale petroliera non sia conforme al regime di valutazione delle condizioni delle navi di cui all’articolo 6. Articolo 6 Regime di valutazione delle condizioni delle navi Ai fini dell’articolo 5, si applica il regime di valutazione delle condizioni delle navi, adottato dalla risoluzione MEPC 94(46) del 27 aprile 2001, come modificata dalla risoluzione MEPC 99(48) dell’11 ottobre 2002 e dalla risoluzione MEPC 112(50) del 4 dicembre 2003. Articolo 7 Termine ultimo Dopo la data anniversario del giorno di consegna nel 2015 non è più consentito: a) continuare a navigare alle petroliere di categoria 2 e di categoria 3 battenti la bandiera di uno Stato membro a norma della regola 20.5 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78; b) accedere ai porti o ai terminali in mare aperto sotto la giurisdizione di uno Stato membro alle altre petroliere di categoria 2 e di categoria 3, indipendentemente dal fatto che continuino a operare battendo bandiera di un paese terzo a norma della regola 20.5 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78. Articolo 8 Deroghe per navi in difficoltà e per navi da riparare In deroga agli articoli 4, 5 e 7, la competente autorità di uno Stato membro può permettere, fatte salve le disposizioni nazionali e in circostanze eccezionali, ad una nave specifica di accedere ai porti o ai terminali in mare aperto sotto la giurisdizione di detto Stato membro, di salpare da essi o di gettare l’ancora in una zona sotto la giurisdizione di detto Stato membro allorché si tratta di: a) una petroliera in difficoltà in cerca di un luogo di rifugio; b) una petroliera vuota in procinto di raggiungere un porto per essere riparata. Articolo 9 Notifica all’OMI 1. A norma dell’articolo 7 del presente regolamento, gli Stati membri informano l’OMI della loro decisione di negare l’ingresso a petroliere che, conformemente alla regola 20.5 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78, operano nei porti o nei terminali in mare aperto sotto la loro giurisdizione, sulla base della regola 20.8.2 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78. 2. Gli Stati membri notificano all’OMI le decisioni di autorizzazione, sospensione, revoca o diniego della navigazione per le petroliere di categoria 1 o di categoria 2 abilitate a battere la loro bandiera conformemente all’articolo 5 del presente regolamento, sulla base della regola 20.8.1 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78. Articolo 10 Procedura di modifica 1. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 11 riguardo all’allineamento dei rinvii del presente regolamento alle modifiche non sostanziali, quali la rinumerazione, adottate dall’OMI per le regole dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78, nonché alle risoluzioni MEPC 111(50) e MEPC 94(46), nella versione modificata dalle risoluzioni MEPC 99(48) e MEPC 112(50), purché tali modifiche non amplino l’ambito di applicazione del presente regolamento. 2. Le modifiche della convenzione MARPOL 73/78 possono essere escluse dall’ambito di applicazione del presente regolamento in forza dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (9). Articolo 11 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 10, paragrafo 1, è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 20 luglio 2012. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo. 3. La delega di potere di cui all’articolo 10, paragrafo 1, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 5. L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 12 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 417/2002 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II. Articolo 13 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 13 giugno 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente N. WAMMEN (1) GU C 43 del 15.2.2012, pag. 98. (2) Posizione del Parlamento europeo del 23 maggio 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 7 giugno 2012. (3) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 1. (4) Cfr. allegato I. (5) GU C 271 del 7.10.1993, pag. 1. (6) GU C 91 del 28.3.1994, pag. 301. (7) GU C 304 del 24.10.2000, pag. 198. (8) GU C 25 E del 29.1.2004, pag. 415. (9) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1. ALLEGATO I Regolamento abrogato con elenco delle modificazioni successive (di cui all’articolo 12) Regolamento (CE) n. 417/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 64 del 7.3.2002, pag. 1). Regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1). Unicamente per quanto riguarda i riferimenti all’articolo 11 Regolamento (CE) n. 1726/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 249 dell’1.10.2003, pag. 1). Regolamento (CE) n. 2172/2004 della Commissione (GU L 371 del 18.12.2004, pag. 26). Regolamento (CE) n. 457/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 113 del 30.4.2007, pag. 1). Regolamento (CE) n. 219/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 109). Unicamente per quanto riguarda i riferimenti al punto 7.4 dell’allegato Regolamento (CE) n. 1163/2009 della Commissione (GU L 314 dell’1.12.2009, pag. 13). ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) N. 417/2002 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, primo comma, primo trattino Articolo 2, paragrafo 1, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 1, primo comma, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 1, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2 Articolo 2, paragrafo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 1, lettera a) — Articolo 4, paragrafo 1, lettera b) — Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 3 Articolo 4, paragrafo 3 Articolo 4, paragrafo 4 Articolo 4, paragrafo 4 Articolo 4, paragrafo 5 — Articolo 4, paragrafo 6 — Articolo 5 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7, frase introduttiva Articolo 7, frase introduttiva Articolo 7, primo trattino Articolo 7, lettera a) Articolo 7, secondo trattino Articolo 7, lettera b) Articolo 7, parole finali Articolo 7, frase introduttiva Articolo 8, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 8, frase introduttiva Articolo 8, paragrafo 1, primo trattino Articolo 8, lettera a) Articolo 8, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 8, lettera b) Articolo 8, paragrafo 2 — Articolo 9, paragrafo 1 — Articolo 9, paragrafo 2 Articolo 9, paragrafo 1 Articolo 9, paragrafo 3 Articolo 9, paragrafo 2 Articolo 10 — Articolo 11 Articolo 10 — Articolo 11 — — Articolo 12 Articolo 12, primo comma — Articolo 12, secondo comma Articolo 13 Articolo 13 — Allegato I — Allegato II
Sicurezza marittima: introduzione accelerata delle norme in materia di petroliere a doppio scafo Per ridurre il rischio di inquinamento accidentale da idrocarburi nelle acque europee, la presente normativa vieta il trasporto di prodotti petroliferi pesanti da o verso porti dell'Unione europea (UE) in petroliere monoscafo. Garantisce inoltre un'introduzione accelerata di norme per l'applicazione del doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo entro il 2015. ATTO Regolamento (UE) n. 530/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2012, sull’introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo. SINTESI L'ultima normativa UE sull'introduzione delle petroliere a doppio scafo, adottata nel 2012, conserva l'essenza della legge del 2002 che l’aveva preceduta. Essa fonde tutte le modifiche apportate alla normativa precedente in un unico testo per renderlo più chiaro e quindi di più facile utilizzo. La legge si applica alle petroliere di 5 000 tonnellate di portata lorda che battono la bandiera di uno Stato membro dell'UE o che, indipendentemente dalla loro bandiera, accedono a un porto o ad un terminale in mare aperto, salpano da essi o gettano l'ancora in una zona sotto la giurisdizione di uno Stato membro dell'UE. Essa non si applica tuttavia alle navi da guerra, o ausiliarie o ad altre navi possedute o gestite da uno Stato e impiegate, al momento, solo per servizi statali a fini non commerciali. Il regolamento: vieta il trasporto verso o da porti UE di prodotti petroliferi pesanti in petroliere monoscafo; stabilisce un'introduzione accelerata delle norme per l'applicazione del doppio scafo o di tecnologia equivalente, di cui alla Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (nota anche come MARPOL) dell'Organizzazione marittima internazionale, per le petroliere monoscafo, con il 2015 come termine ultimo. Contesto Nel 2002, dopo una serie di incidenti che hanno coinvolto petroliere e provocato un grave inquinamento, l'UE ha adottato una legge che impone l'eliminazione delle petroliere monoscafo più vulnerabili (in cui il petrolio nelle cisterne di carico è separato dal mare soltanto da una piastra sul fondo e ai lati) e la loro sostituzione con navi a doppio scafo (dove le cisterne del carico sono circondati da una seconda piastra interna a sufficiente distanza dalla piastra esterna). RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Regolamento (UE) n. 530/2012 20.7.2012 - GU L 172 del 30.6.2012
10,480
1,328
31997R2027
false
Regolamento (CE) n. 2027/97 del Consiglio del 9 ottobre 1997 sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti Gazzetta ufficiale n. L 285 del 17/10/1997 pag. 0001 - 0003 REGOLAMENTO (CE) N. 2027/97 DEL CONSIGLIO del 9 ottobre 1997 sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidentiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando in conformità della procedura prevista dall'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che, nel contesto della politica comune dei trasporti, è necessario migliorare il livello di protezione dei passeggeri coinvolti in incidenti aerei;(2) considerando che il regime della responsabilità in caso di incidenti è disciplinato dalla convenzione per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929, ovvero dalla convenzione stessa emendata all'Aia il 28 settembre 1955 e dalla convenzione di Guadalajara del 18 settembre 1961 a seconda della convenzione applicabile nella fattispecie, ognuna di esse, laddove applicabile, menzionata in prosieguo come «convenzione di Varsavia»; che la convenzione di Varsavia è applicata a livello mondiale a beneficio sia dei passeggeri che dei vettori aerei;(3) considerando che il limite massimo di responsabilità fissato dalla convenzione di Varsavia è troppo basso rispetto alle condizioni economiche e sociali attuali e determina spesso lunghe vertenze giudiziarie che danneggiano l'immagine dei trasporti aerei; che di conseguenza gli Stati membri hanno aumentato in vario modo il limite massimo di responsabilità determinando così condizioni di trasporto diverse nel mercato interno dell'aviazione;(4) considerando inoltre che la convenzione di Varsavia si applica soltanto ai trasporti internazionali; che nel mercato interno dell'aviazione è stata eliminata la distinzione tra trasporto nazionale ed internazionale; che è pertanto opportuno avere il medesimo livello e il medesimo tipo di responsabilità sia nei trasporti nazionali che in quelli internazionali;(5) considerando che si avverte da tempo l'esigenza di un riesame e di una revisione completi della convenzione di Varsavia che rappresenterebbero a lungo temine una risposta più uniforme e applicabile, a livello internazionale, alla questione della responsabilità dei vettori aerei in caso di incidenti; che gli sforzi per aumentare i limiti massimi di responsabilità imposti dalla convenzione di Varsavia dovrebbero continuare attraverso negoziati multilaterali;(6) considerando che, conformemente al principio di sussidiarietà, è auspicabile un'azione comunitaria per una completa armonizzazione del settore della responsabilità dei vettori aerei e che tale azione potrebbe fungere da linea di orientamento per migliorare la protezione dei passeggeri su scala mondiale;(7) considerando che è opportuno eliminare qualsiasi limite monetario di responsabilità ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 1 della convenzione di Varsavia e qualsiasi altro limite legale o contrattuale, in conformità delle attuali tendenze internazionali;(8) considerando che, per evitare che le vittime di incidenti non siano indennizzate, i vettori aerei comunitari, relativamente alle richieste di risarcimento danni da morte, ferite o altre lesioni personali subite da un passeggero ai sensi dell'articolo 17 della convenzione di Varsavia, dovrebbero rinunciare ad avvalersi della difesa di cui all'articolo 20, paragrafo 1 della convenzione di Varsavia fino ad un certo limite massimo;(9) considerando che i vettori aerei comunitari possono essere esonerati dalla loro responsabilità qualora sia accertato che la negligenza del passeggero interessato ha contribuito al danno;(10) considerando che è necessario precisare gli obblighi del presente regolamento alla luce dell'articolo 7 del regolamento (CEE) n. 2407/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, sul rilascio delle licenze ai vettori aerei (4); che a tale proposito i vettori aerei comunitari dovrebbero essere assicurati fino a copertura di un certo limite massimo previsto nel presente regolamento;(11) considerando che i vettori aerei comunitari dovrebbero sempre avere titolo a rivalersi contro terzi;(12) considerando che il versamento sollecito di anticipi può rappresentare un aiuto considerevole per i passeggeri feriti o le persone fisiche aventi titolo ad indennità al fine di far fronte alle spese immediate conseguenti ad un incidente aereo;(13) considerando che le norme relative alla natura e alla limitazione della responsabilità in caso di morte, ferite o altre lesioni personali subite da un passeggero fanno parte delle condizioni di trasporto contenute nel contratto di trasporto aereo tra il vettore e il passeggero; che al fine di ridurre il rischio di distorsioni della concorrenza i vettori aerei dei paesi terzi dovrebbero informare adeguatamente i passeggeri delle loro condizioni di trasporto;(14) considerando che è opportuno e necessario che i limiti monetari indicati nel presente regolamento siano riveduti per tener conto dell'evoluzione della situazione economica e degli sviluppi in sede internazionale;(15) considerando che l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO) è attualmente impegnata nella revisione della convenzione di Varsavia; che nell'attesa dei risultati di detta revisione, la Comunità aumenterà, mediante azioni temporanee, la protezione dei passeggeri; che dopo la revisione della convezione da parte dell'ICAO, il Consiglio dovrebbe riesaminare il presente regolamento con la massima sollecitudine,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento stabilisce gli obblighi dei vettori aerei comunitari verso i passeggeri relativamente alla responsabilità in caso di incidenti per danni da morte o ferite di un passeggero o di qualsiasi altra lesione personale subita da un passeggero se l'incidente che ha provocato il danno è avvenuto a bordo dell'aeromobile o nel corso delle operazioni di imbarco o di sbarco.Il presente regolamento precisa inoltre determinati requisiti assicurativi per i vettori aerei comunitari.Il presente regolamento stabilisce inoltre determinati requisiti relativamente alle informazioni che debbono fornire i vettori aerei stabiliti al di fuori della Comunità che operano da, per o all'interno della Comunità.Articolo 2 1. Ai fini del presente regolamento si intende per:a) «vettore aereo», qualsiasi impresa di trasporti munita di valida licenza d'esercizio;b) «vettore aereo comunitario», qualsiasi vettore aereo munito di valida licenza d'esercizio rilasciata da uno Stato membro in conformità del disposto del regolamento (CEE) n. 2407/92;c) «persona avente titolo ad indennità», il passeggero o qualsiasi persona avente titolo a richiedere il risarcimento per quel passeggero, secondo il diritto applicabile;d) «ecu», l'unità di conto adottata in occasione della fissazione del bilancio generale delle Comunità europee, ai sensi degli articoli 207 e 209 del trattato;e) «DSP», i diritti speciali di prelievo quali sono definiti dal Fondo monetario internazionale;f) «convenzione di Varsavia», la convenzione per l'unificazione di alcune regole relative al trasporto aereo internazionale, firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929, o la convenzione di Varsavia come modificata all'Aia il 28 settembre 1955 e la convenzione addizionale di Guadalajara del 18 settembre 1961 laddove applicabili al contratto di trasporto di passeggeri, nonché l'insieme dei vigenti strumenti internazionali che la integrano e sono ad essa connessi.2. Le nozioni contenute nel presente regolamento che non sono definite nel paragrafo 1 sono equivalenti a quelle usate nella convenzione di Varsavia.Articolo 3 1. a) La responsabilità del vettore aereo comunitario per i danni da morte, ferite o qualsiasi altra lesione personale subita da un passeggero in caso di incidente non è soggetta ad alcun limite finanziario, sia esso stabilito dalla legge, da una convenzione o in via contrattuale.b) L'obbligo di copertura assicurativa di cui all'articolo 7 del regolamento (CEE) n. 2407/92 è inteso come l'obbligo del vettore aereo comunitario ad essere assicurato fino a copertura del limite di responsabilità previsto dal paragrafo 2 e, al di là di tale limite, fino ad un livello ragionevole.2. Per i danni fino a concorrenza di un importo pari all'equivalente in ecu di 100 000 DSP in vettori aerei comunitari non possono escludere o limitate la loro responsabilità provando che essi ed i loro dipendenti hanno adottato tutte le misure necessarie ad evitare il danno o che era loro impossibile adottarle.3. Fatto salvo il disposto del paragrafo 2, se il vettore aereo comunitario dimostra che la negligenza del passeggero ferito o deceduto ha provocato il danno o ha contribuito al danno, esso può essere esonerato totalmente o in parte dalla sua responsabilità, secondo il diritto applicabile.Articolo 4 In caso di morte, ferite o di qualsiasi altra lesione personale subita dal passeggero in caso di incidente, il presente regolamento nona) implica che un vettore aereo comunitario sia l'unico responsabile tenuto a risarcire i danni, néb) limita il diritto un vettore comunitario di agire per ottenere contributi o risarcimenti da altre parti, secondo il diritto applicabile.Articolo 5 1. Il vettore aereo comunitario deve senza indugio, e comunque entro quindici giorni dall'identificazione della persona fisica avente titolo ad indennità, provvedere agli anticipi di pagamento che si rendano necessari per far fronte ad immediate necessità economiche ed in proporzione al danno subito.2. Fatto salvo il paragrafo 1, in caso di morte gli anticipi non saranno inferiori all'equivalente in ecu di 15 000 DSP per passeggero.3. Un anticipo di pagamento non costituisce riconoscimento di responsabilità e può essere detratto da qualsiasi ulteriore importo dovuto sulla base della responsabilità del vettore aereo comunitario, ma non è restituito, salvo nei casi previsti dall'articolo 3, paragrafo 3, o in circostanze in cui venga successivamente dimostrato che il beneficiario dell'anticipo di pagamento ha provocato il danno o contribuito ad esso con la sua negligenza o non è la persona avente titolo ad indennità.Articolo 6 1. Le disposizioni degli articoli 3 e 5 devono essere inserite nelle condizioni di trasporto del vettore aereo comunitario.2. A loro richiesta, sono fornite ai passeggeri adeguate informazioni sulle disposizioni degli articoli 3 e 5 presso le agenzie di viaggio del vettore aereo comunitario, le agenzie di viaggio e gli sportelli di registrazione e presso i punti di vendita. Il biglietto, o un documento ad esso equivalente, contiene una sintesi di tali disposizioni in linguaggio chiaro e comprensibile.3. I vettori aerei stabiliti al di fuori della Comunità che operano da, per o all'interno della Comunità e che non applicano le disposizioni degli articoli 3 e 5 devono informare espressamente e chiaramente i passeggeri di tale situazione al momento dell'acquisto del biglietto presso le agenzie del vettore aereo, le agenzie di viaggio o gli sportelli di registrazione situati nel territorio di uno Stato membro. I vettori aerei forniscono ai passeggeri un modulo che riporta le loro condizioni. Il fatto che solo il limite massimo di responsabilità sia indicato sul biglietto o su un documento equivalente non costituisce un'informazione sufficiente.Articolo 7 Entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione redige una relazione sull'applicazione del regolamento che tenga contro tra l'altro dell'evoluzione della situazione economica e degli sviluppi intervenuti in sede internazionale. Tale relazione può essere corredata di proposte di revisione del presente regolamento.Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore un anno dopo la data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 9 ottobre 1997.Per il ConsiglioIl presidenteM. DELVAUX-STEHRES(1) GU C 104 del 10. 4. 1996, pag. 18 e GU C 29 del 30. 1. 1997, pag. 10.(2) GU C 212 del 22. 7. 1996, pag. 38.(3) Parere del Parlamento europeo del 17 settembre 1996 (GU C 320 del 28. 10. 1996, pag. 30), posizione comune del Consiglio del 24 febbraio 1997 (GU C 123 del 21. 4. 1997, pag. 89) e decisione del Parlamento europeo del 29 maggio 1997 (GU C 182 del 16. 6. 1997).(4) GU L 240 del 24. 8. 1992, pag. 1.
Responsabilità del vettore aereo in materia di passeggeri e bagagli QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento attua la convezione di Montreal del 1999 per quanto concerne la responsabilità e le questioni relative ai risarcimenti dei passeggeri del trasporto aereo e i loro bagagli (si veda la sintesi). Nota: il regolamento originale [prima della modifica da parte del regolamento (CE) n. 889/2002] riguardava la responsabilità del vettore aereo dell’Unione europea (Unione) in caso di morte o di lesioni ai passeggeri a causa di incidenti. Il regolamento di modifica del 2002 ha allineato il regolamento originale alle nuove norme internazionali presenti nella convenzione di Montreal, al fine di comprendere anche la responsabilità relativa ai bagagli e ai ritardi. PUNTI CHIAVE Responsabilità del vettore aereo in materia di passeggeri e bagagli Il regolamento opera una sintesi delle norme sulla responsabilità dei vettori aerei dell’Unione nell’ambito della legislazione dell’Unione, della convenzione di Montreal e della legislazione nazionale degli Stati membri dell’Unione. Il risarcimento è espresso come valore approssimativo in valuta locale di diritti speciali di prelievo (DSP)*. Assicurazione e notifica dei passeggeri I vettori aerei dell’Unione devono:disporre di un’assicurazione fino ad un livello adeguato per garantire che tutte le persone aventi diritto ad un risarcimento ricevano l’intero importo cui hanno diritto in virtù del regolamento; garantire la disponibilità di una sintesi di tutte le disposizioni principali che disciplinano la responsabilità nei confronti dei passeggeri e dei loro bagagli presso tutti i punti di vendita, anche via telefono o internet; utilizzare un avviso basato sull’allegato del regolamento.I vettori aerei dell’Unione devono inoltre fornire a ogni passeggero/a un’indicazione scritta in merito ai propri limiti di responsabilità per il volo per quanto concerne:morte o lesioni; distruzione, perdita o danni al bagaglio; danni provocati da ritardi.I limiti sopramenzionati sono quelli stabiliti dal regolamento, a meno che il vettore aereo non applichi di propria volontà limiti superiori. Per il trasporto non operato da vettori aerei dell’Unione, tali requisiti si applicano solo ai voli con arrivo e partenza o operanti all’interno dell’Unione. Risarcimento in caso di morte o lesioni Non sussistono limiti economici alla responsabilità per lesioni o morte dei passeggeri. Per i danni fino a 100 000 DSP, il vettore aereo non può contestare le richieste di risarcimento. Al di là di tale importo, il vettore aereo può contestare una richiesta di risarcimento fornendo prove attestanti la mancanza di negligenza o colpevolezza. Pagamenti anticipati In caso di lesioni o morte del passeggero, il vettore aereo deve eseguire un pagamento anticipato per far fronte a immediate esigenze economiche, entro i 15 giorni dall’identificazione della persona, in presenza delle seguenti condizioni:in caso di morte, tale pagamento anticipato non può essere inferiore a 16 000 DSP; il pagamento anticipato non costituisce il riconoscimento di responsabilità e deve essere compensato con eventuali somme successive pagate per la responsabilità del vettore aereo; non è rimborsabile a meno che il vettore non dimostri che il danno è stato provocato o favorito dalla negligenza o omissione esercitata dalla persona che richiede il risarcimento, o nel caso in cui la persona che ha ricevuto il pagamento anticipato non ne avesse diritto.Ritardi a danno dei passeggeri Se i passeggeri subiscono ritardi, il vettore aereo è responsabile dei danni tranne quando ha preso tutte le misure ragionevoli possibili per evitarli. La responsabilità è limitata a 4 150 DSP. Ritardi dei bagagli Se i bagagli subiscono ritardi, il vettore aereo è responsabile dei danni tranne quando ha preso tutte le misure ragionevoli possibili per evitarli. La responsabilità è limitata a 1 000 DSP. Distruzione, perdita o danni ai bagagli La responsabilità del vettore in caso di distruzione, perdita o danni ai bagagli è limitata alla somma di 1 000 DSP. Nel caso di bagagli registrati, è altresì responsabile anche se il suo comportamento è esente da colpa, salvo difetto inerente al bagaglio stesso. Nel caso di bagagli non registrati, il vettore è responsabile solo se il danno gli è imputabile. Limiti più elevati per i bagagli I passeggeri possono beneficiare di un limite di responsabilità più elevato rilasciando una dichiarazione speciale al momento della consegna del bagaglio al vettore, pagando un supplemento. Il supplemento deve rispecchiare i costi aggiuntivi superiori a quelli per i bagagli valutati entro il limite di responsabilità e deve essere comunicato su richiesta. Reclami sui bagagli Se i bagagli consegnati risultano danneggiati, persi, distrutti o subiscono un ritardo, il passeggero deve scrivere e presentare un reclamo al vettore aereo il prima possibile, entro sette giorni in caso di danni ed entro 21 giorni in caso di ritardo in seguito al ricevimento. Eventuali azioni legali devono essere intraprese entro due anni dalla data di arrivo dell’aeromobile o dalla data in cui quest’ultimo doveva arrivare. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 17 ottobre 1998. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Politica di sicurezza aerea in Europa (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Diritti speciali di prelievo: credito potenziale sulle valute utilizzabili liberamente dai membri del Fondo monetario internazionale. Esiste la possibilità di scambiare i DSP con tali valute (come definito dal Fondo monetario internazionale). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2027/97 del Consiglio, del 9 ottobre 1997, sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti (GU L 285 del 17.10.1997, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 2027/97 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 261/2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e il regolamento (CE) n. 2027/97 sulla responsabilità del vettore aereo in merito al trasporto aereo di passeggeri e dei loro bagagli [COM(2013) 130 final, del 13.3.2013]. Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale (convenzione di Montreal) (GU L 194 del 18.7.2001, pag. 39). Decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5 aprile 2001, relativa alla conclusione da parte della Comunità europea della convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo (convenzione di Montreal) (GU L 194 del 18.7.2001, pag. 38).
6,053
518
31994L0022
false
Direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi Gazzetta ufficiale n. L 164 del 30/06/1994 pag. 0003 - 0008 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 4 pag. 0237 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 4 pag. 0237 DIRETTIVA 94/22/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIOdel 30 maggio 1994relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburiIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 57, paragrafo 2, prima e terza frase e gli articoli 66 e 100 A, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), considerando che il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale sia assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; che occorre adottare le misure necessarie alla sua realizzazione; considerando che nella sua risoluzione del 16 settembre 1986 (4) il Consiglio ha identificato come obiettivo della politica energetica della Comunità e degli Stati membri una maggiore integrazione del mercato interno dell'energia, libera dagli ostacoli agli scambi, per migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento, per ridurre i costi e per rafforzare la competitività economica; considerando che la Comunità è largamente dipendente dalle importazioni per il suo approvvigionamento di idrocarburi; che occorre pertanto favorire nel miglior modo possibile la prospezione, la ricerca e la coltivazione delle risorse che si trovano nella Comunità; considerando che gli Stati membri hanno sovranità e diritti sovrani sulle risorse di idrocarburi che si trovano nel loro territorio; considerando che la Comunità è uno dei firmatari della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare; considerando che occorre garantire l'accesso non discriminatorio alle attività di prospezione, di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi e al loro esercizio, secondo modalità che favoriscono una maggiore concorrenza nel settore, onde contribuire ad una prospezione, ricerca e coltivazione ottimali delle risorse negli Stati membri e rafforzare l'integrazione del mercato interno dell'energia; considerando che a tal fine occorre introdurre norme comuni affinché ai procedimenti di concessione delle autorizzazioni per la prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi possano partecipare tutti gli enti provvisti dei necessari requisiti; che il rilascio delle autorizzazioni deve basarsi su criteri obiettivi, resi noti mediante pubblicazione; che anche le condizioni cui esso è subordinato devono essere rese note in anticipo a tutti gli enti che partecipano al procedimento; considerando che gli Stati membri devono mantenere la facoltà di subordinare l'accesso e l'esercizio di tali attività a limitazioni giustificate da motivi di interesse pubblico e al versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi, stabilendo le modalità del versamento in modo da non interferire nella gestione degli enti; che questa facoltà deve esercitarsi in maniera non discriminatoria; che, ad eccezione degli obblighi legati all'esercizio di tale facoltà, non si devono imporre agli enti condizioni e obblighi non giustificati dalla necessità di gestire correttamente l'attività; che il controllo sulle attività degli enti deve limitarsi a quanto necessario per l'osservanza di tali obblighi e condizioni; considerando che l'estensione delle aree costituenti oggetto di autorizzazioni e la durata di quest'ultime devono essere limitate in modo da evitare di riservare ad un unico ente un diritto esclusivo su aree per le quali la prospezione, ricerca e coltivazione possono essere avviate in modo più efficace da diversi enti; considerando che gli enti degli Stati membri devono poter usufruire, nei paesi terzi, di un trattamento comparabile a quello che hanno nella Comunità gli enti dei paesi terzi interessati in virtù della presente direttiva; che occorre prevedere una procedura per raggiungere tale obiettivo; considerando che la presente direttiva deve applicarsi alle autorizzazioni rilasciate dopo la data entro cui gli Stati membri devono mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva; considerando che la direttiva 90/531/CEE del Consiglio, del 17 settembre 1990, relativa alle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (1) e la direttiva 93/38/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (2) si applicano agli enti del settore per quanto riguarda gli appalti di forniture, di opere e di servizi; che l'applicazione del regime alternativo di cui all'articolo 3 della direttiva 90/531/CEE è in particolare subordinata alla condizione che nello Stato membro che richiede l'applicazione di tale regime le autorizzazioni siano rilasciate in modo non discriminatorio e trasparente; che uno Stato membro osserva tale condizione a decorrere dal momento e per tutto il tempo in cui si conforma agli obblighi della presente direttiva; che occorre pertanto modificare la direttiva 90/531/CEE; considerando che l'articolo 36 della direttiva 90/531/CEE prevede una revisione entro quattro anni, alla luce dei progressi che saranno compiuti segnatamente in materia di liberalizzazione del mercato e livello di concorrenza, del campo di applicazione della direttiva stessa; che questa revisione del campo di applicazione include la ricerca e l'estrazione di idrocarburi; considerando che la Danimarca si trova in una situazione speciale, dovuta all'obbligo di avviare negoziati sull'eventuale proseguimento delle attività dopo la scadenza della concessione, rilasciata l'8 luglio 1962, per le aree che verranno abbandonate l'8 luglio 2012; che alla Danimarca sarà pertanto concessa una deroga per dette aree, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1Ai fini della presente direttiva, si intende per: 1) autorità competenti: le autorità pubbliche definite all'articolo 1, paragrafo 1 della direttiva 90/531/CEE, competenti per rilasciare l'autorizzazione e/o controllarne l'esercizio; 2) enti: le persone fisiche o giuridiche o le associazioni di tali persone che chiedono, possono chiedere o detengono un'autorizzazione; 3) autorizzazione: ogni disposizione legislativa, regolamentare, amministrativa o contrattuale, o strumento emanato in sua applicazione, in base alla quale le autorità competenti degli Stati membri autorizzano un ente ad esercitare, per proprio conto e a proprio rischio, il diritto esclusivo di prospezione, ricerca o coltivazione di idrocarburi in un'area geografica. Un'autorizzazione può essere rilasciata separatamente per ciascuna attività o congiuntamente per più attività; 4) enti pubblici: le imprese pubbliche quali definite nell'articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 90/531/CEE. Articolo 21. Gli Stati membri mantengono il diritto di determinare, all'interno del loro territorio, le aree da rendere disponibili per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. 2. Se un'area è resa disponibile per le attività di cui al paragrafo 1, gli Stati membri garantiscono che non vi siano discriminazioni tra gli enti per quanto riguarda l'accesso a tali attività ed il loro esercizio da parte degli enti. Tuttavia gli Stati membri possono negare, per motivi di sicurezza nazionale, l'autorizzazione all'accesso e all'esercizio di queste attività a qualsiasi ente effettivamente controllato da paesi terzi o da cittadini di paesi terzi. Articolo 31. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché le autorizzazioni siano rilasciate in esito a procedimenti nei quali tutti gli enti interessati possano presentare domanda ai sensi del paragrafo 2 o del paragrafo 3. 2. Questo procedimento è avviato: a) su iniziativa delle autorità competenti, mediante avviso che invita a presentare domande da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee almeno 90 giorni prima della data limite per la presentazione delle domande; oppureb) mediante un avviso che invita a presentare domande, da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee dopo che un ente ha presentato una domanda, fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 1. Ogni altro ente interessato dispone di un termine di almeno 90 giorni a decorrere dalla data di pubblicazione per presentare una domanda. L'avviso specifica il tipo di autorizzazione, l'area o le aree geografiche che sono o possono essere, in parte o interamente, oggetto della domanda, nonché la data proposta o il termine ultimo per il rilascio dell'autorizzazione. L'avviso specifica se è prevista una preferenza per le domande presentate da enti costituiti da una singola persona fisica o giuridica. 3. Gli Stati membri possono rilasciare un'autorizzazione senza avviare un procedimento ai sensi del paragrafo 2 se l'area oggetto della domanda di autorizzazione: a) è disponibile in maniera permanente ob) è stata oggetto di un precedente procedimento ai sensi del paragrafo 2 che non si è concluso con il rilascio di un'autorizzazione oc) è stata abbandonata da un ente e non rientra automaticamente nei casi di cui alla lettera a). Uno Stato membro che intenda applicare il presente paragrafo provvede, entro tre mesi dall'adozione della presente direttiva o, nel caso degli Stati membri che non hanno ancora avviato tali procedimenti, senza indugio, alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee di un avviso in cui sono indicate le aree, situate all'interno del proprio territorio, disponibili ai sensi del presente paragrafo e i luoghi dove ottenere informazioni dettagliate al riguardo. Qualsiasi modificazione significativa di tali informazioni formerà oggetto di un avviso supplementare. Tuttavia, nessuna domanda di autorizzazione ai sensi del presente paragrafo può essere presa in considerazione prima della pubblicazione del relativo avviso ai sensi della presente disposizione. 4. Uno Stato membro può decidere di non applicare il paragrafo 1 nell'ipotesi e nella misura in cui considerazioni di tipo geologico o produttivo giustifichino il rilascio dell'autorizzazione per una certa area al titolare di un'autorizzazione relativa ad un'area contigua. Lo Stato membro in questione assicura che i titolari di autorizzazioni per le altre aree contigue possano, in questo caso, presentare domanda e dispongano di tempo sufficiente per farlo. 5. Non è considerato rilascio di autorizzazione ai sensi del paragrafo 1: a) il rilascio di un'autorizzazione determinato unicamente da cambiamenti nella denominazione o proprietà dell'ente titolare di un'autorizzazione già esistente, da cambiamenti nella composizione dell'ente stesso o da trasferimenti di autorizzazioni; b) il rilascio di un'autorizzazione ad un ente titolare di un'altra forma di autorizzazione, qualora il possesso di quest'ultimo titolo implichi un diritto al rilascio di quella autorizzazione; c) la decisione delle autorità competenti presa nel contesto di un'autorizzazione (a prescindere dal fatto che tale autorizzazione sia stata rilasciata prima della data di cui all'articolo 14) e relativa all'avvio, alla sospensione, alla proroga o alla cessazione delle attività o alla proroga dell'autorizzazione stessa. 6. Nonostante l'avvio dei procedimenti di cui al paragrafo 2, gli Stati membri mantengono la facoltà di negare il rilascio di autorizzazioni, assicurando però che essa non dia luogo a discriminazioni tra enti. Articolo 4Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché: a) se la delimitazione delle aree geografiche non risulta da una precedente divisione geometrica del territorio, la superficie di ciascuna di esse sia determinata in modo da non eccedere quanto giustificato dall'esercizio ottimale delle attività sotto il profilo tecnico ed economico. Nel caso di rilascio di autorizzazioni in base ai procedimenti di cui all'articolo 3, paragrafo 2, sono stabiliti criteri oggettivi, di cui gli enti possono prendere conoscenza prima di presentare le domande; b) la durata dell'autorizzazione non superi il periodo necessario per portare a buon fine le attività per le quali essa è stata concessa. Tuttavia le autorità competenti possono prorogare la durata dell'autorizzazione se la durata stabilita non è sufficiente per completare l'attività in questione e se l'attività è stata condotta conformemente all'autorizzazione; c) gli enti non godano di diritti esclusivi nell'area geografica per la quale hanno ottenuto un'autorizzazione per un periodo più lungo di quanto sia necessario per il corretto esercizio delle attività autorizzate. Articolo 5Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché: 1) le autorizzazioni siano in ogni caso rilasciate in base a criteri concernenti: a) le capacità tecniche ed economiche degli enti; b) le modalità che gli enti intendono adottare per la prospezione, la ricerca e/o la messa in produzione nell'area geografica in questione; nonché, all'occorrenza: c) in caso di messa in vendita dell'autorizzazione, il prezzo che l'ente è disposto a versare per ottenerla; d) se, dopo la valutazione in base ai criteri di cui alle lettere a), b) e, ove applicabile, c), due o più domande sono equipollenti, altri criteri pertinenti, obiettivi e non discriminatori per operare la scelta definitiva tra tali domande. Nel valutare le domande, le autorità competenti possono tenere altresì conto di qualsiasi carenza di efficienza o di affidabilità dimostrata da un ente nel contesto di un'autorizzazione precedente. Se le autorità competenti determinano la composizione di un ente a cui possono rilasciare un'autorizzazione, esse si basano su criteri obiettivi e non discriminatori. Se le autorità competenti designano l'operatore di un ente a cui possono rilasciare un'autorizzazione, esse si basano su criteri obiettivi e non discriminatori. I criteri sono formulati e pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee prima che inizi a decorrere il periodo per la presentazione delle domande. Gli Stati membri che hanno già pubblicato i criteri nelle Gazzette ufficiali nazionali possono limitare la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee ad un riferimento alla pubblicazione nelle rispettive Gazzette ufficiali. Tuttavia, qualsiasi cambiamento relativo ai criteri è pubblicato per esteso nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee; 2) siano stabiliti e resi noti agli enti interessati, in qualsiasi momento, le condizioni e i requisiti relativi all'esercizio o alla cessazione dell'attività, applicabili a ogni tipo di autorizzazione in virtù di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative in vigore alla data di presentazione delle domande, indipendentemente dal fatto che siano previsti dall'autorizzazione o che la loro accettazione preventiva sia una condizione per il rilascio dell'autorizzazione stessa. Nella fattispecie prevista all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), essi possono essere resi noti soltanto alla data a decorrere dalla quale possono essere presentate le domande di autorizzazione; 3) sia notificato a tutti gli enti interessati qualsiasi cambiamento relativo alle condizioni ed ai requisiti di cui sopra, introdotto nel corso del procedimento; 4) siano applicati in modo non discriminatorio i criteri, le condizioni ed i requisiti di cui al presente articolo; 5) siano comunicati i motivi della decisione a qualsiasi ente la cui domanda di autorizzazione sia stata respinta, se esso ne fa richiesta. Articolo 61. Gli Stati membri provvedono affinché le condizioni e i requisiti di cui all'articolo 5, punto 2), nonché gli obblighi particolareggiati relativi all'esercizio di un'autorizzazione specifica siano giustificati esclusivamente dalla necessità di assicurare il corretto esercizio delle attività nell'area geografica per la quale è richiesta l'autorizzazione, mediante applicazione del paragrafo 2 oppure versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi. 2. Gli Stati membri, se così giustificato da motivi di sicurezza nazionale, sicurezza pubblica, pubblica sanità, sicurezza dei trasporti, protezione dell'ambiente, tutela di risorse biologiche e del patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico, sicurezza degli impianti e degli addetti, gestione pianificata di risorse di idrocarburi (ad esempio, tasso di sfruttamento degli idrocarburi o ottimizzazione del loro recupero) o dalla necessità di garantire un gettito fiscale, possono stabilire condizioni e requisiti per l'esercizio delle attività di cui all'articolo 2, paragrafo 1. 3. Le disposizioni per il pagamento dei corrispettivi di cui al paragrafo 1, comprese le condizioni per la partecipazione dello Stato, sono fissate dagli Stati membri in modo da garantire il mantenimento dell'indipendenza di gestione degli enti. Tuttavia, se il rilascio di autorizzazioni è soggetto alla partecipazione dello Stato alle attività e se è stata designata una persona giuridica con lo scopo di gestire tale partecipazione, oppure se lo Stato stesso gestisce la partecipazione, alla persona giuridica e allo Stato non deve essere impedito di esercitare i diritti e di assumere gli obblighi associati con tale partecipazione, proporzionali all'entità della partecipazione, purché la persona giuridica o lo Stato non siano destinatari dell'informazione né esercitino un diritto di voto in decisioni relative alle fonti di approvvigionamento degli enti, purché la persona giuridica o lo Stato assieme a uno o più enti pubblici non esercitino un diritto di maggioranza di voto nelle altre decisioni, e purché ogni voto da parte dello Stato o della persona giuridica si basi esclusivamente su principi trasparenti, obiettivi e non discriminatori e non impedisca che l'amministrazione dell'ente adotti decisioni basate su principi commerciali normali. Tuttavia, le disposizioni del secondo comma non impediscono alla persona giuridica o allo Stato di opporsi ad una decisione dei titolari di un'autorizzazione che non rispetti le condizioni e i requisiti indicati nell'autorizzazione con riferimento alla politica di sfruttamento e alla tutela degli interessi finanziari dello Stato. La facoltà di opporsi ad una decisione è esercitata in maniera non discriminatoria, soprattutto nel caso di decisioni relative a investimenti e fonti di approvvigionamento degli enti. Se la partecipazione dello Stato nelle attività è gestita da una persona giuridica che è nel contempo titolare delle autorizzazioni, lo Stato membro introduce disposizioni a norma delle quali la persona giuridica è tenuta a redigere una contabilità separata per quanto riguarda rispettivamente il suo ruolo commerciale e quello di gestore della partecipazione dello Stato, garantendo che non vi sarà flusso di informazioni dalla parte della persona giuridica responsabile della gestione della partecipazione dello Stato verso la parte della persona giuridica che è titolare delle autorizzazioni per proprio conto. Tuttavia, se la parte della persona giuridica responsabile della gestione della partecipazione dello Stato assume come consulente la parte della persona giuridica che è titolare dell'autorizzazione per proprio conto, la prima può mettere a disposizione ogni informazione necessaria per effettuare la consulenza. I titolari di tutte le autorizzazioni cui le informazioni si riferiscono sono informati preventivamente di quali informazioni saranno in tal modo fornite e disporranno di un lasso di tempo sufficiente per formulare obiezioni. 4. Gli Stati membri provvedono a che il controllo degli enti nell'ambito delle autorizzazioni sia limitato a quanto necessario per assicurare l'osservanza delle condizioni, dei requisiti e degli obblighi di cui al paragrafo 1. Essi adottano, in particolare, le misure necessarie affinché nessun ente sia obbligato, con disposizioni giuridiche, regolamentari o amministrative o mediante accordi o intese, a fornire informazioni sulle fonti di approvvigionamento previste o esistenti, tranne che dietro richiesta delle autorità competenti ed esclusivamente ai fini degli obiettivi menzionati dall'articolo 36 del trattato. Articolo 7Fatte salve le disposizioni concernenti singole autorizzazioni o contenute nelle stesse e le disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 5, lettera b), le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che conferiscono ad un unico ente il diritto di ottenere autorizzazioni in un'area geografica specifica, compresa nel territorio di uno Stato membro, sono abolite dagli Stati membri interessati prima del 1° gennaio 1997. Articolo 81. Gli Stati membri informano la Commissione di ogni difficoltà d'ordine generale incontrata, de jure o de facto, dagli enti nell'accesso alle attività di prospezione, ricerca o coltivazione di idrocarburi o nel loro esercizio in paesi terzi che sia stata loro segnalata. Gli Stati membri e la Commissione garantiscono la riservatezza commerciale. 2. La Commissione riferisce al Parlamento europeo ed al Consiglio prima del 31 dicembre 1994, e successivamente ad intervalli periodici, sulla situazione degli enti nei paesi terzi nonché sull'andamento degli eventuali negoziati avviati in forza del paragrafo 3 con questi paesi o nell'ambito di organizzazioni internazionali. 3. Ogniqualvolta riscontri, in base alle relazioni di cui al paragrafo 2 ovvero in base ad altre informazioni, che un determinato paese terzo non concede agli enti comunitari, relativamente all'accesso alle attività di cui al paragrafo 1 o al loro esercizio, un trattamento analogo a quello concesso dalla Comunità agli enti del paese terzo stesso, la Commissione può presentare proposte al Consiglio per un mandato di negoziato onde ottenere per gli enti comunitari analoghe possibilità di concorrenza. Il Consiglio decide a maggioranza qualificata. 4. Nelle circostanze di cui al paragrafo 3 la Commissione può, in qualsiasi momento, proporre che il Consiglio autorizzi uno o più Stati membri a negare il rilascio di un'autorizzazione ad un ente effettivamente controllato dal paese terzo di cui trattasi e/o da cittadini dello stesso. La Commissione può avanzare tale proposta di sua iniziativa o su richiesta di uno Stato membro. Il Consiglio decide a maggioranza qualificata il più presto possibile. 5. I provvedimenti adottati in applicazione del presente articolo lasciano impregiudicati gli obblighi della Comunità derivanti da accordi internazionali disciplinanti l'accesso alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e il loro esercizio. Articolo 9Ciascuno Stato membro pubblica ogni anno e comunica alla Commissione una relazione contenente informazioni sulle aree geografiche aperte alla prospezione, ricerca e coltivazione sulle autorizzazioni rilasciate, sugli enti titolari di quest'ultime e sulla loro composizione, nonché sulle stime delle riserve esistenti nel suo territorio. La presente disposizione non comporta l'obbligo per gli Stati membri di pubblicare informazioni riservate sotto il profilo commerciale. Articolo 10Gli Stati membri notificano alla Commissione l'elenco delle autorità competenti entro il 1° maggio 1995. Essi notificano senza indugio alla Commissione i cambiamenti intervenuti successivamente. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee l'elenco delle autorità competenti e gli eventuali cambiamenti da apportarvi. Articolo 11La presente direttiva si applica alle autorizzazioni rilasciate a decorrere dalla data stabilita nell'articolo 14. Articolo 12All'articolo 3 della direttiva 90/531/CEE è aggiunto il paragrafo seguente: «5. Per le attività di sfruttamento di aree geografiche dirette alla prospezione o estrazione di petrolio o di gas naturale, i paragrafi da 1 a 4 si applicano come segue, a decorrere dalla data in cui lo Stato membro interessato si è conformato alle disposizioni della direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (*): a) le condizioni di cui al paragrafo 1 sono considerate soddisfatte a partire dalla suddetta data, fatto salvo il paragrafo 3; b) a partire dalla suddetta data, lo Stato membro di cui al paragrafo 4 deve comunicare soltanto le disposizioni relative all'osservanza delle condizioni elencate nei paragrafi 2 e 3. (*) GU n. L 164 del 30. 6. 1994, pag. 3.» Articolo 13Le disposizioni degli articoli 3 e 5 non si applicano alle nuove autorizzazioni rilasciate dalla Danimarca anteriormente al 31 dicembre 2012 per quanto attiene alle aree abbandonate alla data dell'8 luglio 2012, alla scadenza delle autorizzazioni rilasciate l'8 luglio 1962. Le nuove autorizzazioni vengono rilasciate in base a principi obiettivi e non discriminatori. Il presente articolo non crea alcun precedente per gli Stati membri. Articolo 14Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva il 1° luglio 1995. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 15La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 16Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 30 maggio 1994. Per il Parlamento europeoIl PresidenteE. KLEPSCHPer il ConsiglioIl PresidenteC. SIMITIS(1) GU n. C 139 del 2. 6. 1992, pag. 12. (2) GU n. C 19 del 25. 1. 1993, pag. 128. (3) Parere del Parlamento europeo del 18 novembre 1992 (GU n. C 337 del 21. 12. 1992, pag. 145). Posizione comune del Consiglio del 22 dicembre 1993 (GU n. C 101 del 9. 4. 1994, pag. 14) e decisione del Parlamento europeo del 9 marzo 1994 (GU n. C 91 del del 28. 3. 1994). (4) GU n. C 241 del 25. 9. 1986, pag. 1. (1) GU n. L 297 del 29. 10. 1990, pag. 1. (2) GU n. L 199 del 9. 8. 1993, pag. 84.
Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Istituisce norme a livello dell’UE per garantire l’accesso non discriminatorio alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. Tali regole puntano a:integrare ulteriormente il mercato energetico interno dell’UE; favorire la concorrenza al suo interno; e migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento. PUNTI CHIAVE La direttiva riguarda le autorizzazioni per la prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi. Stabilisce che i limiti geografici di un’autorizzazione e il limite temporale di tale autorizzazione vengano determinati in base al miglior modo possibile di svolgere tali attività dal punto di vista economico e tecnico. Il fine è quello di evitare di riservare ad un unico ente un diritto esclusivo su aree per le quali la prospezione, ricerca e coltivazione possono essere avviate in modo più efficace da diversi enti. Le disposizioni legislative che conferiscono ad un unico ente il diritto di ottenere autorizzazioni in un’area geografica specifica, compresa nel territorio di uno Stato membro, dovevano essere abolite dagli Stati membri interessati prima del 1 gennaio 1997. I procedimenti per la concessione delle autorizzazioni devono essere trasparenti e basati su criteri obiettivi e non discriminatori. Devono quindi essere aperti a tutti gli enti interessati. La scelta tra i vari enti dovrà basarsi su:le loro capacità tecniche ed economiche; le modalità che gli enti propongono per la prospezione, la ricerca e/o la messa in produzione nell’area geografica in questione; e il prezzo che l’ente è disposto a versare per ottenere l’autorizzazione (in caso di messa in vendita dell’autorizzazione). Tutte le informazioni relative all’autorizzazione (il tipo di autorizzazione, l’area o le aree geografiche che possono essere, in parte o interamente, oggetto della domanda, il termine ultimo per il rilascio dell’autorizzazione, i criteri di selezione, ecc.) sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea almeno 90 giorni prima della data limite per la presentazione delle domande. Gli Stati membri mantengono il diritto di accedere a tali attività e il loro esercizio è soggetto a considerazioni legate a:sicurezza nazionale; sicurezza pubblica; pubblica sanità; sicurezza dei trasporti; protezione dell’ambiente; tutela delle risorse biologiche; gestione pianificata di risorse di idrocarburi o al pagamento di un contributo finanziario o di un contributo in idrocarburi. Vengono introdotte procedure di mutuo accordo con paesi terzi, in modo che gli enti degli Stati membri siano in condizione di ricevere un trattamento nei paesi terzi comparabile a quello che hanno nella Comunità gli enti dei paesi terzi. La Direttiva 94/22/CE integra la direttiva 2014/25/UE — appalti pubblici: norme per i settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore dal 30 giugno 1994 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 1 luglio 1995. CONTESTO Gli Stati membri hanno diritti sovrani sulle risorse di idrocarburi che si trovano nel loro territorio, pertanto spetta a ciascuno Stato membro determinare le aree geografiche in cui possono essere esercitati i diritti alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e autorizzare gli enti a esercitare tali diritti. Per maggiori informazioni, consultare:Licenze per petrolio e gas (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 94/22/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (GU L 164 del 30.6.1994, pag. 3). DOCUMENTO CORRELATO Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243). Le successive modifiche alla Direttiva 2014/25/UE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
9,388
918
32010L0024
false
DIRETTIVA 2010/24/UE DEL CONSIGLIO del 16 marzo 2010 sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare gli articoli 113 e 115, vista la proposta della Commissione europea, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, considerando quanto segue: (1) L’assistenza reciproca tra gli Stati membri ai fini del recupero dei rispettivi crediti e di quelli dell’Unione derivanti da determinate imposte e altre misure contribuisce al buon funzionamento del mercato interno. Oltre a garantire la neutralità fiscale, ha permesso agli Stati membri di eliminare misure di protezione discriminatorie adottate in relazione alle operazioni transfrontaliere per prevenire frodi e perdite di bilancio. (2) Disposizioni relative all’assistenza reciproca in materia di recupero sono state inizialmente stabilite dalla direttiva 76/308/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1976, relativa all’assistenza reciproca in materia di ricupero dei crediti risultanti da operazioni che fanno parte del sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, nonché dei prelievi agricoli e dei dazi doganali (3). Tale direttiva e i suoi atti modificativi sono stati codificati dalla direttiva 2008/55/CE del Consiglio, del 26 maggio 2008, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure (4). (3) Tali disposizioni, se hanno costituito un primo passo verso un miglioramento delle procedure di recupero all’interno dell’Unione grazie all’avvicinamento delle norme nazionali applicabili, si sono però rivelate insufficienti per rispondere alle esigenze del mercato interno quale si è andato evolvendo negli ultimi trenta anni. (4) Per garantire meglio gli interessi finanziari degli Stati membri e la neutralità del mercato interno, è necessario estendere l’ambito di applicazione dell’assistenza reciproca in materia di recupero ai crediti derivanti da imposte e dazi che ancora non vi rientrano, mentre per far fronte alle crescenti domande di assistenza e produrre risultati migliori è necessario rendere l’assistenza più efficace ed efficiente e facilitarla nella pratica. Al fine di conseguire tali obiettivi sono necessari importanti adattamenti, per cui una mera modifica della vigente direttiva 2008/55/CE non sarebbe sufficiente. La direttiva 2008/55/CE dovrebbe pertanto essere abrogata e sostituita da un nuovo strumento giuridico che muova dai risultati di detta direttiva ma preveda, laddove necessario, norme più chiare e precise. (5) Norme più chiare favorirebbero un più ampio scambio di informazioni tra gli Stati membri. Assicurerebbero inoltre la copertura di tutte le persone fisiche e giuridiche nell’Unione, tenendo conto della gamma sempre crescente di istituti giuridici, inclusi non solo gli istituti tradizionali quali trust e fondazioni, ma anche qualsiasi nuovo strumento che possa essere creato dai contribuenti negli Stati membri. Esse permetterebbero altresì di tener conto di tutte le forme che possono assumere i crediti delle autorità pubbliche derivanti da imposte, dazi, contributi, restituzioni e interventi, inclusi tutti i crediti pecuniari nei confronti del contribuente interessato o di terzi che sostituiscono il credito originario. Norme più chiare sono necessarie soprattutto per definire meglio i diritti e gli obblighi di tutti i soggetti interessati. (6) La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare la competenza degli Stati membri in materia di determinazione delle misure di recupero applicabili nell’ambito della legislazione nazionale. Occorre tuttavia assicurare che né le disparità fra le leggi nazionali né la mancanza di coordinamento fra le autorità competenti pregiudichino il buon funzionamento del sistema di assistenza reciproca previsto dalla presente direttiva. (7) L’assistenza reciproca può consistere, per l’autorità adita, nel fornire all’autorità richiedente le informazioni utili a quest’ultima per il recupero dei crediti sorti nello Stato membro richiedente e nel notificare al debitore tutti gli atti provenienti dallo Stato membro richiedente relativi a tali crediti. L’autorità adita può altresì procedere, su domanda dell’autorità richiedente, al recupero di crediti sorti nello Stato membro richiedente oppure adottare misure cautelari per garantire il recupero di tali crediti. (8) L’adozione di un titolo uniforme che consenta l’adozione di misure esecutive nello Stato membro adito nonché l’adozione di un modulo standard uniforme per la notifica degli atti e delle decisioni relativi al credito dovrebbero risolvere i problemi di riconoscimento e di traduzione degli strumenti provenienti da un altro Stato membro, che costituiscono una delle cause principali dell’inefficienza degli attuali sistemi di assistenza. (9) È opportuno creare una base giuridica per lo scambio di informazioni senza preventiva richiesta su determinati rimborsi fiscali. Per motivi di efficienza, è inoltre opportuno che i funzionari del fisco di uno Stato membro siano autorizzati ad assistere o a partecipare alle indagini amministrative condotte in un altro Stato membro. Occorre inoltre prevedere scambi di informazioni più diretti fra i servizi al fine di rendere l’assistenza più rapida ed efficiente. (10) Considerata la mobilità crescente nell’ambito del mercato interno e le restrizioni imposte dal trattato o da altre norme sulle garanzie che possono essere richieste ai contribuenti non stabiliti sul territorio nazionale, è necessario ampliare le possibilità di chiedere misure di recupero o misure cautelari in un altro Stato membro. Dato che l’anzianità del credito è un fattore critico, occorre che gli Stati membri possano formulare una domanda di assistenza reciproca, anche se i mezzi di recupero nazionali non sono stati pienamente esauriti, tra l’altro, quando il ricorso a tali procedure nello Stato membro richiedente darebbe adito a difficoltà eccessive. (11) L’obbligo generalizzato di inviare le domande e i documenti in formato digitale e tramite una rete elettronica, con norme precise sul regime linguistico applicabile a domande e documenti, dovrebbe consentire agli Stati membri di trattare le domande con maggiore rapidità e facilità. (12) Nel corso della procedura di recupero nello Stato membro adito, il credito, la notifica effettuata dalle autorità dello Stato membro richiedente o il titolo che consente l’esecuzione potrebbero essere contestati dalla persona interessata. Occorre prevedere che in tal caso l’azione di contestazione sia promossa dall’interessato dinanzi all’istanza competente dello Stato membro richiedente e che l’autorità adita sospenda, salvo domanda contraria formulata dall’autorità richiedente, qualsiasi procedura di esecuzione da essa iniziata finché non intervenga la decisione dell’istanza competente dello Stato membro richiedente. (13) Per incoraggiare gli Stati membri a stanziare risorse sufficienti per il recupero dei crediti di altri Stati membri, lo Stato membro adito dovrebbe poter recuperare le relative spese sostenute presso il debitore. (14) L’efficienza sarebbe assicurata al meglio se, nel dare esecuzione a una domanda di assistenza, l’autorità adita potesse esercitare le competenze conferitele dalla sua legislazione nazionale in materia di crediti concernenti gli stessi o analoghi dazi o imposte. In assenza di dazi o imposte analoghi, la procedura più appropriata sarebbe quella che in base alla legislazione dello Stato membro adito si applica ai crediti concernenti le imposte sui redditi delle persone fisiche. La legislazione nazionale non dovrebbe, di norma, essere applicata riguardo alle preferenze accordate ai crediti sorti nello Stato membro adito. Tuttavia, dovrebbe essere prevista la possibilità di estendere le preferenze a crediti di altri Stati membri in base a un accordo tra gli Stati membri interessati. (15) Per quanto riguarda i problemi concernenti i termini di prescrizione, è necessario semplificare le norme vigenti disponendo che la sospensione, l’interruzione o la proroga dei termini di prescrizione siano in generale determinate in conformità delle disposizioni di legge in vigore nello Stato membro adito, salvo nei casi in cui la sospensione, l’interruzione o la proroga dei termini di prescrizione non siano possibili in virtù delle suddette disposizioni. (16) Per motivi di efficienza è necessario che le informazioni trasmesse nell’ambito dell’assistenza reciproca possano essere utilizzate nello Stato membro che le riceve per scopi diversi da quelli previsti dalla presente direttiva, qualora ciò sia consentito dalla legislazione nazionale sia dello Stato membro che trasmette le informazioni sia dello Stato membro che le riceve. (17) La presente direttiva non dovrebbe impedire l’esecuzione di obblighi più ampi in materia di assistenza risultanti da accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali. (18) Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5). (19) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio», gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e dell’Unione, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento. (20) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, ossia l’istituzione di un sistema uniforme di assistenza al recupero nell’ambito del mercato interno, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo dell’uniformità, dell’efficacia e dell’efficienza richieste, essere realizzati meglio a livello dell’Unione, l’Unione può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (21) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce le norme ai sensi delle quali gli Stati membri devono fornire, in uno Stato membro, l’assistenza al recupero dei crediti di cui all’articolo 2 sorti in un altro Stato membro. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica ai crediti relativi a quanto segue: a) la totalità delle imposte e dei dazi, di qualsiasi tipo, riscossi da uno Stato membro o dalle sue ripartizioni territoriali o amministrative, o per conto di essi, comprese le autorità locali, ovvero per conto dell’Unione; b) le restituzioni, gli interventi e le altre misure che fanno parte del sistema di finanziamento integrale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), ivi compresi gli importi da riscuotere nel quadro di queste azioni; c) i contributi e gli altri dazi previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero. 2. L’ambito di applicazione della presente direttiva comprende: a) penali, sanzioni, tasse e soprattasse di natura amministrativa relative ai crediti per i quali l’assistenza reciproca può essere chiesta conformemente al paragrafo 1, irrogate dalle autorità amministrative competenti per la riscossione delle imposte o dei dazi interessati o l’effettuazione di indagini amministrative al riguardo, o confermate da organi amministrativi o giudiziari su richiesta di tali autorità amministrative; b) tasse per il rilascio di certificati o documenti analoghi in relazione a procedure amministrative che riguardano dazi o imposte; c) interessi e spese relativi ai crediti per i quali l’assistenza reciproca può essere chiesta conformemente al paragrafo 1 o alle lettere a) o b) del presente paragrafo. 3. La presente direttiva non si applica: a) ai contributi previdenziali obbligatori dovuti allo Stato membro o a una ripartizione dello stesso o a organismi di previdenza sociale di diritto pubblico; b) alle tasse diverse da quelle di cui al paragrafo 2; c) ai diritti di natura contrattuale, quali corrispettivi per pubblici servizi; d) alle sanzioni penali irrogate in base ad un’azione penale o ad altre sanzioni penali non contemplate al paragrafo 2, lettera a). Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «autorità richiedente»: un ufficio centrale di collegamento, un ufficio di collegamento o un servizio di collegamento di uno Stato membro che formula una domanda di assistenza relativa a un credito di cui all’articolo 2; b) «autorità adita»: un ufficio centrale di collegamento, un ufficio di collegamento o un servizio di collegamento di uno Stato membro cui è rivolta una domanda di assistenza; c) «persona»: i) una persona fisica; ii) una persona giuridica; iii) ove la normativa vigente lo preveda, un’associazione di persone alla quale è riconosciuta la capacità di compiere atti giuridici, ma che è priva di personalità giuridica; o iv) qualsiasi altro istituto giuridico di qualunque natura e forma, dotato o meno di personalità giuridica, che possiede o gestisce beni che, compreso il reddito da essi derivato, sono soggetti a una delle imposte di cui alla presente direttiva; d) «per via elettronica»: mediante attrezzature elettroniche di trattamento, compresa la compressione digitale, e di memorizzazione di dati e utilizzando fili, radio, mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici; e) «rete CCN»: la piattaforma comune basata sulla rete comune di comunicazione (CCN) sviluppata dall’Unione per assicurare tutte le trasmissioni con mezzi elettronici tra le autorità competenti nel settore delle dogane e della fiscalità. Articolo 4 Organizzazione 1. Entro il 20 maggio 2010 ciascuno Stato membro comunica alla Commissione l’autorità competente o le autorità competenti (in prosieguo «l’autorità competente») ai fini della presente direttiva e la informa senza indugio degli eventuali cambiamenti in merito. La Commissione mette le informazioni ricevute a disposizione degli altri Stati membri e pubblica l’elenco delle autorità competenti degli Stati membri nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. 2. L’autorità competente designa un ufficio centrale di collegamento responsabile principale dei contatti con gli altri Stati membri nel settore dell’assistenza reciproca disciplinato dalla presente direttiva. L’ufficio centrale di collegamento può essere designato altresì quale responsabile dei contatti con la Commissione. 3. L’autorità competente di ciascuno Stato membro può designare uffici di collegamento che saranno responsabili dei contatti con gli altri Stati membri per quanto riguarda l’assistenza reciproca relativa a uno o più tipi o categorie specifici delle imposte e dei dazi di cui all’articolo 2. 4. L’autorità competente di ciascuno Stato membro può designare come servizi di collegamento uffici diversi dall’ufficio centrale di collegamento o dagli uffici di collegamento. I servizi di collegamento chiedono o accordano assistenza reciproca a norma della presente direttiva nel quadro delle rispettive competenze territoriali o funzionali specifiche. 5. L’ufficio o il servizio di collegamento che riceva una domanda di assistenza reciproca comportante un intervento che esula dalle competenze che gli sono conferite inoltra senza indugio la domanda all’ufficio o al servizio competente, se noto, o all’ufficio centrale di collegamento, informandone l’autorità richiedente. 6. L’autorità competente di ciascuno Stato membro segnala alla Commissione l’ufficio centrale di collegamento e gli uffici o servizi di collegamento da essa eventualmente designati. La Commissione mette le informazioni ricevute a disposizione degli Stati membri. 7. Qualsiasi comunicazione è inviata dall’ufficio centrale di collegamento, che garantisce l’efficacia della comunicazione, o per conto dello stesso oppure, a seconda del caso, con il suo consenso. CAPO II SCAMBIO DI INFORMAZIONI Articolo 5 Domanda di informazioni 1. Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità adita fornisce tutte le informazioni che possono prevedibilmente aiutare l’autorità richiedente a recuperare i crediti di cui all’articolo 2. Al fine di fornire dette informazioni, l’autorità adita dispone l’effettuazione delle indagini amministrative necessarie per ottenerle. 2. L’autorità adita non è tenuta a trasmettere informazioni: a) che non sarebbe in grado di ottenere per il recupero di crediti analoghi sorti nello Stato membro adito; b) che rivelerebbero un segreto commerciale, industriale o professionale; c) la cui comunicazione sarebbe tale da pregiudicare la sicurezza o l’ordine pubblico dello Stato membro adito. 3. Il paragrafo 2 non può in nessun caso essere interpretato come autorizzazione dell’autorità adita di uno Stato membro a rifiutare di fornire informazioni solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona. 4. L’autorità adita informa l’autorità richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della domanda di informazioni. Articolo 6 Scambio di informazioni senza preventiva richiesta Qualora un rimborso di dazi o imposte, diversi dall’imposta sul valore aggiunto, riguardi una persona stabilita o residente in un altro Stato membro, lo Stato membro cui spetta effettuare il rimborso può informare lo Stato membro di stabilimento o di residenza del rimborso in questione. Articolo 7 Presenza negli uffici amministrativi e partecipazione alle indagini amministrative 1. Previo accordo fra l’autorità richiedente e l’autorità adita e secondo le modalità fissate dall’autorità adita, al fine di promuovere l’assistenza reciproca disciplinata dalla presente direttiva i funzionari autorizzati dall’autorità richiedente possono: a) essere presenti negli uffici in cui le autorità amministrative dello Stato membro adito esercitano le loro funzioni; b) essere presenti durante le indagini amministrative condotte sul territorio dello Stato membro adito; c) assistere i funzionari competenti dello Stato membro adito nell’ambito dei procedimenti giurisdizionali in corso in tale Stato membro. 2. Ove consentito dalla legislazione vigente nello Stato membro adito, l’accordo di cui al paragrafo 1, lettera b), può prevedere che i funzionari dello Stato membro richiedente interroghino le persone ed esaminino i registri. 3. I funzionari autorizzati dall’autorità richiedente che si avvalgono delle possibilità offerte dai paragrafi 1 e 2 devono essere in grado di produrre, in qualsiasi momento, un mandato scritto in cui siano indicate la loro identità e la loro qualifica ufficiale. CAPO III ASSISTENZA PER LA NOTIFICA DI DOCUMENTI Articolo 8 Domanda di notifica di alcuni documenti relativi ai crediti 1. Su domanda dell’autorità richiedente, l’autorità adita notifica al destinatario tutti i documenti, anche di natura giudiziaria, concernenti un credito di cui all’articolo 2 o il suo recupero, provenienti dallo Stato membro richiedente. La domanda di notifica è accompagnata da un modulo standard contenente almeno le seguenti informazioni: a) nome, indirizzo e altri dati utili ai fini dell’identificazione del destinatario; b) obiettivo della notifica e termine entro il quale deve essere effettuata; c) descrizione del documento allegato nonché della natura e dell’importo del credito; d) nome, indirizzo e altri estremi riguardanti: i) l’ufficio responsabile per il documento allegato; e, se diverso, ii) l’ufficio presso il quale possono essere ottenute informazioni sul documento notificato o sulle possibilità di contestare l’obbligo di pagamento. 2. L’autorità richiedente presenta una domanda di notifica ai sensi del presente articolo solo qualora non sia in grado di provvedere alla notifica conformemente alle norme che disciplinano la notifica dei documenti in questione nello Stato membro richiedente o qualora tale notifica dia luogo a difficoltà eccessive. 3. L’autorità adita informa immediatamente l’autorità richiedente del seguito dato alla domanda di notifica e, più in particolare, della data di notifica del documento al destinatario. Articolo 9 Modalità di notifica 1. L’autorità adita provvede affinché la notifica nello Stato membro adito sia effettuata conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari e alle prassi amministrative in vigore nello Stato membro adito. 2. Il paragrafo 1 fa salva qualsiasi altra forma di notifica effettuata da un’autorità competente dello Stato membro richiedente in conformità delle norme in esso vigenti. Un’autorità competente stabilita nello Stato membro richiedente può notificare direttamente, per raccomandata o per posta elettronica, qualsiasi documento a una persona stabilita sul territorio di un altro Stato membro. CAPO IV MISURE DI RECUPERO O MISURE CAUTELARI Articolo 10 Domanda di recupero 1. Su domanda dell’autorità richiedente, l’autorità adita procede al recupero dei crediti oggetto di un titolo che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente. 2. L’autorità richiedente invia all’autorità adita, non appena ne sia a conoscenza, ogni informazione utile relativa al caso che ha motivato la domanda di recupero. Articolo 11 Condizioni che disciplinano le domande di recupero 1. L’autorità richiedente non può presentare una domanda di recupero se e finché il credito e/o il titolo che ne consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente sono contestati in tale Stato membro, tranne nei casi in cui si applica l’articolo 14, paragrafo 4, terzo comma. 2. Prima che l’autorità richiedente presenti una domanda di recupero, si applicano le procedure di recupero adeguate disponibili nello Stato membro richiedente, tranne nei casi seguenti: a) quando è ovvio che non vi sono beni utili al recupero nello Stato membro richiedente o che tali procedure non porteranno al pagamento integrale del credito e l’autorità richiedente è in possesso di specifiche informazioni secondo cui l’interessato dispone di beni nello Stato membro adito; b) quando il ricorso a tali procedure nello Stato membro richiedente darebbe adito a difficoltà eccessive. Articolo 12 Titolo che consente l’esecuzione nello Stato membro adito e altri documenti di accompagnamento 1. Le domande di recupero sono accompagnate da un titolo uniforme che consente l’esecuzione nello Stato membro adito. Il titolo uniforme che consente l’esecuzione nello Stato membro adito rispecchia nella sostanza il contenuto del titolo iniziale che consente l’esecuzione e costituisce l’unica base per le misure di recupero e le misure cautelari adottate nello Stato membro adito. Esso non è oggetto di alcun atto di riconoscimento, completamento o sostituzione in tale Stato membro. Il titolo uniforme che consente l’esecuzione contiene almeno le seguenti informazioni: a) informazioni utili ai fini dell’identificazione del titolo iniziale che consente l’esecuzione, una descrizione del credito, ivi compresa la natura dello stesso, il periodo interessato, tutte le date utili per il processo di esecuzione, nonché l’importo del credito e le sue varie componenti, come il capitale, gli interessi maturati, ecc.; b) nome e altri dati utili ai fini dell’identificazione del debitore; c) nome, indirizzo e altri estremi riguardanti: i) l’ufficio responsabile per l’accertamento del credito; e, se diverso, ii) l’ufficio presso il quale possono essere ottenute informazioni sul credito o sulle possibilità di contestare l’obbligo di pagamento. 2. La domanda di recupero di un credito può essere corredata di altri documenti relativi al credito emessi nello Stato membro richiedente. Articolo 13 Esecuzione della domanda di recupero 1. Ai fini del recupero nello Stato membro adito, ogni credito per cui è stata presentata una domanda di recupero è trattato come un credito dello Stato membro adito, salvo diversa disposizione della presente direttiva. L’autorità adita esercita le competenze conferitele e si avvale delle procedure previste dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro adito applicabili ai crediti riguardanti i medesimi dazi o le medesime imposte o, in mancanza di questi, dazi e imposte analoghi, salvo diversa disposizione della presente direttiva. Se ritiene che i medesimi dazi o le medesime imposte ovvero dazi e imposte analoghi non siano riscossi sul territorio nazionale, l’autorità adita esercita le competenze conferitele e si avvale delle procedure previste dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro adito applicabili ai crediti riguardanti le imposte sui redditi delle persone fisiche, salvo diversa disposizione della presente direttiva. Lo Stato membro adito non è tenuto a concedere ai crediti degli altri Stati membri le preferenze accordate per crediti analoghi sorti in tale Stato membro, salvo diverso accordo tra gli Stati membri interessati o diversa disposizione nella legislazione dello Stato membro adito. Lo Stato membro che conceda preferenze ai crediti di un altro Stato membro non può, alle stesse condizioni, rifiutare di accordare le stesse preferenze agli stessi o analoghi crediti di altri Stati membri. Lo Stato membro adito recupera il credito nella propria valuta. 2. L’autorità adita informa con la dovuta diligenza l’autorità richiedente del seguito dato alla domanda di recupero. 3. A partire dalla data in cui riceve la domanda di recupero l’autorità adita applica gli interessi di mora previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore nello Stato membro adito. 4. Se le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti nello Stato membro adito lo consentono, l’autorità adita può concedere al debitore una dilazione di pagamento o autorizzare un pagamento rateale e può applicare i relativi interessi. Essa informa successivamente l’autorità richiedente di qualsiasi decisione in tal senso. 5. Fatto salvo l’articolo 20, paragrafo 1, l’autorità adita trasferisce all’autorità richiedente gli importi recuperati in relazione al credito e gli interessi di cui ai paragrafi 3 e 4 del presente articolo. Articolo 14 Controversie 1. Le controversie concernenti il credito, il titolo iniziale che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente o il titolo uniforme che consente l’esecuzione nello Stato membro adito nonché le controversie riguardanti la validità di una notifica effettuata da un’autorità competente dello Stato membro richiedente rientrano nella competenza degli organismi competenti dello Stato membro richiedente. Se nel corso della procedura di recupero un soggetto interessato contesta il credito, il titolo iniziale che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente o il titolo uniforme che consente l’esecuzione nello Stato membro adito, l’autorità adita informa tale soggetto che l’azione deve essere da esso promossa dinanzi all’organo competente dello Stato membro richiedente in conformità delle norme di legge in esso vigenti. 2. Le controversie concernenti le misure esecutive adottate nello Stato membro adito o la validità di una notifica effettuata da un’autorità competente dello Stato membro adito sono portate dinanzi all’organo competente di tale Stato membro in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari in esso vigenti. 3. Se un’azione di cui al paragrafo 1 è stata promossa dinanzi all’organo competente dello Stato membro richiedente, l’autorità richiedente ne informa l’autorità adita e indica gli elementi del credito che non sono oggetto di contestazione. 4. Non appena riceve le informazioni di cui al paragrafo 3 dall’autorità richiedente o dal soggetto interessato, l’autorità adita sospende la procedura di esecuzione per quanto riguarda la parte contestata del credito in attesa della decisione dell’organo competente in materia, salvo domanda contraria formulata dall’autorità richiedente ai sensi del terzo comma del presente paragrafo. Su domanda dell’autorità richiedente, o se lo ritiene altrimenti necessario, e fatto salvo l’articolo 16, l’autorità adita può adottare misure cautelari per garantire il recupero, se le disposizioni legislative o regolamentari in vigore nello Stato membro adito lo consentono. L’autorità richiedente può chiedere, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari e delle prassi amministrative vigenti nello Stato membro richiedente, all’autorità adita di recuperare un credito contestato o la parte contestata di un credito se le disposizioni legislative e regolamentari e le prassi amministrative vigenti nello Stato membro adito consentono tale azione. Le domande di questo tipo devono essere motivate. Se l’esito della contestazione risulta favorevole al debitore, l’autorità richiedente è tenuta alla restituzione di ogni importo recuperato unitamente ad ogni compensazione dovuta, secondo la legislazione in vigore nello Stato membro adito. Se le autorità competenti dello Stato membro richiedente o dello Stato membro adito hanno avviato una procedura amichevole, e l’esito della procedura può avere un’incidenza sul credito per il quale è stata richiesta l’assistenza, le misure di recupero sono sospese o interrotte fino alla conclusione della procedura, a meno che si tratti di un caso di estrema urgenza per frode o insolvenza. Se le misure di recupero sono sospese o interrotte, si applica il secondo comma. Articolo 15 Modifica o ritiro della domanda di assistenza al recupero 1. L’autorità richiedente informa immediatamente l’autorità adita di qualsiasi modifica apportata alla propria domanda di recupero o del ritiro della stessa, precisando i motivi della modifica o del ritiro. 2. Se la modifica della domanda è dovuta a una decisione dell’organo competente di cui all’articolo 14, paragrafo 1, l’autorità richiedente trasmette tale decisione corredata di un nuovo titolo uniforme che consente l’esecuzione nello Stato membro adito. L’autorità adita prosegue quindi la procedura di recupero sulla base del nuovo titolo. Le misure di recupero o le misure cautelari già adottate sulla base del titolo uniforme originale che consente l’esecuzione nello Stato membro adito possono continuare sulla base del nuovo titolo, a meno che la modifica della domanda sia dovuta all’invalidità del titolo iniziale che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente o del titolo uniforme originale che consente l’esecuzione nello Stato membro adito. Gli articoli 12 e 14 si applicano in relazione al nuovo titolo. Articolo 16 Domanda di misure cautelari 1. Su domanda dell’autorità richiedente, l’autorità adita procede all’adozione di misure cautelari, se consentito dalla legislazione nazionale e conformemente alle proprie prassi amministrative, per garantire il recupero qualora un credito o il titolo che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente sia contestato al momento della presentazione della domanda o qualora il credito non sia ancora oggetto di un titolo che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente, purché l’adozione di misure cautelari sia possibile, in una situazione analoga, anche in base alla legislazione nazionale e alle prassi amministrative dello Stato membro richiedente. Il documento redatto, se del caso, ai fini dell’adozione di misure cautelari nello Stato membro richiedente e relativo al credito per cui è domandata l’assistenza reciproca è allegato alla domanda di misure cautelari nello Stato membro adito. Tale documento non è oggetto di alcun atto di riconoscimento, completamento o sostituzione nello Stato membro adito. 2. La domanda di misure cautelari può essere corredata di altri documenti relativi al credito, emessi nello Stato membro richiedente. Articolo 17 Disposizioni che disciplinano la domanda di misure cautelari Per l’attuazione dell’articolo 16 si applicano, mutatis mutandis, l’articolo 10, paragrafo 2, l’articolo 13, paragrafi 1 e 2, e gli articoli 14 e 15. Articolo 18 Limitazioni agli obblighi dell’autorità adita 1. L’autorità adita non è tenuta ad accordare l’assistenza di cui agli articoli da 10 a 16 se il recupero del credito è di natura tale da provocare, a causa della situazione del debitore, gravi difficoltà di ordine economico o sociale nello Stato membro adito, purché le disposizioni legislative e regolamentari e le prassi amministrative vigenti in detto Stato membro consentano tale eccezione per i crediti nazionali. 2. L’autorità adita non è tenuta ad accordare l’assistenza prevista all’articolo 5 e agli articoli da 7 a 16 se la domanda iniziale ai sensi degli articoli 5, 7, 8, 10 o 16 si riferisce a crediti che risalgono a più di cinque anni prima, a decorrere dalla data in cui il credito è divenuto esigibile nello Stato membro richiedente alla data della suddetta domanda iniziale. Tuttavia, qualora il credito o il titolo iniziale che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente siano oggetto di contestazione, il periodo di cinque anni decorre dalla data in cui nello Stato membro richiedente si stabilisce che il credito o il titolo che consente l’esecuzione non possono più essere oggetto di contestazione. Inoltre, nei casi in cui una dilazione di pagamento o un piano di pagamento rateale è concesso dalle autorità competenti dello Stato membro richiedente, il periodo di cinque anni decorre dalla data di scadenza dell’intero termine di pagamento. Tuttavia, in tali casi l’autorità adita non è tenuta a concedere assistenza per i crediti che risalgono a più di dieci anni prima, a decorrere dalla data in cui il credito è divenuto esigibile nello Stato membro richiedente. 3. Uno Stato membro non è tenuto a concedere assistenza se l’importo totale dei crediti contemplati dalla presente direttiva per i quali è richiesta assistenza è inferiore a 1 500 EUR. 4. L’autorità adita informa l’autorità richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della domanda di assistenza. Articolo 19 Problemi concernenti la prescrizione 1. I problemi concernenti i termini di prescrizione sono disciplinati esclusivamente dalle norme di legge in vigore nello Stato membro richiedente. 2. Con riguardo alla sospensione, all’interruzione o alla proroga dei termini di prescrizione, si considera che gli atti di recupero effettuati dall’autorità adita, o per conto della stessa, in conformità di una domanda di assistenza che hanno l’effetto di sospendere, interrompere o prorogare i termini di prescrizione secondo le norme di legge vigenti nello Stato membro adito abbiano lo stesso effetto nello Stato membro richiedente, a condizione che sia previsto l’effetto corrispondente secondo le norme di legge vigenti nello Stato membro richiedente. Se la sospensione, l’interruzione o la proroga dei termini di prescrizione non è possibile secondo le norme di legge vigenti nello Stato membro adito, gli atti di recupero effettuati dall’autorità adita, o per conto della stessa, in conformità della domanda di assistenza che, se fossero stati effettuati dall’autorità richiedente o per conto della stessa nel proprio Stato membro, avrebbero avuto l’effetto di sospendere, interrompere o prorogare i termini di prescrizione secondo le norme di legge vigenti nello Stato membro richiedente, si considerano, a questo effetto, compiuti in quest’ultimo Stato. Il primo e il secondo comma non pregiudicano il diritto delle autorità competenti nello Stato membro richiedente di prendere provvedimenti di sospensione, interruzione o proroga dei termini di prescrizione secondo le norme di legge vigenti in tale Stato membro. 3. L’autorità richiedente e l’autorità adita si informano a vicenda di qualsiasi provvedimento che interrompe, sospende o proroga i termini di prescrizione del credito per il quale sono chieste le misure di recupero o le misure cautelari o che può produrre tale effetto. Articolo 20 Spese 1. Oltre agli importi di cui all’articolo 13, paragrafo 5, l’autorità adita tenta di recuperare dalla persona interessata e trattiene le spese da essa sostenuta in connessione con il recupero, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari dello Stato membro adito. 2. Gli Stati membri rinunciano tra loro a qualsiasi rimborso delle spese derivanti dall’assistenza reciproca che si prestino in applicazione della presente direttiva. Tuttavia, qualora il recupero presenti una difficoltà particolare, riguardi spese molto elevate o si ricolleghi alla lotta contro le organizzazioni criminali, l’autorità richiedente e l’autorità adita possono convenire modalità specifiche di rimborso caso per caso. 3. Fatto salvo il paragrafo 2, lo Stato membro richiedente resta responsabile, nei confronti dello Stato membro adito, delle spese e delle perdite conseguenti ad azioni riconosciute infondate quanto all’esistenza del credito o alla validità del titolo che consente l’esecuzione o l’adozione di misure cautelari emesso dall’autorità richiedente. CAPO V DISPOSIZIONI GENERALI CHE DISCIPLINANO TUTTI I TIPI DI DOMANDE DI ASSISTENZA Articolo 21 Moduli standard e mezzi di comunicazione 1. Le domande di informazioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, le domande di notifica di cui all’articolo 8, paragrafo 1, le domande di recupero di cui all’articolo 10, paragrafo 1, e le domande di misure cautelari di cui all’articolo 16, paragrafo 1, sono inviate per via elettronica utilizzando un modulo standard, a meno che ciò risulti impossibile per motivi tecnici. Nella misura del possibile, questi moduli sono utilizzati anche per tutte le comunicazioni successive inerenti alla domanda. Sono da inviare per via elettronica, a meno che ciò risulti impossibile per motivi tecnici, anche il titolo uniforme che consente l’esecuzione nello Stato membro adito, il documento che consente l’adozione di misure cautelari nello Stato membro richiedente e gli altri documenti di cui agli articoli 12 e 16. Se del caso, i moduli standard possono essere accompagnati da relazioni, attestati e qualsiasi altro documento, o copie conformi o estratti degli stessi, che sono ugualmente inviati per via elettronica, a meno che ciò risulti impossibile per motivi tecnici. I moduli standard e la comunicazione per via elettronica possono essere utilizzati anche ai fini dello scambio di informazioni a norma dell’articolo 6. 2. Il paragrafo 1 non si applica alle informazioni e alla documentazione ottenute tramite la presenza negli uffici amministrativi di un altro Stato membro o la partecipazione alle indagini amministrative in un altro Stato membro in conformità dell’articolo 7. 3. Il fatto che la comunicazione non sia effettuata per via elettronica o mediante i moduli standard non pregiudica la validità delle informazioni ottenute né delle misure adottate nell’esecuzione di una domanda di assistenza. Articolo 22 Regime linguistico 1. Tutte le domande di assistenza, i moduli standard per la notifica e i titoli uniformi che consentono l’esecuzione nello Stato membro adito sono inviati o corredati della traduzione nella lingua ufficiale, o una delle lingue ufficiali, dello Stato membro adito. Il fatto che alcune loro parti siano redatte in una lingua diversa dalla lingua ufficiale, o da una delle lingue ufficiali, dello Stato membro adito, non pregiudica la loro validità o la validità della procedura, nella misura in cui l’altra lingua sia una lingua convenuta dagli Stati membri interessati. 2. I documenti per i quali è necessaria una notifica a norma dell’articolo 8 possono essere trasmessi all’autorità adita in una lingua ufficiale dello Stato membro richiedente. 3. Se una richiesta è corredata di documenti diversi da quelli di cui ai paragrafi 1 e 2, l’autorità adita può, se del caso, chiedere all’autorità richiedente la traduzione di tali documenti nella lingua ufficiale, o in una delle lingue ufficiali, dello Stato membro adito o in una qualsiasi altra lingua convenuta di comune accordo dagli Stati membri interessati. Articolo 23 Comunicazione delle informazioni e dei documenti 1. Le informazioni comunicate in qualsiasi forma ai sensi della presente direttiva sono coperte dal segreto d’ufficio e godono della protezione accordata alle informazioni di analoga natura dalla legislazione nazionale dello Stato membro che le riceve. Tali informazioni possono essere utilizzate ai fini dell’applicazione di misure esecutive o cautelari in relazione ai crediti contemplati dalla presente direttiva. Possono essere utilizzate anche per l’accertamento e il recupero dei contributi previdenziali obbligatori. 2. Le persone debitamente accreditate dall’autorità di accreditamento in materia di sicurezza della Commissione europea possono accedere a tali informazioni soltanto nella misura in cui ciò sia necessario per l’assistenza, la manutenzione e lo sviluppo della rete CCN. 3. Lo Stato membro che fornisce le informazioni ne consente l’uso per uno scopo diverso da quelli di cui al paragrafo 1 nello Stato membro che riceve le informazioni quando l’uso per scopi analoghi sia consentito dalla legislazione dello Stato membro che fornisce le informazioni. 4. Se ritengono che le informazioni ottenute a norma della presente direttiva possano essere utili ai fini di cui al paragrafo 1 a un terzo Stato membro, l’autorità richiedente o l’autorità adita possono trasmetterle al terzo Stato membro, purché la trasmissione sia conforme alle norme e procedure previste nella presente direttiva. Esse informano lo Stato membro di origine delle informazioni della loro intenzione di condividere dette informazioni con un terzo Stato membro. Lo Stato membro di origine delle informazioni può opporsi a tale condivisione entro dieci giorni lavorativi dalla data in cui ha ricevuto la comunicazione dallo Stato membro che desidera condividere le informazioni. 5. L’autorizzazione ad utilizzare le informazioni di cui al paragrafo 3 trasmesse a norma del paragrafo 4 può essere concessa soltanto dallo Stato membro da cui le informazioni provengono. 6. Le informazioni comunicate in qualsiasi forma ai sensi della presente direttiva possono essere addotte o utilizzate come elementi di prova da tutte le autorità nello Stato membro che riceve le informazioni alla stessa stregua di informazioni analoghe ottenute in detto Stato. CAPO VI DISPOSIZIONI FINALI Articolo 24 Applicazione di altri accordi in materia di assistenza 1. La presente direttiva non pregiudica l’esecuzione di obblighi più ampi in materia di assistenza risultanti da accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali, anche nel settore della notifica degli atti giudiziari o extragiudiziari. 2. Qualora concludano siffatti accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali nei settori oggetto della presente direttiva, salvo per la soluzione di casi particolari, gli Stati membri ne informano senza indugio la Commissione. La Commissione, a sua volta, ne informa gli altri Stati membri. 3. Nel fornire l’assistenza reciproca più ampia in virtù di altri accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali, gli Stati membri possono avvalersi della rete di comunicazione elettronica e dei moduli standard adottati per l’attuazione della presente direttiva. Articolo 25 Comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato di recupero. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. Articolo 26 Modalità di applicazione La Commissione adotta, secondo la procedura di cui all’articolo 25, paragrafo 2, le modalità di applicazione dell’articolo 4, paragrafi 2, 3 e 4, dell’articolo 5, paragrafo 1, degli articoli 8 e 10, dell’articolo 12, paragrafo 1, dell’articolo 13, paragrafi da 2 a 5, dell’articolo 15, dell’articolo 16, paragrafo 1, e dell’articolo 21, paragrafo 1. Tali modalità riguardano almeno gli aspetti seguenti: a) le modalità pratiche relative all’organizzazione dei contatti tra gli uffici centrali di collegamento, gli altri uffici di collegamento e i servizi di collegamento di cui all’articolo 4, paragrafi 2, 3 e 4, di Stati membri diversi e dei contatti con la Commissione; b) i mezzi con cui le comunicazioni fra le autorità possono essere effettuate; c) il formato e gli altri dettagli dei moduli standard da utilizzare ai fini dell’articolo 5, paragrafo 1, dell’articolo 8, dell’articolo 10, paragrafo 1, dell’articolo 12, paragrafo 1, e dell’articolo 16, paragrafo 1; d) la conversione delle somme da recuperare e il trasferimento delle somme recuperate. Articolo 27 Presentazione di relazioni 1. Ogni anno, entro il 31 marzo, ciascuno Stato membro comunica alla Commissione quanto segue: a) il numero di domande di informazioni, di notifica, di recupero e di misure cautelari inviate a ciascuno Stato membro adito e ricevute da ciascuno Stato membro richiedente ogni anno; b) l’importo dei crediti per i quali è chiesta l’assistenza al recupero e gli importi recuperati. 2. Gli Stati membri possono inoltre fornire eventuali altre informazioni che possono essere utili ai fini della valutazione dell’assistenza reciproca prestata ai sensi della presente direttiva. 3. Ogni cinque anni la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio in merito al funzionamento delle disposizioni stabilite dalla presente direttiva. Articolo 28 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 31 dicembre 2011, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1o gennaio 2012. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 29 Abrogazione della direttiva 2008/55/CE La direttiva 2008/55/CE è abrogata a decorrere dal 1o gennaio 2012. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 30 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 31 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 16 marzo 2010. Per il Consiglio La presidente E. SALGADO (1) Parere del 10 febbraio 2010 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del 16 luglio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 73 del 19.3.1976, pag. 18. (4) GU L 150 del 10.6.2008, pag. 28. (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
Recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Lo scopo della direttiva è quello di combattere l’evasione fiscale migliorando la collaborazione tra gli Stati membri (che devono fornire assistenza reciproca) in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure riscossi da o per conto di un altro paese dell’Unione europea (UE); PUNTI CHIAVE La presente direttiva si applica ai crediti relativi a quanto segue:la totalità delle imposte e dei dazi riscossi da o per conto di un qualsiasi paese dell’Unione europea (UE), ovvero per conto dell’Unione;le restituzioni, gli interventi e le altre misure che fanno parte del sistema di finanziamento integrale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);i contributi e gli altri dazi sul mercato nel settore dello zucchero.I paesi dell’UE dovevano notificare alla Commissione europea della propria o le proprie autorità nazionale/i competente/i entro il 20 maggio 2010 per la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Ciascuna autorità competente deve designare un ufficio centrale di collegamento, che sarà responsabile dei contatti con gli altri paesi dell’Unione europea in questo settore.Richiesta di informazioni L’autorità competente è obbligata a fornire a un’altra autorità competente ogni informazione utile a tale autorità richiedente a recuperare i suoi crediti, a meno che:l’autorità adita non sia in grado di ottenere tali informazioni per il recupero di crediti analoghi sorti nel suo paese;le informazioni potrebbero rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale;la comunicazione delle informazioni potrebbe pregiudicare la sicurezza o l’ordine pubblico del paese dell’Unione europea adito.Domanda di notifica di documentiQuando viene richiesta la notifica di documenti relativi ai crediti, l’autorità adita deve notificare al destinatario tutti i documenti provenienti dal paese dell’UE richiedente, relativi a un credito o al suo recupero.La domanda di notifica deve contenere informazioni utili, come il nome, l’indirizzo del destinatario, l’obiettivo della notifica, una descrizione della natura e dell’importo del credito, e altri estremi riguardanti l’ufficio responsabile per i documenti e per ottenere ulteriori informazioni.Misure di recuperoPrima che l’autorità richiedente presenti una domanda di recupero, si applicano le procedure di recupero adeguate disponibili, tranne nei casi seguenti:quando è ovvio che non vi sono beni utili al recupero nel paese dell’UE richiedente ma l’interessato dispone di beni nel paese dell’UE adito;quando il ricorso a tali procedure darebbe adito a difficoltà eccessive.Qualsiasi domanda di recupero deve essere accompagnata da un titolo uniforme che consente l’esecuzione nel paese dell’UE adito.L’autorità competente adita esercita le competenze conferitele e si avvale delle procedure previste dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative del paese dell’UE adito applicabili ai crediti riguardanti i medesimi dazi o le medesime imposte o dazi e imposte analoghi. Se l’autorità adita non ritiene che i medesimi dazi o le medesime imposte ovvero dazi e imposte analoghi siano applicabili nel paese dell’UE adito, essa applicherà invece le disposizioni riguardanti le imposte sui redditi delle persone fisiche.ControversieLe controversie concernenti il credito, il titolo iniziale o uniforme che consente l’esecuzione e la validità di una notifica da parte dell’autorità richiedente rientrano nella competenza degli organismi competenti del paese dell’UE richiedente. Le controversie relative alla validità di una notifica effettuata da un’autorità competente del paese dell’UE adito sono portate dinanzi all’organo competente di tale paese dell’UE.L’autorità richiedente può formulare una domanda di recupero per un credito contestato. Se l’esito della contestazione risulta favorevole, l’autorità richiedente è tenuta alla restituzione di ogni importo recuperato unitamente a ogni compensazione dovuta.Modifica o ritiro della domanda di assistenza al recupero L’autorità richiedente informa immediatamente l’autorità adita di qualsiasi modifica apportata alla propria domanda di recupero o del ritiro della stessa, precisando i motivi della modifica o del ritiro. Domanda di misure cautelari Qualora un credito o il titolo che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente sia contestato al momento della presentazione della domanda, l’autorità adita procede all’adozione di misure cautelari in base alla legislazione nazionale per garantire il recupero quando richiesto dall’autorità richiedente. Limitazioni agli obblighi dell’autorità adita L’autorità adita non è tenuta ad accordare l’assistenza al recupero se:il recupero del credito comporterebbe gravi difficoltà di ordine economico o sociale nel paese dell’UE adito;la domanda iniziale di assistenza si riferisce a crediti che risalgono a più di 5 anni prima;l’importo totale dei crediti è inferiore a 1.500 euro.Disposizioni generaliTutte le informazioni e i documenti divulgati ai sensi della presente direttiva sono coperti dal segreto d’ufficio e godono della protezione prevista dalla legislazione nazionale del paese dell’UE che li riceve.Questa direttiva abroga la direttiva 2008/55/CE a decorrere dal 1 gennaio 2012. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono come riferimenti alla presente direttiva. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? È stata applicata dal martedì 20 aprile 2010. I paesi dell’UE avevano l’obbligo di incorporarla nella legislazione nazionale entro il 31 dicembre 2011. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2010/24/UE del 16 marzo 2010 sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (GU L 84, 31.3.2010, pagg. 1-12)
15,717
56
32013H0165
false
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 27 marzo 2013 relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali (Testo rilevante ai fini del SEE) (2013/165/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) Le tossine T-2 e HT-2 sono micotossine prodotte da diverse specie di Fusarium. La tossina T-2 è metabolizzata rapidamente in un gran numero di prodotti e la tossina HT-2 è uno dei principali metaboliti. (2) Il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (gruppo CONTAM) dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), su richiesta della Commissione, ha adottato un parere sui rischi per la salute pubblica e degli animali legati alla presenza delle tossine T-2 e HT-2 negli alimenti per l’uomo e per gli animali (1). (3) Il gruppo CONTAM ha stabilito una dose giornaliera tollerabile (TDI-Tolerable Daily Intake) di gruppo pari a 100 ng/kg di peso corporeo per la somma delle tossine T-2 e HT-2. Le stime dell’esposizione alimentare cronica dell’uomo alla somma delle tossine T-2 e HT-2, sulla base dei dati disponibili sull’occorrenza sono inferiori a tale TDI per le popolazioni di tutti i gruppi di età; esse non rappresentano quindi una minaccia immediata per la salute. (4) Per quanto riguarda il rischio per la salute degli animali, il gruppo CONTAM ha concluso che è da ritenersi improbabile che per i ruminanti, i conigli e i pesci l’attuale esposizione stimata alle tossine T-2 e HT-2 costituisca un problema per la salute. Per i suini, il pollame, i cavalli e i cani, le stime dell’esposizione alle tossine T-2 e HT-2 indicano che il rischio di effetti negativi sulla salute è basso. I gatti sono tra le specie animali più sensibili. A causa della scarsità di dati e dei gravi effetti nocivi per la salute osservati a dosi basse, non è stato possibile definire NOAEL o LOAEL. Pertanto, la presente raccomandazione non si applica ai mangimi per gatti, per i quali saranno stabilite misure più rigorose. (5) Il gruppo CONTAM ha concluso altresì che la migrazione delle tossine T-2 e HT-2 dai mangimi agli alimenti di origine animale è limitata e contribuisce quindi solo in misura trascurabile all’esposizione umana. (6) Alla luce delle conclusioni del parere scientifico, nonché delle forti variazioni osservate nell’occorrenza delle tossine T-2 e HT-2, è opportuno raccogliere dati supplementari sulla presenza di tali tossine nei cereali e nei prodotti a base di cereali e maggiori informazioni sugli effetti della trasformazione alimentare (ad esempio, la cottura) e ai fattori agronomici sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Inoltre, è necessario ottenere maggiori informazioni riguardo ai diversi fattori che determinano tenori relativamente elevati di T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali per poter determinare le misure da adottare per evitare o ridurre la presenza di tali tossine nei cereali e nei prodotti a base di cereali. Occorre effettuare indagini per raccogliere informazioni sui fattori che determinano tenori relativamente elevati di tossine T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, nonché sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari. Sulla base dei dati disponibili, risulta che le tossine T-2 e HT-2 non sono presenti — o lo sono a livelli molto bassi — nel riso e nei prodotti a base di riso; è pertanto opportuno escludere tali prodotti dal campo di applicazione della presente raccomandazione. (7) I risultati del monitoraggio dei cereali e dei prodotti a base di cereali saranno utilizzati per valutare le variazioni e le tendenze nell’esposizione umana e animale alle tossine T-2 e HT-2. È perciò opportuno usare metodi di analisi sufficientemente sensibili. (8) Al fine di fornire indicazioni sui casi nei quali sarebbe opportuno effettuare tali indagini, occorre stabilire valori indicativi superati i quali si dovrebbe procedere a tali indagini. Per determinare tali valori indicativi sono stati utilizzati i dati sull’occorrenza disponibili nella banca dati dell’EFSA. La tracciabilità è un elemento importante nella realizzazione delle indagini. (9) Occorre intraprendere nel 2015 una valutazione delle informazioni raccolte nel quadro della presente raccomandazione. I dati di monitoraggio ottenuti in base alla presente raccomandazione consentiranno inoltre di comprendere meglio la variazione da un anno all’altro e la presenza delle tossine T2 e HT-2 nell’ampia gamma di prodotti a base di cereali, i fattori che determinano tenori più elevati e le possibili misure da adottare per prevenire o limitare la presenza delle tossine T-2 e HT-2, tenendo conto anche dei fattori agronomici e della trasformazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: (1) È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, svolgano un’attività di monitoraggio della presenza delle tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali. Ai fini della presente raccomandazione, il riso non è incluso nella categoria dei cereali e i prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali. (2) Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare l’analisi simultanea dei campioni per accertare la presenza di T-2 e HT-2 e di altre tossine da Fusarium quali il deossinivalenolo, lo zearalenone e le fumonisine B1 + B2, al fine di poterne valutare il grado di co-occorrenza. Se il metodo di analisi applicato lo consente, sarebbe opportuno analizzare anche le micotossine mascherate, in particolare i coniugati mono- e di-glicosilati delle tossine T-2 e HT-2. (3) Il prelievo e l’analisi dei campioni di cereali e di prodotti a base di cereali destinati al consumo umano dovrebbero essere effettuati in conformità alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (2), in particolare: — l’allegato I, parte B, per il campionamento dei cereali e dei prodotti a base di cereali, — l’allegato II, punto 4.3.1, lettera g) «Criteri di rendimento per le tossine T-2 e HT-2». Il limite di quantificazione (LOQ) per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 5 μg/kg per ciascuna, tranne per i cereali non trasformati per i quali il LOQ per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 10 μg/kg per ciascuna. Qualora si utilizzi una tecnica analitica di screening, il limite di rilevabilità per la somma delle tossine T-2 e HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 25 μg/kg. La procedura di campionamento applicata dagli operatori del settore alimentare può derogare alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006, ma deve essere rappresentativa per la partita campionata. (4) Il prelievo e l’analisi dei campioni di cereali e di prodotti a base di cereali destinati ai mangimi e ai mangimi composti dovrebbero essere effettuati conformemente alle disposizioni del regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione, del 27 gennaio 2009, che fissa i metodi di campionamento e d’analisi per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali (3). Il limite di quantificazione (LOQ) per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 10 μg/kg per ciascuna. Qualora si utilizzi una tecnica analitica di screening, il limite di rilevabilità per la somma delle tossine T-2 e HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 25 μg/kg. La procedura di campionamento applicata dagli operatori del settore alimentare può derogare alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006, ma deve essere rappresentativa per la partita campionata. (5) È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, effettuino indagini per individuare i fattori che determinano tenori superiori al livello indicativo e stabilire le misure da adottare per evitare o ridurre in futuro la loro presenza. Tali indagini dovranno essere effettuate soprattutto qualora, nell’arco di un dato periodo, si riscontrino ripetutamente tenori di tossine T-2 e HT-2 superiori ai livelli indicativi nei cereali e nei prodotti a base di cereali figuranti nell’allegato della presente raccomandazione. Occorre che il prelievo e l’analisi dei campioni finalizzati ad ottenere maggiori informazioni sui diversi fattori, compresi quelli agronomici, che determinano tenori relativamente elevati di T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, riguardino essenzialmente i cereali e i prodotti a base di cereali di prima trasformazione. (6) È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, effettuino indagini sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Tali indagini dovrebbero essere effettuate soprattutto qualora, nell’arco di un dato periodo, si riscontrino ripetutamente tenori superiori ai livelli indicativi delle tossine T-2 e HT-2 nei prodotti a base di cereali. (7) È opportuno che gli Stati membri provvedano a che i risultati delle analisi siano forniti all’EFSA su base regolare ai fini di un loro inserimento in un’unica banca dati e che il risultato delle indagini sia comunicato alla Commissione europea ogni anno, la prima volta entro il dicembre 2013. Per assicurare l’applicazione uniforme della presente raccomandazione e garantire la comparabilità dei risultati delle indagini comunicati sarà elaborata una nota di orientamento. Fatto a Bruxelles, il 27 marzo 2013 Per la Commissione Tonio BORG Membro della Commissione (1) Gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM); Scientific Opinion on risks for animal and public health related to the presence of T-2 and HT-2 toxin in food and feed (Parere scientifico sui rischi per la salute pubblica e degli animali legati alla presenza delle tossine T-2 e HT-2 negli alimenti per l’uomo e per gli animali). The EFSA Journal 2011; 9(12):2481. [187 pagg.]. doi:10.2903/j.efsa.2011.2481. Disponibile on line all’indirizzo: www.efsa.europa.eu/efsajournal (2) GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12. (3) GU L 54 del 26.2.2009, pag. 1. ALLEGATO Livelli indicativi per i cereali e i prodotti a base di cereali (1) (2) Livelli indicativi per la somma delle tossine T-2 e HT-2 (μg/kg) a partire dai quali/superati i quali occorre effettuare indagini, soprattutto in caso di riscontri ripetuti (1) 1. Cereali non trasformati (3) 1.1. orzo (compreso l’orzo da birra) e granturco 200 1.2. avena (non decorticata) 1 000 1.3. frumento, segale e altri cereali 100 2. Grani di cereali destinati al consumo umano diretto (4) 2.1. avena 200 2.2. granturco 100 2.3. altri cereali 50 3. Prodotti a base di cereali destinati al consumo umano 3.1. crusca d’avena e fiocchi d’avena 200 3.2. crusche di cereali ad eccezione della crusca d’avena, prodotti di macinazione dell’avena diversi dalla crusca d’avena e dai fiocchi d’avena e prodotti di macinazione del granturco 100 3.3. altri prodotti di macinazione dei cereali 50 3.4. cereali da colazione, anche sotto forma di fiocchi 75 3.5. prodotti di panetteria (compresi i piccoli prodotti da forno), pasticceria, biscotteria, merende a base di cereali, paste alimentari 25 3.6. alimenti a base di cereali destinati ai lattanti e ai bambini 15 4. Prodotti a base di cereali per mangimi e mangimi composti (5) 4.1. prodotti di macinazione dell’avena (pula) 2 000 4.2. altri prodotti a base di cereali 500 4.3. mangimi composti, ad eccezione dei mangimi per gatti 250 (1) i livelli di cui al presente allegato sono livelli indicativi superati i quali, soprattutto in caso di riscontri ripetuti, occorre effettuare indagini sui fattori che determinano la presenza delle tossine T-2 e HT-2 o sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari. I livelli indicativi si basano sui dati sull’occorrenza disponibili nella banca dati dell’EFSA come da questa illustrato nel suo parere. I livelli indicativi non corrispondono ai livelli di sicurezza dei mangimi e degli alimenti. (2) Ai fini della presente raccomandazione, il riso non è incluso nei cereali e prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali. (3) I cereali non trasformati sono cereali che non hanno subito alcun trattamento fisico o termico ad eccezione dell’essiccazione, della pulitura e della cernita. (4) I grani di cereali destinati al consumo umano diretto sono i grani di cereali sottoposti ai processi di essiccazione, di pulizia, di decorticazione e di cernita, che non saranno più sottoposti ad altri processi di pulizia e di cernita prima della loro ulteriore trasformazione nella catena alimentare. (5) I livelli indicativi per i cereali e i prodotti a base di cereali destinati ai mangimi e ai mangimi composti si riferiscono a mangimi con un tasso di umidità del 12 %.
Micotossine nei cereali QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Intende incoraggiare le autorità e le imprese del settore alimentare e dei mangimi dell’UE a:monitorare la presenza delle tossine T-2 e HT-2* nei cereali e nei prodotti a base di cereali; e effettuare delle analisi qualora vengano riscontrati dei risultati superiori al livello indicativo* in più di un lotto dello stesso prodotto («riscontri ripetuti»). PUNTI CHIAVE Il prelievo e l’analisi devono essere effettuati in conformità al regolamento (CE) n. 401/2006 per quanto concerne i cereali e i prodotti a base di cereali destinati al consumo umano e in conformità al regolamento (CE) n. 152/2009 per quanto concerne quelli utilizzati come mangime per animali. Questi regolamenti hanno stabilito dei criteri di rendimento per l’analisi delle tossine T-2 e HT-2. La raccomandazione invita i paesi dell’UE a incoraggiare l’analisi simultanea dei campioni per accertare la presenza di T-2 e HT-2 e di altre tossine di Fusarium, al fine di valutare il grado di co-occorrenza. Il riso non è incluso nella categoria dei cereali e i prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali nella presente raccomandazione. Qualora i livelli indicativi vengano superati, le autorità competenti dell’UE, con la partecipazione attiva degli operatori delle imprese del settore alimentare e dei mangimi, devono effettuare delle indagini:per individuare i fattori che determinano tenori superiori al livello indicativo e stabilire le misure da adottare per evitare o ridurre in futuro la loro presenza; eper esaminare gli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Le autorità competenti e le imprese devono garantire di fornire su base regolare i risultati delle analisi all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che li inserisce in una banca dati. Ogni anno, le autorità competenti comunicano alla Commissione europea una relazione con i risultati delle indagini. Documento d’orientamento La Commissione ha preparato un documento d’orientamento per i paesi dell’UE e le imprese del settore alimentare e dei mangimi. Esso è concepito per assicurare l’applicazione coerente della raccomandazione in tutta l’UE. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Fusarium (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Tossine T-2 e HT-2: muffe spontanee del fungo Fusarium, riscontrabili in certi cereali, con effetti tossici sulla salute degli esseri umani e animali. I funghi Fusarium sono dei comuni funghi che producono tossine e si trovano normalmente nei cereali coltivati nelle regioni temperate di Europa, America e Asia. Livello indicativo: non si tratta né di livelli per la sicurezza degli alimenti o dei mangimi, né di livelli massimi o limiti che, se superati, determinano l’intervento di autorità incaricate dell’applicazione della legge al fine di imporre delle sanzioni. Sono volti a fornire orientamenti sui casi in cui sarebbe opportuno effettuare delle indagini. I livelli indicativi per i vari cereali e prodotti a base di cereali sono elencati nell’allegato. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione 2013/165/UE della Commissione, del 27 marzo 2013, relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali (GU L 91 del 3.4.2013, pag. 12). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 401/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione, del 27 gennaio 2009, che fissa i metodi di campionamento e d’analisi per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali (GU L 54 del 26.2.2009, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
5,586
749
31998L0083
false
Direttiva 98/83/CE del Consiglio del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano Gazzetta ufficiale n. L 330 del 05/12/1998 pag. 0032 - 0054 DIRETTIVA 98/83/CE DEL CONSIGLIO del 3 novembre 1998 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umanoIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),visto il parere del Comitato delle regioni (3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C (4),(1) considerando la necessità di adeguare al progresso scientifico e tecnologico la direttiva 80/778/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, concernente la qualità delle acque destinante al consumo umano (5); che l'esperienza acquisita nell'attuazione della direttiva dimostra la necessità di istituire un quadro normativo, opportunamente flessibile e trasparente, che consenta agli Stati membri di affrontare i casi di inosservanza delle norme; che è inoltre opportuno riesaminare la direttiva alla luce del trattato sull'Unione europea ed in particolare del principio di sussidiarietà;(2) considerando che, alla luce dell'articolo 3 B del trattato, secondo cui l'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del trattato, occorre rivedere la direttiva 80/778/CEE al fine di concentrare l'intervento comunitario sull'osservanza di parametri essenziali di qualità e salute, lasciando agli Stati membri la facoltà di prevedere altri parametri qualora lo ritengano opportuno;(3) considerando che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, l'azione della Comunità deve sostenere e integrare l'azione delle autorità competenti negli Stati membri;(4) considerando che, in base al principio di sussidiarietà, le diversità naturali e socio-economiche fra le regioni dell'Unione richiedono che la maggior parte delle decisioni in materia di controllo, analisi e adozione di misure in caso di inosservanza delle norme sia adottata a livello locale, regionale o nazionale, purché dette diversità non nuocciano all'istituzione del quadro legislativo, regolamentare e amministrativo contemplato nella presente direttiva;(5) considerando che sono necessarie norme comunitarie per parametri di qualità essenziali e cautelativi in termini di salute per le acque destinate al consumo umano, per definire obiettivi minimi di qualità ambientale da raggiungere in collegamento con altre misure comunitarie, al fine di garantire e promuovere l'uso sostenibile delle acque destinate al consumo umano;(6) considerando che, data l'importanza per la salute umana delle acque destinate al consumo umano, è necessario fissare norme di qualità essenziali a livello comunitario che tutte le acque destinate a tal fine devono soddisfare;(7) considerando la necessità di includere le acque utilizzate nell'industria alimentare, tranne qualora si possa determinare che la loro utilizzazione non incide sulla salubrità del prodotto finale;(8) considerando che, per consentire alle imprese erogatrici di rispettare le norme di qualità per l'acqua potabile, occorre garantire - grazie a idonee misure di protezione delle acque - la purezza delle acque di superficie e sotterranee; che lo stesso scopo si può raggiungere applicando opportune misure di trattamento delle acque prima dell'erogazione;(9) considerando che la coerenza della politica europea in materia di acque presuppone che sia adottata a tempo debito un'adeguata direttiva quadro in materia;(10) considerando che occorre escludere dal campo di applicazione della presente direttiva le acque minerali naturali e le acque medicinali, in quanto esistono norme speciali per questi tipi di acque;(11) considerando che devono essere prese misure per tutti i parametri direttamente attinenti alla salute e per altri parametri in caso di deterioramento della qualità; che, inoltre, tali misure dovrebbero essere accuratamente coordinate con l'attuazione della direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (6), e con la direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi (7);(12) considerando la necessità di fissare per le sostanze che rivestono importanza a livello comunitario valori parametrici specifici sufficientemente rigorosi da garantire il raggiungimento dell'obiettivo fissato dalla direttiva;(13) considerando che i valori parametrici si basano sulle conoscenze scientifiche disponibili e che si è altresì tenuto conto del principio di precauzione; che i valori sono stati scelti al fine di garantire che la acque destinate al consumo umano possano essere consumate in condizioni di sicurezza nell'intero arco della vita e rappresentino pertanto un livello elevato di tutela della salute;(14) considerando che si dovrebbe raggiungere un equilibrio per prevenire i rischi sia microbiologici che chimici; che a tal fine e alla luce di una futura revisione dei valori parametrici la fissazione di valori parametrici applicabili alle acque destinate al consumo umano dovrebbe essere basata su considerazioni di sanità pubblica e su un metodo di valutazione dei rischi;(15) considerando che, pur non esistendo attualmente sufficienti certezze su cui basarsi per fissare valori parametrici a livello comunitario per i prodotti chimici nocivi per il sistema endocrino, è sempre più forte la preoccupazione per il potenziale impatto sugli esseri umani e sulla fauna e flora selvatiche di sostanze nocive per la salute;(16) considerando in particolare che le norme di cui all'allegato I sono in genere fondate sugli orientamenti stabiliti dall'Organizzazione mondiale della sanità per la qualità dell'acqua potabile e sul parere del comitato scientifico della Commissione per l'esame della tossicità e dell'ecotossicità dei composti chimici;(17) considerando che gli Stati membri devono fissare valori per altri parametri supplementari non compresi nell'allegato I, qualora ciò sia necessario per tutelare la salute umana nei loro territori;(18) considerando che gli Stati membri possono fissare valori per altri parametri supplementari non compresi nell'allegato I, qualora ciò sia necessario per garantire la qualità della produzione, della distribuzione e del controllo delle acque destinate al consumo umano;(19) considerando che gli Stati membri, allorché reputano che occorra adottare norme più rigorose di quelle fissate nell'allegato I, parti A e B, o norme per parametri supplementari non compresi nell'allegato I ma necessari per tutelare la salute umana, devono notificare tali norme alla Commissione;(20) considerando che gli Stati membri, quando introducono o mantengono in vigore misure di protezione più rigorose, sono tenuti a rispettare i principi e le norme del trattato, nell'interpretazione data dalla Corte di giustizia;(21) considerando che i valori parametrici devono essere rispettati nel punto in cui le acque destinate al consumo umano sono messe a disposizione del consumatore;(22) considerando che la qualità delle acque destinate al consumo umano può essere influenzata dall'impianto di distribuzione domestico; che, inoltre, gli Stati membri non possono essere considerati responsabili degli impianti di distribuzione domestici né della loro manutenzione;(23) considerando che ogni Stato membro dovrebbe istituire programmi di controllo per valutare se le acque destinate al consumo umano sono conformi ai requisiti fissati dalla presente direttiva; che detti programmi dovrebbero essere adeguati alle esigenze locali e conformi alle prescrizioni minime di controllo stabilite nella presente direttiva;(24) considerando che i metodi di analisi della qualità delle acque destinate al consumo umano dovrebbero essere tali da garantire risultati affidabili e comparabili;(25) considerando che, in caso di inosservanza delle norme stabilite dalla presente direttiva, gli Stati membri interessati dovrebbero determinarne la causa e garantire che i provvedimenti correttivi necessari siano adottati quanto prima per ripristinare la qualità delle acque;(26) considerando l'importanza di prevenire i potenziali pericoli per la salute umana provocati da acqua contaminata; che la fornitura di quest'acqua dovrebbe essere vietata o l'uso della stessa limitato;(27) considerando che, in caso di inosservanza di un parametro avente la funzione di indicatore, lo Stato membro interessato deve esaminare se detta inosservanza comporti rischi per la salute umana; che si dovrebbero adottare provvedimenti correttivi per ripristinare la qualità delle acque se ciò è necessario al fine di tutelare la salute umana;(28) considerando che, se tale intervento fosse necessario per ripristinare la qualità delle acque destinate al consumo umano, a norma dell'articolo 130 R, paragrafo 2 del trattato, andrebbe data priorità alle azioni che risolvono il problema alla fonte;(29) considerando che gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a concedere deroghe alla presente direttiva a determinate condizioni; che è inoltre necessario definire un quadro normativo adeguato per tali deroghe, purché non costituiscano un pericolo potenziale per la salute umana e purché l'erogazione di acqua destinata al consumo umano nell'area in questione non possa essere assicurata altrimenti con altri mezzi accettabili;(30) considerando che, poiché la preparazione o distribuzione di acque destinate al consumo umano può richiedere l'utilizzazione di talune sostanze o materiali, occorrono norme per disciplinarne l'uso onde evitare possibili effetti pregiudizievoli alla salute umana;(31) considerando che il progresso scientifico e tecnico può richiedere l'adeguamento tempestivo dei requisiti tecnici fissati negli allegati II e III; che, inoltre, per facilitare l'applicazione delle misure necessarie a tale scopo, sarebbe opportuno stabilire una procedura che consenta alla Commissione di approvare tali adeguamenti con la cooperazione di un comitato formato dai rappresentanti degli Stati membri;(32) considerando che i consumatori dovrebbero essere sufficientemente ed adeguatamente informati sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, sulle eventuali deroghe concesse dagli Stati membri e sui provvedimenti correttivi eventualmente presi dalle autorità competenti; che sarebbe inoltre opportuno tener conto delle esigenze tecniche e statistiche della Commissione, nonché del diritto dei singoli di ottenere adeguate informazioni in ordine alla qualità delle acque destinate al consumo umano;(33) considerando che, in casi eccezionali e per specifiche aree geografiche, può essere necessario accordare agli Stati membri tempi più lunghi per ottemperare a determinate disposizioni della presente direttiva;(34) considerando che la presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri riguardanti le scadenze per il recepimento nel diritto nazionale o l'applicazione, come indicato nell'allegato IV,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Obiettivo 1. La presente direttiva riguarda la qualità delle acque destinate al consumo umano.2. L'obiettivo della presente direttiva è proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, garantendone la salubrità e la pulizia.Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva:1) per «acque destinate al consumo umano» si intendono:a) tutte le acque trattate o non trattate, destinate a uso potabile, culinario o per la preparazione di cibi o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori;b) tutte le acque utilizzate in un'impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l'immissione sul mercato di prodotti o sostanze destinate al consumo umano, escluse quelle la cui qualità - secondo quanto determinato dalle autorità nazionali competenti - non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale;2) per «impianto di distribuzione domestico» si intendono: le condutture, i raccordi e le apparecchiature installati fra i rubinetti normalmente utilizzati per il consumo umano e la rete di distribuzione nel caso in cui per essi, secondo la pertinente legislazione nazionale, non sia responsabile il fornitore dell'acqua in quanto tale.Articolo 3 Esenzioni 1. La presente direttiva non si applica:a) alle acque minerali naturali riconosciute come tali dalle competenti autorità nazionali, a norma della direttiva 80/777/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (8);b) alle acque considerate medicinali a norma della direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative ai medicinali (9).2. Gli Stati membri possono prevedere esenzioni dai requisiti della presente direttiva:a) per le acque destinate esclusivamente a quegli usi per i quali le autorità nazionali competenti ritengono che la qualità delle acque non abbia ripercussioni, dirette o indirette, sulla salute dei consumatori interessati;b) per le acque destinate al consumo umano provenienti da una singola fonte che ne eroghi in media meno di 10 m3 al giorno o che approvvigioni meno di 50 persone, escluse le acque fornite nell'ambito di un'attività commerciale o pubblica.3. Gli Stati membri si avvalgono delle esenzioni di cui al paragrafo 2, lettera b), provvedono affinché la popolazione interessata venga informata a tal riguardo e in ordine a qualsiasi provvedimento eventualmente adottato al fine di tutelare la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano. Inoltre, allorché si manifesta un potenziale pericolo per la salute umana a causa della qualità di tali acque, la popolazione interessata riceve tempestivamente i consigli appropriati.Articolo 4 Obblighi generali 1. Fatti salvi gli obblighi derivanti da altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le acque destinate al consumo umano siano salubri e pulite. Ai fini dell'osservanza dei requisiti minimi previsti dalla presente direttiva le acque destinate al consumo umano sono salubri e pulite se:a) non contengono microrganismi e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana; eb) soddisfano i requisiti minimi di cui alle parti A e B dell'allegato I,e se, secondo le pertinenti disposizioni degli articoli da 5 a 8 e 10 e a norma del trattato gli Stati membri adottano ogni altra misura necessaria affinché le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti previsti dalla presente direttiva.2. Gli Stati membri vigilano a che l'applicazione delle disposizioni adottate a norma della presente direttiva non possa avere l'effetto di consentire, direttamente o indirettamente, un deterioramento dell'attuale qualità delle acque destinate al consumo umano tale da avere ripercussioni sulla tutela della salute umana, né l'aumento dell'inquinamento delle acque destinate alla produzione di acqua potabile.Articolo 5 Standard qualitativi 1. Per i parametri che figurano nell'allegato I gli Stati membri fissano i valori applicabili alle acque destinate al consumo umano.2. I valori fissati a norma del paragrafo 1 non possono essere meno rigorosi di quelli indicati nell'allegato I. Per quanto concerne i parametri riportati nella parte C dell'allegato I, tali valori devono essere fissati solo a fini di controllo e per l'osservanza degli obblighi di cui all'articolo 8.3. Gli Stati membri fissano valori per parametri aggiuntivi non riportati nell'allegato I qualora ciò sia necessario per tutelare la salute umana all'interno del loro territorio nazionale o in una parte di esso. I valori fissati dovrebbero, al minimo, soddisfare i requisiti di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a).Articolo 6 Punti in cui i valori devono essere rispettati 1. I valori di parametro fissati a norma dell'articolo 5 devono essere rispettati nei seguenti punti:a) per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, nel punto, all'interno di locali o stabilimenti, in cui queste fuoriescono dai rubinetti, di norma utilizzati per il consumo umano;b) per le acque fornite da una cisterna, nel punto in cui queste fuoriescono dalla cisterna;c) per le acque confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita, nel punto in cui sono imbottigliate o introdotte nei contenitori;d) per le acque utilizzate nelle imprese alimentari, nel punto in cui sono utilizzate nell'impresa.2. Per le acque di cui al paragrafo 1, lettera a), si considera che gli Stati membri abbiano adempiuto gli obblighi di cui al presente articolo, all'articolo 4 e all'articolo 8, paragrafo 2, quando si possa dimostrare che l'inosservanza dei valori di parametro fissati a norma dell'articolo 5 è dovuta all'impianto di distribuzione domestico o alla sua manutenzione, fatta eccezione per gli edifici e le strutture in cui l'acqua è fornita al pubblico, quali scuole, ospedali, ristoranti.3. Qualora si applichi il paragrafo 2 e sussista il rischio che le acque di cui al paragrafo 1, lettera a), non siano conformi ai valori di parametro fissati a norma dell'articolo 5, gli Stati membri assicurano comunque che:a) siano prese misure appropriate per ridurre o eliminare il rischio che esse risultino non conformi ai valori di parametro, ad esempio offrendo ai proprietari consulenza sugli eventuali provvedimenti correttivi da adottare; e/osiano prese altre misure, quali adeguate tecniche di trattamento, per modificare la natura e le caratteristiche delle acque prima della fornitura al fine di ridurre o eliminare il rischio che le acque non rispettino i valori di parametro dopo la fornitura;eb) i consumatori interessati siano debitamente informati e consigliati sugli eventuali provvedimenti correttivi supplementari da adottare.Articolo 7 Controllo 1. Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie al fine di assicurare che sia effettuato un controllo regolare della qualità delle acque destinate al consumo umano, al fine di verificare se le acque messe a disposizione dei consumatori soddisfino i requisiti della presente direttiva, in particolare i valori di parametro fissati a norma dell'articolo 5. I campioni dovrebbero essere prelevati in modo tale da essere rappresentativi della qualità delle acque consumate nel corso dell'anno. Gli Stati membri adottano inoltre tutte le disposizioni necessarie affinché, nei casi in cui la disinfezione rientri nel processo di preparazione o di distribuzione delle acque destinate al consumo umano, venga verificata l'efficacia del trattamento di disinfezione applicato e la contaminazione da sottoprodotti di disinfezione sia mantenuta al livello più basso possibile senza compromettere la disinfezione stessa.2. Per l'adempimento degli obblighi di cui al paragrafo 1, le autorità competenti istituiscono opportuni programmi di controllo per tutte le acque destinate al consumo umano. Tali programmi di controllo debbono essere conformi alle prescrizioni minime di cui all'allegato II.3. I punti di prelievo dei campioni sono determinati dalle autorità competenti e debbono essere conformi ai requisiti pertinenti di cui all'allegato II.4. Secondo la procedura di cui all'articolo 12 possono essere stabiliti orientamenti comunitari riguardanti il controllo prescritto nel presente articolo.5. a) Gli Stati membri devono conformarsi alle specifiche relative all'analisi dei parametri indicati nell'allegato III.b) Possono essere usati metodi di analisi diversi da quelli indicati nell'allegato III, parte 1, purché si possa dimostrare che i risultati ottenuti sono affidabili almeno quanto quelli ottenuti con i metodi specificati. Gli Stati membri che ricorrono a un metodo alternativo comunicano alla Commissione tutte le informazioni pertinenti su tali metodi e sulla loro equivalenza.c) Per i parametri elencati nell'allegato III, parti 2 e 3, si può utilizzare qualsiasi metodo, a condizione che rispetti i requisiti di cui allo stesso allegato.6. Gli Stati membri assicurano un controllo supplementare, caso per caso, delle sostanze e dei microrganismi per cui non sono stati fissati valori di parametro a norma dell'articolo 5, qualora vi sia motivo di sospettarne una presenza in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana.Articolo 8 Provvedimenti correttivi e limitazioni dell'uso 1. Gli Stati membri provvedono affinché qualsiasi inosservanza dei valori di parametro fissati in conformità dell'articolo 5 sia esaminata immediatamente per individuarne la causa.2. Se, nonostante le misure adottate per adempiere gli obblighi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, le acque destinate al consumo umano non rispondono ai valori di parametro fissati a norma dell'articolo 5, salvo l'articolo 6, paragrafo 2, lo Stato membro interessato provvede affinché vengano adottati quanto prima i provvedimenti correttivi necessari per ripristinarne la qualità, dando priorità alle misure di escuzione, tenuto conto, tra l'altro, dell'entità del superamento del valore di parametro pertinente e del potenziale pericolo per la salute umana.3. Sia ove si verifichi, sia ove non si verifichi un superamento dei valori di parametro, gli Stati membri provvedono affinché la fornitura di acque destinate al consumo umano che rappresentano un potenziale pericolo per la salute umana sia vietata o ne sia limitato l'uso ovvero siano presi altri provvedimenti a tutela della salute umana. In tali casi i consumatori vengono tempestivamente informati e vengono loro forniti i necessari consigli.4. Le autorità o altri organi competenti decidono quali provvedimenti debbano essere adottati a norma del paragrafo 3, tenendo presenti i rischi per la salute umana che sarebbero provocati da un'interruzione dell'approvvigionamento o da un uso limitato delle acque destinate al consumo umano.5. Gli Stati membri possono formulare orientamenti per assistere le autorità competenti nell'adempimento degli obblighi di cui al paragrafo 4.6. In caso di inosservanza dei valori di parametro o delle specifiche contenute nella parte C dell'allegato I, gli Stati membri esaminano se tale inosservanza costituisca un rischio per la salute umana. Essi prendono provvedimenti correttivi intesi a ripristinare la qualità delle acque ove ciò sia necessario per tutelare la salute umana.7. Gli Stati membri provvedono affinché, quando sono adottati provvedimenti correttivi, i consumatori ne siano informati, tranne se le autorità competenti giudicano trascurabile l'inosservanza dei valori di parametro.Articolo 9 Deroghe 1. Gli Stati membri possono stabilire deroghe ai valori di parametro fissati nell'allegato I, parte B o a norma dell'articolo 5, paragrafo 3, fino al raggiungimento di un valore massimo che essi stabiliscono, purché nessuna deroga presenti un potenziale pericolo per la salute umana e l'approvvigionamento delle acque destinate al consumo umano nella zona interessata non possa essere mantenuto con nessun altro mezzo congruo. Le deroghe devono avere la durata più breve possibile, non superiore a un periodo di tre anni; verso la fine di tale periodo occorre procedere ad un riesame al fine di stabilire se siano stati compiuti sufficienti progressi. Qualora intenda concedere una seconda deroga, uno Stato membro comunica alla Commissione i risultati di tale riesame, unitamente alle motivazioni della sua decisione in merito alla seconda deroga. Quest'ulteriore deroga non può essere superiore a tre anni.2. In circostanze eccezionali uno Stato membro può chiedere alla Commissione una terza deroga per un periodo fino a tre anni. La Commissione decide in merito a tale richiesta entro tre mesi.3. Le deroghe stabilite a norma dei paragrafi 1 o 2 indicano quanto segue:a) i motivi della deroga;b) il parametro interessato, i risultati del precedente controllo pertinente e il valore massimo ammissibile per la deroga;c) l'area geografica, la quantità di acqua fornita ogni giorno, la popolazione interessata e gli eventuali effetti sulle industrie alimentari interessate;d) un opportuno programma di controllo, che preveda se necessario, una maggiore frequenza dei controlli;e) una sintesi del piano relativo alla necessaria azione correttiva, compreso un calendario dei lavori e una stima dei costi, nonché disposizioni per il riesame;f) la durata necessaria della deroga;4. Se le autorità competenti ritengono che l'inosservanza del valore di parametro sia trascurabile e se l'azione correttiva intrapresa a norma dell'articolo 8, paragrafo 2 è sufficiente a risolvere il problema entro un massimo di trenta giorni, non è necessario applicare le prescrizioni di cui al paragrafo 2.In tal caso, le autorità o altri organi competenti fissano solo il valore massimo ammissibile per il parametro interessato e il periodo concesso per risolvere il problema.5. Il ricorso al paragrafo 4 non è più possibile se l'inosservanza di uno stesso valore di parametro per un determinato approvvigionamento d'acqua si è verificata per oltre trenta giorni complessivi nel corso dei dodici mesi precedenti.6. Lo Stato membro che si avvale delle deroghe di cui al presente articolo provvede affinché la popolazione interessata sia tempestivamente informata, secondo le modalità opportune, della deroga applicata e delle condizioni che la disciplinano. Ove occorra, lo Stato membro provvede inoltre a fornire raccomandazioni a gruppi specifici di popolazione per i quali la deroga possa costituire un rischio particolare.I suddetti obblighi non si applicano alle circostanze di cui al paragrafo 4, a meno che le autorità competenti non decidano diversamente.7. Ad eccezione delle deroghe concesse a norma del paragrafo 4, uno Stato membro comunica alla Commissione entro due mesi le deroghe riguardanti una singola fornitura d'acqua superiore a 1 000 m3 al giorno in media o destinate all'approvvigionamento di 5 000 o più persone, ivi comprese le informazioni di cui al paragrafo 3.8. Il presente articolo non si applica alle acque destinate al consumo umano messe in vendita in bottiglie o contenitori.Articolo 10 Garanzia di qualità del trattamento, delle attrezzature e dei materiali Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie affinché nessuna sostanza o materiale per i nuovi impianti utilizzati per la preparazione o la distribuzione delle acque destinate al consumo umano o impurità associata a tali sostanze o materiali per i nuovi impianti sia presente in acque destinate al consumo umano in concentrazioni superiori a quelle necessarie per il fine per cui sono impiegati e non riducano, direttamente o indirettamente, la tutela della salute umana prevista dalla presente direttiva; i documenti interpretativi e le specificazioni tecniche di cui all'articolo 3 e all'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 89/106/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione (10), devono essere conformi alle prescrizioni della presente direttiva.Articolo 11 Revisione degli allegati 1. Con periodicità almeno quinquennale, la Commissione sottopone a revisione l'allegato I alla luce del progresso scientifico e tecnico, presentando, se del caso, proposte di modifica secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato.2. Con periodicità almeno quinquennale, la Commissione adegua gli allegati II e III al progresso scientifico e tecnico. Le modifiche necessarie sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 12.Articolo 12 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2, del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.3. La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso:a) la Commissione differisce di tre mesi al massimo, a decorrere dalla comunicazione, l'applicazione delle misure da essa adottate;b) il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui alla lettera a).Articolo 13 Informazione e presentazione di relazioni 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i consumatori ricevano informazioni adeguate e aggiornate sulla qualità delle acque destinate al consumo umano.2. Fatta salva la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente (11), gli Stati membri pubblicano una relazione triennale sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, al fine di informare i consumatori. La prima di queste relazioni dovrà riferirsi agli anni 2002, 2003 e 2004. Ciascuna relazione comprende, al minimo, tutte le singole forniture d'acqua superiori a 1 000 m3 al giorno in media o destinate all'approvvigionamento di 5 000 o più persone, riguarda tre anni civili e viene pubblicata entro un anno civile dalla fine del periodo cui la relazione fa riferimento.3. Gli Stati membri inviano le relazioni alla Commissione entro due mesi dalla loro pubblicazione.4. La presentazione e le informazioni minime delle relazioni di cui al paragrafo 2 devono tener conto in particolare delle misure di cui all'articolo 3, paragrafo 2, all'articolo 5, paragrafi 2 e 3, all'articolo 7, paragrafo 2, all'articolo 8, all'articolo 9, paragrafi 6 e 7 e all'articolo 15, paragrafo 1, e sono eventualmente modificate secondo la procedura di cui all'articolo 12.5. La Commissione esamina le relazioni degli Stati membri e pubblica ogni tre anni una relazione di sintesi sulla qualità delle acque destinate al consumo umano all'interno della Comunità. La suddetta relazione è pubblicata entro nove mesi dalla ricezione delle relazioni degli Stati membri.6. Oltre alla prima relazione di cui al paragrafo 2 da pubblicare a norma della presente direttiva, gli Stati membri elaborano anche una relazione da trasmettere alla Commissione sulle misure adottate o sui provvedimenti da prendere per adempiere ai loro obblighi a norma dell'articolo 6, paragrafo 3, e dell'allegato I, parte B, nota 10. La Commissione presenta, se del caso, una proposta sull'impostazione di tale relazione, secondo la procedura di cui all'articolo 12.Articolo 14 Calendario per la messa in conformità Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché la qualità delle acque destinate al consumo umano sia resa conforme alla presente direttiva entro il termine di cinque anni dalla sua entrata in vigore, fatto salve le note 2, 4 e 10 dell'allegato I, parte B.Articolo 15 Casi eccezionali 1. In casi eccezionali e per aree geograficamente delimitate, uno Stato membro può presentare alla Commissione una richiesta particolare di proroga per un periodo superiore a quello fissato all'articolo 14. La proroga non è superiore a tre anni e verso la fine di tale periodo occorre procedere ad un riesame i cui risultati sono trasmessi alla Commissione, che su tale base può autorizzare un'ulteriore proroga per un periodo non superiore a tre anni. La presente disposizione non si applica alle acque destinate al consumo umano messe in vendita in bottiglie o contenitori.2. Tale richiesta, debitamente motivata, deve far presenti le difficoltà incontrate e comprendere, al minimo, tutte le informazioni di cui all'articolo 9, paragrafo 3.3. La Commissione esamina la richiesta secondo la procedura di cui all'articolo 12.4. Gli Stati membri che si avvalgono del presente articolo provvedono affinché la popolazione interessata dalla loro richiesta sia tempestivamente ed adeguatamente informata del suo esito. Inoltre, gli Stati membri assicurano, ove necessario, che siano forniti consigli a gruppi specifici di popolazione per i quali potrebbe sussistere un rischio particolare.Articolo 16 Abrogazione 1. La direttiva 80/778/CEE è abrogata dalla presente direttiva; l'abrogazione prende effetto cinque anni dopo l'entrata in vigore della stessa. Fatto salvo il paragrafo 2, l'abrogazione lascia impregiudicati gli obblighi degli Stati membri rispetto alle scadenze per il recepimento nel rispettivo diritto nazionale e per l'applicazione previste dall'allegato IV.I richiami alla direttiva abrogata si intendono riferiti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza contenuta nell'allegato V.2. Non appena uno Stato membro avrà messo in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva e avrà adottato le misure di cui all'articolo 14, in tale Stato membro la presente direttiva si applicherà alla qualità delle acque destinate al consumo umano, in sostituzione della direttiva 80/778/CEE.Articolo 17 Recepimento nel diritto interno 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro due anni a decorrere dalla sua entrata in vigore. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono riferimenti alla presente direttiva o sono corredate di siffatti riferimenti all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 18 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 19 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 3 novembre 1998.Per il ConsiglioIl PresidenteB. PRAMMER(1) GU C 131 del 30.5.1995, pag. 5, eGU C 213 del 15.7.1997, pag. 8.(2) GU C 82 del 19.3.1996, pag. 64.(3) GU C 100 del 2.4.1996, pag. 134.(4) Parere del Parlamento europeo del 12 dicembre 1996 (GU C 20 del 20.1.1997, pag. 133), posizione comune del Consiglio del 19 dicembre 1997 (GU C 91 del 26.3.1998, pag. 1), e decisione del Parlamento europeo del 13 maggio 1998 (GU C 167 dell'1.6.1998, pag. 92).(5) GU L 229 del 30.8.1980, pag. 11. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(6) GU L 230 del 19.8.1991, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/68/CE della Commissione (GU L 277 del 30.10.1996, pag. 25).(7) GU L 123 del 24.4.1998, pag 1.(8) GU L 229 del 30.8.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/70/CE (GU L 299 del 23.11.1996, pag. 26).(9) GU 22 del 9.2.1965, pag. 369. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/39/CEE (GU L 214 del 24.8.1993, pag. 22).(10) GU L 40 dell'11.2.1989, pag. 12. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/68/CEE (GU L 220 del 30.8.1993, pag. 1).(11) GU L 158 del 23.6.1990, pag. 56.ALLEGATO I PARAMETRI E VALORI DI PARAMETRO PARTE A >SPAZIO PER TABELLA>Per le acque messe in vendita in bottiglie o contenitori sono applicati i seguenti valori:>SPAZIO PER TABELLA>PARTE B >SPAZIO PER TABELLA>PARTE C >SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II CONTROLLO TABELLA A Parametri da analizzare 1. Controllo di routineIl controllo di routine mira a fornire ad intervalli regolari informazioni sulla qualità organolettica e microbiologica delle acque fornite per il consumo umano nonché informazioni sull'efficacia degli eventuali trattamenti dell'acqua potabile (in particolare di disinfezione), per accertare se le acque destinate al consumo umano rispondano o no ai pertinenti valori di parametro fissati dalla presente direttiva.Vanno sottoposti a controllo di routine i seguenti parametri. Gli Stati membri possono, se lo ritengono opportuno, aggiungere ulteriori parametri all'elenco.Alluminio (Nota 1)AmmonioColoreConduttivitàClostridium perfringens (spore comprese) (Nota 2)Escherichia coli (E. coli)Concentrazione ioni idrogenoFerro (Nota 1)Nitriti (Nota 3)OdorePseudomonas aeruginosa (Nota 4)SaporeComputo delle colonie a 22 °C e 37 °C (Nota 4)Batteri coliformiTorbiditàNota 1: Necessario solo se usato come flocculante (1*).Nota 2: Necessario solo se le acque provengono o sono influenzate da acque superficiali (2*).Nota 3: Necessario solo se si utilizza la cloramina nel processo di disinfezione (3*).Nota 4: Necessario solo per le acque vendute in bottiglie o in contenitori.2. Controllo di verificaIl controllo di verifica mira a fornire le informazioni necessarie per accertare se tutti i valori di parametro contenuti nella direttiva sono rispettati. Tutti i parametri fissati ai sensi dell'articolo 5, paragrafi 2 e 3 sono soggetti a controllo di verifica, a meno che le autorità competenti non stabiliscano che, per un periodo determinato, è improbabile che un parametro si ritrovi in un dato approvvigionamento d'acqua in concentrazioni tali da far prevedere il rischio di un mancato rispetto del relativo valore di parametro. Il presente punto non si applica ai parametri per la radioattività che è controllata, fatte salve le norme 8, 9 e 10 dell'allegato I, parte C, in conformità dei requisiti in materia di controllo adottati secondo la procedura di cui all'articolo 12.TABELLA B1 Frequenza minima di campionamento e analisi per le acque destinate al consumo umano fornite da una rete di distribuzione, da cisterne, o utilizzate nelle imprese alimentari Gli Stati membri devono prelevare campioni nei punti in cui i valori devono essere rispettati ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, al fine di garantire che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti della direttiva. Tuttavia, nel caso di una rete di distribuzione, ogni Stato membro può prelevare campioni nella zona di approvvigionamento o presso gli impianti di trattamento per particolari parametri se si può dimostrare che il valore ottenuto per i parametri in questione non sarebbe modificato negativamente.>SPAZIO PER TABELLA>Nota 1: Una zona di approvvigionamento è una zona geograficamente definita all'interno della quale le acque destinate al consumo umano provengono da una o varie fonti e la loro qualità può essere considerata sostanzialmente uniforme.Nota 2: I volumi calcolati rappresentano una media su un anno civile. Per determinare la frequenza minima uno Stato membro può basarsi sul numero di abitanti in una zona di approvvigionamento invece che sul volume d'acqua, supponendo un consumo di 200 l pro capite al giorno.Nota 3: Nel caso di approvvigionamento intermittente di breve durata, la frequenza del controllo delle acque distribuite con cisterna deve essere stabilita dallo Stato membro interessato.Nota 4: Per i differenti parametri di cui all'allegato I, uno Stato membro può ridurre il numero dei campioni indicato nella tabella se:a) i valori dei risultati dei campioni prelevati in un periodo di almeno due anni consecutivi sono costanti e significativamente migliori dei limiti previsti dall'allegato I eb) non esiste alcun fattore capace di diminuire la qualità dell'acqua.La frequenza minima non deve essere inferiore al 50 % del numero di campioni indicato nella tabella, salvo il caso specifico di cui alla nota 6.Nota 5: Nella misura del possibile, il numero di campioni deve essere equamente distribuito in termini di tempo e luogo.Nota 6: La frequenza deve essere stabilita dallo Stato membro interessato.TABELLA B2 Frequenza minima di campionamento e analisi per le acque confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita >SPAZIO PER TABELLA>(1*) In tutti gli altri casi, i parametri sono contenuti nell'elenco relativo al controllo di verifica.ALLEGATO III SPECIFICHE PER L'ANALISI DEI PARAMETRI Ogni Stato membro deve garantire che i laboratori in cui sono analizzati i campioni siano dotati di un sistema di controllo analitico della qualità sottoposto di quando in quando al controllo di una persona indipendente dagli stessi e all'uopo autorizzata dall'autorità competente.1. PARAMETRI PER I QUALI SONO SPECIFICATI METODI DI ANALISII seguenti metodi di analisi relativi ai parametri biologici sono forniti per riferimento, ogniqualvolta è disponibile un metodo CEN/ISO, o per orientamento, in attesa dell'eventuale futura adozione, conformemente alla procedura di cui all'articolo 12, di ulteriori definizioni internazionali CEN/ISO dei metodi per tali parametri. Gli Stati membri possono usare metodi alternativi, purché conformi alle disposizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 5.Batteri coliformi ed Escherichia coli (E. coli) (ISO 9308-1)Enterococchi (ISO 7899-2)Pseudomonas aeruginosa (prEN ISO 12780)Enumerazione dei microrganismi coltivabili - Computo delle colonie a 22 °C (prEN ISO 6222)Enumerazione dei microrganismi coltivabili - Computo delle colonie a 37 °C (prEN ISO 6222)Clostridium perfringens (spore comprese)Filtrazione su membrana seguita da incubazione della membrana su agar m-CP (Nota 1) a 44 ± 1 °C per 21 ± 3 ore in condizioni anaerobiche. Computo delle colonie gialle opache che diventano rosa o rosse dopo un'esposizione di 20-30 secondi a vapori di idrossido di ammonio.Nota 1: Il terreno di coltura m-CP agar è così composto:>SPAZIO PER TABELLA>Dissolvere gli ingredienti ed adeguare il pH a 7,6. Sterilizzare in autoclave a 121 °C per 15 minuti. Lasciar raffreddare e aggiungere:>SPAZIO PER TABELLA>2. PARAMETRI PER I QUALI VENGONO SPECIFICATE LE CARATTERISTICHE DI PRESTAZIONE2.1. Per i parametri indicati di seguito, per caratteristiche di prestazione specificate si intende che il metodo di analisi utilizzato dev'essere in grado, al minimo, di misurare concentrazioni uguali al valore di parametro con un'esattezza, una precisione e un limite di rilevazione specificati. Indipendentemente dalla sensibilità del metodo di analisi utilizzato, il risultato dev'essere espresso utilizzando almeno lo stesso numero di decimali usato per il valore di parametro di cui all'allegato I, parti B e C.>SPAZIO PER TABELLA>2.2. Per la concentrazione di ioni idrogeno, le caratteristiche di prestazione specificate richiedono che il metodo di analisi impiegato deve consentire di misurare concentrazioni pari al valore di parametro con un'accuratezza di 0,2 unità pH e una precisione di 0,2 unità pH.Nota 1 (1*): L'esattezza è l'errore sistematico nonché la differenza fra il valore principale di numerose misurazioni ripetute e il valore vero.Nota 2 (2*): La precisione è l'errore casuale ed è generalmente espressa come la deviazione standard (nell'ambito di un singolo gruppo di campioni e fra gruppi) dell'intervallo di variabilità dei risultati intorno alla media. La precisione accettabile è pari al doppio della deviazione standard relativa.Nota 3: Il limite di rilevazione è pari a:- tre volte la deviazione standard relativa, nell'ambito di un gruppo di campioni, di un campione naturale contenente una bassa concentrazione del parametrooppure- cinque volte la deviazione standard relativa, nell'ambito di un gruppo di campioni, di un campione privo del parametro.Nota 4: Il metodo deve determinare il tenore complessivo di cianuro in tutte le sue forme.Nota 5: L'ossidazione deve durare 10 minuti a una temperatura di 100 °C in condizioni di acidità con l'uso di permanganato.Nota 6: Le caratteristiche di prestazione si riferiscono ad ogni singolo antiparassitario e dipendono dall'antiparassitario considerato. Attualmente il limite di rilevazione può non essere raggiungibile per tutti gli antiparassitari, ma gli Stati membri devono adoperarsi per raggiungere tale obiettivo.Nota 7: Le caratteristiche di prestazione si riferiscono alle singole sostanze al 25 % del valore parametrico che figura nell'allegato I.Nota 8: Le caratteristiche di prestazione si riferiscono alle singole sostanze al 50 % del valore parametrico che figura nell'allegato I.3. PARAMETRI PER I QUALI NON VIENE SPECIFICATO UN METODO DI ANALISIColoreOdoreSaporeCarbonio organico totaleTorbidità (Nota 1)Nota 1: Per il controllo della torbidità nelle acque superficiali trattate, le caratteristische di prestazione specificate richiedono che il metodo di analisi impiegato consenta, almeno, di misurare concentrazioni pari al valore di parametro con un'esattezza del 25 %, una precisione del 25 % e un limite di rilevazione del 25 %.(1*) Tali termini sono definiti nella norma ISO 5725.ALLEGATO IV >SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO V >SPAZIO PER TABELLA>
Acqua potabile: norme di qualità essenziali (fino al 2023) QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva stabilisce le norme relative all’acqua potabile. Ha lo scopo di tutelare la salute pubblica dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano* garantendone la salubrità e la pulizia. PUNTI CHIAVE I paesi dell’Unione europea devono:adottare le misure necessarie per garantire che l’acqua non contenga concentrazioni di microorganismi, parassiti o sostanze nocive che potrebbero danneggiare la salute umana, e che soddisfi gli standard microbiologici e chimici minimi;garantire che le norme vengano rispettate nel momento in cui l’acqua esce dal rubinetto o dalla cisterna;monitorare regolarmente l’acqua presso i punti di prelievo concordati per verificare che i valori dei parametri microbiologici, chimici e indicatori siano rispettati;eseguire immediatamente delle indagini e adottare le azioni correttive necessarie qualora le norme non vengano rispettate;vietare o limitare l’approvvigionamento d’acqua qualora sia considerato una potenziale minaccia alla salute pubblica;informare il pubblico quando vengono intraprese misure correttive;pubblicare una relazione ogni tre anni sulla qualità dell’acqua potabile. Queste informazioni destinate al pubblico vengono inviate alla Commissione europea. La Commissione:ogni tre anni pubblica una relazione nella quale mette insieme i dati nazionali sulla qualità dell’acqua potabile;ogni cinque anni rivede i parametri indicatori, microbiologici e chimici e le specifiche relative al monitoraggio, tenendo conto dei progressi scientifici e tecnologici, e può proporne l’adeguamento. La direttiva non si applica alle acque minerali naturali o alle acque considerate medicinali. I paesi dell’Unione europea possono escludere dalla propria legislazione gli approvvigionamenti d’acqua privati e non commerciali che servono meno di 50 persone. Nel 2015, la Commissione ha adottato la direttiva (UE) 2015/1787 che ha introdotto nuove norme dell’Unione europea per migliorare il monitoraggio dell’acqua potabile. La direttiva offre ai paesi dell’Unione europea una maggiore flessibilità in termini di monitoraggio dell’acqua potabile nell’Unione.Sviluppo correlatoAll’inizio del 2014, la prima iniziativa dei cittadini europei (ICE), in seguito alla campagna Right2Water, ha richiesto una normativa comunitaria che garantisse il diritto all’acqua potabile e alle fognature. L’iniziativa dei cittadini europei è stata introdotta dall’articolo 11, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea e consente ai cittadini di richiedere l’intervento della Commissione in settori di sua competenza, a condizione che la petizione raccolga almeno un milione di firme in almeno sette paesi dell’Unione europea.Abrogazione La direttiva 98/83/CE viene abrogata dalla direttiva (UE) 2020/2184 (si veda la sintesi) a partire dal 12 gennaio 2023. A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 25 dicembre 1998 e doveva essere recepita dai paesi dell’Unione europea entro il 25 dicembre 2000. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:L’iniziativa dei cittadini europei: registro ufficiale (Commissione europea). Acqua potabile (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Acque destinate al consumo umano: acque nel loro stato originale o dopo un trattamento, destinate a essere utilizzate per bere, cucinare, preparare alimenti e altri impieghi domestici. Può essere fornita attraverso rubinetti, cisterne, bottiglie e contenitori. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32). Le modifiche successive alla direttiva 98/83/CE sono state incorporate nel testo originale. Questa versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (rifusione) (GU L 435 del 23.12.2020, pag. 1).
15,183
510
32002L0046
false
Direttiva 2002/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 183 del 12/07/2002 pag. 0051 - 0057 Direttiva 2002/46/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 giugno 2002per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Sono commercializzati in numero crescente nella Comunità prodotti alimentari contenenti fonti concentrate di sostanze nutritive, proposti quali supplementi delle sostanze nutritive assunte con la normale alimentazione.(2) Questi prodotti sono assoggettati negli Stati membri a disposizioni nazionali eterogenee, che possono ostarne la libera circolazione ed instaurare condizioni di concorrenza ineguali, con dirette ripercussioni sul buon funzionamento del mercato interno. È pertanto necessario disciplinare a livello comunitario i prodotti di questo tipo commercializzati come prodotti alimentari.(3) In circostanze normali, una dieta adeguata ed equilibrata è in grado di fornire, nelle proporzioni considerate idonee e raccomandate da studi scientifici generalmente riconosciuti, tutti gli elementi necessari al normale sviluppo e al mantenimento in buona salute dell'organismo. Le indagini indicano tuttavia che tale situazione ideale non trova riscontro pratico per tutte le sostanze nutritive e presso tutti i gruppi della popolazione della Comunità.(4) I consumatori, in ragione di un particolare stile di vita o per motivi diversi, possono decidere di integrare l'apporto di determinati nutrienti della loro dieta mediante integratori alimentari.(5) Per garantire ai consumatori un elevato livello di tutela e una maggior facilità di scelta, è necessario che i prodotti commercializzati siano sicuri e rechino opportuna e corretta etichettatura.(6) Esiste un'ampia gamma di sostanze nutritive e di altri elementi che possono far parte della composizione degli integratori alimentari, ed in particolare, ma non in via esclusiva vitamine, minerali, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale.(7) In una prima fase, la presente direttiva dovrebbe stabilire norme specifiche per le vitamine e i minerali usati come integratori alimentari. È inoltre necessario che gli integratori alimentari che contengono vitamine o minerali e i propri ingredienti siano conformi alle norme specifiche relative alle vitamine e ai minerali stabilite dalla presente direttiva.(8) In una seconda fase, quando saranno resi disponibili dati scientifici sufficienti e appropriati, occorre definire norme specifiche relative ai nutrienti diversi dalle vitamine o dai minerali o alle altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico utilizzati come ingredienti di integratori alimentari. Fino all'adozione di tali norme comunitarie specifiche e fatte salve le disposizioni del trattato, possono essere applicate le norme nazionali relative ai nutrienti e alle altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico utilizzati come ingredienti degli integratori alimentari per i quali non siano state adottate norme comunitarie specifiche.(9) Occorre che le vitamine e i minerali normalmente presenti nei cibi e quindi assunti con la dieta siano consentiti negli integratori alimentari, senza peraltro renderne tassativa la presenza. Andrebbe evitata ogni possibile controversia sull'identificazione di tali nutrienti. Risulta quindi opportuno elaborare un elenco che contenga nominalmente tali vitamine e minerali.(10) Un'ampia gamma di preparati vitaminici e sostanze minerali utilizzati per la fabbricazione di integratori alimentari attualmente venduti negli Stati membri non sono stati ancora valutati dal comitato scientifico dell'alimentazione umana e pertanto non sono compresi negli elenchi nominali. Occorre pertanto sottoporle a valutazione urgente da parte dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, non appena i rispettivi fascicoli saranno presentati dalle parti interessate.(11) È essenziale che le sostanze chimiche utilizzate come fonti di vitamine e minerali per la fabbricazione degli integratori alimentari siano sicure e disponibili all'assorbimento da parte dell'organismo. Per questo motivo occorre elaborare anche per queste sostanze un elenco che le contenga nominalmente. Possono inoltre essere utilizzate per la fabbricazione di integratori alimentari anche le sostanze che, sulla base dei criteri esposti, sono già state approvate dal comitato scientifico dell'alimentazione umana per la fabbricazione di alimenti destinati ai lattanti, alla prima infanzia o a diete particolari.(12) Per tenersi al passo con il progresso tecnico-scientifico, è importante procedere tempestivamente, se del caso, alla modifica di tali elenchi. Tali modifiche consisterebbero in provvedimenti di attuazione di natura tecnica, e la loro adozione andrebbe affidata alla Commissione in modo da semplificare ed accelerare le procedure.(13) L'assunzione di vitamine e minerali in quantità eccessive può dar luogo a reazioni avverse per la salute. Tale rischio giustifica la fissazione, secondo i casi, di livelli massimi che possono essere contenuti negli integratori alimentari in condizioni di sicurezza. Tali livelli dovrebbero garantire che il normale uso del prodotto nelle modalità indicate dal fabbricante non comporti rischi per il consumatore.(14) A tal fine, nel fissare le quantità massime occorre tener conto a un tempo dei livelli tollerabili delle vitamine e dei minerali risultanti da valutazioni dei rischi condotte nell'ambito di studi scientifici generalmente riconosciuti e del livello di assunzione di questi nutrienti mediante la normale alimentazione. Nella fissazione delle quantità massime si terranno anche in debito conto i valori di riferimento.(15) Gli integratori alimentari sono acquistati dai consumatori per concorrere all'apporto della normale dieta. Per poter svolgere tale funzione, è necessario che le vitamine e i minerali eventualmente riportati sull'etichetta del prodotto siano presenti nel prodotto stesso in quantità significative.(16) L'adozione, sulla base dei criteri esposti nella presente direttiva e degli opportuni pareri scientifici, di valori specificanti i livelli massimi e minimi di vitamine e minerali consentiti negli integratori alimentari costituirebbe un provvedimento di attuazione da affidare alla Commissione.(17) Non occorre riprendere le disposizioni generali in materia di etichettatura e le relative definizioni, essendo esse contenute nella direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità(4). Occorre pertanto inserire nella presente direttiva solo le disposizioni aggiuntive necessarie.(18) La direttiva 90/496/CEE del Consiglio, del 24 settembre 1990, relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari(5) non si applica agli integratori alimentari. L'informazione sul contenuto nutrizionale degli integratori alimentari è essenziale per consentire ai consumatori di acquistarli in base ad una scelta informata e di utilizzarli in modo corretto e sicuro. Vista la natura dei prodotti in questione, tale informazione dovrebbe riguardare soltanto i nutrienti effettivamente presenti nel prodotto ed essere obbligatoria.(19) Data la particolare natura degli integratori alimentari, dovrebbero essere predisposti ulteriori mezzi oltre a quelli normalmente a disposizione delle autorità di vigilanza per agevolare l'effettivo controllo di questi prodotti.(20) Le misure necessarie all'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6),HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. La presente direttiva si applica agli integratori alimentari commercializzati come prodotti alimentari e presentati come tali. Tali prodotti sono forniti al consumatore solo preconfezionati.2. Esulano dal campo di applicazione della presente direttiva i medicinali definiti dalla direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano(7).Articolo 2Ai fini della presente direttiva si intende per:a) "integratori alimentari": i prodotti alimentari destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposti che pluricomposti, in forme di dosaggio, vale a dire in forme di commercializzazione quali capsule, pastiglie, compresse, pillole e simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a contagocce e altre forme simili, di liquidi e polveri destinati ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari;b) "sostanze nutritive" o "nutrienti": le seguenti sostanze:i) le vitamine;ii) i minerali.Articolo 3Gli Stati membri provvedono affinché gli integratori alimentari possano essere commercializzati nella Comunità solo se conformi al disposto della presente direttiva.Articolo 41. Per quanto riguarda le vitamine e i minerali, fatto salvo il paragrafo 6, soltanto quelli elencati nell'allegato I, nelle forme elencate nell'allegato II possono essere usati nella fabbricazione di integratori alimentari.2. I requisiti di purezza per le sostanze elencate nell'allegato II si applicano conformemente alla procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2, tranne quando si applicano ai sensi del paragrafo 3.3. Per quanto riguarda le sostanze elencate nell'allegato II si applicano i requisiti di purezza prescritti dalla normativa comunitaria per l'utilizzo di tali sostanze nella fabbricazione di prodotti alimentari a fini diversi da quelli contemplati dalla presente direttiva.4. Per quanto riguarda le sostanze elencate nell'allegato II per le quali la normativa comunitaria non prescrive requisiti di purezza si applicano, fino all'adozione di tali specifiche, i requisiti di purezza generalmente accettabili raccomandati da organismi internazionali e possono essere mantenute norme nazionali che stabiliscono requisiti di purezza più severi.5. Le modifiche agli elenchi di cui al paragrafo 1 sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.6. In deroga al paragrafo 1 e fino al 31 dicembre 2009, gli Stati membri possono consentire l'uso nel loro territorio di vitamine e di minerali non elencati nell'allegato I o nelle forme non elencate nell'allegato II purché:a) la sostanza in questione sia utilizzata in uno o più integratori alimentari commercializzati nella Comunità alla data di entrata in vigore della presente direttiva;b) l'Autorità europea per la sicurezza alimentare non abbia espresso parere negativo per quanto riguarda l'uso di tale sostanza o il suo uso in quella forma nella fabbricazione di integratori alimentari sulla base di un fascicolo a sostegno dell'uso della sostanza in questione che lo Stato membro deve sottoporre alla Commissione entro il 12 luglio 2005.7. Fatto salvo il paragrafo 6, gli Stati membri, conformemente alle norme del trattato, possono continuare ad applicare le restrizioni o i divieti nazionali in vigore per quanto riguarda gli scambi di integratori alimentari contenenti le vitamine o i minerali non elencati nell'allegato I o nelle forme non elencate nell'allegato II.8. Entro il 12 luglio 2007, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'opportunità di stabilire norme specifiche e, se del caso, elaborare elenchi positivi sulle categorie di sostanze nutritive o di sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico e diverse da quelle menzionate al paragrafo 1, corredati delle eventuali proposte di modifica della presente direttiva che la Commissione ritenesse necessarie.Articolo 51. I livelli quantitativi massimi di vitamine e minerali presenti negli integratori alimentari per ogni dose giornaliera raccomandata dal fabbricante sono stabiliti tenendo conto di quanto segue:a) i livelli tollerabili di vitamine e minerali risultanti da valutazioni dei rischi condotte nell'ambito di studi scientifici generalmente riconosciuti, tenendo conto, se del caso, dei livelli variabili di sensibilità dei diversi gruppi di consumatori;b) l'apporto di vitamine e minerali da altre fonti alimentari.2. All'atto della fissazione dei livelli quantitativi massimi di cui al paragrafo 1, si tiene debitamente conto anche dei valori di riferimento di vitamine e minerali per la popolazione.3. Per garantire che gli integratori alimentari contengano quantità sufficienti di vitamine e minerali, è opportunamente fissato un livello quantitativo minimo per dose giornaliera raccomandata dal fabbricante.4. I livelli quantitativi massimi e minimi di vitamine e minerali di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 sono definiti secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.Articolo 61. Per l'applicazione dell'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE i prodotti oggetto della presente direttiva sono commercializzati con la denominazione "integratore alimentare".2. L'etichettatura, la presentazione e la pubblicità del prodotto non attribuiscono agli integratori alimentari proprietà terapeutiche né capacità di prevenzione o cura delle malattie umane né fanno altrimenti riferimento a simili proprietà.3. Fermo restando il disposto della direttiva 2000/13/CE, l'etichettatura reca i seguenti elementi obbligatori:a) il nome delle categorie di sostanze nutritive o altre sostanze che caratterizzano il prodotto o una indicazione relativa alla natura di tali sostanze;b) la dose di prodotto raccomandata per l'assunzione giornaliera;c) un'avvertenza a non eccedere le dosi giornaliere raccomandate;d) l'indicazione che gli integratori alimentari non vanno intesi come sostituto di una dieta variata;e) l'indicazione che i prodotti devono essere tenuti fuori della portata dei bambini piccoli.Articolo 7Nell'etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità degli integratori alimentari non figurano diciture che affermino o sottintendano che una dieta equilibrata e variata non è in grado di apportare sostanze nutritive in quantità sufficienti in generale.Le modalità di attuazione del presente articolo possono essere precisate secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.Articolo 81. La quantità delle sostanze nutritive o delle sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico contenuta nel prodotto è espressa numericamente sull'etichetta. Le unità di misura da utilizzare per le vitamine e i minerali sono specificate nell'allegato I.Le modalità di attuazione del presente paragrafo possono essere precisate secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.2. Le quantità delle sostanze nutritive o altre sostanze dichiarate si riferiscono alla dose giornaliera di prodotto raccomandata dal fabbricante quale figura nell'etichetta.3. I dati sulle vitamine e sui minerali sono anche, se del caso, espressi in percentuale dei valori di riferimento che figurano nell'allegato della direttiva 90/496/CEE.Articolo 91. I valori da riportare ai sensi dell'articolo 8, paragrafi 1 e 2, sono i valori riscontrati dal fabbricante nell'analisi della composizione media.Le ulteriori disposizioni di attuazione del presente paragrafo, in particolare per quanto riguarda le eventuali discrepanze fra i valori dichiarati e quelli riscontrati nel corso di verifiche ufficiali, sono decise secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.2. La percentuale rispetto ai valori di riferimento per le vitamine e i minerali di cui all'articolo 8, paragrafo 3, può essere fornita sotto forma di grafico.Le modalità di attuazione del presente paragrafo possono essere precisate secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.Articolo 10Per agevolare un controllo efficace degli integratori alimentari, gli Stati membri possono prescrivere che il fabbricante o il responsabile dell'immissione sul mercato nel loro territorio informi l'autorità competente in merito a tale commercializzazione, trasmettendo un campione dell'etichetta del prodotto stesso.Articolo 111. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 7, gli Stati membri si astengono dal vietare o dall'introdurre restrizioni, per ragioni connesse a composizione, specifiche di fabbricazione, presentazione o etichettatura, agli scambi di prodotti di cui all'articolo 1 che siano conformi alla presente direttiva e, se del caso, alle disposizioni comunitarie di esecuzione della stessa.2. Ferme restando le disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare gli articoli 28 e 30, il paragrafo 1 lascia impregiudicate le normative nazionali applicabili in assenza di disposizioni comunitarie di esecuzione della presente direttiva.Articolo 121. Se uno Stato membro, in base a nuovi dati o ad un riesame di dati preesistenti effettuato successivamente all'adozione della presente direttiva o di disposizioni comunitarie di esecuzione della stessa, constata con motivazione circostanziata che un prodotto di cui all'articolo 1, pur ottemperando a dette disposizioni, presenta un pericolo per la salute umana, può in via provvisoria sospendere o limitare l'applicazione delle disposizioni di cui trattasi nel proprio territorio. Esso ne informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri, precisando i motivi che giustificano la decisione.2. La Commissione esamina quanto prima i motivi addotti dallo Stato membro interessato e consulta gli Stati membri in sede di comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, quindi emette tempestivamente un parere e prende i provvedimenti del caso.3. Se la Commissione ritiene che per porre rimedio alla situazione di cui al paragrafo 1 e per garantire la tutela della salute umana siano necessarie modifiche della presente direttiva o delle relative disposizioni di esecuzione, essa avvia a tal fine la procedura prevista all'articolo 13, paragrafo 2. In tal caso lo Stato membro che abbia adottato misure di salvaguardia può mantenerle in vigore fino all'adozione delle modifiche.Articolo 131. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dal regolamento (CE) n. 178/2002(8) (in appresso denominato "il comitato").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 14Le disposizioni aventi implicazioni per la salute pubblica sono adottate previa consultazione dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare.Articolo 15Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:a) autorizzare il commercio di prodotti conformi alla presente direttiva al più tardi a decorrere dal 1o agosto 2003;b) vietare il commercio di prodotti non conformi alla presente direttiva al più tardi a decorrere dal 1o agosto 2005.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 16La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 17Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 10 giugno 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué I Camps(1) GU C 311 E del 31.10.2000, pag. 207 eC 180 E del 26.6.2001, pag. 248.(2) GU C 14 del 16.1.2001, pag. 42.(3) Parere del Parlamento europeo del 14 febbraio 2001 (GU C 276 dell'1.10.2001, pag. 126), posizione comune del Consiglio del 3 dicembre 2001 (GU C 80 E del 16.4.2002, pag. 1), e decisione del Parlamento europeo del 13 marzo 2002. Decisione del Consiglio del 30 maggio 2002.(4) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(5) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.(8) GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1.ALLEGATO IVitamine e minerali consentiti nella fabbricazione di integratori alimentari1. VitamineVitamina A (μg RE)Vitamina D (μg)Vitamina E (mg α -TE)Vitamina K (μg)Vitamina B1 (mg)Vitamina B2 (mg)Niacina (mg NE)Acido pantotenico (mg)Vitamina B6 (mg)Acido folico (μg)Vitamina B12 (μg)Biotina (μg)Vitamina C (mg)2. MineraliCalcio (mg)Magnesio (mg)Ferro (mg)Rame (μg)Iodio (μg)Zinco (mg)Manganese (mg)Sodio (mg)Potassio (mg)Selenio (μg)Cromo (μg)Molibdeno (μg)Fluoro (mg)Cloro (mg)Fosforo (mg)ALLEGATO IISostanze vitaminiche e minerali consentite per la fabbricazione di integratori alimentariA. Vitamine1. VITAMINA Aa) retinolob) acetato di retinilec) palmitato di retiniled) beta-carotene2. VITAMINA Da) colecalciferolob) ergocalciferolo3. VITAMINA Ea) D-alfa-tocoferolob) DL-alfa-tocoferoloc) acetato di D-alfa-tocoferiled) acetato di DL-alfa-tocoferilee) succinato acido di D-alfa-tocoferile4. VITAMINA Ka) fillochinone (fitomenadione)5. VITAMINA B1a) cloridrato di tiaminab) mononitrato di tiamina6. VITAMINA B2a) riboflavinab) riboflavina-5'-fosfato, sodio7. NIACINAa) acido nicotinicob) nicotinamide8. ACIDO PANTOTENICOa) D-pantotenato, calciob) D-pantotenato, sodioc) dexpantenolo9. VITAMINA B6a) cloridrato di piridossinab) piridossina-5'-fosfato10. ACIDO FOLICOa) acido pteroil-monoglutammico11. VITAMINA B12a) cianocobalaminab) idrossocobalamina12. BIOTINAa) D-biotina13. VITAMINA Ca) acido L-ascorbicob) L-ascorbato di sodioc) L-ascorbato di calciod) L-ascorbato di potassioe) 6-palmitato di L-ascorbileB. Mineralicarbonato di calciocloruro di calciosali di calcio dell'acido citricogluconato di calcioglicerofosfato di calciolattato di calciosali di calcio dell'acido ortofosforicoidrossido di calcioossido di calcioacetato di magnesiocarbonato di magnesiocloruro di magnesiosali di magnesio dell'acido citricogluconato di magnesioglicerofosfato di magnesiosali di magnesio dell'acido ortofosforicolattato di magnesioidrossido di magnesioossido di magnesiosolfato di magnesiocarbonato ferrosocitrato ferrosocitrato ferrico di ammoniogluconato ferrosofumarato ferrosodi fosfato ferrico di sodiolattato ferrososolfato ferrosodifosfato ferrico (pirofosfato ferrico)saccarato ferricoferro elementare (carbonile+elettrolitico+ riduzione con idrogeno)carbonato rameicocitrato rameicogluconato rameicosolfato rameicocomplesso rame-lisinaioduro di potassioiodato di potassioioduro di sodioiodato di sodioacetato di zincocloruro di zincocitrato di zincogluconato di zincolattato di zincoossido di zincocarbonato di zincosolfato di zincocarbonato di manganesecloruro di manganesecitrato di manganesegluconato di manganeseglicerofosfato di manganesesolfato di manganesebicarbonato di sodiocarbonato di sodiocloruro di sodiocitrato di sodiogluconato di sodiolattato di sodioidrossido di sodiosali di sodio dell'acido ortofosforicobicarbonato di potassiocarbonato di potassiocloruro di potassiocitrato di potassiogluconato di potassioglicerofosfato di potassiolattato di potassioidrossido di potassiosali di potassio dell'acido ortofosforicoseleniato di sodioselenito acido di sodioselenito di sodiocloruro di cromo (III)solfato di cromo (III)molibdato di ammonio (molibdeno(VI))molibdato di sodio (molibdeno(VI))fluoruro di potassiofluoruro di sodio
Garantire integratori alimentari sicuri nell’Unione europea SINTESI CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Armonizza i requisiti relativi agli integratori alimentari* per tutelare i consumatori da potenziali rischi per la salute e garantire che tali prodotti non vengano venduti con informazioni fuorvianti. PUNTI CHIAVE La normativa stabilisce un elenco armonizzato di vitamine e minerali che possono essere impiegati per produrre integratori alimentari. I fabbricanti raccomandano livelli massimi e minimi di consumo giornaliero. Gli integratori alimentari non devono essere etichettati, presentati o pubblicizzati come capaci di prevenire o curare una malattia, né dovrebbero lasciar intendere che una dieta bilanciata e varia non può fornire le quantità di sostanze nutritive adeguate. Le etichette devono riportare nel dettaglio: le sostanze nutritive contenute nei prodotti alimentari; l’assunzione giornaliera raccomandata, con l’avvertenza di non eccedere tale dose; consigli per conservare il prodotto fuori dalla portata dei bambini piccoli. Le autorità nazionali possono richiedere che i fabbricanti le informino fornendo una copia dell’etichetta quando immettono un prodotto sul mercato. Le autorità nazionali possono sospendere o limitare la vendita di un integratore se ritengono che possa nuocere alla salute umana. In tal caso, informano immediatamente la Commissione europea e tutti i paesi dello Spazio economico europeo, un’area che include i 28 paesi dell’Unione europea (UE), Islanda, Liechtenstein e Norvegia dove vige la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. La normativa non si applica ai medicinali. Inoltre: il regolamento (UE) n. 609/2013 stabilisce norme relative al contenuto e alle informazioni che accompagnano il latte in polvere, gli alimenti confezionati a base di cereali, gli alimenti per neonati, gli alimenti a fini medici speciali e i sostituti dell’intera razione alimentare giornaliera per il controllo del peso; il regolamento (CE) n. 1924/2006 armonizza i requisiti relativi alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari venduti al pubblico, compresi gli alimenti forniti a ristoranti, ospedali, scuole, mense e altri servizi di catering di massa; il regolamento (CE) n. 1925/2006 armonizza i requisiti relativi all’aggiunta di vitamine, minerali e talune altre sostanze agli alimenti. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 12 luglio 2002. I paesi dell’UE dovevano recepirla nella legislazione nazionale entro il 31 luglio 2003. CONTESTO Integratori alimentari Autorità europea per la sicurezza alimentare TERMINI CHIAVE * Integratori alimentari: fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico e volte a integrare la normale razione alimentare giornaliera. Possono essere venduti sotto forma di capsule, pastiglie, compresse, bustine o flaconi. ATTO Direttiva 2002/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari (GU L 183 del 12.7.2002, pagg. 51-57) Successive modifiche e correzioni alla direttiva 2002/46/CE sono state incorporate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo agli alimenti destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia, agli alimenti a fini medici speciali e ai sostituti dell’intera razione alimentare giornaliera per il controllo del peso e che abroga la direttiva 92/52/CEE del Consiglio, le direttive 96/8/CE, 1999/21/CE, 2006/125/CE e 2006/141/CE della Commissione, la direttiva 2009/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e i regolamenti (CE) n. 41/2009 e (CE) n. 953/2009 della Commissione (GU L 181 del 29.6.2013, pagg. 35-56) Regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (GU L 404 del 30.12.2006, pagg. 9-25). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull’aggiunta di vitamine e minerali e di talune altre sostanze agli alimenti (GU L 404 del 30.12.2006, pagg. 26-38). Si veda la versione consolidata.
