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31994L0063 | false | Direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio
Gazzetta ufficiale n. L 365 del 31/12/1994 pag. 0024 - 0033 edizione speciale finlandese: capitolo 12 tomo 2 pag. 0196 edizione speciale svedese/ capitolo 12 tomo 2 pag. 0196
DIRETTIVA 94/63/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 1994 sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizioIL PARLAMENTO EUROPEO ED IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), considerando che vari programmi d'azione delle Comunità europee in materia ambientale (4) hanno sottolineato l'importanza della prevenzione e della riduzione dell'inquinamento atmosferico; considerando che, in mancanza di misure di controllo, le emissioni di composti organici volatili (COV) provenienti dalla benzina e dai solventi nella Comunità sarebbero dell'ordine di 10 milioni di tonnellate l'anno; che dette emissioni contribuiscono alla formazione di ossidanti fotochimici quali l'ozono che, in alte concentrazioni, possono recare danno alla salute umana, alla vegetazione e ai materiali; che alcune emissioni di COV provenienti dalla benzina sono classificate tossiche, cancerogene o teratogene; considerando che il 2 aprile 1992 la Comunità ha firmato il protocollo alla Convenzione del 1979 sull'inquinamento atmosferico oltre confine a lunga distanza relativo alla lotta contro le emissioni di composti organici volatili (COV) o i loro flussi transfrontalieri, che prevede una sensibile riduzione di tali emissioni; considerando che un passo significativo nella strategia per la riduzione globale delle emissioni di COV nella Comunità è stato compiuto con la direttiva 91/441/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1991, che modifica la direttiva 70/220/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico con le emissioni dei veicoli a motore (5), volta a ridurre dell'80-90 % in 10-15 anni le emissioni di COV dai gas di scarico e le emissioni per evaporazione dai veicoli a motore, che rappresentano circa il 40 % delle attuali emissioni di COV artificiali nell'atmosfera; che all'adozione di detta direttiva era stato chiesto alla Commissione di presentare una proposta di direttiva sui provvedimenti atti a ridurre le perdite per evaporazione in tutte le fasi del processo di deposito e di distribuzione dei carburanti; considerando che le emissioni di COV dai sistemi di deposito e di distribuzione della benzina raggiungono circa 500 000 tonnellate annue, pari al 5 % circa delle emissioni totali di COV artificiali nella Comunità; che queste emissioni concorrono notevolmente all'inquinamento atmosferico, soprattutto nelle aree urbane; considerando che le tecnologie disponibili consentono una sensibile riduzione delle perdite per evaporazione nei sistemi di distribuzione della benzina, non ultimo attraverso il recupero dei vapori spostati; considerando che, per motivi di normalizzazione internazionale e di sicurezza durante il caricamento delle navi, occorre che vengano elaborate delle norme a livello dell'organizzazione marittima internazionale per i sistemi di controllo delle emissioni e recupero dei vapori, da applicare tanto agli impianti di caricamento quanto alle navi; che la Comunità deve dunque impegnarsi per garantire che le necessarie disposizioni vengano introdotte nella Convenzione MARPOL nel corso della corrente revisione di MARPOL, da completarsi entro il 1996; che, qualora la Convenzione MARPOL non fosse riveduta in questo senso, la Comunità dovrebbe, previa discussione con i suoi maggiori partner commerciali, proporre adeguate misure comunitarie da applicare alle navi ed alle installazioni portuali che servono le navi; considerando che saranno necessarie ulteriori azioni per ridurre le emissioni di vapori durante le operazioni di rifornimento alle stazioni di servizio, attualmente pari a circa 200 000 tonnellate annue, ottenendo così il controllo su tutte le emissioni di vapori che si verificano nella distribuzione della benzina; considerando che, per evitare distorsioni di concorrenza e garantire il funzionamento del mercato interno, occorre armonizzare talune misure relative alla distribuzione della benzina, basandosi su un livello elevato di protezione dell'ambiente; considerando che occorre tuttavia tener presenti i vantaggi e gli oneri che possono derivare dall'azione o dalla mancanza di azione; che è pertanto opportuno prevedere in taluni casi delle possibilità di deroga e talvolta di esclusione; che occorre inoltre concedere a taluni Stati membri periodi di adeguamento più lunghi in considerazione delle eventuali misure ambientali rilevanti di vario tipo da essi adottate nel settore o dell'onere particolare loro imposto dalle misure della presente direttiva a causa della struttura delle loro reti; considerando che l'azione della Comunità deve tener conto delle condizioni ambientali nelle varie regioni della Comunità; che al riguardo gli Stati membri devono poter mantenere o imporre misure più rigorose sulle perdite per evaporazione dagli impianti fissi in tutto il loro territorio o in aree geografiche ove, in considerazione di condizioni particolari, sia stato stabilito che esse sono necessarie per tutelare la salute umana o l'ambiente; considerando che l'applicazione del paragrafo 1 degli articoli 3, 4 e 6 della presente direttiva lascia impregiudicata la direttiva 83/189/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (1); considerando che è necessario introdurre specifiche armonizzate per le attrezzature di caricamento dal fondo delle autocisterne, al fine di assicurare la possibilità di libero scambio della benzina e delle attrezzature all'interno della Comunità, nonché un alto livello di sicurezza; che occorre prevedere la normalizzazione di tali specifiche e il loro adeguamento al progresso tecnico; considerando che occorre costituire un comitato che assista la Commissione nell'adeguamento degli allegati della presente direttiva al progresso tecnico, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Campo d'applicazione La presente direttiva si applica ai procedimenti, agli impianti, ai veicoli e alle navi adibiti al deposito, al carico e al trasporto della benzina da un terminale ad un altro o da un terminale ad una stazione di servizio. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «benzina», ogni derivato del petrolio, con o senza additivi, che ha una pressione di vapore Reid pari o superiore a 27,6 kilopascal, destinato all'impiego quale carburante per veicoli a motore, ad eccezione del gas di petrolio liquefatto (GPL); b) «vapori», composti gassosi che evaporano dalla benzina; c) «impianto di deposito», ogni cisterna fissa presso un terminale adibita al deposito di benzina; d) «terminale», ogni struttura adibita al deposito e al caricamento di benzina in autocisterne, in vagoni cisterna o su navi, ivi compresi gli impianti di deposito presenti nel sito della struttura; e) «cisterna mobile», ogni cisterna, trasportata su strada, per ferrovia o per via navigabile, adibita al trasferimento di benzina da un terminale ad un altro o da un terminale ad una stazione di servizio; f) «stazione di servizio», ogni impianto in cui la benzina è erogata nei serbatoi di carburante dei veicoli a motore da una cisterna di deposito fissa; g) «preesistente» - riferito agli impianti di deposito della benzina, agli impianti di caricamento, alle stazioni di servizio ed alle cisterne mobili -, ogni impianto, stazione di servizio e cisterna mobile funzionanti prima della data indicata nell'articolo 10 o per i quali è stata concessa, prima di detta data, un'autorizzazione specifica di costruzione o di esercizio eventualmente prescritta dalla legislazione nazionale; h) «nuovo» - riferito agli impianti di deposito della benzina, agli impianti di caricamento, alle stazioni di servizio ed alle cisterne mobili -, ogni impianto, stazione di servizio e cisterna mobile che non rientrano nella lettera g); i) «volume», la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili da un impianto di deposito di un terminale o da una stazione di servizio nei tre anni precedenti; j) «dispositivo di recupero dei vapori», l'attrezzatura per il recupero di benzina dai vapori, compresi gli eventuali sistemi di cisterne «tampone» di un terminale; k) «nave», una nave della navigazione interna quale definita nel capitolo 1 della direttiva 82/714/CEE del Consiglio, del 4 ottobre 1982, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna (1); l) «valore bersaglio di riferimento», il valore orientativo fornito per la valutazione generale della congruità delle misure tecniche che figurano negli allegati; non è un valore limite rispetto al quale misurare le prestazioni dei singoli impianti, terminali e stazioni di servizio; m) «deposito temporaneo di vapori», il deposito temporaneo di vapori in una cisterna a tetto fisso presso un terminale prima del trasferimento e del successivo recupero in un altro terminale. Il trasferimento dei vapori da un impianto di deposito ad un altro nello stesso terminale non è considerato deposito temporaneo di vapori ai sensi della presente direttiva; n) «impianto di caricamento», ogni impianto di un terminale ove la benzina può essere caricata in cisterne mobili. Gli impianti di caricamento per le autocisterne comprendono una o più «torri di caricamento»; o) «torre di caricamento», ogni struttura di un terminale mediante la quale la benzina può essere, in un dato momento, caricata in una singola autocisterna. Articolo 3 Impianti di deposito presso i terminali 1. Gli impianti di deposito devono essere conformi, per progettazione e funzionamento, alle disposizioni tecniche dell'allegato I. Dette disposizioni intendono ridurre a un livello inferiore al valore bersaglio di riferimento dello 0,01 massa/massa % (m/m %) del volume la perdita totale annua di benzina risultante dal caricamento e dal deposito in ogni impianto adibito a tale scopo nei terminali. Gli Stati membri possono mantenere o prescrivere misure più rigorose in tutto il loro territorio o in aree geografiche ove, in considerazione di condizioni particolari, sia stato stabilito che esse sono necessarie per tutelare la salute umana o l'ambiente. Gli Stati membri possono adottare, per ridurre le perdite di benzina, misure tecniche diverse da quelle dell'allegato I, purché sia dimostrato che tali misure alternative hanno efficacia almeno eguale. Gli Stati membri informano gli altri Stati membri e la Commissione sulle misure in vigore o sulle misure speciali di cui al presente paragrafo che essi intendono adottare, precisandone i motivi. 2. Il paragrafo 1 si applica: a) a decorrere dalla data indicata nell'articolo 10, per i nuovi impianti; b) trascorsi tre anni dalla data indicata nell'articolo 10, per gli impianti preesistenti, se il volume caricato presso un terminale è superiore a 50 000 tonnellate/anno; c) trascorsi sei anni dalla data indicata nell'articolo 10, per gli impianti preesistenti, se il volume caricato presso un terminale è superiore a 25 000 tonnellate/anno; d) trascorsi nove anni dalla data indicata nell'articolo 10, per tutti gli altri impianti preesistenti di deposito presso i terminali. Articolo 4 Caricamento e scaricamento di cisterne mobili presso i terminali 1. Le attrezzature di caricamento e di scaricamento devono essere conformi, per progettazione e funzionamento, alle disposizioni tecniche dell'allegato II. Dette disposizioni intendono ridurre a un valore inferiore al valore bersaglio di riferimento dello 0,005 m/m % del volume la perdita totale annua di benzina risultante dal caricamento e dallo scaricamento di serbatoi mobili nei terminali. Gli Stati membri possono mantenere o prescrivere misure più rigorose in tutto il loro territorio o in aree geografiche ove, in considerazione di condizioni particolari, sia stato stabilito che esse sono necessarie per tutelare la salute umana o l'ambiente. Gli Stati membri possono adottare, per ridurre le perdite di benzina, misure tecniche diverse da quelle dell'allegato II, purché sia dimostrato che tali misure alternative hanno efficacia almeno eguale. Gli Stati membri informano gli altri Stati membri e la Commissione sulle misure in vigore o sulle misure speciali di cui al presente paragrafo che essi intendono adottare, precisandone i motivi. La Commissione verifica se tali misure sono compatibili con le disposizioni del trattato e con quelle del presente paragrafo. Tutti i terminali con impianti di carico per autocisterne sono dotati di almeno una torre di caricamento che soddisfi le specifiche relative alle attrezzature per il caricamento dal fondo previste dall'allegato IV. Tali specifiche sono riesaminate periodicamente ed eventualmente rivedute conformemente alla procedura i cui all'articolo 8. 2. Il paragrafo 1 si applica: a) a decorrere dalla data indicata nell'articolo 10, per i nuovi terminali di caricamento delle autocisterne, dei vagoni cisterna e/o delle navi; b) trascorsi tre anni dalla data indicata nell'articolo 10, per i terminali preesistenti per il caricamento delle autocisterne, dei vagoni cisterna e/o delle navi, se il volume è superiore a 150 000 tonnellate/anno; c) trascorsi sei anni dalla data indicata nell'articolo 10, per i terminali preesistenti per il caricamento delle autocisterne o dei vagoni cisterna, se il volume è superiore a 25 000 tonnellate/anno; d) trascorsi nove anni dalla data indicata nell'articolo 10, per tutti gli altri impianti preesistenti presso i terminali per il caricamento di autocisterne e vagoni cisterna. 3. Trascorsi nove anni dalla data indicata nell'articolo 10, le prescrizioni relative alle attrezzature per il caricamento dal fondo previste nell'allegato IV si applicano a tutte le torri di caricamento di autocisterne i tutti i terminali, salvo deroghe ai sensi del paragrafo 4. 4. In via derogatoria, i paragrafi 1 e 3 non si applicano: a) ai terminali preesistenti con un volume inferiore a 10 000 tonnellate/anno; b) ai nuovi terminali con un volume inferiore a 5 000 tonnellate/anno situati in isole remote di piccole dimensioni. Gli Stati membri informano la Commissione dei terminali interessati da detta deroga nell'ambito della stesura della relazione di cui all'articolo 9. 5. Il Regno di Spagna può concedere una deroga di un anno al termine previsto al paragrafo 2, lettera b). Articolo 5 Cisterne mobili 1. Le cisterne mobili soddisfano, per progettazione e funzionamento, le seguenti prescrizioni: a) le cisterne mobili sono progettate e utilizzate in modo che i vapori residui siano trattenuti nella cisterna dopo lo scarico della benzina; b) le cisterne mobili che forniscono la benzina alle stazioni di servizio e ai terminali sono progettate e utilizzate in modo da accogliere e trattenere i vapori di ritorno provenienti dagli impianti di deposito delle stazioni di servizio o dei terminali. Per i vagoni cisterna questa prescrizione è d'applicazione solo se essi forniscono la benzina a stazioni di servizio o terminali in cui è utilizzato il deposito intermedio dei vapori; c) salva l'emissione attraverso le valvole limitatrici di pressione, i vapori menzionati alle lettere a) e b) sono trattenuti nella cisterna mobile sino alla successiva operazione di caricamento presso il terminale. Se, dopo lo scarico della benzina, la cisterna mobile è utilizzata per prodotti diversi dalla benzina e qualora il recupero o il deposito temporaneo dei vapori sia impossibile, può esserne ammesso lo spurgo in un'area geografica nella quale è improbabile che le emissioni incidano in modo significativo sui problemi ambientali o sanitari; d) le autorità competenti degli Stati membri devono assicurare che le autocisterne siano sottoposte a verifiche periodiche della tenuta della pressione dei vapori e che il corretto funzionamento delle valvole della pressione sia controllato periodicamente in tutte le cisterne mobili. 2. Il paragrafo 1 si applica: a) a decorrere dalla data indicata nell'articolo 10, per le nuove autocisterne, i nuovi vagoni cisterna e le nuove navi; b) trascorsi tre anni dalla data indicata nell'articolo 10, per i vagoni cisterna e le navi preesistenti, se caricati in terminali cui si applica la prescrizione prevista dall'articolo 4, paragrafo 1; c) alle autocisterne preesistenti, se modificate per il caricamento dal fondo in conformità delle specifiche dell'allegato IV. 3. In via derogatoria, il paragrafo 1, lettere a), b) e c) non si applica alle perdite di vapori derivanti dalle misurazioni effettuate mediante aste di livello per quanto attiene: a) alle cisterne mobili preesistenti; b) alle nuove cisterne mobili messe in esercizio nei quattro anni successivi alla data di cui all'articolo 10. Articolo 6 Caricamento degli impianti di deposito presso le stazioni di servizio 1. Le attrezzature per il caricamento e il deposito sono conformi, per progettazione e funzionamento, alle disposizioni tecniche dell'allegato III. Dette disposizioni intendono ridurre ad un valore inferiore al valore bersaglio di riferimento dello 0,01 m/m % del volume la perdita totale annua di benzina risultante dal caricamento negli impianti di deposito delle stazioni di servizio. Gli Stati membri possono mantenere o prescrivere misure più rigorose in tutto il loro territorio o in aree geografiche ove, in considerazione di condizioni particolari, sia stato stabilito che esse sono necessarie per tutelare la salute umana o l'ambiente. Gli Stati membri possono adottare, per ridurre le perdite di benzina, misure tecniche diverse da quelle dell'allegato III, purché sia dimostrato che tali misure alternative hanno efficacia almeno eguale. Gli Stati membri informano gli altri Stati membri e la Commissione sulle misure in vigore o sulle misure speciali previste nel presente paragrafo che essi intendono adottare, precisandone i motivi. 2. Il paragrafo 1 si applica: a) a decorrere dalla data indicata nell'articolo 10, per le stazioni di servizio nuove; b) trascorsi tre anni dalla data indicata nell'articolo 10: - per le stazioni di servizio preesistenti con un volume superiore a 1 000 m3/anno; - per le stazioni di servizio preesistenti - indipendentemente dal loro volume - situate in aree abitative o lavorative permanenti; c) trascorsi sei anni dalla data indicata nell'articolo 10, per le stazioni di servizio preesistenti con un volume superiore a 500 m3/anno; d) trascorsi nove anni dalla data indicata nell'articolo 10, per le altre stazioni di servizio preesistenti. 3. In via derogatoria, i paragrafi 1 e 2 non si applicano alle stazioni di servizio con un volume inferiore a 100 m3/anno. 4. Gli Stati membri possono concedere una deroga alle prescrizioni del paragrafo 1 per le stazioni di servizio con un volume inferiore a 500 m3/anno situate in un'area geografica o in un luogo nel quale è improbabile che le emissioni di vapori incidano in modo significativo sui problemi ambientali o sanitari. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione informazioni particolareggiate sulle aree cui intendono concedere detta deroga, nell'ambito della stesura delle relazioni previste dall'articolo 9, nonché su qualsiasi cambiamento successivo riguardante dette aree. 5. Il Regno dei Paesi Bassi può concedere una deroga al calendario previsto nel paragrafo 2, alle seguenti condizioni: - e misure prescritte dal presente articolo siano attuate nell'ambito di un programma nazionale preesistente di più ampia portata relativo alle stazioni di servizio, che affronti contemporaneamente vari problemi ambientali, quale l'inquinamento idrico, atmosferico, terrestre e provocato dai rifiuti, la cui applicazione sia rigorosamente programmata; - il calendario può essere modificato solo per un massimo di due anni e il programma deve essere ultimato, in tutte le sue fasi, entro il termine di cui al paragrafo 2, lettera d); - alla Commissione sia notificata la decisione di discostarsi dal calendario previsto dal paragrafo 2, corredata di informazioni esaurienti sul campo d'applicazione e la scadenza della deroga. 6. Il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese possono concedere una deroga di un anno al termine previsto nel paragrafo 2, lettera b). Articolo 7 Modifiche degli allegati Salvi i valori limite di cui all'allegato II, punto 2, le modifiche necessarie per adeguare gli allegati della presente direttiva al progresso tecnico sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 8. Articolo 8 Il comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. 4. Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte. Articolo 9 Controllo e relazioni informative Le relazioni sull'attuazione della presente direttiva sono elaborate conformemente alla procedura prevista all'articolo 5 della direttiva 91/692/CEE del Consiglio, del 23 dicembre 1991, per la standardizzazione e la razionalizzazione delle relazioni relative all'attuazione di talune direttive concernenti l'ambiente (1). La Commissione è invitata a corredare la sua prima relazione, se del caso, di proposte di emendamento della presente direttiva, comprendenti in particolare l'estensione del suo campo di applicazione per includere i sistemi di controllo e di ricupero dei vapori di caricamento e navi. Articolo 10 Recepimento nelle legislazioni nazionali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1995. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 11 Disposizione finale Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 1994. Per il Parlamento europeo Il Presidente K. HAENSCH Per il Consiglio Il Presidente K. KINKEL (1) GU n. C 227 del 3. 9. 1992, pag. 3, e GU n. C 270 del 6. 10. 1993, pag. 12. (2) GU n. C 73 del 15. 3. 1993, pag. 6. (3) Parere reso il 24 giugno 1993 (GU n. C 194 del 19. 7. 1993, pag. 325), posizione comune del Consiglio del 4 ottobre 1993 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 9 marzo 1994 (GU n. C 91 del 28. 3. 1994, pag. 82). Confermato il 2 dicembre 1993 (GU n. C 342 del 20. 12. 1993, pag. 15). Progetto comune del comitato di conciliazione dell'8 novembre 1994. (4) GU n. C 112 del 20. 12. 1973, pag. 1; GU n. C 139 del 13. 6. 1977, pag. 1; GU n. C 46 del 17. 2. 1983, pag. 1, e GU n. C 328 del 7. 12. 1987, pag. 1. (5) GU n. L 242 del 30. 8. 1991, pag. 1. (1) GU n. L 109 del 26. 4. 1983, pag. 8. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 92/400/CEE della Commissione (GU n. L 221 del 6. 8. 1992, pag. 55). (1) GU n. L 301 del 28. 10. 1982, pag. 1. (1) GU n. L 377 del 31. 12. 1991, pag. 48. ALLEGATO I REQUISITI PER GLI IMPIANTI DI DEPOSITO PRESSO I TERMINALI 1. Le pareti esterne ed i tetti delle cisterne di superficie devono essere dipinti di un colore con riflessione totale del calore radiante pari o superiore al 70 %. Le operazioni possono essere programmate in modo da essere effettuate come parte dei normali cicli di manutenzione delle cisterne entro un periodo triennale. Gli Stati membri possono concedere una deroga a tale disposizione ove ciò sia necessario per la tutela di particolari aree panoramiche designate dalle autorità nazionali. Detta disposizione non si applica alle cisterne collegate ad un dispositivo di recupero dei vapori conforme ai requisiti di cui all'allegato II, punto 2. 2. Le cisterne con tetto galleggiante esterno devono essere dotate di un dispositivo primario a chiusura stagna che copra lo spazio anulare tra la parete della cisterna e il perimetro esterno del tetto galleggiante, nonché di un dispositivo secondario fissato su quello primario. Tali dispositivi devono essere progettati in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 95 % di quello di una cisterna similare a tetto fisso priva di dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori (ossia una cisterna a tetto fisso dotata solo di valvola limitatrice di pressione). 3. Tutti i nuovi impianti di deposito presso i terminali, ove sia previsto il recupero di vapori ai sensi dell'articolo 4 della direttiva (cfr. allegato II), devono essere: a) cisterne a tetto fisso collegate ad un dispositivo di recupero dei vapori in conformità dei requisiti di cui all'allegato II, oppure b) progettati con un tetto galleggiante, interno o esterno, e dotati di dispositivi primari e secondari a tenuta stagna in modo da rispondere ai requisiti relativi alle prestazioni stabiliti dal punto 2. 4. Le cisterne a tetto fisso preesistenti devono essere: a) collegate ad un dispositivo di recupero dei vapori in conformità dei requisiti di cui all'allegato II, oppure b) dotate di un tetto galleggiante interno con un dispositivo primario a tenuta stagna progettato in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 90 % di quello di una cisterna similare a tetto fisso priva di dispositivi di controllo dei vapori. 5. I requisiti relativi ai dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori menzionati ai punti 3 e 4 non si applicano alle cisterne a tetto fisso presso i terminali, ove è autorizzato il deposito temporaneo dei vapori ai sensi dell'allegato II, punto 1. ALLEGATO II REQUISITI PER GLI IMPIANTI DI CARICAMENTO E SCARICAMENTO PRESSO I TERMINALI 1. I vapori da spostamento provenienti da una cisterna mobile in fase di caricamento devono essere riconvogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso un dispositivo di recupero dei vapori, per la rigenerazione presso il terminale. Detta disposizione non si applica alle autocisterne con caricamento dall'alto, sempreché questo tipo di caricamento sia autorizzato. Nei terminali in cui la benzina è caricata su navi, un dispositivo di incenerimento dei vapori può sostituire quello di recupero, se il recupero di vapori è pericoloso o tecnicamente impossibile a causa del volume dei vapori di ritorno. I requisiti relativi alle emissioni nell'atmosfera provenienti dai dispositivi di recupero dei vapori si applicano anche alle unità di incenerimento. Nei terminali con un volume inferiore a 25 000 tonnellate/anno, il deposito temporaneo dei vapori può sostiuire il recupero immediato dei vapori presso il terminale. 2. La concentrazione media dei vapori nello scarico dei dispositivi di recupero dei vapori - corretta per diluizione durante il trattamento - non deve eccedere i 35 g/normalmetrocubo (Nm3) orari. Per i dispositivi di recupero dei vapori installati anteriormente al 1° gennaio 1993, il Regno Unito può concedere una deroga al valore limite di 35 g/Nm3 orari previsto nel presente allegato, alle seguenti condizioni: - l'impianto non ecceda il valore limite di 50 g/Nm3 orari misurato in base alle specifiche di cui al presente allegato; - la deroga scada al più tardi nove anni dopo la data indicata nell'articolo 10; - alla Commissione giunga notifica dei singoli impianti interessati dalla presente deroga con indicazione del loro volume di benzina e delle emissioni di vapori da essi provenienti. Le autorità competenti degli Stati membri devono assicurare che siano definiti i metodi e la frequenza delle misurazioni e delle analisi. Le misurazioni devono essere effettuate per un'intera giornata lavorativa (minimo sette ore) a volume normale. Le misurazioni possono essere continue o discontinue. Le misurazioni discontinue devono essere rilevate almeno quattro volte ogni ora. L'errore totale di misurazione dovuto alle attrezzature utilizzate, al gas di taratura e al metodo applicato non deve superare il 10 % del valore misurato. L'attrezzatura utilizzata deve essere in grado di misurare almeno concentrazioni di 3g/Nm3. La precisione deve essere almeno pari al 95 % del valore misurato. 3. Le autorità competenti degli Stati membri devono assicurare che le linee di collegamento e i sistemi di tubazione siano periodicamente controllati per prevenire perdite. 4. Le autorità competenti degli Stati membri devono assicurare che, in caso di perdita di vapore, le operazioni di caricamento siano immediatamente arrestate a livello della torre di caricamento. I dispositivi di arresto devono essere installati sulla torre. 5. Qualora sia autorizzato il caricamento dall'alto di cisterne mobili, l'uscita del braccio di caricamento deve essere mantenuta vicino al fondo della cisterna mobile, per evitare spruzzi di benzina. ALLEGATO III REQUISITI PER GLI IMPIANTI DI CARICAMENTO E DEPOSITO NELLE STAZIONI DI SERVIZIO E NEI TERMINALI ADIBITI AL DEPOSITO TEMPORANEO DI VAPORI I vapori spostati durante le operazioni di trasferimento della benzina negli impianti di deposito presso le stazioni di servizio e nelle cisterne a tetto fisso adibiti al deposito temporaneo di vapori devono essere riconvogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso la cisterna mobile che distribuisce la benzina. Le operazioni di carico possono essere effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano correttamente. ALLEGATO IV SPECIFICHE PER IL CARICAMENTO DAL FONDO, LA RACCOLTA DEI VAPORI E LA PROTEZIONE CONTRO IL TROPPOPIENO NELLE AUTOCISTERNE EUROPEE 1. Accoppiatori 1.1. L'accoppiatore per i liquidi sul braccio di caricamento deve essere un accoppiatore femmina, cui corrisponde un adattatore maschio API di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sull'autocisterna, quale definito dalla: - API RECOMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 Bottom Loading and Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor Vehicles (Section 2.1.1.1 - Type of Adapter used for Bottom Loading). 1.2. L'accoppiatore per la raccolta dei vapori sul tubo di raccolta dei vapori della torre di caricamento deve essere un accoppiatore femmina a camma e scanalatura cui corrisponde un adattatore maschio a camma e scanalatura di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sull'autocisterna, quale definito dalla: - API RECOMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 Bottom Loading and Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor Vehicles (Section 4.1.1.2 - Vapour Recovery Adapter). 2. Condizioni di caricamento 2.1. Il caricamento normale per i liquidi è di 2 300 litri al minuto (massimo: 2 500 litri al minuto) per braccio di caricamento. 2.2. Quando il terminale lavora a regime massimo, il sistema di raccolta dei vapori della torre di caricamento, ivi compreso il sistema di ricupero dei vapori, può generare una contropressione massima di 55 millibar sul lato dell'autocisterna dov'è posizionato l'adattatore per la raccolta dei vapori. 2.3. Tutte le autocisterne omologate a caricare dal fondo saranno munite di una targa di identificazione che specifica il numero massimo di bracci di caricamento che possono operare simultaneamente, sempre assicurando che non fuoriescano vapori dalle valvole dei compartimenti P e V, con una contropressione massima dell'impianto di 55 millibar come specificato al punto 2.2. 3. Collegamento del rilevatore di dispersione/troppopieno dell'autocisterna La torre di caricamento deve essere munita di un rilevatore di troppopieno che, collegato all'autocisterna, emette un segnale di «fail-safe» che permette il caricamento, se nessun sensore di troppopieno nei vari compartimenti rileva un livello elevato. 3.1. L'autocisterna deve essere collegata al rilevatore collocato sulla torre di caricamento con un connettore elettrico industriale standard a 10 conduttori. Il connettore maschio deve essere montato sull'autocisterna, mentre il connettore femmina deve essere fissato ad un cavo volante raccordato al rilevatore posizionato sulla torre. 3.2. I rilevatori del livello installati sull'autocisterna devono essere termistori a due fili, sensori ottici a due fili, sensori ottici a cinque fili o dispositivi equivalenti compatibili, sempreché il sistema sia «fail-safe». (NB: I termistori devono avere un coefficiente negativo di temperatura). 3.3. Il rilevatore collocato sulla torre di caricamento deve essere compatibile con i sistemi a due o a cinque fili montati sull'autocisterna. 3.4. L'autocisterna deve essere collegata alla torre di collegamento attraverso il filo di ritorno dei sensori di troppopieno, a sua volta collegato al conduttore n. 10 del connettore maschio attraverso il telaio dell'autocisterna. Il conduttore n. 10 del connettore femmina deve essere collegato al blocco del rilevatore, a sua volta collegato alla terra della torre. 3.5. Tutte le autocisterne omologate a caricare dal fondo sono munite di una targa di identificazione (cfr. punto 2.3) che specifica il tipo di sensori per il rilevamento del troppopieno installati (ad esempio, a due o cinque fili). 4. Posizionamento dei collegamenti 4.1. La progettazione delle strutture per il caricamento dei liquidi e la raccolta dei vapori sulla torre di caricamento si basa sul seguente posizionamento dei collegamenti sull'autocisterna. 4.1.1. Altezza della linea centrale degli adattatori per i liquidi: massima = 1,4 metri (senza carico) e minima = 0,5 metri (sotto carico); l'altezza ideale è compresa tra 0,7 e 1 metro. 4.1.2. Distanza orizzontale tra gli adattatori non inferiore a 0,25 metri (distanza minima ideale = 0,3 metri). 4.1.3. Tutti gli adattatori per i liquidi sono posizionati in un involucro di lunghezza non superiore a 2,5 metri. 4.1.4. L'adattatore per la raccolta dei vapori dovrebbe essere di preferenza posizionato alla destra degli adattatori per i liquidi, ad un'altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico). 4.2. Il connettore dispersione/troppopieno è posizionato alla destra degli adattatori per i liquidi e per la raccolta dei vapori, ad un'altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico). 4.3. I collegamenti sopra descritti sono posizionati su un unico lato dell'autocisterna. 5. Dispositivi di sicurezza 5.1. Rilevatore di dispersione/troppopieno Il caricamento è consentito soltanto quando il rilevatore combinato di dispersione/troppopieno emette un segnale di autorizzazione. In caso di troppopieno o di perdita di dispersione dell'autocisterna, il rilevatore montato sulla torre deve chiudere la valvola di controllo del caricamento sulla torre. 5.2. Rilevatore di raccolta dei vapori Il caricamento è consentito soltanto se il tubo per la raccolta dei vapori è collegato all'autocisterna e i vapori spostati possono liberamente fluire dall'autocisterna al sistema di raccolta dei vapori dell'impianto. | Recupero di vapori di benzina durante il deposito
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
E volta a ridurre le emissioni di composti organici volatili derivanti dall'evaporazione della benzina nella catena di deposito e distribuzione dei carburanti.
PUNTI CHIAVE
La presente direttiva si applica ai procedimenti, agli impianti, ai veicoli e alle navi adibiti al deposito, al carico e al trasporto della benzina da un terminale ad un altro o da un terminale ad una stazione di servizio.
La direttiva adotta specifiche tecniche armonizzate per la progettazione e il funzionamento:
degli impianti di deposito dei terminali;
delle attrezzature di caricamento e di scaricamento di cisterne mobili presso i terminali;
delle cisterne mobili;
delle attrezzature di caricamento degli impianti di deposito delle stazioni di servizio.
Sono previsti periodi di transizione per l’attuazione di tali specifiche.
I paesi dell'UE possono mantenere o prescrivere misure più rigorose in tutto il loro territorio o in aree geografiche ove, in considerazione di condizioni particolari, sia stato stabilito che esse sono necessarie per tutelare la salute umana o l'ambiente.
La direttiva prevede una procedura di adeguamento degli allegati al progresso tecnico.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 20 gennaio 1995. I paesi dell'UE dovevano integrarla nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 1995.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
«Deposito e distribuzione della benzina» sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio (GU L 365 del 31.12.1994, pag. 24-33)
Le modifiche successive alla direttiva 94/63/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Direttiva 2009/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio (GU L 285 del 31.10.2009, p. 36-39)
Si veda la versione consolidata | 12,427 | 909 |
21979A0623(01) | false | Convenzione sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica
Gazzetta ufficiale n. L 210 del 19/07/1982 pag. 0011 - 0022 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 4 pag. 0011 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 4 pag. 0011 edizione speciale spagnola: capitolo 15 tomo 3 pag. 0216 edizione speciale portoghese: capitolo 15 tomo 3 pag. 0216
CONVENZIONE sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvaticaLE PARTI CONTRAENTI,riconoscendo che la fauna selvatica nelle sue innumerevoli forme costituisce un elemento insostituibile del sistema naturale della terra, che deve essere conservato per il bene dell'umanità;consapevoli del fatto che ogni generazione umana amministra le risorse terrestri per le generazioni future ed è tenuta a far sì che tale patrimonio venga conservato e che al suo eventuale sfruttamento non si proceda in modo indiscriminato;conscie del valore sempre maggiore della fauna selvatica dal punto di vista ambientale, ecologico, genetico, scientificio, estetico, ricreativo, culturale, educativo, sociale ed economico;preoccupate in particolare per quelle specie di animali selvatici che effettuano migrazioni attraverso o oltre i confini territoriali nazionali;riconoscendo che gli Stati sono e debbono essere i protettori delle specie migratrici della fauna selvatica che vivono entro i loro confini territoriali nazionali o che li attraversano;convinte che la conservazione e l'efficace gestione delle specie migratrici della fauna selvatica richiedono l'azione concertata degli Stati entro i cui confini territoriali dette specie trascorrono parte del loro ciclo vitale;ricordando la raccomandazione 32 del piano d'azione adottato dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente umano (Stoccolma, 1972), di cui è stato preso atto con soddisfazione nella ventisettesima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo IDefinizioni1. Ai fini della presente convenzione:a) per «specie migratrice» s'intende la popolazione complessiva o una parte geograficamente distinta della popolazione di qualsiasi specie o di un taxon inferiore di animali selvatici, di cui una parte rilevante attraversi, ciclicamente e in modo prevedibile, uno o più confini nazionali;b) per «stato di conservazione di una specie migratrice» s'intende l'insieme degli influssi che agendo sulla specie migratrice di cui trattasi possano ripercuotersi a lungo termine sulla distribuzione e sulla consistenza numerica della stessa;c) lo «stato di conservazione» è considerato «favorevole» quando:1. dai dati sulla dinamica della popolazione emerge che la specie migratrice continua a costituire, a lungo termine, una componente vitale dei suoi ecosistemi;2. l'area di distribuzione della specie migratrice non sta riducendosi, né è suscettibile di ridursi a lungo termine;3. esiste ed esisterà anche nell'immediato futuro un habitat sufficiente per mantenere a lungo termine la popolazione della specie migratrice;4. la distribuzione e la consistenza numerica della specie migratrice si avvicinano a quelle storiche nella misura in cui esistono ecosistemi potenzialmente propizi a tale specie e nella misura in cui ciò è compatibile con una saggia gestione della fauna selvatica e del suo habitat;d) lo «stato di conservazione» è considerato «sfavorevole» se non viene soddisfatta una delle condizioni di cui alla lettera c) del presente paragrafo;e) «minacciata», in riferimento ad una particolare specie migratrice, significa che detta specie è minacciata di estinzione in tutta la sua area di distribuzione o in una parte considerevole di essa;f) per «area di distribuzione» si intende l'insieme delle superfici terrestri o acquatiche in cui una specie migratrice vive, o soggiorna temporaneamente, o che attraversa o sorvola in un momento qualunque della sua normale rotta di migrazione;g) per «habitat» si intende qualsiasi zona nell'area di distribuzione della specie migratrice che presenti condizioni di vita necessarie a quest'ultima;h) per «Stato dell'area di distribuzione» con riferimento ad una determinata specie migratrice si intende lo Stato [e se del caso qualsiasi altra parte contraente di cui alla lettera k) del presente paragrafo] che eserciti la sua giurisdizione su una parte qualsiasi dell'area di distribuzione della specie migratrice ovvero lo Stato sotto la cui bandiera operino dei natanti col compito di prelevare la specie migratrice al di fuori dei limiti della giurisdizione nazionale;i) per «prelevare» si intende catturare, cacciare, pescare, molestare, uccidere deliberatamente o ogni tentativo in tal senso;j) per «accordo» si intende un accordo internazionale relativo alla conservazione di una o più specie migratrici, conformemente agli articoli IV e V della presente convenzione;k) per «parte contraente» si intende uno Stato o qualsiasi organizzazione regionale d'integrazione economica costituita da Stati sovrani competenti per negoziare, concludere e applicare accordi internazionali nei settori contemplati dalla presente convenzione.2. Limitatamente alle questioni di loro competenza le organizzazioni regionali d'integrazione economica che siano parti contraenti della presente convenzione assumono in nome proprio i diritti e gli obblighi che la presente convenzione attribuisce ai loro Stati membri. In tal caso questi ultimi non possono esercitare tali diritti individualmente.3. Quando la presente convenzione prevede che una decisione venga presa a maggioranza dei due terzi o con decisione unanime delle «parti contraenti presenti e votanti» bisognerà intendere «le parti presenti che abbiano espresso un voto favorevole o contrario». Le parti che si astengono dal voto non sono da considerarsi «parti presenti e votanti» ai fini del computo della maggioranza.Articolo IIPrincipi fondamentali1. Le parti contraenti riconoscono l'importanza della conservazione delle specie migratrici e delle misure da concordare in questo senso fra gli Stati dell'area di distribuzione ogni volta che se ne presenti la possibilità e l'opportunità, annettendo particolare attenzione alle specie migratrici il cui stato di conservazione sia sfavorevole e prendendo singolarmente o in comune le iniziative più opportune e necessarie per conservare tali specie e il loro habitat.2. Le parti contraenti riconoscono la necessità di adottare opportuni provvedimenti per evitare che venga minacciata l'esistenza di una qualsiasi specie migratrice.3. In particolare le parti contraenti:a) dovranno promuovere, sostenere o collaborare a ricerche sulle specie migratrici;b) sforzarsi di assicurare un'immediata protezione alle specie migratrici di cui all'allegato I;c) concludere accordi ai fini della conservazione e della gestione delle specie migratrici di cui all'allegato II.Articolo IIISpecie migratrici minacciate: allegato I1. Nell'allegato I sono elencate le specie migratrici minacciate.2. Una specie migratrice può essere inclusa nell'allegato I qualora da prove attendibili, comprese le migliori prove scientifiche disponibili, risulti che tale specie è minacciata.3. Una specie migratrice può essere soppressa dall'allegato I qualora la conferenza delle parti contraenti stabilisca:a) che da prove attendibili, comprese le migliori prove scientifiche disponibili, risulti che detta specie non è più minacciata;b) che la stessa specie non possa essere nuovamente minacciata per il fatto di essere stata soppressa dall'allegato I e di non godere più della necessaria tutela.4. Le parti contraenti che siano Stati dell'area di distribuzione di una determinata specie migratrice compresa nell'allegato I si adoperano al fine di:a) conservare e, se possibile ed opportuno, ripristinare gli habitat che sono importanti per proteggere la specie contro il rischio di estinzione;b) prevenire, eliminare, controbilanciare o ridurre al minimo gli effetti negativi di attività o di intralci che ostacolino seriamente o impediscano la migrazione della specie;c) per quanto possibile ed opportuno, prevenire, ridurre o controllare i fattori che minacciano o potrebbero minacciare ulteriormente la specie, predisponendo fra l'altro rigorosi controlli in fatto d'introduzione di specie esotiche ovvero di sorveglianza e di evacuazione delle specie esotiche che fossero già introdotte.5. Le parti contraenti che sono Stati dell'area di distribuzione di una determinata specie migratrice compresa nell'allegato I vietano il prelievo di animali appartenenti a detta specie. Sono ammesse deroghe solo nel caso in cui:a) il prelievo sia fatto a fini scientifici;b) il prelievo abbia la scopo di aumentare il tasso di riproduzione o le possibilità di sopravvivenza della specie in oggetto;c) il prelievo risponda alle esigenze di quanti tradizionalmente utilizzano tale specie per il proprio sostentamento;d) il prelievo sia imposto da circostanze straordinarie;Le deroghe al divieto devono essere precise per quanto riguarda il contenuto e limitate nello spazio e nel tempo. Il prelievo non dovrebbe avere comunque effetti negativi per la specie di cui trattasi.6. La conferenza delle parti contraenti può raccomandare a queste ultime, ove si tratti di Stati dell'area di distribuzione di una specie migratrice compresa nell'allegato I, di prendere quegli altri provvedimenti che essi ritengano utili nell'interesse della specie.7. Le parti contraenti informeranno senza indugio il segretariato in merito a qualsiasi deroga che fosse concessa ai sensi del paragrafo 5 del presente articolo.Articolo IVSpecie migratrici oggetto di accordi: allegato II1. L'allegato II comprende le specie migratrici il cui stato di conservazione è sfavorevole e la cui conservazione e gestione impongono la stipulazione di accordi internazionali nonché le specie il cui stato di conservazione potrebbe sensibilmente migliorare per effetto della cooperazione che venisse istituita mediante accordi internazionali.2. Ove le circostanze lo richiedano, la stessa specie migratrice può essere inclusa sia nell'allegato I che nell'allegato II.3. Le parti contraenti che sono Stati dell'area di distribuzione di una specie migratrice compresa nell'allegato II si adoperano per concludere accordi a vantaggio di detta specie, dando la priorità alle specie che si trovano in uno stato di conservazione sfavorevole.4. Le parti contraenti sono invitate a promuovere la conclusione di accordi a favore di qualsiasi popolazione o parte geograficamente distinta della popolazione di una determinata specie o taxon di animali selvatici, nella misura in cui questi ultimi attraversino periodicamente uno o più confini nazionali.5. Al segretariato verrà trasmessa copia di qualsiasi accordo che venisse concluso conformemente a quanto disposto dal presente articolo.Articolo VOrientamenti in materia di accordi1. L'obiettivo di qualsiasi accordo dovrà essere quello di riportare la specie migratrice di cui trattasi ad uno stato di conservazione favorevole, ovvero a mantenerla in tale stato. Ogni accordo dovrebbe occuparsi di quegli aspetti della conservazione e della gestione della specie migratrice che servano al conseguimento dell'obiettivo anzidetto.2. Qualsiasi accordo dovrebbe ricevere, come campo d'applicazione, l'intera area di distribuzione della specie migratrice in questione e dovrebbe essere aperto all'accessione di tutti gli Stati dell'area di distribuzione di detta specie, siano essi parti contraenti o meno della presente convenzione.3. Lo stesso accordo dovrebbe, per quanto possibile, prendere in considerazione più di una specie migratrice.4. Qualsiasi accordo dovrebbe:a) precisare la specie migratrice cui si riferisce;b) descrivere l'area di distribuzione e la rotta di migrazione della specie migratrice;c) prevedere che ciascuna parte contraente designi l'autorità nazionale competente per l'attuazione dell'accordo;d) istituire, se necessario, un adeguato apparato amministrativo per agevolare l'attuazione degli obiettivi dell'accordo, per controllarne l'efficacia e per redigere rapporti in vista della conferanza delle parti contraenti;e) prevedere adeguate procedure ai fini della composizione delle controversie che sorgessero tra le parti contraenti;f) per qualunque specie migratrice della categoria dei cetacei, vietare almeno ogni prelievo della specie che non sia consentito da altri accordi multilaterali e far sì che all'accordo possano accedere Stati che non siano Stati dell'area di distribuzione della specie migratrice di cui trattasi.5. Per quanto possibile ed opportuno, qualsiasi accordo dovrebbe prevedere almeno quanto segue:a) il periodico controllo dello stato di conservazione della specie migratrice in oggetto e l'individuazione dei fattori che possono nuocere a tale stato;b) dei piani coordinati in fatto di conservazione e di gestione;c) lavori di ricerca nel campo dell'ecologia e della dinamica demografica della specie migratrice in questione, con speciale riguardo al fenomeno migratorio;d) lo scambio di informazioni sulla specie migratrice in questione, con particolare riguardo allo scambio dei risultati delle ricerche e delle statistiche relative;e) la conservazione ed eventualmente il ripristino degli habitat che rivestano importanza ai fini del mantenimento di un favorevole stato di conservazione, e protezione di tali habitat da fattori di disturbo, compresi rigorosi controlli sulle specie esotiche già introdotte o in via d'introduzione, che siano nocive alla specie migratrice;f) il mantenimento di una rete di habitat adeguati alla specie migratrice e distribuiti congruamente lunga la rotta di migrazione;g) quando ciò appaia opportuno, la creazione di nuovi habitat favorevoli alla specie migratrice o il reinserimento della specie stessa in habitat favorevoli;h) l'eliminazione, nella misura più ampia possibile, o la neutralizzazione di interventi o di ostacoli che impediscano o intralcino la migrazione;i) la prevenzione, la riduzione e il controllo di atti che portino all'immissione nell'habitat della specie migratrice di sostanze nocive alla stessa;j) misure basate su corretti principi ecologici intese a controllare e disciplinare il prelievo della specie migratrice;k) procedure che permettano interventi coordinati onde sopprimere il prelievo illegale;l) lo scambio d'informazioni sulle minacce che incombono effettivamente sulla specie migratrice;m) procedure di emergenza, attraverso cui potenziare sensibilmente e rapidamente l'azione di conservazione, qualora lo stato di conservazione della specie migratrice risulti gravemente colpito;n) l'informazione del vasto pubblico sui contenuti e sugli obiettivi dell'accordo.Articolo VIStati dell'area di distribuzione1. Il segretariato tiene aggiornato un elenco degli Stati dell'area di distribuzione delle specie migratrici menzionate negli allegati I e II, utilizzando all'uopo le informazioni ricevute dalle parti contraenti.2. Le parti contraenti comunicano al segretariato le specie migratrici menzionate negli allegati I e II di cui essi si considerano Stati dell'area di distribuzione; forniscono inoltre informazioni sia sulle navi che battono la loro bandiera e che al di fuori dei limiti della loro giurisdizione nazionale effettuino il prelievo di specie migratrici, sia sui loro futuri progetti per quanto riguarda i prelievi suddetti.3. Almeno sei mesi prima di ogni sessione ordinaria della conferenza delle parti contraenti, queste ultime, quando siano Stati dell'area di distribuzione delle specie migratrici elencate nell'allegato I o II, debbono informare la conferenza, tramite il segretariato, in merito alle misure da esse adottate per attuare le disposizioni della presente convenzione per quanto si riferisce alle specie suddette.Articolo VIILa conferenza delle parti1. La conferenza delle parti è l'organo deliberante della presente convenzione.2. Il segretariato convoca una riunione delle conferenza delle parti al più tardi due anni dopo l'entrata in vigore della presente convenzione.3. In seguito il segretariato convoca riunioni ordinarie della conferenza delle parti ad intervalli non superiori ai tre anni, salvo che la conferenza non decida altrimenti, e riunioni straordinari in qualunque momento, su richiesta scritta di almeno un terzo delle parti contraenti.4. La conferenza della parti stabilisce e rivede i regolamenti finanziari della presente convenzione.In occasione di ciascuna sessione ordinaria la conferenza della parti adotta il bilancio per il successivo esercizio finanziario. Ogni parte contraente contribuisce al bilancio secondo le modalità convenute dalla conferenza. I regolamenti finanziari, comprese le disposizioni in materia di bilancio e di modalità di contribuzione e relative modifiche, vengono adottati con voto unanime delle parti contraenti presenti e votanti.5. A ciascuna riunione la conferenza delle parti controlla l'attuazione della presente convenzione e in particolare può:a) controllare e valutare lo stato di conservazione delle specie migratrici;b) controllare i progressi compiuti per quanto riguarda la conservazione delle specie migratrici, in particolare di quelle menzionate negli allegati I e II;c) prendere i provvedimenti e impartire le direttive che siano necessari per permettere al consiglio scientifico e al segretariato di svolgere i propri compiti;d) ricevere ed esaminare qualsiasi rapporto che fosse presentato dal consiglio scientifico, dal segretariato, da ciascuna parte contraente o da qualsiasi organo permanente istituito nel quadro di un accordo;e) formulare raccomandazioni alle parti contraenti per migliorare lo stato di conservazione delle specie migratrici e controllare i progressi compiuti in sede di attuazione degli accordi già conclusi;f) nei casi in cui non sia stato concluso nessun accordo, raccomandare la convocazione di riunioni delle parti contraenti che sono Stati dell'area di distribuzione di una specie migratrice o di un gruppo di specie migratrici, al fine di discutere i provvedimenti che consentano di migliorare lo stato di conservazione di dette specie;g) formulare raccomandazioni alle parti contraenti perché provvedano a migliorare l'efficacia della presente convenzione;h) decidere in merito ad ogni ulteriore provvedimento da adottare per conseguire gli obiettivi della presente convenzione.6. Ad ogni sua riunione la conferenza delle parti dovrebbe fissare la data e il luogo della riunione successiva.7. Ad ogni riunione la conferenza delle parti stabilisce e adotta inoltre il regolamento interno per la riunione stessa. Nelle riunioni della conferenza delle parti le decisioni sono prese alla maggiornaza dei due terzi delle parti presenti e votanti, salvo che non sia diversamente stabilito dalla presente convenzione.8. Le Nazioni Unite, i suoi istituti specializzati, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica ed ogni Stato che non sia parte contraente della convenzione, nonché gli organi designati delle parti contraenti dei singoli accordi, possono essere rappresentati da osservatori alle riunioni della conferenza.9. Qualsiasi ente od organismo tecnicamente qualificato nel campo della protezione, della conservazione e della gestione di specie migratrici, che rientri in una delle categorie qui appresso e che abbia comunicato al segretariato il proprio desiderio di farsi rappresentare da osservatori alle riunioni della conferenza delle parti, vi è ammesso salvo che almeno un terzo delle parti presenti vi si opponga:a) enti od organismi internazionali, governativi o non governativi, nonché enti ed organismi nazionali governativi;b) enti od organismi nazionali non governativi che siano stati riconosciuti a tal fine dallo Stato in cui hanno sede.Detti osservatori, una volta ammessi, hanno il diritto di partecipare alle riunioni senza diritto di voto.Articolo VIIIIl consiglio scientifico1. Nella sua prima riunione la conferenza delle parti istituisce un consiglio scientifico col compito di prestare la sua consulenza su questioni di carattere scientifico.2. Qualsiasi parte contraente può designare un esperto qualificato come membro del consiglio scientifico. Del consiglio scientifico fanno inoltre parte esperti qualificati prescelti e designati dalla conferenza delle parti.Il numero degli esperti, i criteri da seguire ai fini della loro scelta e la durata del mandato vengono stabiliti dalla conferenza delle parti.3. Il consiglio scientifico si riunisce su richiesta del segretariato ogni volta che la conferenza delle parti lo richieda.4. Il consiglio scientifico stabilisce il proprio regolamento interno, con riserva dell'approvazione della conferenza delle parti.5. La conferenza delle parti stabilisce le funzioni del consiglio scientifico, fra le quali possono rientrare le seguenti:a) fornire pareri scientifici alla conferenza delle parti, al segretariato e, con l'approvazione della conferenza delle parti, a qualsiasi parte contraente e a qualsiasi organo istituito nel quadro della presente convenzione o nel contesto di un accordo;b) raccomandare la ricerca e il coordinamento delle ricerche sulle specie migratrici, valutarne i risultati al fine di accertare lo stato di conservazione delle specie migratrici e di riferire alla conferenza delle parti su tale stato e sulle misure necessarie per migliorarlo;c) fornire raccomandazioni alla conferenza delle parti riguardo alle specie migratrici da inserire negli allegati I o II, indicando altresì l'area di distribuzione di dette specie;d) fornire raccomandazioni alla conferenza delle parti in merito alle specifiche misure che in fatto di gestione e di conservazione andrebbero inserite negli accordi sulle specie migratrici;e) raccomandare alla conferenza delle parti la soluzione dei problemi posti dagli aspetti scientifici inerenti all'attuazione della presente convenzione, in particolare per quanto riguarda l'habitat delle specie migratrici.Articolo IXIl segretariato1. Ai fini della presente convenzione è istituito un segretariato.2. Il segretariato viene costituito a cura del direttore esecutivo del programma delle Nazioni Unite per l'ambiente subito dopo l'entrata in vigore della presente convenzione. Nella misura e secondo le modalità che riterrà più opportune, il direttore esecutivo potrà essere assistito da enti ed organismi intergovernativi o non governativi, internazionali o nazionali che siano tecnicamente qualificati nel campo della protezione, della conservazione e della gestione della fauna selvatica.3. Se il programma delle Nazioni Unite per l'ambiente non è in grado di provvedere alla costituzione del segretariato, la conferenza della parti prenderà delle misure alternative al fine di rendere possibile la costituzione dello stesso.4. I compiti del segretariato sono i seguenti:a) i) prendere le disposizioni necessarie allo svolgimento delle sessioni della conferenza delle parti e fornire i servizi necessari a tale svolgimento;ii) prendere le disposizioni necessarie allo svolgimento delle sessioni del consiglio scientifico e fornire i servizi necessari a tale svolgimento;b) mantenere e promuovere i collegamenti tra le parti, tra gli organi permanenti istituiti nel quadro di accordi e tra le altre organizzazioni internazionali che si occupano delle specie migratrici;c) ottenere da qualsiasi fonte competente relazioni ed altre informazioni utili agli obiettivi ed all'attuazione della presente convenzione e provvedere ad un'adeguata diffusione di tali informazioni;d) richiamare l'attenzione della conferenza delle parti su qualsiasi questione che rientri tra gli obiettivi della presente convenzione;e) redigere per la conferenza delle parti relazioni sui lavori svolti dal segretariato stesso e sull'attuazione della presente convenzione;f) tenere aggiornato e pubblicare un elenco degli Stati dell'area di distribuzione di tutte le specie migratrici menzionate negli allegati I e II;g) promuovere, sotto la direzione della conferenza delle parti, la conclusione di accordi;h) tenere aggiornato e mettere a disposizione delle parti un elenco degli accordi e, se richiesto dalla conferenza delle parti, fornire qualunque informazione sugli accordi medesimi;i) tenere aggiornato e pubblicare un elenco delle raccomandazioni fatte dalla conferenza delle parti ai sensi dell'articolo VII, paragrafo 5, lettere e), f) e g), nonché un elenco delle decisioni prese ai sensi della lettera h) dello stesso paragrafo;j) informare l'opinione pubblica in merito alla presente convenzione ed ai suoi obiettivi;k) espletare qualsiasi altro compito che ad esso fosse attribuito ai sensi della presente convenzione o dalla conferenza delle parti.Articolo XEmendamenti alla convenzione1. La presente convenzione può essere emendata in qualsiasi riunione ordinaria o straordinaria della conferenza delle parti.2. Le proposte di emendamento possono essere presentate da qualsiasi parte contraente.3. Il testo di ogni proposta di emendamento, con le relative motivazioni, viene comunicato al segretariato almeno centocinquanta giorni prima della riunione nella quale dovrà essere discusso e immediatamente trasmesso dal segretariato a tutte le parti contraenti. Qualunque osservazione delle parti contraenti in merito all'emendamento deve essere presentata al segretariato almeno sessanta giorni prima che abbia inizio la riunione. Allo scadere del termine valido per la presentazione delle osservazioni, il segretariato trasmette alle parti contraenti tutte le osservazioni che siano pervenute entro tale data.4. Gli emendamenti vengono adottati alla maggioranza dei due terzi delle parti presenti e votanti.5. L'emendamento adottato entra in vigore per tutte le parti che l'hanno ratificato il primo giorno del terzo mese successivo alla data in cui i due terzi delle parti contraenti avranno depositato il proprio strumento di ratifica presso l'autorità all'uopo designata. Per ciascuna parte contraente che depositerà il proprio strumento di ratifica dopo la data in cui quest'ultimo è stato depositato dai due terzi delle parti contraenti, l'emendamento entrerà in vigore il primo giorno del terzo mese successivo al deposito del proprio strumento di ratifica.Articolo XIEmendamenti agli allegati1. Gli allegati I e II possono essere emendati in qualsiasi riunione ordinaria o straordinaria della conferenza delle parti.2. Le proposte di emendamento possono essere presentate da qualsiasi parte contraente.3. Il testo di ciascuna proposta di emendamento, con le relative motivazioni, basate sulle migliori prove scientifiche disponibili, viene comunicato almeno centocinquanta giorni prima della riunione al segretariato che, a sua volta, lo trasmette senza indugio a tutte la parti contraenti. Qualunque osservazione da parte di queste ultime deve essere presentata al segretariato almeno sessanta giorni prima dell'inizio della riunione. Allo scadere dell'ultimo giorno utile per la presentazione delle osservazioni, il segretariato trasmetterà alle parti contraenti tutte le osservazioni che siano pervenute entro tale data.4. Gli emendamenti vengono adottati alla maggioranza dei due terzi delle parti presenti e votanti.5. L'emendamento degli allegati entra in vigore per tutte le parti contraenti novanta giorni dopo la riunione della conferenza delle parti in cui esso è stato adottato, ad eccezione delle parti contraenti che abbiano espresso delle riserve ai sensi del paragrafo 6 del presente articolo.6. Durante i novanta giorni all'uopo previsti dal paragrafo 5 del presente articolo, qualunque parte contraente può formulare delle riserve in merito all'emendamento mediante notifica eseguita per iscritto presso il depositario.La riserva in merito ad un emendamento può essere ritirata mediante notifica eseguita per iscritto presso il depositario. Nei riguardi della parte contraente in questione l'emendamento entrerà in vigore decorsi novanta giorni dall'avvenuta revoca della riserva.Articolo XIIEffetti su convenzioni internazionali e su altri atti normativi1. La presente convenzione non pregiudica in alcun modo la codificazione e l'ulteriore elaborazione del diritto del mare da parte della Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare, convocata conformemente alla risoluzione 2750 C (XXV) dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, né le rivendicazioni o le tesi giuridiche che nel momento attuale o in futuro siano sostenute da qualunque Stato per quanto riguarda il diritto del mare e la natura e l'estensione della giurisdizione nazionale degli Stati costieri e di bandiera.2. Le disposizioni della presente convenzione lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi contratti da qualsiasi parte contraente in forza di trattati, convenzioni o accordi preesistenti.3. Le disposizioni delle presente convenzione fanno salvo il diritto delle parti contraenti di adottare provvedimenti nazionali più rigorosi per quanto riguarda la conservazione delle specie migratrici menzionate negli allegati I e II o di adottare provvedimenti nazionali sulla conservazione di specie non menzionate negli allegati di cui sopra.Articolo XIIIComposizione delle controversie1. Qualsiasi controversia fra due o più parti contraenti in merito all'interpretazione o all'applicazione delle disposizioni della presente convenzione deve fare oggetto di negoziati tra le parti in causa.2. Ove non sia possibile risolvere la controversia nel modo indicato al precedente paragrafo 1, le parti contraenti possono, di comune accordo, sottoporre la controversia ad arbitrato, in particolare a quello della Corte permanente di arbitrato dell'Aia. La decisione arbitrale sarà vincolante per le parti in causa.Articolo XIVRiserve1. Per le disposizioni della presente convenzione non sono ammesse riserve generali. Riserve particolari possono essere avanzate conformemente alle disposizioni del presente articolo e dell'articolo XI.2. Qualsiasi Stato o qualsiasi organizzazione regionale d'integrazione economica può presentare, all'atto del deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di accessione, una specifica riserva in merito all'inclusione di una qualsiasi specie migratrice nell'allegato I o nell'allegato II o in entrambi e non verrà considerata parte contraente per quanto concerne l'oggetto di tale riserva prima che siano decorsi novanta giorni dal momento in cui il depositario avrà notificato alle parti contraenti il ritiro della riserva stessa.Articolo XVFirmaLa presente convenzione può essere firmata a Bonn da tutti gli Stati e da qualunque organizzazione regionale d'integrazione economica fino al 22 giugno 1980.Articolo XVIRatifica, accettazione, approvazioneLa presente convenzione è sottoposta a ratifica, accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il governo della Repubblica federale di Germania, che fungerà da depositario.Articolo XVIIAdesioneDopo il 22 giugno 1980 la presente convenzione sarà aperta all'adesione di ogni Stato non firmatario e di qualunque organizzazione regionale d'integrazione economica.Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il depositario.Articolo XVIIIEntrata in vigore1. La presente convenzione entrerà in vigore il primo giorno del terzo mese successivo alla data in cui sarà depositato il quindicesimo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione.2. Per ogni Stato od organizzazione regionale d'integrazione economica che ratifichi, accetti o approvi la presente convenzione o vi acceda dopo il deposito del quindicesimo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, la presente convenzione entrerà in vigore il primo giorno del terzo mese successivo al deposito dello strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione da parte di detto Stato o di detta organizzazione.Articolo XIXDenunciaOgni parte contraente può denunciare in qualsiasi momento la presente convenzione mediante notifica scritta al depositario. La denuncia avrà effetto dodici mesi dopo la data di ricezione della notifica da parte del depositario.Articolo XXDepositario1. L'originale della presente convenzione, redatta in francese, inglese, russo, spagnolo e tedesco, ciascun testo facente ugualmente fede, sarà depositato presso il depositario.Di ciascuna di queste versioni il depositario trasmetterà copia certificata conforme a tutti gli Stati e a tutte le organizzazioni regionali d'integrazione economica che abbiano firmato la convenzione o abbiano depositato i propri strumenti di adesione alla convenzione stessa.2. Il depositario, previa consultazione dei governi interessati, è incaricato di preparare la versione ufficiale della presente convenzione in lingua araba e cinese.3. Il depositario informerà ogni Stato firmatario aderente, ogni organizzazione regionale d'integrazione economica firmataria o aderente, nonché il segretariato, per quanto concerne le firme, il deposito di strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o accessione, l'entrata in vigore della presente convenzione, gli eventuali emendamenti, le riserve specifiche e la notificazione di denunce.4. Non appena la presente convenzione entrerà in vigore, il depositario ne trasmetterà copia certificata conforme al segretariato delle Nazioni Unite per la registrazione e la pubblicazione, conformemente all'articolo 102 della Carta delle Nazioni Unite.In fede di che i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato la presente convenzione.Fatto a Bonn, il 23 giugno 1979.ALLEGATO INOTA ESPLICATIVA1. Le specie migratrici menzionate nel presente allegato sono indicate come segue:a) con il nome della specie o della sottospecie, oppureb) come insieme delle specie migratrici comprese in un taxon superiore o in una parte determinata di esso.2. Altri riferimenti a taxa superiori alle specie vengono dati solo a titolo di informazione o a fini di classificazione.3. L'abbreviazione "(s.l.)" sta ad indicare che il nome scientifico è usato nella sua accezione più ampia.4. Il simbolo (-) seguito da un numero posto dopo il nome di un taxon significa che da quest'ultimo vengono escluse determinate popolazzioni geograficamente distinte, ad esempio:- 101 popolazioni peruviane.5. Il simbolo (+) seguito da un numero posto dopo il nome di una specie significa che solo determinate popolazioni geograficamente distinte di tale specie sono comprese nel presente allegato, ad esempio:+ 201 popolazioni dell'Africa nord-occidentale+ 202 popolazioni africane+ 203 popolazioni dell'Amazzonia settentrionale.6. Un asterisco (*) posto dopo il nome di una specie significa che tale specie o una popolazione distinta di essa o un taxon superiore che la comprendre è inclusa nell'allegato II.MAMMALIA>SPAZIO PER TABELLA>AVES>SPAZIO PER TABELLA>REPTILIA>SPAZIO PER TABELLA>PISCES>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IINOTA ESPLICATIVA1. Le specie migratrici menzionate nel presente allegato sono indicate come segue:a) con il nome della specie o della sottospecie, oppureb) come insieme delle specie migratrici comprese in un taxon superiore o in una parte determinata di esso.Salvo indicazione contraria quando ci si riferisce ad un taxon superiore alla specie s'intende che tutte le specie migratrici appartenenti a tale taxon potrebbero trarre notevoli vantaggi dalla conclusione di accordi.2. L'abbreviazione "spp." dopo il nome di una famiglia o di un genere sta ad indicare tutte le specie migratrici appartenenti alla famiglia o al genere di cui trattasi.3. Altri riferimenti a taxon superiori alla specie vengono dati solo a titolo di informazione o a fini di classificazione.4. L'abbreviazione "(s.l.)" indica che il nome scientifico viene usato nella sua accezione più ampia.5. Il simbolo (+) seguito da un numero posto dopo il nome di una specie o di un taxon superiore significa che solo determinate popolazioni geograficamente distinte di tale texon sono comprese nel presente allegato, ad esempio:+ 201 popolazioni asiatiche6. Un asterisco (*) posto dopo il nome di una specie o di un taxon superiore indica che tale specie o una distinta popolazione di essa ovvero una o più specie comprese nel taxon superiore sono incluse nell'allegato I.MAMMALIA>SPAZIO PER TABELLA>AVES>SPAZIO PER TABELLA>REPTILIA>SPAZIO PER TABELLA>PISCES>SPAZIO PER TABELLA>INSECTA>SPAZIO PER TABELLA> | Convenzione sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica — Convenzione di Bonn
QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLA DECISIONE?
L’obiettivo della Convenzione di Bonn è la conservazione delle specie migratrici* della fauna selvatica di tutto il mondo. La fauna selvatica richiede un’attenzione speciale per la sia importanza dal punto di vista ambientale, ecologico, genetico, scientifico, ricreativo, culturale, educativo, sociale ed economico. La conservazione delle specie migratrici in particolare richiede la cooperazione internazionale al fine di garantire la protezione in tutta la loro area di distribuzione*. La decisione conclude la convenzione per conto della CEE (ora Unione europea).
PUNTI CHIAVE
Le parti contraenti della convenzione riconoscono l’importanza delle specie migratrici e la necessità di prestare particolare attenzione alle specie il cui stato di conservazione* è sfavorevole. Per evitare che l’esistenza di una qualsiasi specie migratrice venga minacciata*, le parti contraenti dovranno:promuovere, sostenere o collaborare a ricerche sulle specie migratrici; econcludere accordi ai fini della conservazione e della gestione delle specie migratrici di cui all’allegato II. Per proteggere le specie migratrici le parti contraenti della convenzione dovranno sforzarsi di:assicurare un’immediata protezione alle specie migratrici di cui all’allegato I;conservare o ripristinare gli habitat delle specie minacciate;prevenire, eliminare, controbilanciare o ridurre al minimo gli effetti negativi di attività o di intralci che ostacolino seriamente o impediscano la migrazione della specie; eper quanto possibile ed opportuno, prevenire, ridurre o controllare i fattori che minacciano o potrebbero minacciare ulteriormente la specie. Le parti contraenti che sono Stati dell’area di distribuzione di una specie migratrice compresa nell’allegato I, vietano il prelievo di animali appartenenti a detta specie, con alcune eccezioni, quali il prelievo a fini scientifici o con lo scopo di aumentare il tasso di riproduzione o le possibilità di sopravvivenza della specie. Le deroghe devono essere precise per quanto riguarda il contenuto e limitate nello spazio e nel tempo, e non devono avere comunque effetti negativi per la specie. La conservazione e gestione delle specie comprese nell’allegato II possono richiedere accordi internazionali. Orientamenti in materia di accordi:riportare o mantenere la specie migratrice interessata a uno stato di conservazione favorevole;applicarsi all’intera area di distribuzione della specie interessata;essere aperti all’accessione di tutti gli Stati dell’area di distribuzione di detta specie, siano essi parti contraenti o meno della presente convenzione;per quanto possibile, prendere in considerazione più di una specie migratrice. Ogni accordo dovrà contenere le seguenti informazioni:il nome della specie migratrice a cui si riferisce;la sua area di distribuzione e la rotta di migrazione,le misure per l’attuazione dell’accordo;le procedure di composizione delle controversie;la designazione dell’autorità nazionale competente per l’attuazione dell’accordo; Gli accordi dovranno prevedere inoltre:ricerche sulle specie;scambi di informazioni sulle specie migratrici;il ripristino o il mantenimento di una rete di habitat adeguati alla conservazione della specie;il periodico controllo dello stato di conservazione della specie; procedure di emergenza attraverso cui potenziare rapidamente l’azione di conservazione. L’articolo IV della convenzione prevede un diverso tipo di accordi. Essi non sono limitati alle specie comprese nell’allegato II della convenzione e possono essere conclusi per qualsiasi popolazione o parte geograficamente distinta della popolazione di qualsiasi specie o taxon inferiore di animali selvatici, che attraversi periodicamente uno o più confini nazionali. La conferenza delle parti è l’organo deliberante della convenzione. Essa controlla l’attuazione della convenzione e può adottare raccomandazioni. La convenzione e i suoi allegati I e II possono essere emendati. Qualsiasi controversia fra le parti contraenti deve fare oggetto di negoziati tra le parti in causa. Ove non sia possibile risolvere la controversia tramite negoziati, essa potrà essere sottoposta ad arbitrato, in particolare a quello della Corte permanente di arbitrato dell’Aia, la cui decisione arbitrale sarà vincolante per le parti in causa.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
La convenzione di Bonn è stata firmata nel 1979 ed è entrata in vigore il 1o novembre 1983.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Biodiversità globale (Commissione europea) CMS (Convenzione sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica).
TERMINI CHIAVE
Specie migratrice: la popolazione complessiva o una parte geograficamente distinta della popolazione di qualsiasi specie o di un taxon inferiore di animali selvatici, di cui una parte rilevante attraversi, ciclicamente e in modo prevedibile, uno o più confini nazionali.
Area di distribuzione: superfici terrestri o acquatiche in cui una specie migratrice vive, che attraversa o sorvola lungo la sua rotta di migrazione.
Stato di conservazione di una specie migratrice: l’insieme degli influssi che agendo sulla specie migratrice possano ripercuotersi a lungo termine sulla distribuzione e sulla consistenza numerica della stessa.
Minacciata: significa che la specie è minacciata di estinzione in tutta la sua area di distribuzione o in una parte considerevole di essa.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Convenzione sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica (GU L 210 del 19.7.1982, pag. 11).
Decisione 82/461/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1982, relativa alla conclusione della convenzione sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica (GU L 210 19.7.1982, pag. 10).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2006/871/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, dell’accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori afro-euroasiatici (GU L 345 dell’8.12.2006, pag. 24).
Decisione 98/145/CE del Consiglio, del 12 febbraio 1998, concernente l’approvazione in nome della Comunità europea delle modifiche delle appendici I e II della convenzione di Bonn sulla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica, decise nella quinta riunione della conferenza delle parti della convenzione (GU L 46 del 17.2.1998, pag. 6). | 11,732 | 1,018 |
32010R0407 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 407/2010 DEL CONSIGLIO
dell’11 maggio 2010
che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in particolare l’articolo 122, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 122, paragrafo 2, del trattato prevede la possibilità di concedere un’assistenza finanziaria dell’Unione ad uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo.
(2)
Tali difficoltà possono essere causate da un grave deterioramento del contesto economico e finanziario internazionale.
(3)
La crisi finanziaria mondiale senza precedenti e la recessione economica che hanno colpito il mondo nel corso degli ultimi due anni hanno compromesso seriamente la crescita economica e la stabilità finanziaria e hanno provocato un grave deterioramento delle posizioni del disavanzo e del debito degli Stati membri.
(4)
L’aggravarsi della crisi finanziaria ha causato un grave deterioramento delle condizioni di prestito di diversi Stati membri al di là di quanto giustificato dai fondamentali economici. A questo punto, se non affrontata con urgenza, tale situazione potrebbe rappresentare una seria minaccia per la stabilità finanziaria dell'Unione europea nel suo complesso.
(5)
Al fine di affrontare questa situazione eccezionale che sfugge al controllo degli Stati membri, appare opportuno istituire immediatamente un meccanismo di stabilizzazione dell’Unione per preservare la stabilità finanziaria nell'Unione europea. Tale meccanismo dovrebbe consentire all’Unione di rispondere in maniera coordinata, rapida ed efficace a difficoltà gravi in un determinato Stato membro. La sua attivazione avverrà nel contesto di un sostegno congiunto UE/Fondo monetario internazionale (FMI).
(6)
Date le particolari implicazioni finanziarie che ne derivano, le decisioni di concedere l’assistenza finanziaria dell’Unione conformemente al presente regolamento richiedono l'esercizio di competenze di esecuzione che dovrebbero essere conferite al Consiglio.
(7)
In caso di attivazione del meccanismo occorre imporre condizioni forti di politica economica al fine di preservare la sostenibilità delle finanze pubbliche dello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari.
(8)
Occorre che la Commissione esamini regolarmente se sussistano ancora le circostanze eccezionali che minacciano la stabilità finanziaria dell’Unione europea nel suo complesso.
(9)
Occorre che resti in vigore l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio (1),
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Obiettivo e ambito di applicazione
Al fine di preservare la stabilità finanziaria dell'Unione europea, il presente regolamento fissa le condizioni e la procedura per la concessione dell’assistenza finanziaria dell’Unione a uno Stato membro che subisca o rischi seriamente di subire gravi perturbazioni economiche o finanziarie causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, tenendo conto della possibilità di applicare l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002.
Articolo 2
Forma dell’assistenza finanziaria dell’Unione
1. L’assistenza finanziaria dell’Unione ai fini del presente regolamento prende la forma di un prestito o di una linea di credito concessi allo Stato membro interessato.
A tal fine, conformemente a una decisione del Consiglio ai sensi dell’articolo 3, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti per conto dell’Unione europea sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie.
2. L'esposizione creditizia dei prestiti o delle linee di credito che si possono concedere agli Stati membri ai sensi del presente regolamento è limitata al margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento.
Articolo 3
Procedura
1. Lo Stato membro che richiede l’assistenza finanziaria dell’Unione discute con la Commissione, in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento e trasmette alla Commissione e al comitato economico e finanziario un programma di aggiustamento economico e finanziario.
2. L’assistenza finanziaria dell’Unione è concessa mediante decisione adottata dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.
3. La decisione di concedere un prestito contiene:
a)
l’importo, la scadenza media, la formula del prezzo, il numero massimo di rate, il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza;
b)
le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e
c)
l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione.
4. La decisione di concedere una linea di credito contiene:
a)
l’importo, le commissioni per la messa a disposizione della linea di credito, la formula del prezzo applicabile per lo svincolo dei fondi e il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza;
b)
le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e
c)
l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione.
5. La Commissione e lo Stato membro beneficiario concludono un memorandum di intesa nel quale sono specificate le condizioni generali di politica economica fissate dal Consiglio. La Commissione trasmette il memorandum di intesa al Parlamento europeo e al Consiglio.
6. La Commissione, in consultazione con la BCE, riesamina le condizioni generali di politica economica di cui al paragrafo 3, lettera b), e al paragrafo 4, lettera b), almeno ogni sei mesi e discute con lo Stato membro beneficiario le modifiche del suo programma di aggiustamento che possano essere necessarie.
7. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, decide su eventuali aggiustamenti delle condizioni generali di politica economica fissate inizialmente e approva il programma di aggiustamento rivisto elaborato dallo Stato membro beneficiario.
8. Qualora sia previsto un finanziamento esterno all’Unione subordinato a condizioni di politica economica, in particolare da parte dell'FMI, lo Stato membro interessato consulta in via preliminare la Commissione. La Commissione esamina le possibilità disponibili nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria dell’Unione e la compatibilità delle condizioni di politica economica previste con gli impegni assunti dallo Stato membro interessato per l’attuazione delle raccomandazioni e delle decisioni del Consiglio adottate conformemente all’articolo 121, all’articolo 126 e all’articolo 136 TFUE. La Commissione informa il comitato economico e finanziario.
Articolo 4
Erogazione del prestito
1. Di regola il prestito è erogato in rate.
2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione.
3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sull’erogazione delle rate successive.
Articolo 5
Svincolo dei fondi
1. Lo Stato membro beneficiario informa in anticipo la Commissione della sua intenzione di ritirare fondi dalla sua linea di credito. Le regole dettagliate in materia sono stabilite nella decisione di cui all'articolo 3, paragrafo 4.
2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione.
3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sullo svincolo dei fondi.
Articolo 6
Operazioni di assunzione e di concessione di prestiti
1. Le operazioni di assunzione e di concessione dei prestiti di cui all’articolo 2 sono effettuate in euro.
2. Le caratteristiche delle rate successive erogate dall’Unione nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria sono negoziate tra lo Stato membro beneficiario e la Commissione.
3. Dopo che il Consiglio ha deciso la concessione di un prestito, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie nel momento più opportuno tra le erogazioni previste, in modo da ottimizzare i costi del finanziamento e salvaguardare la propria reputazione di emittente dell'Unione sui mercati. I fondi raccolti ma non ancora versati sono mantenuti permanentemente su appositi conti in contanti o depositi titoli, gestiti conformemente alle regole applicabili alle operazioni fuori bilancio, e non possono essere utilizzati per scopi diversi dalla concessione dell'assistenza finanziaria agli Stati membri nel quadro del presente meccanismo.
4. Se uno Stato membro che riceve un prestito che prevede una clausola di rimborso anticipato decide di esercitare tale opzione, la Commissione adotta le misure necessarie.
5. Su richiesta dello Stato membro beneficiario e se le circostanze consentono un miglioramento del tasso di interesse sul prestito, la Commissione può rifinanziare in toto o in parte il prestito da essa inizialmente assunto o ristrutturare le relative condizioni finanziarie.
6. Il comitato economico e finanziario è tenuto informato dell’andamento delle operazioni di cui al paragrafo 5.
Articolo 7
Costi
I costi sostenuti dall’Unione per la conclusione e l’esecuzione di ogni operazione sono a carico dello Stato membro beneficiario.
Articolo 8
Amministrazione dei prestiti
1. La Commissione prende le necessarie disposizioni per l’amministrazione dei prestiti con la BCE.
2. Lo Stato membro beneficiario apre un conto speciale presso la sua banca centrale nazionale per la gestione dell’assistenza finanziaria dell’Unione ricevuta. Esso trasferisce inoltre il capitale e gli interessi dovuti per il prestito in un conto presso la BCE quattordici giorni lavorativi TARGET2 prima della data di scadenza corrispondente.
3. Fatto salvo l’articolo 27 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, la Corte dei conti europea ha il diritto di effettuare nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit finanziari che ritiene necessari in relazione alla gestione dell’assistenza. La Commissione, ivi compreso l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, ha in particolare il diritto di inviare i suoi funzionari o i suoi rappresentanti debitamente autorizzati per svolgere nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit tecnici o finanziari che ritiene necessari in relazione all’assistenza.
Articolo 9
Riesame e adeguamento
1. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento, e se del caso successivamente ogni sei mesi, la Commissione trasmette al comitato economico e finanziario e al Consiglio una relazione sull’attuazione del presente regolamento e sulla persistenza delle condizioni eccezionali che ne hanno giustificato l’adozione.
2. Se del caso, la relazione è accompagnata da una proposta di modifica del presente regolamento volta ad adeguare la possibilità di concedere l’assistenza finanziaria senza incidere sulla validità di decisioni già adottate.
Articolo 10
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addi 11 maggio 2010.
Per il Consiglio
La presidente
Á. GONZÁLEZ-SINDE REIG
(1) Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1). | Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria
La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione.
ATTO
Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria
SINTESI
La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione.
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Stabilisce le condizioni e le procedure per concedere l’assistenza finanziaria dell’UE a un paese dell’Unione che, a causa di eventi estranei al suo controllo, si trova o rischia di trovarsi in una situazione di grave disordine economico o finanziario.
PUNTI CHIAVE
Assistenza finanziaria
L’assistenza viene concessa sotto forma di un prestito o di una linea di credito* concessi al paese dell’UE interessato. A tal proposito, la Commissione europea può, per conto dell’UE, sottoscrivere prestiti sui mercati di capitali o da parte di istituzioni finanziarie, in linea con una decisione adottata dal Consiglio dell’UE a maggioranza qualificata.
Procedura
Insieme alla Commissione, e in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), il paese dell’UE che necessita di aiuto procede a una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento. Sottopone poi alla Commissione una bozza di programma di aggiustamento economico e finanziario.
La decisione di concedere una linea di credito contiene le informazioni seguenti:
le modalità dell’assistenza finanziaria;
le condizioni generali di politica economica legate all’assistenza finanziaria dell’UE (ad esempio misure fiscali di consolidamento per ridurre il debito pubblico);
l’approvazione del programma di aggiustamento predisposto dal paese destinatario.
La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica del paese beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni stabilite dal Consiglio per continuare a ricevere l’aiuto finanziario, che viene concesso a rate.
Compatibilità con altri meccanismi di sostegno finanziario
Il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria è compatibile con il meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti. Inoltre, non esclude il ricorso a un finanziamento esterno all’UE, per esempio da parte del Fondo monetario internazionale.
Dotazione finanziaria del MESF
Il MESF è finanziato dal bilancio dell’UE. La Commissione è autorizzata a prelevare fino a un totale di 60 miliardi di euro sui mercati finanziari per conto dell’UE. I prestiti sono garantiti dal bilancio dell’UE.
Il MESF è stato attivato per Irlanda e Portogallo, per un importo totale di 46,8 miliardi di euro (22,5 miliardi di euro per l’Irlanda e 24,3 miliardi di euro per il Portogallo) erogati nell’arco di tre anni (2011-2014).
A luglio 2015 il MESF è stato usato per fornire assistenza a breve termine (prestito ponte) di 7,16 miliardi di euro alla Grecia.
Sono in vigore accordi specifici riguardanti l’esposizione dei paesi non appartenenti all’area euro.
CONTESTO
Il meccanismo europeo di stabilità (MES) consolida e riunisce il MESF e il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF), i due strumenti istituiti temporaneamente sulla scia della crisi del debito sovrano con i quali oggi coesiste.
Con il tempo, il MES diventerà il principale meccanismo di sostegno per i paesi dell’area euro temporaneamente in difficoltà nel richiedere prestiti sui mercati finanziari a causa dei loro livelli di debito. La sua capacità di prestito massima iniziale era di 500 miliardi di euro, basata su un capitale di 704,8 miliardi di euro. Il MES è finanziato dai paesi dell’UE in base al criterio di ripartizione* della BCE.
I prestiti sono finanziati dal MES, che a sua volta chiede prestiti sui mercati finanziari, e sono garantiti dai partecipanti al capitale (paesi dell’area euro). I prestiti avvengono sulla base di condizioni rigide, compreso il ritorno delle finanze pubbliche a livelli sostenibili.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Dal 13 maggio 2010.
Maggiori informazioni:
Sito Internet della Commissione europea sul meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF)
Sito Internet sul meccanismo europeo di stabilità
TERMINI CHIAVE
* Linea di credito: autorizzazione data dal Consiglio a un paese dell’UE, su proposta della Commissione, di attingere fondi dal MESF entro un tetto specificato per un determinato periodo di tempo.
* Criterio di ripartizione della BCE: tale criterio viene calcolato in modo che la quota relativa di ogni paese rifletta la popolazione totale e il prodotto interno lordo dell’UE. Tali due determinanti hanno uguale coefficiente di ponderazione.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 407/2010
13.5.2010
-
GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) 2015/1360
8.8.2015
-
GU L 210 del 7.8.2015, pagg. 1-2 | 5,657 | 420 |
32009R1007 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio
del 16 settembre 2009
sul commercio dei prodotti derivati dalla foca
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
Le foche sono esseri senzienti che possono provare dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza. Nella sua dichiarazione sulla messa al bando dei prodotti derivati dalle foche nell’Unione europea (3), il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare senza indugio una proposta di regolamento al fine di vietare l’importazione, l’esportazione e la vendita di tutti i prodotti derivati da esemplari di foca groenlandica e cistofora crestata. Nella sua risoluzione del 12 ottobre 2006 su un programma d’azione comunitario per la protezione e il benessere degli animali 2006-2010 (4), il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di proporre la totale messa al bando dei prodotti derivati dalla foca. Nella sua raccomandazione 1776 (2006) del 17 novembre 2006 sulla caccia alle foche, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa invitava gli Stati membri del Consiglio d’Europa in cui è praticata la caccia alle foche a vietare tutti i metodi di caccia crudeli che non garantiscono la morte istantanea e senza sofferenza degli animali, a proibirne lo stordimento con strumenti come hakapik, randelli e armi da fuoco e a promuovere iniziative intese a vietare il commercio di prodotti derivati dalla foca.
(2)
L’importazione a fini commerciali negli Stati membri di pelli di cuccioli di foca groenlandica e di cuccioli di cistofora crestata, nonché di prodotti da esse derivati è vietata ai sensi della direttiva 83/129/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa all’importazione negli Stati membri di pelli di taluni cuccioli di foca e di prodotti da esse derivati (5).
(3)
Le foche sono cacciate dentro e fuori dalla Comunità e utilizzate per fabbricare prodotti e articoli, quali carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti in cui sono incorporate pelli e pellicce di foca lavorate. Tali prodotti sono commercializzati su vari mercati, tra cui quello della Comunità. Data la natura di tali prodotti, per i consumatori è difficile, se non impossibile, distinguerli da prodotti simili non derivati dalla foca.
(4)
La caccia alle foche ha sollevato vive preoccupazioni presso il pubblico e i governi sensibili al benessere degli animali in considerazione del dolore, dell’angoscia, della paura e delle altre forme di sofferenza che l’uccisione e la scuoiatura delle foche, nel modo in cui sono svolte più frequentemente, causano a tali animali.
(5)
In risposta alle preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori sul benessere degli animali in relazione all’uccisione e alla scuoiatura delle foche e sulla possibile presenza sul mercato di prodotti derivati da animali uccisi e scuoiati con modalità che causano dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza, diversi Stati membri hanno adottato, o intendono adottare, misure legislative di disciplina del commercio dei prodotti derivati dalla foca, vietandone l’importazione e la produzione, mentre in altri Stati membri il commercio di questi prodotti non è oggetto di alcuna limitazione.
(6)
Vi sono pertanto differenze tra le disposizioni nazionali che disciplinano il commercio, l’importazione, la produzione e la commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca. Queste differenze incidono negativamente sul funzionamento del mercato interno in relazione ai prodotti che contengono o possono contenere prodotti derivati dalla foca e costituiscono una barriera al commercio di tali prodotti.
(7)
L’esistenza di disposizioni diverse può scoraggiare ulteriormente i consumatori dall’acquistare prodotti non derivati dalla foca, ma che possono non essere facilmente distinguibili da prodotti simili ottenuti dalla foca, o prodotti che possono contenere elementi o ingredienti derivati dalla foca senza che ciò sia chiaramente riconoscibile, come pellicce, capsule e oli contenenti Omega-3 e articoli in cuoio.
(8)
Le disposizioni del presente regolamento dovrebbero pertanto armonizzare le norme in vigore nella Comunità in materia di attività commerciali riguardanti i prodotti derivati dalla foca ed evitare in tal modo turbative del mercato interno per quanto riguarda i prodotti in questione, inclusi i prodotti equivalenti o sostituibili ai prodotti derivati dalla foca.
(9)
A norma del protocollo sulla protezione e il benessere degli animali allegato al trattato, la Comunità deve tenere nella massima considerazione i requisiti in materia di benessere degli animali nella formulazione e nell’attuazione, tra l’altro, della politica per il mercato interno. Le norme armonizzate contenute nel presente regolamento dovrebbero pertanto tenere pienamente conto del benessere degli animali.
(10)
Per superare l’attuale frammentazione del mercato interno, è necessario prevedere norme armonizzate, tenendo conto del benessere degli animali. Per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti interessati in modo efficace e proporzionato, l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca dovrebbe, in linea di principio, essere vietata al fine di ristabilire la fiducia dei consumatori, garantendo nel contempo che le preoccupazioni relative al benessere degli animali siano tenute pienamente in considerazione. Poiché le preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori riguardano anche l’uccisione e la scuoiatura delle foche in quanto tali, è altresì necessario adottare misure intese a ridurre la domanda che porta alla commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca e, di conseguenza, la domanda economica che stimola la caccia delle foche a fini commerciali. Per garantire un’applicazione efficace, a tali norme armonizzate dovrebbe essere data esecuzione al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati.
(11)
Benché l’uccisione e la scuoiatura delle foche potrebbero in teoria avvenire evitando dolore, angoscia, paura o altre forme di sofferenza inutili, considerate le condizioni in cui si svolge la caccia alle foche, una verifica e un controllo uniformi del rispetto dei requisiti in materia di benessere degli animali da parte dei cacciatori non sono fattibili nella pratica o sono perlomeno molto difficili da attuare in modo efficace, come concluso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare il 6 dicembre 2007.
(12)
È altresì evidente che norme armonizzate di altra natura, ad esempio requisiti in materia di etichettatura, non consentirebbero di conseguire lo stesso risultato. Inoltre, l’obbligo di etichettare i prodotti interamente o parzialmente derivati dalla foca imposto ai produttori, ai distributori o ai commercianti al dettaglio rappresenterebbe un notevole onere a carico di tali operatori economici e comporterebbe un costo sproporzionato nei casi in cui i prodotti derivati dalla foca rappresentano solo una parte minore del prodotto in questione. Per contro, sarà più facile conformarsi alle misure contenute nel presente regolamento, consentendo nel contempo di rassicurare i consumatori.
(13)
Per garantire la piena efficacia delle norme armonizzate previste dal presente regolamento, esse dovrebbero applicarsi non solo ai prodotti derivati dalla foca provenienti dalla Comunità, ma anche a quelli immessi nella Comunità da paesi terzi.
(14)
È opportuno che non siano lesi gli interessi economici e sociali fondamentali delle comunità Inuit che praticano la caccia alle foche a fini di sostentamento. La caccia fa parte integrante della cultura e dell’identità dei membri della società Inuit e, in quanto tale, è riconosciuta dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. Pertanto, l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono al loro sostentamento dovrebbe essere consentita.
(15)
Il presente regolamento istituisce norme armonizzate relative all’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca. Esso lascia pertanto impregiudicate altre norme comunitarie o nazionali che regolamentano la caccia delle foche.
(16)
È opportuno che le misure adottate ai fini dell’attuazione del presente regolamento vengano adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(17)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca, provenienti dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono alla loro sussistenza; di definire le condizioni per l’importazione di prodotti derivati dalla foca quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o dei loro familiari; nonché di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia regolamentata da leggi nazionali al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo con nuovi elementi non essenziali devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(18)
Per facilitare l’esecuzione della normativa da parte delle autorità nazionali competenti, la Commissione dovrebbe predisporre delle note tecniche orientative che forniscano indicazioni non vincolanti sui codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente regolamento.
(19)
È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e vigilino sulla loro applicazione. Tali sanzioni dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive.
(20)
È opportuno che gli Stati membri trasmettano regolarmente relazioni sulle misure adottate per attuare il presente regolamento. Sulla base di dette relazioni, la Commissione dovrebbe riferire al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento.
(21)
Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’eliminazione degli ostacoli al funzionamento del mercato interno mediante l’armonizzazione a livello comunitario dei divieti nazionali relativi al commercio dei prodotti derivati dalla foca, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può pertanto essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento fissa norme armonizzate in materia di immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1)
«foca»: esemplare di tutte le specie di pinnipedi (Phocidae, Otariidae e Odobenidae);
2)
«prodotto derivato dalla foca»: tutti i prodotti, trasformati o non trasformati, derivati o ottenuti dalla foca, tra cui carne, olio, grasso, organi, pelli da pellicceria gregge e pelli da pellicceria conciate e preparate, anche assemblate in tavole, traverse o altre forme simili, nonché gli articoli derivati dalle pelli;
3)
«immissione sul mercato»: l’introduzione sul mercato comunitario e la messa a disposizione in favore di terzi, a titolo oneroso;
4)
«Inuit»: i membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo e appartenenti ai seguenti gruppi: Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia);
5)
«importazione»: qualunque ingresso di merci nel territorio doganale della Comunità.
Articolo 3
Condizioni di immissione sul mercato
1. L’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca è autorizzata solo quando i prodotti derivati dalla foca provengono dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e contribuiscono alla loro sussistenza. Tali condizioni si applicano al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati.
2. In deroga al paragrafo 1:
a)
l’importazione di prodotti derivati dalla foca è altresì autorizzata quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o delle loro famiglie. Il tipo e la quantità di tali merci non sono tali da far ritenere che l’importazione possa avere finalità commerciali;
b)
l’immissione sul mercato è altresì autorizzata per i prodotti derivati dalla foca provenienti da sottoprodotti della caccia regolamentata dalla legislazione nazionale e praticata al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tale immissione sul mercato è autorizzata unicamente su basi non lucrative. Il tipo e la quantità di tali prodotti non sono tali da far ritenere che l’immissione sul mercato possa avere finalità commerciali.
L’applicazione del presente paragrafo non pregiudica il conseguimento degli obiettivi del presente regolamento.
3. La Commissione, secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 9, paragrafo 2, predispone note tecniche orientative contenenti un elenco indicativo dei codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente articolo.
4. Fatto salvo quanto disposto dal paragrafo 3, le misure per l’attuazione del presente articolo, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 3.
Articolo 4
Libera circolazione
Gli Stati membri non impediscono l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca che sono conformi al presente regolamento.
Articolo 5
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato istituito ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (7). Tale comitato può rivolgersi, se necessario, ad altri comitati regolamentari, come il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 6
Sanzioni ed esecuzione
Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro attuazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 20 agosto 2010 e notificano senza ritardo le eventuali modifiche successive.
Articolo 7
Relazioni
1. Entro il 20 novembre 2011, e successivamente ogni quattro anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione in cui illustrano le azioni intraprese per dare attuazione al presente regolamento.
2. Sulla base delle relazioni di cui al paragrafo 1, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento entro i dodici mesi che seguono la fine di ciascun periodo.
Articolo 8
Entrata in vigore e applicabilità
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
L’articolo 3 si applica a decorrere dal 20 agosto 2010.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 16 settembre 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
La presidente
C. MALMSTRÖM
(1) Parere del 26 febbraio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 5 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 27 luglio 2009.
(3) GU C 306 E del 15.12.2006, pag. 194.
(4) GU C 308 E del 16.12.2006, pag. 170.
(5) GU L 91 del 9.4.1983, pag. 30.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(7) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1.
(8) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. | Commercio di prodotti derivati dalla foca
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Fissa norme armonizzate in merito all'immissione di prodotti derivati dalla foca sul mercato dell'UE.
PUNTI CHIAVE
I prodotti derivati dalla foca possono essere immessi sul mercato dell'UE soltanto se provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit* o da altre comunità indigene. La caccia deve:
essere praticata tradizionalmente dalla comunità;
contribuire al sostentamento della comunità al fine di fornire cibo e reddito e non essere condotta principalmente per finalità commerciali;
prestare debita attenzione al benessere degli animali, tenendo in considerazione lo stile di vita della comunità e la finalità di sostentamento della caccia;
al momento della loro immissione sul mercato, un prodotto derivato dalla foca deve avere un certificato che attesti il rispetto di tutte le condizioni di cui sopra.
Gli organismi autorizzati dalla Commissione europea rilasciano i certificati.
I viaggiatori e i loro familiari possono importare prodotti derivati dalla foca per il loro uso personale. Qualora tali prodotti debbano essere importati in una data successiva, i viaggiatori devono essere in possesso della relativa documentazione.
Qualora la Commissione dimostri che i prodotti derivano dalla caccia alle foche condotta principalmente per finalità commerciali, essa potrebbe vietare o limitare la loro immissione sul mercato dell'UE.
La Commissione informa il pubblico, le autorità competenti e le autorità doganali in merito alle condizioni in base alle quali i prodotti derivati dalla foca possano essere immessi sul mercato dell'UE.
Entro il 31 dicembre 2018 e successivamente ogni quattro anni, i paesi dell'UE riporteranno alla Commissione le misure adottate ai fini dell'attuazione della normativa.
La Commissione, entro un anno dalla ricezione delle relazioni nazionali, fornirà una relazione complessiva al Parlamento europeo e al Consiglio. La prima relazione sarà presentata entro il 31 dicembre 2019.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 20 novembre 2009.
CONTESTO
Le foche sono cacciate dentro e fuori dall'UE per scopi diversi. Esse sono utilizzate per fabbricare carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti.
Commercio di prodotti derivati dalla foca
TERMINE CHIAVE
* Inuit: membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo. Il termine comprende i gruppi Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia).
ATTO
Regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativo al commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 286 del 31.10.2009, pag. 36-39)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1007/2009 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata è da utilizzarsi a solo scopo di riferimento.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) di esecuzione 2015/1850 della Commissione, del 13 ottobre 2015, recante modalità di applicazione dettagliate del regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sul commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 271 del 16.10.2015, pagg. 1-11) | 6,527 | 1,162 |
32003R0782 | false | Regolamento (CE) n. 782/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, sul divieto dei composti organostannici sulle navi
Gazzetta ufficiale n. L 115 del 09/05/2003 pag. 0001 - 0011
Regolamento (CE) n. 782/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 14 aprile 2003sul divieto dei composti organostannici sulle naviIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) La Comunità è seriamente preoccupata per gli effetti ambientali nocivi dei composti organostannici usati come sistemi antivegetativi sulle navi, in particolare dei rivestimenti a base di tributile (TBT).(2) Una convenzione internazionale sul controllo dei sistemi antivegetativi nocivi sulle navi (convenzione AFS) è stata adottata il 5 ottobre 2001 in una conferenza diplomatica (conferenza AFS) svoltasi sotto l'egida dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) con la partecipazione di Stati membri della Comunità.(3) La convenzione AFS è una convenzione quadro che consente il divieto dei sistemi antivegetativi nocivi usati sulle navi secondo modalità ben definite e nel rispetto del principio di precauzione enunciato nella Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo.(4) Allo stato attuale, la convenzione AFS vieta soltanto l'applicazione dei composti organostannici sulle navi.(5) La convenzione AFS prevede date di applicazione fisse: 1o gennaio 2003 per il divieto di applicazione dei composti organostannici sulle navi e 1o gennaio 2008 per la rimozione dei composti organostannici dalle navi.(6) La convenzione AFS entrerà in vigore soltanto 12 mesi dopo la sua ratifica da parte di almeno 25 Stati che rappresentano almeno il 25 % del tonnellaggio mondiale.(7) Gli Stati membri dovrebbero ratificare la convenzione AFS quanto prima.(8) Gli Stati membri dovrebbero essere posti nella migliore posizione possibile per ratificare celermente la convenzione AFS. Gli eventuali ostacoli che possano impedire tale ratifica dovrebbero essere rimossi.(9) La conferenza AFS, considerando che il tempo restante prima del 1o gennaio 2003 può non essere sufficiente a consentire l'entrata in vigore della convenzione AFS e auspicando l'effettiva cessazione dell'uso di composti organostannici nelle navi a decorrere dal 1o gennaio 2003, nella risoluzione n. 1 della conferenza AFS ha chiesto agli Stati membri dell'IMO di adoperarsi al massimo per poter attuare la convenzione AFS in via d'urgenza e ha invitato l'industria del settore ad astenersi dall'immettere sul mercato, vendere e applicare composti organostannici a tale data.(10) Come risultato immediato della conferenza AFS, la Commissione ha adottato la direttiva 2002/62/CE, del 9 luglio 2002, che adegua al progresso tecnico per la nona volta l'allegato I della direttiva 76/769/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di ammissione nel mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (composti organostannici)(4) al fine di vietare, a decorrere dal 1o gennaio 2003, l'immissione sul mercato e l'uso di composti organostannici nei sistemi antivegetativi destinati a qualsiasi tipo di nave, indipendentemente dalla lunghezza.(11) Tenuto conto della risoluzione n. 1 della conferenza AFS, sono necessari ulteriori provvedimenti per attuare le misure relative ai composti organostannici onde garantire il divieto totale dei rivestimenti a base di TBT sulle navi in tutta la Comunità e nei mari circostanti alle date indicate nella convenzione AFS.(12) Un regolamento rappresenta lo strumento giuridico opportuno in quanto impone agli armatori e agli Stati membri, direttamente e in un breve periodo di tempo, requisiti precisi da attuare contemporaneamente e in modo uniforme in tutta la Comunità. Il presente regolamento, che dovrebbe unicamente mirare a vietare i composti organostannici, non dovrebbe rappresentare un duplicato della convenzione AFS.(13) Il presente regolamento non dovrebbe pregiudicare le restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (composti organostannici) previste nella direttiva 76/79/CEE(5).(14) A livello comunitario non dovrebbero essere ammesse incertezze circa il divieto totale dei rivestimenti a base di TBT attivo; l'industria della navigazione mondiale, che deve programmare la manutenzione delle proprie navi, dovrebbe essere chiaramente e tempestivamente informata del fatto che, a decorrere dal 1o gennaio 2008, le navi le cui carene sono rivestite da sostanze a base di TBT attivo non potranno più approdare nei porti comunitari.(15) I paesi terzi, in particolare se non beneficiano del valore aggiunto di un regolamento sovranazionale, potrebbero avere difficoltà tecnico-giuridiche nell'imporre, tramite la legislazione nazionale, il divieto di applicare rivestimenti a base di TBT alle proprie navi dalla data di entrata in vigore del divieto conformemente al presente regolamento. L'attuazione del divieto di applicazione di rivestimenti a base di TBT di cui al presente regolamento dovrebbe pertanto essere sospesa per le navi battenti la bandiera di uno Stato terzo, durante un periodo interinale che inizia il 1o luglio 2003 e termina alla data di entrata in vigore della convenzione AFS.(16) Gli Stati di bandiera che hanno vietato l'uso di rivestimenti a base di TBT sulle proprie navi hanno un interesse economico a fare in modo che la convenzione AFS entri in vigore quanto prima, in modo da assicurare condizioni equivalenti a livello mondiale. Il presente regolamento, che vieta quanto prima a tutte le navi battenti la bandiera di uno Stato membro di applicare rivestimenti a base di TBT, dovrebbe costituire per gli Stati di bandiera un incentivo a ratificare la convenzione AFS.(17) Le definizioni utilizzate e i requisiti imposti dal presente regolamento dovrebbero basarsi quanto più possibile su quelli utilizzati nella convenzione AFS.(18) Il presente regolamento dovrebbe essere applicato anche alle navi che operano sotto l'autorità di uno Stato membro per garantire la sua applicazione anche alle piattaforme off shore. Esso non dovrebbe essere applicato alle navi da guerra o ad altre navi dello Stato in quanto esse sono già adeguatamente disciplinate dalla convenzione AFS.(19) Il divieto di applicare, a decorrere dal 1o luglio 2003, rivestimenti a base di TBT attivo su tutte le navi autorizzate a battere la bandiera di uno Stato membro e il cui sistema antivegetativo sia stato applicato, modificato o sostituito dopo tale data dovrebbe costituire per l'industria della navigazione un incentivo ad attuare la raccomandazione contenuta nella risoluzione n. 1 della conferenza AFS.(20) È opportuno stabilire lo stesso regime di ispezione e certificazione di quello contenuto nella convenzione AFS. In base al presente regolamento, tutte le navi di stazza lorda pari o superiore a 400 t, indipendentemente dalla natura del viaggio, dovrebbero essere sottoposte ad ispezione, mentre le navi di lunghezza pari o superiore a 24 metri, ma di stazza lorda inferiore a 400 t dovrebbero soltanto essere provviste di una dichiarazione di conformità al presente regolamento o alla convenzione AFS. La Comunità dovrebbe avere il diritto di introdurre un regime di ispezione armonizzato per queste navi se ciò risultasse necessario in una fase successiva.(21) Non è necessario prevedere dichiarazioni o ispezioni specifiche per le navi di lunghezza inferiore a 24 metri in quanto tali navi, principalmente unità da diporto e pescherecci, saranno adeguatamente disciplinate dalle disposizioni della direttiva 76/769/CEE.(22) I certificati e i documenti rilasciati in base al presente regolamento nonché i certificati AFS e le dichiarazioni AFS rilasciati dalle parti contraenti della convenzione AFS dovrebbero essere riconosciuti.(23) Nel caso in cui la convenzione AFS non fosse entrata in vigore al 1o gennaio 2007, la Commissione dovrebbe essere autorizzata ad adottare opportuni provvedimenti per consentire alle navi battenti la bandiera di uno Stato terzo di dimostrare la propria conformità al presente regolamento, nonché misure per il controllo dell'attuazione delle disposizioni dello stesso.(24) Il regime più opportuno per il controllo dell'attuazione del divieto dei rivestimenti a base di TBT sulle navi e dei requisiti della convenzione AFS è quello figurante nella direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo)(6); al momento opportuno si dovranno apportare modifiche a tale direttiva. Considerando lo specifico ambito di applicazione di tale direttiva, durante il periodo interinale si dovrebbero applicare disposizioni equivalenti alle navi battenti la bandiera di uno Stato membro.(25) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(26) Per valutare il conseguimento dell'obiettivo del presente regolamento, la Commissione dovrebbe riferire al Parlamento europeo e al Consiglio e proporre, se necessario, appropriate modifiche al regolamento.(27) L'entrata in vigore del presente regolamento dovrebbe essere tale da consentire l'effettivo divieto dei composti organostannici sulle navi quanto prima possibile,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoIl presente regolamento mira a ridurre o ad eliminare gli effetti nocivi per l'ambiente marino e la salute umana provocati dai composti organostannici che agiscono come biocidi attivi nei sistemi antivegetativi delle navi battenti la bandiera o operanti sotto l'autorità di uno Stato membro, e delle navi, indipendentemente dalla bandiera, in entrata o in uscita dai porti degli Stati membri.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:1) "sistema antivegetativo": ogni rivestimento, vernice, trattamento della superficie, superficie o dispositivo usato su una nave per controllare o prevenire la fissazione di organismi indesiderabili;2) "stazza lorda": la stazza lorda calcolata conformemente alle norme in materia di stazzatura di cui all'allegato 1 della convenzione internazionale per la stazzatura delle navi del 1969, o di qualsiasi altra convenzione successiva;3) "lunghezza": la lunghezza secondo la definizione della convenzione internazionale del 1966 sulle linee di massimo carico, modificata dal protocollo del 1988, o di qualsiasi convenzione successiva;4) "nave": un'unità di qualsiasi tipo operante nell'ambiente marino e comprendente aliscafi, veicoli su cuscino d'aria, sommergibili, natanti, piattaforme fisse o galleggianti, unità galleggianti di stoccaggio (Floating Storage Units - FSU) e unità galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico (Floating Production Storage and Off-loading Units - FPSO);5) "convenzione AFS": la convenzione internazionale sul controllo dei sistemi antivegetativi nocivi sulle navi, adottata il 5 ottobre 2001, indipendentemente dalla sua entrata in vigore;6) "organismo riconosciuto": un organismo riconosciuto conformemente alle disposizioni della direttiva 94/57/CE del Consiglio, del 22 novembre 1994, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime(8);7) "certificato AFS": il certificato rilasciato alle navi conformemente alle disposizioni dell'allegato 4 alla convenzione AFS o, durante il periodo interinale, un certificato rilasciato secondo il modello di cui all'allegato II del presente regolamento, quando è rilasciato dall'amministrazione di qualsiasi Stato membro o da un organismo riconosciuto che agisce per suo conto;8) "dichiarazione AFS": una dichiarazione redatta in base alle disposizioni dell'allegato 4 alla convenzione AFS o, durante il periodo interinale, una dichiarazione sottoscritta dall'armatore o da un suo rappresentante autorizzato conforme al modello di cui all'allegato III del presente regolamento;9) "dichiarazione di conformità AFS": un documento che attesta la conformità all'allegato 1 della convenzione AFS, rilasciato da un organismo riconosciuto per conto dell'amministrazione di uno Stato membro;10) "periodo interinale": il periodo che inizia il 1o luglio 2003 e che termina alla data di entrata in vigore della convenzione AFS.Articolo 3Campo di applicazione1. Il presente regolamento si applica:a) alle navi battenti la bandiera di uno Stato membro;b) alle navi non battenti la bandiera di uno Stato membro, ma che operano sotto l'autorità di uno Stato membro, ec) alle navi in approdo ad un porto o ad un terminale off shore di uno Stato membro, ma che non rientrano nelle tipologie di cui alle lettere a) o b).2. Il presente regolamento non si applica alle navi da guerra, alle unità ausiliarie o ad altre navi possedute o gestite da uno Stato e adibite per il momento esclusivamente a servizi governativi non commerciali.Articolo 4Divieto di applicare composti organostannici che agiscono come biocidiDal 1o luglio 2003 non si possono applicare o riapplicare sulle navi sistemi antivegetativi a base di composti organostannici che agiscono come biocidi.Tuttavia, durante il periodo interinale, tale disposizione si riferisce soltanto alle navi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a) o b).Articolo 5Divieto della presenza di composti organostannici che agiscono come biocidi1. Non è ammessa la presenza di composti organostannici che agiscono come biocidi nei sistemi antivegetativi applicati alle carene o alle parti e superfici esterne delle navi, che sono state autorizzate a battere la bandiera di uno Stato membro a decorrere dal 1o luglio 2003, e il cui sistema antivegetativo sia stato applicato, modificato o sostituito dopo tale data, salvo se tali navi sono provviste di un rivestimento che forma una barriera a tali composti e ne impedisce il rilascio da parte del sistema antivegetativo sottostante non conforme.2. Dal 1o gennaio 2008, le navi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, non usano composti organostannici che agiscono come biocidi nei sistemi antivegetativi applicati alle carene o alle parti e superfici esterne oppure sono provviste di un rivestimento che forma una barriera a tali composti impedendone il rilascio da parte del sistema antivegetativo sottostante non conforme.3. I paragrafi 1 e 2 non si applicano alle piattaforme fisse e galleggianti, alle unità galleggianti di stoccaggio e alle unità galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico costruite prima del 1o luglio 2003 che non si trovano in bacini di carenaggio a tale data o successivamente.Articolo 6Ispezione e certificazione1. Per l'ispezione e la certificazione delle navi battenti la bandiera di uno Stato membro si applica quanto segue:a) conformemente ai requisiti di cui all'allegato I, a decorrere dal 1o luglio 2003, le navi di stazza lorda pari o superiore a 400 t, escluse le piattaforme fisse o galleggianti, le unità galleggianti di stoccaggio e le unità galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico sono sottoposte a ispezione e certificazione prima di essere messe in servizio per la prima volta o quando sono modificati o sostituiti i sistemi antivegetativi.b) Le navi di lunghezza pari o superiore a 24 metri, ma di stazza lorda inferiore a 400 t, escluse le piattaforme fisse o galleggianti, le unità galleggianti di stoccaggio e le unità galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico, sono provviste di una dichiarazione AFS a dimostrazione della conformità agli articoli 4 e 5.Se necessario la Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 9, paragrafo 2, può istituire un regime armonizzato di certificazione e ispezione per tali navi.c) Per garantire la conformità al presente regolamento gli Stati membri possono stabilire misure opportune per le navi non soggette alle disposizioni delle lettere a) e b).2. Per il riconoscimento dei certificati, delle dichiarazioni e degli attestati di conformità si applica quanto segue:a) A decorrere dal 1o luglio 2003, gli Stati membri riconoscono ogni certificato AFS.b) Fino a un anno dopo la data di cui al punto a), gli Stati membri riconoscono ogni dichiarazione di conformità AFS.c) A decorrere dal 1o luglio 2003 gli Stati membri riconoscono ogni dichiarazione AFS.Tali dichiarazioni sono corredate di adeguata documentazione (ad esempio, una ricevuta d'acquisto della vernice o una fattura di un'impresa) o recano un'adeguata approvazione.3. Se alla data del 1o gennaio 2007 la convenzione AFS non è entrata in vigore, la Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 9, paragrafo 2, adotta appropriate disposizioni per consentire alle navi battenti la bandiera di uno Stato terzo di dimostrare la propria conformità all'articolo 5.Articolo 7Controllo dello Stato di approdoDurante il periodo interinale, gli Stati membri applicano alle navi di stazza lorda pari o superiore a 400 t e battenti la bandiera di uno Stato membro disposizioni in materia di controllo equivalenti a quelle contenute nella direttiva 95/21/CE. Per le ispezioni e l'accertamento di infrazioni, gli Stati membri fanno riferimento alle disposizioni dell'articolo 11 della convenzione AFS.Se la convenzione AFS non è entrata in vigore al 1o gennaio 2007, la Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 9, paragrafo 2, stabilisce procedure appropriate per tali controlli.Articolo 8AdeguamentiPer tener conto degli sviluppi a livello internazionale e, in particolare, in seno all'Organizzazione marittima internazionale (IMO), oppure per migliorare l'efficacia del presente regolamento alla luce dell'esperienza acquisita, i riferimenti alla convenzione AFS, al certificato AFS, alla dichiarazione AFS e alla dichiarazione di conformità AFS e/o agli allegati del presente regolamento, incluse le pertinenti linee guida dell'IMO in relazione dell'articolo 11 della convenzione AFS, possono essere modificati secondo la procedura di cui all'articolo 9, paragrafo 2.Articolo 9Comitato1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi istituito dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativo al comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi(9), in prosieguo denominato "il comitato COSS".2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato COSS adotta il proprio regolamento interno.Articolo 10ValutazioneEntro il 10 maggio 2004 la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sullo stato di ratifica della convenzione AFS e fornisce informazioni sulla misura in cui i composti organostannici che agiscono come biocidi nei sistemi antivegetativi delle navi sono ancora usati nelle navi non battenti la bandiera di uno Stato membro, dirette a/o provenienti da porti comunitari. Alla luce di tale relazione, la Commissione può proporre, se necessario, modifiche per garantire una riduzione accelerata del contributo delle navi non battenti la bandiera di uno Stato membro alla presenza di composti antivegetativi nocivi nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri.Articolo 11Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 14 aprile 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteA. Giannitsis(1) GU C 262 E del 29.10.2002, pag. 492.(2) Parere dell'11 dicembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) Parere del Parlamento europeo del 20 novembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 17 marzo 2003.(4) GU L 183 del 12.7.2002, pag. 58.(5) GU L 262 del 27.9.1976, pag. 201. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/3/CE della Commissione (GU L 4 del 9.1.2003, pag. 12).(6) GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 53).(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(8) GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.(9) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.ALLEGATO INorme di ispezione e certificazione dei sistemi antivegetativi delle navi battenti la bandiera di uno Stato membro1. Ispezioni1.1. A decorrere dal 1° luglio 2003 le navi di stazza lorda pari o superiore a 400 t, escluse le piattaforme fisse o galleggianti, le unità galleggianti di stoccaggio e le unità galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico sono soggette alle ispezioni qui di seguito specificate:a) un'ispezione iniziale prima che la nave sia messa in servizio o quando la nave è per la prima volta immessa in un bacino di carenaggio per l'applicazione dei sistemi antivegetativi;b) un'ispezione al momento della sostituzione o della modifica dei sistemi antivegetativi. Tali ispezioni devono essere comprovate dal certificato prescritto al punto 2.1.1.2. L'ispezione deve essere tale da garantire che il sistema antivegetativo della nave è del tutto conforme agli articoli 4 e 5 del presente regolamento.1.3. Le ispezioni sono effettuate da funzionari debitamente autorizzati dall'amministrazione dello Stato membro o di un altro Stato membro o di una parte contraente alla convenzione AFS, oppure da un ispettore all'uopo nominato da una di tali amministrazioni oppure da un organismo riconosciuto che agisce per conto dell'amministrazione.1.4. Salva diversa disposizione del presente regolamento, per le ispezioni di cui al punto 1.1 gli Stati membri seguono i requisiti riportati nell'allegato 4 alla convenzione AFS e le linee guida per le ispezioni e la certificazione dei sistemi antivegetativi sulle navi, allegate alla risoluzione MEPC 101(48) adottata dal comitato per la protezione dell'ambiente marino dell'IMO l'11 ottobre 2002.2. Certificazione2.1. Al termine dell'ispezione di cui al punto 1.1, lettera a), oppure b), uno Stato membro che non è ancora parte contraente alla convenzione AFS rilascia un certificato conforme al modello riportato nell'allegato II. Uno Stato membro che è parte contraente alla convenzione AFS rilascia un certificato AFS.2.2. Uno Stato membro può accettare una dichiarazione di conformità AFS a titolo di dimostrazione della conformità ai requisiti di cui agli articoli 4 e 5 del presente regolamento. Al più tardi un anno dopo la data menzionata al punto 1.1 un certificato di cui al punto 2.1 sostituisce tale dichiarazione AFS.2.3. Gli Stati membri prescrivono che una nave di cui al punto 1.1 sia provvista di un certificato rilasciato conformemente al punto 2.1.2.4. Ai fini della certificazione di cui al punto 2.1, gli Stati membri seguono le norme di cui all'allegato 4 della convenzione AFS.ALLEGATO II>PIC FILE= "L_2003115IT.000702.TIF">>PIC FILE= "L_2003115IT.000801.TIF">>PIC FILE= "L_2003115IT.000901.TIF">>PIC FILE= "L_2003115IT.001001.TIF">ALLEGATO III>PIC FILE= "L_2003115IT.001102.TIF"> | Proteggere il mare e la filiera alimentare dagli effetti dei composti organostannici
Il divieto di utilizzare determinati composti chimici su navi e reti da pesca può contribuire a proteggere l’ambiente marino e la salute umana.
ATTO
Regolamento (CE) n. 782/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, sul divieto dei composti organostannici sulle navi.
SINTESI
Il divieto di utilizzare determinati composti chimici su navi e reti da pesca può contribuire a proteggere l’ambiente marino e la salute umana.
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Questo regolamento incorpora le norme della convenzione sui sistemi antivegetativi o AFS dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) nella legislazione dell’Unione europea (UE). Il suo scopo è di vietare i composti organostannici su tutte le navi che entrano nei porti dell’UE al fine di ridurre o eliminare gli effetti nocivi di tali prodotti.
PUNTI CHIAVE
Che cosa sono i composti organostannici?
I composti organostannici sono sostanze chimiche presenti nelle vernici antivegetative utilizzate sulle carene e sulle reti delle navi. Questi rivestimenti superficiali agiscono come biocidi progettati per evitare l’attacco di alghe, molluschi e altri organismi che rallentano la velocità delle imbarcazioni.
Quali effetti provocano?
Sono altamente tossici per la vita marina (larve, cozze, ostriche e pesci) e, per questa ragione, sono stati vietati in molti paesi dell’UE.
Il regolamento si applica:
alle navi battenti la bandiera di un paese dell’UE;
alle navi non battenti la bandiera di un paese dell’UE ma che operano sotto l’autorità di un paese dell’UE;
alle navi che approdano a un porto di un paese dell’UE, ma che non rientrano nelle tipologie appena descritte.
Il regolamento non si applica alle navi da guerra o ausiliarie né ad altre navi possedute o gestite da uno Stato, che faccia o meno parte dell’UE, impiegate per servizi governativi.
Esso impone le seguenti restrizioni:
dal 1oluglio 2003 i composti organostannici impiegati come biocidi nei sistemi antivegetativi non possono più essere applicati sulle navi battenti la bandiera di un paese dell’UE;
dal 1ogennaio 2008 le navi che approdano al porto di un paese dell’UE devono risultare prive di composti organostannici usati come biocidi nei rivestimenti oppure devono presentare un secondo strato per evitare che i composti organostannici fuoriescano dallo strato antivegetativo non conforme sottostante.
Ispezione e certificazione
Il regolamento introduce un sistema di ispezione e certificazione per le navi battenti la bandiera di un paese dell’UE. Esso:
impone alle navi di stazza lorda pari o superiore a 400 t di essere sottoposte a ispezione e certificazione, a prescindere dal viaggio;
impone alle navi di lunghezza pari o superiore a 24 metri, ma di stazza lorda inferiore a 400 t, di viaggiare munite di una dichiarazione di conformità alla convenzione AFS;
non richiede alcuna ispezione o certificazione per le navi di lunghezza inferiore a 24 metri, ossia principalmente imbarcazioni da diporto e navi da pesca.
Il regolamento (CE) n. 536/2008 della Commissione, che modifica il regolamento originale, descrive il modo in cui le navi non battenti la bandiera di un paese dell’UE debbano rispettare le restrizioni. Esso:
impone alle navi battenti la bandiera di uno Stato facente parte della convenzione AFS di dimostrare la propria conformità attraverso un certificato internazionale del sistema antivegetativo;
impone alle navi battenti la bandiera di uno Stato non facente parte della convenzione AFS di disporre di una dichiarazione di conformità rilasciata dallo Stato di bandiera in conformità con la convenzione AFS e il comitato per la protezione dell’ambiente marino (MEPC) dell’IMO.
PAROLE CHIAVE
Convenzione internazionale sul controllo dei sistemi antivegetativi nocivi sulle navi:
un accordo che vieta l’impiego dei composti organostannici nelle vernici antivegetative utilizzate sulle navi e che crea un meccanismo volto a impedire il possibile uso futuro di altre sostanze nocive nei sistemi antivegetativi.
Per ulteriori informazioni, consultare la pagina dedicata ai sistemi antivegetativi sul sito web dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (CE) n. 782/2003
10.5.2003
-
GU L 115 del 9.5.2003, pag. 1-11
Atti modificatori
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (CE) n. 536/2008
4.7.2008
-
GU L 156 del 14.6.2008, pag. 10-11
Regolamento (CE) n. 219/2009
20.4.2009
-
GU L 87 del 31.3.2009, pag. 109-154 | 9,067 | 648 |
32020R2094 | false | REGOLAMENTO (UE) 2020/2094 DEL CONSIGLIO
del 14 dicembre 2020
che istituisce uno strumento dell’Unione europea per la ripresa, a sostegno alla ripresa dell’economia dopo la crisi COVID-19
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 122,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Al fine di contenere la diffusione della COVID-19, dichiarata pandemia dall’Organizzazione mondiale della sanità l’11 marzo 2020, gli Stati membri hanno adottato una serie di misure senza precedenti.
(2)
Le misure senza precedenti adottate in risposta alla situazione eccezionale causata dalla COVID-19, che sfugge al controllo degli Stati membri, hanno provocato gravi perturbazioni all’attività economica, che si sono tradotte in un forte calo del prodotto interno lordo e in un significativo impatto sull’occupazione, le condizioni sociali, la povertà e le disuguaglianze. In particolare, le misure hanno perturbato le catene di approvvigionamento e la produzione e causato assenze dal luogo di lavoro. Inoltre la prestazione di molti servizi è divenuta molto difficile o impossibile. Allo stesso tempo la domanda dei consumatori è diminuita drasticamente. Molte imprese devono far fronte a carenze di liquidità e la loro solvibilità è a rischio, in un contesto di grande volatilità dei mercati finanziari. Settori fondamentali quali i viaggi e il turismo sono stati colpiti in modo particolarmente grave. Più in generale le misure si sono già tradotte o si tradurranno in un grave deterioramento della situazione finanziaria di molte imprese dell’Unione.
(3)
La crisi causata dalla COVID-19 si è propagata rapidamente nell’Unione e nei paesi terzi. Per il 2020 si prevede una forte contrazione della crescita nell’Unione. Vi è il rischio che la ripresa sia molto disomogenea nei diversi Stati membri, aumentando le disparità tra le economie nazionali. La differente capacità del bilancio degli Stati membri di erogare sostegno finanziario laddove sia maggiormente necessario per la ripresa e la divergenza fra le misure degli Stati membri mettono a repentaglio il mercato unico, come pure la coesione sociale e territoriale.
(4)
È necessaria una serie organica di misure per la ripresa economica. Tale serie di misure richiede investimenti pubblici e privati elevati per avviare l’Unione in modo deciso verso una ripresa sostenibile e resiliente, creare posti di lavoro di elevata qualità, sostenere l’inclusione sociale e riparare i danni immediati della crisi COVID-19, promuovendo nel contempo le priorità verdi e digitali dell’Unione.
(5)
La situazione eccezionale causata dalla COVID-19, che sfugge al controllo degli Stati membri, richiede un approccio coerente e unificato a livello dell’Unione. Per evitare un ulteriore deterioramento dell’economia, dell’occupazione e della coesione sociale e dare impulso a una ripresa sostenibile e resiliente dell’attività economica, è opportuno attuare un programma eccezionale e coordinato di sostegno economico e sociale, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, in particolare verso quegli Stati membri che sono stati colpiti in modo particolarmente grave.
(6)
Poiché il presente regolamento costituisce una riposta eccezionale a circostanze temporanee ma estreme, è opportuno che il sostegno da questo fornito sia offerto esclusivamente per far fronte alle conseguenze economiche negative della crisi COVID-19 o al bisogno immediato di finanziamenti per scongiurarne una recrudescenza.
(7)
Il sostegno fornito nell’ambito dello strumento istituito dal presente regolamento («strumento») dovrebbe concentrarsi in particolare sulle misure volte a ripristinare i mercati del lavoro e la protezione sociale, nonché i sistemi sanitari, a rinvigorire il potenziale di crescita sostenibile e di occupazione al fine di rafforzare la coesione tra gli Stati membri e favorirne la transizione verso un’economia verde e digitale, a prestare sostegno alle imprese penalizzate dall’impatto della crisi COVID-19, in particolare le piccole e medie imprese, e agli investimenti in attività essenziali per il rafforzamento della crescita sostenibile nell’Unione, compresi gli investimenti finanziari diretti nelle imprese, misure a favore della ricerca e dell’innovazione in risposta alla crisi COVID-19, allo sviluppo di capacità a livello dell’Unione per migliorare la futura preparazione alle crisi, il proseguimento degli sforzi per garantire una transizione giusta verso un’economia climaticamente neutra e all’agricoltura e allo sviluppo in zone rurali per affrontare l’impatto della crisi COVID-19.
(8)
Ai fini di una ripresa sostenibile e resiliente in tutta l’Unione e per facilitare l’attuazione del sostegno economico, è opportuno utilizzare i meccanismi di spesa esistenti tramite i programmi dell’Unione nell’ambito del quadro finanziario pluriennale. Il sostegno nell’ambito di tali programmi deve essere erogato in forma di finanziamenti a fondo perduto, prestiti e mediante accantonamenti a copertura delle garanzie di bilancio. La ripartizione delle risorse finanziarie dovrebbe tenere conto della misura in cui tali programmi sono in grado di contribuire agli obiettivi dello strumento. I contributi a tali programmi nell’ambito dello strumento dovrebbero essere soggetti al rigoroso rispetto degli obiettivi dello strumento stesso, che sono relativi al sostegno alla ripresa dopo la crisi COVID-19.
(9)
Vista la natura delle misure da finanziare, una quota degli importi a disposizione nell’ambito dello strumento dovrebbe essere utilizzata per erogare prestiti agli Stati membri, mentre la quota rimanente degli importi dovrebbe costituire entrate con destinazione specifica esterne ai fini dell’articolo 21, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) («regolamento finanziario») ed essere utilizzata per il sostegno a fondo perduto, per il sostegno mediante strumenti finanziari o mediante accantonamenti a copertura delle garanzie di bilancio e della relativa spesa da parte dell’Unione. A tal fine, nell’ambito delle misure necessarie a norma del presente regolamento, è opportuno consentire che l’articolo 21, paragrafo 5, del regolamento finanziario comprenda l’assegnazione ai sensi del presente regolamento, quale atto di base, di una parte delle entrate previste nel quadro del potere straordinario e temporaneo di cui alla decisione del Consiglio sul sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio (2) («decisione sulle risorse proprie»).
(10)
Sebbene l’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), e l’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento finanziario si applichino agli stanziamenti di impegno e di pagamento corrispondenti all’entrata con destinazione specifica esterna ai sensi del presente regolamento, tenuto conto dei termini stabiliti per i diversi tipi di sostegno, gli stanziamenti di impegno risultanti da tale entrata con destinazione specifica esterna non dovrebbero essere riportati automaticamente oltre le rispettive date di scadenza, tranne gli stanziamenti di impegno necessari per l’assistenza tecnica e amministrativa finalizzata all’attuazione delle misure previste dallo strumento.
(11)
Gli stanziamenti di impegno per il sostegno a fondo perduto dovrebbero essere messi a disposizione automaticamente fino all’importo autorizzato. La liquidità dovrebbe essere gestita efficacemente, in modo che i fondi siano raccolti soltanto quando sia necessario per onorare gli impegni giuridici mediante corrispondenti stanziamenti di pagamento.
(12)
Data l’importanza di utilizzare gli importi durante i primi anni di attuazione dello strumento, è opportuno riesaminare i progressi compiuti nell’attuazione dello strumento e nell’uso del sostegno assegnato conformemente al presente regolamento. La Commissione dovrebbe redigere una relazione a tal fine entro il 31 ottobre 2022.
(13)
L’articolo 135, paragrafo 2, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (3) («accordo di recesso») prevede che le modifiche della decisione 2014/335/UE, Euratom adottate alla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o successivamente non si applichino al Regno Unito nella misura in cui incidono sugli obblighi finanziari del Regno Unito. Il sostegno erogato a norma del presente regolamento e il corrispondente innalzamento del massimale delle risorse proprie dell’Unione avrebbero un impatto sugli obblighi finanziari del Regno Unito. A norma dell’articolo 143, paragrafo 1, dell’accordo di recesso, il Regno Unito è responsabile soltanto della propria quota delle passività finanziarie potenziali dell’Unione derivanti da operazioni finanziarie decise dall’Unione prima della data di entrata in vigore dell’accordo di recesso. Le passività finanziarie potenziali dell’Unione che dovessero derivare dal sostegno erogato a norma del presente regolamento sarebbero successive alla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso. Pertanto, il presente regolamento non dovrebbe applicarsi al e nel Regno Unito,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Al fine di sostenere la ripresa all’indomani della crisi COVID-19, il presente regolamento istituisce lo strumento dell’Unione europea per la ripresa («strumento»).
2. Il sostegno prestato nell’ambito dello strumento finanzia in particolare le seguenti misure per far fronte alle conseguenze economiche negative della crisi COVID-19 o al bisogno immediato di finanziamenti per scongiurarne una recrudescenza:
a)
misure per ripristinare l’occupazione e la creazione di posti di lavoro;
b)
misure sotto forma di riforme e investimenti volti a rinvigorire il potenziale di crescita sostenibile e di occupazione al fine di rafforzare la coesione tra gli Stati membri e di aumentarne la resilienza;
c)
misure a favore delle imprese che hanno subito l’impatto economico della crisi COVID-19, in particolare misure a beneficio delle piccole e medie imprese, nonché sostegno agli investimenti in attività essenziali per il rafforzamento della crescita sostenibile nell’Unione, compresi gli investimenti finanziari diretti nelle imprese;
d)
misure a favore della ricerca e dell’innovazione in risposta alla crisi COVID-19;
e)
misure per migliorare il livello di preparazione dell’Unione alle crisi e consentire una risposta rapida ed efficace dell’Unione in caso di gravi emergenze, incluse misure quali la costituzione di scorte di forniture ed apparecchiature mediche essenziali e l’acquisizione delle infrastrutture necessarie per una rapida risposta alle crisi;
f)
misure volte a garantire che una transizione giusta verso un’economia climaticamente neutra non sia compromessa dalla crisi COVID-19;
g)
misure volte ad affrontare l’impatto della crisi COVID-19 sull’agricoltura e lo sviluppo rurale.
3. Le misure di cui al paragrafo 2 sono attuate nell’ambito di programmi specifici dell’Unione e conformemente ai pertinenti atti dell’Unione che li disciplinano, nel pieno rispetto degli obiettivi dello strumento. Tali misure prevedono assistenza tecnica e amministrativa per la loro attuazione.
Articolo 2
Finanziamento dello strumento e assegnazione dei fondi
1. Lo strumento è finanziato fino a un importo di 750 000 milioni di EUR a prezzi del 2018 sulla base del potere conferito all’articolo 5 della decisione sulle risorse proprie.
Ai fini dell’attuazione in base a uno specifico programma dell’Unione, gli importi di cui al primo comma sono adeguati sulla base di un deflatore fisso del 2 % annuo. Per gli stanziamenti di impegno tale deflatore si applica alle rate annuali.
2. L’importo di cui al paragrafo 1 è assegnato come segue:
a)
un sostegno fino a 384 400 milioni di EUR a prezzi del 2018 in forma di aiuti a fondo perduto e di aiuti rimborsabili mediante strumenti finanziari ripartiti come segue:
i)
fino a 47 500 milioni di EUR a prezzi del 2018 per i programmi strutturali e di coesione del quadro finanziario pluriennale 2014-2020, quali rafforzati fino al 2022, compreso il sostegno mediante strumenti finanziari;
ii)
fino a 312 500 milioni di EUR a prezzi del 2018 per un programma di finanziamento della ripresa e della resilienza economica e sociale mediante il sostegno a riforme e investimenti;
iii)
fino a 1 900 milioni di EUR a prezzi del 2018 per programmi relativi alla protezione civile;
iv)
fino a 5 000 milioni di EUR a prezzi del 2018 per programmi relativi alla ricerca e all’innovazione, compreso il sostegno mediante strumenti finanziari;
v)
fino a 10 000 milioni di EUR a prezzi del 2018 per programmi di sostegno ai territori nella transizione verso un’economia climaticamente neutra;
vi)
fino a 7 500 milioni di EUR a prezzi del 2018 per lo sviluppo nelle zone rurali;
b)
fino a 360 000 milioni di EUR a prezzi del 2018 in forma di prestiti agli Stati membri per un programma di finanziamento della ripresa e della resilienza economica e sociale mediante il sostegno a riforme e investimenti;
c)
fino a 5 600 milioni di EUR a prezzi del 2018 per accantonamenti a copertura delle garanzie di bilancio e relativa spesa per programmi finalizzati al sostegno di operazioni di investimento nel settore delle politiche interne dell’Unione.
Articolo 3
Norme relative all’attuazione di bilancio
1. Ai fini dell’articolo 21, paragrafo 5, del regolamento finanziario, 384 400 milioni di EUR a prezzi del 2018 dell’importo di cui all’articolo 2, paragrafo 1 del presente regolamento costituiscono entrate con destinazione specifica esterne per i programmi dell’Unione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del presente regolamento e 5 600 milioni di EUR a prezzi del 2018 di tale importo costituiscono entrate con destinazione specifica esterne per i programmi dell’Unione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), del presente regolamento.
2. 360 000 milioni di EUR a prezzi del 2018 dell’importo di cui all’articolo 2, paragrafo 1, sono utilizzati per prestiti erogati agli Stati membri nell’ambito dei programmi dell’Unione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera b).
3. Gli stanziamenti di impegno a copertura del sostegno ai programmi dell’Unione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e c), sono messi a disposizione automaticamente fino agli importi rispettivi di cui a tali lettere a decorrere dalla data di entrata in vigore della decisione sulle risorse proprie che conferisce il potere di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del presente regolamento.
4. Gli impegni giuridici che danno luogo alla spesa per il sostegno di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), e, se del caso, all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), sono contratti dalla Commissione o dalle sue agenzie esecutive entro il 31 dicembre 2023. Impegni giuridici pari ad almeno il 60 % dell’importo di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), sono contratti entro il 31 dicembre 2022.
5. Le decisioni sulla concessione dei prestiti di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), sono adottate entro il 31 dicembre 2023.
6. Le garanzie di bilancio dell’Unione fino a un importo che, in conformità del pertinente tasso di copertura di cui ai rispettivi atti di base, corrisponde all’accantonamento a copertura delle garanzie di bilancio dell’Unione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), in funzione dei profili di rischio delle operazioni di finanziamento e di investimento oggetto di sostegno, sono concesse esclusivamente a sostegno delle operazioni di sostegno approvate dalle controparti entro il 31 dicembre 2023. I rispettivi accordi di garanzia di bilancio contengono disposizioni volte ad assicurare che le operazioni finanziarie corrispondenti ad almeno il 60 % dell’importo di tali garanzie di bilancio siano approvate dalle controparti entro il 31 dicembre 2022. Quando l’accantonamento a copertura delle garanzie di bilancio è utilizzato per un sostegno a fondo perduto relativo alle operazioni di finanziamento e investimento di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), i relativi impegni giuridici sono contratti dalla Commissione entro il 31 dicembre 2023.
7. I paragrafi 4, 5 e 6 del presente articolo non si applicano all’assistenza tecnica e amministrativa di cui all’articolo 1, paragrafo 3.
8. I costi dell’assistenza tecnica e amministrativa per l’attuazione dello strumento, quali le attività di preparazione, monitoraggio, controllo, audit e valutazione, compresi i sistemi informatici istituzionali ai fini del presente regolamento, sono finanziati dal bilancio dell’Unione.
9. I pagamenti relativi agli impegni giuridici contratti, alle decisioni adottate e alle disposizioni relative alle operazioni finanziarie approvate a norma dei paragrafi 4, 5 e 6 del presente articolo sono effettuati entro il 31 dicembre 2026, ad eccezione dell’ assistenza tecnica e amministrativa di cui all’articolo 1, paragrafo 3, e dei casi in cui, eccezionalmente, sebbene l’impegno giuridico sia stato contratto, la decisione sia stata adottata o l’operazione sia stata approvata, a condizioni conformi al termine applicabile a norma del presente paragrafo, i pagamenti successivi al 2026 siano necessari affinché l’Unione possa onorare i propri obblighi nei confronti dei terzi, anche a seguito di una sentenza definitiva contro l’Unione.
Articolo 4
Relazioni
Entro il 31 ottobre 2022 la Commissione presenta al Consiglio una relazione sull’andamento dell’attuazione dello strumento e sull’utilizzo del fondo assegnato a norma dell’articolo 2, paragrafo 2.
Articolo 5
Applicabilità
1. Il presente regolamento non si applica al o nel Regno Unito.
2. Si intende che i riferimenti a «Stati membri» nel presente regolamento non includono il Regno Unito.
Articolo 6
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 14 dicembre 2020
Per il Consiglio
Il presidente
M. ROTH
(1) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1).
(2) Decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea (GU L 168 del 7.6.2014, pag. 105).
(3) GU L 29 del 31.1.2020, pag. 7. | Strumento dell’Unione europea per la ripresa NextGenerationEU
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento istituisce lo strumento dell’Unione europea per la ripresa, NextGenerationEU, per promuovere la ripresa economica dopo la crisi COVID-19, e ne definisce la modalità di funzionamento.
PUNTI CHIAVE
NextGenerationEU costituisce uno strumento temporaneo per la ripresa di un valore fino a 750 miliardi di euro ai prezzi del 2018. Rappresenta il cuore della risposta dell’Unione europea (Unione) alla crisi COVID-19 e ha l’obiettivo di favorire la ripresa economica e la costruzione di un futuro più ecologico, digitale e resiliente, in particolare per rinvigorire il potenziale di crescita sostenibile e l’occupazione al fine di sostenere gli Stati membri dell’Unione europea nella transizione verso un’economia verde e digitale.
Lo strumento contribuirà altresì alla riparazione dei danni economici e sociali immediati provocati dalla crisi COVID-19 e alla creazione di un’Europa post-COVID-19 che risulterà meglio preparata ad affrontare sfide presenti e future.
Il fulcro di NextGenerationEU consiste nell’assegnazione di finanziamenti al dispositivo per la ripresa e la resilienza, tramite l’erogazione di sovvenzioni e prestiti a sostegno di riforme e investimenti negli Stati membri di un valore complessivo di 672,5 miliardi di euro ai prezzi del 2018, di cui:fino a 312,5 miliardi di euro saranno forniti sotto forma di sovvenzioni; fino a 360 miliardi di euro forniranno prestiti dell’Unione ai singoli Stati membri. Tali prestiti saranno rimborsati dai medesimi Stati membri.Inoltre, NextGenerationEU rafforzerà diversi programmi dell’Unione come segue:coesione, nell’ambito dell’assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa (REACT-EU), per aiutare ad affrontare le conseguenze economiche della COVID-19 nei primi anni della ripresa con 47,5 miliardi di euro; fondo per una transizione giusta con 10 miliardi di euro; sviluppo rurale con 7,5 miliardi di euro; InvestEU con 5,6 miliardi di euro; meccanismo di protezione civile, nell’ambito del programma rescEU, con 1,9 miliardi di euro; Orizzonte Europa, con 5 miliardi di euro.Ai fini del finanziamento di NextGenerationEU, la decisione relativa alle risorse proprie [decisione (UE, Euratom) 2020/2053] (si veda la sintesi) permetterà alla Commissione europea di contrarre prestiti sui mercati dei capitali per conto dell’Unione europea. Come sancito dalla decisione relativa alle risorse proprie, il rimborso può avvenire sul lungo periodo, al più tardi fino al 2058. Ciò eviterà l’applicazione di una pressione immediata sulle finanze nazionali degli Stati membri, permettendo loro di concentrare i propri sforzi sulla ripresa.
Informazioni complementari:stanziamenti d’impegno* per tutte le spese, a eccezione dei 360 miliardi di euro di prestiti, che dovranno essere disponibili al momento dell’entrata in vigore della decisione relativa alle risorse proprie, con almeno il 60 % impegnato entro il 31 dicembre 2022 e qualsiasi somma rimanente impegnata entro il 31 dicembre 2023; decisioni sulla sovvenzione di 360 miliardi di euro di prestiti da adottare entro il 31 dicembre 2023; si applicano condizioni specifiche alle garanzie di bilancio e investimento dell’Unione.Il regolamento non si applica al Regno Unito.
La Commissione è tenuta a presentare una relazione al Consiglio entro il 31 ottobre 2022 sulla modalità di impiego dei fondi stanziati nell’ambito del presente strumento.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 23 dicembre 2020.
CONTESTO
Lo strumento NextGenerationEU e il bilancio a lungo termine 2021-2027 dell’Unione europea, con un ammontare combinato di 1 800 miliardi di euro, costituiscono il più grande pacchetto di incentivi mai finanziato tramite il bilancio dell’Unione.
Il pacchetto contribuirà inoltre alla ricostruzione di un’Europa post-COVID-19, che sarà più verde, digitale e resiliente, nonché meglio preparata alle sfide presenti e future.
Oltre a tale regolamento, il pacchetto comprende altresì:il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 [regolamento (UE, Euratom) 2020/2093] (si veda la sintesi); l’accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio (si veda la sintesi); il regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio dell’Unione (si veda la sintesi); la decisione relativa alle risorse proprie [decisione (UE, Euratom) 2020/2053].
TERMINI CHIAVE
Stanziamenti d’impegno: il costo totale degli obblighi giuridici (contratti, accordi/decisioni di sovvenzione) firmati nell’esercizio finanziario corrente.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2020/2094 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, che istituisce uno strumento dell’Unione europea per la ripresa, a sostegno alla ripresa dell’economia dopo la crisi COVID-19 (GU L 433 I del 22.12.2020, pag. 23).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) 2020/2094 sono state integrate nel documento di base. La versione consolidata ha solo un valore documentario.
DOCUMENTI CORRELATI
Accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea sulla disciplina di bilancio, sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria, nonché su nuove risorse proprie, compresa una tabella di marcia per l’introduzione di nuove risorse proprie. Accordo interistituzionale del 16 dicembre 2020 tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea sulla disciplina di bilancio, sulla cooperazione in materia di bilancio e sulla sana gestione finanziaria, nonché su nuove risorse proprie, compresa una tabella di marcia verso l’introduzione di nuove risorse proprie (GU L 433 I del 22.12.2020, pag. 28).
Decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom (GU L 424 del 15.12.2020, pag. 1).
Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). | 8,372 | 1,284 |
32003H0054 | false | Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo
Gazzetta ufficiale n. L 022 del 25/01/2003 pag. 0031 - 0034
Raccomandazione del Consigliodel 2 dicembre 2002sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo(2003/54/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma,vista la proposta della Commissione(1),considerando quanto segue:(1) L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità, che deve completare le politiche nazionali, sia volta al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana.(2) La risoluzione del Consiglio e dei ministri della Sanità degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 18 luglio 1989, relativa al divieto di fumare nei luoghi accessibili al pubblico(2), fornisce agli Stati membri orientamenti per la protezione dei non fumatori dal fumo ambientale. In seguito a una relazione della Commissione sulla reazione degli Stati membri a quest'iniziativa(3), la presente raccomandazione intende rafforzare questa protezione e identificare i gruppi particolarmente vulnerabili.(3) La risoluzione del Consiglio, del 26 novembre 1996, sulla riduzione del fumo nella Comunità europea(4) riconosce la necessità di sviluppare un'efficace strategia di lotta contro il consumo di tabacco, comprendente alcuni degli elementi contenuti nella presente raccomandazione.(4) Le conclusioni del Consiglio, del 18 novembre 1999, sulla lotta contro il consumo del tabacco(5) hanno sottolineato la necessità di sviluppare una strategia globale, comprendente alcune misure definite nella presente raccomandazione per la protezione dei minori (norme sulle condizioni di vendita, sulle vendite tramite mezzi elettronici e distributori automatici).(5) La risoluzione del Consiglio, del 29 giugno 2000, sull'azione relativa ai fattori determinanti per la salute(6) ha preso atto del risultato dei dibattiti in sede di conferenza europea sui fattori determinanti per la salute nell'Unione europea, tenutasi a Evora il 15 e 16 marzo 2000, che ha dato particolare risalto, tra l'altro, al tabacco, raccomandando una serie di provvedimenti pratici e mirati per affrontare le sfide in questi settori.(6) Le azioni raccomandate sono necessarie considerati i 500000 decessi connessi al fumo che si registrano annualmente nella Comunità europea e il preoccupante aumento del numero di bambini ed adolescenti dediti al fumo. Fumare danneggia la salute umana, perché i fumatori diventano dipendenti dalla nicotina e sono colpiti da gravi malattie come il cancro ai polmoni e ad altri organi, la cardiopatia ischemica e altre malattie circolatorie e respiratorie come l'enfisema.(7) La prevenzione del tabagismo e la lotta contro il consumo di tabacco sono già obiettivi prioritari delle politiche sanitarie degli Stati membri e della Comunità europea. Tuttavia, il tabagismo rimane la principale causa di mortalità evitabile nell'UE e i progressi nella riduzione del consumo del tabacco e delle conseguenze del fumo sono ancora deludenti. Inoltre, la pubblicità, la distribuzione e le strategie promozionali utilizzate dall'industria del tabacco incentivano il consumo di tabacco, aumentando così il livello già elevato di mortalità e morbilità dovuto al consumo di prodotti del tabacco. Alcune di queste strategie sembrano rivolgersi ai giovani negli anni della crescita, allo scopo di sostituire il gran numero di fumatori che muoiono annualmente. È un dato di fatto che il 60 % dei fumatori iniziano a fumare ad un'età inferiore ai 13 anni e il 90 % prima dei 18 anni.(8) Con il programma "L'Europa contro il cancro"(7), la Comunità europea ha incluso fra i suoi obiettivi il contributo al miglioramento della salute dei suoi cittadini tramite la riduzione del numero di casi di cancro e di altre malattie legate al fumo.(9) La direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, relativa alla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco(8) e la proposta di direttiva sulla pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco(9) riguardano la lotta contro il tabagismo nel contesto della realizzazione e del consolidamento del mercato interno e l'eliminazione degli ostacoli al suo buon funzionamento, basandosi su un livello di protezione elevato della salute pubblica.(10) Alcune misure che dovrebbero far parte di una politica globale di lotta contro il tabagismo, come il divieto di pubblicità su tabelloni e manifesti o della pubblicità nei cinema, attualmente non possono essere oggetto di un'armonizzazione nell'ambito delle norme del mercato interno comunitario a livello di singolo provvedimento antitabagismo.(11) Tutti i fatti sopra menzionati dimostrano la necessità di una strategia globale di lotta contro il tabagismo, al fine di ridurre nella Comunità l'incidenza delle malattie dovute al fumo.(12) Nel contesto di una politica globale antitabagismo, è essenziale adottare misure destinate in particolare a ridurre la domanda di prodotti del tabacco da parte dei bambini e degli adolescenti. Queste misure possono comprendere azioni volte a ridurre la fornitura di tabacco a bambini ed adolescenti e a vietare determinate forme di pubblicità, di distribuzione e di strategie promozionali per i prodotti del tabacco, considerando che queste strategie hanno un impatto indiscriminato sui giovani e su altri gruppi di persone.(13) Certe forme di vendita e di distribuzione dei prodotti del tabacco facilitano l'accesso dei bambini e degli adolescenti a questi prodotti e dovrebbero quindi essere regolamentate dagli Stati membri.(14) Dato che i distributori automatici sono visibili sia ai consumatori che ai non consumatori di prodotti del tabacco, essi dovrebbero recare solo la pubblicità strettamente necessaria per indicare i prodotti offerti in vendita.(15) Altre due misure importanti a livello comunitario riguardano la pubblicità e la sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco. La direttiva del 1989 sulla "televisione senza frontiere"(10) vieta qualsiasi forma di pubblicità televisiva per i prodotti del tabacco e stabilisce che i programmi televisivi non possono essere sponsorizzati da persone fisiche o giuridiche la cui attività principale consiste nella produzione o vendita di prodotti del tabacco. L'attuale proposta di direttiva sulla pubblicità e sulla sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco prevede il divieto della pubblicità del tabacco sulla stampa e in altre pubblicazioni, via radio e tramite i servizi della società dell'informazione. Questa proposta prevede anche il divieto di sponsorizzazione, da parte delle industrie del tabacco, di programmi radiofonici e di eventi a cui partecipano o che si svolgono in vari Stati membri o aventi ripercussioni transfrontaliere.(16) La presente raccomandazione tratta di altre forme di pratiche pubblicitarie, commerciali o promozionali utilizzate dall'industria per promuovere il consumo del tabacco, che possono raggiungere indiscriminatamente bambini e adolescenti. Queste pratiche comprendono l'utilizzazione dei marchi per prodotti o servizi diversi dal tabacco ("brand-stretching") e/o per l'abbigliamento ("merchandising"), il ricorso ad articoli promozionali (oggetti comuni come i posacenere, agli accendini, i parasole ed altri oggetti simili) e di campioni di tabacco, l'utilizzazione e la comunicazione di promozioni di vendita (quali sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali), l'uso di tabelloni manifesti e altre tecniche pubblicitarie interne o esterne (come la pubblicità sui distributori automatici di prodotti del tabacco), l'uso della pubblicità a favore del tabacco nei cinema, e qualsiasi altra forma di pubblicità, sponsorizzazione o di pratiche volte a promuovere i prodotti del tabacco direttamente o indirettamente. Di fatto le autorità degli Stati membri dovrebbero adottare disposizioni legislative e/o amministrative destinate specificamente a vietare conformemente alle norme o ai principi costituzionali nazionali, tali attività, che costituiscono mezzi di promozione dei prodotti del tabacco che aggirano i divieti della pubblicità diretta per il tabacco già in vigore per certi media.(17) L'Organizzazione mondiale della sanità e la Banca mondiale raccomandano agli Stati di vietare ogni forma di pubblicità e di promozione del tabacco. Nei casi in cui sono vietate solo certe forme di pubblicità diretta del tabacco, l'industria del tabacco trasferisce frequentemente le sue spese pubblicitarie ad altre strategie di commercializzazione, sponsorizzazione e promozione, utilizzando modi creativi ed indiretti per promuovere i prodotti del tabacco, specialmente tra i giovani. In questo modo può essere limitato l'effetto dei divieti parziali della pubblicità per il consumo di tabacco. Inoltre, la Banca mondiale ha concluso che la pubblicità aumenta il consumo di sigarette e che la normativa che vieta la pubblicità ridurrebbe il consumo se fosse generale e coprisse tutti i media e l'utilizzo di marchi e logotipi. Questa riduzione del consumo di sigarette avrebbe per la salute pubblica effetti immediati a breve e a lungo termine. L'informazione sulla spesa globale dell'industria del tabacco per la promozione dei prodotti del tabacco è quindi una condizione importante per il controllo dell'efficacia delle politiche di lotta contro il tabagismo dal punto di vista della salute pubblica. Quest'informazione permette di determinare se le restrizioni imposte sono aggirate, in particolare dirigendo la spesa verso forme promozionali nuove e non limitate. L'industria del tabacco dovrebbe essere tenuta a dichiarare regolarmente queste spese.(18) A causa dei rischi per la salute derivanti dal fumo passivo, gli Stati membri dovrebbero mirare a proteggere i fumatori e i non fumatori dal fumo ambientale.(19) Gli Stati membri dovrebbero continuare a sviluppare strategie e misure per ridurre la prevalenza del tabagismo, come il rafforzamento dei programmi di educazione sanitaria per migliorare la consapevolezza dei rischi del fumo e altri programmi di prevenzione per scoraggiare l'uso dei prodotti del tabacco.(20) La convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo attualmente in fase di negoziazione tratta molte questioni toccate nella presente raccomandazione. È importante quindi garantire la coerenza delle misure contenute in questa raccomandazione con gli elementi previsti dalla convenzione quadro attualmente in discussione,RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI:1. di adottare appropriate disposizioni legislative e/o amministrative conformemente alle prassi e alle condizioni nazionali per impedire la vendita di tabacco a bambini ed adolescenti, tra l'altro:a) imponendo l'obbligo per i venditori di prodotti del tabacco di accertare che gli acquirenti abbiano raggiunto l'età prescritta dalla legge nazionale per l'acquisto di tali prodotti, qualora tale limite d'età esista;b) ritirando i prodotti del tabacco dagli espositori self-service nei negozi di vendita al dettaglio;c) limitando l'accesso ai distributori automatici di prodotti del tabacco a luoghi accessibili a persone di età superiore a quella prescritta dalla legge nazionale per l'acquisto dei prodotti del tabacco, ove tale limite esista, oppure regolando in modo altrettanto efficace l'accesso ai prodotti venduti tramite distributori;d) limitando la vendita di tabacco a distanza per la fornitura generale al dettaglio, ad esempio via Internet, agli adulti ricorrendo a mezzi tecnici adeguati;e) vietando la vendita di dolciumi e giocattoli destinati ai bambini e fabbricati con il chiaro intento di conferire al prodotto e/o all'imballaggio l'aspetto di un prodotto del tabacco;f) vietando la vendita di sigarette al pezzo o in pacchetti di meno di 19 pezzi;2. di adottare appropriate disposizioni legislative e/o amministrative per proibire conformemente alle norme o ai principi costituzionali nazionali le seguenti forme di pubblicità e di promozione:a) l'utilizzazione di marchi di tabacco per prodotti o servizi diversi dal tabacco;b) l'utilizzazione di articoli promozionali (posacenere, accendini, parasole, ecc.) e di campioni di tabacco;c) l'utilizzo e la comunicazione di promozioni di vendita quali sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali;d) l'utilizzazione di tabelloni, manifesti e altre tecniche pubblicitarie interne o esterne (come la pubblicità sui distributori automatici di prodotti del tabacco);e) l'utilizzazione della pubblicità nei cinema;f) qualsiasi altra forma di pubblicità, sponsorizzazione o pratiche destinate alla promozione diretta o indiretta dei prodotti del tabacco;3. di adottare appropriate disposizioni, con l'introduzione di norme o di altri metodi conformi alle pratiche e alle condizioni nazionali, per prescrivere a fabbricanti, importatori e commercianti all'ingrosso di prodotti del tabacco e di prodotti e servizi recanti lo stesso marchio dei prodotti del tabacco di fornire agli Stati membri informazioni sulle spese sostenute per la pubblicità, il marketing, le sponsorizzazioni e le campagne di promozione non vietate dalla normativa nazionale o comunitaria;4. di applicare le norme di legge, e/o altre misure efficaci all'appropriato livello governativo o non governativo, conformemente alle prassi e alle condizioni nazionali, che garantiscono una protezione dall'esposizione al fumo di tabacco negli ambienti interni dei luoghi di lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. Dovrebbe essere accordata priorità, tra l'altro, ai centri di insegnamento, alle strutture sanitarie e ai luoghi in cui si forniscono servizi ai bambini;5. di continuare a sviluppare strategie e misure per ridurre la prevalenza del tabagismo, come il rafforzamento dell'educazione sanitaria in generale, segnatamente nelle scuole, e dei programmi generali per scoraggiare l'uso iniziale dei prodotti del tabacco e vincere la dipendenza dal tabacco;6. di avvalersi pienamente dei contributi dei giovani alle politiche e alle azioni inerenti alla sanità, segnatamente nel settore dell'informazione, e promuovere attività specifiche avviate, progettate, attuate e valutate dai giovani;7. di adottare ed attuare appropriate misure in materia di prezzi dei prodotti del tabacco al fine di scoraggiare il consumo di tabacco;8. di applicare tutte le procedure necessarie ed appropriate per verificare il rispetto delle misure stabilite nella presente raccomandazione;9. di informare la Commissione ogni due anni dopo la data di adozione della presente raccomandazione sulle azioni intraprese in risposta a questa raccomandazione.INVITA LA COMMISSIONE:1. a seguire e a valutare gli sviluppi e le azioni intraprese negli Stati membri e a livello comunitario;2. a riferire sull'attuazione delle misure proposte, in base alle informazioni fornite dagli Stati membri, entro un anno dalla data di ricevimento delle informazioni trasmesse dagli Stati membri in conformità della presente raccomandazione;3. a esaminare in quale misura le disposizioni di cui alla presente raccomandazione risultano efficaci e a considerare la necessità di ulteriori azioni, in particolare se nel mercato interno dovessero apparire disparità nei settori oggetto della presente raccomandazione.Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Bendtsen(1) Proposta del 18.6.2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(2) GU C 189 del 26.7.1989, pag. 1.(3) COM(96) 573 def.(4) GU C 374 dell'11.12.1996, pag. 4.(5) GU C 86 del 24.3.2000, pag. 4.(6) GU C 218 del 31.7.2000, pag. 8.(7) GU L 95 del 16.4.1996, pag. 9.(8) GU L 194 del 18.7.2001, pag. 26.(9) GU C 270 del 25.9.2001, pag. 97.(10) GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23. | Prevenzione del fumo
SINTESI
CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE?