9,192
675
22004A0930(01)
false
Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e la Repubblica d'India Gazzetta ufficiale n. L 304 del 30/09/2004 pag. 0025 - 0031 Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e la Repubblica d'India La Comunità europea e la Repubblica d'India (in seguito denominati «parti contraenti» ), VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e la Repubblica d'India e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe, allo sviluppo armonioso di detti legami; CONVINTE che, per conseguire tale obiettivo, è opportuno impegnarsi a sviluppare la cooperazione doganale; TENENDO conto dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali; CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono gli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraenti e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri; PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità amministrative competenti renderà più efficaci gli interventi avverso tali operazioni; VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali a cui le parti contraenti hanno già aderito o che hanno già applicato, nonché le raccomandazioni del Consiglio di cooperazione doganale (Organizzazione mondiale del commercio) del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca e le attività nel settore doganale intraprese dall'Organizzazione mondiale del commercio; CONSIDERANDO che il 20 dicembre 1993 è stato firmato un accordo di cooperazione in materia di partenariato e sviluppo tra la Comunità europea e la Repubblica d'India, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente accordo si intende per: a) «normativa doganale» , qualsiasi disposizione legale o regolamentare o altro strumento giuridicamente vincolante adottato dalla Comunità europea o dall'India che disciplini l'importazione, l'esportazione, il transito delle merci e il vincolo a qualsiasi altro regime doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative; b) «autorità doganale» , nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, in India, il Servizio centrale dogane e accise del «Department of Revenue, Ministry of Finance» ; c) «autorità richiedente» , l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che presenta una domanda di assistenza ai sensi del presente accordo; d) «autorità interpellata» , l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che riceve una domanda di assistenza ai sensi del presente accordo; e) «dati personali» , tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile; f) «operazione che viola la legislazione doganale» , qualsiasi violazione o tentativo di violazione della normativa doganale; g) «persona» , persona fisica o giuridica; h) «informazione» , dati anche non elaborati o analizzati, e documenti, relazioni ed altre comunicazioni in qualsiasi formato, incluso quello elettronico, o loro copie certificate o autenticate. Articolo 2 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite, e, dall'altro, all'India. Articolo 3 Sviluppi futuri Le parti contraenti possono, di comune intesa, ampliare il presente accordo per potenziare e integrare la cooperazione doganale, in conformità delle rispettive normative doganali, mediante accordi su settori o temi specifici. Articolo 4 Ambito della cooperazione 1. Le parti contraenti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale e, in particolare, si adoperano al fine di: a) stabilire e mantenere canali di comunicazione tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni; b) agevolare un coordinamento efficace tra le rispettive autorità doganali; c) occuparsi di qualsiasi questione amministrativa collegata al presente accordo che possa richiedere, in determinate circostanze, la loro azione comune. 2. Le parti contraenti si impegnano inoltre a sviluppare attività per agevolare gli scambi nel settore doganale conformemente alle norme internazionali. 3. Ai sensi del presente accordo, la cooperazione doganale riguarda tutti gli aspetti relativi all'applicazione della normativa doganale. Articolo 5 Ambito dell'assistenza 1. Le parti contraenti si prestano reciproca assistenza, nei settori di loro competenza e compatibilmente con le risorse disponibili, secondo le modalità e alle condizioni specificate nel presente accordo, per garantire la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare per prevenire, individuare e perseguire le operazioni contrarie a detta normativa. 2. L'assistenza nel settore doganale prevista dal presente accordo viene prestata da ogni autorità doganale e amministrativa delle parti contraenti competente per l'applicazione del presente accordo. Essa non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale e non si applica alle informazioni ottenute in virtù delle facoltà esercitate su richiesta dell'autorità giudiziaria. 3. L'assistenza in materia di riscossione di diritti, tasse o ammende non è coperta dal presente accordo. Articolo 6 Obblighi imposti da altri accordi 1. Tenendo conto delle rispettive competenze della Comunità europea e degli Stati membri, le disposizioni del presente accordo: a) non pregiudicano gli obblighi delle parti contraenti derivanti da altri accordi o convenzioni internazionali; b) vanno considerate un complemento degli accordi di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri e l'India; c) non pregiudicano le disposizioni comunitarie in materia di comunicazione tra i servizi competenti della Commissione e le autorità doganali degli Stati membri di qualsiasi informazione ottenuta ai sensi del presente accordo che possa essere di interesse comunitario. 2. Fatto salvo il paragrafo 1, le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle degli accordi bilaterali di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri e l'India, qualora le disposizioni di questi ultimi risultassero incompatibili con quelle del presente accordo. 3. Per quanto riguarda le questioni relative all'applicabilità del presente accordo, le parti contraenti si consultano per trovare una soluzione nell'ambito del comitato misto di cooperazione doganale istituito dall'articolo 21. TITOLO II COOPERAZIONE DOGANALE Articolo 7 Cooperazione in materia di procedure doganali Le parti contraenti dichiarano il proprio impegno ad agevolare la legittima circolazione delle merci e si scambiano informazioni e consulenze su misure volte a migliorare le tecniche e le procedure doganali, nonché su sistemi informatizzati, al fine di conseguire tale obiettivo ai sensi del presente accordo. Articolo 8 Assistenza tecnica Le autorità doganali possono prestarsi assistenza tecnica e procedere a scambi di personale per favorire una migliore comprensione delle rispettive tecniche e procedure doganali e dei relativi sistemi informatizzati, al fine di conseguire questi obiettivi ai sensi del presente accordo. Articolo 9 Discussioni in sede di organizzazioni internazionali Le autorità doganali si adoperano per sviluppare e potenziare la cooperazione in settori d'interesse comune per agevolare le discussioni in campo doganale nell'ambito delle organizzazioni internazionali. TITOLO III ASSISTENZA AMMINISTRATIVA RECIPROCA Articolo 10 Assistenza su richiesta 1. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata le fornisce tutte le informazioni pertinenti per garantire la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare le informazioni riguardanti le operazioni accertate o programmate che violino o possano violare detta normativa. In particolare, su richiesta, le autorità doganali si scambiano informazioni relative alle attività che potrebbero violare le disposizioni doganali nel territorio dell'altra parte, per esempio dichiarazioni e certificati di origine non corretti, fatture o altri documenti non corretti o falsificati, o che potrebbero risultare non corretti o falsificati. 2. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata comunica a quest'ultima: a) se le merci esportate dal territorio di una delle parti contraenti sono state importate correttamente nel territorio dell'altra parte contraente, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle stesse; b) se le merci importate nel territorio di una delle parti contraenti sono state esportate correttamente dal territorio dell'altra parte, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle stesse. 3. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta le misure necessarie, nell'ambito delle sue disposizioni legali o regolamentari o di altri strumenti giuridicamente vincolanti, per assicurare che siano tenute sotto controllo: a) le persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla legislazione doganale; b) i luoghi in cui sono stati o possono essere costituiti depositi di merci a condizioni tali da far ragionevolmente supporre che tali merci siano destinate ad operazioni contrarie alla normativa doganale; c) le merci che sono o possono essere trasportate a condizioni tali da far ragionevolmente supporre che siano destinate ad operazioni contrarie alla normativa doganale; d) i mezzi di trasporto che sono o potrebbero essere utilizzati a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che possano essere destinati ad operazioni contrarie alla normativa doganale. Articolo 11 Assistenza spontanea Le parti contraenti si assistono reciprocamente, di propria iniziativa e conformemente alle loro disposizioni legali o regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale, soprattutto in situazioni che possano rappresentare un danno considerevole per l'economia, la salute pubblica, la sicurezza o altri interessi vitali dell'altra parte, in particolare fornendo le informazioni ottenute riguardanti: a) attività che sono o che sembrano loro contrarie alla normativa doganale e che possono interessare l'altra parte contraente; b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare operazioni contrarie alla normativa doganale; c) merci note per essere oggetto di operazioni contrarie alla normativa doganale; d) persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi per ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla normativa doganale; e) mezzi di trasporto per i quali sussistono fondati motivi per ritenere che siano stati, siano, ovvero possano essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale. Articolo 12 Consegna, notifica 1. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta, conformemente alle disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, tutte le misure necessarie per: a) consegnare tutti i documenti di tipo amministrativo; b) notificare ogni decisione, proveniente dall'autorità richiedente e che rientri nell'ambito di applicazione del presente accordo, ad un destinatario residente o stabilito nel territorio dell'autorità interpellata. 2. Le domande di consegna di documenti o di notifica di decisioni devono essere presentate per iscritto nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti da consegnare ai sensi del paragrafo 1. Articolo 13 Forma e contenuto delle domande di assistenza 1. Le domande formulate ai sensi del presente accordo sono presentate per iscritto e sono corredate dei documenti necessari per consentire di dare loro risposta. Qualora l'urgenza della situazione lo esiga, possono essere accettate anche domande orali, le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto. 2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 devono contenere le seguenti informazioni: a) autorità richiedente; b) misura richiesta; c) oggetto e motivo della domanda; d) disposizioni legali e regolamentari o altri strumenti giuridicamente vincolanti in causa; e) ragguagli il più possibile precisi ed esaurienti sulle persone oggetto di indagine; f) descrizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già svolte. 3. Le domande sono presentate nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti allegati alla domanda di cui al paragrafo 1. 4. Se una domanda non soddisfa i requisiti formali di cui sopra, possono esserne richiesti la correzione o il completamento; nel frattempo, possono essere disposti provvedimenti cautelari. Articolo 14 Espletamento delle domande 1. Per espletare le domande di assistenza, l'autorità interpellata procede, nell'ambito delle sue competenze e compatibilmente con le risorse disponibili, come se agisse per proprio conto o su richiesta di altre autorità della stessa parte contraente, fornendo informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini o facendo procedere alle indagini opportune. La presente disposizione si applica anche alle altre autorità alle quali la domanda è stata indirizzata dall'autorità interpellata ai sensi del presente accordo, qualora questa non possa agire direttamente. 2. Le domande di assistenza sono espletate conformemente alle disposizioni legali o regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti della parte contraente interpellata. 3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, essere presenti e ottenere negli uffici dell'autorità interpellata o di qualsiasi altra autorità interessata a norma del paragrafo 1, informazioni sulle azioni che costituiscono o che possono costituire operazioni contrarie alla normativa doganale, che occorrano all'autorità richiedente ai fini del presente accordo. 4. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, possono essere presenti alle indagini su casi specifici condotte nella giurisdizione di quest'ultima. 5. Qualora la richiesta non possa essere soddisfatta, il fatto viene tempestivamente notificato all'autorità richiedente, unitamente alle motivazioni e a qualsiasi altra informazione che l'autorità interpellata ritiene possa essere utile all'autorità richiedente. Articolo 15 Forma in cui devono essere comunicate le informazioni 1. L'autorità interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità richiedente per iscritto unitamente a documenti, copie autenticate o altro materiale pertinente. 2. Tali informazioni possono essere fornite per via elettronica. 3. Gli originali dei documenti sono trasmessi solo su richiesta qualora siano insufficienti le copie autenticate. Gli originali sono resi appena possibile. I diritti dell'autorità interpellata o di eventuali terzi in merito a tali originali rimangono inalterati. Articolo 16 Deroghe all'obbligo di prestare assistenza 1. L'assistenza può essere rifiutata o essere subordinata all'assolvimento di talune condizioni o esigenze, qualora una parte ritenga che l'assistenza a titolo del presente accordo: a) possa pregiudicare gli interessi vitali dell'India o di uno Stato membro della Comunità europea al quale è chiesta assistenza ai sensi del presente accordo; b) possa pregiudicare l'ordine pubblico, la sicurezza o altri principi fondamentali, in particolare nei casi di cui all'articolo 17, paragrafo 2; o c) violi un segreto industriale, commerciale o professionale. 2. L'assistenza può essere rinviata dall'autorità interpellata qualora interferisca in un'indagine, in un'azione giudiziaria o in un procedimento in corso. In tal caso, l'autorità interpellata consulta l'autorità richiedente per stabilire se l'assistenza possa essere fornita secondo le modalità o alle condizioni che l'autorità interpellata può stabilire. 3. Qualora l'autorità richiedente domandi un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesta, lo fa presente nella domanda. Spetta quindi all'autorità interpellata decidere il seguito da dare a tale domanda. 4. Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 2, la decisione dell'autorità interpellata e le relative motivazioni devono essere comunicate senza indugio all'autorità richiedente. Articolo 17 Scambio di informazioni e riservatezza 1. Tutte le informazioni comunicate, sotto qualsiasi forma, ai sensi del presente accordo, sono di carattere riservato o soggette a determinate restrizioni, a seconda delle norme applicabili da ciascuna parte contraente. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e tutelate dalle rispettive leggi applicabili nel territorio della parte contraente che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le autorità comunitarie. 2. I dati di carattere personale possono essere trasmessi solo se la parte contraente cui potrebbero essere destinati si impegna a tutelarli in misura per lo meno equivalente a quella applicabile al caso specifico nella parte contraente che li fornisce. La parte contraente che potrebbe fornire informazioni non stipula condizioni più onerose di quelle ad essa applicabili nella sua giurisdizione. Le parti contraenti si comunicano le informazioni relative alle norme in essi applicabili, comprese eventualmente quelle relative al diritto vigente negli Stati membri della Comunità. 3. L'utilizzazione nell'ambito di azioni giudiziarie o amministrative promosse in seguito all'accertamento di operazioni contrarie alla normativa doganale, di informazioni o di documenti ottenuti in virtù del presente accordo è considerata conforme ai fini del presente accordo. Pertanto, le parti contraenti, nei documenti probatori, nelle relazioni e testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi ad un tribunale, possono utilizzare le informazioni ottenute e i documenti consultati ai sensi del presente accordo. L'autorità competente che ha fornito dette informazioni o dato accesso ai documenti viene informata di tale uso. 4. Le informazioni ottenute sono utilizzate solo ai fini del presente accordo. Una parte contraente che voglia utilizzare tali informazioni per altri fini deve ottenere il consenso scritto preliminare dell'autorità che le ha fornite. Tale utilizzazione è quindi soggetta a tutte le restrizioni imposte da detta autorità. 5. Le disposizioni pratiche per l'attuazione del presente articolo vengono stabilite dal comitato misto di cooperazione doganale istituito a norma dell'articolo 21. Articolo 18 Esperti e testimoni Un funzionario dell'autorità interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in veste di esperto o di testimone in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo dinanzi ad un'autorità dell'altra parte contraente e a produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possano occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere precisato davanti a quale autorità, su quale argomento e a quale titolo il funzionario sarà interrogato. Articolo 19 Spese di assistenza 1. Le parti contraenti rinunciano reciprocamente a tutte le richieste di rimborso delle spese sostenute in virtù del presente accordo, escluse, a seconda dei casi, le spese per esperti e testimoni, nonché per gli interpreti e traduttori che non dipendano da pubblici servizi. 2. Qualora risultasse evidente che l'espletamento di una domanda comporta spese di natura straordinaria, le autorità doganali si consultano per decidere a quali condizioni dare seguito alla domanda. TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 20 Attuazione 1. L'applicazione del presente accordo è affidata, da un lato, ai servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e, se del caso, alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, dall'altro, al Servizio centrale Dogane e accise, del «Department of Revenue, Ministry of Finance» . Essi decidono in merito a tutte le misure e disposizioni pratiche necessarie per l'applicazione, tenendo conto delle norme vigenti, in particolare in materia di protezione dei dati. Essi possono raccomandare agli organi competenti le modifiche che a loro parere andrebbero apportate al presente accordo. 2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle disposizioni di attuazione dettagliate adottate ai sensi del presente accordo. Articolo 21 Comitato misto di cooperazione doganale 1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e dell'India. Il comitato si riunisce nel luogo, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo. 2. Il comitato misto di cooperazione doganale provvede tra l'altro a: a) assicurare la corretta applicazione dell'accordo; b) esaminare tutte le questioni relative alla sua applicazione; c) adottare le misure necessarie alla cooperazione doganale conformemente agli obiettivi del presente accordo; d) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le misure future e le relative risorse; e) raccomandare soluzioni per il raggiungimento degli obiettivi del presente accordo. 3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno. 4. Il comitato misto di cooperazione doganale presenta una relazione annuale alla commissione mista istituita a norma dell'articolo 22 dell'accordo di cooperazione per il partenariato e lo sviluppo concluso tra la Comunità europea e la Repubblica d'India. Articolo 22 Entrata in vigore e durata 1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie. 2. Ciascuna parte contraente può denunciare il presente accordo, mediante notifica scritta all'altra parte. In tal caso, l'accordo cessa di essere in vigore tre mesi dopo la data della notifica all'altra parte contraente. Le domande di assistenza ricevute prima della denuncia dell'accordo vengono evase ai sensi del presente accordo. Articolo 23 Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e hindi, tutti i testi facenti ugualmente fede. IN FEDE DI CHE, i plenipotenziari sottoscritti, debitamente abilitati a questo fine, hanno firmato il presente accordo. Hecho en Bruselas, el veintiocho de abril de dos mil cuatro. Udfærdiget i Bruxelles den otteogtyvende april to tusind og fire. Geschehen zu Brüssel am achtundzwanzigsten April zweitausendundvier. Έγινε στις Βρυξέλλες, στις είκοσι οκτώ Απριλίου δύο χιλιάδες τέσσερα. Done at Brussels on the twenty-eighth day of April in the year two thousand and four. Fait à Bruxelles, le vingt-huit avril deux mille quatre. Fatto a Bruxelles, addì ventotto aprile duemilaquattro. Gedaan te Brussel, de achtentwintigste april tweeduizendvier. Feito em Bruxelas, em vinte e oito de Abril de dois mil e quatro. Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäkahdeksantena päivänä huhtikuuta vuonna kaksituhattaneljä. Som skedde i Bryssel den tjugoåttonde april tjugohundrafyra. Por la Comunidad Europea For Det Europæiske Fællesskab Für die Europäische Gemeinschaft Για την Ευρωπαïκή Κοινότητα For the European Community Pour la Communauté européenne Per la Comunità europea Voor de Europese Gemeenschap Pela Comunidade Europeia Euroopan yhteisön puolesta På Europeiska gemenskapens vägnar >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Por la República de la India For Republikken Indien Für die Republik Indien Για τη Δημοκρατία της Ινδίας For the Republic of India Pour la République de l'Inde Per la Repubblica d'India Voor de Republiek India Pela República da Índia Intian tasavallan puolesta För Republiken Indien >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>
Accordo UE-India in materia doganale QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO? La decisione riguarda la firma da parte dell’Unione europea e dell’India di un accordo che punta a semplificare le misure doganali e a condividere l’esperienza e le conoscenze in materia doganale. Lo scopo dell’accordo è quello di agevolare il movimento legittimo delle merci e una collaborazione efficace tra le autorità amministrative responsabili dell’applicazione della normativa doganale*. Ciò può avvenire stabilendo e mantenendo canali di comunicazione tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni. La cooperazione definita dall’accordo può essere potenziata o integrata da accordi relativi a settori o argomenti specifici. PUNTI CHIAVE Cooperazione doganale Le parti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale:agevolando la legittima circolazione delle merci e scambiandosi informazioni e consulenze su misure volte a migliorare le tecniche e le procedure doganali, nonché su sistemi informatizzati; prestandosi reciprocamente assistenza tecnica; scambiandosi personale e competenze. Assistenza amministrativa reciprocaLe parti si impegnano ad assistersi reciprocamente per garantire la corretta applicazione della normativa doganale. L’accordo prevede due tipologie di assistenza:Assistenza su richiesta: l’autorità interpellata* fornisce all’autorità richiedente* tutte le informazioni pertinenti per garantire la corretta applicazione della normativa doganale e rilevare le operazioni che violano detta normativa. Le informazioni relative possono riguardare reati quali la presentazione di documenti non corretti o falsificati e la regolarità delle procedure di esportazione e importazione tra le due parti. L’assistenza può venire richiesta anche se ci sono le basi per ritenere che le persone, i luoghi, le merci o i mezzi di trasporto siano coinvolti in violazioni della legislazione.assistenza spontanea: Le parti contraenti si assistono reciprocamente qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale. In particolare, di propria iniziativa, condividono informazioni che possano contribuire a evitare un danno considerevole per l’economia, la salute pubblica, la sicurezza o altri interessi vitali. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenzaLe richieste devono essere presentate per iscritto, ad eccezione dei casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto. Le richieste devono contenere:i dati dell’autorità richiedente;la misura richiesta;l’oggetto e il motivo della richiesta;Tutti strumenti giuridicamente vincolanti in causa;i dettagli sulle persone oggetto dell’indagine. La parte interpellata può rifiutarsi di fornire assistenza nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. È possibile una deroga all’obbligo di fornire assistenza qualora tale assistenza violi un segreto professionale, commerciale o industriale. L’assistenza può essere rinviata dall’autorità interpellata qualora interferisca in un’indagine, in un’azione giudiziaria o in un procedimento in corso. L’accordo contiene clausole sulla riservatezza relative alle informazioni fornite, coperte dall’obbligo del segreto professionale. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela. L’accordo istituisce un comitato misto di cooperazione doganale che provvede al funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? La decisione è stata applicata dal 30 marzo 2004. L’accordo è entrato in vigore il 1 novembre 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Accordo con l’India sulla cooperazione doganale (Commissione europea) L’India e l’Unione europea (Servizio europeo per l’azione esterna) TERMINI CHIAVE Normativa doganale: qualsiasi disposizione adottata dalla Comunità europea o dall’India che disciplini l’importazione, l’esportazione, il transito delle merci e il vincolo a qualsiasi altro regime doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo. Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza. Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2004/633/CE del Consiglio, del 30 marzo 2004, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e la Repubblica d’India (GU L 304, del 30.9.2004, pag. 24) Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e la Repubblica d’India (GU L 304, del 30.9.2004, pagg. 25-31)
8,850
866
32014L0050
false
DIRETTIVA 2014/50/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 aprile 2014 relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l'acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 46, vista la proposta della Commissione europea, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) La libera circolazione delle persone è una delle libertà fondamentali dell'Unione. L'articolo 46 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce che il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo, stabiliscono, mediante direttive, le misure necessarie per attuare la libera circolazione dei lavoratori, quale è stabilita dall'articolo 45 TFUE. L'articolo 45 TFUE stabilisce che la libera circolazione dei lavoratori comporta, tra gli altri, il diritto di rispondere a offerte di lavoro e di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri. La presente direttiva mira a promuovere la mobilità dei lavoratori riducendo gli ostacoli a tale mobilità creati da alcune regole relative ai regimi pensionistici complementari collegati a un rapporto di lavoro. (2) La protezione sociale dei lavoratori relativamente alle pensioni è garantita dai regimi obbligatori di sicurezza sociale, integrati dai regimi pensionistici complementari connessi a un contratto di lavoro, che negli Stati membri assumono un peso sempre più rilevante. (3) Il Parlamento europeo e il Consiglio godono di ampi poteri discrezionali per quanto riguarda la scelta delle misure più adeguate quando si tratta di raggiungere l'obiettivo dell'articolo 46 TFUE. Il sistema di coordinamento previsto dal regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio (3) e dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e, in particolare, le regole in materia di totalizzazione non si applicano ai regimi pensionistici complementari, ad eccezione dei regimi definiti quali legislazione in detti regolamenti, o che sono stati oggetto di una dichiarazione fatta a tal fine da uno Stato membro a norma di tali regolamenti. (4) La direttiva 98/49/CE del Consiglio (5) costituisce una prima misura specifica intesa a migliorare l'esercizio del diritto alla libera circolazione dei lavoratori per quanto attiene ai regimi pensionistici complementari. (5) La presente direttiva si prefigge di agevolare ulteriormente la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l'acquisizione e la salvaguardia dei diritti pensionistici complementari degli iscritti a tali regimi di pensione complementare. (6) La presente direttiva non si applica all'acquisizione e alla salvaguardia dei diritti pensionistici complementari per i lavoratori che si spostano all'interno di un solo Stato membro. Gli Stati membri possono valutare la possibilità di esercitare le loro competenze nazionali al fine di estendere le norme applicabili ai sensi della presente direttiva agli iscritti che cambiano lavoro all'interno di un solo Stato membro. (7) Uno Stato membro può richiedere che i lavoratori in uscita che si spostano in un altro Stato membro ne informino i loro regimi pensionistici complementari. (8) Occorre prendere in considerazione le caratteristiche e la natura particolare dei regimi pensionistici complementari e le differenze che essi presentano all'interno di uno Stato membro e fra i vari Stati membri. Occorre tutelare in maniera adeguata l'introduzione di nuovi regimi, la sostenibilità di quelli esistenti e le aspettative e i diritti degli attuali iscritti ai regimi pensionistici. La presente direttiva dovrebbe inoltre prendere in considerazione in maniera particolare il ruolo delle parti sociali nella progettazione e nell'attuazione dei regimi pensionistici complementari. (9) La presente direttiva non rimette in discussione il diritto degli Stati membri a organizzare i propri regimi pensionistici. Gli Stati membri conservano la piena responsabilità dell'organizzazione dei regimi in questione e, nel recepire la direttiva nella normativa nazionale, non sono tenuti a introdurre una legislazione che disponga l'istituzione di regimi pensionistici complementari. (10) La presente direttiva non limita l'autonomia delle parti sociali ove esse siano responsabili dell'istituzione e della gestione di regimi pensionistici, purché siano in grado di garantire i risultati previsti dalla direttiva medesima. (11) La presente direttiva dovrebbe applicarsi a tutti i regimi pensionistici complementari istituiti in base al diritto e alle prassi nazionali, che offrono prestazioni pensionistiche complementari ai lavoratori, ad esempio i contratti di assicurazione di gruppo o i regimi a ripartizione convenuti da uno o più rami o settori, i regimi a capitalizzazione o le promesse di pensione garantite da riserve contabili delle imprese, o qualsiasi altro accordo collettivo o analogo. (12) Occorre che la presente direttiva non si applichi ai regimi pensionistici complementari o, se del caso, a sottosezioni di questi chiusi alle adesioni di nuovi membri, dal momento che l'introduzione di una nuova normativa potrebbe rappresentare un onere eccessivo per detti regimi. (13) La direttiva non dovrebbe riguardare i sistemi di garanzia dall'insolvenza o di compensazione che non fanno parte dei regimi pensionistici complementari connessi a un rapporto di lavoro e che mirano a salvaguardare i diritti pensionistici dei lavoratori in caso di insolvenza dell'impresa o del regime pensionistico. Analogamente occorre che la direttiva non si applichi a fondi di riserva pensionistici nazionali. (14) La presente direttiva dovrebbe applicarsi solo ai regimi pensionistici in cui il diritto esiste a motivo di un rapporto di lavoro ed è collegato al compimento dell'età pensionabile o al conseguimento di altri requisiti, come stabilito dai regimi stessi o dalla legislazione nazionale. La presente direttiva non si applica ai piani pensionistici individuali diversi da quelli basati su un rapporto di lavoro. Qualora le prestazioni di invalidità o ai superstiti siano collegate ai regimi pensionistici complementari, regole speciali possono disciplinare il diritto a tali prestazioni. La presente direttiva non pregiudica la normativa e le regole nazionali vigenti relative a tali regole speciali dei regimi pensionistici complementari. (15) Il pagamento una tantum che non è connesso ai contributi versati ai fini dell'ottenimento di una pensione complementare, è corrisposto direttamente o indirettamente alla fine di un rapporto di lavoro ed è a carico esclusivamente del datore di lavoro, non dovrebbe essere assimilato a una pensione complementare ai sensi della presente direttiva. (16) Dal momento che la disponibilità di una pensione complementare assume sempre maggiore importanza in molti Stati membri quale mezzo per garantire il tenore di vita delle persone anziane, le condizioni di acquisizione e salvaguardia dei diritti a pensione devono essere migliorate in modo da ridurre gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori tra Stati membri. (17) La possibilità di decadenza dei diritti pensionistici complementari, presente in alcuni regimi pensionistici qualora il rapporto di lavoro termini prima che il lavoratore abbia completato un periodo minimo di iscrizione nel regime («periodo di acquisizione»), o prima che abbia raggiunto l'età minima («età minima») può precludere ai lavoratori che si spostano fra gli Stati membri l'acquisizione di diritti pensionistici adeguati. La necessità di un lungo periodo di attesa prima che un lavoratore possa iscriversi a un regime pensionistico può avere un effetto analogo. Tali condizioni rappresentano pertanto un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori. Per contro, i requisiti relativi a un'età minima per l'iscrizione a un regime non costituiscono un ostacolo alla libertà di circolazione e non sono quindi oggetto della presente direttiva. (18) I requisiti di acquisizione non dovrebbero essere equiparati ad altre condizioni per l'acquisizione del diritto a una rendita vitalizia stabilite con riguardo alla fase di pagamento in conformità della legislazione nazionale o delle regole di determinati regimi pensionistici complementari, in particolare nei regimi a contribuzione definita. Per esempio, non costituisce un periodo di acquisizione il periodo di iscrizione attiva che l'iscritto è tenuto a completare dopo aver acquisito il diritto a una pensione complementare al fine di poter vantare un credito sotto forma di rendita o di capitale. (19) Qualora il rapporto di lavoro cessi prima che un lavoratore in uscita abbia maturato diritti pensionistici e il regime o il datore di lavoro sostenga il rischio di investimento (in particolare nei regimi a prestazioni definite), il regime dovrebbe sempre restituire i contributi pensionistici del lavoratore in uscita. Qualora il rapporto di lavoro cessi prima che un lavoratore in uscita abbia maturato diritti pensionistici e il lavoratore in uscita sostenga il rischio di investimento, in particolare nei regimi a contribuzione definita, il regime dovrebbe restituire il valore degli investimenti derivanti da tali contributi. Il valore può essere superiore o inferiore ai contributi versati dal lavoratore in uscita. In alternativa, il regime può rimborsare l'importo dei contributi. (20) I lavoratori in uscita dovrebbero avere la possibilità di lasciare i diritti pensionistici maturati quali diritti in sospeso nel regime pensionistico complementare in cui gli stessi sono stati maturati. Per quanto attiene alla salvaguardia dei diritti pensionistici in sospeso, il livello di protezione può considerarsi equivalente se, specie nell'ambito di un regime a contribuzione definita, ai lavoratori in uscita sia offerta la possibilità di trasferire il valore dei diritti pensionistici maturati verso un regime pensionistico complementare che soddisfi le condizioni di cui alla presente direttiva. (21) Conformemente al diritto e alla prassi nazionali, dovrebbero essere intraprese iniziative per garantire la salvaguardia dei diritti pensionistici in sospeso o del relativo valore. Il valore di tali diritti nel momento in cui il lavoratore abbandona il regime dovrebbe essere stabilito conformemente al diritto e alla prassi nazionali. Qualora il valore di tali diritti sia adeguato, si dovrebbe tener conto della particolare natura del regime, degli interessi dei beneficiari differiti, degli interessi dei rimanenti iscritti attivi al regime pensionistico e di quelli dei beneficiari pensionati. (22) La presente direttiva non crea l'obbligo di definire condizioni più favorevoli per i diritti pensionistici in sospeso rispetto ai diritti degli iscritti attivi. (23) Quando i diritti pensionistici maturati di un lavoratore in uscita o il valore degli stessi non superano una soglia applicabile definita dallo Stato membro interessato, e al fine di evitare spese amministrative eccessive risultanti dalla gestione di un gran numero di diritti pensionistici in sospeso di modesto valore, i regimi pensionistici possono scegliere di non salvaguardare questi diritti maturati, ma di versare al lavoratore in uscita un capitale di valore equivalente ai diritti pensionistici maturati. Se del caso, l'importo del trasferimento o del versamento di capitale dovrebbe essere definito conformemente alla normativa e alla prassi nazionali. Gli Stati membri dovrebbero fissare, se del caso, un limite per tali versamenti, tenendo conto dell'adeguatezza del futuro reddito pensionistico dei lavoratori. (24) La presente direttiva non prevede il trasferimento dei diritti pensionistici maturati. Tuttavia, per facilitare la mobilità dei lavoratori tra Stati membri, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi al massimo per migliorare la trasferibilità dei diritti pensionistici maturati, in particolare nel momento in cui vengono istituiti nuovi regimi pensionistici complementari. (25) Fatta salva la direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), gli iscritti attivi e i beneficiari differiti che esercitano o intendono esercitare il diritto alla libera circolazione dovrebbero essere adeguatamente informati, su loro richiesta, sui loro diritti pensionistici complementari. Qualora le prestazioni ai superstiti siano collegate ai regimi, anche i beneficiari superstiti dovrebbero avere lo stesso diritto all'informazione di cui godono i beneficiari differiti. Gli Stati membri dovrebbero poter stabilire che non occorre fornire questo tipo di informazioni più di una volta all'anno. (26) A causa della diversità dei regimi pensionistici complementari, l'Unione dovrebbe limitarsi a definire gli obiettivi da raggiungere entro un quadro generale: una direttiva è pertanto lo strumento giuridico adeguato. (27) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire facilitare l'esercizio del diritto dei lavoratori alla libera circolazione tra Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (28) La presente direttiva fissa requisiti minimi, lasciando gli Stati membri liberi di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli. L'attuazione della presente direttiva non può giustificare un regresso rispetto alla situazione preesistente in ciascun Stato membro. (29) La Commissione dovrebbe redigere una relazione sull'applicazione della presente direttiva entro sei anni dall'entrata in vigore della stessa. (30) Conformemente alle disposizioni nazionali che disciplinano l'organizzazione dei regimi pensionistici complementari, gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella sfera dei contratti collettivi, a condizione che gli Stati membri adottino tutte le disposizioni necessarie per poter garantire in qualsiasi momento i risultati previsti dalla presente direttiva, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce norme volte a facilitare l'esercizio del diritto alla libera circolazione dei lavoratori tra Stati membri, riducendo gli ostacoli creati da alcune regole relative ai regimi pensionistici complementari collegati a un rapporto di lavoro. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica ai regimi pensionistici complementari, ad eccezione dei regimi disciplinati dal regolamento (CE) n. 883/2004. 2. La presente direttiva non si applica nei seguenti casi: a) regimi pensionistici complementari che, alla data di entrata in vigore della presente direttiva, non accettano più nuovi iscritti attivi e restano chiusi ai nuovi iscritti; b) regimi pensionistici complementari che sono oggetto di misure che comportano l'intervento di organi amministrativi istituiti dalla legislazione nazionale o di organi giurisdizionali, volte a mantenere o a ripristinare la loro situazione finanziaria, ivi comprese le procedure di liquidazione. Tale deroga non si protrae oltre il termine di tale intervento; c) fondi di garanzia in caso di insolvenza, fondi di compensazione e fondi di riserva pensionistici nazionali; e d) il pagamento una tantum versato da un datore di lavoro a un dipendente al termine del rapporto di lavoro che non è connesso a un ente pensionistico. 3. La presente direttiva non si applica alle prestazioni di invalidità e/o ai superstiti collegate ai regimi pensionistici complementari, ad eccezione delle disposizioni specifiche degli articoli 5 e 6, relativi alla prestazioni ai superstiti. 4. La presente direttiva si applica unicamente ai periodi di occupazione successivi al suo recepimento, in conformità all'articolo 8. 5. La presente direttiva non si applica all'acquisizione e alla salvaguardia dei diritti pensionistici complementari per i lavoratori che si spostano all'interno di un solo Stato membro. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva, si intende per: a) «pensione complementare», la prestazione per pensionamento prevista dalle norme di un regime pensionistico complementare istituito in conformità del diritto e delle prassi nazionali; b) «regime pensionistico complementare», qualsiasi regime pensionistico aziendale o professionale istituito conformemente al diritto e alle prassi nazionali e collegato a un rapporto di lavoro, inteso a corrispondere una pensione complementare ai lavoratori dipendenti; c) «iscritti attivi», lavoratori che, a motivo del loro attuale rapporto di lavoro hanno o possono avere diritto, una volta soddisfatte le condizioni di acquisizione, a una pensione complementare conformemente alle disposizioni di un regime pensionistico complementare; d) «periodo di attesa», il periodo di occupazione, richiesto dalla legislazione nazionale o dalle norme di un regime pensionistico complementare o dal datore di lavoro, prima che il lavoratore maturi il diritto di iscriversi a un regime; e) «periodo di acquisizione», il periodo di iscrizione attiva a un regime, necessario conformemente al diritto nazionale o alle norme di un regime pensionistico complementare per acquisire il diritto alla pensione complementare accumulata; f) «diritti pensionistici maturati», qualsiasi diritto alla pensione complementare accumulata ottenuto dopo aver soddisfatto le condizioni di acquisizione conformemente alle norme di un regime pensionistico complementare e, se del caso, al diritto nazionale; g) «lavoratore in uscita», un iscritto attivo il cui rapporto di lavoro in corso cessa per motivi indipendenti dal fatto che lo stesso acquisisca il diritto a una pensione complementare e il quale si sposta tra Stati membri; h) «beneficiario differito», un ex iscritto attivo che abbia maturato diritti pensionistici nell'ambito di un regime pensionistico complementare e che non percepisca ancora una pensione complementare da tale regime; i) «diritti a pensione in sospeso», diritti pensionistici maturati e mantenuti nel regime in cui sono stati maturati da un beneficiario differito; j) «valore dei diritti pensionistici in sospeso», il valore in capitale dei diritti pensionistici calcolato conformemente alla normativa e alle prassi nazionali. Articolo 4 Condizioni di acquisizione dei diritti in virtù di regimi pensionistici complementari 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché: a) se è applicato un periodo di acquisizione o un periodo di attesa, o entrambi, il periodo totale combinato non superi in alcun caso i tre anni per i lavoratori in uscita; b) se è prevista un'età minima per l'acquisizione dei diritti a pensione, questa non sia superiore a 21 anni per i lavoratori in uscita; e c) se un lavoratore in uscita non ha ancora maturato diritti pensionistici nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro, il regime pensionistico complementare rimborsi i contributi versati dal lavoratore in uscita o versati per conto del lavoratore in uscita conformemente alle disposizioni normative nazionali o agli accordi o ai contratti collettivi o, nel caso in cui il rischio d'investimento sia sostenuto dal lavoratore in uscita, la somma dei contributi versati o il valore degli investimenti risultanti dal versamento di tali contributi. 2. Gli Stati membri hanno la facoltà di autorizzare le parti sociali a stabilire, mediante contratti collettivi, disposizioni diverse, nella misura in cui dette disposizioni non forniscano una protezione meno favorevole e non creino ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori. Articolo 5 Salvaguardia dei diritti pensionistici in sospeso 1. Fatti salvi i paragrafi 3 e 4, gli Stati membri adottano le misure necessarie al fine di garantire che i diritti pensionistici maturati dai lavoratori in uscita possano rimanere nel regime pensionistico complementare in cui gli stessi sono stati maturati. Il valore iniziale dei diritti in questione ai fini del paragrafo 2 viene calcolato nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro del lavoratore in uscita. 2. Gli Stati membri, considerata la natura delle norme e della prassi del regime pensionistico, adottano le misure necessarie al fine di garantire che i diritti pensionistici in sospeso dei lavoratori in uscita e dei loro superstiti o il valore corrispondente siano in linea con il valore dei diritti degli iscritti attivi, o con l'evoluzione delle prestazioni pensionistiche in corso di pagamento, o siano trattati in altri modi ritenuti equi, quali: a) se i diritti pensionistici maturati nel regime pensionistico complementare danno titolo alla liquidazione di un importo nominale, mediante il mantenimento del valore nominale dei diritti pensionistici in sospeso; b) se il valore dei diritti pensionistici maturati varia nel tempo, mediante l'adeguamento del valore dei diritti a pensione in sospeso mediante l'applicazione: i) di un tasso d'interesse integrato nel regime pensionistico complementare; o ii) di un utile sul capitale investito derivato dal regime pensionistico complementare; o c) se il valore dei diritti pensionistici maturati in sospeso è adattato, per esempio in funzione del tasso di inflazione o del livello salariale, mediante il conseguente adeguamento del valore dei diritti pensionistici in sospeso, fatto salvo un limite proporzionale definito dal diritto nazionale o convenuto dalle parti sociali. 3. Gli Stati membri possono consentire ai regimi pensionistici complementari di non mantenere i diritti pensionistici maturati di un lavoratore in uscita, ma di procedere al pagamento, con il consenso informato del lavoratore, compresi gli oneri applicabili, di un capitale equivalente al valore dei diritti pensionistici maturati dal lavoratore in uscita, purché il valore dei diritti a pensione maturati non superi il limite stabilito dallo Stato membro interessato. Lo Stato membro informa la Commissione del limite applicato. 4. Gli Stati membri hanno la facoltà di autorizzare le parti sociali a stabilire, mediante contratti collettivi, disposizioni diverse, nella misura in cui dette disposizioni non forniscano una protezione meno favorevole e non creino ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori. Articolo 6 Informazioni 1. Gli Stati membri assicurano che gli iscritti attivi a regimi pensionistici possano ottenere su richiesta informazioni in merito alle conseguenze della cessazione del rapporto di lavoro sui loro diritti pensionistici complementari. In particolare, sono fornite informazioni relative a: a) le condizioni che disciplinano l'acquisizione di diritti pensionistici complementari e le conseguenze della loro applicazione in caso di cessazione del rapporto di lavoro; b) il valore dei loro diritti pensionistici maturati o una valutazione dei diritti pensionistici maturati effettuata al massimo nei dodici mesi precedenti la data della richiesta; c) le condizioni che disciplinano il trattamento futuro dei diritti pensionistici in sospeso. Qualora il regime consenta un accesso anticipato ai diritti pensionistici maturati tramite il pagamento di un capitale, le informazioni fornite includono altresì una dichiarazione scritta secondo la quale l'iscritto dovrebbe valutare la possibilità di ottenere un parere riguardo all'investimento di tale capitale per finalità pensionistiche. 2. Gli Stati membri garantiscono che i beneficiari differiti ottengano su richiesta le informazioni relative a: a) il valore dei loro diritti pensionistici in sospeso o una valutazione dei diritti pensionistici in sospeso effettuata al massimo nei dodici mesi precedenti la data della richiesta; b) le condizioni che disciplinano il trattamento dei diritti pensionistici in sospeso. 3. Per quanto riguarda il pagamento delle prestazioni ai superstiti collegate ai regimi pensionistici complementari, il paragrafo 2 si applica ai beneficiari superstiti. 4. Le informazioni sono fornite in modo chiaro, per iscritto, ed entro un termine ragionevole. Gli Stati membri possono stabilire che non occorre fornire tali informazioni più di una volta all'anno. 5. Gli obblighi ai sensi del presente articolo lasciano impregiudicati gli obblighi degli enti pensionistici aziendali o professionali di cui all'articolo 11 della direttiva 2003/41/CE, ai quali si aggiungono. Articolo 7 Requisiti minimi e non-regressione 1. Gli Stati membri possono adottare o mantenere disposizioni più favorevoli rispetto a quelle fissate nella presente direttiva in materia di acquisizione di diritti pensionistici complementari per i lavoratori, di salvaguardia dei diritti pensionistici complementari dei lavoratori in uscita nonché del diritto all'informazione per gli iscritti attivi e i beneficiari differiti. 2. Il recepimento della presente direttiva non deve in alcun caso costituire motivo di riduzione dei diritti esistenti per l'acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari o del diritto all'informazione degli iscritti attivi o dei beneficiari negli Stati membri. Articolo 8 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 21 maggio 2018, ovvero garantiscono che entro tale data le parti sociali introducano le disposizioni richieste mediante accordo. Gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie che permettano loro di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Le disposizioni di cui al paragrafo 1 adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. Articolo 9 Relazione 1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni disponibili in merito all'applicazione della presente direttiva entro il 21 maggio 2019. 2. Entro il 21 maggio 2020, la Commissione redige una relazione sull'applicazione della presente direttiva da presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo. Articolo 10 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 11 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 16 aprile 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 185 dell'8.8.2006, pag. 37. (2) Posizione del Parlamento europeo del 20 giugno 2007 (GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 216) e posizione del Consiglio in prima lettura del 17 febbraio 2014 (GU C 77 E del 15.3.2014, pag. 1). Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (GU L 149 del 5.7.1971, pag. 2). (4) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1). (5) Direttiva 98/49/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea (GU L 209 del 25.7.1998, pag. 46). (6) Direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (GU L 235 del 23.9.2003, pag. 10).
Pensioni complementari: salvaguardare i propri diritti in caso di trasferimento all’estero La normativa garantisce che le persone che hanno già acquisito benefici all’interno di un regime pensionistico aziendale o professionale esistente, non perdano tali benefici in seguito al trasferimento per motivi di lavoro in un altro paese dell’Unione europea (UE). ATTO Direttiva 2014/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l’acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari. SINTESI I paesi dell’UE erogano ai propri cittadini pensioni statali, quando essi raggiungono l’età pensionabile. Sin dalle origini dell’UE, questi diritti fondamentali sono stati rispettati nell’eventualità che un cittadino lasciasse un paese per lavorare o vivere in un altro. Per un numero crescente di persone con un regime pensionistico complementare collegato al proprio lavoro, che decidessero in un secondo momento di lavorare in un altro Stato membro, la situazione era, in passato, decisamente meno chiara. Molti avrebbero potuto perdere la propria futura pensione se avessero lasciato il lavoro prima di aver soddisfatto alcune condizioni, quali, ad esempio, un lungo periodo minimo di acquisizione. Tali condizioni penalizzavano i cittadini o li dissuadevano dal trasferirsi. La presente normativa garantisce che tutti i cittadini aventi diritti pensionistici complementari non perdano i propri diritti, nell’eventualità che si stabiliscano o lavorino in un altro paese dell’UE. Protezione dei diritti La direttiva stabilisce quanto segue: che i diritti pensionistici devono essere garantiti al più tardi dopo 3oanni di lavoro. Se è prevista un’età minima, questa non deve essere superiore a 21oanni; i diritti dei lavoratori che lasciano un regime pensionistico aziendale prima del raggiungimento dell’età pensionabile devono essere salvaguardati e trattati al pari degli iscritti attivi al regime per quanto riguarda questioni quali l’indicizzazione. Informazioni I lavoratori iscritti a un regime pensionistico possono chiedere ai loro amministratori in che misura la cessazione del rapporto di lavoro o il trasferimento possano ripercuotersi sui propri diritti pensionistici complementari e le condizioni che disciplinano il trattamento futuro di tali diritti. Le persone che hanno abbandonato il regime dovrebbero essere informate del valore e del trattamento dei propri diritti. Calendario Le disposizioni della presente normativa dovranno essere in vigore entro il 21omaggio 2018. Entro il 21omaggio 2020 la Commissione redigerà una relazione sull’applicazione della stessa. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2014/50/UE 20.5.2014 21.5.2018 GU L 128 del 30.4.2014
9,060
217
31985Y0604(01)
false
Risoluzione del Consiglio, del 7 maggio 1985, relativa ad una nuova strategia in materia di armonizzazione tecnica e normalizzazione Gazzetta ufficiale n. C 136 del 04/06/1985 pag. 0001 - 0009 edizione speciale spagnola: capitolo 16 tomo 1 pag. 0248 edizione speciale portoghese: capitolo 16 tomo 1 pag. 0248 RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO del 7 maggio 1985 relativa ad una nuova strategia in materia di armonizzazione tecnica e normalizzazione (85/C 136/01) IL CONSIGLIO, nel prolungamento delle sue conclusioni concernenti la normalizzazione, approvate il 16 luglio 1984 (allegato I): sottolinea l'urgenza di ovviare alla presente situazione nel settore degli ostacoli tecnici agli scambi e all'incertezza che ne risulta per gli operatori economici; sottolinea l'importanza e l'opportunità della nuova strategia che consiste nell'attribuire a norme, in primo luogo europee e se necessario nazionali, a titolo transitorio, il compito di definire le caratteristiche tecniche dei prodotti, secondo una strategia elaborata dalla Commissione nella comunicazione del 31 gennaio 1985, la quale fa seguito a taluni orientamenti adottati dal Parlamento europeo nella risoluzione del 16 ottobre 1980 e si inquadra nel prolungamento delle conclusioni del Consiglio del 16 luglio 1984; consapevole che questa nuova strategia dovrà essere completata da una politica in materia di valutazione della conformità, invita la Commissione a trattare questa materia in via prioritaria e ad accelerare tutti i lavori in questo settore; approva gli orientamenti esposti nello schema contenente i principi e gli elementi principali che dovranno costituire il corpo delle direttive (allegato II della presente risoluzione); invita la Commissione a presentargli quanto prima proposte appropriate. ALLEGATO I CONCLUSIONI IN MATERIA DI NORMALIZZAZIONE approvate dal Consiglio il 16 luglio 1984 Il Consiglio ritiene che la normalizzazione costituisca un importante contributo per la libera circolazione dei prodotti industriali e, a maggiore ragione, per la creazione di un contesto tecnico comune a tutte le imprese ; essa contribuisce alla competitività industriale canto sul mercato comunitario quanto sui mercati esterni, in particolare nelle nuove tecnologie. Esso constata che gli obiettivi perseguiti dagli Stati membri per la tutela della sicurezza e della salute dei loro cittadini nonché per la tutela dei consumatori sono in linea di massima equivalenti anche se differiscono i mezzi tecnici per la loro realizzazione. Pertanto il Consiglio adotta i seguenti principi di una politica europea di normalizzazione: - impegno degli Stati membri ad esaminare in modo permanente le prescrizioni tecniche applicabili sul loro territorio de jure o de facto, per eliminare quelle superate o superflue; - impegno degli Stati membri a sorvegliare che sia assicurato il riconoscimento reciproco dei risultati delle prove e, se necessario, elaborazione di norme armonizzate in materia di funzionamento degli organismi di certificazione; - accettazione di una rapida consultazione comunitaria al livello appropriato, conformemente agli obiettivi della direttiva 83/189/CEE, ogniqualvolta le iniziative regolamentari o le procedure nazionali di rilievo si ripercuoterebbero negativamente sul funzionamento del mercato interno; - estensione nella prassi della Comunità in materia di armonizzazione tecnica del rinvio a norme in primo luogo europee e se necessario nazionali per definire le caratteristiche tecniche dei prodotti qualora siano riunite le condizioni necessarie, in particolare in materia di tutela della salute e della sicurezza; - rafforzamento quanto prima della capacità di normalizzazione, in via prioritaria a livello europeo, per facilitare sia l'armonizzazione legislativa comunitaria sia lo sviluppo industriale soprattutto nelle nuove tecnologie. Ciò potrebbe implicare, in circostanze particolari, la creazione di nuove procedure da parte della Comunità per migliorare l'elaborazione delle norme (per esempio uffici di normalizzazione, comitati ad hoc). L'adozione di norme europee sarebbe soggetta all'approvazione degli organismi europei di normalizzazione. In particolare nei settori di alta tecnologia, sarà necessario individuare i settori per i quali le specificazioni e le norme comuni consentiranno un efficace sfruttamento della dimensione comunitaria e dell'apertura degli appalti pubblici di opere e di forniture, perché possano essere prese al riguardo le necessarie decisioni. ALLEGATO II ORIENTAMENTI RELATIVI AD UNA NUOVA STRATEGIA IN MATERIA DI ARMONIZZAZIONE TECNICA E NORMALIZZAZIONE I quattro principi fondamentali sui quali si basa la nuova strategia sono i seguenti: - l'armonizzazione legislativa si limita all'approvazione, mediante direttive basate sull'articolo 100 del trattato CEE, dei requisiti essenziali di sicurezza (o di altre esigenze di interesse collettivo) ai quali devono soddisfare i prodotti immessi sul mercato che, in tal caso, possono circolare liberamente nella Comunità, - agli organi competenti per la normalizzazione industriale è affidato il compito di elaborare le specifiche tecniche, tenendo conto del livello tecnologico del momento, di cui le industrie hanno bisogno per produrre ed immettere sul mercato prodotti conformi ai requisiti essenziali fissati dalle direttive, - tali specifiche tecniche non devono essere obbligatorie bensì conservare il carattere di norme volontarie, - tuttavia, le amministrazioni sono allo stesso tempo obbligate a riconoscere ai prodotti fabbricati secondo le norme armonizzate (o, a titolo provvisorio, le norme nazionali) una presunta conformità ai «requisiti essenziali» fissati dalla direttiva (ciò significa che il produttore ha la facoltà di fabbricare prodotti non conformi alle norme ma in che tal caso spetta a lui provare che i suoi prodotti rispondono ai requisiti essenziali fissati dalla direttiva). Affinché tale sistema possa funzionare è necessario: - che le norme offrano garanzie di qualità corrispondenti ai «requisiti essenziali» fissati dalle direttive, - che nulla cambi nella responsabilità delle autorità pubbliche di garantire la sicurezza (o il rispetto di altre esigenze in gioco) nel loro territorio. La qualità delle norme armonizzate deve essere assicurata dagli incarichi che la Commissione affida nel campo della normalizzazione e che devono essere svolti conformemente agli orientamenti generali oggetto di un accordo concluso tra la Commissione e gli organismi europei di normalizzazione. Per quanto riguarda le norme nazionali, la loro qualità deve essere verificata mediante una procedura eseguita a livello comunitario sotto la guida della Commissione assistita da un comitato permanente costituito da responsabili delle amministrazioni nazionali. È necessario anche prevedere procedure di salvaguardia, gestite dalla Commissione con la collaborazione del suddetto comitato, che offrano alle autorità pubbliche competenti la possibilità di contestare la conformità di un prodotto, la validità di un certificato o la qualità di una norma. Attraverso l'applicazione di questo sistema di armonizzazione legislativa a tutti i settori in cui ciò è possibile, la Commissione intende porre fine alla proliferazione di direttive particolari eccessivamente tecniche su singoli prodotti. Il campo di applicazione delle direttive che rientrano nell'approccio «rinvio alle norme» dovrà infatti comprendere ampie categorie di prodotti e i tipi di rischi ad esse connessi. La Comunità potrà in tal modo portare a termine l'impresa estremamente complessa di armonizzare le legislazioni tecniche e allo stesso tempo promuovere lo sviluppo e l'applicazione di norme europee, fattori essenziali per il miglioramento della competitività della sua industria. SCHEMA CONTENENTE I PRINCIPI E GLI ELEMENTI PIÙ IMPORTANTI DELLE FUTURE DIRETTIVE A. MOTIVAZIONI Tra i principi che tradizionalmente giustificano il dispositivo della direttiva si dovranno evidenziare i seguenti: - spetta agli Stati membri garantire sul loro territorio sia la sicurezza (nelle abitazioni, sul posto di lavoro, ecc.) delle persone, degli animali domestici e dei beni, sia altri aspetti essenziali della protezione della collettività quali la protezione della salute, del consumatore, dell'ambiente, ecc., dai rischi considerati dalla direttiva (1); - le relative disposizioni nazionali devono essere armonizzate per garantire la libera circolazione delle merci senza per questo ridurre i livelli giustificati di sicurezza garantiti attualmente negli Stati membri; - il CEN ed il CENELEC (l'uno o l'altro o entrambi a seconda dei prodotti considerati dalla direttiva) sono gli organismi cui compete adottare le norme europee armonizzate nel campo di applicazione della direttiva, conformemente agli orientamenti contenuti in un accordo che la Commissione ha concluso con tali organismi (2) dopo aver consultato gli Stati membri. (1) Per motivi pratici e redazionali, nel seguito del presente documento si fa riferimento esclusivamente alla sicurezza. (2) Per alcune attività industriali particolari potrebbero essere presi in considerazione altri organismi europei competenti in materia di elaborazione di specifiche tecniche. 1. Con un tale schema si sviluppa un approccio generale che conviene attuare in funzione delle esigenze legislative per settori o famiglie di prodotti e per tipo di rischio mediante direttive basate sull'articolo 100 del trattato. 2. L'oggetto della direttiva verrebbe precisato, in ogni singolo caso di applicazione, dai tipi di rischio (sicurezza, sanità, ambiente, protezione di consumatori, ecc.) ed eventualmente dalle circostanze (a casa, sul posto di lavoro, nel traffico, durante il tempo libero, ecc.). 3. Bisognerebbe eventualmente precisare che gli Stati membri possono prevedere l'introduzione di normative nazionali, nel rispetto del diritto comunitario, sulle condizioni di impiego dei prodotti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva. 4. Per quanto riguarda l'obiettivo considerato nel secondo dei principi esaminati è evidente che esso risulta automaticamente rispettato dall'adozione stessa della direttiva basata sull'articolo 100 del trattato in quanti i requisiti essenziali di sicurezza fissati da quest'ultima sono tali da garantire il conseguimento di un tale obiettivo. B. ELEMENTI PIÙ IMPORTANTI I. Campo di applicazione Definizione della gamma di prodotti considerati e dei tipi di rischi da evitare. Il campo di applicazione deve essere definito in modo da garantire la coerenza dell'azione e da evitare la proliferazione di direttive concernenti prodotti specifici. É inoltre opportuno notare che l'esistenza di una tale direttiva non impedisce che ad essa si aggiungano eventualmente altre direttive concernenti i tipi diversi di rischio per la stessa categoria di prodotti (per esempio : la sicurezza meccanica di un apparecchio e l'inquinamento da esso prodotto). II. Clausola generale di immissione sul mercato I prodotti considerati dalla direttiva possono essere immessi sul mercato soltanto se non compromettono la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni quando vengano installati convenientemente, siano sottoposti ad adeguata manutenzione e siano utilizzati per gli usi cui sono destinati. 1. Le direttive dovrebbero tendere, come regola generale, ad un'armonizzazione totale. Di conseguenza, è necessario che qualsiasi prodotto immesso sul mercato e che rientri nel campo di applicazione della direttiva sia ad essa conforme. In casi particolari potrebbe risultare opportuno rendere opzionale l'armonizzazione per taluni prodotti. Lo schema di direttiva è tuttavia concepito con l'obiettivo di un'armonizzazione totale. Si potranno prospettare opportune soluzioni per tener conto della necessità di abbinare, in taluni Stati membri, allo sviluppo armonioso verso l'instaurazione di un sistema di regolamentazioni obbligatorie, segnatamente per assicurare l'attuazione di appropriate infrastrutture di certificazione. Il punto II rappresenta quindi una clausola generale che definisce la responsabilità degli Stati membri in materia di immissione dei prodotti sul mercato. 2. Fatto salvo il principio generale alla base dello schema di direttiva, che consiste nel lasciare agli operatori del settore la scelta degli strumenti di attestazione della conformità (ad eccezione, chiaramente, dei casi in cui un controllo preliminare sia previsto da direttive speciali relative a settori ben precisi, come indicato al paragrafo 2 del punto VIII) e che vieta dunque agli Stati membri di introdurre un qualsiasi sistema di controllo prima dell'immissione sul mercato, è evidente che le autorità nazionali, per poter far fronte alle responsabilità che incombono loro ai sensi di tale clausola, devono poter esercitare un controllo su campioni. 3. In alcuni casi, in particolare quelli relativi alla protezione dei lavoratori e dei consumatori, le condizioni previste potrebbero essere rese più rigorose (utilizzazione prevedibile). III. Requisiti essenziali di sicurezza Descrizione dei requisiti di sicurezza essenziali per l'applicazione della clausola generale del punto II e ai quali devono rispondere tutti i prodotti oggetto della direttiva. 1. I requisiti essenziali di sicurezza cui devono obbligatoriamente conformarsi i prodotti immessi sul mercato dovranno essere definiti in forma sufficientemente precisa affinché possano divenire, nella trasposizione in diritto nazionale, obblighi sanzionabili. Esse devono essere redatte in modo da permettere agli organismi di certificazione, in assenza di norme, di certificare la conformità dei prodotti direttamente in base a tali requisiti. La natura più o meno particolareggiata della formulazione dei requisiti dipende dalla materia trattata. Il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza provoca l'applicazione della clausola generale del punto II. 2. I requisiti potranno essere modificati soltanto da una nuova direttiva del Consiglio adottata ai sensi dell'articolo 100 del trattato. IV. Clausola di libera circolazione Obbligo per gli Stati membri di consentire, alle condizioni di cui al punto V, la libera circolazione dei prodotti conformi ai requisiti dei punti II e III. 1. La libera circolazione dei prodotti dichiarati conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalla direttiva è garantita senza che si debba procedere, in linea di massima, ad un controllo preventivo della rispondenza ai requisiti di cui al punto III, restando inteso che anche in questo caso vale quanto detto al paragrafo 2 del punto II. Tale disposizione non deve essere interpretata nel senso che le direttive settoriali legittimino la richiesta sistematica di una certificazione da parte di terzi. 2. L'obiettivo stesso della direttive in questione consiste nel contemplare tutti i requisiti essenziali ma, nel caso eccezionale in cui la copertura risultasse incompleta, ad uno Stato membro resterebbe sempre la facoltà di intervenire a norma dell'articolo 36 del trattato. V. Documenti comprovanti la conformità e loro funzione 1. Gli Stati membri devono presumere conformi ai punti II e III i prodotti accompagnati da uno degli attestati descritti al punto VIII che ne dichiarano la conformità: a) alle norme armonizzate adottate dall'organismo europeo di normalizzazione competente nel campo di applicazione della direttiva, qualora tali norme siano adottate conformemente agli orientamenti generali fissati da un accordo concluso tra tale organismo e la Commissione e i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee ; una pubblicazione analoga deve inoltre essere effettuata anche dagli Stati membri; b) oppure, a titolo transitorio, alle norme nazionali di cui al paragrafo 2 qualora non esistano norme armonizzate nei settori oggetto delle stesse. 2. Ogni Stato membro comunica alla Commissione il testo delle norme nazionali che esso ritiene rispondano ai punti II e III. La Commissione trasmette immediatamente il testo agli altri Stati membri. Secondo la procedura prevista al paragrafo 2 del punto VI, essa notifica agli Stati membri quali norme nazionali autorizzano a presumere un prodotto conforme ai punti II e III. Gli Stati membri hanno l'obbligo di provvedere alla pubblicazione dei riferimenti di tali norme. la Commissione ne assicura la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. 3. Gli Stati membri accettano prodotti per i quali il fabbricante non si è attenuto ad alcuna norma (in quanto mancano le norme di cui ai paragrafi 1 a) e 1 b) precedenti o per altri motivi eccezionali) come conformi ai punti II e III qualora la loro conformità sia dimostrata da uno degli attestati di cui al punto VIII, paragrafo 1, lettere a) e b). 1. Soltanto gli attestati indicati al punto VIII comportano necessariamente la presunzione della conformità. 2. Tale presunzione di conformità deriva dal fatto che la conformità di un prodotto alle norme armonizzate o nazionali risulta da uno degli attestati di cui al punto VIII. Qualora il prodotto non fosse conforme ad alcuna norma, in quanto non esistono norme in materia o il costruttore, per esempio in caso di innovazione, preferisce applicare altri criteri costruttivi di sua scelta, la conformità ai punti II e III è dichiarata da un attestato rilasciato da un organismo indipendente. 3. Nel caso del punto V, paragrafi 1 e 3, gli Stati membri avranno pertanto sempre il diritto, ai fini della presunzione della conformità, di esigere uno degli attestati indicati al punto VIII. 4. L'elaborazione e l'adozione delle norme armonizzate di cui al paragrafo 1, lettera a), dal CEN e dal CENELEC (in linea di massima gli «organismi europei di normalizzazione competenti»), nonché l'obbligo di trasposizione nella normativa nazionale, sono disciplinate dal regolamento interno e dalle disposizioni relative ai lavori di normalizzazione di questi due organismi. Attualmente si sta procedendo ad un'armonizzazione dei loro regolamenti interni. Non è tuttavia escluso che le norme armonizzate di cui al paragrafo 1 a) possano essere preparate al di fuori del CEN e del CENELEC da altri organismi che possono assumersi tale compito per settori particolari ; in tal caso l'adozione delle norme armonizzate sarà subordinata all'approvazione del CEN/CENELEC. Le norme armonizzate di cui al punto V devono in ogni caso rispettare gli orientamenti definiti in un accordo concluso tra la Commissione e tali organismi. Gli orientamenti concernono in particolare i seguenti aspetti: - la disponibilità di personale e l'esistenza di un'infrastruttura tecnica adatta presso l'organismo di normalizzazione al quale la Commissione affida compiti di normalizzazione; - la partecipazione delle autorità pubbliche e degli ambienti interessati (in particolare, produttori, utenti, consumatori, sindacati); - l'adozione delle norme armonizzate, la loro trasposizione in norme nazionali o almeno l'annullamento delle norme nazionali contrastanti con le condizioni approvate dalla Commissione al momento di affidare compiti di normalizzazione e previa consultazione degli Stati membri. 5. Al momento della scelta delle norme nazionali sarà tenuto debito conto delle eventuali difficoltà pratiche connesse con questa scelta. Le norme nazionali sono adottate soltanto a titolo transitorio. La decisione relativa all'adozione sarà dunque accompagnata per principio da un mandato indirizzato agli organismi europei competenti affinché questi elaborino e adattino entro un determinato periodo le corrispondenti norme europee, secondo le condizioni di cui sopra. VI. Gestione degli elenchi delle norme 1. Qualora uno Stato membro o la Commissione ritenga che le norme armonizzate o i progetti non soddisfino interamente ai punti II e III, la Commissione o lo Stato membro si rivolge al comitato (punto X) spiegandone i motivi. Il comitato comunica il suo parere con la massima urgenza. Sulla base del parere del comitato, la Commissione notifica agli Stati membri se debbano o non debbano procedere al ritiro della norma dalle pubblicazioni di cui al punto V, paragrafo 1 a). Essa ne informa l'organismo di normalizzazione europeo interessato e gli affida eventualmente un nuovo compito o un compito modificato. 2. Dopo aver ricevuto la comunicazione di cui al punto V, paragrafo 2, la Commissione consulta il comitato. Sulla base del parere di quest'ultimo la Commissione notifica agli Stati membri, entro un termine determinato, se la norma nazionale in causa debba o non debba beneficiare della presunzione di conformità e, in caso affermativo, che i suoi riferimenti devono essere oggetto di una pubblicazione nazionale. Qualora la Commissione o uno Stato membro ritenga che una norma nazionale non risponda alle condizioni necessarie per godere della presunzione di conformità ai requisiti di sicurezza, essa consulta il comitato. Sulla base del parere del comitato, essa notifica agli Stati membri che la norma in questione deve ancora o non deve più beneficiare della presunzione di conformità e, in quest'ultimo caso, deve essere cancellata dalle pubblicazioni di cui al punto V, paragrafo 2. Come già detto (punto V, paragrafo 2) gli Stati membri hanno il potere di decidere quali norme nazionali debbano essere considerate rispondenti ai punti II e III e pertanto essere sottoposte alla procedura di conferma da parte della Commissione. VII. Clausola di salvaguardia 1. Qualora uno Stato membro constati che un prodotto rischia di compromettere la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, esso prende tutte le misure necessarie per ritirarlo dal mercato o impedirne l'immissione sul mercato o per limitarne la libera circolazione, anche se è accompagnato da uno degli attestati di cui al punto VIII. Lo Stato membro informa la Commissione di tale misura entro un dato termine e soltanto qualora il prodotto in questione sia accompagnato da uno degli attestati di cui al punto VIII. Lo Stato membro spiega le ragioni della sua decisione ed in particolare precisa quale dei seguenti motivi è all'origine della mancata conformità: a) mancata rispondenza al punti II e III e qualora il prodotto non corrisponda ad alcuna norma), b) errata applicazione delle norme di cui al punto V, c) lacuna delle norme stesse. 2. La Commissione consulta il più rapidamente possibile gli Stati membri interessati. Qualora lo Stato membro che ha adottato le misure intenda mantenerle, la Commissione si rivolge al comitato entro una scadenza determinata. Qualora la Commissione consideri, dopo aver consultato il comitato, che il provvedimento è giustificato ne informa, anche in questo caso entro una scadenza fissata, lo Stato membro interessato e ricorda agli altri Stati membri (a parità delle altre condizioni) che anche per essi sussiste l'obbligo di impedire l'immissione sul mercato del prodotto in questione. 3. Nel caso in cui la mancata conformità del prodotto ai punti II e III risultasse da una lacuna delle norme armonizzate o delle norme nazionali, si applica quanto stabilito al punto VI. 4. Se il prodotto non conforme è accompagnato da un attestato rilasciato da un organismo indipendente oppure dal fabbricante, lo Stato membro competente prende i provvedimenti del caso nei riguardi dell'autore dell'attestato e ne informa la Commissione e gli altri Stati membri. 5. La Commissione fa in modo che gli Stati membri siano informati dello svolgimento e dei risultati di tale procedura. Il presente punto descrive le conseguenze di un ricorso giustificato dello Stato membro alla clausola di salvaguardia. Non fornisce per contro alcuna indicazione sul caso in cui il ricorso risultasse ingiustificato al termine della procedura comunitaria d'esame in quanto in tal caso si applicherebbero le disposizioni generali del trattato. VIII. Attestati di conformità 1. Gli attestati di cui al punto V dei quali possono avvalersi gli operatori del settore sono: a) i certificati o i marchi di conformità rilasciati da terzi, b) i risultati di prove effettuate da terzi, c) la dichiarazione di conformità rilasciata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella Comunità ; a tale dichiarazione si può unire l'esigenza di un sistema di sorveglianza, d) altri attestati da definire eventualmente nella direttiva. 2. La scelta degli operatori del settore tra questi diversi tipi di attestati potrà essere limitata o soppressa in funzione della natura dei prodotti e dei rischi contemplati dalle direttive. 3. Gli organismi nazionali autorizzati a rilasciare un marchio o un certificato di conformità devono essere notificati da ciascuno Stato membro alla Commissione e altri Stati membri. 1. In ciascuna direttiva specifica verranno precisati e illustrati gli attestati adatti alle caratteristiche particolari del campo d'applicazione considerato. Si ricorda che gli organismi di certificazione designati dagli Stati membri per i casi contemplati alle lettere a) e b) devono intervenire, in particolare, qualora non esistano norme o il fabbricante non ricorra alle norme (punto V, paragrafo 3). 2. Gli organismi di cui al paragrafo 3 hanno l'obbligo di svolgere i loro compiti nel rispetto delle pratiche e dei principi riconosciuti a livello internazionale ed in particolare di quelli delle nonne ISO. Gli Stati membri hanno la responsabilità di controllare il funzionamento di tali organismi. Il comitato di cui al punto IX può essere incaricato delle questioni relative all'esecuzione delle prove e della certificazione. 3. Nel caso di dichiarazioni di conformità del fabbricante, le autorità nazionali che abbiano fondati motivi per credere che un prodotto non risponda, sotto tutti gli aspetti, al livello di sicurezza richiesto, hanno il diritto di chiedere al produttore o all'importatore di presentare i dati relativi agli esami effettuati in ordine alla sicurezza. L'eventuale rifiuto del produttore o dell'importatore di fornire i dati richiesti è da considerare una ragione sufficiente per dubitare dell'effettiva conformità del prodotto. 4. L'elenco limitato degli attestati riconosciuti riguarda soltanto il regime di presunzione della conformità e quindi non impedisce che un operatore possa dimostrare con tutti i mezzi da lui ritenuti opportuni, nel quadro di una controversia o di una procedura giudiziaria, la conformità del prodotto ai punti II e III. IX. Comitato permanente Istituzione di un comitato permanente composto di rappresentanti designati dagli Stati membri, che possono farsí assistere da esperti o consulenti, e la cui presidenza è affidata a un rappresentante della Commissione. Il comitato viene interpellato dal suo presidente sia su sua iniziativa diretta o a richiesta di uno Stato membro. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno. X. Compiti e funzionamento del comitato permanente 1. Il comitato svolge i compiti assegnatigli dai punti precedenti. 2. Il comitato può inoltre essere consultato su qualsiasi questione relativa all'applicazione della direttiva. I compiti del comitato riguardano l'applicazione della direttiva. Il fatto di consultare il comitato prima della pubblicazione dei riferimenti delle norme nazionali va visto quindi più come una possibilità offerta per discutere eventuali obiezioni della Commissione o di uno Stato membro che come un esame sistematico di tutto il contenuto delle norme. Criteri per la scelta dei settori prioritari nei quali si può cominciare ad applicare la strategia 1. La necessità di aprire una nuova strada per l'armonizzazione delle regolamentazioni tecniche, basata sul concetto del «rinvio alle norme» e conforme allo schema descritto in precedenza, deriva da una serie di condizioni (esposte nella prima parte della presente comunicazione) fondate sull'esperienza acquisita dalla Comunità fino ad ora. Si tratta quindi di un principio di portata generale la cui validità dovrà essere valutata concretamente nei vari settori in cui sarà applicato. È in questo senso peraltro che si è espresso il Consiglio nelle sue «conclusioni» del 16 luglio 1984 indicando in generale la necessità di estendere la pratica del «rinvio alle norme», però soltanto quando sono riunite tutte le condizioni necessarie ossia le condizioni che si riferiscono all'obbligo che compete ai poteri pubblici di tutelare la sicurezza e la salute dei loro cittadini. 2. Per operare la scelta fra i settori prioritari ai quali si deve iniziare ad applicare il concetto, è pertanto necessario fissare un certo numero di criteri di selezione che dovranno essere presi in considerazione globalmente: a) poiché il concetto prevede che le «esigenze fondamentali» siano armonizzate e rese obbligatorie dalle direttive basate sull'articolo 100 del trattato, la tecnica del «rinvio alle norme» sarà adatta soltanto nei campi in cui sarà veramente possibile fare una distinzione fra «esigenze fondamentali» e «specifiche di fabbricazione». In altri termini, in tutti i campi in cui le esigenze fondamentali dell'interesse collettivo sono tali da dover comprendere una quantità considerevole di specifiche di fabbricazione affinché i poteri pubblici possano pienamente assumere la loro responsabilità per quanto concerne la tutela dei cittadini, le condizioni del ricorso al concetto del «rinvio alle norme» non sono riunite in quanto rischiano di perdere la loro ragion d'essere. Fatta questa constatazione, i campi che concernano la tutela della sicurezza appaiono certamente prioritari rispetto a quelli in cui è in causa la tutela della saluta umana (il che corrisponde peraltro al campo di applicazione della direttiva 83/189/CEE). b) Affinché sia possibile il «rinvio alle norme», è necessario che il campo in questione sia oggetto o possa essere oggetto di un'attività di normalizzazione. I campi che di massima sono poco adatti ad essere oggetto di una tale attività sono certamente quelli indicati al punto a) per i quali si sente la necessità comune di una regolamentazione a livello comunitario. Negli altri campi invece, la capacità di normalizzazione esiste o è potenziale e in quest'ultimo caso spetta all'azione comunitaria di suscitarla collaborando strettamente con l'industria da un lato e con gli organismi europei di normalizzazione dall'altro, garantendo nel contempo che sia tenuto conto degli interessi dei consumatori. c) Nella Comunità l'avanzamento dei lavori di armonizzazione tecnica, sulla base del programma generale stabilito nel 1969 e nel 1973 con le risoluzioni del Consiglio, è molto diverso a seconda dei settori industriali interessati. Per quanto riguarda più particolarmente il settore dell'industria manifatturiera (che a priori sembra corrispondere meglio ai criteri di cui sopra), si constata che la maggior parte delle direttive adottate riguardano tre settori : quello dei veicoli a motore, quello della metrologia e quello degli apparecchi elettrici. Con la nuova concezione si dovrà quindi tener conto di questa situazione e concentrarsi soprattutto sugli altri settori nei quali l'azione comunitaria è carente (per esempio, per molti prodotti meccanici e per i materiali da costruzione), senza voler rimettere in questione una regolamentazione già ampiamente avanzata (come per esempio, nel campo delle regolamentazioni relative alle automobili). La situazione è invece diversa per quanto concerne gli apparecchi elettrici ; tale settore è il solo ad essere stato trattato da una direttiva del tipo «rinvio alle norme» e merita senza dubbio di essere considerato prioritario per tutti i prodotti che non sono ancora stati trattati, vista soprattutto la funzione estremamente importante che esercita la normalizzazione internazionale ed europea. d) Uno degli scopi principali della nuova concezione è di poter regolare in una sola volta con l'adozione di una sola direttiva, i problemi regolamentari di un numero elevatissimo di prodotti senza che tale direttiva sia soggetta alla necessità di frequenti adeguamenti o modifiche. È pertanto necessario che i settori selezionati siano caratterizzati dall'esistenza di una vasta gamma di prodotti talmente omogenei da consentire la definizione di «esigenze fondamentali» comuni. Tale criterio di portata generale, tuttavia, si basa soprattutto su considerazioni pratiche e di risparmio in termini di lavoro. Nulla impedisce infatti che in alcuni casi la regolamentazione di un solo tipo di prodotto sia effettuata secondo la formula del «rinvio alle norme», qualora siano soddisfatti tutti i criteri citati in precedenza. e) Per concludere va ricordato un criterio che la Commissione, d'accordo con l'industria, ha sempre considerato come un'esigenza imprescindibile. È necessario che si possa ritenere che l'esistenza di regolamentazioni divergenti crei veramente sul piano pratico una difficoltà alla libera circolazione delle merci. In alcuni casi tuttavia, anche se tale motivazione non è evidente, la necessità di una direttiva potrà comunque risultare opportuna per la tutela di un interesse collettivo fondamentale in modo uniforme per tutta la Comunità.
Un nuovo approccio dell'armonizzazione tecnica La presente risoluzione intende rimodellare l'armonizzazione tecnica nell’Unione europea (UE) su una nuova base limitandosi ad armonizzare unicamente i requisiti fondamentali dei prodotti e applicando il «rinvio alle norme» e il principio di riconoscimento reciproco per abolire gli ostacoli tecnici alla libera circolazione delle merci. ATTO Risoluzione del Consiglio 85/C 136/01, del 7 maggio 1985, relativa ad una nuova strategia in materia di armonizzazione tecnica e normalizzazione. SINTESI L'obiettivo principale della presente risoluzione è sviluppare un approccio, istituendo disposizioni regolamentari generali applicabili a settori o famiglie di prodotti nonché a tipi di rischio. La presente risoluzione stabilisce un certo numero di principi fondamentali per una politica europea di normalizzazione: gli Stati membri s'impegnano ad esaminare costantemente le norme tecniche applicabili affinché queste siano abrogate, qualora siano superate o superflue; gli Stati membri assicurano il riconoscimento reciproco dei risultati delle prove e fissano norme armonizzate relative al funzionamento degli organismi di certificazione; gli Stati membri accettano una rapida consultazione comunitaria se le proposte regolamentari o le procedure nazionali pongono un rischio al buon funzionamento del mercato interno; è opportuno estendere il «rinvio alle norme», prioritariamente a norme europee e se necessario nazionali, e definire i compiti della normalizzazione per quanto riguarda la formulazione delle caratteristiche tecniche dei prodotti (in particolare in materia di sicurezza e di protezione della salute); è opportuno rafforzare rapidamente la capacità di normalizzazione, prioritariamente a livello europeo; l'adozione di norme europee deve essere sottoposta all'approvazione di organismi europei di normalizzazione. Orientamenti generali del nuovo approccio Il Consiglio stabilisce quattro principi fondamentali: l'armonizzazione legislativa si limita ai requisiti fondamentali in materia di sicurezza (o ad altri requisiti di interesse collettivo) che i prodotti commercializzati devono soddisfare per essere messi in libera circolazione nell’Unione europea; l'elaborazione delle specifiche tecniche di fabbricazione è affidata agli organi competenti in materia di normalizzazione industriale, che terranno conto dello stato della tecnologia; queste specifiche tecniche non avranno carattere obbligatorio. Esse restano norme volontarie; le amministrazioni sono tenute a riconoscere ai prodotti fabbricati conformemente alle norme armonizzate una presunzione di conformità ai requisiti fondamentali stabiliti dalla direttiva. Qualora il produttore non fabbrichi attenendosi a tali norme, egli sarà tenuto a dimostrare la conformità di tali prodotti ai requisiti fondamentali. Affinché il sistema possa funzionare, devono essere soddisfatte due condizioni: le norme devono garantire la qualità del prodotto conforme; le autorità competenti devono vigilare sulla sicurezza (o altri requisiti) sul loro territorio. Questa è una condizione necessaria per assicurare la fiducia reciproca tra Stati membri. La Commissione affida i mandati di normalizzazione agli organismi europei di normalizzazione. Gli accordi tra la Commissione e tali organismi assicurano l'esecuzione in conformità agli orientamenti generali. In assenza di norme europee, le norme nazionali saranno verificate sulla base di una procedura a livello europeo, gestita dalla Commissione e assistita da un comitato permanente di responsabili delle amministrazioni nazionali. Sono previste delle procedure di salvaguardia per consentire una contestazione delle autorità nazionali relative alla conformità di un prodotto o alla qualità di una norma. Il campo d'applicazione di una direttiva è definita da ampie categorie di prodotti o/e dai tipi di rischi che essa copre. Schema di una direttiva «nuovo approccio» Spetta agli Stati membri assicurare sul loro territorio la sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni. Le disposizioni che assicurano questa protezione devono essere armonizzate per garantire la libera circolazione delle merci senza abbassare i livelli esistenti di protezione negli Stati membri. Il comitato europeo di normalizzazione (CEN) e il comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC) sono gli organismi competenti per l'adozione delle norme europee armonizzate nel campo d'applicazione della direttiva. Per altri settori di attività industriali specifiche possono essere contemplati altri organismi europei competenti in materia di elaborazione di specifiche tecniche. La definizione della gamma di prodotti coperti e della natura dei rischi da evitare deve assicurare un approccio coerente. La sovrapposizione di diverse direttive concernenti tipi diversi di rischi per la stessa categoria di prodotti non può essere esclusa. I prodotti coperti da una direttiva possono essere commercializzati unicamente se non compromettono la sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni. Le direttive prevedono come regola un'armonizzazione totale, vale a dire che solamente i prodotti conformi possono essere commercializzati. La direttiva deve contenere una descrizione dei requisiti in materia di sicurezza cui devono conformarsi tutti i prodotti che rientrano nel campo d'applicazione della direttiva. Essa deve essere sufficientemente precisa per consentire, nel recepimento in diritto nazionale, la definizione delle sanzioni. La libera circolazione del prodotto in questione è assicurata senza ricorrere ad un controllo preliminare del rispetto dei requisiti fondamentali. Gli Stati membri presumono la conformità dei prodotti corredati di un attestato previsto dalla direttiva che dichiari la loro conformità a norme armonizzate o, in assenza di norme armonizzate, a norme nazionali. Qualora uno Stato membro ritenga che una norma armonizzata non soddisfi i requisiti fondamentali, la Commissione interpella il Comitato « Norme e regole tecniche », che emette un parere d'urgenza. Conformemente a tale parere, la norma può essere mantenuta, ritirata o riveduta. Se uno Stato membro constata che un prodotto rischia di compromettere la sicurezza di persone, animali domestici o beni, esso dovrà adottare tutte le misure necessarie per ritirare o vietare la commercializzazione del prodotto in questione. La libera circolazione del prodotto può essere limitata, anche se questo è corredato di un attestato di conformità. In tal caso, lo Stato membro informa la Commissione di aver adottato questo provvedimento, specificando i motivi della sua decisione. La Commissione consulta gli Stati membri interessati e interpella il comitato permanente. Se l'azione è ritenuta giustificata, la Commissione informa gli Stati membri che devono vietare la commercializzazione del prodotto in questione. Le possibilità per attestare la conformità sono: i certificati o i marchi di conformità rilasciati da un terzo; i risultati delle prove eseguite da un terzo; la dichiarazione di conformità rilasciata dal fabbricante, che può essere accompagnata da un sistema di sorveglianza; altra possibilità di attestare la conformità che possono essere eventualmente definite dalla direttiva. Lo Stato membro comunica alla Commissione e agli altri Stati membri gli organismi nazionali che possono rilasciare un marchio o un certificato di conformità. Essi sono tenuti ad agire conformemente ai principi e alle pratiche dell'organizzazione internazionale di normalizzazione (ISO) (EN) (FR). Gli Stati membri devono controllare il corretto funzionamento di tali organismi. Le autorità nazionali hanno il diritto di richiedere al produttore di fornire i dati relativi alle prove di sicurezza se sussiste un dubbio circa la conformità ai requisiti in materia di sicurezza. Il produttore può, nel caso di una contestazione o di un'azione legale, fornire qualsiasi prova ritenuta opportuna per dimostrare la conformità del prodotto. Il comitato permanente delle direttive settoriali è composto dai rappresentanti designati dagli Stati membri, eventualmente assistiti da esperti o da consulenti. Le mansioni del comitato hanno per oggetto l'applicazione della direttiva. Il comitato costituisce un forum per discutere eventuali obiezioni, ma non è incaricato di fornire valutazioni dettagliate sulla totalità del contenuto delle norme. Criteri di selezione dei settori per l'applicazione del « rinvio delle norme»: dato che debbono essere armonizzati solamente i requisiti fondamentali, deve essere possibile la distinzione tra requisiti fondamentali e specifiche di fabbricazione; il settore forma l'oggetto di una normalizzazione (in cui è risentita la necessità di una regolamentazione comune a livello comunitario); la maggior parte delle direttive adottate concernono i tre settori dei veicoli a motore, la metrologia e gli apparecchi elettrici. Il nuovo approccio dovrà quindi concentrarsi dapprima sugli altri settori; la possibilità di disciplinare, con l'adozione di una sola direttiva, i problemi regolamentari di un elevato numero di prodotti e senza che questa direttiva sia oggetto di adeguamenti e modifiche frequenti (per considerazioni di carattere pratico e di economia di lavoro). I settori selezionati devono pertanto essere caratterizzati da una vasta gamma di prodotti la cui omogeneità consente la definizione di requisiti fondamentali comuni. ATTI COLLEGATI Direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche [Gazzetta ufficiale L 204 del 231.7.1998]. See also Sito della direzione generale Imprese e industria sul «Nuovo approccio» (EN) Comitato europeo di normalizzazione (CEN) (EN) Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC) (EN)
11,952
974
31992L0083
false
Direttiva 92/83/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa all'armonizzazione delle strutture delle accise sull'alcole e sulle bevande alcoliche Gazzetta ufficiale n. L 316 del 31/10/1992 pag. 0021 - 0027 edizione speciale finlandese: capitolo 9 tomo 2 pag. 0100 edizione speciale svedese/ capitolo 9 tomo 2 pag. 0100 DIRETTIVA 92/83/CEE DEL CONSIGLIO del 19 ottobre 1992 relativa all'armonizzazione delle strutture delle accise sull'alcole e sulle bevande alcolicheIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 99, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la direttiva 92/12/CEE stabilisce il regime generale dei prodotti soggetti ad accisa (4); considerando che la direttiva 92/84/CEE (5) stabilisce le aliquote minime per le accise applicabili negli Stati membri all'alcole e alle bevande alcoliche; considerando che, ai fini del corretto funzionamento del mercato interno, sono necessarie definizioni comuni per tutti i prodotti interessati; considerando che è utile che dette definizioni si fondino su quelle della nomenclatura combinata in vigore il giorno dell'adozione della presente direttiva; considerando che, nel caso della birra, è opportuno autorizzare altri metodi per il calcolo dell'accisa sul prodotto finito; considerando che, nel caso della birra, è opportuno autorizzare, entro certi limiti, gli Stati membri ad applicare l'accisa a scaglioni di densità maggiori di un grado Plato, purché la birra non sia mai tassata ad un'aliquota inferiore all'aliquota minima comunitaria; considerando che, nel caso della birra prodotta in piccole birrerie indipendenti e dell'alcole etilico prodotto in piccole distillerie, sono necessarie soluzioni comuni che autorizzino gli Stati membri ad applicare aliquote ridotte di accisa a questi prodotti; considerando che è opportuno autorizzare variazioni del titolo alcolometrico a partire dal quale gli Stati membri possono cominciare ad applicare l'accisa alla birra, a condizione che non sorgano problemi inammissibili nell'ambito del mercato interno; considerando che, per quanto riguarda la birra, il vino e altre bevande fermentate, è opportuno autorizzare gli Stati membri ad esentare dall'accisa i prodotti fabbricati da un privato a fini non commerciali; considerando che, in linea di principio, gli Stati membri dovrebbero applicare un'unica aliquota per ettolitro di prodotto finito a tutti i vini tranquilli e altre bevande fermentate tranquille e un'unica aliquota di accisa per ettolitro di prodotto finito a tutti i vini spumanti e a tutte le bevande fermentate gassate; considerando che è opportuno autorizzare gli Stati membri ad applicare aliquote ridotte di accisa a tutti i tipi di vino e altre bevande fermentate, sempreché i prodotti abbiano un titolo alcolometrico effettivo inferiore all'8,5 % vol; considerando che è opportuno autorizzare gli Stati membri che, al 1o gennaio 1992, applicavano un'aliquota superiore dell'accisa di taluni vini a continuare ad applicare detta aliquota; considerando che, in linea di principio, gli Stati membri dovrebbero applicare un'unica aliquota di accisa per ettolitro di prodotto finito a tutti i prodotti intermedi; considerando che è opportuno autorizzare gli Stati membri ad applicare un'aliquota ridotta dell'accisa dei prodotti intermedi sia ai prodotti aventi titolo alcolometrico effettivo inferiore al 15 % vol sia ai vini dolci naturali; considerando che, in linea di principio, gli Stati membri dovrebbero applicare la stessa aliquota di accisa per ettolitro di alcole puro a tutti gli alcoli etilici definiti nella presente direttiva; considerando che è opportuno autorizzare gli Stati membri ad applicare aliquote ridotte o esenzioni per determinati prodotti regionali e tradizionali; considerando che, nei casi in cui gli Stati membri possono applicare aliquote ridotte, queste non devono avere l'effetto di falsare la concorrenza nell'ambito del mercato interno; considerando che è opportuno autorizzare gli Stati membri a rimborsare le accise sulle bevande alcoliche divenute non idonee al consumo; considerando che è necessario stabilire a livello comunitario le esenzioni applicabili alle merci trasportate tra Stati membri; considerando tuttavia che è opportuno autorizzare gli Stati membri ad applicare esenzioni connesse a destinazioni finali sul loro territorio; considerando che è necessario prevedere un sistema di notifica dei requisiti in materia di denaturazione in ciascun Stato membro per l'alcole completamente denaturato e la relativa accettazione da parte degli altri Stati membri; considerando che gli Stati membri non dovrebbero essere privati dei mezzi per combattere qualsiasi eventuale evasione, frode o abuso in materia di esenzioni; considerando che è opportuno autorizzare gli Stati membri ad applicare le esenzioni previste nella presente direttiva mediante rimborso delle accise pagate; considerando che è opportuno autorizzare gli Stati membri che applicano alle « altre bevande fermentate gassate » un'aliquota di accisa superiore a quella che essi applicano ai prodotti intermedi ad applicare detta aliquota ai prodotti intermedi che possiedono le caratteristiche delle « altre bevande fermentate gassate », HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I BIRRA Campo d'applicazione Articolo 1 1. Gli Stati membri applicano un'accisa sulla birra conformemente alla presente direttiva. 2. Gli Stati membri stabiliscono le proprie aliquote conformemente alla direttiva 92/84/CEE. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, si intende per « birra » qualsiasi prodotto di cui al codice NC 2203 o qualsiasi prodotto contenente una miscela di birra e di bevande non alcoliche di cui al codice NC 2206, in entrambi i casi, con un titolo alcolometrico effettivo superiore allo 0,5 % vol. Determinazione dell'importo dell'accisa Articolo 3 1. L'accisa percepita dagli Stati membri sulla birra è determinata con riferimento: - al numero di ettolitri/gradi Plato o - al numero di ettolitri/titolo alcolometrico effettivo di prodotto finito. 2. Nello stabilire l'importo dell'accisa sulla birra secondo la direttiva 92/84/CEE, gli Stati membri possono non tenere conto delle frazioni di grado Plato o di titolo alcolometrico in volume. Inoltre, gli Stati membri che percepiscono l'accisa in riferimento al numero di ettolitri/grado Plato, possono suddividere le birre in categorie comprensive al massimo di quattro gradi Plato per categoria e applicare la stessa aliquota di accisa per ettolitro a tutte le birre di una determinata categoria. Dette aliquote devono sempre essere pari o superiori all'aliquota minima di accisa prevista all'articolo della direttiva 92/84/CEE, in appresso denominata « aliquota minima ». Articolo 4 1. Gli Stati membri possono applicare aliquote ridotte di accisa, le quali possono avere importi diversi secondo la produzione annuale delle birrerie indipendenti, entro i limiti seguenti: - le aliquote ridotte non sono applicabili alle imprese che producono più di 200 000 ettolitri di birra l'anno; - le aliquote ridotte, che possono essere inferiori all'aliquota minima, non possono essere inferiori di oltre il 50 % all'aliquota di accisa nazionale normale. 2. Ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte, si intende per « piccola birreria indipendente » una birreria che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi birreria, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altra birreria e che non operi sotto licenza. Tuttavia, se due o più piccole birrerie cooperano e la somma della loro produzione annuale non supera i 200 000 ettolitri, esse possono essere considerate come una unica piccola impresa indipendente. 3. Gli Stati membri provvedono a che le aliquote ridotte da essi eventualmente stabilite siano applicabili uniformemente alla birra fornita sul loro territorio da piccole birrerie indipendenti situate in altri Stati membri. In particolare, garantiscono che a nessuna singola fornitura proveniente da un altro Stato membro venga imposta un'accisa superiore a quella del suo esatto equivalente sul piano nazionale. Articolo 5 1. Gli Stati membri possono applicare aliquote ridotte inferiori all'aliquota minima, alle birre aventi un titolo alcolometrico effettivo non superiore al 2,8 % vol. 2. Gli Stati membri possono limitare l'applicazione del presente articolo ai prodotti contenenti una miscela di birra e di bevande non alcoliche di cui al codice NC 2206. Articolo 6 Fatte salve le condizioni da essi stabilite pe assicurare l'applicazione diretta dell'esenzione, gli Stati membri possono esentare dall'accisa la birra fabbricata da un privato e consumata dal fabbricante, dai suoi familiari o dai suoi invitati, purché non ci sia vendita. SEZIONE II VINO Campo d'applicazione Articolo 7 1. Gli Stati membri applicano un'accisa sul vino conformemente alla presente direttiva. 2. Gli Stati membri stabiliscono le proprie aliquote d'accisa conformemente alla direttiva 92/84/CEE. Articolo 8 Ai fini della presente direttiva: 1) si intendono per « vino tranquillo » tutti i prodotti di cui ai codici NC 2204 e 2205, ad eccezione dei vini spumanti definiti al paragrafo 2: - aventi un titolo alcolometrico effettivo superiore all'1,2 % vol, ma non superiore al 15 % vol, purché l'alcole contenuto nel prodotto finito derivi interamente da fermentazione; - aventi un titolo alcolometrico effettivo superiore al 15 % vol, ma non superiore al 18 % vol, purché siano stati prodotti senza arricchimenti e l'alcole contenuto nel prodotto finito derivi interamente da fermentazione; 2) si intendono per « vino spumante » tutti i prodotti di cui ai codici NC 2204 10, 2204 21 10 e 2204 29 10 e 2205 che: - sono presentati in bottiglie chiuse con un tappo a « forma di fungo » tenuto da fermagli o legacci o hanno una sovrapressione dovuta all'anidride carbonica in soluzione di almeno 3 bar; - hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore all'1,2 % vol, ma non superiore al 15 % vol, purché l'alcole contenuto nel prodotto finito derivi interamente da fermentazione. Determinazione dell'importo dell'accisa Articolo 9 1. L'accisa percepita dagli Stati membri sul vino è determinata con riferimento al numero di ettolitri di prodotto finito. 2. Fatti salvi i paragrafi 3 e 4, gli Stati membri applicano la medesima aliquota di accisa a tutti i prodotti soggetti all'accisa sul vino tranquillo. Analogamente, applicano la medesima aliquota di accisa a tutti i prodotti soggetti all'accisa sul vino spumante. Essi possono applicare la stessa accisa sul vino tranquillo e sul vino spumante. 3. Gli Stati membri possono applicare aliquote di accisa ridotte su qualsiasi tipo di vino tranquillo e di vino spumante aventi titolo alcolometrico effettivo non superiore all'8,5 % vol. 4. Gli Stati membri che il 1o gennaio 1992 applicavano una aliquota di accisa superiore sui vini tranquilli definiti all'articolo 8, punto 1, secondo trattino, possono continuare ad applicare detta aliquota. Essa non può essere superiore all'aliquota nazionale normale applicata ai prodotti intermedi. Articolo 10 Fatte salve le condizioni da essi stabilite per assicurare l'applicazione diretta del presente articolo, gli Stati membri possono esentare dall'accisa il vino fabbricato da un privato e consumato dal fabbricante, dai suoi familiari o dai suoi osptiti, purché non ci sia vendita. SEZIONE III BEVANDE FERMENTATE DIVERSE DAL VINO E DALLA BIRRA Campo d'applicazione Articolo 11 1. Gli Stati membri applicano un'accisa sulle bevande fermentate diverse dalla birra e dal vino, in seguito denominate « altre bevande fermentate », conformemente alla presente direttiva. 2. Gli Stati membri stabiliscono le proprie aliquote conformemente alla direttiva 92/84/CEE. Articolo 12 Ai fini della presente direttiva a fatto salvo l'articolo 17: 1) si intendono per « altre bevande fermentate tranquille » tutti i prodotti di cui ai codici NC 2204 e 2205, non menzionati all'articolo 8, ed i prodotti di cui al codice NC 2206, escluse le altre bevande fermentate gassate definite al punto 2 ed esclusi i prodotti disciplinati all'articolo 2: - aventi un titolo alcolometrico effettivo superiore all'1,2 % vol, ma non superiore al 10 % vol; - aventi un titolo alcolometrico effettivo superiore al 10 % vol, ma non superiore al 15 % vol, purché l'alcole contenuto nel prodotto derivi interamente da fermentazione; 2) si intendono per « altre bevande fermentate gassate » tutti i prodotti di cui al codice NC 2206 00 91, nonché i prodotti di cui ai codici 2204 10, 2204 21 10, 2204 29 10 e 2205, non menzionati all'articolo 8, i quali soddisfano le condizioni seguenti: - sono presentati in bottiglie chiuse con un tappo a « forma di fungo » tenuto da fermagli o legacci o hanno una sovrapressione dovuta all'anidride carbonica in soluzione di almeno 3 bar; - hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore all'1,2 % vol, ma non superiore al 13 % vol; - hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore al 13 % vol, ma non superiore al 15 % vol, purché l'alcole contenuto nel prodotto derivi interamente da fermentazione. Determinazione dell'importo dell'accisa Articolo 13 1. L'accisa percepita dagli Stati membri sulle altre bevande fermentate è determinata con riferimento al numero di ettolitri di prodotto finito. 2. Fatto salvo il paragrafo 3, gli Stati membri applicano la medesima aliquota di accisa a tutti i prodotti soggetti all'accisa sulle altre bevande fermentate tranquille. Analogamente, applicano la medesima aliquota di accisa a tutti i prodotti soggetti all'accisa sulle altre bevande fermentate gassate. Essi possono applicare la stessa accisa alle altre bevande fermentate tranquille ed alle altre bevande fermentate gassate. 3. Gli Stati membri possono applicare aliquote di accise ridotte su qualisiasi tipo di altre bevande fermentate tranquille o gassate aventi titolo alcolometrico effettivo non superiore all'8,5 % vol. Articolo 14 Fatte salve le condizioni da essi stabilite per assicurare l'applicazione diretta della presente disposizione, gli Stati membri possono esentare dall'accisa le altre bevande fermentate tranquille e gassate fabbricate da un privato e consumate dal fabbricante, dai suoi familiari o dai suoi ospiti, purché non ci sia vendita. Articolo 15 Ai fini delle direttive 92/84/CEE e 92/12/CEE i riferimenti ai « vini » si applicano anche alle altre bevande fermentate definite nella presente sezione. SEZIONE IV PRODOTTI INTERMEDI Campo d'applicazione Articolo 16 1. Gli Stati membri applicano un'accisa sui prodotti intermedi conformemente alla presente direttiva. 2. Gli Stati membri stabiliscono le proprie aliquote conformemente alla direttiva 92/84/CEE. Le aliquote non sono mai inferiori alle aliquote che gli Stati membri applicano ai prodotti di cui all'articolo 8, punto 1) e all'articolo 12, punto 1). Articolo 17 1. Ai fini della presente direttiva, s'intendono per « prodotti intermedi » tutti i prodotti di cui ai codici NC 2204, 2205 e 2206, non contemplati agli articoli 2, 8 e 12, con titolo alcolometrico effettivo superiore all'1,2 % vol, ma non superiore al 22 % vol. 2. Fatto salvo l'articolo 12, gli Stati membri possono considerare come prodotti intermedi qualsiasi bevanda fermentata tranquilla di cui all'articolo 12, punto 1), che ha un titolo alcolometrico effettivo superiore al 5,5 % vol e che non deriva interamente da fermentazione, nonché qualisiasi bevanda fermentata gassata di cui all'articolo 12, punto 2), che ha un titolo alcolometrico effettivo superiore all'8,5 % vol e che non deriva interamente da fermentazione. Determinazione dell'importo dell'accisa Articolo 18 1. L'accisa percepita dagli Stati membri sui prodotti intermedi è determinata con riferimento al numero di ettolitri di prodotto finito. 2. Fatti salvi i paragrafi 3, 4 e 5, gli Stati membri applicano la medesima aliquota di accisa a tutti i prodotti soggetti all'accisa sui prodotti intermedi. 3. Gli Stati membri possono applicare un'unica aliquota ridotta di accisa sui prodotti intermedi aventi un titolo alcolometrico effettivo non superiore al 15 % vol, fatte salve le condizioni seguenti: - l'aliquota ridotta non può essere inferiore al 40 % dell'aliquota nazionale normale dell'accisa, - l'aliquota ridotta non può essere inferiore all'aliquota nazionale normale applicata ai prodotti di cui all'articolo 8, punto 1) e all'articolo 12, punto 1). 4. Gli Stati membri possono applicare un'unica aliquota ridotta di accisa ai prodotti intermedi definiti all'articolo 13, paragrafi 1 e 2 del regolamento (CEE) n. 4252/88. L'aliquota ridotta: - può essere inferiore all'aliquota minima, ma non può essere inferiore di più del 50 % dell'aliquota nazionale normale dell'accisa, o - non può essere inferiore all'aliquota minima applicata ai prodotti intermedi. 5. Ai prodotti intermedi che sono presentati in bottiglie chiuse con un tappo a « forma di fungo » tenuto da fermagli o legacci o che hanno una sovrapressione dovuta all'anidride carbonica in soluzione di almeno 3 bar, gli Stati membri possono applicare l'aliquota prevista per i prodotti di cui all'articolo 12, punto 2), sempreché essa sia superiore all'aliquota nazionale prevista per i prodotti intermedi. SEZIONE V ALCOLE ETILICO Campo d'applicazione Articolo 19 1. Gli Stati membri applicano un'accisa sull'alcole etilico conformemene alla presente direttiva. 2. Gli Stati membri stabiliscono le proprie aliquote conformemente alla direttiva 92/84/CEE. Articolo 20 Ai fini dell'applicazione della presente direttiva, si intendono per « alcole etilico »: - tutti i prodotti che hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore all'1,2 % vol e che rientrano nei codici NC 2207 e 2208, anche quando essi sono parte di un prodotto di un altro capitolo della nomenclatura combinata; - i prodotti che hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore a 22 % vol e che rientrano nei codici NC 2204, 2205 e 2206; - le bevande spiritose contenenti prodotti solidi o in soluzione. Determinazione dell'importo dell'accisa Articolo 21 L'accisa sull'alcole etilico è determinata per ettolitro di alcole puro a 20 °C ed è calcolata con riferimento al numero di ettolitri di alcole puro. Fatto salvo l'articolo 22, gli Stati membri applicano la medesima aliquota di accisa a tutti i prodotti soggetti all'accisa sull'alcole etilico. Articolo 22 1. Gli Stati membri possono applicare aliquote di accisa ridotte sull'alcole etilico fabbricato da piccole distillerie, entro i limiti seguenti: - le aliquote ridotte, che possono essere inferiori all'aliquota minima, non sono applicabili alle imprese che producono più di 10 ettolitri di alcole puro all'anno. Tuttavia, gli Stati membri che al 1o gennaio 1992 applicavano aliquote ridotte alle imprese con una produzione tra 10 e 20 ettolitri di alcole puro all'anno, possono continuare a farlo; - le aliquote ridotte non possono essere inferiori di più del 50 % dell'aliquota normale nazionale dell'accisa. 2. Nel quadro delle aliquote ridotte, l'espressione « piccola distilleria » designa una distilleria che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altra distilleria e che non operi sotto licenza. 3. Gli Stati membri provvedono a che l'aliquota ridotta da essi eventualmente stabilita sia applicata in modo uniforme all'alcole etilico fornito sul loro territorio da piccoli produttori indipendenti stabiliti in altri Stati membri. 4. Gli Stati membri possono stabilire disposizioni secondo cui l'alcole prodotto da piccoli produttori può essere liberamente immesso in libera pratica appena ottenuto (purché i produttori stessi non abbiano proceduto ad una transazione intracomunitaria) senza essere sottoposto al regime del deposito fiscale e può pertanto essere tassato definitivamente su base forfettaria. 5. Gli Stati membri possono applicare aliquote ridotte dell'accisa ai prodotti di cui al codice NC 2208 che hanno un titolo alcolometrico volumico effettivo non superiore al 10 % vol. Articolo 23 I seguenti Stati membri possono applicare ai prodotti in appresso aliquote ridotte che possono essere inferiori all'aliquota minima, ma non possono essere inferiori di oltre il 50 % all'aliquota nazionale normale applicata per l'alcole etilico: 1) Repubblica francese: rum quale definito all'articolo 1, paragrafo 4, lettera a) del regolamento (CEE) n. 1576/89, ottenuto con zucchero di canna prodotto nel luogo di fabbricazione di cui all'articolo 1), paragrafo 3, punto 1 di detto regolamento, avente un tenore di sostanze volatili diverse dagli alcoli etilico e metilico pari o superiore a 225 grammi per ettolitro di alcole puro e un titolo alcolometrico effettivo uguale o superiore al 40 % vol. 2) Repubblica ellenica: bevande spiritose all'anice quali definite nel regolamento (CEE) n. 1576/89, incolori e aventi un tenore di zucchero pari o inferiore a 50 grammi al litro e in cui l'alcole aromatizzato ottenuto per distillazione in alambicchi tradizionali discontinui di rame di capacità uguale o inferiore a 1 000 litri rappresenta almeno il 20 % del titolo alcolometrico effettivo del prodotto finale. SEZIONE VI VARIE Articolo 24 1. Gli Stati membri possono non richiedere che i prodotti oggetto della presente direttiva siano fabbricati in depositi fiscali a partire da prodotti alcolici oggetto di sospensione dalle accise applicabili, sempreché l'accisa sulle componenti sia stata pagata in anticipio e la tassa complessiva esigibile sui prodotti alcolici compenenti non sia inferiore a quella esigibile sul prodotto derivante dalla loro miscela. 2. Il Regno di Spagna può non considerare prodotti intermedi i vini che sono prodotti nelle regioni di Moriles Montilla, Tarragona, Priorato e Terra Alta ed a cui è stato aggiunto alcole in modo tale che il loro titolo alcolometrico non aumenti in una proporzione superiore all'1 % vol. Articolo 25 Gli Stati membri possono rimborsare l'accisa sulle bevande alcoliche ritirate dal mercato quando il loro stato o età le rendono non idonee al consumo umano. Articolo 26 I codici della nomenclatura combinata menzionati nella presente direttiva sono i codici della versione della nomenclatura combinata in vigore il giorno dell'adozione della presente direttiva. SEZIONE VII ESENZIONI Articolo 27 1. Gli Stati membri esentano i prodotti previsti dalla presente direttiva dall'accisa armonizzata alle condizioni da essi stabilite per assicurare l'applicazione agevole e corretta di tali esenzioni e per prevenire qualsiasi evasione, frode o abuso quando sono: a) distribuiti sotto forma di alcole completamente denaturato in conformità dei requisiti previsti dagli Stati membri, sempreché tali requisiti siano stati debitamente notificati ed accettati conformemente ai paragrafi 3 e 4. Questa esenzione è subordinata all'applicazione della direttiva 92/12/CEE ai movimenti commerciali di alcole completamente denaturato; b) allo stesso tempo denaturati conformemente ai requisiti previsti dagli Stati membri ed impiegati per la fabbricazione di prodotti non destinati al consumo umano; c) impiegati per la produzione di aceto di cui al codice NC 2209; d) impiegati nella fabbricazione di medicinali secondo la definizione di cui alla direttiva 65/65/CEE; e) impiegati per la produzione di aromi destinati alla preparazione di prodotti alimentari e di bevande analcoliche aventi titolo alcolometrico effettivo non superiore all'1,2 % vol; f) impiegati direttamente o come componenti di prodotti semilavorativi destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari, ripieni o meno, sempreché il contenuto di alcole non sia superiore a 8,5 litri di alcole puro per 100 chilogrammi di prodotto per il cioccolato e a 5 litri di alcole puro per 100 chilogrammi di prodotto per altri prodotti. 2. Gli Stati membri possono esentare i prodotti disciplinati dalla presente direttiva dall'accisa armonizzata alle condizioni che essi stabiliscono per assicurare l'applicazione agevole e corretta di tali esenzioni e per prevenire ogni evasione, frode o abuso, quando sono impiegati: a) come campioni per analisi, per prove di produzione necessarie o a fini scientifici; b) a fini di ricerca scientifica; c) a fini medici in ospedali e farmacie; d) in un processo di fabbricazione, a condizione che il prodotto finale non contenga alcole; e) nella fabbricazione di un componente non soggetto ad accise ai sensi della presente direttiva. 3. Anteriormente al 1o gennaio 1993 e tre mesi prima di qualsiasi modifica ulteriore della propria legislazione nazionale, ogni Stato membro comunica alla Commissione, insieme a tutte le informazioni utili, le formule dei denaturanti che intende utilizzare ai fini previsti al paragrafo 1, lettera a). La Commissione ne informa gli altri Stati membri entro un mese dal ricevimento. 4. Se, entro due mesi dalla data in cui gli Stati membri sono stati informati, né la Commissione, né altri Stati membri hanno chiesto che la questione venga esaminata in sede di Consiglio, si ritiene che quest'ultimo abbia autorizzato i processi di denaturazione notificati. Se entro la data limite è sollevata un'obiezione, viene presa una decisione secondo la procedura di cui all'articolo 24 della direttiva 92/12/CEE. 5. Se uno Stato membro viene a sapere che un prodotto che è stato esentato ai sensi del paragrafo 1, lettera a) o b) dà luogo ad eventuale evasione, frode o abuso, tale Stato può rifiutare di concedere l'esenzione o revocare lo sgravio già concesso. Lo Stato membro ne informa immediatamente la Commissione. La Commissione trasmette la comunicazione agli altri Stati membri entro un mese dalla ricezione. La decisione finale viene presa secondo la procedura di cui all'articolo 24 della direttiva 92/12/CEE. Gli Stati membri non sono tenuto a dare effetto retroattivo a tale decisione. 6. Gli Stati membri possono accordare le esenzioni precitate mediante il rimborso delle accise pagate. Articolo 28 Il Regno Unito può continuare ad applicare le esenzioni che applicava il 1o gennaio 1992 ai seguenti prodotti: - bevande a base di malto concentrato il cui mosto, prima della fermentazione, ha una densità pari o superiore a 1 200 dell'estratto primitivo (47 ° Plato); - bitter aventi un titolo alcolometrico effettivo dal 44,2 % vol al 49,2 % vol e contenenti dall'1,5 % al 6 % in peso di genziana, sostanze o altri ingredienti aromatizzati e dal 4 % al 10 % in peso di zucchero, presentati in contenitori di 0,2 litri o meno di prodotto. SEZIONE VIII DISPOSIZIONI FINALI Articolo 29 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrtative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri le adottano, queste misure contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le principali disposizioni di diritto interno da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 30 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 19 ottobre 1992. Per il Consiglio Il Presidente J. COPE (1) GU n. C 322 del 21. 12. 1990, pag. 11. (2) GU n. C 67 del 16. 3. 1992, pag. 165. (3) GU n. C 96 del 18. 3. 1991, pag. 25. (4) GU n. L 76 del 23. 3. 1992, pag. 1. (5) Vedi pagina 29 della presente Gazzetta ufficiale.
Norme dell’Unione europea per la tassazione dell’alcole QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva 92/83/CEE stabilisce le regole per:le accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche; le categorie di prodotti e bevande alcolici soggetti alle accise; e le basi per il calcolo delle accise.La direttiva di modifica (UE) 2020/1151 è stata adottata per:aggiornare e chiarire alcune delle norme della direttiva 92/83/CEE che avevano determinato procedure amministrative inutilmente onerose sia per le amministrazioni fiscali, sia per gli operatori economici; aggiornare le regole che consentono ai paesi dell’Unione europea (Unione) di applicare aliquote ridotte su taluni prodotti alcolici; garantire l’applicazione uniforme delle condizioni che fissano le accise sulla birra, per la quale è necessario definire le condizioni per la misurazione dei gradi Plato* e per garantire un’agevole transizione verso una metodologia armonizzata per misurarli. PUNTI CHIAVE Birra Ai sensi della direttiva 92/83/CEL’accisa percepita sulla birra si basa sul numero di ettolitri/gradi Plato o sul numero di ettolitri/gradi alcolici per volume di prodotto finito. I paesi dell’Unione possono suddividere le birre in categorie comprensive al massimo di quattro gradi Plato e possono applicare la stessa aliquota di accisa per ettolitro a tutte le birre di una determinata categoria. Possono essere applicate aliquote ridotte di accisa alla birra prodotta in piccole birrerie indipendenti, purché tali aliquote:non vengano applicate alle birrerie che producono più di 200 000 ettolitri di birra l’anno;non siano inferiori di oltre il 50 % all’aliquota di accisa nazionale normale. Le aliquote ridotte devono essere applicate uniformemente alla birra fornita ad un paese da piccole birrerie indipendenti situate in altri paesi dell’Unione. Aliquote ridotte inferiori all’aliquota minima possono venire applicate alle birre più leggere, ossia a quelle con un titolo alcolometrico non superiore al 2,8 % vol. (aumentato al 3,5 % vol. dal 1o gennaio 2022 dalla direttiva di modifica (UE) 2020/1151)Per le birre aromatizzate o dolcificate, la direttiva di modifica (UE) 2020/1151 stabilisce un approccio armonizzato per la misurazione dei gradi Plato. Ciò per garantire che gli ingredienti della birra aggiunti dopo la fermentazione vengano presi in considerazione ai fini della misurazione dei gradi Plato. La direttiva di modifica consente ai paesi dell’Unione che il 29 luglio 2020 non avevano preso in considerazione gli ingredienti della birra aggiunti dopo la fermentazione ai fini della misurazione dei gradi Plato, di continuare a utilizzare la metodologia attualmente applicata, per un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2030 Vino, altre bevande fermentate e prodotti intermedi Per quanto riguarda questi prodotti, la direttiva 92/83/CEE stabilisce le regole seguenti.L’accisa percepita su vino tranquillo e spumante e sulle altre bevande fermentate (ad esempio Porto e Xeres) e prodotti intermedi si basa sul numero di ettolitri di prodotto finito. I paesi dell’Unione devono applicare la medesima aliquota di accisa per ogni categoria di bevanda. Può essere applicata un’aliquota di accisa ridotta su qualsiasi tipo di vino e altre bevande fermentate aventi titolo alcolometrico non superiore all’8,5 % vol. I paesi dell’Unione possono applicare un’unica aliquota ridotta sui prodotti intermedi aventi un titolo alcolometrico non superiore al 15 % vol., purché tale aliquota:non sia inferiore al 40 % dell’aliquota nazionale normale;non sia inferiore all’aliquota normale applicata al vino tranquillo e alle altre bevande fermentate tranquille.La direttiva di modifica (UE) 2020/1151 consente:ai paesi dell’Unione di applicare aliquote di accise ridotte al vino prodotto da piccoli produttori indipendenti di vino entro i seguenti limiti:le aliquote ridotte non sono applicabili alle imprese che producono in media più di 1 000 ettolitri o, nel caso della Repubblica di Malta, 20 000 ettolitri di vino l’anno;le aliquote ridotte non possono essere inferiori di oltre il 50 % all’aliquota normale nazionale dell’accisa; ai paesi dell’Unione di applicare aliquote di accise ridotte ai piccoli produttori indipendenti entro i seguenti limiti:fino a 15 000 ettolitri per le altre bevande fermentate efino a 250 ettolitri per i prodotti intermedi.Bevande spiritose Le principali disposizioni della direttiva 92/83/CEE sono le seguenti.L’accisa percepita sull’alcole puro e sulle bevande spiritose è calcolata per ettolitro di alcole puro, misurato ad una temperatura di 20 °C. Possono essere applicate aliquote ridotte all’alcole etilico (etanolo) fabbricato da piccole distillerie che producono fino a 10 ettolitri di alcole puro l’anno; tuttavia, esse non possono essere inferiori di più del 50 % dell’aliquota normale nazionale dell’accisa. I paesi dell’Unione devono applicare tale aliquota ridotta in modo uniforme all’alcole etilico prodotto da piccole distillerie situate in altri paesi dell’Unione.Per quanto riguarda le bevande alcoliche, la direttiva (UE) 2020/1151 modifica le regole che consentono a taluni paesi dell’Unione di applicare un’aliquota ridotta all’alcole etilico fabbricato nelle distillerie di frutticoltori ottenuto da frutta (come mele, pere, vinaccia e bacche). Esenzioni Alle condizioni che i paesi dell’Unione stabiliscono per garantire la corretta e agevole applicazione delle esenzioni e per prevenire ogni evasione, elusione o abuso, la direttiva 92/83/CEE consente ai prodotti di essere esentati dall’accisa se sono:denaturati* in conformità con i requisiti dei paesi dell’Unione; denaturati e impiegati per la fabbricazione di prodotti non destinati al consumo umano; impiegati per la produzione di aceto, medicinali, prodotti alimentari o aromi alimentari.Dal 1o gennaio 2022, la direttiva di modifica (UE) 2020/1151:impone ai paesi dell’Unione di esentare dall’accisa l’alcole completamente denaturato che è stato completamente denaturato in un altro paese dell’Unione, conformemente al metodo autorizzato da tale altro paese dell’Unione; consente, a determinate condizioni, di esentare dall’accisa armonizzata i prodotti previsti dalla direttiva 92/83/CEE, allorché tali prodotti siano utilizzati nella fabbricazione di integratori alimentari (secondo la direttiva 2002/46/CE relativa agli integratori alimentari — si veda la sintesi); chiarisce le procedure inerenti la notifica delle modifiche ai requisiti per la completa denaturazione dell’alcole.Introduzione di un nuovo sistema uniforme di certificazione per i piccoli produttori indipendenti di ogni tipo di alcole e di bevande alcoliche La direttiva di modifica (UE) 2020/1151:introduce un sistema uniforme di certificazione nell’Unione per confermare lo stato di piccolo produttore indipendente, che possa essere riconosciuto in tutti i paesi dell’Unione, conferisce alla Commissione europea il potere di adottare atti di esecuzione che stabiliscono regole dettagliate per tale certificazione.Elenco delle aliquote di accisa Due volte all’anno la Commissione europea pubblica un elenco completo delle aliquote di accisa in vigore nei paesi dell’Unione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DIRETTIVE? La Direttiva 92/83/CEE si applica dal 10 novembre 1992, con l’obbligo di diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 31 dicembre 1992. La direttiva di modifica (UE) 2020/1151 deve diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 31 dicembre 2021. I paesi dell’Unione sono tenuti ad applicare le regole della direttiva a partire dal 1o gennaio 2022. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Accisa sull’alcole (Commissione europea) Accise su alcole, tabacco ed energia (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Gradi Plato: il numero di gradi Plato misura la percentuale in peso dell’estratto originale per 100 grammi di birra. Tale valore è calcolato a partire dall’estratto effettivo e dall’alcole contenuto nel prodotto finito. Alcole denaturato: alcole etilico reso non potabile grazie all’aggiunta di una o più sostanze chimiche. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 92/83/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche (GU L 316 del 31.10.1992, pag. 21). Le successive modifiche alla direttiva 92/83/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Direttiva (EU) 2020/1151 del Consiglio, del 29 luglio 2020, che modifica la direttiva 92/83/CEE relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche (GU L 256 del 5.8.2020, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2002/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari (GU L 183 del 12.7.2002, pag. 51). Si veda la versione consolidata. Direttiva 92/84/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle aliquote di accisa sull’alcole e sulle bevande alcoliche (GU L 316 del 31.10.1992, pag. 29).
11,720
608
32007E0185
false
AZIONE COMUNE 2007/185/PESC DEL CONSIGLIO del 19 marzo 2007 a sostegno delle attività svolte dall'OPCW nell'ambito dell'attuazione della strategia dell'UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 14, considerando quanto segue: (1) Il 12 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato la strategia dell'UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa (di seguito «strategia dell'UE»), che nel capitolo III contiene un elenco di misure atte a combattere tale proliferazione. (2) La strategia dell'UE sottolinea il ruolo cruciale della convenzione sulle armi chimiche (CWC) e dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) per liberare il mondo dalle armi chimiche. Nell'ambito di tale strategia l'UE si è impegnata ad operare per l'adesione universale ai principali trattati e accordi in materia di disarmo e non proliferazione, tra i quali la CWC. Gli obiettivi della strategia dell'UE sono complementari a quelli perseguiti dall'OPCW, nel contesto della sua responsabilità per l'attuazione della CWC. (3) Il 22 novembre 2004 il Consiglio ha adottato l'azione comune 2004/797/PESC sul sostegno alle attività svolte dall'OPCW nell'ambito dell'attuazione della strategia dell'UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa (1). Dopo la scadenza dell'azione comune 2004/797/PESC il Consiglio ha adottato l'azione comune 2005/913/PESC, del 12 dicembre 2005, a sostegno delle attività svolte dall'OPCW nell'ambito dell'attuazione della strategia dell'UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa (2), della durata di un anno. (4) Da quando nel 2005 è iniziata l'attuazione delle azioni comuni dell'UE a sostegno dell'OPCW, 14 paesi hanno firmato e ratificato la CWC, portando così a 181 il numero di Stati membri dell'OPCW. (5) L'UE deve continuare a fornire tale assistenza intensiva e mirata all'OPCW nel contesto dell'attuazione attiva del capitolo III della strategia dell'UE. Le misure connesse con l'universalizzazione della CWC dovrebbero continuare ad essere applicate, adattate e mirate al numero in diminuzione di Stati che non aderiscono alla CWC. Nuove attività dovrebbero integrare quelle già in corso a sostegno di progetti specifici condotti dall'OPCW e volti ad assicurare la piena attuazione della CWC e a migliorare la cooperazione internazionale nel campo delle attività chimiche. (6) È opportuno incaricare la Commissione di sorvegliare la corretta esecuzione del contributo dell'UE, HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE: Articolo 1 1. Al fine di dare applicazione immediata e pratica ad alcuni elementi della strategia dell'UE, l'Unione europea sostiene le attività svolte dall'OPCW con i seguenti obiettivi: — promozione del carattere universale della CWC, — sostegno alla piena attuazione della CWC da parte degli Stati parti, — cooperazione internazionale nel settore delle attività chimiche, come misure di accompagnamento dell'attuazione della CWC, — sostegno alla creazione di un quadro di collaborazione tra l'industria chimica, l'OPCW e le autorità nazionali in occasione del decimo anniversario dell'OPCW. 2. I progetti dell'OPCW che corrispondono a misure presenti nella strategia dell'UE, sono progetti volti a: — promuovere la CWC mediante attività regionali, subregionali e bilaterali al fine di una più ampia adesione all'OPCW, — fornire sostegno tecnico continuo agli Stati parti che lo richiedono per l'istituzione e il funzionamento effettivo di autorità nazionali, tramite la concessione di sovvenzioni per lo sviluppo di capacità e l'applicazione di misure nazionali di applicazione come previsto dalla CWC, — rafforzare le capacità di risposta degli Stati parti nonché la loro capacità di elaborare programmi di assistenza e protezione contro le armi chimiche, — creare una base di dati accessibile gratuitamente che consenta alle autorità nazionali e all'industria di individuare facilmente le sostanze chimiche figuranti nelle tabelle dell'allegato della CWC relativo ai prodotti chimici, — rafforzare la cooperazione internazionale nel settore delle attività chimiche per agevolare lo sviluppo delle capacità degli Stati parti di attuare la CWC nel settore delle attività chimiche, — sostenere la preparazione di un forum dell'OPCW sull'industria e la protezione nell'ambito del decimo anniversario dell'OPCW, — sostenere visite presso gli impianti di distruzione di armi chimiche (CWDF) e/o siti di costruzione di tali impianti per valutare i progressi compiuti e le iniziative intraprese per rispettare le scadenze prorogate in materia di distruzione. Una descrizione particolareggiata dei progetti suesposti figura nell'allegato. Articolo 2 1. L'importo di riferimento finanziario per la realizzazione dei sette progetti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, è di 1 700 000 EUR, a carico del bilancio generale dell'Unione europea del 2007. 2. Le spese finanziate con l'importo di cui al paragrafo 1 sono gestite in conformità delle procedure e delle norme della Comunità europea applicabili al bilancio generale dell'Unione europea, con l'eccezione che eventuali prefinanziamenti non restano di proprietà della Comunità. 3. La Commissione vigila sul corretto impiego del contributo UE di cui al paragrafo 1. A tal fine esso conclude un accordo di finanziamento con l'OPWC sulle condizioni per l'utilizzo del contributo dell'UE, che assume la forma di una sovvenzione. L'accordo di finanziamento stipula che l'OPWC deve assicurare la visibilità del contributo dell'UE in funzione della sua entità. 4. La Commissione cerca di concludere l'accordo di finanziamento di cui al paragrafo 3 non appena possibile dopo l'entrata in vigore della presente azione comune. Informa il Consiglio di tutte le difficoltà per pervenirvi e della data di conclusione dell'accordo di finanziamento. Articolo 3 1. La presidenza, assistita dal segretario generale/alto rappresentante (SG/AR), è responsabile dell'attuazione della presente azione comune. La Commissione è pienamente associata. 2. L'attuazione tecnica dei progetti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, sono affidati al segretariato tecnico dell'OPCW (di seguito «segretariato tecnico») che esegue i propri compiti sotto le responsabilità della presidenza e sotto il controllo del SG/AR. A tal fine il SG/AR conclude gli accordi necessari con il segretariato tecnico. Articolo 4 1. La presidenza, assistita dal SG/AR, riferisce al Consiglio sull'attuazione della presente azione comune. La Commissione è pienamente associata e fornisce le informazioni sugli aspetti finanziari dell'attuazione di progetti di cui all'articolo 1, paragrafo 2. 2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 si basano su relazioni periodiche da fornirsi da parte del segretariato tecnico. Articolo 5 La presente azione comune entra in vigore il giorno della sua adozione. Essa scade 18 mesi dopo la conclusione dell'accordo di cui all'articolo 2, paragrafo 3. Articolo 6 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 19 marzo 2007. Per il Consiglio Il presidente Horst SEEHOFER (1) GU L 349 del 24.11.2004, pag. 63. (2) GU L 331 del 17.12.2005, pag. 34. ALLEGATO Sostegno UE alle attività svolte dall'OPCW nell'ambito dell'attuazione della strategia UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa 1. Obiettivo e descrizione Obiettivo generale: sostenere l'universalizzazione della convenzione sulle armi chimiche (CWC) e, in particolare, promuovere la ratifica/adesione ad essa degli Stati non parti (sia Stati firmatari sia Stati non firmatari) e sostenere la piena attuazione della CWC da parte degli Stati parti. Descrizione: l'assistenza dell'UE all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) sarà incentrata sui seguenti settori che secondo gli Stati parti della CWC richiedono interventi urgenti: — promozione del carattere universale della CWC, — sostegno alla piena attuazione della CWC da parte degli Stati parti, — cooperazione internazionale nel settore delle attività chimiche sotto forma di misure di accompagnamento dell'attuazione della CWC, — sostegno alla creazione di un quadro di collaborazione tra l'industria chimica, l'OPCW e le autorità nazionali nell'ambito del decimo anniversario dell'OPCW. I progetti menzionati al punto 2 beneficeranno del sostegno dell'UE. I finanziamenti UE copriranno solo spese specificamente connesse con l'attuazione di tali progetti. L'OPCW provvederà inoltre all'acquisizione di qualsiasi bene, opera o servizio. 2. Descrizione dei progetti 2.1. Progetto 1: carattere universale della CWC Scopo del progetto Pervenire all'adesione universale alla CWC promuovendo attivamente la ratifica della CWC, o l'adesione alla stessa, da parte di Stati non parti (sia Stati firmatari che Stati non firmatari) e sostenere la piena ed effettiva attuazione della CWC da parte degli Stati parti. Risultati/attività del progetto — Aumentare il numero di aderenti alla convenzione incoraggiando e sostenendo i rimanenti 14 Stati non parti (1) ad aderirvi quanto prima, — rafforzare la rete regionale (con il coinvolgimento delle pertinenti organizzazioni regionali e subregionali per promuovere il carattere universale della CWC nonché l'effettiva attuazione della stessa a livello nazionale), — accrescere la conoscenza della convenzione, delle sue disposizioni e dei benefici che offre agli Stati parti tramite programmi regionali, subregionali e bilaterali e la partecipazione di Stati non parti a iniziative dell'OPCW quali corsi di formazione, workshop e seminari sull'attuazione della CWC. Descrizione del progetto a) Workshop regionale sulla CWC per il bacino mediterraneo e il Medio Oriente Workshop sulla CWC per gli Stati non parti del bacino mediterraneo e del Medio Oriente (da tenersi in luogo da determinare, 2-3 giorni, secondo semestre 2007). Questo seminario costituirà il seguito di eventi simili tenutisi a Malta (2004), Cipro (2005), in Italia (2006) e Nord Africa (2007). Esso mira ad accrescere laconoscenza della CWC e del suo contributo alla stabilità regionale e alla pace e sicurezza internazionali. I partecipanti provenienti da Stati non parti della regione saranno patrocinati. Il segretariato tecnico dell'OPCW (di seguito «segretariato tecnico») può patrocinare anche rappresentanti di Stati parti e di organizzazioni regionali/subregionali (quali la Lega degli Stati arabi) in qualità di persone risorsa. Uno o due oratori ospiti dell'UE saranno invitati a informare i partecipanti sulle iniziative UE in materia di non proliferazione e disarmo per quanto riguarda le armi di distruzione di massa, gli aspetti politici e di sicurezza del partenariato euromediterraneo e le misure di controllo delle esportazioni attuate dell'UE. Costo totale stimato: 56 478 EUR. b) Visite/programmi bilaterali Il segretariato tecnico intensificherà, di concerto con la presidenza UE, i programmi e i contatti bilaterali mirati destinati a singoli Stati non parti. Della squadra di visitatori faranno parte, a seconda della necessità, rappresentanti UE. i) 2-3 visite bilaterali in Stati non parti in Africa. Ciascuna visita durerà 2-3 giorni e vi parteciperanno al massimo 5 membri del personale del segretariato tecnico. Solo i servizi o i reparti più pertinenti del segretariato tecnico saranno invitati a inviare persone risorsa. ii) 2-3 visite bilaterali in Stati non parti del Medio Oriente. Ciascuna visita durerà 2-3 giorni e vi parteciperanno al massimo 3-4 membri del personale del segretariato tecnico. Solo i servizi o i reparti più pertinenti saranno invitati a inviare persone risorsa. iii) 2-3 visite bilaterali in Stati non parti dell'America Latina e dei Caraibi. A ciascuna visita parteciperanno al massimo 3-4 membri del personale del segretariato tecnico. Solo i servizi o i reparti più pertinenti saranno invitati a inviare persone risorsa. iv) 1-2 visite bilaterali in Asia. A ciascuna visita parteciperanno al massimo 3-4 membri del personale del segretariato tecnico. Solo i servizi o i reparti più pertinenti saranno invitati a inviare persone risorsa. Costo totale stimato: 88 435 EUR. Gli eventi bilaterali destinati a questi paesi potrebbero includere workshop/seminari nazionali di sensibilizzazione alla convenzione e promozione della ratifica/adesione alla stessa. Va rilevato che la decisione finale di organizzare tali eventi bilaterali dipenderà da sviluppi positivi e dal livello di preparazione dei paesi summenzionati. Costo totale stimato del progetto 1: 144 913 EUR. 2.2. Progetto 2: applicazione della CWC a livello nazionale 2.2.1. Istituzione e funzionamento efficiente di autorità nazionali, attuazione di misure nazionali di esecuzione e adozione di qualsiasi misura amministrativa richiesta in conformità degli obblighi derivanti dall'articolo VII della CWC, nonché presentazione di dichiarazioni accurate a norma dell'articolo VI Descrizione del progetto Il progetto contribuirà agli sforzi in atto volti a migliorare il funzionamento delle autorità nazionali e all'adozione di adeguate misure di attuazione mediante l'assistenza su tutte le questioni connesse con la CWC, rivolgendo particolare attenzione agli aspetti giuridici e tecnici per rispondere alle esigenze di Stati parti richiedenti, al fine di coadiuvarli nell'ottemperare agli obblighi previsti dall'articolo VII della CWC attraverso visite bilaterali o in altre configurazioni appropriate. Tale assistenza sarà fornita da esperti/persone risorsa dell'organico dell'OPCW con l'inclusione, all'occorrenza, di esperti UE. La durata di ciascuna visita sarà di circa 5 giorni lavorativi. A ciascuna visita parteciperanno di norma tre esperti. La durata di ciascuna visita e il numero di persone che compongono ciascuna squadra saranno stabiliti caso per caso per rispondere alle esigenze dell'assistenza da fornire con il miglior rapporto costi-benefici. Come alternativa, l'assistenza verrà fornita finanziando visite di esperti degli Stati parti richiedenti al segretariato tecnico, per consultazioni e attività pratiche con i funzionari competenti del segretariato tecnico. Anche ciascuna di queste visite durerà 5 giorni lavorativi circa e vi parteciperanno di norma tre esperti nazionali per visita. Inoltre l'UE finanzierà un programma di visite ampliato in Africa, al fine di coadiuvare gli Stati parti africani nell'ottemperare agli obblighi previsti dall'articolo VII della CWC. Costo totale stimato: 225 498 EUR. 2.2.2. Stanziamento di sovvenzioni alle autorità nazionali per sostenere gli sforzi di sviluppo di capacità per le attività nazionali necessarie ai fini dell'attuazione della convenzione Descrizione del progetto Sovvenzioni per finanziare le attività di attuazione nazionali presso le circa dieci autorità nazionali selezionate, per un importo non superiore a 10 000 EUR per ciascuna autorità. I settori specifici per i quali può essere chiesta da Stati parti l'assistenza nel prossimo futuro includono i fondi per: — la traduzione e la pubblicazione della CWC nella lingua nazionale, qualora essa non sia una delle lingue della convenzione, e la pubblicazione e la distribuzione della legislazione e dei regolamenti adottati che istituiscono un ufficio per l'autorità nazionale, — le spese di consulenza per giuristi che elaborano la legislazione nazionale di attuazione, — corsi nazionali di sensibilizzazione del personale dei pertinenti dipartimenti governativi e dell'industria sull'attuazione delle diverse disposizioni della convenzione. Tali corsi possono includere ad esempio seminari di coinvolgimento e di sensibilizzazione per i decisori di ministeri, quali affari esteri, giustizia, difesa, interno, industria e commercio, nonché per le autorità doganali e le associazioni industriali, — corsi di formazione per gli ambienti interessati su come identificare e preparare relazioni su impianti dichiarabili, prodotti chimici classificati, importazioni ed esportazioni rilevanti ai fini della CWC. Queste sovvenzioni non forniranno assistenza finanziaria per pagare le retribuzioni. Meccanismo di attribuzione Sarà creato, con il contributo di rappresentanti della presidenza dell'UE, dell'ufficio del rappresentante personale dell'alto rappresentante per la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, dei servizi della Commissione e del segretariato tecnico, un meccanismo di attribuzione per la selezione delle autorità nazionali e dei consulenti proposti. Criteri di selezione La selezione delle autorità nazionali che riceveranno gli aiuti sarà effettuata in base a criteri accuratamente individuati, inclusa la dimostrazione della loro capacità di realizzare progressi quantificabili nell'attuazione delle disposizioni della convenzione e in conformità del piano d'azione specifico per paese elaborato durante una visita bilaterale di assistenza. Il meccanismo di selezione verificherà l'ammissibilità delle domande di sovvenzione ricevute dalle autorità nazionali (in particolare per quanto riguarda la loro pertinenza nella prospettiva di accrescere la capacità di attuazione nazionale, la trasparenza, la fattibilità e la sostenibilità) prima di trasmettere raccomandazioni ai competenti organi del Consiglio. Tali sovvenzioni contribuiranno a rendere autonome le autorità nazionali selezionate negli anni successivi. Per poter ricevere le sovvenzioni le autorità nazionali beneficiarie dovranno comunicare all'OPCW obiettivi quantificabili da conseguire nonché un calendario preciso della loro attuazione attraverso l'uso delle sovvenzioni. Quale parte del contratto, l'autorità nazionale beneficiaria sarà tenuta a riferire regolarmente al segretariato tecnico in merito alle sue attività. L'erogazione delle sovvenzioni sarà effettuata in quote successive e, dopo la prima, previo esame dei progressi conseguiti. Il segretariato tecnico trasmetterà all'UE le informazioni pertinenti sui progressi realizzati dagli Stati parti beneficiari nonché una scheda finanziaria sull'uso dei fondi da parte di ciascuno Stato parte beneficiario. Costo totale stimato: 100 000 EUR. 2.2.3. Partecipazione di autorità nazionali e autorità doganali a una o più riunioni tecniche all'Aia o altrove sulle disposizioni relative ai trasferimenti della CWC Descrizione del progetto Le difficoltà incontrate dagli Stati parti nella raccolta di dati affidabili su importazioni e esportazioni per i prodotti chimici classificati e nella compilazione di dichiarazioni accurate all'OPCW nonché nel controllo del commercio di prodotti chimici classificati a motivo delle limitazioni della capacità nazionale incidono sull'efficacia del regime di verifica dell'OPCW e sul raggiungimento dei suoi obiettivi in materia di non proliferazione. Il segretariato tecnico sta cercando di far fronte alle summenzionate sfide concentrandosi sui seguenti temi: — sensibilizzazione dei soggetti interessati in seno alle autorità nazionali, in particolare le autorità doganali, ai requisiti giuridici della CWC, al fine di promuovere gli obiettivi della convenzione in materia di non proliferazione, — fornitura di informazioni tecniche alle autorità doganali attraverso riunioni incentrate sul miglioramento della gestione delle procedure relative alle importazioni ed esportazioni al fine di disciplinare il commercio di prodotti chimici classificati, — individuazione dei pertinenti prodotti chimici, ai fini di un efficace controllo del commercio di prodotti chimici classificati, e condivisione di esperienze nazionali e regionali nell'attuazione delle disposizioni della convenzione in materia di trasferimenti, — divulgazione delle informazioni sulle iniziative e le attività di assistenza dell'UE per il controllo dei prodotti chimici classificati, — comprensione delle difficoltà pratiche e delle sfide cui devono far fronte le autorità doganali in diverse regioni e sottoregioni nel controllo del commercio di prodotti chimici classificati, — agevolazione di una migliore comprensione e cooperazione tra i soggetti interessati in seno all'autorità nazionale per il controllo e la presentazione dei dati relativi alle importazioni ed esportazioni di prodotti chimici classificati, — ricerca di sinergie tra i diversi regimi internazionali che le autorità doganali devono controllare e costituzione di un forum per la consultazione e la cooperazione nell'ambito delle sottoregioni ai fini di un'efficace attuazione delle prescrizioni della convenzione. Il segretariato tecnico organizzerà tre riunioni subregionali per il sud-est asiatico, la Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe e per gli Stati parti nell'Europa orientale. In tali riunioni il segretariato tecnico cercherà di porre in evidenza la necessità per tutti gli Stati parti di introdurre misure che contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi della convenzione in materia di non proliferazione. Inoltre, nel corso della riunione regionale annuale delle autorità nazionali nell'ambito del Gruppo degli Stati latino americani e caraibici (GRULAC), si porrà l'accento sulla necessità di un'efficace interazione tra autorità nazionali e autorità doganali. Il numero di Stati parti che assistono ad un evento subregionale è compreso tra sette e dieci. Due rappresentanti dell'autorità nazionale e delle autorità doganali di ciascuno Stato parte sono invitati a partecipare. Persone risorsa con una specializzazione pertinente sono altresì patrocinate dall'OPCW per tali riunioni. Costo totale stimato: 183 466 EUR. 2.2.4. Sensibilizzazione dei parlamentari alle prescrizioni della CWC affinché gli Stati parti adottino normative nazionali di recepimento globali Scopo del progetto Promuovere l'adozione della legislazione nazionale di recepimento negli Stati parti. Descrizione del progetto Il segretariato tecnico mira a coinvolgere i parlamenti nelle diverse regioni geografiche rappresentate in seno all'OPCW, al fine di sensibilizzarli all'importanza dell'adozione della legislazione nazionale di attuazione della CWC. A tal fine, il segretariato tecnico intende organizzare due riunioni apposite di parlamentari a livello regionale in Asia e in America latina. Inoltre, un lavoro di sensibilizzazione continuerebbe ad essere svolto durante le assemblee dell’Unione interparlamentare. Tale richiesta è effettuata sulla base del numero di progetti di legislazioni nazionali di attuazione che si prevede siano esaminati dai parlamenti nazionali nel corso del 2007-2008. Solo un terzo dei membri dell'OPCW dispone di una legislazione nazionale di attuazione globale. Costo totale stimato: 167 769 EUR. Costo totale stimato del progetto 2: 676 733 EUR. 2.3. Progetto 3: cooperazione internazionale nel settore delle attività chimiche Corso di formazione per lo sviluppo di capacità analitiche Scopo del progetto Facilitare lo sviluppo delle capacità degli Stati parti di attuare la CWC nel settore delle attività chimiche in conformità delle disposizioni dell'articolo XI della convenzione. Il progetto è incentrato essenzialmente sulla creazione di capacità mediante il sostegno ai laboratori di analisi attraverso la formazione nel settore del campionamento e dell'analisi dei prodotti chimici aventi rilevanza per la CWC. Risultati/attività del progetto — Assistere chimici analitici qualificati degli Stati parti nell'acquisire ulteriori esperienze e conoscenze pratiche, al fine di facilitare l'analisi dei prodotti chimici connessi con l'attuazione nazionale della convenzione, — fornire a tali laboratori nei paesi prescelti la capacità di aumentare il loro livello di competenza tecnica. Descrizione del progetto Nel 2007 saranno organizzate tre unità del corso di formazione per lo sviluppo di capacità analitiche, ciascuna per 20 partecipanti. Il corso sarà inteso ad assistere chimici analisti qualificati di Stati parti in via di sviluppo o con economie in via di transizione nell'acquisizione di ulteriore esperienza e conoscenze pratiche, a facilitare l'analisi di prodotti chimici interessati dall'attuazione nazionale della convenzione, a potenziare le capacità nazionali degli Stati membri offrendo formazione in chimica analitica al personale dell'industria, delle istituzioni accademiche e dei laboratori statali, a facilitare l'adozione di buone prassi di laboratorio e ad ampliare la riserva di personale specializzato alla quale le autorità nazionali e il segretariato possono attingere in futuro. Il corso abbraccerà sia la formazione teorica che quella pratica in settori riguardanti la convalida del sistema, l'individuazione di guasti, problemi e simili, la preparazione e l'analisi di campioni. Ciascun corso avrà una durata di due settimane. Costo totale stimato del progetto 3: 360 000 EUR. 2.4. Progetto 4: assistenza e protezione contro le armi chimiche Scopo del progetto L'OPCW è impegnata ad affrontare le minacce alla pace e alla sicurezza. Tali minacce richiedono risposte rapide e coordinate a livello nazionale, regionale e internazionale. L'articolo X della CWC, che ha per oggetto l'assistenza e la protezione, ha un ruolo particolare a tale riguardo. L'OPCW deve sviluppare e mantenere uno stato di prontezza a fornire una risposta tempestiva, adeguata ed efficiente. Per tale motivo, l'OPCW deve assistere gli Stati parti a sviluppare e/o migliorare i sistemi di risposta contro le armi chimiche a livello nazionale e regionale, e a creare un efficace meccanismo di mobilitazione dell'assistenza internazionale ad ogni Stato parte richiedente in caso di eventuale uso di armi chimiche. Risultati del progetto — Rafforzamento delle capacità del segretariato tecnico di mobilitare e coordinare l'assistenza internazionale, — creazione/rafforzamento o miglioramento delle capacità nazionali di risposta e dei programmi di protezione degli Stati parti, — creazione di reti di protezione regionale funzionanti efficacemente, — fornitura e divulgazione delle informazioni nel settore della protezione contro le armi chimiche. 2.4.1. Visite tecniche agli Stati parti a fini di ispezione delle offerte di assistenza Descrizione del progetto Il segretariato tecnico effettuerà un massimo di sei visite nel 2007 presso gli Stati parti a fini di ispezione delle offerte di assistenza ai sensi del paragrafo 7 dell'articolo X dell'OPCW. La squadra del segretariato tecnico sarà composta al massimo di due esperti. Complessivamente 71 Stati parti si sono impegnati a fornire assistenza attraverso l'OPCW e a tal fine 42 Stati parti hanno prescelto di offrire volontariamente assistenza all'OPCW. Tali impegni volontari in materia di assistenza includono vari tipi di apparecchiature di protezione individuale, apparecchiature e unità di rilevazione e di decontaminazione, materiale umanitario, opuscoli e consulenza di esperti. Dette visite consentiranno di valutare le offerte fatte dagli Stati membri, al fine di garantirne la validità e verificare lo stato delle apparecchiature (conservabilità, imballaggio, disponibilità, possibilità di pronta consegna, ecc.). Qualora l'apparecchiatura sia ai limiti della conservabilità o si intenda modificare l'offerta, la visita in questione stabilirebbe le nuove condizioni e otterrebbe maggiori dettagli sull'offerta. Siffatte informazioni sarebbero inserite nella base di dati in materia di assistenza e protezione dell'OPCW. Costo totale stimato: 45 230 EUR. 2.4.2. Sviluppo delle capacità nazionali degli Stati parti del Nord Africa contro le armi chimiche Descrizione del progetto Data l'attuale situazione in materia di sicurezza, gli Stati parti stanno acquisendo maggiore consapevolezza del fatto che i loro attuali piani di risposta nazionali non tengono conto del possibile uso della armi di distruzione di massa (ADM). Di conseguenza, l'OPCW riceve un elevato numero di richieste relative allo sviluppo di capacità di protezione contro le armi chimiche dagli Stati parti, nell'ipotesi di attacchi terroristici chimici. Il segretariato tecnico ha attribuito un'elevata priorità alla regione africana, in cui non esistono quasi capacità di protezione contro le armi chimiche; ritenendo che la situazione sia di massima necessità, il segretariato tecnico ha deciso di fornire assistenza tempestiva a tale regione. Recentemente, per ragioni di sicurezza della regione, gli Stati parti del Nord Africa (Algeria, Libia, Marocco e Tunisia) hanno chiesto l'assistenza dell'OPCW conformemente al paragrafo 5 dell'articolo X della CWC, che autorizza gli Stati parti a richiedere e ricevere pareri di esperti del segretariato tecnico per il miglioramento e lo sviluppo delle loro capacità di protezione contro le armi chimiche. Il segretariato tecnico ha programmato una serie di attività volte a formare il personale di primo intervento che opera in questo campo e a sviluppare il suo sistema di risposta di emergenza contro gli agenti per la guerra chimica (CWA). Le attività nel Nord Africa inizieranno con una riunione di programmazione preliminare, seguita da corsi di base, avanzati e specializzati in materia di protezione. Il progetto si concluderà con un esercizio subregionale e una riunione di convalida finale. Costo totale stimato: 200 900 EUR. Costo totale stimato del progetto 4: 246 130 EUR. 2.5. Progetto 5: sostegno alla piena attuazione della CWC a livello nazionale da parte degli Stati parti attraverso l'aggiornamento della base di dati dei prodotti chimici classificati a fini di verifica 2.5.1. Aggiornamento della base di dati dei prodotti chimici classificati a fini di verifica Obiettivo del progetto Agevolare le attività delle autorità nazionali e dell'industria attraverso la creazione di una base di dati accessibile gratuitamente che consenta loro di identificare facilmente i prodotti chimici classificati e aiutarle a migliorare l'individuazione degli impianti ai fini delle dichiarazioni e ridurre le discrepanze nelle importazioni ed esportazioni dichiarate di questi prodotti chimici tra Stati parti. Risultati del progetto — Creare una base di dati contenente tutti i possibili prodotti chimici classificati nella CWC, — identificare questi prodotti con il numero di registro CAS, qualora sia stato assegnato, il codice del sistema armonizzato (HS) per l'uso dei funzionari doganali e formule chimiche e strutturali, — rendere la base di dati accessibile sul web gratuitamente. Costo totale stimato del progetto 5: 80 180 EUR. 2.6. Progetto 6: forum dell'OPCW sull'industria e la protezione Obiettivo del progetto Preparare e condurre un forum dell'OPCW sull'industria e la protezione nel quadro del decimo anniversario dell'OPCW il 2-3 novembre 2007, prima della dodicesima sessione della conferenza degli Stati parti e della riunione delle autorità nazionali immediatamente precedente. Due giorni di sessioni plenarie e workshop paralleli sull'industria e la protezione, nonché sessioni di formazione con il segretariato tecnico, l'industria chimica, le autorità nazionali e le rispettive agenzie nazionali, accompagnati da un'esposizione delle attrezzature di ispezione e per la protezione dalle ADM della CWC. Scopo del progetto Scopo generale del forum è sostenere l'attuazione della CWC a livello nazionale attraverso la creazione di sinergie e il rafforzamento di un quadro di collaborazione tra l'industria chimica, l'OPCW e le autorità nazionali. Invitando al forum rappresentanti dell'industria chimica degli Stati firmatari si mirerà anche a promuovere il carattere universale della CWC. Risultati del progetto — Maggiore sostegno all'industria chimica nell'attuazione della CWC a livello nazionale e crescenti sinergie tra l'industria chimica, l'OPCW e le autorità nazionali, — crescente consapevolezza dell'industria chimica riguardo alle minacce e alle sfide in materia di proliferazione, — migliore capacità degli Stati parti nella protezione contro le armi di distruzione di massa (ad esempio rilevazione, contromisure mediche e attrezzature per l'intervento), — migliore capacità dell'industria chimica nell'impiego di tecniche e procedure di verifica della CWC, — assistenza ai paesi in via di sviluppo nella partecipazione a scambi di esperienze e conoscenze pratiche sulle verifiche svolte dall'industria e accesso ai più recenti sviluppi nel campo della verifica della CWC e della protezione contro le ADM. Partner, pubblico/soggetti interessati nonché partecipanti e beneficiari del progetto L'industria chimica, incluse le associazioni (CEFIC, Organizzazione mondiale delle industrie chimiche) e le società degli Stati membri e degli Stati firmatari, le autorità nazionali degli Stati membri dell'OPCW, le agenzie governative coinvolte nel controllo/nella supervisione delle attività nel campo dell'attuazione e del controllo a livello nazionale delle sostanze chimiche tossiche, le agenzie governative impegnate nella fornitura di assistenza in caso di impiego di armi chimiche o di uso terroristico di sostanze chimiche tossiche, le organizzazioni ed agenzie internazionali e nazionali, nonché le società produttrici di apparecchiature di protezione contro le ADM. Costo totale stimato del progetto 6: 140 000 EUR. 2.7. Progetto 7: fornitura di sostegno finanziario ai gruppi dell'OPCW in visita agli impianti di distruzione delle armi chimiche (CWDF) Scopo del progetto Fornire sostegno finanziario ai rappresentanti del Consiglio esecutivo dell'OPCW, come indicato nella decisione del Consiglio esecutivo e della conferenza degli Stati parti (EC-M-26/DEC.5), per consentire di effettuare visite ai CWDF e/o ai siti di costruzione di tali impianti, al fine di valutare i progressi e gli sforzi compiuti verso il rispetto dei termini prorogati per la distruzione. Risultati del progetto Attuazione delle decisioni del Consiglio esecutivo e della conferenza degli Stati parti (EC-M-26/DEC.5), agevolando la partecipazione ai gruppi in visita di rappresentanti di tutti i gruppi regionali che, a motivo di vincoli finanziari, non potrebbero altrimenti partecipare. Descrizione del progetto L'8 dicembre 2006 il Consiglio esecutivo dell'OPCW ha adottato la decisione EC-M-26/DEC.5 «Visite dei rappresentanti del Consiglio esecutivo», in cui si raccomanda alla conferenza degli Stati parti di adottare una decisione che approvi le visite di rappresentanti del Consiglio esecutivo ai CWDF negli Stati Uniti d'America e nella Federazione russa. La Conferenza degli Stati parti ha convenuto che tali visite debbano avere luogo e ha stabilito le modalità pratiche con decisione C-11/DEC.20 dell'8 dicembre 2006«Visite dei rappresentanti del Consiglio esecutivo». Le visite saranno intese a fornire ai membri del Consiglio esecutivo l'opportunità di valutare i progressi e gli sforzi compiuti verso il rispetto dei termini prorogati e le eventuali misure adottate dallo Stato parte oggetto della visita, in modo da poter superare eventuali problemi o ritardi nei programmi di distruzione. Conformemente alla decisione C-11/DEC.20, i gruppi in visita dovrebbero comprendere: il presidente (o vicepresidente) del Consiglio esecutivo, un rappresentante di ciascuno degli altri gruppi regionali, un rappresentante degli altri Stati parti che ospitano tali visite, il direttore generale del segretariato tecnico (o il suo rappresentante) e, se necessario, un interprete del segretariato tecnico. Tale decisione stabilisce che il segretariato tecnico sostiene tutte le spese relative al proprio personale e al presidente (o vicepresidente) del Consiglio esecutivo e che tutti gli altri partecipanti sostengono le proprie spese. Il progetto mira a fornire il finanziamento per i quattro rappresentanti regionali partecipanti, qualora lo richiedano. Il meccanismo di attribuzione istituito per il progetto di cui al punto 2.2.2 sarà utilizzato per la selezione dei beneficiari da finanziare nel quadro di questo progetto. Il segretariato tecnico informerà quanto prima la presidenza dell'UE in merito a tutti i candidati interessati e sarà convocata una riunione del meccanismo di attribuzione. L'accordo preliminare degli Stati membri dell'UE sarà necessario per la selezione finale dei partecipanti che beneficeranno del sostegno dell'UE per le visite. I criteri di selezione includeranno lo status di paese meno sviluppato, il soddisfacimento, da parte del paese richiedente, dei propri obblighi nei confronti dell'OPCW e il rispetto di tutti i pertinenti obblighi internazionali in materia di disarmo e di non proliferazione. L'UE vaglierà in una fase successiva l'opportunità di creare un fondo fiduciario a tal fine. Costo totale stimato del progetto 7: 21 696 EUR. 3. Durata La durata complessiva stimata dell'attuazione dell'azione comune è di 18 mesi. 4. Beneficiari I beneficiari delle attività riguardanti il carattere universale sono Stati non parti della CWC (Stati firmatari e Stati non firmatari). I beneficiari delle attività connesse all'attuazione sono Stati parti della CWC che non sono Stati membri dell'UE. I progetti mirano a migliorare l'attuazione rigorosa e il rispetto della CWC da parte degli Stati parti. La selezione dei beneficiari sarà effettuata dall'OPCW in coordinamento con la presidenza dell'UE. 5. Ente incaricato dell'attuazione del progetto L'OPCW è incaricata dell'attuazione dei sette progetti. Questi sette progetti saranno attuati dal personale dell'OPWC con l'assistenza degli Stati parti dell'OPWC e delle loro istituzioni, da esperti o contraenti scelti con il sistema succitato. Per i contraenti, l'appalto di merci, opere o servizi da parte dell'OPWC nel contesto della presente azione comune sarà effettuato conformemente alle regole e alle procedure applicabili dell'OPWC, come specificato nell'accordo con un'organizzazione internazionale sul contributo della Comunità europea. I risultati conseguiti da ciascuno dei sette progetti finanziati nel quadro della presente azione comune saranno valutati dalle istituzioni e dagli organi competenti dell'UE a norma della presente azione comune. A tal fine l'OPCW fornirà relazioni particolareggiate sulla relativa attuazione alla presidenza UE, tramite il segretario generale/alto rappresentante, nonché alla Commissione. 6. Partecipanti terzi I progetti saranno finanziati al 100 % dalla presente azione comune. Gli esperti degli Stati parti dell'OPWC possono essere considerati come partecipanti terzi. Essi opereranno in base alle regole operative abituali previste per gli esperti dell'OPWC. 7. Stima delle risorse necessarie Il contributo dell'UE coprirà il 100 % dell'attuazione dei sette progetti di cui al presente allegato. I costi stimati sono i seguenti: progetto 1 144 913 EUR, progetto 2 676 733 EUR, progetto 3 360 000 EUR, progetto 4 246 130 EUR, progetto 5 80 180 EUR, progetto 6 140 000 EUR, progetto 7 21 696 EUR. COSTO TOTALE ARROTONDATO (imprevisti esclusi): 1 670 000 EUR. È inoltre inclusa una riserva per imprevisti pari al 3 % circa dei costi ammissibili (30 000 EUR). COSTO TOTALE (imprevisti compresi): 1 700 000 EUR. 8. Importo di riferimento finanziario per coprire il costo totale dei progetti Il costo totale dei progetti è pari a 1 700 000 EUR. (1) Gli Stati non parti hanno la seguente distribuzione geografica: Africa [Angola, Congo (Brazzaville), Guinea Bissau e Somalia], Medio Oriente (Egitto, Iraq, Israele, Libano e Siria), America Latina e Caraibi (Bahamas, Barbados e Repubblica dominicana), Asia (Myanmar e Corea del Nord).
Armi chimiche Il Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2003 ha adottato la strategia contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, che riguarda in particolare la lotta contro le armi chimiche. La presente azione comune nasce dall'impegno dell'Unione europea (UE) a fornire sostegno alle attività promosse dall'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) e individua sette progetti prioritari. ATTO Azione comune 2007/185/PESC del Consiglio, del 19 marzo 2007, a sostegno delle attività svolte dall'OPCW nell'ambito dell'attuazione della strategia dell'UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa [Gazzetta ufficiale L 85 del 19.03.2007]. SINTESI La convenzione sulle armi chimiche (CAC) (EN) (ES) (FR) e l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) (EN) (ES) (FR) svolgono un ruolo decisivo nella lotta per liberare il mondo dalle armi chimiche. Il capitolo III della strategia dell'Unione europea (UE) contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa riconosce l'importanza di questo ruolo e impegna l'UE a operare a favore dell'universalizzazione della convenzione sulle armi chimiche (CAC). L'azione comune fissa quattro obiettivi: promuovere l'universalità della CAC; fornire sostegno all'attuazione della CAC da parte degli Stati membri; accompagnare alla completa attuazione della CAC con una cooperazione nel settore delle attività chimiche; fornire sostegno alla creazione di un quadro di collaborazione tra l'industria chimica, l'OPCW e le autorità nazionali. I progetti dell'OPCW che rispondono alle priorità della Comunità sono finalizzati a: promuovere la CAC attraverso attività regionali, subregionali e bilaterali, il cui obiettivo è accrescere il numero di adesioni all'OPCW; fornire un'assistenza tecnica permanente agli Stati aderenti per la creazione di un'autorità nazionale e garantire il buon funzionamento della stessa; rafforzare la capacità degli Stati aderenti di reagire e di elaborare programmi d'assistenza e di protezione contro le armi chimiche; creare una banca dati accessibile gratuitamente per l'identificazione dei prodotti chimici indicati dalla CAC; rafforzare la cooperazione internazionale per facilitare l'attuazione della CAC; impegnarsi a favore di un forum dell'OPCW sul tema «Industria e protezione» del quadro del decimo anniversario dell'OPCW; promuovere l'organizzazione di visite agli impianti di distruzione delle armi chimiche e/o ai siti di costruzione di tali impianti. L'azione comune illustra in dettaglio nell'allegato i sette progetti che saranno interamente finanziati dall'UE (costo complessivo: 1 700 000 EUR) e attuati dall'OPCW nell'arco di 18 mesi. I beneficiari delle attività a favore dell'universalizzazione sono gli Stati (firmatari e non) che non hanno aderito alla CAC; i beneficiari delle attività associate all'attuazione sono gli Stati che hanno aderito alla CAC ma che non sono membri dell'UE. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Azione comune 2007/185/PESC 19.03.2007 - Gazzetta ufficiale L 85 del 27.03.2007
12,886
784
31985R2137
false
Regolamento (CEE) n. 2137/85 del Consiglio del 25 luglio 1985 relativo all'istituzione di un gruppo europeo di interesse economico (GEIE) Gazzetta ufficiale n. L 199 del 31/07/1985 pag. 0001 - 0009 edizione speciale finlandese: capitolo 17 tomo 1 pag. 0090 edizione speciale spagnola: capitolo 17 tomo 2 pag. 0003 edizione speciale svedese/ capitolo 17 tomo 1 pag. 0090 edizione speciale portoghese: capitolo 17 tomo 2 pag. 0003 *****REGOLAMENTO (CEE) N. 2137/85 DEL CONSIGLIO del 25 luglio 1985 relativo all'istituzione di un gruppo europeo di interesse economico (GEIE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 235, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che uno sviluppo armonioso delle attività economiche ed una espansione continua ed equilibrata nell'insieme della Comunità dipendono dall'instaurazione e dal buon funzionamento di un mercato comune che assicuri condizioni analoghe a quelle esistenti in un mercato nazionale; che la realizzazione di tale mercato unico e il rafforzamento della sua unità rendono auspicabile segnatamente la creazione per le persone fisiche, società ed altri enti giuridici, di un contesto giuridico che faciliti l'adattamento delle attività alle condizioni economiche della Comunità; che a tal fine è necessario che le persone fisiche, la società e gli altri enti giuridici possano effettivamente cooperare oltre le frontiere; considerando che tale cooperazione può incontrare difficoltà di carattere giuridico, fiscale o psicologico; che la creazione di uno strumento giuridico adatto a livello comunitario sotto forma di un gruppo europeo di interesse economico contribuisce alla realizzazione dei suddetti obiettivi ed è quindi necessaria; considerando che il trattato non ha previsto i poteri d'azione specifici per la creazione di tale strumento giuridico; considerando che la capacità d'adattamento del gruppo alle condizioni economiche deve essere garantita dalla notevole libertà lasciata ai suoi membri per organizzare i loro rapporti contrattuali e il funzionamento interno del gruppo; considerando che il gruppo si differenzia da una società soprattutto per il suo scopo che è soltanto quello di facilitare o di sviluppare l'attività economica dei suoi membri per permettere loro di migliorare i propri risultati; che, a causa di tale carattere ausiliario, l'attività del gruppo deve collegarsi all'attività economica dei suoi membri e non sostituirsi ad essa e che, in tale misura, per esempio, il gruppo stesso non può esercitare nei confronti dei terzi libere professioni e che la nozione di attività economica deve essere interpretata nel senso più largo; considerando che l'accesso al gruppo deve essere consentito nel modo più ampio possibile alle persone fisiche, alle società e agli altri enti giuridici nel rispetto delle finalità del presente regolamento; che le disposizioni di quest'ultimo non pregiudicano tuttavia l'applicazione, a livello nazionale, delle norme legali e/o deontologiche relative alle condizioni di esercizio di un'attività o di una professione; considerando che il presente regolamento non conferisce, da solo, ad alcuna persona il diritto di partecipare ad un gruppo neppure quando sono soddisfatte le condizioni prescritte nel medesimo; considerando che il potere previsto dal presente regolamento di vietare o limitare, per motivi di interesse pubblico, la partecipazione ad un gruppo non pregiudica le legislazioni degli stati membri che disciplinano l'esercizio di attività e che possono prevedere ulteriori divieti o restrizioni ovvero vigilare o sorvegliare in altro modo la partecipazione ad un gruppo di persone fisiche, società o altri enti giuridici, di qualsiasi categoria; considerando che per permettere al gruppo di raggiungere i suoi scopi, occorre dotarlo di capacità giuridica propria e prevedere che un organo giuridicamente distinto dai suoi membri lo rappresenti nei confronti dei terzi; considerando che la protezione dei terzi esige che si organizzi una ampia pubblicità e che i membri del gruppo rispondano sempre e solidalmente dei debiti di quest'ultimo, compresi quelli in materia fiscale e di sicurezza sociale, senza che tale principio pregiudichi tuttavia la libertà di escludere o di ridurre, mediante specifico contratto tra il gruppo ed un terzo, la responsabilità di uno o più dei suoi membri per un determinato debito; considerando che le questioni relative alla situazione e alla capacità delle persone fisiche e alla capacità delle persone giuridiche sono disciplinate dalla legislazione nazionale; considerando che occorre provvedere a disciplinare le cause di scioglimento proprie del gruppo pur rinviando al diritto nazionale per la liquidazione e la chiusura di quest'ultima; considerando che il gruppo è soggetto alle disposizioni del diritto nazionale che disciplinano l'insolvenza e la cessazione dei pagamenti e che tale diritto può prevedere altre cause di scioglimento del gruppo; considerando che il presente regolamento stabilisce che i risultati delle attività del gruppo sono assoggettabili ad imposizione soltanto nei confronti dei singoli membri; che resta inteso che per ogni altro aspetto si applica il diritto tributario nazionale, in particolare per quanto riguarda la ripartizione dei profitti, le procedure fiscali e tutti gli obblighi imposti dalle legislazioni fiscali nazionali; considerando che nei settori non previsti dal presente regolamento le disposizioni legislative degli stati membri e della Comunità sono applicabili, per esempio, per quanto concerne: - il settore del diritto sociale e del diritto del lavoro; - il settore del diritto della concorrenza; - il settore del diritto della proprietà intellettuale; considerando che l'attività del gruppo è soggetta alle disposizioni della legislazione degli stati membri relative all'esercizio di una attività e al suo controllo; che nell'ipotesi di un abuso o di una elusione da parte di un gruppo e dei suoi membri della legge di uno stato membro, quest'ultimo può adottare adeguate sanzioni; considerando che gli stati membri sono liberi di applicare o di adottare qualsiasi misura legislativa, regolamentare o amministrativa che non sia in contraddizione con il contenuto e gli obiettivi del presente regolamento; considerando che il presente regolamento deve entrare in vigore immediatamente in tutti i suoi elementi; che l'applicazione di alcune sue disposizioni deve tuttavia essere differita per permettere agli stati membri l'attuazione preliminare dei meccanismi necessari ai fini dell'iscrizione dei gruppi nel loro territorio e della pubblicità degli atti di questi ultimi; che a decorrere dalla data d'applicazione del presente regolamento i gruppi costituiti possono operare senza alcuna restrizione territoriale, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento stabilisce le condizioni, le modalità e gli effetti secondo cui sono costituiti i gruppi europei di interesse economico. A tal fine, coloro che intendono costituire un gruppo devono stipulare un contratto e procedere alla iscrizione prevista all'articolo 6. 2. Il gruppo in tal modo costituito ha la capacità, a proprio nome, di essere titolare di diritti e di obbligazioni di qualsiasi natura, di stipulare contratti o di compiere altri atti giuridici e di stare in giudizio a decorrere dalla iscrizione prevista all'articolo 6. 3. Gli stati membri stabiliscono se i gruppi iscritti nei loro registri in virtù dell'articolo 6 hanno o no personalità giuridica. Articolo 2 1. Fatte salve le disposizioni del presente regolamento, la legge applicabile, da un lato, al contratto di gruppo, tranne per quanto riguarda le questioni di stato e di capacità delle persone fisiche nonché di capacità delle persone giuridiche, e, dall'altro, al funzionamento interno del gruppo, è la legge nazionale dello stato in cui si trova la sede stabilita dal contratto di gruppo. 2. Se uno stato si compone di più unità territoriali di cui ciascuna ha proprie norme applicabili alle materie contemplate nel paragrafo 1, ogni unità territoriale è considerata come uno stato ai fini della determinazione della legge applicabile secondo il presente articolo. Articolo 3 1. Il fine del gruppo è di agevolare o di sviluppare l'attività economica dei suoi membri, di migliorare o di aumentare i risultati di questa attività; il gruppo non ha lo scopo di realizzare profitti per se stesso. La sua attività deve collegarsi all'attività economica dei suoi membri e può avere soltanto un carattere ausiliario rispetto a quest'ultima. 2. Pertanto il gruppo non può: a) esercitare, direttamente o indirettamente, il potere di direzione o di controllo delle attività proprie dei suoi membri o delle attività di un'altra impresa, segnatamente nei settori relativi al personale, alle finanze e agli investimenti; b) detenere direttamente o indirettamente, a qualsiasi titolo, alcuna quota o azione sotto qualsiasi forma, in un'impresa membro; il possesso di quote o di azioni in un'altra impresa è possibile solo qualora sia necessario per realizzare lo scopo del gruppo e avvenga per conto dei suoi membri; c) contare più di cinquecento lavoratori salariati; d) essere utilizzato da una società per concedere un prestito a un dirigente di una società o a qualsiasi persona a lui legata quando siffatti prestiti siano soggetti a restrizioni o a controllo in virtù delle leggi degli stati membri applicabili alle società; un gruppo non può neppure essere utilizzato per il trasferimento di un bene tra la società e un dirigente, o qualsiasi persona a lui legata, salvo nei limiti consentiti dalle leggi degli stati membri applicabili alle società. Ai fini della presente disposizione, il prestito comprende qualsiasi operazione avente effetto analogo e il bene può essere mobile o immobile; e) essere membro di un altro gruppo europeo di interesse economico. Articolo 4 1. Possono essere membri di un gruppo soltanto: a) le società, ai sensi dell'articolo 58, secondo comma del trattato, nonché gli altri enti giuridici di diritto pubblico o privato, costituiti conformemente alla legislazione di uno stato membro ed hanno la sede sociale o legale e l'amministrazione centrale nella Comunità; qualora, secondo la legislazione di uno stato membro, una società o altro ente giuridico non sia tenuto ad avere una sede sociale o legale, è sufficiente che la società o altro ente giuridico abbia l'amministrazione centrale nella Comunità; b) le persone fisiche che esercitano un'attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, una libera professione o prestano altri servizi nella Comunità. 2. Un gruppo deve essere composto almeno: a) da due società o altri enti giuridici, ai sensi del paragrafo 1, aventi l'amministrazione centrale in stati membri diversi; b) da due persone fisiche, ai sensi del paragrafo 1, che esercitano un'attività a titolo principale in stati membri diversi; c) ai sensi del paragrafo 1, da una società o altro ente giuridico e da una persona fisica, di cui il primo abbia l'amministrazione centrale in uno stato membro e la seconda eserciti la sua attività a titolo principale in uno stato membro diverso. 3. Un stato membro può prevedere che i gruppi iscritti nei suoi registri ai sensi dell'articolo 6 non possano avere più di 20 membri. A tal fine detto stato membro può prevedere che, conformemente alla sua legislazione, ogni membro di un ente giuridico costituito conformemente alla sua legislazione, diverso da una società iscritta, sia considerato come membro individuale del gruppo. 4. Ogni stato membro è autorizzato ad ecludere o a limitare, per ragioni di pubblico interesse, la partecipazione di talune categorie di persone fisiche, di società o di altri enti giuridici a qualsiasi gruppo. Articolo 5 Nel contratto di gruppo devono figurare almeno: a) la denominazione del gruppo preceduta o seguita dall'espressione « gruppo europeo di interesse economico » o dalla sigla « GEIE », a meno che tale espressione o sigla figuri già nella denominazione; b) le sede del gruppo; c) l'oggetto del gruppo; d) i nomi, la ragione o la denominazione sociale, la forma giuridica, il domicilio o la sede sociale e, eventualmente, il numero ed il luogo di iscrizione di ciascun membro del gruppo; e) la durata del gruppo, se quest'ultimo non è costituito a tempo indeterminato. Articolo 6 Il gruppo è iscritto nello stato in cui si trova la sede nel registro designato a norma dell'articolo 39, paragrafo 1. Articolo 7 Il contratto di gruppo è depositato presso il registro di cui all'articolo 6. Devono altresì formare oggetto di deposito presso detto registro gli atti e le indicazioni seguenti: a) ogni modifica del contratto del gruppo, compreso qualsiasi cambiamento nella composizione del gruppo; b) la creazione e la soppressione di ogni dipendenza del gruppo; c) la decisione giudiziaria che constata o pronuncia la nullità del gruppo, conformemente all'articolo 15; d) la nomina dell'amministratore o degli amministratori del gruppo, il loro nome e qualsiasi altra informazione riguardante le generalità richieste dalla legge dello stato membro nel quale è tenuto il registro, l'indicazione che essi possono agire soli o devono agire congiuntamente nonché la cessazione dalle loro funzioni; e) ogni cessione, da parte di un membro, della sua partecipazione nel gruppo o di una frazione di questa, conformemente all'articolo 22, paragrafo 1; f) la decisione dei membri in cui è pronunciato o constatato lo scioglimento del gruppo, conformemente all'articolo 31, o la decisione giudiziaria che pronuncia tale scioglimento, conformemente agli articoli 31 o 32; g) la nomina del liquidatore o dei liquidatori del gruppo, di cui all'articolo 35, il loro nome e qualsiasi altra informazione riguardante le generalità, richiesta dalla legge dello stato membro nel quale è tenuto il registro nonché la cessazione dalle funzioni di liquidatore; h) la chiusura della liquidazione del gruppo, di cui all'articolo 35, paragrafo 2; i) il progetto di trasferimento della sede, di cui all'articolo 14, paragrafo 1; j) la clausola che esonera un nuovo membro dal pagamento dei debiti sorti anteriormente alla sua ammissione, conformemente all'articolo 26, paragrafo 2. Articolo 8 Devono formare oggetto di pubblicazione nel bollettino di cui al paragrafo 1 dell'articolo 39 e alle condizioni stabilite in applicazione di tale articolo: a) le indicazioni che devono figurare nel contratto di gruppo ai sensi dell'articolo 5 e le relative modifiche; b) il numero, la data e il luogo di iscrizione del gruppo, nonché la cancellazione dal registro; c) gli atti e le indicazioni di cui all'articolo 7, lettere da b) a j). Le indicazioni di cui alle lettere a) e b) devono formare oggetto di pubblicazione integrale. Gli atti e le indicazioni di cui alla lettera c) possono formare oggetto di pubblicazione integrale, in forma di estratto o di menzione del loro deposito presso il registro, secondo la legge nazionale applicabile. Articolo 9 1. Gli atti e le indicazioni soggetti all'obbligo di pubblicazione a norma del presente regolamento sono opponibili dal gruppo ai terzi alle condizioni previste dalla legge nazionale applicabile in conformità dell'articolo 3, paragrafi 5 e 7, della direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per rederle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli stati membri, alle società a mente dell'articolo 58, secondo comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (1). 2. Qualora siano stati compiuti degli atti in nome di un gruppo prima della sua iscrizione conformemente all'articolo 6 e il gruppo non assuma dopo l'iscrizione gli obblighi che derivano da tali atti, le persone fisiche, le società o gli altri enti giuridici che li hanno compiuti ne sono responsabili solidalmente e illimitatamente. Articolo 10 Ogni dipendenza del gruppo situata in uno stato membro diverso da quello della sede è oggetto di una iscrizione in tale stato. Ai fini dell'iscrizione, il gruppo deposita presso il registro competente di quest'ultimo stato una copia dei documenti il cui deposito presso il registro dello stato membro in cui si trova la sede è obbligatorio, corredata, se necessario, da una traduzione, elaborata conformemente agli usi, esistente presso il registro di iscrizione della dipendenza. Articolo 11 La costituzione e la chiusura della liquidazione di un gruppo con la precisazione del numero, della data e del luogo della sua iscrizione nonché della data, del luogo e del titolo della pubblicazione, sono indicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee dopo la pubblicazione nel bollettino di cui all'articolo 39, paragrafo 1. Articolo 12 La sede menzionata nel contratto del gruppo deve essere situata nella Comunità economica europea. La sede deve essere fissata: a) nel luogo in cui il gruppo ha l'amministrazione centrale, b) oppure nel luogo in cui uno dei membri del gruppo ha l'amministrazione centrale o, se si tratta di una persona fisica, l'attività a titolo principale, purché il gruppo vi svolga un'attività reale. Articolo 13 La sede del gruppo può essere trasferita all'interno della Comunità. Qualora il trasferimento non comporti un cambiamento della legge applicabile in virtù dell'articolo 2, la decisione di trasferimento è presa alle condizioni previste dal contratto di gruppo. Articolo 14 1. Qualora il trasferimento della sede comporti un cambiamento della legge applicabile in virtù dell'articolo 2, un progetto di trasferimento deve essere redatto e formare oggetto di deposito e di pubblicazione alle condizioni previste agli articoli 7 e 8. La decisione del trasferimento può intervenire soltanto due mesi dopo la pubblicazione del suddetto progetto e deve essere presa dai membri del gruppo all'unanimità. Il trasferimento prende effetto alla data in cui il gruppo è registrato, conformemente all'articolo 6, nel registro della nuova sede. L'iscrizione può effettuarsi soltanto se è comprovata dalla pubblicazione del progetto di trasferimento della sede. 2. La cancellazione dell'iscrizione dal registro della sede precedente può effettuarsi soltanto se è provata l'iscrizione del gruppo nel registro della nuova sede. 3. La pubblicazione della nuova iscrizione del gruppo rende la nuova sede opponibile ai terzi alle condizioni di cui all'articolo 9, paragrafo 1; tuttavia, finché la pubblicazione della cancellazione dell'iscrizione dal registro della sede precedente non è stata effettuata, i terzi possono continuare a valersi della vacchia sede, a meno che il gruppo non dimostri che i terzi erano a conoscenza della nuova sede. 4. La legislazione di uno stato membro può prevedere, per i gruppi iscritti in quest'ultimo conformemente all'articolo 6, che un trasferimento di sede che comporti un cambiamento della legge applicabile non abbia effetto se un'autorità competente dello stato suddetto vi faccia opposizione nel termine di due mesi di cui al paragrafo. 1. La opposizione può essere promossa soltanto per motivi di interesse pubblico. Deve poter formare oggetto di ricorso davanti ad un'autorità giudiziaria. Articolo 15 1. Se la legge applicabile al gruppo in forza dell'articolo 2 prevede la nullità del gruppo, la nullità deve essere accertata o pronunciata con decisione giudiziaria. Tuttavia, il tribunale adito, quando una regolarizzazione della situazione del gruppo è possibile, deve accordare un termine che consenta di procedervi. 2. La nullità del gruppo comporta la sua liquidazione alle condizioni previste dall'articolo 35. 3. La decisione che accerta o pronuncia la nullità del gruppo è opponibile ai terzi alle condizioni di cui all'articolo 9, paragrafo 1. Tale decisione non pregiudica per sé stessa la validità degli obblighi sorti a carico o a favore del gruppo anteriormente alla data alla quale essa diventa opponibile ai terzi alle condizioni previste al comma precedente. Articolo 16 1. Organi del gruppo sono i membri che agiscono collegialmente e l'amministratore o gli amministratori. Il contratto di gruppo può prevedere altri organi; in tal caso ne stabilisce i poteri. 2. I membri del gruppo, che agiscono come organo, possono prendere qualsiasi decisione ai fini della realizzazione dell'oggetto del gruppo. Articolo 17 1. Ciascun membro dispone di un voto. Tuttavia il contratto di gruppo può attribuire più voti a taluni membri, a condizione che nessuno di essi disponga della maggioranza dei voti. 2. I membri decidono all'unanimità di: a) modificare l'oggetto del gruppo, b) modificare il numero di voti attribuito a ciscuno di essi, c) modificare le condizioni di adozione delle decisioni, d) prorogare la durata del gruppo oltre il termine fissato nel contratto di gruppo, e) modificare la quota del contributo di ciascuno dei membri o di alcuni di essi al finanziamento del gruppo, f) modificare qualsiasi altro obbligo di un membro, salvo che il contratto di gruppo non disponga altrimenti, g) procedere a qualsiasi modifica del contratto di gruppo non considerata dal presente paragrafo, salvo che tale contratto non disponga altrimenti. 3. In tutti i casi in cui il presente regolamento non prevede che le decisioni debbano essere prese all'unanimità, il contratto di gruppo può determinare a quali condizioni di numero legale e di maggioranza saranno prese le decisioni o alcune di esse. In mancanza di disposizioni contrattuale, le decisioni sono prese all'unanimità. 4. Su iniziativa di un amministratore o su richiesta di un membro l'amministratore o gli amministratori devono organizzare una consultazione dei membri affinché questi ultimi prendano una decisione. Articolo 18 Ciascun membro ha il diritto di ottenere dagli amministratori informazioni sugli affari del gruppo e di prendere visione dei libri e dei documenti inerenti agli affari. Articolo 19 1. Il gruppo è gestito da uno o più persone fisiche nominate nel contratto di gruppo o con decisione dei membri. Non possono essere amministratori di un gruppo le persone che: - in base alla legge che è loro applicabile, o - in base alla legge interna dello stato in cui ha sede il gruppo, o - in seguito ad una decisione giudiziaria o amministrativa pronunciata o riconosciuta in uno stato membro, non possono far parte dell'organo di amministrazione o di direzione di una società, non possono amministrare un'impresa o non possono agire in qualità di amministratori di un gruppo europeo di interesse economico. 2. Per i gruppi iscritti nei suoi registri ai sensi dell'articolo 6, uno stato membro può prevedere che una persona giuridica possa fungere da amministratore purché designi uno o più rappresentanti, persone fisiche, che devono essere indicati ai sensi dell'articolo 7, lettera d). Se uno stato membro si avvale di tale facoltà, deve disporre che al/ai reppresentante/i incomba la stessa responsabilità che incomberebbe loro se fossero essi stessi amministratori del gruppo. I divieti di cui al paragrafo 1 si applicano anche a tali rappresentanti. 3. Il contratto di gruppo o, in assenza di questo, una decisione unanime dei membri, stabilisce le condizioni di nomina e di revoca dell'amministratore o degli amministratori e ne fissa i poteri. Articolo 20 1. Soltanto l'amministratore o, se sono vari, ciascuno degli amministratori rappresenta il gruppo verso i terzi. Ciascuno degli amministratori, quando agisce a nome del gruppo, impegna il gruppo nei contronti dei terzi, anche se i suoi atti non rientrano nell'oggetto del gruppo, a meno che il gruppo stesso non provi che il terzo sapeva o non poteva ignorare, tenuto conto delle circostanze, che l'atto superava i limiti dell'oggetto del gruppo; la sola pubblicazione della menzione di cui all'articolo 5 lettera c) non è sufficiente a costituire tale prova. Qualsiasi limitazione apportata dal contratto di gruppo o da una decisione dei membri ai poteri dell'amministratore o degli amministratori è inopponibile ai terzi anche se è stata pubblicata. 2. Il contratto di gruppo può prevedere che questo sia validamente impegnato solo da due o più amministratori operanti congiuntamente. Questa clausola è opponibile ai terzi alle condizioni di cui all'articolo 9, paragrafo 1, soltanto se sia stata pubblicata conformemente all'articolo 8. Articolo 21 1. Il profitti risultanti dalle attività del gruppo sono considerati come profitti dei membri e ripartiti tra questi ultimi secondo la proporzione prevista nel contratto di gruppo o, nel silenzio del contratto, in parti uguali. 2. I membri del gruppo contribuiscono al saldo dell'eccedenza delle uscite rispetto alle entrate nella proporzione prevista nel contratto di gruppo o, in mancanza di questo, in parti uguali. Articolo 22 1. Ogni membro del gruppo può cedere a un altro membro o a un terzo la sua partecipazione nel gruppo o una frazione di questa; l'efficacia della cessione è subordinata all'autorizzazione data dagli altri membri all'unanimità. 2. Un membro del gruppo può costituire una garanzia sulla sua partecipazione nel gruppo solo previa autorizzazione data dagli altri membri all'unanimità, salvo disposizione contraria del contratto di gruppo. Il titolare della garanzia non può in alcun momento diventare membro del gruppo in forza della garanzia. Articolo 23 Il gruppo non può ricorrere al pubblico risparmio. Articolo 24 1. I membri del gruppo rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni di qualsiasi natura di quest'ultimo La legge nazionale determina le conseguenze di tale responsabilità. 2. Fino alla chiusura della liquidazione del gruppo, i creditori del gruppo possono far valere i propri diritti nei confronti di un membro, alle condizioni di cui al paragrafo 1, soltanto dopo aver chiesto al gruppo di pagare e qualora il pagamento non sia stato effettuato entro un congruo termine. Articolo 25 La corrispondenza, gli ordinativi e analoghi documenti devono indicare in maniera leggibile: a) la denominazione del gruppo proceduta o seguita dalle parole « gruppo europeo di interesse economico » o dalla sigla « GEIE », salvo che tali termini o la sigla non figurino già nella denominazione, b) il luogo in cui si trova il registro menzionato nell'articolo 6 presso cui è iscritto il gruppo, nonché il numero di iscrizione del gruppo nel registro, c) l'indirizzo della sede del gruppo, d) eventualmente, la menzione dell'obbligo degli amministratori di agire congiuntamente, e) la menzione, se del caso, che il gruppo è in liquidazione in virtù degli articoli 15, 31, 32 o 36. Ogni dipendenza del gruppo, quando è iscritta conformemente all'articolo 10, deve far figurare le indicazioni di cui sopra, insieme a quelle relative alla propria iscrizione, sui documenti di cui al primo comma del presente articolo provenienti dalla dipendenza in questione. Articolo 26 1. La decisione di ammettere nuovi membri è presa dai membri del gruppo all'unanimità. 2. Ogni nuovo membro risponde dei debiti del gruppo, compresi quelli risultanti dall'attività del gruppo anteriore alla sua ammissione, alle condizioni stabilite dall'articolo 24. Egli può tuttavia essere esonerato, mediante una clausola del contratto di gruppo o dell'atto di ammissione, dal pagamento dei debiti sorti anteriormente alla sua ammissione. Questa clausola è opponibile ai terzi, alle condizioni di cui all'articolo 9, paragrafo 1 soltanto se sia stata pubblicata conformemente all'articolo 8. Articolo 27 1. Il recesso di un membro del gruppo è possibile alle condizioni previste nel contratto di gruppo o, in mancanza di disposizionii contrattuali, con l'accordo unanime degli altri membri. Ogni membro del gruppo può inoltre recedere per giusta causa. 2. Ogni membro del gruppo può essere escluso per i motivi indicati nel contratto di gruppo e comunque quando contravvenga gravemente ai suoi obblighi o quando causi o minacci di causare perturbazioni gravi nel funzionamento del gruppo. Tale esclusione può avvenire soltanto mediante decisione del giudice pronunciata su richiesta congiunta della maggioranza degli altri membri, salvo diversa disposizione del contratto di gruppo. Articolo 28 1. Un membro di un gruppo cessa di farne parte al momento del decesso o quando non soddisfa più alle condizioni fissate dall'articolo 4, paragrafo 1. Uno stato membro può inoltre prevedere, nella propria legislazione in materia di liquidazione, scioglimento, insolvenza o cessazione dei pagamenti, che il membro di un gruppo cessi di farne parte al momento stabilito da detta legislazione. 2. In caso di decesso di una persona fisica membro del gruppo, nessuno può subentrarvi se non alle condizioni previste dal contratto di gruppo o, altrimenti, con il consenso unanime degli altri membri. Articolo 29 Quando un membro cessa di far parte del gruppo, l'amministratore o gli amministratori devono notificare tale situazione agli altri membri; devono inoltre adempiere agli obblighi relativi indicati negli articoli 7 e 8. Tali obblighi possono inoltre essere adempiuti da ogni interessato. Articolo 30 Salvo disposizione contraria del contratto di gruppo e fatti salvi i diritti acquisiti da una persona in virtù dell'articolo 22, paragrafo 1 o dell'articolo 28, paragrafo 2, il gruppo, quando un membro cessi di farne parte, continua tra gli altri membri alle condizioni previste dal contratto di gruppo o stabilite con decisione unanime dei membri. Articolo 31 1. Il gruppo può essere sciolto per decisione dei membri che ne pronunciano lo scioglimento. Questa decisione è presa all'unanimità, salvo che il contratto di gruppo disponga altrimenti. 2. Il gruppo deve essere sciolto per decisione dei membri: a) che accerta il decorso del termine fissato nel contratto di gruppo o qualsiasi altra causa di scioglimento prevista dal contratto, o b) che accerta la realizzazione dell'oggetto del gruppo o l'impossibilità di conseguirla. Se tre mesi dopo il verificarsi di una delle situazioni di cui alle lettere precedenti la decisione dei membri che accerta lo scioglimento del gruppo non è ancora stata presa, qualsiasi membro può chiedere al giudice di pronunciare lo scioglimento del gruppo. 3. Il gruppo deve inoltre essere sciolto per decisione dei membri o del membro restante se non sussistono più le condizioni dell'articolo 4, paragrafo 2. 4. Dopo lo scioglimento del gruppo per decisione dei membri, l'amministratore o gli amministratori devono adempiere gli obblighi relativi indicati negli articoli 7 e 8. Tali obblighi possono inoltre essere adempiuti da ogni interessato. Articolo 32 1. A richiesta di ogni interessato o dell'autorità competente, il giudice deve pronunciare lo scioglimento del gruppo in caso di violazione degli articoli 3 o 12, o dell'articolo 31, paragrafo 3, salvo che la situazione del gruppo non possa essere regolarizzata e non lo sia effettivamente prima della decisione di merito. 2. A richiesta di un membro, il giudice può pronunciare lo scioglimento del gruppo per giusta causa. 3. Uno stato membro può prevedere che il giudice, a richiesta di un'autorità competente, possa pronunciare lo scioglimento di un gruppo avente sede nel territorio dello stato da cui dipende detta autorità in tutti i casi in cui il gruppo, con la sua attività, contrasta con l'interesse pubblico di tale stato, qualora questa possibilità sia prevista dalla sua legislazione per le società iscritte o altri enti giuridici soggetti alla legislazione stessa. Articolo 33 Se un membro cessa di far parte del gruppo per una causa diversa dalla cessione dei suoi diritti alle condizioni previste all'articolo 22, paragrafo 1, il valore dei diritti che gli spettano o delle obbligazioni che gli incombono è determinato tenendo conto del patrimonio del gruppo quale si presenta al momento in cui tale membro cessa di farne parte. Il valore dei diritti e delle obbligazioni del membro uscente non può essere fissato forfettariamente in anticipo. Articolo 34 Fatto salvo l'articolo 37, paragrafo 1, ogni membro che cessa di far parte del gruppo continua ad essere responsabile, alle condizioni previste dall'articolo 24, per le obbligazioni derivanti dall'attività del gruppo anteriore alla cessazione della sua qualità di membro. Articolo 35 1. Lo scioglimento del gruppo comporta la sua liquidazione. 2. La liquidazione del gruppo e la chiusura della liquidazione sono disciplinate dal diritto nazionale. 3. La capacità giuridica del gruppo ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2 sussiste fino alla chiusura della liquidazione. 4. Il liquidatore o i liquidatori adempiono gli obblighi relativi indicati agli articoli 7 e 8. Articolo 36 I gruppi europei di interesse economico sono sottoposti alle disposizioni del diritto nazionale che disciplina l'insolvenza e la cessazione dei pagamenti. L'apertura di una procedura contro un gruppo per insolvenza o per cessazione dei pagamenti non comporta di per sé l'apertura della stessa procedura contro i membri del gruppo. Articolo 37 1. Ogni termine più lungo eventualmente previsto dal diritto nazionale applicabile è sostituito dal termine di prescrizione di cinque anni dalla pubblicazione, conformemente all'articolo 8, della cessazione della qualità di membro del gruppo per le azioni contro tale membro relative ai debiti risultanti dall'attività del gruppo anteriore a tale cessazione. 2. Ogni termine più lungo eventualmente previsto dal diritto nazionale applicabile è sostituito dal termine di prescrizone di cinque anni dalla pubblicazone, conformemente all'articolo 8, della chiusura della liquidazione del gruppo per le azioni contro un membro del gruppo relative ai debiti risultanti dall'attività del gruppo. Articolo 38 Qualora un gruppo eserciti in uno stato membro un'attività contraria all'interesse pubblico di detto stato, l'attività può essere vietata dall'autorità competente di tale stato. La decisione dell'autorità competente deve poter formare oggetto di ricorso davanti alla autorità giudiziaria. Articolo 39 1. Gli stati membri designano il registro o i registri competenti per procedere all'iscrizione di cui agli articoli 6 e 10 e determinano le norme ad essa applicabili. Fissano le condizioni alle quali si effettua il deposito dei documenti di cui agli articoli 7 e 10. Accertano che gli atti e le indicazioni di cui all'articolo 8 siano pubblicati nel relativo bollettino ufficiale dello stato membro in cui ha sede il gruppo, e prevedono eventualmente le modalità di pubblicazione degli atti e delle indicazioni di cui all'articolo 8 lettera c). Gli stati membri accertano inoltre che chiunque possa prendere visione presso il registro competente, a norma dell'articolo 6 o, eventualmente, a norma dell'articolo 10, dei documenti di cui all'articolo 7 e ottenerne anche per posta copia integrale o parziale. Gli stati membri possono prevedere il pagamento delle spese relative alle operazioni di cui ai precedenti commi, ma tali spese non possono essere superiori al costo amministrativo. 2. Gli stati membri accertano che le indicazioni che devono essere pubblicate nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell'articolo 11 siano comunicate all'uffico delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee entro il mese successivo alla pubblicazione nel bollettino ufficiale di cui al paragrafo 1. 3. Gli stati membri prevedono sanzioni adeguate in caso di violazione delle disposizioni degli articoli 7, 8 e 10 in materia di pubblicità e di violazione delle disposizioni dell'articolo 25. Articolo 40 Il risultato delle attività del gruppo è soggetto ad imposta soltanto tramite imposizione a carico dei singoli membri. Articolo 41 1. Gli stati membri adottano i necessari provvedimenti a norma dell'articolo 39 anteriormente al 1o luglio 1989 e li comunicano immediatamente alla Commissione. 2. A titolo informativo, gli stati membri comunicano alla Commissione le categorie di persone fisiche, di società e di altri enti giuridici che escludono dalla partecipazione ad un gruppo conformemete all'articolo 4, paragrafo 4. La Commissione ne informa gli altri stati membri. Articolo 42 1. Dalla data di adozione del presente regolamento è istituito presso la Commissione un comitato di contatto, con il compito: a) di agevolare, fatti salvi gli articoli 169 e 170 del trattato CEE, l'attuazione del presente regolamento mediante regolare concertazione in particolare sui problemi concreti di tale attuazione; b) di consigliare, se necessario, la Commissione sulle integrazioni e sugli emendamenti da apportare al presente regolamento. 2. Il comitato di contatto è composto da rappresentanti degli stati membri e della Commissione. Esso è presieduto da un rappresentante della Commissione. La segreteria è tenuta dai servizi della Commissione. 3. Il comitato di contatto è convocato dal presidente, di sua iniziativa o a richiesta di uno dei membri. Articolo 43 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Esso è applicabile a decorrere dal 1o luglio 1989, eccetto gli articoli 39, 41 e 42 che sono applicabili sin dall'entrata in vigore del presente regolamento. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 25 luglio 1985. Per il Consiglio Il Presidente J. POOS (1) GU n. C 14 del 15. 2. 1974, pag. 30 e GU n. C 103 del 28. 4. 1978, pag. 4. (2) GU n. C 163 dell'11. 7. 1977, pag. 17. (3) GU n. C 108 del 15. 5. 1975, pag. 46. (1) GU n. L 65 del 14. 3. 1968, pag. 8.
Gruppo europeo di interesse economico QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Introduce uno strumento giuridico a livello europeo, sotto forma di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) studiato per ridurre gli ostacoli legali, fiscali e psicologici che le persone fisiche e legali, le aziende e altre entità devono affrontare nella cooperazione transfrontaliera. PUNTI CHIAVE Un GEIE deve essere costituito conformemente alle disposizioni che seguono. Scopo Lo scopo del gruppo è di facilitare e sviluppare le attività economiche dei suoi membri mettendo in comune risorse, attività e competenze al fine di raggiungere risultati migliori rispetto a quanto potrebbero fare agendo singolarmente i suoi membri Formazione Un GEIE potrà essere formato da società ed altri soggetti di diritto pubblico o privato, costituiti conformemente alla legislazione di un paese dell'UE e aventi sede nell’UE. Potrà essere formato da persone fisiche che svolgono un'attività industriale, commerciale, artigianale o agricola oppure che forniscono servizi professionali o di altra natura all'interno dell’UE. Un GEIE dovrà avere almeno due membri appartenenti a paesi dell'UE diversi. Nel contratto per la formazione di un GEIE devono figurare la denominazione, la sede e l'oggetto del gruppo, il nome, il numero e il luogo dove è registrato, nonché, eventualmente, il luogo in cui sono registrati i singoli membri, e la durata del gruppo se non è a tempo indeterminato. Il contratto dovrà essere depositato presso l'ufficio di registrazione designato da ogni paese dell'UE. La registrazione conferisce piena capacità giuridica al GEIE in tutta l’UE. Nessun GEIE potrà ricorrere al pubblico risparmio. Un GEIE non deve necessariamente essere costituito con versamenti di capitale. I membri sono liberi di utilizzare metodi alternativi di finanziamento. Dipendenti Un GEIE non potrà impiegare più di 500 persone. Pubblicazione della costituzione e scioglimento Gli estremi della costituzione o dello scioglimento di un GEIE dovranno essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’UE. Sede legale La sede legale di un gruppo dovrà situarsi all'interno dell’UE e potrà essere trasferita da un paese dell'UE ad un altro subordinatamente a certe condizioni. Diritti di voto e organi Ogni membro di un GEIE avrà almeno un voto, sebbene il contratto di gruppo possa dare a certi membri più di un voto, purché nessun membro ne detenga la maggioranza. Il regolamento indica le decisioni per le quali è richiesta l'unanimità. Il GEIE dovrà avere almeno due organi: i membri che agiscono collegialmente; l'amministratore o gli amministratori. Ciascuno degli amministratori, quando agisce a nome del gruppo, impegna il GEIE nei confronti dei terzi, anche se i suoi atti non rientrano nell'oggetto del gruppo. Utili Il suo obiettivo non è quello di realizzare utili per se stesso. Gli utili del GEIE saranno considerati utili dei membri e ripartiti tra questi secondo la proporzione prevista nel contratto di gruppo, o, nel silenzio del contratto, in quote uguali. I profitti o le perdite di un GEIE saranno tassabili solo in capo ai suoi membri. Responsabilità solidale e illimitata In contropartita della dell'autonomia contrattuale, che è alla base del GEIE, e del fatto che non si richiede ai membri un capitale obbligatorio, ogni membro del GEIE è solidalmente e illimitatamente responsabile delle obbligazioni del GEIE. CONTESTO Il regolamento risponde all'esigenza di uno sviluppo armonioso delle attività economiche in tutta l’UE e a quella di istituire un mercato comune che offra condizioni analoghe a quelle del mercato nazionale. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CEE) n. 2137/85 del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativo all'istituzione di un gruppo europeo di interesse economico (GEIE) (GU L 199 del 31.7.1985, pag. 1–9)
12,092
985
31996R1257
false
Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitario Gazzetta ufficiale n. L 163 del 02/07/1996 pag. 0001 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 1257/96 DEL CONSIGLIO del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitarioIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 W,vista la proposta della Commissione (1),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (2),considerando che le popolazioni in situazione di necessità, vittime di catastrofi naturali, di avvenimenti quali guerre e conflitti o di altre circostanze straordinarie di portata analoga, hanno il diritto di ricevere un'assistenza umanitaria internazionale qualora le autorità del loro paese non siano in grado di venire efficacemente in loro soccorso;considerando che le azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga rientrano nel diritto umanitario internazionale e che è pertanto opportuno integrarle nell'attività umanitaria;considerando che l'assistenza umanitaria non comporta solo l'esecuzione di interventi di soccorso immediati finalizzati a salvare e proteggere vite umane in situazioni di emergenza o di post-emergenza, ma anche l'attuazione di tutte le misure intese ad agevolare o a consentire il libero accesso alle vittime e il libero transito dell'aiuto;considerando che l'assistenza umanitaria può essere seguita da interventi di sviluppo o di ricostruzione e che, di conseguenza, essa deve coprire l'intera durata di una situazione di crisi e dei suoi effetti; che in tale contesto, può comprendere elementi di ristrutturazione a breve termine finalizzati a facilitare l'arrivo a destinazione dei soccorsi, a prevenire l'acuirsi delle conseguenze della crisi e ad iniziare ad aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza;considerando che è particolarmente opportuno intervenire a livello di prevenzione dei disastri al fine di assicurare una preparazione preliminare ai rischi che ne derivano; che di conseguenza occorre istituire un sistema di allarme e di intervento adeguato;considerando che occorre pertanto garantire ed aumentare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari nazionali e internazionali di prevenzione e d'intervento mirati a rispondere alle esigenze create da catastrofi naturali o provocate dagli uomini o da circostanze eccezionali di portata analoga;considerando che l'aiuto umanitario, il cui solo obiettivo consiste nel prevenire e nell'alleviare la sofferenza umana, è concesso in base al principio della non discriminazione tra le vittime per motivi razziali, etnici, religiosi, inerenti al sesso o all'età, alla nazionalità o all'appartenenza politica e che non potrebbe essere retto da considerazioni di natura politica o subordinato ad esse;considerando che le decisioni relative all'aiuto umanitario devono essere prese in maniera imparziale ed esclusivamente in funzione delle esigenze e degli interessi delle vittime;considerando che l'instaurazione di uno stretto coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione, sia a livello di decisione che in loco, si trova alla base dell'efficacia dell'azione umanitaria della Comunità;considerando che, nell'ambito del suo contributo all'efficacia dell'aiuto umanitario a livello internazionale, la Comunità deve ricercare attivamente la collaborazione e il coordinamento con paesi terzi;considerando che a tal fine occorre inoltre fissare i criteri per la cooperazione con le organizzazioni non governative, gli organismi e le organizzazioni internazionali specializzati nel settore dell'aiuto umanitario;considerando che è necessario preservare, rispettare ed incoraggiare l'indipendenza e l'imparzialità delle organizzazioni non governative e delle altre istituzioni umanitarie nell'attuazione dell'aiuto umanitario;considerando che è opportuno favorire, nel settore umanitario, la collaborazione tra organizzazioni non governative degli Stati membri e di altri paesi sviluppati e organizzazioni analoghe dei paesi terzi interessati;considerando che, date le caratteristiche peculiari dell'aiuto umanitario, è opportuno istituire procedure efficaci, flessibili, trasparenti e, quando sia necessario, rapide per le decisioni di finanziamento di azioni e progetti umanitari;considerando che occorre fissare le modalità d'esecuzione e di gestione dell'aiuto umanitario della Comunità finanziato dal bilancio generale della Comunità europea, fermo restando che gli interventi di aiuto d'urgenza previsti dalla quarta convenzione ACP-CE firmata a Lomé il 15 dicembre 1989, modificata dall'accordo che modifica la suddetta convenzione firmato a Maurizio il 4 novembre 1995 continuano ad essere disciplinati dalle procedure e dalle modalità stabilite dalla Convenzione suddetta,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPITOLO I Obiettivi e orientamenti generali dell'aiuto umanitario Articolo 1 L'attività umanitaria della Comunità comporta azioni di assistenza, di soccorso e di protezione basate sul principio di non discriminazione, a favore delle popolazioni di paesi terzi, soprattutto le più vulnerabili, e con priorità quelle dei paesi in via di sviluppo vittime di catastrofi naturali o di eventi di origine umana, come guerre o conflitti, oppure da situazioni e avvenimenti eccezionali di portata analoga a calamità naturali o causate dall'uomo, per il periodo necessario a far fronte alle esigenze umanitarie che ne derivano.Tale aiuto comporta anche azioni di preparazione ai rischi, nonché attività di prevenzione delle catastrofi o delle circostanze eccezionali di portata analoga.Articolo 2 Le azioni di aiuto umanitario di cui all'articolo 1 si prefiggono gli obiettivi seguenti:a) salvare e proteggere vite nelle situazioni di emergenza o di post-emergenza immediata e in caso di disastri naturali che causano perdite di vite umane, sofferenze fisiche e psicosociali nonché gravi danni materiali;b) portare l'assistenza e i soccorsi necessari alle popolazioni colpite da crisi di più lunga durata, causate segnatamente da conflitti o da guerre che abbiano provocato conseguenze analoghe a quelle di cui alla lettera a), soprattutto qualora si constati che tali popolazioni non possono essere aiutate sufficientemente dalle loro autorità o in assenza di autorità competenti;c) contribuire al finanziamento dell'inoltro dell'aiuto e del suo accesso ai destinatari con tutti i mezzi logistici disponibili e garantendo la protezione dei beni e del personale umanitario, escluse le azioni che hanno implicazioni di difesa;d) sviluppare i lavori di ristrutturazione e di ricostruzione, segnatamente di infrastruttura e di attrezzature, a breve termine, in stretta collaborazione con le strutture locali, onde agevolare l'arrivo dei soccorsi, prevenire l'aggravarsi degli effetti della crisi ed aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza, prendendo in considerazione, ove possibile, gli obiettivi di sviluppo a lungo termine;e) far fronte alle conseguenze degli esodi di popolazioni (profughi, sfollati e rimpatriati) determinati da catastrofi naturali o causate dall'uomo, nonché condurre a buon fine le azioni di rimpatrio e di aiuto al reinsediamento nei paesi d'origine, quando sussistono le condizioni previste dalle convenzioni internazionali in vigore;f) assicurare la preparazione preventiva al rischio di disastri o di circostanze eccezionali di portata analoga ed utilizzare un sistema adeguato di allarme rapido e di intervento;g) sostenere azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga, in base alle convenzioni internazionali in vigore.Articolo 3 Gli aiuti comunitari di cui agli articoli 1, 2 e 4 possono servire a finanziare l'acquisto e la fornitura di qualsiasi prodotto o materiale necessario all'attuazione delle azioni umanitarie, compresa la costruzione di alloggi o di rifugi per le popolazioni in questione; le spese per il personale esterno, sia estero che locale, impegnato nell'ambito di tali azioni; il magazzinaggio, l'invio internazionale o nazionale, il sostegno logistico e la distribuzione degli aiuti nonché qualsiasi altra azione intesa a facilitare o a consentire il libero accesso ai destinatari dell'aiuto.Gli aiuti possono inoltre essere usati per finanziare tutte le altre spese direttamente connesse all'esecuzione delle azioni umanitarie.Articolo 4 Gli aiuti della Comunità di cui agli articoli 1 e 2 possono inoltre essere utilizzati per il finanziamento delle azioni seguenti:- studi preliminari di fattibilità delle azioni comunitarie, nonché la valutazione di progetti e piani umanitari,- azioni di monitoraggio dei progetti e piani umanitari,- su scala ridotta e, se si tratta di finanziamento pluriennale con carattere decrescente, azioni di formazione e studi di carattere generale relativi all'attività umanitaria,- spese relative a mettere in evidenza il carattere comunitario degli aiuti,- azioni di sensibilizzazione e informazione volte a favorire una maggiore conoscenza della problematica umanitaria, in particolare da parte dell'opinione pubblica europea nonché di quella dei paesi terzi nei quali la Comunità finanzia azioni umanitarie importanti,- azioni finalizzate a rafforzare il coordinamento con gli Stati membri, con altri paesi donatori, con le organizzazioni e istituzioni umanitarie internazionali e con le organizzazioni non governative nonché le organizzazioni rappresentative di queste ultime,- azioni di assistenza tecnica necessarie all'esecuzione di progetti umanitari, compreso lo scambio di conoscenze tecniche e di esperienze tra organizzazioni ed organismi umanitari europei o tra questi e quelli dei paesi terzi,- azioni umanitarie di sminamento, compresa la sensibilizzazione delle popolazioni locali nei confronti delle mine antiuomo.Articolo 5 Il finanziamento comunitario concesso ai sensi del presente regolamento viene stanziato sotto forma di aiuto non rimborsabile.Le operazioni di cui al presente regolamento sono esenti da imposte, tasse, diritti e dazi doganali.CAPITOLO II Modalità di esecuzione dell'aiuto umanitario Articolo 6 Le azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità possono essere attuate sia su richiesta di organismi e organizzazioni internazionali o non governativi, di uno Stato membro o del paese terzo beneficiario, sia su iniziativa della Commissione.Articolo 7 1. Le organizzazioni non governative che possono beneficiare di un finanziamento comunitario per l'attuazione delle azioni previste dal presente regolamento devono soddisfare i requisiti seguenti:a) essere costituite in organizzazioni autonome senza fini di lucro in uno Stato membro della Comunità secondo la legislazione vigente in tale Stato;b) avere la sede principale in uno Stato membro della Comunità o nei paesi terzi beneficiari dell'aiuto comunitario; detta sede deve rappresentare il centro effettivo di tutte le decisioni relative alle azioni finanziate in base al presente regolamento. A titolo eccezionale, tale sede può essere situata in un altro paese terzo donatore.2. Al fine di determinare se un'organizzazione non governativa possa avere accesso ai finanziamenti comunitari, si tiene conto degli elementi seguenti:a) le capacità di gestione amministrativa e finanziaria;b) le capacità tecniche e logistiche in relazione all'azione prevista;c) l'esperienza nel settore dell'aiuto umanitario;d) i risultati delle azioni precedenti eseguite dall'organizzazione interessata, in particolare con il finanziamento della Comunità;e) la disponibilità a partecipare, in caso di bisogno, al sistema di coordinamento stabilito nell'ambito di un'azione umanitaria;f) l'attitudine e la disponibilità a sviluppare rapporti di cooperazione con gli operatori umanitari e le comunità di base dei paesi terzi interessati;g) l'imparzialità nell'attuazione dell'aiuto umanitario;h) se del caso, la precedente esperienza nel paese terzo in cui è prevista l'azione umanitaria in questione.Articolo 8 La Comunità può finanziare inoltre le azioni umanitarie avviate da organismi e organizzazioni internazionali.Articolo 9 La Comunità può inoltre, quando necessario, finanziare azioni umanitarie attuate dalla Commissione o da organismi specializzati degli Stati membri.Articolo 10 1. Al fine di garantire e di migliorare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari e nazionali di aiuto umanitario, la Commissione può adottare tutte le iniziative utili intese a promuovere uno stretto coordinamento tra le sue attività e quelle degli Stati membri sia a livello di decisioni che sul posto. A tal fine, gli Stati membri e la Commissione mantengono un sistema di scambio d'informazioni.2. La Commissione vigila affinché le azioni umanitarie finanziate dalla Comunità siano coordinate e coerenti con quelle delle organizzazioni ed organismi internazionali, in particolare quelle che fanno parte del sistema delle Nazioni Unite.3. La Commissione si adopera al fine di sviluppare la collaborazione e la cooperazione della Comunità e dei paesi terzi donatori nel settore dell'aiuto umanitario.Articolo 11 1. La Commissione stabilisce i termini relativi allo stanziamento, alla mobilitazione e all'esecuzione degli aiuti previsti dal presente regolamento.2. L'aiuto viene eseguito solo se il beneficiario rispetta tali termini.Articolo 12 Tutti i contratti di finanziamento conclusi in base al presente regolamento devono prevedere, in particolare, che la Commissione e la Corte dei conti possano effettuare controlli in loco e presso la sede dei partner umanitari secondo le modalità abituali definite dalla Commissione nel quadro delle disposizioni vigenti, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.CAPITOLO III Procedure di attuazione delle azioni umanitarie Articolo 13 La Commissione decide in merito agli interventi di emergenza per un importo non superiore a 10 milioni di ECU.Si ritiene necessario un intervento d'urgenza per le seguenti azioni:- azioni che rispondono ad un'esigenza umanitaria immediata e imprevedibile, in seguito a catastrofi naturali o causate dall'uomo, aventi carattere improvviso, quali inondazioni, terremoti e conflitti armati, o situazioni di portata analoga,- azioni, limitate nel tempo, in risposta a tale situazione di emergenza imprevedibile; i fondi corrispondenti coprono la risposta alle esigenze umanitarie di cui al primo trattino, per un periodo nella decisione di finanziamento non superiore a sei mesi.Per le azioni che rispondono a tali condizioni e che superano i 2 milioni di ECU, la Commissione:- prende una decisione in merito,- informa per iscritto gli Stati membri entro un termine di quarantotto ore,- rende conto della sua decisione nella successiva seduta del comitato, segnatamente fornendo la giustificazione per il ricorso alla procedura di urgenza.La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3, e nei limiti dell'articolo 15, paragrafo 2, secondo trattino, decide in merito al proseguimento delle azioni adottate secondo la procedura d'urgenza.Articolo 14 La Commissione è incaricata della preparazione, della decisione, della gestione, della sorveglianza e della valutazione delle azioni previste dal presente regolamento, secondo le procedure di bilancio e di altro genere in vigore, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale della Comunità europea.Articolo 15 1. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2:- decide in merito al finanziamento comunitario delle azioni di protezione di cui all'articolo 2, lettera c), nel quadro dell'attuazione dell'azione umanitaria,- adotta i regolamenti di applicazione del presente regolamento,- decide in merito agli interventi diretti della Commissione o al finanziamento degli interventi degli organismi specializzati degli Stati membri.2. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3:- approva i piani globali, destinati a fornire un quadro coerente d'azione in un paese o in una regione determinata in cui la crisi umanitaria è tale da protrarsi, segnatamente a causa della sua entità e della sua complessità, nonché le relative dotazioni finanziarie. In tale contesto, la Commissione e gli Stati membri esaminano le priorità da accordare nel quadro dell'attuazione di tali piani globali,- decide in merito ai progetti di importo superiore a 2 milioni di ECU, fatte salve le disposizioni dell'articolo 13.Articolo 16 1. Una volta all'anno in sede di comitato di cui all'articolo 17 si procede ad uno scambio di opinioni, in base alla presentazione, da parte del rappresentante della Commissione, degli orientamenti generali dell'azione umanitaria per gli anni a venire e ad un esame della problematica generale del coordinamento delle azioni di aiuto umanitario comunitarie e nazionali, nonché eventuali questioni generali o specifiche relative all'aiuto comunitario nel settore in questione.2. La Commissione trasmette inoltre al comitato di cui all'articolo 17 informazioni sull'evoluzione degli strumenti di gestione delle azioni umanitarie, tra cui il contratto quadro di partenariato.3. Il comitato di cui all'articolo 17 è informato altresì delle intenzioni della Commissione riguardo alla valutazione delle azioni umanitarie e eventualmente al suo calendario di lavoro.Articolo 17 1. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri viene attribuita la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un mese a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.3. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso, la Commissione può differire di un mese, a decorrere da tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise.Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al comma precedente.Articolo 18 1. La Commissione effettua ad intervalli regolari valutazioni di azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità, al fine di stabilire se siano stati raggiunti gli obiettivi che tali azioni si prefiggono e per ricavarne orientamenti finalizzati a migliorare l'efficacia delle azioni future. La Commissione presenta al comitato un sommario delle valutazioni effettuate che potrebbero, se del caso, essere da esso esaminate. Nel sommario figurano tra l'altro i regimi applicabili agli esperti assunti. Le relazioni di valutazione sono trasmesse agli Stati membri che ne facciano richiesta.2. La Commissione può altresì procedere, su richiesta degli Stati membri e con la loro partecipazione, a valutazioni sui risultati delle azioni e piani umanitari della Comunità europea.Articolo 19 Al termine di ciascun esercizio di bilancio la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione annuale contenente un sommario delle azioni finanziate durante l'esercizio.Nel sommario figurano segnatamente informazioni riguardo agli operatori tramite i quali le azioni umanitarie sono state attuate.La relazione include una sintesi delle valutazioni esterne effettuate, eventualmente, per quanto riguarda azioni specifiche.La Commissione informa gli Stati membri, al più tardi entro un mese dall'adozione della sua decisione e fatto salvo l'articolo 13 del presente regolamento, delle azioni approvate, indicandone l'importo, la natura, le popolazioni beneficiarie e i partner.Articolo 20 Tre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione sottoporrà al Parlamento europeo e al Consiglio una valutazione globale delle azioni finanziate dalla Comunità nel quadro del regolamento stesso, corredata di suggerimenti circa il futuro del presente regolamento, se del caso, di proposte di modifica.Articolo 21 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 20 giugno 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteP. BERSANI(1) GU n. C 180 del 14. 7. 1995, pag. 6.(2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 1995 (GU n. C 339 del 18. 12. 1995, pag. 60), posizione comune del Consiglio del 29 gennaio 1996 (GU n. C 87 del 25. 3. 1996, pag. 46) e decisione del Parlamento europeo del 21 maggio 1996 (GU n. C 166 del 10. 6. 1996).
Strumento di aiuto umanitario dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? L’aiuto umanitario dell’UE mira a fornire assistenza, soccorso e protezione alle persone colpite da calamità naturali o indotte ed emergenze simili. L’attenzione maggiore è rivolta alle vittime più vulnerabili. Il presente regolamento stabilisce i principali obiettivi, principi e procedure per attuare operazioni di aiuto umanitario dell’UE. PRIORITÀ CHIAVE Principi L’assistenza dell’UE deve essere: basata su reali necessità ; rivolta a popolazioni in situazione di necessità , indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione, dal genere, dall’età, dall’origine etnica o dall’affiliazione politica; basata sui principi umanitari internazionali e sul consenso europeo sull’aiuto umanitario. Beneficiari L’assistenza dell’UE è coordinata dalla direzione generale della Commissione europea per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario (ECHO). I finanziamenti sono rivolti ai paesi non appartenenti all'UE. Settori interessati L’aiuto umanitario può essere fornito in molti modi, ciascuno a seconda della natura della crisi, sotto forma di: cibo e sostegno alimentare; assistenza medica e supporto psico-sociale; forniture d’acqua e di servizi igienici; ricoveri; riparazioni d’emergenza alle infrastrutture; sminamento; istruzione. L’aiuto umanitario può inoltre essere volto alla riduzione del rischio di calamità . Finanziamento L’UE, insieme ai suoi Stati membri, è il primo donatore di aiuti umanitari al mondo. Nel 2014, circa 121 milioni di persone in oltre 80 paesi hanno ricevuto aiuto dall’UE, per una somma di oltre 1,27 miliardi di euro. Gli aiuti hanno contribuito a fornire soccorso in tutte le principali regioni in crisi del mondo, fra cui Siria, Sud Sudan, Yemen e Ucraina. Coordinamento con i partner L’aiuto umanitario dell’UE viene attuato attraverso oltre 200 organizzazioni partner, quali le agenzie delle Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali come la Croce Rossa e molte organizzazioni non governative (ONG). Per ricevere finanziamenti per un progetto umanitario, le organizzazioni partner presentano proposte di finanziamento e si attengono a rigorose linee guida per la valutazione e il controllo dei progetti. I partner devono comunicare il sostegno dell’Unione mostrando l’identità visiva dell’UE sui siti dei progetti. Inoltre, devono coordinare da vicino i loro progetti, per garantire che l’assistenza sia pronta ed efficiente. Azione a lungo termine L’aiuto umanitario viene impiegato inoltre per aumentare la resilienza a futuri shock, fornendo sussidi allo sviluppo a lungo termine, in linea con: L’approccio dell’UE alla resilienza; il documento orientativo dell’UE sull’aiuto di emergenza, risanamento e sviluppo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 5 luglio 1996. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda: Aiuto umanitario; Scheda informativa sull’aiuto umanitario. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio, del 20 giugno 1996, relativo all’aiuto umanitario (GU L 163 del 2.7.1996, pag. 1-6) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1257/96 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
7,577
592
32010R1003
false
REGOLAMENTO (UE) N. 1003/2010 DELLA COMMISSIONE dell'8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 70/222/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'alloggiamento ed al montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il regolamento (CE) n. 661/2009 stabilisce le disposizioni fondamentali relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Occorre quindi stabilire anche le procedure, le prove e i requisiti specifici necessari per l'omologazione. (4) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: (1) «tipo di veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori»: i veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda, in particolare, i punti seguenti: le dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la posizione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la forma della superficie destinata all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; (2) «superficie piana»: una superficie di materiale solido, che può consistere anche di una rete o griglia, con un raggio di curvatura di almeno 5 000 mm; (3) «superficie di rete strutturata»: una superficie che consiste in una ripartizione uniforme di buchi (ad esempio di forma rotonda, ovale, a diamante, rettangolare o quadrata) ad intervalli non superiori a 15 mm; (4) «superficie grigliata»: una superficie di barre parallele ripartite uniformemente ad una distanza massima di 15 mm; (5) «superficie nominale»: la superficie teorica geometricamente perfetta che non tiene conto di irregolarità superficiali quali sporgenze o cavità; (6) «piano longitudinale mediano del veicolo»: il piano di simmetria del veicolo oppure, se il veicolo non è simmetrico, il piano verticale longitudinale che passa attraverso il centro degli assi del veicolo; (7) «inclinazione»: il grado di deviazione angolare in relazione al piano verticale. Articolo 2 Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. Il costruttore, o il suo rappresentante, presenta all'autorità di omologazione la domanda di omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori sui veicoli a motore e i loro rimorchi. 2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1. 3. Se le prescrizioni pertinenti di cui all'allegato II del presente regolamento sono soddisfatte, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in base sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE conforme al modello di cui all'allegato I, parte 2. Articolo 3 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 70/222/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli a norma della direttiva 70/222/CEE. Articolo 4 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'8 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 76 del 6.4.1970, pag. 25. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 2. MASSE E DIMENSIONI (3) (4) 2.4. Campo di dimensioni (fuori tutto) del veicolo 2.4.2. Per i telai carrozzati 2.4.2.3. Altezza (in ordine di marcia) (5) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): … 2.6. Massa in ordine di marcia Massa del veicolo carrozzato e, in caso di veicolo trattore di categoria diversa dalla categoria M1, con il dispositivo di aggancio, se fornito dal costruttore, in ordine di marcia, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio, se il costruttore non li fornisce, (compresi liquidi, attrezzi, ruota di scorta, se fornita, e conducente e, per gli autobus di linea e gran turismo, un accompagnatore, se il veicolo è munito dell'apposito sedile) (6) (massima e minima per ogni variante) … 9 CARROZZERIA 9.14. Alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore (indicare il campo delle dimensioni, servirsi eventualmente di disegni): … 9.14.1. Altezza dal suolo del bordo superiore: … 9.14.2. Altezza dal suolo del bordo inferiore: … 9.14.3. Distanza tra la linea centrale e il piano mediano longitudinale del veicolo: … 9.14.4. Distanza dal bordo sinistro del veicolo: … 9.14.5. Dimensioni (lunghezza x larghezza): … 9.14.6. Inclinazione del piano rispetto alla verticale: … 9.14.7. Angolo di visibilità sul piano orizzontale: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Oggetto: — omologazione CE (7) — estensione dell'omologazione CE (7) — rifiuto dell'omologazione CE (7) — revoca dell'omologazione CE (7) di un tipo di veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori visto il regolamento (UE) n. 1003/2010 [«il presente regolamento»], modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (7) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (8): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (9): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE (3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni. (4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni. (5) (g8) Termine n. 6.3. (6) La massa del conducente, ed eventualmente quella dell'accompagnatore, è valutata a 75 kg (di cui 68 kg per la massa dell'occupante e 7 kg per quella del bagaglio, in base alla norma ISO 2416-1992), il serbatoio del carburante è riempito al 90% e gli altri sistemi contenenti liquidi (esclusi quelli per le acque usate) al 100% della capacità indicata dal costruttore. (7) Cancellare la dicitura non pertinente. (8) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (9) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Descrizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore … 2. L'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore è adatto a una targa dalle dimensioni massime: 520 × 120/340 × 240 (1) 3. Posizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore: a sinistra dal centro/centro (1) 4. L'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile se viene agganciato un dispositivo di attacco meccanico: sì/no (1) 5. Osservazioni: … (1) Cancellare la dicitura non pertinente. ALLEGATO II Prescrizioni relative all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. PRESCRIZIONI 1.1. Forma e dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore 1.1.1. L'alloggiamento per il montaggio della targa presenta una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, con le seguenti dimensioni minime: a seconda dei casi larghezza : 520 mm altezza : 120 mm o larghezza : 340 mm altezza : 240 mm 1.1.2. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare buchi o aperture. 1.1.2.1. Nel caso di veicoli di categoria M1 la larghezza del buco o dell'apertura non deve superare i 40 mm, senza tenere conto della lunghezza. 1.1.3. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare sporgenze, a condizione che esse non sporgano oltre 5,0 mm rispetto alla superficie nominale. Le parti di materiali molto morbidi, come schiuma o feltro destinati ad eliminare le vibrazioni della targa d'immatricolazione, non vanno prese in considerazione. 1.2. Alloggiamento e montaggio della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.1. L'alloggiamento per il montaggio deve essere tale che la targa d'immatricolazione, dopo il montaggio secondo le istruzioni del fabbricante, presenti le seguenti caratteristiche: 1.2.1.1. Posizione della targa rispetto al piano mediano longitudinale del veicolo: 1.2.1.1.1. Il punto centrale della targa non deve essere situato a destra del piano mediano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2. Posizione della targa rispetto al piano verticale longitudinale del veicolo: 1.2.1.2.1. La targa deve essere perpendicolare al piano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2.2. Il bordo sinistro della targa non deve essere situato a sinistra del piano verticale che è parallelo al piano mediano longitudinale del veicolo e tocca il bordo esterno del veicolo. 1.2.1.3. Posizione della targa rispetto al piano verticale trasversale: 1.2.1.3.1. La targa può essere inclinata verticalmente: 1.2.1.3.1.1. tra un minimo di – 5° e massimo di 30°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m; 1.2.1.3.1.2. tra un minimo di – 15° e un massimo di 5°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m. 1.2.1.4. Altezza della targa rispetto al suolo: 1.2.1.4.1. L'altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. 1.2.1.4.2. L'altezza del bordo superiore della targa dal suolo non deve essere superiore a 1,20 m. Tuttavia, se non è possibile rispettare la prescrizione dell'altezza a causa della costruzione del veicolo, l'altezza massima può superare 1,20 m, a condizione che si avvicini il più possibile a tale limite, compatibilmente con le caratteristiche costruttive del veicolo. In nessun caso può essere superiore a 2 m. 1.2.1.5. Visibilità geometrica: 1.2.1.5.1. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa non supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano orizzontale che passa per il bordo inferiore della targa. 1.2.1.5.2. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano che passa per il bordo inferiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso il basso. 1.2.1.6. Lo spazio tra i bordi della targa d'immatricolazione montata e la superficie effettiva dell'alloggiamento della targa non deve essere superiore a 5,0 mm su tutto il bordo esterno della targa d'immatricolazione. 1.2.1.6.1. Lo spazio massimo prescritto può essere superato localmente se la differenza è misurata in prossimità di un buco o dell'apertura all'interno della superficie di rete o tra le barre parallele della superficie grigliata. 1.2.2. La posizione e la forma effettive della targa d'immatricolazione montata secondo il paragrafo 1.2, in particolare il risultante raggio di curvatura, devono essere prese in considerazione ai fini delle prescrizioni concernenti i dispositivi di illuminazione della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.3. Se lo spazio per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile entro i piani di visibilità geometrica a causa dell'installazione di un dispositivo di aggancio meccanico, tale fatto è annotato nel verbale di prova e indicato nel certificato di omologazione CE. 2. PROCEDURA DI PROVA 2.1. Determinazione dell'inclinazione verticale e dell'altezza della targa d'immatricolazione dal suolo 2.1.1. Prima di effettuare le misurazioni il veicolo è posto su una superficie liscia e la massa del veicolo deve corrispondere alla massa dichiarata del fabbricante in ordine di marcia, ma senza il conducente. 2.1.2. Se il veicolo è dotato di sospensione idropneumatica, idraulica o pneumatica o di un dispositivo per il livellamento automatico a seconda del carico, deve essere sottoposto a prova con la sospensione o il dispositivo nelle normali condizioni di funzionamento specificate dal costruttore. 2.1.3. Se la targa d'immatricolazione è rivolta verso il basso, il risultato della misurazione dell'inclinazione è espresso con cifre negative. 2.2. Le misurazioni delle sporgenze vanno effettuate perpendicolarmente e direttamente verso la superficie nominale coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.3. La misurazione dello spazio tra il bordo della targa montata e la superficie effettiva è effettuata perpendicolarmente e direttamente verso la superficie effettiva coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.4. La targa d'immatricolazione utilizzata per il controllo della conformità deve essere delle dimensioni specificate al punto 1.1.1.
Targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il presente regolamento stabilisce le disposizioni relative all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. L’obiettivo è modificare gli attuali requisiti per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. Il regolamento (UE) n. 2015/166 modifica l’allegato II del regolamento per quanto concerne requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori e le procedure per le relative prove. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa le regole relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto concerne l’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori. Fa parte dell’implementazione del regolamento (CE) 661/2009 per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posterioriL’alloggiamento di una targa d’immatricolazione posteriore deve presentare una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, che deve misurare, a seconda dei casi:520 millimetri di larghezza e 120 millimetri di altezza; oppure 340 millimetri di larghezza e 240 millimetri di altezza. Il regolamento modificativo (UE) 2015/166 chiarisce i requisiti riguardanti il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore:la targa deve essere posizionata ad angoli retti (+/- 5°) rispetto al piano longitudinale del veicolo; L’altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. la targa deve essere visibile in tutto lo spazio; le disposizioni specifiche sulla visibilità della targa dipendono dall’altezza del bordo superiore della targa, a seconda che sia maggiore di o non superiore a 1,20 m dal suolo. Il regolamento fissa inoltre delle procedure di prova per il controllo della conformità. Norme per l’omologazione UEIl fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve indicare:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; il campo di dimensioni dell’alloggiamento per le targhe d’immatricolazione posteriori; l’altezza dal suolo dei bordi. Qualora l’autorità competente ritenga che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore, essa deve concedere l’omologazione UE per tipo e rilascia un numero di omologazione in conformità della direttiva 2007/46/CE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 29 novembre 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1003/2010 della Commissione dell’8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 291 del 9.11.2010, pag. 22). Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1003/2010 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Consultare la versione consolidata. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Consultare la versione consolidata.
7,800
181
32014D0472
false
DECISIONE (UE) N. 472/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 aprile 2014 relativa all'Anno europeo per lo sviluppo (2015) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 209 e l'articolo 210, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 10 dicembre 2013 (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) L'obiettivo principale della politica di cooperazione allo sviluppo è la riduzione e, a lungo termine, l'eliminazione della povertà, come previsto dall'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE) e dall'articolo 208 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). La lotta alla povertà nel mondo contribuisce a creare un mondo più stabile, più pacifico, più prospero e più equo, che rispecchi l'interdipendenza tra i paesi più ricchi e quelli più poveri. (2) Come affermato nella risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2012 dal titolo «Un programma per il cambiamento: il futuro della politica di sviluppo dell'UE», la cooperazione allo sviluppo consiste inoltre nel promuovere lo sviluppo umano e la valorizzazione dell'uomo in tutte le sue dimensioni, compresa quella culturale. (3) L'Unione fornisce assistenza per la cooperazione allo sviluppo dal 1957 ed è attualmente il principale donatore di aiuti pubblici allo sviluppo a livello mondiale. (4) Il trattato di Lisbona ha iscritto la politica di sviluppo nell'azione esterna dell'Unione a sostegno dell'interesse dell'Unione in un mondo stabile e prospero. La politica di sviluppo contribuisce inoltre ad affrontare altre sfide globali e ad attuare la Strategia Europa 2020 definita nella Comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010 dal titolo «Europa 2020, una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva». (5) L'Unione svolge un ruolo di primo piano nel formulare e attuare il concetto di coerenza delle politiche per lo sviluppo, che mira a rafforzare le sinergie tra le politiche diverse da quelle di aiuto e gli obiettivi di sviluppo, in modo da garantire che le politiche dell'Unione rispondano alle esigenze di sviluppo dei paesi in via di sviluppo o, per lo meno, non siano contrarie all'obiettivo di eliminazione della povertà. (6) Nel 2000 la comunità internazionale si è impegnata a prendere misure concrete per combattere la povertà entro il 2015, con l'adozione degli obiettivi di sviluppo del millennio (OSM), che sono stati accettati dall'Unione e dagli Stati membri. (7) La dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea dal titolo «Il consenso europeo» (3), che rimane la base più completa per la cooperazione allo sviluppo dell'Unione, contiene l'invito all'Unione a contribuire al rafforzamento del ruolo dei nuovi Stati membri quali nuovi donatori. (8) Il mondo ha subito enormi cambiamenti negli ultimi anni, tra cui spostamenti rilevanti nell'equilibrio politico ed economico mondiale. Sulla scena mondiale sono andati affermandosi nuovi attori, tra cui soggetti privati e non governativi. Sebbene buona parte del prodotto interno lordo mondiale sia generata nelle economie sviluppate e in quelle emergenti, la crescita mondiale è già fortemente trainata da queste ultime, le quali incidono in misura notevole sull'economia internazionale. (9) Un sostegno costante alla cooperazione allo sviluppo è indispensabile in un mondo in rapido cambiamento. Ancora oggi la povertà di reddito estrema colpisce circa un miliardo e trecento milioni di persone e per un numero ancora maggiore i bisogni di sviluppo umano rimangono insoddisfatti e le disparità tra paesi sono aumentate nella maggior parte del mondo. L'ambiente naturale subisce una crescente pressione e i paesi in via di sviluppo sono particolarmente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici. Tali sfide, universali e interconnesse, vanno affrontate con un'azione comune a tutti i paesi. (10) Le discussioni sul quadro post-2015 sono state avviate: sulla base della comunicazione della Commissione del 13 ottobre 2011 dal titolo «Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE: un programma di cambiamento» e delle conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012 sul Programma di cambiamento, che hanno già determinato un importante riposizionamento delle politiche di sviluppo dell'Unione, la Commissione ha definito la propria posizione nella comunicazione, del 27 febbraio 2013 dal titolo «Un'esistenza dignitosa per tutti: sconfiggere la povertà e offrire al mondo un futuro sostenibile» e nelle conclusioni del 25 giugno 2013 il Consiglio ha adottato l'«Agenda globale post 2015», al fine di colmare le lacune del quadro di sviluppo attuale e di definire un'impostazione comune per riunire i temi dell'eliminazione della povertà e della sostenibilità in un contesto internazionale più vasto. (11) L'anno 2015 dovrebbe essere un anno emblematico e cruciale, l'ultimo anno per conseguire gli OSM concordati in comune, offrendo in tal modo un'opportunità unica per fare il punto degli impegni internazionali. L'anno 2015 sarà anche l'anno in cui devono essere prese importanti decisioni internazionali sul quadro di sviluppo che sostituirà gli obiettivi di sviluppo del millennio nei prossimi decenni. (12) L'anno 2015 è anche l'anno in cui presentare i risultati della politica di sviluppo dell'Unione a seguito dell'applicazione dei principi enunciati nella comunicazione della Commissione sul programma di cambiamento. (13) L'anno 2015 sarà altresì l'anno in cui si svolgeranno importanti eventi internazionali in alcuni Stati membri, come l'Esposizione universale «Nutrire il pianeta, energia per la vita», che si terrà a Milano e fornirà un'opportunità particolare per discutere le politiche di sviluppo a livello globale e svolgere attività di sensibilizzazione del pubblico sullo sviluppo sostenibile e sulle questioni correlate. (14) Nella risoluzione sul programma di cambiamento il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a proclamare il 2015 Anno europeo per lo sviluppo, esprimendo l'auspicio di innalzare in questo modo il profilo della cooperazione allo sviluppo. (15) L'anno 2015 dovrebbe essere pertanto designato come l'Anno europeo per lo sviluppo («Anno europeo») al fine di fornire la giusta opportunità per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'orientamento attuale della politica di sviluppo dell'Unione. Occorre fornire informazioni su come un'Unione che guarda all'esterno possa contribuire a garantire la sostenibilità su scala mondiale. Occorre quindi accrescere anche la consapevolezza dell'interdipendenza globale e chiarire che lo sviluppo è qualcosa di più del semplice aiuto. (16) La chiave del successo dell'azione dell'Unione per lo sviluppo è l'ampiezza del sostegno da parte dei responsabili politici e dei cittadini e la sua capacità di dimostrare l'utilizzo efficace ed efficiente dei fondi pubblici per il conseguimento di risultati in materia di sviluppo. L'Anno europeo dovrebbe pertanto fungere da catalizzatore per sensibilizzare i cittadini, anche attraverso i dibattiti politici pubblici e l'educazione allo sviluppo, dare impulso all'iniziativa e favorire lo scambio di migliori prassi tra gli Stati membri, le autorità regionali e locali, la società civile, il settore privato, le parti sociali e gli enti internazionali e le organizzazioni che operano nel settore dello sviluppo. Dovrebbe contribuire ad attirare l'attenzione politica e a mobilitare tutti gli interessati per promuovere e sostenere ulteriori azioni e iniziative a livello dell'Unione e degli Stati membri, in associazione con i beneficiari dell'assistenza allo sviluppo e i loro rappresentanti. (17) L'Anno europeo dovrebbe contribuire alla sensibilizzazione su tutte le forme di discriminazione di genere cui sono confrontate le donne e le ragazze in diverse regioni, in particolare in termini di accesso all'istruzione, al lavoro e ai sistemi sanitari, nonché in relazione al matrimonio forzato, allo sfruttamento sessuale, alla mutilazione genitale e ad altre pratiche irregolari. (18) Il sondaggio speciale Eurobarometro 392, dal titolo «Solidarity that spans the globe: Europeans and development aid», pubblicato nell'ottobre 2012, ha indicato che l'85 % dei cittadini dell'Unione erano a favore di aiutare le popolazioni nei paesi partner. Come affermato in tale sondaggio, malgrado l'attuale contesto economico, più di sei cittadini su dieci ritengono che gli aiuti umanitari a favore della popolazione nei paesi partner debbano essere aumentati. Allo stesso tempo, dal sondaggio è emerso chiaramente che vi è una scarsa conoscenza della cooperazione allo sviluppo dell'Unione, il che richiede una migliore comunicazione. (19) Un coordinamento efficiente tra tutte le parti coinvolte a livello unionale, nazionale, regionale e locale è un requisito fondamentale per l'efficacia dell'Anno europeo. I partner regionali e locali hanno, in questo caso, un ruolo particolare da svolgere nel promuovere la politica di sviluppo dell'Unione. (20) I diversi contesti culturali e socioeconomici nazionali e le diverse sensibilità richiedono un decentramento di alcune delle attività dell'Anno europeo a livello nazionale, conformemente all'articolo 58 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Tuttavia, la definizione delle priorità politiche su scala nazionale dovrebbe essere coordinata con la Commissione in modo da garantire la coerenza con gli obiettivi strategici dell'Anno europeo. Per creare sinergie e assicurare il successo dell'Anno europeo per lo sviluppo, è di primaria importanza lo stretto coordinamento tra le attività della Commissione e quelle degli Stati membri. (21) È opportuno che, oltre agli Stati membri, la partecipazione alle attività da finanziare nell'ambito dell'Anno europeo sia aperta ai paesi candidati che beneficiano di una strategia di preadesione, conformemente ai principi generali e alle condizioni generali per la partecipazione di tali paesi ai programmi dell'Unione stabiliti nei rispettivi accordi quadro e nelle decisioni dei consigli di associazione. Si dovrebbe incoraggiare il coordinamento con le misure nazionali, in particolare con i programmi nazionali di educazione e sensibilizzazione allo sviluppo (DEAR). Il livello e la forma di partecipazione all'Anno europeo dovrebbero restare a discrezione di ciascuno Stato membro. (22) Si dovrebbero assicurare la coerenza e la complementarità con la legislazione e azioni dell'Unione, in particolare con lo strumento di cooperazione allo sviluppo istituito dal regolamento (UE) n. 233/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), compreso il programma DEAR e il Fondo europeo di sviluppo, lo strumento europeo di vicinato istituito dal regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e altri strumenti di finanziamento dell'Unione per l'azione esterna, se attinenti alla politica di sviluppo. (23) Gli interessi finanziari dell'Unione dovrebbero essere tutelati attraverso misure proporzionate in tutto il ciclo di spesa, compresa la prevenzione, l'individuazione e l'investigazione degli illeciti, il recupero dei fondi perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati e, se del caso, sanzioni amministrative e finanziarie a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012. (24) Al fine di ottimizzare l'efficienza e l'efficacia delle attività previste per l'Anno europeo, è importante svolgere una serie di azioni preparatorie nel 2014. (25) La Commissione ha già adottato varie misure per promuovere le politiche di sviluppo e informare i cittadini circa la sua cooperazione allo sviluppo. Tali misure in corso dovrebbero essere per quanto possibile utilizzate per l'Anno europeo. (26) La responsabilità primaria di aumentare la consapevolezza dei cittadini sulle questioni relative allo sviluppo è di competenza degli Stati membri. L'azione a livello dell'Unione integra e completa le iniziative intraprese a livello nazionale, regionale e locale a questo riguardo, come sottolineato nella dichiarazione politica firmata il 22 ottobre 2008 dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione dal titolo «Insieme per comunicare l'Europa». (27) Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, data la necessità di partenariati multilaterali, di scambi transnazionali d'informazioni e di iniziative di sensibilizzazione e di diffusione di buone prassi a livello dell'Unione, ma, a motivo della portata dell'Anno europeo, possono essere conseguiti meglio a livello dell'Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 TUE. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Oggetto Il 2015 è proclamato «Anno europeo per lo sviluppo» («Anno europeo»). Il motto dell'Anno europeo è «Il nostro mondo, la nostra dignità, il nostro futuro». Articolo 2 Obiettivi Gli obiettivi dell'Anno europeo sono i seguenti: a) informare i cittadini dell'Unione circa la cooperazione allo sviluppo dell'Unione e degli Stati membri, sottolineando i risultati che l'Unione, di concerto con gli Stati membri, ha conseguito come attore mondiale e che continuerà a conseguire in linea con le ultime discussioni sul quadro globale post-2015; b) promuovere la partecipazione diretta, il pensiero critico e l'interesse attivo dei cittadini dell'Unione e delle parti interessate in materia di cooperazione allo sviluppo, anche per quanto riguarda la formulazione e attuazione delle politiche; nonché c) aumentare la consapevolezza dei benefici della cooperazione allo sviluppo dell'Unione, non solo per i beneficiari dell'assistenza allo sviluppo ma anche per i cittadini dell'Unione, e giungere a una più vasta comprensione della coerenza delle politiche per lo sviluppo nonché promuovere un senso di responsabilità, solidarietà e opportunità tra i cittadini dell'Europa e dei paesi in via di sviluppo in un mondo sempre più mutevole e interdipendente. Articolo 3 Misure 1. Le misure adottate per conseguire gli obiettivi dell'Anno europeo comprendono le seguenti misure, che possono essere organizzate a livello unionale, nazionale, regionale o locale, come specificato nell'allegato, e nei paesi partner, a norma dell'articolo 6, paragrafo 5: a) campagne di comunicazione per diffondere messaggi chiave indirizzati al grande pubblico e a gruppi più specifici, in particolare i giovani e altri gruppi destinatari chiave, anche attraverso i media sociali; b) l'organizzazione di conferenze, eventi e iniziative con tutte le parti interessate, per promuovere la partecipazione attiva e il dibattito, e per sensibilizzare l'opinione pubblica a tutti i livelli; c) misure concrete negli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi dell'Anno europeo, in particolare mediante l'educazione allo sviluppo, lo scambio di informazioni e la condivisione di esperienze e di buone prassi tra amministrazioni nazionali, regionali o locali e altre organizzazioni; e d) lo svolgimento di studi e indagini e la diffusione dei loro risultati. 2. La Commissione può individuare altre misure che contribuiscano agli obiettivi dell'Anno europeo e può consentire l'uso di riferimenti all'Anno europeo e al motto per promuovere tali misure, purché contribuiscano al raggiungimento di tali obiettivi. Articolo 4 Coordinamento con gli Stati membri 1. La Commissione invita gli Stati membri a nominare, ciascuno, un coordinatore nazionale incaricato di organizzare la partecipazione di tale Stato membro all'Anno europeo. Gli Stati membri informano la Commissione di tale nomina. 2. I coordinatori nazionali, in stretto coordinamento con la Commissione, si consultano e collaborano con un'ampia gamma di parti interessate, compresa la società civile e il settore privato, i parlamenti nazionali, le parti sociali e, se del caso, le agenzie nazionali, lo Stato federale o il livello di governo subnazionale, incluse le autorità regionali e locali e, all'occorrenza, i paesi e territori d'oltremare (PTOM) o i punti di contatto per i pertinenti programmi dell'Unione. 3. La Commissione invita gli Stati membri a trasmetterle, entro il 1o settembre 2014, il programma di lavoro che specifica in dettaglio le attività nazionali previste per l'Anno europeo, in base agli obiettivi dell'Anno europeo e i dettagli delle misure indicati nell'allegato. 4. Prima di approvare i programmi di lavoro, la Commissione verifica che tali attività siano conformi, a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e del regolamento delegato della Commissione (UE) n. 1268/2012 (7), agli obiettivi dell'Anno europeo. Articolo 5 Partecipazione La partecipazione alle attività dell'Anno europeo da finanziare tramite il bilancio dell'Unione è aperta agli Stati membri e ai paesi candidati che beneficiano di una strategia di preadesione, conformemente ai principi generali e alle condizioni generali per la partecipazione di tali paesi ai programmi istituiti nei rispettivi accordi quadro e nelle decisioni dei consigli di associazione. Articolo 6 Coordinamento a livello dell'Unione e attuazione 1. La Commissione applica la presente decisione a livello dell'Unione, in particolare adottando le necessarie decisioni di finanziamento conformemente ai regolamenti che istituiscono gli strumenti per il finanziamento dell'azione esterna relativi alle azioni in questione, ossia lo strumento di cooperazione allo sviluppo, lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, istituito dal regolamento (UE) n. 235/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), lo strumento europeo di vicinato, lo strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace, istituito dal regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (9), lo strumento di assistenza preadesione, istituito dal regolamento (UE) n. 31/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (10), e lo strumento di partenariato per la cooperazione con i paesi terzi, istituito dal regolamento (UE) n. 234/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (11) («strumenti per finanziare l'azione esterna»). 2. La Commissione, unitamente al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), collabora strettamente con il Parlamento europeo, il Consiglio e gli Stati membri, il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato delle regioni e con gli organismi e le associazioni attive nel settore dello sviluppo a livello dell'Unione. 3. La Commissione convoca riunioni dei coordinatori nazionali per coordinare l'attuazione dell'Anno europeo e per scambiare informazioni sulla sua realizzazione concreta a livello nazionale e unionale. La Commissione può invitare a tali riunioni in qualità di osservatori rappresentanti della società civile e delle autorità regionali e locali nonché deputati del Parlamento europeo. 4. La Commissione convoca riunioni di tutte le parti interessate coinvolte nella cooperazione allo sviluppo dell'Unione perché la assistano in sede di attuazione dell'Anno europeo a livello dell'Unione. I coordinatori nazionali sono invitati a tali riunioni. 5. La Commissione dà precedenza all'Anno europeo nelle attività di comunicazione delle sue rappresentanze negli Stati membri e delle delegazioni dell'UE nei paesi partner. I partner di sviluppo dei paesi terzi sono sostenuti dalle delegazioni dell'UE, mentre i PTOM sono sostenuti mediante adeguati canali istituzionali affinché partecipino alle attività connesse all'Anno europeo, indipendentemente dal fatto che tali attività si svolgano nell'Unione o nei paesi terzi. 6. Il SEAE e le delegazioni dell'UE integrano appieno l'Anno europeo nelle rispettive attività di informazione e comunicazione in corso. Articolo 7 Coerenza e complementarità Conformemente ai regolamenti che istituiscono gli strumenti dell'Unione per il finanziamento dell'azione esterna pertinenti alle azioni interessate, la Commissione si accerta che le misure previste dalla presente decisione siano coerenti con altre eventuali misure nazionali e regionali o dell'Unione che contribuiscono al conseguimento degli obiettivi dell'Anno europeo e che integrino pienamente le attuali misure unionali, nazionali e regionali. Articolo 8 Disposizioni specifiche in materia di sostegno finanziario e non finanziario 1. Le misure a livello di Unione menzionate nella parte A dell'allegato danno luogo a una procedura di appalto o alla concessione di sovvenzioni finanziate dall'Unione conformemente ai titoli V e VI del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012. 2. Le misure a livello dell'Unione, di cui alla parte B dell'allegato, possono essere cofinanziate dall'Unione. 3. La Commissione può concedere il cofinanziamento a ciascun coordinatore nazionale secondo la procedura di cui alla parte C dell'allegato. 4. Se del caso, e fatti salvi i rispettivi obiettivi e bilanci, i programmi esistenti che contribuiscono alla promozione dello sviluppo possono sostenere l'Anno europeo. Inoltre, nei programmi di lavoro nazionali è possibile tenere conto degli sforzi eccezionali degli Stati membri nella gestione di eventi internazionali legati allo sviluppo o di filoni operativi internazionali sullo sviluppo. 5. La Commissione può concedere un sostegno non finanziario alle attività che sono intraprese da organizzazioni pubbliche e private e che sono conformi all'articolo 3, paragrafo 2. 6. Per essere considerate ammissibili al finanziamento nell'ambito della presente decisione, le misure devono obbligatoriamente fare un uso efficiente della spesa pubblica, apportare un valore aggiunto ed essere orientate ai risultati. Articolo 9 Tutela degli interessi finanziari dell'Unione 1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nella realizzazione delle azioni finanziate ai sensi della presente decisione, gli interessi finanziari dell'Unione siano tutelati mediante l'applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita, mediante controlli e ispezioni efficaci e, ove fossero rilevate irregolarità, mediante il recupero delle somme indebitamente versate e, se del caso, sanzioni amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive. 2. La Commissione o i suoi rappresentanti e la Corte dei conti hanno potere di revisione contabile, esercitabile sulla base di documenti e di controlli e ispezioni in loco, su tutti i beneficiari di sovvenzioni, contraenti e subcontraenti che hanno ottenuto finanziamenti dell'Unione nell'ambito della presente decisione. 3. L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) può svolgere indagini, inclusi controlli e ispezioni in loco, nel rispetto delle disposizioni e delle modalità previste dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (12), e dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (13), al fine di stabilire se vi sia stata frode, corruzione o qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell'Unione in relazione a una convenzione o decisione di sovvenzione o a un contratto finanziati a norma della presente decisione. Articolo 10 Relazioni e valutazione Entro il 31 dicembre 2016 la Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione sull'attuazione, sui risultati e sulla valutazione generale delle misure previste dalla presente decisione al fine di valutare un'adeguata azione di verifica. Articolo 11 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Strasburgo, il 16 aprile 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale. (2) Posizione del Parlamento europeo del 2 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 aprile 2014. (3) GU C 46 del 24.2.2006, pag. 1. (4) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1). (5) Regolamento (UE) n. 233/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento finanziario per la cooperazione allo sviluppo per il periodo 2014-2020 (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 44). (6) Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27). (7) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1). (8) Regolamento (UE) n. 235/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e i diritti umani nel mondo (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 85). (9) Regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del l'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 1). (10) Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del l'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11). (11) Regolamento (UE) n. 234/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del l'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di partenariato per la cooperazione con i paesi terzi (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 77). (12) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2). (13) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1). ALLEGATO PARTICOLARI DELLE MISURE DI CUI ALL'ARTICOLO 3 L'attuazione dell'Anno europeo è focalizzata su un'ampia campagna d'informazione e comunicazione a livello dell'Unione, integrata da iniziative intraprese dagli Stati membri. A livello sia nazionale che dell'Unione le iniziative possono anche coinvolgere la società civile, le organizzazioni giovanili, le parti sociali, il settore privato, i parlamenti nazionali e, se del caso, le agenzie nazionali, lo Stato federale o il livello di governo subnazionale, incluse le autorità regionali e locali e altri soggetti interessati al fine di creare un senso di appartenenza fra i principali soggetti. L'Unione concede un sostegno finanziario nonché l'autorizzazione a utilizzare un logo elaborato dalla Commissione, e altri materiali associati all'Anno europeo, per misure di organismi pubblici o privati, laddove tali organizzazioni garantiscano alla Commissione che tali misure sono attuate nel corso del 2015 e sono suscettibili di contribuire in misura rilevante al raggiungimento degli obiettivi dell'Anno europeo. A. MISURE DIRETTE DELL'UNIONE Il finanziamento assume la forma di acquisto diretto di beni e servizi nell'ambito di contratti quadro esistenti. Esso può anche essere costituito da sovvenzioni fino all'80 % dei costi definitivi delle attività. Le misure possono consistere in: a) campagne d'informazione e promozionali comprendenti: i) la produzione e diffusione di materiale stampato e di audiovisivi che riflettano gli obiettivi dell'Anno europeo; ii) manifestazioni ad alta visibilità finalizzate a sensibilizzare i cittadini agli obiettivi dell'Anno europeo e forum di particolare risonanza finalizzati allo scambio di esperienze e di buone prassi; iii) misure volte a rendere pubblici i risultati e a innalzare il profilo di programmi, progetti e iniziative dell'Unione, nonché misure che contribuiscono al conseguimento degli obiettivi dell'Anno europeo; iv) la creazione di un sito web interattivo di informazione su Europa (http://europa.eu/index_en.htm) dedicato all'azione intrapresa nel quadro dell'Anno europeo nonché un uso adeguato dei media sociali; v) un premio per concetti e campagne di comunicazione innovativi ed efficaci che contribuiscono, o hanno contribuito, a sensibilizzare e a promuovere la riflessione sui problemi dello sviluppo in modi insoliti e originali, in particolare quelli intesi a raggiungere destinatari che in precedenza sono stati esposti ai problemi globali dello sviluppo in misura minima o nulla; b) altre iniziative: i) fornitura di servizi linguistici (traduzione, interpretazione, informazioni multilingue); ii) indagini di monitoraggio e audit a livello dell'Unione per valutare e documentare la preparazione, l'efficacia e l'impatto dell'Anno europeo. B. MISURE DELL'UNIONE IN REGIME DI CO-FINANZIAMENTO Gli eventi ad alta visibilità su scala unionale, finalizzati a sensibilizzare i cittadini agli obiettivi dell'Anno europeo che possono essere organizzati in collaborazione con gli Stati membri che detengono la presidenza del Consiglio nel 2015, possono ricevere una sovvenzione dell'Unione fino a un massimo dell'80 % dei costi definitivi delle attività. C. COFINANZIAMENTO DELLE MISURE DEGLI STATI MEMBRI Ciascun coordinatore nazionale può presentare una domanda per il cofinanziamento dell'Unione di misure o di un programma di lavoro per promuovere l'Anno europeo. Il programma di lavoro descrive le attività specifiche nazionali che dovranno essere finanziate. In tale ambito, gli Stati membri hanno la facoltà di definire le proprie priorità e iniziative conformemente all'articolo 2 e, se del caso, possono coinvolgere i PTOM. La domanda di cofinanziamento è corredata di un bilancio dettagliato indicante il costo totale delle misure o del programma di lavoro proposti, nonché l'importo e le fonti dell'eventuale cofinanziamento. Il contributo dell'Unione può coprire fino all'80 % dei costi definitivi delle attività. La Commissione determina gli importi indicativi disponibili per il cofinanziamento a ciascun coordinatore nazionale, nonché il termine per la presentazione delle domande sulla base di criteri che tengono conto della popolazione e del costo della vita nello Stato membro interessato. Un importo forfettario per Stato membro garantisce un minimo di attività. Nel determinare tale importo, la Commissione tiene conto dell'esperienza di cooperazione allo sviluppo relativamente breve degli Stati membri che hanno aderito all'Unione il 1o gennaio 2004. La Commissione tiene conto altresì delle misure presentate congiuntamente o condivise da parecchi Stati membri. La Commissione assicura una procedura di approvazione trasparente, tempestiva ed efficiente, basata sui principi della parità di trattamento e della sana gestione finanziaria.
Anno europeo per lo sviluppo (2015) L’Unione europea (UE) è il principale donatore di aiuti pubblici allo sviluppo nel mondo. Nonostante questo forte impegno, i cittadini dell’UE spesso non dispongono di informazioni sulla cooperazione allo sviluppo. Un Anno europeo per lo sviluppo si svolgerà nel 2015 per sensibilizzare il pubblico sull’argomento. ATTO Decisione n. 472/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’Anno europeo per lo sviluppo (2015). SINTESI Circa 1,3 miliardi di persone nel mondo vivono ancora in condizioni di estrema povertà e non sono ancora stati soddisfatti i bisogni di sviluppo umano per molte altre. Poiché l’anno 2015 è l’ultimo anno per il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio, è un’occasione unica per fare il punto su questi impegni internazionali e insieme presentare i principali risultati della politica di sviluppo dell’UE. L’Anno europeo per lo sviluppo 2015 (EYD2015) offre l’opportunità di mostrare le principali politiche europee attuate. SENSIBILIZZAZIONE DEL PUBBLICO I principali obiettivi dell’Anno europeo per lo sviluppo 2015 sono: informare i cittadini europei sulla cooperazione allo sviluppo dell’UE, mettendo in evidenza i risultati che l’Unione europea, insieme agli Stati membri, ha raggiunto; promuovere la partecipazione diretta dei cittadini e delle organizzazioni di cooperazione allo sviluppo dell’UE; aumentare la consapevolezza dei benefici della cooperazione allo sviluppo dell’UE non solo per i beneficiari, ma anche per i cittadini dell’UE, sviluppando un senso di responsabilità comune e di solidarietà con i paesi terzi. INIZIATIVE NAZIONALI E UNIONALI L’Anno europeo per lo sviluppo si concentrerà su una vasta campagna di informazione e comunicazione a livello dell’Unione diretta a gruppi mirati come i giovani, integrata da iniziative intraprese dagli Stati membri (ad esempio, eventi per promuovere il dibattito, scambio di informazioni e condivisione di esperienze e buone pratiche). Le iniziative sia nazionali che unionali coinvolgeranno i cittadini, le organizzazioni giovanili, le parti sociali, il settore privato e, se del caso, le autorità nazionali e locali. SOSTEGNO DIRETTO E INDIRETTO DELL’UE Sarà offerto un sostegno diretto e indiretto dell’UE sotto forma di sovvenzioni (fino all’80 % dei costi definitivi delle attività nei casi specifici) o l’autorizzazione ad utilizzare lo specifico logo EYD2015 per le azioni e le misure realizzate nel quadro dell’Anno europeo. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Decisione (UE) n. 472/2014/UE 29.5.2014 - GU L 136 del 9.5.2014
10,818
207
32019R0026
false
REGOLAMENTO (UE) 2019/26 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'8 gennaio 2019 che integra la legislazione dell'Unione in materia di omologazione in relazione al recesso del Regno Unito dall'Unione (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato l'intenzione di recedere dall'Unione a norma dell'articolo 50 del trattato sull'Unione europea (TUE). I trattati cesseranno di applicarsi al Regno Unito a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo tale notifica, vale a dire dal 30 marzo 2019, a meno che il Consiglio europeo all'unanimità, in accordo con il Regno Unito, non decida di prorogare tale termine. (2) L'accordo di recesso, quale convenuto tra i negoziatori, contiene misure che consentono l'applicazione delle disposizioni del diritto dell'Unione al e nel Regno Unito oltre la data in cui i trattati cesseranno di applicarsi al e nel Regno Unito. Nel caso in cui tale accordo entri in vigore, la legislazione dell'Unione in materia di omologazione si applicherà al e nel Regno Unito durante il periodo transitorio in conformità di tale accordo e cesserà di applicarsi al termine di tale periodo. (3) Un quadro legislativo organico dell'Unione in materia di omologazione è stato istituito dalla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), dal regolamento (UE) n. 167/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), dal regolamento (UE) n. 168/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) e dal regolamento (UE) 2016/1628 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). (4) Tali atti lasciano ai costruttori la scelta dell'autorità di omologazione da cui ottenere un'omologazione che consenta loro di immettere sul mercato dell'Unione veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti. (5) In assenza di disposizioni speciali, il recesso del Regno Unito dall'Unione fa sì che le omologazioni CE e le omologazioni UE rilasciate in precedenza dall'autorità di omologazione del Regno Unito, in conformità degli atti normativi dell'Unione, non potrebbero più garantire l'accesso al mercato dell'Unione. Tali omologazioni sono state ottenute anche da costruttori stabiliti in Stati membri diversi dal Regno Unito. I veicoli, i sistemi, i componenti e le entità tecniche indipendenti omologati dal Regno Unito, in conformità degli atti normativi dell'Unione, possono essere immessi sul mercato dell'Unione fino alla data in cui la legislazione dell'Unione in materia di omologazione cessi di applicarsi al e nel Regno Unito ed è allora necessario stabilire disposizioni speciali al fine di agevolare l'immissione di tali veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti sul mercato dell'Unione dopo tale data. (6) Attualmente la legislazione dell'Unione in materia di omologazione non prevede la possibilità di omologare nuovamente tipi già omologati altrove nell'Unione. Tuttavia, i costruttori dovrebbero poter continuare la produzione di veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti intrapresa sulla base di omologazioni rilasciate in precedenza dall'autorità di omologazione del Regno Unito e poter continuare a immettere tali veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti sul mercato dell'Unione. È pertanto necessario consentire ai costruttori di ottenere nuove omologazioni dalle autorità di omologazione degli Stati membri diversi dal Regno Unito. (7) Il presente regolamento dovrebbe inoltre far sì che i costruttori continuino ad avere la massima libertà possibile di scegliere la nuova autorità di omologazione dell'Unione. In particolare, tale scelta del costruttore non dovrebbe essere subordinata all'assenso dell'autorità di omologazione del Regno Unito o all'esistenza di eventuali accordi tra l'autorità di omologazione del Regno Unito e la nuova autorità di omologazione dell'Unione. (8) Al fine di garantire la necessaria certezza giuridica per tutte le parti interessate e assicurare condizioni di parità tra i costruttori, è necessario stabilire, in modo trasparente, condizioni uguali applicabili in tutti gli Stati membri. (9) Al fine di consentire la continuità della produzione e dell'immissione sul mercato di veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti, i requisiti ai quali i relativi tipi devono essere conformi per essere omologati dall'autorità di omologazione di uno Stato membro diverso dal Regno Unito dovrebbero essere quelli applicabili all'immissione sul mercato di nuovi veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti e non quelli applicabili ai nuovi tipi. (10) Analogamente, i requisiti per i nuovi veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti sono applicabili ai costruttori che hanno ottenuto omologazioni rilasciate da Stati membri diversi dal Regno Unito. La previsione degli stessi requisiti per l'omologazione di tipi ai sensi del presente regolamento e per l'immissione sul mercato di nuovi veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti mira pertanto a garantire la parità di trattamento tra i costruttori interessati dal recesso del Regno Unito e quelli che hanno ottenuto omologazioni rilasciate da Stati membri diversi dal Regno Unito. (11) Nessuna disposizione del presente regolamento dovrebbe impedire al costruttore di un veicolo di richiedere su base volontaria un'omologazione dell'Unione per un tipo di veicolo già omologato nel Regno Unito sulla base di taluni requisiti applicabili a nuovi tipi di sistemi, componenti o entità tecniche indipendenti quando il tipo di veicolo rimane per il resto identico a quello omologato nel Regno Unito. (12) Le omologazioni richieste per veicoli, sistemi, componenti o entità tecniche indipendenti completamente nuovi non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione del presente regolamento. (13) Dovrebbe essere possibile, per le omologazioni rilasciate ai sensi del presente regolamento, basarsi sulle relazioni di prova già presentate al fine di ottenere l'omologazione nel Regno Unito, nei casi in cui i requisiti su cui tali relazioni si basano non siano cambiati. Per permettere di continuare a utilizzare le relazioni di prova emesse dal servizio tecnico notificato dal Regno Unito, è opportuno che il presente regolamento disponga un'esenzione dal requisito che tale servizio tecnico sia stato designato dall'autorità che rilascia l'omologazione e che ciò sia stato notificato alla Commissione dallo Stato membro. Al fine di coprire anche il periodo in cui la legislazione dell'Unione in materia di omologazione cessi di applicarsi al e nel Regno Unito, è anche opportuno che il presente regolamento disponga un'esenzione dai requisiti specifici relativi alla designazione e alla notifica dei servizi tecnici di paesi terzi. (14) Allo stesso tempo le autorità di omologazione dell'Unione, dovendo essere pienamente responsabili delle nuove omologazioni dell'Unione che rilasciano, dovrebbero avere la facoltà di richiedere l'esecuzione di nuove prove riguardo a qualsiasi elemento per il quale le ritengano opportune ai fini dell'omologazione. (15) Se non diversamente disposto dal presente regolamento, dovrebbero continuare ad applicarsi le norme generali in materia di omologazione CE e omologazione UE. (16) Si dovrebbe tener conto del fatto che il ruolo attribuito alle autorità di omologazione non si esaurisce con la produzione o con l'immissione sul mercato di un veicolo, un sistema, un componente o un'entità tecnica indipendente, ma si estende per diversi anni dopo l'immissione sul mercato di tali veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti. Ciò vale in particolare per quanto riguarda gli obblighi di conformità in servizio per i veicoli che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2007/46/CE e per quanto riguarda gli obblighi in materia di informazioni sulla riparazione e la manutenzione e i possibili richiami di veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2007/46/CE, del regolamento (UE) n. 167/2013, del regolamento (UE) n. 168/2013 o del regolamento (UE) 2016/1628. È quindi necessario che l'autorità che rilascia l'omologazione dell'Unione rilevi tali obblighi anche in relazione a veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti basati sullo stesso tipo e già immessi sul mercato dell'Unione sulla base di un'omologazione del Regno Unito, onde garantire che vi sia un'autorità di omologazione competente. (17) Quando i costruttori ricorrono alle procedure di cui al presente regolamento, è possibile che la loro omologazione del Regno Unito cessi di avere validità prima che la legislazione dell'Unione in materia di omologazione cessi di applicarsi al e nel Regno Unito in seguito al rilascio di un'omologazione dell'Unione dello stesso tipo. Poiché i costruttori non dovrebbero essere posti in una posizione di svantaggio per aver fatto ricorso al presente regolamento, lo stock di veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti conformi, prodotti sulla base di una valida omologazione del Regno Unito, dovrebbe poter essere immesso sul mercato, registrato e fatto entrare in circolazione, una volta che i costruttori abbiano ottenuto una nuova omologazione dell'Unione, finché la legislazione dell'Unione in materia di omologazione continui ad applicarsi al e nel Regno Unito, sempre che tali veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti continuino a rispettare i requisiti generali degli atti di cui all'articolo 1. Poiché l'immissione sul mercato, l'immatricolazione e l'entrata in circolazione potrebbero non avvenire contemporaneamente, il momento in cui si esegue la prima di tali fasi dovrebbe essere utilizzato per stabilire i termini stabiliti dal presente regolamento. (18) È altresì necessario che l'autorità di omologazione dell'UE si assuma determinati obblighi per quanto riguarda i veicoli, i sistemi, i componenti e le entità tecniche indipendenti che sono stati immessi sul mercato dell'Unione sulla base di omologazioni del Regno Unito che non sono più valide a norma dell'articolo 17 della direttiva 2007/46/CE, dell'articolo 32 del regolamento (UE) n. 167/2013, dell'articolo 37 del regolamento (UE) n. 168/2013 o dell'articolo 30 del regolamento (UE) 2016/1628 oppure per cui non è richiesta alcuna omologazione dell'Unione. Al fine di garantire che vi sia un'autorità di omologazione dell'Unione competente, i costruttori dovrebbero essere tenuti a chiedere all'autorità di omologazione dell'Unione che deve omologare tipi precedentemente omologati nel Regno Unito di rilevare gli obblighi in materia di richiami, informazioni sulla riparazione e la manutenzione e controlli della conformità in servizio in relazione ai loro veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti basati su altri tipi e già immessi sul mercato dell'Unione. Per limitare la portata degli obblighi rilevati dall'autorità di omologazione dell'Unione, tali obblighi dovrebbero riguardare soltanto veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti basati su omologazioni del Regno Unito rilasciate dopo il 1o gennaio 2008. (19) È opportuno che rimangano applicabili le decisioni delle autorità nazionali adottate in conformità dell'articolo 27, paragrafo 3, della direttiva 2007/46/CE, dell'articolo 39, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 167/2013 o dell'articolo 44, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 168/2013 mentre la legislazione dell'Unione in materia di omologazione è ancora applicabile al e nel Regno Unito che consentono la messa a disposizione sul mercato, l'immatricolazione, la vendita o l'entrata in circolazione di veicoli di fine serie conformi a un tipo la cui omologazione del Regno Unito ha cessato di avere validità prima del giorno in cui la legislazione dell'Unione in materia di omologazione cessa di applicarsi al e nel Regno Unito. (20) È opportuno che continuino ad applicarsi le esenzioni e le disposizioni transitorie applicabili ai motori o ai veicoli e alle macchine mobili non stradali in cui tali motori sono installati di cui all'articolo 10, paragrafo 7, della direttiva 97/68/CE, all'articolo 34, paragrafi 7 e 8, o all'articolo 58, paragrafi da 5 a 11, del regolamento (UE) 2016/1628, e di cui agli atti adottati in base all'articolo 19, paragrafo 6, all'articolo 20, paragrafo 8, all'articolo 28, paragrafo 6, e all'articolo 53, paragrafo 12, del regolamento (UE) n. 167/2013, che consentono l'immissione sul mercato di tali motori, veicoli e macchine mobili non stradali senza l'obbligo di un'omologazione valida. (21) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire l'integrazione della direttiva 2007/46/CE, del regolamento (UE) n. 167/2013, del regolamento (UE) n. 168/2013 e del regolamento (UE) 2016/1628 con disposizioni speciali connesse con il recesso del Regno Unito dall'Unione, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri, ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 TUE. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (22) Al fine di consentire ai costruttori di adottare le misure necessarie a prepararsi in tempo utile al recesso del Regno Unito per quanto concerne la legislazione in materia di omologazione dell'Unione, è opportuno che il presente regolamento entri in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento integra la direttiva 2007/46/CE, il regolamento (UE) n. 167/2013, il regolamento (UE) n. 168/2013 e il regolamento (UE) 2016/1628 stabilendo disposizioni speciali per l'omologazione UE e l'immissione sul mercato dei veicoli, dei sistemi, dei componenti e delle entità tecniche indipendenti che siano stati omologati dall'autorità di omologazione del Regno Unito mentre la legislazione dell'Unione in materia di omologazione di cui all'articolo 2, paragrafo 1, del presente regolamento, è ancora applicabile al e nel Regno Unito. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. Il presente regolamento si applica ai veicoli, ai sistemi, ai componenti e alle entità tecniche indipendenti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2007/46/CE, del regolamento (UE) n. 167/2013, del regolamento (UE) n. 168/2013 o del regolamento (UE) 2016/1628 nonché ai relativi tipi che sono stati omologati dall'autorità di omologazione del Regno Unito sulla base di tali atti o di qualsiasi atto normativo dell'Unione di cui all'allegato IV della direttiva 2007/46/CE oppure di qualsiasi altro atto normativo abrogato da tali atti normativi dell'Unione. 2. I riferimenti alle entità tecniche indipendenti ai sensi del presente regolamento si intendono comprensivi dei riferimenti ai motori ai sensi del regolamento (UE) 2016/1628. Articolo 3 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «autorità di omologazione dell'Unione»: l'autorità di omologazione di uno Stato membro diverso dal Regno Unito; 2) «omologazione del Regno Unito»: un'omologazione CE o un'omologazione UE rilasciata dall'autorità di omologazione del Regno Unito; 3) «omologazione dell'Unione»: un'omologazione UE rilasciata da un'autorità di omologazione dell'Unione ai sensi del presente regolamento. Articolo 4 Domanda di omologazione dell'Unione 1. In deroga all'articolo 6, paragrafo 6, e all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2007/46/CE, all'articolo 21, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 167/2013, all'articolo 26, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 168/2013 e all'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/1628, un costruttore che abbia ottenuto un'omologazione del Regno Unito che non sia divenuta invalida a norma dell'articolo 17 della direttiva 2007/46/CE, dell'articolo 32 del regolamento (UE) n. 167/2013, dell'articolo 37 del regolamento (UE) n. 168/2013 o dell'articolo 30 del regolamento (UE) 2016/1628 può, finché la legislazione dell'Unione in materia di omologazione di cui all'articolo 2, paragrafo 1, del presente regolamento non cessi di applicarsi al e nel Regno Unito, presentare domanda a un'autorità di omologazione dell'Unione per un'omologazione dell'Unione dello stesso tipo. 2. Per essere omologato, il tipo deve essere conforme ai requisiti per l'immissione sul mercato, l'immatricolazione o l'entrata in circolazione di nuovi veicoli, sistemi, componenti o entità tecniche indipendenti applicabili al momento a partire dal quale ha effetto l'omologazione dell'Unione. 3. Presentando domanda di omologazione conformemente al paragrafo 1, il costruttore è tenuto a pagare diritti adeguati, stabiliti dall'autorità di omologazione dell'Unione, per le eventuali spese derivanti dall'esercizio dei poteri e dall'adempimento degli obblighi dell'autorità di omologazione dell'Unione in relazione all'omologazione dell'Unione. 4. All'atto della domanda di cui al paragrafo 1 del presente articolo, il costruttore, su richiesta dell'autorità di omologazione dell'Unione, presenta la documentazione e le informazioni che l'autorità ritenga necessarie per decidere se rilasciare un'omologazione dell'Unione conformemente all'articolo 5. La documentazione e le informazioni di cui al primo comma possono includere l'omologazione originaria del Regno Unito, comprese tutte le modifiche, la documentazione informativa e le relazioni di prova. Nel caso dei veicoli, detta richiesta può altresì includere qualsiasi omologazione CE, omologazione UE o omologazione UN e relativi allegati, quale parte dell'omologazione globale del veicolo. Articolo 5 Condizioni per il rilascio ed effetti dell'omologazione dell'Unione 1. In deroga all'articolo 8, paragrafo 2, all'articolo 9, paragrafo 1, e all'articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2007/46/CE, all'articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 167/2013, agli articoli 7, paragrafo 2, e all'articolo 18 del regolamento (UE) n. 168/2013 e all'articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/1628, l'autorità di omologazione dell'Unione che ha ricevuto una domanda conformemente all'articolo 4 del presente regolamento può rilasciare un'omologazione dell'Unione per un veicolo, un sistema, un componente o un'entità tecnica indipendente se tale tipo soddisfa, al momento a partire dal quale ha effetto l'omologazione dell'Unione, i requisiti applicabili all'immissione sul mercato, all'immatricolazione o all'entrata in circolazione di nuovi veicoli, sistemi, componenti o entità tecniche indipendenti. 2. Nella misura in cui non sono applicabili nuovi requisiti e fatto salvo il paragrafo 3 del presente articolo, l'omologazione dell'Unione può essere rilasciata sulla base delle stesse relazioni di prova che erano state precedentemente utilizzate ai fini del rilascio dell'omologazione del Regno Unito conformemente alle disposizioni applicabili, indipendentemente dal fatto che il servizio tecnico che ha emesso la relazione di prova sia stato designato e notificato dallo Stato membro che rilascia l'omologazione dell'Unione a norma della direttiva 2007/46/CE, del regolamento (UE) n. 167/2013, del regolamento (UE) n. 168/2013 o del regolamento (UE) 2016/1628, e anche dopo che la legislazione dell'Unione in materia di omologazione di cui all'articolo 2, paragrafo 1, del presente regolamento cessa di applicarsi al e nel Regno Unito. 3. Prima di rilasciare un'omologazione dell'Unione, l'autorità di omologazione dell'Unione può chiedere la ripetizione di prove specifiche. In tal caso tali prove sono eseguite da un servizio tecnico che sia stato designato e notificato dallo Stato membro dell'autorità di omologazione dell'Unione conformemente alla direttiva 2007/46/CE, al regolamento (UE) n. 167/2013, al regolamento (UE) n. 168/2013 o al regolamento (UE) 2016/1628. 4. Il tipo omologato conformemente al paragrafo 1 del presente articolo ottiene un certificato di omologazione UE con un numero composto dal numero distintivo dello Stato membro la cui autorità di omologazione ha rilasciato l'omologazione dell'Unione e dal numero dell'atto applicabile di cui all'articolo 2, paragrafo 1. Il certificato indica inoltre il numero dell'ultimo atto modificativo contenente requisiti per l'omologazione conformemente al quale la certificazione dell'Unione viene rilasciata. Per i veicoli, il certificato di omologazione e il certificato di conformità devono contenere, sotto la rubrica «Osservazioni», la dicitura «Precedentemente omologato come» e riportare il numero e la data del certificato di omologazione UE ottenuto in seguito all'omologazione del Regno Unito. Per i sistemi, i componenti o le entità tecniche indipendenti, il certificato di omologazione deve contenere la dicitura «Precedentemente omologati e contrassegnati come» e riportare il marchio di omologazione ottenuto in seguito all'omologazione del Regno Unito. 5. L'omologazione dell'Unione ha effetto a partire dal giorno del suo rilascio oppure in una data successiva ivi indicata. L'omologazione del Regno Unito cessa di avere validità il giorno che precede quello in cui ha effetto l'omologazione dell'Unione. Ad ogni modo, essa cessa di avere validità al più tardi il giorno in cui la legislazione dell'Unione in materia di omologazione di cui all'articolo 2, paragrafo 1, cessa di applicarsi al e nel Regno Unito. 6. Un'omologazione dell'Unione è considerata un'omologazione CE o un'omologazione UE ai sensi della direttiva 2007/46/CE o di qualsiasi atto di cui all'allegato IV di tale direttiva, del regolamento (UE) n. 167/2013, del regolamento (UE) n. 168/2013 o del regolamento (UE) 2016/1628. Tutte le disposizioni di tali atti non derogate dal presente regolamento continuano ad applicarsi. L'autorità di omologazione dell'Unione si assume la piena responsabilità per gli obblighi derivanti dall'omologazione dell'Unione. Inoltre, a partire dal momento in cui ha effetto l'omologazione dell'Unione, l'autorità di omologazione dell'Unione esercita tutti i poteri e adempie tutti gli obblighi dell'autorità di omologazione del Regno Unito riguardo a quanto segue: a) veicoli, sistemi, componenti o entità tecniche indipendenti prodotti sulla base dell'omologazione del Regno Unito già immessi sul mercato, immatricolati o entrati in circolazione nell'Unione; b) veicoli, sistemi, componenti o entità tecniche indipendenti prodotti sulla base dell'omologazione del Regno Unito da immettere sul mercato, immatricolare o far entrare in circolazione nell'Unione conformemente al terzo comma. I veicoli, i sistemi, i componenti e le entità tecniche indipendenti prodotti sulla base di un'omologazione del Regno Unito che abbia cessato di avere validità a seguito del rilascio di un'omologazione dell'Unione possono essere immessi sul mercato, immatricolati e fatti entrare in circolazione nell'Unione fino alla data in cui la legislazione dell'Unione in materia di omologazione di cui all'articolo 2, paragrafo 1, del presente regolamento cessa di applicarsi al e nel Regno Unito o, se l'omologazione dell'Unione cessa di avere validità prima di quella data a norma dell'articolo 17 della direttiva 2007/46/CE, dell'articolo 32 del regolamento (UE) n. 167/2013, dell'articolo 37 del regolamento (UE) n. 168/2013 o dell'articolo 30 del regolamento (UE) 2016/1628, fino alla data in cui l'omologazione dell'Unione cessa di avere validità. Per i veicoli, i costruttori indicano il numero di omologazione dell'Unione in un'aggiunta al certificato di conformità, prima che tali veicoli siano immessi sul mercato, immatricolati o fatti entrare in circolazione nell'Unione. L'autorità di omologazione dell'Unione non è responsabile di nessun atto od omissione dell'autorità di omologazione del Regno Unito. Articolo 6 Autorità di omologazione dell'Unione responsabile per i veicoli, i sistemi, i componenti o le unità tecniche indipendenti di tipi non omologati ai sensi del presente regolamento 1. Nel presentare domanda di omologazione dell'Unione a norma dell'articolo 4, un costruttore chiede inoltre all'autorità di omologazione dell'Unione di rilevare gli obblighi dell'autorità di omologazione del Regno Unito per quanto riguarda gli altri veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti del costruttore che sono stati immessi sul mercato, immatricolati o fatti entrare in circolazione nell'Unione sulla base di omologazioni rilasciate dal Regno Unito che hanno cessato di avere validità a norma dell'articolo 17 della direttiva 2007/46/CE, dell'articolo 32 del regolamento (UE) n. 167/2013, dell'articolo 37 del regolamento (UE) n. 168/2013 o dell'articolo 30 del regolamento (UE) 2016/1628 oppure per cui non è richiesta alcuna omologazione dell'Unione ai sensi del presente regolamento. Tale richiesta viene fatta per tutti i veicoli, i sistemi, i componenti e le entità tecniche indipendenti basati su omologazioni del Regno Unito rilasciate al costruttore dopo il 1o gennaio 2008, a meno che il costruttore non fornisca all'autorità di omologazione dell'Unione la prova che essa ha in essere un accordo con un'altra autorità di omologazione dell'Unione riguardo a tali veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti. 2. L'autorità di omologazione dell'Unione può rilasciare un'omologazione dell'Unione a norma dell'articolo 5 soltanto dopo aver accettato la richiesta effettuata a norma del paragrafo 1 del presente articolo e dopo che il costruttore abbia accettato di coprire i costi sostenuti dall'autorità di omologazione dell'Unione in conseguenza dell'esercizio dei suoi poteri e dell'adempimento dei suoi obblighi in relazione ai veicoli, ai sistemi, ai componenti e alle entità tecniche indipendenti interessati. 3. Dopo avere accettato la richiesta di cui al paragrafo 1 del presente articolo e avere rilasciato l'omologazione dell'Unione conformemente all'articolo 5, l'autorità di omologazione dell'Unione esercita tutti i poteri e adempie tutti gli obblighi dell'autorità di omologazione del Regno Unito riguardo a tutti i veicoli, i sistemi, i componenti o le entità tecniche indipendenti prodotti sulla base dell'omologazione del Regno Unito di cui al paragrafo 1 del presente articolo in materia di richiami, informazioni sulla riparazione e la manutenzione e controlli della conformità in servizio. L'autorità di omologazione dell'Unione non è responsabile per gli atti o le omissioni dell'autorità di omologazione del Regno Unito. 4. L'autorità di omologazione dell'Unione informa le autorità di omologazione degli altri Stati membri e la Commissione in merito ai tipi per i quali essa ha rilevato gli obblighi dell'autorità di omologazione del Regno Unito conformemente al paragrafo 1. Articolo 7 Disposizioni specifiche Il presente regolamento non preclude l'immissione sul mercato, la messa a disposizione sul mercato, l'immatricolazione o l'entrata in circolazione di motori o di veicoli e di macchine mobili non stradali equipaggiati di tali motori conformi a un tipo la cui omologazione del Regno Unito abbia cessato di avere validità mentre la legislazione dell'Unione in materia di omologazione di cui all'articolo 2, paragrafo 1, del presente regolamento è ancora applicabile al e nel Regno Unito, conformemente all'articolo 10, paragrafo 7, della direttiva 97/68/CE, all'articolo 34, paragrafi 7 e 8, o all'articolo 58, paragrafi da 5 a 11, del regolamento (UE) 2016/1628 e agli atti adottati sulla base dell'articolo 19, paragrafo 6, dell'articolo 20, paragrafo 8, dell'articolo 28, paragrafo 6, e dell'articolo 53, paragrafo 12, del regolamento n. 167/2013. Articolo 8 Entrata in vigore e applicazione Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'8 gennaio 2019 Per il Parlamento europeo Il presidente A. TAJANI Per il Consiglio Il presidente G. CIAMBA (1) GU C 440 del 6.12.2018, pag. 95. (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 dicembre 2018 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 dicembre 2018. (3) Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). (4) Regolamento (UE) n. 167/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 febbraio 2013, relativo all'omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli agricoli e forestali (GU L 60 del 2.3.2013, pag. 1). (5) Regolamento (UE) n. 168/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo all'omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli (GU L 60 del 2.3.2013, pag. 52). (6) Regolamento (UE) 2016/1628 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali, e che modifica i regolamenti (UE) n. 1024/2012 e (UE) n. 167/2013 e modifica e abroga la direttiva 97/68/CE (GU L 252 del 16.9.2016, pag. 53).
Legislazione dell’Unione in materia di omologazione in relazione al recesso del Regno Unito (1) dall’Unione QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce nuove regole per assicurare una transizione graduale per l’omologazione* dei veicoli a motore, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche separate destinati a tali veicoli, da quando il Regno Unito (1) non fa più parte dell’Unione. PUNTI CHIAVE Contesto legaleSecondo la legislazione dell’Unione, l’omologazione di un tipo di veicolo in un paese dell’Unione è valida in tutta l’UE senza la necessità di ulteriori test e ricertificazioni in altri Stati membri. Dopo il recesso del Regno Unito (1) dall’Unione (o al termine del periodo di transizione, se l’accordo di recesso verrà ratificato), l’autorità di omologazione del Regno Unito (1) non sarà più un’autorità nazionale di uno Stato membro. Pertanto, senza un accordo su una nuova relazione tra le due parti, non sarà più possibile per i fabbricanti collocare veicoli sul mercato dei 27 restanti paesi dell’Unione (UE-27) sulla base delle omologazioni rilasciate nel Regno Unito (1). Omologazione UE-27I costruttori possono presentare domanda a un’autorità di omologazione UE-27 per tipi precedentemente approvati dall’autorità del Regno Unito (1). I costruttori sono tenuti a:pagare i diritti all’autorità di omologazione dell’Unione, per l’esercizio dei relativi poteri e dall’adempimento dei relativi obblighi;presentare la documentazione e le informazioni che l’autorità dell’Unione ritenga necessarie. Condizioni per il rilascioIl tipo deve soddisfare i requisiti applicabili all’immissione sul mercato, all’immatricolazione o all’entrata in circolazione di nuovi veicoli, sistemi, componenti o entità tecniche indipendenti applicabili al momento a partire dal quale ha effetto l’omologazione dell’Unione. L’omologazione può essere rilasciata sulla base delle stesse relazioni di prova utilizzate ai fini del rilascio dell’omologazione del Regno Unito (1) conformemente alle disposizioni applicabili, indipendentemente dal fatto che il servizio tecnico che ha emesso la relazione di prova sia stato designato e notificato dallo Stato membro che rilascia l’omologazione dell’Unione. L’autorità di omologazione dell’Unione può chiedere la ripetizione di prove specifiche. Tali prove sono eseguite da un servizio tecnico che sia stato designato e notificato da quella autorità di omologazione. L’omologazione dell’Unione ha effetto a partire dal giorno del suo rilascio, salvo diverse indicazioni. L’omologazione del Regno Unito (1) cessa di avere validità il giorno che precede quello in cui ha effetto l’omologazione dell’Unione.Ad ogni modo, essa cessa di avere validità al più tardi il giorno in cui la legislazione dell’Unione in materia di omologazione cessa di applicarsi al e nel Regno Unito (1). Autorità di omologazione dell’UnioneA partire dal momento in cui ha effetto l’omologazione dell’Unione, l’autorità di omologazione dell’Unione si assume la responsabilità di veicoli, sistemi, componenti o entità tecniche indipendenti prodotti sulla base dell’omologazione del Regno Unito (1) già immessi sul mercato, immatricolati o entrati in circolazione nell’Unione. Il costruttore chiede inoltre all’autorità di omologazione dell’Unione di rilevare gli obblighi dell’autorità di omologazione del Regno Unito (1) per quanto riguarda gli altri veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti del costruttore che sono stati immessi sul mercato, immatricolati o fatti entrare in circolazione nell’Unione sulla base di omologazioni rilasciate dal Regno Unito (1) che hanno cessato di avere validità oppure per cui non è richiesta alcuna omologazione dell’Unione ai sensi del presente regolamento. Tale richiesta viene fatta per tutti i veicoli, i sistemi, i componenti e le entità tecniche indipendenti basati su omologazioni del Regno Unito (1) rilasciate al costruttore dopo il 1o gennaio 2008, a meno che il costruttore non fornisca la prova che è in essere un accordo con un’altra autorità di omologazione dell’Unione riguardo a tali veicoli, sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti. L’autorità di omologazione dell’Unione non è responsabile per gli atti o le omissioni dell’autorità di omologazione del Regno Unito (1). DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 13 gennaio 2019. CONTESTO L’Unione ha adottato norme specifiche di omologazione e vigilanza del mercato per i veicoli agricoli e forestali, nonché per i veicoli a due e tre ruote e i quadricicli. TERMINI CHIAVE Omologazione: la procedura con cui un’autorità di omologazione certifica che un tipo di veicolo, di sistema, di componente o di entità tecnica indipendente è conforme a determinati requisiti di legge. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2019/26 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 gennaio 2019, che integra la legislazione dell’Unione in materia di omologazione in relazione al recesso del Regno Unito (1) dall’Unione (GU L 8I del 10.1.2019, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2016/1628 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali, e che modifica i regolamenti (UE) n. 1024/2012 e (UE) n. 167/2013 e modifica e abroga la direttiva 97/68/CE (GU L 252 del 16.9.2016, pag. 53). Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Le successive modifiche alla direttiva 2007/46/CE sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE) n. 167/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 febbraio 2013, relativo all’omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli agricoli e forestali (GU L 60 del 2.3.2013, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 168/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo all’omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli (GU L 60 del 2.3.2013, pag. 52). Si veda la versione consolidata.
12,027
1,251
21996A0322(01)
false
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea Gazzetta ufficiale n. L 074 del 22/03/1996 pag. 0026 - 0033 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europeaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, a nome della Comunità europea, da una parte, e IL GOVERNO DEL CANADA, dall'altra, qui di seguito denominati le «parti»;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;RICONOSCENDO che la Comunità europea, qui di seguito denominata «la Comunità», e il Canada stanno attuando programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio agevolando ogni ulteriore cooperazione;PRESO ATTO dell'attiva cooperazione e dello scambio di informazioni che vi sono stati in alcuni settori scientifici e tecnologici nell'ambito dell'Accordo quadro tra le Comunità europee il Canada per la cooperazione commerciale ed economica sottoscritto nel 1976;VISTA la dichiarazione sulle relazioni Comunità europea-Canada, adottata il 22 novembre 1990, eDESIDEROSI di stabilire una base formale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica, che consentirà di estendere e rafforzare le attività di cooperazione svolte in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivo L'obiettivo del presente Accordo è promuovere e agevolare la cooperazione tra la Comunità e il Canada nei settori d'interesse comune in cui le parti sostengono attività di ricerca e sviluppo volte a dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente Accordo, si intende per:a) «attività di cooperazione»: ogni attività svolta a norma del presente Accordo, ivi compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni»: dati scientifici o tecnici, risultati di ricerca e sviluppo derivanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta e, eventualmente, le parti stesse ritengano necessaria;c) «proprietà intellettuale»: la definizione che ne dà l'articolo 2 della Convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta»: ricerca condotta con il contributo finanziario di una delle due parti o di entrambe e che comporti la collaborazione dei partecipanti della Comunità e del Canada;e) «partecipante»: qualsiasi persona fisica o giuridica, università, istituto di ricerca o altro organismo o impresa, ivi comprese le parti stesse, che partecipi ad una attività di cooperazione.Articolo 3 Principi L'attività di cooperazione è svolta sulla base dei seguenti principi:a) la reciprocità dei vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione;c) nell'ambito delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, la tutela efficace della proprietà intellettuale e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale, in conformità di quanto disposto nell'allegato che costituisce parte integrante del presente accordo; ed) l'equilibrio nella realizzazione di benefici economici e sociali da parte della Comunità e del Canada alla luce delle attività di cooperazione dei rispettivi partecipanti e/o delle parti.Articolo 4 Settori di cooperazione a) La cooperazione può essere perseguita nei seguenti settori:1) agricoltura e pesca;2) ricerca medica e sanitaria;3) energia non nucleare;4) ambiente, ivi compresa l'osservazione della Terra;5) foreste;6) tecnologie dell'informazione;7) tecnologie della comunicazione;8) telematica applicata allo sviluppo economico e sociale;9) trattamento dei minerali.b) A questo elenco si possono aggiungere altri settori in seguito a riesame e su raccomandazione del comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia in conformità delle vigenti procedure di ciascuna delle parti.Articolo 5 Modalità della cooperazione a) La cooperazione può comprendere le attività seguenti:1) la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, comprese le parti stesse, università, istituti di ricerca, imprese ed altri organismi, a progetti di ricerca nella Comunità o nel Canada, conformemente alle procedure vigenti di ciascuna delle parti;2) l'utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca;3) le visite e gli scambi di scienziati, ingegneri o altro personale qualificato, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;4) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;5) altre attività, che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, conformemente alle politiche ed ai programmi delle parti.b) I progetti di ricerca congiunta saranno attuati nell'ambito del presente accordo solo dopo l'approvazione da parte dei partecipanti di un piano congiunto di gestione tecnologica, come indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6 Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia a) Il presente accordo è gestito dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, in appresso, per brevità «il comitato», composto da rappresentanti di ciascuna delle parti.b) i compiti del comitato consistono nel:1) promuovere e sottoporre a verifica le attività previste dal presente accordo;2) formulare raccomandazioni ai sensi dell'articolo 4, lettera b);3) autorizzare le attività di cui all'articolo 5, lettera a), punto 5, del presente Accordo in quanto attività di cooperazione da esso disciplinate;4) consigliare le parti sui mezzi atti ad intensificare la cooperazione secondo i principi enunciati nel presente Accordo;5) redigere una relazione annuale, destinata alle parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese in virtù del presente Accordo;6) verificare se l'Accordo funziona in maniera efficace ed efficiente;c) il comitato si riunisce approssimativamente una volta all'anno, alternativamente nella Comunità e nel Canada. Riunioni straordinarie possono essere convocate di comune accordo.d) Le decisioni del comitato sono adottate per consensus. È redatto un verbale di ogni riunione che comprende l'elenco delle decisioni e dei principali punti discussi. Tale verbale è approvato dalle persone che le parti hanno designato per presiedere in comune la riunione. La relazione annuale del comitato è tenuta a disposizione del comitato misto di cooperazione istituito dall'Accordo quadro Comunità europee-Canada per la cooperazione commerciale ed economica sottoscritto nel 1976 e dei competenti ministri delle due parti.Articolo 7 Finanziamento a) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi e alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi della Comunità e del Canada.b) Le spese sostenute dai partecipanti per le attività di cooperazione disciplinate dal presente accordo non richiedono alcun trasferimento di fondi da una parte all'altra.Articolo 8 Circolazione del personale e delle attrezzature Ogni parte adotta le ragionevoli misure e si adopera al meglio, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature dell'altra parte impiegati nelle attività di cooperazione a norma del presente Accordo.Articolo 9 Divulgazione ed utilizzazione delle informazioni La divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni, nonché la gestione, l'attribuzione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla ricerca congiunta promossa in virtù del presente accordo, sono assoggettati alle condizioni stabilite nell'allegato del presente Accordo.Articolo 10 Altri accordi e disposizioni transitorie a) Il presente Accordo sostituisce le disposizioni dell'Accordo quadro Comunità europee-Canada per la cooperazione commerciale ed economica che disciplinano le attività di collaborazione scientifica e tecnologica esistenti.b) Le parti si adoperano per ricondurre nei termini del presente Accordo le intese esistenti in materia di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità e il Canada che rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 4.c) Fatto salvo l'articolo 10, lettera a), il presente Accordo non pregiudica l'applicazione di altri accordi o intese esistenti tra le parti, né di altri accordi o intese tra le parti e terze parti.Articolo 11 Ambito di applicazione territoriale Il presente Accordo si applica, da una parte, al territorio in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni in esso indicate, e dall'altra, al territorio del Canada.Articolo 12 Entrata in vigore e denuncia a) Il presente Accordo entra in vigore alla data in cui le parti si notificano per iscritto che sono state soddisfatte le condizioni giuridiche richieste dal loro ordinamento per l'entrata in vigore dell'Accordo stesso.b) L'Accordo può essere modificato dalle parti di comune accordo. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui le parti si sono notificate per iscritto che le proprie condizioni giuridiche sono state soddisfatte.c) Il presente Accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con un preavviso scritto di 12 mesi. La scadenza o la denuncia del presente Accordo non pregiudica la validità e la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi specifici maturati in conformità dell'allegato.Articolo 13 Il presente Accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.IN FEDE DI CHE, i sottoscritti hanno firmato il presente accordo.Hecho en Halifax, el diecisiete de junio de mil novecientos noventa y cinco.Udfærdiget i Halifax den syttende juni nittenhundrede og femoghalvfems.Geschehen zu Halifax am siebzehnten Juni neunzehnhundertfünfundneunzig.¸ãéíå óôï ×Üëéöáî, óôéò äÝêá åðôÜ Éïõíßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ðÝíôå.Done at Halifax on the seventeenth day of June in the year one thousand nine hundred and ninety-five.Fait à Halifax, le dix-sept juin mil neuf cent quatre-vingt-quinze.Fatto a Halifax, addì diciassette giugno millenovecentonovantacinque.Gedaan te Halifax, de zeventiende juni negentienhonderd vijfennegentig.Feito em Halifax, em dezassete de Junho de mil novecentos e noventa e cinco.Tehty Halifaxissa seitsemäntenätoista päivänä kesäkuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäviisi.Som skedde i Halifax den sjuttonde juni nittonhundranittiofem.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de CanadáFor Canadas regeringFür die Regierung KanadasÃéá ôçí ÊõâÝñíçóç ôïõ ÊáíáäÜFor the Government of CanadaPour le gouvernement du CanadaPer il governo del CanadaVoor de Regering van CanadaPelo Governo do CanadáKanadan hallituksen puolestaPå Canadas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. PROPRIETÀ, ATTRIBUZIONE ED ESERCIZIO DEI DIRITTI 1. L'attività di ricerca svolta in conformità del presente Accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti elaborano congiuntamente programmi comuni di gestione della tecnologia, in appresso, per brevità «PCGT» (1) che contengono, almeno, i principi applicabili in materia di proprietà ed utilizzazione, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) derivanti dalla ricerca congiunta. Tali programmi possono essere riesaminati dalle parti e devono essere approvati dall'organismo finanziatore della parte che partecipa al finanziamento della ricerca prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo cui essi si riferiscono. I PCGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, dei requisiti imposti dalle norme legislative applicabili in materia, nonché della necessità di stabilire procedure di soluzione delle controversie e, infine, di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I PCGT disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI derivanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate da un determinato PCGT sono attribuite in base alla procedura descritta alla sezione I, punto 1, applicando i principi stabiliti nel medesimo PCGT. In caso di disaccordo che non possa essere risolto con la procedura di soluzione delle controversie concordata, le informazioni o la PI diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta di cui esse sono il risultato e ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Conformemente alla normativa applicabile in materia, ciascuna parte provvede affinché l'altra parte e i suoi partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti conformemente ai principi enunciati nella sezione I del presente allegato.4. Pur mantenendo le condizioni di concorrenza nei settori oggetto all'Accordo, ciascuna parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti in virtù del presente Accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da promuovere in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente Accordo;ii) l'adozione e l'applicazione di norme internazionali.II. OPERE OGGETTO DI DIRITTO D'AUTORE Per i diritti d'autore appartenenti alle parti o ai loro partecipanti si applica una disciplina conforme alla Convenzione di Berna (Atto di Parigi del 1971).III. PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE Fatta salva la sezione IV, se non altrimenti convenuto nel PCGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dai partecipanti. Oltre a questa norma generale, si applica la seguente procedura:1. Nell'eventualità che una parte o un ente pubblico di tale parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta ai sensi del presente Accordo, l'altra parte ha diritto, previa autorizzazione scritta rilasciata dall'editore, ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita, per la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione di tali pubblicazioni al pubblico.2. Le parti si adoperano affinché sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche risultanti dalla ricerca congiunta svolta ai sensi del presente Accordo e realizzate da editori indipendenti.3. Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore, destinata alla divulgazione al pubblico e redatta in base alla presente clausola, devono riportare i nomi dell'autore o degli autori, a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono menzionare anche, in modo chiaramente visibile, il sostegno dato congiuntamente dalle Parti.IV. INFORMAZIONI NON DIVULGABILI A. Informazioni documentarie non divulgabili 1. Ciascuna parte o i partecipanti individuano al più presto, e preferibilmente in sede di elaborazione del PCGT, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente Accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:- la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;- il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;- i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo per mantenerne la segretezza.2. Di norma, ai partecipanti non è richiesto di fornire alle parti informazioni non divulgabili. Tuttavia, qualora queste ultime dovessero venire a conoscenza di tali informazioni, le parti ne rispettano il carattere particolare e non le rivelano né all'esterno, né al loro interno, né tra di loro senza il consenso scritto del partecipante, o dei partecipanti, cui appartengono le informazioni. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni sono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.3. Ciascuna parte provvede affinché le informazioni non divulgabili, scambiate tra di esse in applicazione del presente Accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra parte, ad esempio apponendovi un particolare contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.4. Le informazioni non divulgabili comunicate ai sensi del presente accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a personale interno o da essa assunto, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili così comunicate siano regolate da un accordo scritto sulla riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali nel modo sopra indicato.5. Previo assenso scritto della parte che fornisce le informazioni non divulgabili ai sensi del presente Accordo, la parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 3. Le parti cooperano nell'istituire apposite procedure per richiedere e ottenere il suddetto assenso preliminare scritto. Ciascuna parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabili Le informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente Accordo o le informazioni raccolte in seguito al distacco di personale, all'utilizzazione di attrezzature o all'esecuzione di progetti comuni, sono trattate dalle parti o dai partecipanti conformemente ai principi stabiliti alla lettera A del presente allegato, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare in anticipo e per iscritto.C. Controllo Ciascuna parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute in virtù del presente Accordo siano sottoposte a controllo nel modo ivi previsto. Se una parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà, in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui alle lettere A o B, ne informa immediatamente l'altra parte che può essere lesa da tale divulgazione. Le parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.Appendice CARATTERISTICHE INDICATIVE DEI PROGRAMMI COMUNI DI GESTIONE DELLA TECNOLOGIA (PCGT) Il PCGT è un contratto specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PCGT, di norma, disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi le intese per la pubblicazione comune dei risultati, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la soluzione delle controversie. Il PCGT può inoltre contenere disposizioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulle norme che regolano la comunicazione di informazioni non divulgabili, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.(1) Le caratteristiche indicative dei PCGT sono esposte nell'appendice.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Canada QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici di interesse comune. La decisione adotta l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su:beneficio reciproco; scambio tempestivo delle informazioni; equilibrio nella realizzazione di benefici economici e sociali da parte dell’UE e del Canada; tutela adeguata della proprietà intellettuale ed equa ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale. Settori di cooperazione Per l’UE, essi includono tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione che rientrano nell’ambito di applicazione di:articolo 180, lettera a) del TFUE: attuazione di programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, promuovendo la cooperazione con e tra le imprese, i centri di ricerca e le università; articolo 180, lettera d), del TFUE: impulso alla formazione e alla mobilità dei ricercatori dell’Unione, ma solo per quanto riguarda le reti fra gli operatori di infrastrutture e i relativi progetti di ricerca. Per il Canada, essi includono tutte le attività scientifiche e tecnologiche non relative alla difesa finanziate o realizzate da dipartimenti o agenzie del governo del Canada e possono comprendere attività finanziate o realizzate dalle amministrazioni provinciali o territoriali del Canada, qualora queste ultime si accordino in tal senso. Attività Le attività di cooperazione possono includere:la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, comprese le parti stesse, università, istituti di ricerca, imprese ed altri organismi, a progetti di ricerca nell’UE o nel Canada, conformemente alle procedure vigenti di ciascuna delle parti; l’utilizzo condiviso delle strutture di ricerca; le visite e gli scambi di scienziati, ingegneri o altro personale qualificato, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici; scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi pertinenti alla cooperazione ai sensi del presente accordo; altre attività che possono essere decise dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, istituito ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 27 febbraio 1996 e ha una durata indeterminata. CONTESTO L’accordo si basa sulla cooperazione stabilita fra l’UE e il Canada nell’ambito dell’accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica del 1976. Le più ampie relazioni economiche e commerciali fra l’UE e il Canada sono regolamentate dall’accordo economico e commerciale globale (CETA). Per ulteriori informazioni, consultare:Il Canada e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Canada, consultare:Cooperazione internazionale: Canada (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e Canada (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 74 del 22.3.1996, pag. 26). Decisione 96/219/CE del Consiglio, del 26 febbraio 1996, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 74 del 22.3.1996, pag. 25). Accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 156 del 23.6.1999, pag. 24). Versione consolidata dell’accordo modificato (si tratta di un semplice strumento di documentazione). Decisione 1999/408/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa alla conclusione di un accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 156 del 23.6.1999, pag. 23). DOCUMENTI CORRELATI Accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra (GU L 11 del 14.1.2017, pag. 23). Accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 260 del 24.9.1976, pag. 2).
7,470
921
32000L0078
false
Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro Gazzetta ufficiale n. L 303 del 02/12/2000 pag. 0016 - 0022 Direttiva 2000/78/CE del Consigliodel 27 novembre 2000che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 13,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),visto il parere del Comitato delle regioni(4),considerando quanto segue:(1) Conformemente all'articolo 6 del trattato sull'Unione europea, l'Unione europea si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono comuni a tutti gli Stati membri e rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.(2) Il principio della parità di trattamento tra uomini e donne è ormai consolidato da un consistente corpus di norme comunitarie, in particolare dalla direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro(5).(3) Nell'attuazione del principio della parità di trattamento, la Comunità deve mirare, conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del trattato CE, ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne, soprattutto in quanto le donne sono spesso vittime di numerose discriminazioni.(4) Il diritto di tutti all'uguaglianza dinanzi alla legge e alla protezione contro le discriminazioni costituisce un diritto universale riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dalla convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, dai patti delle Nazioni Unite relativi rispettivamente ai diritti civili e politici e ai diritti economici, sociali e culturali e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali di cui tutti gli Stati membri sono firmatari. La Convenzione n. 111 dell'Organizzazione internazionale del lavoro proibisce la discriminazione in materia di occupazione e condizioni di lavoro.(5) È importante rispettare tali diritti e tali libertà fondamentali. La presente direttiva lascia impregiudicata la libertà di associazione tra cui il diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.(6) La carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori riconosce l'importanza di combattere qualsiasi forma di discriminazione, compresa la necessità di intraprendere azioni appropriate per l'integrazione sociale ed economica degli anziani e dei disabili.(7) Il trattato CE annovera tra i suoi obiettivi il coordinamento tra le politiche degli Stati membri in materia di occupazione. A tal fine nel trattato CE è stato incorporato un nuovo capitolo sull'occupazione volto a sviluppare una strategia coordinata europea a favore dell'occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata e adattabile.(8) Gli orientamenti in materia di occupazione per il 2000, approvati dal Consiglio europeo a Helsinki il 10 e 11 dicembre 1999, ribadiscono la necessità di promuovere un mercato del lavoro che agevoli l'inserimento sociale formulando un insieme coerente di politiche volte a combattere la discriminazione nei confronti di gruppi quali i disabili. Esse rilevano la necessità di aiutare in particolar modo i lavoratori anziani, onde accrescere la loro partecipazione alla vita professionale.(9) L'occupazione e le condizioni di lavoro sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti i cittadini e contribuiscono notevolmente alla piena partecipazione degli stessi alla vita economica, culturale e sociale e alla realizzazione personale.(10) Il 29 giugno 2000 il Consiglio ha adottato la direttiva 2000/43/CE(6) che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, la quale assicura una protezione contro tali discriminazioni nel settore dell'occupazione e delle condizioni di lavoro.(11) La discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone.(12) Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali nei settori di cui alla presente direttiva dovrebbe essere pertanto proibita in tutta la Comunità. Tale divieto di discriminazione dovrebbe applicarsi anche nei confronti dei cittadini dei paesi terzi, ma non comprende le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e lascia impregiudicate le disposizioni che disciplinano l'ammissione e il soggiorno dei cittadini dei paesi terzi e il loro accesso all'occupazione e alle condizioni di lavoro.(13) La presente direttiva non si applica ai regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non sono assimilate ad una retribuzione, nell'accezione data a tale termine ai fini dell'applicazione dall'artico 141 del trattato CE, e nemmeno ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dallo Stato allo scopo di dare accesso al lavoro o di salvaguardare posti di lavoro.(14) La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni nazionali che stabiliscono l'età pensionabile.(15) La valutazione dei fatti sulla base dei quali si può argomentare che sussiste discriminazione diretta o indiretta è una questione che spetta alle autorità giudiziarie nazionali o ad altre autorità competenti conformemente alle norme e alle prassi nazionali. Tali norme possono prevedere in particolare che la discriminazione indiretta sia stabilita con qualsiasi mezzo, compresa l'evidenza statistica.(16) La messa a punto di misure per tener conto dei bisogni dei disabili sul luogo di lavoro ha un ruolo importante nel combattere la discriminazione basata sull'handicap.(17) La presente direttiva non prescrive l'assunzione, la promozione o il mantenimento dell'occupazione né prevede la formazione di un individuo non competente, non capace o non disponibile ad effettuare le funzioni essenziali del lavoro in questione, fermo restando l'obbligo di prevedere una soluzione appropriata per i disabili.(18) La presente direttiva non può avere l'effetto di costringere le forze armate nonché i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso ad assumere o mantenere nel posto di lavoro persone che non possiedano i requisiti necessari per svolgere l'insieme delle funzioni che possono essere chiamate ad esercitare, in considerazione dell'obiettivo legittimo di salvaguardare il carattere operativo di siffatti servizi.(19) Inoltre, per salvaguardare la capacità delle proprie forze armate, gli Stati membri possono decidere di escluderle in tutto o in parte dalle disposizioni della presente direttiva relative all'handicap o all'età. Gli Stati membri che operano tale scelta devono definire il campo d'applicazione della deroga in questione.(20) È opportuno prevedere misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell'handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento.(21) Per determinare se le misure in questione danno luogo a oneri finanziari sproporzionati, è necessario tener conto in particolare dei costi finanziari o di altro tipo che esse comportano, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell'organizzazione o dell'impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni.(22) La presente direttiva lascia impregiudicate le legislazioni nazionali in materia di stato civile e le prestazioni che ne derivano.(23) In casi strettamente limitati una disparità di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata alla religione o alle convinzioni personali, a un handicap, all'età o alle tendenze sessuale costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, a condizione che la finalità sia legittima e il requisito sia proporzionato. Tali casi devono essere indicati nelle informazioni trasmesse dagli Stati membri alla Commissione.(24) L'Unione europea, nella dichiarazione n. 11 sullo status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali allegata all'atto finale del trattato di Amsterdam, ha riconosciuto espressamente che rispetta e non pregiudica lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri e inoltre, che rispetta lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali. In tale prospettiva, gli Stati membri possono mantenere o prevedere disposizioni specifiche sui requisiti professionali essenziali, legittimi e giustificati che possono essere imposti per svolgervi un'attività lavorativa.(25) Il divieto di discriminazione basata sull'età costituisce un elemento essenziale per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di occupazione e la promozione della diversità nell'occupazione. Tuttavia in talune circostanze, delle disparità di trattamento in funzione dell'età possono essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri. È quindi essenziale distinguere tra le disparità di trattamento che sono giustificate, in particolare, da obiettivi legittimi di politica dell'occupazione, mercato del lavoro e formazione professionale, e le discriminazioni che devono essere vietate.(26) Il divieto di discriminazione non dovrebbe pregiudicare il mantenimento o l'adozione di misure volte a prevenire o compensare gli svantaggi incontrati da un gruppo di persone di religione o convinzioni personali determinate o avente determinati handicap, età o tendenze sessuali e tali misure possono autorizzare l'esistenza di organizzazioni di persone di religione o convinzioni personali determinate o aventi determinati handicap, età o tendenze sessuali se il loro principale obiettivo è la promozione di necessità specifiche delle persone stesse.(27) Nella sua raccomandazione 86/379/CEE del 24 luglio 1986 concernente l'occupazione dei disabili nella Comunità(7), il Consiglio ha definito un quadro orientativo in cui si elencano alcuni esempi di azioni positive intese a promuovere l'occupazione e la formazione di portatori di handicap, e nella sua risoluzione del 17 giugno 1999 relativa alle pari opportunità di lavoro per i disabili(8), ha affermato l'importanza di prestare un'attenzione particolare segnatamente all'assunzione e alla permanenza sul posto di lavoro del personale e alla formazione e all'apprendimento permanente dei disabili.(28) La presente direttiva fissa requisiti minimi, lasciando liberi gli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli. L'attuazione della presente direttiva non può servire da giustificazione per un regresso rispetto alla situazione preesistente in ciascuno Stato membro.(29) Le vittime di discriminazione a causa della religione o delle convinzioni personali, di un handicap, dell'età o delle tendenze sessuali dovrebbero disporre di mezzi adeguati di protezione legale. Al fine di assicurare un livello più efficace di protezione, anche alle associazioni o alle persone giuridiche dovrebbe essere conferito il potere di avviare una procedura, secondo le modalità stabilite dagli Stati membri, per conto o a sostegno delle vittime, fatte salve norme procedurali nazionali relative alla rappresentanza e alla difesa in giustizia.(30) L'efficace attuazione del principio di parità richiede un'adeguata protezione giuridica in difesa delle vittime.(31) Le norme in materia di onere della prova devono essere adattate quando vi sia una presunzione di discriminazione e, nel caso in cui tale situazione si verifichi, l'effettiva applicazione del principio della parità di trattamento richiede che l'onere della prova sia posto a carico del convenuto. Non incombe tuttavia al convenuto provare la religione di appartenenza, le convinzioni personali, la presenza di un handicap, l'età o l'orientamento sessuale dell'attore.(32) Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare le norme in materia di onere della prova ai procedimenti in cui spetta al giudice o ad altro organo competente indagare sui fatti. I procedimenti in questione sono pertanto quelli in cui l'attore non deve dimostrare i fatti, sui quali spetta al giudice o ad altro organo competente indagare.(33) Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo fra le parti sociali e, nel quadro delle prassi nazionali, con le organizzazioni non governative ai fini della lotta contro varie forme di discriminazione sul lavoro.(34) La necessità di promuovere la pace e la riconciliazione tra le principali comunità dell'Irlanda del Nord richiede l'inserimento di disposizioni specifiche nella presente direttiva.(35) Gli Stati membri devono prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive applicabili in caso di violazione degli obblighi risultanti dalla presente direttiva.(36) Gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, dietro richiesta congiunta di queste, l'attuazione della presente direttiva, per quanto riguarda le disposizioni che rientrano in convenzioni collettive, a condizioni che adottino tutti i provvedimenti necessari che consentano loro di garantire, in qualsiasi momento, i risultati imposti dalla presente direttiva.(37) In base al principio di sussidiarietà enunciato all'articolo 5 del trattato CE l'obiettivo della presente direttiva, in particolare la realizzazione di una base omogenea all'interno della Comunità per quanto riguarda la parità in materia di occupazione e condizioni di lavoro, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e dell'impatto dell'azione proposta, essere realizzato meglio a livello comunitario. Conformemente al principio di proporzionalità enunciato a tale articolo, la presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1ObiettivoLa presente direttiva mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l'occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento.Articolo 2Nozione di discriminazione1. Ai fini della presente direttiva, per "principio della parità di trattamento" si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all'articolo 1.2. Ai fini del paragrafo 1:a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all'articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga;b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:i) tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari; o cheii) nel caso di persone portatrici di un particolare handicap, il datore di lavoro o qualsiasi persona o organizzazione a cui si applica la presente direttiva sia obbligato dalla legislazione nazionale ad adottare misure adeguate, conformemente ai principi di cui all'articolo 5, per ovviare agli svantaggi provocati da tale disposizione, tale criterio o tale prassi.3. Le molestie sono da considerarsi, ai sensi del paragrafo 1, una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato per uno dei motivi di cui all'articolo 1 avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. In questo contesto, il concetto di molestia può essere definito conformemente alle leggi e prassi nazionali degli Stati membri.4. L'ordine di discriminare persone per uno dei motivi di cui all'articolo 1, è da considerarsi discriminazione ai sensi del paragrafo 1.5. La presente direttiva lascia impregiudicate le misure previste dalla legislazione nazionale che, in una società democratica, sono necessarie alla sicurezza pubblica, alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione dei reati e alla tutela della salute e dei diritti e delle libertà altrui.Articolo 3Campo d'applicazione1. Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva, si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:a) alle condizioni di accesso all'occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione indipendentemente dal ramo di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione;b) all'accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;c) all'occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;d) all'affiliazione e all'attività in un'organizzazione di lavoratori o datori di lavoro, o in qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione, nonché alle prestazioni erogate da tali organizzazioni.2. La presente direttiva non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative all'ammissione e al soggiorno di cittadini di paesi terzi e di apolidi nel territorio degli Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi o degli apolidi interessati.3. La presente direttiva non si applica ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dai regimi statali o da regimi assimilabili, ivi inclusi i regimi statali di sicurezza sociale o di protezione sociale.4. Gli Stati membri possono prevedere che la presente direttiva, nella misura in cui attiene le discriminazioni fondate sull'handicap o sull'età, non si applichi alle forze armate.Articolo 4Requisiti per lo svolgimento dell'attività lavorativa1. Fatto salvo l'articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a una qualunque dei motivi di cui all'articolo 1 non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato.2. Gli Stati membri possono mantenere nella legislazione nazionale in vigore alla data d'adozione della presente direttiva o prevedere in una futura legislazione che riprenda prassi nazionali vigenti alla data d'adozione della presente direttiva, disposizioni in virtù delle quali, nel caso di attività professionali di chiese o di altre organizzazioni pubbliche o private la cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, una differenza di trattamento basata sulla religione o sulle convinzioni personali non costituisca discriminazione laddove, per la natura di tali attività, o per il contesto in cui vengono espletate, la religione o le convinzioni personali rappresentino un requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento dell'attività lavorativa, tenuto conto dell'etica dell'organizzazione. Tale differenza di trattamento si applica tenuto conto delle disposizioni e dei principi costituzionali degli Stati membri, nonché dei principi generali del diritto comunitario, e non può giustificare una discriminazione basata su altri motivi.A condizione che le sue disposizioni siano d'altra parte rispettate, la presente direttiva non pregiudica pertanto il diritto delle chiese o delle altre organizzazioni pubbliche o private la cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni personali, e che agiscono in conformità delle disposizioni costituzionali e legislative nazionali, di esigere dalle persone che sono alle loro dipendenze un atteggiamento di buona fede e di lealtà nei confronti dell'etica dell'organizzazione.Articolo 5Soluzioni ragionevoli per i disabiliPer garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l'onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili.Articolo 6Giustificazione delle disparità di trattamento collegate all'età1. Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell'età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell'ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:a) la definizione di condizioni speciali di accesso all'occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l'inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;b) la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l'accesso all'occupazione o a taluni vantaggi connessi all'occupazione;c) la fissazione di un'età massima per l'assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento.2. Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la fissazione per i regimi professionali di sicurezza sociale di un'età per poter accedere o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o all'invalidità, compresa la fissazione per tali regimi di età diverse per lavoratori o gruppi o categorie di lavoratori e l'utilizzazione, nell'ambito di detti regimi, di criteri di età nei calcoli attuariali non costituisca una discriminazione fondata sull'età purché ciò non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso.Articolo 7Azione positiva e misure specifiche1. Allo scopo di assicurare completa parità nella vita professionale, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure specifiche dirette a evitare o compensare svantaggi correlati a uno qualunque dei motivi di cui all'articolo 1.2. Quanto ai disabili, il principio della parità di trattamento non pregiudica il diritto degli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul posto di lavoro né alle misure intese a creare o mantenere disposizioni o strumenti al fine di salvaguardare o promuovere il loro inserimento nel mondo del lavoro.Articolo 8Requisiti minimi1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere, per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, disposizioni più favorevoli di quelle previste nella presente direttiva.2. L'attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione contro la discriminazione già predisposto dagli Stati membri nei settori di applicazione della presente direttiva.CAPO IIMEZZI DI RICORSO ED ESECUZIONEArticolo 9Difesa dei diritti1. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, a procedure giurisdizionali e/o amministrative, comprese, ove lo ritengono opportuno, le procedure di conciliazione finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.2. Gli Stati membri riconoscono alle associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche che, conformemente ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, abbiano un interesse legittimo a garantire che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate, il diritto di avviare, in via giurisdizionale o amministrativa, per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso, una procedura finalizzata all'esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le norme nazionali relative ai termini per la proposta di azioni relative al principio della parità di trattamento.Articolo 10Onere della prova1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie, conformemente ai loro sistemi giudiziari nazionali, per assicurare che, allorché persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione nei loro riguardi del principio della parità di trattamento espongono, dinanzi a un tribunale o a un'altra autorità competente, fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento.2. Il paragrafo 1 si applica fatto salvo il diritto degli Stati membri di prevedere disposizioni in materia di prova più favorevoli alle parti attrici.3. Il paragrafo 1 non si applica ai procedimenti penali.4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano altresì alle azioni legali promosse ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2.5. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il paragrafo 1 ai procedimenti in cui spetta al giudice o all'organo competente indagare sui fatti.Articolo 11Protezione delle vittimeGli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere i dipendenti dal licenziamento, o da altro trattamento sfavorevole da parte del datore di lavoro, quale reazione a un reclamo interno all'impresa o a un'azione legale volta a ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento.Articolo 12Diffusione delle informazioniGli Stati membri assicurano che le disposizioni adottate in virtù della presente direttiva, insieme alle pertinenti disposizioni già in vigore, siano portate all'attenzione delle persone interessate con qualsiasi mezzo appropriato, per esempio sui luoghi di lavoro, in tutto il loro territorio.Articolo 13Dialogo sociale1. Gli Stati membri, in conformità delle rispettive tradizioni e prassi nazionali, prendono le misure adeguate per incoraggiare il dialogo tra le parti sociali al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, tra l'altro attraverso il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, contratti collettivi, codici di comportamento e ricerche o scambi di esperienze e di buone pratiche.2. Gli Stati membri, nel rispetto delle rispettive tradizioni e prassi nazionali, incoraggiano le parti sociali, lasciando impregiudicata la loro autonomia, a concludere al livello appropriato, accordi che fissino regole antidiscriminatorie negli ambiti di cui all'articolo 3 che rientrano nella sfera della contrattazione collettiva. Tali accordi devono rispettare i requisiti minimi stabiliti dalla presente direttiva e dalle relative misure nazionali di attuazione.Articolo 14Dialogo con le organizzazioni non governativeAl fine di promuovere il principio della parità di trattamento gli Stati membri incoraggiano il dialogo con le competenti organizzazioni non governative che, conformemente alle rispettive legislazioni e prassi nazionali, hanno un interesse legittimo a contribuire alla lotta contro le discriminazioni fondate su uno dei motivi di cui all'articolo 1.CAPO IIIDISPOSIZIONI PARTICOLARIArticolo 15Irlanda del Nord1. Per far fronte alla sottorappresentazione di una delle principali comunità religiose nei servizi di polizia dell'Irlanda del Nord, le disparità di trattamento in materia di assunzione in tali servizi, anche per quanto riguarda il personale ausiliario, non costituiscono una discriminazione, in quanto siffatte disparità sono espressamente autorizzate dalla legislazione nazionale.2. Per mantenere un equilibrio nelle opportunità d'impiego per gli insegnanti nell'Irlanda del Nord e contribuire nel contempo al superamento delle divisioni storiche tra le principali comunità religiose presenti, le disposizioni della presente direttiva connesse alla religione e alle convinzioni personali non sono applicabili all'assunzione degli insegnanti nelle scuole dell'Irlanda del Nord, in quanto ciò è espressamente autorizzato dalla legislazione nazionale.CAPO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 16ConformitàGli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare che:a) tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate;b) tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti di lavoro o nei contratti collettivi, nei regolamenti interni delle aziende o nelle regole che disciplinano il lavoro autonomo e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate.Articolo 17SanzioniGli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni, che possono prevedere un risarcimento dei danni, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 2 dicembre 2003 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive.Articolo 18AttuazioneGli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 dicembre 2003 o possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella sfera dei contratti collettivi. In tal caso gli Stati membri si assicurano che, entro il 2 dicembre 2003, le parti sociali stabiliscano mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Per tener conto di condizioni particolari gli Stati membri possono disporre se necessario di tre anni supplementari, a partire dal 2 dicembre 2003 ovvero complessivamente di sei anni al massimo, per attuare le disposizioni relative alle discriminazioni basate sull'età o sull'handicap. In tal caso essi informano immediatamente la Commissione. Gli Stati membri che decidono di avvalersi di tale periodo supplementare presentano ogni anno una relazione alla Commissione sulle misure adottate per combattere le discriminazioni basate sull'età e sull'handicap e sui progressi realizzati in vista dell'attuazione della direttiva. La Commissione presenta ogni anno una relazione al Consiglio.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 19Relazione1. Entro il 2 dicembre 2005 e successivamente ogni cinque anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni necessarie per consentirle di redigere una relazione destinata al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva.2. La relazione della Commissione tiene conto, ove opportuno, delle posizioni delle parti sociali e delle organizzazioni non governative competenti. Conformemente al principio dell'integrazione di genere, la relazione fornisce altresì una valutazione dell'impatto delle disposizioni adottate su donne e uomini. Alla luce delle informazioni ricevute, la relazione contiene all'occorrenza proposte volte a rivedere e aggiornare la presente direttiva.Articolo 20Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 21DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 27 novembre 2000.Per il ConsiglioIl PresidenteÉ. Guigou(1) GU C 177 E del 27.6.2000, pag 42.(2) Parere reso il 12 ottobre 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 204 del 18.7.2000, pag. 82.(4) GU C 226 dell'8.8.2000, pag. 1.(5) GU L 39 del 14.2.1976, pag. 40.(6) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.(7) GU L 225 del 12.8.1986, pag. 43.(8) GU C 186 del 2.7.1999, pag. 3.
Parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro Questa direttiva stabilisce un quadro generale per garantire la parità di trattamento tra le persone sul luogo di lavoro nell'Unione europea (UE), indipendentemente dalla loro religione o convinzione personale, disabilità, età o orientamento sessuale. ATTO Direttiva 2000/78/CEdel Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. SINTESI La direttiva ha lo scopo di garantire che le persone con una determinata religione o convinzione personale, disabilità, età o orientamento sessuale non siano oggetto di discriminazioni e possano godere della parità di trattamento sul luogo di lavoro. A che tipo di discriminazione si riferisce la direttiva? La direttiva riguarda sia la discriminazione diretta (differenza di trattamento basata su una caratteristica precisa) sia la discriminazione indiretta (disposizione, criterio o pratica apparentemente neutra ma suscettibile di produrre un effetto sfavorevole per una o più persone determinate appartenenti alle categorie sopra citate, svantaggiate rispetto alle altre). Le molestie, che creano un clima ostile, sono considerate una discriminazione. A chi si applicano le disposizioni della direttiva? E a chi non si applicano? La direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, per quanto riguarda: le condizioni di accesso ad attività dipendenti o autonome, inclusi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, nonché la promozione; la formazione professionale; le condizioni di occupazione e di lavoro (comprese le condizioni di remunerazione e di licenziamento); l'affiliazione e l'implicazione in un'organizzazione di datori di lavoro o di lavoratori o qualsiasi altra organizzazione professionale. La presente direttiva non si applica alle differenze di trattamento basate sulla nazionalità e nemmeno ai pagamenti di qualsiasi genere effettuati dallo Stato, inclusi i regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale. Cosa si può fare per fermare la discriminazione? I paesi dell'UE devono garantire che tutte le persone che si ritengono lese in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere alle procedure giurisdizionali e/o amministrative, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione. Ulteriori dettagli su mezzi di ricorso ed esecuzione sono contenuti nel capo II della direttiva. Come si può migliorare la situazione? Secondo la relazione (COM(2014)2 final) sulla presente direttiva e sulla direttiva sull'uguaglianza razziale, la sfida principale è quella di sensibilizzare il pubblico alle forme di tutela esistenti e assicurare una migliore applicazione pratica delle direttive. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 2000/78/CE 2.12.2000 2.12.2003 GU L 303 del 2.12.2000 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Relazione congiunta sull’applicazione della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (direttiva sull'uguaglianza razziale) e della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione) (COM(2014) 2 final del 17.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
10,803
719
32009D0496
false
DECISIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO, DELLA COMMISSIONE, DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E DEL COMITATO DELLE REGIONI del 26 giugno 2009 relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (2009/496/CE, Euratom) IL PARLAMENTO EUROPEO, IL CONSIGLIO, LA COMMISSIONE, LA CORTE DI GIUSTIZIA, LA CORTE DEI CONTI, IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, IL COMITATO DELLE REGIONI, visto il trattato sull’Unione europea, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, considerando quanto segue: (1) L’articolo 8 della decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, dell’8 aprile 1965, relativa all’installazione provvisoria di talune istituzioni e di taluni servizi delle Comunità (1), ha disposto che venisse insediato a Lussemburgo l’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee (di seguito denominato «l’Ufficio»). Questa disposizione ha trovato infine attuazione con la decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom (2). (2) Dal momento che il personale dell’Ufficio è soggetto alle norme e ai regolamenti applicabili ai funzionari e altri agenti delle Comunità europee, è opportuno tener conto delle loro recenti modifiche. (3) Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (3), di seguito denominato «regolamento finanziario», contempla specifiche disposizioni sul funzionamento dell’Ufficio. (4) Il settore editoriale è teatro di un considerevole sviluppo tecnologico, di cui occorre tener conto per il funzionamento dell’Ufficio. (5) Per motivi di chiarezza, è opportuno abrogare la decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom e sostituirla con la presente decisione, DECIDONO: Articolo 1 L’Ufficio delle pubblicazioni 1. L’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (di seguito denominato «l’Ufficio») è un organismo interistituzionale il cui compito è di provvedere, nelle migliori condizioni possibili, all’edizione delle pubblicazioni delle istituzioni delle Comunità europee e dell’Unione europea. A tal fine, l’Ufficio provvede, da un lato, affinché le istituzioni assolvano all’obbligo in materia di pubblicazione dei testi normativi e contribuisce, dall’altro, ad elaborare, sotto il profilo tecnico, e a realizzare le politiche di informazione e di comunicazione nei settori di sua competenza. 2. La gestione dell’Ufficio compete al direttore, che segue gli orientamenti strategici stabiliti dal comitato direttivo. Ad eccezione delle disposizioni specifiche attinenti alla vocazione interistituzionale dell’Ufficio contemplate dalla presente decisione, l’Ufficio segue le procedure amministrative e finanziarie della Commissione. Nel definire le suddette procedure, la Commissione tiene conto della natura specifica dell’Ufficio. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente decisione, valgono le seguenti definizioni: 1) «edizione»: qualsiasi azione necessaria alla concezione, alla verifica, all’attribuzione dei numeri internazionali normalizzati e/o dei numeri di catalogo, alla produzione, alla catalogazione, all’indicizzazione, alla diffusione, alla promozione, alla vendita, al deposito e all’archiviazione delle pubblicazioni, in qualsiasi forma e veste e secondo qualsiasi procedimento presente o futuro; 2) «pubblicazione»: testo pubblicato su qualsiasi supporto o formato recante un numero internazionale normalizzato e/o un numero di catalogo; 3) «pubblicazioni obbligatorie»: pubblicazioni la cui edizione è prevista dai trattati o da altri testi normativi; 4) «pubblicazioni non obbligatorie»: pubblicazioni la cui edizione è prerogativa di ciascuna istituzione; 5) «gestione dei diritti di autore»: conferma, da parte del servizio autore, della titolarità dei diritti di autore o di riutilizzazione e gestione, da parte dell’Ufficio, dei suddetti diritti per le pubblicazioni di cui esso cura l’edizione; 6) «proventi netti delle vendite»: totale degli importi fatturati al netto degli sconti commerciali concessi e delle spese di gestione, d’incasso e di banca; 7) «istituzioni»: istituzioni, organi e organismi istituiti dai trattati o sulla base dei trattati. Articolo 3 Competenze dell’Ufficio 1. L’Ufficio esplica le proprie competenze nei seguenti settori: a) edizione della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (di seguito denominata «Gazzetta ufficiale») di cui garantisce l’autenticità; b) edizione delle altre pubblicazioni obbligatorie; c) edizione o coedizione delle pubblicazioni non obbligatorie affidate all’Ufficio nell’ambito delle prerogative di ciascuna istituzione, in particolare delle attività di comunicazione delle istituzioni; d) edizione o coedizione di pubblicazioni su propria iniziativa, tra cui quelle intese a promuoverne i servizi; a tal fine, l’Ufficio può commissionare traduzioni stipulando contratti di servizio; e) sviluppo, manutenzione e aggiornamento dei servizi di edizione elettronica destinati al grande pubblico; f) messa a disposizione del pubblico di tutta la legislazione e degli altri testi ufficiali; g) conservazione e messa a disposizione del pubblico in formato elettronico di tutte le pubblicazioni delle istituzioni; h) attribuzione dei numeri internazionali normalizzati e/o dei numeri di catalogo per le pubblicazioni delle istituzioni; i) gestione dei diritti di riproduzione e di traduzione delle pubblicazioni delle istituzioni; j) promozione e vendita delle pubblicazioni e dei servizi da esso offerti al pubblico. 2. L’Ufficio fornisce consigli e assistenza alle istituzioni nei seguenti ambiti: a) programmazione e pianificazione dei loro programmi di pubblicazione; b) realizzazione dei loro progetti editoriali indipendentemente dalle modalità di edizione; c) impaginazione e concezione dei loro progetti editoriali; d) informazioni sulle tendenze del mercato editoriale negli Stati membri e sui temi e i titoli a più vasta diffusione; e) determinazione della tiratura e individuazione dei piani di diffusione; f) fissazione dei prezzi delle pubblicazioni e relativa vendita; g) promozione, diffusione e valutazione delle loro pubblicazioni gratuite o a pagamento; h) analisi, valutazione e costruzione dei siti e dei servizi Internet destinati al pubblico; i) elaborazione dei contratti quadro riguardanti le attività editoriali; j) sorveglianza tecnologica dei sistemi editoriali. Articolo 4 Responsabilità delle istituzioni 1. Ogni istituzione ha competenza esclusiva a decidere in materia di pubblicazione. 2. Le istituzioni si avvalgono dei servizi dell’Ufficio per procedere all’edizione delle loro pubblicazioni obbligatorie. 3. Le istituzioni possono procedere all’edizione delle loro pubblicazioni non obbligatorie senza l’intervento dell’Ufficio. In tal caso, le istituzioni chiedono l’attribuzione del numero internazionale normalizzato e/o del numero di catalogo all’Ufficio, cui trasmettono una copia elettronica della pubblicazione, quale che sia il formato, nonché eventualmente due copie cartacee. 4. Le istituzioni si impegnano a garantire la titolarità dei diritti di riproduzione, traduzione e diffusione di tutti gli elementi costitutivi di una pubblicazione. 5. Per le loro pubblicazioni le istituzioni si impegnano a definire un piano di diffusione, approvato dall’Ufficio. 6. Le istituzioni possono sottoscrivere con l’Ufficio convenzioni di servizio intese a definire le modalità di collaborazione. Articolo 5 Compiti dell’Ufficio 1. L’esecuzione dei compiti dell’Ufficio comporta in particolare le seguenti operazioni: a) raggruppamento dei documenti da editare; b) preparazione, concezione grafica, correzione, impaginazione e verifica dei testi e di altri elementi, indipendentemente dal formato o dal supporto, nel rispetto, da una parte, delle indicazioni fornite dalle istituzioni e, dall’altra, delle regole di presentazione grafica e linguistica stabilite in collaborazione con le istituzioni; c) indicizzazione e catalogazione delle pubblicazioni; d) analisi documentaria dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale e dei testi ufficiali non pubblicati nella Gazzetta ufficiale; e) consolidazione dei testi legislativi; f) gestione, sviluppo, aggiornamento e diffusione del thesaurus multilingue Eurovoc; g) stampa per il tramite dei fornitori; h) controllo dell’esecuzione dei lavori; i) controllo della qualità; j) collaudo qualitativo e quantitativo; k) diffusione fisica ed elettronica della Gazzetta ufficiale, dei testi ufficiali non pubblicati nella Gazzetta ufficiale e delle altre pubblicazioni non obbligatorie; l) deposito; m) archiviazione fisica ed elettronica; n) ristampa delle pubblicazioni esaurite e stampa su richiesta; o) costituzione di un catalogo consolidato delle pubblicazioni istituzionali; p) vendita, comprese l’emissione di fatture, la riscossione e la devoluzione dei proventi e la gestione dei crediti; q) promozione; r) creazione, acquisto, gestione, aggiornamento, monitoraggio e supervisione delle mailing list delle istituzioni e creazione di mailing list mirate. 2. Nell’ambito delle sue competenze, o in forza di poteri di ordinatore su delega delle istituzioni, l’Ufficio provvede: a) all’aggiudicazione di appalti pubblici, definendone gli oneri giuridici; b) al monitoraggio finanziario dei contratti conclusi con i fornitori; c) alla liquidazione delle spese, che comprende in particolare la fase di collaudo qualitativo e quantitativo e l’apposizione della dicitura «visto per pagamento»; d) all’autorizzazione delle spese; e) alle operazioni di entrata. Articolo 6 Comitato direttivo 1. È istituito un comitato direttivo nel quale sono rappresentate le istituzioni firmatarie. Ne sono membri il cancelliere della Corte di giustizia, il segretario generale aggiunto del Consiglio e i segretari generali delle altre istituzioni, o i loro rappresentanti. La Banca centrale europea partecipa ai lavori del comitato direttivo in veste di osservatore. 2. Il comitato direttivo nomina il presidente tra i suoi membri per una durata di due anni. 3. Il comitato direttivo si riunisce almeno quattro volte l’anno su iniziativa del presidente o su domanda di un’istituzione. 4. Il comitato direttivo approva il proprio regolamento interno, pubblicato nella Gazzetta ufficiale. 5. Salvo disposizioni contrarie, le decisioni del comitato direttivo sono adottate a maggioranza semplice. 6. Ciascuna istituzione firmataria della presente decisione dispone di un voto in seno al comitato direttivo. Articolo 7 Compiti e responsabilità del comitato direttivo 1. In deroga alle disposizioni dell’articolo 6, il comitato direttivo adotta all’unanimità, nel comune interesse delle istituzioni e nell’ambito delle competenze dell’Ufficio, le seguenti decisioni: a) su proposta del direttore, definisce gli obiettivi strategici e le norme di funzionamento dell’Ufficio; b) definisce gli orientamenti di politica generale dell’Ufficio, in particolare per quanto riguarda la vendita, la diffusione e l’edizione, e garantisce il contributo dell’Ufficio alla messa a punto e alla realizzazione di politiche di informazione e comunicazione nei settori di sua competenza; c) in base ad un progetto elaborato dal direttore dell’Ufficio, approva una relazione annuale di gestione rivolta alle istituzioni in cui rende conto dell’attuazione della strategia e delle prestazioni dell’Ufficio. Anteriormente al 1o maggio di ogni anno trasmette la relazione sull’esercizio precedente alle istituzioni; d) approva lo stato di previsione delle entrate e delle spese dell’Ufficio nell’ambito della procedura di bilancio relativa al bilancio di esercizio dell’Ufficio; e) approva i criteri per la tenuta della contabilità analitica dell’Ufficio, che il direttore dell’Ufficio adotta; f) rivolge alle istituzioni suggerimenti intesi ad agevolare il buon andamento dell’Ufficio. 2. Il comitato direttivo tiene conto degli orientamenti emananti dalle istanze interistituzionali in materia di comunicazione e informazione istituite a tal fine. Il presidente del comitato direttivo incontra ogni anno le suddette istanze. 3. Il presidente del comitato direttivo, in qualità di rappresentate della cooperazione interistituzionale, è l’interlocutore dell’autorità di discarico per le decisioni strategiche negli ambiti di competenza dell’Ufficio. 4. Il presidente del comitato direttivo e il direttore dell’Ufficio definiscono di comune accordo le regole di informazione reciproca e di comunicazione che ne formalizzano i rapporti. L’accordo è trasmesso per informazione ai membri del comitato direttivo. Articolo 8 Direttore dell’Ufficio Il direttore dell’Ufficio, sotto l’autorità del comitato direttivo e nei limiti delle competenze di quest’ultimo, è responsabile del buon andamento dell’Ufficio. Per l’applicazione delle procedure amministrative e finanziarie, esso agisce sotto l’autorità della Commissione. Articolo 9 Compiti e responsabilità del direttore dell’Ufficio 1. Il direttore dell’Ufficio provvede al segretariato del comitato direttivo, al quale rende conto dell’esercizio delle proprie funzioni sulla base di relazioni trimestrali. 2. Il direttore dell’Ufficio rivolge al comitato direttivo qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento dell’Ufficio. 3. Previa consultazione del comitato direttivo per un parere, il direttore dell’Ufficio definisce la natura e la tariffa delle prestazioni che l’Ufficio può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni. 4. Il direttore dell’Ufficio adotta, previa approvazione del comitato direttivo, i criteri per la tenuta della contabilità analitica dell’Ufficio. Egli definisce, d’accordo con il contabile della Commissione, le modalità della cooperazione contabile tra l’Ufficio e le istituzioni. 5. Il direttore dell’Ufficio, nell’ambito della procedura di bilancio relativa al bilancio di esercizio dell’Ufficio, definisce un progetto di stato di previsione delle entrate e delle spese dell’Ufficio. Previa approvazione da parte del comitato direttivo, queste proposte sono trasmesse alla Commissione. 6. Il direttore dell’Ufficio decide se e in base a quali modalità possono essere effettuate le pubblicazioni provenienti da terzi. 7. Il direttore dell’Ufficio partecipa alle attività interistituzionali in materia di informazione e comunicazione negli ambiti di competenza dell’Ufficio. 8. Per quanto riguarda l’edizione della legislazione e i documenti ufficiali relativi alla procedura legislativa, compresa la Gazzetta ufficiale, il direttore dell’Ufficio: a) sollecita, presso le sedi competenti di ciascuna istituzione, le decisioni di massima da applicare congiuntamente; b) presenta proposte per il miglioramento della struttura e della veste della Gazzetta ufficiale e dei testi legislativi ufficiali; c) presenta alle istituzioni proposte sull’armonizzazione della veste dei testi da pubblicare; d) esamina le difficoltà riscontrate nelle operazioni correnti e, ai fini del loro superamento, formula le necessarie istruzioni nell’ambito dell’Ufficio e le opportune raccomandazioni per le istituzioni. 9. Conformemente al regolamento finanziario, il direttore dell’Ufficio redige una relazione annuale di attività in cui rende conto della gestione degli stanziamenti delegati dalla Commissione e da altre istituzioni in forza del regolamento finanziario. La relazione è indirizzata alla Commissione e alle istituzioni interessate, nonché, per informazione, al comitato direttivo. 10. Il direttore dell’Ufficio e i membri della Commissione responsabili dei rapporti con l’Ufficio stabiliscono di comune accordo le modalità di informazione e di consultazione nell’ambito della delega degli stanziamenti della Commissione e dell’esecuzione del bilancio. 11. Il direttore dell’Ufficio è responsabile del conseguimento degli obiettivi strategici approvati dal comitato direttivo e della buona gestione dell’Ufficio, delle sue attività e della gestione del bilancio. 12. In caso di assenza o impedimento del direttore dell’Ufficio si applicano le norme sulla supplenza in base al grado e all’anzianità, se non altrimenti disposto dal comitato direttivo, su proposta del presidente o del direttore dell’Ufficio. 13. Il direttore dell’Ufficio informa le istituzioni con una relazione trimestrale sulla pianificazione e l’utilizzo delle risorse e l’avanzamento dei lavori. Articolo 10 Personale 1. La Commissione provvede alla nomina del direttore generale e del direttore, previo parere favorevole unanime del comitato direttivo. Al direttore generale e ai direttori si applicano le norme della Commissione in materia di mobilità e valutazione dei quadri superiori (gradi AD 16/AD 15/AD 14). Quando, per un funzionario che riveste un tale incarico, stanno per decorrere i termini per la mobilità previsti di regola dalla normativa applicabile, la Commissione informa il comitato direttivo che può esprimersi sul caso con un parere unanime. 2. Il comitato direttivo partecipa attivamente alle procedure previste, eventualmente, prima della nomina dei funzionari e degli agenti dell’Ufficio chiamati a rivestire le funzioni di direttore generale (gradi AD 16/AD 15) e di direttore (gradi AD 15/AD 14) e, in particolare, per quanto riguarda la redazione degli avvisi di posto vacante, l’esame delle candidature e la designazione delle commissioni giudicatrici dei concorsi per tali posti. 3. Per quanto riguarda i funzionari e gli agenti assegnati all’Ufficio, le competenze dell’autorità investita del potere di nomina (AIPN) e dell’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (AACC) sono esercitate dalla Commissione. La Commissione può delegare alcune delle sue competenze al suo interno e al direttore dell’Ufficio. Tale delega è soggetta alle stesse condizioni previste per i direttori generali della Commissione. 4. Fatto salvo il paragrafo 2, i funzionari e gli agenti assegnati all’Ufficio sono soggetti alle disposizioni e alle procedure adottate dalla Commissione per l’attuazione dello statuto e del regime applicabile agli altri agenti, alle stesse condizioni previste per i funzionari e gli agenti della Commissione in servizio a Lussemburgo. 5. I funzionari di tutte le istituzioni sono informati dei posti vacanti presso l’Ufficio, non appena l’AIPN e l’AACC decidono di coprire tali posti. 6. Il direttore dell’Ufficio informa, su base trimestrale, il comitato direttivo in merito alla gestione del personale. Articolo 11 Aspetti finanziari 1. Gli stanziamenti destinati all’Ufficio, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare all’interno della sezione del bilancio relativa alla Commissione, sono indicati in modo particolareggiato in un allegato della stessa sezione. Tale allegato reca uno stato delle entrate e delle spese, con suddivisioni identiche a quelle delle sezioni di bilancio. 2. La tabella dell’organico dell’Ufficio figura in un allegato della tabella dell’organico della Commissione. 3. Ogni istituzione svolge la funzione di ordinatore per gli stanziamenti del proprio bilancio riguardanti la linea «spese di pubblicazione». 4. Per gli stanziamenti iscritti nella propria sezione, ciascuna istituzione può delegare i poteri di ordinatore al direttore dell’Ufficio, stabilendo i limiti e le condizioni di tale delega, conformemente al regolamento finanziario. Il direttore dell’Ufficio informa, su base trimestrale, il comitato direttivo circa dette deleghe. 5. La gestione finanziaria e di bilancio dell’Ufficio è effettuata nel rispetto del regolamento finanziario e delle relative modalità di esecuzione e del quadro finanziario in vigore alla Commissione, compresi gli stanziamenti delegati dalle istituzioni diverse dalla Commissione. 6. La contabilità dell’Ufficio è conforme alle norme e ai metodi contabili approvati dal contabile della Commissione. L’Ufficio tiene conti distinti per la vendita della Gazzetta ufficiale e per la vendita delle pubblicazioni. I proventi netti delle vendite sono devoluti alle istituzioni. Articolo 12 Sorveglianza 1. La funzione di revisore interno è svolta nell’Ufficio dal revisore interno della Commissione, conformemente al regolamento finanziario. L’Ufficio assicura una capacità di audit interno, secondo modalità analoghe a quelle previste per le direzioni generali e i servizi della Commissione. Le istituzioni possono chiedere al direttore dell’Ufficio di inserire revisioni specifiche nel programma di lavoro delle revisioni interne elaborato dall’Ufficio. 2. Nell’ambito della missione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), l’Ufficio risponde a qualsiasi quesito riguardante le sue competenze. Al fine di garantire la tutela degli interessi dell’Unione europea, il presidente del comitato direttivo e il direttore dell’OLAF siglano un accordo sulle modalità di informazione reciproca. Articolo 13 Reclami e domande 1. Nei limiti delle sue competenze, l’Ufficio è tenuto a rispondere alle domande del Mediatore europeo e del garante europeo della protezione dei dati. 2. Qualsiasi azione legale nei settori di competenza dell’Ufficio è intentata contro la Commissione. Articolo 14 Accesso del pubblico ai documenti 1. Il direttore dell’Ufficio prende le decisioni di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (4). In caso di rifiuto, le decisioni riguardanti le domande di conferma sono prese dal segretariato generale della Commissione. 2. L’Ufficio istituisce un registro dei documenti conformemente all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1049/2001. Articolo 15 Abrogazione La decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom è abrogata. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione. Articolo 16 Entrata in vigore Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles e a Lussemburgo, 26 giugno 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente K. SCHWARZENBERG Per la Commissione Il presidente J. M. BARROSO Per la Corte di giustizia Il presidente V. SKOURIS Per la Corte dei conti Il presidente V. M. SILVA CALDEIRA Per il Comitato economico e sociale europeo Il presidente M. SEPI Per il Comitato delle regioni Il presidente L. VAN DEN BRANDE (1) GU 152 del 13.7.1967, pag. 18. (2) GU L 183 del 22.7.2000, pag. 12. (3) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. (4) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.
Ufficio delle pubblicazioni QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE? Specifica il ruolo, le responsabilità, i compiti e la struttura organizzativa dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea. PUNTI CHIAVE Ruolo L’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (UP) è un organismo inter-istituzionale il cui compito è provvedere all’edizione delle pubblicazioni delle istituzioni dell’Unione europea (UE). L’UP è responsabile per la diffusione in vari formati cartacei ed elettronici di pubblicazioni di carattere normativo e generale, tra cui:La Gazzetta ufficiale dell’UE in 23 lingue (24 quando è richiesto anche l’irlandese); Una lista di siti web per cittadini, governi e aziende dell’UE, tra cui:EUR-Lex,Portale Open Data dell’UE,EU Bookshop,Tenders Electronic Daily,Servizio comunitario di informazione in materia di ricerca e sviluppo. L’UP garantisce anche la conservazione a lungo termine dei contenuti prodotti dalle istituzioni e dagli organismi dell’UE. Inoltre, l’UP fornisce consulenza e assistenza alle istituzioni dell’UE in diverse aree, tra cui:programmazione e pianificazione dei programmi di pubblicazione; informazioni sulle tendenze del mercato delle pubblicazioni nei paesi dell’UE e sugli argomenti di massimo interesse per il pubblico; supervisione tecnologica sui sistemi di publishing. Compiti L’UP ha diversi compiti specifici, tra cui:raccolta e ordinamento di documenti per la pubblicazione; preparazione, progettazione grafica, correzione, impaginazione e controllo dei testi per la pubblicazione; indicizzazione e catalogazione delle pubblicazioni; analisi documentale dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale e su altri testi ufficiali; consolidamento di atti giuridici; gestione, sviluppo. aggiornamento e distribuzione di EuroVoc, il thesaurus multilingue dell’Unione europea; organizzazione della stampa delle pubblicazioni da parte dei fornitori dell’Ufficio; controllo di qualità di tutti gli aspetti inerenti alla produzione; distribuzione della Gazzetta ufficiale, di testi ufficiali al di fuori di quanto pubblicato nella Gazzetta ufficiale e altre pubblicazioni non obbligatorie (tramite EUR-Lex, Pubblicazioni dell’UE oppure come stampe fisiche); archiviazione fisica ed elettronica; creazione, acquisto, gestione, aggiornamento, monitoraggio e supervisione delle liste di distribuzione delle varie istituzioni e creazione di liste di distribuzione mirate. Responsabilità delle istituzioniOgni istituzione è tenuta ad utilizzare i servizi dell’UP per la pubblicazione delle proprie pubblicazioni obbligatorie. Per quanto riguarda le pubblicazioni facoltative, ciascuna istituzione dell’UE può decidere se utilizzare i servizi dell’UP o no. Quando un’istituzione dell’UE pubblica materiale senza il coinvolgimento dell’UP, è comunque tenuta a chiedere all’Ufficio un identificativo (ai fini della classificazione delle pubblicazioni in modo inequivocabile ed esclusivo) e a fornire all’Ufficio copie della pubblicazione. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? La decisione è stata applicata dal 1 luglio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:l’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (Europa). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/496/CE, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni, del 26 giugno 2009, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (GU L 168 del 30.6.2009, pagg. 41-47) Le successive modifiche alla direttiva 2009/496/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
8,098
116
31999L0063
false
Direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) - Allegato: Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare Gazzetta ufficiale n. L 167 del 02/07/1999 pag. 0033 - 0037 DIRETTIVA 1999/63/CE DEL CONSIGLIOdel 21 giugno 1999relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 139, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,considerando quanto segue:(1) che, in seguito all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, le disposizioni dell'accordo in materia di politica sociale allegato al protocollo (n. 14) sulla politica sociale, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, quale modificato dal trattato di Maastricht, sono state incorporate negli articoli da 136 a 139 del trattato che istituisce la Comunità europea;(2) che i datori di lavoro e i lavoratori ("le parti sociali"), a norma dell'articolo 139, paragrafo 2 del trattato, possono richiedere congiuntamente che gli accordi a livello europeo siano attuati in base a una decisione del Consiglio, su proposta della Commissione;(3) che il Consiglio ha adottato la direttiva 93/104/CE, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro(1); che il trasporto marittimo è uno dei settori di attività esclusi dall'ambito di applicazione di tale direttiva;(4) che si dovrebbe tener conto delle convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, tra cui in particolare quelle relative all'orario di lavoro della gente di mare;(5) che la Commissione, a norma dell'articolo 3, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, ha consultato le parti sociali sul possibile orientamento di un'azione comunitaria riguardo ai settori ed alle attività esclusi dalla direttiva 93/104/CE;(6) che a seguito di tale consultazione la Commissione ha giudicato auspicabile un'azione comunitaria in materia e ha nuovamente consultato le parti sociali a livello comunitario sul contenuto della proposta in questione, a norma dell'articolo 3, paragrafo 3 di detto accordo;(7) che l'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e la Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) hanno informato la Commissione del proprio desiderio di iniziare negoziati, ai sensi dell'articolo 4 dell'accordo sulla politica sociale;(8) che il 30 settembre 1998 dette organizzazioni hanno concluso l'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare; che tale accordo contiene una richiesta alla Commissione, formulata congiuntamente, di applicare l'accordo attraverso una decisione del Consiglio su proposta della Commissione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale;(9) che nella risoluzione del 6 dicembre 1994 relativa ad alcune prospettive di una politica sociale dell'Unione europea: contributo alla convergenza economica e sociale dell'Unione(2) il Consiglio ha invitato le parti sociali a sfruttare le possibilità di concludere convenzioni, poiché esse sono di norma più vicine alla realtà sociale e ai problemi sociali;(10) che l'accordo si applica alla gente di mare a bordo di tutte le navi marittime, sia di proprietà pubblica che privata, registrate nel territorio di qualsiasi Stato membro e normalmente destinate ad operazioni di marina mercantile;(11) che lo strumento idoneo per l'attuazione dell'accordo è una direttiva ai sensi dell'articolo 249 del trattato; che, pertanto, essa vincola gli Stati membri per quanto riguarda i risultati da raggiungere, lasciando alle autorità nazionali la scelta della forma e dei metodi;(12) che, secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità di cui all'articolo 5 del trattato, gli obiettivi della presente direttiva non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario; che la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi;(13) che, per quanto riguarda i termini dell'accordo che non sono specificamente definiti da quest'ultimo, la presente direttiva lascia agli Stati membri la possibilità di definirli conformemente alle legislazioni e pratiche nazionali, come accade per altre direttive in materia di politica sociale che utilizzano termini simili, a condizione che le suddette definizioni siano conformi al contenuto dell'accordo;(14) che la Commissione ha elaborato la proposta di direttiva, conformemente alla comunicazione del 20 maggio 1998 che adegua e promuove il dialogo sociale a livello comunitario, tenendo conto del carattere rappresentativo delle parti contraenti e della legalità di ciascuna clausola dell'accordo;(15) che la Commissione ha informato il Parlamento europeo ed il Comitato economico e sociale, conformemente alla sua comunicazione del 14 dicembre 1993 riguardante l'applicazione dell'accordo sulla politica sociale, sottoponendo loro il testo della proposta di direttiva contenente l'accordo;(16) che l'attuazione dell'accordo contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 136 del trattato,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1L'obiettivo della presente direttiva è l'attuazione dell'accordo, riportato in allegato, relativo all'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare, concluso il 30 settembre 1998 tra le organizzazioni rappresentanti i datori di lavoro e i lavoratori del settore marittimo (ECSA e FST).Articolo 2Requisiti minimi1. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste nella presente direttiva.2. L'attuazione delle disposizioni della presente direttiva non costituisce in nessun caso motivo sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nell'ambito coperto dalla stessa, fatto comunque salvo il diritto degli Stati membri e/o delle parti sociali di sviluppare, alla luce dell'evolversi della situazione, disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse rispetto a quelle esistenti al momento dell'adozione della presente direttiva, a patto che i requisiti minimi previsti nella presente direttiva siano rispettati.Articolo 3Recepimento1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 30 giugno 2002 o si assicurano che entro tale data le organizzazioni padronali e sindacali pongano in atto le disposizioni necessarie mediante accordi. Gli Stati membri devono adottare tutte le disposizioni necessarie che consentano loro di essere sempre in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 4DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 21 giugno 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteL. SCHOMERUS(1) GU L 307 del 13.12.1993, pag. 18.(2) GU C 368 del 23.12.1994, pag. 6.ALLEGATOACCORDO EUROPEOsull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mareVisto l'accordo sulla politica sociale accluso al trattato che istituisce la Comunità europea e in particolare gli articoli 3.4 e 4.2;considerando che l'articolo 4, paragrafo 2 dell'Accordo sulla politica sociale prevede che gli accordi conclusi a livello europeo siano attuati a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base a una decisione del Consiglio su proposta della Commissione,considerando che le parti firmatarie avanzano richiesta in tal senso,LE PARTI FIRMATARIE HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Clausola 11. L'accordo si applica alla gente di mare presente a bordo di ogni nave marittima, di proprietà pubblica o privata, registrata nel territorio di uno Stato membro e impegnata normalmente in operazioni di marina mercantile. Ai fini del presente accordo una nave iscritta sul registro di due Stati è ritenuta registrata nel territorio dello Stato di cui batte bandiera.2. In caso di dubbio se una nave vada considerata nave marittima o impegnata in operazioni di marina mercantile ai fini del presente accordo, la questione sarà risolta dalle autorità competenti dello Stato membro. Andranno consultate le organizzazioni interessate degli armatori e della gente di mare.Clausola 2Ai fini del presente accordo:a) per "ore di lavoro" si intende il periodo durante il quale la gente di mare è tenuta a svolgere un lavoro sulla nave;b) per "ore di riposo" si intende il periodo libero dalle ore di lavoro; questo termine non include brevi interruzioni;c) per "gente di mare" si intende ogni persona occupata o impegnata a qualunque titolo a bordo di una nave marittima cui trova applicazione l'accordo;d) per "armatore" si intende il proprietario della nave o ogni altro organismo o persona, quali l'imprenditore o il noleggiatore della sola nave, che hanno rilevato dall'armatore la responsabilità per l'esercizio della nave e, ciò facendo, hanno accettato di assumersi i relativi obblighi e responsabilità.Clausola 3Entro i limiti definiti nella clausola 5 si dovrà stabilire sia un numero massimo di ore di lavoro da non superare in un dato lasso di tempo ovvero un numero minimo di ore di riposo che dovrà essere concesso in un dato lasso di tempo.Clausola 4Fatta salva la clausola 5, il modello normale di orario di lavoro della gente di mare si basa in linea di massima su una durata di otto ore al giorno con un giorno di riposo per settimana e riposo nei giorni festivi. Gli Stati membri possono introdurre procedure per autorizzare o registrare accordi collettivi che stabiliscono l'orario normale di lavoro della gente di mare sulla base di modalità che non devono essere meno favorevoli di detto modello.Clausola 51. La durata dell'orario di lavoro o di riposo si configura come segue:a) il numero massimo di ore di lavoro non deve superare:i) 14 ore su un periodo di 24 ore; eii) 72 ore su un periodo di 7 giorni;ob) il numero minimo di ore di riposo non dev'essere inferiore a:i) 10 ore su un periodo di 24 ore; eii) 77 ore su un periodo di 7 giorni.2. Le ore di risposo possono essere ripartite in non più di due periodi, uno dei quali dovrà essere almeno della durata di 6 ore e l'intervallo tra periodi consecutivi di riposo non dovrà superare 14 ore.3. Gli appelli, le esercitazioni antincendio e di salvataggio e le esercitazioni prescritte da regolamenti e normative nazionali e da testi internazionali sono svolti in modo da ridurre al minimo il disturbo nei periodi di riposo e non provocare affaticamento.4. Riguardo a situazioni in cui la gente di mare è a disposizione, come nel caso di un reparto macchine incustodito, essa beneficia di un periodo compensativo di riposo qualora il normale periodo di riposo sia disturbato da ordini di lavoro.5. Riguardo ai paragrafi 3 e 4, in assenza di accordi collettivi e di arbitrati ovvero se le autorità competenti stabiliscono che le disposizioni nell'accordo o nell'arbitrato sono inadeguate, spetta alle autorità competenti definire dette disposizioni per garantire che la gente di mare interessata benefici di sufficiente riposo.6. Col dovuto rispetto dei principi generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, gli Stati membri possono applicare normative nazionali, regolamenti o procedure che consentono alle autorità competenti di autorizzare o registrare contratti collettivi che consentono deroghe ai limiti fissati ai paragrafi 1 e 2. Tali deroghe debbono, nella misura del possibile, rispettare i modelli fissati ma possono tener conto di congedi più frequenti o più lunghi o della concessione di congedi compensativi per la gente di mare addetta alla guardia o operante a bordo di navi su brevi rotte.7. In un posto facilmente accessibile, unitamente alle modalità di lavoro a bordo, è apposta una tabella indicante per ciascuna mansione almeno:a) il programma di servizio in mare e in porto; nonchéb) il numero massimo di ore di lavoro o il numero minimo di ore di riposo richiesti da normtive, regolamenti o accordi collettivi vigenti negli Stati membri.8. La tabella di cui al paragrafo 7 è configurata secondo un modello standard nella lingua o nelle lingue di lavoro della nave, oltre che in inglese.Clausola 6La gente di mare di età inferiore a 18 anni non deve svolgere lavoro notturno. Ai fini di questa clausola per "notte" si intende un periodo di almeno 9 ore consecutive, compreso l'intervallo dalla mezzanotte alle cinque del mattino. Questa disposizione non trova applicazione quando la formazione effettiva del giovane di età compresa tra 16 e 18 anni fosse pregiudicata rispetto ai piani e ai programmi fissati.Clausola 71. Il comandante di una nave ha il diritto di esigere dalla gente di mare lo svolgimento di ore di lavoro necessarie per la sicurezza immediata della nave, delle persone imbarcate e del carico o per fornire assistenza ad altre navi o persone in pericolo in mare.2. In conformità del paragrafo 1 il comandante può sospendere il programma di ore di lavoro o di ore di riposo ed esigere dalla gente di mare lo svolgimento delle ore di lavoro necessarie fino al ristabilimento della situazione normale.3. Non appena possibile dopo che è stata ristabilita la situazione normale, il comandante deve far sì che la gente di mare che ha svolto lavoro in un periodo previsto di riposo benefici di un adeguato periodo di riposo.Clausola 81. Si devono tenere registri su cui riportare le ore giornaliere di lavoro o le ore giornaliere di riposo della gente di mare per verificare il rispetto delle disposizioni di cui alla clausola 5. La gente di mare riceve una copia del registro che la riguarda, che dovrà essere firmata dal comandante o dalla persona da lui autorizzata e dal membro della gente di mare.2. Si devono definire procedure per la tenuta di tali registri a bordo, nonché gli intervalli con cui rilevare le informazioni. Il modello dei registri delle ore di lavoro o di riposo della gente di mare è stabilito tenendo conto degli orientamenti internazionali vigenti. Il modello è nella lingua o nelle lingue di cui alla clausola 5, paragrafo 8.3. Una copia delle disposizioni pertinenti della normativa nazionale riguardante il presente accordo e i relativi accordi collettivi dev'essere tenuta a bordo ed essere facilmente accessibile per l'equipaggio.Clausola 9I registri di cui alla clausola 8 saranno esaminati e vistati a intervalli adeguati per verificare il rispetto delle disposizioni che disciplinano le ore di lavoro o di riposo in attuazione del presente accordo.Clausola 101. Nel determinare, approvare o rivedere gli effettivi dell'equipaggio, è necessario tener conto della necessità di evitare o ridurre al minimo, per quanto possibile, orari eccessivi di lavoro al fine di garantire riposo sufficiente e limitare l'affaticamento.2. Se i registri o altri indizi evidenziano la violazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro o ai periodi di riposo, sono adottati provvedimenti per evitare ulteriori violazioni, compresa, se necessaria, la revisione degli effettivi della nave.3. Tutte le navi cui si applica il presente accordo devono disporre di sufficienti membri dell'equipaggio per garantire la sicurezza e l'efficienza in conformità del documento riguardante gli effettivi minimi di sicurezza o documento equivalente rilasciato dalle competenti autorità.Clausola 11Sulla nave non devono lavorare persone di età inferiore a 16 anni.Clausola 12L'armatore fornisce al comandante le necessarie risorse per poter ottemperare agli obblighi derivanti dal presente accordo, compresi quelli riguardanti l'equipaggiamento adeguato della nave. Il comandante adotta tutti i provvedimenti necessari per far sì che le prescrizioni riguardanti l'orario di lavoro della gente di mare e i periodi di riposo derivanti dal presente accordo siano rispettate.Clausola 131. Tutta la gente di mare dev'essere in possesso di un certificato attestante l'idoneità al lavoro per il quale è impiegata in mare.La natura della valutazione della salute da effettuare e i dettagli da inserire nel certificato medico devono essere stabiliti previa consultazione con l'armatore e le organizzazioni interessate della gente di mare.Tutta la gente di mare deve sottoporsi a esami periodici della salute. Gli addetti ai turni di guardia che presentano problemi alla salute imputati da un medico al fatto che essi svolgono lavoro notturno, devono essere assegnati, nella misura del possibile, al lavoro diurno che loro si confà.2. L'esame della salute di cui al paragrafo 1 è gratuito e rispetta il segreto medico. Questo tipo di esame può essere svolto nell'ambito del sistema sanitario nazionale.Clausola 14Gli armatori devono fornire informazioni riguardo agli addetti ai turni di guardia e ad altri lavoratori notturni alle autorità nazionali competenti, qualora esse lo chiedano.Clausola 15La gente di mare beneficia di una tutela della salute e della sicurezza adeguata alla natura delle sue mansioni. Devono essere disponibili servizi o strutture equivalenti di protezione e di prevenzione riguardo alla salute e alla sicurezza della gente di mare che svolge lavoro diurno o notturno.Clausola 16La gente di mare ha diritto di beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno due settimane, o di una parte corrispondente a periodi di attività inferiori ad un anno, in conformità delle condizioni previste dalla legislazione nazionale e/o dalla prassi ai fini e a garanzia di queste ferie.Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un'indennità, eccetto nel caso che il rapporto di lavoro sia terminato.Fatto a Bruxelles, 30 settembre 1998.Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST)Associazione armatori della Comunità europea (ECSA)
Orario di lavoro della gente di mare QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Colloca all’interno di una normativa l’accordo sull’orario di lavoro della gente di mare* concluso tra l’Associazione armatori* della Comunità europea e la Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea, il 30 settembre 1998. Tiene conto della Convenzione sul lavoro marittimo del 2006, dell’Organizzazione internazionale del lavoro relativamente all’orario di lavoro della gente di mare. PUNTI CHIAVE Tutte le navi marittime, sia di proprietà pubblica che privata, registrate nel territorio di qualsiasi Stato membro dell’Unione europea (UE) normalmente destinate a operazioni di marina mercantile, devono rispettare la normativa. La direttiva specifica un numero massimo di ore di lavoro o un numero minimo di ore di riposo su un dato periodo. Orario di lavorouna giornata di lavoro standard è di 8 ore, con un giorno di riposo e riposo nei giorni festivi;il numero massimo di ore di lavoro non deve superare 14 ore su un periodo di 24 ore o 72 ore su un periodo di 7 giorni. Periodo di riposo:non deve essere inferiore a 10 ore su un periodo di 24 ore o 77 ore su un periodo di 7 giorni;può essere ripartito in non più di due periodi, uno dei quali dovrà essere almeno della durata di 6 ore;l’intervallo tra periodi consecutivi di riposo non dovrà superare 14 ore;deve essere disturbato il meno possibile da esercitazioni di sicurezza, quali appelli, esercitazioni antincendio e di salvataggio;deve includere un adeguato risarcimento per i marittimi chiamati a lavorare a riposo. Si devono tenere registri su cui riportare le ore giornaliere di lavoro o le ore giornaliere di riposo della gente di mare. La gente di mare di età inferiore a 18 anni non deve svolgere lavoro di notte* con l’eccezione di compiti specifici o attività di formazione. L’assunzione o il lavoro da parte di minori di 18 anni non è consentito se può potenzialmente mettere a rischio la loro salute e la loro sicurezza. Il comandante della nave ha il diritto di richiedere il lavoro dell’equipaggio se necessario per garantire la sicurezza immediata della nave, delle persone imbarcate, del carico e di altri in difficoltà. I dettagli sull’organizzazione del lavoro a bordo e le disposizioni normative devono essere accessibili e visualizzati. I livelli dell’equipaggio devono evitare o ridurre al minimo orari eccessivi di lavoro al fine di garantire riposo sufficiente e limitare l’affaticamento. Tutta la gente di mare:deve essere in possesso di un certificato medico attestante l’idoneità al lavoro per il quale è impiegata in mare. La direttiva stabilisce i dettagli di tali certificati, comprese le regole di rilascio, la validità e la natura della valutazione sanitaria. Sono ammesse alcune eccezioni:ha diritto a ferie annuali retribuite. Queste si basano su un minimo di 2,5 giorni per ciascun mese di lavoro e su una quantità proporzionale per i mesi incompleti. Gli Stati membri possonoconsentire deroghe alle ore di lavoro specificate e di riposo, a determinate condizioni;applicare condizioni più, ma non meno, favorevoli per i marittimi rispetto a quelle contenute nella direttiva.Modifiche alla direttiva 1999/63/CELa direttiva è stata modificata dalla direttiva 2009/13/CE in seguito alla firma della Convenzione sul lavoro marittimo nel 2006. La direttiva 2009/13/CE è stata a sua volta modificata dalla direttiva (UE) 2018/131, a seguito delle modifiche apportate alla Convenzione sul lavoro marittimo nel 2014, che si concentrano sui diritti della gente di mare in caso di abbandono in porti esteri e contiene norme aggiornate in materia di rimpatrio, sicurezza finanziaria e responsabilità degli armatori.Legislazione correlata L’applicazione della direttiva è disciplinata da una normativa separata (direttiva 1999/95/EC) sull’applicazione dell’orario di lavoro a bordo delle navi che fanno scalo nei porti comunitari, e dalla direttiva 2013/54/UE sul rispetto generale e sull’applicazione della Convenzione sul lavoro marittimo (si veda la sintesi). A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 22 luglio 1999 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 30 giugno 2002. CONTESTO La gente di mare, per la specificità del suo lavoro è esclusa dal campo di applicazione della direttiva 2003/88/CE sull’organizzazione dell’orario di lavoro (si veda la sintesi) e richiedono regole separate. Per ulteriori informazioni, si veda:Condizioni di lavoro — Normativa settoriale sull’orario di lavoro (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Gente di mare. Chiunque sia impiegato a qualsiasi titolo a bordo di una nave marittima. Armatore. Il proprietario della nave o qualsiasi altra organizzazione o persona che assume tale responsabilità. Notte. Un periodo di almeno 9 ore consecutive, che inizi non più tardi di mezzanotte e che termini non prima delle cinque del mattino. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 1999/63/CE del Consiglio del 21 giugno 1999 relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST)— Allegato: Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare (GU L 167 del 2.7.1999, pag. 33). Le modifiche successive alla direttiva 1999/63/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2013/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione (GU L 329, del 10.12.2013, pag. 1). Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30). Si veda la versione consolidata. Direttiva 1999/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l’applicazione delle disposizioni relative all’orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità (GU L 14 del 20.1.2000, pag. 29).
7,416
1,005
32009R1215
false
REGOLAMENTO (CE) N. 1215/2009 DEL CONSIGLIO del 30 novembre 2009 recante misure commerciali eccezionali applicabili ai paesi e territori che partecipano o sono legati al processo di stabilizzazione e di associazione dell’Unione europea (versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 133, vista la proposta della Commissione, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 2007/2000, del 18 settembre 2000, recante misure commerciali eccezionali applicabili ai paesi e territori che partecipano o sono legati al processo di stabilizzazione e di associazione dell’Unione europea, e recante modificazione del regolamento (CE) n. 2820/98, nonché abrogazione del regolamento (CE) n. 1763/1999 e del regolamento (CE) n. 6/2000 (1), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (2). È opportuno, per motivi di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla codificazione di detto regolamento. (2) Il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha concluso che gli accordi di stabilizzazione e di associazione con i paesi dei Balcani occidentali dovrebbero essere preceduti da una liberalizzazione asimmetrica del commercio. (3) Proseguire la politica di apertura del mercato comunitario alle importazioni dai paesi dei Balcani occidentali dovrebbe contribuire alla stabilizzazione politica ed economica della regione senza ripercussioni negative per la Comunità. (4) È pertanto opportuno migliorare ulteriormente le preferenze commerciali autonome della Comunità, abolendo tutti i massimali tariffari residui per i prodotti industriali e agevolare maggiormente l’accesso al mercato comunitario dei prodotti agricoli e della pesca, compresi i prodotti trasformati. (5) Le misure in questione sono proposte nell’ambito del processo di stabilizzazione e di associazione dell’Unione europea, data la situazione specifica dei Balcani occidentali. Esse non costituiranno in alcun caso un precedente per la politica commerciale della Comunità nei confronti di altri paesi terzi. (6) In conformità del processo di stabilizzazione e di associazione dell’UE, basato sulla precedente impostazione regionale e sulle conclusioni del Consiglio del 29 aprile 1997, lo sviluppo delle relazioni bilaterali tra l’UE e i paesi dei Balcani occidentali è soggetto a determinate condizioni. La concessione delle preferenze commerciali autonome è subordinata al rispetto dei principi fondamentali della democrazia e dei diritti umani, nonché alla disponibilità dei paesi interessati allo sviluppo delle loro relazioni economiche. La concessione di preferenze commerciali autonome migliorate a favore dei paesi che partecipano al processo di stabilizzazione e di associazione dell’UE dovrebbe essere subordinata alla loro disponibilità ad avviare riforme economiche efficaci e una cooperazione regionale, specie attraverso la creazione di zone di libero scambio in conformità delle pertinenti norme GATT/OMC. Inoltre, l’ammissione al beneficio delle preferenze generalizzate è subordinata all’impegno dei beneficiari a favore di una cooperazione amministrativa efficace con la Comunità, onde prevenire qualsiasi rischio di frode. (7) Le preferenze commerciali possono essere concesse unicamente ai paesi e ai territori che possiedono un’amministrazione doganale autonoma. (8) La Bosnia-Erzegovina, la Serbia e il Kosovo, quale definito nella risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU (1999) e sottoposto a un’amministrazione civile internazionale affidata alla missione delle Nazioni Unite in Kosovo (UNMIK), soddisfano le suddette condizioni. Per evitare discriminazioni nella regione, sarebbe pertanto opportuno concedere a tutti questi paesi preferenze commerciali analoghe. (9) Le misure commerciali previste dal presente regolamento dovrebbero tener conto anche del fatto che la Serbia e il Kosovo costituiscono ciascuno territori doganali distinti. (10) La Comunità ha concluso con la Serbia un accordo sul commercio dei prodotti tessili (3). (11) L’Albania, la Croazia, l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia e il Montenegro dovrebbero continuare a beneficiare delle disposizioni del presente regolamento solo nella misura in cui esso preveda concessioni più favorevoli rispetto a quelle vigenti nel quadro dei regimi contrattuali tra la Comunità e tali paesi. (12) Ai certificati di origine e alle procedure di cooperazione amministrativa dovrebbero applicarsi le relative disposizioni del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (4). (13) A fini di razionalizzazione e di semplificazione, è opportuno autorizzare la Commissione ad apportare, previa consultazione del comitato del codice doganale e fatte salve le procedure specifiche di cui al presente regolamento, tutte le modifiche e tutti gli adeguamenti tecnici necessari per l’applicazione dello stesso. (14) Le misure necessarie per l’esecuzione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5). (15) I regimi di importazione previsti dal presente regolamento dovrebbero essere rinnovati alle condizioni stabilite dal Consiglio e in funzione dell’esperienza acquisita nel concederli ai sensi del presente regolamento. È opportuno limitare la durata del regime al 31 dicembre 2010, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Regimi preferenziali 1. Fatte salve le disposizioni specifiche stabilite all’articolo 3, i prodotti originari della Bosnia-Erzegovina o dei territori doganali della Serbia o del Kosovo, diversi da quelli delle voci 0102, 0201, 0202, 0301, 0302, 0303, 0304, 0305, 1604, 1701, 1702 e 2204 della nomenclatura combinata, sono ammessi all’importazione nella Comunità senza restrizioni quantitative né misure di effetto equivalente e in esenzione dai dazi doganali e dagli oneri di effetto equivalente. 2. Le importazioni di prodotti dello zucchero di cui alle voci 1701 e 1702 della nomenclatura combinata originari della Bosnia-Erzegovina o dei territori doganali della Serbia o del Kosovo beneficiano delle concessioni di cui all’articolo 3. 3. I prodotti originari dell’Albania, della Croazia e dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia o in Montenegro continueranno a beneficiare delle disposizioni del presente regolamento laddove ciò sia indicato o di qualsiasi misura contemplata dal presente regolamento che sia più favorevole rispetto alle concessioni commerciali previste nel quadro degli accordi bilaterali tra la Comunità e questi paesi. Articolo 2 Condizioni di ammissione al regime preferenziale 1. L’ammissione al beneficio di uno dei regimi preferenziali di cui all’articolo 1 è subordinata alle seguenti condizioni: a) osservanza della definizione di «prodotti originari» di cui alla parte I, titolo IV, capo 2, sezione 1, sottosezione 1 del regolamento (CEE) n. 2454/93; b) impegno, da parte dei paesi e territori di cui all’articolo 1, a non applicare nuovi dazi o oneri di effetto equivalente né nuove restrizioni quantitative o misure di effetto equivalente alle importazioni originarie della Comunità, nonché a non aumentare i dazi o gli oneri esistenti e a non introdurre altre restrizioni a decorrere dal 30 settembre 2000; e c) impegno dei beneficiari a favore di una cooperazione amministrativa efficace con la Comunità, onde prevenire qualsiasi rischio di frode. 2. Fatte salve le condizioni previste dal paragrafo 1, il diritto di beneficiare del regime preferenziale di cui all’articolo 1 è subordinato alla disponibilità dei paesi beneficiari ad avviare riforme economiche efficaci e una cooperazione regionale con gli altri paesi che fanno parte del processo di stabilizzazione e di associazione dell’Unione europea, in particolare attraverso la creazione di zone di libero scambio in conformità dell’articolo XXIV del GATT 1994 e delle altre disposizioni pertinenti dell’OMC. In caso di inadempienza, il Consiglio può prendere misure appropriate deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. Articolo 3 Prodotti agricoli — contingenti tariffari 1. Per i prodotti della pesca e i vini elencati nell’allegato I e originari dei paesi e territori di cui all’articolo 1, i dazi doganali applicabili alle importazioni nella Comunità sono sospesi per i periodi, ai livelli ed entro i limiti dei contingenti tariffari comunitari, e alle condizioni indicate nel suddetto allegato I per ciascun prodotto e origine. 2. I dazi doganali applicabili alle importazioni nella Comunità di prodotti di «baby-beef» definiti nell’allegato II e originari dei paesi e territori di cui all’articolo 1, paragrafo 1 corrispondono al 20 % del dazio ad valorem e al 20 % del dazio specifico previsti dalla tariffa doganale comune, entro i limiti di un contingente tariffario annuo di 11 475 tonnellate, espresso in peso carcasse. Il volume dei contingenti tariffari annui di 11 475 tonnellate viene ripartito tra i paesi e territori beneficiari nel modo seguente: a) 1 500 tonnellate (peso carcasse) di prodotti di «baby-beef» originari della Bosnia-Erzegovina; b) 9 175 tonnellate (peso carcasse) di prodotti di «babybeef» originari dei territori doganali della Serbia o del Kosovo. Le concessioni tariffarie non si applicano alle importazioni nella Comunità dei prodotti di «baby-beef» definiti nell’allegato II e originari dell’Albania. Tutte le domande d’importazione nei limiti di questi contingenti sono corredate di un certificato di autenticità, rilasciato dalle autorità competenti del paese esportatore, in cui si attesta che la merce è originaria del paese o del territorio in questione e corrisponde alla definizione di cui all’allegato II del presente regolamento. Il certificato è redatto dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 195, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (6). 3. Alle importazioni di prodotti del settore dello zucchero di cui alle voci 1701 e 1702 della nomenclatura combinata originari della Bosnia-Erzegovina e dei territori doganali della Serbia o del Kosovo si applicano i seguenti contingenti tariffari annuali in esenzione di dazi: a) 12 000 tonnellate (peso netto) di prodotti dello zucchero originari della Bosnia-Erzegovina; b) 180 000 tonnellate (peso netto) di prodotti dello zucchero originari dei territori doganali della Serbia o del Kosovo. 4. In deroga ad altre disposizioni del presente regolamento, in particolare all’articolo 10, considerato il carattere particolarmente sensibile del mercato agricolo e di quello della pesca, se le importazioni di prodotti agricoli e alieutici causano gravi perturbazioni nei mercati della Comunità e nei relativi meccanismi regolatori, la Commissione può adottare le misure opportune secondo la procedura di cui all’articolo 8, paragrafo 2. Articolo 4 Applicazione dei contingenti tariffari ai prodotti di «baby beef» e allo zucchero Le modalità dettagliate di applicazione dei contingenti tariffari relativi ai prodotti di «baby-beef» sono stabilite dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 195, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1234/2007. Le modalità dettagliate di applicazione dei contingenti tariffari relativi ai prodotti dello zucchero di cui alle voci 1701 e 1702 della nomenclatura combinata sono stabilite dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 195, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio. Articolo 5 Gestione dei contingenti tariffari I contingenti tariffari di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del presente regolamento vengono gestiti dalla Commissione a norma degli articoli 308 bis, 308 ter e 308 quater del regolamento (CEE) n. 2454/93. Lo scambio di informazioni in materia tra gli Stati membri e la Commissione avviene, per quanto possibile, per via telematica. Articolo 6 Accesso ai contingenti tariffari Ciascuno Stato membro garantisce in permanenza agli importatori un accesso senza discriminazioni ai contingenti tariffari, fintantoché il saldo del volume contingentale corrispondente lo consente. Articolo 7 Delega di competenze La Commissione adotta, con la procedura di cui all’articolo 8, paragrafo 2, le disposizioni necessarie per l’applicazione del presente regolamento diverse da quelle di cui all’articolo 4, in particolare: a) le modifiche e gli adeguamenti tecnici richiesti da modifiche dei codici della nomenclatura combinata e delle suddivisioni TARIC; b) gli adeguamenti richiesti dalla conclusione di altri accordi tra la Comunità e i paesi e territori di cui all’articolo 1 del presente regolamento. Articolo 8 Comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del codice doganale istituito dall’articolo 247 bis del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (7) (il «comitato»). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il termine stabilito dall’articolo 4, paragrafo 3 della decisione 1999/468/CE è fissato a un mese. Articolo 9 Cooperazione Gli Stati membri e la Commissione collaborano strettamente per garantire l’osservanza del presente regolamento, in particolare delle disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 1. Articolo 10 Sospensione temporanea 1. Qualora constino alla Commissione elementi di prova sufficienti della sussistenza di frodi o della mancata collaborazione amministrativa necessaria per la verifica delle prove dell’origine, ovvero di un forte aumento delle esportazioni nella Comunità, superiore al livello della normale capacità di produzione e di esportazione o di un’inosservanza delle disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 1 del presente regolamento da parte dei paesi e territori di cui all’articolo 1, essa può adottare misure per sospendere integralmente o in parte i regimi previsti dal presente regolamento per un periodo di tre mesi, purché abbia preliminarmente: a) comunicato le proprie intenzioni al comitato; b) invitato gli Stati membri ad adottare i provvedimenti cautelari necessari per salvaguardare gli interessi finanziari della Comunità e/o i paesi e territori beneficiari a osservare l’articolo 2, paragrafo 1; c) pubblicato un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea per indicare che esistono dubbi fondati in merito alla corretta applicazione dei regimi preferenziali e/o all’osservanza dell’articolo 2, paragrafo 1 del presente regolamento da parte di un paese o territorio beneficiario, tali da rimettere in discussione il suo diritto di continuare a godere dei vantaggi concessi dal presente regolamento. 2. Uno Stato membro può deferire al Consiglio la decisione della Commissione entro un termine di dieci giorni. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può adottare una decisione diversa entro un termine di trenta giorni. 3. Al termine del periodo di sospensione, la Commissione può decidere di porre fine alla misura di sospensione provvisoria, previa consultazione del comitato, oppure di prorogare la misura di sospensione a norma del paragrafo 1. Articolo 11 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 2007/2000 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato IV. Articolo 12 Entrata in vigore e applicazione Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Esso si applica fino al 31 dicembre 2010. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009. Per il Consiglio Il presidente S. O. LITTORIN (1) GU L 240 del 23.9.2000, pag. 1. (2) Cfr. allegato III. (3) GU L 90 dell’8.4.2005, pag. 36. (4) GU L 253 dell’11.10.1993, pag. 1. (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (6) GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1. (7) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. ALLEGATO I CONTINGENTI TARIFFARI DI CUI ALL’ARTICOLO 3, PARAGRAFO 1 Fatte salve le regole d’interpretazione della nomenclatura combinata, il testo della designazione delle merci ha soltanto valore indicativo, in quanto il regime preferenziale è determinato, nel quadro del presente allegato, dall’applicazione dei codici NC. Quando davanti al codice NC figura «ex», il regime preferenziale è determinato dalla combinazione del codice NC e della designazione corrispondente. Numero d’ordine Codice NC Descrizione Volume del contingente per anno (1) Beneficiari Aliquota dei dazi 09.1571 0301 91 10 0301 91 90 0302 11 10 0302 11 20 0302 11 80 0303 21 10 0303 21 20 0303 21 80 0304 19 15 0304 19 17 ex 0304 19 19 ex 0304 19 91 0304 29 15 0304 29 17 ex 0304 29 19 ex 0304 99 21 ex 0305 10 00 ex 0305 30 90 0305 49 45 ex 0305 59 80 ex 0305 69 80 Trote (Salmo trutta, Oncorhynchus mykiss, Oncorhynchus clarki, Oncorhynchus aguabonita, Oncorhynchus gilae, Oncorhynchus apache et Oncorhynchus chrysogaster): vive, fresche o refrigerate; congelate; secche, salate o in salamoia, affumicate; filetti ed altra carne di pesci; farine, polveri e agglomerati in forma di pellets di pesci, atti all’alimentazione umana 50 tonnellate Bosnia-Erzegovina, territori doganali della Serbia o del Kosovo Esenzione 09.1573 0301 93 00 0302 69 11 0303 79 11 ex 0304 19 19 ex 0304 19 91 ex 0304 29 19 ex 0304 99 21 ex 0305 10 00 ex 0305 30 90 ex 0305 49 80 ex 0305 59 80 ex 0305 69 80 Carpe: vive; fresche o refrigerate; congelate; secche, salate o in salamoia, affumicate; filetti ed altra carne di pesci; farine, polveri e agglomerati in forma di pellets di pesci, atti all’alimentazione umana 110 tonnellate Bosnia-Erzegovina, territori doganali della Serbia o del Kosovo Esenzione 09.1575 ex 0301 99 80 0302 69 61 0303 79 71 ex 0304 19 39 ex 0304 19 99 ex 0304 29 99 ex 0304 99 99 ex 0305 10 00 ex 0305 30 90 ex 0305 49 80 ex 0305 59 80 ex 0305 69 80 Orate di mare delle specie Dentex dentex e Pagellus spp.: vive; fresche o refrigerate; congelate; secche, salate o in salamoia, affumicate; filetti ed altra carne di pesci; farine, polveri e agglomerati in forma di pellets di pesci, atti all’alimentazione umana 75 tonnellate Bosnia-Erzegovina, territori doganali della Serbia o del Kosovo Esenzione 09.1577 ex 0301 99 80 0302 69 94 ex 0303 77 00 ex 0304 19 39 ex 0304 19 99 ex 0304 29 99 ex 0304 99 99 ex 0305 10 00 ex 0305 30 90 ex 0305 49 80 ex 0305 59 80 ex 0305 69 80 Spigole (Dicentrarchus labrax): vive; fresche o refrigerate; congelate; secche, salate o in salamoia, affumicate; filetti ed altra carne di pesci; farine, polveri e agglomerati in forma di pellets di pesci, atti all’alimentazione umana 60 tonnellate Bosnia-Erzegovina, territori doganali della Serbia o del Kosovo Esenzione 09.1561 1604 16 00 1604 20 40 Preparazioni e conserve di acciughe 60 tonnellate Bosnia-Erzegovina, territori doganali della Serbia o del Kosovo 12,5 % 09.1515 ex 2204 21 79 ex 2204 21 80 ex 2204 21 84 ex 2204 21 85 2204 29 65 ex 2204 29 75 2204 29 83 ex 2204 29 84 Vini di uve fresche, con titolo alcolometrico effettivo inferiore a 15 % vol, diversi dai vini spumanti 129 000 hl (2) Albania (3), Bosnia-Erzegovina, Croazia (4), ex Repubblica iugoslava di Macedonia (5), Montenegro (6), territori doganali della Serbia o del Kosovo Esenzione (1) Un volume globale per contingente tariffario accessibile per le importazioni originarie dei paesi beneficiari. (2) Il volume di questo contingente tariffario globale sarà ridotto qualora venga aumentato il volume del contingente tariffario individuale applicato in forza dell’ordine nn. 09.1588 per taluni vini originari della Croazia. (3) L’accesso a questo contingente tariffario globale per i vini originari dell’Albania è subordinato al completo utilizzo, in precedenza, dei contingenti tariffari individuali previsti dal protocollo aggiuntivo sul vino concluso con l’Albania. Questi contingenti tariffari individuali sono aperti in forza degli ordini nn. 09.1512 e 09.1513. (4) L’accesso a questo contingente tariffario globale per i vini originari della Croazia è subordinato al completo utilizzo, in precedenza, dei contingenti tariffari individuali previsti dal protocollo aggiuntivo sul vino concluso con la Croazia. Questi contingenti tariffari individuali sono aperti in forza degli ordini nn. 09.1588 e 09.1589. (5) L’accesso a questo contingente tariffario globale per i vini originari dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia è subordinato al completo utilizzo, in precedenza, dei contingenti tariffari individuali previsti dal protocollo aggiuntivo sul vino concluso con l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Questi contingenti tariffari individuali sono aperti in forza degli ordini nn. 09.1558 e 09.1559. (6) L’accesso ai contingenti tariffari globali per i vini originari del Montenegro è subordinato al completo utilizzo, in precedenza, dei contingenti tariffari individuali previsti dal protocollo sul vino concluso con il Montenegro. Questo contingente tariffario individuale è aperto in forza dell’ordine 09.1514. ALLEGATO II Definizione dei prodotti di «baby-beef» di cui all’articolo 3, paragrafo 2 Fatte salve le regole per l’interpretazione della nomenclatura combinata, il testo della designazione delle merci ha soltanto valore indicativo in quanto il regime preferenziale è determinato, nel quadro del presente allegato, dall’applicazione dei codici NC. Quando davanti al codice NC figura «ex», il regime preferenziale è determinato dalla combinazione del codice NC e della designazione corrispondente. Codice NC Suddivisione TARIC Designazione delle merci Animali vivi della specie bovina: – altri: – – delle specie domestiche: – – – di peso superiore a 300 kg: – – – – Giovenche (bovini femmine che non hanno ancora figliato): ex 0102 90 51 – – – – – destinate alla macellazione: 10 – che non hanno ancora nessun dente permanente e il cui peso è uguale o superiore a 320 kg e inferiore o uguale a 470 kg (1) ex 0102 90 59 – – – – – altri: 11 21 31 91 – che non hanno ancora nessun dente permanente e il cui peso è uguale o superiore a 320 kg e inferiore o uguale a 470 kg (1) – – – – altri: ex 0102 90 71 – – – – – destinate alla macellazione: 10 – Tori e buoi che non hanno ancora nessun dente permanente e il cui peso è uguale o superiore a 350 kg ma inferiore o uguale a 500 kg (1) ex 0102 90 79 – – – – – altri: 21 91 – Tori e buoi che non hanno ancora nessun dente permanente e il cui peso è uguale o superiore a 350 kg ma inferiore o uguale a 500 kg (1) Carni di animali della specie bovina, fresche o refrigerate: ex 0201 10 00 – in carcasse o mezzene: 91 – Carcasse di peso uguale o superiore a 180 kg e inferiore o uguale a 300 kg e mezzene di peso uguale o superiore a 90 kg e inferiore o uguale a 150 kg, che presentano un moderato grado di ossificazione delle cartilagini (in particolare di quelle della sinfisi pubica e delle apofisi vertebrali), la cui carne è di colore rosa chiaro e il grasso, di struttura estremamente fine, è di colore da bianco a giallo chiaro (1) – altri pezzi non disossati: ex 0201 20 20 – – Quarti detti «compensati»: 91 – Quarti detti «compensati», di peso uguale o superiore a 90 kg e inferiore o uguale a 150 kg, che presentano un moderato grado di ossificazione delle cartilagini (in particolare di quelle della sinfisi pubica e delle apofisi vertebrali), la cui carne è di colore rosa chiaro e il grasso, di struttura estremamente fine, è di colore da bianco a giallo chiaro (1) ex 0201 20 30 – – Busti e quarti anteriori: 91 – Quarti anteriori separati, di peso uguale o superiore a 45 kg e inferiore o uguale a 75 kg, che presentano un moderato grado di ossificazione delle cartilagini (in particolare di quelle delle apofisi vertebrali), la cui carne è di colore rosa chiaro e il grasso, di struttura estremamente fine, è di colore da bianco a giallo chiaro (1) ex 0201 20 50 – – Selle e quarti posteriori: 91 – Quarti posteriori separati, di peso uguale o superiore a 45 kg e inferiore o uguale a 75 kg, e di peso uguale o superiore a 38 kg e inferiore o uguale a 68 kg quando si tratta del taglio detto «pistola», che presentano un moderato grado di ossificazione delle cartilagini (in particolare di quelle delle apofisi vertebrali), la cui carne è di colore rosa chiaro e il grasso, di struttura estremamente fine, è di colore da bianco a giallo chiaro (1) (1) L’ammissione in questa sottovoce è subordinata alle condizioni stabilite dalle disposizioni comunitarie in materia. ALLEGATO III Regolamento abrogato ed elenco delle modificazioni successive Regolamento (CE) n. 2007/2000 del Consiglio (GU L 240 del 23.9.2000, pag. 1). Regolamento (CE) n. 2563/2000 del Consiglio (GU L 295 del 23.11.2000, pag. 1). Regolamento (CE) n. 2487/2001 della Commissione (GU L 335 del 19.12.2001, pag. 9). Regolamento (CE) n. 607/2003 della Commissione (GU L 86 del 3.4.2003, pag. 18). unicamente l’articolo 1 Regolamento (CE) n. 374/2005 del Consiglio (GU L 59 del 5.3.2005, pag. 1). Regolamento (CE) n. 1282/2005 della Commissione (GU L 203 del 4.8.2005, pag. 6). Regolamento (CE) n. 1946/2005 del Consiglio (GU L 312 del 29.11.2005, pag. 1). Regolamento (CE) n. 530/2007 del Consiglio (GU L 125 del 15.5.2007, pag. 1). Regolamento (CE) n. 407/2008 della Commissione (GU L 122 dell’8.5.2008, pag. 7). ALLEGATO IV Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 2007/2000 Presente regolamento Articolo 1, paragrafo 1 Articolo 1, paragrafo 1 Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 3 Articolo 1, paragrafo 3 Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 3, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 2, primo comma Articolo 3, paragrafo 2, primo comma Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, lettera a) Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera a) Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, lettera d) Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera b) Articolo 4, paragrafo 2, terzo e quarto comma Articolo 3, paragrafo 2, terzo e quarto comma Articolo 4, paragrafo 3 Articolo 3, paragrafo 4 Articolo 4, paragrafo 4 Articolo 3, paragrafo 3 Articolo 6 Articolo 4 Articolo 7 Articolo 5 Articolo 8 Articolo 6 Articolo 9 Articolo 7 Articolo 10 Articolo 8 Articolo 11 Articolo 9 Articolo 12 Articolo 10 Articolo 13 — Articolo 14 — Articolo 15 — Articolo 16 — — Articolo 11 Articolo 17 Articolo 12 Allegato I Allegato I Allegato II Allegato II — Allegato III — Allegato IV
Misure commerciali eccezionali applicabili ai paesi e territori che partecipano o sono legati al processo di stabilizzazione e di associazione dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? I paesi dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo *, Montenegro, Macedonia settentrionale e Serbia) beneficiano di misure commerciali eccezionali per le loro importazioni nell’UE. Tali paesi e territori fanno parte del processo di stabilizzazione e di associazione. In base agli accordi bilaterali conclusi con i Balcani occidentali, quasi tutti i prodotti provenienti da tali paesi e territori hanno già accesso illimitato al mercato UE in esenzione dai dazi. Il regolamento prevede ulteriori preferenze commerciali per alcuni prodotti agricoli (frutta, verdura e vino) originari della regione. Le misure originariamente applicate fino al 31 dicembre 2010 sono state prorogate fino al 31 dicembre 2020 dal regolamento (UE) 2015/2423, che modifica il regolamento (CE) n. 1215/2009. Preferenze commerciali Prodotti originari dei Balcani occidentali e trattati nei capitoli 7 e 8 della nomenclatura combinata * dell’UE (frutta e verdura) possono essere importati nell’UE in esenzione dai dazi doganali * e dagli oneri di effetto equivalente e senza restrizioni quantitative * né misure di effetto equivalente. Le preferenze eccezionali comprendono anche una quota globale di vino di 30 000 ettolitri che può essere utilizzata da ciascun paese o territorio dopo l’esaurimento della quota nazionale nel quadro del suo accordo bilaterale concluso con l’UE. Condizioni di ammissione L’ammissione al beneficio delle misure preferenziali da parte dei paesi e dei territori è subordinata alle seguenti condizioni:osservanza della definizione di prodotti originari ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del codice doganale comunitario — pertanto i prodotti devono essere interamente fabbricati o essere stati sufficientemente trasformati nel paese o territorio; impegno a non applicare nuovi dazi né nuove restrizioni sui prodotti importati dall’UE; lotta contro la frode mediante la cooperazione amministrativa con l’UE; non intraprendere violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani, inclusi i diritti fondamentali del lavoro, e rispettare i principi della democrazia e dello stato di diritto. I beneficiari devono anche impegnarsi ad avviare riforme economiche efficaci e una cooperazione regionale con gli altri paesi che fanno parte del processo di stabilizzazione e di associazione, in particolare attraverso la creazione di una zona di libero scambio regionale. La Commissione europea può proporre che le preferenze commerciali siano sospese in tutto o in parte se un paese o territorio non rispetta i suoi obblighi. Il regolamento (UE) n. 1308/2013 stabilisce le procedure per l’applicazione dei contingenti tariffari * ai prodotti agricoli. Attualmente, il sistema si applica al vino di uve fresche volume inferiore al 15 %, ad eccezione del vino spumante per il quale esiste un’esenzione in relazione a una quota di 30 000 ettolitri divisa tra i vari paesi e territori dei Balcani occidentali. La quota di questo contingente per paese è stabilita nei protocolli sul vino firmati con ciascuno di essi quando hanno firmato i rispettivi accordi di stabilizzazione e di associazione con l’UE. La Commissione può adottare misure protettive se le importazioni di prodotti agricoli causano gravi perturbazioni nei mercati interni dell’UE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal lunedì 4 gennaio 2010. Il regolamento (CE) n. 1215/2009 codifica e sostituisce il regolamento (CE) n. 2007/2000 (e successive modifiche). CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Maggiore impegno dell’UE con i Balcani occidentali (Commissione europea). PUNTI CHIAVE Nomenclatura combinata: un modo per classificare le merci per determinare quale aliquota del dazio doganale si applica e come le merci sono trattate a fini statistici o per altre politiche dell’UE. Dazi doganali: dazio che altera il prezzo di un prodotto importato, a prescindere dalla denominazione o dalla tecnica, e che ha l’effetto di restringere la libera circolazione delle merci. Restrizione quantitativa: qualsiasi regolamentazione commerciale che può avere l’effetto di limitare l’importazione di merci in termini di quantità o di valore (ad esempio, quote sulle importazioni). Contingente tariffario: misura commerciale che consente l’eliminazione totale o parziale dei dazi normalmente pagati sulle merci importate, per un periodo o per un volume limitato. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1215/2009 del Consiglio del 30 novembre 2009 recante misure commerciali eccezionali applicabili ai paesi e territori che partecipano o sono legati al processo di stabilizzazione e di associazione dell’Unione europea (versione codificata) (GU L 328 del 15.12.2009, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1215/2009 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento delegato (UE) 2017/1464 della Commissione del 2 giugno 2017 che modifica il regolamento (CE) n. 1215/2009 del Consiglio per quanto riguarda le concessioni commerciali accordate al Kosovo * in seguito all’entrata in vigore dell’accordo di stabilizzazione e di associazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da un lato, e il Kosovo, dall’altro (GU L 209 del 12.8.2017, pag. 1). Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (rifusione) (GU L 269 del 10.10.2013, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica e alla tariffa doganale comune (GU L 256 del 7.9.1987, pag. 1). Si veda la versione consolidata. *Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione UNSCR 1244/1999 e con il parere della Corte internazionale di giustizia sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
11,941
102
32010D0283
false
DECISIONE N. 283/2010/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 marzo 2010 che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l'occupazione e l'inclusione sociale IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 3, vista la proposta della Commissione europea, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3), considerando quanto segue: (1) Il 7 aprile 2000, la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo «Agire a livello locale in materia di occupazione — Dare una dimensione locale alla strategia europea per l'occupazione». (2) La comunicazione della Commissione del 13 novembre 2007 dal titolo «Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione» ha identificato quattro aree d’azione prioritarie: migliorare l’ambiente giuridico e istituzionale negli Stati membri, cambiare il clima in modo che risulti più favorevole all’occupazione e all'imprenditorialità, promuovere le migliori prassi e aumentare il capitale delle istituzioni di microfinanza. Come prima misura di attuazione di questo programma la Commissione e la Banca europea per gli investimenti (BEI) hanno creato nel 2008 l'azione comune di sostegno agli istituti di microfinanza in Europa (Jasmine — Joint Action to Support Micro-finance Institutions in Europe) che fornisce servizi di orientamento agli istituti di microfinanza non bancari e un sistema di finanziamento, per un importo totale pari a 20 milioni di EUR stanziati dalla BEI. (3) La comunicazione della Commissione del 24 maggio 2006 dal titolo «Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti — Contributo dell'Unione alla realizzazione dell'agenda per il lavoro dignitoso nel mondo» ha illustrato l'importanza di un lavoro dignitoso per tutti, così come la risoluzione del Parlamento europeo del 23 maggio 2007 sulla promozione di un lavoro dignitoso per tutti (4). (4) La dichiarazione dei leader rilasciata a margine del vertice del G20 tenutosi a Pittsburgh il 24 e 25 settembre 2009 prevede l'impegno a migliorare l'accesso dei poveri ai servizi finanziari, ad esempio attraverso microfinanziamenti. I leader si sono altresì impegnati a istituire un gruppo internazionale di esperti in integrazione finanziaria che individuerà quanto appreso in materia di approcci innovativi alla fornitura di servizi finanziari ai poveri, promuoverà validi orientamenti normativi e strategici ed elaborerà disposizioni in materia di accesso ai finanziamenti, alfabetizzazione finanziaria e tutela dei consumatori. (5) Nella sua risoluzione del 24 marzo 2009 contenente raccomandazioni alla Commissione sull'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione, il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a rafforzare il proprio impegno per sviluppare il microcredito a sostegno di crescita e occupazione. Inoltre, il Parlamento europeo ha approvato 4 milioni di EUR aggiuntivi a favore di un'azione pilota da attuarsi nel contesto dell'iniziativa Jasmine. Il Parlamento europeo ha inoltre sollecitato la Commissione a cofinanziare progetti di microcredito, in particolare a beneficio di gruppi svantaggiati. (6) Gli attuali impegni dell'Unione e degli Stati membri devono essere rafforzati al fine di portare in tempi ragionevoli l'accessibilità e la disponibilità di microfinanziamenti a un livello sufficiente, in modo da rispondere all'elevata domanda di chi in questo periodo di crisi ne ha più bisogno, ovvero coloro che hanno perso il lavoro, coloro che rischiano di perdere il lavoro o che incontrano difficoltà a entrare o a rientrare nel mercato del lavoro, nonché coloro che sono a rischio di esclusione sociale o le persone più vulnerabili che si trovano in una posizione svantaggiata rispetto all'accesso al mercato del credito convenzionale e che desiderano avviare o sviluppare ulteriormente la loro microimpresa, compresa un'attività autonoma, promuovendo attivamente le pari opportunità per le donne e gli uomini. (7) La comunicazione della Commissione del 3 giugno 2009 dal titolo «Un impegno comune per l'occupazione» ha evidenziato l'esigenza di offrire una nuova possibilità alle persone disoccupate e di aprire la strada dell'imprenditorialità ad alcuni dei gruppi più svantaggiati in Europa che hanno difficoltà ad accedere al mercato del credito di tipo convenzionale. Oltre agli strumenti esistenti, è necessaria un'azione specifica per rafforzare ulteriormente la coesione economica e sociale mediante il potenziamento delle attività intraprese dalla BEI, il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) e altre istituzioni finanziarie internazionali, fatte salve le attività degli Stati membri. La Commissione ha di conseguenza proposto un nuovo strumento di microfinanza a livello dell'Unione («lo strumento di microfinanza») al fine di ampliare il raggio d'azione della microfinanza a gruppi particolarmente a rischio e di sostenere ulteriormente lo sviluppo dell'imprenditorialità, l'economia sociale e le microimprese. Affinché lo strumento di microfinanza sia efficace, abbia un impatto durevole nel tempo, raggiunga i beneficiari potenziali e si configuri come un elemento dinamico di politica economica e di sviluppo locale, gli Stati membri possono istituire un punto di contatto nazionale per promuovere, coordinare, valutare e monitorare l'insieme delle azioni effettuate nell'ambito dello strumento di microfinanza nei loro rispettivi territori. (8) Una parte sempre più cospicua dei microfinanziamenti a favore di soggetti che si trovano in una posizione svantaggiata rispetto all'accesso al mercato del credito convenzionale nell'Unione europea è fornito da istituti non commerciali di microfinanza, da cooperative di credito e da banche che praticano la responsabilità sociale d’impresa. Lo strumento di microfinanza dovrebbe favorire tali fornitori, i quali integrano il mercato bancario di tipo commerciale, aumentando la disponibilità di microfinanziamenti al fine di soddisfare l’attuale domanda. (9) In molti casi, i fornitori di microfinanziamenti nell'Unione europea sono banche commerciali, che dovrebbero diventare partner importanti dello strumento di microfinanza, per ristabilire la fiducia nel mercato del credito e con un'attenzione particolare ai clienti senza affidabilità creditizia. (10) Gli organismi pubblici e privati che forniscono microfinanziamenti a norma della presente decisione dovrebbero rispettare i principi del prestito responsabile, evitando in particolare l'indebitamento eccessivo delle persone e delle imprese. (11) Oltre alla difficoltà di accesso ai finanziamenti, l'esclusione sociale e le insicurezze legate alla transizione dallo stato di disoccupazione o dalla percezione di sussidi sociali a quello dell'avviamento di un'attività autonoma sono tra i principali ostacoli alla creazione e allo sviluppo di una microimpresa. Lo strumento europeo di microfinanza può contribuire a sostenere le organizzazioni dell'economia sociale che assistono e accompagnano le persone escluse nel processo di reintegrazione sociale aiutandole a sviluppare le competenze minime necessarie per impegnarsi in un progetto imprenditoriale duraturo. (12) L'utilizzo di risorse dell'Unione è adeguato e risponde alla summenzionata risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2009. Inoltre, uno strumento di microfinanza a livello dell'Unione massimizzerà il sostegno offerto dalle istituzioni finanziarie internazionali ed eviterà un approccio dispersivo, aumentando di conseguenza la disponibilità di microfinanziamenti in tutti gli Stati membri. Al fine di trarre beneficio dall'esperienza delle istituzioni finanziarie internazionali, in particolare della BEI e del FEI, lo strumento di microfinanza dovrebbe essere istituito in base al principio della gestione congiunta. (13) Le azioni finanziate dallo strumento di microfinanza dovrebbero essere coerenti e compatibili con le altre politiche dell'Unione e conformi alle disposizioni del trattato e degli atti adottati in virtù di esso. Le attività dello strumento di microfinanza dovrebbero essere complementari agli altri interventi dell'Unione, tra cui il programma quadro per la competitività e l'innovazione (CIP), Jasmine, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), le risorse europee congiunte per le micro, le piccole e le medie imprese (Jeremie — Joint European resources for Micro to Medium Entreprises Initiative) e il Fondo sociale europeo (FSE). (14) Ai fini della presente decisione, il termine «microfinanza» dovrebbe includere le garanzie, il microcredito, il capitale azionario e quasi azionario concessi a persone e microimprese rientranti nell'ambito di applicazione della presente decisione, laddove per «microcredito» si intendono prestiti inferiori a 25 000 EUR. La raccomandazione della Commissione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (5), definisce «microimpresa» un'impresa che occupa meno di dieci persone, comprese le attività a titolo individuale, e il cui fatturato annuo e/o totale di bilancio non supera i 2 milioni di EUR. Tale definizione dovrebbe considerarsi adeguata ai fini della presente decisione. (15) Ai fini della presente decisione e conformemente alle disposizioni nazionali, per «microimpresa dell'economia sociale» si dovrebbe intendere una microimpresa che produce beni e servizi aventi una chiara finalità sociale o che presta servizi ai membri della comunità a fini non lucrativi. (16) È opportuno che l'attuazione dello strumento di microfinanza avvenga mediante un'idonea gamma di interventi, tra cui la condivisione del rischio, le garanzie, gli strumenti rappresentativi di capitale e i titoli di debito che le istituzioni finanziarie internazionali mettono a disposizione ai fornitori di microfinanza. Ai fini di una sua maggiore efficacia, lo strumento di microfinanza dovrebbe essere coordinato ed attuato coerentemente con gli strumenti finanziari europei e nazionali e le istituzioni finanziarie nazionali, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Istituzione È istituito uno strumento europeo di microfinanza per l'occupazione e l'inclusione sociale, denominato «Strumento europeo Progress di microfinanza» («lo strumento di microfinanza»). Articolo 2 Obiettivo 1. Lo strumento di microfinanza fornisce risorse dell'Unione volte ad aumentare l'accesso e la sua disponibilità per: a) coloro che hanno perso o rischiano di perdere il lavoro o che incontrano difficoltà a entrare o a rientrare nel mercato del lavoro, così come coloro che rischiano l’esclusione sociale o le persone vulnerabili che si trovano in una posizione svantaggiata per l'accesso al mercato del credito convenzionale e che desiderano avviare o sviluppare ulteriormente una microimpresa in proprio, compresa un'attività autonoma; b) le microimprese, in particolare quelle dell'economia sociale, così come le microimprese che occupano soggetti di cui alla lettera a). 2. Lo strumento di microfinanza fornisce risorse dell'Unione per l'accesso alla microfinanza e promuove attivamente le pari opportunità tra donne e uomini. Articolo 3 Bilancio 1. Il contributo finanziario del bilancio dell'Unione allo strumento di microfinanza per il periodo dal 1o gennaio 2010 al 31 dicembre 2013 è pari a 100 milioni di EUR. 2. Gli stanziamenti annuali sono stabiliti durante la procedura di bilancio annuale, se necessario anche applicando il punto 37 dell'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (6) o utilizzando altri strumenti previsti da tale accordo. 3. La dotazione finanziaria totale per le misure di sostegno di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera d), non supera l'1 % della dotazione finanziaria dello strumento di microfinanza stabilita al paragrafo 1 del presente articolo. 4. Il contributo finanziario copre l'intero costo dello strumento di microfinanza, comprese le spese di gestione per le istituzioni finanziarie internazionali di cui all'articolo 5, paragrafo 2, che gestiscono il contributo dell'Unione e qualsiasi altra spesa ammissibile. Articolo 4 Interventi ammissibili e beneficiari 1. Lo strumento di microfinanza è attuato utilizzando i seguenti tipi di azioni, a seconda dei casi: a) garanzie e strumenti di condivisione del rischio; b) strumenti rappresentativi di capitale; c) titoli di debito; d) misure di sostegno, quali attività di comunicazione, monitoraggio, controllo, audit e valutazione, direttamente necessarie per l'efficiente e efficace attuazione della presente decisione e per il conseguimento dei suoi obiettivi. 2. Lo strumento di microfinanza è aperto a organismi pubblici e privati stabiliti negli Stati membri, a livello nazionale, regionale e locale, che forniscono microfinanziamenti a persone e microimprese negli Stati membri. 3. Al fine di raggiungere i beneficiari finali e di creare microimprese competitive e sostenibili, gli organismi pubblici e privati di cui al paragrafo 2 cooperano strettamente con le organizzazioni che rappresentano gli interessi dei beneficiari finali del microcredito e con le organizzazioni, in particolare quelle sostenute dal FSE, che offrono programmi di tutoraggio e di formazione a detti beneficiari finali. Articolo 5 Gestione 1. La Commissione gestisce lo strumento di microfinanza in conformità del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (7). 2. Ai fini dell'attuazione delle azioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1, ad eccezione delle misure di sostegno indicate all'articolo 4, paragrafo 1, lettera d), la Commissione conclude accordi con istituzioni finanziarie internazionali, in particolare con la BEI e il FEI, a norma dell'articolo 53 quinquies del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 e dell'articolo 43 del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d'esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (8). Tali accordi contengono disposizioni dettagliate per l'attuazione dei compiti affidati a dette istituzioni finanziarie, comprese le disposizioni che specificano la necessità di garantire l'addizionalità e il coordinamento rispetto agli esistenti strumenti finanziari europei e nazionali, nonché di promuovere una copertura globale ed equilibrata tra gli Stati membri. 3. Ai fini della realizzazione dell'obiettivo di cui all'articolo 2 e dell'attuazione delle azioni previste dall'articolo 4, gli accordi di cui al paragrafo 2 del presente articolo contemplano altresì l'obbligo da parte delle istituzioni finanziarie internazionali di reinvestire le risorse e i proventi, compresi i dividendi e i rimborsi, nelle azioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b) o c), per un periodo di sei anni dopo la data di avvio dello strumento di microfinanza. 4. Allo scadere dello strumento di microfinanza, il saldo residuo dovuto all'Unione europea è restituito al bilancio generale dell'Unione europea. 5. Le istituzioni finanziarie internazionali di cui al paragrafo 2 del presente articolo concludono accordi scritti con gli istituti di microfinanza pubblici e privati di cui all'articolo 4, paragrafo 2, esplicitando il loro obbligo di utilizzare le risorse rese disponibili dallo strumento di microfinanza conformemente agli obiettivi fissati dall'articolo 2 e di fornire informazioni utili per la stesura delle relazioni annuali di cui all'articolo 8, paragrafo 1. 6. La dotazione finanziaria totale per i provvedimenti di sostegno di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera d), è gestita dalla Commissione. Articolo 6 Conformità Le azioni finanziate dallo strumento di microfinanza sono conformi alle disposizioni del trattato e degli atti adottati in virtù di esso. Articolo 7 Tutela degli interessi finanziari dell'Unione 1. In sede di attuazione delle azioni finanziate in virtù della presente decisione, la Commissione assicura la tutela degli interessi finanziari dell'Unione mediante l’applicazione di misure di prevenzione contro le frodi, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita, attraverso controlli effettivi e il recupero delle somme indebitamente corrisposte e, nel caso in cui siano riscontrate irregolarità, mediante l’applicazione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, secondo quanto disposto dal regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (9), dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (10), e dal regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (11). 2. Per le azioni dell'Unione finanziate in base alla presente decisione, l'OLAF ha il potere di svolgere indagini in base al regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 e al regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96, che si applicano a qualsiasi violazione di una delle disposizioni del diritto dell'Unione, compreso l'inadempimento di un'obbligazione contrattuale assunta in base allo strumento di microfinanza e risultante da un atto o da un'omissione di un operatore economico, che ha o avrebbe l'effetto di pregiudicare il bilancio generale dell'Unione europea o un bilancio da essa gestito, con una voce di spesa ingiustificata. 3. Tutte le misure di attuazione risultanti dalla presente decisione includono un riferimento ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo e prevedono, in particolare, la supervisione e il controllo finanziario da parte della Commissione o di rappresentanti autorizzati dalla Commissione stessa, e di audit della Corte dei conti europea, se necessario effettuati anche in loco. Articolo 8 Relazione annuale 1. Le istituzioni finanziarie internazionali di cui all'articolo 5, paragrafo 2, trasmettono alla Commissione relazioni annuali di esecuzione che indicano le attività sostenute in termini di attuazione finanziaria, distribuzione e accessibilità dei fondi in base a settore e tipo di beneficiari, le domande accolte o respinte, i contratti stipulati, le azioni sostenute e i risultati. 2. Entro l’8 aprile 2011 e successivamente ogni anno, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione quantitativa e qualitativa sulle attività intraprese ai sensi della presente decisione nel corso dell'anno precedente. La relazione annuale si basa sulle relazioni di esecuzione di cui al paragrafo 1. La relazione contiene in particolare informazioni relative alle domande accolte o respinte, ai contratti stipulati, alle azioni finanziate, al numero complessivo e alla tipologia di beneficiari nonché alla distribuzione geografica e per settore degli importi. La relazione annuale contiene inoltre informazioni sull'impatto e la sostenibilità dello strumento di microfinanza espressi in termini di numero complessivo di persone ancora occupate e microimprese ancora in attività alla fine del periodo di sostegno fornito loro dallo strumento di microfinanza. Infine, la relazione annuale comprende informazioni sulla complementarità con altri interventi dell'Unione, segnatamente nell'ambito del FSE. 3. Dopo la presentazione della terza relazione annuale e sulla base di una proposta della Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio possono riesaminare la presente decisione. 4. La relazione annuale di cui al paragrafo 2 è trasmessa, a titolo di informazione, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. 5. Sulla base della relazione annuale di cui al paragrafo 2 del presente articolo, la Commissione si adopera per garantire che lo strumento di microfinanza soddisfi l'obiettivo di cui all'articolo 2 e sia accessibile in tutta l'Unione europea a coloro che sono a rischio di esclusione sociale o che incontrano difficoltà ad accedere al mercato del credito convenzionale. Articolo 9 Valutazione 1. La Commissione effettua valutazioni intermedie e finali di propria iniziativa e in stretta collaborazione con le istituzioni finanziarie internazionali di cui all'articolo 5, paragrafo 2. La valutazione intermedia è completata quattro anni dopo la data d'avvio dello strumento di microfinanza e la valutazione finale al massimo un anno dopo il termine dei mandati conferiti alle istituzioni finanziarie internazionali di cui all'articolo 5, paragrafo 2. La valutazione finale giudica, in particolare, in che misura lo strumento di microfinanza nel suo complesso abbia realizzato i suoi obiettivi. 2. I risultati della valutazione sono trasmessi, a titolo di informazione, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Articolo 10 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 25 marzo 2010. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio Il presidente D. LÓPEZ GARRIDO (1) GU C 318 del 23.12.2009, pag. 80. (2) Parere espresso il 7 ottobre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale). (3) Posizione del Parlamento europeo del 15 dicembre 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'8 marzo 2010. (4) GU C 102 E del 24.4.2008, pag. 321. (5) GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36. (6) GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1. (7) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. (8) GU L 357 del 31.12.2002, pag. 1. (9) GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1. (10) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2. (11) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1.
Programmi che incoraggiano lo sviluppo della microfinanza nell’UE QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DEL REGOLAMENTO? La decisione n. 283/2010/UE istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l’occupazione e l’inclusione sociale. Il regolamento (UE) n. 1296/2013 istituisce un programma dell’Unione europea per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI) che mira a:consentire crescita e occupazione sostenibili e a lungo termine;ridurre le divergenze tra i paesi dell’Unione; econtribuire a ridurre le disuguaglianze sociali. Il regolamento modifica inoltre la decisione n. 283/2010/UE che richiede che il saldo dovuto all’Unione allo scadere dello strumento sia messo a disposizione della microfinanza* e a sostegno delle imprese sociali*. PUNTI CHIAVE In base alla decisione, lo strumento, che disponeva di un bilancio di 100 milioni di euro per quattro anni (2010-2013), era stato creato rendere più accessibile la microfinanza ai seguenti gruppi:i disoccupati, le persone che rischiano di perdere il lavoro, le persone inattive, le persone che rischiano l’esclusione sociale e le persone vulnerabili che intendono creare o espandere la propria microimpresa*; le microimprese, in particolare quelle con dipendenti appartenenti alle categorie elencate sopra.Per il periodo 2014-2020, in base al regolamento (UE) n. 1296/2013 questa iniziativa è stata inclusa nell’asse microfinanza e imprenditoria sociale del programma dell’Unione EaSI che ha ripreso lo strumento europeo Progress di microfinanza. Il regolamento (EU, EURATOM) 2018/1046 sulle regole finanziarie relative al bilancio dell’Unione ha aggiornato le percentuali indicative applicabili in media sull’intero periodo del programma ai tre assi*. Di conseguenza, almeno il 18 % della dotazione finanziaria deve essere destinata alla microfinanza e all’imprenditoria sociale. EaSi, oltre a permettere alla popolazione e alle imprese un più facile accesso alla microfinanza, è volto a:potenziare la capacità istituzionale degli operatori del microcredito; facilitare l’accesso ai finanziamenti alle imprese sociali il cui fatturato annuo o bilancio annuo totale non è superiore ai 30 milioni di euro, mettendo a disposizione equity, quasi-equity, strumenti di prestito e sovvenzioni fino a 500 000 euro.A condizione che garantiscano la microfinanza a persone e microimprese o finanziamenti alle imprese sociali, gli assi relativi alla microfinanza e all’imprenditoria sociale sono accessibili a organismi pubblici e privati stabiliti nei paesi dell’UE, in Islanda, Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Turchia. Il sostegno dell’Unione avviene principalmente attraverso gli strumenti finanziari previsti dal regolamento finanziario dell’UE [regolamento (UE) 2018/1046] che, tra l’altro, modifica il regolamento (UE) n. 1296/2013 e aggiorna e semplifica le norme applicabili al bilancio generale dell’Unione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E IL REGOLAMENTO? La decisione è in vigore dall’8 aprile 2010 Il regolamento è in vigore dal 21 dicembre 2013. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Programma dell’UE per l’occupazione e l’innovazione sociale (Commissione europea). Programma dell’UE per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI) (Commissione europea). Sostegno dell’UE alla microfinanza (Commissione europea) TERMINI CHIAVE Microfinanza: prestiti dell’importo massimo di 25 000 euro emessi principalmente a favore di piccole imprese e imprenditoria sociale. Impresa sociale: operatore dell’economia sociale il cui obiettivo primario è la realizzazione di un impatto sociale e non finalità lucrative per i proprietari o gli azionisti. Microimpresa: impresa con meno di 10 dipendenti e un fatturato (la quantità di denaro ricavato in un periodo specifico) o bilancio (il prospetto delle attività e delle passività di una società) annuo inferiore ai 2 milioni di euro. Assi: Il programma EaSi si articola su tre assi. Essi sostengono:la modernizzazione delle politiche sociali e del lavoro (l’asse Progress);la mobilità professionale (l’asse EURES);l’accesso a microfinanziamenti e l’imprenditoria sociale (l’asse microfinanziamenti e imprenditoria sociale). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione n. 283/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 marzo 2010, che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l’occupazione e l’inclusione sociale (GU L 87 del 7.4.2010, pag. 1). Le successive modifiche alla decisione n. 283/2010/UE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE) n. 1296/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo a un programma dell’Unione europea per l’occupazione e l’innovazione sociale («EaSI») e recante modifica della decisione n. 283/2010/UE che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l’occupazione e l’inclusione sociale (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 238). Si veda la versione consolidata. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1).
8,802
172
32018D1961
false
DECISIONE (UE) 2018/1961 DELLA COMMISSIONE dell'11 dicembre 2018 che stabilisce le norme interne per la comunicazione di informazioni alle persone interessate e la limitazione di alcuni dei loro diritti nell'ambito del trattamento di dati personali ai fini delle attività di audit interno LA COMMISSIONE, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 249, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) A norma del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (1), ciascuna istituzione dell'Unione deve creare una funzione di audit interno che è esercitata nel rispetto delle pertinenti norme internazionali. A livello della Commissione, le attività di audit interno sono svolte dal servizio di audit interno («il servizio») istituito l'11 aprile 2000. Il servizio svolge attività di audit interno anche presso le agenzie decentrate dell'Unione e altri organismi autonomi che ricevono contributi dal bilancio dell'Unione. (2) Il servizio svolge le attività di audit interno in conformità degli articoli da 117 a 123 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 e della sua carta delle funzioni (2). A tale riguardo, il servizio gode di totale indipendenza e può accedere integralmente e senza limiti a qualsiasi informazione necessaria per lo svolgimento delle sue attività di audit interno in relazione a tutte le attività e a tutti i servizi dell'istituzione dell'Unione interessata. (3) Il servizio fornisce consulenza ad altri servizi della Commissione, alle agenzie esecutive, alle agenzie decentrate dell'Unione e ad altri organismi autonomi che ricevono contributi dal bilancio dell'Unione su come affrontare i rischi, vale a dire qualsiasi evento o questione che potrebbe comportare conseguenze negative per il conseguimento dell'obiettivo politico, strategico e operativo della Commissione, esprimendo pareri indipendenti sulla qualità dei sistemi di gestione e di controllo e formulando raccomandazioni mirate a migliorare le condizioni di esecuzione delle operazioni e a promuovere una sana gestione finanziaria, in conformità degli articoli da 117 a 123 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. Di norma, quindi, le attività di audit interno del servizio non riguardano le persone fisiche in quanto tali. Tuttavia, nel corso delle sue attività il servizio tratta inevitabilmente dati personali ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (3). Le attività di audit interno del servizio consistono nel verificare l'adeguatezza e l'efficacia dei sistemi di gestione interna, nonché le prestazioni dei servizi per quanto riguarda la realizzazione delle politiche, dei programmi e delle azioni, e nel valutare l'efficienza e l'efficacia dei sistemi di controllo e di audit interni relativi a ciascuna operazione di esecuzione del bilancio. Esse contribuiscono pertanto a salvaguardare importanti interessi economici e finanziari dell'Unione e degli Stati membri. Il servizio è titolare dei trattamenti di dati che svolge conformemente all'articolo 118 e all'articolo 119, paragrafo 2, del regolamento finanziario. (4) Le attività di audit interno svolte presso la Commissione e le sue agenzie esecutive, le agenzie decentrate dell'Unione e altri organismi autonomi hanno forme e contenuti diversi, che vanno dagli incarichi di assurance (comprese le valutazioni dei rischi) e di consulenza ai riesami di portata limitata e agli incarichi di follow-up. (5) In conformità della sua carta delle funzioni aggiornata il 21 novembre 2018 (C(2018)7707), il Comitato di controllo degli audit è un organo consultivo (4) che assiste la Commissione nell'adempimento dei suoi obblighi derivanti dai trattati e da altri atti legislativi [regolamento (UE, Euratom) 2018/1046] assicurando l'indipendenza del servizio di audit interno, monitorando la qualità dell'attività di audit interno e garantendo che le raccomandazioni in materia di audit interno ed esterno siano prese adeguatamente in considerazione dai servizi della Commissione e ricevano un seguito appropriato. In tal modo, il Comitato contribuisce a migliorare ulteriormente l'efficienza e l'efficacia generali della Commissione nel conseguimento dei suoi obiettivi e agevola la verifica della governance, della gestione dei rischi e delle prassi di controllo interno della Commissione da parte del Collegio. Il Comitato è titolare dei trattamenti di dati che svolge conformemente all'articolo 123 del regolamento finanziario. (6) Ai fini delle sue attività a norma dell'articolo 118 e dell'articolo 119, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, la Commissione tratta, sia di propria iniziativa che sulla base di osservazioni ricevute, i dati personali acquisiti o ricevuti da persone giuridiche, persone fisiche, Stati membri e organismi e organizzazioni internazionali. Nel corso di tali attività di audit interno, il servizio può altresì trattare i dati personali acquisiti o ricevuti da fonti accessibili al pubblico, oppure provenienti da fonti anonime o da fonti identificate che richiedono la protezione della loro identità. (7) La Commissione può, a sua volta, scambiare dati personali con le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione, con le autorità competenti degli Stati membri e, nell'ambito dei suoi accordi internazionali o di cooperazione pertinenti, con paesi terzi e organizzazioni internazionali. (8) Le attività di trattamento di dati personali ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2018/1725 effettuate nel corso di un'attività di audit interno possono aver luogo anche prima che la Commissione avvii formalmente l'attività, continuare durante il suo svolgimento e proseguire anche dopo la sua chiusura formale (ad esempio, per monitorare l'attuazione delle raccomandazioni, valutare la necessità di avviare nuove attività di audit interno, ecc.). (9) Le categorie di dati personali trattate dalla Commissione sono, ad esempio, i dati identificativi, i recapiti, i dati professionali e quelli relativi o ricollegati all'oggetto dell'attività. Queste categorie di dati personali sono conservate in un ambiente elettronico sicuro per impedire la consultazione o il trasferimento illeciti di dati a persone che non hanno necessità di sapere. I dati personali sono conservati per un periodo massimo di dieci anni. Al termine di tale periodo, le informazioni relative all'attività di audit interno, compresi i dati personali, sono trasferite negli archivi storici della Commissione (5) o distrutte. (10) Nello svolgimento delle attività di audit interno, la Commissione è tenuta a rispettare i diritti delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali riconosciuti dall'articolo 8, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dall'articolo 16, paragrafo 1, del trattato, nonché i diritti previsti dal regolamento (UE) 2018/1725. Al tempo stesso, la Commissione deve rispettare le rigorose regole di riservatezza previste dalle norme internazionali in materia di audit interno, in conformità dell'articolo 117 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. (11) In determinate circostanze, è necessario conciliare i diritti degli interessati a norma del regolamento (UE) 2018/1725 con le esigenze delle attività di audit interno e la riservatezza dello scambio di informazioni con le persone fisiche e giuridiche, nonché con il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali degli altri interessati. A tal fine, l'articolo 25, paragrafo 1, lettere c), g) e h, del regolamento (UE) 2018/1725 offre al servizio la possibilità di limitare l'applicazione degli articoli da 14 a 17 e degli articoli 19, 20 e 35, nonché del principio di trasparenza sancito dall'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), nella misura in cui le sue disposizioni corrispondano ai diritti e agli obblighi di cui agli articoli da 14 a 17 e agli articoli 19, 20 e 35 di tale regolamento. (12) Per garantire l'efficacia delle attività di audit interno nel rispetto del livello di protezione dei dati personali a norma del regolamento (UE) 2018/1725, che ha sostituito il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), occorre adottare norme interne secondo le quali la Commissione può limitare i diritti degli interessati conformemente all'articolo 25, paragrafo 1, lettere c), g) e h), del regolamento (UE) 2018/1725. (13) Le norme interne dovrebbero coprire tutti i trattamenti di dati effettuati dalla Commissione nello svolgimento delle sue attività di audit interno, sia di propria iniziativa che sulla base di osservazioni ricevute, ogniqualvolta l'esercizio dei diritti degli interessati possa compromettere lo svolgimento delle attività di audit interno. Esse dovrebbero applicarsi ai trattamenti eseguiti prima dell'avvio formale di un incarico, nel corso dell'incarico e durante il monitoraggio del seguito dato al suo esito. (14) Al fine di ottemperare agli articoli 14, 15 e 16 del regolamento (UE) 2018/1725, la Commissione dovrebbe informare, in modo trasparente e coerente, tutte le persone interessate in merito alle proprie attività che comportano il trattamento dei loro dati personali e ai loro diritti mediante un'informativa sulla protezione dei dati pubblicata sul proprio sito web. Se del caso, la Commissione dovrebbe predisporre garanzie supplementari per far sì che gli interessati siano informati singolarmente nel formato più adatto. (15) In conformità dell'articolo 25 del regolamento (UE) 2018/1725, la Commissione può anche limitare la comunicazione di informazioni agli interessati e l'esercizio di altri diritti degli interessati al fine di tutelare le proprie attività di audit interno, gli audit effettuati dalle autorità pubbliche degli Stati membri, gli strumenti e i metodi di audit, nonché i diritti di altre persone connesse con le sue attività di audit interno. (16) Inoltre, per mantenere una cooperazione efficace può essere necessario che la Commissione limiti l'applicazione dei diritti degli interessati al fine di proteggere le operazioni di trattamento dei suoi servizi, di altre istituzioni, organi e organismi dell'Unione, delle autorità degli Stati membri, delle organizzazioni internazionali e del Comitato di controllo degli audit. A tal fine, la Commissione dovrebbe consultare tali servizi, istituzioni, organi, organismi, autorità e organizzazioni, come pure il Comitato di controllo degli audit, riguardo ai motivi pertinenti nonché alla necessità e alla proporzionalità delle limitazioni. (17) Potrebbe inoltre essere necessario che la Commissione limiti la comunicazione di informazioni agli interessati e l'applicazione di altri diritti degli interessati in relazione ai dati personali ricevuti da paesi terzi o da organizzazioni internazionali, al fine di cooperare con tali paesi o organizzazioni e tutelare pertanto un obiettivo importante di interesse pubblico generale dell'Unione. Tuttavia, in determinate circostanze, gli interessi o i diritti fondamentali dell'interessato possono prevalere sull'interesse della cooperazione internazionale. (18) La Commissione dovrebbe gestire tutte le limitazioni in modo trasparente e registrare ogni applicazione delle limitazioni nel corrispondente sistema di registrazione. (19) A norma dell'articolo 25, paragrafo 8, del regolamento (UE) 2018/1725, i titolari del trattamento possono rinviare, omettere o rifiutare la comunicazione all'interessato di informazioni relative ai motivi dell'applicazione di una limitazione qualora ciò comprometta in qualsiasi modo la finalità di tale limitazione. Ciò vale, in particolare, per le limitazioni dei diritti di cui agli articoli 16 e 35 del regolamento (UE) 2018/1725. (20) Qualora sia applicata una limitazione di altri diritti degli interessati, il titolare del trattamento presso il servizio di audit interno dovrebbe valutare caso per caso se la comunicazione della limitazione ne comprometterebbe la finalità. (21) Il responsabile della protezione dei dati della Commissione europea dovrebbe effettuare un riesame indipendente dell'applicazione delle limitazioni al fine di garantire l'osservanza della presente decisione. (22) Il regolamento (UE) 2018/1725 sostituisce il regolamento (CE) n. 45/2001, senza alcun periodo transitorio, a decorrere dalla propria entrata in vigore. Il regolamento (CE) n. 45/2001 ha previsto la possibilità di applicare limitazioni a determinati diritti. Per evitare di compromettere la legittimità delle attività di audit interno, la presente decisione dovrebbe applicarsi a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento (UE) 2018/1725. (23) Il Garante europeo della protezione dei dati ha espresso un parere il 27 novembre 2018, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. La presente decisione stabilisce le norme che la Commissione deve rispettare per informare gli interessati del trattamento dei loro dati conformemente agli articoli 14, 15 e 16 del regolamento (UE) 2018/1725, nell'ambito delle sue attività di audit interno a norma degli articoli da 117 a 123 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. Essa stabilisce inoltre le condizioni alle quali la Commissione può limitare l'applicazione degli articoli 4, da 14 a 17, 19, 20 e 35 del regolamento (UE) 2018/1725, conformemente all'articolo 25, paragrafo 1, lettere c), g) e h), di tale regolamento. 2. La presente decisione si applica al trattamento di dati personali da parte della Commissione ai fini delle attività o in relazione alle attività da essa svolte per assolvere alle proprie funzioni di cui all'articolo 118 e all'articolo 119, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. 3. La presente decisione si applica al trattamento di dati personali all'interno della Commissione, nella misura in cui essa tratti dati personali contenuti nelle informazioni che è tenuta a trattare ai fini delle attività di cui al presente articolo o in relazione ad esse. Articolo 2 Eccezioni e limitazioni applicabili 1. Qualora eserciti le proprie funzioni in relazione ai diritti degli interessati a norma del regolamento (UE) 2018/1725, la Commissione valuta se si applichi una delle eccezioni stabilite in detto regolamento. 2. Fatti salvi gli articoli da 3 a 7 della presente decisione, la Commissione può limitare l'applicazione degli articoli da 14 a 17, 19, 20 e 35 del regolamento (UE) 2018/1725, nonché del principio di trasparenza sancito dall'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento, nella misura in cui le sue disposizioni corrispondano ai diritti e agli obblighi di cui agli articoli da 14 a 17, 19, 20 e 35 del medesimo regolamento, qualora l'esercizio di tali diritti e obblighi metta a repentaglio la finalità delle sue attività a norma dell'articolo 118 e dell'articolo 119, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, rivelando ad esempio i suoi strumenti e metodi di audit, o leda i diritti e le libertà di altri interessati. 3. Fatti salvi gli articoli da 3 a 7, la Commissione può limitare i diritti e gli obblighi di cui al paragrafo 2 del presente articolo in relazione ai dati personali ottenuti da altre istituzioni ed altri organi e organismi dell'Unione, dalle autorità competenti degli Stati membri o di paesi terzi o da organizzazioni internazionali, nelle seguenti circostanze: a) quando l'esercizio di tali diritti e obblighi potrebbe essere limitato da altre istituzioni, organi e organismi dell'Unione sulla base di altri atti di cui all'articolo 25 del regolamento (UE) 2018/1725 o in conformità del capo IX di detto regolamento oppure del regolamento (UE) 2016/794 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) o del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio (8); b) quando l'esercizio di tali diritti e obblighi potrebbe essere limitato dalle autorità competenti degli Stati membri sulla base degli atti di cui all'articolo 23 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (9), o a norma delle misure nazionali di recepimento dell'articolo 13, paragrafo 3, dell'articolo 15, paragrafo 3, o dell'articolo 16, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio (10); c) quando l'esercizio di tali diritti e obblighi potrebbe compromettere la cooperazione tra la Commissione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali nello svolgimento delle attività di audit interno. Prima di applicare limitazioni nelle circostanze di cui al primo comma, lettere a) e b), la Commissione consulta le istituzioni, gli organi e gli organismi competenti dell'Unione o le autorità competenti degli Stati membri, a meno che non sia chiaro alla Commissione che l'applicazione di una limitazione è prevista da uno degli atti di cui alle lettere in questione o che questa consultazione comprometterebbe la finalità delle sue attività a norma dell'articolo 118 e dell'articolo 119, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. La lettera c) del primo comma non si applica qualora sull'interesse della Commissione a cooperare con paesi terzi od organizzazioni internazionali prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali degli interessati. 4. I paragrafi 1, 2 e 3 non pregiudicano l'applicazione di altre decisioni della Commissione che stabiliscono norme interne relative alla comunicazione di informazioni agli interessati e alla limitazione di determinati diritti a norma dell'articolo 25 del regolamento (UE) 2018/1725 e dell'articolo 23 del regolamento interno della Commissione. Articolo 3 Comunicazione di informazioni agli interessati La Commissione pubblica sul suo sito web informative sulla protezione dei dati con le quali rende note a tutti gli interessati le proprie attività che comportano il trattamento dei loro dati personali ai fini delle sue attività a norma dell'articolo 118 e dell'articolo 119, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. Se del caso, la Commissione provvede a informare singolarmente gli interessati nel formato più adatto. Se limita, integralmente o in parte, la comunicazione delle informazioni agli interessati i cui dati sono trattati ai fini delle sue attività a norma dell'articolo 118 e dell'articolo 119, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, la Commissione registra i motivi della limitazione e conserva la registrazione in un registro conformemente all'articolo 6. Articolo 4 Diritto di accesso degli interessati, diritto alla cancellazione e diritto di limitazione del trattamento 1. Se limita, integralmente o in parte, il diritto di accesso ai dati personali degli interessati, il diritto alla cancellazione o il diritto di limitazione del trattamento di cui, rispettivamente, agli articoli 17, 19 e 20 del regolamento (UE) 2018/1725, la Commissione informa l'interessato, nella sua risposta alla richiesta di accesso, cancellazione o limitazione del trattamento, della limitazione applicata e dei suoi principali motivi, nonché della possibilità di proporre reclamo al Garante europeo della protezione dei dati o ricorso giurisdizionale dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea. 2. La comunicazione di informazioni sui motivi della limitazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo può essere rinviata, omessa o rifiutata fintanto che rischia di compromettere la finalità della limitazione stessa. 3. La Commissione registra i motivi della limitazione in conformità dell'articolo 6 della presente decisione. 4. Qualora il diritto di accesso sia limitato, integralmente o in parte, l'interessato esercita il suo diritto di accesso tramite il Garante europeo della protezione dei dati, in conformità dell'articolo 25, paragrafi 6, 7 e 8, del regolamento (UE) 2018/1725. Articolo 5 Comunicazione delle violazioni dei dati personali agli interessati Allorché limita la comunicazione all'interessato di una violazione dei dati personali di cui all'articolo 35 del regolamento (UE) 2018/1725, la Commissione registra i motivi della limitazione e conserva la registrazione in un registro conformemente all'articolo 6 della presente decisione. Articolo 6 Registrazione delle limitazioni La Commissione registra i motivi di qualsiasi limitazione applicata a norma della presente decisione, compresa una valutazione della relativa necessità e proporzionalità, tenendo conto degli elementi pertinenti di cui all'articolo 25, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2018/1725. A tal fine, la registrazione indica in quale modo l'esercizio del diritto comprometterebbe la finalità delle attività svolte dalla Commissione a norma dell'articolo 118 e dell'articolo 119, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 o delle limitazioni applicate a norma dell'articolo 2, paragrafo 2 o 3, oppure lederebbe i diritti e le libertà di altri interessati. Detta registrazione e, se del caso, i documenti contenenti gli elementi di fatto e di diritto che ne costituiscono la base sono conservati in un registro. Su richiesta, essi sono messi a disposizione del Garante europeo della protezione dei dati. Articolo 7 Durata delle limitazioni 1. Le limitazioni di cui agli articoli 3, 4 e 5 della presente decisione continuano ad applicarsi finché permangono i motivi che le giustificano. 2. Qualora i motivi di una limitazione di cui agli articoli 3 o 5 della presente decisione non siano più applicabili, la Commissione revoca la limitazione e comunica all'interessato i principali motivi della limitazione. Nel contempo la Commissione informa l'interessato in merito alla possibilità di proporre in qualsiasi momento reclamo al Garante europeo della protezione dei dati o un ricorso giurisdizionale dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea. 3. La Commissione riesamina l'applicazione della limitazione di cui agli articoli 3 e 5 della presente decisione ogni sei mesi dalla sua adozione nonché prima e dopo la chiusura dell'attività di audit interno pertinente. Successivamente la Commissione valuterà su base annuale la necessità di mantenere eventuali limitazioni/rinvii. Articolo 8 Riesame da parte del responsabile della protezione dei dati della Commissione europea Il responsabile della protezione dei dati della Commissione europea viene informato senza indebito ritardo ogniqualvolta i diritti degli interessati siano limitati in conformità della presente decisione. Al responsabile della protezione dei dati viene garantito, su richiesta, l'accesso al registro e a tutti i documenti contenenti i relativi elementi di fatto e di diritto. Il responsabile della protezione dei dati può chiedere un riesame delle limitazioni. Il responsabile della protezione dei dati è informato per iscritto dell'esito del riesame richiesto. Articolo 9 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Essa si applica a decorrere dall'11 dicembre 2018. Fatto a Bruxelles, l'11 dicembre 2018 Per la Commissione Il presidente Jean-Claude JUNCKER (1) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). (2) C(2017) 4435 final. (3) Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39). (4) Istituito nell'ottobre 2000, SEC(2000)1808/3. (5) La conservazione dei fascicoli presso la Commissione è disciplinata dall'elenco comune di conservazione, un documento normativo (la cui ultima versione è il SEC (2012) 713) in forma di lista in cui sono fissati i periodi di conservazione per i diversi tipi di documenti della Commissione. (6) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1). (7) Regolamento (UE) 2016/794 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2016, che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol) e sostituisce e abroga le decisioni del Consiglio 2009/371/GAI, 2009/934/GAI, 2009/935/GAI, 2009/936/GAI e 2009/968/GAI (GU L 135 del 24.5.2016, pag. 53). (8) Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). (9) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). (10) Direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 89).
Limitazione di determinati diritti degli interessati — norme interne della Commissione QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI? Esse stabiliscono norme interne in base alle quali la Commissione europea può limitare i diritti delle persone fisiche, che esercitano ai sensi del regolamento (UE) 2018/1725. Le norme interne si applicano al trattamento dei dati personali all’interno di campi specifici e per scopi specifici. PUNTI CHIAVE Dati personali: tutte le informazioni concernenti una persona fisica identificata o identificabile (l’«interessato»). Una persona fisica è identificabile se può essere identificata, direttamente o indirettamente, in particolare facendo riferimento a un identificatore (ad esempio un nome, un numero di identificazione, dati di posizione o un identificatore online) o a uno o più fattori relativi all’identità fisica, fisiologica, genetica, mentale, economica, culturale o sociale di tale persona fisica. Il nuovo quadro giuridico dell’UE sulla protezione e la libera circolazione dei dati personali comprende in particolare:il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), che stabilisce i diritti delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali, le tutela in relazione al trattamento dei dati personali all’interno degli Stati membri e alla libera circolazione di tali dati; Il regolamento (UE) 2018/1725 sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati. Questi regolamenti sono considerati equivalenti e devono essere interpretati come un unico regolamento. L’articolo 25 del regolamento (UE) 2018/1725 prevede la possibilità che, in taluni casi, le istituzioni e gli organi dell’UE possano limitare i diritti dei singoli, a condizione che tali limitazioni siano stabilite dalla legislazione dell’UE. In linea con quanto sopra, la Commissione ha adottato sette decisioni della Commissione che forniscono le basi per possibili limitazioni volte a salvaguardare importanti obiettivi di interesse pubblico generale dell’UE. Sulla base di tali decisioni, e attenendosi a una valutazione caso per caso sulla necessità e sulla proporzionalità delle limitazioni, la Commissione europea decide se i diritti di un individuo debbano essere limitati in un caso specifico. I seguenti diritti delle persone fisiche possono essere soggetti a limitazioni:il diritto all’informazione su:il trattamento dei loro dati personali,le violazioni dei loro dati personali che possono generare rischi elevati per i diritti e le libertà degli interessati; il diritto ad accedere ai propri dati personali, alla loro cancellazione o a limitare il trattamento dei propri dati personali. Le sette decisioni della Commissione seguono tutte un formato simile, in cui sono inclusi tutti o alcuni di questi elementi:Oggetto e finalità I requisiti per una valutazione caso per caso di ciascuna richiesta da parte di un soggetto interessato. Eccezioni e limitazioni applicabili Prima di applicare una limitazione, la Commissione valuta se si applichi una delle eccezioni ai diritti dei soggetti interessati, come stabilito nel regolamento (UE) 2018/1725. Comunicazione di informazioni agli interessati La Commissione pubblica sul suo sito web informative sulla protezione dei dati con le quali rende note a tutti gli interessati le proprie attività che comportano il trattamento dei loro dati nell’area interessata. La Commissione provvede a informare singolarmente, nel formato più adatto, qualsiasi persona individualmente interessata da un’inchiesta o da una misura condotta in uno dei settori pertinenti. Diritto di accesso degli interessati, diritto alla cancellazione e diritto di limitazione del trattamento Se limita l’accesso ai dati personali degli interessati, il diritto alla cancellazione e/o il diritto di limitazione del trattamento, la Commissione informa l’interessato della limitazione applicata e dei suoi principali motivi, nonché della possibilità di proporre reclamo al Garante europeo della protezione dei dati o ricorso giurisdizionale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Registrazione delle limitazioni La Commissione registra i motivi di un’eventuale limitazione applicata, compresa una valutazione della sua necessità e proporzionalità. Durata delle limitazioni Le limitazioni continuano ad applicarsi finché i motivi che le giustificano restano applicabili. Riesame da parte del responsabile della protezione dei dati della Commissione europea Il responsabile della protezione dei dati è informato, senza indebito ritardo, ogniqualvolta i diritti degli interessati sono limitati. Su richiesta, al responsabile della protezione dei dati viene garantito l’accesso alle registrazioni e a tutti i documenti contenenti i relativi elementi di fatto e di diritto. Il responsabile della protezione dei dati può chiedere un riesame delle limitazioni. Il responsabile della protezione dei dati è informato per iscritto in merito all’esito del riesame richiesto. Le sette decisioni della Commissione riguardano le limitazioni degli interessati nelle seguenti aree:Sicurezza interna delle istituzioni dell’Unione Si applica al trattamento dei dati personali per garantire la sicurezza delle persone, delle risorse e delle informazioni nella Commissione. La Commissione deve informare individualmente le persone interessate e i testimoni oggetto di un’indagine di sicurezza riguardo al trattamento dei loro dati personali. La Commissione deve inoltre informare individualmente le persone i cui dati sono trattati nel contesto delle misure di sicurezza adottate ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 5 della decisione (UE, Euratom) 2015/443. Inoltre, deve informare individualmente le persone i cui dati vengono trattati nel contesto di perquisizioni di locali della Commissione e di sistemi e attrezzature di informazione e comunicazione. Indagini amministrative, procedimenti predisciplinari e disciplinari e procedimenti di sospensione. I diritti e gli obblighi previsti dal regolamento (UE) 2018/1725 possono essere limitati se pregiudicano le finalità di indagini amministrative, procedure pre-disciplinari, disciplinari e di sospensione o se ledono i diritti e le libertà di altri interessati. Dati medici personali La Commissione può limitare, caso per caso, il diritto degli interessati di accedere direttamente ai dati medici personali a carattere psichiatrico o psicologico che li riguardano, laddove l’accesso a tali dati potrebbe rappresentare un rischio per la salute dell’interessato. Tale limitazione deve essere proporzionata a quanto strettamente necessario per proteggere l’interessato. Inchieste di difesa commerciale e di politica commerciale I diritti e gli obblighi previsti dal regolamento (UE) 2018/1725 possono essere limitati se pregiudicano lo scopo delle attività della Commissione in materia di politica commerciale e di difesa commerciale oppure se ledono i diritti e le libertà di altri interessati. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) Si applica al trattamento dei dati personali da parte dell’OLAF (nonché al trattamento di dati personali da parte dei servizi della Commissione e delle agenzie esecutive che devono essere trasmessi all’OLAF) al fine di svolgere i suoi compiti; l’Ufficio europeo per la lotta antifrode svolge le proprie indagini in piena indipendenza dalla Commissione; l’Ufficio valuta se si applichi una delle eccezioni ai diritti degli interessati; le comunicazioni che informano gli interessati in merito alle proprie attività che comportano il trattamento dei loro dati personali vengono pubblicate sul sito web dell’OLAF; il responsabile della protezione dei dati di OLAF riesamina le limitazioni dei diritti degli interessati. Attività di audit interno I diritti e gli obblighi di cui al regolamento (UE) 2018/1725 possono essere limitati nell’ambito delle operazioni di trattamento effettuate dalla Commissione nello svolgimento delle proprie attività di audit interno, ogniqualvolta l’esercizio dei diritti degli interessati possa compromettere lo svolgimento delle attività di revisione interna, anche rivelando i suoi strumenti e metodi di audit o pregiudichi i diritti e le libertà di altri soggetti interessati. Inoltre, potrebbe essere necessario che la Commissione limiti l’applicazione dei diritti degli interessati al fine di proteggere le operazioni di trattamento dei servizi della Commissione o di altre istituzioni, organi, uffici e agenzie dell’Unione o delle autorità e organizzazioni internazionali degli Stati membri, nonché dal comitato di controllo dell’audit. La Commissione informa gli interessati delle sue attività di audit interno che comportano il trattamento dei loro dati personali e dei loro diritti mediante un avviso di protezione dei dati pubblicato sul sito web della Commissione. Se del caso, la Commissione garantisce che i soggetti interessati verranno informati individualmente, in una modalità appropriata. Concorrenza I diritti e gli obblighi previsti dal regolamento (UE) 2018/1725 possono essere limitati se compromettono le finalità delle attività di indagine e applicazione, anche rivelando i suoi strumenti e metodi investigativi, o pregiudicando i diritti e le libertà di altre persone interessate. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI? Le decisioni (UE) 2018/1927, (UE) 2018/1961, (UE) 2018/1962, (UE) 2018/1996 e (UE) 2019/154 vengono applicate dall’11 dicembre 2018. La decisione (UE) 2019/165 è in vigore dal 7 febbraio 2019. La decisione (UE) 2019/236 è in vigore dall’11 febbraio 2019. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:• Riforma 2018 delle norme UE sulla protezione dei dati (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2018/1927 della Commissione, del 5 dicembre 2018, recante norme interne relative al trattamento dei dati personali da parte della Commissione europea nel settore della concorrenza in relazione alla comunicazione di informazioni agli interessati e alla limitazione di determinati diritti (GU L 313 del 10.12.2018, pag. 39). Decisione (UE) 2018/1961 della Commissione, dell’11 dicembre 2018, che stabilisce le norme interne per la comunicazione di informazioni alle persone interessate e la limitazione di alcuni dei loro diritti nell’ambito del trattamento di dati personali ai fini delle attività di audit interno (GU L 315 del 12.12.2018, pag. 35). Decisione (UE) 2018/1962 della Commissione, dell’11 dicembre 2018, che stabilisce le norme interne per il trattamento dei dati personali da parte dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) in relazione alla comunicazione di informazioni alle persone interessate e alla limitazione di alcuni dei loro diritti in conformità dell’articolo 25 del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 315 del 12.12.2018, pag 41). Decisione (UE) 2018/1996 della Commissione, del 14 dicembre 2018, che stabilisce le norme interne relative alla comunicazione di informazioni agli interessati e alla limitazione di alcuni loro diritti nel contesto del trattamento di dati personali ai fini delle inchieste di difesa commerciale e di politica commerciale (GU L 320 del 17.12.2018, pag. 40). Decisione (UE) 2019/154 della Commissione, del 30 gennaio 2019, che stabilisce le norme interne relative alla limitazione del diritto di accesso degli interessati al loro fascicolo medico (GU L 27 del 31.1.2019, pag. 33). Decisione (UE) 2019/165 della Commissione, dell’1 febbraio 2019, che stabilisce norme interne per la comunicazione di informazioni agli interessati e la limitazione di alcuni dei loro diritti da parte della Commissione nell’ambito delle indagini amministrative, dei procedimenti predisciplinari e disciplinari e dei procedimenti di sospensione (GU L 32 del 4.2.2019, pag. 9). Decisione (UE) 2019/236 della Commissione, del 7 febbraio 2019, che stabilisce le norme interne per la comunicazione di informazioni agli interessati e la limitazione di alcuni dei loro diritti nell’ambito del trattamento di dati personali da parte della Commissione europea ai fini della sicurezza interna delle istituzioni dell’Unione (GU L 37 dell’8.2.2019, pag. 144). DOCUMENTI CORRELATI Applicabile per la Commissione europea: Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39). Decisione (UE, Euratom) 2017/46 della Commissione, del 10 gennaio 2017, sulla sicurezza dei sistemi di comunicazione e informazione della Commissione europea (GU L 6 dell’11.1.2017, pag. 40). Le successive modifiche alla decisione (UE, Euratom) 2017/46 sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Decisione (UE, Euratom) 2015/443 della Commissione, del 13 marzo 2015, sulla sicurezza nella Commissione (GU L 72 del 17.3.2015, pag. 41). Applicabile per gli Stati membri: Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche in materia di trattamento dei dati personali e alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 89). Consultare la versione consolidata.
12,874
150
32014R0654
false
REGOLAMENTO (UE) N. 654/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 relativo all'esercizio dei diritti dell'Unione per l'applicazione e il rispetto delle norme commerciali internazionali e recante modifica del regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio che stabilisce le procedure comunitarie nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l'esercizio dei diritti della Comunità nell'ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale del commercio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) L'Unione ha concluso una serie di accordi commerciali internazionali multilaterali, regionali e bilaterali che istituiscono diritti e obblighi nell'interesse reciproco delle parti. (2) È fondamentale che l'Unione sia in possesso di strumenti adeguati atti a garantire l'efficace esercizio dei diritti dell'Unione nell'ambito degli accordi commerciali internazionali, al fine di salvaguardare i suoi interessi economici. È il caso, in particolare, delle situazioni in cui paesi terzi adottano misure commerciali restrittive che riducono i vantaggi per gli operatori economici dell'Unione derivanti da accordi commerciali internazionali. L'Unione dovrebbe essere in grado di reagire rapidamente e in maniera flessibile nel contesto delle procedure e dei termini stabiliti dagli accordi commerciali internazionali che ha concluso. Sono pertanto necessarie norme che definiscano il quadro per l'esercizio dei diritti dell'Unione in alcune situazioni specifiche. (3) I meccanismi di risoluzione delle controversie predisposti dall'accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e da altri accordi commerciali internazionali, inclusi quelli a livello regionale o bilaterale, mirano a trovare una soluzione positiva ad eventuali controversie tra l'Unione e l'altra parte o le altre parti di tali accordi. L'Unione dovrebbe tuttavia essere in grado di sospendere concessioni o altri obblighi, in conformità di tali meccanismi di risoluzione delle controversie, quando altri percorsi volti a trovare una soluzione positiva ad una controversia si dimostrano inefficaci. L'intervento dell'Unione in tali casi dovrebbe essere finalizzato ad indurre il paese terzo interessato a conformarsi con le norme commerciali internazionali pertinenti, al fine di ripristinare una situazione di interesse reciproco. (4) A norma dell'accordo OMC sulle misure di salvaguardia, un membro dell'OMC che propone di applicare una misura di salvaguardia o che chiede una proroga di una misura di salvaguardia deve consentire di mantenere un livello sostanzialmente equivalente di concessioni e altri obblighi tra tale membro e i membri esportatori, che risulterebbero danneggiati da tale misura. Norme analoghe sono definite in altri accordi commerciali internazionali conclusi dall'Unione, compresi gli accordi regionali o bilaterali. L'Unione dovrebbe adottare misure di riequilibrio mediante la sospensione di concessioni o di altri obblighi nei casi in cui il paese terzo interessato non attui adeguamenti appropriati e proporzionati. L'intervento dell'Unione in questi casi dovrebbe essere finalizzato ad indurre i paesi terzi ad introdurre misure a favore del commercio, al fine di ripristinare una situazione di interesse reciproco. (5) L'articolo XXVIII dell'Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994 (GATT 1994) e la relativa intesa disciplinano la modifica o la revoca delle concessioni stabilite nelle tariffe doganali dei membri dell'OMC. I membri dell'OMC interessati da tali modifiche sono autorizzati, a certe condizioni, a revocare concessioni sostanzialmente equivalenti. L'Unione dovrebbe adottare misure di riequilibrio in tali casi, a meno che non siano concordati adeguamenti compensativi. L'intervento dell'Unione dovrebbe essere finalizzato ad indurre i paesi terzi ad implementare misure a favore del commercio. (6) L'Unione dovrebbe avere la possibilità di far rispettare i suoi diritti nel settore degli appalti pubblici quando un partner commerciale non rispetta i suoi impegni nel quadro dell'accordo OMC sugli appalti pubblici o di altri accordi commerciali internazionali. L'accordo OMC sugli appalti pubblici dispone che eventuali controversie nell'ambito di tale accordo non devono comportare la sospensione di concessioni o altri obblighi derivanti da qualsiasi altro accordo dell'OMC. L'azione dell'Unione dovrebbe essere finalizzata a garantire il mantenimento di un livello di concessioni sostanzialmente equivalente, quale previsto nei pertinenti accordi commerciali internazionali. (7) Gli Stati membri dovrebbero assicurare l'applicazione nei rispettivi territori delle misure di politica commerciale in materia di appalti pubblici nella maniera più consona alle proprie strutture e prassi amministrative, nel rispetto del diritto dell'Unione. (8) Le misure di politica commerciale adottate a norma del presente regolamento dovrebbero essere selezionate e concepite sulla base di criteri oggettivi, tra cui l'efficacia delle misure nell'indurre i paesi terzi a conformarsi alle norme commerciali internazionali, la loro capacità di fornire assistenza agli operatori economici nell'Unione colpiti da provvedimenti adottati da paesi terzi e l'obiettivo di ridurre al minimo gli effetti economici negativi sull'Unione, anche riguardo alle materie prime essenziali. (9) Il presente regolamento dovrebbe incentrarsi sulle misure per la cui creazione e applicazione l'Unione ha esperienza. La possibilità di estenderne l'ambito di applicazione al fine di prevedere l'adozione di misure nel settore dei diritti di proprietà intellettuale e di misure aggiuntive in materia di servizi dovrebbe essere valutata nel quadro del riesame sul funzionamento del presente regolamento, tenendo debitamente conto delle specificità di ciascun ambito. (10) Nell'assicurare il rispetto dei diritti dell'Unione, è opportuno determinare l'origine di una merce in conformità del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio (2). Al fine di assicurare il rispetto dei diritti dell'Unione in seguito alla risoluzione delle controversie nel settore degli appalti pubblici, l'origine di un servizio dovrebbe essere determinato in base all'origine della persona fisica o giuridica che lo fornisce. Gli enti appaltanti dovrebbero applicare normali precauzioni ed esercitare la dovuta diligenza nel valutare le informazioni e le garanzie fornite dagli offerenti riguardo all'origine di merci e servizi. (11) La Commissione dovrebbe riesaminare l'ambito di applicazione, il funzionamento e l'efficienza del presente regolamento, incluse eventuali misure nel settore dei diritti di proprietà intellettuale e misure aggiuntive in materia di servizi, entro tre anni dal primo caso che ne richiede l'applicazione o non oltre cinque anni dalla sua data di entrata in vigore, se precedente. La Commissione dovrebbe riferire sulla sua valutazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Il riesame può essere seguito da eventuali appropriate proposte legislative. (12) È importante assicurare una comunicazione e uno scambio di opinioni efficaci tra la Commissione, da una parte, e il Parlamento europeo e il Consiglio, dall'altra, in particolare su controversie nel quadro di accordi commerciali internazionali che possano portare all'adozione di misure ai sensi del presente regolamento. (13) Il regolamento del Consiglio (CE) n. 3286/94 del Consiglio (3) dovrebbe essere modificato per far riferimento al presente regolamento per quanto riguarda l'implementazione delle misure di politica commerciale. (14) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, è opportuno conferire alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate in conformità del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). (15) Alla luce della grande complessità insita nell'esame delle molteplici ripercussioni che le misure di politica commerciale adottate ai sensi del presente regolamento possono avere e al fine di offrire opportunità sufficienti per conseguire il più ampio sostegno possibile, la Commissione non dovrebbe adottare atti di esecuzione qualora il comitato di cui al presente regolamento non esprimesse eccezionalmente alcun parere sul progetto di atto di esecuzione presentato dalla Commissione. (16) Al fine di salvaguardare gli interessi dell'Unione, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili qualora lo richiedano imperativi motivi di urgenza, in casi debitamente giustificati in relazione alla necessità di adeguare le misure di politica commerciale al comportamento della terza parte interessata, (17) Il presente regolamento non pregiudica l'eventuale adozione di misure di politica commerciale sulla base di altri atti pertinenti dell'Unione diversi dal presente regolamento o delle disposizioni del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nel rispetto delle disposizioni applicabili, nell'ambito di accordi commerciali, sulla sospensione o la revoca di concessioni o altri obblighi, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce le norme e le procedure atte a garantire un esercizio efficace e tempestivo dei diritti dell'Unione di sospendere o revocare concessioni o altri obblighi previsti da accordi commerciali internazionali, con l'obiettivo di: a) reagire alle violazioni ad opera di paesi terzi delle norme commerciali internazionali che si ripercuotono sugli interessi dell'Unione, al fine di trovare una soluzione soddisfacente che ripristini i vantaggi per gli operatori economici dell'Unione; b) riequilibrare concessioni o altri obblighi nelle relazioni commerciali con paesi terzi, quando il regime accordato alle merci dell'Unione viene modificato in maniera tale da incidere sugli interessi dell'Unione. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: a) «paese»: qualsiasi Stato o territorio doganale a se stante; b) «concessioni o altri obblighi»: concessioni tariffarie o altri benefici che l'Unione si è impegnata ad applicare nei suoi scambi commerciali con paesi terzi in virtù di accordi commerciali internazionali di cui è firmataria; c) «livello di vanificazione o di pregiudizio»: la misura dell'impatto sui vantaggi per l'Unione derivanti da un accordo commerciale internazionale. Salvo quanto diversamente definito nell'accordo pertinente, tale impatto comprende qualsiasi effetto economico negativo derivante dalla misura di un paese terzo; d) «penalità obbligatoria applicabile sul prezzo»: obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti responsabili delle procedure degli appalti pubblici di aumentare, fatte salve talune eccezioni, il prezzo dei servizi e/o delle merci originari di alcuni paesi terzi offerti nelle procedure di appalto. Articolo 3 Ambito di applicazione Il presente regolamento si applica: a) a seguito della risoluzione di controversie commerciali nel quadro dell'intesa dell'OMC sulle regole e le procedure che governano la risoluzione delle controversie (intesa sulla risoluzione delle controversie dell'OMC), nel caso in cui l'Unione sia stata autorizzata a sospendere concessioni o altri obblighi derivanti dagli accordi multilaterali e plurilaterali rientranti nell'intesa sulla risoluzione delle controversie; b) a seguito della risoluzione di controversie commerciali nell'ambito di altri accordi commerciali internazionali, compresi gli accordi regionali o bilaterali, nel caso in cui l'Unione abbia la facoltà di sospendere concessioni o altri obblighi derivanti da tali accordi; c) per il riequilibrio delle concessioni o di altri obblighi, a cui può dare diritto l'applicazione di una misura di salvaguardia da parte di un paese terzo, a norma dell'articolo 8 dell'accordo OMC sulle misure di salvaguardia o delle disposizioni in materia di norme di salvaguardia inserite in altri accordi commerciali internazionali, inclusi quelli regionali o bilaterali; d) in caso di modifica di concessioni da parte di un membro dell'OMC a norma dell'articolo XXVIII del GATT 1994, se non sono stati concordati adeguamenti compensativi. Articolo 4 Esercizio dei diritti dell'Unione 1. Se è necessario intervenire al fine di salvaguardare gli interessi dell'Unione nei casi di cui all'articolo 3, la Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono le opportune misure di politica commerciale. Tali atti di esecuzione sono adottati conformemente alla procedura d'esame di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 2. Gli atti di esecuzione adottati a norma del paragrafo 1 soddisfano le seguenti condizioni: a) nel caso in cui concessioni o altri obblighi siano sospesi a seguito della risoluzione di una controversia commerciale, nel quadro dell'intesa sulla risoluzione delle controversie dell'OMC, il loro livello non supera il livello autorizzato dall'organo di risoluzione delle controversie dell'OMC; b) nel caso in cui concessioni o altri obblighi siano sospesi dopo la conclusione di una procedura di risoluzione internazionale delle controversie nel quadro di un altro accordo commerciale sul commercio, compresi gli accordi bilaterali o regionali, il loro livello non supera il livello di vanificazione o di pregiudizio come risultato della misura in questione del paese terzo secondo quanto stabilito dalla Commissione o mediante la procedura arbitrale, a seconda dei casi; c) in caso di riequilibrio di concessioni o di altri obblighi a norma di disposizioni sulle misure di salvaguardia negli accordi commerciali internazionali, l'intervento dell'Unione è sostanzialmente equivalente al livello delle concessioni o degli altri obblighi interessati dalla misura di salvaguardia, conformemente alle condizioni dell'accordo OMC sulle misure di salvaguardia o delle disposizioni in materia di misure di salvaguardia in altri accordi commerciali internazionali, compresi gli accordi regionali o bilaterali, a norma dei quali si applica la misura di salvaguardia; d) le concessioni revocate nell'ambito di scambi commerciali con un paese terzo a norma dell'articolo XXVIII del GATT 1994 e la relativa intesa (5) sono sostanzialmente equivalenti alle concessioni modificate o revocate da tale paese terzo, in conformità delle condizioni stabilite nell'articolo XXVIII del GATT 1994 e della relativa intesa. 3. Le misure di politica commerciale di cui al paragrafo 1 sono determinate in base ai seguenti criteri, alla luce delle informazioni disponibili e dell'interesse generale dell'Unione: a) efficacia delle misure nell'indurre i paesi terzi a conformarsi alle norme commerciali internazionali; b) capacità delle misure di fornire assistenza agli operatori economici nell'Unione colpiti da provvedimenti adottati da paesi terzi; c) disponibilità di fonti alternative di approvvigionamento delle merci o servizi interessati, al fine di evitare o ridurre al minimo eventuali effetti negativi sulle industrie a valle, sulle amministrazioni o enti appaltanti o sui consumatori finali all'interno dell'Unione; d) assenza di complessità e costi amministrativi sproporzionati nell'applicazione delle misure; e) eventuali criteri specifici che possono essere stabiliti nell'ambito di accordi commerciali internazionali in relazione ai casi di cui all'articolo 3. Articolo 5 Misure di politica commerciale 1. Fatti salvi eventuali accordi internazionali di cui l'Unione è firmataria, le misure di politica commerciale che possono essere poste in atto mediante atti di esecuzione ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, sono: a) la sospensione di concessioni tariffarie e l'istituzione di dazi doganali nuovi o maggiorati, incluso il ripristino di dazi doganali al livello della nazione più favorita o l'istituzione di dazi doganali superiori al livello della nazione più favorita, o l'introduzione di eventuali oneri aggiuntivi sulle importazioni o le esportazioni di merci; b) l'introduzione o l'aumento delle restrizioni quantitative sulle importazioni o esportazioni di merci, siano esse rese effettive mediante contingenti, licenze di importazione e di esportazione o altre misure; c) la sospensione di concessioni riguardo a merci, servizi o fornitori nel settore degli appalti pubblici, attraverso: i) l'esclusione dagli appalti pubblici dei fornitori di merci e servizi stabiliti nel paese terzo interessato e che operano a partire dallo stesso e/o delle offerte il cui valore globale è costituito per oltre il 50 % da merci o servizi originari del paese terzo interessato e/o ii) l'istituzione di una penalità obbligatoria applicabile sul prezzo per le offerte di fornitori di merci e servizi stabiliti nel paese terzo interessato e che operano a partire dallo stesso e/o per la parte dell'offerta costituita da merci o servizi originari del paese terzo interessato. 2. Le misure adottate ai sensi del paragrafo 1, lettera c): a) includono, in funzione delle caratteristiche delle merci o dei servizi interessati, soglie a partire dalle quali scatta l'esclusione e/o la penalità obbligatoria applicabile sul prezzo, tenendo conto delle disposizioni dell'accordo commerciale in questione e del livello di vanificazione o di pregiudizio; b) determinano i settori o le categorie di merci o servizi a cui si applicano, nonché le eccezioni applicabili; c) determinano le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori o le categorie di amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori, elencati dagli Stati membri, i cui appalti sono contemplati. Per fornire la base per tale determinazione, ciascuno Stato membro presenta un elenco delle amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori o le categorie di amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori appropriati. Le misure assicurano il conseguimento di un livello adeguato di sospensione di concessioni o altri obblighi e di un'equa ripartizione tra gli Stati membri. Articolo 6 Norme di origine 1. L'origine di una merce è determinata a norma del regolamento (CEE) n. 2913/92. 2. L'origine di un servizio è determinata sulla base dell'origine della persona fisica o giuridica che lo presta. Si ritiene che l'origine del prestatore del servizio sia: a) per le persone fisiche, il paese del quale la persona è cittadino o in cui gode del diritto di residenza permanente; b) per le persone giuridiche: i) se il servizio non è prestato mediante una presenza commerciale nell'Unione, il paese in cui la persona giuridica è costituita o altrimenti organizzata ai sensi della legislazione di tale paese e nel cui territorio la persona giuridica svolge un'attività commerciale sostanziale; ii) se il servizio è prestato mediante una presenza commerciale nell'Unione, lo Stato membro in cui la persona giuridica è stabilita e nel cui territorio svolge un'attività commerciale sostanziale tale da avere un legame diretto ed effettivo con l'economia di tale Stato membro. Ai fini del primo comma, lettera b), punto ii), se la persona giuridica che presta il servizio non svolge un'attività commerciale sostanziale tale da avere un legame diretto ed effettivo con l'economia dello Stato membro in cui ha sede, l'origine di tale persona giuridica si considera quella delle persone fisiche o giuridiche che la possiedono o controllano. La persona giuridica che presta il servizio è considerata «di proprietà» di persone di un determinato paese se più del 50 % del capitale proprio è di proprietà effettiva di persone di tale paese e «controllata» da persone di un determinato paese se tali persone hanno il potere di nominare la maggioranza dei suoi amministratori o comunque di dirigerne legalmente l'operato. Articolo 7 Sospensione, modifica e abrogazione delle misure 1. Quando, in seguito all'adozione di un atto di esecuzione a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, il paese terzo interessato accorda una compensazione adeguata e proporzionata all'Unione nei casi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), la Commissione può sospendere l'applicazione di tale atto di esecuzione per la durata del periodo di compensazione. La sospensione è deliberata secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 2. La Commissione abroga un atto di esecuzione adottato a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, in una delle seguenti circostanze: a) quando il paese terzo le cui misure sono risultate in violazione delle norme commerciali internazionali in una procedura di risoluzione delle controversie si rende conforme alle stesse, o se una soluzione reciprocamente soddisfacente è stata raggiunta in alternativa; b) in caso di riequilibrio di concessioni o altri obblighi in seguito all'adozione da parte di un paese terzo di una misura di salvaguardia, quando la misura di salvaguardia è revocata o alla sua scadenza, o quando il paese terzo interessato accorda una compensazione adeguata e proporzionata all'Unione successivamente all'adozione di un atto di esecuzione a norma dell'articolo 4, paragrafo 1; c) in caso di modifica di concessioni da parte di un membro dell'OMC a norma dell'articolo XXVIII del GATT 1994, quando il paese terzo interessato accorda una compensazione adeguata e proporzionata all'Unione successivamente all'adozione di un atto di esecuzione a norma dell'articolo 4, paragrafo 1. L'abrogazione di cui al primo comma è deliberata secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 3. Nel caso in cui sia necessario apportare modifiche alle misure di politica commerciale adottate a norma del presente regolamento, fatto salvo l'articolo 4, paragrafi 2 e 3, la Commissione può introdurre eventuali modifiche conformemente alla procedura d'esame di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 4. Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati relativi alla revoca o alla modifica della misura in questione del paese terzo, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili per la sospensione, la modifica o l'abrogazione di atti di esecuzione adottati a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, in conformità del presente articolo, secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 3. Articolo 8 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito a norma del regolamento (CE) n. 3286/94. Tale comitato è un comitato ai sensi dell'articolo 3 del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Qualora il comitato non esprima alcun parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l'articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011, in combinato disposto con l'articolo 5 del medesimo. Articolo 9 Raccolta di informazioni 1. La Commissione chiede informazioni e pareri relativi agli interessi economici dell'Unione per merci o servizi specifici o settori specifici, nell'applicazione del presente regolamento, mediante un avviso nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o altri mezzi di comunicazione pubblici adeguati, indicando il termine entro il quale il contributo deve essere trasmesso. La Commissione tiene conto dei contributi ricevuti. 2. Le informazioni ricevute a norma del presente regolamento sono utilizzate soltanto per lo scopo per il quale sono state richieste. 3. Né il Parlamento europeo, né il Consiglio, né la Commissione, né gli Stati membri o i loro funzionari divulgano le informazioni riservate ricevute a norma del presente regolamento, salvo autorizzazione espressa della parte che le ha fornite. 4. La parte che ha fornito le informazioni può chiedere che le informazioni siano trattate come riservate. In tal caso, la domanda è accompagnata da un riassunto di carattere non riservato, che presenta le informazioni in termini generali, oppure dall'indicazione dei motivi per i quali non è possibile riassumere le informazioni. 5. Quando una domanda intesa a ottenere un trattamento riservato non risulta giustificata e quando la parte che ha fornito le informazioni non vuole né pubblicarle, né autorizzarne la pubblicazione integrale o sotto forma di riassunto, è possibile che non si tenga conto di tali informazioni. 6. I paragrafi da 2 a 5 non ostano alla pubblicazione di informazioni generali da parte delle istituzioni dell'Unione e delle autorità degli Stati membri. Tale divulgazione deve tener conto del legittimo interesse delle parti interessate a che i loro segreti commerciali non siano divulgati. Articolo 10 Riesame 1. Entro tre anni dalla data della prima adozione di un atto di esecuzione o non oltre il 18 luglio 2019, se precedente, la Commissione procede ad un riesame dell'ambito di applicazione del presente regolamento, in particolare riguardo alle misure di politica commerciale eventualmente adottate, nonché della sua applicazione e presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio. 2. Nonostante il paragrafo 1, la Commissione procede a un riesame volto a prevedere, ai sensi del presente regolamento, misure di politica commerciale aggiuntive intese a sospendere concessioni o altri obblighi nel settore degli scambi di servizi. La Commissione esamina, tra l'altro, i seguenti aspetti: a) gli sviluppi internazionali riguardo alla sospensione di altri obblighi a norma dell'Accordo generale sugli scambi di servizi (GATS); b) gli sviluppi nell'Unione riguardo all'adozione di norme comuni nei settori dei servizi; c) l'efficacia di eventuali misure di politica commerciale aggiuntive quale mezzo per far rispettare i diritti dell'Unione nell'ambito di accordi commerciali internazionali; d) i meccanismi disponibili al fine di assicurare l'attuazione pratica, in maniera uniforme ed efficiente, di eventuali misure di politica commerciale aggiuntive concernenti i servizi; e e) le implicazioni per i prestatori di servizi presenti nell'Unione al momento dell'adozione di atti di esecuzione a norma del presente regolamento. La Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla sua valutazione iniziale entro il 18 luglio 2017. Articolo 11 Modifiche di altri atti All'articolo 13 del regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio, il paragrafo 3 è sostituito dal seguente: «3. Qualora l'Unione, avendo operato conformemente all'articolo 12, paragrafo 2, debba decidere in merito a misure di politica commerciale da adottare a norma dell'articolo 11, paragrafo 2, lettera c), o dell'articolo 12, essa delibera senza indugio a norma dell'articolo 207 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea e, secondo il caso, del regolamento (UE) n. 654/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) o di altre eventuali procedure applicabili. Articolo 12 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) Posizione del Parlamento europeo del 2 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'8 maggio 2014. (2) Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1). (3) Regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio, del 22 dicembre 1994, che stabilisce le procedure comunitarie nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l'esercizio dei diritti della Comunità nell'ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale del commercio (GU L 349 del 31.12.1994, pag. 71). (4) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (5) Intesa «Interpretazione e applicazione dell'articolo XXVIII». Dichiarazione della Commissione La Commissione plaude all'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'esercizio dei diritti dell'Unione per l'applicazione e il rispetto delle norme internazionali del commercio e che modifica il regolamento (CE) n. 3286/94. Ai sensi del regolamento, la Commissione ha il potere di adottare atti di esecuzione, in talune situazioni specifiche, sulla base di criteri oggettivi e fatto salvo il controllo da parte degli Stati membri. Nell'esercizio di tale potere, la Commissione intende agire in conformità con la presente dichiarazione. Nel preparare i progetti di atti di esecuzione, la Commissione procederà ad ampie consultazioni al fine di garantire che tutti gli interessi coinvolti siano debitamente presi in considerazione. Attraverso tali consultazioni, la Commissione si attende di ricevere i contributi dei privati interessati da provvedimenti adottati da paesi terzi o da eventuali misure di politica commerciale che devono essere adottate dall'Unione. Analogamente, la Commissione si aspetta di ricevere informazioni dalle autorità pubbliche che possono essere coinvolte nell'attuazione di eventuali misure di politica commerciale da adottarsi ad opera dell'Unione. In caso di misure nel settore degli appalti pubblici, nell'elaborazione dei progetti di atti di esecuzione saranno debitamente presi in considerazione in particolare i contributi delle autorità pubbliche degli Stati membri. La Commissione riconosce l'importanza di trasmettere tempestivamente le informazioni agli Stati membri quando essa contempla l'adozione di atti di esecuzione ai sensi del presente regolamento, in modo da consentire loro di contribuire a decisioni pienamente informate, e agirà per conseguire tale obiettivo. La Commissione conferma che essa trasmetterà tempestivamente al Parlamento europeo e al Consiglio i progetti di atti di esecuzione che essa sottopone al comitato degli Stati membri. Analogamente, trasmetterà tempestivamente al Parlamento europeo e al Consiglio i progetti di atti di esecuzione definitivi appena ricevuti i pareri del comitato. La Commissione terrà regolarmente informati il Parlamento ed il Consiglio degli sviluppi internazionali che possono portare a situazioni che richiedono l'adozione di misure a norma del regolamento. Ciò avverrà per il tramite delle commissioni competenti in sede di Consiglio e in seno al Parlamento. La Commissione accoglie con favore l'intenzione del Parlamento di promuovere un dialogo strutturato in materia di risoluzione delle controversie e di rispetto delle norme e si impegnerà pienamente nella partecipazione a sessioni apposite con la commissione parlamentare responsabile per uno scambio di opinioni sulle controversie in materia di scambi commerciali e sulle azioni per assicurare il rispetto delle norme, anche per quanto riguarda gli effetti sulle industrie dell'Unione. Infine, la Commissione conferma che attribuisce grande importanza al fatto di assicurare che il regolamento costituisca uno strumento efficace ed efficiente per assicurare il rispetto dei diritti dell'Unione nell'ambito degli accordi commerciali internazionali, compreso nel settore degli scambi di servizi. Pertanto la Commissione, in conformità alle disposizioni del regolamento, riesaminerà il campo di applicazione dell'articolo 5 al fine di estendere ulteriori misure di politica commerciale relative agli scambi di servizi non appena si realizzeranno le condizioni per garantire la fattibilità e l'efficacia di tali misure.