Esorta i paesi dell’Unione europea (UE) ad applicare una serie di disposizioni normative e/o di altra natura al fine di dissuadere le persone, soprattutto i giovani, dall’iniziare a fumare. Tali disposizioni comprendono controlli sulla vendita del tabacco e sulla pubblicità e sponsorizzazione in suo favore.
PUNTI CHIAVE
Per impedire la vendita di tabacco a bambini ed adolescenti, i paesi dell’UE sono esortati a:
imporre ai venditori di prodotti del tabacco l’obbligo di accertare che gli acquirenti non abbiano un’età inferiore a quella prescritta;
garantire il ritiro dei prodotti del tabacco dagli espositori self-service nei negozi;
limitare l’accesso ai distributori automatici di prodotti del tabacco a persone di età inferiore a quella prescritta;
limitare l’accesso alle vendite a distanza, ad esempio via Internet, agli adulti;
vietare la vendita di dolciumi e giocattoli destinati ai bambini che abbiano l’aspetto di prodotti del tabacco;
vietare la vendita di sigarette al pezzo o in pacchetti di meno di 19 pezzi.
Per limitare le attività pubblicitarie e promozionali, i paesi dell’UE sono esortati a proibire l’utilizzazione di:
marchi di tabacco per prodotti o servizi diversi dal tabacco;
articoli promozionali quali posacenere, accendini, parasole e di campioni di tabacco;
sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali legati ai prodotti del tabacco;
tabelloni, manifesti e altre forme pubblicitarie interne o esterne che promuovano il tabacco o prodotti correlati;
la pubblicità di tabacco o prodotti correlati nei cinema;
altre forme di pubblicità e sponsorizzazione diretta o indiretta dei prodotti del tabacco.
I paesi dell’UE sono inoltre esortati a:
prescrivere a fabbricanti, importatori e commercianti all’ingrosso di fornire loro informazioni sulle spese sostenute per la pubblicità, il marketing, le sponsorizzazioni e le campagne di promozione;
intraprendere azioni contro gli effetti del fumo passivo negli ambienti interni dei luoghi di lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. Dovrebbe essere accordata priorità ai centri di insegnamento, alle strutture sanitarie e ai luoghi in cui si forniscono servizi ai bambini;
continuare a sviluppare strategie per ridurre il tabagismo, soprattutto attraverso l’educazione sanitaria;
coinvolgere i giovani nelle attività volte a ridurre il tabagismo;
adottare una politica in materia di prezzi al fine di scoraggiare il consumo di tabacco;
verificare il rispetto delle misure stabilite;
informare la Commissione europea ogni due anni sulle azioni intraprese.
La Commissione viene esortata a:
seguire e valutare le azioni intraprese;
produrre una relazione entro un anno dalla data di ricevimento delle informazioni nazionali;
considerare la necessità di ulteriori azioni.
La Commissione ha intrapreso diverse iniziative al fine di promuovere la prevenzione del fumo, tra cui campagne, come «Gli ex-fumatori sono irresistibili», e l’eliminazione progressiva di sovvenzioni ai produttori di tabacco.
Una normativa vincolante, adottata nel 2003 (direttiva 2003/33/CE) e sostituita nel 2014 (direttiva 2014/40/UE), stabilisce requisiti comunitari relativi alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita del tabacco e dei prodotti correlati, quali le sigarette elettroniche.
Nel 2009, un’ulteriore raccomandazione esortava i paesi dell’UE a incrementare le misure volte a tutelare le persone dal fumo passivo sul lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici.
CONTESTO
Un quarto (26 %) degli europei fuma. Il fumo è la maggiore causa di morte e malattia evitabile nell’UE, con circa 700 000 decessi correlati al fumo all’anno.
Per maggiori informazioni, si veda la pagina sulla politica relativa al tabacco sul sito Internet della Commissione europea.
ATTO
Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (GU L 22 del 25.1.2003, pag. 31-34)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (GU L 152 del 20.6.2003, pag. 16-19).
Le successive modifiche alla direttiva 2003/33/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1-38). Si veda la versione consolidata.
Raccomandazione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa agli ambienti senza fumo (GU C 296 del 5.12.2009, pag. 4-14) | 6,353 | 556 |
31992L0013 | false | Direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni
Gazzetta ufficiale n. L 076 del 23/03/1992 pag. 0014 - 0020 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0127 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0127
DIRETTIVA 92/13/CEE DEL CONSIGLIO del 25 febbraio 1992 che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioniIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione(1) , in cooperazione con il Parlamento europeo(2) , visto il parere del Comitato economico e sociale(3) , considerando che la direttiva 90/531/CEE del Consiglio, del 17 settembre 1990, relativa alle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni(4) , stabilisce le norme relative alle procedure d'appalto per assicurare ai fornitori ed imprenditori potenziali eque possibilità di ottenere gli appalti, ma non contiene disposizioni specifiche che permettano di garantirne l'effettiva applicazione; considerando che i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano comunitario, per garantirne l'applicazione non sono sempre adeguati; considerando che la mancanza di mezzi di ricorso efficaci o l'inadeguatezza dei mezzi di ricorso esistenti possono dissuadere le imprese comunitarie dal presentare offerte; che è pertanto necessario che gli Stati membri pongano rimedio a tale situazione; considerando che la direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori(5) , riguarda esclusivamente le procedure di aggiudicazione degli appalti disciplinate dalla direttiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici(6) , modificata, da ultimo, dalla direttiva 90/531/CEE, e dalla direttiva 77/62/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture(7) , modificata, da ultimo, dalla direttiva 90/531/CEE; considerando che l'apertura alla concorrenza comunitaria degli appalti pubblici dei settori in oggetto richiede l'adozione di disposizioni per mettere a disposizione di fornitori o imprenditori procedure di ricorso in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto; considerando che è necessario prevedere un rafforzamento sostanziale delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione e che occorre, affinché ne seguano effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi; considerando che, dovendosi tenere conto della natura specifica di taluni ordinamenti giuridici, è necessario autorizzare gli Stati membri a scegliere, quanto ai poteri da attribuire agli organi di ricorso, tra opzioni diverse aventi effetti equivalenti; considerando che una delle opzioni prevede il potere d'intervenire direttamente nelle procedure di appalto degli enti aggiudicatori, per esempio sospendendole o annullando decisioni o clausole discriminatorie contenute in documenti o pubblicazioni; considerando che l'altra opzione prevede il potere di esercitare un'efficace influenza indiretta sugli enti aggiudicatori affinché riparino eventuali violazioni o evitino di commetterne e per impedire che vengano arrecati pregiudizi; considerando che devono sempre essere possibili richieste di risarcimento danni; considerando che, qualora una persona presenti una richiesta di risarcimento danni in relazione ai costi di preparazione di un'offerta o di partecipazione ad una procedura d'appello, essa non deve essere tenuta, allo scopo di ottenere il rimborso delle spese in questione, a provare che in assenza della violazione di cui trattasi l'appalto le sarebbe stato aggiudicato; considerando che sarebbe utile che gli enti aggiudicatori che si conformano alle norme in materia di appalti possano informarne con i mezzi appropriati; che ciò presuppone un esame delle procedure e prassi degli enti aggiudicatori ad opera di persone indipendenti; considerando che a questo scopo è indicato un sistema di attestazione che prevede una dichiarazione concernente la corretta applicazione delle norme in materia di appalti, in forma di avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee; considerando che gli enti aggiudicatori devono avere le possibilità di ricorrere al sistema di attestazione, se lo desiderano; che gli Stati membri devono fornire loro questa possibilità; che a tale scopo essi stessi possono istaurare il sistema oppure possano consentire che gli enti aggiudicatori ricorrano ad un sistema di attestazione istaurato da un altro Stato membro; che essi possono affidare la responsabilità di effettuare l'esame previsto dal sistema di attestazione a date persone, a date professioni o al personale di dati organismi; considerando che la necessaria flessibilità nell'instaurazione di un siffatto sistema è garantita dalla definizione delle sue caratteristiche essenziali indicate nella presente direttiva; che le modalità dettagliate del suo funzionamento dovranno essere stabilite nelle norme europee cui fa riferimento la presente direttiva; considerando che gli Stati membri possono avere bisogno di stabilire modalità di detto genere prima dell'adozione delle regole iscritte nelle norme europee e a complemento di tali regole; considerando che, se le imprese non avviano una procedura di ricorso, risulta impossibile riparare determinate infrazioni a meno di non istituire un meccanismo specifico; considerando che è pertanto necessario che la Commissione, qualora ritenga che sia stata commessa una violazione chiara e manifesta nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto, intervenga presso le autorità competenti dello Stato membro e dell'ente aggiudicatore interessato affinché siano presi gli opportuni provvedimenti per ottenere l'immediata riparazione della violazione; considerando che è necessario prevedere la possibilità di una procedura di conciliazione extragiudiziale a livello comunitario per permettere di comporre le controversie in via amichevole; considerando che l'applicazione effettiva della presente direttiva dovrà essere riesaminata contemporaneamente a quella della direttiva 90/531/CEE in base ad informazioni che gli Stati membri dovranno fornire in merito al funzionamento delle procedure di ricorso nazionali; considerando che la presente direttiva dovrà essere applicata contemporaneamente alla direttiva 90/531/CEE; considerando che è opportuno accordare al Regno di Spagna, alla Repubblica ellenica e alla Repubblica portoghese periodi supplementari adeguati per recepire la presente direttiva, tenuto conto delle date di applicazione della direttiva 90/531/CEE in questi Stati membri, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPITOLO I Mezzi di ricorso a livello nazionale Articolo 1 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le decisioni prese dagli enti aggiudicatori possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli seguenti, segnatamente nell'articolo 2, paragrafo 8, in quanto tali decisioni abbiano violato il diritto comunitario in materia di appalti o le norme nazionali che recepiscono tale diritto per quanto riguarda: a) le procedure di aggiudicazione degli appalti disciplinati dalla direttiva 90/531/CEE; e b) l'osservanza dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a) e di detta direttiva, nel caso degli enti aggiudicatori a cui si applica tale disposizione. 2. Gli Stati membri provvedono a che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese che possono far valere un pregiudizio nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto comunitario e le altre norme nazionali. 3. Gli Stati membri provvedono a che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, almeno a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata. In particolare gli Stati membri possono esigere che la persona che desidera avvalersi di tale procedura abbia preventivamente informato l'ente aggiudicatore della pretesa violazione e della propria intenzione di presentare un ricorso. Articolo 2 1. Gli Stati membri fanno sì che i provvedimenti presi ai fini del ricorso di cui all'articolo 1 prevedano i poteri che permettano: o a) di prendere con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione denunciata o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dall'ente aggiudicatore; e b) di annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nel bando di gara, nell'avviso periodico indicativo, nella comunicazione sull'esistenza di un sistema di qualificazione, nell'invito a presentare l'offerta, nei capitolati d'oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell'appalto; oppure c) di prendere con la massima sollecitudine, se possibile con procedura d'urgenza e se necessario con procedura definitiva, altri provvedimenti, diversi da quelli indicati nelle lettere a) e b), intesi a riparare la violazione e impedire che dei danni siano causati agli interessi in gioco, in particolare la facoltà di imporre il pagamento di una somma determinata nel caso in cui l'infrazione non venga riparata o evitata. Gli Stati membri possono operare la scelta in ordine a tale alternativa per tutti gli enti aggiudicatori o per categorie di enti definite mediante criteri oggettivi, salvaguardando in ogni caso l'efficacia dei provvedimenti previsti allo scopo di impedire che dei danni siano causati agli interressi in gioco; d) e, nei due casi summenzionati, di accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione. Gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato a causa di una decisione presa illegittimamente, se il loro ordinamento giuridico interno lo richiede e se dispone di organi che hanno competenze necessarie a tal fine, la decisione contestata deve per prima cosa essere annullata o dichiarata illegale. 2. I poteri di cui al paragrafo 1 possono essere conferiti ad organi distinti responsabili di aspetti differenti della procedura di ricorso. 3. Le procedure di ricorso non devono necessariamente esercitare, di per sé stesse, effetti sospensivi automatici sulle procedure di aggiudicazione dell'appalto cui si riferiscono. 4. Gli Stati membri possono prevedere che l'organo responsabile, quando esamina l'opportunità di prendere provvedimenti provvisori, possa tener conto delle probabili conseguenze dei provvedimenti stessi per tutti gli interessi che possono essere lesi nonché dell'interesse pubblico e decidere di non accordare tali provvedimenti qualora le conseguenze negative possano superare quelle positive. La decisione di non accordare provvedimenti provvisori non reca pregiudizio agli altri diritti rivendicati dalla persona che chiede tali provvedimenti. 5. L'importo da versare in conformità del paragrafo 1, lettera c) deve essere fissato ad un livello sufficientemente elevato per dissuadere l'ente aggiudicatore dal commettere un'infrazione o dal perseverare in un'infrazione. Il pagamento di questo importo può essere subordinato ad una decisione definitiva da cui risulti che la violazione è stata effettivamente commessa. 6. Gli effetti dell'esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 sul contratto stipulato in seguito all'aggiudicazione dell'appalto sono determinati dal diritto nazionale. Inoltre, fatto salvo il caso in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la stipulazione di un contratto in seguito all'aggiudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione. 7. Qualora venga presentata una richiesta di risarcimento danni in relazione ai costi di preparazione di un'offerta o di partecipazione ad una procedura di aggiudicazione, la persona che avanza tale richiesta è tenuta a provare solamente che vi è violazione del diritto comunitario in materia di appalti o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto e che aveva una possibilità concreta di ottenere l'aggiudicazione dell'appalto, possibilità che, in seguito a tale violazione, è stata compromessa. 8. Gli Stati membri fanno sì che le decisioni prese dagli organi responsabili delle procedure di ricorso possano essere attuate in maniera efficace. 9. Se gli organi responsabili delle procedure di ricorso non sono organi giudiziari, le loro decisioni devono essere sempre motivate per iscritto. In questo caso, inoltre, devono essere adottate disposizioni secondo le quali ogni misura presunta illegittima presa dall'organo di base competente oppure ogni presunta infrazione nell'esercizio dei poteri che gli sono conferiti possa essere oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso presso un altro organo che sia una giurisdizione ai sensi dell'articolo 177 del trattato e che sia indipendente dagli enti aggiudicatori e dall'organo di base. La nomina dei membri di tale organo indipendente e la cessazione del loro mandato sono soggetti a condizioni uguali a quelle applicabili ai giudici per quanto concerne l'autorità responsabile della nomina, la durata del loro mandato e la loro revocabilità. Perlomeno il presidente di tale organo indipendente deve avere le stesse qualifiche giuridiche e professionali di un giudice. L'organo indipendente prende le proprie decisioni all'esito di una procedura in contradditorio e tali decisioni producono, tramite i mezzi determinati da ciascuno Stato membro, effetti giuridici vincolanti. CAPITOLO 2 Attestazione Articolo 3 Gli Stati membri danno la possibilità agli enti aggiudicatori di ricorrere ad un sistema di attestazione conforme agli articoli da 4 a 7. Articolo 4 Gli enti aggiudicatori possono fare esaminare periodicamente le procedure di appalto rientranti nel campo di applicazione della direttiva 90/531/CEE, nonché la relativa attuazione pratica, ai fini di ottenere un attestato che constati la conformità delle medesime, in quel determinato momento, al diritto comunitario in materia di appalto e alle norme nazionali che recepiscono tale diritto. Articolo 5 1. Gli attestatori redigono una relazione scritta per conto degli enti aggiudicatori circa i risultati del loro esame. Prima di rilasciare all'ente aggiudicatorio l'attestato di cui all'articolo 4, gli attestatori si accertano che le carenze eventualmente constatate nelle procedure di appalto e nella relativa attuazione pratica sono state riparate e che sono stati presi provvedimenti per evitarne il ripetersi. 2. Gli enti aggiudicatori che hanno ottenuto un attestato possono includere la seguente dichiarazione nei loro avvisi da pubblicare nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, ai sensi degli articoli 16, 17 e 18 della direttiva 90/531/CEE; «L'ente aggiudicatore ha ottenuto un attestato conforme alla direttiva del Consiglio 92/13/CEE, in base al quale è constatata la conformità, in data . . ., delle sue procedure di appalto, e relativa attuazione pratica, al diritto comunitario in materia di aggiudicazione degli appalti e alle norme nazionali che recepiscono tale diritto.» Articolo 6 1. Gli attestatori sono indipendenti dagli enti aggiudicatori e devono svolgere i loro compiti con la massima oggettività. Essi offrono idonee garanzie in materia di qualifiche ed esperienze professionali pertinenti. 2. Per esercitare le funzioni di attestatore, lo Stato membro può designare persone, professioni o personale di istituzioni che esso ritenga rispondenti ai requisiti del paragrafo 1. A tal fine, lo Stato membro può esigere le qualifiche professionali che ritiene pertinenti e che corrispondono almeno ad un diploma di insegnamento superiore ai sensi della direttiva 89/48/CEE(8) , oppure stabilire che determinati esami di idoneità professionale organizzati o riconosciuti dallo Stato offrono tali garanzie. Articolo 7 Le disposizioni degli articoli 4, 5 e 6 sono da considerarsi requisiti essenziali per l'elaborazione di norme europee riguardanti l'attestazione. CAPITOLO 3 Meccanismo correttore Articolo 8 1. La Commissione può avvalersi delle procedure previste nel presente articolo se, anteriormente alla conclusione di un contratto, essa ritiene che una violazione chiara e manifesta delle disposizioni comunitarie in materia di appalti sia stata commessa in una procedura di aggiudicazione di un appalto disciplinata dalla direttiva 90/531/CEE o in relazione all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a) di tale direttiva per gli enti aggiudicatori a cui si applica detta disposizione. 2. La Commissione notifica allo Stato membro e all'ente aggiudicatore interessati le ragioni per cui ritiene che sia stata commessa una violazione chiara e manifesta e ne domanda la correzione, per mezzo di misure appropriate. 3. Entro i trenta giorni successivi al ricevimento della notifica di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione: a) la conferma che la violazione è stata riparata, o b) una conclusione motivata per spiegare perché non vi sia stata riparazione, o c) una notifica che la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione è stata sospesa dall'ente agiudicatore di propria iniziativa oppure nell'ambito dell'esercizio dei poteri previsti all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). 4. Una conclusione motivata ai sensi del paragrafo 3, lettera b) può tra l'altro fondarsi sul fatto che la violazione denunciata costituisce già oggetto di un ricorso giurisdizionale oppure di un ricorso quale quello di cui all'articolo 2, paragrafo 9. In tal caso lo Stato membro interessato informa la Commissione del risultato di tali procedure non appena ne viene a conoscenza. 5. In caso di notifica che una procedura di aggiudicazione di appalto è stata sospesa conformemente al paragrafo 3, lettera c), lo Stato membro interessato notifica alla Commissione la cessazione della sospensione o l'avvio di un'altra procedura di aggiudicazione d'appalto in parte o del tutto collegata alla procedura precedente. Questa nuova notifica deve confermare che la violazione presunta è stata riparata o includere una conclusione motivata per spiegare perché non vi sia stata riparazione. CAPITOLO 4 Conciliazione Articolo 9 1. Chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto disciplinato dalla direttiva 90/531/CEE e, in relazione alla procedura di aggiudicazione di detto appalto, ritenga di essere o di rischiare di essere leso a causa di una pretesa violazione del diritto comunitario in materia di appalti o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto può chiedere l'applicazione della procedura di conciliazione prevista agli articoli 10 e 11. 2. La richiesta di cui al paragrafo 1 è presentata per iscritto alla Commissione o alle autorità nazionali degli Stati membri elencate nell'allegato. Queste ultime la trasmettono quanto prima alla Commissione. Articolo 10 1. Se la Commissione, in base alla notifica di cui all'articolo 9, ritiene che la vertenza riguarda la corretta applicazione del diritto comunitario, essa invita l'ente aggiudicatore a dichiarare la propria disponibilità a partecipare alla procedura di conciliazione. Se l'ente aggiudicatore rifiuta di parteciparvi, la Commissione informa chi ha presentato la domanda che la procedura non può essere avviata. Se l'ente aggiudicatore dà il proprio accordo, si applicano i paragrafi da 2 a 7. 2. La Commissione propone al più presto un conciliatore iscritto su di una lista di persone indipendenti accreditate a questi fini. Questa lista è stabilita dalla Commissione previa consultazione del comitato consultivo per gli appalti pubblici oppure, nel caso degli enti aggiudicatori le cui attività sono definite nell'articolo 2, paragrafo 2, lettera d) della direttiva 90/531/CEE, il comitato consultivo per gli appalti nel settore delle telecomunicazioni. Ciascuna parte della procedura di conciliazione dichiara se essa accetta il conciliatore e designa un conciliatore supplementare. I conciliatori possono chiedere la partecipazione di un massimo di altre due persone in qualità di esperti destinati a fornire consulenza in merito ai lavori. Le parti delle procedure e la Commissione possono ricusare gli esperti invitati dai conciliatori. 3. I conciliatori devono garantire alla persona che ha chiesto l'applicazione della procedura di conciliazione, all'ente aggiudicatore e a qualsiasi altro candidato od offerente che partecipi alla procedura d'appalto di cui trattasi la possibilità di esporre verbalmente o per iscritto le sue osservazioni. 4. I conciliatori si adoperano per trovare quanto prima un accordo tra le parti, nel rispetto del diritto comunitario. 5. I conciliatori informano la Commissione delle loro conclusioni e dei risultati ai quali sono giunti. 6. La persona che ha domandato l'applicazione della procedura di conciliazione e l'ente aggiudicatore hanno in qualsiasi momento il diritto di porre fine alla procedura. 7. Salvo diversa decisione delle parti, la persona che ha domandato l'applicazione della procedura di conciliazione e l'ente aggiudicatore sopportano le proprie spese. Inoltre sono a loro carico le spese delle procedure, in parti uguali, escluse le spese delle parti intervenenti. Articolo 11 1. Se, in relazione ad una determinata procedura di appalto, una persona interessata ai sensi dell'articolo 9, diversa dalla persona che si avvale della procedura di conciliazione, ha introdotto un ricorso giurisdizionale o un altro ricorso ai sensi della presente direttiva, l'ente aggiudicatore ne informa i conciliatori. I conciliatori devono informare l'interessato che è stata chiesta l'applicazione della procedura di conciliazione, invitandolo a comunicare, entro un determinato limite di tempo, se intende accettare o meno di partecipare alla procedura di conciliazione. Se l'interessato rifiuta di partecipare, i conciliatori possono decidere, eventualmente a maggioranza, di sospendere la procedura di conciliazione qualora ritengano la partecipazione dell'interessato necessaria per la composizione della controversia. Essi notificano tale decisione alla Commissione, motivandola. 2. I provvedimenti adottati a norma del presente capitolo lasciano impregiudicati: a) ogni altra azione cha la Commissione o uno Stato membro possano intraprendere in virtù degli articoli 169 o 170 del trattato o in conformità del capitolo 3 della presente direttiva; b) i diritti di chiunque si avvalga della procedura di conciliazione, dell'ente aggiudicatore o di qualsiasi altro soggetto. CAPITOLO 5 Disposizioni finali Articolo 12 1. Anteriormente alla scadenza di un periodo di quattro anni dall'applicazione della presente direttiva, la Commisione, in consultazione con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, riesamina le modalità di applicazione delle disposizioni della presente direttiva, in particolare l'utilizzazione delle norme europee, e propone, all'occorrenza, le modifiche che ritiene necessarie. 2. Gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione, anteriormente al 1o marzo, informazioni sul funzionamento delle procedure nazionali di ricorso che si sono svolte nell'anno precedente. La Commissione determina, in consultazione con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, la natura di dette informazioni. 3. Per quanto riguarda le questioni relative agli enti aggiudicatori le cui attività sono definite all'articolo 2, paragrafo 2, lettera d) della direttiva 90/531/CEE, la Commissione si rivolge anche al comitato consultivo per gli appalti nel settore delle telecomunicazioni. Articolo 13 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o gennaio 1993. Il Regno di Spagna prende le misure al più tardi il 30 giugno 1995. La Repubblica ellenica e la Repubblica portoghese prendono le misure al più tardi il 30 giugno 1997. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri mettono in vigore le misure di cui al paragrafo 1 e alle stesse date di quelle previste nella direttiva 90/531/CEE. 3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 25 febbraio 1992. Per il Consiglio Il Presidente Vitor MARTINS (1) GU n. C 216 del 31. 8. 1990, pag. 8 e GU n. C 179 del 10. 7. 1991, pag. 18. (2) GU n. C 106 del 22. 4. 1991, pag. 82 e GU n. C 39 del 17. 2. 1992. (3) GU n. C 60 dell'8. 3. 1991, pag. 16. (4) GU n. L 297 del 29. 10. 1990, pag. 1. (5) GU n. L 395 del 30. 12. 1989, pag. 33. (6) GU n. L 185 del 16. 8. 1971, pag. 5. (7) GU n. L 13 del 15. 1. 1977, pag. 1. (8) GU n. L 19 del 24. 1. 1989, pag. 16. ALLEGATO Autorità nazionali cui possono essere indirizzate le domande di applicazione della procedura di conciliazione di cui all'articolo 9 Belgio Services du Premier Ministre Diensten Van de Eerste Minister Ministère des Affaires économiques Ministerie van Economische Zaken Danimarca Industri - og Handelsstyrelsen (per le forniture) Boligsministeriet (per i lavori) Germania Bundesministerium fuer Wirtschaft Grecia Ministère de l'industrie, de l'énergie et de la technologie Ministère du commerce Ministère de l'environnement, de l'aménagement du territoire et des travaux publics Spagna Ministerio de Economia y Hacienda Francia Commission centrale des marchés Irlanda Department of Finance Italia Presidenza del Consiglio dei ministri - Politiche comunitarie Lussemburgo Ministère des travaux publics Paesi Bassi Ministerie van Economische Zaken Portogallo Conselho de mercados de obras publicas e particulares Regno Unito H. M. Treasury | Aggiudicazione degli appalti pubblici e delle concessioni (acqua, energia, trasporti e telecomunicazioni)
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Obbliga i paesi dell’UE a garantire che le decisioni in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici e dei contratti di concessioni nel settore dei servizi pubblici, così come le decisioni procedurali preliminari in tale contesto, possano essere oggetto di un ricorso efficace e quanto più rapido possibile qualora tali decisioni abbiano violato il diritto comunitario degli appalti pubblici.
PUNTI CHIAVE
La direttiva 92/13/CEE si applica agli appalti pubblici e alle concessioni nel settore dei servizi pubblici che rientrano nel campo di applicazione delle relative norme sostanziali [direttiva 2014/23/UE (si veda la sintesi) e direttiva 2014/25/UE (si veda la sintesi), che sostituisce la direttiva 2004/17/CE a decorrere dal 18 aprile 2016]. I paesi dell’UE devono garantire che le procedure di ricorso siano accessibili per lo meno a chiunque abbia, o abbia avuto, interesse ad aggiudicarsi un determinato appalto e che sia stato, o rischi di essere, leso a causa di una violazione denunciata. La direttiva 92/13/CEE consente l’avvio di azioni sia prima che dopo la firma del contratto (misure correttive precontrattuali e postcontrattuali).Le misure correttive precontrattuali sono volte a correggere le violazioni delle norme sulle forniture pubbliche nel corso della procedura di gara e, in ogni caso, prima che il contratto venga perfezionato. Includono il diritto a provvedimenti provvisori, un termine sospensivo obbligatorio e l’obbligo di sospendere la procedura di aggiudicazione, mentre il ricorso è oggetto di indagine, per impedire l’aggiudicazione dell’appalto.Le misure correttive postcontrattuali mirano a dichiarare l’invalidità di un contratto in vigore e/o a risarcire le parti interessate (principalmente i danni) dopo che il contratto in questione sia stato aggiudicato. La direttiva 92/13/CEE è stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche, principalmente per estendere il campo di applicazione della direttiva 92/13/CEE alle concessioni di cui alla direttiva 2014/23/UE e per aggiornare i riferimenti alle norme sostanziali sugli appalti pubblici di cui alla direttiva 2014/25/UE. La direttiva 89/665/CEE (si veda la sintesi) è l’equivalente della direttiva 92/13/CEE per il settore pubblico ed è stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche per le proprie necessità e per quelle della direttiva 2014/24/UE (si veda la sintesi).
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 6 marzo 1992 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 1 gennaio 1993.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Direttive sulle procedure di ricorso (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 14).
Le modifiche successive alla direttiva 92/13/CEE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243).
Si veda la versione consolidata. | 9,743 | 588 |
32006R1896 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 1896/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 12 dicembre 2006
che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2),
considerato quanto segue:
(1)
La Comunità si prefigge l’obiettivo di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. Per realizzare gradualmente tale spazio la Comunità deve adottare, tra l’altro, le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile aventi implicazioni transfrontaliere, necessarie al corretto funzionamento del mercato interno.
(2)
Ai sensi dell’articolo 65, lettera c) del trattato, tali misure includono l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri.
(3)
Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha invitato il Consiglio e la Commissione a predisporre una nuova legislazione sugli elementi funzionali ad una cooperazione giudiziaria agevole e ad un migliore accesso alla legislazione, facendo specifico riferimento, in tale contesto, agli ordini di pagamento.
(4)
Il 30 novembre 2000 il Consiglio ha adottato un programma comune della Commissione e del Consiglio relativo all’attuazione del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni in materia civile e commerciale (3). Il programma prevede la possibilità di un procedimento speciale, uniforme e armonizzato volto ad ottenere una decisione giudiziaria, istituito in seno alla Comunità in settori specifici compreso quello dei crediti non contestati. Ciò è stato portato avanti nel programma dell'Aia, adottato dal Consiglio europeo del 5 novembre 2004, che invita a proseguire attivamente i lavori relativi all'ingiunzione di pagamento europea.
(5)
La Commissione ha adottato il 20 dicembre 2002 il libro verde sul procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento e sulle misure atte a semplificare ed accelerare il contenzioso in materia di controversie di modesta entità. Il Libro verde ha avviato consultazioni sui possibili obiettivi e sulle possibili caratteristiche di un procedimento europeo uniforme o armonizzato per il recupero dei crediti non contestati.
(6)
Il recupero rapido ed efficace dei crediti che non sono oggetto di una controversia giuridica riveste un’importanza primaria per gli operatori economici dell’Unione europea, in quanto i ritardi di pagamento rappresentano una delle principali cause di insolvenza che minaccia la sopravvivenza delle aziende, in particolare le piccole e medie imprese, e che è all’origine della perdita di numerosi posti di lavoro.
(7)
Tutti gli Stati membri tentano di affrontare la questione del recupero in massa dei crediti non contestati, la maggioranza di essi elaborando un procedimento di ingiunzione di pagamento semplificato, ma sia il contenuto delle legislazioni nazionali sia i risultati dei procedimenti nazionali variano in misura sostanziale. I procedimenti attualmente vigenti, inoltre, sono spesso inammissibili o impraticabili nei casi di natura transfrontaliera.
(8)
I conseguenti ostacoli all’accesso ad una giustizia efficiente nei casi di natura transfrontaliera e la distorsione di concorrenza nel mercato interno causata dallo squilibrio nel funzionamento dei mezzi procedurali a disposizione dei creditori nei diversi Stati membri determinano l’esigenza di una normativa comunitaria che garantisca parità di condizioni per i creditori ed i debitori in tutta l’Unione europea.
(9)
Il presente regolamento intende semplificare, accelerare e ridurre i costi dei procedimenti per le controversie transfrontaliere in materia di crediti pecuniari non contestati, istituendo un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento e assicurare la libera circolazione in tutti gli Stati membri dell'ingiunzione di pagamento europea definendo norme minime il cui rispetto rende superflui, nello Stato membro di esecuzione, procedimenti intermedi per il riconoscimento e l'esecuzione.
(10)
Il procedimento previsto dal presente regolamento dovrebbe costituire un mezzo supplementare e facoltativo per il ricorrente, che rimane libero di avvalersi delle procedure previste dal diritto nazionale. Pertanto il presente regolamento non sostituisce né armonizza i meccanismi vigenti di recupero dei crediti non contestati previsti dalla legislazione nazionale.
(11)
Il procedimento dovrebbe basarsi il più possibile sull’utilizzo di moduli standard nella comunicazione tra il giudice e le parti per facilitarne la gestione e consentire il ricorso all’elaborazione automatizzata dei dati.
(12)
Al momento di decidere quali giudici siano competenti ad emettere un'ingiunzione di pagamento europea, gli Stati membri dovrebbero tenere in debito conto l'esigenza di garantire l'accesso alla giustizia.
(13)
Nella domanda d'ingiunzione di pagamento europea, il ricorrente è obbligato a fornire informazioni sufficienti ad identificare chiaramente la richiesta e la relativa giustificazione in modo da consentire al convenuto di scegliere in piena cognizione di causa se presentare opposizione o non contestare il credito.
(14)
In questo contesto il ricorrente dovrebbe essere tenuto a inserire una descrizione delle prove a sostegno della domanda. A tal fine il modulo di domanda dovrebbe includere un elenco il più completo possibile di tipi di prove generalmente presentate a sostegno dei crediti pecuniari.
(15)
La presentazione di una domanda di ingiunzione di pagamento europea dovrebbe comportare il pagamento delle eventuali spese di giudizio.
(16)
Il giudice dovrebbe valutare la domanda, compresa la questione della competenza giurisdizionale e la descrizione delle prove, sulla base delle informazioni fornite nel modulo di domanda. Ciò consentirebbe al giudice di valutare prima facie il merito della domanda e, tra l'altro, di escludere crediti manifestamente infondati o domande irricevibili. Non dovrebbe essere necessario che sia un giudice ad effettuare l'esame.
(17)
Il rifiuto della domanda non dovrebbe essere impugnabile. Ciò non esclude tuttavia un eventuale riesame della decisione di rifiuto della domanda allo stesso livello giurisdizionale, conformemente alla legislazione nazionale.
(18)
L'ingiunzione di pagamento europea dovrebbe informare il convenuto della possibilità di versare al ricorrente l'importo stabilito oppure, in caso di contestazione, di presentare opposizione entro il termine di 30 giorni. Oltre alle informazioni complete sul credito fornite dal ricorrente, il convenuto dovrebbe essere informato della portata giuridica dell'ingiunzione di pagamento europea ed in particolare delle conseguenze derivanti dalla mancata contestazione del credito.
(19)
Di fronte alle diversità che esistono tra gli Stati membri relativamente alle norme di procedura civile, e in particolare quelle relative alla notificazione di documenti, è necessario definire in modo specifico e dettagliato le norme minime da applicare nell'ambito della procedura relativa all'ingiunzione di pagamento europea. In particolare, in ordine all'osservanza di tali norme minime, qualsiasi forma di notificazione basata su una fictio iuris non dovrebbe essere considerata sufficiente al fine della notificazione dell'ingiunzione di pagamento europea.
(20)
Tutti i metodi di notificazione elencati agli articoli 13 e 14 sono caratterizzati o dall'assoluta certezza (articolo 13), o da un grado assai elevato di verosimiglianza (articolo 14) che il documento notificato è pervenuto al destinatario.
(21)
La notificazione in mani proprie a persone diverse dal convenuto stesso a norma dell'articolo 14, paragrafo 1, lettere a) e b) dovrebbe essere considerata come rispondente ai requisiti di cui a tali norme soltanto se le suddette persone hanno effettivamente accettato/ricevuto l'ingiunzione di pagamento europea.
(22)
L'articolo 15 dovrebbe applicarsi alle situazioni nelle quali il convenuto non può stare in giudizio personalmente, come nel caso di una persona giuridica, e alle situazioni nelle quali un rappresentante è indicato dalla legge, nonché a quelle nelle quali il convenuto ha autorizzato un'altra persona, in particolare un legale, a rappresentarlo nello specifico procedimento in corso.
(23)
Il convenuto può presentare opposizione utilizzando il modulo standard descritto nel presente regolamento. I giudici dovrebbero tuttavia tener conto di qualsiasi altra forma di opposizione scritta se espressa in modo chiaro.
(24)
L'opposizione presentata entro il termine dovrebbe interrompere il procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento e determinare il trasferimento automatico del caso ad un procedimento civile ordinario a meno che il ricorrente abbia esplicitamente richiesto in tal caso l'estinzione del procedimento. Ai fini del presente regolamento la nozione di procedimento civile ordinario non dovrebbe essere necessariamente interpretata secondo il diritto nazionale.
(25)
Scaduto il termine per presentare opposizione, in alcuni casi eccezionali il convenuto dovrebbe avere il diritto di chiedere il riesame dell'ingiunzione di pagamento europea. Il riesame in casi eccezionali non significa che il convenuto debba avere una seconda possibilità di contestare il credito. Durante la procedura di riesame il merito della domanda non dovrebbe essere valutato al di là dei motivi risultanti dalle circostanze eccezionali invocate dal convenuto. Tra le altre circostanze eccezionali potrebbe figurare il caso in cui l'ingiunzione di pagamento europea sia fondata su informazioni false fornite nel modulo di domanda.
(26)
Le spese di giudizio di cui all'articolo 25 non dovrebbero includere, ad esempio, gli onorari degli avvocati o i costi di notificazione dei documenti da parte di un'entità diversa dal giudice.
(27)
Un'ingiunzione di pagamento europea emessa in uno Stato membro e divenuta esecutiva dovrebbe essere trattata, ai fini dell'esecuzione, come se fosse stata emessa nello Stato membro in cui viene richiesta l'esecuzione. La reciproca fiducia nell'amministrazione della giustizia negli Stati membri giustifica che la sussistenza dei requisiti richiesti per l'emissione di un'ingiunzione di pagamento europea sia accertata dal giudice di uno Stato membro e che l'ingiunzione sia resa esecutiva in tutti gli altri Stati membri senza che sia necessario il controllo giurisdizionale della corretta applicazione delle norme minime procedurali nello Stato membro di esecuzione. Le procedure relative alla sua esecuzione dovrebbero continuare ad essere disciplinate dalla legislazione nazionale, fatte salve le disposizioni del presente regolamento, in particolare le norme minime stabilite dall'articolo 22, paragrafi 1 e 2 e dall'articolo 23.
(28)
Per calcolare i termini si dovrebbe applicare il regolamento (CEE, Euratom) n. 1182/71 del Consiglio, del 3 giugno 1971, che stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini (4). Il convenuto dovrebbe essere informato di ciò e dovrebbe essere avvertito che si tiene conto dei giorni festivi dello Stato membro del giudice che rilascia l'ingiunzione di pagamento europea.
(29)
Poiché l'obiettivo del presente regolamento, in particolare l'istituzione di un meccanismo uniforme, rapido ed efficace per il recupero dei crediti pecuniari non contestati in tutta l'Unione europea, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti del presente regolamento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(30)
Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(31)
A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito e l'Irlanda hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione e all'applicazione del presente regolamento.
(32)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione del presente regolamento e non è vincolata da esso, né è soggetta alla sua applicazione,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
1. Il presente regolamento intende
a)
semplificare, accelerare e ridurre i costi dei procedimenti per le controversie transfrontaliere in materia di crediti pecuniari non contestati, istituendo un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento,
e
b)
assicurare la libera circolazione in tutti gli Stati membri dell'ingiunzione di pagamento europea definendo norme minime il cui rispetto rende superflui, nello Stato membro di esecuzione, procedimenti intermedi per il riconoscimento e l'esecuzione.
2. Il presente regolamento non impedisce a un ricorrente di intentare un procedimento a norma dell'articolo 4 utilizzando qualunque altro procedimento disponibile ai sensi della legislazione di uno Stato membro o della legislazione comunitaria.
Articolo 2
Campo di applicazione
1. Il presente regolamento si applica, nelle controversie transfrontaliere, in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativa, né la responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell'esercizio di pubblici poteri («acta iure imperii»).
2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:
a)
il regime patrimoniale fra coniugi o i regimi assimilati, i testamenti e le successioni;
b)
i fallimenti, i concordati e le procedure affini;
c)
la sicurezza sociale;
d)
i crediti derivanti da obblighi extracontrattuali, salvo se
i)
sono stati oggetto di accordo tra le parti o se vi è stata ammissione di debito,
o
ii)
riguardano debiti liquidi risultanti da comproprietà di un bene.
3. Nel presente regolamento per «Stato membro» si intende qualsiasi Stato membro ad eccezione della Danimarca.
Articolo 3
Controversie transfrontaliere
1. Ai fini del presente regolamento si definisce transfrontaliera una controversia in cui almeno una delle parti ha domicilio o residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello del giudice adito.
2. Il domicilio è determinato conformemente agli articoli 59 e 60 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (6).
3. La data di riferimento per stabilire se esiste una controversia transfrontaliera è la data di presentazione della domanda di ingiunzione di pagamento europea in conformità del presente regolamento.
Articolo 4
Procedimento europeo di ingiunzione di pagamento
Il procedimento europeo di ingiunzione di pagamento è istituito per il recupero di crediti pecuniari di uno specifico importo esigibili alla data in cui si propone la domanda di ingiunzione di pagamento europea.
Articolo 5
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
1.
«Stato membro d'origine»: lo Stato membro nel quale è emessa un'ingiunzione di pagamento europea;
2.
«Stato membro di esecuzione»: lo Stato membro nel quale è richiesta l'esecuzione dell'ingiunzione di pagamento europea;
3.
«giudice»: qualsiasi autorità dello Stato membro competente per l'ingiunzione di pagamento europea o per qualsiasi altra materia connessa;
4.
«giudice d'origine»: il giudice che emette l'ingiunzione di pagamento europea.
Articolo 6
Competenza giurisdizionale
1. Ai fini dell'applicazione del presente regolamento, la competenza giurisdizionale è determinata conformemente alle norme di diritto comunitario applicabili in materia, segnatamente il regolamento (CE) n. 44/2001.
2. Tuttavia, qualora la domanda si riferisca ad un contratto concluso da una persona, il consumatore, per una finalità che può essere considerata estranea alla sua professione, e ove il convenuto sia il consumatore, sono competenti solo i giudici dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato, ai sensi dell'articolo 59 del regolamento (CE) n. 44/2001.
Articolo 7
Domanda d'ingiunzione di pagamento europea
1. La domanda d'ingiunzione di pagamento europea è presentata utilizzando il modulo standard A riprodotto nell'Allegato I.
2. Nella domanda sono indicati:
a)
il nome e l'indirizzo delle parti e, se del caso, dei loro rappresentanti, nonché del giudice a cui è presentata la domanda;
b)
l'importo del credito, compreso il capitale e, se del caso, gli interessi, le penalità contrattuali e le spese;
c)
qualora siano richiesti interessi sul credito, il tasso d'interesse ed il periodo di tempo per il quale gli interessi sono richiesti, a meno che non venga aggiunto automaticamente al capitale un tasso d'interesse legale ai sensi della legislazione dello Stato membro d'origine;
d)
il fondamento dell'azione, compresa una descrizione delle circostanze invocate come base del credito e, se del caso, degli interessi richiesti;
e)
una descrizione delle prove a sostegno della domanda;
f)
i motivi della competenza giurisdizionale;
e
g)
il carattere transfrontaliero della controversia a norma dell'articolo 3.
3. Nella domanda il ricorrente dichiara di fornire in coscienza e in fede informazioni veritiere e riconosce che dichiarazioni deliberatamente false potrebbero comportare penalità adeguate in base alla legislazione dello Stato membro d'origine.
4. In appendice alla domanda il ricorrente può indicare al giudice di essere contrario al passaggio al procedimento ordinario a norma dell'articolo 17 in caso di opposizione da parte del convenuto. Ciò non impedisce al ricorrente di informarne il giudice anche successivamente, ma in ogni caso prima che sia emessa l'ingiunzione.
5. La domanda è presentata su supporto cartaceo o tramite qualsiasi altro mezzo di comunicazione, anche elettronico, accettato dallo Stato membro d'origine e di cui dispone il giudice d'origine.
6. La domanda è firmata dal ricorrente o, se del caso, dal suo rappresentante. Quando è presentata in forma elettronica, conformemente al paragrafo 5, la domanda è firmata a norma dell'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche (7). Tale firma è riconosciuta nello Stato membro d'origine senza che sia possibile imporre condizioni supplementari.
Tuttavia, detta firma elettronica non è richiesta se e nella misura in cui esiste, presso i giudici dello Stato membro d'origine, un sistema di comunicazione elettronica alternativo che sia a disposizione di un determinato gruppo di utenti autenticati preregistrati e permetta di identificare tali utenti in modo sicuro. Gli Stati membri informano la Commissione di tali sistemi di comunicazione.
Articolo 8
Esame della domanda
Il giudice a cui è presentata la domanda d'ingiunzione di pagamento europea valuta, quanto prima e sulla scorta del contenuto del modulo di domanda, se siano soddisfatte le condizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 6 e 7 e se il credito sia fondato. Tale esame può essere effettuato mediante una procedura automatizzata.
Articolo 9
Completamento e rettifica della domanda
1. In caso di mancato rispetto dei requisiti di cui all'articolo 7 e a meno che il credito sia manifestamente infondato o la domanda irricevibile, il giudice dà al ricorrente la possibilità di completare o rettificare la domanda. Il giudice utilizza il modulo standard B riprodotto nell'Allegato II.
2. Se chiede al ricorrente di completare o rettificare la domanda, il giudice stabilisce il termine che ritiene adeguato nella fattispecie. Il giudice può, a sua discrezione, prorogare tale termine.
Articolo 10
Modifica della domanda
1. Se le condizioni di cui all'articolo 8 sono soddisfatte solo per una parte della domanda, il giudice ne informa il ricorrente mediante il modulo standard C riprodotto nell'Allegato III. Il ricorrente è invitato ad accettare o rifiutare una proposta d'ingiunzione di pagamento europea per l'importo specificato dal giudice ed è informato delle conseguenze della sua decisione. Il ricorrente risponde rinviando il modulo standard C spedito dal giudice entro un termine stabilito dal giudice conformemente all'articolo 9, paragrafo 2.
2. Se il ricorrente accetta la proposta del giudice, questi emette un'ingiunzione di pagamento europea conformemente all'articolo 12, per la parte della domanda accettata dal ricorrente. Le conseguenze relative alla restante parte della domanda iniziale sono disciplinate dalla legislazione nazionale.
3. Se il ricorrente non invia la sua risposta entro il termine stabilito dal giudice o rifiuta la proposta del giudice, questi respinge in toto la domanda di ingiunzione di pagamento europea.
Articolo 11
Rigetto della domanda
1. Il giudice rigetta la domanda se:
a)
non sono soddisfatte le condizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 6 e 7;
oppure
b)
il credito è manifestamente infondato;
oppure
c)
il ricorrente non invia la propria risposta entro il termine stabilito dal giudice, ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2;
oppure
d)
il ricorrente non invia la propria risposta entro il termine stabilito dal giudice o respinge la proposta del giudice a norma dell'articolo 10.
Il ricorrente è informato sulle cause del rigetto mediante il modulo standard D riprodotto nell'Allegato IV.
2. Il rigetto della domanda non può formare oggetto di impugnazione.
3. Il rigetto della domanda non impedisce al ricorrente di intentare il procedimento presentando una nuova domanda d'ingiunzione di pagamento europea o utilizzando qualunque altro procedimento disponibile ai sensi della legislazione di uno Stato membro.
Articolo 12
Emissione di un'ingiunzione di pagamento europea
1. Se sono soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 8, il giudice emette quanto prima, di norma entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, un'ingiunzione di pagamento europea utilizzando il modulo standard E riprodotto nell'Allegato V.
Il periodo di 30 giorni non comprende i tempi utilizzati dal ricorrente per completare, rettificare o modificare la domanda.
2. L'ingiunzione di pagamento europea viene emessa insieme a una copia del modulo di domanda. Non contiene le informazioni fornite dal ricorrente nelle appendici 1 e 2 del modulo A.
3. Nell'ingiunzione di pagamento europea il convenuto è informato della possibilità di:
a)
pagare al ricorrente l'importo indicato nell'ingiunzione;
oppure
b)
opporsi all'ingiunzione presentando opposizione dinanzi al giudice d'origine, da inviare entro 30 giorni che decorrono dal momento in cui l'ingiunzione è stata notificata al convenuto.
4. Nell'ingiunzione di pagamento europea il convenuto è informato del fatto che:
a)
l'ingiunzione è stata emessa soltanto in base alle informazioni fornite dal ricorrente e non verificate dal giudice;
b)
l'ingiunzione acquista forza esecutiva salvo nel caso in cui sia stata presentata opposizione dinanzi al giudice conformemente all'articolo 16;
c)
se è presentata opposizione, il procedimento prosegue dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d'origine applicando le norme di procedura civile ordinaria, a meno che il ricorrente non abbia esplicitamente richiesto in tal caso l'estinzione del procedimento.
5. Il giudice garantisce che l'ingiunzione sia notificata al convenuto in conformità della legislazione nazionale, secondo un metodo conforme alle norme minime di cui agli articoli 13, 14 e 15.
Articolo 13
Notifica con prova di ricevimento da parte del convenuto
L'ingiunzione di pagamento europea può essere notificata al convenuto, conformemente al diritto nazionale dello Stato dove avrà luogo la notifica, secondo una delle seguenti forme:
a)
notifica in mani proprie, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata e sottoscritta dal convenuto;
b)
notifica in mani proprie, attestata da un documento firmato dalla persona competente che ha provveduto alla notifica, in cui si dichiara che il convenuto ha ricevuto l'atto o ha rifiutato di riceverlo senza alcuna giustificazione legale e con l'indicazione della data della notifica;
c)
notifica a mezzo posta, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal convenuto;
d)
notifica con mezzi elettronici, in particolare mediante telecopia (facsimile) o posta elettronica, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal convenuto.
Articolo 14
Notifica senza prova di ricevimento da parte del convenuto
1. L'ingiunzione di pagamento europea può anche essere notificata al convenuto conformemente al diritto nazionale dello Stato membro dove avrà luogo la notifica secondo una delle seguenti forme:
a)
notifica in mani proprie, presso l'indirizzo personale del convenuto, a persona con esso convivente o che lavori come dipendente nell'abitazione del convenuto;
b)
se il convenuto è un lavoratore autonomo, o una persona giuridica, notifica in mani proprie nei suoi locali commerciali a una persona alle dipendenze del convenuto;
c)
deposito dell'ingiunzione nella cassetta delle lettere del convenuto;
d)
deposito dell'ingiunzione presso un ufficio postale o un'autorità pubblica competente e relativa comunicazione scritta depositata nella cassetta delle lettere del convenuto, purché dalla comunicazione scritta risulti chiaramente la natura giudiziaria dell'atto o il fatto che tale comunicazione ha l'efficacia legale della notifica e che determina la decorrenza dei termini ai fini del calcolo della loro scadenza;
e)
notifica a mezzo posta senza avviso di ricevimento conformemente al paragrafo 3, laddove il convenuto è domiciliato nello Stato membro d'origine;
f)
notifica con mezzi elettronici attestata da conferma automatica della trasmissione, a condizione che il convenuto abbia preventivamente accettato in modo esplicito questo metodo di notifica.
2. Ai fini del presente regolamento la notifica di cui al paragrafo 1 non è ammissibile se l'indirizzo del convenuto non è conosciuto con certezza.
3. La notifica ai sensi del paragrafo 1, lettere a), b), c) e d) è attestata da:
a)
un atto, sottoscritto dalla persona competente che ha provveduto alla notifica, che certifica quanto segue:
i)
la forma di notifica,
e
ii)
la data in cui è stata effettuata,
e
iii)
se l'ingiunzione è stata notificata a persona diversa dal convenuto, il nome di questa persona e il suo legame con il convenuto stesso,
oppure
b)
una dichiarazione di ricevimento sottoscritta dalla persona cui è stata effettuata la notifica, ai fini del paragrafo 1, lettere a) e b).
Articolo 15
Notifica ad un rappresentante
La notifica ai sensi degli articoli 13 o 14 può anche essere effettuata ad un rappresentante del convenuto.
Articolo 16
Opposizione all'ingiunzione di pagamento europea
1. Il convenuto può presentare opposizione all'ingiunzione di pagamento europea dinanzi al giudice d'origine utilizzando il modulo standard F riprodotto nell'Allegato VI, che gli viene consegnato unitamente all'ingiunzione di pagamento europea.
2. Il termine per l'invio dell'opposizione è di 30 giorni che decorrono dal momento in cui l'ingiunzione è stata notificata al convenuto.
3. Il convenuto indica nell'opposizione che contesta il credito senza essere tenuto a precisarne le ragioni.
4. La domanda è presentata su supporto cartaceo o tramite qualsiasi altro mezzo di comunicazione, anche elettronico, accettato dallo Stato membro d'origine e di cui dispone il giudice d'origine.
5. L'opposizione reca la firma del convenuto o, se del caso, del suo rappresentante. Quando è presentata in forma elettronica conformemente al paragrafo 4, l'opposizione è firmata a norma dell'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 1999/93/CE. Tale firma è riconosciuta nello Stato membro d'origine senza che sia possibile imporre condizioni supplementari.
Tuttavia, detta firma elettronica non è richiesta se e nella misura in cui esiste, presso i giudici dello Stato membro d'origine, un sistema di comunicazione elettronica alternativo che sia a disposizione di un determinato gruppo di utenti autenticati preregistrati e permetta di identificare tali utenti in modo sicuro. Gli Stati membri informano la Commissione di tali sistemi di comunicazione.
Articolo 17
Effetti della presentazione di un'opposizione
1. Se l'opposizione è presentata entro il termine stabilito all'articolo 16, paragrafo 2, il procedimento prosegue dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d'origine applicando le norme di procedura civile ordinaria, a meno che il ricorrente non abbia esplicitamente richiesto in tal caso l'estinzione del procedimento.
Qualora il ricorrente abbia perseguito il recupero del credito attraverso la procedura d'ingiunzione di pagamento europea, nessuna disposizione del diritto nazionale può pregiudicare la sua posizione nel successivo procedimento civile ordinario.
2. Il passaggio al procedimento civile ordinario ai sensi del paragrafo 1 è disciplinato dalla legge dello Stato membro d'origine.
3. Il ricorrente è informato dell'eventuale opposizione presentata dal convenuto e dell'eventuale passaggio al procedimento civile ordinario.
Articolo 18
Forza esecutiva
1. Se al giudice di origine non è stata presentata opposizione entro il termine fissato nell'articolo 16, paragrafo 2, tenuto conto di un lasso di tempo adeguato affinché la domanda di opposizione arrivi a destinazione, il giudice d'origine dichiara, senza ritardo, esecutiva l'ingiunzione di pagamento europea, utilizzando il modulo standard G riprodotto nell'Allegato VII. Il giudice verifica la data della notifica.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, le condizioni formali per l'acquisto della forza esecutiva sono disciplinate dalla legge dello Stato membro d'origine.
3. Il giudice trasmette al ricorrente l'ingiunzione di pagamento europea dichiarata esecutiva.
Articolo 19
Abolizione dell'exequatur
L'ingiunzione di pagamento europea divenuta esecutiva nello Stato membro d'origine è riconosciuta ed eseguita negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento.
Articolo 20
Riesame in casi eccezionali
1. Scaduto il termine di cui all'articolo 16, paragrafo 2, il convenuto ha il diritto di chiedere il riesame dell'ingiunzione di pagamento europea dinanzi al giudice competente dello Stato membro di origine se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a)
i)
l'ingiunzione di pagamento è stata notificata secondo una delle forme previste all'articolo 14,
e
ii)
la notifica non è stata effettuata in tempo utile a consentirgli di presentare le proprie difese per ragioni a lui non imputabili,
oppure
b)
il convenuto non ha avuto la possibilità di contestare il credito a causa di situazioni di forza maggiore o di circostanze eccezionali per ragioni a lui non imputabili,
purché in entrambi i casi agisca tempestivamente.
2. Scaduto il termine di cui all'articolo 16, paragrafo 2, il convenuto ha altresì il diritto di chiedere il riesame dell'ingiunzione di pagamento europea dinanzi al giudice competente dello Stato membro di origine se l'ingiunzione di pagamento risulta manifestamente emessa per errore, tenuto conto dei requisiti previsti dal presente regolamento, o a causa di circostanze eccezionali.
3. Se il giudice respinge la domanda del convenuto in base al fatto che nessuno dei motivi di riesame di cui ai paragrafi 1 e 2 è applicabile, l'ingiunzione di pagamento europea resta esecutiva.
Se il giudice decide che il riesame si giustifica per uno dei motivi di cui ai paragrafi 1 e 2, l'ingiunzione di pagamento europea è nulla.
Articolo 21
Esecuzione
1. Fatte salve le disposizioni del presente regolamento, i procedimenti di esecuzione sono disciplinati dalla legge dello Stato membro di esecuzione.
Un'ingiunzione di pagamento europea divenuta esecutiva è eseguita alle stesse condizioni di una decisione esecutiva emessa nello Stato membro di esecuzione.
2. Per l'esecuzione in un altro Stato membro, il ricorrente fornisce alle competenti autorità incaricate dell'applicazione della legge di tale Stato membro:
a)
una copia dell'ingiunzione di pagamento europea dichiarata esecutiva dal giudice d'origine, che presenti le condizioni necessarie per stabilire la sua autenticità,
e
b)
ove richiesto, una traduzione dell'ingiunzione di pagamento europea nella lingua ufficiale dello Stato membro di esecuzione oppure, ove tale Stato abbia più lingue ufficiali, nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali del procedimento giudiziario del luogo in cui è chiesta l'esecuzione, conformemente al diritto dello Stato membro in questione, o in un'altra lingua che lo Stato membro di esecuzione abbia dichiarato di accettare. Ciascuno Stato membro può indicare quale lingua o quali lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione europea diverse dalla sua possono essere accettate per l'ingiunzione di pagamento europea. La traduzione è autenticata da una persona a tal fine abilitata in uno degli Stati membri.
3. Al ricorrente che in uno Stato membro chieda l'esecuzione di un'ingiunzione di pagamento europea emessa in un altro Stato membro non sono richiesti cauzioni, garanzie o depositi, comunque siano denominati, per il fatto di essere straniero/a o per difetto di domicilio o residenza nello Stato membro di esecuzione.
Articolo 22
Rifiuto dell'esecuzione
1. Su istanza del convenuto l'esecuzione è rifiutata dal giudice competente dello Stato membro di esecuzione se l'ingiunzione di pagamento europea è incompatibile con una decisione o ingiunzione emessa anteriormente in uno Stato membro o in un paese terzo, quando:
a)
la decisione o ingiunzione anteriore riguarda una causa avente lo stesso oggetto e le stesse parti,
e
b)
la decisione o ingiunzione anteriore soddisfa le condizioni necessarie per il suo riconoscimento nello Stato membro di esecuzione,
e
c)
il convenuto non avrebbe avuto la possibilità di far valere l'incompatibilità nel procedimento nello Stato membro d'origine.
2. L'esecuzione è rifiutata, su istanza del convenuto, anche nel caso e nella misura in cui quest'ultimo abbia versato al ricorrente l'importo previsto nell'ingiunzione di pagamento europea.
3. In nessun caso l'ingiunzione di pagamento europea può formare oggetto di un riesame del merito nello Stato membro di esecuzione.
Articolo 23
Limitazione o sospensione dell'esecuzione
Se il convenuto ha chiesto il riesame ai sensi dell'articolo 20, il giudice competente dello Stato membro di esecuzione può, su istanza del convenuto:
a)
limitare il procedimento di esecuzione ai provvedimenti conservativi,
o
b)
subordinare l'esecuzione alla costituzione di una cauzione di cui determina l'importo,
o
c)
in circostanze eccezionali sospendere il procedimento di esecuzione.
Articolo 24
Assistenza legale
La rappresentanza da parte di un avvocato o di altro professionista del settore legale non è obbligatoria:
a)
né per il ricorrente relativamente all'ingiunzione di pagamento europea,
b)
né per il convenuto relativamente all'opposizione contro un'ingiunzione di pagamento europea.
Articolo 25
Spese di giudizio
1. Le spese di giudizio combinate dell'ingiunzione di pagamento europea e del procedimento civile ordinario avviato a seguito dell'opposizione contro detta ingiunzione in uno Stato membro non superano le spese di giudizio di un procedimento civile ordinario non preceduto dal procedimento europeo di ingiunzione di pagamento in tale Stato membro.
2. Ai fini del presente regolamento, le spese di giudizio comprendono spese e diritti da pagarsi al giudice, il cui importo è stabilito in conformità della legislazione nazionale.
Articolo 26
Rapporto con le norme processuali nazionali
Tutte le questioni procedurali non trattate specificamente dal presente regolamento sono disciplinate dal diritto nazionale.
Articolo 27
Relazione con il regolamento (CE) n. 1348/2000
Il presente regolamento non pregiudica l'applicazione del regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio del 29 maggio 2000 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (8).
Articolo 28
Informazioni relative alle spese di notifica e all'esecuzione
Gli Stati membri collaborano nell'informare i cittadini e gli ambienti professionali circa:
a)
le spese di notifica dei documenti,
e
b)
le autorità competenti per l'esecuzione, ai fini dell'applicazione degli articoli 21, 22 e 23,
in particolare attraverso la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, istituita con decisione 2001/470/CE del Consiglio del 28 maggio 2001 (9).
Articolo 29
Informazioni relative alla giurisdizione, ai procedimenti di riesame, ai mezzi di comunicazione e alle lingue
1. Entro il 12 giugno 2008, gli Stati membri comunicano alla Commissione:
a)
i giudici competenti ad emettere l'ingiunzione di pagamento europea;
b)
il procedimento di riesame e i giudici competenti ai fini dell'applicazione dell'articolo 20;
c)
i mezzi di comunicazione accettati ai fini dell'ingiunzione di pagamento europea e di cui dispongono i giudici;
d)
le lingue accettate in virtù dell'articolo 21, paragrafo 2, lettera b).
Gli Stati membri comunicano alla Commissione qualsiasi successiva modifica di tali informazioni.
2. La Commissione rende le informazioni comunicate ai sensi del paragrafo 1 accessibili a tutti mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e con ogni altro mezzo appropriato.
Articolo 30
Modifiche degli allegati
I moduli standard contenuti negli allegati sono aggiornati o adeguati dal punto di vista tecnico, nel pieno rispetto delle disposizioni del presente regolamento, secondo la procedura di cui all'articolo 31, paragrafo 2.
Articolo 31
Comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato istituito all'articolo 75 del regolamento (CE) n. 44/2001.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
3. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 32
Riesame
Entro il 12 dicembre 2013 la Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione particolareggiata che riesamina l'applicazione del procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento. Detta relazione contiene una valutazione dell'applicazione del procedimento e una valutazione d'impatto estesa per ciascuno Stato membro.
A tal fine e per garantire che le migliori prassi nell'Unione europea siano debitamente tenute in considerazione e siano conformi ai principi di una migliore legislazione, gli Stati membri informano la Commissione dell'applicazione transfrontaliera del procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento. Queste informazioni contemplano le spese di giudizio, la rapidità della procedura, l'efficienza, la facilità di utilizzazione e i procedimenti interni d'ingiunzione di pagamento degli Stati membri.
La relazione della Commissione è integrata, se del caso, da proposte di adeguamento.
Articolo 33
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 12 dicembre 2008, ad eccezione degli articoli 28, 29, 30 e 31 che si applicano dal 12 giugno 2008.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri in base al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Strasburgo, addì 12 dicembre 2006.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BORRELL FONTELLES
Per il Consiglio
Il presidente
M. PEKKARINEN
(1) GU C 221 dell' 8.9.2005, pag. 77.
(2) Parere del Parlamento europeo del 13 dicembre 2005 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 30 giugno 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2006. Decisione del Consiglio dell'11 dicembre 2006.
(3) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 1.
(4) GU L 124 dell' 8.6.1971, pag. 1.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
(6) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2245/2004 della Commissione (GU L 381 del 28.12.2004, pag. 10).
(7) GU L 13 del 19.1.2000, pag. 12.
(8) GU L 160 del 30.6.2000, pag. 37.
(9) GU L 174 del 27.6.2001, pag. 25.
ALLEGATO I
ALLEGATO II
ALLEGATO III
ALLEGATO IV
ALLEGATO V
ALLEGATO VI
ALLEGATO VII | Procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento per crediti non contestati dal convenuto. Ciò semplifica, accelera e riduce i costi dei procedimenti per le controversie che riguardano più di un paese dell’UE.
Consente inoltre la libera circolazione di ingiunzioni di pagamento europee, riconosciute e rese esecutive in tutti i paesi dell’UE.
Si applica a tutti i paesi dell’UE tranne la Danimarca.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
Il procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento si applica a tutte le decisioni in materia civile e commerciale nelle controversie in cui almeno una delle parti risiede in un paese dell’UE diverso da quello dove viene presentata la domanda d’ingiunzione.
Il procedimento non si applica a determinate questioni:
in materia fiscale, doganale ed amministrativa;
la responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell’esercizio di pubblici poteri;
i regimi patrimoniali tra coniugi;
i fallimenti, i concordati e le procedure affini;
la sicurezza sociale;
i crediti derivanti da obblighi extracontrattuali, salvo se sono stati oggetto di accordo tra le parti o se vi è stata ammissione di debito, oppure riguardano debiti liquidi risultanti da comproprietà di un bene.
Procedura per la domanda
Il regolamento prevede un modulo standard per presentare una domanda di ingiunzione di pagamento europea.
Il credito deve essere di importo specifico, dovuto al momento di presentazione della domanda.
La competenza giurisdizionale dei giudici è stabilita dalle norme previste nel regolamento (CE) n. 1215/2012.
Il giudice cui viene presentata una domanda d’ingiunzione valuta quanto prima se siano soddisfatte le diverse condizioni (la natura transfrontaliera della controversia nelle decisioni in materia civile e commerciale, la competenza giurisdizionale del giudice stesso ecc.), nonché se la domanda risulti fondata.
Il giudice deve informare il richiedente delle motivazioni di rigetto di una domanda. In tal caso, non vi è diritto di appello, ma il richiedente può presentare una nuova domanda d’ingiunzione di pagamento europea, oppure utilizzare un’altra procedura disponibile ai sensi della legge di un paese dell’UE.
Emissione di un’ingiunzione di pagamento europea
Se le condizioni sono soddisfatte, il giudice emette un’ingiunzione di pagamento europea quanto prima, normalmente entro 30 giorni dalla presentazione della domanda.
Un’ingiunzione di pagamento europea viene emessa esclusivamente sulla base delle informazioni fornite dal richiedente, nel caso in cui la domanda risulti fondata.
L’ingiunzione di pagamento viene automaticamente riconosciuta e resa esecutiva negli altri paesi dell’UE senza ulteriori possibilità di opporsi al suo riconoscimento, salvo se il convenuto presenta opposizione al giudice che l’ha emessa.
Le procedure di esecuzione sono regolate dalla legge nazionale del paese dell’UE dove viene richiesta l’esecuzione dell’ingiunzione di pagamento europea.
Notifica di un’ingiunzione di pagamento europea al convenuto
Un’ingiunzione di pagamento europea viene notificata al convenuto ai sensi della legge nazionale del paese in cui viene notificata. Le possibili modalità di notifica dell’ingiunzione di pagamento europea, con o senza prova di ricevimento da parte del convenuto, sono stabilite nel regolamento.
Opposizione a un’ingiunzione di pagamento europea
Il convenuto può presentare opposizione al giudice che ha emesso l’ingiunzione di pagamento entro 30 giorni dalla notifica della stessa.
Qualora il convenuto presenti opposizione, il procedimento civile ordinario continua dinnanzi ai giudici competenti del paese dell’UE in cui è stata emessa l’ingiunzione di pagamento europea, salvo se il richiedente non desidera continuare il procedimento.
Il convenuto può richiedere il riesame dell’ingiunzione di pagamento europea dinnanzi al giudice competente dopo la scadenza del limite di 30 giorni per la presentazione di opposizione, nel caso in cui:
l’ingiunzione di pagamento sia stata notificata senza prova di ricevimento da parte del convenuto e non in tempo sufficiente per preparare la difesa;
al convenuto sia stato impedito di presentare opposizione alla controversia per cause di forza maggiore o circostanze eccezionali;
l’ingiunzione di pagamento sia stata chiaramente emessa per errore.
Se il giudice rigetta l’opposizione del convenuto, l’ingiunzione di pagamento europea resta in vigore. Se, al contrario, il giudice decide che il riesame è giustificato, l’ingiunzione di pagamento europea è nulla.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è entrato in vigore il 12 dicembre 2008.