Diritti dell’Unione europea per l’applicazione e il rispetto delle norme commerciali internazionali QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Garantisce che l’Unione europea (Unione) sia in grado di applicare ed esercitare i suoi diritti nell’ambito degli accordi commerciali internazionali tramite l’adozione di misure di politica commerciale. PUNTI CHIAVE Il regolamento stabilisce norme e procedure che consentono all’Unione di sospendere o revocare gli obblighi che le incombono in virtù di un accordo commerciale internazionale al fine di:reagire alle violazioni delle norme commerciali internazionali a opera di paesi extra-Unione e applicare una sentenza a favore della stessa, per ottenere una soluzione soddisfacente che ripristini i vantaggi per le imprese dell’Unione; riequilibrare gli obblighi derivanti da e in linea con un accordo commerciale, quando i paesi extra-Unione modificano il trattamento delle merci provenienti dalla stessa, temporaneamente attraverso una misura di salvaguardia o a lungo termine attraverso una modifica delle concessioni tariffarie.Azioni Per salvaguardare gli interessi dell’Unione, la Commissione europea può immediatamente adottare atti di esecuzione per adattare la sua politica commerciale in risposta alle azioni del paese extra-Unione interessato. In casi urgenti, la Commissione può adottare immediatamente atti di esecuzione applicabili. La Commissione, assistita dagli Stati membri dell’Unione, consulta le parti interessate pertinenti prima di adottare questi atti. Misure di politica commerciale disponibili Esse prevedono:la sospensione di concessioni tariffarie e l’imposizione di nuovi o maggiori dazi doganali; l’introduzione o l’aumento delle restrizioni quantitative (quote) sulle importazioni o sulle esportazioni di beni; la sospensione delle concessioni e l’introduzione di alcune restrizioni nel settore degli appalti pubblici.Determinare le misure appropriate Le misure di politica commerciale sono determinate sulla base di quanto segue:l’efficacia delle misure per indurre i paesi extra-Unione a rispettare le norme commerciali internazionali; la capacità delle misure di fornire assistenza alle imprese dell’Unione interessate da misure di paesi extra-Unione; la disponibilità di fonti alternative di approvvigionamento delle merci o servizi interessati; evitare complessità amministrativa e costi sproporzionati nell’applicazione delle misure; le misure devono essere proporzionate e non devono superare il danno per il cui superamento vengono introdotte.Revisioni del regolamento Poiché l’attuale mancanza di nuove nomine all’interno dell’organo di appello dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha fatto sì che il secondo livello del suo meccanismo di risoluzione delle controversie non sia in grado di funzionare, la modifica del regolamento (UE) 2021/167 ha introdotto alcuni emendamenti al regolamento (UE) n. 654/2014. Il regolamento di modifica (UE) 2021/167:consente un’azione coercitiva in situazioni in cui:l’Unione ottenga una sentenza favorevole da una commissione per la risoluzione delle controversie dell’OMC;il processo viene quindi bloccato perché il paese extra-Unione ricorre all’organo d’appello dell’OMC non funzionante e non accetta l’accordo provvisorio in materia di arbitrato d’appello ai sensi dell’articolo 25 dell’intesa sulla risoluzione delle controversie dell’OMC; consente un’azione coercitiva quando:un partner commerciale ai sensi di un accordo commerciale bilaterale o regionale impone misure commerciali illegali,non adotta successivamente le misure necessarie per il funzionamento del processo di risoluzione delle controversie ai sensi di tale accordo; estende la portata delle possibili contromisure allo scambio di servizi e ad alcuni aspetti relativi al commercio dei diritti di proprietà intellettuale. Tale estensione è corredata da garanzie per assicurare che vengano utilizzate le contromisure più efficienti e proporzionate e che le autorità e le parti interessate degli Stati membri dell’Unione siano consultate. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento (UE) n. 654/2014 è in vigore dal 17 luglio 2014. Il regolamento di modifica (UE) 2021/167 è in vigore dal 13 febbraio 2021. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Composizione delle controversie (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 654/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativo all’esercizio dei diritti dell’Unione per l’applicazione e il rispetto delle norme commerciali internazionali e recante modifica del regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio che stabilisce le procedure comunitarie nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l’esercizio dei diritti della Comunità nell’ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio (GU L 189 del 27.6.2014, pag. 50). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 654/2014 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2018/886 della Commissione, del 20 giugno 2018, relativo ad alcune misure di politica commerciale riguardanti determinati prodotti originari degli Stati Uniti d’America e che modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2018/724 (GU L 158 del 21.6.2018, pag. 5). Regolamento di esecuzione (UE) 2018/724 della Commissione, del 16 maggio 2018, relativo ad alcune misure di politica commerciale riguardanti determinati prodotti originari degli Stati Uniti d’America (GU L 122 del 17.5.2018, pag. 14). Si veda la versione consolidata. Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Riesame iniziale dell’ambito di applicazione del regolamento relativo al rispetto delle norme commerciali internazionali [COM(2017) 373 final dell’11.7.2017]. Regolamento (UE) 2015/1843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2015, che stabilisce le procedure dell’Unione nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l’esercizio dei diritti dell’Unione nell’ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio (codificazione) (GU L 272 del 16.10.2015, pag. 1). Regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU L 269 del 10.10.2013, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
11,743
1,314
32014H0478
false
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 14 luglio 2014 sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo on line e per la prevenzione dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo on line (Testo rilevante ai fini del SEE) (2014/478/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 292, considerando quanto segue: (1) Nel 2011 la Commissione ha tenuto una consultazione pubblica sul suo «Libro verde sul gioco d'azzardo on line nel mercato interno» (1), che ha individuato gli obiettivi comuni degli Stati membri riguardo alla regolamentazione dei servizi di gioco d'azzardo on line e ha contribuito a individuare i principali settori in cui l'Unione europea deve intervenire in via prioritaria. (2) Nella sua comunicazione «Verso un quadro normativo europeo approfondito relativo al gioco d'azzardo on line», adottata il 23 ottobre 2012 (2), la Commissione ha proposto una serie di azioni che cercano di rispondere ai problemi di ordine normativo, sociale e tecnologico legati al gioco d'azzardo on line. In particolare, la Commissione ha annunciato che avrebbe presentato raccomandazioni sulla tutela dei consumatori nel campo dei servizi di gioco d'azzardo on line, compresa la tutela dei minori, e sulla comunicazione commerciale responsabile dei servizi di gioco d'azzardo on line. La presente raccomandazione è intesa a riunire i due argomenti, a migliorare la tutela dei consumatori, dei giocatori e dei minori e ad evitare che i minori abbiano accesso al gioco d'azzardo on line. Essa mira a garantire che il gioco d'azzardo resti una fonte di intrattenimento, che ai consumatori sia garantito un ambiente di gioco sicuro e che siano previste misure per far fronte al rischio di danni finanziari o sociali e per intraprendere le azioni necessarie per impedire ai minori di accedere al gioco d'azzardo on line. (3) Nella sua risoluzione del 10 settembre 2013 sul gioco d'azzardo on line nel mercato interno, il Parlamento europeo (3) ha invitato la Commissione a esplorare la possibilità di interoperabilità tra registri nazionali di autoesclusione, a introdurre misure di sensibilizzazione sui rischi di dipendenza dal gioco d'azzardo e a prendere in considerazione l'attuazione di controlli obbligatori dell'identificazione da parte di terzi. Il Parlamento europeo ha anche chiesto di imporre agli operatori di gioco d'azzardo l'obbligo di fornire sui siti Internet di gioco d'azzardo informazioni sulle autorità di regolamentazione e avvisi per i minori, nonché di promuovere l'utilizzo di autolimitazioni. Inoltre, il Parlamento europeo ha chiesto di definire principi comuni per comunicazioni commerciali responsabili, raccomandando che le comunicazioni commerciali contengano informazioni chiare in merito alle conseguenze del gioco d'azzardo compulsivo e ai rischi di dipendenza. Le comunicazioni commerciali non dovrebbero essere eccessive né comparire all'interno di contenuti destinati specificamente ai minori o dove vi è un elevato rischio di raggiungere i minori. (4) Anche il Comitato economico e sociale europeo ha chiesto alla Commissione di intervenire per migliorare la tutela dei consumatori riguardo al gioco d'azzardo on line e per tutelare i minori (4). (5) In assenza di armonizzazione a livello di Unione europea, in via di principio gli Stati membri sono liberi di definire gli obiettivi delle rispettive politiche sui giochi di sorte e di fissare il livello di tutela che intendono offrire allo scopo di proteggere la salute dei consumatori. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha fornito orientamenti generali sull'interpretazione delle libertà fondamentali del mercato interno nel settore del gioco d'azzardo (on line), tenendo conto della specificità delle attività di gioco. Pur potendo restringere o limitare l'offerta transnazionale di servizi di gioco d'azzardo on line sulla base degli obiettivi di interesse generale che cercano di proteggere, gli Stati membri sono tuttavia tenuti a dimostrare l'opportunità e la necessità delle misure restrittive. Essi hanno infatti il dovere di dimostrare che gli obiettivi di interesse generale sono perseguiti in modo coerente e sistematico (5). (6) La Corte di giustizia dell'Unione europea ha anche stabilito norme di base per le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo e, in particolare, su quelli forniti in condizioni di monopolio. La pubblicità effettuata dal titolare di un monopolio pubblico deve essere contenuta e strettamente limitata a quanto necessario al fine di canalizzare i consumatori verso le reti di gioco controllate. Tale pubblicità non può avere lo scopo di incoraggiare la naturale propensione al gioco dei consumatori stimolando la loro partecipazione attiva al medesimo, ad esempio banalizzando il gioco o aumentandone l'attrattività attraverso messaggi pubblicitari accattivanti che facciano balenare la prospettiva di vincite ragguardevoli. In particolare, dovrebbe essere operata una distinzione tra le strategie del titolare di un monopolio unicamente intese ad informare potenziali clienti circa l'esistenza di prodotti e a garantire un accesso regolare ai giochi d'azzardo in circuiti controllati, e le strategie che invitano e sollecitano una partecipazione attiva a tali giochi (6). (7) La tutela dei consumatori e della salute sono i principali obiettivi di interesse generale degli Stati membri nel contesto dei rispettivi quadri nazionali per il gioco d'azzardo intesi a promuovere la prevenzione di problematiche legate al gioco d'azzardo e la tutela dei minori. (8) Le norme e le politiche introdotte dagli Stati membri per perseguire obiettivi di interesse pubblico variano in misura considerevole. L'intervento a livello UE incoraggia gli Stati membri a garantire un elevato livello di protezione in tutta l'UE, in particolare alla luce dei rischi associati al gioco d'azzardo che comprendono lo sviluppo di patologie legate al gioco d'azzardo o altre conseguenze negative sul piano personale e sociale. (9) Lo scopo della presente raccomandazione è salvaguardare la salute dei consumatori e dei giocatori, e quindi anche ridurre al minimo eventuali danni economici che possono derivare da un gioco compulsivo o eccessivo. A tale fine, raccomanda principi per realizzare un elevato livello di protezione di consumatori, giocatori e minori in relazione ai servizi di gioco d'azzardo on line. Per elaborare la presente raccomandazione, la Commissione si è ispirata alle buone pratiche seguite negli Stati membri. (10) I servizi di gioco d'azzardo on line sono ampiamente offerti e utilizzati. Nel 2012 essi hanno realizzato proventi per 10,54 miliardi di EUR. Gli sviluppi tecnologici, l'aumento della disponibilità di Internet e la comodità delle tecnologie mobili favoriscono l'accessibilità e la crescita del gioco d'azzardo on line. È tuttavia possibile quando le informazioni non siano sufficientemente chiare o trasparenti, operare scelte disinformate. Inoltre, quando percepiscono la mancanza di offerte allettanti, i giocatori on line ricercano opportunità di gioco alternative. (11) Esistono numerosi mezzi d'informazione che contribuiscono all'esposizione alle comunicazioni commerciali relative al gioco d'azzardo, come ad esempio la stampa, la posta diretta, i mezzi audiovisivi, la pubblicità esterna e le sponsorizzazioni. La conseguenza può essere che gruppi vulnerabili come i minori siano attratti dal gioco d'azzardo. Nel contempo, le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo on line possono svolgere un ruolo importante nell'orientare i consumatori verso offerte permesse e controllate, ad esempio fornendo l'identità dell'operatore e dando informazioni corrette sul gioco d'azzardo, compresi i rischi delle problematiche ad esso legate, nonché messaggi di avvertimento. (12) Alcune persone dedite al gioco d'azzardo possono avere problemi dovuti al loro comportamento, arrivando al punto di compromettere i rapporti personali o familiari, mentre altre possono subire danni molto gravi causati dal gioco d'azzardo patologico. Si stima che una percentuale compresa tra lo 0,1 % e lo 0,8 % della popolazione adulta generale soffra di una patologia legata al gioco d'azzardo e che un'ulteriore percentuale compresa tra lo 0,1 % e il 2,2 % presenti un coinvolgimento nel gioco d'azzardo potenzialmente problematico (7). Pertanto, sono necessarie misure preventive per garantire che i servizi di gioco d'azzardo on line siano offerti e promossi in modo socialmente responsabile, in particolare affinché il gioco d'azzardo resti una fonte di divertimento e di attività ricreativa. (13) I minori sono frequentemente esposti al gioco d'azzardo attraverso Internet, attraverso applicazioni per telefoni cellulari e mezzi d'informazione che riportano messaggi pubblicitari sul gioco d'azzardo e attraverso forme di pubblicità esterna. Inoltre, i minori assistono a gare sportive sponsorizzate da società legate al gioco d'azzardo o che propongono pubblicità che rimandano ad attività di gioco d'azzardo. Pertanto, la presente raccomandazione è anche intesa a impedire che i minori siano danneggiati o sfruttati dal gioco d'azzardo. (14) Sempre più spesso, gli operatori di gioco d'azzardo on line stabiliti nell'Unione sono intestatari di una molteplicità di licenze in diversi Stati membri che per il gioco d'azzardo hanno scelto sistemi basati sulle licenze. Potrebbero trarre vantaggio da un approccio più comune a livello di Unione. Inoltre, il moltiplicarsi dei requisiti di conformità può creare un'inutile duplicazione delle infrastrutture e dei costi per obiettivi essenzialmente simili, con il risultato di oneri amministrativi superflui per le autorità di regolamentazione. (15) È opportuno invitare gli Stati membri a definire norme sulle informazioni da fornire ai consumatori riguardo al gioco d'azzardo on line. Tali norme dovrebbero prevenire lo sviluppo di patologie legate al gioco d'azzardo, evitare che i minori abbiano accesso ai locali di gioco d'azzardo e distogliere i consumatori dalle offerte non permesse e quindi potenzialmente dannose. (16) Ove opportuno, i principi della presente raccomandazione dovrebbero valere non solo per gli operatori, ma anche per i terzi, compresi i cosiddetti "affiliati", che sono autorizzati a promuovere i servizi di gioco d'azzardo on line per conto dell'operatore. (17) È opportuno informare in maniera più adeguata i consumatori e i giocatori sull'esistenza di servizi di gioco d'azzardo on line che, secondo il diritto dell'Unione, non sono permessi dalla legge dello Stato membro in cui si riceve il servizio di gioco d'azzardo on line, nonché agire contro detti servizi. In questo contesto, gli Stati membri che non permettono uno specifico servizio di gioco d'azzardo on line non dovrebbero permettere le comunicazioni commerciali intese a promuovere tale servizio. (18) La procedura di registrazione per aprire un conto di gioco serve ad accertare l'identità della persona e a consentire di tenere traccia del comportamento del giocatore. È essenziale che la registrazione sia concepita in modo tale da impedire ai consumatori anche di eludere la procedura e di accedere a siti Internet di gioco d'azzardo non regolamentati. (19) Sebbene la procedura di registrazione non sia uniforme in tutti gli Stati membri, prevedendo talvolta fasi off-line o manuali nel processo di verifica, gli Stati membri dovrebbero comunque garantire che i dati di identificazione possano essere efficacemente controllati per facilitare il completamento della procedura di registrazione. (20) È importante che i conti di gioco diventino permanenti solo dopo la convalida dei dati identificativi forniti dai giocatori. È auspicabile che ai giocatori sia consentito, prima che il conto diventi permanente, di utilizzare conti temporanei. Data la loro natura, i conti temporanei dovrebbero avere un valore nominale fisso e i giocatori non dovrebbero avere la possibilità di ritirare i depositi o le vincite. (21) Al fine di tutelare i giocatori e i loro fondi e di garantire la trasparenza, dovrebbero essere previste procedure per la verifica dei conti di gioco che non sono stati attivi per un determinato periodo di tempo e per la chiusura o la sospensione di un conto di gioco. Inoltre, qualora il giocatore risultasse minore, il conto di gioco dovrebbe essere annullato. (22) Riguardo agli avvisi informativi, se del caso, durante la sessione di gioco dovrebbe essere visibilmente proposta al giocatore la possibilità di utilizzare un timer. (23) In merito all'assistenza ai giocatori, oltre a fissare limiti per i depositi, potrebbero essere previste altre misure di tutela, come la possibilità di stabilire limiti per le puntate o le perdite. (24) Al fine di prevenire lo sviluppo di una patologia legata al gioco d'azzardo, in caso di comportamento di gioco non abituale, un operatore dovrebbe avere la possibilità di indicare al giocatore di fare una pausa o di escluderlo. In tali circostanze, l'operatore dovrebbe comunicare i motivi al giocatore e aiutarlo a ricevere assistenza o cure. (25) Gli operatori sono importanti sponsor di squadre ed eventi sportivi in Europa. Per rendere i fornitori di servizi di gioco d'azzardo on line più responsabili nelle sponsorizzazioni, le prescrizioni in materia dovrebbero chiarire che le sponsorizzazioni devono essere trasparenti ed effettuate in modo responsabile. In particolare, dovrebbero essere stabilite prescrizioni più chiare per evitare che le sponsorizzazioni degli operatori di gioco d'azzardo abbiano effetti negativi sui minori. (26) È inoltre necessario sensibilizzare i consumatori sui rischi intrinseci dei siti Internet di gioco d'azzardo correnti, come ad esempio la frode, che eludono qualsiasi forma di controllo a livello di Unione. (27) È necessaria un'efficace vigilanza per garantire un'adeguata tutela degli obiettivi di interesse pubblico. Gli Stati membri dovrebbero designare autorità competenti, stabilire orientamenti chiari per gli operatori e fornire informazioni facilmente accessibili per i consumatori, i giocatori e i gruppi vulnerabili, compresi i minori. (28) I codici di condotta possono svolgere un ruolo importante ai fini dell'efficacia dell'applicazione, e del controllo, dei principi sulle comunicazioni commerciali enunciati nella presente raccomandazione. (29) La presente raccomandazione lascia impregiudicate la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e la direttiva 93/13/CEE del Consiglio (9). (30) L'applicazione dei principi stabiliti nella presente raccomandazione implica il trattamento di dati personali. Sono pertanto applicabili la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10) e la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (11), HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: I. SCOPO 1. Si raccomanda agli Stati membri di adottare principi per i servizi di gioco d'azzardo on line e per le comunicazioni commerciali responsabili relative a tali servizi, allo scopo di garantire ai consumatori, ai giocatori ed ai minori un elevato livello di tutela, inteso a salvaguardare la salute e a ridurre al minimo gli eventuali danni economici che possono derivare da un gioco compulsivo o eccessivo. 2. La presente raccomandazione lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di regolamentare i servizi di gioco d'azzardo. II. DEFINIZIONI 3. Ai fini della presente raccomandazione si intende per: a) «servizio di gioco d'azzardo on line»: un servizio che implichi una posta pecuniaria in giochi di sorte, compresi quelli con un elemento di abilità, come le lotterie, i giochi da casinò, il poker e le scommesse, che venga fornito con qualsiasi mezzo a distanza, mediante strumenti elettronici o altra tecnologia che faciliti la comunicazione e su richiesta individuale di un destinatario di servizi; b) «consumatore»: qualsiasi persona fisica che agisce per fini che non rientrano nel quadro della propria attività commerciale o professionale; c) «giocatore»: qualsiasi persona fisica che è titolare di un conto di gioco presso l'operatore e partecipa al servizio di gioco d'azzardo on line; d) «conto di gioco»: il conto aperto dal giocatore in cui sono registrate tutte le transazioni con l'operatore; e) «minore»: qualsiasi persona di età inferiore a quella minima stabilita, conformemente al diritto nazionale applicabile, per partecipare a un servizio di gioco d'azzardo on line; f) «operatore»: qualsiasi persona fisica o giuridica alla quale sia permesso di fornire un servizio di gioco d'azzardo on line e chiunque agisca in nome o per conto di tale persona; g) «comunicazione commerciale»: qualsiasi forma di comunicazione intesa a promuovere, direttamente o indirettamente, i prodotti, i servizi o l'immagine di un operatore; h) «sponsorizzazione»: un rapporto contrattuale tra un operatore e una parte sponsorizzata in base al quale l'operatore fornisce finanziamenti o altro sostegno per eventi, organizzazioni, squadre o singoli in campo sportivo o artistico allo scopo di creare un'associazione tra l'immagine, i marchi o i prodotti dell'operatore e l'oggetto sponsorizzato, in cambio di comunicazioni commerciali o altri vantaggi. III. PRESCRIZIONI RELATIVE ALLE INFORMAZIONI 4. Le seguenti informazioni dovrebbero essere ben visibili sulla pagina di destinazione (landing page) del sito Internet dell'operatore di gioco d'azzardo e accessibili da tutte le pagine di detto sito: a) i dati della società o altre informazioni che garantiscano che l'operatore è identificabile e può essere contattato, fra cui: i) la denominazione della società; ii) la sua sede legale; iii) il suo indirizzo di posta elettronica; b) un avviso sul quale sia indicato che il gioco d'azzardo è vietato ai minori e che riporti l'età minima al di sotto della quale il gioco d'azzardo non è ammesso; c) un messaggio di "gioco responsabile" che con un semplice clic del mouse fornisca: i) informazioni sul fatto che il gioco d'azzardo può essere deleterio se non controllato, ii) informazioni sulle misure di assistenza ai giocatori disponibili sul sito Internet, iii) test di autovalutazione per consentire ai giocatori di controllare il loro comportamento di gioco; d) un link che rimandi almeno ad un'organizzazione che fornisca informazioni e assistenza riguardo alle patologie legate al gioco d'azzardo. 5. I termini e le condizioni del rapporto contrattuale tra l'operatore e il consumatore dovrebbero essere presentati in modo conciso e leggibile e avere le seguenti caratteristiche: a) contenere informazioni almeno sui tempi e sui limiti dei prelievi dal conto di gioco, eventuali costi per le transazioni sul conto di gioco e un link alle percentuali delle vincite applicabili per ogni gioco; b) essere accettati e confermati dal consumatore durante la procedura di registrazione di cui alla sezione V; c) essere resi disponibili con mezzi elettronici, in modo tale da consentire al consumatore di memorizzarli e ricercarli. Tutte le eventuali modifiche dovrebbero essere comunicate al consumatore. 6. Gli Stati membri dovrebbero garantire che al consumatore siano rese disponibili le informazioni sulle norme riguardanti i giochi e le scommesse riportate sul sito Internet di gioco dell'operatore. 7. Gli Stati membri dovrebbero garantire che il sito Internet di gioco dell'operatore riporti i dati dell'autorità di regolamentazione del gioco d'azzardo, per dimostrare che l'operatore è autorizzato. IV. MINORI 8. Nessun minore dovrebbe poter giocare su un sito Internet di gioco d'azzardo o avere un conto di gioco. 9. Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore disponga di procedure intese a impedire ai minori di accedere ai servizi di gioco d'azzardo, anche attraverso controlli per accertare l'età durante la procedura di registrazione di cui alla sezione V. 10. Per impedire ai minori di avere accesso ai siti Internet di gioco d'azzardo, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la presenza, sui siti Internet di gioco d'azzardo, di link a programmi di controllo parentale. 11. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali per i servizi di gioco d'azzardo on line non nuocciano ai minori o non li inducano a considerare il gioco d'azzardo un elemento naturale delle loro attività ricreative. 12. Le comunicazioni commerciali dovrebbero riportare chiaramente un messaggio che indichi che il gioco d'azzardo è vietato ai minori e precisi l'età minima al di sotto della quale il gioco d'azzardo non è ammissibile. 13. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali non siano trasmesse, presentate o consentite nei seguenti modi: a) sui mezzi d'informazione, o nei programmi, rispetto ai quali è probabile i minori siano il pubblico principale; b) sui siti Internet tipicamente frequentati da minori; c) in forte prossimità dei luoghi abitualmente frequentati da minori e dove è probabile che essi siano il pubblico principale, comprese almeno le scuole. 14. Le comunicazioni commerciali non dovrebbero avere le seguenti caratteristiche: a) sfruttare l'inesperienza o la mancanza di conoscenze dei minori; b) usare immagini di minori o di giovani o fare uso di campagne che attraggano in modo particolare i minori; c) attirare i minori o i giovani associando il gioco d'azzardo alle attività culturali giovanili; d) lasciare intendere che il gioco d'azzardo segni il passaggio dall'adolescenza all'età adulta. V. REGISTRAZIONE DEI GIOCATORI E CONTO DI GIOCO 15. Gli Stati membri dovrebbero garantire che una persona possa partecipare a un servizio di gioco d'azzardo on line solo se si registra come giocatore ed è titolare di un conto di gioco presso l'operatore. 16. Nella procedura di registrazione da eseguire per aprire un conto dovrebbero essere richieste le seguenti informazioni: a) nome; b) indirizzo; c) data di nascita; d) indirizzo di posta elettronica o numero di telefono cellulare. 17. L'indirizzo di posta elettronica o il numero di telefono cellulare fornito dovrebbero essere confermati dal giocatore o verificati dall'operatore. Tali dati servono all'operatore e al giocatore per contattarsi e comunicare tra loro in modo efficace e diretto. 18. I dati identificativi del giocatore dovrebbero essere verificati. Qualora una verifica elettronica diretta non sia possibile o non sia disponibile, gli Stati membri sono invitati a facilitare l'accesso a registri, banche dati o altri documenti ufficiali nazionali rispetto ai quali l'operatore dovrebbe verificare i dati identificativi. 19. Gli Stati membri dovrebbero garantire che ogniqualvolta non si riesca ad accertare l'identità o l'età di una persona, la procedura di registrazione per l'apertura di un conto di gioco, anche se temporaneo, venga annullata. 20. Gli Stati membri sono incoraggiati ad adottare sistemi di identificazione elettronici nella procedura di registrazione. 21. Gli Stati membri dovrebbero garantire che: a) la procedura di registrazione consenta di completare l'accertamento dell'identità entro un tempo ragionevole e non sia eccessivamente onerosa per i consumatori o gli operatori; b) i sistemi di registrazione prevedano mezzi alternativi per accertare l'identità, in particolare quando il consumatore non è in possesso di un numero identificativo nazionale in uno Stato membro che lo richiede o in caso di indisponibilità temporanea delle banche dati. 22. Gli Stati membri dovrebbero garantire che i giocatori dispongano di quanto segue: a) accesso a un conto temporaneo presso l'operatore con il quale è stato aperto il conto fino al completamento della procedura di accertamento dell'identità; b) un identificativo univoco e una password o un altro strumento che garantisca la sicurezza dell'accesso presso l'operatore con il quale è stato aperto il conto. 23. Gli Stati membri dovrebbero disporre di norme intese a: a) garantire che i fondi dei giocatori siano protetti e possano essere pagati unicamente ai giocatori e siano tenuti separati dai fondi propri dell'operatore; b) evitare la collusione tra giocatori e i trasferimenti di denaro tra gli stessi, comprese norme riguardanti l'annullamento dei trasferimenti o il recupero dei fondi dai conti di gioco qualora si rilevi un caso di collusione o di frode. VI. ATTIVITÀ DEI GIOCATORI E ASSISTENZA 24. Gli Stati membri dovrebbero garantire che, nella fase di registrazione sul sito Internet dell'operatore, un giocatore possa, in base a impostazioni predefinite, fissare limiti per i depositi di denaro e limiti di tempo. 25. Gli Stati membri dovrebbero garantire che un giocatore possa sempre avere facile accesso, sul sito Internet di gioco d'azzardo dell'operatore, a quanto segue: a) il saldo del conto di gioco; b) una funzione di assistenza ai giocatori che promuova il gioco responsabile, attraverso moduli on line o un contatto personale che comprenda almeno una conversazione via chat o via telefonico; c) linee telefoniche di assistenza che rimandino alle organizzazioni che forniscono informazioni e assistenza di cui al punto 4, lettera d). 26. Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet di un operatore un giocatore possa, in base a impostazioni predefinite, ricevere a intervalli regolari avvisi informativi sulle vincite e le perdite accumulate durante un gioco o una scommessa e sul tempo trascorso a giocare. Il giocatore dovrebbe essere invitato a confermare l'avviso informativo e avere la possibilità di sospendere il gioco o di continuare. 27. Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet di gioco d'azzardo dell'operatore un giocatore non possa: a) effettuare depositi oltre il limite fissato per i depositi di denaro per il periodo di tempo specificato, b) partecipare al gioco salvo che il conto di gioco contenga i fondi necessari per pagare il gioco o la scommessa. 28. Gli Stati membri non dovrebbero consentire all'operatore di concedere un credito al giocatore. 29. Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet dell'operatore un giocatore possa: a) ridurre il limite di deposito, con effetto immediato; b) aumentare il limite di deposito. La richiesta dovrebbe avere effetto solo dopo almeno ventiquattro ore dalla richiesta del giocatore; c) fare una pausa e autoescludersi. 30. Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore disponga di politiche e procedure che facilitino l'interazione con i giocatori ogniqualvolta il loro comportamento di gioco indichi un rischio di sviluppo di una patologia legata al gioco d'azzardo. 31. Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore tenga un registro almeno dei depositi e delle vincite del giocatore per un determinato periodo di tempo. I dati registrati dovrebbero essere messi a disposizione del giocatore su richiesta. VII. PAUSE E AUTOESCLUSIONE 32. Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet dell'operatore il giocatore possa sempre attivare una pausa o l'autoesclusione da uno specifico servizio di gioco d'azzardo on line o da tutti i tipi di servizi. 33. Gli Stati membri dovrebbero garantire che: a) le pause servano a sospendere il gioco per almeno ventiquattro ore; b) l'autoesclusione riguardo a un operatore sia possibile per non meno di sei mesi. 34. Gli Stati membri dovrebbero garantire la chiusura del conto di gioco in caso di autoesclusione. 35. Gli Stati membri dovrebbero garantire che una nuova registrazione del giocatore sia possibile solo su richiesta dello stesso, per iscritto o in forma elettronica, e in ogni caso solo dopo il periodo di autoesclusione. 36. Gli Stati membri dovrebbero disporre di norme riguardo alle richieste rivolte ad un operatore da parte di terzi interessati per escludere un giocatore da un sito Internet di gioco d'azzardo. 37. Gli Stati membri sono invitati a stabilire un registro nazionale dei giocatori autoesclusi. 38. Gli Stati membri dovrebbero favorire l'accesso degli operatori ai registri nazionali dei giocatori autoesclusi, se disponibili, e garantire che gli operatori li consultino regolarmente al fine di impedire ai giocatori autoesclusi di continuare a giocare. VIII. COMUNICAZIONI COMMERCIALI 39. Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore per conto del quale viene effettuata una comunicazione commerciale sia chiaramente identificabile. 40. Se del caso, gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo on line contengano messaggi concreti e trasparenti che riportino almeno i rischi per la salute derivanti dalle problematiche legate al gioco d'azzardo. 41. Le comunicazioni commerciali non dovrebbero: a) contenere dichiarazioni infondate sulle possibilità di vincita o sul rendimento che i giocatori possono aspettarsi di ottenere dal gioco; b) lasciare intendere che le capacità possono influire sull'esito del gioco, quando ciò non risponde al vero; c) incitare al gioco o denigrare l'astensione dal gioco, sfruttando il momento o il luogo in cui esse vengono diffuse o la loro natura; d) descrivere il gioco d'azzardo come socialmente attraente o approvato da personalità famose o celebrità, lasciando intendere che il gioco d'azzardo contribuisce al successo sociale; e) lasciare intendere che il gioco d'azzardo possa risolvere problemi di carattere sociale, professionale o personale; f) lasciare intendere che il gioco d'azzardo possa essere un'alternativa a un lavoro, una soluzione ai problemi finanziari o una forma d'investimento finanziario. 42. Gli Stati membri dovrebbero garantire che i giochi gratuiti usati nelle comunicazioni commerciali siano soggetti alle stesse regole e condizioni tecniche dei corrispondenti giochi a pagamento. 43. Le comunicazioni commerciali non dovrebbero rivolgersi a giocatori vulnerabili, in particolare utilizzando comunicazioni commerciali non richieste indirizzate a giocatori che si sono autoesclusi dal gioco o sono stati esclusi dalla ricezione di servizi di gioco d'azzardo on line per motivi di problematiche legate al gioco d'azzardo problematico. 44. Gli Stati membri che consentono l'invio di comunicazioni commerciali non richieste mediante posta elettronica devono garantire: a) che dette comunicazioni commerciali siano identificabili come tali in modo chiaro e inequivocabile; b) che l'operatore rispetti i registri «opt-out» ai quali possono iscriversi le persone fisiche che non desiderano ricevere tali comunicazioni commerciali. 45. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali tengano conto del rischio potenziale del servizio di gioco d'azzardo on line che esse promuovono. IX. SPONSORIZZAZIONI 46. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le sponsorizzazioni da parte degli operatori siano trasparenti e che l'operatore sia chiaramente identificabile come sponsor. 47. Le sponsorizzazioni non dovrebbero avere un'influenza negativa sui minori. Gli Stati membri sono invitati a garantire: a) che non siano consentite sponsorizzazioni di eventi destinati o rivolti principalmente ai minori; b) che il materiale promozionale dello sponsor non sia utilizzato in attività di merchandising destinate o rivolte principalmente ai minori. 48. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare le parti sponsorizzate a verificare se la sponsorizzazione è autorizzata, conformemente al diritto nazionale, nello Stato membro in cui dovrebbe essere effettuata la sponsorizzazione. X. EDUCAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE 49. Gli Stati membri, se opportuno con le associazioni dei consumatori e con gli operatori, sono invitati a organizzare o a promuovere regolarmente campagne di educazione e di sensibilizzazione pubblica per informare i consumatori e i gruppi vulnerabili, fra cui i minori, sul gioco d'azzardo on line. 50. Gli Stati membri dovrebbero garantire che gli operatori e l'autorità di regolamentazione del gioco d'azzardo siano tenuti a informare i rispettivi dipendenti che si occupano di attività legate al gioco d'azzardo sui rischi associati al gioco d'azzardo on line. I dipendenti che interagiscono direttamente con i giocatori dovrebbero essere formati in modo tale da comprendere le questioni legate al gioco d'azzardo e sapere come affrontarle. XI. VIGILANZA 51. Gli Stati membri sono invitati a designare, nel quadro dell'applicazione dei principi di cui alla presente raccomandazione, autorità di regolamentazione del gioco d'azzardo che garantiscano e controllino in maniera indipendente l'effettiva conformità alle misure nazionali adottate a sostegno dei principi stabiliti nella presente raccomandazione. XII. RELAZIONI 52. Gli Stati membri sono invitati a notificare alla Commissione le misure adottate ai sensi della presente raccomandazione entro il 19 gennaio 2016, per consentirle di valutare l'attuazione della raccomandazione stessa. 53. Gli Stati membri sono invitati a raccogliere dati annuali attendibili a fini statistici su quanto segue: a) le misure di protezione applicabili, in particolare sul numero dei conti di gioco (aperti e chiusi), sul numero dei giocatori autoesclusi, sul numero di quelli con una patologia legata al gioco d'azzardo e delle denunce dei giocatori; b) le comunicazioni commerciali sulle violazioni dei principi, per categoria e per tipo. Gli Stati membri sono invitati a comunicare tali informazioni alla Commissione per la prima volta entro il 19 luglio 2016 54. La Commissione dovrebbe valutare l'attuazione della presente raccomandazione entro il 19 gennaio 2017. Fatto a Bruxelles, il 14 luglio 2014 Per la Commissione Michel BARNIER Vicepresidente (1) COM(2011) 128 definitivo. (2) COM(2012) 596 final. (3) P7_TA(2013)0348. (4) 2012/2322(INI). (5) Cause C-186/11 e C-209/11 Stanleybet International, C-316/07 Stoss e altri e giurisprudenza ivi citata. (6) Causa C-347/09 Dickinger e Omer e giurisprudenza ivi citata. (7) Serie di documenti politici di ALICE RAP: «Gambling: two sides of the same coin — recreational activity and public health problem» (Gioco d'azzardo: due facce della stessa medaglia — attività ricreativa e problema per la salute pubblica). ALICE RAP è un progetto di ricerca finanziato nell'ambito del Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo (www.alicerap.eu). (8) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22). (9) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29). (10) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). (11) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 2002 relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
Gioco d'azzardo online: tutelare i consumatori, i giocatori e i bambini La presente raccomandazione della Commissione europea sui servizi di gioco d'azzardo online incoraggia i paesi dell'UE ad adottare alcuni principi in relazione alla pubblicità e le sponsorizzazioni di questi servizi. Tali principi dovrebbero proteggere le persone dai danni che possono derivare da un gioco d'azzardo eccessivo o compulsivo, sia per la loro salute che per le loro finanze. ATTO Raccomandazione della Commissione 2014/478/UE, del 14 luglio 2014, sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo online e per la prevenzione dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo online. (GU L 214 del 19.7.2014, pag. 38) SINTESI La presente raccomandazione della Commissione europea sui servizi di gioco d'azzardo online incoraggia i paesi dell'UE ad adottare alcuni principi in relazione alla pubblicità e le sponsorizzazioni di questi servizi. Tali principi dovrebbero proteggere le persone dai danni che possono derivare da un gioco d'azzardo eccessivo o compulsivo, sia per la loro salute che per le loro finanze. COSA FA QUESTA RACCOMANDAZIONE? Questa raccomandazione mira a proteggere i consumatori, i giocatori e i bambini dai rischi connessi con il gioco d'azzardo online. Si propone di mobilitare i paesi dell'Unione europea (UE) e, attraverso di loro, altri soggetti come gli operatori di gioco d'azzardo online ad assumersi le proprie responsabilità e a garantire elevati standard di tutela dei consumatori in questo settore in rapida crescita. PUNTI CHIAVE Obblighi di informazione Assicurarsi che i consumatori siano consapevoli e informati dei rischi connessi con il gioco d'azzardo, sia per quanto riguarda i siti Internet di gioco d'azzardo, sia per quanto riguarda la pubblicità. Minori e bambini Non dovrebbero avere la possibilità di giocare d'azzardo online. Sono necessarie regole per ridurre al minimo la loro esposizione alla pubblicità o alla promozione di servizi di gioco d'azzardo. Processo di registrazione Per aprire un conto, i giocatori devono fornire i propri dati di identità e l'età. Tali informazioni devono essere controllate dagli operatori. Assistenza ai giocatori Strumenti che permettono ai giocatori di tenere sotto controllo il loro gioco (ad esempio, informazioni su quanto stanno vincendo/perdendo mentre giocano, fissazione di limiti di spesa ecc.). Facile accesso ai numeri di emergenza per ricevere una consulenza sul loro comportamento di gioco. Formazione per i dipendenti degli operatori di gioco d'azzardo online per assicurare che comprendano le problematiche connesse con il gioco d'azzardo e reagiscano in modo adeguato nei contatti con i giocatori. Pubblicità/Promozione Deve essere non ambigua, socialmente responsabile e trasparente. QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE? La raccomandazione è stata adottata il 14 luglio 2014. I paesi dell'UE sono invitati a comunicare alla Commissione le misure adottate ai sensi della raccomandazione entro il 19 gennaio 2016. La Commissione dovrà valutarne l'attuazione entro il 19 gennaio 2017. CONTESTO Il gioco d'azzardo online nell'UE è soggetto a molteplici normative nazionali (o, in alcuni casi, a nessuna normativa). Poiché i paesi dell'UE devono affrontare sfide simili e il gioco d'azzardo online ha spesso una dimensione transfrontaliera, affrontare la questione insieme a livello unionale assume un forte significato. Nel 2012, la Commissione ha adottato un piano d'azione sul gioco d'azzardo online che ha preannunciato questa raccomandazione. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito web della direzione generale per il Mercato interno della Commissione. ATTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Verso un quadro normativo europeo approfondito relativo al gioco d'azzardo online [COM(2012) 596 final del 23.10.2012].
12,073
394
31992L0085
false
Direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) Gazzetta ufficiale n. L 348 del 28/11/1992 pag. 0001 - 0008 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 6 pag. 0003 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 6 pag. 0003 DIRETTIVA 92/85/CEE DEL CONSIGLIO del 19 ottobre 1992 concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A,vista la proposta della Commissione (1), elaborata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro,in cooperazione con il Parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti mediante direttive prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori;considerando che la presente direttiva non può giustificare un abbassamento eventuale dei livelli di protezione già raggiunti in ogni Stato membro e che gli Stati membri si impegnano, ai sensi del trattato, a promuovere il miglioramento delle condizioni esistenti in questo settore in vista di una loro armonizzazione nel senso di progresso;considerando che, a norma dell'articolo 118 A, tali direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese;considerando che ai sensi della decisione 74/325/CEE (4), modificata, da ultimo, dall'atto di adesione del 1985, il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro viene consultato dalla Commissione in vista dell'elaborazione delle proposte in questo campo;considerando che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1989 al Consiglio europeo di Strasburgo dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri, stabilisce in particolare al paragrafo 19:«Ogni lavoratore deve beneficiare nell'ambiente di lavoro di condizioni di protezione sanitaria e di sicurezza soddisfacenti. Devono essere adottati provvedimenti adeguati al fine di progredire nell`armonizzazione delle condizioni esistenti in tale campo»;considerando che la Commissione, nel suo programma d'azione per l'applicazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, ha fissato fra gli altri obiettivi quello dell'adozione da parte del Consiglio di una direttiva riguardante la protezione sul lavoro della donna gestante;considerando che la direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'applicazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (5), prevede all'articolo 15 che i gruppi a rischio particolarmente sensibili devono essere protetti contro i pericoli che li riguardano in maniera particolare;considerando che le lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento devono essere considerate sotto molti punti di vista come un gruppo esposto a rischi specifici e che devono essere adottati provvedimenti per quanto riguarda la protezione della loro sicurezza e salute;considerando che la protezione della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento non deve svantaggiare le donne sul mercato del lavoro e non pregiudica le direttive in materia di uguaglianza di trattamento tra uomini e donne;considerando che talune attività possono presentare un rischio specifico di esposizione delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento ad agenti, processi o condizioni di lavoro pericolosi e che pertanto questi rischi devono essere valutati ed il risultato di questa valutazione deve essere comunicato alle lavoratrici e/o ai loro rappresentanti;considerando d'altronde che, qualora da detta valutazione risultasse un rischio per la sicurezza o la salute delle lavoratrici, occorre prevedere un dispositivo per la loro protezione;considerando che le lavoratrici gestanti o in periodo di allattamento non devono svolgere attività la cui valutazione abbia rivelato un rischio di esposizione, che metta in pericolo la sicurezza e la salute, a taluni agenti o condizioni di lavoro particolarmente pericolosi;considerando che conviene prevedere disposizioni affinché le lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento non siano tenute a prestare lavoro di notte, qualora ciò sia necessario sotto l'aspetto della loro sicurezza o salute;considerando che la vulnerabilità delle donne gestanti, puerpere e in periodo di allattamento rende necessario un diritto ad un congedo di maternità di almeno quattordici settimane ininterrotte, ripartite prima e/o dopo il parto, ed il carattere obbligatorio di un congedo di maternità di almeno due settimane, ripartite prima e/o dopo il parto;considerando che il rischio di essere licenziate per motivi connessi al loro stato può avere effetti dannosi sullo stato fisico e psichico delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento e che conseguentemente conviene prevedere un divieto di licenziamento;considerando che le misure di organizzazione del lavoro a scopo di protezione della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento non avrebbe un effetto utile se non fossero accompagnate dal mantenimento dei diritti connessi con il contratto di lavoro, compreso il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un'indennità adeguata;considerando d'altronde che le disposizioni concernenti il congedo di maternità sarebbero anch'esse senza effetto utile se non fossero accompagnate dal mantenimento dei diritti connessi con il contratto di lavoro, compreso il mantenimento di una retribuzione e/o dal versamento di un'indennità adeguata;considerando che la nozione di indennità adeguata in caso di congedo di maternità deve essere considerata come un elemento tecnico di riferimento per fissare il livello della protezione minima e non dovrebbe in alcun caso essere interpretato nel senso di un'analogia tra la gravidanza e la malattia,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:SEZIONE I OGGETTO E DEFINIZIONIArticolo 1Oggetto1. La presente direttiva, che è la decima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, ha per oggetto l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE, fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 2, si applicano interamente al settore di cui al paragrafo 1 nel suo insieme, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva.3. La presente direttiva non può avere per effetto un abbassamento del livello di protezione delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento rispetto alla situazione esistente in ogni Stato membro alla data della sua adozione.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva si intende per:a) lavoratrice gestante, ogni lavoratrice gestante che informi del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;b) lavoratrice puerpera, ogni lavoratrice puerpera ai sensi delle legislazioni e/o prassi nazionali che informi del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente a dette legislazioni e/o prassi;c) lavoratrice in periodo di allattamento, ogni lavoratrice in periodo di allattamento ai sensi delle legislazioni e/o prassi nazionali, che informi del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente a dette legislazioni e/o prassi.SEZIONE II DISPOSIZIONI GENERALIArticolo 3Linee direttrici1. La Commissione, in concertazione con gli Stati membri, e con l'assistenza del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro, elabora le linee direttrici concernenti la valutazione degli agenti chimici, fisici e biologici nonché dei processi industriali ritenuti pericolosi per la sicurezza o la salute delle lavoratrici di cui all'articolo 2.Le linee direttrici di cui al primo comma riguardano anche i movimenti e le posizioni di lavoro, la fatica mentale e fisica e gli altri disagi fisici e mentali connessi con l'attività svolta dalle lavoratrici di cui all'articolo 2.2. Le linee direttrici di cui al paragrafo 1 sono intese a servire come base per la valutazione prevista all'articolo 4, paragrafo 1.A tal fine, gli Stati membri portano tali linee direttrici a conoscenza dei datori di lavoro, delle lavoratrici e/o dei loro rappresentanti nel rispettivo Stato membro.Articolo 4Valutazione e informazione1. Per tutte le attività che possono presentare un rischio particolare di esposizioni ad agenti, processi o condizioni di lavoro, di cui un elenco non esauriente figura nell'allegato I, la natura, il grado e la durata dell'esposizione, nell'impresa e/o nello stabilimento interessato, delle lavoratrici di cui all'articolo 2 dovranno essere valutati dal datore di lavoro, direttamente o per il tramite dei servizi di protezione e di prevenzione di cui all'articolo 7 della direttiva 89/391/CEE, al fine di poter:- valutare tutti i rischi per la sicurezza o la salute nonché tutte le ripercussioni sulla gravidanza o l'allattamento delle lavoratrici di cui all'articolo 2;- definire le misure da adottare.2. Fatto salvo l'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, nell'impresa e/o nello stabilimento interessato le lavoratrici di cui all'articolo 2 e le lavoratrici che potrebbero trovarsi in una delle situazioni di cui all'articolo 2 e/o i loro rappresentanti sono informati dei risultati della valutazione prevista al paragrafo 1 e di tutte le misure da adottare per quanto riguarda la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro.Articolo 5Conseguenze dei risultati della valutazione1. Fatto salvo l'articolo 6 della direttiva 89/391/CEE, qualora i risultati della valutazione ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1 rivelino un rischio per la sicurezza o la salute di una lavoratrice di cui all'articolo 2, nonché ripercussioni sulla gravidanza o l'allattamento, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché l'esposizione di detta lavoratrice al rischio sia evitata modificando temporaneamente le sue condizioni di lavoro e/o il suo orario di lavoro.2. Se la modifica delle condizioni di lavoro e/o dell'orario di lavoro non è tecnicamente e/o oggettivamente possibile o non può essere ragionevolmente richiesta per motivi debitamente giustificati, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché la lavoratrice in questione sia assegnata ad altre mansioni.3. Se l'assegnazione ad altre mansioni non è tecnicamente e/o oggettivamente possibile o non può essere ragionevolmente richiesta per motivi debitamente giustificati, la lavoratrice in questione è dispensata dal lavoro durante tutto il periodo necessario per la protezione della sua sicurezza o della sua salute, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.4. Il presente articolo si applica mutatis mutandis al caso in cui una lavoratrice che svolge un'attività vietata ai sensi dell'articolo 6 diventi una lavoratrice gestante o in periodo di allattamento e ne informi il suo datore di lavoro.Articolo 6Divieto di esposizioneOltre alle disposizioni generali concernenti la protezione dei lavoratori, e in particolare quelle relative a valori limite di esposizione professionale:1) le lavoratrici gestanti di cui all'articolo 2, lettera a) non saranno obbligate in nessun caso a svolgere attività per cui la valutazione abbia rivelato il rischio di esposizione, che metta in pericolo la sicurezza o la salute, agli agenti e alle condizioni di lavoro che figurano nell'allegato II, sezione A;2) le lavoratrici in periodo di allattamento di cui all'articolo 2, lettera c) non saranno obbligate in nessun caso a svolgere attività per cui la valutazione abbia rivelato il rischio di esposizione, che metta in pericolo la sicurezza o la salute, agli agenti e alle condizioni di lavoro che figurano nell'allegato II, sezione B.Articolo 7Lavoro notturno1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le lavoratrici di cui all'articolo 2 non siano obbligate a svolgere un lavoro notturno durante la gravidanza o nel periodo successivo al parto che sarà determinato dall'autorità nazionale competente per la sicurezza e la salute, con riserva della presentazione, secondo modalità stabilite dagli Stati membri, di un certificato medico che ne attesti la necessità per la sicurezza o la salute della lavoratrice interessata.2. Le misure contemplate al paragrafo 1 devono comportare la possibilità, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali:a) dell'assegnazione ad un lavoro diurno, oppureb) di una dispensa dal lavoro o di una proroga del congedo di maternità qualora tale assegnazione a un lavoro diurno non sia tecnicamente e/o oggettivamente possibile o non possa essere ragionevolmente richiesta per motivi debitamente giustificati.Articolo 8Congedo di maternità1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le lavoratrici di cui all'articolo 2 fruiscano di un congedo di maternità di almeno quattordici settimane ininterrotte, ripartite prima e/o dopo il parto, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.2. Il congedo di maternità di cui al paragrafo 1 deve includere un congedo di maternità obbligatorio di almeno due settimane, ripartite prima e/o dopo il parto, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.Articolo 9Dispensa dal lavoro per esami prenataliGli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché le lavoratrici gestanti di cui all'articolo 2, lettera a) fruiscano, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, di una dispensa dal lavoro senza perdita della retribuzione per recarsi ad effettuare esami prenatali nel caso in cui questi esami debbano essere effettuati durante l'orario di lavoro.Articolo 10Divieto di licenziamentoPer garantire alle lavoratrici ai sensi dell'articolo 2 l'esercizio dei diritti di protezione della sicurezza e della salute riconosciuti nel presente articolo:1) gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare il licenziamento delle lavoratrici di cui all'articolo 2 nel periodo compreso tra l'inizio della gravidanza e il termine del congedo di maternità di cui all'articolo 8, paragrafo 1, tranne nei casi eccezionali non connessi al loro stato ammessi dalle legislazioni e/o prassi nazionali e, se del caso, a condizione che l'autorità competente abbia dato il suo accordo;2) qualora una lavoratrice ai sensi dell'articolo 2 sia licenziata durante il periodo specificato nel punto 1), il datore di lavoro deve fornire per iscritto giustificati motivi per il licenziamento;3) gli Stati membri adottano le misure necessarie per proteggere le lavoratrici di cui all'articolo 2 contro le conseguenze di un licenziamento che a norma del punto 1) è illegittimo.Articolo 11Diritti connessi con il contratto di lavoroPer garantire alle lavoratrici di cui all'articolo 2 l'esercizio dei diritti di protezione della sicurezza e della salute riconosciuti nel presente articolo:1) nei casi contemplati agli articoli 5, 6 e 7, alle lavoratrici di cui all'articolo 2 devono essere garantiti, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, i diritti connessi con il contratto di lavoro, compreso il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un'indennità adeguata;2) nel caso contemplato all'articolo 8, devono essere garantiti:a) i diritti connessi con il contratto di lavore delle lavoratrici di cui all'articolo 2, diversi da quelli specificati nella lettera b) del presente punto;b) il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un'indennità adeguata alle lavoratrici di cui all'articolo 2;3) l'indennità di cui al punto 2), lettera b) è ritenuta adeguata se assicura redditi almeno equivalenti a quelli che la lavoratrice interessata otterrebbe in caso di interruzione delle sue attività per motivi connessi allo stato di salute, entro il limite di un eventuale massimale stabilito dalle legislazioni nazionali;4) gli Stati membri hanno la facoltà di subordinare il diritto alla retribuzione o all'indennità di cui al punto 1) e al punto 2), lettera b) al fatto che la lavoratrice interessata soddisfi le condizioni previste dalle legislazioni nazionali per usufruire del diritto a tali vantaggi.Tali condizioni non possono in alcun caso prevedere periodi di lavoro preliminare superiori a dodici mesi immediatamente prima della data presunta del parto.Articolo 12Difesa dei dirittiGli Stati membri introducono nel loro ordinamento giuridico interno le misure necessarie per consentire a qualsiasi lavoratrice che si ritenga lesa dalla mancata osservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva di difendere i propri diritti per via legale e/o, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, mediante ricorso ad altre istanze competenti.Articolo 13Modifica degli allegati1. Gli adeguamenti di natura strettamente tecnica dell'allegato I in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione delle regolamentazioni o delle specifiche internazionali e delle conoscenze nel settore disciplinato dalla presente direttiva vengono adottati secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE.2. L'allegato II può essere modificato soltanto secondo la procedura prevista all'articolo 118 A del trattato.Articolo 14Disposizioni finali1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi due anni dopo l'adozione della medesima o si assicurano, al più tardi due anni dopo l'adozione della presente direttiva, che le parti sociali applichino le disposizioni necessarie tramite accordi collettivi; gli Stati membri devono prendere tutti i provvedimenti necessari per essere costantemente in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno già adottate o che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.4. Ogni cinque anni gli Stati membri riferiscono alla Commissione circa la pratica attuazione delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali.Tuttavia, gli Stati membri riferiscono per la prima volta alla Commissione circa la pratica attuazione delle disposizioni della presente direttiva, indicando il punto di vista delle parti sociali, quattro anni dall'adozione della stessa.La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro.5. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3.6. Il Consiglio riesaminerà la presente direttiva, sulla base di una valutazione fondata sulle relazioni di cui al paragrafo 4, secondo comma e, se del caso, di una proposta che la Commissione presenterà entro cinque anni dall'adozione della stessa.Articolo 15Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 19 ottobre 1992.Per il ConsiglioIl PresidenteD. CURRY(1) GU n. C 281 del 9. 11. 1990, pag. 3 e GU n. C 25 dell'1. 2. 1991, pag. 9.(2) GU n. C 19 del 28. 1. 1991, pag. 177 e GU n. C 150 del 15. 6. 1992, pag. 99.(3) GU n. C 41 del 18. 2. 1991, pag. 29.(4) GU n. L 185 del 9. 7. 1974, pag. 15.(5) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1.ALLEGATO I ELENCO NON ESAURIENTE DI AGENTI, PROCESSI E CONDIZIONI DI LAVORO DI CUI ALL'ARTICOLO 4, PARAGRAFO 1 A. Agenti1. Agenti fisici, allorché vengono considerati come agenti che comportano lesioni del feto e/o rischiano di provocare il distacco della placenta, in particolare:a) colpi, vibrazioni meccaniche o movimenti;b) movimentazione manuale di carichi pesanti che comportano rischi, soprattutto dorsolombari;c) rumore;d) radiazioni ionizzanti (*);e) radiazioni non ionizzanti;f) sollecitazioni termiche;g) movimenti e posizioni di lavoro, spostamenti, sia all'interno sia all'esterno dello stabilimento, fatica mentale e fisica e altri disagi fisici connessi all'attività svolta dalla lavoratrice di cui all'articolo 2.2. Agenti biologiciAgenti biologici dei gruppi di rischio da 2 a 4 ai sensi dell'articolo 2, lettera d), punti da 2 a 4 della direttiva 90/679/CEE (¹), nella misura in cui sia noto che tali agenti o le terapie che essi rendono necessarie mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreché non figurino ancora nell'allegato II.3. Agenti chimiciGli agenti chimici seguenti, nella misura in cui sia noto che mettono in pericolo la salute delle gestanti e del nascituro, sempreché non figurino ancora nell'allegato II:a) sostanze etichettate R 40, R 45, R 46 e R 47 ai sensi della direttiva 67/548/CEE (²), purché non figurino ancora nell'allegato II;b) agenti chimici che figurano nell'allegato I della direttiva 90/394/CEE (³);c) mercurio e suoi derivati;d) medicamenti antimitotici;e) monossido di carbonio;f) agenti chimici pericolosi di comprovato assorbimento cutaneo.B. Processi- Processi industriali che figurano nell'allegato I della direttiva 90/394/CEE.C. Condizioni di lavoro- Lavori sotterranei di carattere minerario.(*) Vedi direttiva 80/836/Euratom (GU n. L 246 del 7. 9. 1980, pag. 1).(¹)GU n. L 374 del 31. 12. 1990, pag. 1.(²)GU n. L 196 del 16. 8. 1967, pag. 1. Direttiva modificata, da ultimo, dalla direttiva 90/517/CEE (GU n. L 287 del 19. 10. 1990, pag. 37).(³)GU n. L 196 del 26. 7. 1990, pag. 1.ALLEGATO II ELENCO NON ESAURIENTE DI AGENTI E CONDIZIONI DI LAVORO DI CUI ALL'ARTICOLO 6 A. Lavoratrici gestanti di cui all'articolo 2, lettera a)1. Agentia) Agenti fisici- Lavoro in atmosfera di sovrapressione elevata, ad esempio in camere sotto pressione, immersione subacquea.b) Agenti biologici- Toxoplasma,- Virus della rosolia,a meno che sussista la prova che la lavoratrice è sufficientemente protetta contro questi agenti dal suo stato di immunizzazione.c) Agenti chimici- Piombo e suoi derivati, nella misura in cui questi agenti possono essere assorbiti dall'organismo umano.2. Condizioni di lavoro- Lavori sotterranei di carattere minerario.B. Lavoratrici in periodo di allattamento di cui all'articulo 2, lettera c)1. Agentia) Agenti chimici- Piombo e suoi derivati, nella misura in cui tali agenti possono essere assorbiti dall'organismo umano.2. Condizioni di lavoro- Lavori sotterranei di carattere minerario.Dichiarazione del Consiglio e della Commissione relativa all'articolo 11, punto 3 della direttiva 92/85/CEE, iscritta nel processo verbale della 1608a sessione del Consiglio (Lussemburgo, 19 ottobre 1992) IL CONSIGLIO E LA COMMISSIONE hanno dichiarato:«Per determinare il livello delle indennità in conformità dell'articolo 11, punto 2, lettera b) e punto 3 si fa riferimento, per motivi puramente tecnici, all`indennità che la lavoratrice otterrebbe in caso di interruzione delle sue attività per motivi connessi allo stato di salute. Con tale riferimento non si intende assolutamente assimilare la gravidanza e il parto ad una malattia. La legislazione nazionale sulla sicurezza sociale di tutti gli Stati membri prevede il beneficio di un'indennità in caso di interruzione dell'attività professionale per motivi di salute. Il nesso con tale indennità nel testo della disposizione deve semplicemente servire ad indicare un importo di riferimento concreto e fisso in tutti gli Stati membri per la determinazione dell'importo minimo da pagare per l'indennità di maternità. Le indennità pagate in un singolo Stato membro che siano di importo superiore a quello stabilito nella direttiva sono naturalmente mantenute. Ciò risulta chiaro dall'articolo 1, paragrafo 3 della direttiva.»
Proteggere le lavoratrici gestanti e le giovani madri QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Punta a proteggere la salute e la sicurezza delle lavoratrici gestanti* o puerpere* e delle lavoratrici in periodo di allattamento*. PUNTI CHIAVE Gli Stati membri dell’Unione europea (Unione) sono tenuti a informare i datori di lavoro e le lavoratrici in merito alle linee guida della Commissione europea relative ai rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro derivanti da sostanze pericolose e processi industriali. Nel caso siano identificati rischi, i datori di lavoro sono tenuti a prendere provvedimenti per proteggere le lavoratrici interessate, ad esempio spostandole in un’altra posizione o accordando il congedo di maternità. Qualora tale congedo sia concesso, il datore di lavoro deve garantire i diritti connessi con il contratto di lavoro e il pagamento di un’indennità adeguata che compensi l’eventuale perdita di reddito. Le lavoratrici gestanti non sono tenute a effettuare turni di notte, con riserva della presentazione di un certificato medico. Le lavoratrici gestanti possono sottoporsi a esami clinici prenatali durante l’orario di lavoro senza perdita della retribuzione. La direttiva prevede 14 settimane di congedo di maternità delle quali due devono essere ripartite prima del parto. Le donne non devono essere licenziate a causa della loro gravidanza e maternità. Il regolamento di modifica (UE) 2019/1243 conferisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati per apportare modifiche strettamente tecniche all’allegato I, per tenere conto dei progressi tecnici, delle modifiche alle normative o delle specifiche internazionali e delle nuove scoperte. L’allegato I contiene un elenco non esauriente di agenti, processi e condizioni di lavoro di cui all’articolo 4 della direttiva (valutazione e informazione). L’allegato II contiene un elenco non esauriente di agenti e condizioni di lavoro di cui all’articolo 6 della direttiva (casi in cui l’esposizione è vietata). DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 24 novembre 1992 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali degli Stati membri entro il 24 novembre 1994. CONTESTO L’articolo 153 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea conferisce all’Unione l’autorità di adottare misure legislative nel campo della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, per sostenere e integrare le attività degli Stati membri. La direttiva 92/85/CEE fa parte di diverse «direttive derivate» adottate ai sensi della direttiva quadro 89/391/CEE sulla sicurezza e la salute dei lavoratori sul posto di lavoro (si veda la sintesi). Il principio 10 del pilastro europeo dei diritti sociali afferma che i lavoratori hanno diritto a un elevato livello di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. Per maggiori informazioni, si veda:Salute e sicurezza sul lavoro (Commissione europea)Direttiva 92/85/CEE — lavoratrici gestanti (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro). TERMINI CHIAVE Lavoratrice gestante: una donna che informa del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente alla normativa e/o alla prassi nazionale. Lavoratrice puerpera: una puerpera che, ai sensi della normativa e/o prassi nazionale, informi del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente a detta normativa e/o prassi. Lavoratrice in periodo di allattamento: una donna in periodo di allattamento che, ai sensi della normativa e/o prassi nazionale, informi del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente a tale normativa e/o prassi. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 348 del 28.11.1992, pag. 1). Le successive modifiche alla direttiva 92/85/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo X — Politica sociale — Articolo 153 (ex articolo 137 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 114). Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
9,184
579
32013D0034
false
DECISIONE 2013/34/PESC DEL CONSIGLIO del 17 gennaio 2013 relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 23 luglio 2012 il Consiglio ha riconosciuto che i drammatici cambiamenti avvenuti in Mali hanno richiesto un riesame delle azioni che l’Unione dovrebbe intraprendere per sostenere il ripristino di un governo democratico e dello stato di diritto nell’insieme del territorio del Mali. Ha chiesto all’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e alla Commissione di presentare proposte concrete per l’azione dell’Unione in diversi settori al fine di rispondere all’evolvere della situazione. (2) Con lettera del 18 settembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha chiesto il sostegno dell’Unione per ripristinare l’integrità territoriale del Mali. (3) Nella risoluzione 2071 (2012) sulla situazione in Mali, adottata il 12 ottobre 2012, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, esprimendo profonda preoccupazione per le conseguenze dell’instabilità nel nord del Mali sulla regione e al suo esterno e sottolineando la necessità di rispondere rapidamente per preservare la stabilità in tutta la regione del Sahel, ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali. (4) Nelle conclusioni del 15 ottobre 2012 il Consiglio ha chiesto che i lavori di pianificazione di un’eventuale missione militare nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) siano proseguiti e approfonditi con urgenza, elaborando in particolare un concetto di gestione della crisi relativo alla riorganizzazione e all’addestramento delle forze di difesa maliane, tenendo conto delle condizioni necessarie per il buon esito di tale eventuale missione, compreso il sostegno pieno e totale delle autorità maliane e la definizione di una strategia di uscita. (5) Nelle conclusioni del 19 novembre 2012 il Consiglio ha accolto con favore la presentazione del concetto di gestione della crisi da parte dell’AR e ha chiesto ai gruppi competenti di esaminarlo urgentemente per consentire al Consiglio di approvarlo nel dicembre 2012. (6) Il 10 dicembre 2012 il Consiglio ha approvato un concetto di gestione della crisi concernente un’eventuale missione militare di formazione nel quadro della PSDC in Mali. Il Consiglio ha sottolineato che una missione in Mali sarebbe un elemento fondamentale nell’approccio globale dell’Unione quale elaborato nella strategia per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel. (7) Con lettera datata 24 dicembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha trasmesso all’AR una lettera di invito in cui ha espresso apprezzamento per lo spiegamento di una missione militare di formazione dell’UE in Mali. (8) Il comitato politico e di sicurezza (CPS) dovrebbe esercitare, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico sulla missione militare dell’Unione, assicurarne la direzione strategica e adottare le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, del trattato sull’Unione europea (TUE). (9) È necessario negoziare e concludere accordi internazionali relativi allo status delle unità e del personale dell’UE e alla partecipazione di Stati terzi alle missioni dell’Unione. (10) È opportuno che le spese operative derivanti dalla presente decisione, che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, siano a carico degli Stati membri, a norma dell’articolo 41, paragrafo 2, TUE e conformemente alla decisione 2011/871/PESC del Consiglio, del 19 dicembre 2011, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) (1). (11) A norma dell’articolo 5 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Danimarca non partecipa all’elaborazione e all’attuazione di decisioni e azioni dell’Unione che hanno implicazioni nel settore della difesa. La Danimarca non partecipa all’attuazione della presente decisione e non contribuisce pertanto al finanziamento della presente missione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione 1. L’Unione conduce una missione militare di formazione (EUTM Mali), per fornire, nel sud del Mali, formazione e consulenza militare alle forze armate maliane (FAM) che operano sotto il controllo delle legittime autorità civili, al fine di contribuire al ripristino della loro capacità militare per consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale maliana e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici. 2. L’obiettivo dell’EUTM Mali è rispondere alle esigenze operative delle FAM fornendo: a) sostegno nella formazione a favore delle capacità delle FAM; b) formazione e consulenza in materia di comando, controllo, catena logistica e risorse umane, nonché formazione in materia di diritto umanitario internazionale, protezione di diritti civili e umani. 3. L’EUTM Mali mira a rafforzare le condizioni per il corretto controllo politico da parte delle legittime autorità civili delle FAM. 4. Le attività dell’EUTM Mali sono condotte in stretto coordinamento con altri attori coinvolti nel sostegno alle FAM, in particolare con le Nazioni Unite (ONU) e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas). Articolo 2 Nomina del comandante della missione dell’UE 1. Il generale di brigata François LECOINTRE è nominato comandante della missione dell’UE. 2. Il comandante della missione dell’UE esercita le funzioni di comandante dell’operazione dell’UE e di comandante della forza dell’UE. Articolo 3 Designazione della sede del comando della missione 1. Il comando della missione dell’EUTM Mali ha sede in Mali. Esso svolge le funzioni di comando operativo e di comando della forza. 2. Il comando della missione comprende una cellula di sostegno a Bruxelles. Articolo 4 Pianificazione e avvio dell’EUTM Mali La decisione sull’avvio dell’EUTM Mali è adottata dal Consiglio previa approvazione del piano della missione e delle regole di ingaggio. Articolo 5 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS esercita, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico e la direzione strategica dell’EUTM Mali. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38 TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando. Essa include inoltre le competenze necessarie per adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’UE. Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUTM Mali restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente dal presidente del Comitato militare dell’UE (EUMC) relazioni sulla condotta dell’EUTM Mali. Il CPS può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno. Articolo 6 Direzione militare 1. L’EUMC sorveglia la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’UE. 2. L’EUMC riceve periodicamente relazioni del comandante della missione dell’UE. Esso può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno. 3. Il presidente dell’EUMC agisce in qualità di punto di contatto primario con il comandante della missione dell’UE. Articolo 7 Coerenza della risposta e del coordinamento dell’Unione 1. L’AR garantisce l’attuazione della presente decisione e ne assicura altresì la coerenza con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione. 2. Fatta salva la catena di comando, il comandante della missione dell’UE riceve orientamenti politici locali dal capo della delegazione dell’Unione a Bamako in stretto coordinamento con il coordinatore UE per il Sahel. 3. L’EUTM Mali si coordina con la missione dell’Unione in ambito PSDC in Niger (EUCAP SAHEL Niger) per esplorare possibili sinergie. 4. L’EUTM Mali coordina le sue attività con le attività bilaterali degli Stati membri in Mali, nonché con altri attori internazionali nella regione, in particolare l’ONU, l’Unione africana (UA), l’Ecowas e attori bilaterali compresi gli Stati Uniti e il Canada, nonché con attori regionali chiave. Articolo 8 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatta salva l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico e in base agli orientamenti pertinenti del Consiglio europeo, gli Stati terzi possono essere invitati a partecipare all’EUTM Mali. 2. Il Consiglio autorizza il CPS a invitare gli Stati terzi a offrire un contributo e ad adottare, su raccomandazione del comandante della missione dell’UE e dell’EUMC, le pertinenti decisioni in merito all’accettazione dei contributi proposti. 3. Le modalità particolareggiate relative alla partecipazione di Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE. Quando l’Unione e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di quest’ultimo alle missioni di gestione delle crisi dell’Unione, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUTM Mali. 4. Gli Stati terzi che forniscono un contributo militare significativo all’EUTM Mali hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana dell’EUTM Mali, a quelli degli Stati membri che vi partecipano. 5. Il Consiglio autorizza il CPS ad adottare le pertinenti decisioni sull’istituzione di un comitato dei contributori, qualora Stati terzi forniscano contributi militari significativi. Articolo 9 Status del personale diretto dall’UE Lo status delle unità e del personale diretti dall’UE, compresi i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie per l’espletamento e il corretto svolgimento della missione, sono oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE. Articolo 10 Disposizioni finanziarie 1. I costi comuni dell’EUTM Mali sono gestiti a norma della decisione 2011/871/PESC. 2. L’importo di riferimento finanziario per i costi comuni dell'EUTM Mali è pari a 12,3 milioni di EUR. La percentuale dell’importo di riferimento di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della decisione 2011/871/PESC è pari al 50 % e la percentuale dell’impegno di cui all’articolo 32, paragrafo 3, della decisione 2011/871/PESC è pari al 70 %. Articolo 11 Comunicazione di informazioni 1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, secondo necessità e in funzione dei bisogni dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE, prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (2): a) fino al livello previsto nei pertinenti accordi sulla sicurezza delle informazioni conclusi tra l’Unione e lo Stato terzo in questione; oppure b) fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» negli altri casi. 2. L’AR è altresì autorizzato a comunicare all’ONU e all’Ecowas, in funzione dei bisogni operativi dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dell’ONU e dell’Ecowas. 3. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 4. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUTM Mali, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (3). 5. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi da 1 a 4, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui ai paragrafi 2 e 3 al personale del servizio europeo per l’azione esterna e/o al comandante della missione dell’UE. Articolo 12 Entrata in vigore e termine 1. La presente decisione entra in vigore alla data dell’adozione. 2. Il mandato dell’EUTM Mali termina 15 mesi dopo l’adozione della decisione del Consiglio di avviare l’EUTM Mali. 3. La presente decisione è abrogata a decorrere dalla data di chiusura della sede del comando della missione, conformemente alla pianificazione approvata per la conclusione dell’EUTM Mali e fatte salve le procedure relative alle attività di revisione e rendimento dei conti dell’EUTM Mali di cui alla decisione 2011/871/PESC. Fatto a Bruxelles, il 17 gennaio 2013 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) GU L 343 del 23.12.2011, pag. 35. (2) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17. (3) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell’11.12.2009, pag. 35).
Missione dell’Unione europea per la formazione nel Mali (EUTM Mali) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa autorizza una missione militare dell’Unione per contribuire alle forze armate maliane (FAM) al fine di ripristinare la capacità militare del Mali e consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici. PUNTI CHIAVE Risoluzione 2071 (2012) delle Nazioni UniteLa risoluzione del 2012 sulla situazione nel Mali ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali. La decisione intende rispondere a tale invito.Scopi Il mandato dell’EUTM Mali è stato rinnovato per quattro volte, la più recente in marzo 2020 tramite la decisione (PESC) 2020/434 che ha inoltre ridefinito gli obiettivi strategici della missione come segue:contribuire a migliorare la capacità operativa delle FAM sotto il controllo delle legittime autorità civili del Mali, fornendo alle FAM:consulenza militare, formazione, ivi compresa la formazione pre-schieramento, istruzione e tutoraggio militari, attraverso l’accompagnamento non esecutivo fino al livello tattico.Ciò dovrebbe consentire all’EUTM Mali di dare seguito alle attività delle FAM e di monitorarne i risultati e il comportamento, anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; sostenere il G5 Sahel, rendendo operative la forza congiunta del G5 Sahel e le forze armate nazionali nei paesi del G5 Sahel.La decisione comprende inoltre un aumento indicativo della dotazione finanziaria della missione a 133,7 milioni di euro per un periodo di quattro anni dal 19 maggio 2020 al 18 maggio 2024. Attività Le attività dell’EUTM Mali si basano su quattro linee di intervento:formazione delle unità militari maliane; consulenza alle FAM a tutti i livelli; contributi al miglioramento del sistema di istruzione militare, dalle scuole ai livelli ministeriali; consulenza e formazione alle sedi della forza congiunta del G5 Sahel.Controllo politico e direzione strategicaIl Comitato politico e di sicurezza (CPS) esercita il controllo politico e assicura la direzione strategica dell’EUTM Mali sotto la responsabilità del Consiglio e dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Al CPS sono conferiti taluni poteri dal Consiglio, che comprendono il potere di:modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando;adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’Unione. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. Il Comitato militare dell’Unione monitora la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’Unione. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 17 gennaio 2013. La validità della decisione è stata prorogata fino al 18 maggio 2024 dalla decisione (PESC) 2020/434. CONTESTO Nell’ambito della politica estera dell’Unione e in particolare della sua politica di sicurezza e di difesa comune, l’Unione ha adottato una strategia di sicurezza e sviluppo per il Sahel (che copre la Mauritania, il Mali e il Niger e parti del Burkina Faso e del Ciad). Per ulteriori informazioni, si consulti:EUTM Mali — Chi siamo (EUTM Mali). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2013/34/PESC del Consiglio, del 17 gennaio 2013, relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 14 del 18.1.2013, pag. 19). Le modifiche successive alla decisione 2013/34/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Decisione (PESC) 2020/434 del Consiglio, del 23 marzo 2020, che modifica la decisione 2013/34/PESC relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 89 del 24.3.2020, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Decisione (PESC) 2015/528 del Consiglio, del 27 marzo 2015, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) e che abroga la decisione 2011/871/PESC (GU L 84 del 28.3.2015, pag. 39).
5,891
354
32017D0865
false
DECISIONE (UE) 2017/865 DEL CONSIGLIO dell'11 maggio 2017 relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2, e l'articolo 83, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 5, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L'Unione europea ha partecipato insieme agli Stati membri in qualità di osservatore ai negoziati per la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica («convenzione»), che è stata adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011. La convenzione è stata aperta alla firma l'11 maggio 2011. (2) In conformità dell'articolo 75 della convenzione, la convenzione è aperta alla firma dell'Unione. (3) La convenzione istituisce un quadro giuridico completo e multiforme per tutelare le donne contro tutte le forme di violenza. Essa mira a prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze e la violenza domestica. La convenzione contempla una vasta gamma di misure, dalla raccolta dei dati e la sensibilizzazione alle misure legali per qualificare come reati diverse forme di violenza contro le donne. Essa comprende misure per la protezione delle vittime e la messa a disposizione di servizi di sostegno, e affronta la dimensione della violenza di genere in materia di asilo e migrazione. La convenzione istituisce uno specifico meccanismo di controllo per garantire l'attuazione efficace delle sue disposizioni a opera delle parti. (4) La firma della convenzione a nome dell'Unione contribuirà alla realizzazione della parità tra uomini e donne in tutti gli ambiti, quale valore e obiettivo fondamentale dell'Unione che quest'ultima deve perseguire in tutte le sue attività, ai sensi degli articoli 2 e 3 del trattato sull'Unione europea (TUE), dell'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)e dell'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La violenza contro le donne è una violazione dei loro diritti umani e una forma estrema di discriminazione, radicata nella disparità fra i generi e che contribuisce a mantenerla e rafforzarla. Impegnandosi ad attuare la convenzione, l'Unione conferma il proprio impegno a combattere la violenza contro le donne nel proprio territorio e a livello globale, e rafforza l'attuale azione politica e il quadro giuridico sostanziale esistente nel settore del diritto di procedura penale che è di particolare importanza per le donne e le ragazze. (5) Sia l'Unione che i suoi Stati membri hanno competenze nei settori contemplati dalla convenzione. (6) È opportuno firmare la convenzione a nome dell'Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell'Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all'asilo e al non respingimento. Gli Stati membri mantengono le rispettive competenze nella misura in cui la convenzione non incide sulle norme comuni o ne modifica la portata. (7) L'Unione ha altresì competenza esclusiva per accettare gli obblighi stabiliti dalla convenzione per quanto riguarda le proprie istituzioni e l'amministrazione pubblica. (8) Poiché la competenza dell'Unione e le competenze degli Stati membri sono interconnesse, l'Unione dovrebbe aderire alla convenzione unitamente ai suoi Stati membri, così da poter adempiere insieme agli obblighi stabiliti dalla convenzione ed esercitare in maniera coerente i diritti loro conferiti. (9) La presente decisione riguarda le disposizioni della convenzione sulla cooperazione giudiziaria in materia penale nella misura in cui tali disposizioni incidono sulle norme comuni o ne modificano la portata. Non riguarda gli articoli 60 e 61 della convenzione, i quali sono oggetto di una distinta decisione del Consiglio relativa alla firma, che sarà adottata in parallelo alla presente decisione. (10) L'Irlanda e il Regno Unito sono vincolati dalle direttive 2011/36/UE (1) e 2011/93/UE (2) del Parlamento europeo e del Consiglio e partecipano quindi all'adozione della presente decisione. (11) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione. (12) È opportuno firmare la convenzione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 È autorizzata, a nome dell'Unione europea, la firma della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale, con riserva della conclusione di tale convenzione (3). Articolo 2 Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare la convenzione a nome dell'Unione. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2017 Per il Consiglio Il presidente R. GALDES (1) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1). (2) Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1). (3) Il testo della convenzione sarà pubblicato unitamente alla decisione sulla sua conclusione.
Adesione dell’Unione europea alla convenzione di Istanbul QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI? È autorizzata, a nome dell’Unione europea (Unione), la firma della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione. Questo è un passo importante per l’Unione nel far parte interamente, insieme agli Stati membri dell’Unione, alla Convenzione di Istanbul. PUNTI CHIAVE Convenzione di Istanbul ricopre materie ricadenti nella competenza dell’Unione e dei suoi Stati membri.L’Unione dovrebbe dunque diventare parte della convenzione insieme agli Stati membri cosicché questi possano ottemperare efficacemente dagli obblighi stabiliti nella convenzione. È opportuno firmare la convenzione a nome dell’Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all’asilo e al non respingimento (protezione di una persona contro l’espulsione o ritornare in un paese dove ci sarebbe ragione di paura per persecuzione, uno dei componenti essenziali di status di rifugiato e diritto di asilo). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Esse si applicano dal 9 giugno 2017. CONTESTO La convenzione di Istanbul si è confermato come il regime internazionale del trattato nella prevenzione e la lotto contro la violenza sulle donne* e violenza domestica*. È stata presentata e aperta per la firma nel 2011 ed è entrata in vigore dall’agosto del 2014. È aperta alla firma da parte dell’Unione, il quale ha partecipato insieme agli stati membri come un osservatore nella sua negoziazione. Decisione (UE) 2017/865 e (UE) 2017/866 sono state adottate nel contesto del 2017 , essendo dichiarato dalla Commissione europea come anno incentrato sulle azione per combattere la violenze sulle donne. Per ulteriori informazioni, si veda:Giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne- scheda (Commissione Europea) TERMINI CHIAVE Violenza domestica contro le donne Come definito nella convenzione di Istanbul, atti di violenza di genere (ossia violenza diretta sulla donna, perché identificata come donna, o che influisce sulle donne sproporzionatamente) che producono, o possa produrre danni o sofferenze fisica, psicologica, sessuale ed economica per le donne nonché la minaccia di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà sia nella vita pubblica che nella vita privata. Violenza domestica Come definito nella convenzione di Istanbul, tutti gli atti di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica che si verificano nel contesto domestico o familiare, tra ex o attuale coniuge, o compagni, se non autore di condivisioni o che abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2017/865 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 11). Decisione (UE) 2017/866 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda l’asilo e il non-respingimento (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 13). DOCUMENTI CORRELATI Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), Strasbourg 12 aprile 2011.
3,201
322
32016H0220(01)
false
RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 15 febbraio 2016 sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (2016/C 67/01) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, in combinato disposto con l’articolo 148, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) Il tasso di disoccupazione nell’Unione, dopo essere aumentato fino a raggiungere un livello senza precedenti in seguito alla crisi economica e finanziaria del 2008-09, è attualmente in calo, mentre quello della disoccupazione di lungo periodo resta molto elevato. La disoccupazione di lungo periodo colpisce ogni Stato membro in misura diversa, in particolare in quanto l’impatto della crisi è stato disuguale e la situazione macroeconomica, la struttura economica e il funzionamento del mercato del lavoro differiscono da uno Stato membro all’altro. (2) Dopo anni di crescita debole e scarsa creazione di posti di lavoro, nel 2014 la disoccupazione di lungo periodo, definita da Eurostat come numero di persone che non hanno un lavoro e lo cercano attivamente da almeno un anno, ha colpito più di 12 milioni di persone, pari al 5 % della popolazione attiva dell’Unione, il 62 % delle quali era stato disoccupato per almeno due anni consecutivi. (3) La disoccupazione di lungo periodo sta colpendo le persone interessate, riducendo le potenzialità di crescita delle economie dell’Unione, aumentando il rischio di esclusione sociale, povertà e disuguaglianza e aggravando ulteriormente gli oneri sostenuti da servizi sociali e finanze pubbliche. Essa comporta perdita di reddito, decadimento delle competenze, maggiore incidenza dei problemi di salute e aumento della povertà delle famiglie. (4) Tra le persone più esposte alla disoccupazione di lungo periodo vi sono quelle con competenze o qualifiche scarse, i cittadini di paesi terzi, le persone con disabilità e le minoranze svantaggiate come i rom. Anche l’attività lavorativa svolta in precedenza da una persona svolge un ruolo importante, in quanto in alcuni paesi gli aspetti settoriali e ciclici sono fondamentali per spiegare la persistenza della disoccupazione di lungo periodo. (5) Ogni anno quasi un quinto dei disoccupati di lungo periodo nell’Unione si scoraggia e diventa inattivo perché la ricerca di un lavoro resta senza frutti. Gli ostacoli all’inserimento nel mercato del lavoro sono vari e spesso si sommano, cosicché per tale inserimento occorrono un approccio personalizzato e l’erogazione coordinata di servizi. (6) I disoccupati di lungo periodo rappresentano la metà del numero totale di disoccupati nell’Unione, ma meno di un quinto dei partecipanti a misure attive del mercato del lavoro. Di conseguenza solo una bassa percentuale di disoccupati di lungo periodo (in media il 24 %) beneficia del sussidio di disoccupazione. (7) Gli investimenti in capitale umano dovrebbero essere potenziati e resi più efficaci affinché possano conferire capacità e competenze utili e significative a un numero maggiore di persone, ovviare alle carenze di competenze e gettare le basi per una transizione agevole dall’apprendimento al lavoro e per il mantenimento dell’occupabilità. Migliorare l’efficacia e la pertinenza dei sistemi di istruzione e formazione contribuirà a ridurre il numero di nuovi disoccupati. A tal fine dovrebbe essere perseguita la modernizzazione dei sistemi di istruzione e di formazione in linea con gli obiettivi del semestre europeo, le conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET 2020) (1) e la raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2). (8) Al fine di sviluppare una strategia coordinata per l’occupazione, gli orientamenti del 2015 per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (3) invitano a ridurre significativamente la disoccupazione strutturale e di lungo periodo ricorrendo a strategie globali in grado di sostenersi reciprocamente che includano un sostegno attivo personalizzato per il reinserimento nel mercato del lavoro. (9) Se da un lato gli Stati membri rimangono competenti per la scelta delle misure del mercato del lavoro più adeguate alla loro situazione specifica, dall’altro lato gli orientamenti invitano gli Stati membri a promuovere l’occupabilità investendo nel capitale umano attraverso sistemi di istruzione e formazione efficaci ed efficienti che innalzino il livello di competenza della forza lavoro, e invitano inoltre più specificamente gli Stati membri a incoraggiare i sistemi di apprendimento basati sul lavoro come l’apprendimento duale e a potenziare la formazione professionale. Più in generale, gli orientamenti invitano gli Stati membri a prendere in considerazione i principi della flessicurezza e a rafforzare le misure attive del mercato del lavoro aumentandone efficacia, obiettivi, portata, campo d’azione e interazione con il sostegno al reddito e l’erogazione di servizi sociali. (10) Le iniziative proposte nella presente raccomandazione dovrebbero risultare pienamente compatibili con le raccomandazioni specifiche per paese formulate nel contesto del semestre europeo e la loro attuazione dovrebbe avvenire nel pieno rispetto delle regole del patto di stabilità e crescita. (11) La raccomandazione 2008/867/CE della Commissione, del 3 ottobre 2008, relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro (4), delinea una strategia globale e integrata a favore dell’inclusione attiva di coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro, combinando un adeguato sostegno al reddito, mercati del lavoro in grado di favorire l’inserimento e l’accesso a servizi di qualità. L’obiettivo è facilitare l’inserimento di coloro che sono in grado di lavorare in posti di lavoro sostenibili e di qualità e di fornire loro risorse sufficienti per vivere dignitosamente. (12) Il Fondo sociale europeo è il principale strumento finanziario dell’Unione per affrontare la disoccupazione di lungo periodo. Per il periodo 2014-2020, gli Stati membri hanno stanziato somme consistenti per sostenere l’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. Anche altri fondi, come il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, possono integrare le misure finanziate dal Fondo sociale europeo in conformità con gli stanziamenti per le pertinenti priorità di investimento per il periodo 2014-2020, in particolare sostenendo la creazione di posti di lavoro, la modernizzazione dei servizi pubblici dell’impiego e la formazione professionale, la formazione di competenze e l’apprendimento permanente. In questo contesto, le future discussioni in materia dovrebbero considerare le modalità per rafforzare ulteriormente l’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. (13) La raccomandazione del Consiglio del 20 dicembre 2012 sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (5) invita a prendere iniziative volte a offrire alle persone l’opportunità di dimostrare quanto hanno appreso al di fuori dell’istruzione e della formazione formali. (14) Le conclusioni del Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013 hanno sottolineato che affrontare la disoccupazione è la sfida sociale più importante e che è di fondamentale importanza ridurre la disoccupazione di lungo periodo e garantire la piena partecipazione dei lavoratori anziani. (15) Il Parlamento europeo ha indicato la disoccupazione di lungo periodo come uno dei principali ostacoli alla crescita. (16) È opportuno intensificare le iniziative volte a inserire nel mercato del lavoro le persone più gravemente interessate dalla disoccupazione di lungo periodo tenendo conto delle pratiche nazionali, nonché aumentare il tasso di registrazione presso i servizi per l’impiego e altri organi competenti, cosa che permetterebbe di affrontare il problema della mancanza di copertura delle misure di sostegno. I paesi con un gran numero di disoccupati di lungo periodo registrati possono attribuire priorità nei loro interventi a coloro che sono già registrati. (17) Un approccio preventivo sarebbe vantaggioso in termini di efficienza ed efficacia. Dovrebbero essere rafforzate e, se del caso, completate misure di prevenzione e attivazione che si concentrino in particolare sull’inizio del periodo di disoccupazione. Iniziative specifiche per i disoccupati di lungo periodo registrati dovrebbero essere intraprese al più tardi al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione: questo infatti è il momento in cui in molti Stati membri cambiano i meccanismi e i servizi di sostegno per questo particolare gruppo. (18) Gli approcci personalizzati per sostenere i disoccupati di lungo periodo dovrebbero affrontare gli ostacoli che hanno portato al persistere della disoccupazione, aggiornando e completando la valutazione iniziale effettuata al momento della registrazione. Ciò consentirà di orientare i disoccupati di lungo periodo verso servizi di sostegno sufficientemente adattati alle esigenze individuali, quali consulenza sulla gestione dei debiti, riabilitazione, servizi di assistenza sociale, servizi di assistenza, integrazione dei migranti, assistenza abitativa e per la mobilità, intesi ad affrontare gli ostacoli all’occupazione e consentire loro di raggiungere obiettivi chiari che conducano all’occupazione. (19) Il coinvolgimento dei datori di lavoro nell’inserimento dei disoccupati di lungo periodo è essenziale e andrebbe sostenuto attraverso l’erogazione di servizi ad hoc da parte dei servizi dell’impiego insieme a incentivi finanziari mirati e al coinvolgimento delle parti sociali. Un maggior coinvolgimento dei datori di lavoro, integrato da misure intese a rafforzare la creazione di posti di lavoro nell’economia, può accrescere ulteriormente l’efficacia delle misure di inserimento. (20) Recenti iniziative politiche, come la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull’istituzione di una garanzia per i giovani (6), sollecitano la collaborazione nell’ambito di partnership come nuovo metodo per attuare le politiche sociali e occupazionali. L’erogazione coordinata di servizi è fondamentale, in particolare negli Stati membri in cui la responsabilità di sostenere i disoccupati di lungo periodo è ripartita tra i servizi pubblici per l’impiego, gli enti per la previdenza sociale e le amministrazioni locali. (21) Tale accordo di inserimento lavorativo, redatto in modo da riflettere la situazione di un singolo disoccupato di lungo periodo, dovrebbe contenere un pacchetto dettagliato delle misure personalizzate disponibili a livello nazionale (quali quelle relative a mercato del lavoro, istruzione, formazione e servizi di assistenza sociale) destinato a sostenere un disoccupato di lungo periodo e dargli gli strumenti per superare gli ostacoli specifici all’occupazione. Gli accordi dovrebbero definire obiettivi, calendari, obblighi dei disoccupati di lungo periodo e offerta del prestatore o dei prestatori di servizi e dovrebbero indicare le misure di inserimento disponibili. (22) Le iniziative proposte nella presente raccomandazione dovrebbero tener conto della diversità degli Stati membri e dei loro diversi punti di partenza per quanto riguarda la situazione macroeconomica, il livello della disoccupazione di lungo periodo e la relativa fluttuazione, le caratteristiche istituzionali, le differenze regionali e la capacità dei vari soggetti che intervengono sul mercato del lavoro. Tali azioni dovrebbero integrare e rafforzare l’approccio politico attualmente seguito in molti Stati membri, in particolare introducendo componenti flessibili come l’approccio personalizzato e l’erogazione coordinata di servizi, e coinvolgendo i datori di lavoro. (23) La presente raccomandazione rispetta, rafforza e migliora debitamente i diritti fondamentali, stabiliti in particolare dall’articolo 29 e dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI: sostenere la registrazione delle persone in cerca di lavoro e un maggiore orientamento al mercato del lavoro delle misure di inserimento, tra l’altro tramite un più stretto legame con i datori di lavoro; fornire una valutazione individuale ai disoccupati di lungo periodo; offrire un accordo di inserimento lavorativo specifico quando i disoccupati abbiano raggiunto al più tardi i 18 mesi di disoccupazione. Ai fini della presente raccomandazione, per «accordo di inserimento lavorativo» si intende un accordo scritto tra un disoccupato di lungo periodo registrato e un punto di contatto unico avente l’obiettivo di facilitare la transizione dell’interessato verso l’occupazione sul mercato del lavoro. A tal fine è necessario: Registrazione 1) Favorire la registrazione delle persone in cerca di lavoro presso un servizio per l’impiego, in particolare attraverso una migliore informazione sul sostegno disponibile. Valutazione e approccio individuale I servizi per l’impiego, unitamente ad altri partner che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, forniscono un orientamento personalizzato ai soggetti interessati. 2) Garantire che ai disoccupati di lungo periodo registrati siano offerti approfonditi orientamenti e valutazioni individuali al più tardi al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione. La valutazione dovrebbe illustrare le loro prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i tentativi precedenti di cercare lavoro. 3) Informare i disoccupati di lungo periodo registrati delle offerte di lavoro e del sostegno disponibile nei diversi settori dell’economia e, ove opportuno, in regioni diverse e in altri Stati membri, in particolare mediante i servizi europei dell’occupazione (EURES). Accordi di inserimento lavorativo Ai disoccupati di lungo periodo registrati che non beneficiano della garanzia per i giovani viene offerto al più tardi, al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione, un accordo di inserimento lavorativo che dovrebbe comprendere almeno un’offerta di servizio individuale volta a trovare un lavoro e l’individuazione di un punto di contatto unico. 4) Mirare ai bisogni specifici dei disoccupati di lungo periodo registrati mediante un accordo di inserimento lavorativo che combini interventi e servizi pertinenti forniti da organizzazioni diverse. a) L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe dettagliare esplicitamente gli obiettivi, i calendari e gli obblighi che il disoccupato di lungo periodo registrato deve rispettare, ad esempio la ricerca attiva di un lavoro, l’accettazione di offerte di lavoro adeguate e la partecipazione a misure di istruzione o formazione, riqualificazione o occupazione. b) L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe inoltre dettagliare l’offerta del prestatore o dei prestatori di servizi al disoccupato di lungo periodo. A seconda della disponibilità negli Stati membri e sulla base delle circostanze del singolo disoccupato di lungo periodo registrato, l’accordo di inserimento lavorativo potrebbe comprendere assistenza nella ricerca di un lavoro e nel posto di lavoro, convalida dell’apprendimento non formale e informale, riabilitazione, consulenza e orientamento, istruzione, istruzione e formazione professionale, esperienza di lavoro, assistenza sociale, educazione e cura della prima infanzia, servizi di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine, consulenza per la gestione dei debiti, assistenza abitativa e per la mobilità. c) L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe essere periodicamente monitorato alla luce dell’evoluzione della situazione individuale del disoccupato di lungo periodo registrato e, se necessario, adattato per migliorare la transizione verso l’occupazione. 5) Mettere in atto le disposizioni necessarie a garantire continuità e individuare un punto di contatto unico, incaricato di sostenere il disoccupato di lungo periodo registrato attraverso un’offerta coordinata di servizi che coinvolge i servizi per l’impiego e di assistenza sociale disponibili. Tale punto di contatto potrebbe essere basato su un quadro di coordinamento interistituzionale e/o essere individuato nell’ambito di strutture esistenti. Facilitare la trasmissione agevole e sicura, fra i prestatori di servizi interessati, delle informazioni pertinenti relative al sostegno precedente ai disoccupati di lungo periodo registrati e alle valutazioni individuali nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati, garantendo in tal modo la continuità del servizio. Consentire una migliore diffusione delle informazioni pertinenti sulle offerte di lavoro e sulle opportunità di formazione ai fornitori di servizi coinvolti e far sì che tali informazioni raggiungano i disoccupati di lungo periodo. Legami più stretti con i datori di lavoro 6) Incoraggiare e sviluppare partnership tra datori di lavoro, parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche, servizi sociali ed erogatori d’istruzione e formazione per fornire servizi che rispondano meglio alle esigenze delle imprese e dei disoccupati di lungo periodo registrati. 7) Sviluppare servizi per i datori di lavoro quali controllo delle offerte di lavoro, sostegno al collocamento, tutoraggio e formazione sul luogo di lavoro e sostegno post-collocamento, così da agevolare il reinserimento professionale dei disoccupati di lungo periodo registrati. 8) Concentrare gli eventuali incentivi finanziari sui regimi che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, come le sovvenzioni alle assunzioni e la riduzione dei contributi di sicurezza sociale, per incrementare le opportunità di lavoro dei disoccupati di lungo periodo registrati. RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI E ALLA COMMISSIONE DI: Valutazione e monitoraggio 9) Monitorare in sede di comitato per l’occupazione, in stretta cooperazione con il comitato per la protezione sociale riguardo all’erogazione dei servizi sociali e di sostegno al reddito, l’attuazione della presente raccomandazione attraverso la sorveglianza multilaterale nel quadro del semestre europeo e attraverso il quadro di valutazione comune di indicatori. Il monitoraggio dovrebbe dare riscontri in merito alla percentuale di disoccupati di lungo periodo registrati che hanno ritrovato lavoro, alla sostenibilità del loro inserimento nel mercato del lavoro e all’uso fatto degli accordi di inserimento lavorativo. La rete europea dei servizi pubblici per l’impiego dovrebbe contribuire a tale monitoraggio. 10) Incoraggiare la valutazione della prestazione dei servizi pubblici per l’impiego per quanto riguarda l’inserimento nel mercato del lavoro dei disoccupati di lungo periodo registrati, la condivisione di esperienze e lo scambio di buone pratiche nel quadro del processo di apprendimento comparativo della rete europea dei servizi pubblici per l’impiego istituita dalla decisione n. 573/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l’impiego (SPI) (7). 11) Cooperare per impiegare al meglio i fondi strutturali e di investimento europei, in particolare il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, in conformità con le pertinenti priorità di investimento dei programmi 2014-2020. RACCOMANDA ALLA COMMISSIONE DI: 12) Sostenere e coordinare le iniziative volontarie e le alleanze di imprese impegnate nell’inserimento sostenibile dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. 13) Sostenere progetti di innovazione sociale per inserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro, in particolare attraverso la sezione Progress del programma dell’Unione per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI). 14) Valutare, in cooperazione con gli Stati membri e previa consultazione delle parti interessate, le iniziative prese in seguito alla presente raccomandazione, e presentare una relazione al Consiglio entro il 15 febbraio 2019 sui risultati della valutazione. Fatto a Bruxelles, il 15 febbraio 2016 Per il Consiglio Il presidente M.H.P. VAN DAM (1) GU C 119 del 28.5.2009, pag. 2. (2) GU L 394 del 30.12.2006, pag. 10. (3) Decisione (UE) 2015/1848 del Consiglio, del 5 ottobre 2015, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2015 (GU L 268 del 15.10.2015, pag. 28). (4) GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11. (5) GU C 398 del 22.12.2012, pag. 1. (6) GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1. (7) GU L 159 del 28.5.2014, pag. 32.
Reinserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Oltre ai suoi effetti sui singoli, la disoccupazione di lungo periodo rallenta il potenziale di crescita delle economie dell’Unione europea (UE) e aumenta il rischio di esclusione sociale, di povertà e di disuguaglianza, aggiungendosi ai costi dei servizi sociali e delle finanze pubbliche. La raccomandazione intende offrire ai paesi dell’UE un modello per risolvere il problema. PUNTI CHIAVE Raccomandazioni per i paesi dell’UE Le persone in cerca di lavoro devono essere incoraggiate a registrarsi presso un servizio per l’impiego, attraverso una migliore informazione sul sostegno disponibile. Entro 18 mesi di disoccupazione, i disoccupati dovrebbero ricevere l’offerta di un accordo di inserimento lavorativo, che includa: un punto di contatto unico per aiutarli a trovare un’occupazione; una valutazione individuale che illustri le prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i precedenti tentativi connessi alla ricerca di lavoro; una combinazione dei vari servizi pertinenti forniti dalle diverse organizzazioni; un orientamento individuale da parte dei servizi per l’impiego e di altri partner; obiettivi e obblighi chiari, ad esempio la ricerca attiva di un lavoro, l’accettazione di offerte di lavoro adeguate e la partecipazione a misure di istruzione o formazione. L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe riportare in dettaglio quali sono i servizi offerti al disoccupato. A seconda della disponibilità in ogni paese dell’UE, e delle circostanze individuali, l’accordo potrebbe anche includere: l’assistenza nella ricerca di un lavoro e sul posto di lavoro; la convalida dell’apprendimento non formale* e informale*; la riabilitazione, la consulenza e l’orientamento; l’istruzione in generale e l’istruzione e la formazione professionale; l’esperienza di lavoro; l’assistenza sociale; l’educazione e la cura della prima infanzia; i servizi di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine; la consulenza per la gestione del debito; l’assistenza abitativa e per la mobilità. L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe essere periodicamente monitorato adattandosi ai cambiamenti delle circostanze. Fra i fornitori di servizi ci dovrebbero essere scambi sicuri e protetti delle informazioni relative al sostegno precedente e alle valutazioni, mentre per i disoccupati migliori informazioni sulle offerte di lavoro e sulle opportunità di formazione. Se del caso, tali opportunità possono trovarsi in regioni diverse e in altri paesi europei, in particolare tramite il portale europeo della mobilità professionale (EURES). Legami più stretti con i datori di lavoro I paesi dell’UE dovrebbero inoltre: incoraggiare e sviluppare partnership tra datori di lavoro, parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche, servizi sociali ed erogatori d’istruzione e formazione; sviluppare servizi per i datori di lavoro come il controllo delle offerte di lavoro, il sostegno al collocamento, il tutoraggio e la formazione sul luogo di lavoro e il sostegno post-collocamento; concentrare gli incentivi finanziari sui regimi che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, come le sovvenzioni alle assunzioni e la riduzione dei contributi di sicurezza sociale. Valutazione e monitoraggio L’attuazione dovrebbe essere monitorata all’interno del comitato per l’occupazione dell’UE, in particolare: la percentuale di disoccupati di lungo periodo registrati che hanno ritrovato lavoro; la sostenibilità del loro inserimento; l’uso fatto degli accordi di inserimento lavorativo. I servizi pubblici per l’impiego dovrebbero essere valutati e dovrebbe essere incoraggiata la condivisione di esperienze e lo scambio di buone pratiche. I paesi dell’UE e la Commissione dovrebbero cooperare per impiegare al meglio i fondi strutturali e di investimento europei, in particolare il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo per lo sviluppo rurale. Raccomandazioni per la Commissione La Commissione è invitata a: sostenere e coordinare le iniziative volontarie e le alleanze di imprese impegnate nell’inserimento sostenibile dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro; sostenere progetti di innovazione sociale per inserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro, in particolare attraverso la sezione Progress del programma dell’Unione per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI); valutare le iniziative intraprese in seguito alla presente raccomandazione, e presentare una relazione al Consiglio entro il 15 febbraio 2019. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Disoccupazione di lungo periodo» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Apprendimento non formale: apprendimento organizzato (ad esempio guidato da un insegnante o da una persona con più esperienza rispetto all’individuo cui si rivolge) che può anche non essere basato su un programma di studi. Si basa sulle competenze di un singolo studente ma non si traduce in una qualifica formale, come ad esempio il movimento scout. Apprendimento informale: apprendimento che non si basa su un programma di studi e che non si traduce in qualifiche. L’insegnante è qualcuno con più esperienza rispetto al discente, ad esempio un genitore che insegna l’alfabeto a un bambino. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione del Consiglio, del 15 febbraio 2016, sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (GU C 67 del 20.2.2016, pagg. 1-5) DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) 2015/1848 del Consiglio, del 5 ottobre 2015, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2015 (GU L 268 del 15.10.2015 pagg. 28-32)
7,613
73
32000L0043
false
Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica Gazzetta ufficiale n. L 180 del 19/07/2000 pag. 0022 - 0026 Direttiva 2000/43/CE del Consigliodel 29 giugno 2000che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnicaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 13,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),visto il parere del Comitato delle regioni(4),considerando quanto segue:(1) Il trattato sull'Unione europea segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa.(2) Conformemente all'articolo 6 del trattato sull'Unione europea, l'Unione europea si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono comuni a tutti gli Stati membri e dovrebbe rispettare i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.(3) Il diritto all'uguaglianza dinanzi alla legge e alla protezione di tutte le persone contro le discriminazioni costituisce un diritto universale riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dalla Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, dalla Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, dai Patti delle Nazioni Unite relativi rispettivamente ai diritti civili e politici e ai diritti economici, sociali e culturali e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di cui tutti gli Stati membri sono firmatari.(4) È importante rispettare tali diritti e libertà fondamentali, tra cui il diritto alla libertà di associazione. È altresì importante riguardo all'accesso ai beni e ai servizi e alla fornitura degli stessi, rispettare la protezione della vita privata e familiare e delle transazioni operate in tale contesto.(5) Il Parlamento europeo ha adottato numerose risoluzioni sulla lotta contro il razzismo nell'Unione europea.(6) L'Unione europea respinge le teorie che tentano di dimostrare l'esistenza di razze umane distinte. L'uso del termine "razza" nella presente direttiva non implica l'accettazione di siffatte teorie.(7) Il Consiglio europeo riunitosi a Tempere il 15 e 16 ottobre 1999 ha invitato la Commissione a presentare quanto prima proposte di attuazione dell'articolo 13 del trattato CE per quanto riguarda la lotta contro il razzismo e la xenofobia.(8) Gli orientamenti in materia di occupazione per il 2000, approvati dal Consiglio europeo di Helsinki del 10 e 11 dicembre 1999, ribadiscono la necessità di promuovere le condizioni per una partecipazione più attiva sul mercato del lavoro, formulando un insieme coerente di politiche volte a combattere la discriminazione nei confronti di gruppi quali le minoranze etniche.(9) Le discriminazioni basate sulla razza o sull'origine etnica possono pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà. Esse possono anche compromettere l'obiettivo di sviluppare l'Unione europea in direzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.(10) Nel dicembre del 1995 la Commissione ha presentato una comunicazione intitolata "Contro il razzismo, la xenofobia e l'antisemitismo".(11) Il 15 luglio 1996 il Consiglio ha adottato un'azione comune (96/443/GAI) nell'ambito dell'azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia(5) in cui gli Stati membri si impegnano ad assicurare un'effettiva cooperazione giudiziaria per quanto riguarda i reati basati sui comportamenti razzisti o xenofobi.(12) Per assicurare lo sviluppo di società democratiche e tolleranti che consentono la partecipazione di tutte le persone a prescindere dalla razza o dall'origine etnica, le azioni specifiche nel campo della lotta contro le discriminazioni basate sulla razza o l'origine etnica dovrebbero andare al di là dell'accesso alle attività di lavoro dipendente e autonomo e coprire ambiti quali l'istruzione, la protezione sociale, compresa la sicurezza sociale e l'assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura.(13) Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata sulla razza o l'origine etnica nei settori di cui alla presente direttiva dovrebbe pertanto essere proibita in tutta la Comunità. Tale divieto di discriminazione dovrebbe applicarsi anche nei confronti dei cittadini dei paesi terzi, ma non comprende le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e lascia impregiudicate le disposizioni che disciplinano l'ingresso e il soggiorno di cittadini dei paesi terzi e il loro accesso all'occupazione e all'impiego.(14) Nell'attuazione del principio della parità di trattamento a prescindere dalla razza e dall'origine etnica la Comunità dovrebbe mirare, conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del trattato CE, ad eliminare le inuguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne, soprattutto in quanto le donne sono spesso vittime di numerose discriminazioni.(15) La valutazione dei fatti sulla base dei quali si può argomentare che sussiste discriminazione diretta o indiretta è una questione che spetta alle autorità giudiziarie nazionali o ad altre autorità competenti conformemente alle norme e alle prassi nazionali. Tali norme possono prevedere in particolare che la discriminazione indiretta sia stabilita con qualsiasi mezzo, compresa l'evidenza statistica.(16) È importante proteggere tutte le persone fisiche contro la discriminazione per motivi di razza o di origine etnica. Gli Stati membri dovrebbero inoltre, se del caso e conformemente alle rispettive tradizioni e prassi nazionali, prevedere una protezione per le persone giuridiche che possono essere discriminate per motivi di razza o origine etnica dei loro membri.(17) Il divieto di discriminazione non dovrebbe pregiudicare il mantenimento o l'adozione di misure volte a prevenire o compensare gli svantaggi incontrati da un gruppo di persone di una determinata razza od origine etnica e tali misure possono permettere le organizzazioni delle persone in questione se il loro principale obiettivo è la promozione di speciali necessità delle stesse.(18) In casi strettamente limitati, una differenza di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata alla razza o all'origine etnica costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, la finalità è legittima e il requisito è proporzionato. Tali casi dovrebbero essere indicati nelle informazioni trasmesse dagli Stati membri alla Commissione.(19) Le vittime di discriminazione a causa della razza o dell'origine etnica dovrebbe disporre di mezzi adeguati di protezione legale. Al fine di assicurare un livello più efficace di protezione, anche alle associazioni o alle persone giuridiche dovrebbe essere conferito il potere di avviare una procedura, secondo le modalità stabilite dagli Stati membri, per conto o a sostegno delle vittime, fatte salve norme procedurali nazionali relative a rappresentanza e difesa in giustizia.(20) L'efficace attuazione del principio di parità richiede un'adeguata protezione giuridica in difesa delle vittime.(21) Le norme in materia di onere della prova devono essere adattate quando vi sia una presunzione di discriminazione e, per l'effettiva applicazione del principio della parità di trattamento, l'onere della prova debba essere posto a carico del convenuto nel caso in cui siffatta discriminazione sia dimostrata.(22) Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare le norme in materia di onere della prova ai procedimenti in cui spetta al giudice o ad altro organo competente indagare sui fatti. I procedimenti in questione sono pertanto quelli in cui l'attore non deve dimostrare i fatti, sui quali spetta al giudice o ad altro organo competente indagare.(23) Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo tra le parti sociali e con organizzazioni non governative ai fini della lotta contro varie forme di discriminazione.(24) La protezione contro le discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica sarà di per sé rafforzata dall'esistenza in ciascuno Stato membro di un organismo o di organismi incaricati di analizzare i problemi in questione, studiare possibili soluzioni e fornire assistenza concreta alle vittime.(25) La presente direttiva fissa requisiti minimi, lasciando liberi gli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli. L'attuazione della presente direttiva non dovrebbe servire da giustificazione per un regresso rispetto alla situazione preesistente in ciascuno Stato membro.(26) Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive applicabili in caso di violazione degli obblighi risultanti dalla presente direttiva.(27) Per quanto concerne le disposizioni che rientrano nel campo di applicazione di contratti collettivi, gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva, fermo restando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva.(28) In base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità enunciati all'articolo 5 del trattato CE lo scopo della presente direttiva, volta a garantire un elevato livello di protezione contro la discriminazione in tutti gli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e dell'impatto dell'azione proposta, essere meglio realizzato a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1ObiettivoLa presente direttiva mira a stabilire un quadro per la lotta alle discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento.Articolo 2Nozione di discriminazione1. Ai fini della presente direttiva, il principio della parità di trattamento comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell'origine etnica.2. Ai fini del paragrafo 1:a) sussiste discriminazione diretta quando, a causa della sua razza od origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga;b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.3. Le molestie sono da considerarsi, ai sensi del paragrafo 1, una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato per motivi di razza o di origine etnica e avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. In questo contesto, il concetto di molestia può essere definito conformemente alle leggi e prassi nazionali degli Stati membri.4. L'ordine di discriminare persone a causa della razza o dell'origine etnica è da considerarsi una discriminazione ai sensi del paragrafo 1.Articolo 3Campo di applicazione1. Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:a) alle condizioni di accesso all'occupazione e al lavoro sia indipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, indipendentemente dal ramo d'attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione;b) all'accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali;c) all'occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;d) all'affiliazione e all'attività in un'organizzazione di lavoratori o di datori di lavoro o in qualunque organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione, nonché alle prestazioni erogate da tali organizzazioni;e) alla protezione sociale, comprese la sicurezza sociale e l'assistenza sanitaria;f) alle prestazioni sociali;g) all'istruzione;h) all'accesso a beni e servizi e alla loro fornitura, incluso l'alloggio.2. La presente direttiva non riguarda le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni e le condizioni relative all'ingresso e alla residenza di cittadini di paesi terzi e di apolidi nel territorio degli Stati membri, né qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei cittadini dei paesi terzi o degli apolidi interessati.Articolo 4Requisiti essenziali e determinanti per lo svolgimento dell'attività lavorativaIn deroga all'articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata alla razza o all'origine etnica non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell'attività lavorativa, purché l'obiettivo sia legittimo e il requisito proporzionato.Articolo 5Azione positivaAllo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure specifiche dirette a evitare o compensare svantaggi connessi con una determinata razza o origine etnica.Articolo 6Requisiti minimi1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere, per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, disposizioni più favorevoli di quelle fissate nella presente direttiva.2. L'attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione contro la discriminazione già predisposto dagli Stati membri nei settori di applicazione della presente direttiva.CAPO IIMEZZI DI RICORSO ED ESECUZIONEArticolo 7Difesa dei diritti1. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, a procedure giurisdizionali e/o amministrative, comprese, ove lo ritengono opportuno, le procedure di conciliazione finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.2. Gli Stati membri riconoscono alle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche che, conformemente ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, abbiano un legittimo interesse a garantire che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate, il diritto di avviare, in via giurisdizionale o amministrativa, per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso, una procedura finalizzata all'esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le norme nazionali relative ai termini per la proposta di azioni relative al principio della parità di trattamento.Articolo 8Onere della prova1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie, conformemente ai loro sistemi giudiziari nazionali, per assicurare che, allorché persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione nei loro riguardi del principio della parità di trattamento espongono, dinanzi a un tribunale o a un'altra autorità competente, fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento.2. Il paragrafo 1 si applica fatto salvo il diritto degli Stati membri di prevedere disposizioni in materia di prova più favorevoli alle parti attrici.3. Il paragrafo 1 non si applica ai provvedimenti penali.4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano altresì alle azioni promosse ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2.5. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il paragrafo 1 ai procedimenti in cui spetta al giudice o all'organo competente indagare sui fatti.Articolo 9Protezione delle vittimeGli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere le persone da trattamenti o conseguenze sfavorevoli, quale reazione a un reclamo o a un'azione volta a ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento.Articolo 10Diffusione delle informazioniGli Stati membri fanno in modo che le disposizioni adottate in virtù della presente direttiva, insieme alle pertinenti disposizioni già in vigore, siano portate all'attenzione delle persone interessate con qualsiasi mezzo appropriato, in tutto il loro territorio.Articolo 11Dialogo sociale1. Gli Stati membri, conformemente alle tradizioni e prassi nazionali, prendono le misure adeguate per incoraggiare il dialogo tra le parti sociali al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, fra l'altro attraverso il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, contratti collettivi, codici di comportamento, ricerche o scambi di esperienze e di buone pratiche.2. Laddove ciò sia conforme alle tradizioni e prassi nazionali, gli Stati membri incoraggiano le parti sociali, lasciando impregiudicata la loro autonomia, a concludere al livello appropriato accordi che fissino regole antidiscriminatorie negli ambiti di cui all'articolo 3 che rientrano nella sfera della contrattazione collettiva. Tali accordi devono rispettare i requisiti minimi fissati dalla presente direttiva e dalle relative misure nazionali di attuazione.Articolo 12Dialogo con le organizzazioni non governativeAl fine di promuovere il principio della parità di trattamento gli Stati membri incoraggiano il dialogo con le competenti organizzazioni non governative che, conformemente alle rispettive legislazioni e prassi nazionali, hanno un interesse legittimo a contribuire alla lotta contro la discriminazione fondata sulla razza e l'origine etnica.CAPO IIIORGANISMI PER LA PROMOZIONE DELLA PARITÀ DI TRATTAMENTOArticolo 131. Gli Stati membri stabiliscono che siano istituiti uno o più organismi per la promozione della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sulla razza o l'origine etnica. Tali organismi fanno eventualmente parte di agenzie incaricate, a livello nazionale, della difesa dei diritti umani o della salvaguardia dei diritti individuali.2. Gli Stati membri assicurano che tra le competenze di tali organismi rientrino:- l'assistenza indipendente alle vittime di discriminazioni nel dare seguito alle denunce da essi inoltrate in materia di discriminazione, fatto salvo il diritto delle vittime e delle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche di cui all'articolo 7, paragrafo 2,- lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione,- la pubblicazione di relazioni indipendenti e la formulazione di raccomandazioni su questioni connesse con tali discriminazioni.CAPO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 14Conformità alla direttivaGli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare che:a) tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate;b) tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti collettivi, nei contratti di lavoro individuali, nei regolamenti interni delle aziende, nelle regole che disciplinano le associazioni con o senza fini di lucro e in quelle che disciplinano il lavoro autonomo e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto, oppure siano modificate.Articolo 15SanzioniGli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni che possono prevedere un risarcimento dei danni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro 19 luglio 2003 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive.Articolo 15AttuazioneGli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 19 luglio 2003 o possono affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni che rientrano nella sfera dei contratti collettivi. In tal caso gli Stati membri si assicurano che, al più tardi entro 19 luglio 2003 le parti sociali stabiliscano mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando che gli Stati membri devono prendere le misure necessarie che permettano loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 17Relazione1. Entro 19 luglio 2005 e successivamente ogni cinque anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni necessarie per consentirle di redigere una relazione destinata al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva.2. La relazione della Commissione tiene conto, ove opportuno, dei pareri dell'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia, nonché delle posizioni delle parti sociali e delle organizzazioni non governative competenti. Conformemente al principio dell'integrazione di genere, la relazione fornisce altresì una valutazione dell'impatto delle disposizioni adottate su donne e uomini. Alla luce delle informazioni ricevute, la relazione contiene all'occorrenza proposte volte a rivedere e aggiornare la presente direttiva.Articolo 18Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 19DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 29 giugno 2000.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Arcanjo(1) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.(2) Parere espresso il 18 maggio 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) Parere espresso il 12 aprile 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(4) Parere espresso il 31 maggio 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 185 del 24.7.1996, pag. 5.
Parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a combattere la discriminazione per motivi di origine razziale o etnica. Fissa requisiti minimi per l’attuazione del principio della parità di trattamento fra le persone nell’Unione europea (UE). Scoraggiando la discriminazione, dovrebbe contribuire ad aumentare la partecipazione alla vita economica e sociale e ridurre l’esclusione sociale. PUNTI CHIAVE La presente direttiva si basa sul principio di parità di trattamento fra le persone. Essa vieta qualsiasi discriminazione diretta* o indiretta* , nonché le molestie* qualsiasi comportamento che obblighi una persona a discriminare un’altra persona e la vittimizzazione*. La direttiva si applica a tutte le persone e a tutti i settori di attività, per quanto riguarda: l’accesso all’occupazione; le condizioni di lavoro, ivi inclusa la promozione, la remunerazione e il licenziamento; l’accesso alla formazione professionale; la partecipazione a organizzazioni di lavoratori o di datori di lavoro e a qualsiasi organizzazione professionale; l’accesso alla protezione sociale e all’assistenza sanitaria; l’istruzione; le prestazioni sociali; l’accesso a beni e servizi, compreso l’alloggio. La direttiva non si applica alle differenze di trattamento in base alla nazionalità né alle condizioni di ammissione e di soggiorno dei cittadini provenienti da paesi extra-UE nell’Unione europea (UE). Deroghe al principio di parità di trattamento Nel settore occupazionale è possibile concedere una deroga a tale principio laddove la razza o l’origine etnica costituisca un vero requisito professionale. Tale deroga deve essere giustificata dalla natura dell’attività o dal contesto in cui essa viene espletata. Deve inoltre essere legittima e proporzionata. La direttiva non osta a che i paesi dell’UE adottino misure positive, ossia misure nazionali volte a evitare o compensare svantaggi connessi con una determinata razza o origine etnica. Mezzi di ricorso ed esecuzione Tutte le persone che si ritengono vittime di discriminazione a causa della razza o dell’origine etnica devono poter accedere a procedure giurisdizionali e/o amministrative. Le associazioni o altre persone giuridiche interessate possono inoltre avviare procedure giudiziarie per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa. La vittima discriminazione deve solo stabilire una presunzione di discriminazione, dopo di che spetta alla parte convenuta provare che non vi è stata alcuna discriminazione. Dialogo sociale e dialogo civile Le parti sociali assicurano la promozione della parità di trattamento, in particolare attraverso il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, l’elaborazione di codici di condotta e la conclusione di contratti collettivi. In generale, la direttiva incoraggia la conclusione di accordi che fissino regole antidiscriminatorie nei settori che rientrano nella sfera della contrattazione collettiva. È altresì incoraggiato il dialogo civile con le organizzazioni della società civile interessate. Organismi per la promozione del principio Ciascun paese dell’UE deve istituire almeno un organismo preposto alla lotta alle discriminazioni, responsabile in particolare di aiutare le vittime e di condurre studi indipendenti. Raccomandazione del Consiglio Nel 2013, il Consiglio ha approvato una raccomandazione che invita ad adottare misure in un certo numero di settori, tra cui l’antidiscriminazione, per rafforzare l’integrazione dei Rom. La raccomandazione si basa sulla direttiva 2000/43/CE e sottolinea l’importanza della sua applicazione pratica. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica a partire dal 19 luglio 2000. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel loro diritto nazionale entro il 19 luglio 2003. CONTESTO Il Trattato di Lisbona (articolo 19 del Trattato sul funzionamento dell’UE) fornisce una base giuridica per combattere tutte le forme di discriminazione basate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale. * TERMINI CHIAVE Discriminazione diretta: quando, a causa della sua razza od origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga. Discriminazione indiretta: quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. Molestie: una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato per motivi di razza o di origine etnica e avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. Vittimizzazione: trattamento ingiusto o crudele di qualcuno che protesta per una discriminazione o che assiste qualcun altro in una denuncia di discriminazione. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22-26)\ Modifiche successive alla direttiva 2000/43/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo sull’applicazione della direttiva 2000/43/CE del 29 giugno 2000 che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (COM(2006) 643 def, 30.10.2006) Raccomandazione del Consiglio del 9 dicembre 2013 su misure efficaci per l’integrazione dei Rom negli Stati membri (GU C 378 del 24.12.2013, pag. 1-7) Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Relazione congiunta sull’applicazione della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica e della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione) (COM(2014) 2 final, 17.1.2014)
8,800
95
32012R0651
false
REGOLAMENTO (UE) N. 651/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 4 luglio 2012 sull’emissione di monete in euro IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 133, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Le conclusioni del Consiglio del 23 novembre 1998 e del 5 novembre 2002 sulle monete da collezione in euro, la raccomandazione 2009/23/CE della Commissione, del 19 dicembre 2008, su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale (3), avallata dalle conclusioni del Consiglio del 10 febbraio 2009, e la raccomandazione 2010/191/UE della Commissione, del 22 marzo 2010, relativa alla portata e agli effetti del corso legale delle banconote e delle monete in euro (4), raccomandano pratiche circa l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione, comprese le monete in euro commemorative, e consultazioni prima della distruzione di monete in euro valide ai fini della circolazione e l’uso delle monete in euro da collezione. (2) La mancanza di disposizioni vincolanti per l’emissione di monete in euro può portare a pratiche differenti da uno Stato membro all’altro e non crea un quadro sufficientemente integrato per la moneta unica. Nell’interesse della trasparenza e della certezza del diritto, è pertanto necessario introdurre regole vincolanti per l’emissione di monete in euro. (3) A norma del regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (5), le monete denominate in euro e in cent conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche stabilite dal Consiglio hanno corso legale in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro. Le denominazioni e specificazioni tecniche delle monete in euro sono stabilite nel regolamento (CE) n. 975/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (6). (4) Gli Stati membri la cui moneta è l’euro dovrebbero avere la possibilità di emettere monete commemorative da 2 euro per celebrare eventi specifici, subordinatamente ai limiti sulla tiratura di tali monete stabiliti per anno e per Stato membro emittente. È necessario stabilire dei limiti di volume per l’emissione di monete commemorative in euro al fine di garantire che tali monete restino una percentuale minima del numero totale di monete da 2 euro in circolazione. È opportuno, tuttavia, che tali limiti consentano l’emissione di un volume di monete sufficiente ad assicurare che le monete commemorative in euro possano circolare efficacemente. (5) Sarebbe inoltre opportuno che gli Stati membri la cui moneta è l’euro potessero emettere monete da collezione in euro non destinate alla circolazione e facilmente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione. Le monete da collezione in euro dovrebbero avere corso legale soltanto nello Stato membro di emissione e non dovrebbero essere emesse per l’immissione in circolazione. (6) È opportuno che le emissioni di monete da collezione in euro siano computate nel volume di monete da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva piuttosto che per ciascuna singola emissione. (7) L’uso di differenti denominazioni delle monete e banconote in euro, come concepito attualmente, dovrebbe essere periodicamente e attentamente esaminato dalle istituzioni competenti alla luce dei criteri di costo e accettabilità da parte del pubblico. In particolare, la Commissione dovrebbe effettuare una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent. (8) Per evitare che monete in euro valide ai fini della circolazione siano distrutte da uno Stato membro mentre un altro potrebbe averne bisogno, gli Stati membri dovrebbero consultarsi prima di procedere alla distruzione di tali monete, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «monete destinate alla circolazione»: monete in euro destinate alla circolazione, i cui valori unitari e specificazioni tecniche sono stabiliti nel regolamento (CE) n. 975/98; 2) «monete commemorative»: monete destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento, come specificato nell’articolo 1 nonies del regolamento (CE) n. 975/98; 3) «monete da collezione»: monete in euro da collezione che non sono emesse per l’immissione in circolazione. Articolo 2 Tipi di monete in euro 1. Gli Stati membri possono emettere due tipi di monete in euro: monete destinate alla circolazione e monete da collezione. 2. La Commissione effettua una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent. La valutazione di impatto include un’analisi costi/benefici che tiene conto dei costi reali di produzione di tali monete in relazione al loro valore e ai loro vantaggi. Articolo 3 Emissione di monete destinate alla circolazione 1. Le monete destinate alla circolazione sono emesse e immesse in circolazione al loro valore nominale. 2. Una porzione minima, non superiore al 5 % del valore e del volume netto totale cumulato delle monete destinate alla circolazione emesse da uno Stato membro, tenendo conto solo degli anni con un’emissione netta positiva, può essere immessa sul mercato al di sopra del valore nominale a motivo della qualità speciale delle monete, di una confezione speciale o di eventuali servizi aggiuntivi forniti. Articolo 4 Emissione di monete commemorative 1. Ogni anno ciascuno Stato membro la cui moneta è l’euro può emettere soltanto due monete commemorative, salvo qualora: a) le monete commemorative siano emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro; o b) una moneta commemorativa sia emessa nel caso in cui la carica di capo di Stato è provvisoriamente vacante od occupata ad interim. 2. Il numero totale di monete commemorative immesse in circolazione per ciascuna emissione non supera il più elevato tra i due massimali seguenti: a) lo 0,1 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro messe in circolazione da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa. Tale massimale può essere innalzato al 2,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro circolanti in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro se è commemorato un evento ampiamente riconosciuto ed altamente simbolico, nel qual caso lo Stato membro emittente si astiene dall’effettuare un’altra emissione di monete commemorative utilizzando il massimale più elevato durante i quattro anni successivi e motiva la scelta del massimale più elevato; o b) il 5,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro immesse in circolazione dallo Stato membro interessato fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa. 3. La decisione relativa all’emissione di monete commemorative con un disegno comune emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro è adottata dal Consiglio. I diritti di voto degli Stati membri la cui moneta non è l’euro sono sospesi per l’adozione di tale decisione. Articolo 5 Emissione di monete da collezione 1. Le monete da collezione hanno corso legale soltanto nello Stato membro emittente. L’identità dello Stato membro emittente è chiaramente e facilmente riconoscibile sulla moneta. 2. Per differenziarsi facilmente dalle monete destinate alla circolazione, le monete da collezione rispettano tutti i seguenti criteri: a) il loro valore nominale deve essere diverso da quello delle monete destinate alla circolazione; b) le loro immagini non devono essere simili alle facce comuni delle monete destinate alla circolazione e, se la loro immagine è simile a quella figurante su una faccia nazionale delle monete destinate alla circolazione, il loro aspetto complessivo deve comunque poter essere agevolmente distinto; c) il loro colore, diametro e peso devono essere significativamente diversi da quelli delle monete destinate alla circolazione, quanto meno per due delle tre predette caratteristiche; la differenza è ritenuta significativa se i valori, incluse le tolleranze, non rientrano nei limiti di tolleranza fissati per le monete destinate alla circolazione; e d) non devono avere una godronatura o «Fiore spagnolo». 3. Le monete da collezione possono essere immesse sul mercato a un valore uguale o superiore al loro valore nominale. 4. Le emissioni di monete da collezione sono computate nel volume di conio da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva. 5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per scoraggiare l’uso delle monete da collezione come strumento di pagamento. Articolo 6 Consultazione prima della distruzione di monete destinate alla circolazione Prima di distruggere le monete destinate alla circolazione che non sono monete in euro non adatte alla circolazione ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (7), gli Stati membri si consultano tramite il sottocomitato competente del Comitato economico e finanziario e informano i direttori delle zecche degli Stati membri la cui moneta è l’euro. Articolo 7 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati. Fatto a Strasburgo, il 4 luglio 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente A. D. MAVROYIANNIS (1) GU C 273 del 16.9.2011, pag. 2. (2) Posizione del Parlamento europeo del 22 maggio 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 26 giugno 2012. (3) GU L 9 del 14.1.2009, pag. 52. (4) GU L 83 del 30.3.2010, pag. 70. (5) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1. (6) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6. (7) GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1.
Emissione di monete in euro QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI? Il regolamento (UE) n. 651/2012 definisce i tipi di monete in euro e stabilisce le condizioni da rispettare all’atto dell’emissione di monete. Il regolamento (UE) n. 729/2014 fissa i requisiti tecnici delle monete in euro e prevede norme generali riguardanti il loro disegno, compresa l’approvazione dello stesso. PUNTI CHIAVE Il regolamento (UE) n. 651/2012 afferma che: i governi dei paesi della zona euro (paesi la cui valuta è l’euro) possono emettere monete destinate alla circolazione* e monete da collezione*; le monete destinate alla circolazione sono emesse al loro valore nominale, tranne una porzione minima, non superiore al 5 %, che può essere immessa sul mercato a un prezzo superiore a motivo della qualità speciale delle monete o di una confezione speciale; le monete commemorative* nazionali possono essere emesse solo due volte all’anno (a meno che il disegno non sia comune a tutti i paesi della zona euro); il numero totale di tali monete emesse non deve superare il più elevato tra due massimali possibili, calcolati in base alla percentuale di tutte le monete da 2 euro in circolazione; le monete da collezione hanno corso legale* soltanto nel paese della zona euro emittente; devono essere chiaramente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione per quanto riguarda il valore nominale, le immagini e due delle seguenti caratteristiche: colore, diametro e peso; i governi dei paesi della zona euro devono consultarsi prima di distruggere le monete in euro danneggiate; la Commissione effettua una valutazione d’impatto volta ad analizzare i costi di produzione reali delle monete da 1 e 2 cent rispetto al loro valore e benefici. Il regolamento (UE) n. 729/2014 afferma ulteriormente che: ci sono otto monete in euro (1, 2, 5, 10, 20 e 50 cent e 1 e 2 euro); ciascuna moneta presenta una faccia nazionale distintiva e una faccia comune europea; la faccia nazionale: deve riportare una corona di dodici stelle che circonda completamente il disegno nazionale; deve rimanere invariata per quindici anni, a meno che non cambi il capo di Stato del paese; non deve mostrare il valore della moneta, a meno che non usi un alfabeto diverso; deve essere pienamente conforme al regolamento entro il 20 giugno 2062; le monete commemorative devono: presentare unicamente un valore nominale di 2 euro; presentare un disegno nazionale diverso dalle normali* monete metalliche da 2 euro; commemorare unicamente eventi di notevole rilevanza nazionale o europea; commemorare eventi di altissima rilevanza europea, se coniate congiuntamente in tutta la zona euro; i paesi della zona euro si informano a vicenda e informano la Commissione di eventuali modifiche proposte ai rispettivi disegni nazionali e li sottopongono a una procedura di approvazione. Ciò consente obiezioni da parte di un governo che ritenga che il disegno turberebbe i propri cittadini; della Commissione, qualora ritenga che il disegno non rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (UE) n. 651/2012 si applica dal 16 agosto 2012. Il regolamento (UE) n. 729/2014 consolida le norme precedenti riguardanti le monete, stabilite al momento dell’introduzione dell’euro nel 2002 dal regolamento (CE) n. 975/98 e dalle modifiche successive. Si applica dal 22 luglio 2014. Entrambi i regolamenti hanno incorporato gli elementi della raccomandazione 2009/23/CE della Commissione su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale. CONTESTO Le monete in euro sono entrate nell’uso generale nel 2002. Gli otto valori unitari variano per dimensione, colore e spessore a seconda del valore; le monete sono disegnate in modo tale da rendere eventuali riproduzioni illegali estremamente difficoltose. Per ulteriori informazioni, si veda: «Banconote e monete in euro» (Commissione europea). * TERMINI CHIAVE Monete destinate alla circolazione: monete destinate all’uso pubblico generale che hanno corso legale in tutti i paesi della zona euro. Monete da collezione: monete non destinate alla circolazione, che hanno corso legale solo nel paese della zona euro dove sono emesse. Monete commemorative: monete da 2 euro destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento di rilevanza nazionale o europea. Corso legale: monete o banconote che devono essere accettate in un paese qualora utilizzate come forma di pagamento di un debito. Normali monete metalliche: monete destinate alla circolazione diverse dalle monete commemorative. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (UE) n. 651/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sull’emissione di monete in euro (GU L 201 del 27.7.2012, pagg. 135-137) Regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio, del 24 giugno 2014, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (GU L 194 del 2.7.2014, pagg. 1-7)
4,917
1,355
32013D0233
false
DECISIONE 2013/233/PESC DEL CONSIGLIO del 22 maggio 2013 sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) Il CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28, l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 23 luglio 2012 il Consiglio, riconoscendo i gravi problemi di sicurezza in Libia, ha ribadito la disponibilità dell’Unione a fornire assistenza, anche attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), nei settori della sicurezza e della gestione delle frontiere, in stretto partenariato con le autorità libiche. (2) Il 9 gennaio 2013 il Ministro libico degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha indirizzato una lettera all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale accoglie con favore la proposta in ambito PSDC dell’Unione di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere libiche a breve termine e assistenza per sviluppare un concetto più ampio di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. (3) Il 31 gennaio 2013 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi per una eventuale missione civile di PSDC in Libia. (4) La capacità di vigilanza dovrebbe essere attivata per la missione istituita dalla presente decisione. (5) La missione sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e ostacolare il conseguimento degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione enunciati nell’articolo 21 del trattato sull’Unione europea (TUE), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione L’Unione istituisce una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia). Articolo 2 Obiettivi Gli obiettivi dell’EUBAM Libia sono di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. Articolo 3 Compiti 1. Al fine di conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2 i compiti dell’l’EUBAM Libia sono: a) sostenere le autorità libiche nel rafforzare, attraverso attività di formazione e accompagnamento, i servizi di frontiera conformemente alle norme internazionali e alle migliori prassi; b) fornire consulenza alle autorità libiche in merito all’evoluzione di una strategia nazionale libica di gestione integrata delle frontiere; c) sostenere le autorità libiche nel rafforzamento delle loro capacità operative istituzionali. 2. L’EUBAM Libia non svolge alcuna funzione esecutiva. Articolo 4 Catena di comando e struttura 1. In quanto operazione di gestione delle crisi, l’EUBAM Libia dispone di una catena di comando unificata. 2. L’EUBAM Libia si compone di un comando avente sede a Tripoli. 3. L’EUBAM Libia è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione. 4. L’EUBAM Libia dispone di una capacità di progetto per individuare, pianificare e attuare i progetti. Ove opportuno e se invitata a farlo, l’EUBAM Libia può inoltre coordinare, agevolare e fornire consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all’EUBAM Libia e a sostegno dei suoi obiettivi. Articolo 5 Comandante civile dell’operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) funge da comandante civile dell’operazione dell’EUBAM Libia. 2. Il comandante civile dell’operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e l’autorità generale dell’AR, esercita il comando e il controllo a livello strategico dell’EUBAM Libia. 3. Il comandante civile dell’operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l’attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni a livello strategico al capomissione e fornendo al capomissione consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell’operazione riferisce al Consiglio tramite l’AR. 5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d’origine conformemente alla normativa nazionale, all’istituzione dell’Unione interessata o al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell’operazione il controllo operativo (OPCON) del personale, delle squadre e delle unità rispettivi. 6. Il comandante civile dell’operazione assume la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell’Unione sia correttamente assolto. 7. Se necessario, il comandante civile dell’operazione, il rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per la regione del Mediterraneo meridionale, il capo delegazione dell’Unione in Libia e il capomissione dell’EUBAM Libia si consultano reciprocamente. Articolo 6 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell’EUBAM Libia a livello di teatro delle operazioni e risponde direttamente al comandante civile dell’operazione. 2. Il capomissione esercita il comando e il controllo del personale, delle squadre e delle unità degli Stati contributori assegnati dal comandante civile dell’operazione, unitamente alla responsabilità amministrativa e logistica che si estende anche ai mezzi, alle risorse e alle informazioni messi a disposizione dell’EUBAM Libia. 3. Il capomissione impartisce istruzioni a tutto il personale dell’EUBAM Libia, inclusi la componente di sostegno a Bruxelles e gli ufficiali di collegamento regionali, se del caso, per la condotta efficace dell’EUBAM Libia nel teatro delle operazioni, assumendone il coordinamento e la gestione quotidiana secondo le istruzioni a livello strategico del comandante civile dell’operazione. 4. Il capomissione è responsabile dell’esecuzione del bilancio dell’EUBAM Libia. A tal fine il capomissione sottoscrive un contratto con la Commissione. 5. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, i poteri disciplinari sono esercitati dall’autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall’istituzione dell’Unione interessata o dal SEAE. 6. Il capomissione rappresenta l’EUBAM Libia nell’area delle operazioni e assicura un’adeguata visibilità dell’EUBAM Libia. 7. Il capomissione assicura il coordinamento sul terreno, ove opportuno, con altri attori dell’Unione. Fatta salva la catena di comando, il capomissione riceve orientamento politico locale dal RSUE per la regione del Mediterraneo meridionale, in consultazione con il capo delegazione dell’Unione in Libia. 8. Nell’ambito della capacità di progetto, il capomissione è autorizzato a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l’attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell’EUBAM Libia, se il progetto è: a) previsto nella scheda di incidenza sul bilancio relativa alla presente decisione; o b) incluso nel corso dell’EUBAM Libia nella scheda di incidenza sul bilancio su richiesta del capomissione. In tal caso il capomissione conclude un accordo con gli Stati interessati, riguardante in particolare le procedure specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi messi a sua disposizione dagli Stati contributori. Né l’Unione né l’AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi forniti dagli Stati contributori. Articolo 7 Personale 1. L’EUBAM Libia è costituita essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. 2. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione o il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che hanno distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e le indennità diverse da quelle giornaliere. 3. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione e il SEAE sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco, proposte dal membro del personale da essi distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona. 4. L’EUBAM Libia può altresì assumere personale internazionale o locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 5. Le condizioni d’impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e del personale locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra il capomissione e tale personale. Articolo 8 Status dell’EUBAM Libia e del relativo personale Lo status dell’EUBAM Libia e del relativo personale, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento della missione stessa, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Articolo 9 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell’EUBAM Libia. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni all’uopo pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per nominare un capomissione, su proposta dell’AR, e di modificare il concetto operativo Plus (CONOPS Plus) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUBAM Libia restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell’operazione e dal capomissione sulle questioni di loro competenza. Articolo 10 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatti salvi l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all’EUBAM Libia, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l’assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dalla Libia, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi operativi dell’EUBAM Libia. 2. Gli Stati terzi che contribuiscono all’EUBAM Libia hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana della missione stessa, a quelli degli Stati membri che prendono parte all’EUBAM Libia. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all’accettazione dei contributi proposti e a istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e, se necessario, di disposizioni tecniche supplementari. Se l’Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo a operazioni dell’Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUBAM Libia. Articolo 11 Sicurezza 1. Il comandante civile dell’operazione dirige, a norma dell’articolo 5, il capomissione nella pianificazione delle misure di sicurezza e garantisce l’attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell’EUBAM Libia. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell’EUBAM Libia e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all’EUBAM Libia, in linea con la politica dell’Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell’Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V TUE e relativi documenti giustificativi. 3. Il capomissione è assistito da un alto responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto di lavoro con il SEAE. 4. Il personale dell’EUBAM Libia è sottoposto a una formazione obbligatoria in materia di sicurezza prima di assumere le funzioni conformemente all’OPLAN. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento sul posto, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione. 5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate dell’UE conformemente alla decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (1). Articolo 12 Capacità di vigilanza La capacità di vigilanza è attivata per l’EUBAM Libia. Articolo 13 Disposizioni finanziarie 1. L’importo di riferimento finanziario destinato a coprire la spesa relativa all’EUBAM Libia per i primi dodici mesi successivi all’entrata in vigore della presente decisione è pari a 30 300 000 EUR. L’importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio. 2. Tutte le spese sono gestite conformemente alle regole e secondo le procedure applicabili al bilancio generale dell’Unione. 3. Le gare d’appalto sono aperte ai cittadini degli Stati terzi partecipanti e ai cittadini del paese ospitante e dei paesi vicini. Con l’approvazione della Commissione il capomissione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, con gli Stati terzi partecipanti e con altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di equipaggiamento, servizi e locali all’EUBAM Libia. 4. Le disposizioni finanziarie rispettano i requisiti operativi dell’EUBAM Libia, compresa la compatibilità delle attrezzature e l’interoperabilità delle sue squadre. 5. Il capomissione riferisce dettagliatamente alla Commissione ed è soggetto a supervisione, da parte della stessa, sulle attività intraprese nell’ambito del contratto del capomissione. 6. Le spese connesse all’EUBAM Libia sono ammissibili a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente decisione. Articolo 14 Coerenza della risposta dell’Unione e coordinamento 1. L’AR garantisce la coerenza dell’attuazione della presente decisione con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione. 2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell’Unione a Tripoli al fine di garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Libia. 3. Il capomissione si coordina strettamente con i capimissione degli Stati membri presenti in Libia. 4. Il capomissione si coordina con i terzi pertinenti in Libia. Articolo 15 Comunicazione di informazioni 1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell’EUBAM Libia, informazioni classificate dell’UE fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. 2. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono conclusi accordi tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 3. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUBAM Libia, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (2). 4. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui al paragrafo 2 a persone poste sotto l’autorità dell’AR, al comandante civile dell’operazione e/o al capomissione. Articolo 16 Entrata in vigore e durata La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa si applica per un periodo di ventiquattro mesi. Fatto a Bruxelles, il 22 maggio 2013 Per il Consiglio Il presidente E. GILMORE (1) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17. (2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35).
Missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa autorizza una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). EUBAM Libia punta a:aiutare le autorità libiche a sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine; e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. PUNTI CHIAVE Mandato Il primo mandato di EUBAM Libia (fino al 31 dicembre 2018) era di:prestare assistenza nella pianificazione di una riforma globale del settore della sicurezza civile per preparare un’eventuale missione civile PSDC; cooperare strettamente e contribuire alla missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL); impegnarsi e assistere le legittime autorità libiche nei settori della gestione delle frontiere, dell’applicazione della legge e del più ampio sistema di giustizia penale.La decisione (PESC) 2018/2009 ha modificato e prorogato il mandato di EUBAM Libia dal 1o gennaio 2019 fino al 30 giugno 2020. L’obiettivo di EUBAM Libia è assistere attivamente le autorità libiche nella negli sforzi volti a smantellare le reti della criminalità organizzata coinvolte segnatamente nel traffico di migranti, nella tratta di esseri umani e nel terrorismo.Compiti EUBAM Libia ha i seguenti compiti:sviluppare un quadro più ampio di gestione delle frontiere in Libia, che comprende l’elaborazione di una strategia per la sicurezza marittima e l’esecuzione di progetti concreti per le agenzie libiche preposte; sviluppare le capacità e la pianificazione strategica nell’ambito del ministero degli interni per quanto riguarda l’applicazione della legge, inclusa l’assistenza a UNSMIL nel suo impegno per sviluppare le capacità di polizia; sostenere la riforma istituzionale e fornire assistenza alla pianificazione strategica al ministero della giustizia e allo sviluppo più ampio di capacità agli operatori della giustizia penale competenti; e sostenere il coordinamento strategico tra i donatori e l’attuazione dei progetti in risposta alle esigenze libiche nei settori summenzionati.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta funge da comandante civile dell’operazione (COC) dell’EUBAM Libia. Il COC comanda e controlla EUBAM Libia a livello strategico, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il COC riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è responsabile di, comanda e controlla EUBAM Libia sul campo ed è direttamente responsabile nei confronti del COC. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 22 maggio 2013. La validità della decisione è stata estesa fino al 30 giugno 2020. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:EUBAM Libia (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2013/233/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2013, sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) (GU L 138 del 24.5.2013, pag. 15). Le modifiche successive alla decisione 2013/233/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
6,332
353
32008R1165
false
REGOLAMENTO (CE) N. 1165/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 19 novembre 2008 relativo alle statistiche sul bestiame e sulla carne e che abroga le direttive del Consiglio 93/23/CEE, 93/24/CEE e 93/25/CEE (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) La direttiva 93/23/CEE del Consiglio, del 1o giugno 1993, riguardante le indagini statistiche da effettuare nel settore della produzione di suini (2), la direttiva 93/24/CEE del Consiglio, del 1o giugno 1993, riguardante le indagini statistiche da effettuare nel settore della produzione di bovini (3), e la direttiva 93/25/CEE del Consiglio, del 1o giugno 1993, riguardante le indagini statistiche da effettuare nel settore della produzione di ovini e caprini (4), sono state modificate a più riprese. Essendo ora necessario apportare ulteriori modifiche e semplificazioni, tali atti dovrebbero, per motivi di chiarezza, essere sostituiti da un atto unico. (2) Al fine di garantire un’appropriata gestione della politica agricola comune, in particolare per quanto riguarda i mercati delle carni bovine, di vitello, suine, ovine, caprine e avicole, la Commissione necessita di dati regolari sulle tendenze in merito al bestiame ed alla produzione di carne. (3) Il regolamento (CEE) n. 571/88 del Consiglio, del 29 febbraio 1988, relativo all’organizzazione di indagini comunitarie sulla struttura delle aziende agricole (5), contempla un programma di indagini comunitarie ai fini della compilazione di statistiche sulla struttura delle aziende agricole da effettuarsi fino al 2007. (4) Conformemente al regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (6), tutte le statistiche degli Stati membri trasmesse alla Commissione che sono disaggregate per unità territoriali devono utilizzare la classificazione NUTS. Di conseguenza, al fine di disporre di statistiche regionali comparabili, è opportuno definire le unità territoriali conformemente alla classificazione NUTS. (5) Per limitare l’onere che incombe agli Stati membri le prescrizioni in materia di dati regionali non dovrebbero andare oltre quelle previste dalla precedente normativa (salvo nel caso in cui nel frattempo siano emersi nuovi livelli regionali) e i dati regionali dovrebbero essere facoltativi qualora le cifre del patrimonio zootecnico regionale siano inferiori a determinate soglie. (6) Al fine di facilitare l’applicazione del presente regolamento è necessaria una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione, che può essere ottenuta in particolare grazie al contributo del comitato permanente di statistica agraria istituito con la decisione 72/279/CEE del Consiglio (7). (7) Onde assicurare una transizione armoniosa dal regime applicabile in virtù delle direttive 93/23/CEE, 93/24/CEE e 93/25/CEE, il presente regolamento dovrebbe concedere una deroga per un periodo non superiore a un anno e, nel caso degli ovini e dei caprini, non superiore a due anni, agli Stati membri in cui la sua applicazione ai rispettivi sistemi statistici nazionali richiederebbe adeguamenti significativi e potrebbe causare notevoli problemi pratici. (8) Le disposizioni in merito alla produzione di statistiche di cui al presente regolamento sono necessarie per lo svolgimento delle attività della Comunità. Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’istituzione di un quadro giuridico comune per la produzione sistematica di statistiche comunitarie sul bestiame e sulle carni negli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (9) Conformemente al regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (8), che costituisce il quadro di riferimento per le disposizioni del presente regolamento, è necessario che la raccolta di dati statistici sia conforme ai principi d’imparzialità, vale a dire in particolare obiettività e indipendenza scientifica, nonché trasparenza, affidabilità, pertinenza, rapporto costi/benefici e riservatezza statistica. (10) Le misure necessarie per l’applicazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9). (11) In particolare la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare gli allegati I, II, IV e V. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento o a completarlo con nuovi elementi non essenziali devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (12) Le direttive 93/23/CEE, 93/24/CEE e 93/25/CEE dovrebbero pertanto essere abrogate. (13) Il comitato permanente di statistica agraria è stato consultato, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Scopo del presente regolamento è l’istituzione di un quadro giuridico comune per la produzione sistematica di statistiche comunitarie sul bestiame e sulla produzione di carne negli Stati membri, in particolare: a) statistiche sui bovini, sui suini, sugli ovini e sui caprini; b) statistiche sulla macellazione di bovini, suini, ovini, caprini e pollame; e c) previsioni sulla produzione di carni bovine, suine, ovine e caprine. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: 1) «azienda agricola» indica un’azienda agricola come definita all’articolo 2, lettera a) del regolamento (CE) n. 1166/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativo alle indagini sulla struttura delle aziende agricole e all’indagine sui metodi di produzione agricola (10); 2) «indagini a campione» indica un’indagine a campione come definita all’articolo 2, lettera c) del regolamento (CE) n. 1166/2008; 3) «bovini» indica gli animali domestici delle specie Bos taurus e Bubalus bubalis, compresi gli ibridi come il Beefalo; 4) «suini» indica gli animali domestici della specie Sus scrofa domestica; 5) «ovini» indica gli animali domestici della specie Ovis aries; 6) «caprini» indica gli animali domestici della sottospecie Capra aegagrus hircus; 7) «pollame» indica gli uccelli domestici delle specie Gallus gallus (polli), Meleagris spp. (tacchini), Anas spp. e Cairina moschata (anatre) e Anser anser dom. (oche). Sono inclusi gli uccelli domestici delle specie Coturnix spp. (quaglie), Phasianus spp. (fagiani), Numida meleagris dom. (galline faraone), Columbinae spp. (piccioni) e Struthio camelus (struzzi). Sono esclusi tuttavia gli uccelli allevati in cattività a fini venatori e non per la produzione di carne; 8) «macello» indica lo stabilimento ufficialmente registrato e approvato, adibito alla macellazione ed alla preparazione degli animali le cui carni sono destinate al consumo umano. Altre definizioni ai fini del presente regolamento sono specificate nell’allegato I. SEZIONE I STATISTICHE SUL BESTIAME Articolo 3 Copertura 1. Ogni Stato membro compila statistiche sul numero di capi bovini, suini, ovini e caprini delle aziende agricole all’interno del proprio territorio. 2. Gli Stati membri che si avvalgono di indagini a campione coprono un numero di aziende agricole rappresentative almeno del 95 % dell’intera popolazione come determinato dall’ultima indagine sulla struttura delle aziende agricole. Articolo 4 Frequenza e periodo di riferimento 1. Le statistiche sui bovini sono compilate due volte l’anno, con riferimento ad un giorno specifico nel mese di maggio o giugno e ad un giorno specifico nel mese di novembre o dicembre. Gli Stati membri il cui patrimonio bovino è inferiore a 1 500 000 di capi possono produrre tali statistiche una sola volta l’anno, con riferimento ad un giorno specifico nel mese di novembre o dicembre. 2. Le statistiche sui suini sono compilate due volte l’anno, con riferimento ad un giorno specifico nel mese di maggio o giugno e ad un giorno specifico nel mese di novembre o dicembre. Gli Stati membri il cui patrimonio suino è inferiore a 3 000 000 di capi possono produrre tali statistiche una sola volta l’anno, con riferimento ad un giorno specifico nel mese di novembre o dicembre. 3. Le statistiche sugli ovini sono compilate una volta l’anno, con riferimento ad un giorno specifico nel mese di novembre o dicembre, dagli Stati membri il cui patrimonio ovino è pari o superiore a 500 000 capi. 4. Le statistiche sui caprini sono compilate una volta l’anno, con riferimento ad un giorno specifico nel mese di novembre o dicembre, dagli Stati membri il cui patrimonio caprino è pari o superiore a 500 000 capi. Articolo 5 Categorie Le statistiche sul bestiame sono prodotte per le categorie specificate nell’allegato II. Articolo 6 Precisione 1. Gli Stati membri che effettuano indagini a campione adottano tutte le misure necessarie a garantire che i risultati estrapolati delle indagini nazionali rispettino le prescrizioni in materia di precisione di cui all’allegato III. 2. Uno Stato membro che decida di utilizzare una fonte amministrativa ne informa in anticipo la Commissione e fornisce precisazioni riguardo al metodo da usare e alla qualità dei dati provenienti da detta fonte. 3. Uno Stato membro che decida di utilizzare fonti diverse dalle indagini garantisce che la qualità delle informazioni ottenute da tali fonti sia almeno pari a quella delle informazioni ottenute da indagini statistiche. Articolo 7 Termini di trasmissione 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione i dati statistici provvisori sul bestiame entro: a) il 15 settembre dello stesso anno per le statistiche relative al mese di maggio/giugno; b) il 15 febbraio dell’anno successivo per le statistiche relative al mese di novembre/dicembre. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione i dati statistici definitivi sul bestiame entro: a) il 15 ottobre dello stesso anno per le statistiche relative al mese di maggio/giugno; b) il 15 maggio dell’anno successivo per le statistiche relative al mese di novembre/dicembre. Articolo 8 Statistiche regionali Le statistiche relative al mese di novembre/dicembre sono disaggregate secondo le unità territoriali NUTS 1 e NUTS 2 quali definite nel regolamento (CE) n. 1059/2003. Eccezionalmente esse possono essere fornite soltanto a livello di unità territoriali NUTS 1 per la Germania e il Regno Unito. Sono facoltative per le unità territoriali che comprendono meno di 75 000 bovini, 150 000 suini, 100 000 ovini e 25 000 caprini se complessivamente tali unità territoriali rappresentano il 5 % o meno della popolazione nazionale degli animali interessati. SEZIONE II STATISTICHE SULLE MACELLAZIONI Articolo 9 Copertura Ogni Stato membro compila statistiche in merito al peso morto e al numero di capi bovini, suini, ovini, caprini e avicoli macellati nei macelli all’interno del proprio territorio, le cui carni sono idonee al consumo umano. Esso fornisce anche stime in merito all’entità delle macellazioni diverse da quelle effettuate nei macelli, in modo tale che le statistiche comprendano tutti i bovini, i suini, gli ovini e i caprini macellati sul proprio territorio. Articolo 10 Frequenza e periodo di riferimento 1. Le statistiche sulle macellazioni nei macelli sono compilate mensilmente da ciascuno Stato membro. Il periodo di riferimento è il mese civile. 2. Le statistiche sulle macellazioni diverse da quelle effettuate nei macelli sono compilate annualmente da ciascuno Stato membro. Il periodo di riferimento è l’anno civile. Articolo 11 Categorie Le statistiche sulle macellazioni sono prodotte per le categorie di cui all’allegato IV. Articolo 12 Termini di trasmissione Gli Stati membri trasmettono alla Commissione i dati statistici: a) sulle macellazioni nei macelli entro i 60 giorni successivi al periodo di riferimento; b) sulle macellazioni diverse da quelle effettuate nei macelli entro il 30 giugno dell’anno successivo. SEZIONE III PREVISIONI SULLA PRODUZIONE DI CARNE Articolo 13 Copertura Gli Stati membri utilizzano le statistiche di cui alle sezioni I e II e le altre informazioni disponibili per formulare previsioni sulla loro offerta di bovini, suini, ovini e caprini. Tale offerta è espressa in termini di produzione interna lorda, corrispondente al numero di capi bovini, suini, ovini e caprini macellati, più il saldo degli scambi intracomunitari ed extracomunitari di tali animali vivi. Articolo 14 Frequenza e periodo di riferimento 1. Le previsioni per i bovini sono formulate due volte l’anno da ciascuno Stato membro. Gli Stati membri in cui la popolazione bovina è inferiore a 1 500 000 di capi possono formulare le previsioni in questione solo una volta l’anno. 2. Le previsioni per i suini sono formulate due volte l’anno da ciascuno Stato membro. Gli Stati membri in cui la cui popolazione suina è inferiore a 3 000 000 di capi possono formulare le previsioni in questione solo una volta l’anno. 3. Le previsioni per gli ovini sono formulate una volta l’anno dagli Stati membri il cui patrimonio ovino è pari o superiore a 500 000 capi. 4. Le previsioni per i caprini sono formulate una volta l’anno dagli Stati membri il cui patrimonio caprino è pari o superiore a 500 000 capi. 5. Le previsioni si riferiscono: a) a tre semestri per i bovini e a quattro trimestri per i suini per gli Stati membri che formulano previsioni due volte l’anno; b) a quattro semestri per i bovini e a sei trimestri per i suini per gli Stati membri che formulano previsioni una volta l’anno; c) a due semestri per gli ovini e i caprini. Articolo 15 Categorie Le previsioni sono formulate per le categorie specificate nell’allegato V. Articolo 16 Termini di trasmissione Gli Stati membri trasmettono alla Commissione le previsioni sulla produzione di carne: a) entro il 15 febbraio per le previsioni per i bovini dall’inizio del primo semestre dell’anno in corso alla fine del primo semestre dell’anno successivo ed entro il 15 settembre per le previsioni dall’inizio del secondo semestre dell’anno in corso alla fine del secondo semestre dell’anno successivo per gli Stati membri che formulano previsioni due volte l’anno; b) entro il 15 febbraio per le previsioni per i bovini dall’inizio del primo semestre dell’anno in corso alla fine del secondo semestre dell’anno successivo per gli Stati membri che formulano previsioni una volta l’anno; c) entro il 15 febbraio per le previsioni per i suini dall’inizio del primo trimestre alla fine del quarto trimestre dell’anno in corso ed entro il 15 settembre per le previsioni dall’inizio del terzo trimestre dell’anno in corso alla fine del secondo trimestre dell’anno successivo per gli Stati membri che formulano previsioni due volte l’anno; d) entro il 15 febbraio per le previsioni per i suini dall’inizio del primo trimestre dell’anno in corso alla fine del secondo trimestre dell’anno successivo per gli Stati membri che formulano previsioni una volta l’anno; e) entro il 15 febbraio per le previsioni per gli ovini e i caprini dall’inizio del primo semestre dell’anno in corso alla fine del secondo semestre dell’anno in corso. SEZIONE IV DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 17 Valutazione della qualità e relazioni 1. Ai fini del presente regolamento, ai dati da trasmettere si applicano i seguenti criteri di valutazione della qualità: a) «pertinenza»: il grado in cui le statistiche soddisfano le esigenze attuali e potenziali degli utenti; b) «accuratezza»: la prossimità delle stime ai valori reali sconosciuti; c) «tempestività»: l’intervallo di tempo intercorrente fra la disponibilità delle informazioni e l’evento o il fenomeno che esse descrivono; d) «puntualità»: l’intervallo di tempo intercorrente fra la data del rilascio dei dati e la data prevista per la loro consegna; e) «accessibilità» e «chiarezza»: le condizioni e le modalità con cui gli utenti possono ottenere, utilizzare e interpretare i dati; f) «comparabilità»: la misurazione dell’incidenza delle differenze tra i concetti statistici applicati e tra gli strumenti e le procedure di misurazione quando si confrontano statistiche relative ad aree geografiche o settori diversi, o nel tempo; e g) «coerenza»: la capacità dei dati di essere combinati attendibilmente secondo modalità diverse e per vari usi. 2. Ogni tre anni, e per la prima volta entro il 1o luglio 2011, gli Stati membri presentano alla Commissione (Eurostat) una relazione sulla qualità dei dati trasmessi. 3. Le relazioni sulla qualità descrivono: a) l’organizzazione delle indagini contemplate dal presente regolamento e la metodologia applicata; b) i livelli di precisione raggiunti per le indagini a campione di cui al presente regolamento; c) la qualità delle fonti diverse dalle indagini che sono state usate e d) la qualità delle previsioni di cui al presente regolamento. 4. Gli Stati membri informano la Commissione in merito a qualsiasi modifica metodologica o di altra natura suscettibile di influenzare in maniera considerevole le statistiche. Ciò deve avvenire entro tre mesi dell’entrata in vigore di tale modifica. 5. Va tenuto presente il principio che i costi e gli oneri aggiuntivi devono rimanere contenuti entro limiti ragionevoli. Articolo 18 Misure di esecuzione 1. Le misure intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche completandolo, e che riguardano modifiche degli allegati I, II, IV e V, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 19, paragrafo 2. 2. Vanno tenuti in debita considerazione sia il principio che i benefici derivanti dalle modifiche devono essere superiori ai costi delle stesse, sia il principio che i costi e gli oneri aggiuntivi devono rimanere contenuti entro limiti ragionevoli. Articolo 19 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente di statistica agraria. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 20 Deroga 1. Qualora l’applicazione del presente regolamento al sistema statistico nazionale di uno Stato membro richieda adeguamenti significativi e possa causare notevoli problemi pratici la Commissione può concedere una deroga alla sua applicazione fino al 1o gennaio 2010 o, nel caso delle statistiche sugli ovini e sui caprini, fino al 1o gennaio 2011. 2. Tali Stati membri ne informano la Commissione entro il 21 marzo 2009. Articolo 21 Abrogazione 1. Fatto salvo il paragrafo 3 del presente articolo, le direttive 93/23/CEE, 93/24/CEE e 93/25/CEE sono abrogate. 2. I riferimenti alle direttive abrogate si considerano riferimenti al presente regolamento. 3. In deroga all’articolo 22, paragrafo 2, uno Stato membro cui è stata concessa una deroga a norma dell’articolo 20 continua ad applicare le disposizioni delle direttive 93/23/CEE, 93/24/CEE e 93/25/CEE per la durata del periodo di deroga. Articolo 22 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Esso si applica dal 1o gennaio 2009. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 19 novembre 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J.-P. JOUYET (1) Parere del Parlamento europeo del 20 maggio 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 27 ottobre 2008. (2) GU L 149 del 21.6.1993, pag. 1. (3) GU L 149 del 21.6.1993, pag. 5. (4) GU L 149 del 21.6.1993, pag. 10. (5) GU L 56 del 2.3.1988, pag. 1. (6) GU L 154 del 21.6.2003, pag. 1. (7) GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1. (8) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. (9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (10) Cfr. la pagina 14 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO I DEFINIZIONI Ai fini del presente regolamento si intende per: 1. categorie di bovini Allegato II Allegati IV e V Vitelli Bovini di età non superiore a otto mesi Giovani bovini Bovini di età superiore a otto mesi ma non superiore a dodici mesi Vitelli e giovani bovini da macello Vitelli e giovani bovini da macello di età non superiore a dodici mesi Tori Bovini maschi non castrati non compresi tra i vitelli e i giovani bovini Buoi Bovini maschi castrati non compresi tra i vitelli e i giovani bovini Giovenche Bovini femmine che non hanno ancora partorito e che non sono comprese tra i vitelli e i giovani bovini Bovini femmine che non hanno ancora partorito e che non sono comprese tra i vitelli e i giovani bovini Giovenche da macello Giovenche allevate per la produzione di carne Altre giovenche Giovenche allevate per la riproduzione e destinate a sostituire le vacche da latte o altre vacche Vacche Bovini femmine che hanno già partorito (comprese eventualmente anche le bovine di meno due anni) Bovini femmine che hanno già partorito Vacche da latte Vacche adibite esclusivamente o prevalentemente alla produzione di latte destinato al consumo umano e/o alla trasformazione in prodotti lattiero-caseari, ivi comprese le vacche da riforma destinate alla macellazione (che siano o meno ingrassate tra la loro ultima lattazione e la macellazione) Altre vacche Vacche diverse dalle vacche da latte comprese, se del caso, le vacche da lavoro 2. categorie di ovini Pecore e agnelle montate: femmine della specie ovina che hanno già figliato almeno una volta nonché quelle che sono state montate per la prima volta. Pecore da latte: pecore detenute esclusivamente o principalmente per la produzione di latte destinato al consumo umano e/o alla trasformazione in prodotti lattiero-caseari, comprese le pecore da latte riformate (che siano o meno ingrassate tra l’ultima lattazione e la macellazione). Altre pecore: pecore diverse dalle pecore da latte. Agnelli: ovini maschi o femmine giovani, fino all’età di dodici mesi. 3. «carcassa» a) per i bovini, il corpo intero dell’animale macellato, dopo dissanguamento, eviscerazione e scuoiamento, presentato senza la testa (separata dalla carcassa all’altezza dell’articolazione occipito-atlantoide); senza le zampe (sezionate all’altezza dell’articolazione carpo-metacarpiche o tarso-metatarsiche), senza gli organi contenuti nelle cavità toracica e addominale, con o senza reni, grasso del rognone e grasso di bacino e senza gli organi sessuali e muscoli aderenti, senza mammelle e il grasso mammario; b) per i suini, il corpo di un suino macellato, dissanguato ed eviscerato, intero o diviso a metà, senza la lingua, le setole, le unghie, gli organi sessuali, la sugna, i rognoni e il diaframma; c) per gli ovini e i caprini, il corpo intero dell’animale macellato, dopo dissanguamento, eviscerazione e scuoiamento, presentato senza la testa (separata all’altezza dell’articolazione occipito-atlantoide), senza le zampe (sezionate all’altezza delle articolazioni carpo-metacarpiche o tarso-metatarsiche), senza la coda (sezionata tra la sesta e la settima vertebra caudale), senza gli organi contenuti nelle cavità toracica e addominale (esclusi i rognoni e il grasso di rognone), senza mammelle e organi sessuali; i rognoni e il grasso di rognone sono inclusi nella carcassa; d) per il pollame, gli animali spennati, svuotati, senza la testa e le zampe, senza il collo, il cuore, il fegato e il ventriglio, detti «polli 65 %» o altrimenti presentati. 4. «peso morto», il peso della carcassa fredda ottenuto in particolare, per i suini, sottraendo il 2 % dal peso a caldo rilevato al più tardi 45 minuti dopo l’operazione di dissanguamento e, per i bovini, sottraendo il 2 % dal peso a caldo rilevato al più tardi 60 minuti dopo l’operazione di dissanguamento. ALLEGATO II CATEGORIE DI STATISTICHE SUL BESTIAME Bovini: — bovini di età non superiore ad un anno: — vitelli e giovani bovini destinati alla macellazione — altri: — maschi — femmine — bovini di età superiore a un anno ma inferiore a due anni (escluse le giovenche che hanno partorito): — maschi — femmine (giovenche; animali che non hanno ancora partorito): — animali destinati alla macellazione — altre — bovini di due anni e oltre: — maschi — femmine: — giovenche: — giovenche destinate alla macellazione — altre — vacche (bovine che hanno partorito, comprese quelle di età inferiore a due anni): — vacche da latte — altre — bufali: — bufale da riproduzione — altri Suini: — suinetti di peso vivo inferiore a 20 kg — suini di peso vivo pari o superiore a 20 kg ma inferiore a 50 kg — suini da ingrasso, compresi i verri e le scrofe da riforma, di peso vivo: — pari o superiore a 50 kg ma inferiore a 80 kg — pari o superiore a 80 kg ma inferiore a 110 kg — pari o superiori a 110 kg — suini da riproduzione di peso vivo pari o superiore a 50 kg: — verri — scrofe montate, di cui: — scrofe montate per la prima volta — altre scrofe, di cui: — giovani scrofe non ancora montate Ovini: — pecore e agnelle montate: — pecore da latte e agnelle da latte montate — altre pecore e agnelle montate — altri ovini Caprini: — capre aventi già figliato e capre montate: — capre aventi già figliato — capre montate per la prima volta — altri caprini. ALLEGATO III PRESCRIZIONI IN MATERIA DI PRECISIONE Nel caso delle indagini sul bestiame, gli errori di campionamento per i risultati di ciascuno Stato membro non devono oltrepassare (con un intervallo di confidenza del 68 %): a) l’1 % del numero totale di capi bovini (il 5 % nel caso in cui il patrimonio bovino è inferiore a 1 000 000 di capi); b) l’1,5 % del numero totale di vacche (il 5 % nel caso in cui il numero di vacche è inferiore a 500 000 capi); c) il 2 % del numero totale di capi suini (il 5 % nel caso in cui il patrimonio suino è inferiore a 1 000 000 di capi); e d) il 2 % del numero totale degli ovini e del numero totale dei caprini (il 5 % nel caso in cui il patrimonio ovino e caprino è inferiore a 1 000 000 di capi). ALLEGATO IV CATEGORIE DI STATISTICHE SULLE MACELLAZIONI Bovini: — vitelli — giovani bovini — giovenche — vacche — tori — buoi Suini: nessuna disaggregazione Ovini: — agnelli — altri Caprini: nessuna disaggregazione Pollame: — galline — tacchini — anatre — altri. ALLEGATO V CATEGORIE DI PREVISIONI SULLA PRODUZIONE DI CARNE Bovini: — vitelli e giovani bovini — giovenche — vacche — tori e buoi Suini: nessuna disaggregazione Ovini: nessuna disaggregazione Caprini: nessuna disaggregazione.