CONTESTO
Procedimento d’ingiunzione di pagamento
ATTO
Regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (GU L 399 del 30.12.2006, pag. 1-32)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1896/2006 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull’applicazione del regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento [COM(2015) 495 final del 13.10.2015] | 14,402 | 755 |
31995R1683 | false | Regolamento (CE) n. 1638/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti
Gazzetta ufficiale n. L 164 del 14/07/1995 pag. 0001 - 0004
REGOLAMENTO (CE) N. 1683/95 DEL CONSIGLIOdel 29 maggio 1995che istituisce un modello uniforme per i vistiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 C, paragrafo 3, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo, considerando che l'articolo 100 C, paragrafo 3 del trattato impone al Consiglio l'obbligo di adottare le misure relative all'istituzione di un modello uniforme per i visti entro il 1° gennaio 1996; considerando che l'istituzione di un modello uniforme per i visti costituisce un passo importante sulla via dell'armonizzazione della politica in materia di visti; che l'articolo 7 A del trattato dispone che il mercato interno comporti uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle persone secondo le disposizioni del trattato; che tale misura deve essere ugualmente considerata come costituente un complesso normativo coerente con le misure del titolo VI del trattato sull'Unione europea; considerando che è indispensabile che il modello uniforme per i visti contenga tutte le informazioni necessarie e soddisfi requisiti tecnici molto elevati, in particolare per quanto attiene alle garanzie contro la contraffazione e la falsificazione, sia idoneo all'uso in tutti gli Stati membri e presenti caratteristiche di sicurezza universalmente riconoscibili, visibili a occhio nudo; considerando che il presente regolamento stabilisce solo le caratteristiche del modello che non sono segrete; che tali caratteristiche devono essere integrate da altre che devono restare segrete per evitare contraffazioni e falsificazioni e che queste ultime non possono comprendere dati personali né riferimenti ad essi; che è opportuno conferire alla Commissione il potere di stabilire altre caratteristiche; considerando che, per limitare allo stretto necessario il numero delle persone cui sono comunicate le informazioni di cui trattasi, è altresì indispensabile che ogni Stato membro attribuisca a un solo organismo il compito di stampare il modello uniforme per i visti, fermo restando che lo Stato membro deve essere libero di cambiare organismo se necessario; che, per motivi di sicurezza, ogni Stato membro deve comunicare il nome dell'organismo in questione alla Commissione e agli altri Stati membri; considerando che, per essere efficace, il presente regolamento deve applicarsi a tutti i visti contemplati all'articolo 5; che gli Stati membri dovrebbero essere liberi di utilizzare il modello di visto uniforme anche per visti che possono essere utilizzati per scopi diversi da quelli di cui all'articolo 5 purché sia esclusa, grazie a modifiche visibili a occhio nudo, qualsiasi possibilità di confusione con il visto uniforme; considerando che, per quanto riguarda i dati personali da includere nel modello uniforme di visto a norma dell'allegato del presente regolamento, si deve garantire il rispetto delle disposizioni degli Stati membri in materia di tutela dei dati personali nonché delle norme di diritto comunitario adottate al riguardo, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1I visti rilasciati dagli Stati membri a norma dell'articolo 5 sono costituiti da un modello uniforme per i visti (adesivo). Essi sono conformi alle prescrizioni di cui all'allegato. Articolo 2Ulteriori prescrizioni tecniche intese a impedire la contraffazione o la falsificazione del visto sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 6. Articolo 31. Le prescrizioni di cui all'articolo 2 sono segrete e non sono pubblicate. Esse sono comunicate esclusivamente agli organismi designati dagli Stati membri per la stampa e alle persone debitamente autorizzate da uno Stato membro o dalla Commissione. 2. Ciascuno Stato membro nomina un unico organismo responsabile della stampa dei suoi visti. Esso comunica il nome di tale organismo alla Commissione e agli altri Stati membri. Due o più Stati membri possono designare a tale scopo un unico organismo. Ogni Stato membro conserva la facoltà di cambiare l'organismo da esso designato. Esso ne informa la Commissione e gli altri Stati membri. Articolo 41. Fatte salve le pertinenti disposizioni più ampie in materia di protezione dei dati, le persone cui è stato rilasciato il visto hanno il diritto di verificare i dati personali ivi riportati e, se del caso, di farli rettificare o sopprimere. 2. Il modello uniforme per i visti non deve contenere nessuna informazione leggibile a macchina diversa da quelle che compaiono altresì nelle caselle descritte ai punti da 6 a 12 dell'allegato o che sono menzionate nel corrispondente documento di viaggio. Articolo 5Ai fini del presente regolamento, si intende per «visto» un'autorizzazione rilasciata o una decisione adottata da uno Stato membro, necessaria per entrare nel suo territorio per: - un soggiorno previsto in tale Stato membro o in diversi Stati membri la cui durata globale non superi i tre mesi; - un transito attraverso il territorio o l'area di transito aeroportuale di tale Stato membro o di diversi Stati membri. Articolo 61. Nei casi in cui si fa riferimento alla procedura di cui al presente articolo, si applicano le seguenti disposizioni. 2. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in relazione all'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza di cui all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato è attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Se il Consiglio non ha deliberato entro due mesi, la Commissione adotta le misure proposte, salvo che il Consiglio abbia respinto dette misure a maggioranza semplice. Articolo 7Quando gli Stati membri utilizzano il modello di visto uniforme per scopi diversi da quelli contemplati dall'articolo 5, devono essere adottate opportune misure per assicurare che sia esclusa qualsiasi possibilità di confusione con il visto di cui all'articolo 5. Articolo 8Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. L'articolo 1 si applica 6 mesi dopo l'adozione delle misure di cui all'articolo 2. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 29 maggio 1995. Per il ConsiglioIl PresidenteH. de CHARETTE ALLEGATO >RIFERIMENTO A UN FILM>Caratteristiche di sicurezza 1. In questa zona figura un motivo formato da nove ellissi a ventaglio. 2. In questa zona figura un elemento ottico variabile («chinegramma» o equivalente). A seconda dell'angolo di osservazione si vedono, in diversi colori e dimensioni, dodici stelle, la lettera «E» e un globo. 3. In questa zona figura il codice alfabetico - composto da una o più lettere - che identifica lo Stato membro emittente («BNL» nel caso dei paesi del Benelux, cioè Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi) con un effetto di immagine latente. Sarà di colore chiaro quando la vignetta viene tenuta orizzontale e scuro quando viene fatta ruotare di 90°. Si utilizzeranno i seguenti codici: A per Austria, BNL per Benelux, D per Germania, DK per Danimarca, E per Spagna, F per Francia, FIN per Finlandia, GR per Grecia, I per Italia, IRL per Irlanda, P per Portogallo, S per Svezia, UK per Regno Unito. 4. Al centro di questa zona figura la parola «visto» in lettere maiuscole e colore variabile dal verde al rosso, a seconda dell'angolo di osservazione. 5. In questa casella figura il numero del visto, che è prestampato e comincerà con la lettera o con le lettere che indicano il paese emittente come descritto al punto 3 sopra. È utilizzato un carattere speciale. Zone da completare 6. Questa casella deve cominciare con le parole «valido per». L'autorità emittente dovrà indicare il territorio o i territori per cui il visto è valido. 7. Questa casella deve iniziare con la parola «da»; più oltre sulla riga comparirà la parola «a». L'autorità emittente dovrà indicare qui la durata di validità del visto. 8. Questa casella deve iniziare con la dicitura «numero di ingressi»; più oltre, sulla riga deve figurare la dicitura «durata del soggiorno» (cioè durata per la quale i richiedenti intendono rimanere) e la dicitura «giorni». 9. Questa casella deve iniziare con la dicitura «rilasciato a» e verrà utilizzata per indicare il luogo di rilascio. 10. Questa casella deve iniziare con la parola «il» seguita dalla data di rilascio apposta dall'autorità emittente; più oltre, nella stessa riga, deve figurare la dicitura «numero di passaporto» seguita dal numero di passaporto del titolare. 11. Questa casella deve iniziare con le parole «tipo di visto». L'autorità emittente deve indicare la categoria del visto, in conformità con le disposizioni degli articoli 5 e 7. 12. Questa casella deve iniziare con la parola «annotazioni» ed è utilizzata dall'autorità emittente per le informazioni che riterrà necessarie, purché conformi all'articolo 4 del regolamento. Per tali annotazioni sono disponibili le due righe e mezzo seguenti. 13. Questa casella deve contenere le informazioni per la lettura ottica necessarie a facilitare i controlli alle frontiere esterne. La carta è verde pastello con motivi blu e rossi. Le diciture corrispondenti a ciascuna casella sono in inglese e in francese. Lo Stato emittente ha facoltà di aggiungere una terza lingua ufficiale delle Comunità. La parola corrispondente all'italiano «visto», nella riga in alto, può tuttavia comparire in una qualsiasi delle lingue ufficiali della Comunità. | Modello uniforme per i visti rilasciati a cittadini di paesi extra-UE
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Nel 1995, l’Unione europea creò un modello uniforme per i visti dell’UE sotto forma di vignetta autoadesiva da apporre al documento di viaggio dei cittadini di paesi extra-UE con obbligo di visto.
Il presente regolamento stabilisce le norme relative al modello uniforme per i visti non solo per i paesi Schengen* ma anche per Irlanda e Regno Unito (1).
PUNTI CHIAVE
Il modello uniforme si applica a:un soggiorno previsto in uno o più paesi dello spazio Schengen la cui durata globale non superi i tre mesi; un transito attraverso l’area di transito internazionale degli aeroporti dei paesi Schengen («visto di transito aeroportuale»). Nel caso dei paesi Schengen, ad esempio, un visto di breve durata rilasciato da uno di essi autorizza il titolare a viaggiare per i 26 paesi fino a un massimo di 90 giorni in un qualsiasi periodo di 180 giorni.I visti per soggiorni superiori a tale periodo (ovvero per consentire al titolare di trovare lavoro oppure avviare un’impresa, un’attività commerciale o una professione) restano soggetti a procedure nazionali.Informazioni relative alla vignetta-visto autoadesivaLa vignetta-visto autoadesiva uniforme specifica il numero di giorni in cui un cittadino di un paese extra-UE può soggiornare nello spazio Schengen, in Irlanda e nel Regno Unito (1). Nel caso di un visto Schengen, i giorni dovrebbero essere contati a partire dalla data di ingresso nello spazio Schengen (timbro di ingresso) fino alla data di uscita dallo spazio Schengen (timbro di uscita), entrambi i giorni compresi.La durata precisa della validità del visto è indicata sulla vignetta-visto autoadesiva sotto alla dicitura «Durata del soggiorno».
Il regolamento (UE) n. 2017/1370 introduce un nuovo disegno per la vignetta-visto con elementi di sicurezza aggiuntivi per impedire le falsificazioni. L’Irlanda e il Regno Unito (1) non sono soggetti all’applicazione delle nuove misure che sono entrate in vigore il 17 agosto 2017. Ciononostante, tali paesi possono richiedere alla Commissione europea di definire le modalità per lo scambio di informazioni tecniche per il rilascio dei visti nazionali.
Prescrizioni tecnicheIl visto uniforme deve essere conforme a:un elenco di specifiche tecniche riportato nella normativa dell’UE, che stabilisce caratteristiche di sicurezza universalmente riconoscibili e chiaramente visibili a occhio nudo e che comprende: Una fotografia allegata prodotta nel rispetto di elevati standard di sicurezza,il logo deve consistere di una o più lettere indicanti il paese emittente - o gruppo di paesi, nel caso del Benelux; altre specifiche tecniche che mirano ad evitare la contraffazione e la falsificazione del visto e forniscono indicazioni per la compilazione del visto. Ciascun paese dell’UE deve designare un’unica autorità preposta alla stampa dei visti. Esso deve comunicare il nome di tale organismo alla Commissione europea e agli altri paesi dell’UE.
Le prescrizioni tecniche per la nuova vignetta-visto saranno definite in una decisione di esecuzione della Commissione, Il regolamento viene applicato al più tardi quindici mesi dopo l’adozione delle prescrizioni tecniche complementari di cui al regolamento (CE) n. 1683/95.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO?
È stato applicato a partire dal 3 agosto 1995.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Politica sui visti (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Paesi Schengen: Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria.
ATTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti (GU L 164 del 14.7.1995, pagg. 1-4)
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1683/95 sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) (GU L 243 del 15.9.2009, pagg. 1-58).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 333/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, relativo ad un modello uniforme di foglio utilizzabile per l’apposizione di un visto rilasciato dagli Stati membri a persone titolari di un documento di viaggio non riconosciuto dallo Stato membro che emette il foglio (GU L 53 del 23.2.2002, pagg. 4-6) | 4,702 | 919 |
32009D0290 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 20 gennaio 2009
relativa all’assistenza finanziaria a medio termine della Comunità alla Lettonia
(2009/290/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), ed in particolare l’articolo 3, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF),
considerando quanto segue:
(1)
Con la decisione 2009/289/CE (2) il Consiglio ha concesso assistenza reciproca alla Lettonia.
(2)
In un contesto di fabbisogno di finanziamento esterno molto elevato, i mercati dei capitali e finanziari lettoni sono stati di recente oggetto di pressioni, che riflettono un deterioramento generale del clima sui mercati e crescenti preoccupazioni in merito alla salute dell’economia lettone dati i gravi squilibri dovuti all’ampio disavanzo e debito esterno, all’indebolimento della finanza pubblica e ad elevati tassi di inflazione dei costi e dei prezzi. Il settore bancario lettone registra gravi problemi di liquidità e di fiducia. Il livello delle riserve valutarie estere è sceso poiché la Banca centrale è intervenuta per preservare l’ancoraggio della valuta.
(3)
Il fabbisogno di finanziamento esterno complessivo della Lettonia fino al primo trimestre del 2011 è stimato a 7,5 miliardi di EUR.
(4)
È necessario fornire alla Lettonia un sostegno comunitario per un importo massimo di 3,1 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. Tale assistenza dovrebbe essere fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale (FMI) di 1,5 miliardi di DSP (circa 1,7 miliardi di EUR — ovvero approssimativamente il 1 200 % della quota della Lettonia nell’FMI) in virtù di un accordo di stand-by dell’FMI approvato il 23 dicembre 2008. I paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Estonia e Norvegia) dovrebbero apportare 1,9 miliardi di EUR in totale, la Banca mondiale 0,4 miliardi di EUR, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, la Repubblica ceca e la Polonia 0,4 miliardi di EUR complessivamente, il che porterebbe il totale a 7,5 miliardi di EUR nel periodo che si estende fino al primo trimestre del 2011.
(5)
L’assistenza comunitaria devono essere gestita dalla Commissione. Le condizioni di politica economica convenute con le autorità lettoni dopo la consultazione del Comitato economico e finanziario devono essere oggetto di un memorandum di intesa. Esse devono comprendere, tra l’altro, le misure intese ad alleggerire nell’immediato le pressioni sulla liquidità, a ricostituire la stabilità a lungo termine rafforzando il settore bancario, a correggere gli squilibri di bilancio e ad adottare le politiche interne volte a migliorare la competitività. Le misure devono consentire un risanamento di bilancio immediato e sostenuto, una strategia globale di sostegno al settore bancario, il rafforzamento della capacità di gestione delle crisi da parte delle autorità di regolamentazione, riforme strutturali globali nonché altre misure importanti. Le modalità finanziarie dettagliate devono essere fissate dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
(6)
L’assistenza deve essere accordata al fine di alleggerire nell’immediato le pressioni sulla liquidità a condizione dell’applicazione di politiche volte a ricostituire la stabilità di lungo termine rafforzando il settore bancario, correggendo gli squilibri di bilancio e adottando politiche che consentano di migliorare la competitività, mantenendo il tasso di cambio all’interno della banda di oscillazione ristretta attorno all’attuale parità centrale,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. La Comunità mette a disposizione della Lettonia un prestito di medio termine per un importo massimo di 3,1 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di sette anni.
2. L’assistenza finanziaria della Comunità copre un periodo di tre anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione.
Articolo 2
1. L’assistenza è gestita dalla Commissione in modo coerente con gli impegni della Lettonia e le raccomandazioni del Consiglio. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
2. La Commissione verifica periodicamente in collaborazione con il CEF che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o alla ristrutturazione delle condizioni finanziarie.
3. La Lettonia è disposta ad adottare e ad applicare misure di risanamento supplementari per stabilizzare l’economia, se esse risulteranno necessarie durante l’applicazione del programma di assistenza. Le autorità lettoni consultano la Commissione prima di adottare tali misure supplementari.
Articolo 3
1. La Commissione mette a disposizione della Lettonia l’assistenza finanziaria comunitaria in un massimo di sei quote, la cui entità sarà fissata nel memorandum d’intesa.
2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa.
3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata.
4. La Commissione decide in merito allo svincolo delle quote successive dopo aver ottenuto il parere del CEF.
5. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base della soddisfacente attuazione del nuovo programma economico (programma di stabilizzazione economica e di rilancio della crescita) del governo lettone, incluso nel programma di convergenza, ed in particolare delle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa. Queste includono, tra l’altro:
a)
l’adozione di un programma di bilancio a medio termine chiaramente definito per riportare il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al di sotto del valore di riferimento del 3 % del PIL previsto dal trattato entro il 2011;
b)
l’esecuzione del bilancio per il 2009 modificato dal bilancio suppletivo adottato il 12 dicembre 2008 (e che sarà sottoposto nel dettaglio entro la fine di marzo 2009) volto al contenimento del disavanzo di cash flow entro il 5 % del PIL o del 5,3 % in termini di SEC 95;
c)
la riduzione delle retribuzioni medie del settore pubblico di almeno il 15 % nel 2009 in termini nominali rispetto al bilancio iniziale del 14 novembre 2008 e di un ulteriore 2 % nel 2010-2011;
d)
la continuazione delle misure iniziate nel 2008 volte alla riduzione di almeno il 5 % dell’occupazione nell’amministrazione centrale entro la fine del 2008 ed alla riduzione totale del 10 % entro il 30 giugno 2009;
e)
il rafforzamento dell’organizzazione e dell’attuazione delle procedure di bilancio grazie all’adozione di un quadro di bilancio e di una legge di riforma di bilancio mediante una modifica alla legge vigente sulla gestione finanziaria e di bilancio;
f)
l’introduzione di un sistema di pagamento dei salari chiaro e trasparente per i dipendenti diretti delle amministrazioni pubbliche e l’istituzione di un sistema unico di pianificazione e di gestione delle risorse umane delle amministrazioni pubbliche;
g)
meccanismi destinati a stabilizzare maggiormente il sistema bancario a medio e lungo termine, in particolare un’ampia gamma di misure di vigilanza, prudenziali e di politica monetaria. Tali misure dovrebbero limitare la crescita del credito a livelli sostenibili ed evitare una dipendenza eccessiva da finanziamenti esterni non garantiti. Si effettuano controlli mirati nel sistema bancario per verificare che tutte le banche siano solvibili e dispongano di capitali sufficienti;
h)
misure appropriate riguardanti la ristrutturazione del debito nel settore privato. È rafforzata la base giuridica appropriata per la ristrutturazione del debito in termini di durata e di valuta. È inoltre data priorità al miglioramento delle procedure fallimentari e alla rapida attuazione dei programmi di risanamento;
i)
misure volte a garantire che i residui azionisti di minoranza della banca Parex non traggano vantaggio del piano di risanamento della banca e misure intese a rafforzare la stabilità finanziaria tramite una completa nazionalizzazione della banca Parex;
j)
misure di riforma strutturale nel contesto della strategia di Lisbona, attuate nel quadro del programma nazionale di riforma della Lettonia, in particolare politiche attive in materia di occupazione e di formazione permanente, un maggiore coinvolgimento degli operatori del settore privato nelle attività di R&S e di innovazione, misure di promozione delle esportazioni e la soppressione degli oneri amministrativi a carico delle imprese;
k)
l’attuazione di progetti finanziati dall’UE al livello previsto per migliorare il contributo del settore tradeable alla crescita economica;
l)
misure intese a migliorare l’accesso ai finanziamenti per le imprese e gli imprenditori le cui richieste di fondi strutturali siano state approvate o che prevedano eventualmente di presentare una domanda per l’ottenimento di fondi strutturali.
Articolo 4
La Repubblica di Lettonia è destinataria della presente decisione.
Articolo 5
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 20 gennaio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
M. KALOUSEK
(1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1.
(2) Cfr. pagina 37 della presente Gazzetta ufficiale. | Assistenza finanziaria alla Lettonia
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI?
L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito assistenza finanziaria alla Lettonia tra il dicembre 2008 e la fine del 2011,
sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002, che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti.
PUNTI CHIAVE
Nel gennaio 2009, è stata concordata un’assistenza finanziaria multilaterale per la Lettonia di 7,5 miliardi di euro per il periodo 2009-2011. Il finanziamento comprendeva:
UE: 3,1 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti;
Fondo monetario internazionale (FMI)
: circa 1,7 miliardi di euro;
Paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia) ed Estonia: 1,9 miliardi di euro;
Banca Mondiale
: 0,4 miliardi di euro;
Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo
, Repubblica ceca e Polonia: 0,4 miliardi di euro.
In cambio dei prestiti, la Lettonia ha accettato di:
ripristinare la stabilità finanziaria rafforzando il settore bancario;
correggere gli squilibri di bilancio (ovvero nelle finanze pubbliche);
adottare politiche nazionali per migliorare la competitività;
migliorare la capacità di gestione delle crisi da parte delle autorità di regolamentazione;
attuare riforme strutturali a livello globale.
Alla fine, 4,5 miliardi di euro sono stati versati entro il termine del programma di assistenza (19 gennaio 2012).
A partire dal 20 gennaio 2012, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese.
La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che la Lettonia aveva rimborsato il 75 % del prestito dell’UE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI?
Le decisioni 2009/289/CE e 2009/290/CE hanno preso effetto il 23 gennaio 2009.
CONTESTO
Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali.
Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro.
La Lettonia ha fatto richiesta di assistenza alla fine del 2008, dopo che i suoi capitali e mercati finanziari sono stati sottoposti a forti pressioni e il settore bancario ha subito gravi problemi di liquidità e di fiducia.
Il 1o gennaio 2014, la Lettonia è entrata nella zona euro.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Assistenza alla Lettonia per la bilancia dei pagamenti: le basi del successo» sul sito Internet della Commissione europea;
«Sorveglianza post-programma per la Lettonia» sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2009/289/CE del Consiglio, del 20 gennaio 2009, relativa alla concessione di assistenza reciproca alla Lettonia (GU L 79 del 25.3.2009, pag. 37-38)
Decisione 2009/290/CE del Consiglio, del 20 gennaio 2009, relativa all’assistenza finanziaria a medio termine della Comunità alla Lettonia (GU L 79 del 25.3.2009, pag. 39-41)
Le modifiche successive alla direttiva 2009/290/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3)
Si veda la versione consolidata. | 4,305 | 431 |
32001R1049 | false | Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione
Gazzetta ufficiale n. L 145 del 31/05/2001 pag. 0043 - 0048
Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consigliodel 30 maggio 2001relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della CommissioneIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 255, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(2),considerando quanto segue:(1) L'articolo 1, secondo comma del trattato sull'Unione europea sancisce il concetto di trasparenza, secondo il quale il trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini.(2) Questa politica di trasparenza consente una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e garantisce una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell'amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico. La politica di trasparenza contribuisce a rafforzare i principi di democrazia e di rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall'articolo 6 del trattato UE e dalla carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.(3) Le conclusioni delle riunioni del Consiglio europeo di Birmingham, Edimburgo e Copenaghen hanno messo in evidenza la necessità di garantire una maggiore trasparenza nel lavoro delle istituzioni dell'Unione. Il presente regolamento consolida le iniziative già adottate dalle istituzioni al fine di migliorare la trasparenza del processo decisionale.(4) Il presente regolamento mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti e a definirne i principi generali e le limitazioni a norma dell'articolo 255, paragrafo 2, del trattato CE.(5) La questione dell'accesso ai documenti non forma oggetto di disposizioni specifiche nel trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e nel trattato che istituisce la Comunità europea per l'energia atomica, motivo per cui, secondo la dichiarazione n. 41 allegata all'atto finale del trattato di Amsterdam, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dovrebbero ispirarsi al presente regolamento per quanto concerne i documenti inerenti alle attività contemplate da detti trattati.(6) Si dovrebbe garantire un accesso più ampio ai documenti nei casi in cui le istituzioni agiscono in veste di legislatore, anche in base a competenze delegate, preservando nel contempo l'efficacia del loro processo di formazione delle decisioni. Nella più ampia misura possibile tali documenti dovrebbero essere resi direttamente accessibili.(7) A norma degli articoli 28, paragrafo 1 e 41, paragrafo 1, del trattato UE, il diritto d'accesso si applica altresì ai documenti relativi alla politica estera e di sicurezza comune, nonché alla cooperazione di polizia e giudiziaria in campo penale. Ciascuna istituzione dovrebbe rispettare le proprie norme di sicurezza.(8) Per garantire la piena applicazione del presente regolamento a tutte le attività dell'Unione, i principi in esso stabiliti dovrebbero essere applicati da tutte le agenzie create dalle istituzioni.(9) Taluni documenti dovrebbero ricevere un trattamento speciale a motivo del loro contenuto particolarmente sensibile. È opportuno definire, tramite accordi interistituzionali, modalità per informare il Parlamento europeo in merito al contenuto di tali documenti.(10) Per dare un carattere più aperto ai lavori delle istituzioni, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dovrebbero garantire l'accesso non solo ai documenti elaborati dalle istituzioni, ma anche ai documenti da esse ricevuti. In tale contesto, si ricorda che la dichiarazione n. 35 allegata all'atto finale del trattato di Amsterdam prevede che uno Stato membro possa chiedere alla Commissione o al Consiglio di non comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo.(11) In linea di principio, tutti i documenti delle istituzioni dovrebbero essere accessibili al pubblico. Tuttavia, taluni interessi pubblici e privati dovrebbero essere tutelati mediante eccezioni. Si dovrebbe consentire alle istituzioni di proteggere le loro consultazioni e discussioni interne quando sia necessario per tutelare la propria capacità di espletare le loro funzioni. Nel valutare le eccezioni, le istituzioni dovrebbero tener conto dei principi esistenti nella legislazione comunitaria in materia di protezione dei dati personali, in tutti i settori di attività dell'Unione.(12) Tutte le disposizioni concernenti l'accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni dovrebbero conformarsi al presente regolamento.(13) Per garantire il pieno rispetto del diritto d'accesso, si dovrebbe applicare un procedimento amministrativo in due fasi, con ulteriore possibilità di ricorso dinanzi al giudice o di denuncia presso il mediatore.(14) Ciascuna istituzione dovrebbe adottare i necessari provvedimenti per informare il pubblico in merito alle nuove disposizioni vigenti e per formare il proprio personale a dare assistenza ai cittadini che esercitano il loro diritto ai sensi del presente regolamento. Per rendere più agevole ai cittadini l'esercizio dei loro diritti, occorre in particolare che ciascuna istituzione renda accessibile un registro di documenti.(15) Il presente regolamento non si prefigge di modificare le normative nazionali in materia di accesso ai documenti. Tuttavia, è evidente che in virtù del principio di cooperazione leale nelle relazioni tra le istituzioni e gli Stati membri, questi dovranno fare in modo di non pregiudicare la corretta applicazione del presente regolamento e di rispettare le norme di sicurezza delle istituzioni.(16) Il presente regolamento non pregiudica i diritti di accesso ai documenti riconosciuti a Stati membri, autorità giudiziarie od organismi investigativi.(17) A norma dell'articolo 255, paragrafo 3, del trattato CE, ciascuna istituzione definisce nel proprio regolamento interno disposizioni specifiche riguardanti l'accesso ai propri documenti. La decisione 93/731/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1993, relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Consiglio(3), la decisione 94/90/CECA, CE, Euratom della Commissione, dell'8 febbraio 1994, relativa all'accesso del pubblico ai documenti della Commissione(4), la decisione 97/632/CE, CECA, Euratom del Parlamento europeo, del 10 luglio 1997, relativa all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo(5), e le disposizioni relative alla riservatezza dei documenti di Schengen dovrebbero quindi, se necessario, essere modificate o abrogate,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è di:a) definire i principi, le condizioni e le limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (in prosieguo "le istituzioni") sancito dall'articolo 255 del trattato CE in modo tale da garantire l'accesso più ampio possibile;b) definire regole che garantiscano l'esercizio più agevole possibile di tale diritto ec) promuovere le buone prassi amministrative sull'accesso ai documenti.Articolo 2Destinatari e campo di applicazione1. Qualsiasi cittadino dell'Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d'accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento.2. Secondo gli stessi principi, condizioni e limitazioni le istituzioni possono concedere l'accesso ai documenti a qualsiasi persona fisica o giuridica che non risieda o non abbia la sede sociale in uno Stato membro.3. Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un'istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d'attività dell'Unione europea.4. Fatti salvi gli articoli 4 e 9, i documenti sono resi accessibili al pubblico su domanda scritta ovvero direttamente, sotto forma elettronica o attraverso un registro. In particolare, i documenti formati o ricevuti nel corso di una procedura legislativa sono resi direttamente accessibili ai sensi dell'articolo 12.5. I documenti sensibili quali definiti all'articolo 9, paragrafo 1, sono soggetti ad un trattamento speciale ai sensi di tale articolo.6. Il presente regolamento non pregiudica i diritti di accesso del pubblico a documenti in possesso delle istituzioni che possono derivare da strumenti di diritto internazionale o da atti delle istituzioni volti a dar loro esecuzione.Articolo 3DefinizioniAi fini del presente regolamento, valgono le seguenti definizioni:a) "documento", qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell'istituzione;b) "terzo" qualsiasi persona fisica o giuridica, o qualsiasi entità esterna all'istituzione interessata, compresi gli Stati membri, le altre istituzioni e gli altri organi comunitari o non comunitari, nonché i paesi terzi.Articolo 4Eccezioni1. Le istituzioni rifiutano l'accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:a) l'interesse pubblico, in ordine:- alla sicurezza pubblica,- alla difesa e alle questioni militari,- alle relazioni internazionali,- alla politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro;b) la vita privata e l'integrità dell'individuo, in particolare in conformità con la legislazione comunitaria sulla protezione dei dati personali.2. Le istituzioni rifiutano l'accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:- gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,- le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,- gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.3. L'accesso a un documento elaborato per uso interno da un'istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell'istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.L'accesso a un documento contenente riflessioni per uso interno, facenti parte di discussioni e consultazioni preliminari in seno all'istituzione interessata, viene rifiutato anche una volta adottata la decisione, qualora la divulgazione del documento pregiudicherebbe seriamente il processo decisionale dell'istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.4. Per quanto concerne i documenti di terzi, l'istituzione consulta il terzo al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui ai paragrafi 1 o 2, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato.5. Uno Stato membro può chiedere all'istituzione di non comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo.6. Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate.7. Le eccezioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. Le eccezioni sono applicabili per un periodo massimo di 30 anni. Nel caso di documenti coperti dalle eccezioni relative alla vita privata o agli interessi commerciali e di documenti sensibili, le eccezioni possono continuare ad essere applicate anche dopo tale periodo, se necessario.Articolo 5Documenti negli Stati membriQualora uno Stato membro riceva una domanda di accesso a un documento in suo possesso, che provenga da un'istituzione, e non sia chiaro se il documento debba o non debba essere divulgato, lo Stato membro consulta l'istituzione in questione onde adottare una decisione che non metta in pericolo gli obiettivi del presente regolamento.In alternativa, lo Stato membro può deferire all'istituzione la domanda di accesso.Articolo 6Domande1. Le domande di accesso a un documento sono presentate in qualsiasi forma scritta, anche elettronica, in una delle lingue di cui all'articolo 314 del trattato CE e sono formulate in modo sufficientemente preciso per consentire all'istituzione di identificare il documento in oggetto. Il richiedente non è tenuto a motivare la domanda.2. Qualora una domanda non sia sufficientemente precisa, l'istituzione può chiedere al richiedente di chiarirla e assisterlo in tale compito, per esempio fornendo informazioni sull'uso dei registri pubblici di documenti.3. Nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o a un numero elevato di documenti, l'istituzione in questione può contattare informalmente il richiedente onde trovare una soluzione equa.4. Le istituzioni forniscono informazioni e assistenza ai cittadini sulle modalità e sul luogo di presentazione delle domande di accesso ai documenti.Articolo 7Esame delle domande iniziali1. Le domande di accesso ai documenti sono trattate prontamente. Al richiedente viene inviato un avviso di ricevimento. Entro 15 giorni lavorativi dalla registrazione della domanda, l'istituzione concede l'accesso al documento richiesto e fornisce l'accesso ai sensi dell'articolo 10 entro tale termine, oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale e informa il richiedente del suo diritto di presentare una domanda di conferma ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo.2. Nel caso di un rifiuto totale o parziale, il richiedente può, entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione della risposta dell'istituzione, chiedere alla stessa di rivedere la sua posizione, presentando una domanda di conferma.3. In casi eccezionali, per esempio nel caso di una domanda relativa a documenti molto voluminosi o a un numero elevato di documenti, il termine di 15 giorni lavorativi di cui al paragrafo 1 può essere prorogato di altri 15 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo circostanziato.4. In assenza di risposta nei termini da parte dell'istituzione, il richiedente ha facoltà di presentare una domanda di conferma.Articolo 8Trattamento delle domande di conferma1. Le domande confermative sono trattate prontamente. Entro 15 giorni lavorativi dalla loro registrazione, l'istituzione concede l'accesso al documento richiesto e gli fornisce l'accesso ai sensi dell'articolo 10 entro tale termine oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale. In caso di rifiuto totale o parziale, l'istituzione è tenuta ad informare il richiedente dei mezzi di cui questi dispone, vale a dire l'avvio di un ricorso giurisdizionale contro l'istituzione e/o la presentazione di una denuncia presso il mediatore, a norma degli articoli 230 e 195 del trattato CE.2. In via eccezionale, per esempio nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o ad un numero elevato di documenti, il termine di cui al paragrafo 1 può essere prorogato di 15 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo circostanziato.3. In assenza di risposta nei termini da parte dell'istituzione, la domanda s'intende respinta e il richiedente ha il diritto di ricorrere in giudizio nei confronti dell'istituzione e/o presentare una denuncia al mediatore a norma dei pertinenti articoli del trattato CE.Articolo 9Trattamento di documenti sensibili1. Per documenti sensibili si intendono quei documenti provenienti dalle istituzioni o dalle agenzie da loro istituite, da Stati membri, paesi terzi o organismi internazionali, classificati come "CONFIDENTIEL" in virtù delle disposizioni dell'istituzione interessata che proteggono interessi essenziali dell'Unione europea o di uno o più Stati membri nei settori di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), e in particolare, negli ambiti della sicurezza pubblica, della difesa e delle questioni militari.2. Le domande di accesso a documenti sensibili nell'ambito delle procedure di cui agli articoli 7 e 8 sono trattate solo da persone che abbiano il diritto di venire a conoscenza di tali documenti. Fatto salvo l'articolo 11, paragrafo 2, tali persone valutano altresì in che modo si possa fare riferimento a documenti sensibili nel registro pubblico.3. I documenti sensibili sono iscritti nel registro o divulgati solo con il consenso dell'originatore.4. L'eventuale decisione, da parte di un'istituzione, di rifiutare l'accesso a un documento sensibile è motivata in modo tale da non pregiudicare gli interessi tutelati all'articolo 4.5. Gli Stati membri adottano misure atte a garantire che nel trattamento delle domande concernenti documenti sensibili vengano rispettati i principi contenuti nel presente articolo e nell'articolo 4.6. Le norme emanate dalle istituzioni riguardo ai documenti sensibili sono rese pubbliche.7. La Commissione e il Consiglio informano il Parlamento europeo in merito ai documenti sensibili conformemente agli accordi conclusi fra le istituzioni.Articolo 10Accesso a seguito di una domanda1. L'accesso ai documenti avviene mediante consultazione sul posto oppure tramite rilascio di una copia, ivi compresa, se disponibile, una copia elettronica, in base alla preferenza del richiedente. Il costo della produzione e dell'invio delle copie può essere posto a carico del richiedente. L'onere non supera il costo effettivo della produzione e dell'invio delle copie. La consultazione in loco, la riproduzione di meno di 20 pagine di formato A4 e l'accesso diretto sotto forma elettronica o attraverso il registro sono gratuiti.2. Se un documento è già stato divulgato dall'istituzione in questione ed è facilmente accessibile al richiedente, l'istituzione può soddisfare l'obbligo di concedere l'accesso ai documenti informando il richiedente in merito alle modalità con cui ottenere il documento richiesto.3. I documenti vengono forniti in una versione e in un formato già esistenti (compreso quello elettronico o un formato alternativo, quale il braille, la stampa a grandi caratteri o il nastro magnetico), tenendo pienamente conto della preferenza espressa dal richiedente.Articolo 11Registri1. Affinché i cittadini possano esercitare effettivamente i diritti di cui godono in virtù del presente regolamento, ciascuna istituzione rende accessibile un registro di documenti. L'accesso al registro dovrebbe aver luogo in forma elettronica. I riferimenti ai documenti sono iscritti senza indugio nel registro.2. Per ciascun documento il registro contiene un numero di riferimento (compreso, qualora esistente, il riferimento interistituzionale), l'oggetto e/o una breve descrizione del contenuto del documento, nonché la data alla quale il documento è stato ricevuto o redatto e inserito nel registro. I riferimenti sono indicati secondo modalità che non pregiudicano la tutela degli interessi di cui all'articolo 4.3. Le istituzioni adottano immediatamente le misure necessarie a istituire un registro, che sarà operativo entro il 3 giugno 2002.Articolo 12Accesso diretto sotto forma elettronica o attraverso il registro1. Per quanto possibile, le istituzioni rendono direttamente accessibili al pubblico i documenti sotto forma elettronica o attraverso un registro, in conformità delle disposizioni previste dall'istituzione in questione.2. In particolare, fatti salvi gli articoli 4 e 9, i documenti legislativi, vale a dire i documenti redatti o ricevuti nel corso delle procedure per l'adozione di atti giuridicamente vincolanti negli o per gli Stati membri, dovrebbero essere resi direttamente accessibili.3. Per quanto possibile, gli altri documenti, in particolare quelli relativi alla formulazione di una politica o di una strategia, dovrebbero essere resi direttamente accessibili.4. Qualora l'accesso diretto non avvenga attraverso il registro, quest'ultimo, per quanto possibile, indica dove si trova il documento.Articolo 13Pubblicazione nella Gazzetta ufficiale1. Fatti salvi gli articoli del presente regolamento, oltre agli atti di cui all'articolo 254 del trattato CE e all'articolo 163 del trattato Euratom, i seguenti documenti sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale:a) le proposte della Commissione;b) le posizioni comuni adottate dal Consiglio secondo le procedure di cui agli articoli 251 e 252 del trattato CE e le relative motivazioni e la posizione del Parlamento europeo nel quadro di tali procedure;c) le decisioni quadro e le decisioni di cui all'articolo 34, paragrafo 2, del trattato UE;d) le convenzioni stabilite dal Consiglio in base all'articolo 34, paragrafo 2, del trattato UE;e) le convenzioni firmate tra Stati membri sulla base dell'articolo 293 del trattato CE;f) gli accordi internazionali conclusi dalla Comunità ovvero in base all'articolo 24 del trattato UE.2. Per quanto possibile, i seguenti documenti sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale:a) le iniziative presentate al Consiglio da uno Stato membro a norma dell'articolo 67, paragrafo 1, del trattato CE ovvero dell'articolo 34, paragrafo 2, del trattato UE;b) le posizioni comuni di cui all'articolo 34, paragrafo 2, del trattato UE;c) le direttive diverse da quelle previste all'articolo 254, paragrafi 1 e 2, del trattato CE, le decisioni diverse da quelle previste all'articolo 254, paragrafo 1, del trattato CE, le raccomandazioni e i pareri.3. Nel proprio regolamento interno ciascuna istituzione può stabilire quali altri documenti debbano essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale.Articolo 14Informazione1. Ciascuna istituzione adotta i provvedimenti necessari per informare il pubblico dei diritti di cui gode in virtù del presente regolamento.2. Gli Stati membri cooperano con le istituzioni nel divulgare informazioni ai cittadini.Articolo 15Prassi amministrativa nelle istituzioni1. Le istituzioni mettono a punto le buone prassi amministrative al fine di facilitare l'esercizio del diritto di accesso garantito dal presente regolamento.2. Le istituzioni creano un comitato interistituzionale per esaminare le migliori prassi, affrontare eventuali divergenze e discutere i futuri sviluppi dell'accesso del pubblico ai documenti.Articolo 16Riproduzione di documentiIl presente regolamento non pregiudica le disposizioni esistenti in materia di diritto d'autore, che possono limitare il diritto di terzi di riprodurre o sfruttare i documenti divulgati.Articolo 17Relazioni1. Ciascuna istituzione pubblica annualmente una relazione riguardante l'anno precedente e comprendente il numero dei casi in cui ha rifiutato l'accesso ai documenti, i motivi di tali rifiuti, nonché il numero dei documenti sensibili non inseriti nel registro.2. Al più tardi entro il 31 gennaio 2004, la Commissione pubblica una relazione sull'applicazione dei principi del presente regolamento e formula raccomandazioni comprendenti, ove opportuno, proposte di revisione del presente regolamento e un programma d'azione contenente le misure che le istituzioni dovranno adottare.Articolo 18Efficacia1. Ciascuna istituzione adatta il proprio regolamento interno alle disposizioni del presente regolamento. Tali adattamenti hanno effetto a decorrere dal 3 dicembre 2001.2. Entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione esamina la conformità con il presente regolamento del regolamento (CEE, Euratom) n. 354/83 del Consiglio, del 1o febbraio 1983, che rende accessibili al pubblico gli archivi storici della Comunità economica europea e della Comunità europea dell'energia atomica(6), in modo da assicurare nella misura più ampia possibile la salvaguardia e l'archiviazione dei documenti.3. Entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione esamina la conformità con il presente regolamento delle disposizioni esistenti sull'accesso ai documenti.Articolo 19Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso si applica a decorrere dal 3 dicembre 2001.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 30 maggio 2001.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteB. Lejon(1) GU C 177 E del 27.6.2000, pag. 70.(2) Parere del Parlamento europeo del 3 maggio 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 28 maggio 2001.(3) GU L 340 del 31.12.1993, pag. 43. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 2000/527/CE (GU L 212 del 23.8.2000, pag. 9).(4) GU L 46 del 18.2.1994, pag. 58. Decisione modificata dalla decisione 96/567/CE, CECA, Euratom (GU L 247 del 28.9.1996, pag. 45).(5) GU L 263 del 25.9.1997, pag. 27.(6) GU L 43 del 15.2.1983, pag. 1. | L’accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione
QUAL È LO SCOPO DELL’ARTICOLO 15 DEL TFUE E DEL REGOLAMENTO?
L’Articolo 15(3) del TFUE dà ai cittadini, ai residenti e alle imprese dell’UE il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’UE in conformità con determinati principi e condizioni. Il regolamento stabilisce i principi generali e i limiti relativi a tale accesso. Esso mira a garantire che i cittadini possano esercitare il loro diritto di accesso nelle modalità il più semplici possibile. È possibile richiedere l’accesso a tutti i documenti elaborati o ricevuti da un’istituzione, in tutti i settori di attività dell’UE.
PUNTI CHIAVE
Eccezioni e diritti di terzi
Le Istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione: arrechi pregiudizio alla tutela: dell’interesse pubblico, per quanto riguarda la sicurezza pubblica, la difesa, le relazioni internazionali, la politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di un paese dell’UE; odella vita privata e l’integrità di un individuo, in particolare in conformità con la legislazione comunitaria sulla protezione dei dati personali; arrechi pregiudizio a: interessi commerciali, procedure giurisdizionali e consulenza legale di una persona fisica o giuridica, oobiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla sua divulgazione; se arreca pregiudizio grave alla protezione del processo decisionale delle istituzioni, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla sua divulgazione; Per quanto concerne i documenti di terzi, in caso di dubbi l’istituzione consulta il terzo al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni. Gli Stati membri hanno un più forte diritto all’opposizione (sebbene non abbiano il diritto di veto).
Documenti negli Stati membri
Qualora uno Stato membro riceva una domanda di accesso a un documento in suo possesso, lo Stato membro consulta l’istituzione in questione per garantire che la divulgazione sia in linea con gli obiettivi del presente regolamento. In alternativa, lo Stato membro può deferire all’istituzione la domanda di accesso.
Domande di accesso, trattamento delle stesse e accesso al documentoLe domande di accesso a un documento sono presentate in forma scritta, anche elettronica, in una delle lingue dell’Unione europea. Il richiedente non è tenuto a motivare la domanda.ma deve precisarla nella propria richiesta. Le domande di accesso ai documenti sono trattate prontamente dalle istituzioni. Esse inviano al richiedente un avviso di ricevimento e, entro 15 giorni lavorativi dalla registrazione della domanda, l’istituzione concede o rifiuta l’accesso al documento richiesto. Tale termine può essere prorogato di altri 15 giorni lavorativi. Nel caso di un rifiuto totale o parziale, il richiedente può, entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione della risposta dell’istituzione, chiedere alla stessa di rivedere la sua posizione, presentando una domanda di conferma. L’accesso del richiedente ai documenti avviene mediante consultazione sul posto oppure tramite rilascio di una copia, o tramite la ricezione di informazioni in merito alle modalità con cui ottenere il documento richiesto. Documenti sensibili Per documenti sensibili si intendono quei documenti provenienti dalle istituzioni o dalle agenzie da loro istituite, da Stati membri, paesi terzi o organismi internazionali, classificati come TRÈS SECRET UE/EU TOP SECRET, SECRET UE/EU SECRET o CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL. Le domande di accesso a documenti sensibili sono trattate solo da persone che abbiano il diritto di venire a conoscenza di tali documenti. I documenti sensibili sono iscritti nel registro o divulgati solo con il consenso dell’originatore. Registri e prassi amministrativeCiascuna istituzione deve tenere un registro di documenti L’accesso al registro dovrebbe aver luogo in forma elettronica. Gli Stati membri cooperano con le istituzioni nel divulgare informazioni ai cittadini. Le istituzioni mettono a punto le buone prassi amministrative al fine di facilitare l’esercizio del diritto di accesso garantito dal presente regolamento. Pubblicazione nella Gazzetta ufficialeMolti dei documenti dell’UE vengono pubblicati nella Gazzetta ufficiale. Essi comprendono:gli atti legislativi adottati in base all’Articolo 297 del TFUE (procedura legislativa ordinaria); le posizioni adottate dal Consiglio sulla base dell’Articolo 294 del TFUE; gli accordi internazionali conclusi dall’Unione europea ovvero in base all’articolo 37 del Trattato dell’Unione europea. Relazioni e misure d’applicazioneCiascuna istituzione pubblica annualmente una relazione riguardante l’anno precedente e comprendente il numero dei casi in cui ha rifiutato l’accesso ai documenti, i motivi di tali rifiuti, nonché il numero dei documenti delicati non inseriti nel registro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È entrato in vigore il lunedì 3 dicembre 2001.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Accesso ai documenti (Commissione europea) Accesso ai documenti (Parlamento europeo) Trasparenza e accesso ai documenti (Consiglio dell’Unione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte prima: Principi - Titolo II: Disposizioni di portata generale - Articolo 15 (ex articolo 255 del TUE) (GU C 202, 7.6.2016, pagg. 54-55)
Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, del 31.5.2001, pagg. 43-48)
Le successive modifiche al Regolamento (CE) n. 1049/2001 sono state integrate nel documento di base. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario.
DOCUMENTI CORRELATI
Relazione della Commissione sull’applicazione nel 2016 del regolamento (CE) n. 1049/2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (COM(2017)738 final, del 6.12.2017) | 9,561 | 557 |
32009L0032 | false | DIRETTIVA 2009/32/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 88/344/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni di detta direttiva è opportuno, per ragioni di chiarezza, procedere alla sua rifusione.
(2)
Le differenze esistenti tra le legislazioni nazionali in materia di solventi da estrazione ostacolano la libera circolazione dei prodotti alimentari e possono creare condizioni di concorrenza ineguali, avendo così un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.
(3)
È necessario ravvicinare dette legislazioni per conseguire la libera circolazione dei prodotti alimentari.
(4)
Le legislazioni in merito ai solventi da estrazione destinati a essere impiegati nei prodotti alimentari dovrebbero, in primo luogo, tener conto delle esigenze della tutela della salute umana, ma anche, entro i limiti necessari per la tutela della salute, delle esigenze economiche e tecniche.
(5)
Un simile ravvicinamento dovrebbe comportare l'elaborazione di un elenco unico dei solventi da estrazione destinati alla preparazione dei prodotti alimentari o di altri ingredienti alimentari. È anche opportuno fissare criteri generali di purezza.
(6)
L'impiego di un solvente da estrazione rispettando le corrette prassi di fabbricazione dovrebbe provocare l'eliminazione della totalità o della gran parte dei residui di solventi contenuti nei prodotti alimentari o nei loro ingredienti.
(7)
In tali condizioni la presenza di residui o derivati nel prodotto alimentare finito o nell'ingrediente può essere involontaria, ma tecnicamente inevitabile.
(8)
Limitazioni specifiche, pur essendo in generale utili, non sono necessarie per le sostanze elencate nell'allegato I, parte I, e sono ammesse per quanto riguarda la sicurezza del consumatore, se tali sostanze sono state impiegate rispettando le corrette prassi di fabbricazione.
(9)
È opportuno, per tener conto della tutela della salute pubblica, determinare le condizioni di impiego di altri solventi da estrazione elencati nell'allegato I, parte II e parte III, nonché dei valori massimi dei residui autorizzati nei prodotti alimentari e nei loro ingredienti.
(10)
Dovrebbero essere definiti criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione, nonché metodi di analisi e di campionatura dei solventi da estrazione che si trovano nei e sui prodotti alimentari.
(11)
Se si dovesse ritenere che, alla luce delle nuove informazioni, l'impiego di un solvente da estrazione previsto nella presente direttiva costituisce un rischio per la salute, gli Stati membri dovrebbero poter sospenderne o limitarne l'impiego ovvero ridurre le quantità previste in attesa di una decisione a livello comunitario.
(12)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(13)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare l'elenco dei solventi da estrazione impiegati nel trattamento di materie prime, prodotti alimentari o componenti di prodotti alimentari o loro ingredienti, e la specificazione delle relative condizioni d'impiego e dei limiti massimi dei residui, e di adottare criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione, metodi di analisi necessari al controllo del rispetto dei criteri generali e specifici di purezza, nonché metodi di analisi e campionatura dei solventi da estrazione impiegati nei prodotti alimentari o negli ingredienti. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(14)
Per motivi di efficacia, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo dovrebbero essere abbreviati ai fini dell'adozione delle modifiche dell'elenco dei solventi da estrazione impiegati nel trattamento di materie prime, prodotti alimentari o componenti di prodotti alimentari o loro ingredienti, e della specificazione delle relative condizioni d'impiego e dei limiti massimi dei residui, e ai fini dell'adozione dei criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione.
(15)
Ove, per imperativi motivi d'urgenza, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo non possano essere osservati, la Commissione dovrebbe poter applicare la procedura d'urgenza prevista dall'articolo 5 bis, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE ai fini della modifica dell'elenco dei solventi da estrazione impiegati nel trattamento di materie prime, prodotti alimentari o componenti di prodotti alimentari o loro ingredienti, e della specificazione delle relative condizioni d'impiego e dei limiti massimi dei residui, per adottare criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione e per modificare la presente direttiva nei casi in cui risulti che l'impiego, nei prodotti alimentari, di una delle sostanze elencate nell'allegato I oppure la presenza in queste sostanze di uno o più componenti di cui all'articolo 3 è suscettibile di nuocere alla salute umana, pur essendo conforme alle disposizioni della presente direttiva.
(16)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure dei comitati. Pertanto, essi non richiedono alcuna attività di recepimento da parte degli Stati membri.
(17)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale di cui all’allegato II, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva si applica ai solventi da estrazione impiegati o destinati a essere impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari o dei loro ingredienti.
La presente direttiva non si applica ai solventi da estrazione impiegati per la produzione di additivi alimentari, di vitamine e di altri additivi nutritivi, a meno che tali additivi alimentari, vitamine e additivi nutritivi figurino in uno degli elenchi dell'allegato I.
Tuttavia, gli Stati membri si accertano che l'uso di additivi alimentari, di vitamine e di altri additivi nutritivi non comporti nei prodotti alimentari residui di solventi da estrazione in proporzioni pericolose per la salute umana.
La presente direttiva si applica fatte salve le disposizioni adottate nel quadro di normative comunitarie più specifiche.
2. Ai fini della presente direttiva si intende per:
a)
«solvente»: qualsiasi sostanza atta a dissolvere un prodotto alimentare o qualsiasi componente di un prodotto alimentare, compresi gli agenti contaminanti presenti nel o sul prodotto alimentare;
b)
«solvente da estrazione»: un solvente impiegato nel corso di un procedimento di estrazione durante la lavorazione di materie prime o di prodotti alimentari, di componenti o di ingredienti di questi prodotti, il quale è rimosso, ma può condurre alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui o di derivati nel prodotto alimentare o nell'ingrediente.
Articolo 2
1. Gli Stati membri autorizzano l'impiego, quali solventi da estrazione nella fabbricazione di prodotti alimentari o di loro ingredienti, delle sostanze e materie elencate nell'allegato I, alle condizioni d'impiego e nel rispetto delle quantità massime di residui, che sono eventualmente precisate in detto allegato.
Gli Stati membri non possono proibire, limitare od ostacolare l'immissione sul mercato dei prodotti alimentari o dei loro ingredienti per motivi attinenti ai solventi da estrazione impiegati o ai loro residui se questi soddisfano le disposizioni della presente direttiva.
2. Gli Stati membri vietano l'impiego, quali solventi da estrazione, di sostanze e di materie diverse dai solventi da estrazione elencati nell'allegato I e non possono estendere queste condizioni d'impiego e le quantità massime di residui ammissibili oltre quanto ivi stabilito.
3. L'acqua, con l'eventuale aggiunta di sostanze che ne modificano l'acidità o l'alcalinità, e le altre sostanze alimentari che posseggono proprietà solventi sono autorizzate quali solventi da estrazione nella fabbricazione dei prodotti alimentari o dei loro ingredienti.
Articolo 3
Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire che le sostanze e le materie elencate come solventi da estrazione nell'allegato I rispettino i seguenti criteri generali e specifici di purezza:
a)
non devono contenere un quantitativo tossicologicamente pericoloso di qualsiasi elemento o sostanza;
b)
salvo deroghe eventualmente previste nei criteri specifici di purezza adottati a norma dell'articolo 4, lettera d), non devono contenere oltre 1 mg/kg di arsenico o oltre 1 mg/kg di piombo;
c)
devono soddisfare i criteri specifici di purezza adottati a norma dell'articolo 4, lettera d).
Articolo 4
La Commissione adotta:
a)
le modifiche dell'allegato I necessarie per l'adeguamento al progresso tecnico e scientifico nell'ambito dell'utilizzo dei solventi, delle loro condizioni di impiego e dei limiti massimi dei residui;
b)
i metodi di analisi necessari al controllo del rispetto dei criteri generali e specifici di purezza previsti all'articolo 3;
c)
la procedura per il prelievo di campioni e i metodi di analisi qualitativa e quantitativa dei solventi da estrazione elencati nell'allegato I e impiegati nei prodotti alimentari o negli ingredienti;
d)
all'occorrenza, i criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione elencati nell'allegato I, e in particolare le quantità massime permesse di mercurio e cadmio nei solventi da estrazione.
Le misure di cui alle lettere b) e c) del primo comma, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 6, paragrafo 2.
Le misure di cui alle lettere a) e d) del primo comma, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 6, paragrafo 3.
Ove necessario, le misure di cui alle lettere a) e d) del primo comma sono adottate secondo la procedura d'urgenza di cui all'articolo 6, paragrafo 4.
Articolo 5
1. Se uno Stato membro, a seguito di informazioni nuove o di un riesame di informazioni esistenti effettuato dopo l'adozione della presente direttiva, ha motivi precisi per stabilire che l'impiego, nei prodotti alimentari, di una sostanza elencata nell'allegato I oppure che la presenza in queste sostanze di uno o più componenti di cui all'articolo 3 è suscettibile di nuocere alla salute umana, pur essendo conforme alle disposizioni della presente direttiva, esso può sospendere o limitare temporaneamente l'applicazione delle disposizioni in questione nel proprio territorio. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione e precisa i motivi della propria decisione.
2. La Commissione esamina immediatamente i motivi addotti dallo Stato membro in questione, consulta il comitato di cui all’articolo 6, paragrafo 1, emette in seguito il proprio parere e prende gli opportuni provvedimenti che possono sostituire quelli di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
3. La Commissione adotta le modifiche della presente direttiva da essa ritenute necessarie per risolvere le difficoltà di cui al paragrafo 1 e per garantire la tutela della salute umana.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura d'urgenza di cui all'articolo 6, paragrafo 4.
In questo caso lo Stato membro che ha adottato le misure di salvaguardia può applicarle fino al momento dell'entrata in vigore delle suddette modifiche nel proprio territorio.
Articolo 6
1. La Commissione è assistita dal comitato per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall’articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (6).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4 e paragrafo 5, lettera b), e l'articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
I termini stabiliti dall'articolo 5 bis, paragrafo 3, lettera c), e paragrafo 4, lettere b) ed e), della decisione 1999/468/CE sono fissati rispettivamente a due mesi, un mese e due mesi.
4. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi 1, 2, 4 e 6, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Articolo 7
1. Gli Stati membri adottano tutti i provvedimenti necessari per garantire che le sostanze elencate nell'allegato I e destinate a essere usate nei prodotti alimentari come solventi da estrazione per uso alimentare siano immesse sul mercato soltanto se sull'imballaggio, recipiente o etichettatura figurano le seguenti indicazioni scritte in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili:
a)
la denominazione commerciale indicata conformemente all'allegato I;
b)
una menzione chiara che indica che la sostanza è di qualità adatta a essere impiegata per l'estrazione di prodotti alimentari o dei loro ingredienti;
c)
una menzione che consenta di identificare la partita;
d)
il nome o la ragione sociale e l'indirizzo del fabbricante o dell'imballatore o di un venditore del prodotto stabilito all'interno della Comunità;
e)
il quantitativo netto nominale espresso in unità di volume;
f)
se del caso, le condizioni particolari di conservazione o di impiego.
2. In deroga al paragrafo 1, le indicazioni specificate alle lettere c), d), e) e f) dello stesso paragrafo possono figurare soltanto sui documenti commerciali relativi alla partita o al lotto, i quali devono accompagnare o precedere la spedizione.
3. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni comunitarie più precise o più ampie in materia di pesi e misure o concernenti la classificazione, nonché il condizionamento e l'etichettatura delle sostanze e delle miscele pericolose.
4. Gli Stati membri si astengono dal fissare requisiti più dettagliati di quelli contenuti nel presente articolo in ordine alle modalità di indicazione delle indicazioni previste.
Ogni Stato membro garantisce tuttavia che la vendita di solventi da estrazione nel proprio territorio sia vietata se le indicazioni previste dal presente articolo non appaiono in un linguaggio facilmente comprensibile per gli acquirenti, salvo che l'informazione dell'acquirente non venga altrimenti garantita. La presente disposizione non impedisce che dette indicazioni siano fornite in varie lingue.
Articolo 8
1. La presente direttiva si applica anche ai solventi da estrazione impiegati o destinati a essere impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari o ingredienti alimentari importati nella Comunità.
2. La presente direttiva non si applica né ai solventi da estrazione né ai prodotti alimentari destinati all'esportazione fuori della Comunità.
Articolo 9
La direttiva 88/344/CEE, come modificata dagli atti elencati nell’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale di cui all’allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III.
Articolo 10
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 11
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 224 del 30.8.2008, pag. 87.
(2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 157 del 24.6.1988, pag. 28.
(4) Cfr. allegato II, parte A.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(6) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
ALLEGATO I
SOLVENTI DA ESTRAZIONE IMPIEGATI NEL TRATTAMENTO DI MATERIE PRIME, PRODOTTI ALIMENTARI O COMPONENTI DI PRODOTTI ALIMENTARI O LORO INGREDIENTI
PARTE I
Solventi da utilizzare, rispettando le corrette prassi di fabbricazione, per tutti gli usi
(1)
Nome:
Propano
Butano
Acetato di etile
Etanolo
Anidride carbonica
Acetone (2)
Protossido d'azoto
PARTE II
Solventi da estrazione di cui sono specificate le condizioni di impiego
Nome
Condizioni di impiego
(descrizione sommaria dell'estrazione)
Limiti massimi di residuo nel prodotto alimentare o nel suo ingrediente
Esano (3)
Produzione o frazionamento di grassi e oli e produzione di burro di cacao
1 mg/kg nel grasso o olio o nel burro di cacao
Preparazione di prodotti a base di proteine sgrassate e di farine sgrassate
10 mg/kg nei prodotti alimentari contenenti il prodotto a base di proteine sgrassate e le farine sgrassate
30 mg/kg nei prodotti sgrassati di soia venduti al consumatore finale
Preparazione di germi di cereali sgrassati
5 mg/kg nei germi di cereali sgrassati
Acetato di metile
Decaffeinizzazione o eliminazione delle sostanze irritanti e amare del caffè e del tè
20 mg/kg nel caffè o nel tè
Produzione di zucchero da melasse
1 mg/kg nello zucchero
Etilmetilchetone (4)
Frazionamento di grassi e oli
5 kg/mg nel grasso o olio
Decaffeinizzazione o eliminazione delle sostanze irritanti e amare del caffè e del tè
20 mg/kg nel caffè o nel tè
Diclorometano
Decaffeinizzazione o eliminazione delle sostanze irritanti e amare del caffè e del tè
2 mg/kg nel caffè torrefatto e 5 mg/kg nel tè
Metanolo
Per tutti gli impieghi
10 mg/kg
Propan-2-olo
Per tutti gli impieghi
10 mg/kg
PARTE III
Solventi da estrazione le cui condizioni d'utilizzazione sono precisate
Nome
Quantità massime di residui nel prodotto alimentare dovuti all'impiego di solventi da estrazione nella preparazione degli aromatizzanti a base di aromi naturali
Etere dietile
2 mg/kg
Esano (5)
1 mg/kg
Cicloesano
1 mg/kg
Acetato di metile
1 mg/kg
Butan-1-olo
1 mg/kg
Butan-2-olo
1 mg/kg
Etilmetilchetone (5)
1 mg/kg
Diclorometano
0,02 mg/kg
Propan-1-olo
1 mg/kg
1,1,1,2-tetrafluoroetano
0,02 mg/kg
(1) Si ritiene che un solvente da estrazione sia utilizzato rispettando le corrette prassi di fabbricazione se il suo uso comporta soltanto la presenza di residui o di derivati e inoltre in quantità tecnicamente inevitabili e tali da non presentare rischi per la salute umana.
(2) L'impiego di acetone nella raffinazione dell'olio di sansa di oliva è vietato.
(3) Esano: prodotto commerciale consistente essenzialmente di idrocarburi aciclici saturi, contenenti sei atomi di carbonio, che distilla fra 64 °C e 70 °C. L'impiego combinato dell'esano e dell'etilmetilchetone è vietato.
(4) La presenza di n-esano in questo solvente non deve superare 50 mg/kg. L'impiego combinato dell'esano e dell'etilmetilchetone è vietato.
(5) L'impiego combinato dell'esano e dell'etilmetilchetone è vietato.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 9)
Direttiva 88/344/CEE del Consiglio
(GU L 157 del 24.6.1988, pag. 28)
Direttiva 92/115/CEE del Consiglio
(GU L 409 del 31.12.1992, pag. 31)
Direttiva 94/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 331 del 21.12.1994, pag. 10)
Direttiva 97/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 331 del 3.12.1997, pag. 7)
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1)
limitatamente al punto 9 dell'allegato III
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 9)
Direttiva
Termine di recepimento
88/344/CEE
13 giugno 1991
92/115/CEE
a)
1o luglio 1993
b)
1o gennaio 1994 (1)
94/52/CE
7 dicembre 1995
97/60/CE
a)
27 ottobre 1998
b)
27 aprile 1999 (2)
(1) A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 92/115/CEE:
«Gli Stati membri modificano le loro disposizioni legislative, regolamentari, e amministrative in modo da:
—
consentire la commercializzazione di prodotti conformi alla presente direttiva entro il 1o luglio 1993,
—
vietare la commercializzazione di prodotti non conformi alla presente direttiva con decorrenza dal 1o gennaio 1994.»
(2) A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 97/60/CE:
«Gli Stati membri modificano le proprie disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in modo da:
—
consentire la commercializzazione dei prodotti conformi alla direttiva 88/344/CEE, quale modificata dalla presente direttiva, non oltre il 27 ottobre 1998,
—
vietare la commercializzazione dei prodotti non conformi alla direttiva 88/344/CEE, quale modificata dalla presente direttiva, a decorrere dal 27 aprile 1999. Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di tale data e non conformi alla direttiva 88/344/CEE, quale modificata dalla presente direttiva, possono essere commercializzati sino all’esaurimento delle scorte.»
ALLEGATO III
Tavola di concordanza
Direttiva 88/344/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 3
—
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2
—
Articolo 6, paragrafo 3
—
—
Articolo 6, paragrafo 2
—
Articolo 6, paragrafo 3
—
Articolo 6, paragrafo 4
Articolo 7
Articolo 7
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9
—
—
Articolo 9
—
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 11
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III | Lavorazione sicura degli alimenti: norme comuni per i solventi da estrazione
SINTESI
L’estrazione con solventi è un modo per separare una sostanza da una o più sostanze diverse tramite l’applicazione di un solvente*. Viene usata nell’industria alimentare e deve essere regolamentata per garantire la tutela della salute umana e che i prodotti risultanti dall’impiego di tale tecnica possano essere venduti liberamente in tutta l’Unione europea (UE).
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Sostituisce la normativa precedente e istituisce un unico elenco di solventi da estrazione che possono essere usati nella lavorazione degli alimenti, dei loro ingredienti e delle materie prime seguendo buone pratiche di produzione.
PUNTI CHIAVE
I solventi da estrazione consentiti sono:
—
il propano,
—
il butano,
—
l’acetato di etile,
—
l’etanolo,
—
l’anidride carbonica,
—
l’acetone,
—
il protossido d’azoto.
I paesi dell’UE possono non proibire, limitare o impedire la vendita di alimenti o dei loro ingredienti se tali solventi sono stati usati in maniera conforme alla normativa.
I paesi dell’UE possono non autorizzare l’uso di altre sostanze o materiali in qualità di solventi da estrazione.
Le autorità nazionali possono sospendere o limitare temporaneamente l’uso di un solvente da estrazione consentito qualora ritengano, sulla base di dati comprovati, che l’uso dello stesso negli alimenti potrebbe arrecare danno alla salute umana.
Esse devono informare immediatamente gli altri paesi dell’UE e la Commissione europea, che verificherà le prove addotte a supporto della loro decisione.
Le sostanze usate in qualità di solventi da estrazione devono recare determinate informazioni in maniera visibile, leggibile e indelebile sulla confezione, sul contenitore o sull’etichetta, tra cui:
—
la denominazione commerciale;
—
una menzione chiara del fatto che la sostanza è adatta a essere impiegata per l’estrazione di prodotti alimentari o dei loro ingredienti;
—
eventuali condizioni particolari di conservazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
A decorrere dal 26 giugno 2009.
TERMINI CHIAVE
* Solvente: qualsiasi sostanza atta a dissolvere un prodotto alimentare.
* Solvente da estrazione: una sostanza impiegata durante la lavorazione di prodotti alimentari, la quale viene successivamente rimossa. Può condurre alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui o di derivati nel prodotto alimentare. | 8,508 | 276 |
31998L0006 | false | Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori
Gazzetta ufficiale n. L 080 del 18/03/1998 pag. 0027 - 0031
DIRETTIVA 98/6/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatoriIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 129 A, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 9 dicembre 1997,(1) considerando che un funzionamento trasparente del mercato e un'informazione corretta favoriscono la tutela dei consumatori e una sana concorrenza tra le imprese e i prodotti;(2) considerando la necessità di garantire ai consumatori un alto livello di protezione e l'obbligo per la Comunità di contribuirvi mediante azioni specifiche che forniscano sostegno ed integrino la politica perseguita dagli Stati membri ai fini di un'informazione precisa, trasparente e univoca dei consumatori in merito ai prezzi dei prodotti loro offerti;(3) considerando che la risoluzione del Consiglio del 14 aprile 1975 riguardante un programma preliminare della Comunità economica europea per una politica di protezione e informazione del consumatore (4) e la risoluzione del Consiglio del 19 maggio 1981 riguardante un secondo programma della Comunità economica europea per una politica di protezione e di informazione del consumatore (5) hanno previsto l'elaborazione di principi comuni relativi all'indicazione dei prezzi;(4) considerando che tali principi sono stati fissati dalla direttiva 79/581/CEE (6) riguardante l'indicazione dei prezzi di taluni prodotti alimentari e dalla direttiva 88/314/CEE (7) riguardante l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari;(5) considerando che il nesso tra l'indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti ed il loro preconfezionamento in quantità prestabile corrispondenti ai valori di gamme approvate a livello comunitario si è rivelato troppo complesso da applicare; che occorre quindi abbandonare tale nesso a favore di un nuovo meccanismo semplificato e nell'interesse dei consumatori, senza che ciò modifichi il dispositivo relativo alla standardizzazione delle confezioni;(6) considerando che l'obbligo di indicare il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura contribuisce in modo notevole al miglioramento dell'informazione dei consumatori, in quanto offre nel modo più semplice ai consumatori possibilità ottimali di valutare e di raffrontare il prezzo dei prodotti e quindi permette loro di procedere a scelte consapevoli in base a raffronti semplici;(7) considerando che deve dunque sussistere un obbligo generale di indicare contemporaneamente il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura per tutti i prodotti, fatti salvi quelli commercializzati sfusi, per i quali il prezzo di vendita non può essere fissato prima che il consumatore abbia indicato la quantità di prodotto richiesta;(8) considerando che è necessario tener conto del fatto che taluni prodotti vengono abitualmente venduti in quantità differenti da un chilogrammo, un litro, un metro, un metro quadrato o un metro cubo e che è quindi opportuno che gli Stati membri possano autorizzare il riferimento del prezzo per unità di misura ad una singola unità di quantità diversa, tenuto conto della natura del prodotto e delle quantità in cui esso è abitualmente venduto nello Stato membro in questione;(9) considerando che, in determinate circostanze, l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura può comportare un onore eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto e che occorre pertanto che gli Stati membri siano autorizzati a non rispettare tale obbligo durante un adeguato periodo transitorio;(10) considerando che occorre mantenere anche la possibilità per gli Stati membri di esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per cui tale indicazione non sarebbe utile o potrebbe dar luogo a confusioni, ad esempio quando l'indicazione di una quantità non è pertinente ai fini del raffronto dei prezzi o quando prodotti diversi vengono commercializzati in una stessa confezione;(11) considerando che gli Stati membri, allo scopo di agevolare l'applicazione del sistema in questione, hanno, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, la facoltà di redigere un elenco di prodotti o di categorie di prodotti che rimangono soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura;(12) considerando che una normativa comunitaria permette di assicurare un'informazione omogenea e trasparente a profitto dell'insieme dei consumatori nel quadro del mercato interno; che il nuovo approccio semplificato è nel contempo sufficiente e necessario per raggiungere tale obiettivo;(13) considerando che gli Stati membri devono vigilare sull'efficacia del sistema; che la trasparenza del sistema dovrebbe essere mantenuta anche al momento dell'introduzione dell'euro; che a detto scopo andrebbe limitato il numero massimo dei prezzi da indicare;(14) considerando che occorre prestare particolare attenzione ai piccoli esercizi al minuto; che a tale scopo la Commissione, nella sua relazione sull'applicazione della direttiva da presentare al più tardi entro tre anni dalla data indicata all'articolo 11, paragrafo 1, dovrebbe tenere particolarmente conto delle esperienze fatte dai piccoli dettaglianti nell'applicazione della direttiva, tra l'altro per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico e l'introduzione della moneta unica; che tale relazione, tenuto conto del periodo transitorio indicato all'articolo 6, dovrebbe essere corredata da una proposta,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva ha lo scopo di prevedere l'indicazione del prezzo di vendita e del prezzo per unità di misura dei prodotti offerti dai commercianti ai consumatori al fine di migliorare l'informazione dei consumatori e di agevolare il raffronto dei prezzi.Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) prezzo di vendita: il prezzo finale valido per una unità del prodotto o per una determinata quantità del prodotto, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta;b) prezzo per unità di misura: il prezzo finale, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta, valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per una singola unità di quantità diversa, se essa è impiegata generalmente e abitualmente nello Stato membro interessato per la commercializzazione di prodotti specifici;c) prodotto commercializzato sfuso: un prodotto che non costituisce oggetto di alcuna confezione preliminare ed è misurato in presenza del consumatore;d) commerciante: qualsiasi persona fisica o giuridica che vende o mette in commercio prodotti che rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale;e) consumatore: qualsiasi persona fisica che acquista un prodotto destinandolo a scopi che non rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale.Articolo 3 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura sono indicati per tutti i prodotti di cui all'articolo 1, fatte salve, per l'indicazione del prezzo per unità di misura, le disposizioni dell'articolo 5. Il prezzo per unità di misura non dev'essere indicato quando è identico al prezzo di vendita.2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 1:- ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizi,- alle vendite all'asta, nonché alle vendite di oggetti d'arte e di antiquariato.3. Per i prodotti commercializzati sfusi deve essere indicato soltanto il prezzo per unità di misura.4. La pubblicità che menziona il prezzo di vendita dei prodotti di cui all'articolo 1 indica anche il prezzo per unità di misura, fatto salvo l'articolo 5.Articolo 4 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere non equivoci, agevolmente identificabili e facilmente leggibili. Gli Stati membri possono prevedere che il numero massimo di prezzi da indicare sia limitato.2. Il prezzo per unità di misura si riferisce a una quantità dichiarata conformemente alle disposizioni nazionali e comunitarie.Qualora disposizioni nazionali o comunitarie richiedessero l'indicazione del peso netto e del peso netto sgocciolato per taluni prodotti preconfezionati, è sufficiente indicare il prezzo per unità di misura del peso netto sgocciolato.Articolo 5 1. Gli Stati membri possono esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per i quali tale indicazione non risulti utile a motivo della loro natura o della loro destinazione, o sia di natura tale da dar luogo a confusioni.2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1 gli Stati membri possono, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, stabilire un elenco dei prodotti o delle categorie di prodotti che restano soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura.Articolo 6 Qualora l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura rappresenti un onere eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto a motivo del numero di prodotti offerti in vendita, della superficie di vendita, delle caratteristiche del luogo di vendita, delle condizioni specifiche di vendita per cui il prodotto non sia direttamente accessibile al consumatore o di talune forme di esercizio, come particolari tipi di esercizio ambulante, gli Stati membri possono prevedere, per un periodo transitorio a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, che l'obbligo di indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti diversi dai prodotti commercializzati sfusi venduti in tali esercizi non si applichi, fatto salvo l'articolo 12.Articolo 7 Gli Stati membri adottano le misure appropriate per informare ogni persona interessata in ordine alla normativa nazionale che recepisce la presente direttiva.Articolo 8 Gli Stati membri determinano il regime di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Tali sanzioni debbono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 9 1. Il periodo di transizione di nove anni di cui all'articolo 1 della direttiva 95/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 novembre 1995, che modifica la direttiva 79/581/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti alimentari ai fini della protezione dei consumatori e la direttiva 88/314/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari ai fini della protezione dei consumatori (8) è prorogato fino alla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.2. Le direttive 79/581/CEE e 88/314/CEE sono abrogate a partire dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.Articolo 10 La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano disposizioni più favorevoli in materia di informazione dei consumatori e confronto dei prezzi, fatti salvi gli obblighi imposti loro dal trattato.Articolo 11 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 18 marzo 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate sono applicabili a partire da tale data.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono accompagnate da tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nel settore coperto dalla presente direttiva.3. Gli Stati membri notificano il regime di sanzioni di cui all'articolo 8, nonché qualsiasi modifica successiva.Articolo 12 Entro e non oltre tre anni a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione globale sull'applicazione della presente direttiva, in particolare dell'articolo 6, accompagnata da una proposta.Il Parlamento europeo e il Consiglio riesaminano, su tale base, le disposizioni di cui all'articolo 6 e agiscono, a norma del trattato, entro tre anni dalla presentazione da parte della Commissione della proposta di cui al primo comma.Articolo 13 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 16 febbraio 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteJ. CUNNINGHAM(1) GU C 260 del 5. 10. 1995, pag. 5 eGU C 249 del 27. 8. 1996, pag. 2.(2) GU C 82 del 19. 3. 1996, pag. 32.(3) Parere del Parlamento europeo del 18 aprile 1996 (GU C 141 del 13. 5. 1996, pag. 191). Posizione comune del Consiglio del 27 settembre 1996 (GU C 333 del 7. 11. 1996, pag. 7) e decisione del Parlamento europeo del 18 febbraio 1997 (GU C 85 del 17. 3. 1997, pag. 26). Decisione del Parlamento europeo del 16 dicembre 1997 e decisione del Consiglio del 18 dicembre 1997.(4) GU C 92 del 25. 4. 1975, pag. 1.(5) GU C 133 del 3. 6. 1981, pag. 1.(6) GU L 158 del 26. 6. 1979, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(7) GU L 142 del 9. 6. 1988, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(8) GU L 299 del 12. 12. 1995, pag. 11.Dichiarazione della Commissione Articolo 2, lettera b)La Commissione ritiene che l'espressione «valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per un'altra quantità unitaria» di cui all'articolo 2, lettera b) si applichi altresì ai prodotti commercializzati al pezzo o all'unità.Dichiarazione della Commissione Articolo 12, paragrafo 1La Commissione ritiene che l'articolo 12, paragrafo 1 della direttiva non possa essere interpretato come suscettibile di mettere in discussione il suo diritto d'iniziativa. | Indicazioni dei prezzi sui prodotti di consumo
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva 98/6/CE prevede che il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura di tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori siano chiaramente indicati al fine di migliorare le informazioni in possesso dei consumatori e consentire comparazioni di prezzo. Ha abrogato le direttive 79/581/CEE (prezzo dei generi alimentari) e 88/314/CEE (prezzo dei prodotti non alimentari) con decorrenza dal 18 marzo 2000. La direttiva 98/6/CE è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/2161 per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione europea relative alla protezione dei consumatori.
PUNTI CHIAVE
Direttiva 98/6/CEIl prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere indicati per tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori in maniera non ambigua, facilmente riconoscibile e chiaramente leggibile; ovvero, il prezzo finale deve essere comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto e di ogni altro tipo di tassa. Qualora il prezzo per unità di misura sia identico a quello di vendita, non deve essere indicato. Tuttavia, gli Stati membri dell’Unione possono decidere di non applicare tali norme:ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizio;alle vendite all’asta e alle vendite di oggetti d’arte e antichi. Per i prodotti commercializzati sfusi, va indicato soltanto il prezzo per unità di misura. Ogni pubblicità menzionante il prezzo di vendita deve indicare altresì il prezzo per unità di misura. Gli Stati membri possono:esentare dall’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti se una tale indicazione risulterebbe inutile o tale da creare confusione;redigere un elenco di prodotti non alimentari a cui si applica comunque l’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura nel caso di tale esenzione. La direttiva prevedeva un periodo transitorio durante il quale le piccole attività commerciali non erano obbligate a indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti non commercializzati sfusi. Gli Stati membri devono:adottare misure adeguate per informare tutte le persone interessate quando tale legislazione sarà integrata nel diritto nazionale;stabilire e fornire informazioni sul regime delle sanzioni applicabili in caso di violazione delle leggi nazionali adottate per l’applicazione della presente direttiva.Direttiva (UE) 2019/2161La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 introduce un nuovo articolo nella direttiva 98/6/CE sulle informazioni ai consumatori riguardanti le riduzioni di prezzo. Ogni annuncio di riduzione di un prezzo deve indicare chiaramente il prezzo applicato precedentemente dal professionista (prezzo precedente). Per prezzo precedente si intende il prezzo più basso applicato dal professionista durante un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni prima dell’applicazione della riduzione del prezzo. La modifica prevede opzioni normative per gli Stati membri per quanto riguarda i beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente, in particolare i prodotti alimentari, i beni che sono in vendita da meno di 30 giorni e i beni soggetti a continue riduzioni di prezzo. L’attuale obbligo per gli Stati membri di introdurre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle norme nazionali sull’indicazione dei prezzi è stato integrato con un elenco di criteri per l’imposizione di sanzioni.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DIRETTIVE?
La direttiva 98/6/CE doveva entrare in vigore negli Stati membri entro il 18 marzo 2000. La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 doveva diventare legge negli Stati membri entro il 28 novembre 2021. Gli Stati membri sono tenuti ad applicare le norme della direttiva a partire dal 28 maggio 2022.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva sull’indicazione dei prezzi (Commissione europea). Orientamenti sull’interpretazione e sull’applicazione dell’articolo 6a della direttiva 98/6/CE. Scheda informativa — New Deal:quali benefici per il consumatore? (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27).
Direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (GU L 328 del 18.12.2019, pag. 7).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori e che abroga il regolamento (CE) n. 2006/2004 (GU L 345 del 27.12.2017, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2017/2394 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Un «New Deal» per i consumatori [COM(2018) 183 final dell’11.4.2018]. | 6,255 | 509 |
31958R0003(01) | false | CEEA Consiglio: Regolamento n. 3 relativo all'applicazione dell'articolo 24 del Trattato che istituisce la Comunità Europea dell'Energia Atomica
Gazzetta ufficiale n. 017 del 06/10/1958 pag. 0406 - 0416 edizione speciale finlandese: capitolo 12 tomo 1 pag. 0003 edizione speciale svedese/ capitolo 12 tomo 1 pag. 0003 edizione speciale danese: serie I capitolo 1952-1958 pag. 0063 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1952-1958 pag. 0063 edizione speciale greca: capitolo 12 tomo 1 pag. 0003 edizione speciale spagnola: capitolo 12 tomo 1 pag. 0003 edizione speciale portoghese: capitolo 12 tomo 1 pag. 0003
REGOLAMENTO Nº 3 relativo all'applicazione dell'articolo 24 del Trattato che istituisce la Comunità Europea dell'Energia AtomicaIL CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ EUROPEA DELL'ENERGIA ATOMICA, visti gli articoli 24, 25 e 217 del Trattato che istituisce la Comunità Europea dell'Energia Atomica; vista la proposta della Commissione; considerando che misure di sicurezza devono essere prese per ciascuno dei regimi di segretezza applicabili alle cognizioni la cui divulgazione sia suscettibile di nuocere agli interessi della difesa di uno o di più Stati membri e che tali misure devono essere applicate sotto il controllo della Commissione tanto agli elementi materiali di tali cognizioni quanto alle persone e imprese a cui deve esserne inviata comunicazione nel territorio degli Stati membri; HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO PARTE PRIMA DISPOSIZIONI GENERALI Sezione I : Campo d'applicazione Articolo 1Campo d'applicazione materiale 1) Il presente Regolamento determina i regimi di segretezza e le misure di sicurezza applicabili alle cognizioni acquisite dalla Comunità o comunicate alla Commissione dagli Stati membri e rispettivamente contemplate agli articoli 24 e 25 del Trattato che istituisce la Comunità Europea dell'Energia Atomica, qui di seguito definito «Trattato». Tali cognizioni sono qui appresso definite : cognizioni segrete dell'Euratom (CSE). Tuttavia, qualora uno Stato comunichi cognizioni contemplate all'articolo 25, il Regolamento si applicherà nei suoi confronti soltanto se l'utilizzazione che ne fa rientri nel campo d'applicazione del Trattato. 2) Sono considerate come CSE le informazioni, le notizie, i documenti, gli oggetti, i mezzi di produzione e le materie attinenti alle cognizioni di cui al precedente comma primo. Articolo 2Qualora riguardino attività che rientrano nel campo d'applicazione del Trattato, i contratti, affari o accordi conclusi, prorogati o rinnovati tra uno Stato membro e una persona fisica e giuridica posteriormente all'entrata in vigore del presente Regolamento non possono essere opposti a quest'ultimo. Tuttavia le misure di sicurezza di origine contrattuale entrate in vigore prima della fissazione del presente Regolamento potranno essere applicate in luogo delle disposizioni previste dal Regolamento stesso, fino al termine fissato dall'atto con cui sono state stipulate. Articolo 3Campo d'applicazione personale Sono tenuti ad applicare alle CSE le misure di sicurezza specificate nel presente Regolamento e a dare le istruzioni necessarie per garantirne il rispetto: a) le istituzioni, i comitati, i servizi e gli impianti della Comunità; b) gli Stati membri e i loro servizi ufficiali; c) le imprese comuni; d) le persone o imprese di cui all'articolo 196 del Trattato. Articolo 4Imprese comuni Gli statuti di ciascuna impresa comune stabiliscono se, ai fini dell'applicazione del presente Regolamento, essa debba essere assimilata alle istituzioni, ai servizi e agli impianti della Comunità e alle persone e imprese di cui all'articolo 196 del Trattato. Articolo 5Disposizioni complementari al regime di sicurezza 1) Le norme contenute nel presente Regolamento devono essere considerate come le disposizioni minime di protezione per le CSE. 2) Per tener conto di circostanze locali, la Comunità e gli Stati membri completano, se necessario, il Regolamento di sicurezza nella loro rispettiva sfera d'azione e possono rafforzarlo mediante proprie disposizioni, purchè non venga compromessa l'uniformità nel trattamento delle CSE. Sezione II : Organizzazione Articolo 6Ufficio di sicurezza Sotto l'autorità e la responsabilità della Commissione, l'ufficio di sicurezza da essa istituito: a) coordina e cura l'applicazione generale delle misure di sicurezza; b) controlla l'applicazione di tali misure nelle istituzioni, nei comitati, servizi e impianti della Comunità; c) può far controllare dalle autorità nazionali e, ove lo ritenga necessario, controllare insieme ad esse, che le misure di sicurezza di cui al presente Regolamento vengano applicate alle CSE sul territorio degli Stati membri; d) propone le modifiche che ritiene necessarie all'applicazione del presente Regolamento. Articolo 7Organi incaricati dell'applicazione delle misure di sicurezza negli Stati membri Ciascuno Stato membro designa un organo statale incaricato di applicare o di far applicare, sul territorio di propria giurisdizione, le misure di sicurezza previste dal presente Regolamento. Articolo 8Agenti di sicurezza 1) In ogni istituzione, servizio e impianto della Comunità dove vengono elaborate e custodite delle CSE, l'ufficio di sicurezza designa un agente responsabile dell'applicazione del presente Regolamento, denominato qui di seguito «agente di sicurezza». 2) I servizi ufficiali degli Stati membri nonchè ogni persona e impresa di cui all'articolo 196 del Trattato e che elaborano o detengono delle CSE, designano, con l'accordo dell'organo statale responsabile della sicurezza di cui all'articolo 7, un agente responsabile dell'applicazione del presente Regolamento, qui appresso denominato agente di sicurezza. 3) Agli agenti di sicurezza incombe soprattutto la responsabilità: a) di provvedere alla registrazione prevista all'articolo 23; b) di aggiornare, per categoria, l'elenco di tutte le persone abilitate ad avere accesso alla CSE; c) di istruire il personale sui propri doveri in materia di protezione del segreto; d) di far applicare le misure materiali di protezione. Sezione III : Classificazione e declassificazione di CSE Articolo 9Principio I regimi di segretezza sono applicati soltanto nella misura indispensabile. Articolo 10Regimi di segretezza Le CSE sono classificate, nella graduatoria dei regimi di segretezza, nel modo seguente: 1) EURA - STRETTAMENTE SEGRETO : quelle la cui divulgazione non autorizzata avrebbe conseguenze eccezionalmente gravi per gli interessi della difesa di uno o più Stati membri; 2) EURA - SEGRETO : quelle la cui divulgazione non autorizzata avrebbe conseguenze gravi per gli interessi della difesa di uno o più Stati membri; 3) EURA - CONFIDENZIALE : quelle la cui divulgazione non autorizzata arrecherebbe pregiudizio agli interessi della difesa di uno o più Stati membri; 4) EURA - DIFFUSIONE RISERVATA : quelle la cui divulgazione non autorizzata implichi interessi della difesa di uno o più Stati membri ma che necessitano tuttavia di una protezione minore di quella assicurata ai documenti classificati EURA - CONFIDENZIALI. Articolo 11Autorità competenti in materia di classificazione 1) La Commissione classifica le cognizioni previste dall'articolo 24 del Trattato: a) a titolo provvisorio, quando la loro divulgazione può nuocere agli interessi della difesa di uno o più Stati membri; b) a titolo definitivo, appena gli Stati membri hanno reso noto il regime di segretezza di cui richiedono l'applicazione. Tra i regimi richiesti è applicato quello più severo e di esso la Commissione dà comunicazione agli Stati membri. La Commissione, in collegamento con gli organi competenti degli Stati membri, fissa e rivede periodicamente un elenco non tassativo delle categorie di cognizioni per cui conviene applicare un regime di segretezza. 2) Per le domande di brevetti e di modelli di utilità di cui all'articolo 25 del Trattato, la Commissione comunica alle istituzioni e agli organi competenti della Comunità, nonchè agli altri Stati membri, il regime di segretezza richiesto dallo Stato di origine. Articolo 12Classificazione dei documenti 1) Il regime di segretezza applicabile a un documento che ha riferimento ad una CSE è determinato non dal regime applicato a tale CSE, ma unicamente in considerazione del contenuto del documento in parola. Per non compromettere la segretezza dei documenti di riferimento dei regimi EURA - SEGRETO e EURA - STRETTAMENTE SEGRETO, i riferimenti a tali documenti devono essere ridotti al minimo, in modo da non rivelare nè il loro contenuto, nè il regime di segretezza cui sono sottoposti. Il regime di segretezza applicabile a un documento si estende: a) alle copie di tale documento; b) ai documenti concernenti le ricerche o le produzioni effettuate in base a tale documento. 2) Se un documento che si riferisce a una CSE è composto di più parti, il regime di segretezza applicabile all'insieme delle parti è sempre determinato dalla parte che esige il regime più rigoroso. Articolo 13Modificazioni del regime di segretezza e revoca delle misure di segretezza. Il regime di segretezza imposto a una CSE può essere modificato o revocato alle condizioni previste dall'articolo 24, § 2, comma 5, e dall'articolo 25, § 3 del Trattato. PARTE SECONDA DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE PERSONE Articolo 14Accesso alle CSE 1) Possono accedere alle CSE e custodirle soltanto le persone abilitate che, in ragione delle loro funzioni, hanno assolutamente bisogno di prenderne conoscenza o di riceverle. 2) Nessuna abilitazione è richiesta per accedere alle CSE del regime EURA - DIFFUSIONE RISERVATA. Articolo 15Abilitazione 1) Salvo le eccezioni stabilite dal Consiglio, l'abilitazione è concessa esclusivamente alle persone che siano state oggetto di un'inchiesta di sicurezza conformemente all'articolo 16 e abbiano ricevuto le necessarie istruzioni ai sensi dell'articolo 17. 2) L'abilitazione dev'essere data per iscritto. Il documento di abilitazione non potrà essere conservato dalla persona abilitata. 3) Alle stesse condizioni devono essere abilitati gli agenti di sicurezza di cui all'articolo 8. 4) Sono competenti a concedere l'abilitazione: a) l'ufficio di sicurezza per i membri delle istituzioni e dei comitati nonchè per i funzionari e agenti della Comunità; b) in tutti gli altri casi, lo Stato membro che, ai termini dell'articolo 16 comma 2, primo capoverso, è responsabile dell'inchiesta di sicurezza. Le abilitazioni concesse dall'ufficio di sicurezza o da uno Stato membro sono riconosciute da tutti gli organi della Comunità e da tutti gli Stati membri. 5) L'ufficio di sicurezza e gli organi statali responsabili della sicurezza di cui all'articolo 7 tengono, ciascuno per quanto li concerne, un elenco delle persone abilitate ad avere accesso alle CSE dei regimi EURA - STRETTAMENTE SEGRETO e EURA - SEGRETO. Articolo 16Inchiesta di sicurezza 1) L'inchiesta di sicurezza ha le scopo di accertare che l'interessato dia le garanzie necessarie per l'accesso alle CSE. L'ampiezza dell'inchiesta di sicurezza è determinata dalla categoria di segretezza per la quale è domandata l'abilitazione. 2) In ogni caso, l'inchiesta di sicurezza è effettuata sotto la responsabilità dello Stato membro di cui l'interessato possiede la nazionalità. Qualora questi non abbia la nazionalità di alcuno degli Stati membri, è responsabile lo Stato membro sul cui territorio egli ha il suo domicilio o la sua dimora abituale. Se l'interessato ha trascorso un certo periodo in uno Stato membro diverso da quello indicato nel capoverso precedente, oppure se ha strette relazioni con persone di tale Stato, lo Stato membro responsabile dell'inchiesta di sicurezza solleciterà l'altro Stato a partecipare all'inchiesta. Quest'ultimo comunicherà il risultato delle sue investigazioni allo Stato membro responsabile dell'inchiesta di sicurezza. 3) Per la procedura in materia di inchiesta di sicurezza sono applicabili le disposizioni e le norme stabilite per la stessa in ciascuno degli Stati membri. Salve le eccezioni stabilite dal Consiglio, le domande d'inchiesta provenienti dall'ufficio di sicurezza e che riguardano i membri delle istituzioni nonchè i funzionari e gli agenti della Comunità, saranno trasmesse alle autorità competenti dello Stato membro che, come previsto dal paragrafo 2, capoverso 1, sarà responsabile dell'esecuzione dell'inchiesta di sicurezza. Le domande d'inchiesta devono essere accompagnate da una nota individuale verificata dagli interessati e recante, in particolare, ogni precisazione sullo stato civile degli interessati stessi e delle loro famiglie, sulle loro attività e sul domicilio degli ultimi dieci anni. Per i funzionari e gli agenti degli Stati membri nonchè per le persone e le imprese, di cui all'articolo 196 del Trattato, ivi compreso il personale di tali imprese, l'inchiesta è condotta su iniziativa dello Stato membro competente. 4) Al termine di un'inchiesta di sicurezza relativa a membri delle istituzioni nonchè ai funzionari e agli agenti della Comunità si procede nel modo seguente: a) Ultimata l'inchiesta, lo Stato membro, sotto la cui responsabilità ai sensi del primo capoverso del comma 2 è stata condotta l'inchiesta di sicurezza, trasmette un parere all'ufficio di sicurezza. In tale parere dev'essere precisato se, secondo il risultato dell'inchiesta, esista o meno un ostacolo a che l'interessato sia abilitato ad avere accesso alle CSE di un determinato regime. Formulando il suo parere, lo Stato membro terrà conto di qualsiasi notizia o informazione pervenutagli da un altro Stato membro partecipante all'inchiesta di sicurezza. b) Quando il parere espresso conformemente alla lettera a) non contenga alcuna obiezione, l'ufficio di sicurezza può concedere l'abilitazione all'interessato, purchè a suo giudizio non vi si opponga alcun grave motivo. Lo Stato membro responsabile dell'inchiesta di sicurezza sarà informato della decisione dall'ufficio di sicurezza. c) Se il parere espresso conformemente alla lettera a) conclude in senso negativo, l'ufficio di sicurezza è tenuto a conformarvisi e non potrà concedere l'abilitazione. d) Se dopo il rilascio dell'abilitazione, l'ufficio di sicurezza o uno Stato membro viene a conoscenza di informazioni che possono far sorgere dubbi circa le garanzie offerte dalla persona abilitata, dette informazioni saranno immediatamente comunicate allo Stato membro responsabile dell'inchiesta di sicurezza, ai sensi del primo capoverso del comma 2. Lo Stato membro in parola riesamina il suo parere iniziale e fa comunicare all'ufficio di sicurezza se, a suo giudizio, l'abilitazione debba essere sospesa o no. L'ufficio di sicurezza si conformerà al parere dello Stato membro, purchè in caso di parere favorevole non ritenga che vi si opponga un grave motivo. Articolo 17Istruzioni 1) Tutte le persone che fanno parte dei servizi della Comunità e degli Stati membri nonchè quelle contemplate all'articolo 196 del Trattato che per motivi professionali abbiano accesso alle CSE, debbono essere istruite, al momento della loro entrata in funzione e poi ad intervalli regolari, dall'agente di sicurezza di cui all'articolo 8, sulla necessità della segretezza e sul modo di assicurarla. 2) In tali istruzioni verrà sottolineato che qualsiasi infrazione all'obbligo della segretezza delle disposizioni penali applicabili in materia delle CSE può essere considerato violazione di attentato alla sicurezza dello Stato. 3) Le persone in tal guisa istruite devono firmare una dichiarazione nella quale attestano di aver ricevuto le istruzioni occorrenti e si impegnano a rispettarle. Articolo 18Visite e scambi d'informazioni 1) Quando, in occasione di una visita, una persona appartenente a una delle istituzioni o ad uno dei servizi e impianti della Comunità, ovvero una persona sottoposta alla giurisdizione di uno degli Stati membri deve conoscere o discutere CSE dei regimi EURA - STRETTAMENTE SEGRETO e EURA - SEGRETO custodite da un organismo diverso da quello da cui l'interessato dipende ovvero da una persona sottoposta alla giurisdizione di un altro Stato membro, è necessario che tra tali organismi o persone sia preso un accordo preliminare. Nell'ambito di tale accordo il capo dell'organismo da cui dipende il visitatore o, qualora egli non dipenda da alcun organismo, l'organo statale, previsto dall'articolo 7, deve trasmettere in tempo utile un documento vistato, ove occorra, dall'agente di sicurezza nel quale vanno precisati lo scopo della missione e tutti i dati personali che consentano di identificare il visitatore, come pure, se necessario, il suo grado di abilitazione. 2) L'agente di sicurezza dell'organismo visitato darà al visitatore ogni opportuna assistenza durante la sua missione. PARTE TERZA PROTEZIONE MATERIALE DELLE CSE Sezione I : Contrassegni e riproduzioni di CSE Articolo 19Contrassegni 1) I regimi di segretezza EURA - STRETTAMENTE SEGRETO, EURA - SEGRETO e EURA - CONFIDENZIALE devono essere indicati con un timbro ben visibile in alto e in calce di tutte le pagine di ogni documento che si riferisce a una CSE. Per le CSE del regime EURA - DIFFUSIONE RISERVATA è sufficiente apporre queste indicazioni sia con un timbro sia a macchina in alto di ogni pagina dei documenti in oggetto. Qualora si tratti di un documento rilegato in volume, tale indicazione deve essere apposta in alto della prima pagina del volume stesso. 2) Tutte le pagine di un documento che si riferiscono a una CSE sottoposta al regime di segretezza EURA - CONFIDENZIALE nonchè ai regimi superiori devono essere numerate. Per le CSE del regime EURA - STRETTAMENTE SEGRETO, il numero totale delle pagine dev'essere indicato sulla prima pagina. Ogni esemplare di un tale documento deve portare inoltre un proprio numero d'ordine. La sigla di protocollo di ogni documento che si riferisce a una CSE del regime EURA - STRETTAMENTE SEGRETO deve figurare su ciascuna pagina. 3) In caso di modificazione del regime di segretezza cui è soggetta una CSE, saranno apportate sui documenti di riferimento le indicazioni corrispondenti al nuovo regime applicato alla CSE. Articolo 20Riproduzione 1) Le riproduzioni integrali o parziali di una CSE, ottenute in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, devono essere limitate al numero strettamente necessario per coprire il bisogno del momento. 2) Le riproduzioni (ad esempio : tiratura, copie, estratti, traduzioni, ecc.) di una CSE del regime EURA - STRETTAMENTE SEGRETO potranno essere fatte soltanto previo consenso dell'ufficio di sicurezza, quando si tratta di CSE comunicate a mente dell'articolo 24 del Trattato, e soltanto previo consenso dello Stato membro da cui proviene la CSE in questione, quando si tratta di CSE comunicate a mente dell'articolo 25 del Trattato. 3) Prima di qualsiasi riproduzione di una CSE del regime EURA - SEGRETO, occorre avvertire il responsabile della sicurezza dell'impresa o dell'organismo che detiene la CSE. 4) Tutte le sigle di protocollo che contraddistinguono una CSE al momento della sua riproduzione devono necessariamente figurare su ogni singolo esemplare riprodotto. 5) La persona e l'organismo che ha preso l'iniziativa per la riproduzione appone la propria sigla su ogni esemplare riprodotto ; quando si tratta di CSE del regime EURA - STRETTAMENTE SEGRETO e EURA - SEGRETO, tale sigla sarà seguita dal numero totale degli esemplari riprodotti e dal numero d'ordine dell'esemplare di cui trattasi. Sezione II : Salvaguardia della segretezza negli edifici Articolo 211) I servizi della Comunità o degli Stati membri devono vigilare a che gli edifici o parti di edifici dove vengono custodite delle CSE del regime EURA - CONFIDENZIALE e dei regimi superiori, possano essere facilmente sorvegliati e non siano accessibili che alle persone autorizzate ad accedervi. 2) Per controllare l'accesso delle persone a tali edifici o parti di edifici, i servizi interessati prendono le opportune disposizioni che consentano una sicura identificazione degli impiegati e dei visitatori. I visitatori non potranno essere lasciati soli in locali che contengono delle CSE. 3) Dopo le ore normali di servizio, gli edifici o parti di edifici dove vengono custodite le CSE di cui al paragrafo 1) devono essere ispezionati per verificare che gli armadi blindati e gli altri armadi con documenti ecc.... siano perfettamente chiusi e che le CSE si trovino in sicurezza. 4) Gli edifici o parti di edifici dove vengono custodite delle CSE del regime EURA - STRETTAMENTE SEGRETO devono essere sorvegliati da apposito personale e protetti da un sistema di allarme. Sezione III : Custodia delle CSE Articolo 22Armadi blindati 1) Le CSE del regime EURA - STRETTAMENTE SEGRETO sono custodite in armadi blindati muniti di serratura a triplice combinazione. Le combinazioni segrete devono essere rinnovate ad ogni cambiamento di personale che conosce la combinazione, e ogni qualvolta sia o sembri essere compromessa la segretezza. Le combinazioni sono comunque rinnovate ogni sei mesi. 2) Le CSE dei regimi EURA - SEGRETO e EURA - CONFIDENZIALE sono custodite in armadi blindati o di acciaio la cui serratura dev'essere notoriamente sicura e regolarmente verificata. 3) Le CSE del regime EURA - DIFFUSIONE RISERVATA sono custodite in modo tale da impedire che qualsiasi persona non qualificata a conoscerle possa accedervi. Sezione IV : Registrazione delle CSE Articolo 23Qualsiasi CSE dei regimi EURA - STRETTAMENTE SEGRETO ed EURA - SEGRETO deve essere oggetto di una registrazione speciale. Tale registrazione deve permettere: - di redigere immediatamente un elenco delle persone che hanno consultato tali documenti o siano state in loro possesso, - di conoscere subito il detentore di ogni singolo esemplare e delle sue copie. Sezione V : Circolazione delle CSE Articolo 24Disposizioni di ordine materiale 1) Le CSE che circolano all'interno di un edificio o di un gruppo di edifici devono essere oggetto di cautele tali da escludere qualsiasi indiscrezione. 2) Le CSE del regime EURA - CONFIDENZIALE e dei regimi più elevati inviate all'esterno di un edificio o di un gruppo di edifici sono rinchiuse in duplice busta. La busta interna porta l'indicazione del regime di segretezza. In nessun caso il regime di segretezza va indicato sulla busta esterna. Ogni persona che riceve una CSE deve firmare subito una ricevuta. Su tale ricevuta, che non è soggetta ad alcun regime di segretezza, occore indicare il numero della CSE, il numero dell'esemplare e la sua data, ma non il suo contenuto nè il suo regime di segretezza. Il destinatario deve rinviare immediatamente la ricevuta al mittente il quale deve assicurarsi dell'adempimento di tale obbligo. 3) Per le CSE del regime EURA - DIFFUSIONE RISERVATA sono adottate cautele che ne garantiscano la sicurezza. Articolo 25Circolazione delle CSE all'interno della Comunità 1) Le CSE del regime EURA - STRETTAMENTE SEGRETO spedite oltre frontiera viaggiano in valigia diplomatica accompagnata da un corriere o da altra persona. Le CSE dei regimi EURA - SEGRETO ed EURA - CONFIDENZIALE spedite oltre frontiera viaggiano in valigia diplomatica. Queste disposizioni si applicano anche qualora la spedizione avvenga nelle condizioni previste agli articoli 4 e 5 del Protocollo sui privilegi e sulle immunità della Comunità Europea dell'Energia Atomica. 2) In via eccezionale, le CSE citate al § 1 possono essere trasportate anche da altre persone, a condizione: a) che tali persone siano abilitate ad aver accesso alle CSE soggette al regime di segretezza in questione; b) che i plichi contenenti delle CSE siano muniti di un sigillo ufficiale in virtù del quale sono esenti da ogni controllo doganale; c) che il latore sia munito di un certificato, riconosciuto da tutti i paesi da lui attraversati, che lo autorizza ad accompagnare la spedizione all'indirizzo indicato; d) che il latore sia debitamente istruito sui doveri che gli incombono nel trasporto di CSE. 3) La spedizione di CSE di regime EURA - DIFFUSIONE RISERVATA non è sottoposta a disposizioni particolari. È tuttavia opportuno aver cura di evitare che persone non qualificate ne vengano a conoscenza. Articolo 26Circolazione delle CSE all'interno di uno Stato membro 1) Le CSE del regime EURA - CONFIDENZIALE e dei regimi superiori sono spedite per corriere. Questi deve soddisfare alle condizioni di cui all'articolo 25, paragrafo 2), a) e d). In caso di CSE del regime EURA - STRETTAMENTE SEGRETO, il corriere è accompagnato da una seconda persona. 2) Tuttavia, le CSE del regime EURA - SEGRETO possono essere spedite per posta sotto forma di lettera assicurata. Le CSE del regime EURA - CONFIDENZIALE possono essere spedite anche sotto forma di plico raccomandato. 3) La spedizione delle CSE del regime EURA - DIFFUSIONE RISERVATA si effettua in conformità delle disposizioni dell'articolo 25, paragrafo 3). Articolo 27Trasporto di CSE per viaggi di missione e riunioni 1) Il trasporto delle CSE per viaggi di missione, ovvero per riunioni che hanno luogo al di fuori degli edifici in cui sono custodite, dev'essere limitato al minimo indispensabile. 2) Se durante il viaggio di missione le CSE non vengono utilizzate, occorre depositarle in un luogo che offra tutte le garanzie di sicurezza ai sensi degli articoli 21 e 22. I servizi dello Stato membro sul cui territorio ha luogo la riunione o la missione presteranno ogni assistenza a tal fine necessaria. Ove un simile deposito risulti impossibile, la persona in viaggio di missione è personalmente responsabile della sicurezza di tali CSE, qualunque siano le disposizioni di sicurezza alle quali ricorra. Le CSE resteranno sotto la custodia personale della persona in missione, qualora impossibile cautelarle in condizioni sufficienti di sicurezza. È vietato in particolare abbandonare tali CSE, seppure temporaneamente, in casseforti di alberghi o in veicoli. 3) I documenti che si riferiscono a CSE non possono essere letti in pubblico. Articolo 28Trasmissione di CSE per telecomunicazioni 1) Le CSE del regime EURA - CONFIDENZIALE e dei regimi superiori possono essere trasmesse per telegramma, radio, telefono o telescrivente, a condizione che siano cifrate in modo corrispondente al regime di segretezza del documento in questione. 2) Per le CSE del regime EURA - STRETTAMENTE SEGRETO, un simile mezzo di trasmissione dev'essere utilizzato esclusivamente in casi di urgenza e di assoluta necessità. 3) È vietata qualsiasi comunicazione telefonica non cifrata relativa a CSE di regime EURA - CONFIDENZIALE e dei regimi superiori. Sezione VI : Distruzione di CSE Articolo 29Distruzione sistematica 1) Per evitare un inutile accumularsi di CSE, le copie scadute o in soprannumero vengono distrutte. I documenti dei regimi EURA - STRETTAMENTE SEGRETO ed EURA - SEGRETO possono essere distrutti soltanto previa autorizzazione dell'autorità che è competente a pronunciarsi sulla loro classificazione. 2) La distruzione si attua per incenerimento, messa al macero o tagliuzzamento, in presenza, per le CSE dei regimi EURA - STRETTAMENTE SEGRETO ed EURA - SEGRETO, dell'agente di sicurezza o della persona che ne ha ricevuto da lui mandato, la quale ne redige processo verbale. 3) Non appena sono pronti gli esemplari da conservare, tutti i mezzi di riproduzione, qualunque sia la loro natura, ad esempio matrici, carta carbone, nastri, note manoscritte, negative di film, che hanno servito a compilare o riprodurre il documento, devono essere obbligatoriamente distrutti dopo aver stabilito gli esemplari che bisogna conservare in conformità delle consegne impartite dall'agente di sicurezza. Articolo 30Distruzione d'urgenza Ogni organo che detiene delle CSE deve stabilire un piano di distruzione d'urgenza che deve permettere di impedire, in circostanze eccezionali, che le CSE del regime EURA - CONFIDENZIALE e dei regimi superiori cadano nelle mani di persone non autorizzate. Sezione VII : Disposizioni particolari Articolo 31Quando la natura particolare di una CSE rende impossibile l'applicazione di alcune delle disposizioni sopra menzionate, l'agente di sicurezza prende o promuove le misure appropriate per assicurare a una tale CSE una protezione con garanzie equivalenti a quelle previste dal presente Regolamento. PARTE QUARTA MISURE DA PRENDERE IN CASI DI VIOLAZIONE DEL REGOLAMENTO DI SICUREZZA Articolo 32Denuncia obbligatoria 1) Ogni persona istruita in base alle disposizioni del presente Regolamento che constati o presuma una violazione del Regolamento stesso e delle misure di sicurezza è tenuta ad avvisarne immediatamente l'agente di sicurezza oppure il suo capo servizio. 2) Se nel caso di violazione o presunzione di violazione a sensi del paragrafo 1, le informazioni lasciano pensare che le CSE del regime EURA - CONFIDENZIALE e dei regimi superiori siano venute a conoscenza di una persona non qualificata, l'ufficio di sicurezza o gli organi statali di cui all'articolo 7, devono essere immediatamente informati e devono accertare i fatti. 3) Se la presunzione è confermata nel modo previsto dal paragrafo 2, l'ufficio di sicurezza informa gli organi statali contemplati all'articolo 7 di tutti gli Stati membri, o viceversa ; ciascuno di essi adotta, per quanto lo riguarda, tutte le misure del caso per: a) limitare al minimo il danno causato; b) impedirne la ripetizione. Articolo 33Informazioni degli Stati membri e procedura L'ufficio di sicurezza informa dei fatti accertati i sei Stati membri per il tramite degli organi statali di cui all'articolo 7. Qualora lo ritengano necessario, lo Stato o gli Stati interessati trasmettono all'organo statale competente del Paese interessato l'istanza per promuovere la procedura prevista dall'articolo 194, paragrafo 1, comma 2 del Trattato. QUINTA PARTE DISPOSIZIONI FINALI Articolo 34Trattati, Accordi e Convenzioni con gli Stati terzi Le presenti disposizioni non pregiudicano gli obblighi derivanti alla Comunità e/o agli Stati membri in questa materia dai Trattati, Accordi o Convenzioni conclusi con Stati terzi, una organizzazione internazionale o con persone appartenenti ad uno Stato terzo. Articolo 35Entrata in vigore Il presente Regolamento entra in vigore il 40º giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee. Il presente Regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 31 luglio 1958. Per il Consiglio Il Presidente BALKE | Comunità Europea dell’Energia Atomica — Regimi di segretezza e misure di sicurezza
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce i regimi di sicurezza e le misure di sicurezza per la protezione delle cognizioni segrete dell’Euratom (CSE) contemplate agli articoli 24 e 25 del Trattato che istituisce la Comunità Europea dell’Energia Atomica (Euratom). Le CSE comprendono informazioni, notizie, documenti, oggetti e mezzi di produzione. L’articolo 24 del Trattato che istituisce la Comunità Europea dell’Energia Atomica si riferisce alle cognizioni acquisite dal programma di ricerche nucleari dell’Unione europea (Unione), la cui divulgazione è suscettibile di nuocere agli interessi della difesa di uno o di più Stati membri. L’articolo 25 del Trattato che istituisce la Comunità Europea dell’Energia Atomica si riferisce analogamente alle cognizioni sui brevetti e sui modelli di utilità*.
PUNTI CHIAVE
Le misure di sicurezza e le istruzioni su come applicarle vengono emesse da:le istituzioni, i comitati, i servizi e gli impianti dell’Unione; i paesi dell’Unione e i loro servizi ufficiali; imprese comuni; persone e imprese.Viene istituito un ufficio di sicurezza dalla Commissione europea per:coordinare e garantire l’applicazione generale delle misure di sicurezza; controllare l’applicazione di tali misure nelle istituzioni, nei comitati, servizi e impianti dell’Unione; verificare che le misure vengano applicate dai paesi dell’Unione; proporre le modifiche al regolamento che ritiene necessarie.In ogni istituzione, comitato o servizio dell’Unione dove vengono elaborate o custodite delle CSE, viene designato un agente di sicurezza perprovvedere alla registrazione delle CSE; tenere un elenco di tutte le persone abilitate ad avere accesso alle CSE; istruire il personale sui propri doveri in materia di sicurezza; far applicare le misure materiali di protezione.Regimi, abilitazioni e inchieste di sicurezzaI regimi di sicurezza delle CSE sono determinati in base alla gravità delle conseguenze che una divulgazione non autorizzata potrebbe causare agli interessi della difesa di uno o più paesi dell’Unione:Eura — Strettamente segreto: la divulgazione avrebbe conseguenze eccezionalmente gravi per gli interessi della difesa;Eura — Segreto: la divulgazione avrebbe conseguenze gravi per gli interessi della difesa;Eura — Confidenziale: la divulgazione arrecherebbe pregiudizio agli interessi della difesa;Eura — Diffusione riservata: la divulgazione implica interessi della difesa, ma necessita tuttavia di una protezione minore di quella assicurata ai documenti classificati Eura — Confidenziali. I riferimenti ai documenti o ai dati classificati come Eura — Segreto ed Eura — Strettamente segreto devono essere ridotti al minimo, in modo da non rivelare né il loro contenuto, né il regime di segretezza cui sono sottoposti. L’accesso alle CSE (con l’eccezione delle Eura — Diffusione riservata) è concesso solo a persone autorizzate che hanno assolutamente bisogno di riceverle. L’abilitazione è concessa esclusivamente dopo che è stata condotta un’inchiesta di sicurezza da parte dell’ufficio di sicurezza o dei paesi dell’Unione.Protezione materiale delle CSEI regimi di segretezza Eura — Strettamente segreto, Eura — segreto e Eura — Confidenziale devono essere indicati con un timbro su ogni pagina. Le copie delle CSE devono essere limitate al bisogno immediato ed essenziale. Le copie di CSE del regime Eura — Strettamente segreto potranno essere fatte soltanto previo consenso dell’ufficio di sicurezza e, nel caso di informazioni su brevetti, con il consenso del paese dell’Unione di origine. Negli edifici dove vengono custodite CSE del regime Eura — Confidenziale e dei regimi più elevati, gli impiegati e i visitatori devono essere identificati in modo sicuro. I visitatori non potranno essere lasciati soli in locali che contengono delle CSE. Ai diversi regimi di sicurezza vengono applicate regole relative agli armadi blindati. Qualsiasi CSE dei regimi Eura — Strettamente segreto ed Eura — Segreto deve essere oggetto di una registrazione speciale. Le CSE che circolano devono essere oggetto di cautele tali da escludere qualsiasi indiscrezione. Le CSE dei regimi Eura — Confidenziale e dei regimi più elevati inviate all’esterno di un edificio o di un gruppo di edifici sono rinchiuse in duplice busta. Solo la busta interna porta l’indicazione del regime di sicurezza. Le CSE del regime Eura — Confidenziale e dei regimi più elevati spedite oltre frontiera viaggiano in valigia diplomatica, con le CSE del regime Eura — Strettamente segreto accompagnate da un corriere o da altra persona. Le CSE del regime Eura — Segreto ed Eura — Confidenziale spedite oltre frontiera viaggiano in valigia diplomatica. Sono previste regole rigide sulla distruzione sicura delle CSE non più necessarie.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica dal 15 novembre 1958.
CONTESTO
Si veda anche:Energia nucleare (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Modello di utilità: un diritto registrato che dà al titolare l’uso esclusivo di un’invenzione tecnica in cambio della divulgazione pubblica del funzionamento dell’invenzione e concesso solo per un periodo limitato.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento del Consiglio n. 3 relativo all’applicazione dell’articolo 24 del Trattato che istituisce la Comunità Europea dell’Energia Atomica (GU 17 del 6.10.1958, pag. 406).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica — Titolo II — Disposizioni per la promozione dei progressi nel settore dell’energia nucleare — Capitolo 2: Diffusione delle cognizioni — Sezione 3: Disposizioni relative al segreto — Articolo 24 (GU C 203 del 7.6.2016, pag. 15).
Versione consolidata del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica — Titolo II — Disposizioni per la promozione dei progressi nel settore dell’energia nucleare — Capitolo 2: Diffusione delle cognizioni — Sezione 3: Disposizioni relative al segreto — Articolo 25 (GU C 203 del 7.6.2016, pag. 16). | 11,228 | 1,025 |
32010L0032 | false | DIRETTIVA 2010/32/UE DEL CONSIGLIO
del 10 maggio 2010
che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 155, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Le parti sociali possono, a norma dell’articolo 155, paragrafo 2 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»), richiedere congiuntamente che gli accordi da essi conclusi a livello dell’Unione su questioni disciplinate dall’articolo 153 TFUE siano attuati da una decisione del Consiglio su proposta della Commissione.
(2)
Con lettera del 17 novembre 2008 le organizzazioni delle parti sociali europee HOSPEEM (Associazione europea datori di lavoro del settore ospedaliero e sanitario, un’organizzazione settoriale che rappresenta i datori di lavoro) e FSESP (Federazione sindacale europea dei servizi pubblici, un’organizzazione sindacale europea) hanno comunicato alla Commissione la loro intenzione di avviare negoziati a norma dell’articolo 138, paragrafo 4, e dell’articolo 139 del trattato che istituisce la Comunità europea («trattato CE») (1) al fine di concludere un accordo quadro in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.
(3)
Il 17 luglio 2009 le parti sociali europee hanno sottoscritto il testo di un accordo quadro in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.
(4)
Poiché gli obiettivi della direttiva, vale a dire garantire la massima sicurezza possibile dell’ambiente di lavoro tramite la prevenzione delle ferite provocate da tutti i tipi di dispositivi medici taglienti (punture di aghi incluse) e tramite la protezione dei lavoratori a rischio nel settore ospedaliero e sanitario, non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello dell’Unione, l’Unione adottare misure, in conformità con il principio di sussidiarietà di cui all’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(5)
Nell’elaborare la proposta di direttiva, la Commissione ha tenuto conto del carattere rappresentativo delle parti firmatarie, considerata la portata dell’accordo, per il settore ospedaliero e sanitario, del loro mandato, della legalità delle clausole dell’accordo quadro e della sua conformità alle disposizioni relative alle piccole e medie imprese.
(6)
La Commissione ha informato della proposta il Parlamento europeo e il Comitato economico e sociale europeo.
(7)
Il Parlamento europeo ha adottato, in data 11 febbraio 2010, una risoluzione sulla proposta.
(8)
Come indicato nella clausola 1, l’accordo quadro intende contribuire alla realizzazione di uno degli obiettivi della politica sociale: migliorare le condizioni di lavoro.
(9)
La clausola 11 prevede che gli Stati membri e la Comunità (sostituita dall’Unione dal 1o dicembre 2009) possano mantenere in vigore e adottare disposizioni più efficaci ai fini della protezione dei lavoratori contro le ferite provocate da dispositivi medici taglienti.
(10)
Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive applicabili in caso di violazione degli obblighi risultanti dalla presente direttiva.
(11)
Gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, su loro richiesta congiunta, l’applicazione della presente direttiva, a condizione che esse adottino tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva.
(12)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (2), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e dell’Unione, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e le norme di recepimento,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva attua l’accordo quadro, che figura in allegato, firmato il 17 luglio 2009 dalle parti sociali HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.
Articolo 2
Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della presente direttiva. Le sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive.
Articolo 3
1. Gli Stati membri pongono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro l'11 maggio 2013 o si accertano che entro tale data le parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante un accordo. Essi informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.
Articolo 4
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 5
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 10 maggio 2010.
Per il Consiglio
La presidente
Á. GONZÁLEZ-SINDE REIG
(1) Rinumerati: articolo 154, paragrafo 4 e articolo 155 TFUE.
(2) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
ALLEGATO
ACCORDO QUADRO IN MATERIA DI PREVENZIONE DELLE FERITE DA TAGLIO O DA PUNTA NEL SETTORE OSPEDALIERO E SANITARIO
Preambolo
1.
Gli attori del settore ospedaliero e sanitario devono essere tutti coscienti dell’importanza della salute e della sicurezza sul lavoro. Il rispetto delle misure di prevenzione e di protezione contro infortuni evitabili avrà un effetto positivo sulle risorse.
2.
La salute e sicurezza dei lavoratori sono di fondamentale importanza e strettamente legate alla salute dei pazienti. Sono una delle condizioni per un’assistenza sanitaria di qualità.
3.
L’elaborazione e l’applicazione di misure relative all’uso dei dispositivi medici taglienti deve essere il frutto di un dialogo sociale.
4.
Le parti sociali europee riconosciute del settore ospedaliero e sanitario, HOSPEEM (Associazione europea datori di lavoro del settore ospedaliero) e FSESP(Federazione sindacale europea dei servizi pubblici), hanno convenuto quanto segue:
Considerazioni generali
1.
Visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 138 e l’articolo 139, paragrafo 2 (1);
2.
vista la direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (2);
3.
vista la direttiva 89/655/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (3);
4.
vista la direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (4);
5.
vista la strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro (5);
6.
vista la direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea (6);
7.
vista la risoluzione del Parlamento europeo del 6 luglio 2006 recante raccomandazioni alla Commissione sulla protezione dei lavoratori sanitari europei da infezioni trasmissibili per via ematica a seguito di ferite provocate da aghi [2006/2015(INI)];
8.
vista la consultazione prima e seconda fase della Commissione europea sulla protezione dei lavoratori sanitari europei da infezioni trasmissibili per via ematica a seguito di ferite provocate da aghi;
9.
viste le conclusioni del seminario tecnico FSESP-HOSPEEM, del 7 febbraio 2008, sulle ferite da aghi;
10.
visto l’ordine di priorità dei principi generali di prevenzione di cui all’articolo 6 della direttiva 89/391/CEE, nonché le misure di prevenzione di cui agli articoli 3, 5 e 6 della direttiva 2000/54/CE;
11.
viste le linee guida comuni OIL/OMS sui servizi sanitari e sull’HIV/AIDS e le linee guida comuni OIL/OMS sulla profilassi post-esposizione per prevenire l’infezione da HIV;
12.
nel pieno rispetto delle legislazioni nazionali e dei contratti collettivi esistenti;
13.
considerando la necessità di valutare il grado di incidenza delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario, e che è dimostrato sulla base di prove scientifiche che misure di prevenzione e di protezione sono in grado di ridurre in maniera significativa i casi di infortuni e di infezioni;
14.
considerando che un esaustivo processo di valutazione dei rischi costituisce uno dei presupposti per adottare misure appropriate di prevenzione delle ferite e delle infezioni;
15.
considerando che i datori di lavoro e i responsabili della protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori devono cooperare per prevenire gli infortuni e proteggere i lavoratori da ferite e infezioni provocate da dispositivi medici taglienti;
16.
considerando che sono soprattutto, ma non esclusivamente, gli operatori sanitari ad essere vittime di ferite da taglio o da punta;
17.
considerando che il presente accordo non considera lavoratori sanitari gli studenti che seguono corsi di formazione clinica nel quadro dei loro studi, ma che questi devono essere tutelati dalle misure di prevenzione e protezione oggetto del presente accordo, essendo le responsabilità disciplinate dalla legislazione e dalle prassi nazionali,
Clausola 1: Finalità
Il presente accordo quadro è finalizzato a:
—
garantire la massima sicurezza possibile dell’ambiente di lavoro,
—
evitare ai lavoratori sanitari ferite provocate da ogni tipo di dispositivo medico tagliente (punture di aghi incluse),
—
proteggere i lavoratori a rischio,
—
definire un approccio integrato che includa la valutazione e la prevenzione dei rischi, la formazione, l’informazione, la sensibilizzazione e il monitoraggio,
—
porre in atto procedure di risposta e di follow-up.
Clausola 2: Campo d’applicazione
Il presente accordo si applica a tutto il personale ospedaliero e sanitario e a tutti coloro che sono soggetti all’autorità e alla supervisione dei datori di lavoro. Questi ultimi si impegnano ad adoperarsi affinché i subfornitori rispettino le disposizioni previste dal presente accordo.
Clausola 3: Definizioni
Ai fini del presente accordo, si intende per:
1)
«lavoratori»: tutte le persone alle dipendenze di un datore di lavoro, inclusi i tirocinanti e gli apprendisti che svolgono attività e prestano servizi direttamente legati al settore ospedaliero e sanitario. I lavoratori assunti da agenzie di lavoro temporaneo ai sensi della direttiva 91/383/CEE del Consiglio che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (7) rientrano nel campo d’applicazione del presente accordo;
2)
«luoghi di lavoro interessati»: organizzazioni/servizi sanitari del settore pubblico e privato, nonché ogni altro luogo in cui si svolgono attività e sono prestati servizi sanitari sotto l’autorità e la supervisione del datore di lavoro;
3)
«datori di lavoro»: persone fisiche/giuridiche od organizzazioni alle cui dipendenze prestano la loro attività i lavoratori. Essi sono responsabili della gestione, dell’organizzazione e della prestazione delle cure sanitarie, nonché dei servizi e delle attività direttamente connessi prestati dai lavoratori;
4)
«dispositivi medici taglienti»: oggetti o strumenti necessari all’esercizio di attività specifiche nel quadro dell’assistenza sanitaria che possono tagliare, pungere, ferire e/o infettare. Gli oggetti taglienti o acuminati sono considerati attrezzature di lavoro ai sensi della direttiva 89/655/CEE relativa alle attrezzature di lavoro;
5)
«ordine di priorità delle misure»: è stabilito in funzione della loro efficacia nell’evitare, eliminare e ridurre i rischi, come previsto all’articolo 6 della direttiva 89/391/CEE e agli articoli 3, 5 e 6 della direttiva 2000/54/CE;
6)
«misure di prevenzione specifiche»: misure adottate per prevenire le ferite e/o la trasmissione di infezioni nel quadro della prestazione di servizi e dello svolgimento di attività direttamente connesse all’assistenza ospedaliera e sanitaria, incluso l’impiego dell’attrezzatura più sicura, sulla base della valutazione dei rischi e dei metodi sicuri di smaltimento dei dispositivi medici taglienti;
7)
«rappresentanti dei lavoratori»: ogni persona eletta, scelta o designata in conformità alla legislazione e/o alla pratica nazionale per rappresentare i lavoratori;
8)
«rappresentante dei lavoratori con una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori»: in base alla direttiva 89/391/CEE, articolo 3, lettera c), qualsiasi persona eletta, scelta o designata, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, per rappresentare i lavoratori per quanto riguarda i problemi della protezione della loro sicurezza e salute durante il lavoro;
9)
«subfornitore»: ogni persona che operi in attività e servizi direttamente legati all’assistenza ospedaliera e sanitaria nel quadro di rapporti contrattuali di lavoro con il datore di lavoro.
Clausola 4: Principi
1.
È essenziale che il personale sanitario sia ben formato, dotato di risorse adeguate e operi in condizioni di sicurezza per evitare il rischio di ferite e infezioni provocate da dispositivi medici taglienti. La strategia principale consiste nel prevenire l’esposizione per eliminare e contenere al massimo il rischio di ferite e infezioni sul lavoro.
2.
La funzione dei rappresentanti dei lavoratori responsabili per la salute e la sicurezza è fondamentale nella prevenzione e nella protezione contro i rischi.
3.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi alla loro vita professionale, fattori psicosociali e organizzazione del lavoro inclusi.
4.
È obbligo di ciascun lavoratore prendersi cura, per quanto possibile, della propria sicurezza e della propria salute nonché di quelle delle altre persone su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni sul lavoro, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni fornite dal datore di lavoro.
5.
Il datore di lavoro crea le condizioni per la partecipazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti all’elaborazione delle politiche e delle pratiche di salute e sicurezza.
6.
Le misure di prevenzione specificate alle clausole 5-10 del presente accordo implicano che non si supponga mai inesistente un rischio. Si applica l’ordine di priorità dei principi generali di prevenzione conformemente all’articolo 6 della direttiva 89/391/CEE e agli articoli 3, 5 e 6 della direttiva 2000/54/CE.
7.
I datori di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori collaborano in misura appropriata per eliminare e prevenire i rischi, proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori e creare un ambiente di lavoro sicuro, tra l’altro consultandosi in merito alla scelta e all’uso di attrezzature sicure e identificando i modi migliori per realizzare iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione.
8.
Le azioni da intraprendere dovranno risultare da un processo di informazione e consultazione conforme alle leggi nazionali e/o ai contratti collettivi.
9.
Affinché le misure di sensibilizzazione siano efficaci occorre un impegno comune dei datori di lavoro, dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
10.
Per garantire la massima sicurezza possibile del luogo di lavoro è essenziale combinare misure di pianificazione, sensibilizzazione, informazione, formazione, prevenzione e monitoraggio.
11.
Evitare la colpevolizzazione. La segnalazione degli infortuni deve evidenziare fattori sistemici, non errori individuali. La segnalazione sistematica deve essere considerata una procedura riconosciuta.
Clausola 5: Valutazione dei rischi
1.
La valutazione dei rischi deve avvenire nei modi previsti dagli articoli 3 e 6 della direttiva 2000/54/CE e dagli articoli 6 e 9 della direttiva 89/391/CEE.
2.
La valutazione dei rischi dovrà includere la determinazione dell’esposizione e la consapevolezza dell’importanza di un ambiente di lavoro ben organizzato e dotato delle necessarie risorse e riguarderà tutte le situazioni che comportano la presenza di ferite, sangue o altro potenziale vettore di infezione.
3.
La valutazione dei rischi terrà conto della tecnologia, dell’organizzazione del lavoro, delle condizioni lavorative, del livello delle qualificazioni, dei fattori psicosociali legati al lavoro e dell’influenza dei fattori connessi con l’ambiente di lavoro. Ciò consentirà:
—
di determinare come eliminare l’esposizione,
—
di prevedere possibili alternative.
Clausola 6: Eliminazione, prevenzione e protezione
1.
Qualora la valutazione dei rischi evidenzi la presenza di un rischio di ferite da taglio o da punta e/o di infezione, l’esposizione dei lavoratori deve essere eliminata adottando le misure indicate in appresso, senza rispettarne necessariamente l’ordine di priorità:
—
definizione e attuazione di procedure di utilizzo e di eliminazione sicure di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati. Tali procedure saranno valutate periodicamente e costituiranno parte integrante delle misure di informazione e formazione dei lavoratori di cui alla clausola 8,
—
soppressione dell’uso non necessario di oggetti taglienti o acuminati introducendo modifiche nella pratica e, sulla base dei risultati della valutazione dei rischi, fornendo dispositivi medici dotati di meccanismi di protezione e di sicurezza,
—
divieto con effetto immediato della pratica di reincappucciamento degli aghi.
2.
Tenuto conto dell’attività e della valutazione dei rischi, è necessario ridurre al massimo il rischio di esposizione al fine di proteggere in maniera adeguata la salute e la sicurezza dei lavoratori interessati. Saranno applicate le seguenti misure in funzione dei risultati della valutazione dei rischi:
—
messa in atto di procedure efficaci di eliminazione dei rifiuti e installazione di contenitori debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti e di materiale d’iniezione usa e getta quanto più vicino possibile alle zone considerate in cui siano utilizzati o depositati oggetti taglienti o acuminati,
—
prevenzione del rischio di infezione grazie all’applicazione di sistemi di lavoro sicuri, mediante:
a)
l’elaborazione di una politica globale e coerente di prevenzione che tenga conto della tecnologia, dell’organizzazione del lavoro, delle condizioni di lavoro, dei fattori psicosociali legati all’esercizio della professione e dell’influenza dei fattori legati all’ambiente di lavoro;
b)
la formazione;
c)
la messa in atto di procedure di sorveglianza sanitaria, conformemente all’articolo 14 della direttiva 2000/54/CE;
—
l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale.
3.
Qualora la valutazione di cui alla clausola 5 riveli la presenza di un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa della loro esposizione ad agenti biologici contro i quali esistono vaccini efficaci, sarà loro proposta la vaccinazione.
4.
La vaccinazione e gli eventuali richiami dovranno rispettare la legislazione e/o le pratiche nazionali, anche quelle relative alla scelta del tipo di vaccino.
—
I lavoratori saranno informati circa i vantaggi e gli inconvenienti sia della vaccinazione sia della non vaccinazione.
—
La vaccinazione dovrà essere dispensata gratuitamente a tutti i lavoratori e studenti che prestano cure medico-sanitarie o svolgono attività affini nel luogo di lavoro.
Clausola 7: Informazione e sensibilizzazione
Dal momento che gli oggetti taglienti o acuminati sono considerati attrezzature da lavoro ai sensi della direttiva 89/655/CEE (8), oltre a fornire ai lavoratori le informazioni e istruzioni scritte di cui all’articolo 6 della direttiva 89/655/CEE, il datore di lavoro:
—
metterà in evidenza i differenti rischi,
—
fornirà indicazioni sulla legislazione esistente,
—
promuoverà buone pratiche di prevenzione e di notifica degli incidenti/degli infortuni,
—
sensibilizzerà i lavoratori per mezzo di attività e di materiale promozionale in associazione con i sindacati di categoria e/o i rappresentanti dei lavoratori,
—
fornirà informazioni sui programmi di sostegno disponibili.
Clausola 8: Formazione
Oltre alle misure di cui all’articolo 9 della direttiva 2000/54/CE, sarà dispensata un’adeguata formazione in merito alle politiche e alle procedure relative alle ferite da taglio o da punta, che riguarderà in particolare:
—
l’uso corretto di dispositivi medici taglienti dotati di meccanismi di protezione,
—
l’istruzione dei neo-assunti e del personale temporaneo,
—
la gestione dei rischi associati all’esposizione al sangue e ai liquidi organici,
—
le misure di prevenzione, tra cui norme di precauzione, sistemi di lavoro sicuri, corrette procedure di uso e smaltimento, importanza dell’immunizzazione, conformemente alle procedure in vigore sul luogo di lavoro,
—
le procedure di notifica, di risposta e di monitoraggio e la loro importanza,
—
le misure da adottare in caso di ferite.
I datori di lavoro devono organizzare e provvedere alla formazione obbligatoria dei lavoratori e dispensare dal lavoro coloro che devono parteciparvi. Tale formazione avrà luogo regolarmente e terrà conto dei risultati del monitoraggio, dell’ammodernamento e dei miglioramenti.
Clausola 9: Notifica
1.
Le procedure di notifica in atto sono oggetto di revisione da parte dei rappresentanti dei lavoratori responsabili per la salute e la sicurezza e/o i rappresentanti dei datori di lavoro/dei lavoratori. I meccanismi di notifica devono comprendere sistemi locali, nazionali e europei.
2.
I lavoratori segnalano immediatamente qualsiasi infortunio o incidente provocato dall’uso di oggetti taglienti o acuminati al datore di lavoro e/o al responsabile e/o alla persona responsabile della salute e sicurezza sul lavoro.
Clausola 10: Risposta e follow-up
Saranno messe in atto misure e procedure adeguate in caso di ferite da taglio o da punta. Tutto il personale sanitario deve essere informato di tali misura e procedure, che dovranno essere conformi alla legislazione regionale, nazionale e europea e ai contratti collettivi.
Si tratta in particolare delle seguenti misure specifiche:
—
il datore di lavoro adotta misure per prestare cure immediate al lavoratore ferito, ivi compresa la profilassi post-esposizione e gli esami medici necessari giustificati per ragioni mediche, nonché l’adeguata vigilanza sanitaria conformemente alla clausola 6, punto 2 lettera c),
—
il datore di lavoro indaga sulle cause e sulle circostanze, segnala l’infortunio/l’incidente e adotta, ove necessario, le misure del caso. Il lavoratore deve fornire informazioni pertinenti al momento opportuno a completamento delle informazioni sull’incidente o sull’infortunio,
—
in caso di ferite, il datore di lavoro dovrà prevedere le misure successive tra cui, se del caso, l’intervento di un consulente psicologico e trattamenti medici garantiti. Le condizioni di riabilitazione, ripresa del lavoro e indennizzo saranno conformi alla legislazione o agli accordi settoriali e/o nazionali.
Il principio della riservatezza riguardo alla lesione, alla diagnosi e al trattamento medico è fondamentale e deve essere rispettato.
Clausola 11: Attuazione
Il presente accordo si applica fatte salve le disposizioni nazionali e comunitarie (9) esistenti e future più efficaci agli effetti della protezione dei lavoratori contro le ferite provocate da dispositivi medici taglienti.
Le parti firmatarie invitano la Commissione a sottoporre il presente accordo quadro alla decisione del Consiglio per conferirgli carattere obbligatorio negli Stati membri dell’Unione europea.
Se il presente accordo è attuato a seguito di una decisione del Consiglio, a livello europeo e fatto salvo il ruolo della Commissione, dei tribunali nazionali e della Corte di giustizia europea, la Commissione potrà richiedere il parere delle parti firmatarie in merito all’interpretazione di tale accordo.
Le parti firmatarie esamineranno l’applicazione del presente accordo cinque anni dopo la data della decisione del Consiglio, qualora una di esse lo richieda.
Bruxelles, addì 17 luglio 2009.
Per FSESP
Karen JENNINGS
Per HOSPEEM
Godfrey PERERA
(1) Rinumerati: articolo 154 e articolo 155, paragrafo 2, TFUE.
(2) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.
(3) GU L 393 del 30.12.1990, pag. 13. La direttiva è stata successivamente codificata nella direttiva 2009/104/CE (GU L 260 del 3.10.2009, pag. 5).
(4) GU L 262 del 17.10.2000, pag. 21.
(5) COM(2007) 62 definitivo, del 21.2.2007.
(6) GU L 80 del 23.3.2002, pag. 29.
(7) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.
(8) La direttiva è stata successivamente codificata nella direttiva 2009/104/CE.
(9) «Comunitarie» è sostituito da «dell’Unione» dal 1o dicembre 2009. | Prevenzione delle ferite del personale sanitario: Accordo tra le parti sociali dell’UE
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Esso mira a proteggere il personale sanitario dalle ferite provocate da aghi e altri dispositivi medici taglienti attuando un accordo quadro concluso tra le parti sociali europee:HOSPEEM (Associazione europea datori di lavoro del settore ospedaliero e sanitario) e FSESP (Federazione sindacale europea dei servizi pubblici).
PUNTI CHIAVE
L’accordo mira a:ottenere la massima sicurezza possibile dell’ambiente di lavoro; prevenire le ferite provocate da tutti i tipi di dispositivi medici taglienti (punture di aghi incluse); proteggere i lavoratori a rischio; definire un approccio integrato alla politica; porre in atto procedure di risposta e di follow-up. Ambito di applicazioneL’accordo si applica a tutto il personale ospedaliero e sanitario e a tutti coloro che sono soggetti all’autorità e alla supervisione dei datori di lavoro. Questi ultimi si impegnano ad adoperarsi affinché i subfornitori rispettino le disposizioni previste dal presente accordo. I luoghi di lavoro interessati dall’accordo includono organizzazioni/servizi sanitari del settore pubblico e privato, nonché ogni altro luogo in cui si svolgono attività e sono prestati servizi sanitari sotto l’autorità e la supervisione del datore di lavoro. Approccio integrato
L’accordo definisce 11 principi che costituiscono le basi dell’approccio integrato alla politica. Essi riguardano:valutazione dei ischi — riguarda tutte le situazioni che comportano la presenza di ferite, sangue o altro potenziale vettore di infezione; eliminazione del rischio, prevenzione e protezione che includono:eliminazione del rischio — definizione di procedure sicure di utilizzo e di eliminazione di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati;prevenzione del rischio — elaborazione di una politica coerente di prevenzione che tenga conto della tecnologia, dell’organizzazione del lavoro, delle condizioni di lavoro ecc.protezione dai rischi — offerta di vaccinazioni e richiami gratuiti. formazione — comprende l’uso corretto di dispositivi medici taglienti dotati di meccanismi di protezione oltre all’istruzione dei neo-assunti e del personale temporaneo; Informazione e sensibilizzazione — mettere in evidenza i rischi e promuovere le buone pratiche; monitoraggio e notifica — le procedure di notifica in atto sono oggetto di revisione e prevedono che i lavoratori segnalino immediatamente qualsiasi infortunio o incidente; risposta e follow-up — prevede che vengano prestate cure immediate al lavoratore ferito e che il datore di lavoro indaghi sulle cause e sulle circostanze.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in applicazione dal 21 giugno 2010. Doveva entrare in vigore negli Stati membri l’11 maggio 2013.
CONTESTO
L’UE ha introdotto una serie di misure per una migliore protezione dei lavoratori tra le quali vi sono:promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro; stabilire requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro; affrontare i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2010/32/UE del Consiglio, del 10 maggio 2010, che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario (GU L 134 del 1.6.2010, pag. 66).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo X — Politica sociale — Articolo 153 (ex articolo 137 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 114).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, parte tre — Politiche e azioni interne dell’Unione — titolo X — Politica sociale — Articolo 154 (ex articolo 138 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 116).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, parte tre — Politiche e azioni interne dell’Unione — titolo X — Politica sociale — articolo 155 (ex articolo 139 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 116).
Direttiva 2009/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 260 del 3.10.2009, pag. 5).
Direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 262 del 17.10.2000, pagg. 21).
Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1).
Le successive modifiche alla direttiva 89/391/CEE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 9,826 | 174 |
21990A0118(01) | false | Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d'Islanda
Gazzetta ufficiale n. L 014 del 18/01/1990 pag. 0019 - 0021
*****ACCORDO QUADRO di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d'Islanda IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità economica europea, e LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità europea dell'energia atomica e qui di seguito denominata « Commissione », da un lato, IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA D'ISLANDA, che agisce a nome della Repubblica d'Islanda, qui di seguito denominato « Islanda », dall'altro lato, qui di seguito entrambi denominati « parti contraenti », CONSIDERANDO che, fatte salve le disposizioni pertinenti dei trattati che istituiscono la Comunità economica europea e la Comunità europea dell'energia atomica, il presente accordo quadro e qualsiasi azione avviata ai sensi dell'accordo stesso non pregiudicheranno in alcun modo i poteri che spettano agli Stati membri delle Comunità europee di avviare attività bilaterali con l'Islanda nei settori della scienza, della tecnologia, della ricerca e dello sviluppo e di concludere eventuali accordi a tal fine; CONSIDERANDO l'importanza della ricerca scientifica e tecnica per l'Islanda e le Comunità europee, qui di seguito denominate « Comunità », ed il reciproco interesse per una cooperazione in detto settore per meglio utilizzare le risorse ed evitare inutili doppioni; CONSIDERANDO che in occasione della riunione di Lussemburgo del 9 aprile 1984 i ministri degli Stati membri delle Comunità, i ministri degli Stati membri dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e la Commissione hanno ritenuto che la sempre crescente interdipendenza economica tra le Comunità ed i paesi dell'EFTA giustificasse, in particolare, una cooperazione nel settore della ricerca e dello sviluppo e hanno sottolineato la necessità di intensificare tali sforzi, in particolare per promuovere la mobilità dei ricercatori; che inoltre i ministri hanno espresso il desiderio di attribuire particolare attenzione a determinati settori industriali e tecnici del futuro; CONSIDERANDO che l'Islanda e la Comunità economica europea cooperano nel quadro di un progetto COST (cooperazione europea per la ricerca scientifica e tecnica) e che intendono proseguire i loro sforzi in tale progetto; CONSIDERANDO che l'Islanda e le Comunità eseguono programmi di ricerca in settori d'interesse comune; CONSIDERANDO che l'Islanda e le Comunità sono interessate a cooperare nel quadro di questi programmi; CONSIDERANDO che per conseguire tale obiettivo è auspicabile stabilire un quadro che comprenda la totalità della cooperazione tra l'Islanda e le Comunità nel settore della ricerca, cui possono venir associate organizzazioni e imprese private; che inoltre tale quadro deve prevedere procedure semplici ed efficaci e rivestire un carattere dinamico, HANNO CONVENUTO LE DISPOSIZIONI SEGUENTI: A. Obiettivo dell'accordo Articolo 1 Il presente accordo definisce il quadro per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnica tra l'Islanda e le Comunità nei settori di interesse comune oggetto di programmi di ricerca e sviluppo delle parti contraenti. Articolo 2 La cooperazione può essere realizzata tramite organizzazioni ed imprese, pubbliche o private, che partecipano in Islanda e nelle Comunità ai programmi di ricerca di cui all'articolo 1. Articolo 3 La cooperazione può assumere le seguenti forme: - regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica di ricerca e della pianificazione di detta politica in Islanda e nelle Comunità; - scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione; - trasmissione di informazioni risultanti dalla cooperazione instaurata nel presente accordo; - coordinamento di programmi e progetti realizzati in Islanda e nelle Comunità; - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e realizzazione di azioni comuni in Islanda e nelle Comunità. Articolo 4 La cooperazione può essere attuata con i mezzi seguenti: - riunioni comuni; - visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; - contatti regolari tra responsabili della pianificazione e della gestione dei programmi o dei progetti; - partecipazione di esperti a seminari, simposi e gruppi di lavoro; - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e ad azioni comuni; - messa a disposizione di documenti e comunicazione dei risultati dei lavori effettuati nel quadro della cooperazione. Articolo 5 La cooperazione può essere adattata e sviluppata in qualsiasi momento di comune accordo tra le parti contraenti. B. Realizzazione della cooperazione Articolo 6 La cooperazione di cui al presente accordo è realizzata attraverso accordi opportuni. Articolo 7 Gli accordi di cui all'articolo 6 specificano le forme e il regime di ogni azione di cooperazione, nonché: - gli obiettivi e il contenuto scientifico e tecnico; - le norme relative alla diffusione delle conoscenze e alla proprietà intellettuale; - le disposizioni relative al personale ed alla mobilità e alla partecipazione di rappresentanti di una delle parti contraenti alle organizzazioni dell'altra parte; - le modalità di partecipazione finanziaria agli accordi; - ogni altra opportuna modalità. Articolo 8 Gli accordi di cui all'articolo 6 verranno conclusi conformemente alle procedure in vigore per ogni parte contraente. Articolo 9 Le parti contraenti si comunicheranno reciprocamente il nome delle organizzazioni e delle imprese di cui all'articolo 2 che partecipano alla cooperazione. C. Comitato misto Articolo 10 È istituito un comitato misto denominato « comitato di ricerca Islanda/Comunità » al fine di: - identificare i possibili settori di cooperazione ed esaminare qualsiasi misura volta al miglioramento e allo sviluppo della cooperazione; - avere scambi regolari di opinioni sugli orientamenti e sulle priorità delle politiche di ricerca e la pianificazione della ricerca in Islanda e nelle Comunità e sulle prospettive della cooperazione; - curare la buona esecuzione del presente accordo. Articolo 11 Il comitato misto, composto da rappresentanti della Commissione e dell'Islanda, adotta il proprio regolamento interno. Esso si riunisce su richiesta di una delle parti contraenti ed almeno una volta all'anno. D. Disposizioni finali Articolo 12 Il presente accordo sarà approvato dalle parti contraenti, conformemente alle rispettive procedure vigenti. Esso entrerà in vigore alla data in cui le parti contraenti si saranno reciprocamente notificate l'espletamento delle procedure necessarie a tal fine. Articolo 13 Il presente accordo si applica ai territori nei quali si applicano i trattati che istituiscono la Comunità economica europea e la Comunità europea dell'energia atomica, alle condizioni da questi fissate, nonché al territorio della Repubblica d'Islanda. Articolo 14 Il presente accordo ha una durata illimitata. Ogni parte contraente può in qualsiasi momento denunciarlo o richiederne la revisione con un preavviso di dodici mesi. Articolo 15 Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, tedesca e islandese, tutti i testi facenti ugualmente fede. Fatto a Bruxelles, addì 30 ottobre 1989. 1.2 // Per il Consiglio e la Commissione delle Comunità europee // Per la Repubblica d'Islanda // J. VIDAL Frans ANDRIESSEN // Jón Baldvin HANNIBALSSON | Cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e l’Islanda
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo stabilisce un quadro formale per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Islanda e le Comunità europee in settori di interesse comune che sono oggetto di programmi di ricerca e sviluppo. Con la sua decisione 90/23/CEE, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). Con la decisione 90/ 24/Euratom, la Commissione europea ha approvato la conclusione dell’accordo a nome della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom).
PUNTI CHIAVE
Cooperazione
La cooperazione può assumere le seguenti forme:regolari scambi di opinioni sulla direzione e le priorità delle politiche e della pianificazione della ricerca in Islanda, nell’UE e nell’Euratom; scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione; la trasmissione delle informazioni derivanti dalla cooperazione ai sensi del presente accordo; la cooperazione di programmi e progetti realizzati in Islanda, nell’UE e nell’Euratom; la partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e la realizzazione di azioni comuni in Islanda e nell’UE e nell’Euratom.Attività
La cooperazione può essere attuata nei seguenti modi:riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; contatti regolari tra i programmi o tra i pianificatori e i responsabili dei progetti; partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e azioni comuni; disponibilità di documenti e comunicazione dei risultati del lavoro svolto nell’ambito della cooperazione.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 6 giugno 1990 per un periodo indefinito. Può essere revocato e riesaminato in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi.
CONTESTO
Le relazioni tra l’UE e l’Islanda sono disciplinate principalmente dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, che ha creato una zona di libera circolazione di persone, servizi, beni e capitali che comprende i paesi dell’UE, l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia.
Per l’Euratom, con decisione del Consiglio del 19 giugno 1989, il Consiglio ha approvato l’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda ai fini della conclusione definitiva da parte della Commissione a nome dell’Euratom. Sulla base di questa decisione del Consiglio, la Commissione ha adottato la decisione 90/24/Euratom, la quale prevedeva che l’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda fosse concluso anche a nome dell’Euratom.
Per ulteriori informazioni, si veda:L’Islanda e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda (GU L 14 del 18.1.1990, pag. 19).
Decisione 90/23/CEE del Consiglio, del 29 settembre 1989, relativa alla conclusione, a nome della Comunità economica europea, dell’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda (GU L 14 del 18.1.1990, pag. 18).