Statistiche - sul bestiame e sulla carne, nel quadro della politica agricola comune QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso istituisce un sistema per la compilazione e la produzione di statistiche sul bestiame e sulla carne nell’UE. Tali statistiche vengono usate per gestire e valutare la politica agricola comune europea. Il regolamento abroga le direttive 93/23/CEE, 93/24/CEE e 93/25/CEE. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione Il regolamento riguarda le statistiche su:bovini*, suini, ovini e caprini (bestiame); animali bovini, suini, ovini, caprini e pollame (macellazione). Esso disciplina anche la compilazione delle previsioni sulla produzione di carne bovina, carne di vitello, carne suina, carne ovina e caprina. Statistiche sul bestiame Copertura e categorie Ogni Stato membro compila statistiche sul numero di capi bovini, suini, ovini e caprini delle aziende agricole all’interno del proprio territorio. Gli Stati membri che conducono indagini a campione devono coprire un numero di aziende agricole rappresentative almeno del 95 % dell’intera popolazione come determinato dall’ultima indagine sulla struttura delle aziende agricole. Le statistiche sul bestiame sono prodotte per le categorie specificate nell’allegato II del regolamento. Frequenza e periodo di riferimento Le statistiche sugli ovini e sui caprini sono compilate una volta l’anno, mentre le statistiche sui capi di bovini e di suini sono compilate due volte l’anno. L’eccezione riguarda i paesi in cui la popolazione di una certa tipologia di animali è inferiore a una determinata soglia, in cui non vengono compilate statistiche sugli ovini e sui caprini e in cui esse vengano prodotte solo una volta l’anno per i bovini e per i suini. Precisione Gli Stati membri che effettuano indagini a campione devono garantire che i risultati estrapolati delle indagini nazionali rispettino le prescrizioni in materia di precisione di cui all’allegato III del regolamento. Se gli Stati membri decidono di utilizzare una fonte amministrativa, ne devono informare la Commissione europea (Eurostat) riguardo al metodo utilizzato e alla qualità dei dati. Se vengono utilizzate fonti diverse dalle indagini, la qualità delle informazioni ottenute da tali fonti deve essere almeno pari a quella delle informazioni ottenute da indagini statistiche. Termini di trasmissione Il regolamento definisce i termini entro i quali gli Stati membri devono trasmettere alla Commissione dati statistici provvisori e definitivi sul bestiame. Statistiche regionali Le statistiche relative al mese di novembre/dicembre sono disaggregate secondo le unità territoriali NUTS 1 e NUTS 2 quali definite nel regolamento (CE) n. 1059/2003, e solo secondo le unità territoriali NUTS 1 per la Germania e il Regno Unito (1). Se tali unità territoriali rappresentano il 5 % o meno della popolazione nazionale degli animali interessati, tali statistiche sono facoltative per le unità territoriali che comprendono meno di:75.000 capi bovini, 150.000 suini, 100.000 ovini, e 25.000 caprini. Statistiche sulla macellazione Copertura e categorie Ogni Stato membro compila statistiche in merito al peso morto e al numero di capi bovini, suini, ovini, caprini e avicoli macellati nei macelli all’interno del proprio territorio, le cui carni sono idonee al consumo umano. Esso fornisce anche stime in merito all’entità delle macellazioni diverse da quelle effettuate nei macelli, in modo tale che le statistiche comprendano tutti i bovini, i suini, gli ovini e i caprini macellati sul proprio territorio. Le categorie per le quali devono essere prodotte le statistiche sono elencate specificate nell’allegato IV del regolamento. Frequenza e trasmissione Le statistiche sulle macellazioni nei macelli sono compilate mensilmente e devono essere trasmesse a Eurostat entro 60 giorni. Previsioni sulla produzione di carne Copertura Gli Stati membri utilizzano le statistiche sul bestiame e le macellazioni e le altre informazioni disponibili per formulare previsioni sulla loro offerta di bovini, suini, ovini e caprini. Tale offerta è espressa in termini di produzione interna lorda, corrispondente al numero di capi bovini, suini, ovini e caprini macellati, più il saldo degli scambi intracomunitari ed extracomunitari di tali animali vivi. Le previsioni vengono prodotte per le categorie elencate nell’Allegato V del regolamento. Frequenza, periodi di riferimento e termini di trasmissione Il regolamento fissa la frequenza e i periodi di riferimento che devono essere coperti dalle previsioni per tipo di animale e le scadenze entro le quali gli Stati membri devono trasmettere a Eurostat le previsioni sulla produzione della carne. Disposizioni generaliGli Stati membri sono responsabili della qualità dei dati che trasmettono a Eurostat, che successivamente valuta i dati in termini di pertinenza, puntualità, accessibilità, chiarezza e comparabilità. La Commissione ha il potere di adottare emendamenti agli allegati del regolamento. Eurostat si avvale dell’assistenza e della consulenza del Comitato del sistema statistico europeo, un comitato di esperti nazionali. Ogni tre anni gli Stati membri presentano a Eurostat una relazione sulla qualità dei dati trasmessi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 1 gennaio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:«Produzione agricola - animali» (Eurostat). TERMINI CHIAVE Bovini: animali domestici delle specie Bos taurus e Bubalus bubalis, compresi gli ibridi come il Beefalo. ATTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1165/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008 relativo alle statistiche sul bestiame e sulla carne che abroga le direttive del Consiglio 93/23/CEE, 93/24/CEE e 93/25/CEE (GU L 321, 1.12.2008, pagg. 1-13) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1165/2008 sono state incorporate nel documento originale. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario. DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003 relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154, 21.6.2003, pagg. 1-41) Si veda la versione consolidata
11,039
1,213
31997R1255
false
Regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio del 25 giugno 1997 riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEE Gazzetta ufficiale n. L 174 del 02/07/1997 pag. 0001 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 1255/97 DEL CONSIGLIO del 25 giugno 1997 riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEEIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la direttiva 91/628/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e che modifica le direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE (1), in particolare l'articolo 13, paragrafo 2 e l'articolo 14,vista la proposta della Commissione,considerando che, per migliorare il benessere di certe categorie di animali trasportati, la direttiva 91/628/CEE stabilisce prescrizioni riguardanti la durata massima del viaggio, dopo la quale gli animali devono essere scaricati, nutriti e abbeverati e fatti riposare per almeno 24 ore prima di far loro riprendere il viaggio;considerando che tali interruzioni obbligatorie nel trasporto di animali a lunga distanza avvengono nei punti di sosta;considerando che è necessario stabilire criteri applicabili in tutta la Comunità relativamente ai punti di sosta, onde garantire le migliori condizioni di benessere per gli animali che vi soggiornano, nonché prevedere talune disposizioni particolari in materia di polizia sanitaria;considerando che, onde facilitare il controllo del funzionamento dei punti di sosta, nonché dei veicoli e degli animali che li attraversano, è necessario prevedere la tenuta di un registro e occuparsi di alcune altre questioni amministrative;considerando che, per garantire che il viaggio degli animali trasportati prosegua nelle migliori condizioni possibili di benessere, l'autorità competente deve accertare la loro idoneità a proseguire il viaggio;considerando che, in attesa di misure volte alla riscossione di un canone comunitario per le spese determinate dal controllo veterinario per accertare l'idoneità degli animali a proseguire il viaggio, occorre precisare che gli Stati membri hanno la possibilità, nel rispetto delle norme generali del trattato, di mettere tali spese a carico dell'operatore interessato;considerando che, per assicurare l'osservanza di determinate norme applicabili nei punti di sosta, occorre adeguare alle nuove disposizioni il ruolino di marcia di cui al capitolo VIII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE;considerando che è importante fissare in primo luogo le norme riguardanti i punti di sosta per solipedi domestici ed animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina;considerando che il comitato veterinario scientifico ha raccomandato certi requisiti minimi per i punti di sosta, che sono stati presi in considerazione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 1. Il presente regolamento si applica unicamente ai punti di sosta nella Comunità europea che accolgono durante almeno 24 ore solipedi domestici e animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina secondo le disposizioni di cui al capitolo VII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE e fatte salve le direttive 64/432/CEE (2), 80/213/CEE (3), 85/511/CEE (4), 89/608/CEE (5), 90/425/CEE (6), 90/426/CEE (7), 91/68/CEE (8), 91/496/CEE (9), 92/102/CEE (10) e 93/119/CE (11).2. I punti di sosta di cui al paragrafo 1 devono rispettare i criteri comunitari previsti dal presente regolamento.Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si applicano, ove necessario, le definizioni di cui all'articolo 2 delle direttive 64/432/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE e 91/628/CEE.Articolo 3 1. Gli Stati membri provvedono affinché i punti di sosta siano approvati dall'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio si trovano.2. Ai fini della concessione del riconoscimento, l'autorità competente quale definita all'articolo 2, paragrafo 6 della direttiva 90/425/CEE provvede affinché i punti di sosta soddisfino i requisiti di cui all'allegato I del presente regolamento; tali punti di sosta devono inoltre:a) essere situati in una zona non soggetta a divieto o restrizione secondo la pertinente legislazione comunitaria;b) essere posti sotto il controllo di un veterinario ufficiale che vigila in particolare alla osservanza delle disposizioni del presente regolamento;c) funzionare nel rispetto di tutte le disposizioni comunitarie pertinenti in materia di rispetto delle norme di polizia sanitaria, movimento degli animali e protezione degli animali al momento della macellazione;d) essere oggetto di ispezioni regolari per controllare che le condizioni di riconoscimento continuino ad essere soddisfatte.3. L'autorità competente rilascia un numero di riconoscimento a ciascun punto di sosta approvato. Tale riconoscimento può essere limitato ad una o più specie particolari o a alcune categorie di animali e di qualifica sanitaria. L'autorità competente notifica alla Commissione l'elenco dei punti di sosta approvati, nonché gli eventuali aggiornamenti. La Commissione comunica tali informazioni agli Stati membri nell'ambito del comitato veterinario permanente.4. L'autorità competente può sospendere o ritirare il riconoscimento in caso di mancata osservanza del presente articolo o di altre disposizioni appropriate del presente regolamento, oppure in caso di modifica della qualifica sanitaria della zona di ubicazione o di inosservanza delle norme relative al benessere degli animali. Il riconoscimento può essere nuovamente attribuito quando l'autorità competente abbia la garanzia che il punto di sosta soddisfi nuovamente tutte le disposizioni del presente regolamento.Articolo 4 1. I punti di sosta devono essere usati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano.2. Tuttavia, in deroga al precedente paragrafo del presente articolo, gli Stati membri possono inoltre riconoscere come punti di sosta i centri di raccolta quali definiti all'articolo 2, lettera o) della direttiva 64/432/CEE, a condizione che, allorché sono utilizzati come punti di sosta:a) soddisfino sia le prescrizioni pertinenti dell'articolo 11 della direttiva 64/432/CEE che le prescrizioni del presente regolamento;b) siano utilizzati esclusivamente per tale attività nel periodo in causa;c) non siano utilizzati per l'acquisto e la vendita degli animali contemplati dal presente regolamento.3. Solo gli animali aventi la stessa qualifica sanitaria certificata caratteristica della specie in causa e per i quali i punti di sosta sono stati approvati, possono essere presenti contemporaneamente nei punti di sosta, onde evitare qualsiasi rischio il compromettere la loro qualifica sanitaria.Articolo 5 Il proprietario o la persona fisica o giuridica che gestisce un punto di sosta è responsabile dell'osservanza delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. A tal fine esso è tenuto in particolare:a) ad ammettere unicamente gli animali certificati e identificati secondo le normative comunitarie pertinenti, in particolare per quanto riguarda le disposizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 3. A tal fine, egli verifica o fa verificare i documenti sanitari o altri documenti di accompagnamento relativi alle specie o alle categorie interessate e in maniera casuale i marchi di identificazione degli animali;b) a provvedere affinché, fatte salve le disposizioni di cui all'allegato I, parte B, punto 3, gli animali siano tenuti nei punti di sosta nello stesso gruppo che costituiva la partita di origine e che ciascuna partita sia alloggiata in installazioni totalmente separate la cui gestione deve avvenire secondo le istruzioni del veterinario ufficiale, al fine in particolare di evitare qualsiasi contatto che possa compromettere la qualifica sanitaria degli animali;c) a provvedere affinché gli animali che soggiornano nei punti di sosta siano nutriti ed abbeverati al momento opportuno, tenendo conto della specie in questione, ed a disporre a tal fine dei quantitativi adeguati;d) ad accudire gli animali che soggiornano nei punti di sosta e, ove necessario, a prendere tutte le disposizioni per assicurare il benessere degli animali e la conformità ai requisiti di salute animale;e) a rivolgersi, in caso di necessità, ad un veterinario- affinché agli animali che si ammalano o si feriscono durante il periodo in cui sono sotto la sua responsabilità venga prestato il trattamento veterinario opportuno e- affinché, se necessario, l'animale in causa sia macellato immediatamente o abbattuto o gli sia praticata l'eutanasia secondo la direttiva 93/119/CE;f) a utilizzare personale che possieda le attitudini, conoscenze e capacità professionali adeguate e che a tal fine disponga di una formazione specifica acquisita presso l'impresa o presso un organismo di formazione, ovvero vanti un'esperienza pratica equivalente per procedere alla manipolazione degli animali in questione nonché per prestare, se necessario, l'assistenza appropriata a tali animali;g) ad adottare le misure necessarie per garantire che tutti coloro che procedono alla manipolazione degli animali nei punti di sosta rispettino le disposizioni pertinenti in materia di benessere degli animali;h) a iscrivere in un registro o supporto informatico, da conservare e tenere a disposizione dell'autorità competente, per almeno tre anni, i dati di cui all'allegato I, parte C, punto 7;i) a segnalare il più rapidamente possibile all'autorità competente le anomalie riscontrate.Articolo 6 1. Prima della partenza degli animali dal punto di sosta, il veterinario ufficiale o un veterinario designato a tal fine dall'autorità competente conferma sul ruolino di marcia, modificato a tal fine in base all'allegato II, che gli animali sono idonei a continuare il viaggio.Gli Stati membri possono stabilire che le spese sostenute per il suddetto controllo veterinario siano a carico dell'operatore interessato.2. Le norme relative allo scambio di informazioni tra autorità per conformarsi ai requisiti del presente regolamento sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 3 della direttiva 91/628/CEE.Articolo 7 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1997.Per il ConsiglioIl presidenteJ. VAN AARTSEN(1) GU n. L 340 dell'11. 12. 1991, pag. 17. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/29/CE (GU n. L 148 del 30. 6. 1995, pag. 52).(2) GU n. 121 del 29. 7. 1964, pag. 1977/64. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/29/CE.(3) GU n. L 47 del 21. 2. 1980, pag. 1.(4) GU n. L 315 del 26. 11. 1985, pag. 11. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU n. L 351 del 2. 12. 1989, pag. 34.(6) GU n. L 224 del 18. 8. 1990, pag. 29. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 92/118/CEE (GU n. L 62 del 15. 3. 1993, pag. 49).(7) GU n. L 224 del 18. 8. 1990, pag. 42. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(8) GU n. L 46 del 19. 2. 1991, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 94/953/CE (GU n. L 371 del 31. 12. 1994, pag. 14).(9) GU n. L 268 del 24. 9. 1991, pag. 56. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/43/CE (GU n. L 162 dell'1. 7. 1996, pag. 1).(10) GU n. L 355 del 5. 12. 1992, pag. 32. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(11) GU n. L 340 del 31. 12. 1993, pag. 21.ALLEGATO I CRITERI COMUNITARI PER I PUNTI DI SOSTA A. MISURE SANITARIE E D'IGIENE 1. Ogni punto di sosta devea) avere le apparecchiature idonee alla pulitura e alla disinfezione di tutti i fabbricati, attrezzature, impianti e veicoli,b) essere costruito con materiali tali da poter essere adeguatamente e facilmente puliti e disinfettati,c) essere pulito e disinfettato prima e dopo ogni utilizzazione secondo le istruzioni del veterinario ufficiale.2. Il responsabile del punto di sosta deve fornire attrezzature pulite e tute di protezione, riservati esclusivamente a chiunque entri nel punto di sosta e mettere a disposizione le apparecchiature idonee alla loro pulitura e disinfezione.3. Le lettiere devono essere rimosse quando una partita di animali viene allontanata da un recinto e dopo esser state pulite e disinfettate secondo quanto previsto dal punto 1, lettera c) sostituite con lettiere fresche.4. I punti di sosta devono essere completamente evacuati dagli animali per un periodo di almeno 24 ore dopo un massimo di sei giorni di utilizzazione e dopo che sono state effettuate le operazioni di pulitura e di disinfezione e prima dell'arrivo di un'altra partita di animali.B. COSTRUZIONE E IMPIANTI 1. Oltre alle disposizioni di cui all'allegato, capitolo 1, parte A, punto 4 della direttiva 91/628/CEE applicabili ai mezzi di trasporto per il carico e lo scarico degli animali, ogni punto di sosta deve disporre di adeguate attrezzature e impianti per il carico e scarico degli animali dai mezzi di trasporto. In particolare le attrezzature e gli impianti devono avere un pavimento antisdrucciolevole e, ove occorra, devono essere muniti di protezioni laterali. Ponti, rampe e passerelle devono essere provvisti di parapetti o altri mezzi di protezione onde impedire che gli animali possano cadere. Le rampe di carico e scarico devono avere la minima inclinazione possibile. I corridoi nei quali passano gli animali devono essere muniti di pavimenti antisdrucciolevoli ed essere concepiti in modo che gli animali non possano ferirsi. È necessario evitare assolutamente che tra il pavimento del veicolo e la rampa o tra la rampa e il pavimento della zona di scarico vi sia un dislivello o un gradino tale da costringere gli animali a saltare o da farli scivolare o inciampare.A decorrere dal 1° luglio 1999 tutti i punti di sosta devono essere costantemente muniti di un numero sufficiente di rampe fisse o mobili costruite e usate in modo che gli animali non debbano salire e scendere per pendenze superiori a 20° durante il carico e lo scarico.2. Tutti gli impianti dei punti di sosta usati per accogliere gli animali devono:a) essere muniti di pavimenti antisdrucciolevoli e concepiti in modo che gli animali non possano ferirsi;b) aver una tettoria ed un'adeguata protezione laterale onde proteggere gli animali da condizioni climatiche avverse;c) disporre di adeguati impianti per tenere, ispezionare, eventualmente esaminare, nutrire e abbeverare gli animali e per conservare i mangimi;d) disporre, secondo la capacità di accoglienza, di ventilazione e drenaggio idonei per la specie di animali accolti;e) disporre di illuminazione naturale o artificiale di intensità sufficiente a consentire l'ispezione di tutti gli animali in qualsiasi momento; se necessario, dovrebbe essere disponibile un'adeguata illuminazione di riserva;f) disporre di apparecchiature per legare gli animali per i quali esista tale necessità; in questo caso gli animali devono essere legati in modo da non soffrire inutilmente e da poter alimentarsi, bere o coricarsi senza difficoltà;g) disporre, in funzione delle specie in questione, di sufficiente spazio per consentire agli animali di coricarsi contemporaneamente e di arrivare agevolmente agli impianti di abbeveraggio e alimentazione;h) avere un'adeguata disponibilità di materiale per lettiere. Tale materiale deve essere sistemato in ciascun recinto in modo da rispettare le esigenze di ciascuna specie o categoria di animali accolti;i) essere costruiti e mantenuti in modo da evitare che gli animali vengano a contatto con oggetti appuntiti o pericolosi oppure con superfici danneggiate che possano causar loro ferite.3. I punti di sosta devono avere adeguati impianti che consentano l'alloggio separato di animali ammalati, feriti o bisognosi di particolari attenzioni.4. Nei punti di sosta devono essere disponibili impianti idonei per tutto il personale che frequenta ed utilizza i locali.5. I punti di sosta devono disporre di sistemi adeguati per il deposito e l'eliminazione di materiali di scarto e per il deposito delle carcasse, in attesa che siano portate via e distrutte a norma della direttiva 90/667/CEE (1).C. MODALITÀ OPERATIVE 1. Gli animali devono essere scaricati al più presto dopo il loro arrivo. Tuttavia in caso di ritardi inevitabili, tenuto conto in particolare delle condizioni climatiche e dei periodi di attesa, occorre assicurare che gli animali beneficino delle migliori condizioni di benessere.2. Durante le operazioni di carico e scarico occorre provvedere affinché gli animali non siano spaventati, eccitati o maltrattati e occorre evitare che siano rovesciati. Gli animali non devono essere sollevati o trascinati per la testa, le corna, le orecchie, le zampe, la coda o il vello, in modo da evitare ferite o sofferenze inutili. Ove occorra, gli animali devono essere guidati individualmente.3. Per gli spostamenti degli animali in tutti gli impianti:a) devono essere previsti dei corridoi per assecondare le loro tendenze gregarie;b) gli strumenti destinati a guidare gli animali devono essere usati soltanto a questo fine e gli strumenti che provocano scariche elettriche devono essere evitati il più possibile; possono comunque essere usati soltanto per i bovini ed i suini adulti che rifiutano di muoversi, a condizione che le scariche non durino più di due secondi, siano adeguatamente intervallate e che gli animali dispongano davanti a loro di spazio sufficiente per muoversi. Le scariche possono essere applicate soltanto ai muscoli posteriori;c) gli animali non devono essere percossi, né subire pressioni su qualsiasi parte sensibile del corpo, in particolare non si deve loro schiacciare, torcere o rompere la coda, né colpire gli occhi. È vietato prenderli a pugni o a calci;d) il personale addetto agli animali nei punti di sosta non deve detenere né usare pungoli o altri strumenti appuntiti. Si possono usare bastoni o altri strumenti per guidare gli animali purché non causino ferite o sofferenze inutili quando entrano in contatto con il corpo dell'animale.4. Gli animali che arrivano dopo essere stati sottoposti a temperature elevate in condizioni di tempo umido devono poter essere rinfrescati al più presto con metodi appropriati.5. Gli animali devono essere nutriti e abbeverati in modo che ogni capo accolto nel punto di sosta possa almeno disporre di un quantitativo sufficiente di acqua pulita e di mangime adeguato per soddisfare le sue esigenze fisiologiche durante il soggiorno e per la prevista durata del viaggio fino al successivo punto di sosta in cui sarà nutrito. I punti di sosta possono accogliere animali con speciali esigenze alimentari quali, ad esempio, i giovani vitelli che hanno bisogno di un alimento liquido, soltanto se adeguatamente attrezzati e provvisti di personale in grado di soddisfare tali esigenze.6. Le condizioni e lo stato degli animali devono essere ispezionati dal personale del punto di sosta al momento dell'arrivo e almeno una volta ogni 12 ore durante il soggiorno nel punto di sosta.7. Il registro di cui all'articolo 5, lettera h) della presente direttiva deve contenere i dati seguenti:a) data e ora di completamento dello scarico e di inizio del ricarico degli animali di ogni partita;b) data e durata del vuoto sanitario di cui alla parte A, punto 4 del presente allegato;c) numero/numeri del certificato sanitario/dei certificati sanitari relativi a ciascuna partita;d) eventuali osservazioni utili sulla salute o sullo stato di benessere degli animali e in particolare:- caratteristiche e numero degli animali trovati morti al momento dello scarico nel punto di sosta o morti durante il soggiorno nello stesso;- caratteristiche e numero degli animali trovati gravemente feriti al momento dello scarico, feritisi durante il soggiorno o che vengono ritenuti non idonei per spostamenti ulteriori;e) nomi e indirizzi del trasportatore e degli autisti e numeri di immatricolazione dei veicoli.(1) GU n. L 363 del 27. 12. 1990, pag. 51. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.
Il benessere degli animali durante il trasporto: norme relative ai punti di sosta SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme relative ai punti di sosta in cui gli animali devono riposare per almeno 12 ore durante pause obbligatorie nei viaggi di lunga distanza all’interno dell’Unione europea (UE). Queste regole sono concepite per garantire condizioni ottimali per il loro benessere. PUNTI CHIAVE I punti di sosta devono: trovarsi in luoghi non soggetti a restrizioni di polizia sanitaria; essere posti sotto il controllo di un veterinario ufficiale; essere oggetto di ispezioni regolari almeno due volte all’anno; essere conformi a tutte le norme dell’UE sulla salute degli animali; rispettare dettagliate misure di salute e igiene, criteri di costruzione e regole operative. Tali norme riguardano lo strame, le lettiere, le operazioni di carico e scarico delle attrezzature e il trattamento degli animali durante il loro soggiorno. I punti di sosta vengono utilizzati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano. Solo gli animali aventi la stessa qualifica sanitaria certificata possono essere presenti contemporaneamente. L’autorità nazionale competente approva e assegna un numero a ciascun punto di sosta. L’approvazione può essere limitata a determinate specie o categorie di animali e alle loro condizioni di salute. I proprietari dei punti di sosta devono: accettare esclusivamente animali certificati o identificati in base alle normative dell’UE rilevanti; garantire che gli animali vengano accuditi, nutriti e abbeverati secondo necessità; chiamare un veterinario, se necessario, per trattare o inoltrare a destinazione un animale; utilizzare personale che abbia ricevuto una formazione e possieda le competenze professionali adeguate; notificare alle autorità competenti la partenza di una consegna entro un giorno lavorativo; informare l’autorità competente delle irregolarità il prima possibile. Nel caso di gravi violazioni delle norme riguardanti la salute o il benessere degli animali, i paesi dell’UE devono sospendere l’utilizzo di un punto di sosta e devono informare la Commissione europea e gli altri paesi dell’UE in merito. Prima che gli animali lascino il punto di sosta, un veterinario ufficiale deve verificare che siano idonei a proseguire il viaggio. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 1o gennaio 1999. CONTESTO Il trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, riconosce che gli animali sono esseri senzienti. Di conseguenza, le politiche dell’UE devono rispettare tutti i requisiti relativi al loro benessere. L’UE ha adottato normative separate per quanto concerne: il benessere degli animali trasportati all’interno dell’UE; la protezione degli animali durante il trasporto internazionale. Per maggiori informazioni, si veda la pagina «Benessere degli animali: i traguardi più significativi» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio, del 25 giugno 1997, riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall’allegato della direttiva 91/628/CEE (GU L 174 del 2.7.1997, pagg. 1-6) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97 (GU L 3 del 5.1.2005, pagg. 1-44) Decisione 2004/544/CE del Consiglio, del 21 giugno 2004, relativa alla firma della Convenzione europea sulla protezione degli animali nei trasporti internazionali (GU L 241 del 13.7.2004, pag. 21)
7,747
511
32014R0522
false
REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 522/2014 DELLA COMMISSIONE dell'11 marzo 2014 che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (1), in particolare l'articolo 8, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) A norma dell'articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), la Commissione dovrebbe dare esecuzione alle risorse dei fondi strutturali per l'obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione destinate alle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile (nel seguito «azioni innovative»). (2) L'articolo 92, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1303/2013 consente alla Commissione di eseguire le risorse destinate alle azioni innovative nell'ambito della gestione indiretta di cui all'articolo 60 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (3). (3) Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla gestione delle azioni innovative da parte di un'entità o di un organismo a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 966/2012. (4) Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione delle azioni innovative che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Per far sì che siano selezionate proposte di qualità elevata, è opportuno fissare le procedure e i criteri per la selezione delle azioni innovative tenendo conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione. (5) La Commissione dovrebbe definire i temi per la selezione delle azioni innovative in modo da garantire che gli inviti a presentare proposte affrontino questioni urbane che potranno diventare sempre più importanti per l'Unione nei prossimi anni, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Gestione delle azioni innovative 1. La Commissione designa una o più entità o uno o più organismi a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio per le azioni innovative a livello dell'Unione a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (nel seguito «entità delegata»). Oltre a soddisfare le prescrizioni di cui all'articolo 60, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, l'entità delegata dispone di comprovata esperienza nella gestione dei fondi dell'Unione in diversi Stati membri. 2. La Commissione stipula un accordo di delega con l'entità delegata conformemente all'articolo 61, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e tale accordo di delega, oltre alle prescrizioni di cui all'articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (4), contiene disposizioni relative: a) a orientamenti per i richiedenti e i beneficiari; b) a un programma di lavoro annuale da sottoporre per approvazione alla Commissione; c) all'organizzazione degli inviti per selezionare le azioni innovative; d) alla valutazione dell'ammissibilità dei richiedenti; e) alla creazione di un gruppo di esperti, di concerto con la Commissione, al fine di valutare e classificare le proposte; f) alla selezione delle azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti, di concerto con la Commissione; g) all'obbligo di fornire al beneficiario un documento che precisi le condizioni per il sostegno, secondo le indicazioni della Commissione; h) all'analisi delle relazioni presentate dai beneficiari e dei pagamenti ai beneficiari; i) al monitoraggio delle singole azioni innovative; j) all'organizzazione di eventi di comunicazione; k) alla diffusione dei risultati, di concerto con la Commissione; l) all'audit delle singole azioni innovative per garantire che esse utilizzino la sovvenzione conformemente ai principi della sana gestione finanziaria; m) a un contributo finanziario a sostegno dei compiti di gestione dell'entità delegata che deve essere fornito sotto forma di contributo forfettario ai costi operativi dell'entità delegata e stabilito sulla base dell'importo dei fondi dell'Unione, destinati a sovvenzioni, conferiti a tale entità. 3. L'entità delegata fornisce alla Commissione i documenti di cui all'articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché tutte le informazioni necessarie per la valutazione dell'attuazione delle azioni innovative. Articolo 2 Selezione delle azioni innovative 1. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base di inviti a presentare proposte, tenendo conto dei temi definiti ogni anno dai servizi della Commissione. 2. Le seguenti autorità possono chiedere un sostegno per la realizzazione di azioni innovative: a) qualsiasi autorità urbana di un'unità amministrativa locale definita in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia e comprendente almeno 50 000 abitanti; b) qualsiasi associazione o gruppo di autorità urbane di unità amministrative locali, definite in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia, con una popolazione totale di almeno 50 000 abitanti; può trattarsi anche di associazioni o gruppi transfrontalieri, associazioni o gruppi di diverse regioni e/o Stati membri. 3. Il gruppo di esperti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera e), formula raccomandazioni riguardanti le azioni innovative da selezionare. Il gruppo di esperti ha una composizione equilibrata dal punto di vista geografico ed è presieduto dalla Commissione. Nel formulare le sue raccomandazioni il gruppo di esperti considera, in particolare, i seguenti criteri: a) contenuto innovativo della proposta e capacità della proposta di identificare o sperimentare nuove soluzioni; b) qualità della proposta; c) coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione della proposta; d) capacità di dimostrare risultati misurabili; e) trasferibilità delle soluzioni proposte. Il gruppo di esperti garantisce che nelle sue raccomandazioni si tenga conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione. 4. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti e di concerto con la Commissione. 5. L'importo concesso a ogni azione innovativa non può essere superiore a 5 000 000 EUR. 6. Ogni azione innovativa è realizzata entro un periodo massimo di tre anni. Articolo 3 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'11 marzo 2014 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). (3) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2012 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1). (4) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1).
Sviluppo urbano sostenibile: progetti innovativi QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento dettaglia come le azioni innovative portate avanti da città di paesi membri nel settore dello sviluppo urbano sostenibile vengono selezionate per finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (ERDF), e come tale processo di selezione viene gestito. PUNTI CHIAVE Il Regolamento (UE) n. 1301/2013 dà disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo dell’UE sugli investimenti a favore della crescita e dell’occupazione, mentre il Regolamento (UE) n. 1303/2013 (disposizioni comuni sul FESR, sul FSE, sul Fondo di coesione, sul FEASR e sul FEAMP (2014-2020) attribuisce alla Commissione europea la responsabilità di investire risorse in azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile. Queste iniziative aderiscono ai principi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, della Nuova agenda urbana, e della Politica regionale e urbana dell’UE. Il Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 fornisce dettagli sulle modalità di applicazione dei suddetti regolamenti.I progetti saranno selezionati attraverso inviti alla presentazione di proposte su temi definiti ogni anno dalla Commissione. Possono candidarsi aree urbane aventi più di 50 000 abitanti. Nelle aree di paesi dell’Unione in cui non sono presenti grandi città, le autorità urbane possono associarsi e presentare una proposta comune. Il FESR contribuisce fino a 5 milioni di EUR per progetto. La durata massima di ogni progetto prevista inizialmente era di tre anni, tuttavia questa è stata successivamente portata a quattro anni per consentire lo sviluppo completo delle iniziative. La Commissione designa un organismo a livello dell’Unione a cui affidare la supervisione del bilancio per il programma di azioni innovative, e la responsabilità di:fornire orientamenti per i richiedenti; valutare l’ammissibilità dei richiedenti; creare un gruppo di esperti al fine di valutare le proposte; selezionare le azioni innovative; emettere i pagamenti ai beneficiari; monitorare le singole azioni innovative; organizzare eventi di comunicazione; diffondere i risultati; attivare controlli sulla solidità della gestione finanziaria. Criteri di selezione Nel formulare le sue raccomandazioni su quali azioni innovative finanziare, il gruppo di esperti considera i seguenti criteri:contenuto altamente innovativo della proposta, in particolare riguardo a soluzioni nuove per l’Europa; progetti che abbiano obiettivi chiaramente definiti, dimostrino un adeguato lavoro di preparazione e tempi di realizzazione e aspettative di finanziamento realistici; i progetti potranno beneficiare di fonti esterne di competenza quali università, ONG e società private; risultati che siano misurabili, trasferibili e potenzialmente applicabili ad altre aree urbane. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? Il regolamento è stato applicato dal 9 giugno 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Sviluppo urbano sostenibile (Commissione europea) L’agenda urbana per l’UE (Commissione europea) Iniziativa Urban Innovative Actions (Hauts-de-France) DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 della Commissione, dell’ 11 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 148 del 20.5.2014, pag. 1). Le modifiche successive al regolamento (UE) n. 522/2014 sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). Cfr. la versione consolidata.
4,400
335
32016R0369
false
REGOLAMENTO (UE) 2016/369 DEL CONSIGLIO del 15 marzo 2016 sulla fornitura di sostegno di emergenza all'interno dell'Unione IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 122, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L'assistenza e il sostegno reciproci in caso di catastrofi sono sia un'espressione fondamentale del valore universale della solidarietà tra i popoli che un imperativo morale, dal momento che tali catastrofi possono far sì che un considerevole numero di persone non sia in grado di soddisfare i propri bisogni primari, con potenziali gravi conseguenze per la loro salute e la loro vita. (2) L'impatto all'interno dell'Unione delle catastrofi naturali e provocate dall'uomo è sempre più pesante. Ciò è dovuto a vari fattori, tra cui i cambiamenti climatici, ma anche ad altri fattori esterni concomitanti e a circostanze che si verificano nel vicinato dell'Unione. La crisi migratoria e dei rifugiati che affronta attualmente l'Unione è un valido esempio di una situazione che, nonostante gli sforzi compiuti dall'Unione per risolverne le cause profonde individuate nei paesi terzi, può ripercuotersi direttamente sulla situazione economica degli Stati membri. (3) Alla luce di tale situazione, il Consiglio europeo del 19 febbraio 2016 ha invitato la Commissione a predisporre la capacità di fornire aiuti umanitari a livello interno per sostenere i paesi che fanno fronte a un numero elevato di rifugiati e migranti. (4) Le catastrofi naturali o provocate dall'uomo possono avere una dimensione e un impatto tali da determinare gravi difficoltà economiche in uno o più Stati membri. Esse possono verificarsi anche in uno o più Stati membri che, per altre ragioni, stanno già facendo fronte a gravi difficoltà economiche, con l'effetto di esacerbare e aggravare ulteriormente la situazione economica generale degli Stati membri interessati. In entrambi i casi, la capacità di risposta degli Stati membri interessati sarebbe pregiudicata, come lo sarebbero, a loro volta, l'assistenza e il sostegno prestati alle persone in stato di bisogno. (5) L'Unione è già in grado di concedere un sostegno di natura macrofinanziaria agli Stati membri e di esprimere la solidarietà europea alle regioni colpite da catastrofi mediante il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE) istituito dal regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio (1), ma attualmente non dispone di alcuno strumento per far fronte, su una base sufficientemente prevedibile e indipendente, alle esigenze umanitarie delle persone colpite da catastrofi sul suo territorio, ad esempio sotto forma di assistenza alimentare, assistenza sanitaria di urgenza, rifugio, acqua, servizi igienico-sanitari, protezione e istruzione. Il meccanismo di protezione civile dell'Unione permette di offrire assistenza reciproca ai sensi della decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2), ma il suo funzionamento si basa su contributi volontari degli Stati membri. Assistenza e sostegno potrebbero essere forniti anche mediante strumenti politici e finanziari dell'Unione esistenti, come quelli volti a realizzare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione. L'assistenza e il sostegno di questo tipo sarebbero tuttavia accessori e subordinati al perseguimento degli obiettivi politici principali di detti strumenti e, di conseguenza, limitati per portata ed entità. (6) Appare dunque opportuno che l'Unione agisca in uno spirito di solidarietà per far fronte ai bisogni primari delle persone colpite da catastrofi all'interno del suo territorio e che contribuisca a ridurre l'impatto economico di tali catastrofi per gli Stati membri interessati. (7) Date le analogie esistenti tra la fornitura di sostegno di emergenza per far fronte ai bisogni primari delle persone colpite da catastrofi all'interno dell'Unione e la fornitura di aiuti umanitari alle vittime di catastrofi naturali o provocate dall'uomo in paesi terzi, tutti gli interventi condotti ai sensi del presente regolamento dovrebbero rispettare i principi umanitari concordati a livello internazionale. Tali azioni costituiscono misure adeguate alla situazione economica degli Stati membri che si trovano a far fronte a dette difficoltà e che integrano l'azione dell'Unione volta ad incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di rafforzare l'efficacia dei sistemi di prevenzione e protezione dalle catastrofi naturali o provocate dall'uomo. (8) Data la necessità di agire in uno spirito di solidarietà, il sostegno di emergenza fornito ai sensi del presente regolamento dovrebbe essere finanziato dal bilancio generale dell'Unione, oltre che da eventuali contributi di altri donatori pubblici o privati. (9) Il rimborso delle spese, l'aggiudicazione di appalti pubblici e la concessione di sovvenzioni a norma del presente regolamento dovrebbero essere conformi al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), tenendo conto della specificità del sostegno di emergenza. È pertanto opportuno disporre che la concessione di sovvenzioni e l'aggiudicazione di appalti pubblici possano avvenire direttamente o indirettamente e che le sovvenzioni possano finanziare fino al 100 % dei costi ammissibili ed essere concesse con effetto retroattivo. La Commissione dovrebbe poter finanziare gli interventi di sostegno di emergenza condotti da qualsiasi organizzazione che, indipendentemente dalla sua natura giuridica pubblica o privata, sia in possesso dell'esperienza necessaria e ricorra a tal fine alla gestione diretta o indiretta, a seconda dei casi. (10) È inoltre opportuno fare appello ad organizzazioni con cui la Commissione abbia concluso accordi quadro di partenariato ai sensi del regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio (4), alla luce della pertinenza dell'esperienza acquisita da tali organizzazioni nella fornitura di aiuti umanitari in stretto coordinamento con la Commissione. Ove possibile, e al fine di massimizzare le sinergie e l'efficienza di qualsiasi sostegno di emergenza fornito ai sensi del presente regolamento, è opportuno cercare di coinvolgere organizzazioni non governative locali tramite organizzazioni partner e accordi quadro di partenariato. (11) Gli interessi finanziari dell'Unione dovrebbero essere tutelati attraverso misure proporzionate durante l'intero ciclo di spesa mediante, tra cui la prevenzione, l'individuazione e l'indagine delle irregolarità, il recupero dei fondi perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati e, se del caso, sanzioni amministrative e finanziarie a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012. (12) Il presente regolamento dovrebbe stabilire le basi per fornire sostegno finanziario nei casi di catastrofi naturali o provocate dall'uomo in relazione ai quali l'Unione, in uno spirito di solidarietà, si troverebbe in una posizione migliore, rispetto a Stati membri che agiscono da soli e senza coordinamento, per mobilitare livelli di finanziamento adeguati e destinarli a potenziali interventi salvavita in modo economico, efficiente ed efficace, consentendo in tal modo un'azione più efficace per ragioni di portata e di complementarità. (13) Poiché gli obiettivi del presente regolamento non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata o degli effetti dell'azione, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (14) La fornitura di sostegno di emergenza ai sensi del presente regolamento dovrebbe essere adeguatamente controllata, avvalendosi, se necessario, delle competenze più pertinenti disponibili a livello di Unione. L'attuazione generale del presente regolamento dovrebbe essere inoltre sottoposta a valutazione. (15) Data l'urgenza del sostegno necessario, il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore immediatamente, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Il presente regolamento stabilisce il quadro entro cui può essere concesso un sostegno di emergenza dell'Unione attraverso misure specifiche adeguate alla situazione economica in caso di catastrofi naturali o provocate dall'uomo in atto o potenziali. Tale sostegno di emergenza può essere fornito solo se la catastrofe ha una dimensione e un impatto eccezionali tali da determinare conseguenze umanitarie gravi e di vasta portata in uno o più Stati membri, e solo in circostanze eccezionali in cui nessun altro strumento a disposizione degli Stati membri e dell'Unione risulti sufficiente. 2. Il sostegno di emergenza fornito ai sensi del presente regolamento è inteso a supporto e integrazione delle azioni dello Stato membro interessato. A tal fine, è assicurata una stretta cooperazione e consultazione con lo Stato membro interessato. Articolo 2 Attivazione del sostegno di emergenza 1. La decisione relativa all'attivazione del sostegno di emergenza ai sensi del presente regolamento nel caso di una catastrofe in atto o potenziale è adottata dal Consiglio sulla base di una proposta della Commissione che precisi, se del caso, la durata dell'attivazione. 2. Il Consiglio esamina immediatamente la proposta della Commissione di cui al paragrafo 1 e decide, in funzione dell'urgenza della situazione, in merito all'attivazione del sostegno di emergenza. Articolo 3 Azioni ammissibili 1. Il sostegno di emergenza ai sensi del presente regolamento fornisce una risposta di emergenza fondata sulle esigenze, a integrazione della risposta degli Stati membri interessati, volta a tutelare la vita, a prevenire e alleviare la sofferenza e a mantenere la dignità umana ogniqualvolta una catastrofe di cui all'articolo 1 ne determini la necessità. 2. Il sostegno di emergenza di cui al paragrafo 1 può comprendere qualsiasi azione di aiuto umanitario ammissibile al finanziamento dell'Unione a norma degli articoli 2, 3 e 4 del regolamento (CE) n. 1257/96 e può pertanto includere interventi di assistenza, di soccorso e, se necessario, di protezione finalizzati a salvare e proteggere vite nel corso di catastrofi o immediatamente dopo. Può essere utilizzato anche per finanziare ogni altra spesa direttamente connessa all'attuazione del sostegno di emergenza ai sensi del presente regolamento. 3. Il sostegno di emergenza ai sensi del presente regolamento è concesso e attuato nel rispetto dei principi umanitari fondamentali di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza. 4. Le azioni di cui al paragrafo 2 sono attuate dalla Commissione o da organizzazioni partner selezionate dalla Commissione. In particolare, la Commissione può selezionare, come organizzazioni partner, organizzazioni non governative, servizi specializzati degli Stati membri o agenzie e organizzazioni internazionali in possesso delle competenze necessarie. In tale contesto, la Commissione mantiene una stretta cooperazione con lo Stato membro interessato. Articolo 4 Tipologie di intervento finanziario e procedure di attuazione 1. La Commissione attua il sostegno finanziario dell'Unione conformemente al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012. In particolare, il finanziamento dell'Unione per azioni di sostegno ai sensi del presente regolamento è attuato mediante gestione diretta o indiretta conformemente all'articolo 58, paragrafo 1, rispettivamente lettere a) e c), di tale regolamento. 2. Il sostegno di emergenza ai sensi del presente regolamento è finanziato dal bilancio generale dell'Unione o da eventuali contributi di altri donatori pubblici o privati come entrata con destinazione specifica esterna, a norma dell'articolo 21, paragrafo 4, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012. 3. Il finanziamento dell'Unione per le azioni di sostegno ai sensi del presente regolamento da attuare mediante gestione diretta può essere concesso direttamente dalla Commissione senza un invito a presentare proposte, conformemente all'articolo 128, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012. A tal fine, la Commissione può concludere accordi quadro di partenariato o basarsi su accordi quadro di partenariato esistenti conclusi ai sensi del regolamento (CE) n. 1257/96. 4. Quando la Commissione attua interventi di sostegno di emergenza attraverso organizzazioni non governative, i criteri relativi alla capacità finanziaria e operativa si considerano soddisfatti in presenza di un accordo quadro di partenariato in vigore tra tale organizzazione e la Commissione ai sensi del regolamento (CE) n. 1257/96. Articolo 5 Costi ammissibili 1. Il finanziamento dell'Unione può coprire tutti i costi diretti necessari per l'attuazione delle azioni ammissibili di cui all'articolo 3, compresi l'acquisto, la preparazione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione di beni e servizi effettuati nell'ambito di tali azioni. 2. Possono essere coperti a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 anche i costi indiretti sostenuti dalle organizzazioni partner. 3. Il finanziamento dell'Unione può altresì coprire le spese relative alle attività di preparazione, monitoraggio, controllo, revisione contabile e valutazione necessarie per la gestione del sostegno di emergenza fornito ai sensi del presente regolamento. 4. Il finanziamento dell'Unione per azioni di sostegno di emergenza ai sensi del presente regolamento può coprire fino al 100 % dei costi ammissibili. 5. Possono essere ammissibili al finanziamento dell'Unione le spese sostenute da un'organizzazione partner prima della data di presentazione della domanda di finanziamento. Articolo 6 Complementarità e coerenza dell'azione dell'Unione Si perseguono sinergie e complementarità con altri strumenti dell'Unione, in particolare con quelli attraverso i quali può essere offerta qualche forma di assistenza o sostegno di emergenza, come il regolamento (CE) n. 2012/2002, la decisione n. 1313/2013/UE, il regolamento (CE) n. 1257/96, il regolamento (UE) n. 223/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), il regolamento (UE) n. 513/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), il regolamento (UE) n. 514/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7), il regolamento (UE) n. 515/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e il regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (9). Articolo 7 Tutela degli interessi finanziari dell'Unione 1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nel realizzare le azioni finanziate ai sensi del presente regolamento, gli interessi finanziari dell'Unione siano tutelati mediante l'applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita, mediante controlli efficaci e, ove fossero rilevate irregolarità, mediante il recupero delle somme indebitamente versate e, se del caso, mediante sanzioni amministrative e finanziarie efficaci, proporzionate e dissuasive. 2. La Commissione o i suoi rappresentanti e la Corte dei conti hanno potere di verifica, esercitabile su documenti e mediante ispezioni in loco, su tutti i beneficiari di sovvenzioni, i contraenti e i subcontraenti che hanno beneficiato di fondi dell'Unione nell'ambito del presente regolamento. 3. L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) può effettuare indagini, inclusi controlli e ispezioni sul posto secondo le disposizioni e le procedure stabilite dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (10) e del regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (11), per accertare eventuali frodi, casi di corruzione o altre attività illecite lesive degli interessi finanziari dell'Unione in relazione a convenzioni di sovvenzione o decisioni di sovvenzione o a contratti finanziati nell'ambito del presente regolamento. 4. Fatti salvi i paragrafi 1, 2 e 3, i contratti, le convenzioni di sovvenzione e gli accordi con organizzazioni internazionali e servizi specializzati degli Stati membri conclusi in applicazione del presente regolamento contengono disposizioni che autorizzano espressamente la Commissione, la Corte dei conti e l'OLAF a procedere a tali verifiche e indagini secondo le loro rispettive competenze. Articolo 8 Controllo e valutazione 1. Le azioni che ottengono un sostegno finanziario ai sensi del presente regolamento sono controllate periodicamente. Al più tardi 12 mesi dopo l'attivazione del sostegno di emergenza per una situazione specifica in conformità dell'articolo 2, la Commissione presenta al Consiglio una relazione e, se del caso, proposte intese a porvi fine. 2. Entro il 17 marzo 2019 la Commissione presenta al Consiglio una valutazione del funzionamento del presente regolamento, corredata di suggerimenti circa il futuro del regolamento stesso e, se del caso, di proposte di modifica o abrogazione di quest'ultimo. Articolo 9 Entrata in vigore e attivazione 1. Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. 2. Il Consiglio decide di attivare il sostegno di emergenza ai sensi del presente regolamento a partire dal giorno della sua entrata in vigore per l'attuale afflusso di rifugiati e migranti nell'Unione per un periodo di tre anni. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 15 marzo 2016 Per il Consiglio Il presidente A.G. KOENDERS (1) Regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio, dell'11 novembre 2002, che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (GU L 311 del 14.11.2002, pag. 3). (2) Decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 924). (3) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1). (4) Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio, del 20 giugno 1996, relativo all'aiuto umanitario (GU L 163 del 2.7.1996, pag. 1). (5) Regolamento (UE) n. 223/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, relativo al Fondo di aiuti europei agli indigenti (GU L 72 del 12.3.2014, pag. 1). (6) Regolamento (UE) n. 513/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che istituisce, nell'ambito del Fondo Sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi e che abroga la decisione 2007/125/GAI del Consiglio (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 93). (7) Regolamento (UE) n. 514/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, recante disposizioni generali sul Fondo asilo, migrazione e integrazione e sullo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 112). (8) Regolamento (UE) n. 515/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che istituisce, nell'ambito del Fondo sicurezza interna, lo strumento di sostegno finanziario per le frontiere esterne e i visti e che abroga la decisione n. 574/2007/CE (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 143). (9) Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 168). (10) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1). (11) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2).
Sostegno umanitario di emergenza all’interno dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento (UE) 2016/369:È inteso a stabilire una serie di norme per il sostegno umanitario* di emergenza ai paesi dell’Unione europea (Unione) in caso di calamità naturali o provocate dall’uomo. entra in gioco quando altri strumenti si dimostrano insufficienti; sostiene e integra le azioni del paese o dei paesi dell’Unione colpiti.A seguito dell’epidemia di COVID-19 nel 2020, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) 2020/521 che attiva misure di sostegno di emergenza a norma del regolamento (UE) 2016/369. Il periodo di attivazione va dal 1 febbraio 2020 al 31 gennaio 2022. PUNTI CHIAVE Lo strumento per il sostegno di emergenza (ESI) creato ai sensi del presente regolamento, è fondato sulle esigenze volta a tutelare la vita, a prevenire e alleviare la sofferenza e a mantenere la dignità umana. Il Consiglio decide in merito all’attivazione del sostegno di emergenza ai sensi del presente regolamento sulla base di una proposta della Commissione europea. La Commissione deve monitorare le azioni che hanno ricevuto un finanziamento e presentare al Consiglio una valutazione sul sostegno erogato durante una data attivazione, o sulle proposte di porre fine al sostegno, al più tardi 12 mesi dopo l’attivazione del sostegno di emergenza. La Commissione deve garantire che i fondi utilizzati ai sensi del presente regolamento siano esenti da frode, corruzione o altre attività illegali che possono ledere gli interessi finanziari dell’Unione. Il presente regolamento è volto a integrare altri strumenti di finanziamento dell’Unione, come il Fondo asilo, migrazione e integrazione, il Fondo sicurezza interna e il Fondo di aiuti europei agli indigenti.Misure speciali per COVID-19Attraverso l’ESI, l’Unione sta mobilitando 2,7 miliardi di euro che devono essere utilizzati per finanziare interventi di supporto sanitario di emergenza quali:acquisto, stoccaggio e distribuzione congiunti delle risorse essenziali;potenziamento dello sviluppo di farmaci e metodi di test;realizzazione di ospedali temporanei e istituzione di strutture temporanee di quarantena; eassistenza per il trasporto transfrontaliero di pazienti negli ospedali con posti disponibili Sarà inoltre possibile finanziare altre azioni a seconda delle esigenze in evoluzione dei paesi, degli ospedali, dei medici e dei pazienti nell’Unione. La Commissione può finanziare organizzazioni partner, quali organizzazioni non governative, servizi specializzati dei paesi dell’Unione, autorità nazionali e altri enti pubblici, organizzazioni internazionali e loro agenzie. Le tipologie di potenziali beneficiari dell’assistenza finanziaria per l’attuazione di azioni finanziate dall’ESI sono state ampliate in seguito alla pandemia di COVID-19. Ove opportuno e necessario per l’attuazione di un intervento, possono essere ammissibili organizzazioni ed entità dotate delle competenze necessarie o attive nel settore del soccorso in caso di catastrofe, come:prestatori di servizi privati;produttori di apparecchiature; escienziati e istituzioni di ricerca. Le diverse opzioni disponibili per l’acquisto di forniture e servizi necessari per fornire supporto di emergenza comprendono:acquisto collettivo da parte della Commissione e dei paesi dell’Unione;acquisto da parte della Commissione per conto dei paesi dell’Unione;acquisto da parte della Commissione; evendita, donazione o noleggio delle forniture o dei servizi acquistati ai paesi dell’Unione o alle organizzazioni partner selezionate dalla Commissione. Il finanziamento ESI può coprire fino al 100 % dei costi diretti e indiretti relativi alle azioni finanziate dall’ESI fino al termine del periodo di attivazione. I costi diretti possono comprendere:l’acquisto, la preparazione, la raccolta, il trasporto, la conservazione e la distribuzione di beni e servizi; ei costi di investimento per azioni o progetti direttamente collegati al raggiungimento degli obiettivi della relativa attivazione dell’ESI. Per accelerare l’aggiudicazione e l’esecuzione dei contratti risultanti dalle procedure di appalto, il regolamento prevede alcune deroghe al regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, il regolamento finanziario dell’Unione (si veda la sintesi). DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? Il regolamento (UE) 2016/369 si applica dal 16 marzo 2016. Il regolamento di modifica (UE) 2020/521 si applica dal 1 febbraio 2020. CONTESTO La ragione principale per l’adozione di questo regolamento nel 2016 è stata la situazione dei rifugiati e delle migrazioni che ha interessato l’Unione. L’Unione, e la Grecia in particolare, in quel periodo è stata travolta dall’arrivo di un gran numero di rifugiati e migranti che necessitavano di assistenza umanitaria urgente. La Commissione europea aveva assegnato quasi 650 000 000 EUR dal 2016 al 2019 alle organizzazioni partner per sostenere i rifugiati e i migranti in Grecia. Per maggiori informazioni, si veda:Sostegno di emergenza all’interno dell’Unione (Commissione europea). Gestione della crisi e solidarietà (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Sostegno umanitario: alimenti, rifugio, acqua, medicine e misure di protezione sono alcune delle tipologie di assistenza umanitaria rivolta alle popolazioni colpite. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2016/369 del Consiglio, del 15 marzo 2016, sulla fornitura di sostegno di emergenza all’interno dell’Unione (GU L 70 del 16.3.2016, pag. 1). Successive modifiche al regolamento (UE) 2016/369 sono state integrate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). Comunicazione della Commissione al Consiglio, che accompagna la proposta di regolamento del Consiglio sulla fornitura di sostegno di emergenza all’interno dell’UE [COM(2016) 116 final del 2.3.2016].
8,824
154
41976X1008(01)
false
Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nell'assemblea a suffragio universale diretto Gazzetta ufficiale n. L 278 del 08/10/1976 pag. 0005 - 0011 ++++ATTO relativo all ' elezione dei rappresentanti nell ' Assemblea a suffragio universale diretto Articolo 1 I rappresentanti , all ' Assembla , dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità sono eletti a suffragio universale diretto . Articolo 2 Il numero dei rappresentanti eletti in ogni Stato membro è fissato come segue : Belgio : 24 , Danimarca : 16 , Germania : 81 , Francia : 81 , Irlanda : 15 , Italia : 81 . Lussemburgo : 6 , Paesi Bassi : 25 , Regno Unito : 81 . Articolo 3 1 . I rappresentanti sono eletti per un periodo di cinque anni . 2 . Tale periodo quinquennale inizia con l ' apertura delle prima sessione tenuta dopo ciascuna elezione . Esso può essere prolungato o abbreviato in applicazione dell ' articolo 10 , paragrafo 2 , seconda comma . 3 . Il mandato di ogni rappresentante inizia e scade contemporaneamente al periodo di cui al paragrafo 2 . Articolo 4 1 . I rappresentanti votano individualmente e personalmente . Non possono essere vincolati da istruzioni nù ricevere mandato imperativo , 2 . I rappresentanti beneficiano dei privilegi e delle immunità applicabili ai membri dell ' Assemblea in virtù del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee allegato al trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee . Articolo 5 La carica da rappresentante all ' Assemblea è compatibile con quella di membro del Parlamento di uno Stato membro , Articolo 6 1 . La carica di rappresentante all ' Assembla è incompatibile con quella di : - membro del governo di uno Stato membro ; - membro della Commissione delle Comunità europee ; - giudice , avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia delle Comunità europee ; - membro della Corte dei conti delle Comunità europee ; - membro del comitato della Comunità europea del carbone e dell ' acciaio o membro del Comitato economico e sociale della Comunità economica europea e della Comunità europea dell ' energia atomica ; - membro dei comitati od organismi creati in virtù o in applicazione dei tratti che istituiscono la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , la Comunità economica europea e la Comunità europea dell ' energia atomica , per provvedere all ' amministrazione di fondi delle Comunità o all ' espletamento di un compito permanente e diritto di gestione amministrativa ; - membro del consiglio d ' amministrazione , del comitato direttivo ovvero impiegato della Banca europea per gli investimenti ; - funzionario o agente , in attività di servizio , delle Istituzioni delle Comunità europee o degli organismi specializzati che vi si ricollegano . 2 . Ogni Stato membro può inoltre fissare le incompatibilit applicabili sul piano nazionale , alle condizioni di cui all ' articolo 7 , paragrafo 2 , 3 . I rappresentanti all ' Assemblea ai quali , nel corso del periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 , sono applicabili i paragrafi 1 e 2 , sono sostituiti conformemente all ' articolo 12 . Articolo 7 1 . Conformemente all ' articolo 21 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , dell ' articolo 138 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità economica europea e dell ' articolo 108 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica , l ' Assemblea elabora un progetto di procedura elettorale uniforme . 2 . Fino all ' entrata in vigore di una procedura elettorale uniforme , e con riserva delle altre disposizioni del presente atto , la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro della disposizioni nazionali . Articolo 8 Per l ' elezione dei rappresentanti all ' Assemblea ciascun elettore può votare una sola volta . Articolo 9 1 . L ' elezione per l ' Assemblea ha luogo alla data fissata da ciascuno Stato membro ; tale data deve cadere per tutti gli Stati membri entro uno stesso lasso di tempo compreso tra la mattina del giovedì e la domenica immediatamente successiva . 2 . Le operazioni di spoglio delle schede di voto possono avere inizio soltanto dopo la chiusura dei seggi nello Stato membro in cui gli elettori votano per ultimi nel periodo di cui al paragrafo 1 . 3 . Qualora uno Stato membro adotti per l ' elezione all ' Assemblea uno scrutinio a due taluni , il primo turno dovrà avvenire nel periodo previsto al paragrafo 1 . Articolo 10 1 . Il periodo di cui all ' articolo 9 , paragrafo 1 , è precisato , per la prima elezione , dal Consiglio , che delibera all ' unanimità , previa consultazione dell ' Assemblea . 2 . Le elezioni successive hanno luogo nello stesso periodo dell ' ultimo anno del periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 . Qualora si riveli impossibile tenere le elezioni nella Comunità nel corso di detto periodo , il Consiglio , che delibera all ' unanimità , previa consultazione dell ' Assemblea , fissa un altro periodo che , al massimo , può essere anteriore o posteriore di un mese al periodo di cui al comma precedente . 3 . Fatti salvi l ' articolo 22 del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , l ' articolo 139 del trattato che istituisce la Comunità economica europea e l ' articolo 109 del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica , l ' Assemblea si riunisce di diritto il primo martedì successivo alla scadenza del termine di un mese dalla fine del periodo di cui all ' articolo 9 , paragrafo 1 . 4 . L ' Assemblea uscente decade al momento della prima sessione della nuova Assemblea . Articolo 11 Fino all ' entrata in vigore della procedura uniforme prevista all ' articolo 7 , paragrafo 1 , l 'Assemblea verifica i poteri dei rappresentanti . A tal fine , essa prende atto dei risultati proclamati ufficialmente dagli Stati membri , e decide sulle contestazioni che potrebbero essere eventualmente presentate in base alle disposizioni del presente atto , fatta eccezione delle disposizioni nazionali cui tale atto rinvia . Articolo 12 1 . Fino all ' entrata in vigore della procedura uniforme prevista all ' articolo 7 , paragrafo 1 , e con riserva delle altre disposizioni del presente atto , ciascuno Stato membro stabilisce le opportune procedure per coprire i seggi , resisi vacanti durante il periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 , per la restante durata di detto periodo . 2 . Quando la vacanza risulta dall ' applicazione delle disposizioni nazionali in vigore in uno Stato membro , quest ' ultimo ne informa l ' Assemblea che ne prende atto . In tutti gli casi , l ' Assemblea costata la vacanza e ne informa lo Stato membro . Articolo 13 Qualora risultino necessarie misure per l ' applicazione del presente atto il Consiglio , deliberando all ' unanimità su proposta dell ' Assemblea e previa consultazione della Commissione , adotta tali misure , dopo avere cercato un accordo con l' Assemblea nell ' ambito di una Commissione di concentrazione che riunisca il Consiglio e i rappresentanti dell ' Assemblea . Articolo 14 L ' articolo 21 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , l ' articolo 138 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità economica europea nonchù l ' articolo 108 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica decadono alla data delle sessione tenuta , conformemente all ' articolo 10 , paragrafo 3 , della prima Assemblea eletta in applicazione del presente atto . Articolo 15 Il presente atto è redatto nelle lingue danese , francese , inglese , irlandese , italiana , olandese e tedesca , tutti i testi facenti ugualmente fede . Gli allegati I , II e III formano parte integrante del presente atto . È unita una dichiarazione del governo della Repubblica federale di Germania . Articolo 16 Le disposizioni del presente atto entrano in vigore il primo giorno del mese successivo al ricevimento dell ' ultima notifica prevista dalla decisione . ALLEGATO I Le autorità danesi possono stabilire le date in cui si procederà , in Groenlandia , alle elezioni dei membri dell ' Assemblea . ALLEGATO II Il Regno Unito applicherà le disposizioni di questo atto soltanto nei confronti del Regno Unito . ALLEGATO III Dichiarazione ad articolo 13 Si conviene che , per la procedura da seguire nell ' ambito della Commissione di concertazione , si farà ricorso alle disposizioni dei paragrafi 5 , 6 e 7 della procedura stabilita mediante dichiarazione comune del Parlamento europeo , del Consiglio e della Commissione in data 4 marzo 1975 ( 1 ) . ( 1 ) GU n . C 89 del 22 . 4 . 1975 , pag . 1 . Dichiarazione del governo della Repubblica federale di Germania Il governo della Repubblica federale di Germania dichiara che l ' atto relativo all ' elezione a suffragio universale diretto dei membri del Parlamento europeo è applicabile anche al Land di Berlino . Tenendo conto dei diritti e responsabilità della Francia , del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli Stati Uniti d ' America , la Camera dei deputati di Berlino eleggerà i rappresentanti per i seggi che , nei limiti del contingente della Repubblica federale di Germania , spettano al Land di Berlino .
Il Parlamento europeo QUAL È LO SCOPO DEGLI ARTICOLI DEI TRATTATI DELL’UNIONE, DELL’ATTO E DELLA DECISIONE? L’articolo 14 del trattato sull’Unione europea e gli articoli 223 e 234 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabiliscono il suolo, le competenze, la composizione, il mandato e la procedura elettorale del Parlamento europeo (di seguito il Parlamento). La legge elettorale, che risale originariamente al 1976 ed è stata modificata più volte (in particolare in linea con le revisioni dei trattati dell’Unione e l’adesione di nuovi Stati membri dell’Unione), stabilisce le regole per l’elezione dei membri del Parlamento (deputati ) con suffragio universale diretto. La decisione (UE, Euratom) 2018/994 (non ancora in vigore) aggiorna la legge elettorale del 1976 e mira a:incoraggiare la partecipazione dei cittadini;rafforzare la dimensione europea delle elezioni;Adeguare le soglie elettorali; emigliorare la gestione delle elezioni, in particolare consentendo metodi di voto alternativi e semplificando la cooperazione tra le autorità nazionali. PUNTI CHIAVE Il Parlamento è l’unica istituzione dell’Unione europea (UE) eletto direttamente dai cittadini dell’Unione europea, per i cittadini dell’Unione europea. Esso rappresenta quasi 450 milioni di cittadini europei e in questo senso rappresenta il potere democratico. Ha la propria sede a Strasburgo, in Francia. I membri del Parlamento vengono eletti per un mandato di cinque anni tramite elezione diretta (dal 1979) con scrutinio segreto e in numero definito per ciascuno Stato membro. Il Parlamento, così come lo conosciamo oggi, è in realtà il risultato della fusione di tre precedenti assemblee: la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la Comunità economica europea e la Comunità europea dell’energia atomica (Trattato di fusione, 1965 — si veda la sintesi). PoteriI poteri del Parlamento sono stati definiti tramite successive revisioni dei Trattati dell’Unione. Tali metodi comprendono:Poteri decisionali (poteri di delibera):esercizio di potere legislativo insieme al Consiglio nella maggior parte delle aree di competenza dell’Unione;Facoltà di richiedere alla Commissione europea di presentare una proposta di legge (Articolo 225 TFUE);prendere decisioni relativamente al bilancio dell’Unione insieme al Consiglio;le azioni esterne all’Unione europea (decisioni dell’Unione sulla conclusione di accordi esterni) richiedono il consenso o la consultazione del Parlamento. Poteri di controllo sulle istituzioni esecutive dell’Unione (Consiglio e Commissione) principalmente assicurando il controllo politico sulla Commissione (tramite una mozione di censura) o presentando interrogazioni orali o scritte al Consiglio. Il Parlamento può inoltre esercitare il proprio controllo sulle altre istituzioni dell’Unione europea come la Banca centrale europea (Articolo 284 TFUE). Poteri di nomina, partecipando alla designazione dei membri della Commissione, dei membri della Corte dei conti e del Mediatore europeo.CompetenzeLegislazioneSecondo la procedura legislativa ordinaria (Articolo 294 TFUE), il Parlamento si trova sullo stesso piano del Consiglio. Tale procedura è utilizzata nella maggior parte delle aree politiche tra cui:trasportiambienteagricolturasicurezza energeticaimmigrazionegiustiziasalute pubblica. Il Parlamento interviene sulle leggi adottate in base alla procedura legislativa speciale dando il proprio parere (procedura di consultazione) o il suo consenso (procedura di approvazione). L’approvazione da parte del Parlamento è necessaria per numerosi tipi di accordi con paesi terzi o organizzazioni internazionali, quali gli accordi di associazione o gli accordi nei settori contemplati dalla procedura legislativa ordinaria (ad esempio, accordi commerciali). Il Parlamento deve anche essere consultato in merito a tutti gli altri tipi di accordi internazionali (Articolo 218 TFUE).Bilancio Il Parlamento e il Consiglio operano su un piano di parità per l’intera procedura di approvazione del bilancio annuale dell’Unione europea. La procedura di bilancio consiste in una lettura unica del Parlamento e del Consiglio e sottoposta, se necessario, a un comitato di conciliazione per raggiungere un accordo su un testo congiunto (Articolo 314 TFUE). Supervisione dell’esecutivo Il Parlamento esercita una serie di controlli sulla Commissione, l’esecutivo dell’Unione europea:il Presidente della Commissione è eletto dal Parlamento su proposta del Consiglio europeo, e i risultati delle elezioni del Parlamento europeo devono essere presi in considerazione. l’inaugurazione della Commissione dipende dall’approvazione da parte del Parlamento. Tale approvazione comporta anche la nomina dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è contemporaneamente vice-presidente della Commissione europea; il Parlamento può anche forzare la Commissione a dimettersi, attraverso una mozione di sfiducia.Revisione dei trattatiIl Parlamento ha un diritto di iniziativa e può quindi proporre una revisione dei trattati (articolo 48 del TUE). Partecipa alla Convenzione che esamina i progetti presentati nell’ambito della procedura di revisione ordinaria dei trattati. Dev’essere consultato per la modifica dei trattati nell’ambito della procedura di revisione semplificata.Regole elettorali La legge elettorale dell’Unione del 1976 si basa su principi comuni dell’Unione, ma riconosce anche l’importanza delle norme nazionali nel campo delle procedure elettorali.I paesi dell’Unione devono utilizzare un sistema di voto proporzionale, ma sono liberi di utilizzare un sistema a scrutinio di lista o con voto singolo trasferibile. L’elezione si svolge a suffragio universale diretto, libero e segreto. Le persone possono votare una sola volta in una data elezione al Parlamento. Ciascuno Stato membro può stabilire una soglia massima per le spese dei candidati per la campagna. Gli Stati membri sono liberi di istituire circoscrizioni o di decidere come suddividere l’area elettorale, a condizione che sia mantenuta la natura proporzionale del sistema di voto. Sono inoltre liberi di fissare soglie per la ripartizione dei seggi non superiori al 5%. I membri del Parlamento votano su base individuale e personale. Non devono essere vincolati da alcuna istruzione né ricevere un mandato vincolante. Dalle elezioni del 2004, i deputati al Parlamento europeo non possono essere contemporaneamente membri del parlamento nazionale (a parte le eccezioni temporanee previste per il Regno Unito e l’Irlanda, ormai scadute). La carica di membro del Parlamento è inoltre ritenuta incompatibile con quella di membro del governo di un paese dell’Unione, membro della Commissione, giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea, membro del consiglio di amministrazione della Banca centrale europea o della Banca europea per gli investimenti, membro della Corte dei conti, un membro del Comitato economico e sociale europeo o del Comitato europeo delle regioni, o di Mediatore. I paesi dell’Unione hanno le loro procedure per coprire un seggio quando diventa vacante a seguito delle dimissioni, del decesso o della revoca del mandato.La decisione (UE, Euratom) 2018/994, una volta approvata da ciascuno degli Stati membri in conformità con i rispettivi requisiti costituzionali, introdurrà le seguenti modifiche:quando si utilizza lo scrutinio di lista, gli Stati membri in questione fissano una soglia minima tra il 2 % e il 5 % di voti validamente espressi per l’attribuzione dei seggi nelle circoscrizioni con più di 35 seggi; il termine per la presentazione delle candidature è di almeno tre settimane prima della data fissata dallo Stato membro interessato per tenere le elezioni del Parlamento europeo; gli Stati membri possono consentire l’apposizione, sulle schede elettorali, del nome o del logo del partito politico europeo al quale è affiliato il partito politico nazionale o il singolo candidato; la possibilità di introdurre il voto elettronico e per corrispondenza, e la possibilità per gli Stati membri di adottare misure adeguate per consentire ai cittadini europei residenti in paesi terzi di votare alle elezioni del Parlamento europeo; le sanzioni per il doppio voto; La designazione di un’autorità di contatto in ciascuno Stato membro responsabile dello scambio di dati concernenti gli elettori e i candidati con le sue omologhe degli altri Stati membri.Composizione La ripartizione dei seggi tra gli Stati membri prende in considerazione una serie di fattori:deve mantenere una proporzionalità adeguata tra i seggi assegnati agli Stati membri e la loro popolazione; deve permettere al Parlamento di riflettere su importanti questioni politiche, anche per gli Stati membri meno popolati; il numero totale dei parlamentari non deve superare una certa soglia per non danneggiare l’efficacia del lavoro del Parlamento.Su iniziativa del Parlamento e con la sua approvazione, il Consiglio europeo adotta all’unanimità la decisione sulla composizione del Parlamento (Articolo 14(2) TUE). I trattati stabiliscono le regole di base che riguardano la composizione del Parlamento:Il Parlamento è composto da rappresentanti dei cittadini dell’Unione; il numero massimo di deputati è fissato a 750, oltre al Presidente del Parlamento europeo; la soglia minima di seggi per Stato membro è pari a sei; la soglia massima di seggi per Stato membro è 96; la ripartizione dei seggi dovrebbe essere basata sul principio della «proporzionalità decrescente», che significa che tanto più popolato è uno stato, tanti più deputati avrà a disposizione; il numero di cittadini rappresentati da un deputato di tale stato è proporzionalmente maggiore rispetto a uno stato meno popolato.TABELLA RIASSUNTIVA Trattato Articoli Oggetto Trattato sull’Unione europea (TUE) 14 Ruolo e composizione del Parlamento Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) 223, 224, 225, 226, 227, 228, 229, 230, 231, 232, 233, 234 Funzionamento e attribuzioni del Parlamento CONTESTO Dal 31 gennaio 2020, quando il Regno Unito ha lasciato ufficialmente l’Unione Europea (Brexit), i deputati al Parlamento europeo sono 705, una riduzione di 46 rispetto al numero precedente. DOCUMENTI PRINCIPALI Versione consolidata del Trattato sull’Unione europea — Titolo III — Disposizioni relative alle istituzioni Articolo 14 (GU C 202, 7.6.2016, pag. 22). Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 1). Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto (GU L 278 dell’8.10.1976, pag. 5). Si veda la versione consolidata. Decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio, del 13 luglio 2018, che modifica l’atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom del Consiglio del 20 settembre 1976 (GU L 178 del 16.7.2018, pag. 1). Decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom dei rappresentanti degli stati membri riuniti in sede di Consiglio concernente l’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’Assemblea a suffragio universale diretto (GU L 278 dell’8.10.1976, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo (n. 6) sulle sedi delle istituzioni e di determinati organi, organismi e servizi dell’Unione europea (GU L 202 del 7.6.2016, pag. 265). Decisione (UE) 2018/937 del Consiglio europeo, del 28 giugno 2018, che stabilisce la composizione del Parlamento europeo (GU L 1651 del 2.7.2018, pag. 1).
6,363
163
32004L0113
false
DIRETTIVA 2004/113/CE DEL CONSIGLIO del 13 dicembre 2004 che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 13, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), visto il parere del Comitato delle regioni (3), considerando quanto segue: (1) Conformemente all'articolo 6 del trattato sull'Unione europea, l'Unione europea si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri, e rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. (2) Il diritto all'uguaglianza dinanzi alla legge e alla tutela contro la discriminazione per tutti gli individui costituisce un diritto universale riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, dalla Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, dalla Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, dai Patti delle Nazioni Unite relativi rispettivamente ai diritti civili e politici e ai diritti economici, sociali e culturali e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di cui tutti gli Stati membri sono firmatari. (3) Oltre a vietare la discriminazione, è importante che al tempo stesso vengano rispettati gli altri diritti e libertà fondamentali, tra cui la tutela della vita privata e familiare e delle transazioni effettuate in questo ambito, nonché la libertà di religione. (4) La parità tra gli uomini e le donne è un principio fondamentale dell'Unione europea. La Carta dei diritti fondamentali, agli articoli 21 e 23, vieta ogni discriminazione fondata sul sesso e prescrive che sia garantita la parità tra gli uomini e le donne in tutti i settori. (5) La parità fra uomini e donne è un principio fondamentale ai sensi dell'articolo 2 del trattato che istituisce la Comunità europea. L'articolo 3, paragrafo 2, del trattato esige parimenti che la Comunità miri ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra gli uomini e le donne in ogni campo d'azione. (6) La Commissione ha annunciato la sua intenzione di proporre una direttiva sulla discriminazione basata sul sesso al di fuori del mercato del lavoro, nella comunicazione sull'Agenda per la politica sociale. Tale proposta è del tutto coerente con la decisione 2001/51/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2000, relativa al programma concernente la strategia comunitaria in materia di parità tra donne e uomini (2001-2005) (4) che investe tutte le politiche comunitarie ed è intesa a promuovere la parità di trattamento tra uomini e donne adeguando tali politiche e attuando misure concrete per migliorare la condizione delle donne e degli uomini nella società. (7) Il Consiglio europeo, nel vertice di Nizza del 7 e 9 dicembre 2000, ha invitato la Commissione a rafforzare i diritti in materia di parità adottando una proposta di direttiva per promuovere la parità di trattamento tra uomini e donne in settori diversi dall'occupazione e dall'attività professionale. (8) La Comunità ha adottato una serie di strumenti giuridici per prevenire e combattere la discriminazione basata sul sesso nel mercato del lavoro. Tali strumenti hanno dimostrato l'utilità della normativa nella lotta contro la discriminazione. (9) Anche in settori al di fuori del mercato del lavoro hanno luogo discriminazioni basate sul sesso comprese molestie e molestie sessuali. Tali discriminazioni possono essere altrettanto nocive, in quanto ostacolano la piena integrazione degli uomini e delle donne nella vita economica e sociale. (10) I problemi sono particolarmente evidenti per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi. Occorre pertanto prevenire ed eliminare la discriminazione fondata sul sesso in questo settore. Come per la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (5), questo obiettivo può essere raggiunto più efficacemente mediante una normativa comunitaria. (11) Tale normativa dovrebbe vietare la discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura. Per beni si dovrebbero intendere quelli disciplinati dalle disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea riguardanti la libera circolazione delle merci. Per servizi si dovrebbero intendere quelli disciplinati dall'articolo 50 di tale trattato. (12) Per evitare la discriminazione basata sul sesso, la presente direttiva dovrebbe applicarsi sia nei confronti della discriminazione diretta che di quella indiretta. Sussiste discriminazione diretta unicamente quando, a causa del suo sesso, una persona è trattata meno favorevolmente di un'altra persona in una situazione paragonabile. Pertanto, ad esempio, le differenze tra uomini e donne nella prestazione di servizi sanitari, risultanti dalle differenze fisiche tra gli stessi, non riguardano situazioni paragonabili e non costituiscono pertanto una discriminazione. (13) Il divieto di discriminazione dovrebbe applicarsi alle persone che forniscono beni e servizi che sono disponibili al pubblico e che sono offerti al di fuori dell'area della vita privata e familiare e delle transazioni effettuate in questo ambito. Non dovrebbe applicarsi al contenuto dei mezzi di comunicazione e della pubblicità, né all'istruzione pubblica o privata. (14) Ogni persona gode della libertà contrattuale, inclusa la libertà di scegliere un contraente per una transazione. La persona che fornisce beni o servizi può avere vari motivi soggettivi per la scelta del contraente. Nella misura in cui la scelta del contraente non si basa sul sesso della persona, la presente direttiva non pregiudica la libertà di scelta del contraente. (15) Sono già in vigore una serie di strumenti giuridici ai fini dell'attuazione del principio della parità di trattamento tra donne e uomini nelle questioni riguardanti l'impiego e l'occupazione. La presente direttiva non si applica a questioni riguardanti tali settori. Lo stesso criterio si applica alle attività di lavoro autonomo se sono contemplate dai vigenti strumenti giuridici. La presente direttiva dovrebbe applicarsi soltanto alle assicurazioni e pensioni private, volontarie e non collegate a un rapporto di lavoro. (16) Le differenze di trattamento possono essere accettate solo se giustificate da una finalità legittima. Una finalità legittima può essere, ad esempio, la protezione delle vittime di violenza a carattere sessuale (in casi quali la creazione di strutture di accoglienza per persone dello stesso sesso), motivi connessi con l'intimità della vita privata e il senso del decoro (come nel caso di una persona che fornisca alloggio in una parte della sua abitazione) la promozione della parità dei sessi o degli interessi degli uomini o delle donne (ad esempio, organismi di volontariato per persone dello stesso sesso), la libertà d'associazione (nel quadro dell'appartenenza a circoli privati aperti a persone dello stesso sesso) e l'organizzazione di attività sportive (ad esempio eventi sportivi limitati a partecipanti dello stesso sesso). Eventuali limitazioni dovrebbero tuttavia essere appropriate e necessarie, conformemente ai criteri derivanti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee. (17) Il principio della parità di trattamento nell'accesso a beni e servizi non implica che essi debbano essere sempre forniti a uomini e donne su base comune, purché la fornitura non sia più favorevole alle persone di un sesso. (18) Nella fornitura dei servizi assicurativi e altri servizi finanziari connessi si utilizzano comunemente fattori attuariali diversi a seconda del sesso. Per garantire la parità di trattamento tra uomini e donne, il fatto di tenere conto del sesso quale fattore attuariale non dovrebbe comportare differenze nei premi e nelle prestazioni individuali. Per evitare un brusco adeguamento del mercato questa norma dovrebbe applicarsi solo ai nuovi contratti stipulati dopo la data di recepimento della presente direttiva. (19) Talune categorie di rischi possono variare in funzione del sesso. In alcuni casi il sesso è un fattore determinante, ma non necessariamente l'unico, nella valutazione dei rischi assicurati. Per quanto concerne i contratti di assicurazione di questo tipo di rischi gli Stati membri possono decidere di autorizzare deroghe alla norma dei premi e delle prestazioni unisex, a condizione che possano garantire che i dati attuariali e statistici su cui si basa il calcolo sono affidabili, regolarmente aggiornati e a disposizione del pubblico. Sono consentite deroghe solo se la legislazione nazionale non ha già applicato la norma unisex. Cinque anni dopo il recepimento della presente direttiva gli Stati membri dovrebbero riesaminare la motivazione delle deroghe, tenendo conto dei più recenti dati attuariali e statistici e della relazione presentata dalla Commissione tre anni dopo la data di recepimento della presente direttiva. (20) Un trattamento meno favorevole delle donne a motivo della gravidanza e della maternità dovrebbe essere considerato una forma di discriminazione diretta fondata sul sesso ed è pertanto vietato nel settore assicurativo e dei servizi finanziari connessi. I costi inerenti ai rischi collegati alla gravidanza e alla maternità non sono pertanto addossati ai membri di un solo sesso. (21) Le vittime di discriminazioni a causa del sesso dovrebbero disporre di mezzi adeguati di tutela giuridica. Per assicurare un livello più efficace di tutela, anche le associazioni, le organizzazioni e altre persone giuridiche dovrebbero avere la facoltà di avviare una procedura, secondo le modalità stabilite dagli Stati membri, per conto o a sostegno delle vittime, fatte salve le norme procedurali nazionali relative alla rappresentanza e alla difesa in giudizio. (22) Le norme in materia di onere della prova dovrebbero essere adeguate quando vi sia una presunzione di discriminazione e per l'effettiva applicazione del principio della parità di trattamento; l'onere della prova dovrebbe essere posto a carico della parte convenuta nel caso in cui siffatta discriminazione sia dimostrata. (23) Un'attuazione efficace del principio di parità di trattamento richiede un'adeguata tutela giuridica contro le ritorsioni. (24) Al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, gli Stati membri, dovrebbero incoraggiare il dialogo con le parti interessate che, conformemente alle prassi e alle legislazioni nazionali, hanno un legittimo interesse a contribuire alla lotta alla discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura. (25) La protezione dalle discriminazioni fondate sul sesso dovrebbe essere di per sé rafforzata dall'esistenza in ciascuno Stato membro di un organismo o di più organismi incaricati di analizzare i problemi in questione, studiare possibili soluzioni e fornire assistenza concreta alle vittime. L'organismo o gli organismi possono essere gli stessi responsabili a livello nazionale della difesa dei diritti umani e della salvaguardia dei diritti individuali o dell'attuazione del principio della parità di trattamento. (26) La presente direttiva definisce prescrizioni minime e offre quindi agli Stati membri la possibilità di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli. L'attuazione della presente direttiva non dovrebbe servire da giustificazione per un regresso rispetto alla situazione preesistente in ciascuno Stato membro. (27) Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive applicabili in caso di violazione degli obblighi risultanti dalla presente direttiva. (28) Poiché lo scopo della presente direttiva, cioè garantire un elevato livello comune di protezione contro la discriminazione in tutti gli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione, essere realizzato meglio a livello comunitario istituendo un quadro giuridico comune, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (29) Conformemente all'articolo 34 dell'Accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (6) gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra le direttive e i provvedimenti di recepimento, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Scopo Scopo della presente direttiva è quello di istituire un quadro per la lotta alla discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento tra uomini e donne. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva, si applicano le seguenti definizioni: a) sussiste discriminazione diretta quando, a causa del suo sesso, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra persona in una situazione paragonabile; b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere persone di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a persone dell'altro sesso, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari; c) le molestie sussistono quando si manifesta un comportamento non desiderato e determinato dal sesso di una persona, comportamento che ha come oggetto o conseguenza la lesione della dignità di una persona e la creazione di un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo; d) la molestia sessuale sussiste quando si manifesta un comportamento non desiderato con connotazioni sessuali, che si esprime a livello fisico, verbale o non verbale, e ha come oggetto o conseguenza la lesione della dignità di una persona, in particolare con la creazione di un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Articolo 3 Campo d'applicazione 1. Nei limiti delle competenze attribuite alla Comunità, la presente direttiva si applica a tutte le persone che forniscono beni e servizi che sono a disposizione del pubblico, indipendentemente dalla persona interessata per quanto riguarda sia il settore pubblico che quello privato, compresi gli organismi pubblici e che sono offerti al di fuori dell'area della vita privata e familiare e delle transazioni effettuate in questo ambito. 2. La presente direttiva non pregiudica la libertà di scelta del contraente, nella misura in cui la scelta del contraente non si basa sul sesso della persona. 3. La presente direttiva non si applica al contenuto dei mezzi di comunicazione e della pubblicità né all'istruzione. 4. La presente direttiva non si applica a questioni riguardanti l'impiego e l'occupazione. La esente direttiva non si applica a questioni riguardanti il lavoro autonomo, nella misura in cui esse sono disciplinate da altri atti legislativi comunitari. Articolo 4 Principio della parità di trattamento 1. Ai fini della presente direttiva, il principio della parità di trattamento tra uomini e donne significa che: a) è proibita ogni discriminazione diretta fondata sul sesso, compreso un trattamento meno favorevole della donna in ragione della gravidanza e della maternità; b) è proibita ogni discriminazione indiretta fondata sul sesso. 2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli sulla protezione della donna in relazione alla gravidanza e alla maternità. 3. Le molestie e le molestie sessuali ai sensi della presente direttiva sono considerate come discriminazioni fondate sul sesso e sono pertanto vietate. Il rifiuto di tale comportamento da parte della persona interessata o la sua sottomissione non possono costituire il fondamento per una decisione che interessi la persona in questione. 4. L'ordine di discriminare persone direttamente o indirettamente a motivo del sesso è considerato una discriminazione ai sensi della presente direttiva. 5. La presente direttiva non preclude differenze di trattamento se la fornitura di beni o servizi esclusivamente o principalmente destinati a persone di un solo sesso è giustificata da una finalità legittima e se i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità sono appropriati e necessari. Articolo 5 Fattori attuariali 1. Gli Stati membri provvedono affinché al più tardi in tutti i nuovi contratti stipulati dopo il 21 dicembre 2007, il fatto di tenere conto del sesso quale fattore di calcolo dei premi e delle prestazioni a fini assicurativi e di altri servizi finanziari non determini differenze nei premi e nelle prestazioni. 2. Fatto salvo il paragrafo 1, gli Stati membri possono decidere anteriormente al 21 dicembre 2007 di consentire differenze proporzionate nei premi e nelle prestazioni individuali ove il fattore sesso sia determinante nella valutazione dei rischi, in base a pertinenti e accurati dati attuariali e statistici. Gli Stati membri interessati informano la Commissione e provvedono affinché siano compilati, pubblicati e regolarmente aggiornati dati accurati relativi all'utilizzo del sesso quale fattore attuariale determinante. Tali Stati membri riesaminano la loro decisione cinque anni dopo il 21 dicembre 2007 tenendo conto della relazione della Commissione di cui all'articolo 16 e trasmettono i risultati del riesame alla Commissione. 3. In ogni caso i costi inerenti alla gravidanza e alla maternità non determinano differenze nei premi e nelle prestazioni individuali. Gli Stati membri possono rinviare l'attuazione delle misure necessarie per conformarsi al presente paragrafo al più tardi fino a due anni a decorrere dal 21 dicembre 2007. In tal caso, gli Stati membri interessati ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 6 Azione positiva Allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne, il principio della parità di trattamento non impedisce ad alcuno Stato membro di mantenere o adottare misure specifiche destinate ad evitare o a compensare gli svantaggi legati al sesso. Articolo 7 Prescrizioni minime 1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alla tutela del principio della parità di trattamento tra uomini e donne rispetto a quelle contenute nella presente direttiva. 2. L'attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione contro le discriminazioni già previsto dagli Stati membri nei settori di applicazione della presente direttiva. CAPO II MEZZI DI RICORSO ED ESECUZIONE Articolo 8 Difesa dei diritti 1. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto nel quale si ritiene si sia verificata la discriminazione, a procedure giudiziarie e/o amministrative, comprese, ove lo ritengano opportuno, le procedure di conciliazione, finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva. 2. Gli Stati membri introducono nel loro ordinamento giuridico interno le misure necessarie affinché il danno subito dalla persona lesa a causa di una discriminazione ai sensi della presente direttiva sia realmente ed effettivamente indennizzato o risarcito secondo modalità da essi fissate, in modo dissuasivo e proporzionato rispetto al danno subito. Detto indennizzo o risarcimento non può essere a priori limitato da un tetto massimo. 3. Gli Stati membri provvedono affinché le associazioni, le organizzazioni o altre persone giuridiche aventi, conformemente ai criteri stabiliti dalle legislazioni nazionali, un interesse legittimo a garantire che le disposizioni della presente direttiva siano rispettate, possano, per conto o a sostegno della persona lesa, con la sua approvazione, avviare tutte le procedure giudiziarie e/o amministrative finalizzate al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva. 4. I paragrafi 1 e 3 lasciano impregiudicate le norme nazionali relative ai termini temporali stabiliti per la presentazione di un ricorso per quanto riguarda il principio della parità di trattamento. Articolo 9 Onere della prova 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie, conformemente ai loro sistemi giudiziari nazionali, per assicurare che, allorché le persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione nei loro riguardi del principio della parità di trattamento espongono, dinanzi a un tribunale o a un'altra autorità competente, fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento. 2. Il paragrafo 1 si applica fatto salvo il diritto degli Stati membri di prevedere disposizioni in materia di onere della prova più favorevoli all'attore. 3. Il paragrafo 1 non si applica alle procedure penali. 4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano altresì alle procedure promosse a norma dell'articolo 8, paragrafo 3. 5. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il paragrafo 1 a procedure in cui l'istruzione dei fatti incombe alla giurisdizione o ad altra istanza competente. Articolo 10 Protezione delle vittime Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere le persone da trattamenti o conseguenze sfavorevoli quale reazione a un reclamo o a un'azione volta a ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento. Articolo 11 Dialogo con le parti interessate Al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, gli Stati membri incoraggiano il dialogo con le parti interessate che, conformemente alle prassi e alle legislazioni nazionali, hanno un legittimo interesse a contribuire alla lotta alla discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura. CAPO III ORGANISMI PER LA PROMOZIONE DELLA PARITÀ DI TRATTAMENTO Articolo 12 1. Gli Stati membri designano uno o più organismi per la promozione, l'analisi, il controllo ed il sostegno alla parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sul sesso e adottano le disposizioni necessarie. Tali organismi possono far parte di organi incaricati di difendere, a livello nazionale, i diritti dell'uomo o di tutelare i diritti delle persone, ovvero di attuare il principio della parità di trattamento. 2. Gli Stati membri provvedono affinché gli organismi di cui al paragrafo 1 abbiano le seguenti competenze: a) fatto salvo il diritto delle vittime e delle associazioni, delle organizzazioni o di altre persone giuridiche di cui all'articolo 8, paragrafo 3, fornire alle vittime di discriminazione un'assistenza indipendente per avviare una procedura per discriminazione; b) condurre inchieste indipendenti in materia di discriminazione; c) pubblicare relazioni indipendenti e formulare raccomandazioni su tutte le questioni connesse a tale discriminazione. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 13 Conformità alla direttiva Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il principio della parità di trattamento sia rispettato per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura nell'ambito d'applicazione della presente direttiva, e in particolare fanno sì che: a) tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate; b) le disposizioni contrattuali, i regolamenti interni delle aziende nonché le norme che disciplinano le associazioni con o senza scopo di lucro, contrari al principio della parità di trattamento siano, o possano essere dichiarate, nulle oppure siano modificate. Articolo 14 Sanzioni Gli Stati membri definiscono le norme sulle sanzioni applicabili alle infrazioni delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'attuazione. Le sanzioni, che possono includere il pagamento di indennizzi alle vittime, sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro il 21 dicembre 2007 e ne comunicano immediatamente ogni ulteriore modifica. Articolo 15 Diffusione di informazioni Gli Stati membri provvedono affinché le disposizioni adottate in applicazione della presente direttiva, nonché quelle già in vigore in questo settore, siano portate a conoscenza delle persone interessate con tutti i mezzi opportuni e in tutto il territorio nazionale. Articolo 16 Relazioni 1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni disponibili sull'applicazione della presente direttiva entro il 21 dicembre 2009 e successivamente ogni cinque anni. La Commissione redige una relazione di sintesi che include un esame delle prassi correnti degli Stati membri in relazione all'articolo 4 per quanto riguarda il sesso quale fattore nel calcolo dei premi e delle prestazioni. Essa trasmette la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 21 dicembre 2010. Se del caso, la Commissione acclude alla relazione proposte di modifica della direttiva. 2. La relazione della Commissione tiene conto delle posizioni delle parti interessate. Articolo 17 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 21 dicembre 2007. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o essere corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 18 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 19 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 13 dicembre 2004. Per il Consiglio Il presidente B. R. BOT (1) Parere reso il 30 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 241 del 28.9.2004, pag. 44. (3) GU C 121 del 30.4.2004, pag. 27. (4) GU L 17 del 19.1.2001, pag. 22. (5) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22. (6) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
Principio della parità di trattamento tra uomini e donne all'esterno del mercato del lavoro La direttiva mira ad attuare la parità di trattamento tra uomini e donne allo scopo di estendere il principio della parità di trattamento oltre la sfera del mercato del lavoro e della vita professionale ad altre aree della vita quotidiana. ATTO Direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che applica il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura. SINTESI La direttiva mira ad attuare la parità di trattamento tra uomini e donne allo scopo di estendere il principio della parità di trattamento oltre la sfera del mercato del lavoro e della vita professionale ad altre aree della vita quotidiana. QUAL È LO SCOPO DELLA PRESENTE DIRETTIVA? La direttiva stabilisce un quadro per lottare contro qualsivoglia discriminazione di genere nell'accesso e nella fornitura di beni e servizi, sia nel settore pubblico sia in quello privato. La direttiva si applica a beni e servizi proposti al pubblico al di fuori della sfera privata e familiare e indipendentemente dalle persone interessate (vale a dire, dalle circostanze personali del destinatario del servizio). Il termine «servizi» indica i servizi forniti in cambio di una remunerazione. La direttiva non si applica né al contenuto dei mezzi di comunicazione né alla pubblicità né all'istruzione. ASPETTI CHIAVE Divieto di discriminazione nel settore dei beni e servizi. In linea di principio, la direttiva vieta: qualsiasi trattamento meno favorevole nei confronti di uomini o donne a causa del loro genere; qualsiasi trattamento meno favorevole nei confronti di donne collegabile alla gravidanza o alla maternità; molestie, molestie sessuali o qualsiasi incitamento alla discriminazione per quanto concerne l'offerta o la fornitura di beni o servizi. Un trattamento differente può essere accettato esclusivamente se giustificato da un obiettivo legittimo quale, ad esempio, la protezione delle vittime di abusi sessuali (nel caso della creazione di case rifugio per le donne), libertà di associazione (nel contesto dell'appartenenza a circoli privati unisex) o di organizzazione di attività sportive unisex. Qualsiasi limitazione deve essere appropriata e necessaria. Il principio della parità di trattamento non esclude l'adozione di provvedimenti tesi a prevenire o compensare disparità di genere nel settore dei beni e dei servizi. La direttiva stabilisce soltanto requisiti minimi per consentire ai paesi dell'Unione europea (UE) di essere in grado di mantenere livelli di protezione più alti o maggiormente efficaci. Applicazione al settore delle assicurazioni: la direttiva vieta di prendere in considerazione il genere nel calcolo dei premi assicurativi e delle prestazioni nel caso di contratti assicurativi firmati successivamente al 21 dicembre 2007. Ciò nonostante, la direttiva prevede la possibilità, per i paesi dell'UE, di non applicare tale divieto nei casi in cui il genere sia un fattore determinante nella valutazione del rischio e basato su dati statistici e attuariali rilevanti. Tuttavia, la Corte di giustizia dell'Unione europea, nella sua sentenza sul caso Test-Achats (C-236/09) ha dichiarato non valida la deroga dal principio della parità di trattamento che ha permesso ai paesi dell'UE di distinguere tra uomini e donne in relazione a premi assicurativi e prestazioni, con decorrenza a partire dal 21 dicembre 2012. Da quel momento in poi, per tutti i nuovi contratti firmati da quella data, si applica il principio della tariffa unisex al settore assicurativo. Per semplificare l'attuazione della sentenza della Corte, la Commissione ha adottato delle linee guida sull'applicazione della direttiva al settore assicurativo. In ogni caso, i costi associati alla gravidanza e alla maternità non devono dar luogo a differenze in termini di premi e prestazioni. Organismi che promuovono la parità di trattamento: ciascun paese dell'UE affida a uno o più enti la promozione e il controllo della parità di trattamento tra uomini e donne a livello nazionale. Tali organismi sono responsabili di i) offrire assistenza individuale alle vittime; ii) portare avanti studi autonomi; iii) pubblicare relazioni e rilasciare raccomandazioni. Difendere i diritti delle vittime: la direttiva obbliga i paesi dell'UE a garantire che le vittime abbiano accesso alla procedura giudiziaria e/o amministrativa per salvaguardare i propri diritti, e possano ottenere un indennizzo o risarcimento appropriato. Le associazioni, le organizzazioni e altri enti giuridici con un legittimo interesse sono altresì in grado di avviare procedure giudiziarie e/o amministrative per consentire alle vittime di salvaguardare i propri diritti e per ottenere indennizzi o risarcimenti. Quando i fatti presentati davanti a un tribunale sostengono la presunzione dell'esistenza di discriminazione, spetta al convenuto provare che non vi sia stata violazione del principio della parità di trattamento (confutazione delle accuse). Inoltre, i paesi dell'UE devono mettere in atto sanzioni in caso violazione del principio della parità di trattamento. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 21 dicembre 2004 e deve essere recepita nella legislazione nazionale del Paese dell'UE entro e non oltre il 21 dicembre 2007. CONTESTO La parità tra uomini e donne è un principio fondamentale dell'Unione europea, stipulato negli articoli 2 e 3 del trattato sull'Unione europea. La discriminazione di genere può costituire un ostacolo all'integrazione completa ed efficace di uomini e donne nella vita sociale ed economica. TERMINOLOGIA CHIAVE Discriminazione diretta: le circostanze in cui una persona viene trattata in maniera meno favorevole a causa del genere rispetto ad un'altra persona, che per lo stesso motivo non è, non è stata o non si troverebbe in una situazione simile. Discriminazione indiretta: circostanze in cui una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutrali possano condurre ad uno svantaggio specifico per persone del sesso opposto, a meno che tali disposizioni, criteri o prassi siano oggettivamente giustificati da un obiettivo legittimo e i mezzi per realizzare tale obiettivo siano appropriati e necessari. Molestia: circostanze in cui si verifichi una condotta non voluta legata al genere di una persona, con lo scopo o effetto di attaccare la dignità della persona e creare un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. Molestia sessuale: circostanze in cui si verifichi una condotta sessuale non voluta, espressa verbalmente o non verbalmente, con lo scopo o effetto di attaccare la dignità della persona e creare un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 2004/113/CE 21.12.2004 21.12.2007 GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37-43
10,108
140
32009L0012
false
DIRETTIVA 2009/12/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 marzo 2009 concernente i diritti aeroportuali (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) La principale funzione e attività commerciale degli aeroporti consiste nell’assicurare il compimento di tutte le operazioni relative agli aeromobili dal momento dell’atterraggio al momento del decollo, ai passeggeri e alle merci, in modo da consentire ai vettori aerei di fornire servizi di trasporto aereo. A tal fine, gli aeroporti mettono a disposizione una serie di infrastrutture e di servizi connessi all’esercizio degli aeromobili e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci, il cui costo viene in genere recuperato mediante la riscossione di diritti aeroportuali. I gestori aeroportuali che forniscono infrastrutture e servizi per i quali sono riscossi diritti aeroportuali dovrebbero adoperarsi per operare secondo costi efficientati. (2) È necessario istituire un quadro comune che disciplini gli aspetti fondamentali dei diritti aeroportuali e le modalità della loro fissazione poiché, in mancanza di tale quadro, alcuni requisiti fondamentali delle relazioni tra i gestori aeroportuali e gli utenti dell’aeroporto rischiano di non essere rispettati. Tale quadro non dovrebbe pregiudicare la possibilità per gli Stati membri di determinare se e in quale misura si può tenere conto, nel fissare i diritti aeroportuali, delle entrate risultanti dalle attività commerciali di un aeroporto. (3) La presente direttiva dovrebbe applicarsi agli aeroporti situati nella Comunità, di dimensioni superiori ad una soglia minima, poiché la gestione e il finanziamento degli aeroporti di piccole dimensioni non richiedono l’applicazione di un quadro normativo comunitario. (4) Inoltre, in uno Stato membro nel quale nessun aeroporto raggiunge la soglia minima ai fini dell’applicazione della presente direttiva, l’aeroporto con il movimento di passeggeri più elevato gode di una posizione privilegiata, quale punto di entrata in tale Stato membro, tale da rendere necessaria l’applicazione della presente direttiva allo stesso aeroporto al fine di garantire il rispetto di taluni principi essenziali nella relazione tra il gestore aeroportuale e gli utenti dell’aeroporto, in particolare in materia di trasparenza dei diritti e di non discriminazione tra i diversi utenti dell’aeroporto. (5) Per promuovere la coesione territoriale, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di applicare un sistema di tariffazione comune ad una rete aeroportuale. I trasferimenti economici tra aeroporti di tali reti dovrebbero essere conformi al diritto comunitario. (6) Per ragioni di distribuzione del traffico gli Stati membri dovrebbero poter consentire ad un gestore aeroportuale, per gli aeroporti che servono una stessa città o conurbazione, di applicare un sistema di tariffazione comune e trasparente. I trasferimenti economici tra detti aeroporti dovrebbero avvenire nel rispetto del pertinente diritto comunitario. (7) Gli incentivi per avviare nuove rotte in modo da promuovere, tra l’altro, lo sviluppo delle regioni svantaggiate e ultraperiferiche dovrebbero essere concessi solo in conformità del diritto comunitario. (8) La riscossione dei diritti corrispondenti alla prestazione dei servizi di navigazione aerea e dei servizi di assistenza a terra è già stata disciplinata, rispettivamente, dal regolamento (CE) n. 1794/2006 della Commissione, del 6 dicembre 2006, che istituisce un sistema di tariffazione comune per i servizi di navigazione aerea (4), e dalla direttiva 96/67/CE del Consiglio, del 15 ottobre 1996, relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità (5). I diritti riscossi per finanziare l’assistenza fornita ai passeggeri con disabilità e ai passeggeri a mobilità ridotta sono disciplinati dal regolamento (CE) n. 1107/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo (6). (9) Nel 2004 il Consiglio dell’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (Consiglio ICAO) ha adottato politiche per la fissazione dei diritti aeroportuali che includono, tra l’altro, i principi di aderenza ai costi e di non discriminazione, nonché un meccanismo indipendente per la regolamentazione economica degli aeroporti. (10) Secondo il Consiglio dell’ICAO, un diritto aeroportuale è un prelievo appositamente concepito e applicato per recuperare i costi derivanti dalla messa a disposizione di infrastrutture e servizi per l’aviazione civile, mentre un’imposta è un prelievo concepito per aumentare le entrate nazionali o quelle delle amministrazioni locali che generalmente non si applica all’aviazione civile nel suo complesso oppure non è applicato tenendo conto specificatamente dei costi. (11) I diritti aeroportuali non dovrebbero essere discriminatori. È opportuno istituire una procedura di periodica consultazione tra i gestori aeroportuali e gli utenti dell’aeroporto offrendo la possibilità alle due parti di rivolgersi in ultima istanza ad un’autorità di vigilanza indipendente ogni qualvolta una decisione sui diritti aeroportuali o sulla modifica del sistema di tariffazione è contestata dagli utenti dell’aeroporto. (12) Per garantire l’imparzialità delle sue decisioni e la corretta ed efficace applicazione della presente direttiva, in ciascuno Stato membro dovrebbe essere istituita un’autorità di vigilanza indipendente. Detta autorità dovrebbe disporre di tutte le risorse necessarie in termini di personale, competenze tecniche e mezzi finanziari per l’esercizio delle proprie funzioni. (13) È essenziale che gli utenti dell’aeroporto ricevano periodicamente dal gestore aeroportuale le informazioni sulle modalità e sulla base di calcolo dei diritti aeroportuali. Questa trasparenza consentirebbe ai vettori aerei di essere informati sulle spese sostenute dall’aeroporto e sulla redditività degli investimenti da questo effettuati. Per consentire ai gestori aeroportuali di valutare con precisione i requisiti che dovranno soddisfare gli investimenti futuri, è opportuno che gli utenti dell’aeroporto abbiano l’obbligo di mettere a disposizione dei gestori aeroportuali, in tempo utile, tutte le loro previsioni operative, i loro progetti di sviluppo e i loro particolari suggerimenti e richieste. (14) I gestori aeroportuali dovrebbero informare i loro utenti in merito ai grandi progetti infrastrutturali poiché questi hanno un’incidenza significativa sul sistema o sull’ammontare dei diritti aeroportuali. La comunicazione di queste informazioni dovrebbe avere lo scopo di rendere possibile il monitoraggio dei costi delle infrastrutture e di assicurare installazioni adeguate e soddisfacenti sotto il profilo del rapporto costi-benefici nell’aeroporto in questione. (15) I gestori aeroportuali dovrebbero poter applicare diritti aeroportuali corrispondenti alle infrastrutture e/o al livello dei servizi messi a disposizione, in quanto i vettori aerei hanno un interesse legittimo a esigere da un gestore aeroportuale servizi commisurati al rapporto prezzo/qualità. È opportuno tuttavia che l’accesso ad un livello differenziato di infrastrutture o servizi sia aperto a tutti i vettori aerei che desiderino ricorrervi su base non discriminatoria. Quando la domanda supera l’offerta, l’accesso dovrebbe essere determinato in base a criteri obiettivi e non discriminatori la cui definizione incombe al gestore aeroportuale. Le eventuali differenziazioni dei diritti aeroportuali dovrebbero essere trasparenti, oggettive e basate su criteri chiari. (16) Gli utenti dell’aeroporto e i gestori aeroportuali dovrebbero poter concludere un accordo sul livello dei servizi concernente la qualità dei servizi forniti in cambio dei diritti aeroportuali. Negoziati sulla qualità del servizio fornito a fronte dei diritti pagati potrebbero essere organizzati nel quadro della consultazione periodica. (17) Nei vari Stati membri esistono sistemi diversi per il prefinanziamento degli investimenti degli aeroporti. Negli Stati membri in cui esiste il prefinanziamento, gli Stati membri o i gestori aeroportuali dovrebbero far riferimento alle politiche dell’ICAO e/o istituire proprie misure di salvaguardia. (18) La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicato il trattato, in particolare i suoi articoli da 81 a 89. (19) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire stabilire principi comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali negli aeroporti della Comunità, non può essere realizzato in maniera sufficiente dagli Stati membri, dato che sistemi di diritti aeroportuali non possono essere istituiti a livello nazionale in modo uniforme nell’insieme della Comunità, e può dunque, a causa delle sue dimensioni e dei suoi effetti, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva stabilisce principi comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali negli aeroporti della Comunità. 2. La presente direttiva si applica a tutti gli aeroporti che si trovano in un territorio soggetto al trattato e aperto al traffico commerciale il cui volume di traffico annuale supera la soglia di 5 milioni di movimenti passeggeri e all’aeroporto con il maggior traffico passeggeri in ciascuno Stato membro. 3. Gli Stati membri pubblicano un elenco degli aeroporti situati nel rispettivo territorio che rientrano nell’ambito d’applicazione della presente direttiva. Tale elenco è basato sui dati della Commissione (Eurostat) ed è aggiornato annualmente. 4. La presente direttiva non si applica ai diritti riscossi per la remunerazione di servizi di navigazione aerea di rotta e terminale ai sensi del regolamento (CE) n. 1794/2006, né ai diritti riscossi a compenso dei servizi di assistenza a terra di cui all’allegato della direttiva 96/67/CE, né ai diritti riscossi per finanziare l’assistenza fornita alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta di cui al regolamento (CE) n. 1107/2006. 5. La presente direttiva lascia impregiudicato il diritto di ciascuno Stato membro di applicare, nei confronti di qualsiasi gestore aeroportuale situato nel suo territorio, misure regolamentari supplementari che non siano incompatibili con la presente direttiva o con altre disposizioni pertinenti del diritto comunitario. Dette misure possono comprendere misure di supervisione economica quali l’approvazione dei sistemi di tariffazione e/o dell’ammontare dei diritti, inclusi metodi di tariffazione basati sull’incentivazione o la regolamentazione dei massimali tariffari. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «aeroporto», qualsiasi terreno appositamente predisposto per l’atterraggio, il decollo e le manovre di aeromobili, inclusi gli impianti annessi che esso può comportare per le esigenze del traffico e per il servizio degli aeromobili, nonché gli impianti necessari per fornire assistenza ai servizi aerei commerciali; 2) «gestore aeroportuale», il soggetto al quale le disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali nazionali affidano, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e di gestire le infrastrutture aeroportuali o della rete aeroportuale e di coordinare e di controllare le attività dei vari operatori presenti negli aeroporti o nella rete aeroportuale interessati; 3) «utente dell’aeroporto», qualsiasi persona fisica o giuridica che trasporti per via aerea passeggeri, posta e/o merci, da e per l’aeroporto considerato; 4) «diritti aeroportuali», i prelievi riscossi a favore del gestore aeroportuale e pagati dagli utenti dell’aeroporto per l’utilizzo delle infrastrutture e dei servizi che sono forniti esclusivamente dal gestore aeroportuale e che sono connessi all’atterraggio, al decollo, all’illuminazione e al parcheggio degli aeromobili e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci; 5) «rete aeroportuale», un gruppo di aeroporti, debitamente designato come tale da uno Stato membro, gestiti dallo stesso gestore aeroportuale. Articolo 3 Non discriminazione Gli Stati membri provvedono affinché i diritti aeroportuali non creino discriminazioni tra gli utenti dell’aeroporto, conformemente al diritto comunitario. Ciò non esclude una modulazione dei diritti aeroportuali per motivi di interesse pubblico e generale, compresi motivi ambientali. I criteri utilizzati per siffatta modulazione sono pertinenti, obiettivi e trasparenti. Articolo 4 Rete aeroportuale Gli Stati membri possono autorizzare il gestore aeroportuale di una rete aeroportuale a introdurre un sistema di tariffazione aeroportuale comune e trasparente da applicare all’intera rete. Articolo 5 Sistemi di tariffazione comuni Dopo aver informato la Commissione e nel rispetto del diritto comunitario, gli Stati membri possono consentire a un gestore aeroportuale di applicare un sistema di tariffazione comune e trasparente presso gli aeroporti che servono la stessa città o agglomerato urbano, purché ciascun aeroporto rispetti gli obblighi in materia di trasparenza di cui all’articolo 7. Articolo 6 Consultazione e ricorsi 1. Gli Stati membri provvedono affinché sia istituita una procedura obbligatoria di consultazione periodica tra il gestore aeroportuale e gli utenti dell’aeroporto o i rappresentanti o le associazioni degli utenti dell’aeroporto in relazione al funzionamento del sistema dei diritti aeroportuali, all’ammontare di questi diritti aeroportuali e, se del caso, alla qualità del servizio fornito. Detta consultazione ha luogo almeno una volta all’anno salvo se diversamente convenuto nell’ultima consultazione. Laddove esista un accordo pluriennale tra il gestore aeroportuale e gli utenti dell’aeroporto, le consultazioni si svolgono secondo le modalità previste in detto accordo. Gli Stati membri conservano il diritto di chiedere consultazioni più frequenti. 2. Gli Stati membri provvedono affinché, nella misura del possibile, le modifiche apportate al sistema o all’ammontare dei diritti aeroportuali siano effettuate con il consenso del gestore aeroportuale da un lato e degli utenti dell’aeroporto dall’altro. A tal fine, il gestore aeroportuale sottopone agli utenti dell’aeroporto ogni proposta di modifica del sistema o dell’ammontare dei diritti aeroportuali al più tardi quattro mesi prima della sua entrata in vigore, motivandone le ragioni, tranne in caso di circostanze eccezionali da giustificare con gli utenti. Il gestore aeroportuale organizza consultazioni sulle modifiche proposte con gli utenti dell’aeroporto e tiene conto della posizione da questi espressa prima di prendere una decisione. Il gestore aeroportuale pubblica di norma la sua decisione o raccomandazione entro due mesi prima della sua entrata in vigore. Il gestore aeroportuale motiva la propria decisione in relazione alle posizioni espresse dagli utenti, nell’ipotesi in cui sulle modifiche proposte non sia intervenuto alcun accordo tra il gestore aeroportuale e gli utenti. 3. Gli Stati membri provvedono affinché, in caso di disaccordo su una decisione inerente i diritti aeroportuali presa dal gestore aeroportuale, ciascuna delle due parti possa rivolgersi all’autorità di vigilanza indipendente di cui all’articolo 11, la quale esaminerà le motivazioni che corredano la proposta di modifica del sistema o dell’ammontare dei diritti aeroportuali. 4. Qualora sia sottoposta all’autorità di vigilanza indipendente una modifica del sistema o dell’ammontare dei diritti aeroportuali decisa dal gestore aeroportuale non ha efficacia sino a quando non sia stata esaminata dall’autorità di vigilanza. Quest’ultima prende, entro quattro settimane dal deferimento della questione, a meno che la decisione definitiva non possa essere presa entro lo stesso termine, una decisione provvisoria circa l’entrata in vigore della modifica in questione. 5. Uno Stato membro può decidere di non applicare i paragrafi 3 e 4 in relazione alle modifiche dell’ammontare o della struttura dei diritti aeroportuali per gli aeroporti per i quali: a) esiste una procedura obbligatoria in virtù della normativa nazionale che prevede che i diritti aeroportuali, o il loro ammontare massimo, siano determinati o approvati dall’autorità di vigilanza indipendente; o b) esiste una procedura obbligatoria in virtù della normativa nazionale che prevede che l’autorità di vigilanza indipendente esamini, periodicamente o in risposta a richieste da soggetti interessati, se gli aeroporti sono soggetti o meno ad un’effettiva concorrenza. Laddove giustificato sulla base di un tale esame, lo Stato membro decide che i diritti aeroportuali, o il loro ammontare massimo, deve essere determinato o approvato dall’autorità di vigilanza indipendente. Tale decisione si applica per il periodo necessario sulla base dell’esame effettuato da tale autorità. Le procedure, le condizioni e i criteri applicati ai fini del presente paragrafo dallo Stato membro devono essere pertinenti, oggettivi, non discriminatori e trasparenti. Articolo 7 Trasparenza 1. Gli Stati membri provvedono affinché i gestori aeroportuali, ogniqualvolta si procede alle consultazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, forniscano ad ogni utente dell’aeroporto o ai rappresentanti o alle associazioni degli utenti dell’aeroporto informazioni sui seguenti elementi, che serviranno come base per la determinazione del sistema o dell’ammontare di tutti i diritti riscossi in ciascun aeroporto dal gestore aeroportuale. Le informazioni comprendono come minimo: a) un elenco dei vari servizi e infrastrutture forniti a corrispettivo dei diritti aeroportuali riscossi; b) la metodologia utilizzata per il calcolo dei diritti aeroportuali; c) la struttura globale dei costi relativamente alle infrastrutture e ai servizi ai quali i diritti aeroportuali sono connessi; d) gli introiti dei vari diritti e il costo totale dei servizi forniti in cambio; e) qualsiasi finanziamento erogato da autorità pubbliche delle infrastrutture e dei servizi ai quali i diritti aeroportuali si riferiscono; f) le previsioni riguardanti la situazione dell’aeroporto per quanto attiene ai diritti, all’evoluzione del traffico, nonché agli investimenti previsti; g) l’utilizzazione effettiva delle infrastrutture e delle installazioni aeroportuali nel corso di un periodo determinato; e h) i risultati attesi dai grandi investimenti proposti con riguardo ai loro effetti sulla capacità dell’aeroporto. 2. Gli Stati membri provvedono affinché gli utenti dell’aeroporto comunichino al gestore aeroportuale, prima di ogni consultazione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, informazioni riguardanti in particolare: a) le previsioni del traffico; b) le previsioni relative alla composizione e all’utilizzo previsto della loro flotta; c) i loro progetti di sviluppo nell’aeroporto in questione; e d) le loro esigenze nell’aeroporto in questione. 3. Fatta salva la legislazione nazionale, le informazioni comunicate ai sensi del presente articolo sono considerate e trattate come informazioni riservate o economicamente sensibili. Nel caso di gestori aeroportuali quotati in borsa, devono essere rispettati in particolare i regolamenti di borsa. Articolo 8 Nuove infrastrutture Gli Stati membri provvedono affinché il gestore aeroportuale consulti gli utenti dell’aeroporto prima che siano finalizzati piani relativi a nuovi progetti di infrastruttura. Articolo 9 Norme di qualità 1. Per garantire il buon funzionamento di un aeroporto, gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire al gestore aeroportuale e ai rappresentanti o alle associazioni degli utenti dell’aeroporto nell’aeroporto considerato di procedere a negoziati allo scopo di concludere un accordo sul livello di servizio con riguardo alla qualità dei servizi prestati nell’aeroporto. Tali negoziati sulla qualità dei servizi possono essere organizzati nel quadro delle consultazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1. 2. Il suddetto accordo sul livello di servizio determina il livello del servizio che deve essere fornito dal gestore aeroportuale, il quale tiene conto del sistema o del livello effettivo dei diritti aeroportuali e del livello di servizio cui gli utenti dell’aeroporto hanno diritto a fronte dei diritti aeroportuali pagati. Articolo 10 Differenziazione dei servizi 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire al gestore aeroportuale di variare la qualità e l’estensione di particolari servizi, terminali o parti dei terminali degli aeroporti, allo scopo di fornire servizi personalizzati ovvero un terminale o una parte di terminale specializzato. L’ammontare dei diritti aeroportuali può essere differenziato in funzione della qualità e dell’estensione di tali servizi e dei relativi costi o di qualsiasi altra motivazione oggettiva e trasparente. Fatto salvo l’articolo 3, i gestori aeroportuali restano liberi di fissare tali diritti aeroportuali differenziati. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire ad ogni utente dell’aeroporto che desidera utilizzare i servizi personalizzati o il terminale o la parte del terminale specializzato, di accedere a questi servizi e a questo terminale o parte di un terminale. Qualora il numero degli utenti dell’aeroporto che desiderano avere accesso ai servizi personalizzati e/o a un terminale o parte di un terminale specializzato ecceda il numero di utenti che è possibile accogliere a causa di vincoli di capacità, l’accesso è determinato in base a criteri pertinenti, obiettivi, trasparenti e non discriminatori. Tali criteri possono essere stabiliti dal gestore aeroportuale e gli Stati membri possono richiedere che essi siano approvati dall’autorità di vigilanza indipendente. Articolo 11 Autorità di vigilanza indipendente 1. Gli Stati membri designano o istituiscono un’autorità di vigilanza nazionale indipendente, incaricata di assicurare la corretta applicazione delle misure adottate per conformarsi alla presente direttiva e di svolgere, come minimo, le funzioni di cui all’articolo 6. Questo organo può essere lo stesso al quale lo Stato membro ha affidato l’applicazione delle misure normative supplementari di cui all’articolo 1, paragrafo 5, compresa l’approvazione del sistema dei diritti e/o dell’ammontare di tali diritti aeroportuali, a condizione che soddisfi i requisiti di cui al paragrafo 3 del presente articolo. 2. La presente direttiva non impedisce all’autorità di vigilanza indipendente di delegare, nel rispetto della legislazione nazionale, sotto il suo controllo e la sua piena responsabilità, l’attuazione della presente direttiva ad altre autorità di vigilanza indipendenti, a condizione che tale attuazione si svolga conformemente alle stesse norme. 3. Gli Stati membri garantiscono l’autonomia dell’autorità di vigilanza indipendente, provvedendo affinché questa sia giuridicamente distinta e funzionalmente indipendente da qualsiasi gestore aeroportuale e vettore aereo. Gli Stati membri che mantengono la proprietà di aeroporti, di gestori aeroportuali o di vettori aerei o che mantengono la vigilanza di gestori aeroportuali o di vettori aerei garantiscono che le funzioni inerenti alla proprietà o alla vigilanza suddetti non siano conferite all’autorità di vigilanza indipendente. Gli Stati membri provvedono affinché l’autorità di vigilanza indipendente eserciti i propri poteri in modo imparziale e trasparente. 4. Gli Stati membri notificano alla Commissione il nome e l’indirizzo dell’autorità di vigilanza indipendente, le funzioni e le competenze ad essa conferite, nonché i provvedimenti presi per garantire l’osservanza del paragrafo 3. 5. Gli Stati membri possono istituire un meccanismo di finanziamento dell’autorità di vigilanza indipendente, che può comprendere l’imposizione di diritti a carico degli utenti dell’aeroporto e dei gestori aeroportuali. 6. Gli Stati membri provvedono affinché, con riguardo ai casi di disaccordo di cui all’articolo 6, paragrafo 3, siano adottate misure al fine di: a) stabilire una procedura per la risoluzione delle controversie tra il gestore aeroportuale e gli utenti dell’aeroporto; b) determinare le condizioni affinché una controversia possa essere sottoposta all’autorità di vigilanza indipendente. Quest’ultima, in particolare, respinge i reclami che reputa non opportunamente giustificati o adeguatamente documentati; c) fissare i criteri in base ai quali i casi di disaccordo sono valutati ai fini di una risoluzione. Tali procedure, condizioni e criteri sono non discriminatori, trasparenti e obiettivi. 7. Nell’avviare un’indagine riguardo alla motivazione della modifica del sistema o dell’ammontare dei diritti aeroportuali di cui all’articolo 6, l’autorità di vigilanza indipendente ottiene dalle parti interessate accesso alle necessarie informazioni ed è tenuta a consultarle al fine di formulare la sua decisione. Fatto salvo l’articolo 6, paragrafo 4, essa pronuncia una decisione il più rapidamente possibile, e comunque entro quattro mesi dal deferimento della questione. Questo periodo può essere prorogato di due mesi in casi eccezionali e debitamente giustificati. Le decisioni dell’autorità di vigilanza indipendente sono vincolanti, fatto salvo un controllo parlamentare o giurisdizionale a seconda della procedura prevista nei diversi Stati membri. 8. L’autorità di vigilanza indipendente pubblica ogni anno una relazione sull’attività svolta. Articolo 12 Relazione e revisione 1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 15 marzo 2013 una relazione sull’applicazione della presente direttiva, che valuti i progressi compiuti verso il conseguimento del suo obiettivo, corredandola, se del caso, di opportune proposte per la sua revisione. 2. Gli Stati membri e la Commissione cooperano all’applicazione della presente direttiva, con particolare riferimento all’acquisizione di informazioni ai fini della relazione di cui al paragrafo 1. Articolo 13 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 15 marzo 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 14 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 15 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 11 marzo 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente A. VONDRA (1) GU C 10 del 15.1.2008, pag. 35. (2) GU C 305 del 15.12.2007, pag. 11. (3) Parere del Parlamento europeo del 15 gennaio 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 23 giugno 2008 (GU C 254 E del 7.10.2008, pag. 18) e posizione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 19 febbraio 2009. (4) GU L 341 del 7.12.2006, pag. 3. (5) GU L 272 del 25.10.1996, pag. 36. (6) GU L 204 del 26.7.2006, pag. 1.
Quadro comune dei diritti aeroportuali QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva mira a creare un sistema comune per la regolamentazione dei diritti aeroportuali* negli aeroporti dell’Unione europea (Unione). PUNTI CHIAVE ApplicazioneLe regole si applicano a tutti gli aeroporti:che si trovano in un territorio soggetto ai trattati dell’Unione e aperto al traffico commerciale il cui volume di traffico annuale supera la soglia di 5 milioni di movimenti passeggeri;e all’aeroporto con il maggior traffico passeggeri in ciascun paese dell’Unione. Non si applicano ai diritti:riscossi per la remunerazione di servizi di navigazione aerea di rotta* e navigazione terminale ai sensi del regolamento (UE) 2019/317;riscossi a compenso dei servizi di assistenza a terra di cui all’allegato della direttiva 96/67/CE (si veda la sintesi);riscossi per finanziare l’assistenza fornita alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta di cui al regolamento 1107/2006/CE (si veda la sintesi).Non discriminazione I diritti aeroportuali non devono creare discriminazioni tra gli utenti dell’aeroporto*. Tuttavia, i diritti possono essere modulati per motivi:di interesse pubblico e generale; di interesse ambientale.Rete aeroportuale Il gestore aeroportuale* di una rete aeroportuale può introdurre un sistema di tariffazione aeroportuale comune e trasparente da applicare all’intera rete. Sistemi di tariffazione comuni Il gestore aeroportuale deve essere autorizzato ad applicare un sistema di tariffazione comune e trasparente presso gli aeroporti che servono la stessa città o agglomerato urbano. Consultazione e ricorsiGli utenti dell’aeroporto o i rappresentanti o le associazioni degli utenti dell’aeroporto devono essere periodicamente consultati riguardo a:il funzionamento del sistema dei diritti aeroportuali;l’ammontare dei diritti aeroportuali e, se del caso,la qualità del servizio fornito. La consultazione deve avere luogo almeno una volta all’anno, salvo se:diversamente convenuto nell’ultima consultazione;diversamente stabilito da un accordo pluriennale tra il gestore aeroportuale e gli utenti dell’aeroporto;i paesi dell’Unione decidono di chiedere consultazioni più frequenti.Requisiti di trasparenzaGli utenti dell’aeroporto o i rappresentanti o le associazioni degli utenti dell’aeroporto devono ricevere informazioni sugli elementi di base per la determinazione del sistema o dell’ammontare di tutti i diritti riscossi. Tali informazioni comprendono:un elenco dei vari servizi e infrastrutture forniti a corrispettivo dei diritti aeroportuali riscossi;la metodologia utilizzata per il calcolo dei diritti aeroportuali;gli introiti dei vari diritti;qualsiasi finanziamento erogato da autorità pubbliche delle infrastrutture e dei servizi ai quali i diritti aeroportuali si riferiscono;le previsioni riguardanti la situazione dell’aeroporto per quanto attiene ai diritti. Prima di ogni consultazione gli utenti dell’aeroporto devono comunicare al gestore aeroportuale le seguenti informazioni:le previsioni del traffico e le previsioni relative all’utilizzo della loro flotta;i loro progetti di sviluppo e le loro esigenze nell’aeroporto in questione.Nuove infrastrutture Il gestore aeroportuale consulta gli utenti dell’aeroporto prima che siano finalizzati piani relativi a nuovi progetti di infrastruttura. Differenziazione dei servizi L’ammontare dei diritti aeroportuali può essere differenziato in funzione della qualità e dell’estensione dei servizi offerti dal gestore aeroportuale. Autorità di vigilanza indipendenteI paesi dell’Unione devono istituire un’autorità di vigilanza nazionale indipendente. Tale autorità è incaricata di assicurare la corretta applicazione delle misure adottate per conformarsi alla direttiva. Essa può delegare le attività ad altre autorità di vigilanza indipendenti. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 15 marzo 2009, con l’obbligo di essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro il 15 marzo 2011. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Diritti aeroportuali (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Diritti aeroportuali: i prelievi riscossi a favore del gestore aeroportuale e pagati dagli utenti dell’aeroporto per l’utilizzo delle infrastrutture e dei servizi che sono forniti esclusivamente dal gestore aeroportuale e che sono connessi all’atterraggio, al decollo, all’illuminazione e al parcheggio degli aeromobili e alle operazioni relative ai passeggeri e alle merci. Navigazione aerea di rotta: la parte del volo dalla fine della fase di decollo e di salita iniziale all’inizio della fase di avvicinamento e di atterraggio. Utente dell’aeroporto: qualsiasi persona fisica o giuridica che trasporti per via aerea passeggeri, posta e/o merci, da e per l’aeroporto considerato. Gestore aeroportuale: il soggetto al quale le disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali nazionali affidano, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e di gestire le infrastrutture aeroportuali o della rete aeroportuale e di coordinare e di controllare le attività dei vari operatori presenti negli aeroporti o nella rete aeroportuale interessati. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali (GU L 70 del 14.3.2009, pag. 11). DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento di esecuzione (UE) 2019/317 della Commissione, dell’11 febbraio 2019, che stabilisce un sistema di prestazioni e di tariffazione nel cielo unico europeo e abroga i regolamenti di esecuzione (UE) n. 390/2013 e (UE) n. 391/2013 (GU L 56 del 25.2.2019, pag. 1). Regolamento (CE) n. 1107/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 1). Direttiva 96/67/CE del Consiglio, del 15 ottobre 1996, relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità (GU L 272 del 25.10.1996, pag. 36). Si veda la versione consolidata.
10,466
408
32015D0799
false
DECISIONE (UE) 2015/799 DEL CONSIGLIO del 18 maggio 2015 che autorizza gli Stati membri ad aderire, nell'interesse dell'Unione europea, alla convenzione internazionale dell'Organizzazione marittima internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (Testo rilevante ai fini del SEE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 46, l'articolo 53, paragrafo 1, e l'articolo 62, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, lettera a), punto v), e l'articolo 218, paragrafo 8, primo comma, vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) La convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti e alla guardia («la convenzione») dell'Organizzazione marittima internazionale («IMO») è stata adottata il 7 luglio 1995 nel corso della conferenza internazionale convocata dall'IMO a Londra. (2) La convenzione è entrata in vigore il 29 settembre 2012. (3) La convenzione rappresenta un contributo significativo al settore della pesca a livello internazionale promuovendo la sicurezza delle persone e delle cose in mare, contribuendo pertanto anche alla tutela dell'ambiente marino. È pertanto auspicabile che le sue disposizioni siano attuate nel più breve tempo possibile. (4) La pesca in mare è una delle professioni più pericolose, per cui formazione e qualifiche adeguate sono uno strumento essenziale per ridurre il numero di incidenti. L'imbarco dell'equipaggio a bordo di pescherecci battenti bandiera degli Stati membri non dovrebbe in alcun caso pregiudicare la sicurezza marittima. (5) Nell'ambito degli accordi di partenariato con paesi terzi per una pesca sostenibile («accordi»), è importante che l'equipaggio a bordo dei pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro possieda qualifiche professionali adeguate, comprovate da certificati riconosciuti dallo Stato di bandiera, in modo da rendere possibili le assunzioni alle condizioni stabilite negli accordi. Nell'applicare la convenzione, gli Stati membri dovrebbero impegnarsi al massimo per evitare conflitti tra diritto internazionale e diritto dell'Unione, compresi possibili effetti negativi sulla conclusione e sull'attuazione degli accordi. I paesi terzi interessati dovrebbero inoltre essere incoraggiati ad aderire alla convenzione. (6) Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione promuovono la sicurezza in mare e la sicurezza sul luogo di lavoro, nonché il miglioramento delle qualifiche professionali dell'equipaggio a bordo dei pescherecci. L'Unione sostiene finanziariamente la formazione nel settore della pesca attraverso il Fondo europeo per la pesca e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. (7) La regola 7 del capo I dell'allegato della convenzione rientra nella competenza esclusiva dell'Unione per quanto concerne le norme dell'Unione sul riconoscimento delle qualifiche professionali possedute da talune categorie di equipaggi dei pescherecci e incide sulle norme del trattato e sul diritto derivato dell'Unione, in particolare sulla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2), nella misura in cui siano interessati cittadini dell'Unione che possiedono i pertinenti certificati rilasciati da uno Stato membro o da un paese terzo. (8) L'Unione non può aderire alla convenzione in quanto solo gli Stati possono aderirvi. (9) Alcuni Stati membri non hanno ancora aderito alla convenzione, mentre altri lo hanno già fatto. Si invitano gli Stati membri che abbiano pescherecci battenti la loro bandiera, nei cui porti approdino navi da pesca marittima che rientrano nell'ambito di applicazione della convenzione o in cui si trovino istituti di formazione per gli equipaggi dei pescherecci, ad aderire alla convenzione se ancora non lo hanno fatto. (10) Finché tutti gli Stati membri che hanno pescherecci battenti la loro bandiera, nei cui porti approdino navi da pesca marittima che rientrano nell'ambito di applicazione della convenzione o istituti di formazione per gli equipaggi dei pescherecci, non abbiano aderito alla convenzione, ciascuno Stato membro parte della convenzione dovrebbe applicare la flessibilità prevista nella convenzione stessa per garantire la compatibilità giuridica con il diritto dell'Unione, in particolare le disposizioni della regola 10 del capo I dell'allegato della convenzione relativa alle equivalenze, al fine di allineare l'applicazione della convenzione alla direttiva 2005/36/CE. (11) Nel riconoscere, conformemente alla direttiva 2005/36/CE, le qualifiche professionali dei lavoratori migranti provenienti da Stati membri che non sono parti della convenzione, ciascuno Stato membro parte della convenzione dovrebbe garantire che le qualifiche professionali dei lavoratori interessati siano state valutate e siano risultate conformi agli standard minimi stabiliti dalla convenzione. (12) A norma dell'articolo 2, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il Consiglio dovrebbe pertanto autorizzare gli Stati membri ad aderire alla convenzione, nell'interesse dell'Unione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Gli Stati membri sono autorizzati ad aderire alla convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia dell'Organizzazione marittima internazionale, adottata il 7 luglio 1995, per le parti di competenza dell'Unione. Nel riferire al segretario generale dell'IMO ai sensi dell'articolo 4 della convenzione, gli Stati membri, se del caso, facendo riferimento alla regola 10 del capo I dell'allegato della convenzione, forniscono informazioni sulle pertinenti disposizioni nazionali relative al riconoscimento dei certificati di competenza degli equipaggi a bordo dei pescherecci coperti dalla convenzione, tenendo conto degli obblighi derivanti dal pertinente diritto dell'Unione relativo al riconoscimento delle qualifiche. Articolo 2 Gli Stati membri che hanno pescherecci battenti la loro bandiera, nei cui porti approdano navi da pesca marittima che rientrano nell'ambito di applicazione della convenzione, o in cui si trovano istituti di formazione per gli equipaggi dei pescherecci, e che ancora non hanno aderito alla convenzione, si impegnano ad adottare le misure necessarie per depositare presso il segretario generale dell'IMO il loro strumento di adesione alla convenzione entro un termine ragionevole e, se possibile, entro il 23 maggio 2017. Entro il 23 maggio 2018 la Commissione presenta al Consiglio una relazione in cui esamina lo stato di avanzamento della procedura di adesione. Articolo 3 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 18 maggio 2015 Per il Consiglio Il presidente M. SEILE (1) Non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale. (2) Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22).
Rendere la pesca in mare una professione sicura SINTESI CHE COSA FA LA DECISIONE? Autorizza i paesi dell’Unione europea (UE) ad aderire alla convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia del 1995, entrata in vigore nel 2012. PUNTI CHIAVE La convenzione dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) stabilisce norme minime relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia. I paesi ammissibili dell’UE che ancora non hanno aderito alla convenzione dovrebbero farlo «entro un termine ragionevole», se possibile entro il 23 maggio 2017. — Solo i paesi dell’UE in cui vi sono flotte di pescherecci (di lunghezza generalmente superiore ai 24 metri), nei cui porti approdano questo tipo di imbarcazioni, o dove si trovano istituti di formazione per lavoratori marittimi sono vincolati da questo requisito. — La convenzione dà poteri all’IMO per controllare le azioni dei governi e i paesi dell’UE devono presentare informazioni relativamente alla loro ottemperanza, in particolare in relazione al riconoscimento dei certificati di competenza dei lavoratori marittimi. — Entro il 23 maggio 2018 la Commissione europea presenterà al Consiglio una relazione sui progressi che i paesi dell’Unione europea stanno compiendo verso l’adesione. — I paesi dell’UE dovrebbero fare il possibile per garantire la compatibilità tra la convenzione e la normativa dell’UE. — I paesi terzi dovrebbero essere incoraggiati ad aderire alla convenzione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è entrata in vigore il 26 maggio 2015. CONTESTO Poiché la pesca in mare è una delle professioni più pericolose, la formazione e le qualifiche adeguate sono essenziali per ridurre il numero di incidenti. La convenzione è stata la prima a stabilire i requisiti di base in materia di formazione, rilascio dei brevetti e guardia per gli equipaggi dei pescherecci a livello internazionale. In precedenza, le norme erano stabilite dai singoli governi, spesso senza alcun riferimento a pratiche di altri paesi, portando a un’ampia varietà di norme e procedure. La convenzione è attualmente in fase di revisione con l’obiettivo di modernizzare la regolamentazione, riflettendo l’attuale situazione del settore della pesca e promuovendo l’adesione di altri paesi. La revisione dovrebbe anche allineare la struttura della convenzione a quella della convenzione internazionale preesistente sulle norme relative alla formazione della gente di mare, al rilascio dei brevetti e alla guardia. — Istruzione e formazione dei marittimi ATTO Decisione (UE) 2015/799 del Consiglio, del 18 maggio 2015, che autorizza gli Stati membri ad aderire, nell’interesse dell’Unione europea, alla convenzione internazionale dell’Organizzazione marittima internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (GU L 127 del 22.5.2015, pagg. 20-21)
3,098
86
31998L0084
false
Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato Gazzetta ufficiale n. L 320 del 28/11/1998 pag. 0054 - 0057 DIRETTIVA 98/84/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 57, paragrafo 2, l'articolo 66 e l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3),(1) considerando che, in base al trattato, la Comunità è chiamata a porre le fondamenta di un'unione sempre più stretta fra i popoli europei e ad assicurare il progresso economico e sociale eliminando le barriere che dividono l'Europa;(2) considerando che la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione e dei servizi della società dell'informazione può contribuire, a livello individuale, alla piena attuazione della libertà di espressione in quanto diritto fondamentale e, a livello collettivo, al raggiungimento degli obiettivi definiti nel trattato;(3) considerando che il trattato prevede la libera circolazione di tutti i servizi normalmente forniti dietro retribuzione; che questo diritto, applicato ai servizi di radiodiffusione e ai servizi della società dell'informazione, costituisce inoltre una traduzione specifica nel diritto comunitario del più generale principio della libertà di espressione sancito dall'articolo 10 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; che questo articolo riconosce esplicitamente il diritto dei cittadini di ricevere o di comunicare informazioni senza tener conto delle frontiere e che eventuali restrizioni di tale diritto si giustificano solo se determinate da altri interessi giuridicamente riconosciuti degni di tutela;(4) considerando che la Commissione ha condotto ampie consultazioni basate sul Libro verde intitolato «La protezione giuridica dei servizi criptati nel mercato interno»; che il risultato di dette consultazioni ha confermato l'esigenza di uno strumento giuridico comunitario che tuteli tutti quei servizi la cui remunerazione è correlata ad un accesso condizionato;(5) considerando che il Parlamento europeo, nella risoluzione del 13 maggio 1997 sul Libro verde (4), ha invitato la Commissione a presentare una proposta di direttiva che includa tutti i servizi criptati nei quali la criptazione è impiegata per garantire il pagamento di un corrispettivo e ha convenuto che la direttiva dovrebbe estendersi anche ai servizi della società dell'informazione prestati a distanza, per via elettronica e su richiesta individuale di un destinatario di servizi, nonché ai servizi di radiodiffusione;(6) considerando che le opportunità dischiuse dalle tecnologie digitali potrebbero ampliare le possibilità di scelta dei consumatori e contribuire al pluralismo culturale grazie alla creazione di una gamma ancora più ampia di servizi ai sensi degli articoli 59 e 60 del trattato; che la redditività di questi servizi dipende spesso dal ricorso a tecniche di accesso condizionato al fine di garantire la remunerazione del prestatore del servizio; che risulta pertanto necessario, per assicurare la redditività di tali servizi, la protezione giuridica dei prestatori di servizi contro i dispositivi illeciti che consentono l'accesso senza pagamento del servizio;(7) considerando che l'importanza di questa tematica è stata riconosciuta dalla Commissione nella sua comunicazione «Un'iniziativa europea in materia di commercio elettronico»;(8) considerando che, secondo l'articolo 7 A del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci e dei servizi; che secondo l'articolo 128, paragrafo 4, del trattato la Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge ai sensi di altre disposizioni del trattato; che, in conformità dell'articolo 130, paragrafo 3, del trattato, la Comunità contribuisce alla realizzazione delle condizioni necessarie alla competitività della sua industria attraverso politiche ed azioni da essa attuate;(9) considerando che la presente direttiva fa salve eventuali disposizioni future a livello comunitario o nazionale intese a garantire che determinati servizi di radiodiffusione riconosciuti di pubblico interesse non si basino su un accesso condizionato;(10) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicati gli aspetti culturali di successive azioni comunitarie nel settore dei nuovi servizi;(11) considerando che le disparità esistenti fra le disposizioni nazionali in materia di tutela dei servizi ad accesso condizionato o dei servizi di accesso condizionato potrebbero ostacolare la libera circolazione di beni e servizi;(12) considerando che l'applicazione del trattato non è sufficiente ad eliminare questi ostacoli nel mercato interno; che essi andrebbero pertanto eliminati garantendo un livello di tutela equivalente in tutti gli Stati membri; che questo implica il ravvicinamento delle disposizioni nazionali relative alle attività commerciali che hanno per oggetto dispositivi illeciti;(13) considerando che appare necessario far sì che gli Stati membri forniscano un'adeguata tutela giuridica contro l'immissione sul mercato, ai fini di un profitto economico diretto o indiretto, di un dispositivo illecito che renda possibile o facile eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo lecito;(14) considerando che tra le attività commerciali relative a dispositivi illeciti si annoverano le comunicazioni commerciali che abbracciano tutte le forme di pubblicità, commercializzazione diretta, sponsorizzazioni, promozione delle vendite e pubbliche relazioni a promozione dei prodotti e servizi in questione;(15) considerando che queste attività commerciali sono dannose per i consumatori che sono indotti in errore circa l'origine del dispositivo illecito; che è necessario un alto livello di protezione del consumatore per combattere questo tipo di frode a suo danno; che l'articolo 129 A, paragrafo 1, del trattato prevede che la Comunità contribuisca al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori mediante misure adottate in applicazione dell'articolo 100 A;(16) considerando che il contesto giuridico per la creazione di uno spazio audiovisivo unico istituito dalla direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (5), dovrebbe pertanto essere integrato estendendolo anche alle tecniche di accesso condizionato secondo quanto stabilito dalla presente direttiva, anche al fine di garantire parità di trattamento ai fornitori di trasmissioni transfrontaliere, indipendentemente dal luogo di stabilimento;(17) considerando che, in base alla risoluzione del Consiglio del 29 giugno 1995 sull'applicazione uniforme ed efficace del diritto comunitario e sulle sanzioni applicabili alle violazioni di tale diritto nel campo del mercato interno (6), gli Stati membri devono adottare misure che conducano ad un'applicazione del diritto comunitario altrettanto efficace e rigorosa di quella della legislazione nazionale;(18) considerando che, in virtù dell'articolo 5 del trattato, gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'attuazione e l'efficacia della legislazione comunitaria, in particolare prevedendo sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate e mezzi di tutela adeguati;(19) considerando che il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri non dovrebbero andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del mercato interno, conformemente al principio di proporzionalità sancito all'articolo 3 B, terzo comma, del trattato;(20) considerando che la distribuzione di dispositivi illeciti comprende il trasferimento con qualsiasi mezzo e l'immissione sul mercato di tali dispositivi per farli circolare all'interno della Comunità o fuori di essa;(21) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che vietano il possesso a fini privati di dispositivi illeciti, l'applicazione delle regole comunitarie sulla concorrenza e l'applicazione delle norme comunitarie in materia di diritti di proprietà intellettuale;(22) considerando che il diritto interno in materia di sanzioni e mezzi di tutela previsti per contrastare le attività commerciali illecite può richiedere che tali attività siano svolte con la consapevolezza, o in presenza di fondati motivi per cui essere consapevoli, che i dispositivi in questione sono illeciti;(23) considerando che le sanzioni e i mezzi di tutela previsti dalla presente direttiva lasciano impregiudicate le altre sanzioni o gli altri mezzi di tutela eventualmente previsti dal diritto interno, quali le misure preventive in generale o il sequestro dei dispositivi illeciti; che gli Stati membri non sono tenuti a prevedere sanzioni penali per le attività illecite di cui alla presente direttiva; che le disposizioni degli Stati membri in materia di azioni per risarcimento danni devono essere conformi ai rispettivi sistemi legislativi e giudiziari nazionali;(24) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che non rientrano nel settore coordinato dalla presente direttiva, come quelle concernenti la tutela dei minori comprese quelle adottate in conformità della direttiva 89/552/CEE, ovvero disposizioni nazionali inerenti all'ordine e alla sicurezza pubblici,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Campo di applicazione L'oggetto della presente direttiva è il ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri riguardanti misure contro i dispositivi illeciti che forniscono l'accesso non autorizzato a servizi protetti.Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per:a) servizio protetto, uno dei servizi seguenti laddove sia fornito a pagamento e mediante un sistema di accesso condizionato:- trasmissioni televisive, ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva 89/552/CEE;- trasmissioni radiofoniche, cioè la trasmissione via cavo o via etere, anche via satellite, di programmi radiofonici destinati al pubblico;- servizi della società dell'informazione, ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (7);o la prestazione di un accesso condizionato ai servizi suesposti, considerato servizio in quanto tale;b) accesso condizionato, misure e/o sistemi tecnici in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva autorizzazione individuale;c) dispositivo per l'accesso condizionato, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l'accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;d) servizio connesso, l'installazione, la manutenzione o la sostituzione di dispositivi di accesso condizionato, nonché la prestazione di servizi di comunicazione commerciale relativi a detti dispositivi o a servizi protetti;e) dispositivo illecito, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l'autorizzazione del prestatore del servizio;f) settore coordinato dalla presente direttiva, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all'articolo 4.Articolo 3 Principi relativi al mercato interno 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all'articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all'articolo 5.2. Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:a) limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppureb) limitare la libera circolazione dei dispositivi per l'accesso condizionato,per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 4 Attività illecite Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:a) la fabbricazione, l'importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;b) l'installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;c) l'impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti.Articolo 5 Sanzioni e mezzi di tutela 1. Le sanzioni sono efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell'attività illecita.2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per provvedere a che i prestatori di servizi protetti i cui interessi vengano pregiudicati da un'attività illecita, quale specificata all'articolo 4, svolta sul loro territorio abbiano accesso a mezzi di tutela adeguati, compresa la possibilità di promuovere un'azione per il risarcimento del danno e ottenere un'ingiunzione o altro provvedimento cautelare e, ove opportuno, chiedere che i dispositivi illeciti siano eliminati dai circuiti commerciali.Articolo 6 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 28 maggio 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 7 Relazioni Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni due anni la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva corredata di eventuali proposte in particolare per quanto riguarda le definizioni dell'articolo 2, per il suo adeguamento agli sviluppi tecnici ed economici e alle consultazioni tenute dalla Commissione.Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 novembre 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteE. HOSTASCH(1) GU C 314 del 16. 10. 1997, pag. 7 eGU C 203 del 30. 6. 1998, pag. 12.(2) GU C 129 del 27. 4. 1998, pag. 16.(3) Parere del Parlamento europeo del 30 aprile 1998 (GU C 152 del 18. 5. 1998, pag. 59), posizione comune del Consiglio del 29 giugno 1998 (GU C 262 del 19. 8. 1998, pag. 34), e decisione del Parlamento europeo dell'8 ottobre 1998 (GU C 328 del 26. 10. 1998). Decisione del Consiglio del 9 novembre 1998.(4) GU C 167 del 2. 6. 1997, pag. 31.(5) GU L 298 del 17. 10. 1989, pag. 23. Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 202 del 30. 7. 1997, pag. 60).(6) GU C 188 del 22. 7. 1995, pag. 1.(7) GU L 204 del 21. 7. 1998, pag. 37. Direttiva modificata dalla direttiva 98/48/CE (GU L 217 del 5. 8. 1998, pag. 18).
Tutela dei servizi elettronici a pagamento dalla pirateria SINTESI COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? — L'obiettivo della presente direttiva è la tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato (ossia l'accesso in cambio di un'iscrizione); — Cerca di proteggere i servizi elettronici a pagamento contro la pirateria; — Vieta a tutte le attività commerciali che coinvolgono la produzione, distribuzione o commercializzazione di smart card (schede di plastica con microprocessori o microchip integrati) e altri dispositivi che rendono possibile aggirare l'accesso protetto a televisione, radio e servizi internet a pagamento. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva riguarda tutti i servizi forniti mediante un sistema di accesso condizionato, quali ad esempio servizi televisivi e radiofonici a pagamento, contenuti video e audio on demand, editoria elettronica e un’ampia gamma di servizi online offerti al pubblico su abbonamento o in modalità pay-per-view. Attività illecite Ciascun paese dell’UE deve farsi carico dell’introduzione di leggi finalizzate a proibire: — la produzione, l’importazione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di apparecchiature o programmi illeciti e in grado di consentire l’accesso non autorizzato a servizi protetti; — l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti; — l’impiego di comunicazioni pubblicitarie inteso a promuovere apparecchiature o programmi illeciti. Sanzioni e mezzi di tutela Ciascun paese dell’UE deve promulgare misure volte a: — introdurre sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell’attività illecita; — fare sì che i prestatori di servizi i cui interessi vengano danneggiati da un’attività illecita possano rivolgersi a un tribunale per ottenere il risarcimento del danno e un’ingiunzione nonché, laddove appropriato, richiedere la confisca dei dispositivi illeciti. Principi relativi al mercato interno I paesi dell’UE non possono limitare: — la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro paese dell’UE; — la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato, fatta eccezione per i dispositivi considerati illeciti ai sensi della direttiva (qualsiasi apparecchiatura o programma concepito o adattato al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto senza l’autorizzazione del prestatore del servizio). Convenzione del Consiglio d’Europa Nel 2015, il Consiglio dell'Unione europea ha approvato, per conto dell'UE, la convenzione del Consiglio d’Europa sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato entrata in vigore il 1o luglio 2003. La sottoscrizione effettuata dall’UE potrebbe incoraggiare altri membri del Consiglio d’Europa a ratificare la convenzione. Ciò estenderebbe l’applicazione di disposizioni simili a quelle della direttiva 98/84/CE al di là delle frontiere dell’UE, contribuendo così a istituire un diritto dei servizi ad accesso condizionato applicabile in tutto il continente europeo. CONTESTO Tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato ATTO Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (GU L 320 del 28.11.1998, pag. 54-57) ATTI COLLEGATI Decisione 2014/243/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 61) Decisione (UE) 2015/1293 del Consiglio, del 20 luglio 2015, sulla conclusione, per conto dell'Unione europea, della Convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 199 del 29.7.2015, pag. 3-5) Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Seconda relazione sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2008) 593 def. del 30 settembre 2008) La tutela giuridica dei servizi elettronici a pagamento - Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2003) 198 def. del 24 aprile 2003)
6,387
1,014
32019R0517
false
REGOLAMENTO (UE) 2019/517 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 19 marzo 2019 relativo alla messa in opera e al funzionamento del nome di dominio di primo livello .eu, che modifica e abroga il regolamento (CE) n. 733/2002 e abroga il regolamento (CE) n. 874/2004 della Commissione (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 172, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il dominio di primo livello (Top Level Domain – TLD) .eu è stato istituito dal regolamento (CE) n. 733/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) e dal regolamento (CE) n. 874/2004 della Commissione (4). Dall'adozione di tali regolamenti, il contesto politico e legislativo dell'Unione e l'ambiente e il mercato online sono notevolmente cambiati. (2) La rapida evoluzione del mercato TLD e il panorama digitale dinamico necessitano di un ambiente normativo flessibile e adeguato alle esigenze future. Il TLD .eu è uno dei principali TDL geografici (country code TLD – ccTLD). Il TLD .eu è utilizzato dalle istituzioni, agenzie e organismi dell'Unione, anche per progetti e iniziative europei. Lo scopo del dominio TLD .eu è di contribuire, attraverso la buona gestione, a rafforzare l'identità dell'Unione e promuovere i valori dell'Unione online, quali il multilinguismo, il rispetto della riservatezza e della sicurezza degli utenti e il rispetto dei diritti umani nonché specifiche priorità online. (3) I TLD sono una componente essenziale della struttura gerarchica del sistema dei nomi di dominio (domain name system – DNS), che garantisce un sistema interoperabile di identificatori unici, disponibile in tutto il mondo, per qualsiasi applicazione e su qualsiasi rete. (4) Il TLD .eu dovrebbe promuovere l'uso delle reti Internet e l'accesso alle stesse, in conformità degli articoli 170 e 171 TFUE, predisponendo una registrazione complementare ai ccTLD esistenti e la registrazione globale dei TLD generici. (5) Il TLD .eu, che è un marchio chiaramente e facilmente riconoscibile, dovrebbe offrire un nesso chiaramente identificabile con l'Unione e con il mercato europeo. Dovrebbe inoltre consentire alle imprese, alle organizzazioni e alle persone fisiche dell'Unione di registrare un nome di dominio sotto il TLD .eu. L'esistenza di tale nome di dominio è importante per rafforzare l'identità dell'Unione online. Il regolamento (CE) n. 733/2002 dovrebbe pertanto essere modificato al fine di consentire ai cittadini dell'Unione di registrare un nome TLD .eu, a prescindere dal loro luogo di residenza, a decorrere dal 19 ottobre 2019. (6) I nomi di dominio nel TLD .eu dovrebbero essere assegnati, in funzione della disponibilità, ai soggetti idonei. (7) La Commissione dovrebbe promuovere la cooperazione tra il registro, l'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (European Union Intellectual Property Office – EUIPO) e altre agenzie dell'Unione, al fine di contrastare le registrazioni speculative e abusive dei nomi di dominio, incluso il cybersquatting, e fornire procedure amministrative semplici, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI). (8) Per garantire una migliore protezione dei diritti delle parti che stipulano un contratto rispettivamente con il registro o con il registrar, le controversie relative ai nomi di dominio nel TLD .eu dovrebbero essere risolte da organismi con sede nell'Unione applicando il diritto nazionale pertinente, fatti salvi i diritti e obblighi riconosciuti dagli Stati membri o dall'Unione derivanti da strumenti internazionali. (9) La Commissione dovrebbe, sulla base di una procedura di selezione aperta, trasparente e non discriminatoria, avendo riguardo all'efficienza sotto il profilo dei costi e della semplicità amministrativa, designare un registro per il TLD .eu. Al fine di sostenere il mercato unico digitale, costruire un'identità europea online e promuovere le attività online transfrontaliere, alla Commissione dovrebbe essere delegato il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE riguardo ai criteri di ammissibilità e selezione e alla procedura per la designazione del registro. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016 (5). In particolare, al fine di garantire parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri, e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati. (10) Al fine di garantire condizioni uniformi per l'attuazione del presente regolamento, è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione per adottare gli elenchi di nomi di dominio riservati e bloccati dagli Stati membri, stabilire i principi da includere nel contratto tra la Commissione e il registro e designare il registro per motivi imperativi di urgenza debitamente giustificati, in particolare per garantire la continuità del servizio. È altresì opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Tali elenchi dovrebbero essere compilati in funzione della disponibilità dei nomi di dominio tenendo conto dei nomi di dominio di secondo livello già riservati o registrati dagli Stati membri. (11) È opportuno che la Commissione stipuli con il registro designato un contratto che dovrebbe comprendere i principi e le procedure dettagliati applicabili al registro per l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del TLD .eu. Il contratto dovrebbe avere durata determinata ed essere rinnovabile una volta senza che sia necessario organizzare una nuova procedura di selezione. (12) I principi e le procedure relativi al funzionamento del TLD .eu dovrebbero essere allegati al contratto concluso tra la Commissione e il registro designato. (13) Il presente regolamento non pregiudica l'applicazione delle norme in materia di concorrenza di cui agli articoli 101 e 102 TFUE. (14) Il registro dovrebbe rispettare i principi di non discriminazione e di trasparenza e dovrebbe attuare misure volte a salvaguardare la concorrenza leale, previa autorizzazione della Commissione, in particolare qualora il registro fornisca servizi a imprese con cui è in concorrenza sui mercati a valle. (15) L'Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) è attualmente responsabile del coordinamento della delega dei codici che rappresentano i ccTLD presso i registri. Il registro dovrebbe stipulare un apposito contratto con l'ICANN che fornisca la delega dei codici per il ccTLD .eu tenendo conto dei principi pertinenti adottati dal Comitato consultivo governativo (Governmental Advisory Committee – GAC). (16) Il registro dovrebbe stipulare un appropriato contratto di deposito fiduciario (escrow agreement) per garantire la continuità del servizio e in particolare per garantire che, nel caso di variazione della delega o di altre circostanze impreviste, sia possibile continuare a fornire servizi alla comunità Internet locale senza gravi perturbazioni. Il registro dovrebbe inviare quotidianamente all'agente depositario una copia elettronica aggiornata del contenuto della banca dati del TLD .eu. (17) Le procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie (Alternative Dispute Resolution – ADR) da adottare dovrebbero essere conformi con la direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (7) e tenere conto delle migliori pratiche internazionali del settore e, in particolare, delle pertinenti raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale per evitare, nei limiti del possibile, registrazioni speculative e abusive. Le procedure ADR dovrebbero rispettare norme procedurali uniformi, in linea con quelle fissate nella «politica uniforme per la risoluzione delle controversie relative ai nomi di dominio dell'ICANN». (18) La politica in materia di registrazione abusiva dei nomi di dominio .eu dovrebbe prevedere la verifica da parte del registro dei dati ad esso pervenuti, in particolare riguardanti l'identità dei registranti, così come la revoca o il blocco di future registrazioni di nomi di dominio considerati diffamatori, razzisti o altrimenti in contrasto con il diritto di uno Stato membro dal tribunale di uno Stato membro mediante decisione definitiva. Il registro dovrebbe prestare la massima cura nel garantire la correttezza dei dati che riceve e mantiene. La procedura di revoca dovrebbe offrire al titolare di un nome di dominio una ragionevole possibilità di porre rimedio a eventuali violazioni dei criteri di ammissibilità, requisiti di registrazione o debiti insoluti prima che la revoca entri in vigore. (19) Un nome di dominio che sia identico o presenti analogie tali da poter essere confuso con un nome oggetto di un diritto stabilito dal diritto dell'Unione o nazionale e che sia stato registrato senza diritti o senza un interesse legittimo nel nome dovrebbe, in linea di principio, essere revocato e, se necessario, trasferito al titolare legittimo. Qualora risulti che tale nome di dominio sia stato utilizzato in malafede, dovrebbe sempre essere revocato. (20) Il registro dovrebbe adottare politiche chiare intese a garantire l'identificazione tempestiva di registrazioni abusive di nomi di dominio e, se necessario, cooperare con le autorità competenti e altri organismi pubblici nel settore della cibersicurezza e della sicurezza dell'informazione che si occupano in modo specifico di contrastare tali registrazioni, quali le squadre nazionali di pronto intervento informatico (computer emergency response teams– CERT). (21) Il registro dovrebbe sostenere le autorità incaricate dell'applicazione della legge nella lotta alla criminalità, attuando misure tecniche e organizzative volte a consentire alle autorità competenti di accedere ai dati nel registro ai fini della prevenzione, dell'accertamento, dell'indagine e del perseguimento di reati, come stabilito dal diritto dell'Unione o nazionale. (22) Il presente regolamento dovrebbe essere attuato in conformità ai principi relativi alla riservatezza e alla protezione dei dati personali. Il registro dovrebbe inoltre rispettare i pertinenti principi, orientamenti e norme dell'Unione sulla protezione dei dati, e in particolare i pertinenti requisiti di sicurezza e i principi di necessità, proporzionalità, limitazione delle finalità e proporzionalità del periodo di conservazione dei dati. Inoltre tutti i sistemi di elaborazione dei dati e tutte le banche dati sviluppati e oggetto di manutenzione dovrebbero integrare sistemi di protezione dei dati personali fin dalla progettazione e per impostazione predefinita. (23) Per garantire un'efficace supervisione periodica, il registro dovrebbe essere sottoposto a una verifica a sue spese almeno ogni due anni da parte di un organismo indipendente, al fine di confermare, mediante una relazione di valutazione della conformità, che sia conforme ai requisiti di cui al presente regolamento. Il registro dovrebbe presentare la relazione alla Commissione, conformemente al contratto con la Commissione. (24) Il contratto tra la Commissione e il registro dovrebbe prevedere procedure per migliorare l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del TLD .eu da parte del registro, in linea con le istruzioni della Commissione derivanti dalle attività di sorveglianza della Commissione stabilite dal presente regolamento. (25) Nelle conclusioni del 27 novembre 2014 sulla governance di Internet, il Consiglio ha ribadito l'impegno dell'Unione a promuovere strutture di governance multipartecipativa basate su una serie coerente di principi globali di governance di Internet. Una governance di Internet inclusiva si riferisce allo sviluppo e all'applicazione di principi, norme, regole, procedure decisionali e programmi condivisi che modellino l'evoluzione e l'uso di Internet da parte dei governi, del settore privato, della società civile, delle organizzazioni internazionali e della comunità tecnica, i quali agiscono nei loro rispettivi ruoli. (26) È opportuno istituire un gruppo consultivo multipartecipativo .eu che svolga un ruolo di consulenza per la Commissione al fine di rafforzare e ampliare il contributo per una buona governance del registro. Il gruppo dovrebbero riflettere il modello multipartecipativo sulla governance di Internet e i suoi membri, tranne quelli provenienti dalle autorità degli Stati membri e dalle organizzazioni internazionali, dovrebbero essere nominati dalla Commissione in base a una procedura aperta, non discriminatoria e trasparente. Il rappresentante proveniente dalle autorità degli Stati membri dovrebbe essere nominato in base a un sistema di rotazione che garantisca sufficiente continuità nella partecipazione al gruppo. (27) La Commissione dovrebbe effettuare una valutazione dell'efficacia e del funzionamento del TLD .eu. Tale valutazione dovrebbe tenere conto delle pratiche di lavoro del registro designato e della pertinenza dei compiti del registro. La Commissione dovrebbe inoltre presentare al Parlamento europeo e al Consiglio relazioni periodiche di valutazione in merito al funzionamento del nome TLD .eu. (28) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta»), quali sanciti dai trattati, in particolare la protezione dei dati personali, la libertà di espressione e informazione e la protezione dei consumatori. Si dovrebbero osservare procedure adeguate dell'Unione nel garantire che le disposizioni del diritto nazionale che riguardano il presente regolamento siano conformi al diritto dell'Unione e, in particolare, alla Carta. Il registro dovrebbe chiedere orientamenti alla Commissione in caso di dubbi per quanto riguarda la conformità con il diritto dell'Unione. (29) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire la messa in opera di un TLD paneuropeo in aggiunta ai ccTLD nazionali, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell'azione in questione, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (30) Al fine di limitare eventuali rischi di perturbazione dei servizi del TLD .eu durante l'applicazione del nuovo quadro normativo, nel presente regolamento sono previste disposizioni transitorie. (31) È pertanto opportuno modificare e abrogare il regolamento (CE) n. 733/2002 e abrogare il regolamento (CE) n. 874/2004, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto e obiettivi 1. Il presente regolamento provvede alla messa in opera del dominio di primo livello geografico («ccTLD»). eu e delle sue varianti disponibili in altri caratteri, al fine di sostenere il mercato unico digitale, costruire un'identità dell'Unione online e promuovere le attività online transfrontaliere. Stabilisce altresì le condizioni per tale messa in opera, compresa la designazione e le caratteristiche del registro. Il presente regolamento stabilisce inoltre il quadro giuridico e di politica generale entro il quale deve operare il registro designato. 2. Il presente regolamento si applica fatte salve le disposizioni adottate negli Stati membri per quanto concerne i ccTLD nazionali. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: 1) «registro»: l'entità alla quale sono affidate l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del TLD .eu, compresa la manutenzione delle corrispondenti banche dati e dei servizi di interrogazione pubblici (public query services) ad essi associati, la registrazione dei nomi di dominio, il funzionamento del registro dei nomi di dominio, il funzionamento dei server dei nomi di TLD del registro e la distribuzione dei file di zona TLD tra i server dei nomi; 2) «registrar»: una persona fisica o giuridica che, sulla base di un contratto con il registro, presta servizi di registrazione del nome di dominio ai registranti; 3) «protocolli dei nomi di dominio internazionalizzati»: norme e protocolli a sostegno dell'uso di nomi di dominio scritti in caratteri non ASCII (American Standard Code for Information Interchange); 4) «banca dati WHOIS»: la raccolta di dati contenente informazioni relative agli aspetti tecnici e amministrativi delle registrazioni del TLD .eu; 5) «principi e procedure relativi al funzionamento del TLD .eu»: regole dettagliate riguardanti il funzionamento e la gestione del TLD .eu; 6) «registrazione»: una serie di azioni e fasi procedurali, dall'avvio al completamento, compiute dai registrar e dal registro su richiesta di una persona fisica o giuridica al fine di effettuare la registrazione di un nome di dominio per una durata specificata. CAPO II MESSA IN OPERA DEL TLD .eu SEZIONE 1 Principi generali Articolo 3 Criteri di ammissibilità La registrazione di uno o più nomi di dominio sotto il TLD .eu può essere richiesta da uno qualsiasi dei seguenti soggetti: a) un cittadino dell'Unione, indipendentemente dal suo luogo di residenza; b) una persona fisica residente in uno Stato membro che non sia cittadino dell'Unione; c) un'impresa stabilita nell'Unione; e d) un'organizzazione stabilita nell'Unione, fatta salva l'applicazione del diritto nazionale. Articolo 4 Registrazione e revoca dei nomi di dominio 1. Un nome di dominio è assegnato al soggetto idoneo la cui richiesta sia stata ricevuta per prima dal registro in modo tecnicamente corretto, come stabilito dalle procedure per le richieste di registrazione in base all'articolo 11, lettera b). 2. Un nome di dominio registrato non può essere oggetto di una nuova registrazione fino alla scadenza con mancato rinnovo della registrazione oppure fino alla sua revoca. 3. Il registro può revocare un nome di dominio di propria iniziativa, senza ricorrere ad un'ADR o a una procedura giudiziaria, per i seguenti motivi: a) esistenza di debiti insoluti nei confronti del registro; b) mancato rispetto, da parte del titolare del nome di dominio, dei criteri di ammissibilità a norma dell'articolo 3; c) mancato rispetto, da parte del titolare del nome di dominio, dei requisiti di registrazione stabiliti in base all'articolo 11, lettere b) e c). 4. Un nome di dominio può anche essere revocato e, ove necessario, trasferito successivamente ad un'altra parte, a seguito di un'opportuna ADR o di una procedura giudiziaria, in conformità dei principi e delle procedure sul funzionamento del TLD .eu previsti all'articolo 11, qualora tale nome sia identico o presenti analogie tali da poter essere confuso con un nome oggetto di un diritto stabilito dal diritto dell'Unione o nazionale e qualora: a) sia stato registrato da un titolare che non possa far valere un diritto o un interesse legittimo sul nome; o b) sia stato registrato o sia usato in malafede. 5. Qualora con decisione del tribunale di uno Stato membro un nome di dominio sia considerato diffamatorio, razzista o contrario all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza a norma del diritto dell'Unione, o del diritto nazionale conforme al diritto dell'Unione, il registro blocca tale nome di dominio al momento della notifica della decisione del tribunale e tale nome di dominio è revocato al momento della notifica della decisione definitiva del tribunale. Il registro blocca qualsiasi futura registrazione dei nomi di dominio oggetto di tale provvedimento del tribunale per l'intero periodo di validità della stessa. 6. I nomi di dominio registrati nel dominio TLD .eu possono essere trasferiti esclusivamente a soggetti idonei per la registrazione di nomi di dominio TLD .eu. Articolo 5 Lingue, diritto applicabile e giurisdizione competente 1. La registrazione dei nomi di dominio è effettuata utilizzando tutti i caratteri delle lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione, in conformità delle norme internazionali disponibili, come consentito dai pertinenti protocolli dei nomi di dominio internazionalizzati. 2. Fatti salvi il regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) o i diritti e gli obblighi riconosciuti dagli Stati membri o dall'Unione derivanti da strumenti internazionali, né i contratti tra il registro e i registrar né i contratti tra i registrar e i registranti dei nomi di dominio designano, come diritto applicabile, un diritto diverso da quello di uno degli Stati membri, né designano, come organismo di risoluzione delle controversie, un tribunale, una corte arbitrale o un altro organismo con sede al di fuori dell'Unione. Articolo 6 Riserva dei nomi di dominio 1. Il registro può riservare o registrare un certo numero di nomi di dominio considerati necessari per le sue funzioni operative, in conformità del contratto di cui all'articolo 8, paragrafo 4. 2. La Commissione può chiedere al registro di riservare o registrare un nome di dominio direttamente sotto il TLD .eu per l'uso da parte di istituzioni e organi dell'Unione. 3. Gli Stati membri, fatti salvi i nomi di dominio già riservati o registrati, possono notificare alla Commissione un elenco di nomi di dominio che: a) in base al diritto nazionale non possono essere registrati; o b) possono essere registrati o riservati solo al secondo livello dagli Stati membri. In relazione al primo comma, lettera b), tali nomi di dominio sono limitati a termini relativi a concetti geografici o geopolitici generalmente riconosciuti che interessano l'organizzazione politica o territoriale degli Stati membri. 4. La Commissione adotta gli elenchi notificati dagli Stati membri mediante atti di esecuzione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 17, paragrafo 2. Articolo 7 Registrar 1. Il registro accredita i registrar secondo procedure di accreditamento ragionevoli, trasparenti e non discriminatorie, preventivamente approvate dalla Commissione. Il registro mette le procedure di accreditamento a disposizione del pubblico in un formato facilmente accessibile. 2. Il registro applica condizioni equivalenti in circostanze equivalenti in relazione ai registrar .eu accreditati che prestano servizi equivalenti. Il registro fornisce ai registrar informazioni e servizi alle stesse condizioni e della stessa qualità di quelli forniti per i propri servizi equivalenti. SEZIONE 2 Registro Articolo 8 Designazione del registro 1. La Commissione adotta atti delegati conformemente all'articolo 18 al fine di integrare il presente regolamento stabilendo i criteri di ammissibilità e di selezione e la procedura per la designazione del registro. 2. La Commissione stabilisce i principi da includere nel contratto tra la Commissione e il registro, mediante atti di esecuzione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 17, paragrafo 2. 3. La Commissione designa un soggetto come registro a seguito del completamento della procedura di cui ai paragrafi 1 e 2. 4. La Commissione stipula un contratto con il registro designato. Tale contratto specifica le regole, le politiche e le procedure per la prestazione dei servizi da parte del registro e le condizioni secondo cui la Commissione è tenuta a supervisionare l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del TLD .eu da parte del registro. Il contratto è limitato nel tempo ed è rinnovabile una volta senza che sia necessario organizzare una nuova procedura di selezione. Il contratto riflette gli obblighi del registro e include i principi e le procedure relativi al funzionamento del TLD .eu stabiliti in base agli articoli 10 e 11. 5. In deroga ai paragrafi 1, 2 e 3, se esistono motivi imperativi di urgenza la Commissione può designare il registro mediante atti di esecuzione applicabili immediatamente, in conformità alla procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3. Articolo 9 Caratteristiche del registro 1. Il registro è un'organizzazione senza scopo di lucro. Ha la propria sede legale, amministrazione centrale e sede di affari principale nel territorio dell'Unione. 2. Il registro può imporre il pagamento di diritti. Tali diritti sono direttamente connessi ai costi sostenuti. Articolo 10 Obblighi del registro Il registro è tenuto a: a) promuovere il TLD .eu in tutta l'Unione e nei paesi terzi; b) rispettare le regole, le politiche e le procedure stabilite nel presente regolamento e il contratto di cui all'articolo 8, paragrafo 4, e in particolare il diritto dell'Unione in materia di protezione dei dati; c) organizzare, amministrare e gestire il TLD .eu secondo criteri di interesse pubblico generale e garantire in tutti gli aspetti dell'amministrazione e della gestione del TLD .eu qualità elevata, trasparenza, sicurezza, stabilità, prevedibilità, affidabilità, accessibilità, efficienza, non discriminazione, condizioni di concorrenza leale e tutela dei consumatori; d) stipulare un apposito contratto che preveda la delega del codice del TLD .eu, previo accordo della Commissione; e) eseguire la registrazione dei nomi di dominio nel TLD .eu qualora richiesto da qualsiasi soggetto idoneo di cui all'articolo 3; f) garantire, lasciando impregiudicate le possibili vie di ricorso giurisdizionale e fatte salve le opportune garanzie procedurali per i soggetti interessati, che i registrar e i registranti possano risolvere qualsiasi controversia contrattuale con il registro mediante l'ADR; g) garantire la disponibilità e l'integrità delle banche dati dei nomi di dominio; h) stipulare, a proprie spese e con l'accordo della Commissione, un contratto con un amministratore fiduciario o un altro agente depositario di accertata reputazione con sede nel territorio dell'Unione che designa la Commissione quale beneficiaria del contratto di deposito e inviare quotidianamente al rispettivo amministratore fiduciario o agente depositario una copia elettronica aggiornata del contenuto della banca dati del TLD .eu; i) redigere gli elenchi di cui all'articolo 6, paragrafo 3; j) promuovere gli obiettivi dell'Unione in materia di governance di Internet, tra l'altro partecipando a consessi internazionali; k) pubblicare in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione i principi e le procedure relativi al funzionamento del TLD .eu stabiliti in base all'articolo 11; l) sottoporsi a proprie spese a una verifica da parte di un organismo indipendente almeno ogni due anni, al fine di certificare la conformità al presente regolamento, e inviare i risultati di tali verifiche alla Commissione; m) partecipare, su richiesta della Commissione, ai lavori del Gruppo consultivo multipartecipativo .eu e cooperare con la Commissione per migliorare il funzionamento e la gestione del TLD .eu. Articolo 11 Principi e procedure relativi al funzionamento del TLD .eu Il contratto stipulato tra la Commissione e il registro designato in conformità dell'articolo 8, paragrafo 4, contiene i principi e le procedure riguardanti il funzionamento del TLD .eu, in conformità del presente regolamento, compresi i seguenti elementi: a) una politica di ADR; b) i requisiti e le procedure per le richieste di registrazione, la politica in materia di verifica dei criteri di registrazione, la politica in materia di verifica dei dati dei registranti e la politica in materia di registrazioni speculative dei nomi di dominio; c) la politica in materia di registrazione abusiva dei nomi di dominio e la politica per l'identificazione tempestiva dei nomi di dominio registrati e utilizzati in malafede di cui all'articolo 4; d) la politica in materia di revoca dei nomi di dominio; e) il trattamento dei diritti di proprietà intellettuale; f) le misure volte a consentire alle autorità competenti di accedere ai dati nel registro ai fini della prevenzione, dell'accertamento, dell'indagine e del perseguimento di reati, come stabilito dal diritto dell'Unione o dal diritto nazionale conforme al diritto dell'Unione, secondo un sistema adeguato di «pesi e contrappesi»; g) le procedure dettagliate per la modifica del contratto. Articolo 12 Banca dati WHOIS 1. Il registro istituisce e gestisce, con dovuta diligenza, un servizio di banca dati WHOIS al fine di assicurare la sicurezza, la stabilità e la resilienza del TLD .eu fornendo informazioni di registrazione precise e aggiornate circa i nomi di dominio sotto il TLD .eu. 2. La banca dati WHOIS contiene informazioni pertinenti circa i punti di contatto che amministrano i nomi di dominio sotto il TLD .eu e i titolari dei nomi di dominio. Le informazioni sulla banca dati WHOIS non sono eccessive rispetto alla finalità della banca dati. Il registro deve essere conforme al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (9). SEZIONE 3 Sorveglianza del registro Articolo 13 Supervisione 1. La Commissione monitora e supervisiona l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del TLD .eu da parte del registro. 2. La Commissione accerta la solidità della gestione finanziaria del registro e il rispetto del presente regolamento e dei principi e delle procedure relative al funzionamento del TLD .eu di cui all'articolo 11. La Commissione può richiedere al registro informazioni a tal fine. 3. Conformemente alle sue attività di supervisione, la Commissione può trasmettere al registro istruzioni specifiche volte a correggere o migliorare l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del TLD .eu. 4. La Commissione può, se del caso, consultare il Gruppo consultivo multipartecipativo .eu e altri pertinenti portatori di interessi e può richiedere la consulenza di esperti in merito ai risultati delle attività di supervisione di cui al presente articolo e alle modalità per migliorare l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del TLD .eu da parte del registro. Articolo 14 Gruppo consultivo multipartecipativo .eu 1. La Commissione istituisce un Gruppo consultivo multipartecipativo .eu. Tale gruppo svolge i compiti seguenti: a) fornisce consulenza alla Commissione riguardo all'attuazione del presente regolamento; b) fornisce pareri alla Commissione su questioni strategiche relative alla gestione, organizzazione e amministrazione del TLD .eu, comprese le questioni relative alla cibersicurezza e alla protezione dei dati; c) fornisce consulenza alla Commissione su questioni relative al monitoraggio e alla supervisione del registro, in particolare per quanto riguarda la verifica di cui all'articolo 10, lettera l); d) fornisce consulenza alla Commissione in merito alle migliori prassi per quanto concerne le politiche e le misure intese a contrastare le registrazioni abusive di nomi di dominio, in particolare le registrazioni prive di diritti o legittimi interessi e le registrazioni usate in malafede. 2. La Commissione tiene in considerazione qualsiasi consulenza fornita dal Gruppo consultivo multipartecipativo .eu nell'attuazione del presente regolamento. 3. Il Gruppo consultivo multipartecipativo .eu è costituito da rappresentanti dei portatori di interessi stabiliti nell'Unione. Detti rappresentanti provengono dal settore privato, dalla comunità tecnica, dalla società civile e dal mondo accademico, nonché dalle autorità degli Stati membri e dalle organizzazioni internazionali. I rappresentanti diversi da quelli provenienti dalle autorità degli Stati membri e dalle organizzazioni internazionali sono nominati dalla Commissione in base a una procedura aperta, non discriminatoria e trasparente, tenendo in massima considerazione il principio della parità di genere. 4. In deroga al paragrafo 3, il Gruppo consultivo multipartecipativo .eu può comprendere un rappresentante dei portatori di interessi stabilito al di fuori dell'Unione. 5. Il Gruppo consultivo multipartecipativo .eu è presieduto da un rappresentante della Commissione o da una persona nominata da quest'ultima. La Commissione assicura i servizi di segreteria per il Gruppo consultivo multipartecipativo .eu. CAPO III DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Riserva di diritti L'Unione mantiene tutti i diritti connessi al TLD .eu, in particolare i diritti di proprietà intellettuale o altri diritti relativi alle banche dati del registro necessari a garantire l'attuazione del presente regolamento, nonché il diritto di ridesignare il registro. Articolo 16 Valutazione e revisione 1. Entro il 13 ottobre 2027, e successivamente ogni tre anni, la Commissione valuta l'attuazione, l'efficacia e il funzionamento del TLD .eu, sulla base, in particolare, delle informazioni fornite dal registro a norma dell'articolo 10, lettera l). 2. Entro il 30 giugno 2020 la Commissione valuta, tenendo conto della prassi attuale, se e in che modo il registro debba cooperare con l'EUIPO e con altre agenzie dell'Unione al fine di contrastare le registrazioni speculative e abusive dei nomi di dominio e se e come sia opportuno prevedere procedure amministrative semplici, in particolare per quanto riguarda le PMI. Se necessario, la Commissione può proporre ulteriori misure al riguardo. 3. Entro il 13 ottobre 2024 la Commissione valuta la possibilità di ampliare i criteri di cui all'articolo 9 e può, se del caso, presentare una proposta legislativa. 4. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione contenente i risultati della valutazione di cui ai paragrafi 1 e 2. Articolo 17 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato per le comunicazioni (COCOM) istituito dalla direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio (10). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011, in combinato disposto con l'articolo 5 del medesimo. Articolo 18 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 8, paragrafo 1, è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 18 aprile 2019. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo. 3. La delega di potere di cui all'articolo 8, paragrafo 1, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Prima dell'adozione dell'atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016. 5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 6. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo sia il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 19 Disposizioni transitorie 1. I titolari dei nomi di dominio registrati a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 733/2002 mantengono i loro diritti relativamente ai nomi di dominio esistenti registrati. 2. Entro il 12 ottobre 2021 la Commissione adotta le misure necessarie a designare il registro e a stipulare un contratto con lo stesso a norma del presente regolamento. Il contratto produce effetti a decorrere dal 13 ottobre 2022. 3. Il contratto stipulato tra la Commissione e il registro a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 733/2002 continua a produrre effetti fino al 12 ottobre 2022. Articolo 20 Modifica del regolamento (CE) n. 733/2002 All'articolo 4, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 733/2002, il testo della lettera b) è sostituito dal seguente: «b) registra nel dominio di primo livello .eu, a cura di qualsiasi conservatore del Registro accreditato, i nomi di dominio richiesti da: i) un cittadino dell'Unione, indipendentemente dal suo luogo di residenza; ii) una persona fisica residente in uno Stato membro che non sia cittadino dell'Unione; iii) un'impresa stabilita nell'Unione; o iv) un'organizzazione stabilita nell'Unione, fatta salva l'applicazione del diritto nazionale.». Articolo 21 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 733/2002 e il regolamento (CE) n. 874/2004 sono abrogati con effetto dal 13 ottobre 2022. Articolo 22 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 13 ottobre 2022. Tuttavia, l'articolo 20 si applica dal 19 ottobre 2019. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 19 marzo 2019 Per il Parlamento europeo Il presidente A. TAJANI Per il Consiglio Il presidente G. CIAMBA (1) GU C 367 del 10.10.2018, pag. 112. (2) Posizione del Parlamento europeo del 31 gennaio 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 18 febbraio 2019. (3) Regolamento (CE) n. 733/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 aprile 2002, relativo alla messa in opera del dominio di primo livello .eu (GU L 113 del 30.4.2002, pag. 1). (4) Regolamento (CE) n. 874/2004 della Commissione, del 28 aprile 2004, che stabilisce le disposizioni applicabili alla messa in opera e alle funzioni del dominio di primo livello .eu e i principi relativi alla registrazione (GU L 162 del 30.4.2004, pag. 40). (5) GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1. (6) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (7) Direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (Direttiva sull'ADR per i consumatori) (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 63). (8) Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 351 del 20.12.2012, pag. 1). (9) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). (10) Direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (GU L 321 del 17.12.2018, pag. 36).