Decisione 90/24/Euratom della Commissione, del 12 gennaio 1990, concernente la conclusione definitiva, a nome della Comunità europea dell’energia atomica, dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee e la Repubblica d’Islanda (GU L 14 del 18.1.1990, pag. 22). | 3,318 | 971 |
31992L0042 | false | Direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, concernente i requisiti di rendimento per le nuove caldaie ad acqua calda alimentate con combustibili liquidi o gassosi
Gazzetta ufficiale n. L 167 del 22/06/1992 pag. 0017 - 0028 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 23 pag. 0055 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 23 pag. 0055
DIRETTIVA 92/42/CEE DEL CONSIGLIO del 21 maggio 1992 concernente i requisiti di rendimento per le nuove caldaie ad acqua calda alimentate con combustibili liquidi o gassosiIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la decisione 91/565/CEE (4) prevede la promozione dell'efficienza energetica nella Comunità nel contesto del programma SAVE; considerando che occorre adottare le misure destinate all'istaurazione progressiva del mercato interno nel corso di un periodo che scade il 31 dicembre 1992; che il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che la risoluzione del Consiglio, del 15 gennaio 1985, concernente il miglioramento dei programmi di risparmio di energia degli Stati membri (5) invita gli Stati membri a continuare ed eventualmente intensificare i loro sforzi per promuovere l'utilizzazione più razionale dell'energia attraverso la messa a punto di politiche integrate di risparmio energetico; considerando la risoluzione del Consiglio, del 16 settembre 1986, relativa a nuovi obiettivi comunitari di politica energetica per il 1995 e alla convergenza delle politiche degli Stati membri (6), in particolare l'obiettivo di incrementare di almeno il 20 % il rendimento per la domanda finale di energia; considerando che l'articolo 130 R del trattato prevede che l'azione della Comunità in materia ambientale ha l'obiettivo di garantire un'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; considerando che nelle proposte relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di sanità, sicurezza, protezione dell'ambiente e protezione dei consumatori è necessario assumere come base un livello di protezione elevato; considerando che il Consiglio, nella risoluzione del 21 giugno 1989 dichiara che «la Comunità e gli Stati membri dovranno tenere opportunamente conto del problema della potenziale alterazione climatica collegata all'effetto serra» (7) e, nelle conclusioni del 29 ottobre 1990, prevede di stabilizzare, sul piano comunitario, ai livelli del 1990, le emissioni di CO2 nell'anno 2000; considerando l'importanza del settore domestico e terziario che assorbe una parte preponderante del consumo finale di energia della Comunità; considerando che questo settore assumerà maggiore importanza a causa della tendenza verso una maggiore diffusione del riscaldamento centrale ed un aumento generale del comfort termico; considerando che un miglior rendimento delle caldaie è nell'interesse dei consumatori, che i risparmi di energia implicheranno minori importazioni di idrocarburi e che la riduzione della dipendenza energetica della Comunità avrà un'incidenza positiva sulla sua bilancia commerciale; considerando che la direttiva 78/170/CEE del Consiglio, del 13 febbraio 1978, concernente la resa dei generatori di calore impiegati per il riscaldamento di locali e la produzione di acqua calda negli edifici non industriali, nuovi o già esistenti, nonché l'isolamento della distribuzione del calore e di acqua calda per usi igienici nei nuovi edifici non industriali (8) ha portato alla fissazione di livelli di rendimento molto diversi tra gli Stati membri; considerando che il requisito di alti tassi di rendimento per le caldaie ad acqua calda restringerà la forcella dei parametri tecnici degli impianti offerti sul mercato, facilitando la produzione in serie, e favorirà la realizzazione di economie di scala; che la non fissazione di tassi di rendimento energetico, ad un livello sufficientemente elevato rischia, con il completamento del mercato interno, di abbassare fortemente il rendimento degli impianti di riscaldamento a causa della diffusione sul mercato di caldaie a basso rendimento; considerando che le condizioni climatiche locali nonché le caratteristiche energetiche e di utilizzazione degli edifici presentano grandi differenze all'interno della Comunità; che gli Stati membri devono tener conto di queste diversità nel determinare le condizioni di messa in funzione delle caldaie in applicazione della presente direttiva; che le circostanze giustificano che gli Stati membri, in cui alla data di adozione della presente direttiva sono ampiamente diffuse le caldaie denominate «back boilers» nonché le caldaie concepite per essere installate nello spazio abitato, continuino ad autorizzare, entro limiti precisi, la commercializzazione e la messa in funzione di tali caldaie; che questo regime deve essere oggetto di una sorveglianza particolare da parte della Commissione; considerando che la presente direttiva, volta all'eliminazione degli ostacoli tecnici in materia di rendimento delle caldaie, deve seguire la nuova impostazione definita con la risoluzione del Consiglio, del 7 maggio 1985 (9), la quale prevede in particolare che l'armonizzazione legislativa si limiti all'approvazione, mediante direttive basate sull'articolo 100 del trattato CEE, dei requisiti essenziali cui devono soddisfare i prodotti immessi sul mercato e che tali requisiti essenziali siano redatti in forma sufficientemente precisa affinché possano divenire obblighi sanzionabili e in modo da permettere agli organismi di certificazione, in assenza di norme, di certificare la conformità dei prodotti in base ai requisiti stessi; considerando che la direttiva 83/189/CEE (10) prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche; considerando che la decisione 90/683/CEE (11), concerne i moduli relativi alle diverse fasi delle procedure di valutazione della conformità da utilizzare nelle direttive di armonizzazione tecnica; considerando che le caldaie rispondenti ai requisiti in materia di rendimento dovranno essere munite del marchio CE ed eventualmente dei simboli adeguati per poter circolare liberamente ed essere messe in funzione conformemente alla loro destinazione nella Comunità; considerando che la direttiva 89/106/CEE (12) riguarda il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione; considerando che, per le caldaie a gas contemplate nella presente direttiva, è necessario definire requisiti di rendimento per promuovere l'utilizzazione razionale dell'energia, come previsto nella direttiva 90/396/CEE del Consiglio, del 29 giugno 1990, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di apparecchi a gas (13), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva costituisce un'azione nell'ambito del programma SAVE per la promozione dell'efficienza energetica nella Comunità; essa determina i requisiti di rendimento applicabili alle nuove caldaie ad acqua calda alimentate con combustibili liquidi o gassosi aventi una potenza nominale pari o superiore a 4 kW e pari o inferiore a 400 kW, in appresso denominate «caldaie». Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, s'intende per: - caldaia: l'unità centrale scambiatore termico - bruciatore destinata a trasmettere all'acqua il calore prodotto dalla combustione; - apparecchio: - lo scambiatore termico destinato ad essere munito di un bruciatore; - il bruciatore destinato ad essere installato sullo scambiatore termico; - potenza nominale utile espressa in chilowatt: la potenza termica massima fissata e garantita dal costruttore come potenza che può essere mantenuta in regime di funzionamento continuo rispettando i rendimenti utili indicati dal costruttore; - rendimento utile, espresso in percento: i rapporto tra la portata termica trasmessa all'acqua della caldaia e il prodotto del potere termico inferiore, a pressione costante, del combustibile, moltiplicato per il consumo espresso in quantità di combustibile per unità di tempo; - carico parziale, espresso in percento: il rapporto tra la potenza utile di una caldaia funzionante in regime discontinuo oppure ad una potenza inferiore alla potenza utile nominale, e la stessa potenza utile nominale; - temperatura media dell'acqua nella caldaia: la media delle temperature dell'acqua all'entrata e all'uscita della caldaia; - caldaia standard: caldaia per la quale la temperatura media di funzionamento può essere limitata in sede di progettazione; - back boiler: caldaia progettata per alimentare un impianto di riscaldamento centrale ed essere installata nel focolare di un camino come elemento di un'unità caldaia retrostante (back boiler) - focolare a gas; - caldaia a bassa temperatura: caldaia che può funzionare in regime continuo, in cui la temperatura dell'acqua di alimentazione è compresa tra 35 e 40 oC, e che in certi casi può dare luogo a condensazione. Sono comprese le caldaie a condensazione che utilizzano combustibili liquidi; - caldaia a gas a condensazione: caldaia progettata per poter condensare in permanenza una parte considerevole del vapore acqueo contenuto nei gas di combustione; - caldaia da installare in un ambiente abitato: caldaia con potenza nominale utile inferiore a 37 kW progettata per riscaldare, mediante il calore emesso dall'involucro, l'ambiente abitato in cui è installata, provvista di vaso di espansione aperto che provvede all'alimentazione con acqua calda mediante circolazione naturale per gravità; sull'involucro di questa caldaia è menzionato esplicitamente che deve essere installata in un ambiente abitato. Articolo 3 1. Sono esclusi dalla presente direttiva: - le caldaie ad acqua calda che possono essere alimentate con combustibili diversi tra cui quelli solidi; - gli impianti di erogazione istantanea di acqua calda per usi igienici; - le caldaie progettate per essere alimentate con combustibili aventi caratteristiche molto diverse da quelle dei combustibili liquidi e gassosi normalmente in commercio (gas residui industriali, biogas, ecc.); - le cucine e gli apparecchi progettati per riscaldare principalmente il vano in cui sono installati e che forniscono anche, ma a titolo accessorio, acqua calda per riscaldamento centrale e usi igienici; - gli apparecchi con potenza utile inferiore a 6 kW progettati unicamente per alimentare un impianto di accumulazione di acqua calda per usi igienici circolante per gravità; - le caldaie prodotte a unità. 2. Nei casi di caldaie a doppia funzione, riscaldamento dei locali e fornitura di acqua calda per usi igienici, i requisiti di rendimento di cui all'articolo 5, paragrafo 1 si riferiscono soltanto alla funzione riscaldamento. Articolo 4 1. Gli Stati membri non possono vietare, limitare o ostacolare l'immissione sul mercato e la messa in funzione sul proprio territorio degli apparecchi e delle caldaie che soddisfano le prescrizioni della presente direttiva, fatte salve disposizioni contrarie del trattato o di altre direttive o disposizioni comunitarie. 2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché siano messe in funzione soltanto le caldaie conformi ai rendimenti di cui all'articolo 5, paragrafo 1, alle condizioni di messa in funzione che essi determinano in base alle condizioni climatiche locali nonché alle caratteristiche energetiche e di utilizzazione degli edifici. 3. Tuttavia, gli Stati membri in cui le caldaie di tipo «back boilers» e/o le caldaie da installare in un ambiente abitato, sono ampiamente diffuse alla data di adozione della presente direttiva, continuano ad autorizzarne la messa in funzione, sempreché i rendimenti, sia a potenza nominale che a carico parziale del 30 %, non siano inferiori di oltre il 4 % ai requisiti fissati all'articolo 5, paragrafo 1, per le caldaie standard. 4. Gli effetti delle disposizioni di cui ai paragrafi 2 e 3 sono soggetti ad un controllo permanente da parte della Commissione e vengono analizzati nel quadro della relazione che deve essere presentata a norma dell'articolo 10. A tal fine gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni informazione necessaria per consentirle di presentare al Consiglio le proposte di modifica, previste da tale articolo, atte a garantire comunque l'efficienza energetica e la libera circolazione delle caldaie nella Comunità. Articolo 5 1. I diversi tipi di caldaie devono rispettare rendimenti utili: - a potenza nominale, cioè in funzionamento alla potenza nominale Pn, espressa in chilowatt, per una temperatura media dell'acqua nella caldaia di 70o, e - a carico parziale, cioè in funzionamento a carico parziale del 30 %, per una temperatura media dell'acqua nella caldaia diversa a seconda del tipo di caldaia. I rendimenti utili che devono essere rispettati sono indicati nella tabella seguente: Tipo di caldaia Intervalli di potenza Rendimento a potenza nominale Rendimento a carico parziale kW Temperatura media dell'acqua nella caldaia (oC) Espressione del requisito di rendimento (in %) Temperatura media dell'acqua nella caldaia (oC) Espressione del requisito di rendimento (in %) Caldaie standard 4 - 400 70 & {Ì8}; 84 + 2 logPn & {Ì8}; 50 & {Ì8}; 80 + 3 logPn Caldaie a bassa temperatura (*) 4 - 400 70 & {Ì8}; 87,5 + 1,5 logPn 40 & {Ì8}; 87,5 + 1,5 logPn Caldaie a gas a condensazione 4 - 400 70 & {Ì8}; 91 + 1 logPn 30 (**) & {Ì8}; 97 + 1 logPn (*) Comprese le caldaie a condensazione che utilizzano i combustibili liquidi. (**) Temperatura dell'acqua di alimentazione della caldaia. 2. Le norme armonizzate relative ai requisiti di cui alla presente direttiva, fissate su mandato della Commissione, in conformità delle direttive 83/189/CEE e 88/182/CEE (14) determinano in particolare i metodi di verifica validi per la produzione e per le misure. Nei tassi di rendimento devono essere integrate le opportune tolleranze. Articolo 6 1. Gli Stati membri possono decidere di applicare, secondo le procedure previste all'articolo 7, un sistema specifico di marchi il quale permetta di individuare chiaramente il rendimento energetico delle caldaie. Questo sistema si applica alle caldaie che offrono rendimenti superiori ai requisiti previsti all'articolo 5, paragrafo 1, per le caldaie standard. Se il rendimento a potenza nominale e il rendimento a carico parziale sono pari o superiori ai valori corrispondenti per le caldaie standard, alla caldaia viene attribuito un «& {ÌK};» come stabilito nell'allegato I, punto 2. Se il rendimento a potenza nominale e il rendimento a carico parziale sono uguali o superiori di più di 3 punti ai valori corrispondenti per le caldaie standard, alla caldaia sono attribuiti due «& {ÌK};& {ÌK};». Ogni ulteriore superamento di 3 punti di rendimento a potenza nominale e a carico parziale consentirà di attribuire un marchio «& {ÌK};» supplementare, come presentato nell'allegato II. 2. Gli Stati membri non possono autorizzare altri marchi che rischino di prestarsi a confusioni con quelli cui al paragrafo 1. Articolo 7 1. Gli Stati membri presumono conformi ai requisiti essenziali di rendimento di cui all'articolo 5, paragrafo 1, le caldaie conformi alle norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e di cui gli Stati membri hanno pubblicato i numeri di riferimento delle norme nazionali che traspongono le norme armonizzate di cui sopra. Queste caldaie devono essere contrassegnate dal marchio CE di cui all'allegato I, paragrafo 1 e corredate della dichiarazione CE di conformità. 2. I mezzi per attestare la conformità delle caldaie fabbricate in serie sono: - l'esame di rendimento di una caldaia tipo secondo il modulo B descritto nell'allegato III, e - la dichiarazione di conformità al tipo approvato secondo uno dei moduli C, D o E di cui all'allegato IV. Per le caldaie a combustibile gassoso, le procedure di valutazione della conformità dei rendimenti sono quelle utilizzate per la valutazione della conformità ai requisiti in materia di sicurezza previsti dalla direttiva 90/396/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di apparecchi a gas. 3. Prima dell'immissione sul mercato, gli apparecchi commercializzati separatamente devono essere contrassegnati dal marchio CE e corredati della dichiarazione CE di conformità, la quale stabilisce i parametri che consentono di ottenere, dopo il montaggio, i tassi di rendimento utile di cui all'articolo 5, paragrafo 1. 4. Il marchio CE di conformità ai requisiti della presente direttiva e alle altre disposizioni relative all'assegnazione del marchio CE, nonché le iscrizioni di cui all'allegato I, sono apposti sulle caldaie e sugli apparecchi in modo visibile, facilmente leggibile e indelebile. È vietato apporre su questi prodotti qualsiasi altro marchio, segno o indicazione che possa creare confusione con il marchio CE per quanto attiene al significato o al grafismo di quest'ultimo. Articolo 8 1. Ciascuno Stato membro notifica alla Commissione e agli altri Stati membri gli organismi da esso designati per espletare i compiti relativi alle procedure di cui all'articolo 7, in seguito denominati «organismi notificati». La Commissione assegna un numero d'identificazione agli organismi notificati e ne informa gli Stati membri. Gli elenchi degli organismi notificati sono pubblicati dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee ed aggiornati regolarmente. 2. Gli Stati membri applicano i criteri minimi fissati nell'allegato V per la designazione degli organismi. Gli organismi che rispondono ai criteri di cui alle relative norme armonizzate sono ritenuti conformi ai requisiti stabiliti in tale allegato. 3. Uno Stato membro che ha notificato un organismo deve ritirare la notifica qualora constati che quest'ultimo non risponde più ai requisiti di cui al paragrafo 2. Tale Stato membro ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione e ritira la notifica. Articolo 9 Gli Stati membri adottano e pubblicano anteriormente al 1o gennaio 1993 le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Essi applicano queste disposizioni a decorrere dal 1o gennaio 1994 Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffato riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri ammettono fino al 31 dicembre 1997 l'immissione sul mercato e la messa in funzione di apparecchi conformi alla normativa vigente sul loro territorio alla data di adozione della presente direttiva. Articolo 10 Tre anni dopo l'entrata in applicazione della presente direttiva la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sui risultati ottenuti. Detta relazione è corredata di proposte riguardanti le eventuali modifiche da apportare alla presente direttiva sulla scorta dei suddetti risultati e dei progressi tecnologici compiuti. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 maggio 1992. Per il Consiglio Il Presidente Luis MIRA AMARAL (1) GU n. C 292 del 22. 11. 1990, pag. 8.(2) GU n. C 129 del 20. 5. 1991, pag. 97 e GU n. C 94 del 13. 4. 1992.(3) GU n. C 102 del 18. 4. 1991, pag. 46.(4) GU n. L 307 dell'8. 11. 1991, pag. 34.(5) GU n. C 20 del 22. 1. 1985, pag. 1.(6) GU n. C 241 del 25. 9. 1986, pag. 1.(7) GU n. C 183 del 20. 7. 1989, pag. 4.(8) GU n. L 52 del 23. 2. 1978, pag. 32. Direttiva modificata dalla direttiva 82/885/CEE (GU n. L 378 del 31. 12. 1982, pag. 19).(9) GU n. L 136 del 4. 6. 1985, pag. 1.(10) GU n. L 109 del 26. 4. 1983, pag. 8. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 90/230/CEE (GU n. L 128 del 18. 5. 1990, pag. 15).(11) GU n. L 380 del 31. 12. 1990, pag. 13.(12) GU n. L 40 dell'11. 2. 1989, pag. 12.(13) GU n. L 196 del 26. 7. 1990, pag. 15.(14) GU n. L 81 del 26. 3. 1988, pag. 75. ALLEGATO I MARCHIO DI CONFORMITÀ E MARCATURE SPECIFICHE SUPPLEMENTARI 1. Marchio di conformità Il marchio di conformità comprende il simbolo CE conforme al simbolo che figura in appresso, nonché le ultime due cifre dell'anno in cui esso è stato apposto. 2. Marcature specifiche supplementari La marcatura di rendimento energetico, attribuita ai sensi dell'articolo 6 della presente direttiva, corrisponde al simbolo seguente: & {ÌK}; ALLEGATO II ATTRIBUZIONE DELLE MARCHIATURE DI RENDIMENTO ENERGETICO Requisiti di rendimento da rispettare contemporaneamente alla potenza nominale e a carico parziale di 0,3 Pn Marchiatura Requisito di rendimento alla potenza nominale Pn e ad una temperatura media dell'acqua della caldaia di 70 oC % Requisito di rendimento a carico parziale di 0,3 Pn e ad una temperatura media dell'acqua della caldaia di & {Ì8}; 50 oC % & {ÌK}; & {Ì8}; 84 + 2 log Pn & {Ì8}; 80 + 3 log Pn & {ÌK};& {ÌK}; & {Ì8}; 87 + 2 log Pn & {Ì8}; 83 + 3 log Pn & {ÌK};& {ÌK};& {ÌK}; & {Ì8}; 90 + 2 log Pn & {Ì8}; 86 + 3 log Pn & {ÌK};& {ÌK};& {ÌK};& {ÌK}; & {Ì8}; 93 + 2 log Pn & {Ì8}; 89 + 3 log Pn ALLEGATO III Modulo B: Esame CE del tipo 1. Questo modulo descrive la parte della procedura con cui un organismo notificato accerta e dichiara che un esemplare rappresentativo della produzione considerata soddisfa le disposizioni della presente direttiva ad esse relative. 2. La domanda di esame CE del tipo deve essere presentata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella Comunità ad un organismo notificato di sua scelta. La domanda deve contenere: - il nome e l'indirizzo del fabbricante e, qualora la domanda sia presentata dal suo mandatario, anche il nome e l'indirizzo di quest'ultimo; - una dichiarazione scritta che la stessa domanda non è stata presentata a nessun altro organismo notificato; - la documentazione tecnica descritta al paragrafo 3. Il richiedente mette a disposizione dell'organismo notificato un esemplare rappresentativo della produzione considerata, qui di seguito denominato «tipo». L'organismo notificato può chiedere altri esemplari dello stesso tipo qualora sia necessario per eseguire il programma di prove. 3. La documentazione tecnica deve consentire di valutare la conformità del prodotto ai requisiti della direttiva; deve comprendere, nella misura necessaria a tale valutazione, il progetto, la fabbricazione e il funzionamento del prodotto, e contenere, nella misura necessaria ai fini della valutazione: - una descrizione generale del tipo; - disegni di progettazione e fabbricazione, nonché gli schemi di componenti, sottounità, circuiti, ecc.; - la descrizione e le spiegazioni necessaire alla comprensione di tali disegni e schemi e del funzionamento del prodotto; - un elenco delle norme di cui all'articolo 5, paragrafo 2, applicate in tutto o in parte, e la descrizione delle soluzioni adottate per soddisfare i requisiti essenziali qualora non siano applicate le norme di cui all'articolo 5, paragrafo 2; - i risultati dei calcoli di progetto e degli esami; - i rapporti sulle prove effettuate. 4. L'organismo notificato: 4.1. esamina la documentazione tecnica, verifica che il tipo sia stato fabbricato in conformità con tale documentazione ed individua gli elementi progettati in conformità delle disposizioni applicabili delle norme di cui all'articolo 5, paragrafo 2, nonché gli elementi progettati senza applicare le disposizioni da tali norme; 4.2. effettua o fa effettuare gli esami appropriati e le prove necessarie per verificare se le soluzioni adottate dal fabbricante soddisfino i requisiti essenziali della direttiva qualora non siano state applicate le norme di cui all'articolo 5, paragrafo 2; 4.3. effettua o fa effettuare gli esami appropriati e le prove necessarie per verificare se, qualora il fabbricante abbia deciso di conformarsi alle norme relative, tali norme siano state effettivamente applicate; 4.4. concorda con il richiedente il luogo in cui gli esami e le necessarie prove devono essere effettuati. 5. Se il tipo soddisfa le relative disposizioni della presente direttiva, l'organismo notificato rilascia un attestato di esame CE del tipo richiesto al richiedente. L'attestato deve contenere il nome e l'indirizzo del fabbricante, le conclusioni dell'esame e i dati necessari per l'identificazione del tipo approvato. All'attestato è allegato un elenco dei fascicoli significativi della documentazione tecnica, di cui l'organismo autorizzato conserva una copia. Se al fabbricante o al suo mandatario stabilito nella Comunità viene negato il rilascio di un attestato di esame del tipo CE, l'organismo notificato deve fornire motivi dettagliati per tale rifiuto. Deve essere prevista una procedura di ricorso. 6. Il richiedente informa l'organismo notificato che detiene la documentazione tecnica relativa all'attestato di esame CE del tipo di tutte le modifiche al prodotto approvato che devono ricevere un'ulteriore approvazione qualora tali modifiche possano influire sulla conformità ai requisiti essenziali o modalità di uso prescritte del prodotto. Questa nuova approvazione viene rilasciata sotto forma di un complemento dell'attestato originale di esame CE del tipo. 7. Ogni organismo notificato comunica agli altri organismi notificati le informazioni utili riguardanti gli attestati di esame CE del tipo ed i complementi rilasciati e ritirati. 8. Gli altri organismi notificati possono ottenere copia degli attestati di esame CE del tipo e/o dei loro complementi. Gli allegati degli attestati sono tenuti a disposizione degli altri organismi notificati. 9. Il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella Comunità conserva, insieme con la documentazione tecnica, copia degli attestati di esame CE del tipo e dei loro complementi per almeno dieci anni dall'ultima data di fabbricazione del prodotto. Nel caso in cui né il fabbricante né il suo mandatario siano stabiliti nella Comunità, l'obbligo di tenere a disposizione la documentazione tecnica incombe alla persona responsabile dell'immissione del prodotto sul mercato comunitario. ALLEGATO IV Modulo C: Conformità al tipo 1. Questo modulo descrive la parte della procedura in cui il fabbricante o il suo mandatario stabilito nella Comunità si accerta e dichiara che gli apparecchi in questione sono conformi al tipo oggetto dell'attestato di certificazione CE e soddisfano i requisiti della presente direttiva. Il fabbricante appone il marchio CE su ciascun apparecchio e redige una dichiarazione di conformità. 2. Il fabbricante prende tutte le misure necessarie affinché il processo di fabbricazione assicuri la conformità dei prodotti al tipo oggetto dell'attestato di esame CE del tipo e ai requisiti di rendimento della direttiva. 3. Il fabbricante o il suo mandatario conserva copia della dichiarazione di conformità per almeno dieci anni dall'ultima data di fabbricazione del prodotto. Nel caso in cui né il fabbricante né il suo mandatario siano stabiliti nella Comunità, l'obbligo di tenere a disposizione la documentazione tecnica incombe alla persona responsabile dell'immissione del prodotto sul mercato comunitario. 4. Un organismo notificato, prescelto dal fabbricante, effettua o fa effettuare gli esami del prodotto ad intervalli aleatori. Un campione opportuno del prodotto finito, prelevato sul posto dall'organismo notificato, viene esaminato e sottoposto alle appropriate prove definite nella o nelle norme applicabili di cui all'articolo 5, paragrafo 2, oppure a prove equivalenti intese a verificare la conformità della produzione ai requisiti della direttiva corrispondente. Qualora uno o più esemplari dei prodotti esaminati non risultino conformi, l'organismo notificato prende gli opportuni provvedimenti. Modulo D: Garanzia di qualità della produzione 1. Questo modulo decrive la procedura con cui il fabbricante che soddisfa gli obblighi del paragrafo 2 si accerta e dichiara che i prodotti in questione sono conformi al tipo oggetto dell'attestato di esame CE del tipo e soddisfano i requisiti della presente direttiva. Il fabbricante appone il marchio CE su ciascun apparecchio e redige una dichiarazione di conformità. Il marchio CE deve essere accompagnato dal contrassegno d'identificazione dell'organismo notificato responsabile della sorveglianza di cui al paragrafo 4. 2. Il fabbricante deve utilizzare un sistema di qualità approvato per la produzione, eseguire l'ispezione e le prove degli apparecchi finiti secondo quanto specificato al paragrafo 3 e deve essere assoggettato alla sorveglianza di cui al paragrafo 4. 3. Sistema di qualità 3.1. Il fabbricante presenta ad un organismo notificato di sua scelta una domanda di valutazione del suo sistema di qualità per gli apparecchi interessati. La domanda deve contenere: - tutte le informazioni utili sulla categoria di prodotti prevista; - la documentazione relativa al sistema di qualità; - la documentazione tecnica relativa al tipo approvato e copia dell'attestato di esame CE del tipo. 3.2. Il sistema di qualità deve garantire la conformità degli apparecchi al tipo oggetto dell'attestato di esame CE del tipo e ai requisiti della direttiva ad essi applicabili. Tutti i criteri, i requisiti e le disposizioni adottati dal fabbricante devono essere documentati in modo sistematico e ordinato sotto forma di misure, procedure e istruzioni scritte. Questa documentazione relativa al sistema di qualità deve permettere un'interpretazione uniforme di programmi, schemi, manuali e rapporti riguardanti la qualità. Detta documentazione deve includere in particolare un'adeguata descrizione: - degli obiettivi di qualità, della struttura organizzativa, delle responsabilità di gestione in materia di qualità dei prodotti; - dei processi di fabbricazione, degli interventi sistematici e delle tecniche di controllo e garanzia della qualità; - degli esami e delle prove che saranno effettuati prima, durante e dopo la fabbricazione con indicazione della frequenza con cui si intende effettuarli; - della documentazione in materia di qualità, quali i rapporti ispettivi e i dati sulle prove, le tarature, le qualifiche del personale, ecc.; - dei mezzi di sorveglianza che consentono il controllo della qualità richiesta e dell'efficacia di funzionamento del sistema di qualità. 3.3. L'organismo notificato valuta il sistema di qualità per determinare se soddisfa i requisiti di cui al paragrafo 3.2. Esso presume la conformità a tali requisiti dei sistemi di qualità che soddisfano la corrispondente norma armonizzata. Nel gruppo incaricato della valutazione deve essere presente almeno un esperto nella tecnologia produttiva oggetto della valutazione. La procedura di valutazione deve comprendere una visita presso gli impianti del fabbricante. La decisione viene notificata al fabbricante. La notifica deve contenere le conclusioni dell'esame e la motivazione circostanziata della decisione. 3.4. Il fabbricante si impegna a soddisfare gli obblighi derivanti dal sistema di qualità approvato, ed a fare in modo che esso rimanga adeguato ed efficace. Il fabbricante o il mandatario tengono informato l'organismo notificato che ha approvato il sistema di qualità di qualsiasi prevista modifica del sistema. L'organismo notificato valuta le modifiche proposte e decide se il sistema modificato continui a soddisfare i requisiti di cui al paragrafo 3.2 o se sia necessaria una seconda valutazione. L'organismo notificato comunica la sua decisione al fabbricante. La notifica deve contenere le conclusioni dell'esame e la motivazione circostanziata della decisione. 4. Sorveglianza sotto la responsabilità dell'organismo notificato 4.1. La sorveglianza deve garantire che il fabbricante soddisfi tutti gli obblighi derivanti dal sistema di qualità approvato. 4.2. Il fabbricante consente all'organismo notificato di accedere a fini ispettivi ai locali di fabbricazione, ispezione, prove e deposito fornendo tutte le necessarie informazioni, in particolare: - la documentazione relativa al sistema di qualità; - altra documentazione quali i rapporti ispettivi e i dati sulle prove, le tarature, le qualifiche del personale, ecc. 4.3. L'organismo notificato svolge periodicamente verifiche ispettive per assicurarsi che il fabbricante mantenga ed utilizzi il sistema di qualità e fornisce al fabbricante un rapporto sulle verifiche ispettive effettuate. 4.4. Inoltre l'organismo notificato può effettuare visiti senza preavviso presso il fabbricante. In tale occasione, l'organismo notificato può svolgere o far svolgere prove per verificare il corretto funzionamento del sistema di qualità, se necessario. Esso fornisce al fabbricante un rapporto sulla visita e, se sono state svolte prove, una relazione di prova. 5. Il fabbricante tiene a disposizione delle autorità nazionali per almeno dieci anni dall'ultima data di fabbricazione del prodotto: - la documentazione di cui al paragrafo 3.1, secondo comma, secondo trattino; - gli adeguamenti di cui al paragrafo 3.4 secondo comma; - le decisioni e relazioni dell'organismo notificato di cui al paragrafo 3.4, ultimo comma, e ai paragrafi 4.3 e 4.4. 6. Ogni organismo notificato comunica agli altri organismi notificati le informazioni riguardanti le approvazioni dei sistemi di qualità rilasciate o ritirate. Modulo E: Garanzia di qualità del prodotto 1. Questo modulo descrive la procedura con cui il fabbricante che soddisfa gli obblighi del paragrafo 2 si accerta e dichiara che le caldaie e gli apparecchi sono conformi al tipo oggetto dell'attestato di esame CE del tipo. Il fabbricante appone il marchio CE su ogni caldaia e apparecchio e redige una dichiarazione di conformità. Il marchio CE deve essere accompagnato dal contrassegno di identificazione dell'organismo notificato responsabile della sorveglianza di cui al paragrafo 4. 2. Il fabbricante deve utilizzare un sistema di qualità approvato per l'ispezione finale e le prove della caldaia e dell'apparecchio secondo quanto specificato al paragrafo 3, e deve essere assoggettato alla sorveglianza di cui al paragrafo 4. 3. Sistema di qualità 3.1. Il fabbricante presenta ad un organismo notificato di sua scelta una domanda per la valutazione del suo sistema di qualità per le caldaie e gli apparecchi. La domanda deve contenere: - tutte le informazioni utili sulla categoria di caldaie e apparecchi previsti; - la documentazione relativa al sistema di qualità; - la documentazione tecnica relativa al tipo approvato e copia dell'attestato di esame CE del tipo. 3.2. Nel quadro del sistema di qualità, ogni caldaia o apparecchio viene esaminato e su di esso vengono effettuate opportune prove, fissate nelle norme relative di cui all'articolo 5, o prove equivalenti per verificarne la conformità ai requisiti della direttiva. Tutti i criteri, i requisiti e le disposizioni adottati dal fabbricante devono essere documentati in modo sistematico e ordinato sotto forma di misure, procedure e istruzioni scritte. Questa documentazione relativa al sistema di qualità deve permettere un'interpretazione uniforme di programmi, piani, manuali e documenti aventi attinenza con la qualità. Detta documentazione deve includere in particolare un'adeguata descrizione: - degli obiettivi di qualità, della struttura organizzativa, delle responsabilità di gestione e di qualità del prodotto; - degli esami e delle prove che saranno effettuati dopo la fabbricazione; - dei mezzi di controllo del funzionamento del sistema di qualità; - della documentazione in materia di qualità, quali i rapporti ispettivi e i dati sulle prove, le tarature, le qualifiche del personale, ecc. 3.3. L'organismo notificato valuta il sistema di qualità per determinare se soddisfa i requisiti di cui al paragrafo 3.2. Esso presume la conformità a tali requisiti dei sistemi di qualità che soddisfano la corrispondente norma armonizzata. Nel gruppo incaricato della valutazione deve essere presente almeno un esperto nella tecnologia produttiva in oggetto. La procedura di valutazione deve comprendere una visita presso gli impianti del fabbricante. La decisione viene notificata al fabbricante. La notifica deve contenere le conclusioni dell'esame e la motivazione circostanziata della decisione. 3.4. Il fabbricante si impegna a soddisfare gli obblighi derivanti dal sistema di qualità, ed a fare in modo che esso rimanga adeguato ed efficace. Il fabbricante o il suo mandatario tengono informato l'organismo notificato che ha approvato il sistema di qualità di qualsiasi prevista modifica del sistema. L'organismo notificato valuta le modifiche proposte e decide se il sistema modificato soddisfi i requisiti di cui al paragrafo 3.2 o se sia necessaria una seconda valutazione. L'organismo notificato comunica la sua decisione al fabbricante. La notifica deve contenere le conclusioni dell'esame e la motivazione circostanziata della decisione. 4. Sorveglianza sotto la responsabilità dell'organismo notificato 4.1. L'obiettivo della sorveglianza è di garantire che il fabbricante soddisfi tutti gli obblighi derivanti dal sistema di qualità approvato. 4.2. Il fabbricante consente all'organismo notificato di accedere a fini ispettivi ai locali di ispezione, prova e deposito fornende tutte le necessaire informazioni, in particolare: - la documentazione relativa al sistema di qualità; - la documentazione tecnica; - altra documentazione in materia di qualità, quali i rapporti ispettivi e i dati sulle prove, le tarature, le qualifiche del personale, ecc. 4.3. L'organismo notificato svolge periodicamente dei controlli per assicurarsi che il fabbricante mantenga ed utilizzi il sistema di qualità e fornisce al fabbricante un rapporto sul controllo effettuato. 4.4. L'organismo notificato può inoltre effettuare visite non preannunciate presso il fabbricante. In tale occasione, l'organismo notificato può effettuare, o fare effettuare, se necessario, prove per verificare il corretto funzionamento del sistema di qualità; esso fornisce al fabbricante un rapporto sulla visita e, se sono state effettuate prove, una relazione di prova. 5. Il fabbricante tiene a disposizione delle autorità nazionali per almeno dieci anni dall'ultima data di fabbricazione della caldaia o dell'apparecchio: - la documentazione di cui al paragrafo 3.1, secondo comma, terzo trattino; - gli adeguamenti di cui al paragrafo 3.4, secondo comma; - le decisioni e relazioni dell'organismo notificato di cui al paragrafo 3.4, ultimo comma, e ai paragrafi 4.3 e 4.4. 6. Ogni organismo notificato comunica agli altri organismi notificati le informazioni riguardanti le approvazioni di sistemi di qualità rilasciate o ritirate. ALLEGATO V Criteri minimi che gli Stati membri devono prendere in considerazione ai fini della notifica degli organismi 1. L'organismo, il direttore e il personale incaricato di eseguire le operazioni di verifica non possono essere né il progettista, il fabbricante, il fornitore o l'installatore delle caldaie e degli apparecchi che controllano, né il mandatario di una di queste persone. Essi non possono intervenire né direttamente né in veste di mandatari nella progettazione, fabbricazione, commercializzazione o nella manutenzione di tali caldaie e apparecchi. Ciò non esclude la possibilità di uno scambio di informazioni tecniche tra il fabbricante e l'organismo. 2. L'organismo e il personale incaricato del controllo devono eseguire le operazioni di verifica con la massima integrità professionale e competenza tecnica e non devono essere condizionati da pressioni o incentivi, soprattutto di ordine finanziario, che possano influenzarne il giudizio o i risultati del controllo, in particolare se proveniente da persone o gruppi di persone interessati dai risultati delle verifiche. 3. L'organismo deve disporre del personale e dei mezzi necessari per assolvere adeguatamente i compiti tecnici e amministrativi connessi con l'esecuzione delle verifiche; deve altresì avere a disposizione il materiale necessario per le verifiche straordinarie. 4. Il personale incaricato dei controlli deve possedere i requisiti seguenti: - una buona formazione tecnica e professionale; - una conoscenza soddisfacente delle norme relative ai controlli da effettuare e pratica sufficiente di tali controlli; - l'attitudine richiesta per redigere gli attestati, i verbali e le relazioni che costituiscono la prova materiale dei controlli effettuati. 5. Deve essere garantita l'indipendenza del personale incaricato del controllo. La remunerazione di ciascun agente non deve dipendere né dal numero dei controlli effettuati né dai risultati di tali controlli. 6. L'organismo deve sottoscrivere un'assicurazione di responsabilità civile, a meno che tale responsabilità non sia contemplata dalla legislazione nazionale dello Stato o i controlli non siano effettuati direttamente dallo Stato membro. 7. Il personale dell'organismo è vincolato dal segreto professionale (tranne nei confronti delle autorità amministrative competenti dello Stato in cui svolge le sue attività) nel quadro della presente direttiva o di qualsiasi disposizione di diritto interno che le conferisca efficacia. | Caldaie ad acqua calda efficienti e sicure
SINTESI
Le caldaie ad acqua calda devono rispettare i requisiti di progettazione ecocompatibile dell’Unione europea (UE).
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Stabilisce i requisiti di rendimento energetico* per le nuove caldaie ad acqua calda alimentate con combustibili liquidi o gassosi.
PUNTI CHIAVE
La direttiva si applica alle caldaie aventi una potenza pari o superiore a 4 kW e pari o inferiore a 400 kW, nello specifico:
caldaie standard;
caldaie a bassa temperatura;
caldaie a gas a condensazione.
Non si applica a:
le caldaie ad acqua calda che possono essere alimentate con combustibili diversi tra cui quelli solidi;
gli impianti di erogazione istantanea di acqua calda per usi igienici;
le caldaie progettate per essere alimentate con combustibili diversi dai combustibili liquidi e gassosi normalmente in commercio;
le cucine e gli apparecchi che forniscono acqua calda per riscaldamento centrale e che forniscono anche, ma a titolo accessorio, acqua calda per usi igienici;
gli apparecchi con potenza inferiore a 6 kW progettati unicamente per alimentare un impianto di accumulazione di acqua calda per usi igienici circolante per gravità;
le caldaie prodotte a unità, ossia prodotte una sola volta e perciò non come parte di una serie di
unità di cogenerazione* (direttiva 2004/8/CE).
Standardizzazione e marcatura CE
Tutte le caldaie prodotte ai sensi delle norme europee armonizzate dovrebbero essere conformi ai requisiti essenziali stabiliti nella direttiva. Prima di assegnare la marcatura CE di conformità viene svolta una verifica:
da parte di organismi designati dai paesi dell’UE ai sensi dei criteri minimi di verifica e comunicati alla Commissione e agli altri paesi dell’UE, oppure
dagli stessi produttori.
Progettazione ecocompatibile
La direttiva è una delle misure che applicano la direttiva quadro 2009/125/CE sulla progettazione ecocompatibile, che stabilisce requisiti di rendimento per singoli gruppi di prodotti. Elimina la possibilità da parte dei paesi dell’UE di applicare un sistema di etichettatura specifico alle caldaie più efficienti dei modelli standard. I settori industriali possono inoltre concludere accordi volontari per ridurre il consumo energetico dei loro prodotti. La Commissione approva formalmente tali accordi e ne controlla l’attuazione.
La direttiva sul rendimento energetico dell’UE stabilisce obiettivi obbligatori per i paesi dell’UE al fine di raggiungere l’obiettivo del 20 % di risparmio energetico entro il 2020. Nel 2013 è stata pubblicata una serie di regolamenti sul rendimento energetico delle caldaie nel quadro di tale politica, i quali stabiliscono standard minimi e un modello di etichettatura energetica.
Il regolamento (UE) n. 813/2013, che modifica la direttiva 92/42/CEE, stabilisce i requisiti di progettazione ecocompatibile per gli apparecchi per il riscaldamento d’ambiente* e gli apparecchi di riscaldamento misti* che non funzionano a biomasse e aventi una potenza inferiore a 400 kW.
TERMINI CHIAVE
* Efficienza energetica: usare meno energia per fornire lo stesso servizio, ossia meno energia termica per mantenere la stessa temperatura.
* Cogenerazione: la produzione simultanea di elettricità e calore, che vengono entrambi utilizzati.
* Apparecchio per il riscaldamento d’ambiente: un apparecchio, munito di uno o più generatori di calore, che eroga calore a un impianto di riscaldamento centralizzato ad acqua al fine di mantenere un ambiente chiuso a una temperatura uniforme.
* Apparecchio di riscaldamento misto: un apparecchio per il riscaldamento d’ambiente progettato anche per erogare acqua calda potabile o per usi sanitari, collegato a una fonte esterna di acqua potabile o per usi sanitari.
Per maggiori informazioni, si veda la pagina sulle Caldaie sul sito Internet della Commissione europea.
ATTO
Direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, concernente i requisiti di rendimento per le nuove caldaie ad acqua calda alimentate con combustibili liquidi o gassosi
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 92/42/CEE
3.6.1992
31.12.1992
GU L 167 del 22.6.1992, pag. 17-28
Atti modificatori
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 93/68/CEE
2.8.1993
1.7.1994
GU L 220 del 30.8.1993, pag. 1-22
Direttiva 2008/28/CE
21.3.2008
—
GU L 81 del 20.3.2008, pag. 48-50
Regolamento (UE) n. 813/2013
26.9.2013
—
GU L 239 del 6.9.2013, pag. 136-161
Le modifiche e correzioni successive alla direttiva 92/42/CEE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia (GU L 153 del 18.6.2010, pag. 13-35)
Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1–56) | 14,496 | 933 |
31995R1469 | false | Regolamento (CE) n. 1469/95 del Consiglio, del 22 giugno 1995, relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia»
Gazzetta ufficiale n. L 145 del 29/06/1995 pag. 0001 - 0003
REGOLAMENTO (CE) N. 1469/95 DEL CONSIGLIO del 22 giugno 1995 relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione « garanzia » IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 43, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il Consiglio europeo, nel vertice di Copenaghen del giugno 1993 ed in quello di Essen del dicembre 1994, ha sottolineato l'importanza della lotta contro le frodi e le irregolarità commesse a danno del bilancio comunitario; che è opportuno prendere provvedimenti più severi, onde garantire che le risorse comunitarie stanziate per l'attuazione della politica agraria comune (PAC) non vengano concesse a persone e società che non presentino sufficienti garanzie di affidabilità in merito alla corretta esecuzione delle operazioni in causa; considerando che, secondo l'articolo 8 del regolamento (CEE) n. 729/70 del Consiglio, del 21 aprile 1970, relativo al finanziamento della politica agricola comune (4), gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per accertare se le operazioni finanziate dal FEAOG siano reali e regolari, nonché per prevenire e perseguire le irregolarità; considerando che il regolamento (CEE) n. 595/91 del Consiglio, del 4 marzo 1991, relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell'ambito del finanziamento della politica agricola comune, nonché all'instaurazione di un sistema d'informazione in questo settore, e che abroga il regolamento (CEE) n. 283/72 (5) prevede, tra l'altro, che gli Stati membri comunichino sistematicamente alla Commissione le irregolarità accertate e le procedure giudiziarie o amministrative volte a sanzionare gli autori di tali irregolarità, per tenerla regolarmente informata sulla natura delle pratiche fraudolente e per consentirle di recuperare le somme indebitamente versate; considerando che è necessario completare tali disposizioni istituendo un regime comunitario in base al quale tutte le autorità nazionali competenti possano identificare gli operatori che - in occassione di gare o in vista di restituzioni all'esportazione o in sede di vendita a prezzo ridotto di prodotti d'intervento - abbiano commesso, intenzionalmente o per negligenza grave, un'irregolarità ai danni delle risorse comunitarie o sui quali gravi un fondato sospetto in tal senso; che su questa base occorre determinare tutta una serie di provvedimenti, i quali, tenuta presente la gravità dell'infrazione ed a seconda che quest'ultima sia accertata o solo presunta, vadano da un'intensificazione dei controlli fino all'esclusione degli operatori dalla partecipazione ad operazioni da stabilirsi, quando si accerti che l'operato degli interessati rispondeva a un'intenzione fraudolenta; considerando che, per fornire agli operatori tutte le garanzie necessarie, occorre riprendere nella sostanza, per quanto concerne in particolare il rispetto del carattere riservato e del segreto d'ufficio nonché le norme nazionali di procedura penale, le disposizioni corrispondenti del regolamento (CEE) n. 595/91; che, in materia di protezione dei dati, possono esser rese applicabili le disposizioni previste a tal fine nella normativa relativa all'assistenza reciproca in materia doganale e agricola; considerando che il presente regime deve applicarsi in via complementare alle disposizioni specifiche già adottate o ancora da adottare nel quadro della PAC al fine di impedire le irregolarità, in particolare alle disposizioni che la Commissione, nell'ambito delle sue competenze confermate dalla Corte di giustizia, ha adottato in materia di controlli e sanzioni; considerando che peraltro, in una prospettiva orizzontale di lotta contro le frodi, il 7 luglio 1994 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (CE, Euratom) del Consiglio relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (1); che, quando il Consiglio avrà adottato tale regolamento, il quadro giuridico comune previsto per tutti i settori delle politiche comunitarie si applicherà anche ai provvedimenti istituiti dal presente regolamento; che, nell'attesa, è opportuno disporre che le modalità d'applicazione del presente regolamento possano provvisoriamente comprendere regole analoghe, specie per quanto riguarda la definizione delle irregolarità in causa, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. È istituito un dispositivo comunitario volto a identificare e far conoscere quanto prima a tutte le competenti autorità degli Stati membri ed ai servizi della Commissione gli operatori che, in base a precedenti esperienze, presentano un rischio di inaffidabilità quanto alla corretta esecuzione dei loro obblighi relativamente alle gare, restituzioni all'esportazione e vendite a prezzo ridotto di prodotti d'intervento, finanziate dal FEAOG, sezione « garanzia ». 2. Ai fini del presente regolamento, per « operatori che presentano un rischio di inaffidabilità » si intendono gli operatori che, in qualità di persone fisiche o giuridiche: a) secondo quanto risulta da una decisione definitiva di un'autorità amministrativa o giudiziaria hanno commesso, intenzionalmente o per negligenza grave, un'irregolarità rispetto alle pertinenti disposizioni comunitarie ed hanno indebitamente beneficiato o tentato di beneficiare di un vantaggio finanziario, e b) hanno in proposito formato oggetto, in base a fatti concreti, di un primo verbale amministrativo o giudiziario da parte delle autorità competenti dello Stato membro. 3. Fino all'entrata in vigore di disposizioni orizzontali che definiscano l'irregolarità, ai comportamenti di cui al paragrafo 2, lettera a) si applicano le modalità indicate all'articolo 5. Articolo 2 1. Le procedure di identificazione e di notifica sono avviate su iniziativa dello Stato membro in cui si è manifestato il rischio di inaffidabilità dell'operatore. 2. Qualora uno Stato membro venga meno all'obbligo di cui al paragrafo 1, la Commissione, nell'ambito delle disposizioni giuridiche esistenti, si assicura che lo Stato membro interessato metta in atto il presente regime di identificazione e di notifica. Articolo 3 1. Nei confronti degli operatori di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera a) gli Stati membri prendono i seguenti provvedimenti: a) intensificazione dei controlli delle operazioni condotte dall'operatore, e/o b) sospensione del pagamento degli importi per operazioni in corso da stabilirsi e, se del caso, sospensione dello svincolo della cauzione costituita per tali operazioni, fino all'accertamento amministrativo di un'irregolarità o dell'assenza d'irregolarità, e/o c) esclusione dell'operatore per un periodo e per operazioni da stabilirsi. I provvedimenti di cui alle lettere b) e c) sono decisi dalle competenti autorità dello Stato membro in base a criteri fissati secondo la procedura di cui all'articolo 5, tenendo debitamente conto del rischio che lo stesso operatore possa commettere nuove irregolarità. Tali provvedimenti sono adottati dopo l'espletamento delle eventuali formalità ad essi relative, previste dalle legislazioni degli Stati membri. 2. Agli operatori di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b) si applicano unicamente i provvedimenti previsti al paragrafo 1, lettere a) e b). 3. Qualora proceda essa stessa, in caso di gara, alle aggiudicazioni, la Commissione adotta o propone allo Stato membro, a seconda dei casi, uno o più d'uno dei provvedimenti previsti al paragrafo 1. Articolo 4 1. I provvedimenti di cui all'articolo 3 sono adottati nel rispetto dei seguenti principi, conformemente alla legislazione interna dello Stato membro: a) audizione preventiva e diritto d'appello dell'operatore in questione per ciò che riguarda i provvedimeti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c) ed eventualmente lettera b); b) proporzionalità tra l'irregolarità commessa o presunta e l'applicazione di uno dei provvedimenti previsti all'articolo 3, paragrafo 1, nel quadro di disposizioni da adottare secondo la procedura di cui all'articolo 5; c) non discriminazione tra gli operatori. 2. Gli Stati membri e la Commissione adottano tutti i provvedimenti di sicurezza necessari affinché sia garantito il carettere riservato delle informazioni che essi si scambiano. Tali informazioni non possono, in particolare, essere comunicate a persone diverse da quelle che, negli Stati membri o nell'ambito delle istituzioni comunitarie, sono autorizzate a conoscerle in virtù delle loro funzioni, a meno che lo Stato membro che le ha comunicate abbia dato il suo esplicito consenso. Le informazioni comunicate o acquisite ai sensi del presente regolamento, sotto qualsiasi forma, sono coperte dal segreto d'ufficio e godono della protezione concessa ad informazioni dello stesso genere dalla legislazione interna dello Stato membro che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni che si applicano alle istituzioni comunitarie. Inoltre, esse non possono essere utilizzate per fini diversi da quelli previsti dal presente regolamento, a meno che le autorità che le hanno fornite non lo abbiano espressamente consentito e a condizione che le disposizioni vigenti nello Stato membro in cui ha sede l'autorità che le ha ricevute non ostino a tale comunicazione o utilizzazione. Per quanto concerne la protezione dei dati, si applicano le disposizioni previste a tal fine nella regolamentazione relativa alla reciproca assistenza in materia doganale e agricola. 3. Le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano l'applicazione, negli Stati membri, delle vigenti norme di procedura penale o di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in materia penale. Esse non ostano all'utilizzazione, nell'ambito di azioni giudiziarie o di procedimenti successivamente avviati per mancata ottemperanza alla normativa agricola, delle informazioni ottenute in applicazione del presente regolamento; in quest'ultimo caso, le competenti autorità dello Stato membro che ha fornito le suddette informazioni sono informate di tale utilizzazione. Tuttavia, gli Stati membri adottano le misure necessarie sul piano amministrativo per far sì che le disposizioni del comma precedente siano applicate in modo da non ostacolare l'efficace applicazione del presente regolamento per quanto riguarda gli operatori di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b). Qualora le disposizioni nazionali prevedano il segreto istruttorio, la comunicazione delle informazioni prevista dal presente regolamento è subordinata all'autorizzazione della competente autorità giudiziaria. L'autorità amministrativa competente agisce con sollecitudine al fine di ottenere tale autorizzazione. Articolo 5 Le modalità d'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la procedura prevista dall'articolo 13 del regolamento (CEE) n. 729/70 e riguardano, tra l'altro: - le comunicazioni che devono essere effettuate dagli Stati membri; - la natura dei legami esistenti tra varie persone fisiche o giuridiche che possono indurre a considerarle come operatori ai sensi del presente regolamento; - le condizioni alle quali gli operatori possono evitare la sospensione dei pagamenti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b) mediante il deposito di una garanzia. Articolo 6 L'applicazione delle disposizioni del presente regolamento è complementare all'applicazione delle disposizioni specifiche adottate nel quadro della PAC. Articolo 7 Entro il 6 luglio 1997 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in merito all'applicazione del presente regolamento e, sulla scorta dell'esperienza acquisita, propone le modifiche che si dovranno eventualmente apportare al dispositivo istituito dal presente regolamento. Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 22 giugno 1995. Per il Consiglio Il Presidente Ph. VASSEUR | Regime unionale per identificare taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia»
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
È volto a istituire un regime per identificare gli operatori (vale a dire, gli agricoltori) che presentano un rischio di inaffidabilità e darne notifica alle autorità competenti nei paesi dell’UE e alla Commissione europea a livello unionale. Concerne le gare, le restituzioni all’esportazione e le vendite di prodotti di intervento a prezzo ridotto finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia».
PUNTI CHIAVE
Le procedure di identificazione e la notifica devono essere avviate su iniziativa del paese dell’UE in cui si è manifestato il rischio di inaffidabilità dell’operatore. Qualora un paese dell’UE venga meno all’obbligo, la Commissione deve assicurarsi che tale paese metta in atto il presente regime di identificazione e di notifica. I paesi dell’UE possono prendere provvedimenti nei confronti degli operatori. Tra questi rientrano in particolare:l’intensificazione dei controlli delle operazioni condotte dall’operatore;la sospensione del pagamento degli importi per operazioni in corso da stabilirsi e, se del caso, sospensione dello svincolo della cauzione costituita per tali operazioni, fino all’accertamento di un’irregolarità;l’esclusione dell’operatore per un periodo e per operazioni da stabilirsi. Tali provvedimenti sono adottati nel rispetto dei seguenti principi, conformemente alla legislazione interna del paese dell’UE:l’audizione preventiva e il diritto d’appello dell’operatore in questione;la proporzionalità tra l’irregolarità commessa o presunta e i provvedimenti da applicare;la non discriminazione tra gli operatori. I paesi dell’UE e la Commissione devono adottare tutti i provvedimenti necessari affinché sia garantito il carattere riservato delle informazioni che si scambiano conformemente al regolamento in esame. Tale regolamento integra le norme specifiche nel quadro della politica agricola comune.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 6 luglio 1996.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Finanziamento della politica agricola comune (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1469/95 del Consiglio, del 22 giugno 1995, relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia» (GU L 145 del 29.6.1995, pag. 1).
DOCUMENTO COLLEGATO
Regolamento (CE) n. 745/96 della Commissione, del 24 aprile 1996, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1469/95 del Consiglio, relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione garanzia (GU L 102 del 25.4.1996, pag. 15). | 4,607 | 593 |
32004L0042 | false | Direttiva 2004/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria e recante modifica della direttiva 1999/13/CE
Gazzetta ufficiale n. L 143 del 30/04/2004 pag. 0087 - 0096
Direttiva 2004/42/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 21 aprile 2004relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria e recante modifica della direttiva 1999/13/CEIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(2),considerando quanto segue:(1) La direttiva 2001/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici(3), stabilisce i limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti, compresi i composti organici volatili (in seguito denominati "COV"), da conseguire entro il 2010 nel quadro della strategia comunitaria integrata per combattere l'acidificazione e l'ozono troposferico, ma non prevede valori limite per le emissioni di questi inquinanti da fonti specifiche.(2) Per rispettare i limiti nazionali di emissione di COV gli Stati membri devono agire su differenti categorie di fonti di tali emissioni.(3) La presente direttiva integra le misure adottate a livello nazionale per assicurare il rispetto dei limiti di emissione di COV.(4) In mancanza di disposizioni comunitarie, le legislazioni degli Stati membri che prevedono valori limite di COV per alcune categorie di prodotti possono differire. Tali divergenze, unitamente alla mancanza di una siffatta legislazione in alcuni Stati membri, potrebbero creare inutili ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza nell'ambito del mercato interno.(5) È pertanto necessario armonizzare le leggi e le disposizioni nazionali che, al fine di combattere la formazione di ozono troposferico, fissano valori limite per il contenuto di COV nei prodotti contemplati dalla presente direttiva per garantire che non limitino la libera circolazione di tali prodotti.(6) Poiché lo scopo dell'azione proposta, vale a dire la riduzione delle emissioni di COV, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri, in quanto le emissioni di COV in uno Stato membro influenzano la qualità dell'aria negli altri Stati membri, e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(7) Il contenuto di COV di pitture, vernici e prodotti per carrozzeria determina emissioni significative di COV nell'atmosfera, che contribuiscono alla formazione a livello locale e transfrontaliero di ossidanti fotochimici nello strato limite della troposfera.(8) Il contenuto di COV di talune pitture e vernici e di taluni prodotti per carrozzeria dovrebbe essere ridotto, per quanto tecnicamente ed economicamente possibile, tenendo conto delle condizioni climatiche.(9) Per garantire un elevato livello di tutela dell'ambiente è necessario stabilire e rispettare un contenuto massimo di COV per i prodotti contemplati dalla presente direttiva.(10) È opportuno prevedere misure transitorie per i prodotti fabbricati prima dell'entrata in vigore delle prescrizioni della presente direttiva.(11) Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di rilasciare licenze individuali per la vendita e l'acquisto a fini specifici di quantità strettamente limitate di prodotti non conformi ai valori limite di solventi stabiliti dalla presente direttiva.(12) La presente direttiva integra le disposizioni comunitarie in materia di etichettatura di sostanze e preparati chimici.(13) La protezione della salute dei consumatori e/o dei lavoratori e la protezione dell'ambiente di lavoro non dovrebbe rientrare nell'ambito di applicazione della presente direttiva e, pertanto, quest'ultima non dovrebbe influire sulle misure adottate a tal fine dagli Stati membri.(14) È necessario monitorare il contenuto massimo di COV per stabilire se le concentrazioni di COV riscontrate in ciascuna categoria di pitture, vernici e prodotti per carrozzeria previste dalla presente direttiva rientrano nei limiti consentiti.(15) Dato che il contenuto di COV dei prodotti utilizzati per taluni lavori di carrozzeria è ora regolamentato dalla presente direttiva, occorrerebbe pertanto modificare la direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell'11 marzo 1999, sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti(4).(16) Gli Stati membri dovrebbero tuttavia poter mantenere o introdurre misure nazionali per il controllo delle emissioni derivanti da attività di carrozzeria di veicoli riguardanti il rivestimento dei veicoli stradali come definiti nella direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi(5), o parti di essi, eseguito a fini di riparazione, manutenzione o decorazione al di fuori degli stabilimenti di produzione.(17) La presente direttiva non dovrebbe applicarsi ai prodotti venduti per uso esclusivo in stabilimenti autorizzati ai sensi della direttiva 1999/13/CE in cui le misure di riduzione delle emissioni prevedono mezzi alternativi per raggiungere livelli almeno equivalenti di riduzione delle emissioni di COV.(18) Gli Stati membri dovrebbero fissare norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva ed assicurarne l'applicazione. Tali sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive.(19) Gli Stati membri dovrebbero riferire alla Commissione in merito all'esperienza maturata nell'applicazione della presente direttiva.(20) Dovrebbe essere effettuata una revisione per ridurre il contenuto di COV di prodotti che esulano dall'ambito di applicazione della presente direttiva ed eventualmente per ridurre ulteriormente i valori limite di COV già previsti.(21) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6),HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Finalità e ambito di applicazione1. La presente direttiva mira a limitare il contenuto totale di COV in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria allo scopo di prevenire o ridurre l'inquinamento atmosferico derivante dal contributo dei COV alla formazione di ozono troposferico.2. Al fine di conseguire l'obiettivo di cui al paragrafo 1, la presente direttiva armonizza le specifiche tecniche di talune pitture e vernici e di taluni prodotti per carrozzeria.3. La presente direttiva si applica ai prodotti di cui all'allegato I.4. La presente direttiva non pregiudica né altera le misure, compresi gli obblighi in materia di etichettatura, adottate a livello comunitario o nazionale per proteggere la salute dei consumatori e dei lavoratori e il loro ambiente di lavoro.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva si intende per:1. "autorità competente", la o le autorità o gli organismi responsabili, in base alle disposizioni legislative degli Stati membri, dell'adempimento degli obblighi derivanti dalla presente direttiva;2. "sostanze", qualsiasi elemento chimico e i suoi composti, quali si presentano allo stato naturale o prodotti dall'industria, in forma solida, liquida o gassosa;3. "preparato", qualsiasi miscela o soluzione composta di due o più sostanze;4. "composto organico", qualsiasi composto contenente almeno l'elemento carbonio e uno o più degli elementi seguenti: idrogeno, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio, azoto od un alogeno, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici;5. "composto organico volatile (COV)", qualsiasi composto organico avente un punto di ebollizione iniziale pari o inferiore a 250°C misurato ad una pressione standard di 101,3 kPa;6. "contenuto di COV", la massa di composti organici volatili espressa in grammi/litro (g/l), nella formulazione del prodotto pronto all'uso. Non è considerata parte del contenuto di COV la massa di composti organici volatili presente in un dato prodotto che in fase di essiccamento reagisce chimicamente formando parte del rivestimento;7. "solvente organico", qualsiasi COV usato da solo o in combinazione con altri agenti, per dissolvere o diluire materie prime, prodotti o materiali di rifiuto, o usato come agente di pulizia per dissolvere contaminanti, o come mezzo di dispersione, correttore di viscosità, correttore di tensione superficiale, plastificante o conservante;8. "rivestimento", qualsiasi preparato, compresi tutti i solventi organici o i preparati contenenti solventi organici necessari per una corretta applicazione, usato per ottenere una pellicola con effetto decorativo, protettivo o altro effetto funzionale su una determinata superficie;9. "pellicola", uno strato continuo risultante dall'applicazione su un supporto di uno o più rivestimenti;10. "rivestimenti a base acquosa (BA)", i rivestimenti la cui viscosità è regolata mediante l'uso di acqua;11. "rivestimenti a base solvente (BS)", i rivestimenti la cui viscosità è regolata mediante l'uso di solventi organici;12. "immissione sul mercato", la messa a disposizione di terzi, dietro pagamento o meno. L'importazione nel territorio doganale comunitario viene considerata come immissione sul mercato ai sensi della presente direttiva.Articolo 3Requisiti1. Gli Stati membri provvedono affinché i prodotti di cui all'allegato I siano immessi sul mercato nel loro territorio a partire dalle date stabilite nell'allegato II solo se hanno un contenuto di COV non superiore ai valori limite fissati nell'allegato II e se sono conformi all'articolo 4.Per determinare la conformità ai valori di contenuto massimo di COV di cui all'allegato II, si impiegano i metodi analitici di cui all'allegato III.Per i prodotti di cui all'allegato I a cui devono essere aggiunti solventi o altri componenti contenenti solventi affinché siano pronti all'uso, i valori limite di cui all'allegato II si applicano al contenuto di COV del prodotto pronto all'uso.2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri esentano dall'osservanza dei suddetti requisiti i prodotti venduti per l'uso esclusivo in un'attività contemplata dalla direttiva 1999/13/CE e svolta in un impianto registrato o autorizzato a norma degli articoli 3 e 4 di detta direttiva.3. Ai fini del restauro e della manutenzione di edifici e di veicoli d'epoca designati da autorità competenti come aventi particolare valore storico e culturale, gli Stati membri possono concedere singole autorizzazioni alla vendita e all'acquisto in quantità rigorosamente limitate di prodotti non conformi ai valori limite di COV stabiliti nell'allegato II.4. I prodotti rientranti nell'ambito di applicazione della presente direttiva che risultano essere stati prodotti anteriormente alle date stabilite nell'allegato II e che non soddisfano i requisiti del paragrafo 1 possono essere immessi sul mercato per un periodo di 12 mesi successivo alla data di entrata in vigore del requisito che si applica al prodotto in questione.Articolo 4EtichettaturaGli Stati membri provvedono affinché al momento dell'immissione sul mercato i prodotti di cui all'allegato I siano muniti di un'etichetta. L'etichetta indica:a) la sottocategoria del prodotto e il pertinente valore limite di COV espresso in g/l di cui all'allegato II;b) il contenuto massimo di COV espresso in g/l del prodotto pronto all'uso.Articolo 5Autorità competenteGli Stati membri designano l'autorità competente responsabile dell'adempimento degli obblighi previsti dalla presente direttiva e ne informano la Commissione entro 30 aprile 2005.Articolo 6MonitoraggioGli Stati membri stabiliscono un programma di monitoraggio allo scopo di verificare il rispetto delle disposizioni della presente direttiva.Articolo 7Comunicazione dei datiGli Stati membri comunicano i risultati del programma di monitoraggio, al fine di dimostrare il rispetto delle disposizioni della presente direttiva, e le categorie e i quantitativi di prodotti autorizzati a norma dell'articolo 3, paragrafo 3. Le due prime relazioni sono trasmesse alla Commissione 18 mesi dopo le date entro le quali occorre conformarsi ai valori di contenuto massimo di COV di cui all'allegato II; successivamente una relazione è trasmessa ogni cinque anni. La Commissione elabora preventivamente un formato comune per la trasmissione dei dati del monitoraggio secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2. I dati sono trasmessi con frequenza annuale alla Commissione su sua richiesta.Articolo 8Libera circolazioneGli Stati membri non possono, a motivo del fatto che sono trattati nella presente direttiva, vietare, limitare o impedire l'immissione sul mercato di prodotti che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente direttiva i quali, pronti all'uso, sono conformi alle prescrizioni della presente direttiva.Articolo 9RevisioneLa Commissione è invitata a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio:1. entro il 2008, una relazione basata sui risultati della revisione di cui all'articolo 10 della direttiva 2001/81/CE. Tale relazione esamina:a) il margine d'intervento e il potenziale per riduzioni del contenuto di COV nei prodotti che non rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva, compresi gli aerosol per pitture e vernici;b) l'eventuale introduzione di una ulteriore riduzione del contenuto di COV (fase II) per i prodotti per carrozzeria;c) gli eventuali nuovi elementi relativi all'impatto socio-economico dell'attuazione della fase II per quanto riguarda pitture e vernici.2. Entro 30 mesi dalla data di applicazione dei valori limite di contenuto di COV di cui all'allegato II, fase II, una relazione che tenga conto, in particolare, delle relazioni di cui all'articolo 7 e di tutti gli sviluppi tecnologici nella fabbricazione di pitture, vernici e prodotti per carrozzeria. Tale relazione esamina il margine d'intervento e il potenziale per un'ulteriore riduzione del contenuto di COV nei prodotti contemplati dalla presente direttiva, compresa l'eventuale distinzione tra pitture usate per interni e per esterni delle sottocategorie d) e e) dell'allegato I, punto 1.1 e dell'allegato II, sezione A.Ove opportuno, le relazioni sono corredate di proposte di modifica della presente direttiva.Articolo 10SanzioniGli Stati membri fissano le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della presente direttiva e adottano le misure necessarie per garantirne l'applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali norme e misure alla Commissione entro 30 ottobre 2005 e le comunicano tempestivamente ogni successiva modifica.Articolo 11Adeguamento al progresso tecnicoLe eventuali modifiche necessarie per adeguare l'allegato III al progresso tecnico sono adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 12Comitato1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 13 della direttiva 1999/13/CE del Consiglio, in seguito denominato "il comitato".2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 13Modifica della direttiva 1999/13/CE1. La direttiva 1999/13/CE è così modificata:all'allegato I, nella sezione "Finitura di veicoli", è soppresso il seguente trattino:"- il rivestimento dei veicoli stradali come definiti nella direttiva 70/156/CEE, o parti di essi, eseguito a fini di riparazione, manutenzione o decorazione al di fuori degli stabilimenti di produzione, o".2. Nonostante il paragrafo 1, gli Stati membri possono mantenere o inserire misure nazionali per il controllo delle emissioni dovute ad attività di finitura di veicoli soppresse dall'ambito di applicazione della direttiva 1999/13/CE.Articolo 14Recepimento1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 30 ottobre 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, nonché una tabella di corrispondenza tra le disposizioni della presente direttiva e le disposizioni nazionali adottate.Articolo 15Entrata in vigore della direttivaLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 16DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Strasburgo, addì 21 aprile 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 220 del 16.9.2003, pag. 43.(2) Parere del Parlamento europeo del 25 settembre 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 7 gennaio 2004 (GU C 79 E del 30.3.2004, pag. 1) e posizione del Parlamento europeo del 30 marzo 2004 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 309 del 27.11.2001, pag. 22.(4) GU L 85 del 29.3.1999, pag. 1. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).(5) GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2004/3/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 49 del 19.2.2004, pag. 36).(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.ALLEGATO IAMBITO DI APPLICAZIONE1. Ai fini della presente direttiva per pitture e vernici si intendono i prodotti appartenenti alle sottocategorie di seguito elencate, esclusi gli aerosol. Si tratta di rivestimenti applicati a scopo decorativo, funzionale e protettivo su manufatti edilizi e rispettive finiture e impianti e strutture connesse.1.1. Sottocategorie:a) "pitture opache per interni per pareti e soffitti": rivestimenti per interni destinati ad essere applicati su pareti e soffitti, con grado di brillantezza (gloss) <= 25@60°;b) "pitture lucide per interni per pareti e soffitti": rivestimenti per interni destinati ad essere applicati su pareti e soffitti, con grado di brillantezza (gloss) > 25@60°;c) "pitture per pareti esterne di supporto minerale": rivestimenti destinati ad essere applicati su pareti esterne in muratura, mattoni o stucco;d) "pitture per finiture e tamponature da interni/esterni per legno, metallo o plastica": rivestimenti che formano una pellicola opaca, destinati ad essere applicati su finiture e tamponature. Si tratta di prodotti concepiti per i supporti di legno, di metallo o di plastica. Questa sottocategoria comprende i sottofondi e i rivestimenti intermedi;e) "vernici e impregnanti per legno per finiture interne/esterne": rivestimenti che formano una pellicola trasparente o semiopaca, destinati ad essere applicati sulle finiture di legno, metallo e plastica a fini decorativi e protettivi. Questa sottocategoria comprende gli "impregnanti opachi per legno": rivestimenti che formano una pellicola opaca utilizzati a fini di decorazione e protezione del legno dagli agenti atmosferici, secondo la definizione contenuta nella norma EN 927-1 (categoria semistabile);f) "impregnanti non filmogeni per legno": impregnanti per legno che, secondo la norma EN 927-1:1996, hanno uno spessore medio inferiore a 5µm, misurato secondo il metodo 5A della norma ISO 2808:1997;g) "primer": rivestimenti con proprietà sigillanti e/o isolanti destinati ad essere utilizzati sul legno o su pareti e soffitti;h) "primer fissanti": rivestimenti destinati a stabilizzare le particelle incoerenti del supporto o a conferire proprietà idrorepellenti e/o a proteggere il legno dall'azzurratura;i) "pitture monocomponenti ad alte prestazioni": rivestimenti ad alte prestazioni a base di materiali filmogeni, concepiti per applicazioni che richiedono particolari prestazioni (ad es. strato di fondo e strato di finitura per plastica, strato di fondo per supporti ferrosi o per metalli reattivi come lo zinco e l'alluminio, finiture anticorrosione, rivestimenti per pavimenti, compresi i pavimenti in legno e cemento, resistenza ai graffiti, resistenza alla fiamma e rispetto delle norme igieniche nell'industria alimentare e delle bevande o nelle strutture sanitarie);j) "pitture bicomponenti ad alte prestazioni": rivestimenti destinati agli stessi usi dei monocomponenti, ma con l'aggiunta di un secondo componente (ad es. ammine terziarie) prima dell'applicazione;k) "pitture multicolori": rivestimenti impiegati per ottenere un effetto bicolore o multicolore direttamente dalla prima applicazione;l) "pitture per effetti decorativi": rivestimenti impiegati per ottenere particolari effetti estetici su supporti appositamente preverniciati o su basi, e successivamente trattati con vari strumenti durante la fase di essiccazione.2. Ai fini della presente direttiva, per prodotti per carrozzeria si intendono i prodotti elencati nelle sottocategorie di seguito elencate. Essi sono usati per il rivestimento dei veicoli stradali come definiti nella direttiva 70/156/CEE, o parti di essi, eseguito a fini di riparazione, manutenzione o decorazione al di fuori degli stabilimenti di produzione.2.1. Sottocategorie:a) "prodotti preparatori e di pulizia": prodotti destinati ad eliminare, con azione meccanica o chimica, i vecchi rivestimenti e la ruggine o a fornire una base per l'applicazione di nuovi rivestimenti;i) i prodotti preparatori comprendono detergenti per la pulitura delle pistole a spruzzo ed altre apparecchiature, sverniciatori, sgrassanti (compresi gli sgrassanti antistatici per la plastica) e prodotti per eliminare il silicone;ii) "predetergente": prodotto detergente per la rimozione di contaminanti dalla superficie durante la preparazione e prima dell'applicazione di prodotti vernicianti;b) "Stucco/mastice": composti densi destinati ad essere applicati per riempire profonde imperfezioni della superficie prima di applicare il fondo (surfacer);c) "primer": qualsiasi tipo di rivestimento destinato ad essere applicato sul metallo nudo o su finiture esistenti, per assicurare una protezione contro la corrosione prima dell'applicazione di un fondo;i) "fondo (surfacer)": rivestimento da usare immediatamente prima dello strato di finitura allo scopo di assicurare la resistenza alla corrosione, l'adesione dello strato di finitura, e ottenere la formazione di una superficie uniforme riempiendo le piccole imperfezioni della superficie stessa;ii) "primer universali per metalli": rivestimenti destinati ad essere applicati come prima mano, quali promotori di adesione, isolanti, fondi, sottofondi, primer per plastica, fondi riempitivi bagnato su bagnato non carteggiabili e fondi riempitivi a spruzzo;iii) "primer fosfatante (wash primer)": rivestimenti contenenti almeno lo 0,5 % in peso di acido fosforico e destinati ad essere applicati direttamente sulle superfici metalliche nude per assicurare resistenza alla corrosione e adesione; rivestimenti usati come primer saldabili; e soluzioni mordenti per superfici galvanizzate e zincate;d) "strato di finitura (topcoat)": rivestimento pigmentato destinato ad essere applicato in un solo strato o in più strati per conferire brillantezza e durata. Comprende tutti i prodotti di finitura, come le basi e le vernici trasparenti:i) "base (base coating)": rivestimento contenente pigmenti che serve a conferire al sistema di verniciatura il colore e qualsiasi effetto ottico desiderato, ma non la brillantezza o la resistenza della superficie;ii) "vernice trasparente (clear coating)": rivestimento trasparente che conferisce al sistema di verniciatura la brillantezza finale e le proprietà di resistenza richieste;e) "finiture speciali": rivestimenti destinati ad essere applicati come finiture per conferire proprietà speciali, come effetti metallici o perlati in un unico strato, strati di colore uniforme o trasparenti ad alte prestazioni (ad es. vernici trasparenti antigraffio e fluorurate), basi riflettenti, effetti testurizzati (ad es. effetto martellato), rivestimenti antiscivolo, sigillanti per carrozzeria, rivestimenti antisasso, finiture interne; e aerosol.ALLEGATO II>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIIMETODI DI CUI ALL'ARTICOLO 3, PARAGRAFO 1>SPAZIO PER TABELLA> | Emissioni di composti organici volatili in pitture, vernici e prodotti per carrozzeria
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DIRETTIVA?
La direttiva, nota come la «direttiva vernici», mira a limitare il contenuto totale di composti organici volatili (COV*) dovute all’uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria. La finalità è quella di prevenire o ridurre l’inquinamento atmosferico derivante dal contributo dei COV alla formazione di ozono nella troposfera, lo strato più basso dell’atmosfera terrestre.
PUNTI CHIAVE
La direttiva definisce le specifiche tecniche di talune pitture e vernici (esclusi gli aerosol) e di taluni prodotti per carrozzeria. Si tratta principalmente di rivestimenti applicati a edifici e veicoli Questi prodotti sono elencati nelle sottocategorie di cui all’allegato I della direttiva.
La direttiva integra il regolamento (UE) n. 1272/2008 in materia di etichettatura di sostanze e preparati chimici e affida agli stati membri la responsabilità di garantire che i prodotti in questione siano in vendita solo quando hanno un contenuto di COV che non supera i limiti stabiliti nell’allegato II della direttiva [che varia da 30 a 750 grammi/litro (g/l) per pitture e vernici] e conforme ai requisiti di etichettatura. L’etichetta deve indicare: la sottocategoria del prodotto e il pertinente valore limite di COV espresso in g/l; il contenuto massimo di COV espresso in g/l del prodotto pronto all’uso.L’allegato II della direttiva elenca anche i valori limite di contenuto massimo di COV per i prodotti per carrozzeria. La Commissione europea adeguerà tale elenco per tener conto del progresso tecnico.
Gli Stati membri comunicano i risultati del programma di monitoraggio, al fine di dimostrare il rispetto delle disposizioni della presente direttiva, e le categorie e i quantitativi di prodotti autorizzati. La relazione è trasmessa ogni cinque anni. Gli Stati membri devono consentire la libera circolazione dei prodotti i quali, pronti all’uso, sono conformi alle prescrizioni della presente direttiva. Gli Stati membri fissano le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della presente direttiva e ne garantiscono l’applicazione.
La Commissione ha presentato questa relazione al Parlamento europeo e al Consiglio, esaminando:il vasto potenziale per riduzioni del contenuto di COV nei prodotti che non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, compresi gli aerosol per pitture e vernici; l’eventuale introduzione, in una seconda fase, di una ulteriore riduzione del contenuto di COV per i prodotti per carrozzeria; gli eventuali nuovi elementi relativi all’impatto socio-economico dell’attuazione della fase II per quanto riguarda pitture e vernici.La Commissione ha inoltre presentato una relazione che tiene conto degli sviluppi tecnologici nella fabbricazione di pitture, vernici e prodotti per carrozzeria. Tale relazione esamina il margine d’intervento e il potenziale per un’ulteriore riduzione del contenuto di COV nei prodotti contemplati dalla presente direttiva, compresa l’eventuale distinzione tra pitture usate per interni e per esterni.
La direttiva vernici ha modificato la precedente direttiva sulle emissioni di COV dovute all’uso di solventi (direttiva 1999/13/CE, successivamente abrogata dalla direttiva 2010/75/UE, la direttiva sulle emissioni industriali) eliminando la sottoattività di «carrozzeria» (la verniciatura dei veicoli stradali eseguita a fini di riparazione manutenzione o decorazione del veicolo, al di fuori degli stabilimenti di produzione) dal suo campo di applicazione. Tale attività rientra ora nell’ambito di applicazione della direttiva vernici.
Quale eccezione («deroga»), tale conformità non è richiesta per le pitture, le vernici e i prodotti per carrozzeria da utilizzare:per le attività elencate nell’allegato VII (parte I) della direttiva 2010/75/UE e disciplinata conformemente al suo capo V, o per il restauro e la manutenzione di edifici e di veicoli d’epoca di valore storico e culturale.Gli obblighi di monitoraggio e comunicazione sono, dal 16 luglio 2021, abrogati e sostituiti dal regolamento (UE) 2019/1020 relativo a una strategia nazionale di vigilanza del mercato.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore dal 30 aprile 2004 e doveva diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 30 ottobre 2005.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Direttiva vernici (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Composto organico volatile (COV): qualsiasi composto organico con alta pressione di vapore a temperatura ambiente normale e un punto di ebollizione inferiore a 250 °C, che fa evaporare ed entrare nell’aria circostante un elevato numero di molecole.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2004/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria e recante modifica della direttiva 1999/13/CE (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 87).
Le successive modifiche alla direttiva 2004/42/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2019/1020 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, sulla vigilanza del mercato e sulla conformità dei prodotti e che modifica la direttiva 2004/42/CE e i regolamenti (CE) n. 765/2008 e (UE) n. 305/2011 (GU L 169 del 25.6.2019, pag. 1).
Direttiva (UE) 2016/2284 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, che modifica la direttiva 2003/35/CE e abroga la direttiva 2001/81/CE (GU L 344 del 17.12.2016, pag. 1).
Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (Rifusione) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).
Le successive modifiche alla direttiva 2010/75/UE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU L 353 del 31.12.2008, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2001/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici (GU L 309 del 27.11.2001, pag. 22).
Si veda la versione consolidata. | 10,098 | 1,004 |
31996R2185 | false | Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio dell'11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità
Gazzetta ufficiale n. L 292 del 15/11/1996 pag. 0002 - 0005
REGOLAMENTO (EURATOM, CE) N. 2185/96 DEL CONSIGLIO dell'11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolaritàIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235,visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 203,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),(1) considerando che il potenziamento della lotta contro la frode ed altre irregolarità commesse a danno del bilancio comunitario è essenziale per la credibilità della Comunità;(2) considerando che dall'articolo 209 A del trattato risulta che la tutela degli interessi finanziari delle Comunità rientra in primo luogo nella responsabilità degli Stati membri, fatte salve altre disposizioni del trattato;(3) considerando che il regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (3), ha predisposto un quadro giuridico comune a tutti i settori di attività della Comunità;(4) considerando che l'articolo 1, paragrafo 2 del suddetto regolamento definisce la nozione di «irregolarità» e che nel sesto considerando di tale regolamento si precisa che le condotte che danno luogo a irregolarità comprendono le condotte fraudolente, quali definite nella convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (4);(5) considerando che detto regolamento ha previsto, all'articolo 10, la successiva adozione di disposizioni generali supplementari in materia di controlli e verifiche in loco;(6) considerando che, per ragioni di efficacia e fatti salvi i controlli effettuati dagli Stati membri a norma dell'articolo 8 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95, occorre adottare, in materia di controlli e verifiche da effettuare sul posto da parte della Commissione, disposizioni generali supplementari che lascino impregiudicata l'applicazione delle normative comunitarie settoriali di cui all'articolo 9, paragrafo 2 del suddetto regolamento;(7) considerando che l'attuazione delle disposizioni del presente regolamento dipende dall'individuazione degli obiettivi che ne giustificano l'applicazione soprattutto quando, per l'entità della frode, che non si limita ad un solo paese ed è spesso dovuta a reti organizzate, o per la specificità della situazione in uno Stato membro, tali obiettivi non possono, per la gravità del danno arrecato agli interessi finanziari delle Comunità o alla credibilità dell'Unione, essere realizzati in maniera ottimale dai soli Stati membri e possono quindi essere meglio realizzati a livello comunitario;(8) considerando che i controlli e le verifiche sul posto non possono eccedere quanto necessario per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario;(9) considerando peraltro che essi sono effettuati in modo da lasciare impregiudicate le disposizioni applicabili in ciascuno Stato membro relative alla tutela degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato;(10) considerando che, in base al principio di fedeltà comunitaria posto dall'articolo 5 del trattato CE e alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia e delle Comunità europee, è opportuno che le amministrazioni degli Stati membri e i servizi della Commissione cooperino lealmente fornendosi l'assistenza necessaria per la preparazione e l'esercizio dei controlli e delle verifiche sul posto;(11) considerando che si devono definire le condizioni d'esercizio dei poteri dei controllori della Commissione;(12) considerando che tali controlli e verifiche sul posto si effettuano nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone coinvolte e delle norme relative al segreto d'ufficio e alla protezione dei dati personali; che, in proposito, è necessario che la Commissione provveda affinché i suoi controllori rispettino le disposizioni comunitarie e nazionali relative alla protezione dei dati personali, in particolare quelle previste dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (5);(13) considerando che, per consentire una lotta efficace alla frode e ad altre irregolarità, i controlli della Commissione devono essere effettuati presso operatori economici che potrebbero essere implicati direttamente o indirettamente nell'irregolarità di cui trattasi e presso coloro che potrebbero essere da questa interessati; che, in caso di applicazione delle disposizioni del presente regolamento, occorre che la Commissione vigili affinché tali operatori economici non siano sottoposti contemporaneamente, per gli stessi fatti, ad analoghi controlli e verifiche effettuati dalla Commissione o dagli Stati membri in base a normative comunitarie settoriali o a legislazioni nazionali;(14) considerando che i controllori della Commissione devono poter accedere a tutte le informazioni sulle operazioni in questione alle stesse condizioni alle quali vi accedono i controllori amministrativi nazionali; che i rapporti dei controllori della Commissione, sottoscritti, se del caso, dai controllori nazionali, devono essere redatti tenendo conto delle esigenze procedurali previste dalla legislazione dello Stato membro interessato, che essi devono costituire elementi di prova ammissibili nei procedimenti amministrativi e giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarli e devono avere lo stesso valore attribuito alle relazioni redatte dai controllori amministrativi nazionali;(15) considerando che, qualora vi sia un rischio di scomparsa degli elementi di prova o qualora gli operatori economici si oppongano ad un controllo o ad una verifica sul posto da parte della Commissione, spetta agli Stati membri prendere i provvedimenti cautelari o di esecuzione necessari in base alle rispettive legislazioni;(16) considerando che il presente regolamento non pregiudica la competenza degli Stati membri in materia di repressione dei dati né le norme relative alla reciproca assistenza giudiziaria tra Stati membri in materia penale;(17) considerando che, per l'adozione del presente regolamento, i soli poteri d'azione previsti dai trattati sono quelli degli articoli 235 del trattato CE e 203 del trattato CEEA,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento stabilisce le disposizioni generali supplementari a norma dell'articolo 10 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 applicabili ai controlli e alle verifiche amministrativi effettuati sul posto dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità contro le irregolarità come definite dall'articolo 1, paragrafo 2 di detto regolamento.Fatte salve le disposizioni delle normative comunitarie settoriali, il presente regolamento si applica a tutti i settori di attività della Comunità.Esso non pregiudica la competenza degli Stati membri in materia di azioni penali né le norme relative alla reciproca assistenza giudiziaria tra Stati membri in materia penale.Articolo 2 A norma del presente regolamento la Commissione può procedere a controlli e verifiche sul posto:- per ricercare irregolarità gravi, irregolarità transnazionali o irregolarità in cui possono essere implicati operatori economici che esplicano la loro attività in vari Stati membri,- oppure per ricercare irregolarità, qualora in uno Stato membro la situazione esiga, in un caso particolare, il rafforzamento di controlli e verifiche sul posto per migliorare l'efficacia della tutela degli interessi finanziari e assicurare così un livello di protezione equivalente all'interno della Comunità,- oppure a richiesta dello Stato membro interessato.Articolo 3 La Commissione, se decide di procedere a controlli e verifiche sul posto a norma del presente regolamento, vigila affinché presso gli operatori economici in questione non si proceda contemporaneamente, per gli stessi fatti, ad analoghi controlli e verifiche sulla base di normative comunitarie settoriali.Inoltre, essa tiene conto dei controlli che lo Stato membro sta effettuando o ha effettuato, per i medesimi fatti, presso gli operatori economici interessati in base alla propria legislazione.Articolo 4 I controlli e le verifiche sul posto sono preparati e svolti dalla Commissione in stretta collaborazione con le autorità competenti dello Stato membro interessato, che sono informate in tempo utile dell'oggetto, delle finalità nonché del fondamento giuridico dei controlli e delle verifiche in modo da poter fornire tutta l'assistenza necessaria. A tal fine gli agenti dello Stato membro interessato possono partecipare ai controlli e alle verifiche sul posto.Inoltre, se lo Stato membro interessato lo desidera, i controlli e le verifiche sul posto sono effettuati congiuntamente dalla Commissione e dalle autorità competenti dello Stato stesso.Articolo 5 I controlli e le verifiche sul posto sono effettuati dalla Commissione presso gli operatori economici ai quali possono essere applicate le misure o le sanzioni amministrative comunitarie a norma dell'articolo 7 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 quando sussistano ragioni per ritenere che siano state commesse delle irregolarità.Per facilitare alla Commissione l'esercizio dei controlli e delle verifiche, gli operatori sono tenuti a permettere l'accesso ai locali, terreni, mezzi di trasporto e altri luoghi adibiti ad uso professionale.Nella misura in cui ciò sia strettamente necessario per accertare l'esistenza di un'irregolarità, la Commissione può effettuare controlli e verifiche sul posto presso altri operatori economici interessati, per avere accesso alle pertinenti informazioni da questi detenute circa i fatti oggetto dei controlli e delle verifiche sul posto.Articolo 6 1. I controlli e le verifiche sul posto sono effettuati, sotto l'autorità e la responsabilità della Commissione, da suoi funzionari od agenti debitamente abilitati, in appresso denominati «i controllori della Commissione». A tali controlli e verifiche possono assistere le persone che gli Stati membri hanno messo a disposizione della Commissione in qualità di esperti nazionali distaccati.I controllori della Commissione esercitano i loro poteri su presentazione di una abilitazione scritta, nella quale sono indicate la loro identità e qualifica, corredata di un documento che indica l'oggetto e lo scopo del controllo o della verifica sul posto.Fatto salvo il diritto comunitario applicabile, essi sono tenuti a rispettare le norme di procedura previste dalla legislazione dello Stato membro interessato.2. Previo accordo dello Stato membro interessato, la Commissione può chiedere l'assistenza di agenti di altri Stati membri in qualità di osservatori e può ricorrere, a fini di assistenza tecnica, ad organismi esterni che agiscano sotto la sua responsabilità.La Commissione vigila affinché tali agenti ed organismi presentino tutte le garanzie in fatto di competenza tecnica, di indipendenza e di rispetto del segreto professionale.Articolo 7 1. I controlli della Commissione hanno accesso, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto delle legislazioni nazionali, a tutte le informazioni e alla documentazione relative alle operazioni di cui trattasi necessarie ai fini del buon svolgimento dei controlli e delle verifiche sul posto. Essi possono utilizzare gli stessi mezzi materiali di controllo di cui si avvalgono i controllori amministrativi nazionali e in particolare possono prendere copia dei documenti pertinenti.I controlli e le verifiche sul posto possono riguardare in particolare:- i libri e i documenti professionali, come fatture, capitolati d'appalto, ruolini paga, distinte dei lavori, estratti di conti bancari detenuti dagli operatori economici;- i dati informatici;- i sistemi e i metodi di produzione, di imballaggio e di spedizione;- il controllo fisico della natura e del volume delle merci o delle azioni svolte;- il prelievo e la verifica dei campioni;- lo stato di avanzamento dei lavori o degli investimenti finanziati, l'utilizzazione e la destinazione degli investimenti portati a termine;- i documenti contabili e di bilancio;- l'esecuzione finanziaria e tecnica dei progetti sovvenzionati.2. Se necessario, spetta agli Stati membri, su richiesta della Commissione, prendere gli adeguati provvedimenti cautelari previsti dalla legislazione nazionale, in particolare per salvaguardare gli elementi di prova.Articolo 8 1. Le informazioni comunicate o ottenute sotto qualsiasi forma a norma del presente regolamento sono coperte dal segreto professionale e beneficiano della tutela accordata alle informazioni analoghe dalla legislazione nazionale dello Stato membro che le ha ricevute e dalle disposizioni corrispondenti applicabili alle istituzioni comunitarie.Tali informazioni non possono essere comunicate a persone diverse da quelle che nell'ambito delle istituzioni comunitarie o negli Stati membri vi hanno accesso in ragione delle loro funzioni, né possono essere utilizzate dalle istituzioni comunitarie per fini diversi dall'efficace tutela degli interessi finanziari della Comunità in tutti gli Stati membri. Quando uno Stato membro intenda utilizzare ad altri fini le informazioni raccolte da agenti soggetti alla sua autorità e partecipanti come osservatori a norma dell'articolo 6, paragrafo 2 a controlli e verifiche sul posto, esso chiede il consenso dello Stato membro in cui tali informazioni sono state raccolte.2. La Commissione comunica quanto prima all'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio sono stati effettuati i controlli o le verifiche sul posto, qualsiasi fatto o sospetto relativo ad irregolarità di cui ha avuto conoscenza nel corso del controllo o della verifica sul posto. Ad ogni modo la Commissione è tenuta a informare la suddetta autorità circa i risultati di tali controlli e verifiche.3. I controlli della Commissione provvedono affinché le loro relazioni di controllo e verifica siano redatte tenendo conto dei requisiti di procedura previsti dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato. Gli elementi materiali e di prova raccolti, di cui all'articolo 7, sono acclusi come allegati a tali relazioni. Le relazioni così redatte costituiscono, alla stessa stregua e alle medesime condizioni di quelle predisposte dai controllori amministrativi nazionali, elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarle. Tali relazioni sono valutate in base alle medesime regole applicabili alle relazioni amministrative redatte dai controllori amministrativi nazionali ed hanno identico valore. In caso di controllo congiunto a norma dell'articolo 4, secondo comma, i controllori nazionali che hanno partecipato all'operazione sono invitati a controfirmare la relazione redatta dai controllori della Commissione.4. La Commissione provvede affinché i suoi controllori, nell'ambito dell'applicazione del presente regolamento, rispettino le disposizioni comunitarie e nazionali relative alla protezione dei dati personali, in particolare quelle previste dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.5. In caso di controlli e verifiche sul posto eseguiti al di fuori del territorio della Comunità, le relazioni sono redatte dai controllori della Commissione in condizioni che permetterebbero loro di costituire elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarle.Articolo 9 Ove gli operatori economici di cui all'articolo 5 si oppongano ad un controllo o ad una verifica sul posto, lo Stato membro interessato presta ai controllori della Commissione, in base alle disposizioni nazionali, l'assistenza necessaria per consentire lo svolgimento della loro missione di controllo e di verifica sul posto.Ove occorre, spetta agli Stati membri prendere le misure necessarie, nel rispetto del diritto nazionale.Articolo 10 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 1997.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 11 novembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteR. QUINN(1) GU n. C 84 del 21. 3. 1996, pag. 10.(2) GU n. C 166 del 10. 6. 1996, pag. 102 e parere espresso il 23 ottobre 1996 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU n. L 312 del 23. 12. 1995, pag. 1.(4) GU n. C 316 del 27. 11. 1995, pag. 48.(5) GU n. L 281 del 23. 11. 1995, pag. 31. | Controlli e le verifiche sul posto presso i destinatari di finanziamenti dell’UE
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme e le procedure per i controlli e le verifiche sul posto effettuati dalla Commissione europea per contrastare le frodi e altre irregolarità, in particolare nel caso in cui si sospetti che le irregolarità* siano state commesse da operatori economici* che ricevono un sostegno finanziario dal bilancio dell’UE.
Il regolamento si applica a tutti i settori delle attività dell’UE. Non pregiudica i poteri che i paesi dell’UE hanno di perseguire le violazioni penali ai sensi del diritto nazionale.
PUNTI CHIAVE
Svolgimento di controlli e verifiche sul posto
La Commissione effettua i controlli e le verifiche sul posto presso gli operatori economici:per indagare sulle eventuali irregolarità gravi o transfrontaliere o sulle irregolarità in cui sono implicati operatori economici che svolgono la loro attività in vari paesi dell’UE;per rafforzare i controlli e le verifiche sul posto in un paese dell’UE, al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’UE in modo più efficace e assicurare un livello di protezione equivalente all’interno dell’Unione stessa;Su richiesta di un paese dell’UE.CondizioniPrima dei succitati controlli e verifiche, la Commissione deve informare il paese dell’UE interessato in tempo utile per ottenere tutta l’assistenza necessaria.I controlli e le verifiche sono preparati ed effettuati dalla Commissione in stretta cooperazione con le autorità competenti del paese dell’UE interessato.Si svolgono sotto la direzione e la responsabilità dei controllori della Commissione, vale a dire i funzionari civili o altri membri del personale debitamente autorizzati, che devono rispettare le norme di procedura del paese dell’UE interessato.Gli operatori economici devono permettere ai controllori l’accesso ai locali, terreni, mezzi di trasporto o altri luoghi adibiti ad uso professionale.Qualora un operatore economico si opponga a un controllo o a una verifica sul posto, il paese dell’UE interessato presta assistenza ai controllori affinché possano svolgere la loro missione.La Commissione tiene conto delle verifiche in corso di effettuazione o già effettuate dal paese dell’UE interessato ai sensi del diritto nazionale.Accesso alle informazioni e alla documentazione ai sensi del diritto nazionaleSi deve consentire ai controllori della Commissione, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto del diritto nazionale, l’accesso a tutte le informazioni necessarie ad assicurare il buono svolgimento dei controlli e delle verifiche.I controllori possono utilizzare gli stessi mezzi materiali di controllo di cui si avvalgono i controllori amministrativi nazionali e in particolare possono prendere copia dei documenti pertinenti.Ambito di applicazione
I controlli e le verifiche sul posto possono riguardare, in particolare:i libri commerciali e i documenti di lavoro, come fatture, capitolati d’appalto, ruolini paga, distinte dei lavori, estratti di conti bancari detenuti dagli operatori economici;i dati informatici;i sistemi e i metodi di produzione, di imballaggio e di spedizione;il controllo fisico della natura e del volume delle merci o delle azioni svolte;il prelievo e la verifica dei campioni;lo stato di avanzamento dei lavori o degli investimenti finanziati, l’utilizzazione e la destinazione degli investimenti portati a termine;i documenti contabili e di bilancio;l’esecuzione finanziaria e tecnica dei progetti sovvenzionati.Elementi di provaSu richiesta della Commissione, i paesi dell’UE possono essere tenuti a prendere provvedimenti cautelari ai sensi del diritto nazionale, in particolare per salvaguardare gli elementi di prova.Le informazioni ottenute in relazione ai controlli e alle verifiche sul posto sono coperte dal segreto professionale e dalle norme dell’UE in materia di protezione dei dati.Le relazioni dei controllori della Commissione costituiscono elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari del Paese dell’UE in cui risulti necessario utilizzarle.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 1 gennaio 1997.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Indagini (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Irregolarità: Violazioni del diritto dell’UE, derivanti da un atto od omissione di un operatore economico, che hanno (o avrebbero) come effetto un danno al bilancio generale dell’UE.
Operatori economici: Persone, imprese o altri organismi economicamente attivi e investiti di status giuridico ai sensi del diritto nazionale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pagg. 2–5).
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU L 312 del 23.12.1995, pagg. 1-4).Errata corrige | 6,481 | 96 |
32006D1672 | false | DECISIONE n. 1672/2006/CE PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 24 ottobre 2006
che istituisce un programma comunitario per l'occupazione e la solidarietà sociale — Progress
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 13, paragrafo 2, l'articolo 129 e l'articolo 137, paragrafo 2, lettera a),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
Il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 ha inserito la promozione dell’occupazione e dell’integrazione sociale quale parte integrante della strategia globale dell’Unione volta a raggiungere il suo obiettivo strategico per il prossimo decennio, che è quello di divenire l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica al mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. Esso ha fissato nell'Unione mete e obiettivi ambiziosi in vista del ritorno a condizioni di piena occupazione, del miglioramento della qualità e della produttività del lavoro, nonché della promozione della coesione sociale e di un mercato del lavoro favorevole all'integrazione. Inoltre, la strategia è stata riorientata dal Consiglio europeo di Bruxelles del 22 e 23 marzo 2005.
(2)
Conformemente al proposito dichiarato dalla Commissione di consolidare e razionalizzare gli strumenti di finanziamento della Comunità, la presente decisione dovrebbe istituire un programma unico e razionalizzato destinato a proseguire e sviluppare le attività avviate sulla base della decisione 2000/750/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che istituisce un programma d’azione comunitaria per combattere le discriminazioni (2001-2006) (4), della decisione 2001/51/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2000, relativa al programma concernente la strategia comunitaria in materia di parità tra donne e uomini (2001-2005) (5), della decisione n. 50/2002/CE (6) del Parlamento e del Consiglio, del 7 dicembre 2001, che istituisce un programma d’azione comunitaria inteso ad incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di combattere l’emarginazione sociale, della decisione n. 1145/2002/CE (7) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, relativa a misure comunitarie di incentivazione nel settore dell’occupazione, nonché della decisione n. 848/2004/CE (8) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che istituisce un programma d’azione comunitaria per la promozione delle organizzazioni attive a livello europeo nel settore della parità tra donne e uomini, e conformemente alle attività intraprese a livello comunitario per quanto riguarda le condizioni di lavoro.
(3)
Il Consiglio europeo straordinario sull’occupazione tenutosi a Lussemburgo il 20 e 21 novembre 1997 ha varato la strategia europea per l’occupazione, in vista del coordinamento delle politiche per l’occupazione degli Stati membri in base a raccomandazioni e orientamenti in tema di occupazione concordati a livello comune. Attualmente la strategia europea per l’occupazione è lo strumento più importante a livello europeo, per la realizzazione degli obiettivi fissati dalla strategia di Lisbona relativamente all’occupazione e al mercato del lavoro.
(4)
Il Consiglio europeo di Lisbona, ritenendo inaccettabile il numero di persone che nell'Unione vivono al di sotto della soglia di povertà e in condizioni di esclusione sociale, ha reputato necessaria l'adozione di iniziative per imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà fissando obiettivi adeguati. Tali obiettivi sono stati concordati dal Consiglio europeo di Nizza del 7, 8 e 9 dicembre 2000. Il Consiglio ha inoltre stabilito che le politiche volte a combattere l'esclusione sociale devono essere basate sul metodo di coordinamento aperto che combini i piani d'azione nazionali e un'iniziativa della Commissione per favorire la cooperazione.
(5)
I mutamenti demografici costituiscono a lungo termine un’importante sfida per la capacità dei sistemi di protezione sociale di fornire pensioni e assistenza sanitaria di elevata qualità e di lunga durata, a un livello accessibile a tutti e il cui finanziamento sia garantito a lungo termine. È quindi importante promuovere politiche in grado di garantire un’adeguata protezione sociale e la sostenibilità dei sistemi previdenziali. Il Consiglio europeo di Lisbona ha deciso che la cooperazione in questo settore si deve basare sul metodo di coordinamento aperto.
(6)
Si dovrebbe attirare l’attenzione sulla situazione particolare dei migranti in questo contesto e anche sull’importanza di intraprendere azioni per trasformare il lavoro non dichiarato in lavoro regolare.
(7)
Garantire norme minime e il miglioramento costante delle condizioni di lavoro nell’Unione rappresenta un elemento centrale della politica sociale europea e un importante obiettivo globale dell’Unione europea. La Comunità deve svolgere un ruolo determinante per appoggiare e completare le attività realizzate dagli Stati membri nei settori della salute e della sicurezza dei lavoratori, delle condizioni di lavoro, ivi compresa la necessità di conciliare la vita professionale e la vita familiare, della protezione dei lavoratori alla fine del contratto di lavoro, dell’informazione, della consultazione e della partecipazione dei lavoratori, della rappresentanza e della difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro.
(8)
La non discriminazione è un principio fondamentale dell’Unione europea. L’articolo 13 del trattato dispone che si prendano provvedimenti per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali. La non discriminazione è inoltre sancita dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Occorre considerare le caratteristiche specifiche delle varie forme di discriminazione e definire azioni adeguate in parallelo per prevenire e combattere la discriminazione basata su una o più motivazioni. Nel prendere in considerazione l’accessibilità e i risultati del programma si dovrebbe pertanto tenere conto delle particolari necessità delle persone con disabilità per quanto riguarda la garanzia di un pieno accesso, in condizioni di parità, alle attività finanziate dal presente programma e ai risultati e alla valutazione di tali attività, compreso il rimborso di spese supplementari sostenute da tali persone a motivo della loro disabilità. L’esperienza acquisita nell’arco di diversi anni di lotta contro determinate forme di discriminazione, compresa la discriminazione fondata sul sesso, può risultare utile anche per la lotta contro discriminazioni di altra natura.
(9)
In base all’articolo 13 del trattato il Consiglio ha adottato le seguenti direttive: la direttiva 2000/43/CE, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (9), la quale vieta la discriminazione fondata sulla razza o l’origine etnica, segnatamente in tema di occupazione, formazione professionale, istruzione, beni e servizi e protezione sociale; la direttiva 2000/78/CE, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (10), la quale vieta la discriminazione fondata sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l'occupazione e le condizioni di lavoro; e la direttiva 2004/113/CE, del 13 dicembre 2004, che attua il principio di parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura (11).
(10)
Ai sensi degli articoli 2 e 3 del trattato la parità di trattamento tra uomini e donne è un principio fondamentale del diritto comunitario. Le direttive e gli altri atti adottati in conformità di questo principio svolgono un ruolo importante nel miglioramento della situazione delle donne nell'Unione. L'esperienza nelle azioni a livello comunitario ha dimostrato che la promozione della parità tra uomini e donne nelle politiche comunitarie e la lotta alla discriminazione richiedono, nella pratica, una combinazione di strumenti, fra cui iniziative legislative, meccanismi di finanziamento e integrazione, progettati in maniera da completarsi vicendevolmente. Conformemente al principio di parità fra uomini e donne, l’integrazione della dimensione del genere dovrebbe essere promossa in tutte le sezioni e attività del programma.
(11)
Diverse organizzazioni non governative (ONG), che operano a vari livelli, possono fornire un importante contributo a livello europeo attraverso le principali reti che favoriscono una modifica dell’orientamento politico in linea con gli obiettivi generali del programma.
(12)
Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere sufficientemente realizzati a livello di Stati membri, data la necessità di scambiare informazioni a livello europeo e di diffondere le buone prassi su scala comunitaria, e dal momento che questi obiettivi possono essere realizzati meglio a livello comunitario per via della dimensione multilaterale delle azioni e delle misure comunitarie, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito all’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(13)
La presente decisione istituisce per tutta la durata del programma una dotazione finanziaria che costituisce per l'autorità di bilancio il riferimento privilegiato nel corso della procedura di bilancio annuale a norma del punto 37 dell'accordo interistituzionale, del 17 maggio 2006, tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (12).
(14)
Le misure necessarie all'attuazione della presente decisione dovrebbero essere adottate in conformità della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (13).
(15)
Dal momento che il programma è suddiviso in cinque sezioni, gli Stati membri dispongono la rotazione dei rispettivi rappresentanti nazionali a seconda dei temi affrontati dai comitati che collaborano con la Commissione,
DECIDONO:
Articolo 1
Istituzione e durata del programma
1. La presente decisione istituisce il programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale, denominato Progress (di seguito «programma»), destinato a sostenere finanziariamente la realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea nei settori dell’occupazione e degli affari sociali, fissati nella comunicazione della Commissione sull'agenda sociale, e quindi a contribuire al conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona in questi ambiti.
2. Il programma viene attuato dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.
Articolo 2
Obiettivi generali
1. Gli obiettivi generali del presente programma sono i seguenti:
a)
migliorare la conoscenza e la comprensione della situazione degli Stati membri e degli altri paesi partecipanti mediante l’analisi, la valutazione e l’attento controllo delle politiche;
b)
appoggiare lo sviluppo di strumenti e metodi statistici e di indicatori comuni suddivisi, se del caso, per sesso e gruppo di età, nei settori contemplati dal programma;
c)
sostenere e seguire, se del caso, l’attuazione della legislazione e degli obiettivi strategici della Comunità negli Stati membri e valutarne l'efficacia e l’impatto;
d)
promuovere la creazione di reti, l’apprendimento reciproco, l’identificazione e la diffusione di buone prassi e di impostazioni innovative a livello europeo;
e)
sensibilizzare maggiormente le parti interessate e il grande pubblico alle politiche e agli obiettivi comunitari attuati nel quadro di ciascuna delle cinque sezioni;
f)
migliorare la capacità delle principali reti di livello europeo di promuovere, sostenere e sviluppare ulteriormente le politiche dell’Unione e, se del caso, i suoi obiettivi.
2. L'integrazione della dimensione di genere è promossa in tutte le sezioni e attività contemplate da questo programma.
3. I risultati ottenuti per le varie sezioni e attività del programma devono essere opportunamente diffusi alle parti interessate e al pubblico. La Commissione procede a uno scambio di vedute con le parti interessate, a seconda dell’opportunità.
Articolo 3
Struttura del programma
Il programma è suddiviso nelle seguenti cinque sezioni:
1)
occupazione;
2)
protezione sociale e integrazione;
3)
condizioni di lavoro;
4)
diversità e lotta contro la discriminazione;
5)
parità fra uomini e donne.
Articolo 4
Sezione 1 — Occupazione
La sezione 1 sostiene l’attuazione della strategia europea per l’occupazione (SEO):
a)
migliorando la comprensione della situazione relativa all’occupazione e alle prospettive del settore, in particolare mediante analisi e studi e l’elaborazione di statistiche e indicatori comuni nel quadro della SEO;
b)
seguendo e valutando l’applicazione delle raccomandazioni e degli orientamenti europei per l’occupazione e il relativo impatto, in particolare attraverso la relazione congiunta sull’occupazione, e analizzando l’interazione fra la strategia europea per l’occupazione, la strategia generale economica e sociale e altri ambiti strategici;
c)
organizzando scambi sulle politiche, le buone prassi e le impostazioni innovative e favorendo l’apprendimento reciproco nel quadro della SEO;
d)
sensibilizzando, diffondendo informazioni e promuovendo il dibattito sulle sfide, le politiche e l’attuazione di programmi nazionali di riforma nel settore dell’occupazione, in particolare fra le parti sociali, gli attori regionali e locali e altri soggetti interessati.
Articolo 5
Sezione 2 — Protezione sociale e integrazione
La sezione 2 sostiene l’applicazione del metodo di coordinamento aperto nel settore della protezione sociale e dell’integrazione:
a)
migliorando la comprensione dell’esclusione sociale e delle questioni legate alla povertà, delle politiche in tema di protezione sociale e di integrazione, in particolare mediante analisi e studi e l’elaborazione di statistiche e indicatori comuni, nel contesto del metodo di coordinamento aperto nel settore della protezione sociale e dell’integrazione;
b)
seguendo e valutando l’applicazione del metodo di coordinamento aperto nel settore della protezione sociale e dell’integrazione e il relativo impatto a livello nazionale e comunitario e analizzando l’interazione fra questo metodo e altri settori strategici;
c)
organizzando scambi sulle politiche, le buone prassi e le impostazioni innovative e favorendo l’apprendimento reciproco nel quadro della strategia per la protezione sociale e l’integrazione;
d)
sensibilizzando, diffondendo informazioni e promuovendo il dibattito sulle principali sfide e questioni politiche sollevate nell’ambito del processo di coordinamento delle Comunità nel settore della protezione sociale e dell’integrazione, in particolare fra parti sociali, attori regionali e locali, ONG e altri soggetti interessati;
e)
sviluppando la capacità delle principali reti di livello europeo di sostenere e sviluppare ulteriormente gli obiettivi e le strategie delle politiche della Comunità in merito alla protezione sociale e all’integrazione.
Articolo 6
Sezione 3 — Condizioni di lavoro
La sezione 3 sostiene il miglioramento dell’ambiente e delle condizioni di lavoro, comprese la salute e la sicurezza sul lavoro e la conciliazione della vita professionale con quella familiare:
a)
migliorando la comprensione della situazione relativa alle condizioni di lavoro, in particolare mediante analisi e studi e, se del caso, l’elaborazione di statistiche e indicatori, e valutando l’efficacia e l’impatto della legislazione, delle politiche e delle prassi in vigore;
b)
sostenendo l’applicazione del diritto comunitario del lavoro mediante un monitoraggio efficace, l’organizzazione di seminari per coloro che sono attivi nel settore, l’elaborazione di guide e lo sviluppo di reti fra organismi specializzati, comprese le parti sociali;
c)
avviando azioni preventive e favorendo la cultura della prevenzione nel campo della sicurezza e della salute sul lavoro;
d)
sensibilizzando, diffondendo informazioni e promuovendo il dibattito sulle principali sfide e questioni politiche relative alle condizioni di lavoro, anche tra le parti sociali e gli altri soggetti interessati.
Articolo 7
Sezione 4 — Diversità e lotta contro la discriminazione
La sezione 4 sostiene l’applicazione efficace del principio della non discriminazione e ne promuove l’integrazione in tutte le politiche comunitarie:
a)
migliorando la comprensione della situazione relativa alla discriminazione, in particolare mediante analisi e studi e, se del caso, l’elaborazione di statistiche e indicatori, nonché valutando l'efficacia e l’impatto della legislazione, delle politiche e delle prassi in vigore;
b)
sostenendo l’applicazione della legislazione comunitaria in tema di lotta contro la discriminazione mediante un monitoraggio efficace, l’organizzazione di seminari per coloro che sono attivi in questo settore e lo sviluppo di reti fra organismi specializzati nella lotta contro la discriminazione;
c)
sensibilizzando, diffondendo informazioni e promuovendo il dibattito sulle principali sfide e questioni politiche relative alla discriminazione e all’integrazione della lotta contro la discriminazione in tutte le politiche comunitarie, anche tra le parti sociali, le ONG e le altre parti in causa;
d)
sviluppando la capacità delle principali reti di livello europeo di promuovere e sviluppare ulteriormente gli obiettivi e le strategie comunitarie nella lotta contro la discriminazione.
Articolo 8
Sezione 5 — Parità fra uomini e donne
La sezione 5 sostiene l’applicazione efficace del principio della parità fra uomini e donne e promuove l’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche comunitarie:
a)
migliorando la comprensione della situazione relativa alle questioni di genere e all’integrazione della dimensione di genere, in particolare mediante analisi e studi e l’elaborazione di statistiche e, se del caso, indicatori, nonché valutando l’efficacia e l’impatto della legislazione, delle politiche e delle prassi in vigore;
b)
sostenendo l’applicazione della legislazione comunitaria in tema di parità fra uomini e donne mediante un monitoraggio efficace, l’organizzazione di seminari destinati a coloro che sono attivi nel settore e lo sviluppo di reti fra organismi specializzati nelle questioni relative alla parità;
c)
sensibilizzando, diffondendo informazioni e promuovendo il dibattito sulle principali sfide e questioni politiche relative alla parità fra uomini e donne e all’integrazione di genere, anche tra le parti sociali, le ONG e gli altri soggetti interessati;
d)
sviluppando la capacità delle principali reti di livello europeo di sostenere e sviluppare ulteriormente gli obiettivi politici comunitari e le strategie in materia di parità fra uomini e donne.
Articolo 9
Tipi di azioni
1. Il programma finanzia i seguenti tipi di azioni, che possono essere svolte, se del caso, in ambito transnazionale:
a)
attività analitiche:
i)
raccolta, elaborazione e diffusione di dati e statistiche;
ii)
elaborazione e diffusione di metodologie e, se del caso, di indicatori o criteri di riferimento;
iii)
realizzazione di studi, analisi e indagini e diffusione dei risultati;
iv)
realizzazione di valutazioni e analisi dell’impatto e diffusione dei risultati;
v)
elaborazione e pubblicazione di guide, relazioni e materiale didattico tramite Internet o altri supporti mediatici;
b)
attività di apprendimento reciproco, sensibilizzazione e diffusione:
i)
identificazione e scambio di buone prassi, impostazioni ed esperienze innovative, organizzazione di valutazioni a pari livello e apprendimento reciproco mediante riunioni/workshop/seminari a livello nazionale, transnazionale o europeo, tenendo presenti, se possibile, circostanze specifiche nazionali;
ii)
organizzazione di conferenze/seminari della presidenza;
iii)
organizzazione di conferenze/seminari a sostegno dello sviluppo e dell’attuazione della normativa e degli obiettivi politici della Comunità;
iv)
organizzazione di campagne e manifestazioni nei mezzi di comunicazione;
v)
raccolta e pubblicazione di materiali al fine di diffondere informazioni e risultati del programma;
c)
sostegno ai principali operatori:
i)
sostegno alle spese di funzionamento delle principali reti di livello europeo le cui attività sono collegate all'attuazione degli obiettivi del programma;
ii)
organizzazione di gruppi di lavoro costituiti da funzionari nazionali per seguire l’applicazione del diritto comunitario;
iii)
finanziamento di seminari specializzati destinati a coloro che sono attivi nel settore, ai principali funzionari e ad altri operatori pertinenti;
iv)
creazione di reti fra organismi specializzati a livello europeo;
v)
finanziamento di reti di esperti;
vi)
finanziamento di osservatori a livello europeo;
vii)
scambio di personale fra amministrazioni nazionali;
viii)
cooperazione con istituzioni internazionali.
2. Le attività di cui al paragrafo 1, lettera b), devono presentare una forte dimensione europea, avere una portata tale da garantire un effettivo valore aggiunto a livello europeo ed essere realizzati da autorità nazionali, regionali o locali, organismi specializzati previsti dalla normativa comunitaria o da operatori considerati fondamentali nel settore.
3. Il programma non finanzia misure destinate alla preparazione e alla realizzazione degli «anni europei».
Articolo 10
Accesso al programma
1. L’accesso al programma è aperto a tutti gli organismi, operatori e istituzioni pubblici e/o privati, in particolare:
a)
Stati membri;
b)
servizi pubblici dell'occupazione e relative agenzie;
c)
autorità regionali e locali;
d)
organismi specializzati previsti dalla normativa comunitaria;
e)
parti sociali;
f)
ONG, in particolare quelle organizzate a livello europeo;
g)
istituti di istruzione superiore e istituti di ricerca;
h)
esperti di valutazione;
i)
istituti statistici nazionali;
j)
mezzi di comunicazione.
2. La Commissione può partecipare direttamente al programma per quanto riguarda le attività di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere a) e b).
Articolo 11
Modalità di richiesta del sostegno
1. I tipi di attività di cui all’articolo 9 possono essere finanziati mediante:
a)
un contratto di servizi aggiudicato tramite gara d'appalto, nel qual caso si applicano le procedure di Eurostat relativamente alla cooperazione con gli istituti nazionali di statistica;
b)
un sostegno parziale assegnato tramite un invito a presentare proposte. In questo caso il cofinanziamento comunitario non può superare, in linea generale, l’80 % della spesa totale sostenuta dal beneficiario. Un sostegno finanziario superiore a questo massimale può essere concesso solo in circostanze eccezionali e dopo attento esame.
2. I tipi di attività di cui all’articolo 9, paragrafo 1, possono ricevere un sostegno finanziario in risposta a richieste formulate, ad esempio, dagli Stati membri, a norma delle disposizioni in materia del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (14), in particolare il suo articolo 110, nonché a norma del regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d'esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (15), in particolare il suo articolo 168.
Articolo 12
Disposizioni di attuazione
1. Le misure necessarie all'attuazione della presente decisione per quanto riguarda le questioni citate nel seguito sono adottate conformemente alla procedura di cui all’articolo 13, paragrafo 2:
a)
gli orientamenti generali per l’attuazione del programma;
b)
il programma di lavoro annuale per l’attuazione del programma, suddiviso in sezioni;
c)
il sostegno finanziario che dev'essere concesso dalla Comunità;
d)
il bilancio annuale, fermo restando l'articolo 17;
e)
le modalità di selezione delle azioni sostenute dalla Comunità, e il progetto di elenco delle azioni presentato dalla Commissione per tale sostegno;
f)
i criteri per valutare il programma compresi quelli relativi al rapporto costo-efficacia e le disposizioni per la diffusione e il trasferimento dei risultati.
2. Le misure necessarie per l'attuazione della presente decisione per quanto riguarda le questioni diverse da quelle riportate al paragrafo 1 sono adottate conformemente alla procedura di cui all’articolo 13, paragrafo 3.
Articolo 13
Comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui si fa riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi.
3. Nei casi in cui si fa riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
4. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 14
Cooperazione con altri comitati
1. La Commissione stabilisce i necessari collegamenti con il comitato per la protezione sociale e il comitato per l’occupazione per garantire che essi siano regolarmente e debitamente informati circa la realizzazione delle attività di cui alla presente decisione.
2. La Commissione informa anche gli altri comitati interessati circa le azioni intraprese nell’ambito delle cinque sezioni del programma.
3. Se del caso, la Commissione istituisce una cooperazione regolare e strutturata tra i comitati di cui all'articolo 13 e i comitati di controllo istituiti per altri tipi di politiche, strumenti e azioni pertinenti.
Articolo 15
Coerenza e complementarità
1. In cooperazione con gli Stati membri, la Commissione garantisce la coerenza globale con le altre politiche, strumenti e azioni della Comunità e dell'Unione, in particolare mediante l'istituzione di meccanismi utili a coordinare le attività del programma con altre attività pertinenti connesse alla ricerca, alla giustizia e agli affari interni, alla cultura, all'istruzione, alla formazione e alla politica per la gioventù e nel campo dell’allargamento e delle relazioni esterne della Comunità, nonché alla politica regionale e alla politica economica generale. Un’attenzione particolare è prestata alle possibili sinergie fra il presente programma e i programmi nel settore dell’istruzione e della formazione.
2. La Commissione e gli Stati membri garantiscono la coerenza, la complementarità e l'assenza di doppioni fra le attività condotte nell’ambito del programma e altre azioni pertinenti dell’Unione e della Comunità, in particolare nell’ambito dei Fondi strutturali e segnatamente del Fondo sociale europeo.
3. La Commissione garantisce che le spese coperte dal programma e imputate a quest’ultimo non siano imputate ad altri strumenti finanziari della Comunità.
4. La Commissione informa regolarmente il comitato di cui all’articolo 13 circa qualsiasi altra iniziativa comunitaria che contribuisca alla realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona nel settore dell’Agenda sociale.
5. Gli Stati membri si adoperano per garantire la coerenza e la complementarità fra le attività che rientrano nel programma e quelle effettuate a livello nazionale, regionale e locale.
Articolo 16
Partecipazione di paesi terzi
Il programma è aperto alla partecipazione dei seguenti paesi:
—
i paesi EFTA/SEE, in conformità delle condizioni stabilite dall'accordo SEE,
—
i paesi in fase di adesione e i paesi candidati associati all’Unione europea, nonché i paesi dei Balcani occidentali che partecipano al processo di stabilizzazione e associazione.
Articolo 17
Finanziamenti
1. La dotazione finanziaria prevista per la realizzazione delle attività comunitarie di cui alla presente decisione per il periodo dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 è pari a 657 590 000 EUR (16).
2. La ripartizione sull'intero periodo del programma dei finanziamenti fra le diverse sezioni rispetta i seguenti minimali:
sezione 1
Occupazione
23 %,
sezione 2
Protezione sociale e integrazione
30 %,
sezione 3
Condizioni di lavoro
10 %,
sezione 4
Diversità e lotta contro la discriminazione
23 %,
sezione 5
Parità fra uomini e donne
12 %.
3. Un importo pari al massimo al 2 % della dotazione finanziaria è destinato alla realizzazione del programma per coprire, ad esempio, le spese relative al funzionamento del comitato di cui all’articolo 13 o le valutazioni da effettuare conformemente all’articolo 19.
4. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dall'autorità di bilancio entro i limiti del quadro finanziario.
5. La Commissione può ricorrere ad assistenza tecnica e/o amministrativa, a reciproco vantaggio della Commissione stessa e dei beneficiari, nonché a spese di sostegno.
Articolo 18
Tutela degli interessi finanziari della Comunità
1. La Commissione garantisce che, in sede di attuazione delle azioni finanziate nell'ambito della presente decisione, vengano tutelati gli interessi finanziari della Comunità mediante l'applicazione di misure di prevenzione contro le frodi, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita, tramite controlli efficaci e il recupero delle somme indebitamente corrisposte e, qualora venissero riscontrate delle irregolarità, mediante l'applicazione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, in conformità dei regolamenti del Consiglio (CE, Euratom) n. 2988/95, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (17), e (CE, Euratom) n. 2185/96, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (18), e del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (19).
2. Per le azioni comunitarie finanziate nell'ambito della presente decisione, il concetto di irregolarità di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 comprende qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario o qualsiasi inadempimento di un obbligo contrattuale derivante da un atto o da un'omissione da parte di un operatore economico che ha o potrebbe avere l'effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale dell'Unione europea o ai bilanci gestiti da queste ultime a causa di una spesa indebita.
3. I contratti e gli accordi, come pure i contratti con i paesi terzi partecipanti, che risultano dalla presente decisione prevedono in particolare la vigilanza e il controllo finanziario da parte della Commissione (o di un rappresentante da essa autorizzato) e la realizzazione di verifiche da parte della Corte dei conti, se del caso in loco.
Articolo 19
Controllo e valutazione
1. Al fine di garantire un controllo regolare del programma e di permettere i necessari riorientamenti, la Commissione elabora rapporti annuali delle attività relativi ai risultati raggiunti nell’ambito del programma e li trasmette al Parlamento europeo e al comitato di cui all’articolo 13.
2. Le singole sezioni del programma sono inoltre oggetto di una valutazione intermedia comprendente una panoramica generale del programma, al fine di misurare i progressi realizzati nel conseguimento degli obiettivi del programma, l'efficace utilizzazione delle risorse e il suo valore aggiunto europeo. Questa valutazione può essere completata da valutazioni continue realizzate dalla Commissione con l’assistenza di esperti esterni. Una volta disponibili, i risultati sono presentati nei rapporti delle attività di cui al paragrafo 1.
3. Una valutazione ex post dell’intero programma viene effettuata, entro il 31 dicembre 2015, dalla Commissione con l’assistenza di esperti esterni, allo scopo di misurare l’impatto degli obiettivi del programma e il suo valore aggiunto a livello europeo. La Commissione trasmette tale valutazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni.
4. L'attuazione delle singole sezioni del programma, compresi la presentazione dei risultati e il dialogo sulle priorità future, è discussa anche nel contesto del forum sull'attuazione dell'Agenda sociale.
Articolo 20
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Strasburgo, addì 24 ottobre 2006.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BORRELL FONTELLES
Per il Consiglio
La presidente
P. LEHTOMÄKI
(1) GU C 255 del 14.10.2005, pag. 67.
(2) GU C 164 del 5.7.2005, pag. 48.
(3) Parere del Parlamento europeo del 6 settembre 2005 (GU C 193 E del 17.8.2006, pag. 99), posizione comune del Consiglio del 18 luglio 2006 (GU C 238 E del 3.10.2006, pag. 31) e posizione del Parlamento europeo del 27 settembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 23.
(5) GU L 17 del 19.1.2001, pag. 22. Decisione modificata dalla decisione n. 1554/2005/CE (GU L 255 del 30.9.2005, pag. 9).
(6) GU L 10 del 12.1.2002, pag. 1. Decisione modificata da ultimo dalla decisione n. 786/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 7).
(7) GU L 170 del 29.6.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 786/2004/CE.
(8) GU L 157 del 30.4.2004, pag. 18. Decisione modificata dalla decisione n. 1554/2005/CE.
(9) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.
(10) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.
(11) GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37.
(12) GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1.
(13) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
(14) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1.
(15) GU L 357 del 31.12.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, Euratom) n. 1248/2006 (GU L 227 del 19.8.2006, pag. 3).
(16) L'importo si basa sulle cifre del 2004 ed è soggetto ad un adeguamento tecnico per tener conto dell'inflazione.
(17) GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1.
(18) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2.
(19) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1. | Programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà - PROGRESS (2007-2013)
Il futuro programma PROGRESS si prefigge di fornire un aiuto finanziario all’attuazione degli obiettivi dell’Unione europea nel settore dell’occupazione e degli affari sociali. PROGRESS finanzia attività di analisi e di apprendimento reciproco, le attività di sensibilizzazione e di diffusione, nonché l’aiuto agli operatori principali per il periodo 2007-2013. Il programma si articola in cinque sezioni distinte corrispondenti ai cinque grandi settori di attività: l’occupazione, la protezione e l’inserimento sociale, le condizioni di lavoro, la diversità e la lotta contro le discriminazioni, nonché l’uguaglianza fra donne e uomini.
ATTO
Decisione n. 1672/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, che istituisce un programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale – PROGRESS [Gazzetta ufficiale L 315 del 15.11.2006] [Cfr atto(i) modificatore(i)].
SINTESI
Finora, le attività comunitarie in materia di occupazione, di protezione e di inserimento sociali, di promozione delle pari opportunità tra le persone di sesso diverso e del principio di non discriminazione erano state sostenute tramite programmi di azione distinti.
Per migliorare la coerenza e l’efficacia, la Commissione europea ha proposto di raggruppare tali azioni in un unico programma quadro chiamato PROGRESS.
GLI OBIETTIVI GENERALI
Gli obiettivi del programma sono sei:
migliorare la conoscenza e la comprensione della situazione sociale negli Stati membri tramite l’analisi, la valutazione e il controllo attento delle politiche;
sostenere l’elaborazione di strumenti e di metodi statistici, nonché di indicatori comuni;
sostenere e seguire l’attuazione della legislazione e degli obiettivi politici;
promuovere la creazione di reti, l’apprendimento reciproco, nonché l’individuazione e la diffusione delle buone procedure da seguire a livello dell’Unione;
far conoscere alle parti interessate e al grande pubblico le politiche dell’Unione europea (UE) perseguite in materia di occupazione, di protezione e di integrazione sociali, di condizioni di lavoro, di lotta contro la discriminazione, di diversità, nonché di pari opportunità tra le donne e gli uomini;
potenziare la capacità delle principali reti dell’UE di promuovere e sostenere le politiche dell'Unione.
STRUTTURA: SETTORI DI ATTIVITÀ E TIPI DI AZIONI
Il programma comprende cinque sezioni diverse:
occupazione
protezione e inserimento sociali;
condizioni di lavoro;
lotta contro la discriminazione e diversità;
uguaglianza fra donne e uomini.
Il programma finanzia i tipi di azioni seguenti:
le attività di analisi;
le attività di apprendimento reciproco, di sensibilizzazione e di diffusione;
l’aiuto ai principali operatori; vale a dire, un contributo alle spese di funzionamento delle principali reti dell’Unione, la costituzione di gruppi di lavoro, il finanziamento di seminari di formazione, la creazione di reti di organismi specializzati e di osservatori a livello dell'Unione, lo scambio di personale fra amministrazioni nazionali e la cooperazione con le istituzioni internazionali.
Per ciascuna delle diverse sezioni, il programma presenta un elenco di obiettivi operativi.
Occupazione
Questa sezione riguarda il sostegno all’attuazione della strategia europea per l'occupazione, tramite gli strumenti seguenti:
migliorare la comprensione della situazione nel settore dell’occupazione, segnatamente attraverso la realizzazione di analisi e di studi e l’elaborazione di statistiche e di indicatori;
seguire e valutare l’attuazione delle linee di orientamento e delle raccomandazioni europee per l’occupazione ed analizzare l’interazione fra la strategia europea per l’occupazione ed altri settori politici;
organizzare scambi riguardanti politiche e processi e promuovere l’apprendimento reciproco nell’ambito della strategia europea per l’occupazione;
migliorare la sensibilizzazione, diffondere informazioni e sollecitare il dibattito segnatamente fra gli operatori regionali e locali e le parti sociali.
Protezione sociale e inserimento
Questa sezione ha quale oggetto il sostegno dell’attuazione del metodo aperto di coordinamento nel settore della protezione sociale e dell’inserimento, tramite gli strumenti seguenti:
migliorare la comprensione delle questioni attinenti alla povertà e delle politiche in materia di protezione sociale e di inserimento, segnatamente tramite la realizzazione di analisi e di studi, nonché tramite l’elaborazione di statistiche e di indicatori;
seguire e valutare l’attuazione del metodo aperto di coordinamento nel settore della protezione sociale e dell’inserimento ed analizzare l’interazione fra tale metodo e altri settori politici;
organizzare scambi su politiche e processi e promuovere l’apprendimento reciproco nel quadro della strategia in materia di protezione sociale e di inserimento;
migliorare la sensibilizzazione, diffondere informazioni e sollecitare dibattiti, segnatamente fra le organizzazioni non governative e gli operatori regionali e locali;
sviluppare la capacità delle principali reti dell’UE (come, ad esempio, degli esperti nazionali o delle organizzazioni non governative) di perseguire gli obiettivi politici dell'UE.
Condizioni di lavoro
Questa sezione ha per oggetto il sostegno del miglioramento dei luoghi e delle condizioni di lavoro, ivi compresi gli aspetti sanitari e di sicurezza sul lavoro, tramite gli strumenti seguenti:
migliorare la comprensione della situazione nel settore delle condizioni di lavoro, segnatamente tramite la realizzazione di analisi e di studi e tramite l’elaborazione di statistiche e di indicatori, nonché valutare l’incidenza della legislazione, delle politiche e delle procedure in vigore;
sostenere l’applicazione del diritto del lavoro dell’UE attraverso il miglioramento dei controlli, la formazione degli operatori, l’elaborazione di guide e la creazione di reti riunenti organismi specializzati;
avviare azioni preventive e favorire la cultura della prevenzione nel settore della sanità e della sicurezza sul lavoro;
migliorare la sensibilizzazione, diffondere informazioni e sollecitare dibattiti sulle principali sfide e sulle questioni politiche riguardanti le condizioni di lavoro.
Lotta contro la discriminazione e diversità
Questa sezione ha quale oggetto il sostegno dell’applicazione effettiva del principio di non discriminazione, nonché la promozione dell’integrazione di tale principio nelle politiche dell’UE tramite gli strumenti seguenti:
migliorare la comprensione della situazione nel settore della discriminazione, segnatamente tramite la realizzazione di analisi e di studi e tramite l’elaborazione di statistiche e di indicatori, nonché valutare l’incidenza della legislazione, delle politiche e delle procedure in vigore;
sostenere l’applicazione della legislazione "antidiscriminazione" dell’UE, attraverso il miglioramento dei controlli, la formazione degli operatori e la creazione di reti riunenti organismi specializzati nel campo della lotta contro la discriminazione;
migliorare la sensibilizzazione, diffondere informazioni e favorire dibattiti sulle principali sfide e questioni politiche riguardanti la discriminazione e l’integrazione della lotta contro la discriminazione nelle politiche dell'UE;
sviluppare la capacità delle principali reti dell’UE (come, ad esempio, degli esperti nazionali o delle organizzazioni non governative) di perseguire gli obiettivi politici dell’Unione.
Uguaglianza fra donne e uomini
Questa sezione ha quale oggetto il sostegno dell'applicazione effettiva del principio di uguaglianza fra donne e uomini, nonché la promozione dell'integrazione della dimensione del "genere" nelle politiche dell’Unione tramite i seguenti strumenti:
migliorare la comprensione della situazione per quanto riguarda le questioni attinenti all’uguaglianza fra donne e uomini e l’integrazione della dimensione del "genere", segnatamente tramite la realizzazione di analisi e di studi e tramite l’elaborazione di statistiche e di indicatori, nonché valutare l’incidenza della legislazione, delle politiche e delle procedure in vigore;
sostenere l’applicazione della legislazione dell’UE in materia di uguaglianza fra donne e uomini tramite il potenziamento dei controlli, la formazione degli operatori e la creazione di reti riunenti organismi specializzati nelle questioni attinenti all'uguaglianza;
migliorare la sensibilizzazione, diffondere informazioni e sollecitare dibattiti sulle principali sfide e questioni politiche riguardanti l’uguaglianza fra donne e uomini, nonché l’integrazione della dimensione del "genere";
sviluppare la capacità delle principali reti dell’UE (ad esempio, degli esperti nazionali o delle organizzazioni non governative) di perseguire gli obiettivi politici dell’UE.
ACCESSO AL PROGRAMMA E PARTECIPAZIONE DEI PAESI TERZI
L’accesso al programma è aperto all’insieme delle organizzazioni, degli operatori e degli organismi pubblici e/o privati, segnatamente:
gli Stati membri;
i servizi pubblici per l’occupazione;
le autorità locali e regionali;
gli organismi specializzati previsti dalla legislazione dell’UE;
le parti sociali;
le organizzazioni non governative organizzate a livello dell’Unione;
le università e gli istituti di ricerca;
gli esperti in valutazioni;
gli istituti nazionali di statistica;
i media.
Il programma è del pari aperto alla partecipazione dei paesi del SEE, ai paesi candidati associati all’UE, nonché ai paesi dei Balcani occidentali partecipanti al processo di stabilizzazione e di associazione.
RICHIESTA DI SOSTEGNO
Le azioni possono essere finanziate attraverso gli strumenti seguenti:
un contratto di servizi aggiudicato in esito ad un invito a presentare offerte;
una sovvenzione parziale concessa in esito ad un invito a presentare proposte. In questo caso, il cofinanziamento dell’UE non può di norma superare l’80 % del totale dei costi a carico del beneficiario.
FINANZIAMENTO
Il budget proposto è di 683 250 000 milioni di euro per il periodo 2007-2013. La ripartizione dei fondi fra le diverse sezioni rispetta i limiti inferiori seguenti:
Occupazione: 23 %;
Protezione sociale e inserimento: 30 %;
Condizioni di lavoro: 10 %;
Lotta contro la discriminazione e diversità: 23 %;
Uguaglianza fra donne e uomini: 12 %.
Il 2 % rimanente è destinato alla copertura delle spese di gestione del programma.
Un budget di 60 milioni di euro è stato assegnato al nuovo strumento di microfinanziamento Progress a favore dell’occupazione e dell’inclusione sociale per il periodo 2007-2013.
SEMPLIFICAZIONE
L’approccio proposto contribuirà a perseguire l’obiettivo principale e consiste nel semplificare gli strumenti, tanto sul piano giuridico quanto dal punto di vista della gestione, nonché nel razionalizzare la struttura di bilancio.
Per svolgere il programma la Commissione si gioverà dell’assistenza di un comitato di programma unico, invece dei quattro precedenti.
SVILUPPI E VALUTAZIONE
La Commissione redige relazioni annuali di attività e provvede a trasmetterle al comitato del programma. Il programma è del pari oggetto di una valutazione intermedia. Una valutazione ex post sull’insieme del programma verrà realizzata dopo un anno da parte della Commissione, che si gioverà dell’assistenza di esperti esterni, al fine di misurare l’impatto degli obiettivi del programma e il suo valore aggiunto a livello dell’UE.
CONTESTO
Nella sua comunicazione del 2004 sul nuovo quadro finanziario 2007-2013, la Commissione ha definito la realizzazione dell’agenda per la politica sociale come uno strumento importante per contribuire all’obiettivo della competitività per la crescita e l’occupazione.
Per realizzare gli obiettivi di Lisbona, l’agenda sociale si basa su una combinazione di strumenti, segnatamente: la legislazione, il metodo aperto di coordinamento, il dialogo sociale europeo, il Fondo sociale europeo, nonché su un certo numero di altri strumenti finanziari gestiti direttamente dalla Commissione.
PROGRESS risponde alla volontà della Commissione di semplificare e di razionalizzare gli strumenti finanziari nel settore dell’occupazione e della politica sociale.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore - Data di scadenza
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 1672/2006/CE
1.1.2007 – 31.12.2013
-
GU L 315 del 15.11.2006
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 284/2010/UE
8.4.2010
-
GU L 87 del 7.4.2010
ATTI COLLEGATI
Decisione n. 283/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 marzo 2010, che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l’occupazione e l’inclusione sociale [Gazzetta ufficiale L 87 del 7.4.2010].
Il nuovo strumento di microfinanziamento Progress deve servire a finanziare:
la creazione di imprese o di attività indipendenti da parte delle persone escluse dal mercato del lavoro e da coloro che non hanno accesso al mercato del credito convenzionale;
le microimprese che impiegano persone colpite dall’esclusione sociale.
Questo strumento è destinato agli organismi pubblici e privati che offrono microfinanziamenti a persone o a microimprese.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 3 giugno 2009, intitolata "Un impegno comune per l'occupazione" [COM(2009) 257 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. | 14,826 | 485 |
32014R0912 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 912/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 luglio 2014
che istituisce un quadro per la gestione della responsabilità finanziaria connessa ai tribunali per la risoluzione delle controversie investitore-Stato istituiti da accordi internazionali di cui l’Unione europea è parte
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 207, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1),
considerando quanto segue:
(1)
Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, gli investimenti diretti esteri figurano nell’elenco delle materie attinenti alla politica commerciale comune. Conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), l’Unione ha competenza esclusiva riguardo alla politica commerciale comune e può essere parte di accordi internazionali contenenti disposizioni sugli investimenti diretti esteri.
(2)
Gli accordi che prevedono la protezione degli investimenti possono comprendere un meccanismo per la risoluzione delle controversie investitore-Stato che permette agli investitori dei paesi terzi di intentare un’azione contro lo Stato sul cui territorio hanno effettuato gli investimenti. Un procedimento di risoluzione di una controversia investitore-Stato può concludersi con la concessione di un risarcimento pecuniario. Inoltre, procedimenti di questo tipo comportano inevitabilmente costi rilevanti di gestione dell’arbitrato così come spese di difesa.
(3)
La responsabilità internazionale per un trattamento oggetto di un procedimento di risoluzione delle controversie è determinata sulla base della ripartizione di competenze tra l’Unione e gli Stati membri. Di conseguenza, spetta in via di principio all’Unione la responsabilità della difesa nei procedimenti aventi per oggetto la violazione di regole di un accordo che rientrano nell’ambito della competenza esclusiva dell’Unione, indipendentemente dal fatto che il trattamento in questione sia messo in atto dall’Unione o da uno Stato membro.
(4)
È opportuno che gli accordi conclusi dall’Unione offrano agli investitori stranieri lo stesso elevato livello di protezione che il diritto dell’Unione e i principi generali comuni alle legislazioni degli Stati membri garantiscono agli investitori all’interno dell’Unione, ma non superiore. Gli accordi conclusi dall’Unione dovrebbero assicurare che i poteri legislativi e il diritto a regolamentare dell’Unione siano rispettati e salvaguardati.
(5)
Se la responsabilità internazionale per il trattamento messo in atto è dell’Unione in quanto entità dotata di personalità giuridica, essa è tenuta, in base al diritto internazionale, al pagamento del risarcimento e delle spese di giudizio in ogni controversia. Una condanna al risarcimento può tuttavia intervenire sia nel caso di un trattamento messo in atto dall’Unione, sia nel caso di un trattamento messo in atto da uno Stato membro. Non sarebbe quindi equo porre a carico del bilancio dell’Unione il pagamento dei risarcimenti e dei costi dell’arbitrato quando il trattamento è stato messo in atto da uno Stato membro, tranne nel caso in cui il trattamento in questione sia prescritto dal diritto dell’Unione. È di conseguenza necessario ripartire la responsabilità finanziaria, secondo il diritto dell’Unione, tra l’Unione stessa e lo Stato membro responsabile del trattamento messo in atto sulla base dei criteri stabiliti dal presente regolamento.
(6)
Nella sua risoluzione del 6 aprile 2011 sulla futura politica europea in materia di investimenti internazionali, il Parlamento europeo ha espressamente sollecitato la creazione del meccanismo previsto dal presente regolamento. Inoltre, nelle conclusioni del 25 ottobre 2010 su una politica globale degli investimenti internazionali, il Consiglio ha invitato la Commissione a esaminare la questione.
(7)
La responsabilità finanziaria dovrebbe essere attribuita all’entità responsabile del trattamento giudicato non conforme alle pertinenti disposizioni dell’accordo. È quindi l’Unione stessa che dovrebbe assumere la responsabilità finanziaria quando il trattamento in questione è messo in atto da un’istituzione, organo, ufficio o agenzia dell’Unione. Se il trattamento in questione è messo in atto da uno Stato membro, la responsabilità finanziaria è dello Stato membro in questione. Tuttavia, se lo Stato membro agisce in un modo prescritto dal diritto dell’Unione, ad esempio dando attuazione a una direttiva adottata dall’Unione, è l’Unione stessa a dover assumere la responsabilità finanziaria, nella misura in cui il trattamento in questione è prescritto dal diritto dell’Unione. Il presente regolamento dovrebbe altresì prevedere la possibilità che un procedimento riguardi sia un trattamento messo in atto da uno Stato membro, sia un trattamento prescritto dal diritto dell’Unione, e coprire tutte le azioni degli Stati membri e dell’Unione In tali casi, gli Stati membri e l’Unione dovrebbero assumere la responsabilità finanziaria del trattamento specifico messo in atto da ciascuna delle due parti.
(8)
L’Unione dovrebbe sempre agire in qualità di parte convenuta quando una controversia riguarda esclusivamente un trattamento messo in atto da istituzioni, organi, uffici o agenzie dell’Unione, così da assumere la responsabilità finanziaria potenziale risultante dalla controversia secondo i criteri di cui sopra.
(9)
Se uno Stato membro assume la potenziale responsabilità finanziaria risultante da una controversia, è equo e opportuno che tale Stato agisca in qualità di parte convenuta per difendere il trattamento che ha riservato all’investitore. I meccanismi stabiliti nel presente regolamento sono intesi a garantire che il bilancio e le risorse non finanziarie dell’Unione non siano gravati, neppure temporaneamente, dai costi della disputa o dal risarcimento che lo Stato membro interessato sia condannato a pagare.
(10)
Gli Stati membri possono preferire, tuttavia, che l’Unione agisca in qualità di parte convenuta in questo tipo di controversie, ad esempio per ragioni di competenza tecnica. Gli Stati membri dovrebbero quindi avere la possibilità di astenersi dall’agire in qualità di parte convenuta, ferma restando la loro responsabilità finanziaria.
(11)
Affinché gli interessi dell’Unione possano essere adeguatamente salvaguardati, è essenziale che, in circostanze eccezionali, sia l’Unione stessa ad agire in qualità di parte convenuta in controversie che riguardano un trattamento messo in atto da uno Stato membro. Tali circostanze si limitano ai casi in cui la controversia riguarda anche un trattamento messo in atto dall’Unione, in cui il trattamento messo in atto da uno Stato membro è prescritto dal diritto dell’Unione e in cui un trattamento analogo è contestato in un’azione correlata intentata contro l’Unione in sede di Organizzazione mondiale del commercio (OMC), se è stata costituita una commissione (panel) e l’azione riguarda la medesima specifica questione giuridica e se è necessario per assicurare un’argomentazione coerente del caso in sede di OMC.
(12)
Se l’Unione agisce in qualità di parte convenuta in casi che riguardano provvedimenti adottati da uno Stato membro, la Commissione dovrebbe provvedere alla difesa in modo tale da proteggere gli interessi finanziari dello Stato membro in questione.
(13)
È opportuno che le decisioni su chi debba agire in qualità di convenuto tra l’Unione o uno Stato membro siano prese nel quadro stabilito dal presente regolamento. È opportuno che la Commissione informi immediatamente il Parlamento europeo e il Consiglio del modo in cui tale quadro è applicato.
(14)
Il presente regolamento dovrebbe prevedere alcune modalità pratiche per la conduzione dei procedimenti arbitrali in controversie relative al trattamento messo in atto da uno Stato membro. Tali modalità dovrebbero permettere la migliore gestione possibile delle controversie e garantire il rispetto dell’obbligo di leale cooperazione, di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea (TUE) e la difesa e la tutela degli interessi dello Stato membro interessato.
(15)
Quando l’Unione agisce in qualità di parte convenuta, tali modalità dovrebbero prevedere una cooperazione molto stretta, comprendente la notifica immediata di ogni fase significativa della procedura, la fornitura di documenti pertinenti, consultazioni frequenti e la partecipazione alla delegazione nei procedimenti.
(16)
Quando è uno Stato membro ad agire in qualità di parte convenuta, è opportuno che, conformemente all’obbligo di leale cooperazione previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, esso tenga informata la Commissione degli sviluppi del procedimento e, in particolare, assicuri un’informazione tempestiva su ogni fase significativa della procedura, la fornitura di documenti pertinenti, consultazioni frequenti e partecipazione alla delegazione nei procedimenti. È altresì opportuno che alla Commissione sia data un’adeguata possibilità di individuare eventuali questioni di diritto o qualsiasi altro elemento di interesse per l’Unione posto dalla controversia.
(17)
Fatto salvo il risultato del procedimento arbitrale, uno Stato membro dovrebbe essere in grado, in qualsiasi momento, di accettare di assumere la responsabilità finanziaria nel caso in cui debba essere pagato un risarcimento. In tal caso lo Stato membro e la Commissione dovrebbero poter concludere accordi per il pagamento periodico delle spese e per il pagamento del risarcimento. Tale accettazione non implica che lo Stato membro riconosca la fondatezza della richiesta di risarcimento oggetto della controversia. La Commissione dovrebbe, in un caso siffatto, poter adottare una decisione che imponga allo Stato membro di provvedere alle spese. Nel caso in cui il tribunale attribuisca a favore dell’Unione il pagamento delle spese, la Commissione dovrebbe disporre l’immediato rimborso allo Stato membro interessato di ogni anticipo sulle spese versato.
(18)
In alcuni casi può essere opportuno concludere una transazione per evitare un oneroso e inutile arbitrato. È necessario prevedere una procedura per la conclusione di tali transazioni, per mezzo della quale la Commissione, agendo secondo la procedura d’esame, possa comporre la controversia che comporta la responsabilità finanziaria dell’Unione, se questo è nell’interesse dell’Unione. Se la controversia riguarda anche il trattamento messo in atto da uno Stato membro, è opportuno che l’Unione possa comporre una controversia soltanto nel caso in cui la transazione non comporti ripercussioni finanziarie, né incidenza sul bilancio per lo Stato membro interessato. In tali casi, è opportuno che la Commissione e lo Stato membro interessato collaborino strettamente e si consultino. Lo Stato membro dovrebbe restare libero di comporre la controversia in qualsiasi momento, purché accetti la piena responsabilità finanziaria e la transazione sia compatibile con il diritto dell’Unione.
(19)
Se l’Unione è condannata a un risarcimento, tale risarcimento dovrebbe essere pagato senza indugio. La Commissione dovrebbe provvedere al relativo pagamento, a meno che uno Stato membro non abbia già accettato la responsabilità finanziaria.
(20)
La Commissione dovrebbe concertarsi strettamente con lo Stato membro interessato per raggiungere un accordo sulla ripartizione della responsabilità finanziaria. Se la Commissione stabilisce che la responsabilità è di uno Stato membro e lo Stato membro non accetta questa attribuzione, è opportuno che la Commissione provveda al pagamento del risarcimento, ma adotti altresì una decisione indirizzata allo Stato membro, con cui gli impone di versare al bilancio dell’Unione gli importi in questione, maggiorati dell’interesse applicabile. L’interesse da corrispondere dovrebbe essere calcolato in base all’articolo 78, paragrafo 4, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). L’articolo 263 TFUE è applicabile nei casi in cui uno Stato membro ritenga che la decisione non risponda ai criteri di cui al presente regolamento.
(21)
Il bilancio dell’Unione dovrebbe coprire le spese risultanti da accordi contenenti disposizioni sugli investimenti diretti esteri dei quali l’Unione è parte e che prevedono la risoluzione delle controversie investitore-Stato. Se la responsabilità finanziaria, ai sensi del presente regolamento, è degli Stati membri, l’Unione dovrebbe avere la possibilità o di accumulare i contributi finanziari dello Stato membro interessato prima e dare esecuzione alle spese in seguito, o di dare esecuzione alle spese prima ed essere rimborsata dallo Stato membro interessato in seguito. Dovrebbe essere possibile utilizzare entrambi i meccanismi di trattamento di bilancio, in funzione della fattibilità, in particolare in termini di tempo. Per entrambi i meccanismi, i contributi o i rimborsi versati dallo Stato membro interessato dovrebbero essere trattati come entrate con destinazione specifica interna del bilancio dell’Unione. Gli stanziamenti risultanti da tali entrate dovrebbero non solo coprire le spese in questione, ma anche potere essere utilizzati per riapprovvigionare altre parti del bilancio dell’Unione dalle quali sono stati prelevati inizialmente gli stanziamenti per l’esecuzione delle spese in questione nell’ambito del secondo meccanismo.
(22)
Per garantire condizioni uniformi di attuazione del presente regolamento, dovrebbero essere conferite alla Commissione competenze di esecuzione.
(23)
Le competenze di esecuzione in relazione all’articolo 9, paragrafi 2 e 3, all’articolo 13, paragrafo 1, all’articolo 14, paragrafo 8, all’articolo 15, paragrafo 3, e all’articolo 16, paragrafo 3, dovrebbero essere esercitate nei modi previsti dal regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(24)
È opportuno seguire la procedura consultiva per l’adozione delle decisioni che prevedono che l’Unione agisca in qualità di parte convenuta ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, dal momento che in tali casi è necessario il subentro dell’Unione nella difesa, ma ciò dovrebbe essere comunque soggetto al controllo degli Stati membri. Per l’adozione delle decisioni relative alla transazione delle controversie ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, è opportuno seguire la procedura consultiva, dato che tali decisioni avranno al più un’incidenza solo temporanea sul bilancio dell’Unione, in quanto lo Stato membro interessato dovrà assumere ogni responsabilità finanziaria risultante dalla controversia, e in ragione dei criteri dettagliati stabiliti nel presente regolamento per l’ammissibilità di tali transazioni,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Ambito di applicazione
1. Fatta salva la ripartizione di competenze stabilita dal TFUE, il presente regolamento si applica ai procedimenti di risoluzione delle controversie investitore-Stato condotti in forza di un accordo di cui l’Unione è parte, o di cui l’Unione e i suoi Stati membri sono parti, e promossi da un ricorrente di un paese terzo. In particolare, l’adozione e l’applicazione del presente regolamento lascia impregiudicata la delimitazione delle competenze stabilita dai trattati, anche in relazione al trattamento messo in atto dagli Stati membri o dall’Unione e contestato da un ricorrente in un procedimento di risoluzione delle controversie investitore-Stato condotto in forza di un accordo.
2. A fini informativi, la Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e tiene aggiornato un elenco degli accordi che rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
a) «accordo»: un accordo internazionale contenente disposizioni in materia di investimenti diretti esteri di cui l’Unione è parte, o di cui l’Unione e i suoi Stati membri sono parti, e che prevede un meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato;
b) «costi dell’arbitrato»: gli onorari e i costi del tribunale arbitrale, e dell’istituzione arbitrale nonché le spese di rappresentanza e le spese attribuite a favore del ricorrente dal tribunale arbitrale, quali i costi di traduzione, i costi relativi all’analisi giuridica ed economica e altri costi connessi con i procedimenti arbitrali;
c) «controversia»: un’azione legale intentata da un ricorrente nei confronti dell’Unione o di uno Stato membro in forza di un accordo e in merito alla quale si pronuncia un tribunale arbitrale;
d) «meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato»: un meccanismo previsto da un accordo, per mezzo del quale il ricorrente può intentare un’azione nei confronti dell’Unione o di uno Stato membro;
e) «Stato membro»: uno o più Stati membri dell’Unione europea;
f) «Stato membro interessato»: lo Stato membro che ha messo in atto il trattamento ritenuto incompatibile con l’accordo;
g) «responsabilità finanziaria»: l’obbligo di pagare un risarcimento pecuniario stabilito da un tribunale arbitrale o concordato nell’ambito di una transazione e comprendente i costi dell’arbitrato;
h) «transazione»: l’accordo concluso tra l’Unione o uno Stato membro o entrambi, da una parte, e un ricorrente, dall’altra, con cui quest’ultimo acconsente a recedere dall’azione legale in cambio del pagamento di una somma di denaro o di un’azione diversa dal pagamento in denaro; la transazione può essere registrata nella sentenza di un tribunale arbitrale;
i) «tribunale arbitrale»: la persona o l’organismo designato nell’ambito di un accordo, cui spetta statuire su una controversia investitore-Stato;
j) «ricorrente»: la persona fisica o giuridica che può promuovere un procedimento di risoluzione di una controversia investitore-Stato previsto da un accordo, o la persona fisica o giuridica che agisce legalmente in nome e per conto del ricorrente;
k) «diritto dell’Unione»: il TFUE e il TUE, nonché ogni atto giuridico dell’Unione citato all’articolo 288, secondo, terzo e quarto paragrafo TFUE, e ogni accordo internazionale di cui l’Unione è parte o l’Unione e i suoi Stati membri sono parti; ai soli fini del presente regolamento, per «diritto dell’Unione» non si intendono le disposizioni relative alla protezione degli investimenti previste nell’accordo;
l) «prescritto dal diritto dell’Unione»: il riferimento al trattamento in cui lo Stato membro interessato potrebbe aver evitato la presunta violazione dell’accordo solo non ottemperando a un obbligo prescritto dal diritto dell’Unione, come nel caso in cui detto Stato non disponga di discrezionalità o di margine di valutazione quanto al risultato da conseguire.
CAPO II
ATTRIBUZIONE DELLA RESPONSABILITÀ FINANZIARIA
Articolo 3
Criteri di attribuzione
1. La responsabilità finanziaria risultante da una controversia nell’ambito di un accordo è attribuita secondo i seguenti criteri:
a)
l’Unione assume la responsabilità finanziaria risultante dal trattamento messo in atto dalle istituzioni, dagli organi, uffici o agenzie dell’Unione;
b)
lo Stato membro interessato assume la responsabilità finanziaria risultante dal trattamento che esso ha messo in atto;
c)
in deroga alla lettera b), l’Unione assume la responsabilità finanziaria risultante dal trattamento messo in atto da uno Stato membro nel caso in cui tale trattamento sia prescritto dal diritto dell’Unione.
Nonostante il primo comma, lettera c), se lo Stato membro interessato è tenuto, in forza del diritto dell’Unione, ad agire per porre rimedio all’incompatibilità con il diritto dell’Unione di un precedente atto, esso assume la responsabilità finanziaria, a meno che tale precedente atto non sia stato prescritto dal diritto dell’Unione.
2. Nei casi previsti dal presente regolamento, la Commissione adotta una decisione che determina la responsabilità finanziaria dello Stato membro interessato secondo i criteri di cui al paragrafo 1. Il Parlamento europeo e il Consiglio sono informati di tale decisione.
3. Nonostante il paragrafo 1 del presente articolo, lo Stato membro interessato assume la responsabilità finanziaria:
a)
se ha accettato la responsabilità finanziaria potenziale ai sensi dell’articolo 12; o
b)
se conclude una transazione ai sensi dell’articolo 15.
4. Fatto salvo il paragrafo 1 del presente articolo, l’Unione assume la responsabilità finanziaria se agisce in qualità di parte convenuta in virtù dell’articolo 4.
CAPO III
CONDUZIONE DELLE CONTROVERSIE
SEZIONE 1
Conduzione delle controversie riguardanti un trattamento messo in atto dall’Unione
Articolo 4
Trattamento messo in atto dall’Unione
1. L’Unione agisce in qualità di parte convenuta quando la controversia riguarda un trattamento messo in atto dalle istituzioni, dagli organi, uffici o dalle agenzie dell’Unione.
2. Se riceve una richiesta di consultazioni presentata da un ricorrente o una notifica dell’intenzione di un ricorrente di aprire un procedimento arbitrale in conformità di un accordo, la Commissione lo comunica immediatamente al Parlamento europeo e al Consiglio.
SEZIONE 2
Conduzione delle controversie riguardanti un trattamento messo in atto da uno Stato membro
Articolo 5
Trattamento messo in atto da uno Stato membro
La presente sezione si applica alle controversie riguardanti, in tutto o in parte, un trattamento messo in atto da uno Stato membro.
Articolo 6
Cooperazione e consultazioni tra la Commissione e lo Stato membro interessato
1. In virtù del principio di leale cooperazione, di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, la Commissione e lo Stato membro interessato adottano tutte le misure necessarie per difendere e tutelare gli interessi dell’Unione e dello Stato membro interessato.
2. La Commissione e lo Stato membro interessato si consultano su come gestire le controversie a norma del presente regolamento, tenendo presente le scadenze fissate nel presente regolamento e nell’accordo in questione, e mettono in comune le informazioni eventualmente necessarie alla conduzione delle controversie.
Articolo 7
Richiesta di consultazioni
1. Se riceve una richiesta di consultazioni presentata da un ricorrente in conformità di un accordo, la Commissione ne informa immediatamente lo Stato membro interessato. Se uno Stato membro è stato informato di una richiesta di consultazioni o ha ricevuto una richiesta di consultazioni, esso ne informa immediatamente la Commissione.
2. I rappresentanti dello Stato membro interessato e della Commissione fanno parte della delegazione dell’Unione che partecipa alle consultazioni.
3. Lo Stato membro interessato e la Commissione si trasmettono immediatamente tutte le informazioni che possono essere pertinenti al caso.
4. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio su tali richieste di consultazioni.