Il dominio di primo livello .eu QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento aggiorna le regole riguardanti il dominio di primo livello (TLD) .eu, come parte della nuova strategia dell’UE per il mercato unico digitale. Punta a rafforzare l’identità dell’UE online e a promuovere le attività online transfrontaliere. In seguito alla rapida evoluzione del mercato dei TLD (ad esempio sono state introdotte nuove estensioni di nomi di dominio quali .com e .org) e della volatilità del panorama digitale, con il regolamento è stato introdotto un ambiente normativo modernizzato, più flessibile e sostenibile per il TLD .eu, sostituendo il vecchio quadro giuridico con uno strumento giuridico basato su principi più leggero, più efficiente e adeguato alle esigenze future. Il regolamento crea una nuova struttura di governance, coinvolgendo un organismo multipartecipativo al fine di rafforzare e ampliare il contributo alle prestazioni del TLD .eu. Introduce nuovi criteri di ammissibilità per consentire ai cittadini dell’UE e del SEE di registrare un dominio .eu, indipendentemente dal luogo di residenza. PUNTI CHIAVE Promozione e salvaguardia dei valori dell’Unione europea Lo scopo del dominio .eu, come marchio chiaramente e facilmente riconoscibile è quello di contribuire a rafforzare il profilo dell’UE e promuovere i suoi valori online, quali il multilinguismo, il rispetto della riservatezza e della sicurezza degli utenti e il rispetto dei diritti umani. Ammissibilità della registrazione di un nome dominio La registrazione di un dominio .eu può essere richiesta da:cittadini dell’UE e del SEE, indipendentemente dal loro luogo di residenza; una persona fisica residente in uno Stato membro che non sia cittadino dell’Unione; un’impresa stabilita nell’Unione; e altre organizzazioni stabilite nell’Unione, fatta salva l’applicazione del diritto nazionale.Regole su registrazione e revoca dei nomi di dominio Il registro* può revocare un nome di dominio di propria iniziativa, per i seguenti motivi:esistenza di debiti insoluti nei confronti del registro; il titolare del nome del dominio non rispetta i criteri di ammissibilità; il titolare del nome di dominio non ha rispettato i requisiti di registrazione per i seguenti motivi:un nome di dominio considerato diffamatorio, razzista o contrario all’ordine pubblico o alla pubblica sicurezza deve essere bloccato con decisione del tribunaleun nome di dominio che sia identico o presenti analogie tali da poter essere confuso con un nome oggetto di un diritto stabilito dal diritto dell’Unione o nazionale e che sia stato registrato da un titolare che non possa far valere un interesse legittimo sul nome deve, in linea di principio essere revocato e, se del caso, trasferito al legittimo titolare;un nome di dominio registrato o usato in malafede deve sempre essere revocato.Registro Il registro è un’organizzazione senza scopo di lucro che può imporre il pagamento di diritti direttamente connessi ai costi sostenuti. Esso è tenuto a:promuovere il TLD .eu in tutta l’Unione e nel mondo; rispettare le regole, le politiche e le procedure stabilite nel presente regolamento e il contratto con la Commissione europea e in particolare il diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati; organizzare, amministrare e gestire il TLD .eu secondo criteri di interesse pubblico generale e garantire qualità elevata, trasparenza, sicurezza, stabilità, prevedibilità, affidabilità, accessibilità, efficienza, non discriminazione, condizioni di concorrenza leale e tutela dei consumatori; garantire l’identificazione tempestiva di registrazioni abusive di nomi di dominio; cooperare con le autorità competenti e altri organismi pubblici nel settore della cibersicurezza e della sicurezza dell’informazione, quali le squadre nazionali di pronto intervento informatico.Il regolamento di esecuzione (UE) 2020/857 della Commissione stabilisce i principi da includere nel contratto tra la Commissione europea e il registro per l’organizzazione, l’amministrazione e la gestione del TLD .eu. Essi sono:i principi di buona governance e buona gestione; gli aspetti legati alla sicurezza e alla tutela dei consumatori; la promozione degli obiettivi dell’UE in materia di governance di internet; predisporre politiche e procedure per mitigare attivamente le registrazioni speculative e abusive dei nomi di dominio nel TLD .eu.Banca dati WHOIS* Il registro è responsabile di istituire e gestire un servizio di banca dati WHOIS che fornisca informazioni di registrazione precise e aggiornate circa i nomi di dominio contenente informazioni su un punto di contatto e sui titolari dei nomi di dominio. Gruppo consultivo multipartecipativo .euTale gruppo fornisce consulenza alla Commissione riguardo a:l’attuazione del presente regolamento;questioni strategiche relative alla gestione, organizzazione e amministrazione del TLD .eu, comprese le questioni relative alla cibersicurezza e alla protezione dei dati;le migliori prassi per contrastare le registrazioni abusive di nomi di dominio. Il Gruppo consultivo è costituito da rappresentanti dei portatori di interessi stabiliti nell’Unione e da un rappresentante dei portatori di interessi stabilito al di fuori dell’Unione, è presieduto da un rappresentante della Commissione o da una persona nominata da quest’ultima.Valutazione e revisioneEntro il 13 ottobre 2027, e successivamente ogni tre anni, la Commissione valuta l’attuazione, l’efficacia e il funzionamento del TLD .eu. Entro e non oltre il mese di giugno 2020 la Commissione valuta la cooperazione tra il registro .eu e l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale, (EUIPO) e con altre agenzie dell’Unione al fine di contrastare le registrazioni speculative e abusive dei nomi di dominio e se e come semplificare le procedure amministrative, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese.Abrogazione Il regolamento abroga il regolamento (CE) n. 733/2002 e il regolamento (CE) n. 874/2004 a partire dal 12 ottobre 2022. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Esso si applica dal 13 ottobre 2022. I criteri aggiornati sull’ammissibilità dei nomi di dominio vengono applicati dal 19 ottobre 2019. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Il dominio di primo livello .eu (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Registro: l’entità alla quale sono affidate l’organizzazione, l’amministrazione e la gestione del TLD .eu, compresa la manutenzione delle corrispondenti banche dati e dei servizi di interrogazione pubblici (public query services) ad essi associati, la registrazione dei nomi di dominio, il funzionamento del registro dei nomi di dominio e il funzionamento dei server dei nomi di TLD del registro. Banca dati WHOIS: la raccolta di dati contenente informazioni relative agli aspetti tecnici e amministrativi delle registrazioni del TLD .eu. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2019/517 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, relativo alla messa in opera e al funzionamento del nome di dominio di primo livello .eu, che modifica e abroga il regolamento (CE) n. 733/2002 e abroga il regolamento (CE) n. 874/2004 della Commissione (GU L 91 del 29.3.2019, pag. 25). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2020/857 della Commissione, del 17 giugno 2020, che stabilisce i principi da includere nel contratto tra la Commissione europea e il registro del dominio di primo livello .eu conformemente al regolamento (UE) 2019/517 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 195 del 19.6.2020, pag. 52). Regolamento (CE) n. 874/2004 della Commissione, del 28 aprile 2004, che stabilisce le disposizioni applicabili alla messa in opera e alle funzioni del dominio di primo livello .eu e i principi relativi alla registrazione (GU L 162 del 30.4.2004, pag. 40). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 874/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 733/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 aprile 2002, relativo alla messa in opera del dominio di primo livello .eu (GU L 113 del 30.4.2002, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
15,038
1,218
32009L0052
false
DIRETTIVA 2009/52/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 giugno 2009 che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 63, paragrafo 3, lettera b), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2006 ha convenuto che dovrebbe essere rafforzata la cooperazione fra gli Stati membri nella lotta contro l’immigrazione illegale e che, in particolare, dovrebbero essere intensificate a livello degli Stati membri e a livello dell’Unione europea le misure contro il lavoro illegale. (2) Un fattore fondamentale di richiamo dell’immigrazione illegale nell’Unione europea è la possibilità di trovare lavoro pur non avendo lo status giuridico richiesto. È quindi opportuno che l’azione contro l’immigrazione e il soggiorno illegali comporti misure per contrastare tale fattore di richiamo. (3) Il perno di tali misure dovrebbe essere un divieto generale di assunzione dei cittadini di paesi terzi non autorizzati a soggiornare nell’Unione europea accompagnato da sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che lo violano. (4) Poiché la presente direttiva introduce norme minime, gli Stati membri dovrebbero rimanere liberi di adottare o mantenere sanzioni e provvedimenti più severi e d’imporre obblighi più rigorosi ai datori di lavoro. (5) La presente direttiva non dovrebbe applicarsi ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno in uno Stato membro è regolare, indipendentemente dal fatto che siano autorizzati a lavorare nel suo territorio. Inoltre, essa non dovrebbe applicarsi ai beneficiari del diritto comunitario alla libera circolazione, definiti all’articolo 2, paragrafo 5 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (4). Dovrebbero inoltre essere esclusi i cittadini di paesi terzi che si trovano in una situazione contemplata dal diritto comunitario, ad esempio che sono legalmente assunti in uno Stato membro e sono inviati in un altro Stato membro da un prestatore di servizi nel contesto di tale attività. La presente direttiva dovrebbe applicarsi fatte salve le legislazioni nazionali che vietano l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è regolare che lavorano in violazione del loro status di residenza. (6) Ai fini specifici della presente direttiva, è opportuno definire taluni termini e tali definizioni dovrebbero essere utilizzate soltanto ai fini della presente direttiva. (7) La definizione del termine «lavoro» dovrebbe comprenderne gli elementi costituitivi, vale a dire le attività che sono o dovrebbero essere retribuite, svolte per o sotto la direzione e/o la supervisione di un datore di lavoro, a prescindere dal rapporto giuridico. (8) La definizione di «datore di lavoro» può includere un’associazione di persone riconosciuta come avente capacità di compiere atti giuridici senza avere personalità giuridica. (9) Per evitare l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare è necessario che i datori di lavoro verifichino preventivamente che questi, anche nei casi in cui vengano assunti per poi essere inviati in un altro Stato membro in un contesto di prestazione di servizi, possiedano un permesso di soggiorno valido o un’altra autorizzazione equivalente attestante che soggiornano legalmente nel territorio dello Stato membro di assunzione. (10) Affinché gli Stati membri possano verificare che i documenti non siano falsificati, i datori di lavoro dovrebbero anche essere tenuti ad informare le autorità competenti dell’assunzione di cittadini di paesi terzi. Al fine di ridurre al minimo l’onere amministrativo, gli Stati membri dovrebbero poter prevedere che tali notifiche siano effettuate nel quadro di altri sistemi di notifica. Gli Stati membri dovrebbero poter optare per una procedura semplificata per le notifiche da parte di datori di lavoro che sono persone fisiche laddove l’impiego sia a fini privati. (11) È opportuno che i datori di lavoro che abbiano adempiuto agli obblighi di cui alla presente direttiva non siano considerati responsabili di aver assunto cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in particolare qualora l’autorità competente scopra successivamente che i documenti presentati da un lavoratore erano in realtà falsificati o utilizzati illegalmente, tranne nel caso in cui il datore di lavoro sapesse che il documento era falso. (12) Al fine di facilitare l’adempimento degli obblighi a carico dei datori di lavoro, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi al massimo per espletare tempestivamente le richieste di rinnovo dei permessi di soggiorno. (13) Per applicare il divieto generale e per prevenire le violazioni è opportuno che gli Stati membri prevedano sanzioni appropriate. Queste dovrebbero includere sanzioni finanziarie e contributi ai costi del rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, unitamente alla possibilità di sanzioni finanziarie ridotte per i datori di lavoro che sono persone fisiche laddove l’impiego sia a fini privati. (14) Il datore di lavoro dovrebbe in ogni caso essere tenuto a pagare ai cittadini di paesi terzi ogni retribuzione arretrata per il lavoro da essi svolto e tutti i contributi previdenziali e le imposte dovute. Se il livello di remunerazione non può essere determinato, si dovrebbe presupporre che sia pari almeno alla retribuzione prevista dalla legislazione nazionale applicabile in materia di salari minimi, dai contratti collettivi o conformemente a una prassi consolidata nei relativi settori occupazionali. Il datore di lavoro dovrebbe altresì avere l’obbligo, ove opportuno, di pagare tutti i costi derivanti dal trasferimento delle retribuzioni arretrate al paese in cui i cittadini di paesi terzi assunti illegalmente hanno fatto ritorno o sono stati rimpatriati. Nei casi in cui il datore di lavoro non provveda al pagamento degli arretrati, gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a farsi carico di tale obbligo al posto del datore di lavoro. (15) Il cittadino di un paese terzo assunto illegalmente non dovrebbe poter invocare un diritto di ingresso, soggiorno e accesso al mercato del lavoro in base al rapporto di lavoro illegale o al pagamento, anche arretrato, di retribuzioni, contributi previdenziali o imposte da parte del datore di lavoro o di un soggetto giuridico tenuto ad effettuare il pagamento in sua vece. (16) È opportuno che gli Stati membri predispongano meccanismi per garantire che i cittadini di paesi terzi possano chiedere e ricevere gli importi delle retribuzioni arretrate loro dovuti. Gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti ad associare a tali meccanismi le loro missioni o rappresentanze nei paesi terzi. Nel porre in essere meccanismi efficaci volti ad agevolare le denunce, qualora non siano già previsti dalla legislazione nazionale, gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione la possibilità e il valore aggiunto di consentire ad un’autorità competente di promuovere un’azione legale nei confronti di un datore di lavoro al fine di recuperare la retribuzione arretrata. (17) È inoltre opportuno che gli Stati membri partano da una presunzione d’esistenza di rapporto di lavoro di almeno tre mesi, in modo che l’onere della prova incomba al datore di lavoro almeno per un certo periodo. Tra l’altro, il lavoratore dovrebbe anche avere l’opportunità di dimostrare l’esistenza e la durata di un rapporto di lavoro. (18) È opportuno che gli Stati membri prevedano la possibilità di ulteriori sanzioni nei confronti dei datori di lavoro, come l’esclusione dal beneficio di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici, compresi i sussidi agricoli, l’esclusione dalle procedure di appalti pubblici e il rimborso di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici già concessi, compresi i fondi dell’Unione europea gestiti dagli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero poter decidere di non applicare tali ulteriori sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che sono persone fisiche laddove l’impiego sia a fini privati. (19) La presente direttiva, in particolare gli articoli 7, 10 e 12, dovrebbe applicarsi fatto salvo il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (5). (20) Dato l’alto numero di subappalti in certi settori interessati, è opportuno garantire che almeno l’appaltante di cui il datore di lavoro è un diretto subappaltatore possa essere considerato responsabile del pagamento di sanzioni finanziarie congiuntamente al datore di lavoro o in sua vece. In casi specifici, altri appaltanti possono essere ritenuti responsabili del pagamento di sanzioni finanziarie congiuntamente o in vece di un datore di lavoro che impiega cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Gli arretrati contemplati dalle disposizioni in materia di responsabilità della presente direttiva dovrebbero altresì includere contributi ai fondi ferie nazionali e ai fondi previdenziali disciplinati dalla legge o dagli accordi collettivi. (21) L’esperienza ha mostrato che i sistemi di sanzioni esistenti si sono rivelati insufficienti per garantire il pieno rispetto dei divieti di assunzione di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, fra l’altro, probabilmente, perché le sole sanzioni amministrative non sono un deterrente abbastanza forte per certi datori di lavoro senza scrupoli. Il rispetto delle norme può e dovrebbe essere rafforzato con l’applicazione di sanzioni penali. (22) Per garantire la piena efficacia del divieto generale in oggetto si rendono quindi necessarie sanzioni più dissuasive nei casi gravi quali le violazioni costantemente reiterate, l’assunzione illegale di un numero significativo di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, condizioni lavorative di particolare sfruttamento, la consapevolezza, da parte del datore di lavoro, che il lavoratore è vittima della tratta degli esseri umani e l’assunzione illegale di un minore. La presente direttiva obbliga gli Stati membri a prevedere nella loro legislazione nazionale sanzioni penali in relazione a tali gravi violazioni. Essa non crea obblighi per quanto riguarda l’applicazione di tali sanzioni o di altri sistemi di applicazione della legge disponibili, in casi specifici. (23) È opportuno che, in tutti i casi ritenuti gravi conformemente alla presente direttiva, la violazione, se commessa intenzionalmente, sia considerata reato nell’intera Comunità. Le disposizioni della presente direttiva in materia di fattispecie di reato dovrebbero lasciare impregiudicata l’applicazione della decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio, del 19 luglio 2002, sulla lotta alla tratta degli esseri umani (6). (24) I reati dovrebbero essere punibili con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive. L’obbligo di assicurare sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive a norma della presente direttiva lascia impregiudicato l’ordinamento interno del diritto penale sostanziale e processuale negli Stati membri. (25) Anche le persone giuridiche possono essere considerate responsabili dei reati di cui alla presente direttiva, in quanto molti dei datori di lavoro sono persone giuridiche. Le disposizioni della presente direttiva non comportano l’obbligo per gli Stati membri di introdurre la responsabilità penale delle persone giuridiche. (26) Per facilitare l’applicazione della presente direttiva è opportuno predisporre meccanismi efficaci che permettano ai cittadini di paesi terzi di presentare denuncia, sia direttamente sia tramite terzi come i sindacati o altre associazioni. È opportuno che i terzi designati per fornire assistenza nella presentazione delle denunce siano tutelati contro eventuali sanzioni ai sensi delle norme che vietano il favoreggiamento del soggiorno illegale. (27) In aggiunta ai meccanismi di denuncia, è opportuno che gli Stati membri possano rilasciare permessi di soggiorno di durata limitata, commisurata a quella dei relativi procedimenti nazionali, ai cittadini di paesi terzi che sono stati oggetto di condizioni lavorative di particolare sfruttamento o sono stati minori assunti illegalmente e che cooperano nei procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro. Tali permessi dovrebbero essere concessi con modalità comparabili a quelle applicabili ai cittadini di paesi terzi rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti (7). (28) Per garantire un grado di applicazione soddisfacente della presente direttiva e ridurre, per quanto possibile, divari nei livelli di attuazione nei vari Stati membri, questi ultimi dovrebbero assicurare che siano effettuate ispezioni efficaci e adeguate nel loro territorio e dovrebbero comunicare alla Commissione dati sulle ispezioni che effettuano. (29) Gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati a determinare ogni anno un obiettivo nazionale per il numero di ispezioni relative ai settori di attività in cui si concentra l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare sul loro territorio. (30) Per aumentare l’efficacia delle ispezioni ai fini dell’applicazione della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero assicurare che la normativa nazionale conferisca poteri adeguati alle autorità competenti per lo svolgimento delle ispezioni, che le informazioni relative all’assunzione illegale, inclusi i risultati delle ispezioni precedenti, siano raccolte e trattate ai fini dell’applicazione efficace della presente direttiva, e che siano messe a disposizione risorse umane sufficienti dotate delle competenze e delle qualifiche necessarie per lo svolgimento efficace delle ispezioni. (31) Gli Stati membri dovrebbero assicurare che le ispezioni ai fini dell’applicazione della presente direttiva non incidano, sul piano quantitativo o qualitativo, sulle ispezioni condotte per valutare le condizioni di assunti e di lavoro. (32) Nel caso di lavoratori distaccati cittadini di paesi terzi, le autorità di ispezione degli Stati membri possono avvalersi della cooperazione e dello scambio d’informazioni di cui alla direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (8), al fine di verificare se i cittadini di paesi terzi siano assunti legalmente nello Stato membro di origine. (33) La presente direttiva dovrebbe essere considerata complementare alle misure volte a contrastare il lavoro non dichiarato e lo sfruttamento. (34) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (9), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento. (35) Qualsiasi trattamento di dati personali effettuato in applicazione della presente direttiva dovrebbe essere conforme alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (10). (36) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire combattere l’immigrazione illegale agendo contro il fattore di richiamo rappresentato dal lavoro, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (37) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Più particolarmente, essa dovrebbe essere applicata nel rispetto della libertà d’impresa, dei principi di uguaglianza davanti alla legge e di non discriminazione, del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e dei principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene, conformemente agli articoli 16, 20, 21, 47 e 49 della Carta. (38) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e fatto salvo l’articolo 4 di detto protocollo, tali Stati membri non partecipano all’adozione della presente direttiva e di conseguenza non sono vincolati da essa, né sono soggetti alla sua applicazione. (39) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva e di conseguenza non è vincolata da esso o tenuta ad applicarlo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione La presente direttiva vieta l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare al fine di contrastare l’immigrazione illegale. A tal fine essa stabilisce norme minime comuni relative a sanzioni e provvedimenti applicabili negli Stati membri nei confronti dei datori di lavoro che violano tale divieto. Articolo 2 Definizioni Ai fini specifici della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: a) «cittadino di un paese terzo»: chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1 del trattato, né un beneficiario del diritto comunitario alla libera circolazione, quale definito all’articolo 2, paragrafo 5 del codice frontiere Schengen; b) «cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare»: un cittadino di un paese terzo presente nel territorio di uno Stato membro che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni di soggiorno o di residenza in tale Stato membro; c) «lavoro»: l’esercizio di attività comprendenti qualsiasi forma di manodopera o lavoro disciplinata dalla legislazione nazionale o conformemente a una prassi consolidata per conto o sotto la direzione o la supervisione di un datore di lavoro; d) «lavoro illegale»: l’impiego di un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare; e) «datore di lavoro»: qualsiasi persona fisica o soggetto giuridico, comprese le agenzie interinali, per il cui conto o sotto la cui direzione e/o supervisione è assunto l’impiego; f) «subappaltatore»: qualsiasi persona fisica o soggetto giuridico cui è affidata l’esecuzione di una parte o dell’insieme degli obblighi di un contratto già stipulato; g) «persona giuridica»: qualsiasi soggetto giuridico che possieda tale status in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche che esercitano i pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche; h) «agenzia interinale»: qualsiasi persona fisica o giuridica che, conformemente alla legislazione nazionale, sottoscrive contratti di lavoro o inizia rapporti di lavoro con lavoratori tramite agenzia interinale al fine di inviarle presso imprese utilizzatrici affinché vi prestino temporaneamente la loro opera sotto il controllo e la direzione delle stesse; i) «condizioni lavorative di particolare sfruttamento»: condizioni lavorative, incluse quelle risultanti da discriminazione di genere e di altro tipo, in cui vi è una palese sproporzione rispetto alle condizioni di impiego dei lavoratori assunti legalmente, che incide, ad esempio, sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori ed è contraria alla dignità umana; j) «retribuzione dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare»: il salario o trattamento e tutti gli altri vantaggi, in contanti o in natura, pagati direttamente o indirettamente dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo e che è equivalente a quello di cui beneficerebbero lavoratori analoghi in un rapporto di lavoro legale. Articolo 3 Divieto di assunzione illegale 1. Gli Stati membri vietano l’assunzione di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. 2. Alla violazione di tale divieto si applicano le sanzioni e i provvedimenti previsti dalla presente direttiva. 3. Uno Stato membro può decidere di non applicare il divieto di cui al paragrafo 1 ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e il cui allontanamento è stato differito e che sono autorizzati a lavorare conformemente alla legislazione nazionale. Articolo 4 Obblighi dei datori di lavoro 1. Gli Stati membri obbligano i datori di lavoro: a) a chiedere che un cittadino di un paese terzo, prima di assumere l’impiego, possieda e presenti al datore di lavoro un permesso di soggiorno valido, o un’altra autorizzazione di soggiorno; b) a tenere, almeno per la durata dell’impiego, una copia o registrazione del permesso di soggiorno o altra autorizzazione di soggiorno a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri, a fini di un’eventuale ispezione; c) a informare, entro un termine fissato da ciascuno Stato membro, le autorità competenti designate dagli Stati membri dell’inizio dell’impiego di un cittadino di un paese terzo. 2. Gli Stati membri possono prevedere una procedura semplificata di notifica ai sensi del paragrafo 1, lettera c) laddove i datori di lavoro siano persone fisiche e l’impiego sia a fini privati. Gli Stati membri possono prevedere che la notifica di cui al paragrafo 1, lettera c), non sia richiesta qualora al lavoratore sia stato accordato uno status di soggiornante di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (11). 3. Gli Stati membri assicurano che i datori di lavoro che hanno assolto gli obblighi di cui al paragrafo 1 non siano ritenuti responsabili di una violazione del divieto di cui all’articolo 3 tranne nel caso in cui i datori di lavoro fossero a conoscenza del fatto che il documento presentato come permesso di soggiorno valido o altra autorizzazione di soggiorno era falso. Articolo 5 Sanzioni finanziarie 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i datori di lavoro che violano il divieto di cui all’articolo 3 siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. 2. Le sanzioni inflitte in caso di violazioni del divieto di cui all’articolo 3 includono: a) sanzioni finanziarie che aumentano a seconda del numero di cittadini di paesi terzi assunti illegalmente; e b) pagamento dei costi di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi assunti illegalmente, nei casi in cui siano effettuate procedure di rimpatrio. Gli Stati membri possono invece decidere che le sanzioni finanziarie di cui alla lettera a) riflettano almeno i costi medi di rimpatrio. 3. Gli Stati membri possono prevedere sanzioni finanziarie ridotte nei casi in cui il datore di lavoro sia una persona fisica che impiega a fini privati un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare e non sussistano condizioni lavorative di particolare sfruttamento. Articolo 6 Pagamento degli arretrati da parte dei datori di lavoro 1. Per ogni violazione del divieto di cui all’articolo 3, gli Stati membri garantiscono che il datore di lavoro sia responsabile del pagamento di: a) ogni retribuzione arretrata ai cittadini di paesi terzi assunti illegalmente. Il livello di remunerazione concordato è considerato pari almeno alla retribuzione prevista dalle leggi applicabili sui salari minimi, dai contratti collettivi o conformemente a una prassi consolidata nei relativi settori occupazionali, salvo prova contraria fornita dal datore di lavoro o dal lavoratore, nel rispetto, ove opportuno, delle disposizioni nazionali vincolanti in materia salariale; b) un importo pari a tutte le imposte e i contributi previdenziali che il datore di lavoro avrebbe pagato in caso di assunzione legale del cittadino di un paese terzo, incluse le penalità di mora e le relative sanzioni amministrative; c) se del caso, tutti i costi derivanti dal trasferimento delle retribuzioni arretrate al paese in cui il cittadino di un paese terzo assunto illegalmente ha fatto ritorno o è stato rimpatriato. 2. Per assicurare la disponibilità di procedure efficaci di applicazione del paragrafo 1, lettere a) e c), e tenuto debitamente conto dell’articolo 13, gli Stati membri mettono in atto meccanismi volti a garantire che i cittadini di paesi terzi assunti illegalmente: a) possano presentare domanda, soggetta ad un termine di prescrizione stabilito dalla legislazione nazionale, e ottenere l’esecuzione di una sentenza nei confronti del datore di lavoro per ogni retribuzione arretrata, anche nei casi di rimpatrio volontario o forzato; o b) ove previsto dalla legislazione nazionale, possano chiedere all’autorità competente dello Stato membro di avviare le procedure di recupero delle retribuzioni arretrate, senza che il cittadino di un paese terzo debba presentare domanda. I cittadini di paesi terzi assunti illegalmente sono informati sistematicamente e oggettivamente circa i loro diritti ai sensi del presente paragrafo e dell’articolo 13 prima dell’esecuzione di qualsiasi decisione di rimpatrio. 3. Ai fini dell’applicazione del paragrafo 1, lettere a) e b), gli Stati membri presuppongono l’esistenza di un rapporto di lavoro di almeno tre mesi salvo prova contraria fornita, tra l’altro, dal datore di lavoro o dal lavoratore. 4. Gli Stati membri assicurano che siano posti in essere i meccanismi necessari a garantire che i cittadini di paesi terzi assunti illegalmente possano ricevere il pagamento di tutte le retribuzioni arretrate di cui al paragrafo 1, lettera a), che sono dovute in virtù delle domande di cui al paragrafo 2, anche nei casi di rimpatrio volontario o forzato. 5. Per quanto riguarda i casi in cui sono stati accordati permessi di soggiorno di durata limitata a norma dell’articolo 13, paragrafo 4, gli Stati membri definiscono ai sensi del diritto nazionale le condizioni che consentono l’estensione della durata di tali permessi fino a quando l’interessato non abbia ricevuto il pagamento di tutte le retribuzioni arretrate dovute ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo. Articolo 7 Altre misure 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché un datore di lavoro sia anche soggetto, se del caso, ai seguenti provvedimenti: a) esclusione dal beneficio di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici, compresi i fondi dell’Unione europea gestiti dagli Stati membri, per un periodo fino a cinque anni; b) esclusione dalla partecipazione ad appalti pubblici definiti nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (12), per un periodo fino a cinque anni; c) rimborso di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici, inclusi fondi dell’Unione europea gestiti dagli Stati membri, concessi al datore di lavoro fino a dodici mesi prima della constatazione dell’assunzione illegale; d) chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti in cui ha avuto luogo la violazione, o ritiro temporaneo o permanente della licenza d’esercizio dell’attività economica in questione, se giustificata dalla gravità della violazione. 2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 1 laddove i datori di lavoro siano persone fisiche e l’impiego sia a fini privati. Articolo 8 Subappalto 1. Se il datore di lavoro è un subappaltatore e ferme restando le disposizioni di diritto nazionali riguardanti i diritti di contributo o di regresso o le disposizioni di diritto nazionale in materia di previdenza sociale, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’appaltante di cui il datore di lavoro è un subappaltatore diretto possa essere ritenuto responsabile, congiuntamente al datore di lavoro o in sua vece, del pagamento: a) delle sanzioni finanziarie irrogate ai sensi dell’articolo 5; e b) degli arretrati dovuti ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettere a) e c), paragrafo 2 e paragrafo 3. 2. Se il datore di lavoro è un subappaltatore, gli Stati membri provvedono affinché l’appaltante principale e tutti i subappaltatori intermedi, qualora sapessero che il subappaltatore datore di lavoro impiegava cittadini di paesi terzi il cui soggiorno era irregolare, possano essere ritenuti responsabili dei pagamenti di cui al paragrafo 1 congiuntamente al o al posto del subappaltatore datore di lavoro o dell’appaltante di cui il datore di lavoro è un subappaltatore diretto. 3. Un appaltante che ha adempiuto ai suoi obblighi con la debita diligenza come previsto dalla legislazione nazionale non è ritenuto responsabile ai sensi dei paragrafi 1 e 2. 4. Gli Stati membri possono prevedere norme più rigorose in materia di responsabilità ai sensi del diritto nazionale. Articolo 9 Fattispecie di reato 1. Gli Stati membri garantiscono che la violazione del divieto di cui all’articolo 3, se intenzionale, costituisca reato in ciascuno dei seguenti casi, come previsto dalla legislazione nazionale: a) la violazione prosegue oppure è reiterata in modo persistente; b) la violazione riguarda l’impiego simultaneo di un numero significativo di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare; c) la violazione è accompagnata da condizioni lavorative di particolare sfruttamento; d) la violazione è commessa da un datore di lavoro che, pur non essendo accusato o condannato per un reato di cui alla decisione quadro 2002/629/GAI, ricorre al lavoro o ai servizi del un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare nella consapevolezza che lo stesso è vittima della tratta di esseri umani; e) la violazione riguarda l’assunzione illegale di un minore. 2. Gli Stati membri provvedono affinché siano perseguibili penalmente l’istigazione, il favoreggiamento e la complicità a commettere intenzionalmente gli atti di cui all’articolo 1. Articolo 10 Sanzioni penali 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone fisiche che commettono il reato di cui all’articolo 9 siano punibili con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive. 2. A meno che ciò non sia precluso dai principi generali del diritto, le sanzioni penali di cui al presente articolo possono essere applicate ai sensi della legislazione nazionale fatte salve altre sanzioni o misure di natura non penale,, e possono essere accompagnate dalla pubblicazione della decisione giudiziaria pertinente al caso. Articolo 11 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Gli Stati membri provvedono affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili del reato di cui all’articolo 9, quando è stato commesso a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che, agendo a titolo individuale o in quanto parte di un organo della persona giuridica, detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, in virtù: a) del potere di rappresentanza della persona giuridica, b) dell’autorità di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure c) dell’autorità di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica. 2. Gli Stati membri provvedono altresì affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili qualora la carenza di sorveglianza o di controllo da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione di un reato di cui all’articolo 9 a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità. 3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude azioni penali nei confronti delle persone fisiche che commettano uno dei reati di cui all’articolo 9, istighino qualcuno a commetterli o vi concorrano. Articolo 12 Sanzioni applicabili alle persone giuridiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché una persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 11 sia punibile con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, che possano comprendere misure quali quelle di cui all’articolo 7. Gli Stati membri possono decidere di rendere pubblico un elenco di datori di lavoro aventi personalità giuridica e dichiarati responsabili del reato di cui all’articolo 9. Articolo 13 Agevolazione delle denunce 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano disponibili meccanismi efficaci per consentire ai cittadini di paesi terzi assunti illegalmente di presentare denuncia nei confronti dei loro datori di lavoro, sia direttamente sia attraverso terzi designati dagli Stati membri, quali sindacati o altre associazioni o un’autorità competente dello Stato membro, qualora previsto dalla legislazione nazionale. 2. Gli Stati membri provvedono affinché i terzi aventi, conformemente ai criteri stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, un interesse legittimo a garantire che la presente direttiva sia rispettata possano, per conto o a sostegno di un cittadino di un paese terzo assunto illegalmente, e con il suo consenso, avviare tutte le procedure amministrative o civili previste ai fini dell’applicazione della presente direttiva. 3. L’assistenza fornita ai cittadini dei paesi terzi per presentare denuncia non è considerata favoreggiamento di soggiorno illegale ai sensi della direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (13). 4. Per quanto riguarda il reato di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere c) o e), gli Stati membri definiscono ai sensi della legislazione nazionale le condizioni alle quali possono essere concessi, caso per caso, permessi di soggiorno di durata limitata, commisurata a quella dei relativi procedimenti nazionali, ai cittadini di paesi terzi implicati, con modalità comparabili a quelle applicabili ai cittadini di paesi terzi rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/81/CE. Articolo 14 Ispezioni 1. Gli Stati membri garantiscono che siano effettuate ispezioni efficaci e adeguate sul loro territorio ai fini del controllo dell’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Tali ispezioni si basano anzitutto su una valutazione dei rischi effettuata dalle autorità competenti degli Stati membri. 2. Al fine di rendere più efficaci le ispezioni, gli Stati membri, sulla base di una valutazione dei rischi, identificano periodicamente i settori di attività in cui si concentra nel loro territorio l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Relativamente a ciascuno di tali settori, gli Stati membri, entro il 1o luglio di ogni anno, notificano alla Commissione il numero di ispezioni effettuate l’anno precedente, espresso come numero assoluto e come percentuale dei datori di lavoro in ciascun settore, e ne riferiscono i risultati. Articolo 15 Disposizioni più favorevoli La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli ai cittadini di paesi terzi cui si applica in relazione agli articoli 6 e 13, purché compatibili con le norme in essa stabilite. Articolo 16 Relazioni 1. Entro il 20 luglio 2014, e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo ed al Consiglio una relazione contenente, ove appropriato, proposte di modifica degli articoli 6, 7, 8, 13 e 14. Nella relazione la Commissione esamina in particolare l’attuazione da parte degli Stati membri dell’articolo 6, paragrafi 2 e 5. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni necessarie all’elaborazione della relazione di cui al paragrafo 1. Le informazioni comprendono il numero e i risultati delle ispezioni svolte ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, le misure applicate a norma dell’articolo 13 e, per quanto possibile, le misure adottate ai sensi degli articoli 6 e 7. Articolo 17 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 20 luglio 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 18 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 19 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Bruxelles, addì 18 giugno 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente Š. FÜLE (1) GU C 204 del 9.8.2008, pag. 70. (2) GU C 257 del 9.10.2008, pag. 20. (3) Parere del Parlamento europeo del 4 febbraio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 maggio 2009. (4) GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1. (5) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. (6) GU L 203 dell’1.8.2002, pag. 1. (7) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 19. (8) GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1. (9) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (10) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. (11) GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44. (12) GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114. (13) GU L 328 del 5.12.2002, pag. 17.
Immigrazione illegale - Sanzioni per i datori di lavoro SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Al fine di contrastare l’immigrazione illegale, chiede ai paesi dell’Unione europea (UE) di vietare l’impiego di cittadini di paesi terzi che soggiornano illegalmente nell’UE. Introduce norme minime in tutta l’UE relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che violano tale divieto. Questa direttiva non si applica a tutti i paesi dell’UE: Danimarca, Irlanda e Regno Unito (1) non vi aderiscono. PUNTI CHIAVE Obblighi dei datori di lavoro I datori di lavoro devono: richiedere ai cittadini di un paese terzo, prima di assumerli, di produrre un permesso di soggiorno o un’altra autorizzazione di soggiorno; tenere una copia del permesso o dell’autorizzazione per tutta la durata del rapporto di lavoro, in caso di ispezione da parte delle autorità nazionali; informare le autorità entro il termine fissato dal paese dell’UE in cui impiegano un cittadino di un paese terzo. I paesi dell’UE possono inoltre: utilizzare una procedura semplificata di notifica laddove i datori di lavoro siano persone fisiche e l’impiego sia a fini privati; decidere di non richiedere la notifica qualora al lavoratore sia stato accordato uno status di soggiornante di lungo periodo. Sanzioni I paesi dell’UE devono garantire che i datori di lavoro che violano queste norme siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, tra cui: sanzioni finanziarie in base al numero di cittadini di paesi terzi assunti illegalmente; il pagamento dei costi di rimpatrio per i cittadini che sono obbligati a rimpatriare nel loro paese d’origine. I paesi dell’UE devono inoltre: garantire che i datori di lavoro siano responsabili per i pagamenti arretrati come le retribuzioni arretrate e i contributi previdenziali; mettere in atto sistemi per consentire ai cittadini di paesi terzi impiegati illegalmente di rivendicare eventuali retribuzioni arretrate dai loro datori di lavoro; garantire che i datori di lavoro siano anche, se del caso, passibili di altre sanzioni, come ad esempio: escludere i datori di lavoro dal beneficio di alcune o di tutte le prestazioni pubbliche, compresi i fondi dell’Unione europea, per un periodo fino a cinque anni; chiedere loro il rimborso di tutte le prestazioni concesse fino a dodici mesi prima della constatazione dell’assunzione illegale; vietare loro la partecipazione ad appalti pubblici per un massimo di cinque anni; chiudere in maniera temporanea o permanente la loro attività. Fattispecie di reato Una violazione intenzionale costituisce un reato quando il datore di lavoro: persiste nel non conformarsi; impiega un numero significativo di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è illegale; impiega tali persone in condizioni lavorative di particolare sfruttamento; impiega vittime della tratta di esseri umani; assume illegalmente un minore. Denunce e ispezioni I cittadini di paesi terzi impiegati illegalmente devono essere in grado di presentare denuncia contro i loro datori di lavoro, sia direttamente che tramite terzi. I paesi dell’UE sono tenuti a effettuare ispezioni sulla base di valutazioni dei rischi regolari, per verificare se i datori di lavoro stanno impiegando tali immigranti illegali. Attuazione Secondo una relazione del 2014 sull’applicazione della direttiva, si sono registrati due risultati principali: si sono rilevate differenze di severità della punizione nei diversi paesi dell’UE; esiste un margine di miglioramento in tutti i settori che offrono protezione ai migranti irregolari. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? A decorrere dal 20 luglio 2009. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 20 luglio 2011. CONTESTO Migrazione illegale - politica dell’UE. ATTO Direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 168 del 30.6.2009, pagg. 24-32) Le correzioni alla direttiva 2009/52/CE sono state integrate nel testo base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa all’applicazione della direttiva 2009/52/CE, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare [COM(2014) 286 final del 22.5.2014].
13,280
465
32006R1107
false
REGOLAMENTO (CE) n. 1107/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 5 luglio 2006 relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Tutti i cittadini dovrebbero beneficiare del mercato unico dei servizi aerei. Le persone con disabilità e le persone a mobilità ridotta, dovuta a disabilità, età o altri fattori, dovrebbero pertanto avere la possibilità di viaggiare in aereo a condizioni simili a quelle degli altri cittadini. Le persone con disabilità e le persone a mobilità ridotta hanno gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini alla libera circolazione, alla libertà di scelta e alla non discriminazione. Ciò si applica al trasporto aereo così come agli altri aspetti della vita. (2) Le persone con disabilità e le persone a mobilità ridotta dovrebbero quindi avere accesso al trasporto e non essere escluse a causa della loro disabilità o mancanza di mobilità, se non per motivi giustificati di sicurezza previsti dalla legge. Prima di accettare prenotazioni da persone con disabilità o a mobilità ridotta, i vettori aerei, i loro agenti e operatori turistici dovrebbero compiere tutti gli sforzi ragionevoli per verificare se sussistono motivi giustificati di sicurezza che impediscano di accogliere queste persone a bordo dei relativi voli. (3) Il presente regolamento non dovrebbe incidere sugli altri diritti dei passeggeri stabiliti dalla normativa comunitaria, in particolare dalla direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (3), e dal regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato (4). Qualora lo stesso caso dia origine allo stesso diritto al rimborso o a una nuova prenotazione, previsti da uno degli atti legislativi summenzionati come pure dal presente regolamento, la persona interessata dovrebbe essere autorizzata ad esercitare tale diritto una volta sola, a sua discrezione. (4) Per offrire alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta la possibilità di viaggiare in aereo a condizioni simili a quelle degli altri cittadini, è necessario fornire assistenza, con l'impiego del personale e delle attrezzature necessarie, negli aeroporti e a bordo degli aeromobili in modo da soddisfare le loro esigenze specifiche. Per favorire l’inclusione sociale, l’assistenza in questione dovrebbe essere fornita alle persone interessate senza costi addizionali. (5) L’assistenza fornita negli aeroporti situati nel territorio di uno Stato membro al quale si applica il trattato dovrebbe, tra l’altro, permettere alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta di spostarsi da un determinato punto di arrivo in un aeroporto ad un aeromobile e dall’aeromobile a un determinato punto di partenza dall’aeroporto, incluso l’imbarco e lo sbarco. Tali punti dovrebbero essere ubicati almeno agli ingressi principali dei terminal, presso i banchi dell'accettazione, nelle stazioni ferroviarie, delle ferrovie urbane, delle metropolitane e degli autobus, nei posteggi dei taxi e negli altri terminali, nonché nei parcheggi degli aeroporti. L’assistenza dovrebbe essere organizzata in modo da evitare interruzioni e ritardi, assicurando livelli di servizio elevati ed equivalenti in tutta la Comunità e ottimizzando le risorse, indipendentemente dall’aeroporto o dal vettore aereo coinvolto. (6) A tal fine, la responsabilità di garantire un'assistenza di elevata qualità negli aeroporti dovrebbe spettare ad un organismo centralizzato. Tale responsabilità globale dovrebbe essere affidata ai gestori aeroportuali, a causa del ruolo centrale che svolgono nella fornitura di servizi negli aeroporti. (7) I gestori aeroportuali possono fornire direttamente l'assistenza alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta. In alternativa, in considerazione del ruolo positivo svolto in passato da taluni operatori e vettori aerei, i gestori aeroportuali possono appaltare a terzi la prestazione di assistenza, ferma restando l'applicazione delle pertinenti disposizioni della legislazione comunitaria, incluse quelle sugli appalti pubblici. (8) L’assistenza dovrebbe essere finanziata in modo da ripartire i costi equamente fra tutti i passeggeri che utilizzano un aeroporto ed evitare di scoraggiare il trasporto di persone con disabilità e di persone a mobilità ridotta. Si ritiene che la modalità di finanziamento più efficace sia un diritto applicato ad ogni vettore aereo che utilizza un determinato aeroporto, in proporzione al numero di passeggeri trasportati da e verso l’aeroporto in questione. (9) Onde garantire, in particolare, che i diritti applicati ai vettori aerei siano commisurati all'assistenza fornita alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta e che essi non servano a finanziare attività dei gestori diverse da quelle legate alla prestazione di tale assistenza, i diritti dovrebbero essere fissati e applicati in maniera pienamente trasparente. La direttiva 96/67/CE del Consiglio, del 15 ottobre 1996, relativa all'accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità (5), in particolare le disposizioni relative alla separazione contabile, dovrebbero pertanto essere applicate laddove ciò non contrasti con il presente regolamento. (10) Nell'organizzazione della prestazione di assistenza alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta nonché della formazione del personale, gli aeroporti e i vettori aerei dovrebbero rispettare il documento 30, parte I, sezione 5, e relativi allegati della Conferenza europea dell'aviazione civile («ECAC»), in particolare il codice di buona condotta per l'assistenza a terra di persone a mobilità ridotta, riportato, al momento dell'adozione del presente regolamento, nel relativo allegato J. (11) Nella progettazione di nuovi aeroporti e terminal, come pure nell'ambito di ampi lavori di ristrutturazione, i gestori aeroportuali dovrebbero, ove possibile, tener conto delle esigenze delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta. Analogamente, i vettori aerei dovrebbero, ove possibile, tener conto di tali esigenze in sede di progettazione e di ammodernamento degli aeromobili. (12) La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (6), dovrebbe essere applicata rigorosamente, al fine di garantire il rispetto della vita privata delle persone con disabilità e a mobilità ridotta, nonché di garantire che l'informazione richiesta serva unicamente ad ottemperare gli obblighi di assistenza fissati dal presente regolamento e non sia utilizzata contro i passeggeri che richiedono il servizio. (13) Tutte le informazioni essenziali fornite ai passeggeri del trasporto aereo dovrebbero essere fornite in formati alternativi accessibili alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta e dovrebbe esistere almeno nelle stesse lingue messe a disposizione degli altri passeggeri. (14) Qualora le sedie a rotelle, altre attrezzature per la mobilità o strumenti di assistenza vadano smarriti o danneggiati durante la gestione aeroportuale o durante il trasporto a bordo dell'aeromobile, il passeggero cui appartiene l'attrezzatura dovrebbe essere risarcito, in conformità con le norme della legislazione internazionale, comunitaria e nazionale. (15) Gli Stati membri dovrebbero verificare e assicurare il rispetto del presente regolamento nonché nominare un apposito organismo incaricato di farlo applicare. La verifica non incide sul diritto delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta di ricorrere ai mezzi giudiziari di ricorso conformemente alla legislazione nazionale. (16) Se ritiene che il presente regolamento sia stato violato, è opportuno che la persona con disabilità o la persona a mobilità ridotta possa richiamare sulla questione l'attenzione del gestore aeroportuale o del vettore aereo interessato, a seconda del caso. Se non può ottenere soddisfazione in questo modo, la persona con disabilità o la persona a mobilità ridotta dovrebbe poter presentare denuncia al gestore o ai gestori designati a questo fine dallo Stato membro interessato. (17) Le denunce in materia di assistenza presso gli aeroporti dovrebbero essere indirizzate al gestore o ai gestori nazionali designati per l'applicazione del presente regolamento dallo Stato membro in cui è situato l'aeroporto. Le denunce in materia di assistenza da parte di un vettore aereo dovrebbero essere indirizzate al gestore o ai gestori nazionali designati per l'applicazione del presente regolamento dallo Stato membro che ha rilasciato la licenza di esercizio al vettore aereo. (18) Gli Stati membri dovrebbero istituire un sistema sanzionatorio in caso di violazione del presente regolamento e assicurare l'applicazione di dette sanzioni. Le sanzioni, che possono prevedere il pagamento di un indennizzo all'interessato, dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive. (19) Poiché gli obiettivi del presente regolamento, segnatamente la garanzia di livelli di protezione ed assistenza elevati ed equivalenti in tutti gli Stati membri e la garanzia per gli operatori economici di condizioni armonizzate all'interno di un mercato unico, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (20) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (21) Il Regno di Spagna e il Regno Unito, in una dichiarazione comune concordata il 2 dicembre 1987 a Londra dai ministri degli Affari esteri dei due paesi, hanno stipulato degli accordi in vista di una maggiore cooperazione sull'uso dell'aeroporto di Gibilterra, i quali a tutt'oggi non sono ancora operativi, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Finalità e ambito di applicazione 1. Il presente regolamento stabilisce una serie di regole per la tutela e l’assistenza delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo, sia per tutelarle dalla discriminazione che per garantire loro assistenza. 2. Le disposizioni del presente regolamento si applicano alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta che utilizzino o intendano utilizzare i servizi aerei passeggeri commerciali in partenza, in transito o in arrivo presso un aeroporto, quando l'aeroporto è situato nel territorio di uno Stato membro al quale si applica il trattato. 3. Gli articoli 3, 4 e 10 si applicano anche ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato in un paese terzo e diretti ad un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro al quale si applica il trattato, se il volo è effettuato da un vettore aereo comunitario. 4. Il presente regolamento non incide sui diritti dei passeggeri stabiliti dalla direttiva 90/314/CEE e dal regolamento (CE) n. 261/2004. 5. Ogniqualvolta le disposizioni del presente regolamento sono in conflitto con le disposizioni della direttiva 96/67/CE, si applica il presente regolamento. 6. Il presente regolamento si applica all'aeroporto di Gibilterra ferme restando le rispettive posizioni giuridiche del Regno di Spagna e del Regno Unito per quanto riguarda la controversia in merito alla sovranità sul territorio dove è situato l'aeroporto. 7. L'applicazione del presente regolamento all'aeroporto di Gibilterra resta sospesa fino al momento in cui sarà attuata l'intesa contenuta nella dichiarazione comune dei ministri degli Affari esteri del Regno di Spagna e del Regno Unito del 2 dicembre 1987. I governi del Regno di Spagna e del Regno Unito informeranno il Consiglio in merito a tale data di messa in applicazione. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «persone con disabilità» o «persone a mobilità ridotta»: qualsiasi persona la cui mobilità sia ridotta, nell’uso del trasporto, a causa di qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o locomotoria, permanente o temporanea), disabilità o handicap mentale, o per qualsiasi altra causa di disabilità, o per ragioni di età, e la cui condizione richieda un’attenzione adeguata e un adattamento del servizio fornito a tutti i passeggeri per rispondere alle esigenze specifiche di detta persona; b) «vettore aereo»: un’impresa di trasporto aereo munita di valida licenza di esercizio; c) «vettore aereo operativo»: un vettore aereo che opera o intende operare un volo in virtù di un contratto con un passeggero o per conto di un’altra persona, fisica o giuridica, che abbia concluso un contratto con tale passeggero; d) «vettore comunitario»: un vettore aereo munito di valida licenza di esercizio rilasciata da uno Stato membro ai sensi delle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2407/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, sul rilascio delle licenze ai vettori aerei (7); e) «operatore turistico»: un organizzatore o venditore ai sensi dell'articolo 2, punti 2) e 3), della direttiva 90/314/CEE, escluso il vettore aereo; f) «gestore aeroportuale» o «gestore»: un ente incaricato in virtù della normativa nazionale di amministrare e gestire le infrastrutture aeroportuali, coordinare e controllare le attività dei diversi operatori presenti in un aeroporto o in un sistema aeroportuale; g) «utente aeroportuale» una persona fisica o giuridica responsabile del trasporto aereo di passeggeri da o verso l’aeroporto in questione; h) «comitato degli utenti aeroportuali»: un comitato di rappresentanti degli utenti aeroportuali od organizzazioni che li rappresentano; i) «prenotazione»: il fatto che il passeggero sia in possesso di un biglietto o di un altro titolo che attesti che la prenotazione è stata accettata e registrata dal vettore aereo o dall'operatore turistico; j) «aeroporto»: qualsiasi area terrestre specificamente attrezzata per l'atterraggio, il decollo e le manovre degli aeromobili, comprendente installazioni ausiliarie che tali operazioni possono rendere necessarie per il traffico e i servizi aerei, comprese le installazioni necessarie per assistere i servizi aerei commerciali; k) «parcheggio aeroportuale»: un parcheggio entro i confini dell'aeroporto o sotto il diretto controllo del gestore aeroportuale, che serve direttamente i passeggeri che utilizzano detto aeroporto; l) «servizio aereo passeggeri commerciale»: un servizio di trasporto aereo di passeggeri effettuato da un vettore aereo con un volo di linea o non di linea offerto al pubblico a titolo oneroso, sia singolarmente sia come parte di un pacchetto. Articolo 3 Divieto di rifiutare il trasporto Un vettore aereo, un suo agente o un operatore turistico non può rifiutare, per motivi di disabilità o mobilità ridotta: a) di accettare una prenotazione per un volo in partenza o in arrivo a un aeroporto al quale si applica il presente regolamento; b) di imbarcare una persona con disabilità o a mobilità ridotta in tale aeroporto, purché la persona interessata sia in possesso di un biglietto valido e di una prenotazione. Articolo 4 Deroghe, condizioni speciali e informazioni 1. Nonostante le disposizioni dell’articolo 3, un vettore aereo, un suo agente o un operatore turistico può rifiutare, per motivi di disabilità o mobilità ridotta, di accettare una prenotazione per una persona con disabilità o per una persona a mobilità ridotta o di imbarcarla: a) per rispettare gli obblighi in materia di sicurezza stabiliti dalla normativa internazionale, comunitaria o nazionale ovvero gli obblighi in materia di sicurezza stabiliti dall'autorità che ha rilasciato il certificato di operatore aereo al vettore aereo in questione; b) se le dimensioni dell’aeromobile o dei suoi portelloni rendono fisicamente impossibile l'imbarco o il trasporto della persona con disabilità o a mobilità ridotta. Qualora una prenotazione non sia accettata per i motivi indicati al primo comma, lettere a) o b), il vettore aereo, il suo agente o l'operatore turistico compiono sforzi ragionevoli per proporre un'alternativa accettabile alla persona in questione. Alla persona con disabilità o a mobilità ridotta cui sia stato rifiutato l'imbarco a causa della sua disabilità o mobilità ridotta e all'eventuale accompagnatore in applicazione del paragrafo 2 del presente articolo, viene offerto il diritto al rimborso o a un volo alternativo, come previsto dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 261/2004. Il diritto di scelta fra un volo di ritorno e un volo alternativo è condizionato al rispetto di tutti gli obblighi in materia di sicurezza. 2. Alle stesse condizioni indicate al paragrafo 1, primo comma, lettera a), il vettore aereo, il suo agente o un operatore turistico possono esigere che una persona con disabilità o a mobilità ridotta sia accompagnata da un'altra persona in grado di fornirle l'assistenza necessaria. 3. Un vettore aereo o un suo agente mette a disposizione del pubblico, in formati accessibili e almeno nelle stesse lingue rese disponibili ad altri passeggeri, le norme di sicurezza che applica al trasporto di persone con disabilità e di persone a mobilità ridotta, nonché le eventuali restrizioni al loro trasporto o al trasporto di attrezzature per la mobilità dovute alle dimensioni dell’aeromobile. Un operatore turistico mette a disposizione le norme di sicurezza e le restrizioni per i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» che esso organizza, vende o propone. 4. Quando un vettore aereo, un suo agente o un operatore turistico esercita una deroga a norma dei paragrafi 1 o 2, egli informa immediatamente la persona con disabilità o la persona a mobilità ridotta delle ragioni ivi sottese. Su richiesta, il vettore aereo, il suo agente o l'operatore turistico comunica tali ragioni per iscritto alla persona con disabilità o alla persona a mobilità ridotta entro cinque giorni lavorativi dalla richiesta. Articolo 5 Designazione dei punti di arrivo e di partenza 1. In cooperazione con gli utenti aeroportuali, tramite il comitato degli utenti aeroportuali, ove presente, e le pertinenti organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità e le persone a mobilità ridotta, il gestore aeroportuale, tenendo conto delle condizioni locali, designa i punti di arrivo e di partenza all’interno del perimetro aeroportuale o in una zona sotto il controllo diretto del gestore aeroportuale sia all'interno che all'esterno dei terminal, presso cui le persone con disabilità o le persone a mobilità ridotta possano agevolmente annunciare il proprio arrivo in aeroporto e chiedere assistenza. 2. I punti di arrivo e partenza di cui al paragrafo 1 sono segnalati in modo chiaro e vi sono messe a disposizione, in formati accessibili, le informazioni di base sull'aeroporto. Articolo 6 Trasmissione di informazioni 1. I vettori aerei, i loro agenti o gli operatori turistici adottano tutte le misure necessarie per fare in modo di ricevere le notifiche di richiesta di assistenza da parte delle persone con disabilità o a mobilità ridotta in tutti i loro punti vendita nel territorio degli Stati membri cui si applica il trattato, compresa la vendita per telefono o via Internet. 2. Quando un vettore aereo, un suo agente o un operatore turistico riceve una notifica di richiesta di assistenza almeno quarantotto ore prima dell’ora di partenza del volo pubblicata, egli trasmette le informazioni in questione almeno trentasei ore prima dell’ora di partenza del volo pubblicata: a) ai gestori degli aeroporti di partenza, arrivo e transito; e b) al vettore aereo effettivo, qualora la prenotazione non sia stata effettuata con il vettore in questione, salvo che l'identità del vettore aereo sia sconosciuta al momento della notifica, nel qual caso le informazioni sono trasmesse non appena praticabile. 3. In tutti i casi diversi da quelli del paragrafo 2, il vettore aereo, il suo agente o l'operatore turistico trasmette le informazioni quanto prima possibile. 4. Non appena possibile dopo la partenza del volo, il vettore aereo effettivo comunica al gestore dell’aeroporto di destinazione, qualora sia situato nel territorio di uno Stato membro al quale si applica il trattato, il numero di persone con disabilità e di persone a mobilità ridotta presenti su detto volo che richiedono l’assistenza di cui all'allegato I, specificando la natura dell’assistenza necessaria. Articolo 7 Diritto all’assistenza negli aeroporti 1. Quando una persona con disabilità o una persona a mobilità ridotta si presenta in un aeroporto per un viaggio aereo, spetta al gestore aeroportuale garantire la prestazione dell’assistenza di cui all’allegato I, in modo che la persona possa prendere il volo per cui è in possesso di una prenotazione, a condizione che la richiesta di assistenza per le esigenze particolari della persona in questione siano state notificate al vettore aereo, al suo agente o all’operatore turistico almeno quarantotto ore prima dell’ora di partenza del volo pubblicata. Tale notifica deve indicare anche il volo di ritorno, se il volo di andata e quello di ritorno sono stati acquistati con lo stesso vettore aereo. 2. Qualora sia richiesto l'utilizzo di un cane da assistenza riconosciuto, tale utilizzo sarà reso possibile purché ne sia fatta notifica al vettore aereo, al suo agente o all'operatore turistico, in conformità delle norme nazionali applicabili al trasporto di cani da assistenza a bordo degli aerei, ove tali norme sussistano. 3. In caso di mancata notifica a norma del paragrafo 1, il gestore compie tutti gli sforzi ragionevoli per offrire l’assistenza di cui all’allegato I in modo che la persona in questione possa prendere il volo per cui è in possesso di una prenotazione. 4. Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano a condizione che: a) la persona si presenti alla registrazione: i) all’ora stabilita in anticipo e per iscritto (anche con mezzi elettronici) dal vettore aereo o dal suo agente oppure dall’operatore turistico; o ii) qualora non sia stato stabilito un orario, almeno un’ora prima dell’ora di partenza pubblicata; o b) la persona arrivi a un punto designato all'interno del perimetro aeroportuale a norma dell'articolo 5: i) all’ora stabilita in anticipo e per iscritto (anche con mezzi elettronici) dal vettore aereo o dal suo agente oppure dall’operatore turistico; o ii) qualora non sia stato stabilito un orario, almeno due ore prima dell’ora di partenza pubblicata. 5. Qualora una persona con disabilità o una persona a mobilità ridotta transiti in un aeroporto al quale si applica il presente regolamento, o sia trasferita da un vettore aereo o da un operatore turistico dal volo per cui è in possesso di una prenotazione su un altro volo, spetta al gestore garantire la prestazione dell'assistenza di cui all’allegato I, in modo che la persona in questione possa prendere il volo per cui è in possesso di una prenotazione. 6. Quando una persona con disabilità o una persona a mobilità ridotta arriva in un aeroporto al quale si applica il presente regolamento, spetta al gestore aeroportuale assicurare l'assistenza di cui all'allegato I, in modo che la persona in questione possa raggiungere il punto di partenza dall’aeroporto di cui all'articolo 5. 7. L'assistenza fornita corrisponde, nella misura del possibile, alle esigenze specifiche del singolo passeggero. Articolo 8 Responsabilità in materia di assistenza negli aeroporti 1. Spetta al gestore aeroportuale garantire, senza oneri aggiuntivi, alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta l’assistenza di cui all’allegato I. 2. Il gestore può fornire direttamente l'assistenza. In alternativa, mantenendo la propria responsabilità e sempre in conformità delle norme di qualità di cui all'articolo 9, paragrafo 1, il gestore può subappaltare tale fornitura di servizi a una o più parti. In cooperazione con gli utenti dell'aeroporto, per il tramite del comitato degli utenti, ove presente, il gestore aeroportuale può sottoscrivere un tale contratto o contratti di propria iniziativa o su richiesta, anche del vettore aereo, tenendo conto dei servizi esistenti nell'aeroporto in questione. Qualora una richiesta del genere sia respinta, il gestore aeroportuale fornisce una giustificazione scritta. 3. Per finanziare tale assistenza, il gestore aeroportuale può, su una base non discriminatoria, applicare un diritto specifico ai vettori aerei che utilizzano l’aeroporto. 4. Il diritto specifico deve essere ragionevole, commisurato ai costi, trasparente e stabilito dal gestore aeroportuale, in collaborazione con gli utenti, per mezzo del comitato degli utenti aeroportuali dell'aeroporto, ove presente, o di altro soggetto adeguato. Il diritto è ripartito fra i vettori aerei che utilizzano un aeroporto in proporzione al numero totale di passeggeri che ciascuno di essi trasporta da e verso l’aeroporto in questione. 5. Il gestore aeroportuale separa i conti delle attività di assistenza alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta dai conti delle sue altre attività, conformemente alle normali prassi commerciali. 6. Il gestore aeroportuale mette a disposizione degli utenti aeroportuali, per il tramite del comitato degli utenti aeroportuali, ove presente, o di qualsiasi altro soggetto adeguato, nonché dell'organismo responsabile o degli organismi responsabili dell'applicazione di cui all'articolo 14, un resoconto annuale verificato dei diritti riscossi e dei costi sostenuti per quanto riguarda l'assistenza alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta. Articolo 9 Norme di qualità per l’assistenza 1. Ad eccezione degli aeroporti con un transito annuo di passeggeri commerciali inferiore a 150 000 unità, il gestore fissa norme di qualità per l’assistenza di cui all'allegato I e stabilisce le risorse necessarie per rispettarle, in collaborazione con gli utenti aeroportuali, mediante il comitato degli utenti aeroportuali, ove presente, e delle organizzazioni che rappresentano i passeggeri con disabilità e i passeggeri a mobilità ridotta. 2. Nel fissare dette norme, si terrà pienamente conto delle politiche e dei codici di condotta riconosciuti a livello internazionale riguardanti l’agevolazione del trasporto di persone con disabilità o a mobilità ridotta, in particolare il codice di buona condotta dell'ECAC per l'assistenza a terra di persone a mobilità ridotta. 3. Il gestore aeroportuale pubblica le proprie norme di qualità. 4. Un vettore aereo e il gestore aeroportuale possono concordare che, per i passeggeri che il vettore aereo in questione trasporta da e verso l’aeroporto, il gestore fornirà un’assistenza di livello superiore a quello previsto dalle norme di cui al paragrafo 1 o servizi supplementari rispetto a quelli elencati all’allegato I. 5. Per finanziare queste azioni, il gestore può applicare un diritto integrativo al vettore aereo oltre a quello di cui all’articolo 8, paragrafo 3, che deve essere trasparente, commisurato ai costi e stabilito previa consultazione con il vettore aereo interessato. Articolo 10 Assistenza da parte dei vettori aerei Il vettore aereo fornisce l’assistenza di cui all’allegato II senza oneri aggiuntivi alle persone con disabilità o alle persone a mobilità ridotta in transito, in arrivo o in partenza da un aeroporto al quale si applica il presente regolamento, a condizione che tale persona soddisfi le condizioni di cui all’articolo 7, paragrafi 1, 2 e 4. Articolo 11 Formazione I vettori aerei e i gestori aeroportuali: a) assicurano che tutto il proprio personale, compreso il personale alle dipendenze di un subappaltatore, che fornisce un'assistenza diretta alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta sia in grado di soddisfare le necessità di tali persone, a seconda della disabilità o dell'handicap motorio; b) forniscono una formazione incentrata sulla disabilità e sull'uguaglianza nei confronti della disabilità a tutto il personale che lavora in aeroporto a diretto contatto con i viaggiatori; c) assicurano che tutti i nuovi dipendenti ricevano una formazione sulla disabilità e che tutto il personale segua al momento opportuno corsi di aggiornamento in materia. Articolo 12 Risarcimento in caso di perdita o danneggiamento di sedie a rotelle, altre attrezzature per agevolare la mobilità e dispositivi di assistenza Nel caso in cui le sedie a rotelle, le altre attrezzature per agevolare la mobilità o i dispositivi di assistenza vengano persi o danneggiati durante la gestione in aeroporto o il trasporto a bordo degli aeromobili, il passeggero cui appartengono è risarcito in conformità di quanto prevede il diritto internazionale, comunitario e nazionale. Articolo 13 Inammissibilità di deroghe Gli obblighi nei confronti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta stabiliti nel presente regolamento non sono soggetti a limitazioni o deroghe. Articolo 14 Organismo di applicazione e suoi compiti 1. Ogni Stato membro designa uno o più organismi responsabili dell'applicazione del presente regolamento per quanto riguarda i voli in partenza o in arrivo negli aeroporti situati sul proprio territorio. Ove opportuno, tale organismo o tali organismi adottano le misure necessarie per garantire il rispetto dei diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta, compreso il rispetto delle norme di qualità di cui all'articolo 9, paragrafo 1. Gli Stati membri informano la Commissione circa l'organismo o gli organismi designati. 2. Se del caso, gli Stati membri stabiliscono che l'organismo o gli organismi responsabili dell'applicazione, designati a norma del paragrafo 1, garantiscano altresì un'applicazione soddisfacente dell'articolo 8, anche per quanto concerne le disposizioni in materia di diritti, allo scopo di evitare la concorrenza sleale. Essi possono anche designare a tal fine un organismo specifico. Articolo 15 Procedura di reclamo 1. Se ritiene che il presente regolamento sia stato violato, la persona con disabilità o la persona a mobilità ridotta può richiamare sulla questione l'attenzione del gestore aeroportuale o del vettore aereo interessato, a seconda del caso. 2. Qualora la persona con disabilità o la persona a mobilità ridotta non riesca a ottenere soddisfazione in tal modo, i reclami riguardanti una presunta infrazione del presente regolamento possono essere presentati presso l'organismo o gli organismi designati di cui all'articolo 14, paragrafo 1, o presso qualsiasi altro organismo competente designato da uno Stato membro. 3. Un organismo di uno Stato membro che riceva un reclamo rientrante nella sfera di responsabilità di un organismo designato di un altro Stato membro trasmette il reclamo a quest'ultimo organismo. 4. Gli Stati membri adottano misure per informare le persone con disabilità e le persone a mobilità ridotta dei loro diritti istituiti dal presente regolamento e della possibilità di sporgere reclamo presso l'organismo o gli organismi designati. Articolo 16 Sanzioni Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili alle infrazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'applicazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione e provvedono a notificare immediatamente le eventuali successive modificazioni. Articolo 17 Relazioni La Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 1o gennaio 2010 in merito al funzionamento e agli effetti del presente regolamento. Se del caso, la relazione è accompagnata da apposite proposte normative che attuano in modo più dettagliato le disposizioni del presente regolamento o lo modificano. Articolo 18 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 26 luglio 2008, ad eccezione degli articoli 3 e 4, che si applicano a decorrere dal 26 luglio 2007. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 5 luglio 2006. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio La presidente P. LEHTOMÄKI (1) GU C 24 del 31.1.2006, pag. 12. (2) Parere del Parlamento europeo del 15 dicembre 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 9 giugno 2006. (3) GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59. (4) GU L 46 del 17.2.2004, pag. 1. (5) GU L 272 del 25.10.1996, pag. 36. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (6) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (7) GU L 240 del 24.8.1992, pag. 1. ALLEGATO I Assistenza sotto la responsabilità dei gestori aeroportuali Assistenza e misure necessarie per consentire alle persone con disabilità e alle persone a mobilità ridotta di: — comunicare il loro arrivo all'aeroporto e la richiesta di assistenza ai punti designati all'interno e all'esterno dei terminal di cui all'articolo 5, — spostarsi da un punto designato al banco dell’accettazione, — adempiere alle formalità di registrazione del passeggero e dei bagagli, — procedere dal banco dell’accettazione all’aeromobile, espletando i controlli per l'emigrazione, doganali e di sicurezza, — imbarcarsi sull'aeromobile, mediante elevatori, sedie a rotelle o altra assistenza specifica necessaria, — procedere dal portellone dell’aeromobile al posto a sedere, — riporre e recuperare il bagaglio a bordo, — procedere dal posto a sedere al portellone dell’aeromobile, — sbarcare dall'aeromobile, mediante elevatori, sedie a rotelle o altra assistenza specifica necessaria, — procedere dall’aeromobile alla sala ritiro bagagli e ritirare i bagagli, completando i controlli per l’immigrazione e doganali, — procedere dalla sala ritiro bagagli a un punto designato, — prendere i voli in coincidenza, se in transito, con assistenza a bordo e a terra, all’interno dei terminal e tra di essi, a seconda delle esigenze specifiche, — recarsi ai servizi igienici in caso di necessità. Quando una persona con disabilità o una persona a mobilità ridotta è assistita da un accompagnatore, questa persona deve, qualora ne sia richiesta, poter prestare la necessaria assistenza in aeroporto nonché per l'imbarco e lo sbarco. Gestione a terra di tutte le necessarie attrezzature per la mobilità, comprese le sedie a rotelle elettriche, previo preavviso di quarantotto ore e limitatamente allo spazio disponibile a bordo dell'aeromobile nonché nel rispetto della pertinente normativa relativa alle merci pericolose. Sostituzione temporanea di attrezzatura per la mobilità danneggiata o smarrita, tenendo presente che la sostituzione con presidi comparabili potrebbe non essere fattibile. Assistenza a terra per cani da assistenza riconosciuti, ove opportuno. Comunicazione delle informazioni sui voli in formato accessibile. ALLEGATO II Assistenza da parte dei vettori aerei Trasporto in cabina dei cani da assistenza riconosciuti, nel rispetto della regolamentazione nazionale. Oltre agli apparecchi medici, trasporto di al massimo due dispositivi di mobilità per persona con disabilità o persona a mobilità ridotta, comprese sedie a rotelle elettriche, previo preavviso di quarantotto ore e limitatamente allo spazio disponibile a bordo dell’aeromobile nonché nel rispetto della pertinente normativa relativa alle merci pericolose. Comunicazione delle informazioni essenziali sul volo in formato accessibile. Realizzazione di ogni sforzo ragionevole al fine di attribuire, su richiesta, i posti a sedere tenendo conto delle esigenze delle singole persone con disabilità o a mobilità ridotta, nel rispetto dei requisiti di sicurezza e limitatamente alla disponibilità. Se necessario, assistenza alle persone affinché possano raggiungere i servizi igienici. Qualora una persona con disabilità o una persona a mobilità ridotta sia assistita da una persona di accompagnamento, il vettore aereo effettua ogni sforzo ragionevole per attribuire a tale persona un posto a sedere vicino alla persona con disabilità o alla persona a mobilità ridotta.
Diritti delle persone a mobilità ridotta: trasporto aereo SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Proibisce ai vettori aerei di rifiutare la prenotazione o l’imbarco ai passeggeri a causa della loro ridotta mobilità o disabilità*. Garantisce inoltre che tali passeggeri ricevano assistenza gratuita, al fine di consentire loro di usare il trasporto aereo in condizioni di parità rispetto agli altri passeggeri. PUNTI CHIAVE Eccezioni e condizioni speciali In determinate circostanze, un vettore aereo, un suo agente o un operatore turistico può rifiutare di accettare una prenotazione o di imbarcare una persona a mobilità ridotta o con disabilità: per rispettare gli obblighi in materia di sicurezza stabiliti per legge (il vettore può inoltre richiedere che la persona sia accompagnata da un’altra persona in grado di fornire assistenza, al fine di rispettare tali obblighi in materia di sicurezza); se le dimensioni dell’aeromobile o dei suoi portelloni rendono fisicamente impossibile l’imbarco o il trasporto di tale persona. In entrambe le situazioni, la persona interessata deve essere immediatamente informata dei motivi. Devono essere compiuti sforzi ragionevoli per proporre un’alternativa accettabile alla persona in questione. Le persone cui sia stato rifiutato l’imbarco per tali motivi hanno diritto al rimborso o a un volo alternativo ai sensi del regolamento (CE) n. 261/2004. Assistenza in aeroporto Le persone a mobilità ridotta o con disabilità hanno il diritto di ricevere l’assistenza gratuita specificata nel regolamento: negli aeroporti (alla partenza, all’arrivo e durante il transito); a bordo dell’aeromobile (ad esempio, il trasporto di attrezzature per la mobilità e di cani guida per i ciechi). Il gestore aeroportuale può finanziare tali servizi applicando un diritto specifico agli utenti aeroportuali. Violazioni e sanzioni I paesi dell’UE e dell’Associazione europea di libero scambio devono stabilire sanzioni per le violazioni del regolamento e istituire organismi indipendenti che si occupino dei reclami. Il regolamento (CE) n. 261/2004 stabilisce norme comunitarie in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato. Orientamenti Nel 2012, la Commissione europea ha pubblicato gli orientamenti relativi all’interpretazione del regolamento, che affrontavano problemi pratici e incertezze residue sia per i vettori aerei sia per i passeggeri con disabilità o a mobilità ridotta. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è entrato in vigore il 15 agosto 2006. TERMINI CHIAVE * Persone con disabilità o persone a mobilità ridotta: qualsiasi persona la cui mobilità sia ridotta, nell’uso del trasporto, a causa di qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o locomotoria, permanente o temporanea), disabilità o handicap mentale, o per qualsiasi altra causa di disabilità, o per ragioni di età, che richieda un’attenzione adeguata e un adattamento del servizio fornito a tutti i passeggeri per rispondere alle esigenze specifiche di detta persona. ATTO Regolamento (CE) n. 1107/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 1-9) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1107/2006 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91 (GU L 46 del 17.2.2004, pag. 1-8)
12,590
764
31987L0054
false
Direttiva 87/54/CEE del Consiglio del 16 dicembre 1986 sulla tutela giuridica delle topografie di prodotti a semiconduttori Gazzetta ufficiale n. L 024 del 27/01/1987 pag. 0036 - 0040 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 16 pag. 0095 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 16 pag. 0095 *****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 1986 sulla tutela giuridica delle topografie di prodotti a semiconduttori (87/54/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che i prodotti a semiconduttori trovano una sempre maggiore applicazione in una vasta gamma di industrie e che quindi la tecnologia dei semiconduttori può essere considerata fondamentale per lo sviluppo industriale della Comunità; considerando che le funzioni dei prodotti a semiconduttori dipendono in gran parte dalle loro topografie e che la realizzazione di tali topografie richiede l'investimento di cospicue risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre esse possono essere copiate a costi notevolmente inferiori a quelli necessari per la loro realizzazione; considerando che attualmente le topografie di prodotti a semiconduttori non godono di una chiara tutela nella legislazione vigente in tutti gli Stati membri e che tale protezione, ove esiste, ha caratteristiche diverse; considerando che le differenze di tutela giuridica dei prodotti a semiconduttori nella legislazione degli Stati membri hanno effetti negativi diretti sul funzionamento del mercato comune di tali prodotti e che tali differenze rischiano di aumentare con l'introduzione, da parte degli Stati membri, di nuovi provvedimenti legislativi in materia; considerando che occorre eliminare le differenze esistenti che hanno simili effetti ed impedire l'apparizione di nuove differenze che abbiano effetti negativi sul mercato comune; considerando che, per quanto riguarda l'estensione della tutela a persone fuori dalla Comunità, gli Stati membri dovrebbero poter agire per conto proprio se non sono adottate entro breve termine decisioni a livello della Comunità; considerando che il quadro giuridico della Comunità in materia di tutela delle topografie di prodotti a semiconduttori può, in un primo tempo, essere limitato a certi principi basilari, enunciati in disposizioni che specifichino le persone da tutelare e l'oggetto della tutela, i diritti esclusivi che le persone tutelate dovrebbero poter far valere per autorizzare o vietare certi atti, le eccezioni a detti diritti e la durata della tutela; considerando che le altre questioni possono per il momento essere disciplinate conformemente alle leggi nazionali, in particolare la questione di sapere se registrazione e deposito siano richiesti come condizione per la tutela e, fatta salva l'esclusione delle licenze rilasciate soltanto a causa del decorrere di un termine, la questione di sapere se ed a quali condizioni possano essere concesse licenze non facoltative per topografie tutelate; considerando che la tutela delle topografie di prodotti a semiconduttori conformemente alla presente direttiva non dovrebbe ostare ad altre forme di tutela; considerando che si può rinviare, se necessario, ad uno stadio successivo l'esame di ulteriori misure sulla tutela giuridica nella Comunità delle topografie di prodotti a semiconduttori, mentre è urgente che tutti gli Stati membri applichino, conformemente alle disposizioni della presente direttiva, alcuni principi basilari comuni, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPITOLO 1 Definizioni Articolo 1 1. Agli effetti della presente direttiva: a) si intende per « prodotto a semiconduttori » ogni prodotto finito o intermedio i) consistente in un insieme di materiali che comprende uno strato di materiale semiconduttore e ii) che contiene uno o più strati composti di materiale conduttore, isolante o semiconduttore, disposti secondo uno schema tridimensionale prestabilito e iii) destinato a svolgere, esclusivamente o insieme alle altre funzioni, una funzione elettronica; b) si intende per « topografia » di un prodotto a semiconduttori una serie di disegni correlati, comunque fissati o codificati, i) rappresentanti lo schema tridimensionale degli strati di cui si compone un prodotto a semiconduttori e ii) nella qual serie ciascuna immagine riproduce in tutto o in parte una superficie del prodotto a semiconduttori in uno stadio qualsiasi della sua fabbricazione; c) si intende per « sfruttamento commerciale » la vendita, l'affitto, il leasing o qualsiasi altro metodo di distribuzione commerciale o l'offerta per tali scopi. Tuttavia ai fini dell'articolo 3, paragrafo 4, dell'articolo 4, paragrafo 1, dell'articolo 7, paragrafi 1, 3 e 4, l'espressione « sfruttamento commerciale » non comprende lo sfruttamento in condizioni di riservatezza nel quale non vi sia stata alcuna ulteriore distribuzione ai terzi, a meno che lo sfruttamento della topografia avvenga secondo le condizioni di riservatezza imposte da una misura presa conformemente all'articolo 223, paragrafo 1, lettera b), del trattato. 2. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, può modificare il paragrafo 1, lettera a), punti i) e ii), per adattarli al progresso tecnico. CAPITOLO 2 Tutela delle topografie dei prodotti a semiconduttori Articolo 2 1. Gli Stati membri tutelano le topografie di prodotti a semiconduttori, adottando disposizioni legislative che attribuiscono diritti esclusivi, conformemente alla presente direttiva. 2. La topografia di un prodotto a semiconduttori è tutelata a condizione che sia il risultato dello sforzo intellettuale del suo creatore e che non sia comunemente conosciuta nell'industria dei semiconduttori. Se la topografia di un prodotto a semiconduttori è costituita da elementi comunemente conosciuti nell'industria dei semiconduttori, essa è tutelata solo nella misura in cui la combinazione di questi elementi, nell'insieme, soddisfi le suddette condizioni. Articolo 3 1. Fatti salvi i paragrafi da 2 a 5 beneficiano del diritto alla tutela le persone creatrici di topografie di prodotti a semiconduttori. 2. Gli Stati membri possono disporre che: a) nel caso di una topografia creata nel quadro di un lavoro dipendente, il diritto alla tutela spetti al datore di lavoro del creatore salvo disposizioni contrarie nel contratto di lavoro; b) nel caso di una topografia creata in virtù di un contratto diverso da un contratto di lavoro, il diritto alla tutela spetti alla parte del contratto la quale abbia commissionato la topografia, salvo disposizioni contrarie del contratto. 3. a) Per quanto riguarda le persone di cui al paragrafo 1, il diritto alla tutela spetta alle persone fisiche cittadine di uno Stato membro o residenti abituali di uno Stato membro. b) Ove gli Stati membri adottino disposizioni in conformità del paragrafo 2, il diritto alla tutela spetta: i) alle persone fisiche cittadine di uno Stato membro o residenti abituali di uno Stato membro; ii) alle società e altre persone giuridiche che hanno un insediamento industriale o commerciale vero ed affettivo nel territorio di uno Stato membro. 4. Qualora non esista un diritto alla tutela ai sensi di altre disposizioni del presente articolo, il diritto alla tutela spetta anche alle persone di cui al paragrafo 3, lettera b), punti i) e ii), che a) per prime hanno sfruttato commercialmente all'interno di uno Stato membro una topografia non ancora utilizzata commercialmente altrove nel mondo e b) hanno avuto l'autorizzazione esclusiva di sfruttare commercialmente la topografia nella Comunità dalla persona titolare del diritto di disporne. 5. Il diritto alla tutela spetta anche agli aventi causa delle persone indicate ai paragrafi da 1 a 4. 6. Fatto salvo il paragrafo 7, gli Stati membri possono negoziare e concludere accordi o intese con Stati terzi, nonché convenzioni multilaterali concernenti la tutela giuridica delle topografie di prodotti a semiconduttori nel rispetto del diritto comunitario e in particolare delle disposizioni contenute nella presente direttiva. 7. Gli Stati membri possono avviare negoziati con Stati terzi allo scopo di estendere il diritto di tutela alle persone che non ne beneficiano ai sensi della presente direttiva. Gli Stati membri che avviano tali negoziati ne informano la Commissione. Lo Stato membro che desidera estendere la tutela alle persone che altrimenti non beneficiano del diritto alla tutela ai sensi della presente direttiva oppure che desidera concludere un accordo o un'intesa per l'estensione della tutela con uno Stato non membro ne dà notifica alla Commissione. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. Lo Stato membro tiene in sospeso l'estensione della tutela o la conclusione dell'accordo o dell'intesa per un mese dalla data di notifica alla Commissione. Tuttavia, se durante questo periodo la Commissione notifica allo Stato membro interessato la propria intenzione di presentare al Consiglio una proposta perché tutti gli Stati membri estendano la tutela alle persone o allo Stato terzo interessato, lo Stato membro in questione tiene in sospeso l'estensione della tutela o la conclusione dell'accordo o dell'intesa per un periodo di due mesi dalla data della notifica dello Stato membro. Qualora, anteriormente alla scadenza di questo periodo di due mesi, la Commissione presenti una siffatta proposta al Consiglio, lo Stato membro tiene in sospeso l'estensione della tutela o la conclusione dell'accordo o dell'intesa per un ulteriore periodo di quattro mesi dalla data in cui la proposta è stata presentata. In mancanza di una notifica o di una proposta della Commissione, oppure di una decisione del Consiglio entro i termini sopra prescritti, lo Stato membro può estendere la tutela o concludere l'accordo o intesa. La proposta della Commissione sull'estensione della tutela, a prescindere dal fatto che sia stata presentata o meno in seguito alla notifica di uno Stato membro conformemente ai paragrafi precedenti, è adottata dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata. La decisione del Consiglio sulla base di una proposta della Commissione non impedisce ad uno Stato membro di estendere la tutela a persone diverse da quelle che ne beneficiano in tutti gli Stati membri, qualora esse siano incluse nelle proposte di estensione, accordo o intesa notificate, salvo diversa decisione del Consiglio presa a maggioranza qualificata. 8. Le proposte della Commissione e le decisioni del Consiglio ai sensi del paragrafo 7 sono pubblicate, a titolo informativo, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 4 1. Gli Stati membri possono disporre che i diritti esclusivi accordati conformemente all'articolo 2 non sorgano o cessino di essere applicabili alla topografia di un prodotto a semiconduttori qualora non sia stata presentata una regolare domanda di registrazione presso un pubblico ufficio entro due anni dal primo sfruttamento commerciale; oltre a tale registrazione, gli Stati membri possono rendere obbligatorio il deposito presso un pubblico ufficio di materiali identificativi o esemplificativi della topografia o di qualsiasi combinazione, come pure una dichiarazione relativa alla data del primo sfruttamento commerciale della topografia, qualora essa preceda la data della domanda di registrazione. 2. Gli Stati membri garantiscono che il materiale depositato in conformità del paragrafo 1 non sia messo a disposizione del pubblico se rappresenta un segreto commerciale. Questa disposizione non osta alla divulgazione di tale materiale in seguito ad ordinanza del tribunale o di un'altra autorità competente a persone coinvolte in una controversia in merito alla validità o alla violazione dei diritti esclusivi di cui all'articolo 2. 3. Gli Stati membri possono esigere che i trasferimenti dei diritti sulle topografie tutelate siano registrati. 4. Gli Stati membri possono subordinare la registrazione e il deposito di cui ai paragrafi 1 e 3 al pagamento dei diritti, che non possono essere superiori ai costi amministrativi. 5. Non si può esigere l'adempimento di ulteriori formalità per ottenere o mantenere la tutela. 6. Gli Stati membri che prescrivono la registrazione prevedono ricorsi giuridici a favore della persona che ha diritto alla tutela conformemente alla presente direttiva e che può provare che un'altra persona ha chiesto o ottenuto la registrazione di una topografia senza la sua autorizzazione. Articolo 5 1. I diritti esclusivi di cui all'articolo 2 comprendono il diritto di autorizzare o vietare uno degli atti seguenti: a) riproduzione di una topografia qualora sia tutelata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2; b) sfruttamento commerciale o importazione per tale scopo della topografia o di un prodotto a semiconduttori fabbricato sfruttando la topografia. 2. Indipendentemente dal paragrafo 1, uno Stato membro può autorizzare la riproduzione di una topografia in un ambito privato, a fini non commerciali. 3. Il diritto esclusivo menzionato nel paragrafo 1, lettera a), non è applicabile ad una riproduzione effettuata allo scopo di analizzare, valutare o insegnare i concetti, i processi, i sistemi o le tecniche incorporate nella topografia o la topografia stessa. 4. I diritti esclusivi menzionati nel paragrafo 1 non si estendono agli atti relativi ad una topografia che soddisfa le condizioni dell'articolo 2, paragrafo 2, e che è stata creata in base ad un'analisi e a una valutazione di un'altra topografia effettuate in conformità del paragrafo 3. 5. Il diritto esclusivo di autorizzare o vietare gli atti di cui al paragrafo 1, lettera b), non è applicabile agli atti compiuti dopo che la topografia o il prodotto a semiconduttori sono stati posti sul mercato di uno Stato membro dalla persona che ha il diritto di autorizzarne la commercializzazione o con il consenso della stessa. 6. Non si può impedire di sfruttare commercialmente un prodotto a una persona che ha acquistato un prodotto a semiconduttori senza sapere o senza avere una ragione valida di ritenere che il prodotto è tutelato da un diritto esclusivo accordato da uno Stato membro conformemente alla presente direttiva. Tuttavia, per atti compiuti dopo che tale persona ha saputo o ha avuto ragioni valide di ritenere che un prodotto a semiconduttori è protetto, gli Stati membri assicurano che, su richiesta del titolare del diritto, un tribunale possa richiedere, conformemente alle disposizioni della legislazione nazionale applicabile, il pagamento di un adeguato compenso. 7. Il paragrafo 6 si applica agli aventi causa della persona cui si riferisce il primo comma di tale paragrafo. Articolo 6 Gli Stati membri non sottopongono i diritti esclusivi di cui all'articolo 2 a licenze rilasciate automaticamente e per legge soltanto a causa del decorrere di un termine. Articolo 7 1. Gli Stati membri provvedono a che i diritti esclusivi di cui all'articolo 2 sorgano a) qualora la registrazione sia la condizione per ottenere i diritti esclusivi in conformità dell'articolo 4, alla prima delle date seguenti: i) la data del primo sfruttamento commerciale della topografia in una qualsiasi parte del mondo; ii) la data in cui è stata presentata nella debita forma la domanda di registrazione, oppure b) al momento del primo sfruttamento commerciale in una qualsiasi parte del mondo; c) al momento della prima fissazione o codificazione della topografia. 2. Se i diritti esclusivi sorgono in conformità del paragrafo 1, lettera a) o b), gli Stati membri stabiliscono, per il periodo anteriore al sorgere di tali diritti, mezzi giuridici a favore delle persone aventi diritto alla tutela conformemente alla presente direttiva, le quali possano provare che altre persone abbiano con la frode riprodotto, sfruttato commercialmente oppure importato a questo scopo una topografia. Il presente paragrafo non pregiudica i mezzi giuridici disponibili per assicurare il rispetto dei diritti esclusivi accordati conformemente all'articolo 2. 3. I diritti esclusivi si estinguono dieci anni dopo la fine dell'anno civile in cui la topografia è stata per la prima volta sfruttata commercialmente in una qualsiasi parte del mondo ovvero qualora la registrazione sia la condizione per il sorgere e il perdurare dei diritti esclusivi, dieci anni dopo la prima delle date seguenti: a) la fine dell'anno civile in cui la topografia è stata per la prima volta sfruttata commercialmente in una qualsiasi parte del mondo; b) la fine dell'anno civile in cui è stata presentata nella debita forma la domanda di registrazione. 4. Qualora una topografia non sia stata sfruttata commercialmente in una qualsiasi parte del mondo entro quindici anni dalla sua prima fissazione o codificazione, i diritti esclusivi esistenti ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, si estinguono e non possono sorgere nuovi diritti esclusivi a meno che durante questo periodo non sia stata presentata una domanda di registrazione nella debita forma negli Stati membri in cui la registrazione è una condizione per il sorgere e il perdurare di diritti esclusivi. Articolo 8 La tutela concessa alle topografie dei prodotti a semiconduttori a norma dell'articolo 2 non si estende ai concetti, processi, sistemi, tecniche o informazioni codificate incorporati nella topografia e diversi dalla topografia stessa. Articolo 9 Quando la legislazione degli Stati membri prevede che i prodotti a semiconduttori fabbricati sfruttando topografie tutelate possano essere muniti di un segno distintivo, tale segno deve essere una T maiuscola rappresentata nel modo seguente: T, « T », [ T ] , T , T * o T . CAPITOLO 3 Mantenimento di altre disposizioni legislative Articolo 10 1. La presente direttiva non osta all'applicazione delle disposizioni legislative relative ai diritti sui brevetti e ai diritti sui modelli di utilità. 2. La presente direttiva non pregiudica: a) i diritti conferiti dagli Stati membri in esecuzione dei loro obblighi derivanti da accordi internazionali, fra cui le disposizioni che estendono tali diritti a cittadini dello Stato membro interessato o a residenti nel territorio di quest'ultimo; b) le norme degli Stati membri in materia di tutela dei diritti d'autore che limitano la riproduzione di disegni o altre rappresentazioni artistiche di topografie mediante copia a due dimensioni. 3. La presente direttiva non osta alla tutela accordata dalla legislazione nazionale alle topografie di prodotti a semiconduttori fissate o codificate anteriormente all'entrata in vigore delle disposizioni nazionali che recepiscono la presente direttiva, ma non dopo la data fissata all'articolo 11, paragrafo 1. CAPITOLO 4 Disposizioni finali Articolo 11 1. Gli Stati membri pongono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 7 novembre 1987. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni principali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 16 dicembre 1986. Per il Consiglio Il Presidente G. HOWE (1) GU n. C 360 del 31. 12. 1985, pag. 14. (2) GU n. C 255 del 13. 10. 1986, pag. 249. (3) GU n. C 189 del 28. 7. 1986, pag. 5.
Tutela giuridica: topografie di prodotti a semiconduttori QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva mira a fornire un sistema chiaro e armonizzato in tutta l’Unione europea (UE) per la tutela giuridica delle topografie* (disegni di progettazione) di prodotti a semiconduttori*. La finalità di questa particolare forma di diritto di proprietà intellettuale è quella di impedire che progetti originali di microchip o circuiti integrati vengano copiati e successivamente commercializzati, così come sono o all’interno di qualsiasi prodotto nel quale sono inseriti. PUNTI CHIAVE Condizioni per la concessione della tutela delle topografie dei prodotti a semiconduttori Gli Stati membri:adottano disposizioni legislative per tutelare le topografie dei semiconduttori se i loro progetti soddisfano due condizioni:sono il risultato dello sforzo intellettuale del loro creatore,non sono comunemente conosciute nell’industria dei semiconduttori. Se la topografia di un prodotto a semiconduttori è costituita da elementi comunemente conosciuti nell’industria dei semiconduttori, essa è tutelata solo nella misura in cui la combinazione di questi elementi, nell’insieme, soddisfi le suddette condizioni; concedono il diritto alla tutela alla persona che crea la topografia, se tale persona è un cittadino di uno Stato membro o vi risiede abitualmente. Tuttavia, possono specificare a chi viene concesso il diritto nel caso in cui una topografia sia creata in virtù di un contratto di lavoro o di un contratto diverso da un contratto di lavoro; possono, in determinate condizioni, concedere la tutela alle persone fisiche, alle società o altre persone giuridiche che per prime hanno sfruttato commercialmente una topografia:non ancora utilizzata commercialmente,che ha avuto l’autorizzazione esclusiva di sfruttare commercialmente la topografia nell’UE dalla persona titolare del diritto di disporne; possono avviare negoziati con i paesi terzi allo scopo di estendere il diritto di tutela alle persone che non ne beneficiano ai sensi della presente direttiva. In tal caso, ne informano la Commissione europea; possono rifiutare o cessare la tutela della topografia e del prodotto a semiconduttori se la domanda di registrazione nella debita forma non viene presentata presso un pubblico ufficio entro due anni dal primo sfruttamento commerciale; possono richiedere che i materiali identificativi o esemplificativi della topografia vengano depositati presso un pubblico ufficio. Tuttavia, tale materiale non deve essere messo a disposizione del pubblico se rappresenta un segreto commerciale.Diritti esclusivi I diritti concessi sono diritti esclusivi. Essi comprendono:il diritto di autorizzare o vietare la riproduzione di una topografia tutelata; e il diritto di autorizzare o vietare lo sfruttamento commerciale o l’importazione per tale scopo della topografia o di un prodotto a semiconduttori fabbricato sfruttando la topografia.Il diritto esclusivo ad autorizzare o vietare la riproduzione non è applicabile ad una riproduzione:in ambito privato, a fini non commerciali, effettuata allo scopo di analizzare, valutare o insegnare i concetti, i processi, i sistemi o le tecniche incorporate nella topografia o la topografia stessa.La tutela concessa alle topografie dei prodotti a semiconduttori non si estende ai concetti, processi, sistemi, tecniche o informazioni codificate incorporati nella topografia e diversi dalla topografia stessa. RegistrazioneQualora la registrazione della topografia sia una condizione per ottenere i diritti esclusivi, quei diritti avranno effetto a partire da:la data in cui è stata presentata nella debita forma la domanda di registrazione; ola data in cui la topografia è stata sfruttata commercialmente per la prima volta ovunque nel mondo, a seconda di quella che si verifica per prima. Qualora la registrazione non sia una condizione per ottenere i diritti esclusivi, i diritti avranno effetto quando la topografia viene sfruttata commercialmente per la prima volta ovunque nel mondo o quando viene fissata o codificata per la prima volta.Estinzione dei diritti I diritti esclusivi si estinguono dieci anni dopo la fine dell’anno civile in cui la topografia è stata per la prima volta sfruttata commercialmente. Qualora la registrazione sia una condizione, il periodo di dieci anni viene calcolato:dalla fine dell’anno civile in cui è stata presentata la registrazione; o dalla fine dell’anno civile in cui la topografia è stata sfruttata commercialmente per la prima volta, a seconda di quella che si verifica per prima.Estensione della tutela legale ai paesi terzi La tutela giuridica delle topografie dei prodotti a semiconduttori è stata estesa a individui, società e altre persone giuridiche da:Stati Uniti (decisione 93/16/CEE), Canada (decisione 94/700/CE) un membro dell’Organizzazione mondiale del commercio (Decisione 94/824/CE), e Isola di Man (decisione 96/644/CE).Applicazione dei diritti di proprietà intellettuale Il regolamento (UE) n. 608/2013 sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali, che ha abrogato il regolamento (CE) n. 1383/2003, ha esteso l’elenco dei diritti tutelati per includere anche le topografie di prodotti a semiconduttori dal 1o gennaio 2014. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 23 dicembre 1986 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 7 novembre 1987. CONTESTO A livello internazionale, nell’ambito dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, nel 1989 è stato adottato il trattato di Washington sulla proprietà intellettuale in materia di circuiti integrati. Esso fornisce protezione per le topografie dei circuiti integrati. Sebbene il trattato non sia entrato in vigore, il suo contenuto è stato incorporato per riferimento nell’accordo sugli aspetti della proprietà intellettuale attinenti al commercio (generalmente noto come «accordo TRIPS» — si veda la sintesi) firmato nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio. Per ulteriori informazioni consultare:Legislazione sul diritto d’autore dell’UE (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Topografia: nel caso di un prodotto a semiconduttore (si veda il termine chiave di seguito), una serie di disegni correlati, comunque fissati o codificati:rappresentanti lo schema tridimensionale degli strati di cui si compone un prodotto a semiconduttori;nella qual serie ciascuna immagine riproduce in tutto o in parte una superficie del prodotto a semiconduttori in uno stadio qualsiasi della sua fabbricazione. Prodotti a semiconduttori: circuiti integrati, noti anche come microchip (o chip), sono la forma finale o intermedia di qualsiasi prodotto:consistente in un insieme di materiali che comprende uno strato di materiale semiconduttore; eche contiene uno o più strati composti di materiale conduttore, isolante o semiconduttore, disposti secondo uno schema tridimensionale prestabilito; edestinato a svolgere, esclusivamente o insieme alle altre funzioni, una funzione elettronica.I chip sono inseriti in molti beni di consumo quali elettrodomestici come lavatrici o televisori, e in automobili, telefoni cellulari, computer, apparecchiature medicali e macchinari. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 87/54/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1986, sulla tutela giuridica delle topografie di prodotti a semiconduttori (GU L 24 del 27.1.1987, pag. 36). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali e che abroga il regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio (GU L 181 29.6.2013, pag. 15). Accordo sullo Spazio economico europeo — Allegato XVII — Proprietà intellettuale — Elenco di cui all’articolo 65, paragrafo 2 (GU L 1 del 3.1.1994, pag. 482). ESTENSIONE DELLA TUTELA AI NUOVI STATI MEMBRI Decisione 96/644/CE del Consiglio, dell’11 novembre 1996, concernente l’estensione della tutela giuridica delle topografie di prodotti a semiconduttori alle persone dell’Isola di Man (GU L 293 del 16.11.1996, pag. 18). Decisione 94/824/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa all’estensione della tutela giuridica delle topografie di prodotti a semiconduttori alle persone dei membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (GU L 349 del 31.12.1994, pag. 201). Decisione 94/700/CE del Consiglio, del 24 ottobre 1994, riguardante l’estensione della tutela giuridica delle topografie di prodotti a semiconduttori alle persone del Canada (GU L 284 dell’1.11.1994, pag. 61). Decisione 93/16/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1992, sull’estensione della tutela giuridica delle topografie di prodotti a semiconduttori alle persone degli Stati Uniti d’America e di taluni territori (GU L 11 del 19.1.1993, pag. 20). Le modifiche successive alla decisione 93/16/CEE sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
8,402
940
32008R0762
false
REGOLAMENTO (CE) N. 762/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 9 luglio 2008 relativo alla trasmissione di statistiche sull’acquacoltura da parte degli Stati membri e che abroga il regolamento (CE) n. 788/96 del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 788/96 del Consiglio, del 22 aprile 1996, relativo alla trasmissione di statistiche sui prodotti dell’acquacoltura da parte degli Stati membri (2), impone a questi ultimi di trasmettere dati annuali sul volume della produzione. (2) Il crescente contributo dell’acquacoltura alla produzione ittica complessiva della Comunità rende necessario disporre di un più ampio ventaglio di dati onde consentire lo sviluppo e una gestione razionale del settore nel quadro della politica comune della pesca. (3) Data la crescente importanza che gli incubatoi e i vivai rivestono per l’acquacoltura, sono necessari dati dettagliati per sorvegliare e gestire adeguatamente tale settore nel quadro della politica comune della pesca (PCP). (4) Al fine di esaminare e valutare il mercato dei prodotti dell’acquacoltura è indispensabile disporre di informazioni sia sul volume sia sul valore della produzione. (5) Allo scopo di assicurare che l’acquacoltura sia un settore non inquinante per l’ambiente è necessario disporre di informazioni sulla struttura del settore e sulle tecnologie utilizzate. (6) Il regolamento (CE) n. 788/96 dovrebbe essere abrogato. (7) Al fine di agevolare la transizione dal regime applicabile in forza del regolamento (CE) n. 788/96, il presente regolamento dovrebbe consentire che sia garantito agli Stati membri un periodo di transizione di un massimo di tre anni qualora l’applicazione del regolamento ai loro sistemi statistici nazionali dovesse richiedere importanti adeguamenti e fosse suscettibile di causare problemi pratici di rilievo. (8) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la definizione di un quadro giuridico comune per la produzione sistematica di statistiche comunitarie sul settore dell’acquacoltura, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (9) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (3), definisce un quadro normativo di riferimento per le statistiche nel settore della pesca. In particolare, esso esige il rispetto dei principi di imparzialità, affidabilità, pertinenza, rapporto costi/benefici, segreto statistico e trasparenza. (10) La raccolta e la trasmissione dei dati statistici sono strumenti fondamentali per la buona gestione della politica comune della pesca. (11) Le misure necessarie per l’esecuzione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4). (12) In particolare la Commissione dovrebbe avere il potere di decidere modifiche tecniche degli allegati del presente regolamento. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche completandolo con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (13) La Commissione dovrebbe essere assistita dal comitato permanente di statistica agraria istituito in forza della decisione 72/279/CEE del Consiglio (5), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Obblighi degli Stati membri Gli Stati membri trasmettono alla Commissione statistiche su tutte le attività connesse all’acquacoltura esercitate sul proprio territorio, nelle acque dolci e nelle acque salmastre. Articolo 2 Definizioni 1. Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) «statistiche comunitarie»: come definite all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 322/97; b) «acquacoltura»: come definita all’articolo 3, lettera d), del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, relativo al Fondo europeo per la pesca (6); c) «acquacoltura basata su catture»: la pratica di prelevare esemplari dall’ambiente naturale e il loro successivo impiego nell’acquacoltura; d) «produzione»: la produzione dell’acquacoltura all’atto della prima immissione in commercio, inclusa la produzione degli incubatoi e dei vivai proposta per la vendita. 2. Tutte le altre definizioni ai fini del presente regolamento sono enunciate nell’allegato I. Articolo 3 Compilazione di statistiche 1. Lo Stato membro fa uso di indagini o di altri metodi statistici convalidati che coprono almeno il 90 % della produzione totale in volume o in numero per quanto riguarda la produzione degli incubatoi e dei vivai, fatto salvo il paragrafo 4. La restante parte della produzione totale può essere stimata. Per una stima di più del 10 % della produzione totale, può essere presentata una richiesta di deroga alle condizioni di cui all’articolo 8. 2. Il ricorso a fonti diverse dalle indagini è subordinato alla presentazione di una valutazione ex post della qualità statistica di quelle fonti. 3. Uno Stato membro la cui produzione annua totale è inferiore a 1 000 tonnellate può trasmettere dati sintetici di stima della produzione totale. 4. Gli Stati membri identificano la produzione per specie. Tuttavia, la produzione di quelle specie che, individualmente, non superano le 500 tonnellate e non rappresentano in peso più del 5 % della produzione in volume di uno Stato membro può essere stimata e aggregata. La produzione in numero degli incubatoi e dei vivai relativa a quelle specie può essere stimata. Articolo 4 Dati I dati riguardano l’anno civile di riferimento e coprono gli aspetti seguenti: a) la produzione annuale (volume e valore unitario) dell’acquacoltura; b) le immissioni annuali (volume e valore unitario) nell’acquacoltura basata su catture; c) la produzione annuale di incubatoi e vivai; d) la struttura del settore dell’acquacoltura. Articolo 5 Trasmissione di dati 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati di cui agli allegati II, III e IV entro dodici mesi dalla fine dell’anno civile di riferimento. Il primo anno civile di riferimento è il 2008. 2. I dati sulla struttura del settore dell’acquacoltura di cui all’allegato V sono trasmessi alla Commissione (Eurostat), iniziando con i dati per il 2008 e successivamente ogni tre anni, entro dodici mesi dalla fine dell’anno civile di riferimento. Articolo 6 Valutazione della qualità 1. Ciascuno Stato membro fornisce alla Commissione (Eurostat) una relazione annuale sulla qualità dei dati trasmessi. 2. All’atto della trasmissione di dati ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione una relazione metodologica dettagliata. In questa relazione ciascuno Stato membro descrive dette modalità di rilevazione dei dati e di compilazione delle statistiche. La relazione contiene informazioni particolareggiate in merito alle tecniche di campionamento, ai metodi di stima e alle fonti utilizzate diverse dalle indagini, nonché una valutazione della qualità delle stime che ne risultano. Un formato per la relazione metodologica è proposto nell’allegato VI. 3. La Commissione valuta le relazioni e presenta le sue conclusioni al competente gruppo di lavoro del comitato permanente di statistica agraria istituito dalla decisione 72/279/CEE. Articolo 7 Periodo transitorio 1. Per l’applicazione del presente regolamento possono essere concessi agli Stati membri, secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, periodi transitori corrispondenti ad un intero anno di calendario, per una durata massima di tre anni a decorrere dal 1o gennaio 2009, se l’applicazione del presente regolamento ai loro sistemi statistici nazionali richiede adeguamenti significativi ed è suscettibile di causare notevoli problemi pratici. 2. A tale fine gli Stati membri presentano alla Commissione una richiesta debitamente motivata entro il 31 dicembre 2008. Articolo 8 Deroghe 1. Qualora l’inclusione nelle statistiche di una particolare branca di attività dell’acquacoltura provocasse alle autorità nazionali difficoltà sproporzionate rispetto all’importanza della branca, può essere concessa una deroga, secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Tale deroga consente ad uno Stato membro di escludere i dati relativi a tale ramo di attività dai dati nazionali trasmessi o di far ricorso a metodi di stima utilizzati per fornire dati per più del 10 % della produzione totale. 2. Gli Stati membri corroborano ogni loro richiesta di deroga, da presentare obbligatoriamente anteriormente al termine previsto per la prima trasmissione di dati, mediante l’invio alla Commissione di una relazione sui problemi incontrati in sede di applicazione del presente regolamento. 3. Nel caso in cui una modifica della situazione della rilevazione dei dati provochi difficoltà impreviste alle autorità nazionali, una richiesta debitamente giustificata di deroga può essere trasmessa dagli Stati membri dopo il termine fissato per la prima trasmissione dei dati. Articolo 9 Disposizioni tecniche 1. Le misure intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche completandolo, e relative a modifiche tecniche degli allegati sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3. 2. Il formato in cui devono essere trasmesse le statistiche è deciso secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Articolo 10 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente di statistica agraria. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 11 Relazione di valutazione Entro 31 dicembre 2011 e successivamente ogni tre anni, la Commissione sottopone al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione sulle statistiche compilate sulla base del presente regolamento e, in particolare, sulla loro pertinenza e qualità. Questa relazione contiene inoltre un’analisi costi/benefici del sistema predisposto per la rilevazione e la compilazione dei dati statistici e indica le prassi ottimali idonee a ridurre il carico di lavoro per gli Stati membri e ad aumentare l’utilità e la qualità dei dati. Articolo 12 Abrogazione 1. Fatto salvo il paragrafo 3, il regolamento (CE) n. 788/96 è abrogato. 2. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento. 3. In deroga all’articolo 13, secondo comma, del presente regolamento, lo Stato membro cui è stato concesso un periodo transitorio a norma dell’articolo 7 del presente regolamento continua ad applicare le disposizioni del regolamento (CE) n. 788/96 per la durata del periodo transitorio accordatogli. Articolo 13 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2009. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 9 luglio 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J.-P. JOUYET (1) Parere del Parlamento europeo del 31 gennaio 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 giugno 2008. (2) GU L 108 dell’1.5.1996, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (3) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio. (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (5) GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1. (6) GU L 223 del 15.8.2006, pag. 1. ALLEGATO I Definizioni da utilizzare per la trasmissione di dati sull’acquacoltura 1. «Acque dolci»: le acque che presentano costantemente una salinità trascurabile. 2. «Acque salate»: le acque il cui tasso di salinità è considerevole. Può trattarsi di acque il cui tasso di salinità è costantemente elevato (ad esempio, acque marine), oppure è rilevante ma non a un livello costantemente elevato (ad esempio acque salmastre): la salinità può essere soggetta a variazioni periodiche per effetto dell’influsso delle acque dolci o marine. 3. «Specie»: le specie di organismi acquatici identificate utilizzando il codice alfabetico internazionale alfa-3 definito dalla FAO (elenco ASFIS delle specie ai fini delle statistiche della pesca). 4. «Grandi zone della FAO»: le aree geografiche identificate utilizzando il codice numerico internazionale a due cifre definito dalla FAO (manuale del CWP — gruppo di lavoro per il coordinamento delle statistiche della pesca — sulle norme statistiche della pesca. Sezione H: zone di pesca a fini statistici). Ai fini del presente regolamento le grandi zone della FAO sono le seguenti: Codice Zona 01 Acque interne (Africa) 05 Acque interne (Europa) 27 Atlantico nordorientale 34 Atlantico centrorientale 37 Mediterraneo e Mar Nero ... Altre zone (da specificare) 5. «Bacini»: specchi d’acqua, solitamente di piccole dimensioni, con acque poco profonde o ferme o con scarso ricambio idrico, più frequentemente di origine artificiale, ma anche naturali, quali stagni, gore o laghetti. 6. «Incubatoi e vivai»: strutture destinate alla riproduzione artificiale, all’incubazione e all’allevamento durante le prime fasi di vita di animali acquatici. A fini statistici, gli incubatoi sono limitati alla produzione di uova fecondate. Si considera che le prime fasi di vita degli animali acquatici avvengano in vivaio. 7. «Acque recintate»: acque delimitate da reti e da altre barriere che consentono l’interscambio non controllato delle acque, contraddistinte dal fatto di occupare l’intera colonna d’acqua tra il substrato e la superficie; le acque recintate comprendono normalmente volumi di acqua relativamente elevati. 8. «Gabbie»: strutture chiuse, con o senza copertura, costituite da reti o qualsiasi altro materiale poroso che consenta il naturale interscambio delle acque. Tali strutture, siano esse galleggianti, sommerse o ancorate al substrato, consentono sempre l’interscambio delle acque dal basso. 9. «Vasche e raceway»: unità artificiali costruite sotto o sopra il livello del terreno, caratterizzate da un elevato interscambio idrico o ad alto ricambio idrico costituenti un ambiente altamente controllato, ma senza ricircolo dell’acqua. 10. «Sistemi a ricircolo»: sistemi in cui l’acqua è riutilizzata dopo una qualche forma di trattamento (ad esempio, filtraggio). 11. «Trasferimento in ambiente controllato»: la deliberata immissione per ulteriori pratiche di acquacoltura. 12. «Immissione nell’ambiente naturale»: la deliberata immissione per il ripopolamento di fiumi, laghi e altri corpi idrici a fini diversi da quelli dell’acquacoltura. L’ittiofauna così rilasciata può essere quindi oggetto di cattura mediante operazioni di pesca. 13. «Volume»: a) nel caso dei pesci, dei crostacei, dei molluschi e degli altri animali acquatici, il peso vivo equivalente del prodotto; per i molluschi il peso vivo deve includere il peso delle conchiglie; b) nel caso delle piante acquatiche, il peso umido del prodotto. 14. «Valore unitario»: il valore totale della produzione (esclusa l’imposta sul valore aggiunto fatturata), espresso in valuta nazionale, diviso per il volume totale della produzione. ALLEGATO II Produzione dell’acquacoltura esclusi incubatoi e vivai (1) Paese: Anno: Specie prodotte Grandi zone FAO Acque dolci Acque salate Totale Codice alfa-3 Nome comune Nome scientifico Volume (in tonnellate) Valore unitario (in valuta nazionale) Volume (in tonnellate) Valore unitario (in valuta nazionale) Volume (in tonnellate) Valore unitario (in valuta nazionale) PESCI Bacini Vasche e raceway Acque recintate Gabbie Sistemi a ricircolo Altri metodi CROSTACEI Bacini Vasche e raceway Acque recintate Altri metodi MOLLUSCHI Sul fondo In sospensione Altri metodi ALGHE Tutti i metodi Uova di pesce (destinate al consumo) (2) Tutti i metodi ALTRI ORGANISMI ACQUATICI Tutti i metodi (1) Escluse le specie per acquari e le specie ornamentali. (2) Le uova di pesce destinate al consumo di cui alla presente voce si riferiscono unicamente alle uova estratte e destinate al consumo all’atto della prima immissione in commercio. ALLEGATO III Immissioni nell’acquacoltura basata su catture (1) Paese: Anno: Specie Unità (specificare) (2) Valore dell’unità (valuta nazionale) Codice alfa-3 Nome comune Nome scientifico PESCI CROSTACEI MOLLUSCHI (1) Escluse le specie per acquari e le specie ornamentali. (2) Peso o numero; nel caso sia indicato il numero, va indicato anche un fattore di conversione in peso vivo. ALLEGATO IV Produzione degli incubatoi e dei vivai (1) Paese: Anno: Specie Fase del ciclo di vita Usi previsti Codice alfa-3 Nome comune Nome scientifico Uova (milioni) Avannotti (milioni) Per il trasferimento in ambiente controllato (per ingrasso) (2) (in milioni) Per l’immissione nell’ambiente naturale (2) (in milioni) Uova Avannotti Uova Avannotti (1) Escluse le specie per acquari e le specie ornamentali. (2) Su base volontaria. ALLEGATO V Dati sulla struttura del settore dell'acquacoltura (1) (4) Paese: Anno: Grandi zone FAO Acque dolci Acque salate Totale Dimensioni degli impianti (3) Dimensioni degli impianti (3) Dimensioni degli impianti (3) migliaia di m3 ettari migliaia di m3 ettari migliaia di m3 ettari PESCI Bacini Vasche e raceway Acque recintate Gabbie Sistemi a ricircolo Altri metodi CROSTACEI Bacini Vasche e raceway Acque recintate Altri metodi MOLLUSCHI Sul fondo In sospensione (2) Altri metodi (2) ALGHE Tutti i metodi (1) Escluse le specie per acquari e le specie ornamentali. (2) Se molluschi e crostacei sono allevati su corde, è possibile utilizzare l'unità di lunghezza. (3) Dovrebbe essere presa in considerazione la capacità potenziale. (4) Le caselle in neretto indicano i casi in cui l'informazione richiesta non si applica. ALLEGATO VI Formato per le relazioni metodologiche dei sistemi nazionali per le statistiche sull’acquacoltura 1. Organizzazione del sistema nazionale per le statistiche sull’acquacoltura — Autorità preposte alla rilevazione e al trattamento dei dati e rispettive responsabilità. — Legislazione nazionale sulla rilevazione dei dati sull’acquacoltura. — Unità responsabile per la trasmissione dei dati alla Commissione. 2. Metodi di rilevazione e trattamento dei dati e di compilazione delle statistiche sull’acquacoltura — Indicare la fonte di ciascun tipo di dati. — Descrivere i metodi utilizzati per la rilevazione dei dati (ad esempio, questionari a mezzo posta, interviste personali, censimenti o campionamenti, frequenza delle indagini, metodi di stima) per ciascuna branca dell’acquacoltura. — Descrivere le modalità di trattamento dei dati e di compilazione delle statistiche e specificare la durata di tale processo. 3. Aspetti di qualità conformemente al «codice del sistema delle statistiche europee» — Se per alcuni elementi dei dati sono utilizzate tecniche di stima, descrivere i metodi utilizzati e stimare il livello di uso e attendibilità di tali metodi. — Indicare eventuali carenze dei sistemi nazionali precisando come possono essere eliminate e, se del caso, il tempo necessario per l’introduzione di azioni di correzione.
Statistiche sull’acquacoltura QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso istituisce un sistema comune per la produzione di statistiche dell’Unione europea nel settore dell’acquacoltura*, per contribuire a esaminare e valutare il mercato dei prodotti dell’acquacoltura all’interno di una sana gestione della politica comune della pesca. Il regolamento abroga il Regolamento (CE) n. 788/96 del Consiglio. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE devono presentare statistiche annuali su tutti gli impianti di acquacoltura presenti sul loro territorio utilizzando sondaggi o altri metodi approvati che coprano almeno il 90 % della produzione, con la stima della parte rimanente, salvo che non venga approvata una deroga. Se la produzione annua totale è inferiore a 1 000 tonnellate, il paese può presentare dati sintetici di stima della produzione totale. La produzione deve essere identificata per specie, tuttavia le specie che non superano le 500 tonnellate o il 5 % della produzione totale possono essere stimate e aggregate. Incubatoi e vivai* la produzione di tali specie può essere stimata. I dati vengono inviati entro dodici mesi dalla fine dell’anno civile di riferimento e coprono gli aspetti seguenti:la produzione annuale (volume e valore unitario) dell’acquacoltura; le immissioni annuali nell’acquacoltura basata su catture*; la produzione annuale di incubatoi e vivai; la struttura del settore dell’acquacoltura (ogni tre anni). Valutazione della qualità Ciascuno Stato membro fornisce una relazione annuale sulla qualità dei dati trasmessi e una relazione metodologica dettagliata. Questa relazione descrive le modalità di rilevazione e di compilazione dei dati e contiene informazioni riguardanti:le tecniche di campionamento, i metodi di stima e le fonti utilizzate diverse dalle indagini, nonché una valutazione della qualità delle stime che ne risultano. La Commissione europea (Eurostat) valuta le relazioni e presenta le sue conclusioni al gruppo di lavoro del comitato permanente di statistica sulla pesca. Relazione di valutazione Ogni tre anni, la Commissione europea sottopone al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione sulle statistiche compilate e, in particolare, sulla loro pertinenza e qualità. Questa relazione contiene inoltre un’analisi costi/benefici del sistema per la rilevazione dei dati statistici e indica le prassi ottimali idonee a ridurre il carico di lavoro e ad aumentare l’utilità e la qualità dei dati. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Viene applicato a partire dal 1 gennaio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Statistiche sull’aquacoltura (Eurostat). TERMINI CHIAVE Acquacoltura: l’allevamento di pesci, molluschi e piante acquatiche, sia nelle aree interne che marine, sfruttando tecniche studiate per aumentare la produzione oltre la naturale capacità dell’ambiente. Incubatoi e vivai: per la riproduzione artificiale, l’incubazione e l’allevamento durante le prime fasi di vita di animali acquatici. A fini statistici, gli incubatoi sono limitati alla produzione di uova fecondate. Si considera che le prime fasi di vita degli animali acquatici avvengano in vivaio. Acquacoltura basata su catture: la pratica di prelevare esemplari dall’ambiente naturale e il loro successivo impiego nell’acquacoltura; DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 762/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativo alla trasmissione di statistiche sull’acquacoltura da parte degli Stati membri e che abroga il regolamento (CE) n. 788/96 del Consiglio (GU L 218 del 13.8.2008, pagg. 1-13). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 762/2008 sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 508/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e che abroga i regolamenti (CE) n. 2328/2003, (CE) n. 861/2006, (CE) n. 1198/2006 e (CE) n. 791/2007 del Consiglio e il regolamento (UE) n. 1255/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 149, del 20.5.2014, pagg. 1-66). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 marzo 2009 relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87, 31.3.2009, pagg. 164-173). Si veda la versione consolidata.
8,401
1,397
32012D0504
false
DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 17 settembre 2012 su Eurostat (2012/504/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee (1) definisce il quadro giuridico di base per le statistiche europee. Tale regolamento fa riferimento alla Commissione (Eurostat) come all’autorità statistica dell’Unione responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione delle statistiche europee. (2) Le statistiche europee sono sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat secondo i principi statistici stabiliti nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea e nel regolamento (CE) n. 223/2009, ulteriormente elaborati nel codice delle statistiche europee nella versione riveduta e aggiornata dal comitato del sistema statistico europeo il 28 settembre 2011. (3) Il regolamento (CE) n. 223/2009 dispone anche la tutela dei dati riservati, che devono essere utilizzati esclusivamente a fini statistici. (4) La Commissione si è impegnata a rafforzare la governance statistica nell’UE e a rispettare i principi statistici di cui sopra (2). Questo impegno è stato confermato e ulteriormente sviluppato nella comunicazione del 15 aprile 2011 al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata «Rafforzamento della gestione della qualità delle statistiche europee» (3). La presente decisione, inoltre, è da considerare come una riaffermazione dell’impegno della Commissione per promuovere la fiducia nelle statistiche europee sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat. (5) Alcuni recenti sviluppi nell’ambito della governance economica dell’Unione hanno avuto ripercussioni sul settore statistico e vanno pertanto adeguatamente considerati. Riguardano in particolare l’indipendenza delle statistiche quale stabilita nel regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (4). (6) In questo contesto, i poteri della Commissione in quanto autorità di nomina, preposta a decidere in merito all’assunzione, al trasferimento e al licenziamento del direttore generale di Eurostat, devono essere esercitati, come vuole lo Statuto del personale, tenendo debitamente conto della necessità di garantirne l’indipendenza, l’obiettività e l’efficienza nell’esercizio delle sue responsabilità, e secondo una procedura trasparente basata esclusivamente su criteri professionali. (7) A Eurostat sono state assegnate inoltre funzioni specifiche con il regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (5). (8) Inoltre, in conformità alla «comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul metodo di produzione delle statistiche UE: una visione per il prossimo decennio» (6), Eurostat deve fornire un servizio statistico di alta qualità, anche rafforzando le relazioni con gli organi dell’Unione, al fine di anticipare le esigenze statistiche e aumentare l’uso delle statistiche esistenti. Ciò implica anche un approfondimento della collaborazione con altri servizi della Commissione. (9) Le statistiche devono essere definite con riferimento al regolamento (CE) n. 223/2009. Ai fini della presente decisione è opportuno operare una distinzione tra statistiche europee e altri tipi di statistiche. (10) Spetta ai responsabili politici fissare obiettivi politici e determinare il fabbisogno di informazioni per conseguire tali obiettivi. Queste attività devono pertanto rientrare nel mandato e nelle responsabilità dei servizi della Commissione interessati, mentre Eurostat deve assicurare la programmazione delle attività correlate alle statistiche europee, tenendo conto delle esigenze degli utenti, degli sviluppi delle politiche e della limitatezza delle risorse disponibili. (11) Le attività della Commissione in relazione ad altre statistiche devono essere sottoposte a un esercizio di pianificazione e coordinamento finalizzato a ottenere informazioni consolidate su tali attività. Detto esercizio deve essere gestito da Eurostat e il suo ambito deve essere limitato a tematiche sulle quali esiste un accordo tra i servizi della Commissione interessati ed Eurostat. (12) Le statistiche europee sono definite dal programma statistico europeo e dal corrispondente programma di lavoro annuale. (13) Per ottenere la fiducia del pubblico nelle statistiche europee e promuovere statistiche di alta qualità elaborate, prodotte e diffuse da Eurostat, occorre sviluppare e attuare un processo di certificazione delle statistiche europee. (14) Il direttore generale di Eurostat, che è il responsabile delle statistiche, è chiamato a salvaguardare lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche europee di qualità. Fra i suoi compiti deve figurare anche il coordinamento delle attività statistiche della Commissione, al fine di garantirne la qualità e di ridurre al minimo indispensabile l’onere di risposta. Il responsabile delle statistiche, pertanto, deve essere consultato anche sullo sviluppo e sulla produzione di altre statistiche. (15) La coerenza e la comparabilità delle statistiche europee devono essere assicurate da una stretta collaborazione tra Eurostat e gli altri servizi della Commissione nel campo delle attività statistiche e da un opportuno coordinamento di tali attività da parte del responsabile delle statistiche; ciò consentirà di rispondere meglio alle sfide future, in particolare alla necessità di ridurre al minimo indispensabile il disturbo statistico e gli oneri amministrativi. Analogamente, occorre garantire l’accesso alle fonti di dati amministrativi nell’ambito della Commissione in maniera efficiente rispetto ai costi e nella misura necessaria allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione delle statistiche europee. (16) Il trattamento di dati personali da parte di Eurostat è disciplinato dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (7). Laddove ciò sia utile, inoltre, le statistiche europee prodotte sulla base di dati personali sono disaggregate in base al sesso. (17) È pertanto necessario chiarire e definire più precisamente il ruolo di Eurostat e le responsabilità in seno alla Commissione. (18) La decisione 97/281/CE della Commissione, del 21 aprile 1997, sul ruolo di Eurostat riguardo alla produzione di statistiche comunitarie (8) deve essere abrogata, DECIDE: Articolo 1 Oggetto La presente decisione definisce il ruolo e le responsabilità di Eurostat nell’ambito dell’organizzazione interna della Commissione per quanto riguarda lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente decisione si intende per: 1) «statistiche»: le statistiche quali sono definite all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009; esse possono configurarsi come statistiche europee o altre statistiche; 2) «statistiche europee»: le statistiche di cui all’articolo 1 del regolamento (CE) n. 223/2009, nonché come determinate dal programma di lavoro annuale delle statistiche europee; 3) «altre statistiche»: le statistiche diverse dalle statistiche europee quali sono individuate nell’esercizio di pianificazione e coordinamento di cui all’articolo 5, paragrafo 2. Articolo 3 Eurostat Eurostat è l’autorità statistica dell’Unione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009. Costituisce un servizio della Commissione, facente capo a un direttore generale. Articolo 4 Principi statistici Eurostat provvede allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee in linea con i principi statistici di indipendenza professionale, imparzialità, obiettività, affidabilità, segreto statistico e favorevole rapporto costi-benefici, quali sono definiti all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009, e ulteriormente specificati nel codice delle statistiche europee. Articolo 5 Pianificazione e programmazione 1. Le attività correlate alle statistiche europee sono determinate dal programma statistico europeo di cui all’articolo 13 del regolamento (CE) n. 223/2009 e dal programma di lavoro annuale di cui all’articolo 17 dello stesso regolamento. 2. Le attività correlate ad altre statistiche sono oggetto di un esercizio di pianificazione e coordinamento gestito da Eurostat, mediante il quale esse vengono individuate. L’ambito di tale esercizio è limitato a tematiche sulle quali esiste un accordo tra i servizi della Commissione interessati ed Eurostat. 3. Specifici accordi interservizi possono essere stipulati tra Eurostat e gli altri servizi della Commissione in merito a tali attività, incluse le attività riguardanti dati amministrativi. Articolo 6 Compiti di Eurostat 1. Eurostat è responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee. A tale fine Eurostat ha in particolare il compito di: a) raccogliere e aggregare le informazioni statistiche necessarie a elaborare statistiche europee; b) sviluppare e promuovere norme, procedure e metodi statistici; c) dirigere il sistema statistico europeo, rafforzare la cooperazione fra i suoi partner e assicurare il suo ruolo guida nel campo delle statistiche ufficiali a livello mondiale; d) collaborare con organizzazioni internazionali e paesi terzi per agevolare la comparabilità delle statistiche europee con le statistiche prodotte in altri sistemi statistici e, se del caso, aiutare paesi terzi a migliorare i loro sistemi statistici. 2. In ottemperanza ai principi statistici, in particolare quelli dell’indipendenza professionale, dell’imparzialità e del segreto statistico, Eurostat garantisce l’accessibilità delle statistiche europee a tutti gli utenti. In proposito Eurostat fornisce le delucidazioni tecniche e il sostegno necessari al corretto utilizzo delle statistiche europee e può servirsi di adeguati canali di comunicazione per la diffusione di comunicati stampa di rilevanza statistica. 3. Eurostat assicura la cooperazione e il dialogo costruttivo periodico con altri servizi della Commissione e, se necessario, con i fornitori dei dati, al fine di tenere conto delle esigenze degli utenti, degli sviluppi delle politiche e di altre iniziative. A questo fine, i servizi della Commissione che sono utenti potenziali di statistiche europee specifiche vengono informati e coinvolti già nelle fasi iniziali dello sviluppo di nuove statistiche o della modifica di statistiche esistenti, anche per comprendere le possibili implicazioni politiche di norme, definizioni e metodi nuovi o modificati. 4. Eurostat coordina lo sviluppo e la produzione di altre statistiche. A tale fine: a) ottimizza l’uso delle informazioni esistenti utilizzabili a fini statistici nell’intento di garantire la qualità delle statistiche e di ridurre al minimo l’onere per i rispondenti; Eurostat invita tutti i servizi della Commissione interessati a contribuire al conseguimento di tale obiettivo; b) viene informato da tutti i servizi della Commissione in merito all’ambito e alle caratteristiche qualitative delle statistiche da essi prodotte, ad eventuali cambiamenti significativi nella metodologia di produzione delle statistiche e a nuove raccolte di dati eventualmente programmate; c) fornisce ad altri servizi della Commissione gli orientamenti, la formazione e i servizi di consulenza necessari allo sviluppo e alla produzione di altre statistiche compatibilmente con la disponibilità delle risorse. Articolo 7 Direttore generale di Eurostat 1. Conformemente al programma statistico europeo e al programma di lavoro annuale, nel campo delle statistiche europee il direttore generale di Eurostat è responsabile unico delle decisioni relative a processi, metodi statistici, norme e procedure ovvero al contenuto e al calendario delle diffusioni statistiche. Nell’adempimento di tali compiti statistici il direttore generale di Eurostat agisce in modo indipendente, senza chiedere istruzioni ad istituzioni o organi dell’Unione, a governi degli Stati membri o a qualsiasi altra istituzione, organismo, ufficio o ente, e senza ricevere istruzioni da essi. 2. Il direttore generale di Eurostat esercita le funzioni di ordinatore per l’esecuzione degli stanziamenti assegnati a Eurostat. Articolo 8 Responsabile delle statistiche 1. Il direttore generale di Eurostat è da considerare il responsabile delle statistiche. 2. Il responsabile delle statistiche espleta i seguenti compiti: a) è responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione delle statistiche europee in seno alla Commissione; b) è responsabile del coordinamento dello sviluppo e della produzione delle altre statistiche di cui all’articolo 5, paragrafo 2, e all’articolo 6, paragrafo 4; c) rappresenta la Commissione nei consessi statistici internazionali, in particolare al fine di coordinare le attività statistiche delle istituzioni e degli organi dell’Unione di cui all’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 223/2009; d) presiede il comitato del sistema statistico europeo, di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 223/2009; e) prepara i programmi di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della presente decisione, in stretta collaborazione con altri servizi della Commissione, tenendo conto per quanto possibile delle esigenze degli utenti e di altri sviluppi rilevanti; f) garantisce il collegamento fra il sistema statistico europeo (SSE) e il comitato consultivo europeo per la governance statistica in tutte le questioni relative all’attuazione del codice delle statistiche europee nell’ambito dell’SSE nel suo insieme. 3. Ogni servizio che intenda intraprendere attività che comportino la produzione di statistiche consulta il responsabile delle statistiche nelle fasi iniziali della preparazione di tali attività. Il responsabile delle statistiche può formulare raccomandazioni in proposito. Le iniziative non correlate allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee, in particolare nel caso di specifici accordi interservizi, ricadono completamente sotto la responsabilità del servizio interessato. Articolo 9 Accesso a dati amministrativi 1. Al fine di ridurre l’onere gravante sui rispondenti, Eurostat ha il diritto, nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza sancite dalla legislazione dell’Unione, di accedere ai dati amministrativi disponibili nell’ambito dei servizi della Commissione e di integrare tali dati con statistiche nella misura in cui essi sono rilevanti ai fini dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee. 2. Eurostat è consultato in sede di progettazione iniziale, ulteriore sviluppo e soppressione di banche dati e registri amministrativi realizzati e gestiti da altri servizi della Commissione e può prendere parte a tali operazioni nell’intento di agevolare l’ulteriore utilizzo dei dati contenuti in tali registri e tali banche dati per le statistiche europee. A tale scopo Eurostat ha facoltà di proporre attività di standardizzazione dei dati amministrativi rilevanti ai fini della produzione di statistiche europee. 3. Per rafforzare l’efficacia delle disposizioni del presente articolo, ciascun servizio della Commissione è chiamato a garantire che a Eurostat sia concesso, dietro richiesta, l’accesso ai dati amministrativi nella misura necessaria allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee, conformemente alle disposizioni in materia di riservatezza sancite dalla legislazione dell’Unione. Articolo 10 Codice delle statistiche europee 1. Conformemente all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 223/2009, le statistiche europee sono sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat secondo le prescrizioni del codice delle statistiche europee nella versione riveduta e aggiornata dal comitato del sistema statistico europeo. 2. Eurostat coinvolge il comitato consultivo europeo per la governance statistica in tutte le azioni concernenti il codice delle statistiche europee conformemente al mandato del comitato. 3. Eurostat controlla l’efficace applicazione del codice delle statistiche europee da parte delle autorità statistiche nazionali. Articolo 11 Garanzia della qualità e certificazione 1. Eurostat garantisce la gestione della qualità delle statistiche europee. A tale fine, e in base ai criteri fissati in materia di qualità, rispondendo alle esigenze degli utenti in fatto di statistiche con diversi profili qualitativi, Eurostat: a) monitora e valuta la qualità dei dati che raccoglie o riceve, nonché redige rapporti sulla qualità delle statistiche europee che diffonde; b) promuove e attua un processo di certificazione delle statistiche europee; c) verifica i dati che ricadono sotto la responsabilità di Eurostat nell’ambito della governance economica rafforzata dell’Unione ed esercita nelle relative procedure tutte le competenze specificatamente conferite a Eurostat. 2. Eurostat mette a punto un quadro per la garanzia della qualità che rifletta le misure in vigore o da adottare al fine di garantire la corretta applicazione del codice delle statistiche europee. Articolo 12 Uso di dati riservati 1. Il direttore generale di Eurostat adotta tutte le misure atte ad assicurare il rispetto del segreto statistico. 2. Conformemente alle disposizioni del capitolo V del regolamento (CE) n. 223/2009, i dati considerati riservati ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, del medesimo regolamento, sono accessibili solo ai funzionari e ad altri membri del personale di Eurostat, nonché ad altre persone fisiche che lavorano a contratto per Eurostat, ogniqualvolta tali dati siano necessari per la produzione di statistiche europee e limitatamente al loro ambito di lavoro specifico. 3. Il direttore generale di Eurostat adotta inoltre tutte le misure necessarie per tutelare i dati la cui divulgazione potrebbe arrecare pregiudizio agli interessi dell’Unione o dello Stato membro cui si riferiscono. Articolo 13 Abrogazione La decisione 97/281/CE è abrogata. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 17 settembre 2012 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164. (2) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria [COM(2005) 217 definitivo]. (3) COM(2011) 211 definitivo. (4) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 12. (5) GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1. (6) COM(2009) 404 definitivo. (7) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1. (8) GU L 112 del 29.4.1997, pag. 56.
Eurostat — Ufficio statistico europeo QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE? Essa chiarisce il ruolo e le responsabilità di Eurostat nell’ambito dell’organizzazione interna della Commissione per quanto riguarda lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche. PUNTI CHIAVE Eurostat è parte della Commissione europea ed è presieduto da un direttore generale. Eurostat opera in linea con i seguenti principi statistici, come definiti dal Regolamento (CE) n. 223/2009 e dal codice delle statistiche europee: indipendenza professionale;imparzialità;obiettività;affidabilità;Segreto statistico;efficacia in termini di costi. Eurostat attua il programma statistico europeo e agisce sulla base di programmi di lavoro annuali. I compiti principali di Eurostat sono: raccogliere e aggregare le informazioni statistiche necessarie a elaborare statistiche europee;sviluppare e promuovere norme, procedure e metodi statistici;coordinare il sistema statistico europeo (SSE), rafforzare la cooperazione fra i suoi partner e assicurare il suo ruolo guida nel campo delle statistiche ufficiali a livello mondiale;collaborare con organizzazioni internazionali e paesi terzi e aiutare paesi terzi a migliorare i loro sistemi statistici. Il direttore generale di Eurostat, che è anche il responsabile delle statistiche: è responsabile unico delle decisioni relative a processi, metodi statistici, norme e procedure ovvero al contenuto e al calendario delle diffusioni statistiche. Il direttore generale agisce in modo indipendente, senza chiedere istruzioni a istituzioni o organi dell’Unione, a governi degli Stati membri o a qualsiasi altra organizzazione. Il direttore generale adotta tutte le misure atte ad assicurare il rispetto del segreto statistico;presiede il comitato del sistema statistico europeo, composto da rappresentanti degli Stati membri (degli istituti statistici nazionali) che fornisce gli orientamenti all’SSE sullo sviluppo, la compilazione e la diffusione delle statistiche europee;garantisce inoltre il collegamento fra il comitato del sistema statistico europeo (SSE) e il comitato consultivo europeo per la governance statistica (composto da esperti di statistica indipendenti) in tutte le questioni relative all’attuazione del codice delle statistiche europee. Nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza dell’UE, Eurostat ha accesso alle fonti di dati amministrativi per ridurre il carico di lavoro per gli intervistati. Eurostat è responsabile della gestione della qualità delle statistiche europee e mette a punto un quadro per la garanzia della qualità al fine di garantire la corretta applicazione del codice delle statistiche europee. Eurostat assicura che le statistiche europee siano accessibili a tutti gli utenti in conformità con i principi statistici, in particolare i principi di indipendenza professionale, imparzialità e segreto statistico. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? È stata applicata dall’8 ottobre 2012. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Eurostat e il sistema statistico europeo (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione della Commissione 2012/504/UE, del 17 settembre 2012 su Eurostat (GU L 251, 18.9.2012, pag. 49).
6,601
243
31999L0004
false
Direttiva 1999/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 febbraio 1999 relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoria Gazzetta ufficiale n. L 066 del 13/03/1999 pag. 0026 - 0029 DIRETTIVA 1999/4/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 22 febbraio 1999 relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoriaIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), visto il progetto comune approvato l'8 dicembre 1998 dal comitato di conciliazione,considerando che occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da queste direttive devono conformarsi affinché possano circolare liberamente nel mercato interno, in base alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate da quelle del Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993;considerando che la direttiva 77/436/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1977, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di estratti di caffè o di cicoria (4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali in materia di estratti di caffè e di estratti di cicoria potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di indurre in errore il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune;considerando che detta direttiva aveva pertanto l'obiettivo di definire gli estratti di caffè e gli estratti di cicoria, di determinare le sostanze che possono essere aggiunte in fase di fabbricazione e di stabilire norme comuni per il loro condizionamento e la loro etichettatura, nonché di precisare le condizioni alle quali possono essere utilizzate denominazioni particolari per taluni di questi prodotti, al fine di garantire la libera circolazione all'interno della Comunità;considerando che la direttiva 77/436/CEE deve essere adeguata alla normativa comunitaria generale applicabile ai prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura ed i metodi di analisi;considerando che la Commissione prevede di proporre quanto prima e, in ogni caso, entro il 1° luglio 2000, l'inserimento nella direttiva 80/232/CEE (5) di una gamma di pesi nominali dei prodotti definiti dalla presente direttiva;considerando che, a determinate condizioni, devono applicarsi le norme generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, stabilite dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (6);considerando che, in applicazione del principio di proporzionalità, la presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento delle sue finalità, a norma dell'articolo 3 B, terzo comma del trattato;considerando che in occasione di futuri adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni generali in materia di prodotti alimentari, la Commissione sarà assistita dal Comitato permanente per i prodotti alimentari istituito con la decisione 69/414/CEE (7);considerando che, per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva si applica agli estratti di caffè ed agli estratti di cicoria definiti nell'allegato.La presente direttiva non si applica al «café torrefacto soluble».Articolo 2 La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti definiti nell'allegato, alle seguenti condizioni:a) Le denominazioni previste nell'allegato sono riservate ai prodotti in esso indicati e devono essere utilizzate nel commercio per designarli. Se del caso, le denominazioni di vendita sono completate dai termini:- «in pasta» o «in forma pastosa» o- «liquido» o «in forma liquida».Tuttavia le denominazioni di vendita possono essere completate dal termine «concentrato»:- nel caso del prodotto definito al punto 1, lettera c) dell'allegato, a condizione che il tenore di sostanza secca ottenuta dal caffè sia superiore al 25 % in peso;- nel caso del prodotto definito al punto 2, lettera c) dell'allegato, a condizione che il tenore di sostanza secca ottenuta dalla cicoria sia superiore al 45 % in peso.b) L'etichettatura reca la dicitura «decaffeinato» per i prodotti definiti al punto 1 dell'allegato il cui tenore di caffeina anidra non sia superiore, in peso, allo 0,3 % della sostanza secca ottenuta dal caffè. Tale dicitura deve figurare nello stesso campo visivo della denominazione di vendita.c) Per i prodotti definiti al punto 1, lettera c) e al punto 2, lettera c) dell'allegato, l'etichettatura reca la dicitura «con . . .» o «conservato con . . .» o «con aggiunta di . . .» o «torrefatto con . . » seguita dal tipo/dai dipi di zucchero utilizzato.Tali diciture devono figurare nello stesso campo visivo della denominazine di vendita.d) Per i prodotti definiti al punto 1, lettere b) e c) dell'allegato, l'etichettatura indica il tenore minimo di sostanza secca ottenuta dal caffè oppure, per i prodotti definiti al punto 2, lettere b) e c) dell'allegato, essa indica il tenore minimo di sostanza secca ottenuta dalla cicoria. Tali tenori sono espressi in percentuale del peso del prodotto finito.Articolo 3 Per i prodotti definiti nell'allegato, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 4 Gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentati sono decisi secondo la procedura di cui all'articolo 5.Articolo 5 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari, in prosieguo denominato «comitato», composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il Presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 6 La direttiva 77/436/CEE è abrogata a decorrere dal 13 settembre 2000.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 7 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 13 settembre 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti definiti nell'allegato se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 13 settembre 2000;- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 13 settembre 2001. Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, etichettati anteriormente al 13 settembre 2001 a norma della direttiva 77/436/CEE, è autorizzata fino all'esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 8 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 22 febbraio 1999.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteK.-H. FUNKE(1) GU C 231 del 9. 8. 1996, pag. 24.(2) GU C 56 del 24. 2. 1997, pag. 20.(3) Parere del Parlamento europeo del 23 ottobre 1997 (GU C 339 del 10. 11. 1997, pag. 129), posizione comune del Consiglio del 30 aprile 1998 (GU C 204 del 30. 6. 1998, pag. 25) e decisione del Parlamento europeo del 16 settembre 1998 (GU C 313 del 12. 10. 1998, pag. 90). Decisione del Consiglio del 25 gennaio 1999. Decisione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 1999.(4) GU L 172 del 12. 7. 1977, pag. 20. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985.(5) GU L 51 del 25. 2. 1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell'11. 7. 1978, pag. 48).(6) GU L 33 dell'8. 2. 1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 43 del 14. 2. 1997, pag. 21).(7) GU L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.ALLEGATO DENOMINAZIONI, DEFINIZIONI E CARATTERISTICHE DEI PRODOTTI 1. «Estratto di caffè», «estratto di caffè solubile»., «caffè solubile» o «caffè istantaneo» Designa il prodotto concentrato, ottenuto mediante estrazione dai grani di caffè torrefatti, utilizzando l'acqua come unico agente di estrazione, ad esclusione di qualsiasi procedimento di idrolisi con aggiunta di acido o di base. Oltre alle sostanze insolubili, tecnicamente ineliminabili e gli olii non solubili provenienti dal caffè, esso deve contenere esclusivamente i principi solubili e aromatici del caffè. Gli Stati membri accertano che i metodi utilizzati per la determinazione del tenore di idrati di carbonio liberi e totali dei caffè solubili siano conformi ai paragrafi 1 e 2 dell'allegato della direttiva 85/591/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente l'istituzione di modalità di prelievo dei campioni e di metodi d'analisi comunitari per il controllo dei prodotti destinati all'alimentazione umana (1), e siano omologati o normalizzati o lo diventino quanto prima.Il tenore di sostanza secca ottenuta dal caffè deve essere:a) uguale o superiore al 95 % in peso per l'estratto di caffè;b) compreso tra il 70 e l'85 % in peso per l'estratto di caffè in pasta;c) compreso tra il 15 e il 55 % in peso per l'estratto di caffè liquido.L'estratto di caffè solido o in pasta non deve contenere altre sostanze se non quelle ottenute dall'estrazione del caffè. L'estratto di caffè liquido può contenere zuccheri alimentari, torrefatti o meno, in quantità non eccedente il 12 % in peso.2. «Estratto di cicoria», «cicoria solubile» o «cicoria istantanea» Designa il prodotto concentrato, ottenuto mediante estrazione dalla cicoria torrefatta, utilizzando l'acqua come unico agente di estrazione, ad esclusione di qualsiasi procedimento di idrolisi con aggiunta di acido o di base.Per cicoria si intendono le radici di Cichorium Intybus L., non utilizzate per la produzione di cicoria witloof, opportunamente pulite per essere essiccate e torrefatte in vista della preparazione di bevande.Il tenore di sostanza secca ottenuta dalla cicoria deve essere:a) uguale o superiore al 95 % in peso per l'estratto di cicoria;b) compreso tra il 70 e l'85 % in peso per l'estratto di cicoria in pasta;c) compreso tra il 25 e il 55 % in peso per l'estratto di cicoria liquido.L'estratto di cicoria o in pasta non può contenere quantità eccedenti l'1 % in peso di sostanze non ottenute dalla cicoria.L'estratto di cicoria liquido può contenere zuccheri alimentari, torrefatto o non, in quantità non eccedenti il 35 % in peso.(1) GU L 372 del 31. 12. 1985, pag. 50.
Estratti di caffè e cicoria L'armonizzazione della normativa sul commercio di estratti di caffè ed estratti di cicoria promuove il mercato comune per i prodotti afferenti a questo settore, proteggendo al contempo gli interessi di produttori e consumatori. ATTO Direttiva 1999/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 febbraio 1999, relativa agli estratti di cicoria e agli estratti di caffè [Si vedano gli atti modificatori]. SINTESI La presente direttiva semplifica la normativa, precedentemente disciplinata dalla direttiva 77/436/CEE, relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoria. Il suo obiettivo è quello di proteggere gli interessi dei consumatori e dei produttori stabilendo regole sulla descrizione, sulla definizione e sulle caratteristiche di questi prodotti. Ambito di applicazione La direttiva concerne i seguenti prodotti: estratto di caffè ed estratto di caffè solubile; caffè solubile o istantaneo (eccetto il caffè solubile da torrefazione); estratto di cicoria; cicoria solubile; cicoria istantanea. Tali prodotti devono rispettare alcuni requisiti minimi di composizione, in particolare per quanto attiene al tenore di materia secca. Etichettatura Gli estratti di caffè e cicoria devono essere etichettati in conformità alle disposizioni di cui alla direttiva 2000/13/CE, che riguarda l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità di prodotti alimentari. Tuttavia, soltanto le descrizioni sopra menzionate possono essere utilizzate nel commercio di questi prodotti, possibilmente accompagnate dalle informazioni concernenti la forma (pastosa, liquida, concentrata, ecc.), eventuali sostanze aggiunte e il tenore di caffeina. È altresì obbligatorio indicare il tenore minimo di materia secca a base di caffè o cicoria in percentuale del peso del prodotto finito. Altre disposizioni Il commercio di estratti di caffè o cicoria in conformità alle disposizioni della presente direttiva non può essere ostacolato da disposizioni nazionali contrastanti. La Commissione deve essere assistita dal Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali nell'applicazione della presente direttiva. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 1999/4/CE 13.3.1999 13.9.2000 GU L 66 del 13.3.1999 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Regolamento (CE) n. 1882/2003 20.11.2003 - GU L 284 del 31.10.2003 Regolamento (CE) n. 1137/2008 11.12.2008. - GU L 311 del 21.11.2008 ATTI COLLEGATI Direttiva della Commissione 2002/67/CE del 18 luglio 2002 sull'etichettatura dei prodotti alimentari contenenti chinina e dei prodotti alimentari contenenti caffeina [GU L 191, 19.7.2002]. Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013 , recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione Testo rilevante ai fini del SEE [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea i poteri di attuazione esistenti della Commissione previsti nelle cinque direttive cosiddette prima colazione con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e in particolare con l'articolo 290, che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
5,345
905
32014L0089
false
DIRETTIVA 2014/89/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 luglio 2014 che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 43, paragrafo 2, l’articolo 100, paragrafo 2, l’articolo 192, paragrafo 1, e l’articolo 194, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3), considerando quanto segue: (1) Il rapido ed elevato incremento della domanda di spazio marittimo per scopi diversi, come gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, la prospezione e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale, il trasporto marittimo e le attività di pesca, la conservazione degli ecosistemi e della biodiversità, l’estrazione di materie prime, il turismo, gli impianti di acquacoltura e il patrimonio culturale sottomarino, nonché le molteplici pressioni sulle risorse costiere richiedono una strategia integrata di pianificazione e di gestione. (2) Una tale strategia per la gestione degli oceani e la governance marittima è stata sviluppata nell’ambito della politica marittima integrata per l’Unione europea («PMI»), il cui pilastro ambientale è costituito dalla direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4). L’obiettivo della PMI è di favorire lo sviluppo sostenibile dei mari e degli oceani e sviluppare un processo decisionale coordinato, coerente e trasparente con riguardo alle politiche settoriali dell’Unione che interessano gli oceani, i mari, le isole, le regioni costiere e ultraperiferiche e i settori marittimi, anche mediante strategie per i bacini marittimi o strategie macroregionali, assicurando nel contempo il conseguimento di un buono stato ecologico come previsto dalla direttiva 2008/56/CE. (3) La PMI individua la pianificazione dello spazio marittimo come strumento politico intersettoriale che consente alle autorità pubbliche e alle parti interessate di applicare un approccio integrato, coordinato e transfrontaliero. L’applicazione di un approccio ecosistemico contribuirà a promuovere lo sviluppo e la crescita sostenibili delle economie marittime e costiere e l’uso sostenibile delle risorse del mare e delle coste. (4) La pianificazione dello spazio marittimo sostiene e agevola l’attuazione della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva («strategia Europa 2020»), adottata dal Consiglio europeo nelle sue conclusioni del 17 giugno 2010, che punta a garantire livelli elevati di occupazione, produttività e coesione sociale, compresa la promozione di un’economia più competitiva, più efficiente sotto il profilo delle risorse e «verde». I settori costieri e marittimi presentano un notevole potenziale di crescita sostenibile e sono di fondamentale importanza per l’attuazione della strategia Europa 2020. (5) Nella sua comunicazione intitolata «Crescita blu: prospettive per una crescita sostenibile nei settori marino e marittimo», la Commissione ha individuato una serie di iniziative dell’Unione attualmente in corso che sono intese ad applicare la strategia Europa 2020 nonché alcune attività su cui potrebbero concentrarsi in futuro le iniziative di «crescita blu» e alle quali potrebbe essere fornito un sostegno adeguato assicurando una fiducia e una certezza maggiori per gli investitori grazie alla pianificazione dello spazio marittimo. (6) Il regolamento (UE) n. 1255/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), ha sostenuto e facilitato l’attuazione della pianificazione dello spazio marittimo e della gestione integrata delle zone costiere. I fondi strutturali e di investimento europei, ivi compreso il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (6), permetteranno di sostenere l’attuazione della presente direttiva per il periodo 2014-2020. (7) La convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 («UNCLOS») stabilisce nel preambolo che i problemi legati all’uso degli spazi oceanici sono strettamente collegati e devono essere considerati nel loro insieme. La pianificazione degli spazi oceanici costituisce il logico avanzamento e la logica strutturazione degli obblighi e dell’utilizzo dei diritti concessi nell’ambito dell’UNCLOS nonché uno strumento pratico per assistere gli Stati membri nel rispetto dei loro obblighi. (8) Al fine di favorire la coesistenza sostenibile degli usi e, ove opportuno, un’idonea ripartizione dello spazio marittimo tra i vari usi pertinenti, è opportuno predisporre un quadro che comprenda almeno l’elaborazione e l’attuazione, da parte degli Stati membri, di una pianificazione dello spazio marittimo che si traduca nella definizione di piani. (9) La pianificazione dello spazio marittimo contribuirà alla gestione efficace delle attività marittime e all’utilizzo sostenibile delle risorse marine e costiere mediante la creazione di un quadro decisionale coerente, trasparente, sostenibile e basato su elementi concreti. Per conseguire i suoi obiettivi, la presente direttiva dovrebbe prevedere l’obbligo di stabilire un processo di pianificazione dello spazio marittimo che si traduca nell’elaborazione di uno o più piani di gestione dello spazio marittimo; tale processo di pianificazione dovrebbe tenere conto delle interazioni terra-mare e promuovere la collaborazione tra gli Stati membri. Fermo restando l’acquis vigente dell’Unione in materia di energia, trasporti, pesca e ambiente, la presente direttiva non dovrebbe imporre nuovi obblighi, segnatamente in relazione alle scelte concrete effettuate dagli Stati membri riguardo alle modalità con cui perseguire le politiche settoriali in tali ambiti, ma piuttosto essere finalizzata a contribuire a tali politiche attraverso il processo di pianificazione. (10) Al fine di garantire coerenza e chiarezza giuridica, è opportuno che l’ambito geografico della pianificazione dello spazio marittimo sia definito in conformità degli strumenti legislativi dell’Unione già esistenti e del diritto marittimo internazionale, in particolare dell’UNCLOS. La presente direttiva non pregiudica le competenze degli Stati membri in relazione alla giurisdizione e alle frontiere marittime. (11) Se da un lato è opportuno che l’Unione stabilisca un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo, gli Stati membri continuano a essere responsabili e competenti per quanto concerne la definizione e fissazione, nell’ambito delle rispettive acque marine, del formato e del contenuto di tali piani, inclusi i dispositivi istituzionali e, se del caso, la ripartizione dello spazio marittimo tra le diverse attività e i diversi usi. (12) Al fine di rispettare i principi di proporzionalità e sussidiarietà e ridurre al minimo gli oneri amministrativi supplementari, è opportuno che il recepimento e l’applicazione della presente direttiva avvengano, nella misura del possibile, sulla base delle norme e dei meccanismi nazionali, regionali e locali già esistenti, inclusi quelli stabiliti nella raccomandazione 2002/413/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7) o nella decisione 2010/631/UE del Consiglio (8). (13) Nelle acque marine, gli ecosistemi e le risorse marine sono soggetti a considerevoli pressioni. Le attività umane, ma anche gli effetti dei cambiamenti climatici, le calamità naturali e i fenomeni di dinamica costiera quali l’erosione e l’avanzamento delle coste dovuto a sedimentazione possono avere gravi ripercussioni sullo sviluppo economico e sulla crescita delle aree costiere nonché sugli ecosistemi marini, con conseguente peggioramento dello stato ecologico, perdita di biodiversità e degrado dei servizi ecosistemici. È opportuno tenere debitamente conto di queste diverse pressioni nell’elaborare i piani di gestione dello spazio marittimo. Inoltre, se si integrano nelle decisioni di pianificazione ecosistemi marini sani e i vari servizi da essi prestati, questi possono apportare considerevoli benefici in termini di produzione alimentare, attività ricreative e turistiche, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, controllo delle dinamiche della fascia costiera e prevenzione delle catastrofi. (14) Al fine di promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime, lo sviluppo sostenibile delle zone marine e l’utilizzo sostenibile delle risorse marine, è opportuno che la pianificazione dello spazio marittimo applichi l’approccio ecosistemico di cui all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2008/56/CE allo scopo di garantire che la pressione collettiva di tutte le attività sia mantenuta entro livelli compatibili con il conseguimento di un buono stato ecologico e che non sia compromessa la capacità degli ecosistemi marini di reagire ai cambiamenti causati dalle attività umane, contribuendo nel contempo all’uso sostenibile dei beni e dei servizi marini da parte delle generazioni presenti e future. Inoltre un approccio ecosistemico dovrebbe essere applicato in modo compatibile con gli ecosistemi specifici e le altre peculiarità delle diverse regioni marine e in modo da tener ugualmente conto delle attività in corso nel quadro delle convenzioni marittime regionali, sulla base delle conoscenze e delle esperienze esistenti. L’approccio consentirà altresì una gestione adattativa, garantendo un miglioramento e un ulteriore sviluppo di pari passo con l’aumento dell’esperienza e della conoscenza sulla base della disponibilità di dati e informazioni a livello di bacino marino al fine di attuare tale approccio. Gli Stati membri dovrebbero tenere conto dei principi della precauzione e dell’azione preventiva di cui all’articolo 191, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. (15) La pianificazione dello spazio marittimo contribuirà, fra l’altro, al conseguimento degli obiettivi della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), del regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio (10), della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (11), della direttiva 92/43/CEE del Consiglio (12), della decisione n. 884/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (13), della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (14), della direttiva 2008/56/CE, che riprende la comunicazione della Commissione del 3 maggio 2011 dal titolo «La nostra assicurazione sulla vita, il nostro capitale naturale: la strategia dell’UE sulla biodiversità fino al 2020», la comunicazione della Commissione del 20 settembre 2011 dal titolo «Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse», la comunicazione della Commissione del 16 aprile 2013 dal titolo «Strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici» e la comunicazione della Commissione del 21 gennaio 2009 dal titolo «Obiettivi strategici e raccomandazioni per la politica UE dei trasporti marittimi fino al 2018» nonché, se del caso, gli obiettivi della politica regionale dell’Unione, comprese le strategie per i bacini marini e le strategie macroregionali. (16) Le attività marine e costiere sono spesso strettamente correlate. Al fine di promuovere l’uso sostenibile dello spazio marittimo, la relativa pianificazione dovrebbe tenere conto delle interazioni terra-mare. Per tale motivo, la pianificazione dello spazio marittimo può essere molto utile per determinare gli orientamenti riguardanti la gestione sostenibile e integrata delle attività umane in mare, la conservazione dell’ambiente di vita, la fragilità degli ecosistemi costieri, l’erosione e i fattori sociali ed economici. La pianificazione dello spazio marittimo dovrebbe essere finalizzata all’integrazione della dimensione marittima di alcuni usi o attività costieri e delle rispettive incidenze, consentendo in ultima analisi una visione integrata e strategica. (17) La presente direttiva quadro non pregiudica la competenza degli Stati membri per quanto riguarda la pianificazione urbana e rurale, ivi incluso qualsiasi sistema di pianificazione dello spazio terrestre utilizzato per pianificare le modalità di utilizzo della zona costiera e terrestre. Se gli Stati membri applicano la pianificazione dello spazio terrestre alle acque costiere o a parte di esse, la presente direttiva non dovrebbe applicarsi a tali acque. (18) La pianificazione dello spazio marittimo dovrebbe coprire l’intero ciclo di attuazione, comprendente l’individuazione dei problemi e delle opportunità, la raccolta di informazioni, la pianificazione, l’adozione di decisioni, l’attuazione, la revisione o l’aggiornamento e il controllo dell’esecuzione, tenendo in debita considerazione le interazioni terra-mare e le migliori conoscenze disponibili. È opportuno sfruttare al meglio i meccanismi previsti nella legislazione esistente o futura, compresa la decisione 2010/477/UE della Commissione (15) e l’iniziativa della Commissione «Conoscenze oceanografiche 2020». (19) Lo scopo principale della pianificazione dello spazio marittimo è promuovere lo sviluppo sostenibile, determinare l’utilizzo dello spazio marittimo per i diversi usi del mare e gestire gli usi dello spazio nelle zone marine e i conflitti che tali usi possono generare. La pianificazione dello spazio marittimo è altresì finalizzata a individuare e incoraggiare l’utilizzo multifunzionale, in conformità delle pertinenti politiche e normative nazionali. Per raggiungere tale obiettivo, gli Stati membri devono almeno garantire che dal processo o dai processi di pianificazione scaturisca una pianificazione globale che identifichi i diversi usi dello spazio marittimo, tenendo conto delle trasformazioni a lungo termine dovute ai cambiamenti climatici. (20) È opportuno che gli Stati membri si consultino e coordinino i loro piani con gli Stati membri coinvolti e collaborino con le autorità dei paesi terzi responsabili nella regione marina interessata in conformità con i diritti e gli obblighi di tali Stati membri e dei paesi terzi interessati nel quadro del diritto unionale e internazionale. Per consentire un’efficace cooperazione transfrontaliera tra gli Stati membri e con i paesi terzi limitrofi è necessario identificare le autorità competenti di ciascuno Stato membro. Gli Stati membri devono pertanto designare l’autorità o le autorità competenti per l’attuazione della presente direttiva. Date le differenze tra le varie regioni o sottoregioni marine e zone costiere, nell’ambito della presente direttiva non è opportuno stabilire nei dettagli la forma che questi meccanismi di cooperazione dovrebbero assumere. (21) La gestione delle zone marine è complessa e coinvolge vari livelli di autorità, operatori economici e altre parti interessate. Per promuovere lo sviluppo sostenibile in maniera efficace, è essenziale che le parti interessate, le autorità e la popolazione siano adeguatamente consultate durante la preparazione dei piani di gestione dello spazio marittimo a norma della presente direttiva, conformemente alla legislazione pertinente dell’Unione. Un buon esempio di disposizioni in materia di consultazione pubblica figura all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (16). (22) Il ricorso a piani di gestione dello spazio marittimo consente agli Stati membri di ridurre gli oneri amministrativi e i costi legati a interventi volti all’attuazione di altre normative pertinenti dell’Unione. È dunque opportuno che i calendari relativi ai piani di gestione dello spazio marittimo siano coerenti, ove possibile, con le scadenze stabilite in altre disposizioni normative pertinenti, in particolare: la direttiva 2009/28/CE, che prevede che nel 2020 la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili, nel quadro del consumo finale lordo di energia, sia pari almeno al 20 % e individua il coordinamento delle procedure di autorizzazione, certificazione e pianificazione, inclusa la pianificazione del territorio, come un importante contributo al conseguimento degli obiettivi dell’Unione in materia di energie da fonti rinnovabili; la direttiva 2008/56/CE, e il punto 6 dell’allegato A della decisione 2010/477/UE, che impongono agli Stati membri di adottare le misure necessarie per conseguire o mantenere un buono stato ecologico dell’ambiente marino entro il 2020 e individuano nella pianificazione spaziale marittima uno strumento volto a sostenere l’approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane al fine di conseguire un buono stato ecologico; la decisione n. 884/2004/CE, la quale dispone che la rete transeuropea dei trasporti sia attuata entro il 2020 tramite l’integrazione delle reti di infrastrutture europee in materia di trasporto terrestre, marittimo e aereo. (23) La direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (17) riconosce la valutazione ambientale quale strumento importante per integrare le considerazioni ambientali nella preparazione e adozione di piani e programmi. Nei casi in cui i piani di gestione dello spazio marittimo possono avere effetti significativi sull’ambiente, è opportuno che siano soggetti alla direttiva 2001/42/CE. Se i piani di gestione dello spazio marittimo comprendono siti Natura 2000, al fine di evitare doppioni la valutazione ambientale può essere combinata con i requisiti di cui all’articolo 6 della direttiva 92/43/CEE. (24) Al fine di garantire che i piani di gestione dello spazio marittimo si fondino su dati affidabili ed evitare oneri amministrativi supplementari, è indispensabile che gli Stati membri utilizzino i migliori dati e le migliori informazioni disponibili incoraggiando le parti interessate a condividere le informazioni e avvalendosi dei mezzi e degli strumenti esistenti per la raccolta dei dati, come quelli messi a punto nel quadro dell’iniziativa «Conoscenze oceanografiche 2020» e della direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (18). (25) È opportuno che gli Stati membri inviino alla Commissione copia dei loro piani di gestione dello spazio marittimo ed eventuali aggiornamenti in modo da consentire a quest’ultima di sorvegliare l’attuazione della presente direttiva. La Commissione utilizzerà le informazioni fornite dagli Stati membri e le informazioni esistenti disponibili ai sensi della legislazione dell’Unione al fine di mantenere informati il Parlamento europeo e il Consiglio sui progressi realizzati nell’attuazione della presente direttiva. (26) È fondamentale che si proceda al tempestivo recepimento della presente direttiva poiché l’Unione ha adottato una serie di iniziative politiche da attuare entro il 2020 che la presente direttiva si propone di sostenere e integrare. (27) Il recepimento e l’attuazione della presente direttiva sottoporrebbero gli Stati membri privi di sbocchi sul mare a obblighi sproporzionati e non necessari. Tali Stati membri dovrebbero pertanto essere esentati dall’obbligo di recepire e attuare la presente direttiva, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo nell’intento di promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime, lo sviluppo sostenibile delle zone marine e l’uso sostenibile delle risorse marine. 2. Nell’ambito della politica marittima integrata dell’Unione, tale quadro prevede l’elaborazione e l’attuazione, da parte degli Stati membri, della pianificazione dello spazio marittimo allo scopo di contribuire al conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 5, tenendo conto delle interazioni terra-mare e del rafforzamento della cooperazione transfrontaliera, in conformità delle pertinenti disposizioni dell’UNCLOS. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica alle acque marine degli Stati membri, senza pregiudizio di altri atti legislativi dell’Unione. Non si applica alle acque costiere o a parti di esse che rientrano nella pianificazione urbana e rurale di uno Stato membro, purché ciò sia comunicato nei piani di gestione dello spazio marittimo. 2. La presente direttiva non si applica alle attività il cui unico fine è la difesa o la sicurezza nazionale. 3. La presente direttiva non interferisce con le competenze degli Stati membri in materia di definizione e determinazione, nell’ambito delle relative acque marine, dell’estensione e della copertura dei rispettivi piani di gestione dello spazio marittimo. Non si applica alla pianificazione urbana e rurale. 4. La presente direttiva non inficia i diritti sovrani e la giurisdizione degli Stati membri sulle acque marine che derivano dal pertinente diritto internazionale, in particolare dall’UNCLOS. Più specificamente, l’applicazione della presente direttiva non influisce sul delineamento e la delimitazione delle frontiere marittime da parte degli Stati membri in conformità delle pertinenti disposizioni dell’UNCLOS. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «politica marittima integrata» (PMI), una politica dell’Unione il cui scopo è quello di promuovere un processo decisionale coordinato e coerente al fine di ottimizzare lo sviluppo sostenibile, la crescita economica e la coesione sociale degli Stati membri, e in particolare per quanto riguarda le regioni costiere, insulari e ultraperiferiche nell’Unione nonché i settori marittimi, grazie a politiche coerenti nel settore marittimo e alla cooperazione internazionale in materia; 2) «pianificazione dello spazio marittimo», un processo mediante il quale le pertinenti autorità dello Stato membro analizzano e organizzano le attività umane nelle zone marine al fine di conseguire obiettivi ecologici, economici e sociali; 3) «regione marina», la regione marina di cui all’articolo 4 della direttiva 2008/56/CE; 4) «acque marine», le acque, il fondale e il sottosuolo quali definiti all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2008/56/CE, le acque costiere quali definite all’articolo 2, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE e il relativo fondale e sottosuolo. CAPO II PIANIFICAZIONE DELLO SPAZIO MARITTIMO Articolo 4 Elaborazione e attuazione della pianificazione dello spazio marittimo 1. Ogni Stato membro elabora e attua la pianificazione dello spazio marittimo. 2. In tale prospettiva, gli Stati membri tengono conto delle interazioni terra-mare. 3. Il piano o i piani risultanti sono sviluppati e prodotti nel rispetto dei livelli istituzionali e di governance stabiliti dagli Stati membri. La presente direttiva non interferisce con le competenze degli Stati membri in materia di definizione e determinazione del formato e del contenuto di tale piano o di tali piani. 4. La pianificazione dello spazio marittimo mira al conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 5 e soddisfa i requisiti stabiliti agli articoli 6 e 8. 5. Al momento di elaborare la pianificazione dello spazio marittimo, gli Stati membri tengono in debito conto le peculiarità delle regioni marine, le pertinenti attività e i pertinenti usi attuali e futuri e i relativi effetti sull’ambiente, come pure le risorse naturali, tenendo conto altresì delle interazioni terra-mare. 6. Gli Stati membri possono includere o basarsi sulla politica nazionale esistente, su regolamenti o meccanismi che sono stati istituiti o erano in corso di istituzione prima dell’entrata in vigore della presente direttiva, a condizione che siano conformi ai requisiti della presente direttiva. Articolo 5 Obiettivi di pianificazione dello spazio marittimo 1. In sede di elaborazione e attuazione della pianificazione dello spazio marittimo, gli Stati membri tengono in considerazione gli aspetti economici, sociali e ambientali al fine di sostenere uno sviluppo e una crescita sostenibili nel settore marittimo, applicando un approccio ecosistemico, e di promuovere la coesistenza delle pertinenti attività e dei pertinenti usi. 2. Mediante i rispettivi piani di gestione dello spazio marittimo, gli Stati membri mirano a contribuire allo sviluppo sostenibile dei settori energetici del mare, dei trasporti marittimi e del settore della pesca e dell’acquacoltura, per la conservazione, la tutela e il miglioramento dell’ambiente, compresa la resilienza all’impatto del cambiamento climatico. Gli Stati membri possono inoltre perseguire altri obiettivi, quali la promozione del turismo sostenibile e l’estrazione sostenibile delle materie prime. 3. La presente direttiva non pregiudica la competenza degli Stati membri quanto alla determinazione del modo in cui i diversi obiettivi si riflettono e trovano riscontro nel rispettivo piano o nei rispettivi piani di gestione dello spazio marittimo. Articolo 6 Requisiti minimi per la pianificazione dello spazio marittimo 1. Gli Stati membri definiscono fasi procedurali per contribuire al conseguimento degli obiettivi elencati all’articolo 5, tenendo conto delle pertinenti attività e dei pertinenti usi nelle acque marine. 2. In questa prospettiva, gli Stati membri: a) tengono conto delle interazioni terra-mare; b) tengono conto degli aspetti ambientali, economici e sociali, nonché degli aspetti relativi alla sicurezza; c) mirano a promuovere la coerenza tra la pianificazione dello spazio marittimo e il piano o i piani da essa derivanti e gli altri processi, quali la gestione integrata delle zone costiere o le pratiche equivalenti, formali o informali; d) assicurano il coinvolgimento delle parti interessate in conformità dell’articolo 9; e) organizzano l’impiego dei migliori dati disponibili a norma dell’articolo 10; f) garantiscono un’efficace collaborazione transfrontaliera tra gli Stati membri a norma dell’articolo 11; g) promuovono la cooperazione con i paesi terzi a norma dell’articolo 12. 3. I piani di gestione dello spazio marittimo sono rivisti dagli Stati membri nelle modalità da essi stabilite, ma almeno ogni dieci anni. Articolo 7 Interazioni terra-mare 1. Al fine di tenere conto delle interazioni terra-mare, a norma dell’articolo 4, paragrafo 2 bis, ove questo aspetto non rientri nel processo di pianificazione dello spazio marittimo in quanto tale, gli Stati membri possono ricorrere ad altri processi formali o informali quale la gestione integrata delle zone costiere. Il risultato figura nei rispettivi piani di gestione dello spazio marittimo degli Stati membri. 2. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 3, gli Stati membri mirano, mediante la pianificazione dello spazio marittimo, a promuovere la coerenza tra il piano o i piani di gestione dello spazio marittimo da essa derivanti e gli altri processi pertinenti. Articolo 8 Elaborazione di piani di gestione dello spazio marittimo 1. In sede di elaborazione e attuazione della pianificazione dello spazio marittimo, gli Stati membri elaborano piani di gestione dello spazio marittimo che individuano la distribuzione spaziale e temporale delle pertinenti attività e dei pertinenti usi delle loro acque marine attuali e futuri, al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 5. 2. In tale prospettiva e in conformità dell’articolo 2, paragrafo 3, gli Stati membri prendono in considerazione le pertinenti interazioni delle attività e degli usi. Fatte salve le competenze degli Stati membri, le attività, gli usi e gli interessi possibili possono includere: — zone di acquacoltura, — zone di pesca, — impianti e infrastrutture per la prospezione, lo sfruttamento e l’estrazione di petrolio, gas e altre risorse energetiche, di minerali e aggregati e la produzione di energia da fonti rinnovabili, — rotte di trasporto marittimo e flussi di traffico, — zone di addestramento militare, — siti di conservazione della natura e di specie naturali e zone protette, — zone di estrazione di materie prime, — ricerca scientifica, — tracciati per cavi e condutture sottomarini, — turismo, — patrimonio culturale sottomarino. Articolo 9 Partecipazione del pubblico 1. Gli Stati membri predispongono le modalità di partecipazione del pubblico informando tutte le parti coinvolte e consultando i soggetti interessati e le autorità competenti, nonché la popolazione interessata, fin dalle fasi iniziali dell’elaborazione dei piani di gestione dello spazio marittimo, in conformità delle pertinenti disposizioni della normativa dell’Unione. 2. Gli Stati membri assicurano altresì che i soggetti interessati e le autorità competenti, nonché la popolazione interessata, abbiano accesso ai piani non appena questi siano ultimati. Articolo 10 Utilizzo e condivisione di dati 1. Gli Stati membri organizzano l’utilizzo dei migliori dati disponibili e stabiliscono come organizzare la condivisione delle informazioni necessarie per i piani di gestione dello spazio marittimo. 2. I dati di cui al paragrafo 1 possono includere, tra l’altro: a) dati ambientali, sociali ed economici raccolti secondo la normativa unionale relativi alle attività di cui all’articolo 8; b) dati fisici marini relativi alle zone marine. 3. Nel dare attuazione al paragrafo 1, gli Stati membri si avvalgono dei pertinenti strumenti, compresi quelli già disponibili nell’ambito della PMI e di altre pertinenti politiche dell’Unione, come quelle menzionate nella direttiva 2007/2/CE. Articolo 11 Cooperazione fra gli Stati membri 1. Come parte del processo di pianificazione e gestione, gli Stati membri che condividono un bacino marino cooperano al fine di garantire che i piani di gestione dello spazio marittimo siano coerenti e coordinati nella regione marina in questione. Tale cooperazione deve tener conto, in particolare, di aspetti di natura transnazionale. 2. La cooperazione di cui al paragrafo 1 è realizzata in particolare tramite: a) strutture regionali di cooperazione istituzionale esistenti, come le convenzioni marittime regionali, e/o b) reti o strutture di autorità competenti degli Stati membri, e/o c) eventuali altri metodi che soddisfino i requisiti di cui al paragrafo 1, ad esempio nel quadro di strategie per i bacini marittimi. Articolo 12 Cooperazione con i paesi terzi Gli Stati membri si adoperano, ove possibile, per cooperare con i paesi terzi nelle rispettive azioni in merito alla pianificazione dello spazio marittimo nelle pertinenti regioni marittime e in conformità del diritto internazionale nonché delle convenzioni internazionali, ad esempio utilizzando le esistenti sedi internazionali e la cooperazione istituzionale regionale. CAPO III ATTUAZIONE Articolo 13 Autorità competenti 1. Ogni Stato membro designa l’autorità o le autorità competenti per l’attuazione della presente direttiva. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione l’elenco di tali autorità competenti, unitamente alle informazioni indicate nell’allegato della presente direttiva. 3. In caso di modifica delle informazioni comunicate ai sensi del paragrafo 1, ogni Stato membro ne informa la Commissione entro sei mesi dalla data in cui tale modifica ha effetto. Articolo 14 Monitoraggio e relazioni 1. Gli Stati membri inviano alla Commissione e agli altri Stati membri interessati copia dei piani di gestione dello spazio marittimo, compreso il pertinente materiale esplicativo esistente sull’attuazione della presente direttiva, e di tutti gli aggiornamenti successivi entro tre mesi dalla loro pubblicazione. 2. Al più tardi un anno dopo il termine per l’adozione dei piani di gestione dello spazio marittimo e, successivamente, ogni quattro anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione che evidenzi i progressi compiuti nell’attuazione della presente direttiva. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 settembre 2016. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. L’autorità o le autorità di cui all’articolo 13, paragrafo 1, sono designate entro il 18 settembre 2016. 3. I piani di gestione dello spazio marittimo di cui all’articolo 4 sono stabiliti quanto più rapidamente possibile e comunque non oltre il 31 marzo 2021. 4. L’obbligo di recepire e attuare le disposizioni della presente direttiva non si applica agli Stati membri privi di sbocchi sul mare. Articolo 16 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 17 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente S. GOZI (1) GU C 341 del 21.11.2013, pag. 67. (2) GU C 356 del 5.12.2013, pag. 124. (3) Posizione del Parlamento europeo del 17 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 luglio 2014. (4) Direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino) (GU L 164 del 25.6.2008, pag. 19). (5) Regolamento (UE) n. 1255/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2011, che istituisce un programma di sostegno per l’ulteriore sviluppo di una politica marittima integrata (GU L 321del 5.12.2011, pag. 1). (6) Regolamento (UE) n. 508/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e che abroga i regolamenti (CE) n. 2328/2003, (CE) n. 861/2006, (CE) n. 1198/2006 e (CE) n. 791/2007 del Consiglio e il regolamento (UE) n. 1255/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 149 del 20.5.2014, pag. 1). (7) Raccomandazione 2002/413/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2002, relativa all’attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa (GU L 148 del 6.6.2002, pag. 24). (8) Decisione 2010/631/UE del Consiglio, del 13 settembre 2010, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo sulla gestione integrata delle zone costiere del Mediterraneo della convenzione sulla protezione dell’ambiente marino e del litorale del Mediterraneo (GU L 279 del 23.10.2010, pag. 1). (9) Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16). (10) Regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell’ambito della politica comune della pesca (GU L 358 del 31.12.2002, pag. 59). (11) Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7). (12) Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7). (13) Decisione n. 884/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che modifica la decisione n. 1692/96/CE sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (GU L 167 del 30.4.2004, pag. 1). (14) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1). (15) Decisione 2010/477/UE della Commissione, del 1o settembre 2010, sui criteri e gli standard metodologici relativi al buono stato ecologico delle acque marine (GU L 232 del 2.9.2010, pag. 14). (16) Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17). (17) Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30). (18) Direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2007, che istituisce un’Infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità europea (Inspire) (GU L 108 del 25.4.2007, pag. 1). ALLEGATO AUTORITÀ COMPETENTI 1) Nome e indirizzo della o delle autorità competenti — denominazione ufficiale e indirizzo della o delle autorità competenti identificate. 2) Forma giuridica della o delle autorità competenti — breve descrizione della forma giuridica della o delle autorità competenti. 3) Responsabilità — breve descrizione delle competenze giuridiche e amministrative della o delle autorità competenti e del ruolo della/e stessa/e in relazione alle acque marine interessate. 4) Partecipazione — se la o le autorità competenti fungono da organo di coordinamento per altre autorità competenti occorre fornire un elenco di queste ultime e una sintesi delle relazioni istituzionali create per garantire tale coordinamento. 5) Coordinamento regionale — è richiesta una sintesi dei meccanismi istituiti per garantire il coordinamento tra gli Stati membri le cui acque rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva e che appartengono alla stessa regione o sottoregione marina.
Pianificazione dello spazio marittimo per lo sviluppo e la crescita sostenibili delle aree marittime d’Europa QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva stabilisce la strategia comune dei paesi dell’UE per la pianificazione dello spazio marittimo. Ciò consente a ogni paese dell’UE di pianificare le proprie attività marittime; tale processo di pianificazione, a livello nazionale, regionale o locale, è ora maggiormente compatibile a livello comunitario grazie all’introduzione di un calendario comune e di requisiti minimi comuni. Il nuovo quadro intende promuovere la sostenibilità:della crescita delle economie marittime, conosciuta come l’economia blu dell’UE, dello sviluppo delle aree marine e dell’uso delle risorse marine. PUNTI CHIAVE Le aree marine sono oggetto di numerose pressioni concorrenziali relative al loro uso e sviluppo, provenienti da settori quali il turismo, la pesca e l’acquacoltura, l’estrazione di materie prime, le rotte del trasporto marittimo, le aree marine protette, ecc. Esse inoltre si trovano di fronte a sfide comuni, quali la fragilità degli ecosistemi, l’impatto dei cambiamenti climatici e l’inquinamento. La pianificazione dello spazio marittimo mira a permettere alle autorità pubbliche di organizzare le attività umane nelle aree marine in modo da raggiungere diversi obiettivi ecologici, economici e sociali. Piani di gestione dello spazio marittimo La direttiva impone ai paesi dell’UE di elaborare piani di gestione dello spazio marittimo non oltre il 31 marzo 2021. Essi dovranno mappare le attività umane nelle proprie acque marine e identificare il loro sviluppo territoriale futuro più efficace. Le mappe devono tenere in considerazione le interazioni terra-mare, nonché aspetti ambientali, economici, sociali e di sicurezza. A tal proposito, i paesi dell’UE devono garantire l’uso dei migliori dati economici, sociali e ambientali disponibili. La popolazione e i soggetti interessati (come i fornitori di energia e trasporti, i gruppi ambientali, ecc.) devono essere coinvolti nel processo. Cooperazione con altri paesi dell’UE e paesi extra UE I paesi dell’UE che condividono un bacino marino devono inoltre cooperare per garantire che i piani di gestione dello spazio marittimo siano coerenti e coordinati in tutta la regione marina interessata. Laddove i paesi dell’UE condividano un bacino marino con un paese terzo, essi dovrebbero ricercare la cooperazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 17 settembre 2014 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 18 settembre 2016. CONTESTO GENERALE Con la strategia Europa 2020 l’UE sta cercando di diventare un’economia intelligente, sostenibile e inclusiva entro il 2020. La presente direttiva svolge un ruolo fondamentale per sviluppare l’economia blu dell’Europa secondo le ambizioni dell’UE. Per maggiori informazioni, si consulti:Pianificazione dello spazio marittimo (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2014/89/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo (GU L 257 del 28.8.2014, pagg. 135-145) DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: L’innovazione nell’economia blu: realizzare il potenziale di crescita e di occupazione dei nostri mari e dei nostri oceani [COM(2014)0254 final/2 dell’8 maggio 2014] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Crescita blu: opportunità per una crescita sostenibile dei settori marino e marittimo [COM(2012) 494 final del 13 settembre 2012]
13,116
208
32009H0384
false
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 30 aprile 2009 sulle politiche retributive nel settore dei servizi finanziari (Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/384/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 211, secondo trattino, considerando quanto segue: (1) L’eccessiva assunzione di rischi nell’industria dei servizi finanziari e, in particolare, nelle banche e nelle imprese di investimento, ha contribuito al fallimento di numerose imprese finanziarie e ha causato problemi di tipo sistemico negli Stati membri e a livello mondiale, che si sono poi estesi al resto dell’economia con costi elevati per la società. (2) Benché le pratiche retributive inadeguate non costituiscano la causa principale della crisi sviluppatasi nel 2007 e 2008, vi è un consenso diffuso che, nell’industria dei servizi finanziari, esse abbiano favorito comportamenti eccessivamente rischiosi, contribuendo alle perdite significative subite da imprese finanziarie di grande importanza. (3) Di fatto le pratiche retributive adottate in gran parte dell’industria dei servizi finanziari sono andate nella direzione opposta a quella di una efficace e sana gestione del rischio. Tali pratiche, infatti, tendevano a ricompensare i profitti di breve termine, incentivando il personale a lanciarsi in operazioni inaccettabilmente rischiose che garantivano profitti maggiori nel breve termine, esponendo tuttavia l’impresa finanziaria a elevate perdite potenziali nel lungo termine. (4) In linea di principio, se i sistemi di controllo e gestione fossero solidi e altamente efficaci, gli incentivi all’assunzione di rischi derivanti dalle pratiche retributive sarebbero coerenti con i livelli di tolleranza del rischio di un’impresa finanziaria. Tutti i sistemi di controllo e gestione presentano, tuttavia, limiti e, come ha dimostrato la crisi finanziaria attuale, possono non essere in grado di gestire i rischi creati da incentivi inadeguati, data anche la complessità crescente dei rischi e le diverse modalità di assunzione degli stessi. Di conseguenza una semplice separazione funzionale tra le divisioni operative e il personale responsabile dei sistemi di controllo e gestione del rischio è necessaria ma non è più sufficiente. (5) Inserire adeguati incentivi nel sistema di remunerazione dovrebbe consentire di semplificare la gestione del rischio e migliorare, con ogni probabilità, l’efficacia di tali sistemi. È necessario pertanto elaborare principi per mettere a punto sane politiche retributive. (6) Data la pressione concorrenziale nell’industria dei servizi finanziari, e il fatto che molte imprese finanziarie operano a livello transfrontaliero, è importante garantire che tali principi siano applicati in modo coerente in tutti gli Stati membri. È chiaro, tuttavia, che per essere ancora più efficaci i principi alla base di sane politiche retributive dovrebbero essere applicati coerentemente su scala mondiale. (7) Nella sua comunicazione al Consiglio europeo di primavera, «Guidare la ripresa in Europa» (1), la Commissione ha presentato un piano per ripristinare la solidità del sistema finanziario e mantenerlo stabile e affidabile. In particolare, in tale comunicazione la Commissione annunciava che avrebbe presentato una raccomandazione sulla remunerazione nel settore dei servizi finanziari al fine di migliorare la gestione del rischio nelle imprese finanziarie e collegare gli incentivi retributivi al conseguimento di risultati sostenibili. (8) La presente raccomandazione fissa principi generali applicabili alla politica retributiva nel settore dei servizi finanziari e dovrebbe applicarsi a tutte le imprese finanziarie che operano nell’industria dei servizi finanziari. (9) Tali principi generali, che potrebbero avere maggiore rilevanza per talune categorie di imprese finanziarie rispetto ad altre, alla luce della normativa e delle prassi comuni esistenti nell’industria dei servizi finanziari, dovrebbero applicarsi parallelamente a ogni norma o regolamento che disciplinano uno specifico settore finanziario. In particolare dovrebbero essere esclusi dal suo campo di applicazione gli onorari e le commissioni percepiti da intermediari e prestatori esterni di servizi nel caso di attività esternalizzate, in quanto le pratiche di compensazione relative a tali onorari e commissioni sono già contemplate, in parte, da regimi specifici, in particolare dalla direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (2), e dalla direttiva 2002/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 dicembre 2002, sulla intermediazione assicurativa (3). La presente raccomandazione, inoltre, non pregiudica i diritti, se applicabili, delle parti sociali nella contrattazione collettiva. (10) In relazione alle imprese finanziarie i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in uno o più Stati membri ai sensi della direttiva 2004/39/CE, la presente raccomandazione si applica congiuntamente e integra la raccomandazione 2004/913/CE della Commissione, del 14 dicembre 2004, relativa alla promozione di un regime adeguato per quanto riguarda la remunerazione degli amministratori delle società quotate (4) e la raccomandazione 2009/385/CE della Commissione, del 30 aprile 2009, che integra le raccomandazioni 2004/913/CE e 2005/162/CE per quanto riguarda il regime di remunerazione degli amministratori delle società quotate (5). (11) La politica retributiva di una particolare impresa finanziaria dovrebbe inoltre essere commisurata alle dimensioni dell’impresa e alla natura e complessità delle sue attività. (12) Dovrebbe essere adottata una politica retributiva in linea con un’efficace gestione dei rischi e che non determini un’eccessiva esposizione agli stessi. (13) La politica retributiva dovrebbe essere indirizzata alle categorie del personale le cui attività hanno un impatto materiale sul profilo di rischio dell’impresa finanziaria. Per evitare di incentivare le attività eccessivamente rischiose, la remunerazione di tali categorie del personale dovrebbe essere oggetto di disposizioni particolari. (14) La politica retributiva dovrebbe essere mirata a collegare gli obiettivi personali dei dipendenti con gli interessi di lungo termine dell’impresa finanziaria interessata. La valutazione delle componenti della remunerazione collegate ai risultati dovrebbe essere basata sui risultati a lungo termine e tenere conto dei rischi connessi con tali risultati. I risultati dovrebbero essere valutati su un arco pluriennale, ad esempio da tre a cinque anni, allo scopo di assicurare che il processo si basi sui risultati di lungo termine e che l’erogazione delle componenti della remunerazione collegate ai risultati sia ripartita sul ciclo economico della società. (15) Le imprese finanziarie dovrebbero poter esigere il rimborso delle componenti variabili della remunerazione pagate sulla base di dati rivelatisi in seguito manifestamente errati. (16) In linea generale gli importi erogati in caso di risoluzione anticipata del contratto e concessi sulla base dello stesso non dovrebbero essere una ricompensa del fallimento. Agli amministratori di società quotate dovrebbero applicarsi le disposizioni specifiche per il trattamento di fine rapporto di cui alla raccomandazione 2009/385/CE. (17) Affinché la politica retributiva sia in linea con gli obiettivi, la strategia economica, i valori e gli obiettivi di lungo termine dell’istituzione finanziaria, dovrebbero essere considerati altri fattori oltre al risultato economico, quali il rispetto dei sistemi e controlli dell’istituzione finanziaria e delle norme che disciplinano le relazioni con clienti e investitori. (18) Una gestione efficace è un prerequisito di una solida politica retributiva. Il processo decisionale relativo alla politica retributiva di un’impresa finanziaria dovrebbe essere intrinsecamente trasparente e articolato in modo tale da evitare conflitti di interesse e garantire l’indipendenza di tutti tutte le persone coinvolte. (19) All’organo di governo societario dell’impresa finanziaria dovrebbe spettare la responsabilità ultima di definire la politica retributiva per tutta l’impresa e di controllarne l’applicazione. Al fine di disporre delle competenze necessarie dovrebbero essere coinvolti nel processo le funzioni di controllo e, se opportuno, i dipartimenti delle risorse umane e gli esperti esterni. In particolare le funzioni di controllo dovrebbero contribuire a elaborare e rivedere l’attuazione della politica retributiva e garantire una remunerazione adeguata per attirare personale qualificato e garantirne l’indipendenza dalle divisioni operative soggette al loro controllo. Il revisore legale dei conti, nei limiti dei suoi attuali obblighi di segnalazione, dovrebbe indicare al consiglio di amministrazione (o di sorveglianza) o al comitato per il controllo interno e la revisione contabile le carenze riscontrate nel processo di revisione dell’attuazione della politica retributiva. (20) Il controllo dell’elaborazione e applicazione della politica retributiva si rivelerà con ogni probabilità più efficace se le parti interessate dell’impresa finanziaria, compresi, se possibile, i rappresentanti dei dipendenti saranno adeguatamente informate sul processo di elaborazione e attuazione della politica retributiva e vi parteciperanno attivamente. A tal fine le imprese finanziarie dovrebbero comunicare alle loro parti interessate le informazioni pertinenti. (21) L’attuazione dei principi di cui alla presente raccomandazione dovrebbe essere potenziata tramite la revisione della vigilanza a livello nazionale. Pertanto nella valutazione globale della solidità dell’impresa finanziaria, le autorità di vigilanza dovrebbero verificare anche la conformità della politica retributiva dell’impresa con i principi di cui alla presente raccomandazione. (22) Gli Stati membri dovrebbero accertarsi che le filiali di imprese finanziarie aventi la sede legale o l’amministrazione centrale in un paese terzo e che operano in uno Stato membro siano soggette a principi di politica retributiva analoghi a quelli applicabili alle imprese finanziarie aventi la sede legale o l’amministrazione centrale sul territorio di uno Stato membro. (23) La presente raccomandazione dovrebbe applicarsi fatte salve le misure che potrebbero essere adottate dagli Stati membri in materia di politiche retributive delle imprese finanziarie che beneficiano del sostegno statale. (24) La notifica delle misure adottate dagli Stati membri in conformità della presente raccomandazione dovrebbe indicare un calendario chiaramente definito entro il quale le imprese finanziarie saranno chiamate a adottare politiche retributive coerenti con i principi della presente raccomandazione, RACCOMANDA: SEZIONE I Campo di applicazione e definizioni 1. Campo di applicazione 1.1. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che i principi di cui ai sezioni II, III e IV si applichino a tutte le imprese finanziarie aventi la sede legale o l’amministrazione centrale nel loro territorio. 1.2. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che i principi di cui ai sezioni II, III e IV si applichino alle remunerazioni delle categorie del personale le cui attività professionali abbiano un impatto materiale sul profilo di rischio dell’impresa finanziaria. 1.3. Nell’adottare misure per garantire che le imprese finanziarie applichino i principi in parola, gli Stati membri dovrebbero tenere conto della natura, delle dimensioni e delle attività specifiche delle imprese interessate. 1.4. Gli Stati membri dovrebbero applicare i principi di cui alle sezioni II, III e IV alle imprese finanziarie su base individuale e consolidata. I principi di una sana politica retributiva dovrebbero essere applicati a livello di gruppo all’impresa madre e alle sue filiali, comprese quelle stabilite nei centri finanziari off-shore. 1.5. La presente raccomandazione non si applica agli onorari e alle commissioni percepiti da intermediari e prestatori esterni di servizi nel caso di attività esternalizzate. 2. Definizioni ai fini della presente raccomandazione 2.1. «Impresa finanziaria»: un’impresa, regolamentata o no, che, a prescindere dal suo statuto giuridico, svolga su base professionale una delle attività indicate di seguito: a) accettazione di depositi e altri fondi rimborsabili; b) fornitura di servizi di investimento e/o effettuazione di attività di investimento ai sensi della direttiva 2004/39/CE; c) partecipazione ad attività di intermediazione assicurativa o riassicurativa; d) realizzazione di attività economiche simili a quelle indicate alle lettere a), b) e c). La definizione di impresa finanziaria comprende, ma senza limitarsi ad essi, gli istituti di credito, le società di investimento, i fondi pensione e gli organismi collettivi di investimento. 2.2. «Amministratore:» un componente del consiglio di amministrazione, di gestione o di sorveglianza di un’impresa finanziaria. 2.3. «Funzioni di controllo»: funzioni di gestione del rischio, di controllo interno e analoghe nell’ambito di un’impresa finanziaria. 2.4. «Componente variabile della retribuzione»: una componente della retribuzione che è concessa sulla base dei risultati e che comprende i bonus. SEZIONE II Politica retributiva 3. Aspetti generali 3.1. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che le imprese finanziarie elaborino, applichino e mantengano una politica retributiva che sia coerente con una sana ed efficace gestione del rischio e che non induca all’assunzione di rischi eccessivi. 3.2. La politica retributiva dovrebbe essere in linea con gli obiettivi, la strategia economica, i valori e gli obiettivi di lungo termine dell’impresa finanziaria, quali ad esempio la crescita sostenibile, ed essere coerente con i principi di protezione dei clienti e degli investitori nel periodo in cui forniscono servizi a questi ultimi. 4. Struttura della politica retributiva 4.1. Qualora la retribuzione preveda una componente variabile o bonus, la politica retributiva dovrebbe essere strutturata in modo da presentare un adeguato equilibrio tra componenti fisse e variabili. Un adeguato equilibrio tra le componenti della remunerazione può variare a seconda del personale, delle condizioni del mercato e del contesto specifico in cui opera l’impresa finanziaria. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che la politica retributiva di un’impresa finanziaria preveda un limite massimo alla componente variabile. 4.2. La componente fissa dovrebbe costituire una percentuale sufficientemente elevata della remunerazione totale, tale da permettere all’impresa finanziaria di perseguire una politica pienamente flessibile in materia di bonus. In particolare dovrebbe essere consentito all’impresa finanziaria di non erogare, in tutto o in parte, i bonus, qualora i singoli dipendenti, un’unità operativa o l’impresa finanziaria stessa non rispettino i criteri di efficienza. Dovrebbe inoltre essere consentito all’impresa finanziaria di non erogare i bonus in caso di deterioramento marcato della sua situazione, in particolare quando esistano dubbi sulla sua capacità presente o futura di proseguire normalmente le sue attività. 4.3. In caso di bonus di importo significativo, la parte principale dello stesso dovrebbe essere erogata solo al termine di un periodo minimo definito. L’importo della parte di bonus erogata in una fase successiva dovrebbe essere determinata in relazione all’importo totale del bonus, a sua volta rapportato all’importo totale della remunerazione. 4.4. La parte del bonus di cui si posticipa l’erogazione dovrebbe tenere conto dei rischi associati ai risultati cui il bonus fa riferimento e potrebbe consistere di azioni, opzioni, contanti o di altri fondi, il pagamento dei quali è procrastinato per la durata del periodo in questione. La quantificazione dei risultati futuri cui è legato il pagamento differito del bonus dovrebbe tenere conto dei rischi, come indicato al punto 5. 4.5. Gli importi erogati in caso di risoluzione anticipata di un contratto, e concessi sulla base dello stesso, dovrebbero essere relativi ai risultati conseguiti nel corso del tempo e non configurarsi come ricompensa del fallimento. 4.6. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che il consiglio di amministrazione (o di sorveglianza) di un’impresa finanziaria possa chiedere ai propri dipendenti di restituire, in tutto o in parte, i bonus erogati sulla base di dati rivelatisi in seguito manifestamente errati. 4.7. La struttura della politica retributiva dovrebbe essere periodicamente aggiornata per garantire che sia adeguata ai mutamenti intervenuti nell’impresa finanziaria interessata. 5. Quantificazione dei risultati 5.1. Qualora la remunerazione sia collegata ai risultati ottenuti, il suo importo totale dovrebbe essere basato su una combinazione dei risultati ottenuti dal singolo, dall’unità operativa interessata, nonché dei risultati complessivi dell’impresa finanziaria. 5.2. I risultati dovrebbero essere valutati su un arco pluriennale allo scopo di assicurare che il processo di valutazione sia fondato sui risultati di lungo termine e che l’effettiva erogazione dei bonus sia ripartita sul ciclo economico della società. 5.3. La quantificazione dei risultati, come base dei bonus o bonus collettivi, dovrebbe prevedere un adeguamento ai rischi attuali o futuri connessi con i risultati e dovrebbe tenere conto del costo del capitale impiegato e della liquidità necessaria. 5.4. Nel determinare i risultati ottenuti dai singoli è opportuno tenere conto di criteri non finanziari, quali la conformità con le norme e procedure interne, oltre che con le norme che disciplinano le relazioni con i clienti e gli investitori. 6. Governance 6.1. La politica retributiva dovrebbe includere misure atte a prevenire conflitti di interesse. Le procedure per determinare la remunerazione all’interno di un’impresa finanziaria dovrebbero essere chiare, documentate e intrinsecamente trasparenti. 6.2. La remunerazione degli amministratori dovrebbe essere decisa dal consiglio di amministrazione (o di sorveglianza). Il consiglio di amministrazione (o di sorveglianza) dovrebbe inoltre fissare i principi generali della politica di remunerazione dell’impresa finanziaria e assumersi la responsabilità della loro applicazione. 6.3. Le funzioni di controllo e, se opportuno, anche i dipartimenti delle risorse umane e gli esperti esterni dovrebbero partecipare all’elaborazione della politica retributiva. 6.4. I membri del consiglio di amministrazione (o di sorveglianza) responsabili della politica retributiva e i membri dei comitati remunerazione, oltre ai membri del personale che partecipano all’elaborazione e all’attuazione della politica retributiva, dovrebbero disporre delle necessarie competenze e essere indipendenti dalle unità operative soggette al loro controllo, in modo da formulare una valutazione indipendente sulla pertinenza della politica retributiva e delle sue implicazioni in materia di rischi e gestione dei rischi. 6.5. Fatte salve le responsabilità generali del consiglio di amministrazione (o di sorveglianza), di cui al punto 6.2, l’attuazione della politica retributiva dovrebbe essere soggetta (con cadenza almeno annuale) a una revisione interna centrale e indipendente da parte delle funzioni di controllo, per verificarne la conformità con le politiche e le procedure definite dal consiglio di amministrazione (o di sorveglianza). Le funzioni di controllo dovrebbero riferire sui risultati di tale revisione al consiglio di amministrazione (o di sorveglianza). 6.6. I membri del personale coinvolti nei processi di controllo dovrebbero essere indipendenti dalle unità operative soggette al loro controllo, disporre della necessaria autorità ed essere retribuiti conformemente al conseguimento degli obiettivi legati alle loro funzioni, indipendentemente dai risultati conseguiti dagli ambiti dell’impresa soggetti alla loro vigilanza. In particolare, per quanto riguarda le imprese di assicurazione o riassicurazione, la funzione attuariale e l’attuario responsabile dovrebbero essere remunerati in modo commisurato al loro ruolo nell’impresa di assicurazione o riassicurazione e non in relazione ai risultati di tale impresa. 6.7. I principi generali della politica retributiva dovrebbero essere accessibili a tutto il personale a cui si applicano. Il personale dovrebbe essere informato in anticipo dei criteri che saranno utilizzati per determinarne la remunerazione e la valutazione. Il processo di valutazione e la politica retributiva dovrebbero essere adeguatamente documentati e trasparenti per il personale interessato. SEZIONE III Requisiti in materia di informativa 7. Fatte salve le disposizioni in materia di riservatezza e protezione dei dati, le informazioni relative alla politica retributiva di cui alla sezione II, nonché gli eventuali aggiornamenti in caso di modifiche di tale politica, devono essere comunicate dall’impresa finanziaria in modo chiaro e facilmente comprensibile a tutte le parti interessate. Tali informazioni possono essere divulgate in forma di dichiarazione indipendente sulla politica retributiva, di comunicazione periodica inserita nei bilanci annuali o in qualsiasi altra forma. 8. Dovrebbero essere fornite le seguenti informazioni: a) informazioni relative al processo decisionale utilizzate per definire la politica retributiva, compresi, se del caso, informazioni sulla composizione e il mandato del comitato retribuzioni, il nome del consulente esterno, dei cui servizi ci si è avvalsi per definire la politica retributiva e il ruolo delle parti interessate coinvolte; b) informazioni sul collegamento tra retribuzione e risultati conseguiti; c) informazioni sui criteri utilizzati per la valutazione dei risultati e l’adeguamento ai rischi; d) informazioni sui criteri di valutazione dei risultati in virtù dei quali vengono concesse opzioni, azioni, o altre componenti variabili della remunerazione; e) i parametri principali e le motivazioni per la concessione di premi annuali e di ogni altra prestazione non monetaria. 9. Nel determinare la portata delle informazioni da divulgare, gli Stati membri dovrebbero tenere conto della natura, delle dimensioni e delle attività specifiche dell’impresa interessata. SEZIONE IV Vigilanza 10. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che le autorità competenti, nel monitorare il rispetto dei principi di cui alle sezioni II e III, tengano conto delle dimensioni dell’impresa finanziaria e della complessità delle sue attività. 11. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che le imprese finanziarie siano in grado di comunicare la politica retributiva di cui alla presente raccomandazione alle rispettive autorità competenti, indicandone la conformità con i principi in essa contenuti, in forma di dichiarazione sulla politica retributiva soggetta agli opportuni aggiornamenti. 12. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le autorità competenti possano richiedere e avere accesso a tutte le informazioni di cui necessitano per valutare il rispetto dei principi di cui alle sezioni II e III. SEZIONE V Disposizioni finali 13. Gli Stati membri sono invitati ad adottare le disposizioni necessarie per promuovere l’applicazione della presente raccomandazione entro il 31 dicembre 2009 e a comunicare alla Commissione le misure adottate conformemente alla presente raccomandazione, affinché la Commissione possa seguire da vicino la situazione e valutare, su tale base, l’eventuale necessità di ulteriori provvedimenti. 14. Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 30 aprile 2009. Per la Commissione Siim KALLAS Vicepresidente (1) COM(2009) 114. (2) GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1. (3) GU L 9 del 15.1.2003, pag. 3. (4) GU L 385 del 29.12.2004, pag. 55. (5) Cfr. pag. 28 della presente Gazzetta ufficiale.
Politiche retributive nel settore dei servizi finanziari QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Fissa i principi generali applicabili alle pratiche retributive nel settore dei servizi finanziari allo scopo di evitare un’eccessiva assunzione di rischi in questo settore, in particolare da parte delle banche e delle imprese di investimento. PUNTI CHIAVE La raccomandazione si applica:alle imprese finanziarie aventi la sede legale o l’amministrazione centrale nel territorio di un paese dell’UE; alle remunerazioni delle categorie del personale le cui attività professionali abbiano un impatto materiale sul profilo di rischio dell’impresa. La raccomandazione non si applica agli onorari e alle commissioni percepiti da intermediari e prestatori esterni di servizi nel caso di attività esternalizzate. Politica delle remunerazioniLa politica retributiva dovrebbe essere in linea con gli obiettivi, la strategia economica, i valori e gli obiettivi a lungo termine dell’impresa finanziaria, quali ad esempio la crescita sostenibile o la protezione dei clienti e degli investitori durante la prestazione del servizio. La politica retributiva dovrebbe essere strutturata in modo da presentare un adeguato equilibrio tra componenti fisse e variabili. La componente fissa dovrebbe costituire una percentuale sufficientemente elevata della remunerazione totale, tale da permettere all’impresa finanziaria di perseguire una politica pienamente flessibile in materia di bonus. La struttura della politica retributiva dovrebbe essere periodicamente aggiornata per garantire che sia adeguata ai mutamenti intervenuti nell’impresa finanziaria interessata. Se la retribuzione varia in funzione dei risultati, essa dovrebbe essere valutata in base ai rischi attuali o futuri e dovrebbe tenere conto del costo del capitale impiegato e della liquidità necessaria. Le procedure per determinare la remunerazione dovrebbero essere chiare, documentate e intrinsecamente trasparenti. Il consiglio di sorveglianza dovrebbe inoltre fissare i principi generali della politica di remunerazione dell’impresa finanziaria e assumersi la responsabilità della loro applicazione. Le funzioni di controllo, i dipartimenti delle risorse umane e gli eventuali esperti esterni dovrebbero partecipare all’elaborazione della politica retributiva. La politica retributiva dovrebbe essere soggetta, con cadenza almeno annuale, a una revisione interna centrale e indipendente da parte delle funzioni di controllo, per verificarne la conformità con le politiche e le procedure definite dal consiglio di sorveglianza. Requisiti in materia di informativa Le informazioni relative alla politica retributiva devono essere comunicate dall’impresa finanziaria in forma di dichiarazione indipendente o di comunicazione periodica, e devono comprendere:informazioni relative al processo decisionale utilizzate per definire la politica retributiva prescelta; informazioni sul collegamento tra retribuzione e risultati conseguiti; informazioni sui criteri utilizzati per la valutazione dei risultati; informazioni sui criteri di valutazione dei risultati in virtù dei quali vengono concesse opzioni, azioni, o altre componenti variabili di remunerazione; i parametri principali e le motivazioni per la concessione di premi annuali e di ogni altra prestazione non monetaria. Vigilanza Le autorità competenti devono svolgere attività di vigilanza, tenendo conto di fattori quali:le dimensioni dell’impresa; la natura delle sue attività; la complessità delle sue attività. Le imprese finanziarie dovrebbero inoltre comunicare la politica retributiva di cui alla presente raccomandazione alle rispettive autorità competenti, indicandone la conformità con i principi in essa contenuti, in forma di dichiarazione. CONTESTO Le pratiche retributive nel settore finanziario, in particolare nelle banche e nelle imprese d’investimento, hanno favorito comportamenti eccessivamente rischiosi. Tali pratiche hanno contribuito, in una certa misura, a perdite significative subite da imprese finanziarie di grande importanza e sono state in parte responsabili della crisi finanziaria sviluppatasi nell’ottobre 2008. La comunicazione «Guidare la ripresa in Europa», pubblicata dalla Commissione europea nella primavera del 2009, presentava un piano per ripristinare la solidità del sistema finanziario e mantenerlo stabile e affidabile. La raccomandazione sulle politiche retributive s’inscriveva nella strategia proposta da questo piano. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione della Commissione 2009/384/CE, del 30 aprile 2009, sulle politiche retributive nel settore dei servizi finanziari (GU L 120 del 15.5.2009, pagg. 22-27) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pagg. 1-337) Successive modifiche al regolamento (UE) n. 575/2013 sono state inserite nel testo originario. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 , sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pagg. 338-436) Consultare la versione consolidata. Comunicazione per il Consiglio Europeo di primavera - Guidare la ripresa in Europa - Volume 1 (COM(2009) 114 def., 4.3.2009)
8,672
797
41980A0934
false
80/934/CEE: Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 /* Versione consolidata CF 498Y0126(03) */ Gazzetta ufficiale n. L 266 del 09/10/1980 pag. 0001 - 0019 edizione speciale spagnola: capitolo 01 tomo 3 pag. 0036 edizione speciale portoghese: capitolo 01 tomo 3 pag. 0036 CONVENZIONE SULLA LEGGE APPLICABILE ALLE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (80/934/CEE) PREAMBOLO LE ALTE PARTI CONTRAENTI del trattato che istituisce la Comunità economica europea, SOLLECITE di continuare, nel campo del diritto internazionale privato, l'opera di unificazione giuridica già intrapresa nella Comunità, in particolare in materia di competenza giurisdizionale e di esecuzione delle sentenze, DESIDEROSE d'adottare delle regole uniformi concernenti la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, HANNO CONVENUTO LE DISPOSIZIONI SEGUENTI: TITOLO I CAMPO D'APPLICAZIONE Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Le disposizioni della presente convenzione si applicano alle obbligazioni contrattuali nelle situazioni che implicano un conflitto di leggi. 2. Esse non si applicano: a) alle questioni di stato e di capacità delle persone fisiche, fatto salvo l'articolo 11; b) alle obbligazioni contrattuali relative a: - testamenti e successioni, - regimi matrimoniali, - diritti e doveri derivanti dai rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, compresi gli obblighi alimentari a favore dei figli naturali; c) alle obbligazioni che derivano da cambiali, assegni, vaglia cambiari nonché da altri strumenti negoziabili, qualora le obbligazioni derivanti da tali strumenti risultino dal loro carattere negoziabile; d) ai compromessi, alle clausole compromissorie e alle convenzioni sul foro competente; e) alle questioni inerenti al diritto delle società, associazioni e persone giuridiche, quali la costituzione, la capacità giuridica, l'organizzazione interna e lo scioglimento delle società, associazioni e persone giuridiche, nonché la responsabilità legale personale dei soci e degli organi per le obbligazioni della società, associazione o persona giuridica; f) alla questione di stabilire se l'atto compiuto da un intermediario valga a obbligare di fronte ai terzi la persona per conto della quale egli ha affermato di agire, o se l'atto compiuto da un organo di una società, associazione o persona giuridica valga ad obbligare di fronte ai terzi la società, l'associazione o la persona giuridica; g) alla costituzione di «trusts» né ai rapporti che ne derivano tra i costituenti, i «trustees» e i beneficiari; h) alla prova e alla procedura, fatto salvo l'articolo 14. 3. Le disposizioni della presente convenzione non si applicano ai contratti di assicurazione per la copertura di rischi localizzati nei territori degli Stati membri della Comunità economica europea. Al fine di determinare se un rischio è localizzato in questi territori, il giudice applica la propria legge interna. 4. Il paragrafo 3 non concerne i contratti di riassicurazione. Articolo 2 Carattere universale La legge designata dalla presente convenzione si applica anche se è la legge di uno Stato non contraente. TITOLO II NORME UNIFORMI Articolo 3 Libertà di scelta 1. Il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti. La scelta dev'essere espressa, o risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze. Le parti possono designare la legge applicabile a tutto il contratto, ovvero a una parte soltanto di esso. 2. Le parti possono convenire, in qualsiasi momento, di sottoporre il contratto ad una legge diversa da quella che lo regolava in precedenza, vuoi in funzione di una scelta anteriore secondo il presente articolo, vuoi in funzione di altre disposizioni della presente convenzione. Qualsiasi modifica relativa alla determinazione della legge applicabile, intervenuta posteriormente alla conclusione del contratto, non inficia la validità formale del contratto ai sensi dell'articolo 9 e non pregiudica i diritti dei terzi. 3. La scelta di una legge straniera ad opera delle parti, accompagnata o non dalla scelta di un tribunale straniero, qualora nel momento della scelta tutti gli altri dati di fatto si riferiscano a un unico paese, non può recare pregiudizio alle norme alle quali la legge di tale paese non consente di derogare per contratto, qui di seguito denominate «disposizioni imperative». 4. L'esistenza e la validità del consenso delle parti sulla legge applicabile al contratto sono regolate dagli articoli 8, 9 e 11. Articolo 4 Legge applicabile in mancanza di scelta 1. Nella misura in cui la legge che regola il contratto non sia stata scelta a norma dell'articolo 3, il contratto è regolato dalla legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto. Tuttavia, qualora una parte del contratto sia separabile dal resto e presenti un collegamento più stretto con un altro paese, a tale parte del contratto potrà applicarsi, in via eccezionale, la legge di quest'altro paese. 2. Salvo quanto disposto dal paragrafo 5, si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto col paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o, se si tratta di una società, associazione o persona giuridica, la propria amministrazione centrale. Tuttavia, se il contratto è concluso nell'esercizio dell'attività economica o professionale della suddetta parte, il paese da considerare è quello dove è situata la sede principale di detta attività oppure, se a norma del contratto la prestazione dev'essere fornita da una sede diversa dalla sede principale, quello dove è situata questa diversa sede. 3. Quando il contratto ha per oggetto il diritto reale su un bene immobile o il diritto di utilizzazione di un bene immobile, si presume, in deroga al paragrafo 2, che il contratto presenti il collegamento più stretto con il paese in cui l'immobile è situato. 4. La presunzione del paragrafo 2 non vale per il contratto di trasporto di merci. Si presume che questo contratto presenti il collegamento più stretto col paese in cui il vettore ha la sua sede principale al momento della conclusione del contratto, se il detto paese coincide con quello in cui si trova il luogo di carico o di scarico o la sede principale del mittente. Ai fini dell'applicazione del presente paragrafo sono considerati come contratti di trasporto di merci i contratti di noleggio a viaggio o altri contratti il cui oggetto essenziale sia il trasporto di merci. 5. È esclusa l'applicazione del paragrafo 2 quando la prestazione caratteristica non può essere determinata. Le presunzioni dei paragrafi 2, 3 e 4 vengono meno quando dal complesso delle circostanze risulta che il contratto presenta un collegamento più stretto con un altro paese. Articolo 5 Contratto concluso dai consumatori 1. Il presente articolo si applica ai contratti aventi per oggetto la fornitura di beni mobili materiali o di servizi a una persona, il consumatore, per un uso che può considerarsi estraneo alla sua attività professionale, e ai contratti destinati al finanziamento di tale fornitura. 2. In deroga all'articolo 3, la scelta ad opera delle parti della legge applicabile non può aver per risultato di privare il consumatore della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative della legge del paese nel quale risiede abitualmente: - se la conclusione del contratto è stata preceduta in tale paese da una proposta specifica o da una pubblicità e se il consumatore ha compiuto nello stesso paese gli atti necessari per la conclusione del contratto o - se l'altra parte o il suo rappresentante ha ricevuto l'ordine del consumatore nel paese di residenza o - se il contratto rappresenta una vendita di merci e se il consumatore si è recato dal paese di residenza in un paese straniero e vi ha stipulato l'ordine, a condizione che il viaggio sia stato organizzato dal venditore per incitare il consumatore a concludere una vendita. 3. In deroga all'articolo 4 ed in mancanza di scelta effettuata a norma dell'articolo 3, tali contratti sono sottoposti alla legge del paese nel quale il consumatore ha la sua residenza abituale sempreché ricorrano le condizioni enunciate al paragrafo 2 del presente articolo. 4. Il presente articolo non si applica: a) al contratto di trasporto, b) al contratto di fornitura di servizi quando i servizi dovuti al consumatore devono essere forniti esclusivamente in un paese diverso da quello in cui egli risiede abitualmente. 5. In deroga al paragrafo 4, il presente articolo si applica al contratto che prevede per un prezzo globale prestazioni combinate di trasporto e di alloggio. Articolo 6 Contratto individuale di lavoro 1. In deroga all'articolo 3, nei contratti di lavoro, la scelta della legge applicabile ad opera delle parti non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge che regolerebbe il contratto, in mancanza di scelta, a norma del paragrafo 2. 2. In deroga all'articolo 4 ed in mancanza di scelta a norma dell'articolo 3, il contratto di lavoro è regolato: a) dalla legge del paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto compie abitualmente il suo lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro paese, oppure b) dalla legge del paese dove si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore, qualora questi non compia abitualmente il suo lavoro in uno stesso paese, a meno che non risulti dall'insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese. In questo caso si applica la legge di quest'altro paese. Articolo 7 Disposizioni imperative e legge del contratto 1. Nell'applicazione, in forza della presente convenzione, della legge di un paese determinato potrà essere data efficacia alle norme imperative di un altro paese con il quale la situazione presenti uno stretto legame, se e nella misura in cui, secondo il diritto di quest'ultimo paese, le norme stesse siano applicabili quale che sia la legge regolatrice del contratto. Ai fini di decidere se debba essere data efficacia a queste norme imperative, si terrà conto della loro natura e del loro oggetto nonché delle conseguenze che deriverebbero dalla loro applicazione o non applicazione. 2. La presente convenzione non può impedire l'applicazione delle norme in vigore nel paese del giudice, le quali disciplinano imperativamente il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto. Articolo 8 Esistenza e validità sostanziale 1. L'esistenza e la validità del contratto o di una sua disposizione si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtù della presente convenzione se il contratto o la disposizione fossero validi. 2. Tuttavia un contraente, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, può riferirsi alla legge del paese in cui ha la sua residenza abituale, se dalle circostanze risulti che non sarebbe ragionevole stabilire l'effetto del comportamento di questo contraente secondo la legge prevista nel paragrafo 1. Articolo 9 Requisiti di forma 1. Un contratto concluso tra persone che si trovano nello stesso paese è valido quanto alla forma se soddisfa i requisiti di forma della legge del luogo che ne regola la sostanza in forza della presente convenzione o della legge del luogo in cui viene concluso. 2. Un contratto concluso tra persone che si trovano in paesi differenti è valido quanto alla forma se soddisfa i requisiti di forma della legge che ne regola la sostanza in forza della presente convenzione o della legge di uno di questi paesi. 3. Quando il contratto è concluso da un rappresentante, il paese in cui il rappresentante agisce è quello che deve essere preso in considerazione per l'applicazione dei paragrafi 1 e 2. 4. Un atto giuridico unilaterale relativo ad un contratto concluso o da concludere è valido quanto alla forma se soddisfa i requisiti di forma della legge del luogo che regola o regolerebbe la sostanza del contratto in forza della presente convenzione o della legge del luogo in cui detto atto è compiuto. 5. I paragrafi da 1 a 4 non si applicano ai contratti cui si applica l'articolo 5, conclusi nelle circostanze enunciate nell'articolo 5, paragrafo 2. La forma di questi contratti è regolata dalla legge del paese in cui il consumatore ha la sua residenza abituale. 6. In deroga ai paragrafi da 1 a 4, qualsiasi contratto che ha per oggetto un diritto reale su un immobile o un diritto di utilizzazione di un immobile è sottoposto alle regole imperative di forma della legge del paese in cui l'immobile è situato sempreché, secondo questa legge, esse si applichino indipendentemente dal luogo di conclusione del contratto e dalla legge che ne regola la sostanza. Articolo 10 Portata della legge del contratto 1. La legge che regola il contratto in forza degli articoli da 3 a 6 e dell'articolo 12 regola in particolare: a) la sua interpretazione; b) l'esecuzione delle obbligazioni che ne discendono; c) nei limiti dei poteri attribuiti al giudice dalla sua legge processuale, le conseguenze dell'inadempimento totale o parziale di quelle obbligazioni, compresa la liquidazione del danno in quanto sia governata da norme giuridiche; d) i diversi modi di estinzione delle obbligazioni nonché le prescrizioni e decadenze fondate sul decorso di un termine; e) le conseguenze della nullità del contratto. 2. Per quanto concerne le modalità di esecuzione e le misure che il creditore dovrà prendere in caso di esecuzione difettosa, si avrà riguardo alla legge del paese dove l'esecuzione ha luogo. Articolo 11 Incapacità In un contratto concluso tra persone che si trovano in uno stesso paese, una persona fisica, capace secondo la legge di questo paese, può invocare la sua incapacità risultante da un'altra legge soltanto se, al momento della conclusione del contratto, l'altra parte contraente era a conoscenza di tale incapacità o l'ha ignorata soltanto per imprudenza da parte sua. Articolo 12 Cessione del credito 1. Le obbligazioni tra cedente e cessionario di un credito sono regolate dalla legge che, in forza della presente convenzione, si applica al contratto tra essi intercorso. 2. La legge che regola il credito ceduto determina la credibilità di questo, i rapporti tra cessionario e debitore, le condizioni di opponibilità della cessione al debitore e il carattere liberatorio della prestazione fatta dal debitore. Articolo 13 Surrogazione 1. Quando una persona, il creditore, ha diritti derivanti da contratto nei confronti di un'altra persona, il debitore, ed una terza persona ha l'obbligo di soddisfare il creditore oppure lo ha soddisfatto in esecuzione di detto obbligo, la legge applicabile a questo obbligo del terzo stabilisce se costui possa totalmente o solo in parte far valere i diritti che il creditore ha contro il debitore in forza della legge che regola i loro rapporti. 2. La stessa regola si applica quando più persone sono sottoposte alla stessa obbligazione contrattuale ed una di esse abbia soddisfatto il creditore. Articolo 14 Prova 1. La legge regolatrice del contratto in forza della presente convenzione è applicabile in quanto, in materia di obbligazioni contrattuali, essa stabilisca presunzioni legali o ripartisca l'onere della prova. 2. Gli atti giuridici possono essere provati con ogni mezzo di prova ammesso tanto dalla legge del foro quanto da quella tra le leggi contemplate all'articolo 9 secondo la quale l'atto è valido quanto alla forma, sempreché il mezzo di prova di cui si tratta possa essere impiegato davanti al giudice adito. Articolo 15 Esclusione del rinvio Quando la presente convenzione prescrive l'applicazione della legge di un paese, essa si riferisce alle norme giuridiche in vigore in questo paese, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato. Articolo 16 Ordine pubblico L'applicazione di una norma della legge designata dalla presente convenzione può essere esclusa solo se tale applicazione sia manifestamente incompatibile con l'ordine pubblico del foro. Articolo 17 Applicazione nel tempo La presente convenzione si applica in ogni Stato contraente ai contratti conclusi dopo la sua entrata in vigore in questo Stato. Articolo 18 Interpretazione uniforme Nell'interpretazione e applicazione delle norme uniformi che precedono, si terrà conto del loro carattere internazionale e dell'opportunità che siano interpretate e applicate in modo uniforme. Articolo 19 Sistemi giuridici non unificati 1. Se uno Stato si compone di più unità territoriali di cui ciascuna ha le proprie norme in materia d'obbligazioni contrattuali, ogni unità territoriale è considerata come un paese ai fini della determinazione della legge applicabile secondo la presente convenzione. 2. Uno Stato, in cui differenti unità territoriali abbiano le proprie norme di diritto in materia d'obbligazioni contrattuali, non sarà tenuto ad applicare la presente convenzione ai conflitti di leggi che riguardano unicamente queste unità territoriali. Articolo 20 Primato del diritto comunitario La presente convenzione non pregiudica l'applicazione delle disposizioni che, in materie particolari, regolano i conflitti di leggi nel campo delle obbligazioni contrattuali e che sono contenute in atti emanati o da emanarsi dalle istituzioni delle Comunità europee o nelle legislazioni nazionali armonizzate in esecuzione di tali atti. Articolo 21 Rapporti con altre convenzioni La presente convenzione non pregiudica l'applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno Stato contraente è o sarà parte. Articolo 22 Riserve 1. Ogni Stato contraente potrà, al momento della firma, della ratifica, dell'accettazione o dell'approvazione, riservarsi il diritto di non applicare: a) l'articolo 7, paragrafo 1, b) l'articolo 10, paragrafo 1, lettera e). 2. Nel notificare l'estensione dell'applicazione della convenzione conformemente all'articolo 27, paragrafo 2, ogni Stato contraente potrà anche esprimere una o più riserve con effetto limitato ai territori o a taluni dei territori previsti dall'estensione. 3. Ogni Stato contraente potrà in ogni momento ritirare una riserva che avrà fatto ; l'effetto della riserva cesserà il primo giorno del terzo mese di calendario dopo la notifica del ritiro. TITOLO III CLAUSOLE FINALI Articolo 23 1. Se uno Stato contraente, dopo l'entrata in vigore della presente convenzione nei suoi confronti, desidera adottare una nuova norma di conflitto di leggi per una categoria particolare di contratti che rientrano nel campo di applicazione della convenzione, esso comunica la sua intenzione agli altri Stati firmatari per il tramite del segretario generale del Consiglio delle Comunità europee. 2. Nel termine di sei mesi dalla comunicazione fatta al segretario generale, ogni Stato firmatario potrà domandargli di organizzare consultazioni tra gli Stati firmatari allo scopo di raggiungere un accordo. 3. Se, entro questo termine, nessuno Stato firmatario ha domandato la consultazione o se, nei due anni successivi alla comunicazione fatta al segretario generale, non è intervenuto nessun accordo in seguito alle consultazioni, lo Stato contraente può modificare la sua legislazione. La modificazione è comunicata agli altri Stati firmatari per il tramite del segretario generale del Consiglio delle Comunità europee. Articolo 24 1. Se uno Stato contraente, dopo l'entrata in vigore della presente convenzione nei suoi confronti, desidera divenire parte di una convenzione multilaterale che ha quale suo oggetto principale, o comprende tra i suoi oggetti principali, una disciplina di diritto internazionale privato concernente una delle materie disciplinate dalla presente convenzione, si applica la procedura prevista all'articolo 23. Tuttavia il termine di due anni, previsto all'articolo 23, paragrafo 3, è ridotto a un anno. 2. Non si segue la procedura prevista al paragrafo 1 se uno Stato contraente o una delle Comunità europee sono già parti alla convenzione multilaterale o se l'oggetto di questa è la revisione di una convenzione cui lo Stato interessato è parte, ovvero se si tratta di una convenzione conclusa nel quadro dei trattati istitutivi delle Comunità europee. Articolo 25 Se uno Stato contraente ritiene che l'unificazione realizzata dalla presente convenzione è compromessa dalla conclusione di accordi non previsti all'articolo 24, paragrafo 1, esso può domandare al segretario generale del Consiglio delle Comunità europee di organizzare consultazioni tra gli Stati firmatari della presente convenzione. Articolo 26 Ogni Stato contraente può chiedere la revisione della presente convenzione. In tal caso, il presidente del Consiglio delle Comunità europee convoca una conferenza di revisione. Articolo 27 1. La presente convenzione si applica al territorio europeo degli Stati contraenti, ivi compresa la Groenlandia, e all'insieme del territorio della Repubblica francese. 2. In deroga al paragrafo 1: a) la presente convenzione non si applica alle Isole Færøer, salvo dichiarazione contraria del Regno di Danimarca, b) la presente convenzione non si applica ai territori europei situati fuori del Regno Unito, di cui il Regno Unito assume la rappresentanza nei rapporti con l'estero, salvo dichiarazione contraria del Regno Unito relativamente ad uno o più territori, c) la presente convenzione si applica alle Antille olandesi, se il Regno dei Paesi Bassi fa una dichiarazione a tale effetto. 3. Queste dichiarazioni possono essere fatte in ogni momento mediante notifica al segretario generale del Consiglio delle Comunità europee. 4. I procedimenti d'appello proposti nel Regno Unito avverso decisioni pronunciate dai tribunali situati in uno dei territori di cui al paragrafo 2, lettera b), sono considerati come procedimenti pendenti davanti a tali tribunali. Articolo 28 1. La presente convenzione è aperta dal 19 giugno 1980 alla firma degli Stati parti del trattato che istituisce la Comunità economica europea. 3. La presente convenzione sarà ratificata, accettata o approvata dagli Stati firmatari. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il segretario generale del Consiglio delle Comunità europee. Articolo 29 1. La presente convenzione entrerà in vigore il primo giorno del terzo mese successivo al deposito del settimo strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione. 2. Per ogni Stato firmatario che la ratifichi, accetti o approvi posteriormente, la convenzione entrerà in vigore il primo giorno del terzo mese successivo al deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione. Articolo 30 1. La convenzione avrà una durata di dieci anni a partire dalla sua entrata in vigore conformemente all'articolo 29, paragrafo 1, anche per gli Stati per i quali essa entri in vigore posteriormente. 2. La convenzione si rinnoverà tacitamente di cinque anni in cinque anni, salvo denuncia. 3. La denuncia sarà notificata, almeno sei mesi prima della scadenza del termine fissato in dieci o cinque anni secondo il caso, al segretario generale del Consiglio delle Comunità europee. Essa potrà essere limitata ad uno dei territori ai quali la convenzione sia stata estesa in applicazione dell'articolo 27, paragrafo 2. 4. La denuncia avrà effetto unicamente nei confronti dello Stato che l'ha notificata. La convenzione resterà in vigore per gli altri Stati contraenti. Articolo 31 Il segretario generale del Consiglio delle Comunità europee notificherà agli Stati parti del trattato che istituisce la Comunità economica europea: a) le firme, b) il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione, c) la data di entrata in vigore della presente convenzione, d) le comunicazioni fatte in applicazione degli articoli 23, 24, 25, 26, 27 e 30, e) le riserve ed il ritiro delle riserve di cui all'articolo 22. Articolo 32 Il protocollo allegato alla presente convenzione ne costituisce parte integrante. Articolo 33 La presente convenzione, redatta in un unico esemplare in lingua danese, francese, inglese, irlandese, italiana, olandese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede, sarà depositata negli archivi del segretariato generale del Consiglio delle Comunità europee. Il segretario generale provvederà a trasmetterne copia certificata conforme al governo di ciascuno degli Stati firmatari. Til bekræftelse heraf har undertegnede behørigt befuldmægtigede underskrevet denne konvention. Zu Urkund dessen haben die hierzu gehörig befugten Unterzeichneten ihre Unterschriften unter dieses Übereinkommen gesetzt. In witness whereof the undersigned, being duly authorized thereto, have signed this Convention. En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés à cet effet, ont signé la présente convention. Dá fhianú sin, shínigh na daoine seo thíos, arna n-údarú go chuí chuige sin an Coinbhinsiún seo. In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato la presente convenzione. Ten blijke waarvan, de ondergetekenden, daartoe behoorlijk gemachtigd, hun handtekening onder dit Verdrag hebben geplaatst. Udfærdiget i Rom, den nittende juni nittenhundrede og firs. Geschehen zu Rom am neunzehnten Juni neunzehnhundertachtzig. Done at Rome on the nineteenth day of June in the year one thousand nine hundred and eighty. Fait à Rome, le dix-neuf juin mil neuf cent quatre-vingt. Arna dhéanamh sa Róimh, an naóu lá déag de Mheitheamh sa bhliain míle naoi gcéad ochtó. Fatto a Roma, addì diciannove giugno millenovecentoottanta. Gedaan te Rome, de negentiende juni negentienhonderd tachtig. >PIC FILE= "T0018884"> >PIC FILE= "T0018885"> >PIC FILE= "T0018886"> PROTOCOLLO Le alte parti contraenti hanno convenuto la disposizione seguente che è allegata alla convenzione: In deroga alle disposizioni della convenzione, la Danimarca può mantenere la disposizione di cui all'articolo 169 della «Sølov» (legislazione marittima) concernente la legge applicabile ai problemi relativi al trasporto di merci per mare e può modificare tale disposizioni senza seguire la procedura di cui all'articolo 23 della convenzione. Til bekræftelse heraf har undertegnede behørigt befuldmægtigede underskrevet denne protokol. Zu Urkund dessen haben die hierzu gehörig befugten Unterzeichneten ihre Unterschriften unter dieses Protokoll gesetzt. In witness whereof the undersigned, being duly authorized thereto, have signed this Protocol. En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés à cet effet, ont signé le présent protocole. Dá fhianú sin, shínigh na daoine seo thíos, arna n-údarú go cuí chuige sin, an Prótacal seo. In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente protocollo. Ten blijke waarvan, de ondergetekenden, daartoe behoorlijk gemachtigd, hun handtekening onder dit Protocol hebben geplaatst. Udfærdiget i Rom, den nittende juni nittenhundrede og firs. Geschehen zu Rom am neunzehnten Juni neunzehnhundertachtzig. Done at Rome on the nineteenth day of June in the year one thousand nine hundred and eighty. Fait à Rome, le dix-neuf juin mil neuf cent quatre-vingt. Arna dhéanamh sa Róimh, an naoú lá déag de Mheitheamh sa bhliain míle naoi gcéad ochtó. Fatto a Roma, addì diciannove giugno millenovecentoottanta. Gedaan te Rome, de negentiende juni negentienhonderd tachtig. >PIC FILE= "T0018887"> >PIC FILE= "T0018888"> DICHIARAZIONE COMUNE Al momento della firma della convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, i governi del Regno del Belgio, del Regno della Danimarca, della Repubblica federale di Germania, della Repubblica francese, dell'Irlanda, della Repubblica italiana, del Granducato del Lussemburgo, del Regno dei Paesi Bassi e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, I. solleciti di evitare, nei limiti del possibile, la dispersione delle norme di diritto internazionale privato in molteplici strumenti e le divergenze tra queste norme, esprimono il voto che le istituzioni delle Comunità europee, nell'esercizio delle loro competenze sulla base dei trattati istitutivi, si sforzino, all'occorrenza, d'adottare delle norme di diritto internazionale privato che, per quanto possibile, siano in armonia con quelle della presente convenzione; II. dichiarano la loro intenzione di procedere, fin dalla firma della convenzione e in attesa di essere vincolati dall'articolo 24 della convenzione, a consultazioni reciproche nel caso in cui uno degli Sati firmatari desiderasse diventare parte contraente di una convenzione alla quale si applicherebbe la procedura prevista nel suddetto articolo; III. considerando il contributo della convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali all'unificazione delle norme sui conflitti di leggi in seno alle Comunità europee, esprimono il parere che ogni Stato che diventerà membro delle Comunità europee dovrebbe aderire a tale convenzione. Til bekræftelse heraf har undertegnede behørigt befuldmægtigede underskrevet denne fælleserklæring. Zu Urkund dessen haben die hierzu gehörig befugten Unterzeichneten ihre Unterschriften unter diese gemeinsame Erklärung gesetzt. In witness whereof the undersigned, being duly authorized thereto, have signed this Joint Declaration. En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés à cet effet, ont signé la présente déclaration commune. Dá fhianú sin, shínigh na daoine seo thíos, arna n-údarú go cuí chuige sin, an Dearbhu Comhpháirteach seo. In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato la presente dichiarazione comune. Ten blijke waarvan, de ondergetekenden, daartoe behoorlijk gemachtigd, hun handtekening onder deze Verklaring hebben geplaatst. Udfærdiget i Rom, den nittende juni nittenhundrede og firs. Geschehen zu Rom am neunzehnten Juni neunzehnhundertachtzig. Done at Rome on the nineteenth day of June in the year one thousand nine hundred and eighty. Fait à Rome, le dix-neuf juin mil neuf cent quatre-vingt. Arna dhéanamh sa Róimh, an naoú lá déag de Mheitheamh sa bhliain míle naoi gcéad ochtó. Fatto a Roma, addì diciannove giugno millenovecentoottanta. Gedaan te Rome, de negentiende juni negentienhonderd tachtig. >PIC FILE= "T0018889"> >PIC FILE= "T0018890"> DICHIARAZIONE COMUNE I governi del Regno del Belgio, del Regno di Danimarca, della Repubblica federale di Germania, della Repubblica francese, della Repubblica italiana, dell'Irlanda, del Granducato del Lussemburgo, del Regno dei Paesi e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, al momento della firma della convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, desiderosi di garantire un'applicazione quanto più possibile efficace delle disposizioni di detta convenzione, solleciti di evitare divergenze di interpretazione della convenzione che possano nuocere al suo carattere unitario, si dichiarano pronti: 1. a esaminare la possibilità di attribuire talune competenze alla Corte di giustizia delle Comunità europee e, all'occorrenza, a negoziare a tale scopo un accordo; 2. a istituire contatti periodici tra i loro rappresentanti. Til bekræftelse heraf har undertegnede behørigt befuldmægtigede underskrevet denne fælleserklæring. Zu Urkund dessen haben die hierzu gehörig befugten Unterzeichneten ihre Unterschriften unter diese gemeinsame Erklärung gesetzt. In witness whereof the undersigned, being duly authorized thereto, have signed this Joint Declaration. En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés à cet effet, ont signé la présente déclaration commune. Dá fhianú sin, shínigh na daoine seo thíos, arna n-údarú go cuí chuige sin, an Dearbhu Comhpháirteach seo. In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato la presente dichiarazione comune. Ten blijke waarvan, de ondergetekenden, daartoe behoorlijk gemachtigd, hun handtekening onder deze Verklaring hebben geplaatst. Udfærdiget i Rom, den nittende juni nittenhundrede og firs. Geschehen zu Rom am neunzehnten Juni neunzehnhundertachtzig. Done at Rome on the nineteenth day of June in the year one thousand nine hundred and eighty. Fait à Rome, le dix-neuf juin mil neuf cent quatre-vingt. Arna dhéanamh sa Róimh, an naoú lá déag de Mheitheamh sa bhliain míle naoi gcéad ochtó. Fatto a Roma, addì diciannove giugno millenovecentoottanta. Gedaan te Rome, de negentiende juni negentienhonderd tachtig. >PIC FILE= "T0018891"> >PIC FILE= "T0018892">
Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (convenzione di Roma) QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE? La convenzione stabilisce norme uniformi in materia di legge applicabile alle obbligazioni contrattuali nell’UE. PUNTI CHIAVE La convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali è stata aperta alla firma dei nove Stati all’epoca membri della Comunità economica europea (CEE), oggi UE, il 19 giugno 1980 a Roma. È entrata in vigore l’1o aprile 1991. In seguito, tutti i nuovi Stati membri della CEE hanno firmato tale convenzione. Parallelamente all’adesione alla convenzione da parte di Austria, Finlandia e Svezia, è stata elaborata una versione codificata della convenzione, pubblicata nel 1998 nella Gazzetta ufficiale. Una nuova versione codificata è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale nel 2005, in esito alla firma della convenzione sull’adesione dei 10 nuovi stati alla convenzione (di Roma). La convenzione è stata sostituita, tra tutti i paesi dell’UE ad eccezione della Danimarca, dal regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (regolamento Roma I). La Convenzione di Roma continua ad applicarsi alla Danimarca. Essa continua ad applicarsi alle obbligazioni contrattuali concluse prima dell’entrata in vigore del regolamento Roma I. Le disposizioni della convenzione si applicano alle obbligazioni contrattuali nelle situazioni di conflitto di leggi nazionali — anche nei casi in cui la disposizione di legge in causa è quella di un paese non contraente — ad esclusione:delle questioni di stato e di capacità delle persone fisiche; delle obbligazioni contrattuali relative a testamenti e successioni, regimi matrimoniali ed altri rapporti familiari; delle obbligazioni relative a strumenti negoziabili (cambiali, assegni, vaglia cambiari, ecc.); delle convenzioni d’arbitrato e d’elezione del foro competente (scelta di un tribunale); delle questioni inerenti al diritto delle società, associazioni e persone giuridiche; della questione di stabilire se l’atto compiuto da un intermediario valga a obbligare di fronte ai terzi la persona per conto della quale egli ha affermato di agire (e, analogamente, della questione di stabilire se l’atto compiuto da un organo di una società, associazione o persona giuridica valga ad obbligare di fronte ai terzi l’intera organizzazione); delle questioni relative alla costituzione ed organizzazione di trust; della prova e della procedura; dei contratti d’assicurazione per la copertura di rischi nei territori degli Stati membri (esclusi i contratti di riassicurazione). Le parti firmatarie di un accordo possono scegliere la legge applicabile a tutto il contratto ovvero a una parte di esso, nonché il tribunale competente in caso di litigio. Le parti possono convenire in qualsiasi momento di sottoporre il contratto ad una legge diversa da quella che lo regolava in precedenza (principio della libertà di scelta). Nella misura in cui le parti non hanno scelto esplicitamente la legge che si applica al contratto, il contratto è regolato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto, ad esempio secondo il luogo di residenza abituale o sede dell’amministrazione centrale della parte che deve fornire la prestazione; la sede, o la sede principale dell’attività economica della parte ovvero altra sede della parte che fornisce la prestazione). Tuttavia:quando il contratto ha per oggetto un bene immobile, si presume che la legge applicabile sia quella del paese in cui è situato l’immobile; per i contratti di trasporto di merci, la legge applicabile è quella del luogo di carico o scarico, o della sede principale del vettore. Per garantire un’adeguata protezione dei diritti dei consumatori, la fornitura di beni mobili materiali o di servizi ad una persona fisica beneficia dell’applicazione di condizioni adeguate, in conformità con il principio della tutela della parte debole. Tali tipi di contratto sono regolati dalla legge del paese in cui il consumatore ha la sua residenza, tranne quando le parti decidono diversamente. In nessun caso la scelta della legge può svantaggiare il consumatore o privarlo della protezione di leggi più favorevoli nel suo paese di residenza. Tali disposizioni non si applicano né ai contratti di trasporto né a quelli di fornitura di servizi in un paese diverso da quello in cui risiede il consumatore. Al contratto di lavoro si applicano le seguenti disposizioni:la legge del paese in cui il lavoratore svolge abitualmente il suo lavoro; la legge del paese in cui si trova la sede che ha proceduto all’assunzione del lavoratore; la legge del paese con il quale il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto. La scelta ad opera delle parti di un’altra legge applicabile non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme che regolerebbero il contratto in mancanza di tale scelta. DA QUANDO SI APPLICA LA CONVENZIONE? È in vigore dal 1o gennaio 1991. DOCUMENTI PRINCIPALI Convenzione 80/934/CEE sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (GU L 266 del 9.10.1980, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n.593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU L 177 del 4.7.2008, pag. 6). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 593/2008 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Versione consolidata) — Primo protocollo relativo all’interpretazione da parte della Corte di giustizia della convenzione del 1980 (Versione consolidata) — Secondo protocollo che attribuisce alla Corte di giustizia una competenza per l’interpretazione della convenzione del 1980 (Versione consolidata) (GU C 334 del 30.12.2005, pag. 1). Convenzione relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia alla convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980, nonché al primo e al secondo protocollo relativi all’interpretazione da parte della Corte di giustizia (GU C 15 del 15.1.1997, pag. 10). Convenzione 92/529/CEE relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese alla convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 119 giugno 1980 (GU L 333 del 18.11.1992, pag. 1).
11,657
988
32015R0478
false
REGOLAMENTO (UE) 2015/478 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo al regime comune applicabile alle importazioni (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio (3) ha subito sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) La politica commerciale comune dovrebbe essere fondata su principi uniformi. (3) La Comunità europea concluse l'accordo che istituì l'Organizzazione mondiale del commercio («OMC»). L'allegato 1 A dell'accordo contiene tra l'altro l'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 («GATT 1994») e un accordo sulle misure di salvaguardia. (4) L'accordo sulle misure di salvaguardia risponde alla necessità di chiarire e rafforzare le disposizioni del GATT 1994, in particolare quelle dell'articolo XIX. Detto accordo impone l'eliminazione delle misure di salvaguardia, che sfuggono a tali norme, quali le misure di autolimitazione delle esportazioni, gli accordi di commercializzazione regolata o qualsiasi altra misura analoga all'importazione o all'esportazione. (5) L'accordo sulle misure di salvaguardia contempla anche i prodotti carbo-siderurgici. Il regime comune delle importazioni, specialmente per quanto riguarda le misure di salvaguardia, si applica quindi anche a tali prodotti lasciando impregiudicate eventuali misure per applicare un accordo riguardante specificamente i prodotti carbo-siderurgici. (6) I prodotti tessili del regolamento (CE) n. 517/94 del Consiglio (5) sono oggetto di un trattamento specifico a livello sia unionale che internazionale. Essi dovrebbero quindi essere esclusi dall'ambito di applicazione del presente regolamento. (7) La Commissione dovrebbe essere informata dagli Stati membri di qualunque pericolo conseguente all'andamento delle importazioni che possa rendere necessario istituire una vigilanza unionale o applicare misure di salvaguardia. (8) In tal caso, la Commissione dovrebbe esaminare le condizioni, le modalità e l'andamento delle importazioni, nonché i diversi aspetti della situazione economica e commerciale e, se del caso, le misure da applicare. (9) Nel caso in cui sia applicata una vigilanza unionale preventiva, è opportuno subordinare l'immissione in libera pratica dei prodotti in questione alla presentazione di un documento di vigilanza che risponda a criteri uniformi. Tale documento, su semplice richiesta dell'importatore, dovrebbe essere rilasciato dalle autorità degli Stati membri entro un determinato termine, senza però dar luogo ad alcun diritto d'importazione per l'importatore. Di conseguenza, il documento di vigilanza dovrebbe essere utilizzato soltanto finché non sia modificato il regime d'importazione. (10) Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero scambiarsi informazioni per quanto possibile complete sui risultati della vigilanza unionale. (11) Spetta alla Commissione adottare le misure di salvaguardia richieste dagli interessi dell'Unione. Questi ultimi dovrebbero essere valutati nel loro insieme, tenendo conto in particolare di quelli dei produttori dell'Unione, degli utilizzatori e dei consumatori. (12) Si possono prevedere misure di salvaguardia contro un paese membro dell'OMC solo se il prodotto in questione è importato nell'Unione in quantitativi talmente maggiori e a condizioni tali che i produttori unionali di prodotti analoghi o direttamente concorrenti subiscano o rischino di subire un grave pregiudizio, a meno che gli obblighi internazionali consentano una deroga a tale norma. (13) È opportuno definire le nozioni di «grave pregiudizio», «minaccia di grave pregiudizio» e «produttori dell'Unione», nonché stabilire criteri precisi per la determinazione del pregiudizio. (14) Prima dell'applicazione di qualsiasi misura di salvaguardia dovrebbe essere effettuata un'inchiesta, ferma restando per la Commissione la facoltà di applicare in caso d'urgenza misure provvisorie. (15) È opportuno prevedere disposizioni più particolareggiate sull'apertura delle inchieste, sulle ispezioni e sui controlli necessari, sull'accesso dei paesi esportatori e delle parti interessate alle informazioni raccolte e sull'audizione delle parti interessate, nonché sulla possibilità, per queste ultime, di comunicare le loro osservazioni. (16) Le disposizioni relative alle inchieste del presente regolamento non pregiudicano le norme unionali e nazionali in materia di segreto professionale. (17) È anche necessario fissare i termini per l'apertura delle inchieste e per le decisioni in merito all'opportunità o meno di adottare misure, affinché tali decisioni siano adottate rapidamente, onde aumentare la certezza del diritto per gli operatori economici interessati. (18) Quando le misure di salvaguardia assumono la forma di un contingente, il livello di quest'ultimo non dovrebbe in linea di principio essere inferiore alla media delle importazioni effettuate durante un periodo rappresentativo di almeno tre anni. (19) Se il contingente è suddiviso tra i paesi fornitori, le rispettive quote possono essere fissate d'accordo con gli stessi paesi o determinate tenendo conto delle importazioni effettuate durante un periodo rappresentativo. Tuttavia, in caso di grave pregiudizio e di sproporzionato aumento delle importazioni, si dovrebbe derogare a tali disposizioni fermo restando l'obbligo di consultazioni nell'ambito del comitato per le misure di salvaguardia dell'OMC. (20) È opportuno fissare il periodo massimo di applicazione delle misure di salvaguardia e prevedere specifiche disposizioni per la proroga, la liberalizzazione progressiva e il riesame delle stesse. (21) È opportuno stabilire le condizioni alle quali le misure di salvaguardia non devono essere applicate nei confronti di un prodotto originario di un paese in via di sviluppo membro dell'OMC. (22) Determinate misure di vigilanza o di salvaguardia limitate a una o più regioni dell'Unione possono rivelarsi più adatte di misure applicabili a tutta l'Unione. Tuttavia, tali misure dovrebbero essere autorizzate soltanto in mancanza di soluzioni alternative e in via eccezionale. Occorre far sì che esse siano temporanee e perturbino il meno possibile il funzionamento del mercato unico. (23) Ai fini dell'uniformità del regime d'importazione è opportuno che le formalità espletate dagli importatori siano semplici e uguali, quale che sia il luogo di sdoganamento delle merci. A tale scopo, è opportuno prevedere in particolare che le eventuali formalità siano espletate utilizzando moduli conformi al modello allegato al presente regolamento. (24) I documenti d'importazione rilasciati nell'ambito delle misure di vigilanza unionale dovrebbero essere validi in tutta l'Unione indipendentemente dallo Stato membro che li ha rilasciati. (25) L'esecuzione del presente regolamento richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure di salvaguardia provvisorie e definitive, e per l'istituzione di misure di vigilanza preventiva. Tali misure dovrebbero essere adottate dalla Commissione conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). (26) Per l'adozione di misure di vigilanza e provvisorie, dati gli effetti di tali misure e la loro logica sequenziale in relazione all'adozione delle misure di salvaguardia definitive, si dovrebbe far ricorso alla procedura consultiva. Qualora un ritardo nell'imposizione di misure possa causare un danno che sarebbe difficile da riparare è necessario consentire alla Commissione di adottare misure provvisorie immediatamente applicabili, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I PRINCIPI GENERALI Articolo 1 1. Il presente regolamento si applica alle importazioni di prodotti originari di paesi terzi, ad eccezione: a) dei prodotti tessili soggetti alle norme specifiche sull'importazione a norma del regolamento (CE) n. 517/94; b) dei prodotti originari di alcuni paesi terzi elencati nel regolamento (CE) n. 625/2009 del Consiglio (7). 2. L'importazione nell'Unione dei prodotti di cui al paragrafo 1 è libera, vale a dire non è sottoposta ad alcuna restrizione quantitativa, fatte salve le misure di salvaguardia che possono essere adottate ai sensi del capo V. CAPO II PROCEDURA UNIONALE DI INFORMAZIONE E DI CONSULTAZIONE Articolo 2 Quando l'evoluzione delle importazioni può rendere necessario il ricorso a misure di vigilanza o di salvaguardia, gli Stati membri ne informano la Commissione. L'informazione deve comprendere gli elementi di prova disponibili, determinati in base ai criteri stabiliti dall'articolo 9. La Commissione trasmette immediatamente tale informazione a tutti gli Stati membri. Articolo 3 1. La Commissione è assistita da un comitato per le misure di salvaguardia. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 4. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l'articolo 5 dello stesso. 5. A norma dell'articolo 3, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 182/2011, laddove si faccia ricorso alla procedura scritta per l'adozione di misure definitive a norma dell'articolo 16 del presente regolamento, detta procedura si conclude senza esito quando, entro il termine fissato dal presidente, quest'ultimo decida in tal senso o una maggioranza dei membri del comitato quale definita nell'articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 182/2011 lo richieda. Laddove si faccia ricorso alla procedura scritta in altri casi in cui si è svolta una discussione del progetto di misura in sede di comitato, detta procedura si conclude senza esito quando, entro il termine fissato dal presidente, quest'ultimo decida in tal senso o la maggioranza semplice dei membri del comitato lo richieda. Laddove si faccia ricorso alla procedura scritta in altri casi in cui non si è svolta una discussione del progetto di misura in sede di comitato, detta procedura si conclude senza esito quando, entro il termine fissato dal presidente, decida in tal senso il presidente o lo richieda almeno un quarto dei membri del comitato. CAPO III PROCEDURA UNIONALE D'INCHIESTA Articolo 4 1. Fatto salvo l'articolo 7, prima dell'applicazione di qualsiasi misura di salvaguardia deve essere svolta una procedura unionale d'inchiesta. 2. L'inchiesta è intesa a determinare, sulla base degli elementi di cui all'articolo 9, se le importazioni del prodotto in questione minaccino di arrecare o arrechino un grave pregiudizio ai produttori dell'Unione interessati. 3. Si intende per: a) «grave pregiudizio», un considerevole deterioramento generale della situazione dei produttori dell'Unione; b) «minaccia di grave pregiudizio», l'imminenza evidente di un grave pregiudizio; c) «produttori dell'Unione», l'insieme dei produttori di prodotti simili o direttamente concorrenti operanti sul territorio dell'Unione, o quelli la cui produzione complessiva di prodotti simili o direttamente concorrenti costituisca una quota cospicua della produzione unionale complessiva di tali prodotti. Articolo 5 1. Qualora la Commissione ritenga che esistano elementi di prova sufficienti per giustificare l'apertura di un'inchiesta, essa avvia un'inchiesta entro un mese dalla data alla quale ha ricevuto le informazioni dallo Stato membro e ne pubblica l'avviso nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Tale avviso: a) riassume le informazioni ricevute e precisa che ogni informazione utile deve essere comunicata alla Commissione; b) stabilisce il termine entro il quale gli interessati possono rendere note le loro osservazioni per iscritto e fornire informazioni, qualora tali osservazioni e informazioni siano prese in considerazione durante l'inchiesta; c) stabilisce il termine entro il quale le parti interessate possono chiedere di essere sentite dalla Commissione ai sensi del paragrafo 4. La Commissione avvia l'inchiesta in collaborazione con gli Stati membri. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri in merito alla sua analisi delle informazioni normalmente entro 21 giorni dalla data in cui le informazioni sono fornite alla Commissione. 2. La Commissione raccoglie tutte le informazioni che ritiene necessarie e, se lo considera opportuno, dopo aver informato gli Stati membri, procede alla verifica di tali informazioni presso importatori, commercianti, agenti, produttori, associazioni e organizzazioni commerciali. La Commissione è coadiuvata in questo compito da personale dello Stato membro sul cui territorio si effettuano tali verifiche, a condizione che tale Stato si sia espresso in tal senso. 3. Su richiesta della Commissione e secondo modalità da essa definite, gli Stati membri le forniscono le informazioni di cui dispongono sull'andamento del mercato del prodotto oggetto dell'inchiesta. 4. La parti interessate che si sono manifestate ai sensi del paragrafo 1, primo comma, nonché i rappresentanti del paese di esportazione, possono esaminare, previa domanda scritta, tutte le informazioni messe a disposizione della Commissione nel quadro dell'inchiesta, eccetto i documenti interni preparati dalle autorità dell'Unione o dei suoi Stati membri, purché esse siano pertinenti per la presentazione del loro fascicolo, non siano riservate ai sensi dell'articolo 8 e siano usate dalla Commissione nell'ambito dell'inchiesta. Le parti interessate manifestatesi possono comunicare alla Commissione le loro osservazioni circa le suddette informazioni, che possono essere prese in considerazione nella misura in cui sono sostenute da elementi di prova sufficienti. 5. La Commissione può sentire le parti interessate. Queste devono essere sentite qualora lo abbiano chiesto per iscritto entro il termine stabilito nell'avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, dimostrando che possono effettivamente essere interessate dal risultato dell'inchiesta e che esistono motivi particolari per sentirle. 6. Quando le informazioni non vengono fornite entro il termine stabilito dal presente regolamento o dalla Commissione a norma del medesimo, o quando l'inchiesta è ostacolata in modo rilevante, si possono elaborare conclusioni in base ai dati disponibili. Se la Commissione scopre che una parte interessata o un paese terzo le hanno fornito informazioni false o ingannevoli, non tiene conto di tali informazioni e può avvalersi dei dati di cui dispone. 7. Ove la Commissione ritenga che non esistano elementi di prova sufficienti per giustificare un'inchiesta, informa gli Stati membri della sua decisione entro un mese dalla data alla quale le sono pervenute le loro informazioni. Articolo 6 1. Al termine dell'inchiesta la Commissione presenta al comitato una relazione sui risultati della stessa. 2. Ove, entro nove mesi dall'avvio dell'inchiesta, la Commissione ritenga che non sia necessaria alcuna misura di vigilanza o di salvaguardia dell'Unione, l'inchiesta è chiusa entro un mese. La Commissione chiude l'inchiesta secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 3, paragrafo 2. 3. Quando la Commissione ritiene necessaria una misura di vigilanza o di salvaguardia unionale, adotta le necessarie decisioni a tal fine, conformemente ai capi IV e V, entro nove mesi dall'avvio dell'inchiesta. In circostanze eccezionali, questo periodo può essere prolungato al massimo di altri due mesi; in tal caso, la Commissione pubblica un avviso nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, indicando la durata del prolungamento e le relative ragioni. Articolo 7 1. Le disposizioni del presente capo non ostano a che siano prese, in qualsiasi momento, misure di vigilanza conformemente agli articoli da 10 a 14 o misure di salvaguardia provvisorie conformemente agli articoli 15, 16 e 17. Le misure di salvaguardia provvisorie vengono prese: a) quando circostanze critiche in cui ogni indugio causerebbe un danno difficilmente riparabile richiedono un'azione immediata; e b) quando sia stato determinato in via preliminare che esistono elementi di prova sufficienti del fatto che un incremento delle importazioni abbia causato o minacci di causare un grave pregiudizio. La durata di tali misure non può superare 200 giorni. 2. Le misure in questione assumono la forma di aumenti dei dazi doganali rispetto al livello vigente, sia esso uguale o superiore a 0, sempre che tali provvedimenti possano impedire o porre rimedio al grave pregiudizio. 3. La Commissione avvia immediatamente le procedure d'inchiesta ancora necessarie. 4. Qualora le misure di salvaguardia provvisorie siano abrogate per assenza di un grave pregiudizio o della minaccia di un grave pregiudizio, i dazi doganali riscossi in applicazione di dette misure sono rimborsati d'ufficio quanto prima. Si applica la procedura di cui all'articolo 235 e seguenti del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio (8). Articolo 8 1. Le informazioni ricevute a norma del presente regolamento possono essere utilizzate soltanto per lo scopo per il quale sono state richieste. 2. La Commissione e gli Stati membri, inclusi i loro funzionari, non divulgano, salvo espressa autorizzazione della parte che le ha fornite, le informazioni riservate che hanno ricevuto a norma del presente regolamento o quelle fornite in via riservata. 3. Ogni richiesta di trattamento riservato deve addurre le debite motivazioni. Tuttavia, quando una richiesta di trattamento riservato non è giustificata e colui che fornisce l'informazione non vuole né renderla pubblica né autorizzarne la divulgazione in termini generali o sotto forma di riassunto, si può non tener conto dell'informazione in questione. 4. Un'informazione è comunque considerata riservata se la sua divulgazione può avere conseguenze fortemente sfavorevoli per colui che l'ha fornita o che ne è la fonte. 5. I paragrafi da 1 a 4 non ostano a che le autorità dell'Unione facciano riferimento a informazioni generali e, in particolare, ai motivi su cui si basano le decisioni adottate in forza del presente regolamento. Queste autorità, tuttavia, devono tener conto del legittimo interesse delle persone fisiche e giuridiche a che i loro segreti d'affari non siano divulgati. Articolo 9 1. L'esame dell'andamento delle importazioni, delle condizioni in cui vengono effettuate e del grave pregiudizio o della minaccia di grave pregiudizio che ne derivano per i produttori dell'Unione si basa principalmente sui fattori seguenti: a) il volume delle importazioni, soprattutto quando siano aumentate in misura considerevole, in termini assoluti o rispetto alla produzione o al consumo nell'Unione; b) il prezzo delle importazioni, soprattutto se si è registrata una sottoquotazione significativa rispetto al prezzo di un prodotto simile nell'Unione; c) l'impatto che ne deriva per i produttori dell'Unione e che risulta dalle tendenze di taluni fattori economici quali: — produzione, — utilizzo della capacità produttiva, — scorte, — vendite, — quota di mercato, — prezzi (vale a dire, la diminuzione dei prezzi o l'impedimento dei rincari che normalmente si sarebbero verificati), — utili, — rendimenti dei capitali investiti, — flussi di liquidità, — occupazione; d) i fattori diversi dall'andamento delle importazioni, che arrecano o possono aver arrecato un pregiudizio ai produttori dell'Unione interessati. 2. Quando è addotta una minaccia di grave pregiudizio, la Commissione esamina altresì se sia chiaramente prevedibile che una situazione particolare possa trasformarsi in un pregiudizio reale. A tale riguardo, essa può tener conto anche di fattori come: a) il tasso d'incremento delle esportazioni verso l'Unione; b) la capacità di esportazione del paese di origine o del paese di esportazione che già esiste o che esisterà in un futuro prevedibile, e la probabilità che le esportazioni da essa derivanti siano destinate all'Unione. CAPO IV VIGILANZA Articolo 10 1. Qualora l'andamento delle importazioni di un prodotto originario di uno dei paesi terzi contemplati dal presente regolamento rischi di arrecare un pregiudizio ai produttori dell'Unione e ove gli interessi dell'Unione lo esigano, l'importazione di tale prodotto può essere soggetta, secondo i casi: a) a vigilanza unionale a posteriori, effettuata secondo quanto dispone la decisione di cui al paragrafo 2; b) a vigilanza unionale preventiva effettuata conformemente all'articolo 11. 2. La decisione di imporre la vigilanza è adottata dalla Commissione mediante atti di esecuzione secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 3, paragrafo 2. 3. La durata delle misure di vigilanza è limitata. Salvo disposizioni contrarie, la loro validità scade alla fine del secondo semestre successivo a quello nel quale sono state introdotte. Articolo 11 1. L'immissione in libera pratica dei prodotti soggetti a vigilanza unionale preventiva è subordinata alla presentazione di un documento di vigilanza. Il documento di vigilanza è emesso gratuitamente dall'autorità competente designata dagli Stati membri, per tutti i quantitativi richiesti, entro un termine massimo di cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data in cui l'autorità nazionale competente ha ricevuto una richiesta di un qualsiasi importatore unionale, indipendentemente dal suo luogo di stabilimento nell'Unione. Salvo prova contraria, si presume che la richiesta sia pervenuta all'autorità nazionale competente entro tre giorni lavorativi dalla presentazione. 2. Il documento di vigilanza è emesso sotto forma di un modulo conforme al modello che figura nell'allegato I. Salvo altre disposizioni nella decisione che istituisce la misura di vigilanza, la richiesta di documenti di vigilanza dell'importatore reca esclusivamente le seguenti indicazioni: a) il nome e l'indirizzo completo del richiedente (inclusi i numeri di telefono, di fax e l'eventuale numero d'identificazione presso l'autorità nazionale competente) e la sua partita IVA, qualora sia soggetto all'IVA; b) all'occorrenza, il nome e l'indirizzo completo del dichiarante o del rappresentante eventuale del richiedente (inclusi i numeri di telefono e di fax); c) una descrizione delle merci, che ne specifichi: — denominazione commerciale, — codice nomenclatura combinata, — origine e provenienza; d) i quantitativi dichiarati, espressi in kg e, se del caso, in qualsiasi altra unità supplementare pertinente (paia, unità ecc.); e) il valore cif frontiera unionale delle merci in euro; f) la dichiarazione seguente, datata e firmata dal richiedente con l'indicazione del nome in lettere maiuscole: «Il sottoscritto dichiara che le informazioni contenute nella presente domanda sono esatte e fornite in buona fede e di essere stabilito sul territorio dell'Unione». 3. Il documento di vigilanza è valido in tutta l'Unione, indipendentemente dallo Stato membro che l'ha rilasciato. 4. La constatazione che il prezzo unitario al quale si effettua la transazione supera di meno del 5 % quello indicato nel documento di vigilanza, oppure che il valore totale o il quantitativo totale dei prodotti presentati alla vigilanza supera di meno del 5 % il valore o il quantitativo indicati in detto documento, non osta all'immissione in libera pratica. Dopo aver sentito i pareri espressi in seno al comitato, e tenendo conto della natura dei prodotti e delle altre particolarità delle transazioni in questione, la Commissione può fissare una percentuale diversa che tuttavia non può, di massima, superare il 10 %. 5. I documenti di vigilanza possono essere utilizzati soltanto finché per le operazioni in questione rimane in vigore il regime di liberalizzazione delle importazioni, e comunque entro un termine fissato all'atto di instaurare la vigilanza e secondo la stessa procedura, tenendo conto della natura dei prodotti e delle altre particolarità di tali operazioni. 6. Quando la decisione presa a norma dell'articolo 10 lo prevede, l'origine dei prodotti sotto vigilanza unionale deve essere giustificata da un certificato d'origine. Il presente paragrafo lascia impregiudicate altre disposizioni sulla presentazione di tale certificato. 7. Quando il prodotto sottoposto a vigilanza unionale preventiva è oggetto di una misura di salvaguardia regionale in uno Stato membro, l'autorizzazione d'importazione concessa da quest'ultimo può sostituire il documento di vigilanza. 8. I moduli dei documenti di vigilanza, nonché i loro estratti, sono redatti in due esemplari di cui il primo, denominato «originale per il destinatario» e recante il numero 1, è rilasciato al richiedente e il secondo, denominato «esemplare per l'autorità competente» e recante il numero 2, è conservato dall'autorità che ha rilasciato il documento. A fini amministrativi l'autorità competente può aggiungere copie supplementari al modulo n. 2. 9. I moduli sono stampati su carta bianca esente da paste meccaniche, per scrittura e di peso tra 55 e 65 grammi per metro quadro. Il formato è di 210 millimetri su 297; l'interlinea dattilografica è di 4,24 millimetri (un sesto di pollice); la disposizione dei moduli è rigorosamente rispettata. Le due facce dell'esemplare n. 1 che costituisce il documento di vigilanza propriamente detto, sono inoltre rivestite da un fondo arabescato di colore giallo che riveli qualsiasi falsificazione con mezzi meccanici o chimici. 10. Spetta agli Stati membri procedere alla stampa dei moduli. Essi possono essere altresì stampati da tipografie che hanno ricevuto l'autorizzazione dallo Stato membro in cui sono stabilite. In quest'ultimo caso si fa riferimento a tale autorizzazione su ogni modulo. Sul modulo sono iscritti il nome e l'indirizzo del tipografo o un segno che ne consenta l'identificazione. Articolo 12 Qualora le importazioni di un prodotto non siano assoggettate a vigilanza preventiva dell'Unione, la Commissione può disporre, conformemente all'articolo 17, una vigilanza limitata alle importazioni destinate a una o più regioni dell'Unione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che decida di disporre una vigilanza. Articolo 13 1. L'immissione in libera pratica dei prodotti soggetti a vigilanza regionale è subordinata, nella regione interessata, alla presentazione di un documento di vigilanza. Il documento di vigilanza è emesso gratuitamente dall'autorità competente designata dallo o dagli Stati membri interessati, per tutti i quantitativi richiesti, entro un termine massimo di cinque giorni lavorativi dalla data in cui l'autorità nazionale competente ha ricevuto una richiesta di un qualsiasi importatore unionale, indipendentemente dal suo luogo di stabilimento nell'Unione. Salvo prova contraria, si presume che tale richiesta sia pervenuta all'autorità nazionale competente entro tre giorni lavorativi dalla presentazione. I documenti di vigilanza possono essere utilizzati soltanto finché il regime di liberalizzazione delle importazioni rimane in vigore per le operazioni in questione. 2. Si applica l'articolo 11, paragrafo 2. Articolo 14 1. In caso di vigilanza unionale o regionale, gli Stati membri comunicano alla Commissione, nei primi dieci giorni di ogni mese: a) in caso di vigilanza preventiva, i quantitativi e gli importi, calcolati in base ai prezzi cif, per i quali sono stati rilasciati o vidimati, nel periodo precedente, documenti di vigilanza; b) in ogni caso, le importazioni effettuate nel periodo che precede quello di cui alla lettera a). Le informazioni fornite dagli Stati membri sono ripartite per prodotto e per paese. Possono essere stabilite disposizioni diverse nello stesso tempo e secondo la stessa procedura della messa sotto vigilanza. 2. Quando la natura dei prodotti o situazioni particolari lo rendono necessario, su richiesta di uno Stato membro o di sua iniziativa, la Commissione può modificare la periodicità delle informazioni. 3. La Commissione provvede a informare gli Stati membri. CAPO V MISURE DI SALVAGUARDIA Articolo 15 1. Se un prodotto è importato nell'Unione in quantitativi talmente maggiori e/o in condizioni tali da arrecare o da minacciare di arrecare un pregiudizio grave ai produttori dell'Unione, per la salvaguardia degli interessi dell'Unione la Commissione può, su richiesta di uno Stato membro oppure di propria iniziativa: a) abbreviare il periodo durante il quale sono utilizzabili i documenti di vigilanza di cui all'articolo 11 rilasciati dopo l'entrata in vigore di questa misura; b) modificare il regime d'importazione del prodotto in questione subordinandone l'immissione in libera pratica alla presentazione di un'autorizzazione d'importazione che dovrà essere rilasciata secondo modalità ed entro limiti definiti dalla Commissione. Le misure di cui alle lettere a) e b) sono di immediata applicazione. 2. Per quanto riguarda i membri dell'OMC, le misure di cui al paragrafo 1 sono adottate solo quando ricorrono le due condizioni indicate nel primo comma del paragrafo stesso. 3. Nell'instaurare un contingente si tiene conto in particolare: a) dell'interesse a mantenere, per quanto possibile, le correnti di scambio tradizionali; b) del volume delle merci esportate in forza di contratti stipulati a condizioni e secondo modalità normali prima dell'entrata in vigore di una misura di salvaguardia ai sensi del presente capo, se essi sono stati notificati alla Commissione dallo Stato membro interessato; c) del fatto che non deve essere compromessa la realizzazione dell'obiettivo perseguito con l'instaurazione del contingente. Il livello del contingente non deve essere inferiore alla media delle importazioni effettuate negli ultimi tre anni di riferimento per i quali siano disponibili dati statistici, salvo qualora sia necessario prevedere un livello diverso al fine di impedire un grave pregiudizio o di porvi rimedio. 4. Nel caso in cui un contingente venga suddiviso tra paesi fornitori, la ripartizione può essere concordata con i paesi fornitori che abbiano un interesse sostanziale nelle importazioni unionali del prodotto in questione. Diversamente, il contingente è suddiviso tra i paesi proporzionalmente alle rispettive quote nelle importazioni unionali del prodotto in questione nell'arco di un precedente periodo rappresentativo, tenendo conto di qualsiasi fattore particolare che abbia potuto o possa incidere sul commercio del prodotto. Tuttavia, sempre che si osservi l'obbligo dell'Unione di procedere a consultazioni in sede di comitato per le misure di salvaguardia dell'OMC, si può derogare al metodo di ripartizione di cui sopra in caso di grave pregiudizio, se le importazioni originarie di uno o di taluni paesi fornitori sono aumentate di una percentuale sproporzionata rispetto all'incremento totale delle importazioni del prodotto in questione durante un precedente periodo rappresentativo. 5. Le misure di cui al presente articolo si applicano a ogni prodotto immesso in libera pratica dopo la loro entrata in vigore. Esse possono essere limitate, conformemente all'articolo 17, a una o più regioni dell'Unione. Tuttavia, tali misure non ostano all'immissione in libera pratica dei prodotti già avviati verso l'Unione, sempre che non sia possibile mutarne la destinazione e che i prodotti la cui immissione in libera pratica è subordinata, a norma degli articoli 10 e 11, alla presentazione di un documento di vigilanza ne siano effettivamente corredati. 6. Qualora l'intervento della Commissione sia stato richiesto da uno Stato membro, la Commissione, che delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 3, o, in casi di urgenza, conformemente all'articolo 3, paragrafo 4, si pronuncia entro un termine massimo di cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data alla quale ha ricevuto la richiesta. Articolo 16 Quando gli interessi dell'Unione lo richiedano, la Commissione, deliberando secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 3 e a norma del capo III, può adottare le misure appropriate per impedire che un prodotto sia importato nell'Unione in quantitativi talmente accresciuti e/o a condizioni tali da danneggiare o rischiare di danneggiare gravemente i produttori di prodotti simili o direttamente concorrenti dell'Unione. Si applica l'articolo 15, paragrafi da 2 a 5. Articolo 17 Ove, in base principalmente agli elementi di valutazione di cui all'articolo 9, risulti che in una o più regioni dell'Unione sussistono le condizioni previste per l'adozione di misure in forza degli articoli 10 e 15, la Commissione, dopo aver esaminato le soluzioni alternative, può autorizzare in via eccezionale l'applicazione di misure di vigilanza o di salvaguardia limitate alle regioni in questione, qualora ritenga che tali misure, applicate a questo livello, siano più appropriate di misure applicabili all'intera Unione. Dette misure devono avere carattere temporaneo e perturbare il meno possibile il funzionamento del mercato interno. Esse sono adottate a norma degli articoli 10 e 15. Articolo 18 Nessuna misura di salvaguardia può essere applicata nei confronti di un prodotto originario di un paese in via di sviluppo membro dell'OMC finché la quota di importazioni unionali del prodotto fornita dal paese non supera il 3 %, sempre che i paesi in via di sviluppo membri dell'OMC la cui quota nelle importazioni unionali è inferiore al 3 % non forniscano tutti insieme oltre il 9 % del totale delle importazioni del prodotto in questione nell'Unione. Articolo 19 1. La durata delle misure di salvaguardia deve essere limitata al periodo necessario per prevenire o porre rimedio a un grave pregiudizio e per facilitare l'adeguamento dei produttori dell'Unione. Tale periodo non deve comunque superare quattro anni, compreso il periodo d'applicazione di una eventuale misura provvisoria. 2. Il suddetto periodo iniziale può essere prorogato, fatta eccezione per le misure di cui al terzo comma dell'articolo 15, paragrafo 4, qualora sia accertata: a) la necessità di una proroga delle misure di salvaguardia per prevenire un grave pregiudizio o porvi rimedio; b) l'esistenza di elementi di prova circa l'avvio di adeguamenti da parte dei produttori dell'Unione. 3. Le misure di proroga sono adottate a norma del capo III e secondo le procedure applicate per le misure iniziali. Le misure prorogate non possono essere più restrittive di quanto lo fossero alla fine del periodo iniziale. 4. Se la durata della misura di salvaguardia supera un anno, la misura deve essere progressivamente liberalizzata, a intervalli regolari, durante il periodo d'applicazione, compreso quello di proroga. 5. Il periodo d'applicazione complessivo di una misura di salvaguardia, compresi il periodo di applicazione di eventuali misure provvisorie, il periodo iniziale di applicazione ed eventuali proroghe, non può superare gli otto anni. Articolo 20 1. Durante il periodo d'applicazione di qualsiasi misura di vigilanza o di salvaguardia istituita conformemente ai capi IV e V, la Commissione può, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa, e al più tardi a metà del periodo di applicazione delle misure di durata superiore a tre anni: a) valutare gli effetti della misura; b) determinare se e in che modo sia opportuno accelerare il processo di liberalizzazione; c) verificare se sia necessario mantenere in vigore il provvedimento. Se la Commissione ritiene che l'applicazione della misura sia ancora necessaria ne informa gli Stati membri. 2. Se la Commissione ritiene necessaria l'abrogazione o la modifica delle misure di vigilanza o di salvaguardia di cui agli articoli 10, 12, 15, 16 e 17, essa revoca o abroga le misure deliberando secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 3. Se la decisione riguarda misure di vigilanza regionale, essa si applica a decorrere dal sesto giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 21 1. Nessuna nuova misura di salvaguardia può essere applicata all'importazione di un prodotto che è già stato oggetto di una misura di salvaguardia, per un periodo uguale al periodo di applicazione della misura precedente. Tale periodo non può essere inferiore a due anni. 2. In deroga al paragrafo 1, una misura di salvaguardia di durata non superiore a 180 giorni può essere nuovamente applicata all'importazione di un prodotto: a) se è trascorso almeno un anno dalla data di introduzione di una misura di salvaguardia sull'importazione del prodotto; e b) se tale misura di salvaguardia non è stata applicata allo stesso prodotto più di due volte nel quinquennio immediatamente precedente la data di introduzione della misura. CAPO VI DISPOSIZIONI FINALI Articolo 22 Quando gli interessi dell'Unione lo richiedono, la Commissione, deliberando secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 3, può adottare le misure appropriate di esecuzione degli atti legislativi per consentire l'esercizio dei diritti o l'adempimento degli obblighi dell'Unione o di tutti gli Stati membri sul piano internazionale, in particolare in materia di commercio dei prodotti di base. Articolo 23 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (9). Articolo 24 1. Il presente regolamento non osta all'adempimento di obblighi derivanti da disposizioni speciali di accordi conclusi tra l'Unione e paesi terzi. 2. Fatte salve le altre disposizioni dell'Unione, il presente regolamento non osta all'adozione o all'applicazione, da parte degli Stati membri, di: a) divieti, restrizioni quantitative o misure di vigilanza giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico e archeologico o di tutela della proprietà industriale e commerciale; b) speciali formalità in materia di cambio; c) formalità introdotte a norma di accordi internazionali conformemente al trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Gli Stati membri informano la Commissione delle misure o formalità che prevedono di introdurre o di modificare a titolo del primo comma. In caso di estrema urgenza, le misure o formalità nazionali in questione vengono comunicate alla Commissione sin dall'adozione. Articolo 25 1. Il presente regolamento non osta all'applicazione degli atti relativi all'organizzazione comune dei mercati agricoli, di disposizioni amministrative unionali o nazionali derivanti da tali regolamenti, o di normative specifiche applicabili alle merci che derivano dalla trasformazione di prodotti agricoli; esso si applica a titolo complementare. 2. Le disposizioni degli articoli da 10 a 14 e dell'articolo 21 non si applicano ai prodotti oggetto delle disposizioni menzionate al paragrafo 1, per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda la presentazione di un certificato o di un altro titolo d'importazione. Gli articoli 15, 17 e da 20 a 24 non si applicano ai prodotti per i quali il regime sopra citato preveda la possibilità di applicare restrizioni quantitative all'importazione. Articolo 26 Il regolamento (CE) n. 260/2009 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III. Articolo 27 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1). (4) Cfr. l' allegato II. (5) Regolamento (CE) n. 517/94 del Consiglio, del 7 marzo 1994, che concerne il regime comune applicabile alle importazioni di prodotti tessili da taluni paesi terzi, non contemplati da accordi bilaterali, da protocolli o da altre disposizioni né da altro regime comunitario specifico in materia di importazioni (GU L 67 del 10.3.1994, pag. 1). (6) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (7) Regolamento (CE) n. 625/2009 del Consiglio, del 7 luglio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni da alcuni paesi terzi (GU L 185 del 17.7.2009, pag. 1). (8) Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1). (9) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). ALLEGATO I ALLEGATO II REGOLAMENTO ABROGATO E RELATIVA MODIFICAZIONE Regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio (GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). Limitatamente al punto 19 dell'allegato ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CE) n. 260/2009 Il presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 4 Articolo 3 Articolo 5 Articolo 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 Articolo 10 Articolo 9 Articolo 11 Articolo 10 Articolo 12 Articolo 11 Articolo 13 Articolo 12 Articolo 14 Articolo 13 Articolo 15 Articolo 14 Articolo 16 Articolo 15 Articolo 17 Articolo 16 Articolo 18 Articolo 17 Articolo 19 Articolo 18 Articolo 20 Articolo 19 Articolo 21 Articolo 20 Articolo 22 Articolo 21 Articolo 23 Articolo 22 Articolo 23 bis Articolo 23 Articoli da 24 a 27 Articoli da 24 a 27 Allegato I Allegato I Allegato II Allegato II Allegato III Allegato III
Regime comune UE applicabile alle importazioni SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? L'UE opera in base al principio che i prodotti debbano essere importati liberamente, senza essere sottoposti ad alcuna restrizione quantitativa (es. contingenti), salvo in presenza di misure di salvaguardia*. A fini di trasparenza, nel 2015 l'UE ha pubblicato una versione codificata* del regime comune applicabile alle importazioni, allo scopo di includere vari emendamenti recenti in un unico atto normativo. Esso stabilisce: il regime comune applicabile alle importazioni nell'UE da altri paesi; la procedura d'inchiesta da effettuare prima dell'applicazione di qualsiasi misura di salvaguardia e la procedura di vigilanza dei prodotti che potrebbero arrecare un grave pregiudizio ai produttori dell'UE. PUNTI CHIAVE Il regolamento si applica alle importazioni di prodotti originari di paesi terzi, ad eccezione: dei prodotti tessili soggetti alle norme specifiche sull'importazione a norma del regolamento (UE) 2015/936; dei prodotti originari di alcuni paesi terzi elencati nel regolamento (UE) 2015/755. I paesi dell'UE devono informare la Commissione europea quando l'evoluzione delle importazioni può rendere necessario il ricorso a misure di vigilanza o di salvaguardia. Procedura unionale d'inchiesta L'inchiesta è intesa a determinare se le importazioni del prodotto in questione arrechino o minaccino di arrecare un grave pregiudizio* ai produttori dell'UE interessati. Generalmente, l'inchiesta deve essere completata entro nove mesi tuttavia, in alcuni casi, può essere estesa fino a 11 mesi. Essa esamina l'andamento delle importazioni, le condizioni in cui queste vengono effettuate e l'esistenza di grave pregiudizio o minaccia di grave pregiudizio che ne derivano per i produttori dell'UE. Essa considera i seguenti fattori: il volume delle importazioni; il prezzo delle importazioni; l'impatto che ne deriva per i produttori europei e che risulta dalle tendenze di taluni fattori economici quali: produzione, utilizzo della capacità produttiva (vale a dire la misura in cui viene utilizzata la capacità produttiva), scorte, vendite, quota di mercato, prezzi, utili, rendimenti dei capitali investiti, flussi di liquidità e occupazione. Qualora l'inchiesta mostri un aumento delle importazioni tale da danneggiare o minacciare di danneggiare gravemente i produttori dell'UE, la Commissione potrà imporre misure di salvaguardia. Misure di salvaguardia L'inchiesta dell'UE può comportare l'applicazione di restrizioni quantitative alle importazioni di prodotti da paesi terzi. I contingenti di importazione non devono essere inferiori alla media delle importazioni effettuate negli ultimi tre anni di riferimento per i quali siano disponibili dati statistici. Misure provvisorie: (per un periodo massimo di 200 giorni) possono essere imposte in circostanze critiche e nel caso in cui sia stato determinato in via preliminare che esistono elementi di prova sufficienti del fatto che un incremento delle importazioni abbia causato o minacci di causare un grave pregiudizio. Misure definitive: non devono superare i quattro anni (compreso il periodo d'applicazione di una eventuale misura provvisoria), salvo proroghe per un massimo di otto anni. Le misure di salvaguardia si applicano a tutte le importazioni dei prodotti in questione, da tutti i paesi. Misure di vigilanza L'inchiesta potrebbe determinare una vigilanza unionale preventiva o a posteriori di un prodotto. La vigilanza è un sistema di concessione automatica delle licenze di importazione per un certo periodo di tempo. Essa non limita le importazioni, né con effetto retroattivo né anticipatamente. L'immissione in libera pratica dei prodotti soggetti a vigilanza unionale preventiva è subordinata alla presentazione di un titolo d'importazione emesso dall'autorità competente designata da un paese dell'UE e valido in tutta l'UE. Procedura di informazione e di consultazione Prima e durante la procedura d'inchiesta dell'UE, la Commissione consulta il Comitato consultivo per le misure di salvaguardia (composto da rappresentanti di ogni paese dell'UE). La Commissione deve notificare a tutti i paesi dell'UE qualsiasi decisione presa in relazione alle misure di salvaguardia. Come punto di partenza, le misure di salvaguardia possono essere imposte se i paesi dell'UE lo sostengono a maggioranza qualificata. Il regolamento fornisce altresì ulteriori circostanze di voto specifiche. Paesi in via di sviluppo Nessuna misura di salvaguardia può essere applicata nei confronti di un prodotto originario di un paese in via di sviluppo membro dell'Organizzazione mondiale del commercio finché la quota di importazioni unionali del prodotto fornita dal paese non supera il 3 % e la quota nelle importazioni unionali di tutti i paesi in via di sviluppo non rappresenta più del 9 % del totale delle importazioni del prodotto in questione nell'UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 16 aprile 2015. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Importazione nell'UE» sul sito Internet della Commissione europea. TERMINI CHIAVE * Misure di vigilanza: concernono situazioni in cui un settore sia interessato da un aumento recente, netto e repentino delle importazioni dovuto a sviluppi imprevisti. Esse sono concepite per dare al settore un periodo temporaneo per ristrutturarsi. * Codificazione: il processo di unire un atto normativo e tutti i suoi emendamenti in un nuovo atto singolo. * Grave pregiudizio: un considerevole deterioramento generale della situazione dei produttori dell'UE. ATTO Regolamento (UE) n. 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle importazioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 16-33) ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) 2015/936 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 giugno 2015, sul regime comune applicabile alle importazioni di prodotti tessili da taluni paesi terzi, non contemplati da accordi bilaterali, da protocolli o da altre disposizioni né da altro regime comunitario specifico in materia di importazioni (GU L 160 del 25.6.2015, pagg. 1-54) Regolamento (UE) n. 2015/755 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, sul regime comune applicabile alle importazioni da alcuni paesi terzi (GU L 123 del 19.5.2015, pagg. 33-49)
15,319
1,053
21996A0312(01)
false
Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) Gazzetta ufficiale n. L 061 del 12/03/1996 pag. 0032 - 0036 CONVENZIONE per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina)LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,LA CONFEDERAZIONE ELVETICA,LA REPUBBLICA FRANCESE,LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,LA REPUBBLICA ITALIANA,LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,IL PRINCIPATO DI LIECHTENSTEIN,nonchéLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA,CONSAPEVOLI che le Alpi costituiscono uno dei più grandi spazi naturali continui in Europa, un habitat naturale e uno spazio economico, culturale e ricreativo nel cuore dell'Europa, che si distingue per la sua specifica e multiforme natura, cultura e storia, e al quale hanno parte numerosi popoli e Paesi,RICONOSCENDO che le Alpi costituiscono l'ambiente naturale e lo spazio economico delle popolazioni locali e rivestono inoltre grandissima importanza per le regioni extraalpine, tra l'altro quale area di transito di importanti vie di comunicazione,RICONOSCENDO il fatto che le Alpi costituiscono un indispensabile rifugio e habitat per molte specie animali e vegetali minacciate,CONSAPEVOLI delle grandi differenze esistenti tra i singoli ordinamenti giuridici, gli assetti naturali del territorio, gli insediamenti umani, le attività agricole e forestali, i livelli e le condizioni di sviluppo economico, l'incidenza del traffico, nonché le forme e l'intensità della utilizzazione turistica,CONSIDERANDO che il crescente sfruttamento da parte dell'uomo minaccia l'area alpina e le sue funzioni ecologiche in misura sempre maggiore e che la riparazione dei danni o è impossibile o è possibile soltanto con un grande dispendio di mezzi, costi notevoli e tempi generalmente lunghi,CONVINTI che gli interessi economici debbano essere armonizzati con le esigenze ecologiche,A SEGUITO dei risultati della prima Conferenza delle Alpi dei ministri dell'ambiente tenutasi a Berchtesgaden dal 9 all'11 ottobre 1989,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Oggetto della presente convenzione è la regione delle Alpi, com'è descritta e rappresentata nell'allegato.2. Ciascuna parte contraente all'atto del deposito del proprio strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione, ovvero in qualsiasi momento successivo, può, tramite una dichiarazione indirizzata alla Repubblica d'Austria in qualità di depositario, estendere l'applicazione della presente convenzione ad ulteriori parti del proprio territorio, qualora ciò sia ritenuto necessario per l'attuazione delle disposizioni della presente convenzione.3. Ogni dichiarazione rilasciata ai sensi del paragrafo 2 può essere revocata per quanto riguarda ciascun territorio in essa citato, tramite una notifica indirizzata al depositario. La revoca ha efficacia dal primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi, calcolato a partire dalla data di ricezione della notifica da parte del depositario.Articolo 2 Obblighi generali 1. Le parti contraenti, in ottemperanza ai principi della prevenzione, della cooperazione e della responsabilità di chi causa danni ambientali, assicurano una politica globale per la conservazione e la protezione delle Alpi, tenendo equamente conto degli interessi di tutti i paesi alpini e delle loro regioni alpine, nonché della Comunità economica europea, ed utilizzando le risorse in maniera responsabile e durevole. La cooperazione transfrontaliera a favore dell'area alpina viene intensificata nonché ampliata sul piano geografico e tematico.2. Per il raggiungimento dell'obiettivo di cui al paragrafo 1, le parti contraenti prenderanno misure adeguate in particolare nei seguenti campi:a) Popolazioni e cultura - al fine di rispettare, conservare e promuovere l'identità culturale e sociale delle popolazioni locali, e di assicurarne le risorse vitali di base, in particolare gli insediamenti e lo sviluppo economico compatibili con l'ambiente, nonché al fine di favorire la comprensione reciproca e le relazioni di collaborazione tra le popolazioni alpine ed extraalpine.b) Pianificazione territoriale - al fine di garantire l'utilizzazione contenuta e razionale e lo sviluppo sano ed armonioso dell'intero territorio, tenendo in particolare considerazione i rischi naturali, la prevenzione di utilizzazioni eccessive o insufficienti, nonché il mantenimento o il ripristino di ambienti naturali, mediante l'identificazione e la valutazione complessiva delle esigenze di utilizzazione, la pianificazione integrata e a lungo termine e l'armonizzazione delle misure conseguenti.c) Salvaguardia delle qualità dell'aria - al fine di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti e i loro effetti negativi nella regione alpina, nonché le trasmissioni di sostanze inquinanti provenienti dall'esterno, ad un livello che non sia nocivo per l'uomo, la fauna e la flora.d) Difesa del suolo - al fine di ridurre il degrado quantitativo e qualitativo del suolo, in particolare impiegando tecniche di produzione agricola e forestale che rispettino il suolo, utilizzando in misura contenuta suoli e terreno, limitando l'erosione e l'impermeabilizzazione dei suoli.e) Idroeconomia - al fine di conservare o di ristabilire la qualità naturale delle acque e dei sistemi idrici, in particolare salvaguardandone la qualità, realizzando opere idrauliche compatibili con la natura e sfruttando l'energia idrica in modo da tenere parimenti conto degli interessi della popolazione locale e dell'interesse alla conservazione dell'ambiente.f) Protezione della natura e tutela del paesaggio - al fine di proteggere, di tutelare e, se necessario, di ripristinare l'ambiente naturale e il paesaggio, in modo da garantire stabilmente l'efficienza degli ecosistemi, la conservazione della flora e della fauna e dei loro habitat, la capacità rigenerativa e la continuità produttiva delle risorse naturali, nonché la diversità, l'unicità e la bellezza della natura e del paesaggio nel loro insieme.g) Agricoltura di montagna - al fine di assicurare, nell'interesse della collettività, la gestione del paesaggio rurale tradizionale, nonché una agricoltura adeguata ai luoghi e in armonia con l'ambiente, ed al fine di promuoverla tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose.h) Foreste montane - al fine di conservare, rafforzare e ripristinare le funzioni della foresta, in particolare quella protettiva, migliorando la resistenza degli ecosistemi forestali, in particolare attuando una silvicoltura adeguata alla natura e impedendo utilizzazioni che possano danneggiare le foreste, tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose nella regione alpina.i) Turismo e attività di tempo libero - al fine di armonizzare le attività turistiche e del tempo libero con le esigenze ecologiche e sociali, limitando le attività che danneggino l'ambiente e stabilendo, in particolare, zone di rispetto.j) Trasporti - al fine di ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico interalpino e transalpino ad un livello che sia tollerabile per l'uomo, la fauna, la flora e il loro habitat, tra l'altro attuando un più consistente trasferimento su rotaia dei trasporti e in particolare del trasporto merci, soprattutto mediante la creazione di infrastrutture adeguate e di incentivi conformi al mercato, senza discriminazione sulla base della nazionalità.k) Energia - al fine di ottenere forme di produzione, distribuzione e utilizzazione dell'energia che rispettino la natura e il paesaggio, e di promuovere misure di risparmio energetico.l) Economia dei rifiuti - al fine di assicurare la raccolta, il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti in maniera adeguata alle specifiche esigenze topografiche, geologiche e climatiche dell'area alpina, tenuto conto in particolare della prevenzione della produzione dei rifiuti.3. Le parti contraenti concluderanno protocolli in cui verranno definiti gli aspetti particolari per l'attuazione della presente convenzione.Articolo 3 Ricerca e osservazione sistematica Nei settori di cui all'articolo 2, le parti contraenti convengono:a) di effettuare lavori di ricerca e valutazioni scientifiche collaborando insieme;b) di sviluppare programmi comuni o integrati di osservazione sistematica;c) di armonizzare ricerche ed osservazioni nonché la relativa raccolta dati.Articolo 4 Collaborazione in campo giuridico, scientifico, economico e tecnico 1. Le parti contraenti agevolano e promuovono lo scambio di informazioni di natura giuridica, scientifica, economica e tecnica che siano rilevanti per la presente convenzione.2. Le parti contraenti, al fine della massima considerazione delle esigenze transfrontaliere e regionali, si informano reciprocamente sui previsti provvedimenti di natura giuridica ed economica, dai quali possano derivare conseguenze specifiche per la regione alpina o parte di essa.3. Le parti contraenti collaborano con organizzazioni internazionali, governative o non governative, ove necessario per attuare in modo efficace la presente convenzione e i protocolli dei quali esse sono parti contraenti.4. Le parti contraenti provvedono in modo adeguato ad informare regolarmente l'opinione pubblica sui risultati delle ricerche e osservazioni, nonché sulle misure adottate.5. Gli obblighi derivanti alle parti contraenti della presente convenzione nel campo dell'informazione hanno effetto, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza. Le informazioni definite riservate debbono essere trattate come tali.Articolo 5 Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi) 1. I problemi di interesse comune delle parti contraenti e la loro collaborazione formano oggetto di sessioni a scadenze regolari della Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi).La prima sessione della Conferenza delle Alpi viene convocata da una parte contraente designata di comune accordo, al più tardi un anno dopo l'entrata in vigore della presente convenzione.2. In seguito, le sessioni ordinarie della Conferenza delle Alpi hanno luogo di norma ogni due anni presso la parte contraente che detiene la presidenza. La presidenza e la sede si alternano dopo ogni sessione ordinaria della Conferenza delle Alpi. Entrambe sono stabilite dalla Conferenza delle Alpi.3. La parte contraente che detiene la presidenza propone di volta in volta l'ordine del giorno per la sessione della Conferenza delle Alpi. Ciascuna parte contraente ha il diritto di far inserire punti ulteriori nell'ordine del giorno.4. Le parti contraenti trasmettono alla Conferenza delle Alpi informazioni sulle misure da esse adottate per l'attuazione della presente convenzione e dei protocolli dei quali esse sono parti contraenti, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza.5. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue istituzioni specializzate, il Consiglio d'Europa nonché ogni altri Stato europeo possono partecipare in qualità di osservatori alle sessioni della Conferenza delle Alpi. Lo stesso vale per le comunità transfrontaliere di enti territoriali della regione alpina. La Conferenza delle Alpi può inoltre ammettere come osservatori organizzazioni internazionali non governative che svolgano un'attività in materia.6. Ha luogo una sessione straordinaria della Conferenza delle Alpi ogniqualvolta essa la deliberi oppure qualora, nel periodo tra due sessioni, un terzo delle parti contraenti ne faccia domanda scritta presso la parte contraente che esercita la presidenza.Articolo 6 Compiti della Conferenza delle Alpi La Conferenza delle Alpi esamina lo stato di attuazione della convenzione, nonché dei protocolli con gli allegati e espleta nelle sue sessioni in particolare i seguenti compiti:a) adotta le modifiche della presente convenzione in conformità con la procedura di cui all'articolo 10;b) adotta i protocolli e i loro allegati, nonché le loro modifiche in conformità con la procedura di cui all'articolo 11;c) adotta il proprio regolamento interno;d) prende le necessarie decisioni in materia finanziaria;e) decide la costituzione di gruppi di lavoro ritenuti necessari all'attuazione della convenzione;f) prende atto delle valutazioni derivanti dalle informazioni scientifiche;g) delibera o raccomanda misure per la realizzazione degli obiettivi previsti dagli articoli 3 e 4, stabilisce la forma, l'oggetto e la frequenza della trasmissione delle informazioni da presentare ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, e prende atto delle informazioni medesime nonché delle relazioni presentate dai gruppi di lavoro;h) assicura l'espletamento delle necessarie attività di segretariato.Articolo 7 Delibere della Conferenza delle Alpi 1. Salvo quanto stabilito diversamente qui di seguito, la Conferenza delle Alpi delibera per consenso. Riguardo ai compiti indicati all'articolo 6, lettere c), f) e g), qualora risultino esauriti tutti i tentativi di raggiungere il consenso e il presidente ne prenda atto espressamente, si delibera a maggioranza di tre quarti delle parti contraenti presenti e votanti.2. Nella Conferenza delle Alpi ciascuna parte contraente dispone di un voto. La Comunità economica europea esercita il diritto di voto nell'ambito delle proprie competenze, esprimendo un numero di voti corrispondente al numero dei suoi Stati membri che sono parti contraenti della presente convenzione; la Comunità economica europea non esercita il diritto di voto qualora i rispettivi Stati membri esercitino il proprio diritto di voto.Articolo 8 Comitato permanente 1. È istituito quale organo esecutivo il Comitato permanente della Conferenza delle Alpi, formato dai delegati delle parti contraenti.2. Le parti firmatarie che non abbiano ancora ratificato la convenzione partecipano alle sessioni del Comitato permanente con status di osservatori. Lo stesso status può inoltre essere concesso ad ogni paese alpino che non abbia ancora firmato la presente convenzione e ne faccia richiesta.3. Il Comitato permanente adotta il proprio regolamento interno.4. Il Comitato permanente delibera inoltre sulle modalità dell'eventuale partecipazione alle proprie sessioni di rappresentanti di organizzazioni governative e non governative.5. Le parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi assume la presidenza del Comitato permanente.6. Il Comitato permanente espleta in particolare i seguenti compiti:a) esamina le informazioni trasmesse dalle parti contraenti ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4 per presentarne rapporto alla Conferenza delle Alpi;b) raccoglie e valuta la documentazione relativa all'attuazione della convenzione e dei protocolli con gli allegati, e la sottopone all'esame della Conferenza delle Alpi ai sensi dell'articolo 6;c) riferisce alla Conferenza delle Alpi sull'attuazione delle delibere da essa adottate;d) prepara le sessioni della Conferenza delle Alpi nei loro contenuti, e può proporre punti dell'ordine del giorno nonché ulteriori misure relative all'attuazione della convenzione e dei rispettivi protocolli;e) insedia i gruppi di lavoro per l'elaborazione di protocolli e raccomandazioni ai sensi dell'articolo 6, lettera e) e coordina la loro attività;f) esamina e armonizza i contenuti dei progetti di protocollo in una visione unitaria e li sottopone alla Conferenza delle Alpi;g) propone alla Conferenza delle Alpi misure e raccomandazioni per la realizzazione degli obiettivi contenute nella convenzione e nei protocolli.7. Le delibere nel Comitato permanente vengono adottate in conformità con le disposizioni di cui all'articolo 7.Articolo 9 Segretariato La Conferenza delle Alpi può deliberare per consenso l'istituzione di un segretariato permanente.Articolo 10 Modifiche della convenzione Ciascuna parte può presentare alla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi proposte di modifica della convenzione. Tali proposte saranno trasmesse dalla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi in cui saranno prese in esame.Le modifiche della convenzione entrano in vigore in conformità con le disposizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 dell'articolo 12.Articolo 11 Protocolli e loro modifiche 1. I progetti di protocollo di cui all'articolo 2, paragrafo 3 vengono trasmessi dalla parte che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi che li prenderà in esame.2. I protocolli adottati dalla Conferenza delle Alpi vengono firmati in occasione delle sue sessioni o successivamente presso il depositario. Essi entrano in vigore per quelle parti contraenti che li abbiano ratificati o accettati o approvati. Per l'entrata in vigore di un protocollo sono necessarie almeno tre ratifiche o accettazioni o approvazioni. Gli strumenti suddetti vengono depositati presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario.3. Qualora i protocolli non contengano disposizioni diverse per l'entrata in vigore e per la denuncia, si applicano per analogia le disposizioni degli articoli 10, 13 e 14.4. Per le modifiche dei protocolli si applicano le corrispondenti disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3.Articolo 12 Firma e ratifica 1. La presente convenzione è depositata per la firma presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario, a decorrere dal 7 novembre 1991.2. La convenzione deve essere sottoposta a ratifica o accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica o di accettazione o approvazione vengono depositati presso il depositario.3. La convenzione entra in vigore tre mesi dopo il giorno in cui tre Stati abbiano espresso la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2.4. Per ciascuna parte firmataria che esprime successivamente la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2, la convenzione entra in vigore tre mesi dopo il deposito dello strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione.Articolo 13 Denuncia 1. Ciascuna parte contraente può denunciare in qualsiasi momento la presente convenzione mediante una notifica indirizzata al depositario.2. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi a partire dalla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.Articolo 14 Notifiche Il depositario notifica alle parti contraenti ed alle parti firmatarie:a) gli atti di firma;b) i depositi di strumenti di ratifica o di accettazione o di approvazione;c) la data di entrata in vigore della presente convenzione ai sensi dell'articolo 12;d) le dichiarazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 1, paragrafi 2 e 3;e) le notifiche effettuate ai sensi dell'articolo 13 e le date in cui le denunce hanno effetto.In fede di ciò la presente convenzione è stata sottoscritta dai firmatari debitamente autorizzati.Fatto a Salisburgo, il 7 novembre 1991, in lingua francese, italiana, slovena e tedesca, laddove ciascuno dei quattro testi fa ugualmente fede, in un originale depositato presso l'Archivio di Stato Austriaco. Il depositario trasmette copie certificate conformi alle parti firmatarie.
Convenzione per la protezione delle Alpi QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELLA CONVENZIONE? La decisione è relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina), approvata allora per conto della Comunità europea Lo scopo della Convenzione alpina è la tutela a lungo termine dell’ecosistema naturale delle Alpi e lo sviluppo sostenibile della zona, nonché la protezione degli interessi economici dei residenti. I principi guida della Convenzione sono la prevenzione, «chi inquina paga» e la cooperazione transfrontaliera. PUNTI CHIAVE Le parti della convenzione sono Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Monaco, Slovenia, Svizzera e l’Unione europea (UE). Per raggiungere gli obiettivi della convenzione in maniera efficace, le parti agiscono nei settori della pianificazione territoriale, della protezione della natura e tutela del paesaggio, dell’agricoltura di montagna, delle foreste montane, della difesa del suolo, del turismo e attività di tempo libero, dell’energia, dei trasporti, della salvaguardia della qualità dell’aria, dell’idroeconomia, delle popolazioni e cultura e dell’economia dei rifiuti. La convenzione prevede la redazione e l’adozione di protocolli di attuazione per ciascuno di tali settori, nonché per la risoluzione di controversie fra le parti. Le parti hanno l’obbligo di collaborare nei campi della ricerca e dell’osservazione territoriale, nonché su questioni giuridiche, economiche e tecniche. La Conferenza delle parti contraenti («la Conferenza alpina») si riunisce regolarmente (in linea di principio ogni due anni) per affrontare le questioni di interesse comune per le parti contraenti, per prendere decisioni e formulare raccomandazioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E LA CONVENZIONE? La decisione è applicata dal 26 febbraio 1996. La convenzione è entrata in vigore, per la Comunità europea, il 14 aprile 1998. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 96/191/CE del Consiglio, del 26 febbraio 1996, relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 31) Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 32-36) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 98/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente la conclusione del protocollo di adesione del Principato di Monaco alla convenzione per la protezione delle Alpi (GU L 33 del 7.2.1998, pag. 21) Decisione 2005/923/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2005, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione delle Alpi (GU L 337 del 22.12.2005, pag. 27-28) Decisione 2006/516/CE del Consiglio, del 27 giugno 2006, sulla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione alpina (GU L 201 del 25.7.2006, pag. 31-33) Decisione 2006/655/CE del Consiglio, del 19 giugno 2006, sull’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di attuazione della Convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dell’agricoltura di montagna (GU L 271 del 30.9.2006, pag. 61-62) Decisione 2007/799/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2006, relativa alla firma, a nome della Comunità, del protocollo di attuazione della convenzione alpina nel settore dei trasporti (GU L 323 dell’8.12.2007, pag. 13-14) Decisione 2013/332/UE del Consiglio, del 10 giugno 2013, sulla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasporti (GU L 177 del 28.6.2013, pag. 13)
6,733
955
31995R2988
false
Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Gazzetta ufficiale n. L 312 del 23/12/1995 pag. 0001 - 0004 REGOLAMENTO (CE, EURATOM) N. 2988/95 DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 1995 relativo alla tutela degli interessi finanziari delle ComunitàIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 203, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando che all'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee, finanziato con risorse proprie, provvede la Commissione nei limiti degli stanziamenti concessi e in conformità dei principi di una buona gestione finanziaria; che, per assolvere tale compito, la Commissione coopera strettamente con gli Stati membri; considerando che oltre la metà delle spese della Comunità è versata ai destinatari tramite gli Stati membri; considerando che le modalità di tale gestione decentrata e di sistemi di controllo sono regolate da disposizioni dettagliate diverse a seconda delle politiche comunitarie in questione; che occorre tuttavia combattere in tutti i settori contro le lesioni agli interessi finanziari delle Comunità; considerando che l'efficacia di tale lotta contro gli atti lesivi degli interessi finanziari delle Comunità richiede la predisposizione di un contesto giuridico comune a tutti i settori contemplati dalle politiche comunitarie; considerando che le condotte che danno luogo a irregolarità nonché le misure e sanzioni amministrative relative sono previste in normative settoriali conformi al presente regolamento; considerando che le condotte di cui sopra comprendono le condotte fraudolente, quali definite nella convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee; considerando che le sanzioni amministrative comunitarie debbono assicurare un'adeguata tutela di tali interessi; che occorre stabilire regole generali da applicarsi a tali sanzioni; considerando che il diritto comunitario prevede sanzioni amministrative comunitarie nel quadro della politica agricola comune; che tali sanzioni dovranno anche essere previste in altri campi; considerando che le misure e sanzioni comunitarie adottate nel quadro della realizzazione degli obiettivi della politica agricola comune costituiscono parte integrante dei regimi di aiuto; che esse hanno una finalità propria la quale lascia impregiudicata, sul piano del diritto penale, la valutazione da parte delle autorità competenti degli Stati membri della condotta degli operatori economici interessati; che la loro efficacia deve essere garantita dall'applicazione immediata della norma comunitaria nonché dalla piena applicazione di tutte le misure comunitarie, giacché l'adozione di misure conservative non abbia consentito di conseguire tale obiettivo; considerando che, in virtù dell'esigenza generale di equità e del principio di proporzionalità, nonché alla luce del principio « ne bis in idem » occorre prevedere, nel rispetto dell'« acquis » comunitario e delle disposizioni previste dalle normative comunitarie specifiche esistenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, adeguate disposizioni per evitare il cumulo delle sanzioni pecuniarie comunitarie e delle sanzioni penali nazionali irrogate per gli stessi fatti alla stessa persona; considerando che, ai fini dell'applicazione del presente regolamento, un procedimento penale può essere considerato concluso qualora l'autorità nazionale competente e l'interessato abbiano concluso una transazione; considerando che il presente regolamento si applica lasciando impregiudicata l'applicazione del diritto penale degli Stati membri; considerando che il diritto comunitario obbliga la Commissione e gli Stati membri di vigilare acché le risorse di bilancio delle Comunità siano utilizzate ai fini previsti; che è opportuno prevedere regole comuni che si applichino in via complementare rispetto alla normativa vigente; considerando che i trattati non prevedono poteri specifici necessari ai fini dell'adozione di disposizioni materiali di portata orizzontale relative ai controlli, alle misure e alle sanzioni al fine di assicurare la tutela degli interessi finanziari delle Comunità; che pertanto occorre far ricorso all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA; considerando che le disposizioni generali aggiuntive relative ai controlli e alle verifiche in loco saranno adottate successivamente, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: TITOLO I Principi generali Articolo 1 1. Ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee è adottata una normativa generale relativa a dei controlli omogenei e a delle misure e sanzioni amministrative riguardanti irregolarità relative al diritto comunitario. 2. Costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un'azione o un'omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita. Articolo 2 1. I controlli e le misure e sanzioni amministrative sono istituiti solo qualora risultino necessari per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario. Essi devono avere carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo per assicurare un'adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità. 2. Nessuna sanzione amministrativa può essere irrogata se non è stata prevista da un atto comunitario precedente all'irregolarità. In caso di successiva modifica delle disposizioni relative a sanzioni amministrative contenute in una normativa comunitaria si applicano retroattivamente le disposizioni meno rigorose. 3. Le disposizioni del diritto comunitario determinano la natura e la portata delle misure e sanzioni amministrative necessarie alla corretta applicazione della normativa considerata, in funzione della natura e della gravità dell'irregolarità, del beneficio concesso o del vantaggio ricevuto e del grado di responsabilità. 4. Fatto salvo il diritto comunitario applicabile, le procedure relative all'applicazione dei controlli, delle misure e sanzioni comunitari sono disciplinate dal diritto degli Stati membri. Articolo 3 1. Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall'esecuzione dell'irregolarità di cui all'articolo 1, paragrafo 1. Tuttavia, le normative settoriali possono prevedere un termine inferiore e comunque non inferiore a tre anni. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l'irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma. La prescrizione delle azioni giudiziarie è interrotta per effetto di qualsiasi atto dell'autorità competente, portato a conoscenza della persona interessata, che abbia natura istruttoria o che sia volto a perseguire l'irregolarità. Il termine di prescrizione decorre nuovamente dal momento di ciascuna interruzione. Tuttavia, la prescrizione è acquisita al più tardi il giorno in cui sia giunto a scadenza un termine pari al doppio del termine di prescrizione senza che l'autorità competente abbia irrogato una sanzione, fatti salvi i casi in cui la procedura amministrativa sia stata sospesa a norma dell'articolo 6, paragrafo 1. 2. Il termine di esecuzione della decisione che irroga sanzioni amministrative è di tre anni. Esso decorre dal giorno in cui la decisione diventa definitiva. I casi di interruzione e di sospensione sono disciplinati dalle pertinenti disposizioni di diritto nazionale. 3. Gli Stati membri mantengono la possibilità di applicare un termine più lungo di quello previsto rispettivamente al paragrafo 1 e al paragrafo 2. TITOLO II Misure e sanzioni amministrative Articolo 4 1. Ogni irregolarità comporta, in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente ottenuto: - mediante l'obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percetti; - mediante la perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. 2. L'applicazione delle misure di cui al paragrafo 1 è limitata alla revoca del vantaggio indebitamente ottenuto aumentato, se ciò è previsto, di interessi che possono essere stabiliti in maniera forfettaria. 3. Gli atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto comunitario applicabile nella fattispecie, creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio stesso. 4. Le misure previste dal presente articolo non sono considerate sanzioni. Articolo 5 1. Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare le seguenti sanzioni amministrative: a) il pagamento di una sanzione amministrativa; b) il versamento di un importo superiore alle somme indebitamente percette o eluse aumentato, se del caso, di interessi; tale importo complementare, determinato in base a una percentuale da stabilire nelle pertinenti normative, non può superare il livello assolutamente necessario a conferirgli carattere dissuasivo; c) la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso dalla normativa comunitaria anche se l'operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; d) l'esclusione o la revoca dell'attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell'irregolarità; e) la revoca temporanea di un'autorizzazione o di un riconoscimento necessari per poter beneficiare di un regime di aiuti comunitari; f) la perdita di una garanzia o cauzione costituita ai fini dell'osservanza delle condizioni previste da una normativa o la ricostituzione dell'importo di una garanzia indebitamente liberata; g) altre sanzioni, di carattere esclusivamente economico, aventi natura e portata equivalenti, contemplate dalle normative settoriali adottate dal Consiglio in funzione delle necessità proprie del settore di cui trattasi e nel rispetto delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione del Consiglio. 2. Fatte salve le disposizioni delle normative settoriali vigenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, le altre irregolarità possono unicamente dar luogo alle sanzioni non assimilabili ad una sanzione penale previste al paragrafo 1, purché tali sanzioni siano indispensabili per la corretta applicazione della normativa. Articolo 6 1. Fatte salve le misure e sanzioni amministrative comunitarie adottate sulla base dei regolamenti settoriali esistenti all'entrata in vigore del presente regolamento, l'imposizione delle sanzioni pecuniarie, quali le sanzioni amministrative, può essere sospesa con decisione dell'autorità competente qualora sia stato avviato, per gli stessi fatti, un procedimento penale contro la persona interessata. La sospensione del procedimento amministrativo sospende il termine di prescrizione di cui all'articolo 3. 2. Se il procedimento penale non è proseguito, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso. 3. Allorché il procedimento penale è concluso, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso purché ciò non sia contrario ai principi generali del diritto. 4. Allorché il procedimento amministrativo è ripreso, l'autorità amministrativa provvede affinché sia irrogata una sanzione almeno equivalente a quella prevista dalla normativa comunitaria, potendo tener conto di qualsiasi sanzione irrogata dall'autorità penale per gli stessi fatti alla stessa persona. 5. Le disposizioni di cui ai paragrafi da 1 a 4 non si applicano alle sanzioni pecuniarie che costituiscono parte integrante dei regimi di sostegno finanziario e possono essere applicate indipendentemente ad eventuali sanzioni penali se, e nella misura in cui, non sono assimilabili a tali sanzioni. Articolo 7 Le misure e sanzioni amministrative comunitarie possono applicarsi agli operatori economici di cui all'articolo 1, ossia alle persone fisiche o giuridiche, nonché agli altri organismi cui il diritto nazionale riconosce capacità giuridica, che abbiano commesso l'irregolarità. Possono parimenti applicarsi alle persone che hanno partecipato all'esecuzione dell'irregolarità, nonché a quelle tenute a rispondere della medesima o a evitare che sia commessa. TITOLO III Controlli Articolo 8 1. Gli Stati membri adottano, secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, le misure necessarie per assicurare la regolarità e l'effettività delle operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari delle Comunità. 2. Le misure di controllo sono adeguate alle specificità di ciascun settore e sono proporzionate agli obiettivi perseguiti. Esse tengono conto delle prassi e delle strutture amministrative esistenti negli Stati membri e sono stabilite in modo tale da non dar luogo a vincoli economici e a costi amministrativi eccessivi. La natura e la frequenza dei controlli e delle verifiche in loco che gli Stati membri debbono eseguire, nonché le relative modalità della loro esecuzione sono stabilite, se del caso, dalle normative settoriali, al fine di garantire l'applicazione uniforme ed efficace delle normative in questione e, in particolare, di prevenire ed individuare le irregolarità. 3. Le normative settoriali contengono le disposizioni necessarie per assicurare un controllo equivalente mediante il ravvicinamento delle procedure e dei metodi di controllo. Articolo 9 1. Fatti salvi i controlli eseguiti dagli Stati membri secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali e fatti salvi i controlli eseguiti dalle istituzioni comunitarie secondo le disposizioni del trattato CE, in particolare l'articolo 188 C, la Commissione fa eseguire, sotto la propria responsabilità, la verifica: a) della conformità delle pratiche amministrative con le norme comunitarie; b) dell'esistenza dei documenti giustificativi necessari e della loro concordanza con le entrate e le spese delle Comunità di cui all'articolo 1; c) delle condizioni in cui sono eseguite e verificate tali operazioni finanziarie. 2. Inoltre, essa può effettuare controlli e verifiche sul posto alle condizioni previste dalle normative settoriali. Prima di effettuare i controlli e le verifiche, secondo la normativa in vigore, la Commissione ne informa lo Stato membro interessato in modo da ottenere tutta l'assistenza necessaria. Articolo 10 Saranno successivamente adottate disposizioni generali supplementari in materia di controlli e verifiche in loco secondo le procedure di cui all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 1995. Per il Consiglio Il Presidente J. BORRELL FONTELLES
Lotta contro la frode: controlli nei paesi dellUnione europea I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*. ATTO Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee SINTESI I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*. CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO? — Mira a combattere le frodi contro gli interessi finanziari dell’Unione europea (il bilancio dell’UE - denaro dei contribuenti). — Stabilisce un insieme comune di norme giuridiche per tutti i settori contemplati dalle politiche dell’UE. — In particolare, prevede controlli, misure e sanzioni amministrative nel caso in cui le regole di finanziamento UE non siano rispettate. PUNTI CHIAVE Più della metà della spesa dell’UE è corrisposta ai beneficiari attraverso i governi e le agenzie dei paesi dell’UE. Sia questo sistema di gestione decentrata che il monitoraggio dell’utilizzo della spesa sono regolati da norme dettagliate che variano a seconda del settore interessato. I paesi dell’UE devono adottare le misure necessarie per garantire che le operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari dell’Unione europea siano corrette e regolari. Le misure in materia di controlli devono essere proporzionate agli obiettivi perseguiti in modo da non comportare eccessivi vincoli economici o costi amministrativi. Devono anche tener conto delle prassi e delle strutture amministrative presenti nei paesi dell’UE. La Commissione europea è responsabile di verificare che: — le pratiche amministrative siano conformi alle norme UE; — siano presenti i documenti giustificativi necessari e che coincidano con le entrate e le spese dell’Unione europea; — le operazioni finanziarie siano eseguite e verificate in circostanze appropriate. Inoltre, ai sensi del regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96, la Commissione europea potrà effettuare controlli e verifiche sul posto. Revoca del vantaggio indebitamente ottenuto In generale, se viene rilevata un’irregolarità, il vantaggio indebitamente ottenuto deve essere rimborsato e una quota di accompagnamento di interessi potrebbe essere calcolata su base forfettaria. Il provvedimento di revoca del vantaggio può consistere: — nell’obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percepiti; — nella perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare sanzioni amministrative, come ad esempio: — il pagamento di una sanzione amministrativa; — il pagamento di una somma aggiuntiva; tuttavia, questo non deve superare un livello che è strettamente necessario a conferirgli un carattere dissuasivo; — la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso, anche se l’operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; o l’esclusione o la revoca dell’attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell’irregolarità; — altre sanzioni di carattere esclusivamente economico previste dal diritto comunitario. Principi generali I controlli amministrativi, le misure e le sanzioni devono essere — efficaci, — proporzionati, — dissuasivi. Devono tener conto della natura e della gravità dell’irregolarità, del beneficio concesso o ricevuto e del grado di responsabilità. Una sanzione amministrativa può essere irrogata solo se, prima dell’irregolarità, un atto o una legge dell’UE l’ha specificatamente autorizzata. Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall’esecuzione dell’irregolarità. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l’irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma. TERMINI CHIAVE * Irregolarità : qualsiasi atto o omissione da parte di un destinatario del finanziamento UE, che si traduce in un pregiudizio al bilancio generale dell’Unione europea, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 26.12.1995 - GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1-4 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2-5)
6,223
101
32001D0528
false
2001/528/CE: Decisione della Commissione, del 6 giugno 2001, che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari (Testo rilevante ai fini del SEE) [notificata con il numero C(2001) 1493] Gazzetta ufficiale n. L 191 del 13/07/2001 pag. 0045 - 0046 Decisione della Commissionedel 6 giugno 2001che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari[notificata con il numero C(2001) 1493](Testo rilevante ai fini del SEE)(2001/528/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,considerando quanto segue:(1) La libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei capitali costituiscono obiettivi prioritari della Comunità, ai sensi degli articoli 49 e 56 del trattato.(2) La realizzazione di un autentico mercato interno dei servizi finanziari in conformità del principio dell'economia di mercato aperta e in condizioni di libera concorrenza è di importanza cruciale per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro nella Comunità europea.(3) Il piano di azione per i servizi finanziari presentato dalla Commissione(1) individua una serie di misure necessarie al completamento del mercato unico per i servizi finanziari e evidenzia la necessità di istituire un comitato dei valori mobiliari con il compito di contribuire all'elaborazione della normativa comunitaria in materia di valori mobiliari.(4) In occasione del vertice di Lisbona del marzo 2000, il Consiglio europeo ha chiesto che si giunga alla piena attuazione del predetto piano di azione entro il 2005.(5) Il 17 luglio 2000 il Consiglio ha nominato il comitato dei saggi sulla regolamentazione dei mercati europei dei valori mobiliari.(6) Nella sua relazione finale, il comitato dei saggi ha chiesto la creazione di due comitati consultivi, il comitato europeo dei valori mobiliari, composto da alti rappresentanti degli Stati membri, e il comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari, composto da rappresentanti ad alto livello delle autorità nazionali competenti nel settore dei valori mobiliari, con il compito, tra l'altro, di assistere la Commissione.(7) Nella risoluzione in favore di una più efficace regolamentazione dei mercati dei valori mobiliari nell'Unione europea, il consiglio europeo di Stoccolma esprime apprezzamento per il proposito della Commissione di procedere immediatamente all'istituzione di un comitato dei valori mobiliari composto di alti funzionari degli Stati membri e presieduto dalla Commissione.(8) La relazione finale del comitato dei saggi sottolinea il fatto che si renderà necessario adottare misure di esecuzione per dare applicazione alle direttive o ai regolamenti al fine di tener conto dei nuovi sviluppi che intervengono sui mercati finanziari.(9) Il comitato europeo dei valori mobiliari è chiamato ad agire come organismo di riflessione, dibattito e consulenza nei confronti della Commissione nel settore dei valori mobiliari.(10) Il comitato europeo dei valori mobiliari deve adottare il proprio regolamento interno.(11) La presente decisione istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari quale organo consultivo. Previa adozione degli specifici atti legislativi da parte del Parlamento europeo e del Consiglio su proposta della Commissione, lo stesso comitato potrebbe altresì essere chiamato ad assumere funzioni di regolamentazione, conformemente alla decisione del 1999 recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione, per assistere la Commissione quando adotta decisioni nell'esercizio delle competenze di esecuzione conferitele a norma dell'articolo 202 del trattato CE,DECIDE:Articolo 1È istituito un comitato in materia di valori mobiliari nella Comunità, denominato il "comitato europeo dei valori mobiliari" (di seguito "il comitato").Articolo 2Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nelle questioni inerenti alle politiche nel settore dei valori mobiliari nonché in merito ai progetti di proposte legislative che la Commissione decida di adottare in materia.Articolo 3Il comitato è costituito da rappresentanti ad alto livello degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione.Il presidente del comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari, istituito con decisione 2001/527/CE della Commissione(2), partecipa come osservatore alle riunioni del comitato.Il comitato può invitare esperti e osservatori ad assistere alle proprie riunioni.Articolo 4Il comitato può istituire gruppi di lavoro.Articolo 5Il comitato adotta il proprio regolamento interno.La segreteria del comitato è assicurata dalla Commissione.Articolo 6Il comitato entra in funzione il 7 giugno 2001.Fatto a Bruxelles, il 6 giugno 2001.Per la CommissioneFrederik BolkesteinMembro della Commissione(1) COM (1999) 232 def.(2) Vedi pagina 43 della presente Gazzetta ufficiale.
Mercati dei valori mobiliari: comitato consultivo di regolamentazione e di vigilanza La realizzazione di un mercato unico dei servizi finanziari richiede l’istituzione di un comitato consultivo che possa sostenere e prestare consulenza alla Commissione europea nel quadro della regolamentazione di tali mercati. Per quanto riguarda i mercati dei valori mobiliari, il comitato europeo dei valori mobiliari (CEVM) è direttamente insediato presso la Commissione. ATTO Decisione 2001/528/CE della Commissione, del 6 giugno 2001, che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari (Testo rilevante ai fini del SEE) [Cfr.atti modificativi]. SINTESI L’istituzione di comitati di ispezione e di regolamentazione ha come obiettivo quello di concretizzare ulteriormente la realizzazione del mercato unico dei servizi finanziari, conformemente al quadro elaborato dal piano d’azione per i servizi finanziari (PASF). Creazione del CEVM Il CEVM (DE) (EN) (FR) è stato creato nel 2001 per contribuire al miglioramento della regolamentazione e della vigilanza dei mercati dei valori mobiliari. La sua creazione risponde alle esigenze dell’approccio articolato su quattro livelli della regolamentazione dei servizi finanziari, auspicato nella relazione del comitato dei saggi, detta relazione Lamfalussy (DE) (EN) (FR) del 2001. In qualità di organo consultivo, il comitato interviene nell’elaborazione e nell’applicazione delle misure di esecuzione dei principi quadro definiti dalle direttive e dai regolamenti. La Commissione ha proceduto ad una revisione della procedura Lamfalussy nel 2007. Nell’ambito di tale revisione è emersa la necessità di rafforzare l’azione di tali comitati e di creare un quadro giuridico rafforzato. In qualità di guardiano dell’evoluzione dei mercati dei valori mobiliari, questo comitato consultivo contribuisce all’elaborazione delle misure di esecuzione dei principi quadro. Esso è altresì responsabile della valutazione dei rischi per la stabilità finanziaria. Ruolo del CEVM Il CEVM (DE) (EN) (FR) è innanzitutto un organismo di consultazione e di riflessione. Il compito principale del comitato è di consigliare la Commissione su questioni politiche e sui progetti di proposte che essa potrebbe adottare in materia di valori immobiliari. Composizione del CEVM Il CEVM è composto da rappresentanti di alto livello degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione. Il comitato può invitare esperti ed osservatori a partecipare alle proprie riunioni. Contesto L’interdipendenza dei sistemi finanziari dell’Unione europea e l’assottigliamento della linea di demarcazione tra le attività delle imprese del settore bancario, mobiliare e assicurativo danno origine a sfide aggiuntive per la vigilanza a livello sia nazionale che comunitario. Per salvaguardare la stabilità finanziaria è dunque fondamentale creare un sistema che consenta di identificare i rischi potenziali, a livello sia transfrontaliero che intersettoriale, in una fase precoce. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2001/528/CE 7.6.2001 - GU L 191, 13.7.2001 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2004/8/CE 13.4.2005 - GU L 3, 7.1.2004 See also Per ulteriori informazioni consultare il sito della direzione generale del Mercato interno e dei servizi: CEVM (DE) (EN) (FR)
2,592
700