Articolo 8
Notifica dell’intenzione di aprire un procedimento arbitrale
1. Se riceve notifica dell’intenzione di un ricorrente di aprire un procedimento arbitrale in conformità di un accordo, la Commissione lo comunica immediatamente allo Stato membro interessato. Quando un ricorrente dichiara di voler aprire un procedimento arbitrale contro l’Unione o contro uno Stato membro, la Commissione comunica al Parlamento europeo e al Consiglio, entro 15 giorni lavorativi dal ricevimento della notifica, il nome del ricorrente, le disposizioni dell’accordo presumibilmente violate, il settore economico interessato, il trattamento che si suppone abbia violato l’accordo e l’importo del risarcimento richiesto.
2. Se uno Stato membro riceve notifica dell’intenzione di un ricorrente di aprire un procedimento arbitrale lo comunica immediatamente alla Commissione.
3. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio su tali notifiche dell’intenzione di aprire un procedimento arbitrale.
Articolo 9
Status di parte convenuta
1. Lo Stato membro interessato agisce in qualità di parte convenuta, eccetto nelle situazioni seguenti:
a)
la Commissione, in seguito alle consultazioni ai sensi dell’articolo 6, ha adottato una decisione ai sensi dei paragrafi 2 o 3 del presente articolo entro 45 giorni dalla data di ricezione della notifica o della comunicazione di cui all’articolo 8; oppure
b)
lo Stato membro in seguito alle consultazioni ai sensi dell’articolo 6 ha confermato per iscritto alla Commissione che non intende agire in qualità di parte convenuta entro 45 giorni dalla data di ricezione della notifica o della comunicazione di cui all’articolo 8.
Se si presenta una delle situazioni di cui alle lettere a) o b), l’Unione agisce in qualità di parte convenuta.
2. La Commissione, sulla base di un’analisi fattuale completa e bilanciata nonché di una motivazione giuridica fornita agli Stati membri, ai sensi della procedura consultiva di cui all’articolo 22, paragrafo 2, può decidere mediante atti di esecuzione che l’Unione agisca in qualità di parte convenuta se si danno una o più delle seguenti circostanze:
a)
l’Unione assume in toto, o almeno in parte, la potenziale responsabilità finanziaria risultante dalla controversia secondo i criteri di cui all’articolo 3; o
b)
la controversia riguarda anche un trattamento messo in atto dalle istituzioni, dagli organi, dagli uffici o dalle agenzie dell’Unione.
3. La Commissione può decidere mediante atti di esecuzione, sulla base di un’analisi fattuale completa e bilanciata, nonché di una motivazione giuridica fornita agli Stati membri, ai sensi della procedura di esame di cui all’articolo 22, paragrafo 3, che l’Unione debba agire in qualità di parte convenuta se un trattamento analogo è contestato in un’azione correlata intentata contro l’Unione in sede di OMC, se è stata costituita una commissione (panel) e l’azione riguarda la medesima specifica questione giuridica e se è necessario per assicurare un’argomentazione coerente del caso in sede di OMC.
4. La Commissione, agendo in conformità del presente articolo, garantisce che la difesa dell’Unione tuteli gli interessi finanziari dello Stato membro interessato.
5. Non appena ricevono la notifica o la comunicazione di cui all’articolo 8, la Commissione e lo Stato membro interessato si consultano, a norma dell’articolo 6, su come gestire il caso in conformità del presente articolo. La Commissione e lo Stato membro interessato provvedono a che siano rispettate le scadenze fissate nell’accordo.
6. Quando l’Unione agisce in qualità di parte convenuta, a norma dei paragrafi 2 e 5, la Commissione consulta lo Stato membro interessato in merito agli atti o alle osservazioni prima di metterli a punto e di presentarli. I rappresentanti dello Stato membro interessato, su richiesta dello Stato membro e a sue spese, partecipano alla delegazione dell’Unione nelle udienze e la Commissione tiene in debito conto gli interessi dello Stato membro.
7. La Commissione informa immediatamente il Parlamento europeo e il Consiglio di ogni controversia in cui è applicato il presente articolo e del modo in cui esso è stato applicato.
Articolo 10
Conduzione del procedimento arbitrale da parte di uno Stato membro
1. Qualora agisca in qualità di parte convenuta, in tutte le fasi della controversia, compresi un eventuale annullamento, ricorso o riesame, lo Stato membro, ai sensi dell’articolo 6:
a)
fornisce per tempo alla Commissione i documenti rilevanti relativi al procedimento;
b)
informa per tempo la Commissione di tutte le principali fasi della procedura e, su richiesta, procede a consultazioni con la Commissione allo scopo di tenere debitamente conto di eventuali questioni di diritto o di qualsiasi altro elemento di interesse per l’Unione posto dalla controversia e identificato dalla Commissione in un’analisi scritta non vincolante fornita allo Stato membro interessato; e
c)
autorizza i rappresentanti della Commissione, su richiesta e a spese di quest’ultima, a far parte della delegazione che rappresenta lo Stato membro.
2. La Commissione fornisce allo Stato membro i documenti del caso relativi al procedimento, in modo da garantire una difesa quanto più efficace possibile.
3. Non appena è pronunciata la sentenza, lo Stato membro ne informa la Commissione, la quale a sua volta informa il Parlamento europeo e il Consiglio.
Articolo 11
Conduzione del procedimento arbitrale da parte dell’Unione
1. Ai sensi dell’articolo 6, se l’Unione agisce in qualità di parte convenuta in una controversia in cui lo Stato membro assumerebbe in tutto o in parte la potenziale responsabilità finanziaria, nel corso del procedimento arbitrale si applicano le seguenti disposizioni:
a)
la Commissione adotta tutte le misure necessarie per difendere e tutelare gli interessi dello Stato membro in questione;
b)
lo Stato membro interessato fornisce alla Commissione l’assistenza necessaria;
c)
la Commissione fornisce allo Stato membro interessato i documenti del caso relativi al procedimento, tiene informato lo Stato membro di tutte le fasi principali della procedura e procede a consultazioni con lo stesso, ogniqualvolta esso lo richieda, in modo da garantire una difesa quanto più efficace possibile;
d)
la Commissione e lo Stato membro interessato preparano la difesa in stretta collaborazione reciproca; e
e)
la delegazione dell’Unione nel procedimento comprende la Commissione e i rappresentanti dello Stato membro interessato, a meno che quest’ultimo non informi la Commissione della sua intenzione di non far parte della delegazione dell’Unione nel procedimento.
2. La Commissione informa periodicamente il Parlamento europeo e il Consiglio in merito all’andamento del procedimento arbitrale di cui al paragrafo 1.
Articolo 12
Accettazione da parte dello Stato membro interessato della potenziale responsabilità finanziaria quando la parte convenuta è l’Unione
Se è l’Unione ad agire in qualità di parte convenuta in una controversia in cui uno Stato membro dovrebbe assumere in tutto o in parte la potenziale responsabilità finanziaria, lo Stato membro interessato può, in qualsiasi momento, accettare ogni potenziale responsabilità finanziaria risultante dall’arbitrato. A questo scopo, lo Stato membro interessato e la Commissione possono concludere accordi che prevedono, tra l’altro:
a)
meccanismi per il pagamento periodico delle spese risultanti dall’arbitrato;
b)
meccanismi per il pagamento dei risarcimenti a carico dell’Unione.
CAPO IV
TRANSAZIONI DELLE CONTROVERSIE QUANDO LA PARTE CONVENUTA È L’UNIONE
Articolo 13
Transazione delle controversie relative a un trattamento messo in atto dall’Unione
1. Se la Commissione ritiene che la transazione di una controversia relativa a un trattamento messo in atto esclusivamente dall’Unione sia nell’interesse dell’Unione, essa può adottare un atto di esecuzione per approvare la transazione. Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 22, paragrafo 3.
2. Se una transazione comporta potenzialmente un’azione diversa dal pagamento di una somma di denaro, si applicano le procedure idonee per tale azione.
Articolo 14
Transazione delle controversie relative a un trattamento messo in atto, in tutto o in parte, da uno Stato membro quando l’Unione intende comporre la controversia
1. Se l’Unione è parte convenuta in una controversia relativa a un trattamento messo in atto, in tutto o in parte, da uno Stato membro e la Commissione ritiene che la transazione della controversia rientri negli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione consulta dapprima lo Stato membro interessato ai sensi dell’articolo 6. Anche lo Stato membro può avviare tali consultazioni con la Commissione.
2. Se la Commissione e lo Stato membro interessato acconsentono a comporre la controversia, lo Stato membro interessato si adopera per concludere un accordo con la Commissione che definisca gli elementi necessari per la negoziazione e l’attuazione della transazione.
3. Se l’Unione è parte convenuta in una controversia in virtù della quale sorgerebbe la responsabilità finanziaria di uno Stato membro e quando non è coinvolta alcuna responsabilità finanziaria dell’Unione, solo lo Stato membro interessato può comporre la controversia, conformemente all’articolo 15.
4. Se l’Unione è parte convenuta ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), la Commissione può, previe consultazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, decidere di comporre la controversia qualora la transazione rientri negli interessi finanziari dell’Unione. Nel prendere questa decisione la Commissione fornisce un’analisi fattuale completa e bilanciata nonché una motivazione giuridica che dimostrino gli interessi finanziari dell’Unione.
5. Se l’Unione è parte convenuta in una controversia ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, che comporta soltanto la responsabilità finanziaria dell’Unione e quando non è coinvolta alcuna responsabilità finanziaria dello Stato membro, la Commissione può decidere di comporre la controversia.
6. Se l’Unione è parte convenuta in una controversia ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, che comporta la responsabilità finanziaria dell’Unione e di uno Stato membro, la Commissione non può comporre la controversia senza l’accordo dello Stato membro interessato, il quale può presentare un’analisi completa dell’impatto della proposta di transazione sui propri interessi finanziari. Se lo Stato membro non concorda sulla composizione della controversia, la Commissione può decidere comunque di comporre la controversia, a condizione che la transazione non comporti, per lo Stato membro interessato, ripercussioni finanziarie né incidenza sul bilancio sulla base di un’analisi fattuale completa e bilanciata, nonché di una motivazione giuridica, tenendo conto dell’analisi dello Stato membro e dimostrando gli interessi finanziari dell’Unione e dello Stato membro interessato. In tal caso, l’articolo 19 non si applica.
7. I termini della transazione di cui ai paragrafi 4, 5 e 6 non includono azioni da parte dello Stato membro interessato diverse dal pagamento di una somma di denaro.
8. Le transazioni di cui al presente articolo sono approvate mediante atti di esecuzione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 22, paragrafo 3.
Articolo 15
Transazione delle controversie relative a un trattamento messo in atto esclusivamente da uno Stato membro quando lo Stato membro intende comporre la controversia
1. Se l’Unione è parte convenuta in una controversia esclusivamente relativa a un trattamento messo in atto da uno Stato membro, lo Stato membro interessato può proporre di comporre la controversia se:
a)
esso accetta ogni potenziale responsabilità finanziaria risultante dalla transazione;
b)
la transazione è esecutiva solo nei confronti dello Stato membro interessato; e
c)
i termini della transazione sono compatibili con il diritto dell’Unione.
2. La Commissione e lo Stato membro interessato procedono a consultazioni per valutare l’intenzione di uno Stato membro di comporre una controversia.
3. Lo Stato membro interessato notifica alla Commissione il progetto di transazione. Il progetto di transazione è considerato accettato dalla Commissione, salvo diversa decisione della stessa entro novanta giorni dalla notifica del progetto di transazione da parte dello Stato membro, adottato mediante atti di esecuzione secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 22, paragrafo 2, motivata dalla non rispondenza del progetto di transazione a tutte le condizioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Una volta accettato il progetto di transazione, la Commissione adotta tutte le misure necessarie per dare attuazione alle transazioni.
Articolo 16
Transazione delle controversie relative a un trattamento messo in atto, in parte, da uno Stato membro quando tale Stato membro intende comporre la controversia
1. Se l’Unione è parte convenuta in una controversia relativa a un trattamento messo in atto, in parte, da uno Stato membro e lo Stato membro ritiene che la transazione della controversia rientri nei propri interessi finanziari, essa consulta dapprima la Commissione ai sensi dell’articolo 6.
2. Se la Commissione e lo Stato membro interessato acconsentono a comporre la controversia, lo Stato membro interessato si adopera per concludere un accordo con la Commissione che definisca gli elementi necessari per la negoziazione e l’attuazione della transazione.
3. Qualora non acconsenta a comporre la controversia, la Commissione può decidere di rifiutare di comporla sulla base di un’analisi fattuale completa e bilanciata, nonché di una motivazione giuridica fornita agli Stati membri, ai sensi della procedura di esame di cui all’articolo 22, paragrafo 3.
CAPO V
PAGAMENTO DEL RISARCIMENTO STABILITO DA UN LODO DEFINITIVO O PREVISTO DA UNA TRANSAZIONE
Articolo 17
Ambito di applicazione
Il presente capo si applica quando l’Unione agisce in qualità di parte convenuta in una controversia.
Articolo 18
Procedura per il pagamento del risarcimento stabilito da un lodo o previsto da una transazione
1. Il ricorrente che ha ottenuto un risarcimento stabilito da un lodo definitivo nell’ambito di un accordo può presentare alla Commissione una richiesta di pagamento del risarcimento. La Commissione procede al pagamento, tranne nel caso in cui lo Stato membro interessato abbia accettato la responsabilità finanziaria ai sensi dell’articolo 12, nel qual caso è lo Stato membro che effettua il pagamento.
2. Se una transazione ai sensi dell’articolo 13 o dell’articolo 14 non è registrata in una sentenza, il ricorrente può presentare alla Commissione una richiesta di pagamento del risarcimento previsto dalla transazione. La Commissione procede al pagamento entro i termini stabiliti nella transazione.
Articolo 19
Procedura in assenza di accordo sulla responsabilità finanziaria
1. Se l’Unione agisce in qualità di parte convenuta ai sensi dell’articolo 9 e la Commissione ritiene che il risarcimento stabilito da un lodo o previsto da una transazione o i costi dell’arbitrato debbano essere pagati, in tutto o in parte, dallo Stato membro interessato sulla base dei criteri di cui all’articolo 3, paragrafo 1, si applica la procedura di cui ai paragrafi da 2 a 5 del presente articolo.
2. La Commissione e lo Stato membro interessato si consultano immediatamente per trovare un accordo sulla responsabilità finanziaria dello Stato membro interessato e, se del caso, dell’Unione.
3. Entro tre mesi dal ricevimento da parte della Commissione della richiesta di pagamento del risarcimento stabilito dal lodo definitivo o previsto dalla transazione o dai costi dell’arbitrato, la Commissione adotta una decisione indirizzata allo Stato membro interessato, che determina la somma che lo Stato membro deve pagare. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio di tale decisione e della sua motivazione finanziaria.
4. Se, entro due mesi dall’entrata in vigore della decisione di cui al paragrafo 3, non solleva obiezioni contro la determinazione della Commissione, lo Stato membro interessato, entro sei mesi dall’entrata in vigore di tale determinazione, versa al bilancio dell’Unione la somma corrispondente al risarcimento stabilito dal lodo o previsto dalla transazione o ai costi dell’arbitrato. Lo Stato membro interessato è tenuto a versare l’interesse maturato, calcolato al tasso applicabile alle altre somme dovute al bilancio dell’Unione.
5. Se lo Stato membro interessato solleva obiezioni e la Commissione non accoglie l’obiezione dello Stato membro, essa adotta entro sei mesi dal ricevimento dell’obiezione dello Stato membro una decisione che impone allo Stato membro interessato di rimborsare la somma versata dalla Commissione, maggiorata dell’interesse calcolato al tasso applicabile alle altre somme dovute al bilancio dell’Unione.
6. Le decisioni della Commissione di cui ai paragrafi 3 e 5 sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 20
Versamento di anticipi sui costi dell’arbitrato
1. La Commissione può adottare una decisione che impone allo Stato membro interessato di versare in anticipo contributi finanziari al bilancio dell’Unione per coprire i costi, previsti o sostenuti, dell’arbitrato. Tale decisione relativa ai contributi finanziari è proporzionata e tiene conto dei criteri di cui all’articolo 3.
2. Se i costi dell’arbitrato sono attribuiti dal tribunale arbitrale a favore dell’Unione e lo Stato membro interessato ha versato anticipi periodici su tali costi, la Commissione dispone che le somme versate siano trasferite allo Stato membro, maggiorate dell’interesse calcolato al tasso applicabile alle altre somme dovute al bilancio dell’Unione.
Articolo 21
Pagamento da parte di uno Stato membro
Il rimborso o il versamento di uno Stato membro al bilancio dell’Unione per il pagamento del risarcimento stabilito da un lodo o previsto da una transazione o di costi dell’arbitrato, compresi quelli di cui all’articolo 20, paragrafo 1, del presente regolamento, sono considerati entrate con destinazione specifica interna ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 4, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012. Essi possono essere utilizzati per coprire le spese risultanti da accordi conclusi in applicazione dell’articolo 218 TFUE che prevedono la risoluzione delle controversie investitore-Stato o per ricostituire gli stanziamenti inizialmente destinati a coprire il pagamento del risarcimento stabilito da un lodo o previsto da una transazione o i costi dell’arbitrato.
CAPO VI
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 22
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato per gli accordi di investimento istituito dal regolamento (UE) n. 1219/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Tale comitato è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 23
Relazioni e riesame
1. La Commissione presenta a intervalli regolari al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione dettagliata sull’attuazione del presente regolamento. Tale relazione contiene tutte le informazioni pertinenti, tra cui l’elenco delle azioni intentate nei confronti dell’Unione o degli Stati membri, i relativi procedimenti e lodi, nonché l’incidenza finanziaria sul bilancio dell’Unione. La prima relazione è trasmessa entro il 18 settembre 2019. Le relazioni successive sono trasmesse in seguito ogni tre anni.
2. La Commissione presenta ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio un elenco delle richieste di consultazioni presentate dai ricorrenti, delle azioni e dei lodi arbitrali.
3. Insieme alla relazione di cui al paragrafo 1 e sulla base delle proprie conclusioni, la Commissione può anche presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta di modifica del presente regolamento.
Articolo 24
Controversie di cui agli accordi conclusi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento
Relativamente alle controversie di cui agli accordi contemplati dall’articolo 1 e conclusi anteriormente al 17 settembre 2014, il presente regolamento si applica soltanto alle controversie relative a un trattamento messo in atto successivamente al 17 settembre 2014 e quando la domanda di arbitrato è stata introdotta successivamente al 17 settembre 2014.
Articolo 25
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
S. GOZI
(1) Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 luglio 2014.
(2) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento del Consiglio (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(3) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(4) Regolamento (UE) n. 1219/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, che stabilisce disposizioni transitorie per gli accordi bilaterali conclusi tra Stati membri e paesi terzi in materia di investimenti (GU L 351 del 20.12.2012, pag. 40).
Dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione
L’adozione e l’applicazione del presente regolamento non pregiudicano la ripartizione delle competenze stabilita dai trattati e non devono essere interpretate come un esercizio della competenza concorrente da parte dell’Unione in settori in cui la competenza dell’Unione non è stata esercitata. | Controversie fra investitori stranieri e governi dell’Unione europea
Il regolamento chiarisce la responsabilità finanziaria fra l’Unione europea e i suoi paesi quando un investitore di un paese terzo intenta un’azione per la violazione di un accordo internazionale di cui l’UE è parte.
ATTO
Regolamento (UE) n. 912/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, che istituisce un quadro per la gestione della responsabilità finanziaria connessa ai tribunali per la risoluzione delle controversie investitore-Stato istituiti da accordi internazionali di cui l’Unione europea è parte.
SINTESI
Il regolamento chiarisce la responsabilità finanziaria fra l’Unione europea e i suoi paesi quando un investitore di un paese terzo intenta un’azione per la violazione di un accordo internazionale di cui l’UE è parte.
COSA FA QUESTO REGOLAMENTO?
In base al trattato di Lisbona, gli investimenti diretti esteri, per i quali l’Unione europea ha competenza esclusiva, sono diventati parte della politica commerciale dell’UE. Ciò significa che la Commissione europea negozia per conto dei paesi dell’UE la parte relativa all’investimento degli accordi commerciali conclusi con i paesi terzi. Tali accordi possono includere un meccanismo per la risoluzione delle controversie investitore-Stato. Si tratta di una misura protettiva che dà il diritto agli investitori provenienti dai paesi terzi interessati di intraprendere azioni legali nei confronti di un paese dell’UE in cui hanno investito il denaro. Le azioni legali si basano su una presunta violazione degli accordi internazionali.
Le nuove norme stabiliscono se i costi finanziari, compreso il risarcimento, derivanti dai contenziosi debbano essere sostenuti dall’Unione europea, rappresentata dalla Commissione, o dai governi europei.
PUNTI CHIAVE
Criteri per chiarire la ripartizione delle responsabilità finanziarie
1.L’UE sostiene i costi finanziari quando l’azione intentata da un investitore riguarda una misura messa in atto da un’istituzione, organo o agenzia dell’Unione.
2.Il paese dell’UE sostiene i costi finanziari quando l’azione intentata da un investitore riguarda una misura messa in atto dal paese.
3.Se una misura è messa in atto da un paese dell’UE, ma è richiesta da una legislazione comunitaria, in tal caso l’UE è finanziariamente responsabile.
Procedimento
Cooperazione e consultazioni: la Commissione e il paese dell’UE interessato da una controversia devono collaborare, consultarsi e condividere informazioni. Il regolamento prevede anche regole di comportamento nel caso in cui il procedimento arbitrale (procedimento per risolvere la controversia) sia condotto dall’UE e dal paese dell’UE in questione.
Disaccordo sulla responsabilità finanziaria: dove l’UE è il convenuto nella controversia e la Commissione ritiene che il paese dell’UE in questione sia in realtà responsabile per i costi derivanti dall’arbitrato, le due parti devono raggiungere un accordo l’una con l’altra.
Se il paese dell’UE non è d’accordo con l’altra parte, la Commissione può adottare una decisione che costringe il paese in questione a rimborsare l’importo pagato.
QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica a decorrere dal 17 settembre 2014.
Ulteriori informazioni sono disponibili nel sito web della direzione generale del Commercio della Commissione europea.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 912/2014
17.9.2014
-
GU L 257 del 28.8.2014, pagg. 121-134 | 14,438 | 1,150 |
32013D0698 | false | DECISIONE 2013/698/PESC DEL CONSIGLIO
del 25 novembre 2013
a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 26, paragrafo 2, e l’articolo 31, paragrafo 1,
vista la proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 13 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato una strategia europea in materia di sicurezza in cui venivano identificate cinque sfide di fondo cui l’Unione è confrontata: il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata. Le conseguenze della produzione, del trasferimento e della circolazione illegali delle armi convenzionali, incluse le armi leggere e di piccolo calibro («SALW»), e la loro accumulazione eccessiva e diffusione incontrollata sono centrali per quattro delle cinque sfide. Esse alimentano l’insicurezza nell’Africa subsahariana, in Medio Oriente e in molte altre regioni del mondo, esacerbando il conflitto e minacciando la rappacificazione post bellica, ponendo in tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza.
(2)
Il 15 e 16 dicembre 2005 il Consiglio ha adottato la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illegali di SALW e relative munizioni («strategia dell’UE sulle SALW»), che stabilisce gli orientamenti per l’azione dell’UE nel settore delle SALW. Tale strategia individua nell’Africa il continente più colpito dall’accumulazione e dalla diffusione illegale di SALW. Riconosce inoltre che la problematica del trasferimento di SALW verso l’Africa sub-sahariana non può essere isolata dal problema delle fonti del trasferimento stesso e indica che dovrebbe essere presa in considerazione in particolare la questione dei mezzi di diffusione delle SALW in Africa, compresi intermediazione e trasporto illegali.
(3)
La strategia dell’UE sulle SALW asserisce inoltre che l’Unione dovrebbe rafforzare e appoggiare i meccanismi di sorveglianza delle sanzioni e sostenere il rafforzamento dei controlli delle esportazioni, nonché la promozione della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio (1) attraverso, tra l’altro, la promozione di misure sulla trasparenza.
(4)
Con il programma di azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di SALW in tutti i suoi aspetti («programma di azione dell’ONU»), adottato il 20 luglio 2001, tutti gli Stati membri dell’ONU si sono impegnati a prevenire il traffico illegale di SALW o la loro diversione verso destinatari non autorizzati e, in particolare, a tener conto del rischio di diversione di SALW verso il commercio illegale nel valutare le domande di autorizzazioni di esportazione.
(5)
L’8 dicembre 2005 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato uno strumento internazionale volto a consentire agli Stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, SALW illegali.
(6)
Nel 2007 il partenariato strategico Africa-UE ha definito la prevenzione del commercio illegale e dell’accumulazione eccessiva di SALW un ambito in cui intervenire potenziando la creazione di capacità, il collegamento in rete, la cooperazione e lo scambio di informazioni.
(7)
Nella seconda conferenza di riesame del 2012 del programma di azione dell’ONU, tutti gli Stati membri dell’ONU hanno ribadito l’impegno a prevenire il traffico illegale di SALW, inclusa la loro diversione verso destinatari non autorizzati, nonché gli impegni contenuti nel programma di azione dell’ONU concernenti la valutazione delle domande di autorizzazioni di esportazione.
(8)
Il 2 aprile 2013 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato il testo del trattato sul commercio di armi (ATT). L’obiettivo del trattato è stabilire norme internazionali comuni quanto più possibile elevate per disciplinare o migliorare la regolamentazione del commercio internazionale di armi convenzionali, prevenire e sradicare il commercio illegale di armi convenzionali e impedirne la diversione. L’Unione dovrebbe sostenere tutti gli Stati membri dell’ONU per attuare controlli efficaci sul trasferimento di armi al fine di assicurare che l’ATT, alla sua entrata in vigore, sia quanto più efficace, in particolare riguardo all’attuazione del suo articolo 11.
(9)
L’Unione intende pertanto finanziare il meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di cui sopra,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
In vista dell’attuazione della strategia dell’UE sulle SALW e della promozione della pace e della sicurezza, le attività di progetto che saranno sostenute dall’Unione si prefiggono i seguenti obiettivi specifici:
—
creazione di un sistema mondiale di gestione delle informazioni, accessibile e di facile impiego, sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico («iTrace») al fine di fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi convenzionali le informazioni pertinenti e consentire loro di sviluppare strategie e progetti efficaci basati su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali;
—
condotta di ricerche sul campo concernenti SALW e altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti e inserimento di tutte le prove raccolte nel sistema di gestione delle informazioni,
—
centralizzazione della documentazione di rilevanza politica esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali nel sistema mondiale di gestione delle informazioni, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali dell’ONU e al programma di azione dell’ONU sul commercio illegale di SALW, i testi degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell’ONU, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali,
—
aumento della sensibilizzazione sui risultati del progetto, promozione della finalità e delle funzioni disponibili dell’iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazioni di armi e rafforzamento della capacità internazionale di monitorare la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, nonché di assistere i responsabili delle politiche nell’individuazione dei settori prioritari per l’assistenza e la cooperazione internazionali e di ridurre il rischio di diversione delle SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace,
—
stesura di relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace, concernenti settori specifici che meritano attenzione internazionale, inclusi i principali modelli di traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e la distribuzione regionale delle armi e munizioni oggetto di traffico.
L’Unione finanzia il progetto, descritto in dettaglio nell’allegato alla presente decisione.
Articolo 2
1. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell’attuazione della presente decisione.
2. L’esecuzione tecnica del progetto di cui all’articolo 1 è realizzata da Conflict Armament Research Ltd. («CAR»).
3. CAR svolge i suoi compiti sotto la responsabilità dell’AR. A tal fine l’AR stabilisce le necessarie modalità con CAR.
Articolo 3
1. L’importo di riferimento finanziario per l’esecuzione del progetto di cui all’articolo 1 è pari a 2 320 000 EUR. Il bilancio totale stimato per l’intero progetto è pari a 2 416 667 EUR, messi a disposizione attraverso il cofinanziamento con CAR.
2. Le spese finanziate con l’importo di cui al paragrafo 1 sono gestite secondo le procedure e le norme applicabili al bilancio generale dell’Unione.
3. La Commissione vigila sulla corretta gestione dell’importo di riferimento finanziario di cui al paragrafo 1. A tal fine, conclude il necessario accordo con CAR. L’accordo stabilisce che CAR deve assicurare la visibilità del contributo dell’Unione in funzione della sua entità.
4. La Commissione si adopera per concludere l’accordo di cui al paragrafo 3 non appena possibile dopo l’entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio di ogni difficoltà in tale procedimento e della data di conclusione di tale accordo.
Articolo 4
1. L’AR riferisce al Consiglio in merito all’attuazione della presente decisione sulla base di relazioni periodiche trimestrali preparate da CAR. Su tali relazioni si basa la valutazione del Consiglio.
2. La Commissione riferisce sugli aspetti finanziari del progetto di cui all’articolo 1.
Articolo 5
1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di cui all’articolo 3, paragrafo 3. Tuttavia, essa cessa di produrre effetti sei mesi dopo la data della sua entrata in vigore se non è stato concluso alcun accordo entro tale termine.
Fatto a Bruxelles, il 25 novembre 2013
Per il Consiglio
Il presidente
D. PAVALKIS
(1) Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell’8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99).
ALLEGATO
Meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali iTrace
1. Contesto e motivazione del sostegno PESC
1.1. La presente decisione si basa sulle successive decisioni del Consiglio per combattere l’impatto destabilizzante della diversione e del traffico delle SALW e di altre armi convenzionali. La proliferazione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali è un importante fattore che compromette la stabilità degli Stati ed esacerba i conflitti, ponendo tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza. Come indicato nella strategia dell’UE sulle SALW, l’Africa resta il continente più colpito dalle conseguenze dei conflitti interni, che sono aggravati dall’influenza destabilizzante delle SALW. Il numero di operazioni di mantenimento della pace e di embargo sulle armi in Africa illustra da solo con chiarezza l’entità della minaccia che l’accumulazione e la diffusione illegali di SALW e di altre armi convenzionali rappresenta per gli Stati africani. La proliferazione illegale di SALW e di altre armi convenzionali interessa in modo analogo altre regioni del mondo, tra cui alcune parti di America Latina e America centrale, Asia centrale e orientale, Balcani e Medio Oriente.
La comunità internazionale non dispone attualmente dell’indispensabile capacità di controllo e diagnostica nel settore della lotta alla proliferazione illegale di SALW e di altre armi convenzionali, a causa di tre fattori collegati fra loro. In primo luogo la maggior parte del traffico di armi convenzionali avviene per via terrestre in regioni colpite da conflitti in cui è scarso il monitoraggio sul campo. In secondo luogo la capacità di monitoraggio esistente è collegata debolmente con i gruppi di sorveglianza delle sanzioni e le missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite e le organizzazioni non governative che operano relativamente isolati gli uni dagli altri e le informazioni disponibili che provengono da queste fonti sono frammentarie. In terzo luogo, il monitoraggio, limitato e non coordinato, non riesce a fornire ai responsabili delle politiche le informazioni necessarie per elaborare politiche antiproliferazione efficaci.
La presente decisione mira a fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti e raccolte sistematicamente, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi convenzionali e relative munizioni per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. La decisione li aiuterà in tal modo a combinare una strategia di risposta efficace con un’azione preventiva adeguata per contrastare l’offerta e la domanda illegali e assicurare l’effettivo controllo delle armi convenzionali nei paesi terzi.
1.2. La presente decisione prevede la creazione di un sistema in linea accessibile al pubblico, che traccerà le SALW e altre armi e munizioni convenzionali illegali, precisando in particolare tipi specifici di armi, fornitori, vettori dei trasferimenti e destinatari illegali («iTrace»). Il sistema iTrace, incentrato sulle regioni colpite da conflitti, fungerà da meccanismo mondiale di segnalazione che consentirà ai governi nazionali di monitorare il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e di individuare i casi di diversione. Sarà il primo meccanismo mondiale a monitorare sistematicamente il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, contribuendo così all’individuazione di misure adeguate volte a ridurre il rischio della loro diversione e e del loro traffico. Una volta entrato in vigore il trattato sul commercio delle armi (ATT), il meccanismo aiuterà a monitorarne l’attuazione, fornirà informazioni complete a sostegno del riesame di tale attuazione e rafforzerà la capacità dei governi nazionali di prevedere l’impatto delle decisioni di rilascio delle licenze di esportazione di armi.
La presente decisione prevede l’adattamento del complesso software di gestione delle informazioni, lo sviluppo di un portale pienamente consultabile in linea per la mappatura geospaziale dei trasferimenti illegali di armi e un programma di indagini sul campo, che alimenterà iTrace con dati concreti in tempo reale sui trasferimenti illegali di armi. La decisione prevede inoltre il riesame e la verifica delle prove esistenti sul traffico di armi, che saranno inserite in iTrace.
2. Obiettivi generali
L’azione descritta in appresso sosterrà la comunità internazionale nel contrasto all’impatto destabilizzante della diversione e del traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Fornirà ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. In particolare l’azione fornirà:
a)
informazioni concrete sul traffico di SALW e di altre armi convenzionali necessarie per monitorare più efficacemente l’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite sul commercio illegale di SALW;
b)
informazioni concrete per rafforzare l’attuazione dello strumento internazionale per il rintracciamento;
c)
informazioni concrete per tracciare le principali rotte ed entità coinvolte nella fornitura di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali a regioni colpite da conflitti o a organizzazioni terroristiche internazionali e per fornire prove dell’implicazione di gruppi e persone nel commercio illegale a sostegno dei procedimenti giudiziari nazionali;
d)
la possibilità di rafforzare la cooperazione tra pertinenti organi e missioni delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali, nel settore del rintracciamento delle SALW e di altre armi convenzionali, e di fornire informazioni direttamente a sostegno dei meccanismi di monitoraggio esistenti, incluso l’iARMS di INTERPOL;
e)
informazioni pertinenti per individuare i settori prioritari della cooperazione e dell’assistenza internazionale al fine di combattere efficacemente la diversione e il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, quali il finanziamento di progetti in relazione alla sicurezza delle scorte e/o alla gestione delle frontiere;
f)
un meccanismo per assistere nel monitoraggio dell’attuazione dell’ATT all’entrata in vigore, in particolare per individuare la diversione di armi convenzionali trasferite, nonché per assistere i governi nella valutazione del rischio di diversione prima dell’esportazione di armi convenzionali, segnatamente il rischio di diversione all’interno del paese acquirente o di riesportazione a condizioni non ammissibili.
3. Sostenibilità e risultati dei progetti a lungo termine
L’azione istituirà un quadro stabile per il monitoraggio durevole della diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Si prevede che rafforzerà sostanzialmente le informazioni esistenti connesse alle armi e sosterrà in modo significativo lo sviluppo mirato di efficaci politiche sul controllo delle armi convenzionali e sul controllo delle esportazioni di armi. In particolare il progetto:
a)
svilupperà un sistema di gestione delle informazioni che assicurerà la raccolta e l’analisi a lungo termine (almeno10 anni) dei dati sulle armi convenzionali illegali;
b)
fornirà ai responsabili delle politiche e agli esperti in materia di controllo delle armi convenzionali uno strumento per definire strategie e settori prioritari più efficaci per l’assistenza e la cooperazione (ad esempio individuando meccanismi subregionali o regionali di cooperazione, di coordinamento e di condivisione di informazioni che occorre istituire o rafforzare, nonché scorte nazionali insicure, rotte dei trasferimenti illegali, controlli deboli alle frontiere e capacità di contrasto insufficienti);
c)
avrà la flessibilità intrinseca necessaria per generare informazioni pertinenti, indipendentemente dalla rapidità di evoluzione delle esigenze politiche;
d)
accrescerà sostanzialmente l’efficacia di persone e organizzazioni internazionali attive nel monitoraggio delle armi mettendo a disposizione un meccanismo di condivisione delle informazioni di portata sempre più ampia.
4. Descrizione dell’azione
4.1. Progetto 1 — Creazione del sistema mondiale di gestione delle informazioni sul rintracciamento di armi iTrace e portale di mappatura in linea
4.1.1. Obiettivo del progetto
Il progetto intende sviluppare il software necessario a trattare, convalidare e mappare informazioni sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico. Il Dfuze Information Management System (sistema di gestione delle informazioni Dfuze), già operativo all’interno di numerosi servizi di polizia e di intelligence nazionali, sarà adattato al trattamento di informazioni riguardanti specificamente le armi. Il sistema offre inoltre un’analisi della rete organizzativa al fine di monitorare le attività di traffico di armi dei gruppi terroristici e delle organizzazioni criminali, compresi i collegamenti finanziari. Le funzioni di mappatura geospaziale del sistema Dfuze saranno ampiamente riviste per il portale di mappatura in linea consultabile e accessibile al pubblico di iTrace e per le funzioni di scaricamento associate.
4.1.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
acquisizione di infrastrutture di server, computer e rete necessarie al funzionamento del sistema mondiale di gestione delle informazioni sul rintracciamento di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali iTrace e relativo portale di mappatura in linea;
b)
acquisto e revisione del sistema di gestione di informazioni Dfuze, in particolare la riclassificazione dei campi di inserimento dei dati e la creazione del portale di mappatura in linea di iTrace.
4.1.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
consentire a qualsiasi utente in linea di accedere a una particolare località, paese, regione o continente del mondo;
b)
individuare e trasmettere prove visive di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tale località, paese, regione o continente;
c)
riportare, su una mappa mondiale in linea, le date di trasferimento, le rotte di fornitura illegali e i trafficanti coinvolti per ciascuno (fra le migliaia) di articoli che rientrano tra le SALW e altre armi e munizioni convenzionali oggetto di traffico;
d)
reperire automaticamente casi simili (SALW e altre armi e munizioni convenzionali dello stesso tipo, paese di fabbricazione o serie di produzione) e riportare tali articoli, e la loro ubicazione, su una mappa mondiale in linea;
e)
individuare e tracciare i collegamenti tra i tipi di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, o le organizzazioni internazionali di trafficanti;
f)
generare relazioni globali (ad esempio il grado di diversione in un determinato paese o l’origine delle armi convenzionali oggetto di diversione), che saranno presentate in formato PDF;
g)
ospitare, per paese e globalmente, la documentazione pertinente esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali delle Nazioni Unite e al programma di azione delle Nazioni Unite sul commercio illegale di SALW, il testo degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni delle Nazioni Unite, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali;
h)
mantenere un collegamento costante a iARMS di INTERPOL, il che consentirà a INTERPOL di confrontare le armi collegate a reati nel sistema iARMS con le informazioni generate da iTrace sulle armi dei conflitti;
i)
produrre relazioni sulla valutazione dei rischi, in formato predefinito, al fine di sostenere gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell’individuazione di settori prioritari per il miglioramento, l’assistenza e la cooperazione e allo scopo di appoggiare le autorità nazionali incaricate del rilascio delle licenze di esportazione di armi nel riconoscimento dei rischi concreti di diversione.
4.1.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Il progetto istituirà un sistema di mappatura in linea libero, accessibile al pubblico, privo di restrizioni per quanto concerne i potenziali beneficiari.
4.1.5. Beneficiari del progetto
Una volta alimentato (cfr. sezioni 4.2 e 4.3), iTrace fornirà informazioni complete destinate esplicitamente, ma non limitate, a: responsabili delle politiche nazionali sul controllo di armi, organismi incaricati del rilascio delle licenze di esportazione di armi, organizzazioni regionali e internazionali (compresi i gruppi di sorveglianza delle sanzioni delle Nazioni Unite, le missioni ONU di mantenimento della pace, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari del disarmo (UNODA e INTERPOL), organizzazioni non governative di ricerca [compresi il Centro internazionale di Bonn per la riconversione (BICC), il gruppo di ricerca e d’informazione sulla pace (GRIP), l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) e la Small Arms Survey (Inchiesta sulle armi di piccolo calibro)], organizzazioni impegnate nella causa (tra esse Amnesty International e Human Rights Watch) e i media internazionali.
4.2. Progetto 2 — Indagini sul campo e ricerca retrospettiva necessaria ad alimentare il sistema iTrace con prove documentali in tempo reale relative a diversione e traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e con altre informazioni pertinenti.
4.2.1. Obiettivo del progetto
Il progetto condurrà ricerche sul campo sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti. Il progetto è un’iniziativa pilota che mira a confermare l’utilità del sistema iTrace generando informazioni aggiornate su diversione e traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali nei paesi della zona sub-sahariana. Il suo campo di applicazione comprenderà numerosi paesi che destano particolari preoccupazioni negli Stati membri dell’UE, tra essi, ad esempio, Repubblica centrafricana, Libia, Mali, Niger, Sud Sudan, Sudan e Somalia. Il progetto svolgerà inoltre ricerche retrospettive per alimentare il sistema iTrace con informazioni esistenti e verificate sui trasferimenti pertinenti raccolte da organizzazioni diverse da CAR.
4.2.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
invio di esperti di armi qualificati per la conduzione di analisi sul campo relative a SALW e ad altre armi, munizioni e materiale correlato convenzionali e illegali recuperati dai conflitti armati negli Stati della zona sub-sahariana;
b)
analisi, riesame e verifica di prove documentate sulle SALW e su altre armi e munizioni illegali e sui relativi utilizzatori, compresi, tra gli altri: fotografie di armi, di loro componenti e di marchiature interne ed esterne, imballaggi, documenti di spedizione associati e i risultati delle indagini sul campo (utilizzatori, forniture e rotte dei trasferimenti);
c)
riesame e verifica delle prove storiche recenti sui trasferimenti pertinenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali raccolte da organizzazioni diverse da CAR, comprese le relazioni dei gruppi di sorveglianza delle sanzioni delle Nazioni Unite, delle organizzazioni della società civile e dei media internazionali;
d)
inserimento di tutte le prove raccolte e riesaminate nel sistema di gestione delle informazioni iTrace e portale di mappatura in linea;
e)
individuazione e sostegno dei partner locali al fine di garantire una raccolta dati continuata a sostegno di iTrace per tutta la durata dell’azione proposta e oltre;
f)
contatti con i governi dell’UE volti a predefinire punti di contatto nazionali, e un meccanismo di coordinamento, al fine di chiarire il raggio d’azione delle indagini di CAR e di attenuare possibili conflitti di interesse, prima delle suddette indagini.
Il progetto sarà attuato in modo graduale nell’intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.2.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
documentare, in situ, le prove materiali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico nelle regioni colpite da conflitti della zona sub-sahariana;
b)
verificare e sviluppare casi di traffico illegale a partire dalle prove raccolte da CAR e da altre organizzazioni in merito a SALW e ad altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tutte le regioni;
c)
fornire prove visive concrete di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, comprese fotografie di articoli, numeri di serie, marchi di fabbrica, contenitori, distinte di colli, documenti di spedizione e certificazione degli utenti finali;
d)
generare resoconti testuali di attività illegali, comprendenti le rotte del traffico, gli attori coinvolti nella diversione o nel trasferimento illegale e valutazioni dei fattori concorrenti (tra cui gestione e sicurezza inefficienti delle scorte e reti di approvvigionamento illegali, deliberatamente orchestrate dallo Stato);
e)
inserimento delle suddette prove nel sistema di gestione delle informazioni iTrace e portale di mappatura in linea ai fini di una piena divulgazione al pubblico.
4.2.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Fino a 30 presenze sul campo (se necessario prorogate) nell’intero periodo di due anni per ottenere elementi di prova da inserire nel sistema di gestione delle informazioni iTrace e nel portale di mappatura in linea.
4.2.5. Beneficiari del progetto
Per l’elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, cfr. la sezione 4.1.5.
4.3. Progetto 3 — Sensibilizzazione dei soggetti interessati e coordinamento internazionale
4.3.1. Obiettivo del progetto
Il progetto illustrerà i vantaggi di iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace,
4.3.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
presentazione a cura del personale CAR a due conferenze a Bruxelles. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace con un accento sui seguenti aspetti: 1) vantaggi concreti per l’assistenza nel monitoraggio dell’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite e dell’ATT; 2) utilità nell’individuare i settori prioritari per la cooperazione e l’assistenza internazionali; 3) utilità in quanto meccanismo di definizione dei profili di valutazione di rischio per le autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione;
b)
presentazioni a cura del personale CAR in una serie di conferenze internazionali [UE, ONU, OCSE ed organizzazioni regionali, compresi l’Unione africana, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) e il Centro regionale sulle armi di piccolo calibro (RECSA) nella regione dei Grandi Laghi, nel Corno d’Africa e Stati confinanti]. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace ai responsabili delle politiche allo scopo di incoraggiare e sviluppare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possono essere inserite nel sistema, nonché di assistere i responsabili delle politiche nell’individuazione dei settori prioritari per l’assistenza e la cooperazione internazionali.
Il progetto sarà attuato nell’intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.3.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
promuovere l’utilità di iTrace con i responsabili delle politiche internazionali e nazionali impegnati nell’attuazione degli accordi in materia di controllo delle SALW e di altre armi convenzionali e di controllo delle esportazioni di armi (programma di azione delle Nazioni Unite e ATT), e nella valutazione dell’attuazione stessa;
b)
fornire le informazioni pertinenti per assistere i responsabili delle politiche e gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell’individuazione dei settori prioritari per l’assistenza e la cooperazione internazionali e nell’elaborazione di strategie antiproliferazione efficaci;
c)
fornire, alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione, informazioni approfondite su iTace e la sua utilità nella valutazione del rischio, prevedendo anche modalità di riscontro e potenziamento del sistema;
d)
rafforzare il collegamento in rete di un gruppo crescente di esperti del controllo delle SALW e di altre armi convenzionali impegnati in indagini in situ sulla diversione e il traffico di armi e munizioni convenzionali;
e)
rafforzare il profilo pubblico del rintracciamento delle SALW e di altre armi e munizioni convenzionali quale mezzo per assistere nel monitoraggio dell’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite, dell’ATT e di altri strumenti internazionali e regionali di controllo delle armi e di controllo delle esportazioni di armi.
4.3.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Un massimo di 12 conferenze con la presenza di personale CAR, di cui due a Bruxelles. In tutte le conferenze sarà prevista la presentazione di iTrace. La relazione finale conterrà gli ordini del giorno e brevi sintesi delle conferenze.
4.3.5. Beneficiari del progetto
Per l’elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, cfr. la sezione 4.1.5.
4.4. Progetto 4 — Relazioni sulla politica iTrace
4.4.1. Obiettivo del progetto
Il progetto fornirà relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace. Le relazioni saranno concepite in modo da mettere in evidenza aspetti specifici di interesse internazionale, tra cui i principali modelli di traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, la distribuzione regionale di armi e munizioni oggetto di traffico e settori prioritari che meritano attenzione a livello internazionale.
4.4.2. Attività di progetto
Analisi approfondita che terminerà con la stesura, la revisione, l’edizione e la pubblicazione di quattro relazioni sulla politica iTrace.
4.4.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
produrre quattro relazioni, ognuna delle quali delineerà un aspetto di interesse internazionale;
b)
assicurare la distribuzione delle relazioni sulla politica iTrace a tutti gli Stati membri dell’UE;
c)
delineare una strategia di sensibilizzazione mirata per assicurare la massima copertura globale;
d)
sostenere la visibilità dell’azione sulla scena politica e nei media internazionali, presentando tra l’altro informazioni sulle armi illegali concernenti temi di attualità, fornendo analisi di rilevanza politica a corredo delle procedure in corso di controllo delle armi e dando alle relazioni un taglio che susciti il maggior interesse dei media internazionali.
4.4.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Quattro relazioni sulla politica iTrace pubblicate in linea per l’intera durata dell’azione proposta e distribuite su scala globale.
4.4.5. Beneficiari del progetto
Per l’elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, cfr. la sezione 4.1.5.
5. Sedi
Sede del progetto 1 sarà il Regno Unito. Il progetto riconosce che i risultati richiesti delle indagini sul campo non possono essere replicati a distanza e, per il progetto 2, occorrerà inviare un numero elevato di esperti di armi convenzionali nei paesi della zona sub-sahariana. Gli invii saranno valutati caso per caso, sotto il profilo della sicurezza, dell’accesso e della disponibilità delle informazioni. CAR ha già stabilito contatti o avviato progetti in molti paesi interessati della zona sub-sahariana. Il progetto 3 sarà condotto in conferenze internazionali su scala mondiale per assicurarne la massima visibilità. Il progetto 4 sarà compilato nel Regno Unito.
6. Durata
La durata totale stimata dei progetti combinati è di 24 mesi.
7. Entità di esecuzione e visibilità UE
7.1. L’esecuzione tecnica della presente decisione sarà affidata a CAR. CAR svolgerà i suoi compiti sotto la responsabilità dell’AR
CAR è nata da una rete di investigatori sulle armi di importanza crescente che, nel 2006, è stata la prima a svolgere attività di individuazione e rintracciamento delle armi e munizioni convenzionali. È la sola organizzazione, al di fuori del sistema delle Nazioni Unite, ad occuparsi esclusivamente di individuare e rintracciare armi e munizioni convenzionali e materiale correlato sul campo nei conflitti armati contemporanei; il suo raggio d’azione è molto più ampio di quello dei gruppi di sorveglianza delle Nazioni Unite che si incentrano unicamente sui paesi oggetto di sanzioni.
Le sue operazioni sono inoltre molto più specialistiche di quelle delle organizzazioni non governative esistenti per il controllo delle armi, quali BICC, GRIP, SIPRI e Small Arms Survey (SAS). Creata in consultazione (1) con le suddette organizzazioni, CAR colma una lacuna importante nelle loro attività di ricerca e analisi. Queste organizzazioni tendono infatti a concentrarsi sulla compilazione di ricerche su vasta scala (analisi di statistiche sul commercio e produzione di informazioni sul traffico provenienti da terzi) o su attività di media portata in determinati paesi (che spesso comportano indagini sulla violenza armata e non propriamente incentrate sulle armi).
Per contro CAR concentra la sua attività esclusivamente sull’individuazione e il rintracciamento delle armi sul campo. Questo approccio basato sui singoli casi e la capacità tecnica necessaria per metterlo in atto sono essenziali per una mappatura esauriente della diversione di armi convenzionali nei paesi in conflitto e all’interno di questi, che attualmente non è monitorata in misura sufficiente dalla comunità internazionale. A tal fine CAR invia piccole squadre di investigatori, con esperienza almeno decennale specifica nel settore delle armi, in regioni colpite da conflitti per esaminare e documentare sul posto le armi illegali. CAR fornisce inoltre assistenza, coordina e verifica le indagini svolte dai controllori delle sanzioni e dal personale delle missioni delle Nazioni Unite, nonché da giornalisti e ricercatori indipendenti attivi sul campo.
Queste competenze essenziali sono le sole che possano produrre le informazioni particolareggiate e specifiche sulle armi necessarie per alimentare un sistema mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi convenzionali illegali quale iTrace.
7.2. Visibilità UE
CAR adotterà tutte le misure opportune a pubblicizzare il fatto che l’azione è stata interamente finanziata dall’Unione. Tali misure saranno attuate in linea con il Manuale di comunicazione e visibilità per le azioni esterne dell’UE elaborato e pubblicato dalla Commissione.
CAR garantirà quindi la visibilità del contributo dell’Unione con un’opportuna strategia di marchio e pubblicità che metta in risalto il ruolo dell’Unione, assicuri la trasparenza delle sue azioni e aumenti la consapevolezza quanto ai motivi della decisione, nonché al sostegno dell’Unione alla decisione stessa e ai risultati di tale sostegno. Sul materiale prodotto dal progetto figurerà in modo evidente la bandiera dell’Unione, conformemente agli orientamenti dell’Unione per l’uso corretto e la riproduzione corretta della bandiera.
8. Presentazione di relazioni
CAR elaborerà quindi relazioni periodiche trimestrali.
(1) CAR ha proceduto ad ampie consultazioni con BICC, GRIP, SAS e SIPRI durante l’intera fase concettuale del progetto iTrace. Tutte e quattro le organizzazioni affermano che a) non hanno la capacità tecnica di condurre questo tipo di progetto; b) che condurlo comporterebbe una modifica radicale della loro agenda di ricerca e il ricorso a esperti esterni; e che c) iTrace sosterrà grandemente la loro ricerca fornendo l’elemento mancante della mappatura sul campo che integra gli attuali approcci a distanza seguiti per il monitoraggio del commercio di armi. | Un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi di piccolo calibro e le munizioni illegali per ridurre il rischio del loro commercio illegale
L'UE sostiene la creazione di un sistema mondiale di gestione delle informazioni di facile impiego sulle armi oggetto di diversione o traffico, nonché lo sviluppo di attività di ricerca in armi e munizioni circolanti in zone del mondo colpite da conflitti.
ATTO
Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale.
SINTESI
L'Unione europea (UE) ha deciso di sostenere un sistema mondiale di gestione delle informazioni di facile impiego sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali al fine di ridurre il rischio del loro commercio illegale. Il sistema si chiama iTrace. Per il progetto sono stati stanziati 2,32 milioni di euro dal bilancio dell'UE.
Vi è il pericolo che la produzione, il trasferimento e la circolazione illegale di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) possa contribuire ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata ed essere un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti. Un documento strategico dell'UE approvato nel 2006 afferma che questi conflitti, in cui le armi SALW sono state di gran lunga i fattori più determinanti, dal 1990 sono costati la vita a quasi quattro milioni di persone e ne hanno costretto oltre 18 milioni a lasciare le loro case o paesi.
Sistema in linea accessibile al pubblico
Il progetto istituirà un sistema in linea accessibile al pubblico che traccerà le SALW e altre armi e munizioni convenzionali illegali, precisando tipi specifici di armi, fornitori, rotte dei trasferimenti e destinatari illegali.
Ciò consentirà ai governi nazionali di monitorare sistematicamente il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali.
Informazioni ai responsabili delle politiche
Uno dei suoi principali obiettivi è anche quello di fornire ai responsabili politici e agli esperti del controllo delle armi convenzionali le informazioni pertinenti e consentire loro di definire strategie e aree prioritarie per affrontare questo problema. Ad esempio, ciò può essere realizzato identificando le opportunità di cooperazione regionale o identificando le scorte nazionali insicure di SALW o individuando le rotte dei trasferimenti illegali.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Decisione 2013/698/PESC del Consiglio
25.11.2013
-
L 320 del 30.11.2013 | 12,221 | 352 |
31996R2271 | false | Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti
Gazzetta ufficiale n. L 309 del 29/11/1996 pag. 0001 - 0006
REGOLAMENTO (CE) N. 2271/96 DEL CONSIGLIO del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivantiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 73 C, 113 e 235,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo (1),considerando che fra gli obiettivi della Comunità europea vi è anche quello di contribuire allo sviluppo armonioso del commercio mondiale e alla graduale soppressione delle restrizioni agli scambi internazionali;considerando che la Comunità si sforza di conseguire, nella maggiore misura possibile, l'obiettivo della libera circolazione di capitali tra Stati membri e paesi terzi e l'eliminazione delle restrizioni agli investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, allo stabilimento, alla prestazione di servizi finanziari o all'ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari;considerando che un paese terzo ha approvato talune leggi, regolamenti e altri strumenti legislativi con l'intento di disciplinare l'attività di persone fisiche e giuridiche poste sotto la giurisdizione degli Stati membri;considerando che per i loro effetti extraterritoriali tali leggi, regolamenti e altri strumenti legislativi violano il diritto internazionale e ostacolano il conseguimento degli obiettivi sopra menzionati;considerando che tali atti normativi, ivi compresi regolamenti e altri strumenti legislativi, e le azioni su di essi basate o da essi derivanti, incidono o potrebbero incidere sull'ordinamento giuridico costituito e avere effetti negativi sugli interessi della Comunità e sugli interessi delle persone fisiche e giuridiche che esercitano i loro diritti conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea;considerando che, in presenza di tali circostanze eccezionali, è necessario avviare un'azione a livello comunitario per proteggere l'ordinamento giuridico costituito, gli interessi della Comunità e di dette persone, in particolare eliminando, neutralizzando, bloccando o altrimenti contrastando gli effetti della normativa estera interessata;considerando che la richiesta di fornire informazioni in virtù del presente regolamento non impedisce ad uno Stato membro di chiedere informazioni della stessa natura da comunicare alle autorità di tale Stato;considerando che il Consiglio ha adottato l'azione comune 96/668/PESC, del 22 novembre 1996 (2) per garantire che gli Stati membri prendano le misure necessarie per la protezione delle persone fisiche e giuridiche i cui interessi sono lesi dai suddetti atti normativi e azioni su di essi basate, qualora tali interessi non siano tutelati dal presente regolamento;considerando che la Commissione, nell'attuazione del presente regolamento, dovrebbe essere assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri;considerando che le azioni previste nel presente regolamento sono necessarie per conseguire gli obiettivi del trattato che istituisce la Comunità europea;considerando che il trattato, per l'adozione di talune disposizioni del presente regolamento, prevede solo l'esercizio dei poteri contemplati dall'articolo 235,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento fornisce protezione e neutralizza gli effetti dell'applicazione extraterritoriale degli atti normativi indicati nell'allegato del presente regolamento, compresi i regolamenti e gli altri strumenti legislativi e delle azioni su di essi basate o da essi derivanti, qualora tale applicazione leda gli interessi delle persone di cui all'articolo 11 che effettuano scambi internazionali e/o movimenti di capitali e attività commerciali connesse tra la Comunità e i paesi terzi.Il Consiglio, deliberando conformemente alle pertinenti disposizioni del trattato e nonostante le disposizioni dell'articolo 7, lettera c), può inserire o sopprimere atti normativi dall'allegato del presente regolamento.Articolo 2 Qualora gli interessi economici e/o finanziari di qualsiasi persona di cui all'articolo 11 siano lesi, direttamente o indirettamente, dagli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti, tale persona ne informa la Commissione nei 30 giorni successivi alla data in cui le è pervenuta l'informazione; se sono lesi gli interessi di una persona giuridica, tale obbligo incombe ai direttori, dirigenti o altre persone aventi responsabilità direttive (3).A richiesta della Commissione, tale persona fornisce tutte le informazioni pertinenti ai fini del presente regolamento conformemente alla richiesta della Commissione entro 30 giorni dalla data di quest'ultima.Tutte le informazioni sono trasmesse alla Commissione direttamente o tramite le autorità competenti degli Stati membri. Se le informazioni sono trasmesse direttamente alla Commissione, questa ne informa immediatamente le autorità competenti dello Stato membro in cui la persona che ha fornito le informazioni è residente o registrata.Articolo 3 Tutte le informazioni fornite conformemente all'articolo 2 vengono utilizzate soltanto per gli scopi indicati.Le informazioni di carattere riservato o che sono state fornite su base confidenziale sono protette dall'obbligo del segreto professionale. Esse non vengono divulgate dalla Commissione senza l'esplicita autorizzazione della persona che le ha fornite.La Commissione può rivelare tali informazioni qualora obbligata o autorizzata a farlo, in particolare in relazione ad azioni giudiziarie. In questo caso si deve tener conto dell'interesse legittimo della persona interessata a che non siano divulgati i suoi segreti commerciali.Il presente articolo non preclude alla Commissione la possibilità di divulgare informazioni di carattere generale. La divulgazione di tali informazioni non è permessa qualora ciò sia incompatibile con il loro scopo originario.In caso di violazione della riservatezza, il mittente delle informazioni ha il diritto di ottenere, secondo il caso, che siano soppresse, rettificate o non prese in considerazione.Articolo 4 Nessuna sentenza di un tribunale e nessuna decisione di un'autorità amministrativa esterna alla Comunità che, direttamente o indirettamente, renda operative gli atti normativi indicati nell'allegato o azioni su di essi basate o da essi derivanti, è accettata o eseguita in alcun modo.Articolo 5 Nessuna delle persone di cui all'articolo 11 deve rispettare, direttamente o attraverso una consociata o altro intermediario, attivamente o per omissione deliberata, richieste o divieti, comprese le richieste di tribunali stranieri, basate o derivanti, direttamente o indirettamente, dagli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti.Conformemente alle procedure di cui agli articoli 7 e 8, si può essere autorizzati a rispettare, completamente o in parte, le norme contestate se la loro inosservanza può danneggiare seriamente i propri interessi o quelli della Comunità. I criteri di applicazione della presente disposizione sono fissati secondo la procedura di cui all'articolo 8. Qualora sussistano prove sufficienti che l'inosservanza causerebbe gravi danni ad una persona fisica o giuridica, la Commissione sottopone senza indugio al comitato di cui all'articolo 8 un progetto delle misure adeguate da adottare a norma del presente regolamento.Articolo 6 Qualsiasi persona di cui all articolo 11, impegnata in un'attività di cui all'articolo 1 ha diritto al risarcimento dei danni, comprese le spese giudiziali, ad essa causati dall'applicazione degli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti.Tale risarcimento può essere ottenuto dalla persona fisica o giuridica o da qualsiasi altra entità che ha causato danni o da qualsiasi persona che agisca per suo conto o altro intermediario.La convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale si applica ai procedimenti avviati ed alle sentenze rese ai sensi del presente articolo. Il risarcimento può essere ottenuto sulla base delle disposizioni delle sezioni da 2 a 6 del titolo II di tale convenzione, nonché, ai sensi dell'articolo 57, paragrafo 3 di tale convenzione, tramite procedimenti giudiziari avviati dinanzi ai tribunali di uno Stato membro in cui tale persona, entità, persona che agisce per suo conto o intermediario detiene dei beni.Fatti salvi altri mezzi disponibili e conformemente alla legislazione applicabile, il risarcimento potrebbe assumere la forma di sequestro e vendita di beni detenuti da tali persone, entità, persone che agiscono per loro conto o altri intermediari nella Comunità, comprese le azioni detenute in una persona giuridica registrata nella Comunità.Articolo 7 Per l'attuazione del presente regolamento la Commissione:a) informa immediatamente ed esaurientemente il Parlamento europeo e il Consiglio sugli effetti degli atti normativi, regolamenti e altri strumenti legislativi e azioni derivanti di cui all'articolo 1, in base alle informazioni ottenute ai sensi del presente regolamento, e prepara in merito periodicamente un'esauriente relazione pubblica;b) concede autorizzazioni alle condizioni stabilite nell'articolo 5, e, nello stabilire il termine entro il quale il comitato deve esprimere il suo parere, tiene interamente conto del termine che le persone soggette ad autorizzazione devono rispettare;c) inserisce o sopprime, se del caso, riferimenti a regolamenti o ad altri strumenti legislativi che derivano da atti normativi indicati nell'allegato e che rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento;d) pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un avviso sulle sentenze e decisioni a cui si applicano gli articoli 4 e 6;e) pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il nome e l'indirizzo delle autorità competenti degli Stati membri cui si fa riferimento nell'articolo 2.Articolo 8 Nell'attuazione del disposto dell'articolo 7, lettere b) e c), la Commissione è assistita da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste se sono conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato o, in mancanza di parere, la Commissione presenta senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. Il Consiglio delibera alla maggioranza qualificata.Se al termine di un periodo di due settimane dalla data di presentazione al Consiglio quest'ultimo non ha deliberato, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 9 Ciascuno Stato membro decide le sanzioni da imporre in caso di violazione delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. Tali sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 10 La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente sulle misure adottate conformemente al presente regolamento e si scambiano le informazioni connesse.Articolo 11 Il presente regolamento si applica a:1) qualsiasi persona fisica residente nella Comunità (4) e che ha la cittadinanza di uno Stato membro,2) qualsiasi persona giuridica registrata nella Comunità,3) qualsiasi persona fisica o giuridica di cui all'articolo 1, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 4055/86 (5),4) qualsiasi altra persona fisica residente nella Comunità, fatto salvo il caso in cui tale persona si trovi nel paese di cui ha la cittadinanza,5) qualsiasi altra persona fisica nel territorio della Comunità, compresi le sue acque territoriali e il suo spazio aereo, e a bordo di qualsiasi aeromobile o nave soggetti alla giurisdizione o al controllo di uno Stato membro, nell'esercizio della sua attività professionale.Articolo 12 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 22 novembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteS. BARRETT(1) Parere espresso il 25 ottobre 1996 (GU n. C 347 del 18. 11. 1996).(2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale.(3) Le informazioni devono pervenire all'indirizzo seguente: Commissione europea, Direzione generale I, Rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Brussels [fax (32-2) 295 65 05].(4) Ai fini del presente regolamento, per «residente nella Comunità» si intende: legalmente stabilito nella Comunità per un periodo di almeno 6 mesi entro il periodo di 12 mesi immediatamente precedente la data in cui, ai sensi del presente regolamento, insorge un obbligo o viene esercitato un diritto.(5) Regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio, del 22 dicembre 1986, che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (GU n. L 378 del 31. 12. 1986, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 3573/90 (GU n. L 353 del 17. 12. 1990, pag. 16).ALLEGATO LEGGI, REGOLAMENTI E ALTRI STRUMENTI LEGISLATIVI (1) di cui all'articolo 1 PAESE: STATI UNITI D'AMERICAATTI LEGISLATIVI1. «National Defense Authorisation Act for Fiscal Year 1993» Title XVII - «Cuban Democracy Act 1992», sections 1704 and 1706Prescrizioni:Le prescrizioni sono consolidate nel titolo I del «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi in appresso).Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Gli obblighi imposti sono ora incorporati nel «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi in appresso).2. «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996Titolo IPrescrizioni:Conformarsi all'embargo economico e finanziario imposto dagli Stati Uniti nei confronti di Cuba, in particolare non esportando negli Stati Uniti beni o servizi di origine cubana o contenenti materiali o beni provenienti da Cuba o direttamente o attraverso paesi terzi, non trattando merci che si trovano o si trovavano precedentemente a Cuba o che sono trasportate da o attraverso Cuba, non riesportando negli Stati Uniti zucchero originario di Cuba senza notifica dell'autorità nazionale competente dell'esportatore e non importando negli Stati Uniti prodotti a base di zucchero senza assicurarsi che non sono prodotti cubani, congelando beni cubani e le operazioni finanziarie con Cuba.Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Divieto di caricare o scaricare merci da un'imbarcazione in qualsivoglia luogo degli Stati Uniti o di entrare in un porto statunitense; rifiuto di importare prodotti o servizi originari di Cuba e di importare a Cuba prodotti o servizi originari degli Stati Uniti; blocco di operazioni finanziarie coinvolgenti Cuba.Titolo III e Titolo IVPrescrizioni:Porre fine a «operazioni» («trafficking») con beni precedentemente di proprietà di statunitensi (compresi cubani che hanno ottenuto la cittadinanza degli Stati Uniti) e espropriati dal regime cubano. (Le «operazioni» comprendono: uso, vendita, passaggio di proprietà, controllo, gestione e altre attività a vantaggio di una persona.)Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Procedimenti giudiziari negli Stati Uniti, basati su responsabilità venute a esistenza, contro cittadini o società dell'UE coinvolti in «operazioni» («trafficking»), terminantisi con sentenze o decisioni che impongono il pagamento di un indennizzo (multiplo) alla parte statunitense. Rifiuto di ingresso negli Stati Uniti per persone coinvolte in «operazioni» («trafficking»), compresi coniuge, figli minorenni e rappresentanti.3. «Iran and Libya Sanctions Act» del 1996Prescrizioni:Divieto di investire in Iran o Libia un importo superiore a 40 milioni di dollari USA durante un periodo di dodici mesi, che contribuisca in modo diretto e significativo ad accrescere la capacità dell'Iran o della Libia di sviluppare le rispettive risorse petrolifere. (Investimento destinato alla stipulazione d'un contratto per detto sviluppo, a garantire lo stesso, a trarne profitto, o ad acquistare parte della relativa proprietà.)N. B.: Non sono presi in considerazione gli investimenti fatti nel quadro di contratti esistenti prima del 5 agosto 1996.Rispetto dell'embargo nei confronti della Libia decretato dalle risoluzioni 748 (1992) e 883 (1993) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (2).Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Misure adottate dal presidente USA per limitare le importazioni negli Stati Uniti o i contratti d'appalto per tale paese; divieto di essere designati come operatore primario o depositario di fondi governativi statunitensi; diniego di accesso a prestiti erogati da enti finanziari statunitensi; restrizioni di esportazione imposte dagli Stati Uniti; rifiuto di assistenza da parte della Export-Import Bank.REGOLAMENTI1. 1 CFR (Code of Federal Regulations) Ch. V (ed. 7-1-95 edition) Part 515 - Cuban Assets Control Regulations, subpart B (Prohibitions), E (Licenses, Authorizations and Statements of Licensing Policy) and G (Penalties)Prescrizioni:I divieti sono consolidati nel titolo I del «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi sopra). Inoltre sono prescritte licenze e/o autorizzazioni per attività economiche concernenti Cuba.Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Sanzioni pecuniarie, confisca, carcerazione in caso di violazione.(1) Ulteriori informazioni quanto alle disposizioni e ai regolamenti di cui sopra possono essere ottenute presso la Commissione europea, Direzione generale I.E.3, rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Bruxelles [fax (32-2) 295 65 05].(2) Per l'attuazione di queste risoluzioni vedi il regolamento (CE) n. 3274/93 del Consiglio (GU n. L 295 del 30. 11. 1993, pag. 1). | Effetti della legislazione straniera sugli interessi finanziari dell’UE
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
L’obiettivo del regolamento è di proteggere gli interessi di persone fisiche o giuridiche dagli effetti extraterritoriali di una legislazione adottata da paesi terzi.
PUNTI CHIAVE
Le leggi coperte dal regolamento sono specificate nell’allegato. La protezione copre:gli scambi internazionali; e/o i movimenti di capitali; e le attività commerciali connesse tra l’Unione europea e i paesi terzi Il regolamento si applica a:persone fisiche residenti nell’Unione e cittadini di un paese dell’Unione; persone giuridiche costituite all’interno dell’Unione; cittadini di paesi membri che si siano stabiliti al di fuori dell’Unione e compagnie di trasporti stabilite al di fuori dell’Unione e controllate da cittadini di uno stato membro (ad es. un cittadino francese che lavori per una compagna di trasporti olandese in un paese non membro), se il loro aeromobile o nave sono registrati in quel paese in accordo con la sua legislazione; persone fisiche residenti nell’Unione, salvo il caso in cui si trovino nel loro paese di cittadinanza; ogni altra persona fisica che si trovi all’interno dell’Unione, incluse le sue acque territoriali e spazio aereo e in qualsiasi aeromobile o nave sotto la giurisdizione o il controllo di un paese membro, nell’esercizio della sua attività professionale. Qualora gli interessi economici e/o finanziari di qualsiasi persona siano lesi da una legislazione straniera, tale persona ne deve informare la Commissione europea entro 30 giorni. I 30 giorni decorrono dalla data in cui questa informazione è pervenuta alla persona.Nessuna sentenza di un tribunale e nessuna decisione di un’autorità amministrativa esterna alla Comunità che, direttamente o indirettamente, renda operativi gli atti normativi indicati nell’allegato (come ad esempio l’«Iran and Libya Sanctions Act» del 1996 degli USA) è accettata o eseguita in alcun modo. Nessuna delle persone cui si riferisce il regolamento deve rispettare richieste o divieti basati o derivanti dagli atti normativi indicati nell’allegato. Tuttavia, si può essere autorizzati a rispettare, completamente o in parte, tali norme o divieti se la loro inosservanza può danneggiare seriamente i propri interessi o quelli della Comunità. Questa autorizzazione viene concessa dalla Commissione, con l’assistenza di un comitato composto da rappresentanti dei paesi membri.I paesi membri determinano le sanzioni da imporre in caso di violazione delle pertinenti disposizioni del regolamento.
Modifiche al regolamento
Il regolamento (UE) n. 37/2014 dà alla Commissione il potere di adottare atti delegati. Stabilisce inoltre che l’attuazione del regolamento (CE) n. 2271/96 richiede condizioni uniformi per la definizione di criteri intesi ad autorizzare le persone a conformarsi integralmente o in parte a eventuali prescrizioni o divieti, tra cui le ingiunzioni di tribunali stranieri, nei casi in cui la loro inosservanza pregiudicherebbe gravemente i loro interessi o quelli dell’Unione. Tali misure dovrebbero essere adottate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011. (Ruolo dei comitati nelle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione europea).
Il regolamento delegato (UE) 2018/1100 modifica l’allegato per tenere conto del fatto che nel maggio 2018 gli Stati Uniti hanno annunciato che non rinunceranno più ad applicare le loro misure restrittive nazionali nei confronti dell’Iran. Alcune di queste misure hanno un’applicazione extraterritoriale e possono avere effetti negativi sugli interessi dell’Unione e sugli interessi delle persone fisiche e giuridiche coinvolte in attività economiche con l’Iran.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato a partire dal 29 novembre 1996.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall’applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti (GU L 309 del 29.11.1996, pagg. 1–6).
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2271/96 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2014 che modifica alcuni regolamenti in materia di politica commerciale comune per quanto riguarda le procedure di adozione di determinate misure (GU L 18, 21.1.2014, pagg. 1-51).
Cfr. la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55, 28.2.2011, pagg. 13-18). | 7,174 | 908 |
32008R0717 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 717/2008 DEL CONSIGLIO
del 17 luglio 2008
relativo all’instaurazione di una procedura comunitaria di gestione dei contingenti quantitativi
(Versione codificata)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 133,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 520/94 del Consiglio, del 7 marzo 1994, relativo all’instaurazione di una procedura comunitaria di gestione di contingenti quantitativi (1), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (2). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno procedere alla codificazione di tale regolamento.
(2)
Ai sensi dell’articolo 14 del trattato, il mercato interno comporta, dal 1o gennaio 1993, uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.
(3)
È pertanto opportuno instaurare un sistema di gestione dei contingenti quantitativi rispondente al suddetto obiettivo e basato sul principio dell’uniformità della politica commerciale comune, conformemente agli orientamenti fissati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee.
(4)
È opportuno prevedere la possibilità di scegliere tra diversi metodi di ripartizione, in funzione della situazione del mercato comunitario, della natura dei prodotti, delle particolarità dei paesi fornitori e degli obblighi internazionali della Comunità, in particolare quelli che stabiliscono il principio della presa in considerazione delle correnti commerciali tradizionali.
(5)
È opportuno introdurre flessibilità nella ridistribuzione dei quantitativi non riportati, non assegnati o non utilizzati. Tuttavia, per evitare qualsiasi rischio di eccessivo cumulo delle importazioni, è opportuno esaminare caso per caso se tale ridistribuzione dopo la fine del periodo contingentale sia opportuna e deciderne all’occorrenza le modalità, in particolare il periodo di validità delle licenze, tenuto conto dei tipi di prodotti e degli obiettivi inerenti all’instaurazione dei contingenti in oggetto.
(6)
La gestione dei contingenti all’importazione o all’esportazione dovrebbe poggiare su un sistema di licenze rilasciate dagli Stati membri conformemente ai criteri quantitativi stabiliti a livello comunitario.
(7)
La procedura di gestione da instaurare dovrebbe garantire a tutti i richiedenti eque condizioni di accesso ai contingenti e i documenti rilasciati dovrebbero poter essere utilizzati in tutta la Comunità.
(8)
La ridistribuzione ottimale di quantitativi non utilizzati richiede un’informazione affidabile e completa sull’uso effettivo delle licenze d’importazione rilasciate. È pertanto opportuno provvedere a che tutte le licenze d’importazione, utilizzate o meno, siano restituite alle autorità nazionali competenti entro dieci giorni lavorativi successivi alle rispettive date di scadenza.
(9)
Le misure necessarie per l’attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (3).
(10)
Le disposizioni del presente regolamento e quelle relative alla sua attuazione non dovrebbero pregiudicare le disposizioni comunitarie e nazionali in materia di segreto professionale.
(11)
È opportuno escludere dal campo d’applicazione del presente regolamento i prodotti di cui all’allegato I del trattato, nonché i tessili o altri prodotti quando sono soggetti ad un regime comune d’importazione specifico che preveda disposizioni particolari in materia di gestione dei contingenti,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
PRINCIPI GENERALI DI GESTIONE
Articolo 1
1. Il presente regolamento definisce le disposizioni relative alla gestione dei contingenti quantitativi all’importazione o all’esportazione, in appresso denominati «contingenti», che la Comunità fissa in via autonoma o convenzionale.
2. Il presente regolamento non si applica ai prodotti di cui all’allegato I del trattato, né agli altri prodotti quando sono soggetti ad un regime comune specifico di importazione o di esportazione che preveda disposizioni particolari in materia di gestione dei contingenti.
Articolo 2
1. I contingenti, quanto prima dopo l’apertura, sono ripartiti tra i richiedenti. Può essere deciso, secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2, di ripartirli in diverse frazioni.
2. La gestione dei contingenti può in particolare essere effettuata mediante applicazione di uno dei metodi sottoindicati o di una combinazione dei medesimi:
a)
metodo basato sulla presa in considerazione delle correnti commerciali tradizionali, conformemente agli articoli da 6 a 11;
b)
metodo basato sull’ordine cronologico di presentazione delle domande (secondo il principio «first come, first served»), conformemente all’articolo 12;
c)
metodo di ripartizione in proporzione ai quantitativi richiesti al momento della presentazione delle domande (secondo la procedura dell’«esame simultaneo»), conformemente all’articolo 13.
3. Il metodo di ripartizione da adottare è determinato secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
4. Qualora si constati che nessuno dei metodi indicati nel paragrafo 2 del presente articolo è adatto alle specifiche esigenze di un contingente aperto, viene stabilito un altro metodo appropriato secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
5. I quantitativi non ripartiti, non assegnati o non utilizzati sono ridistribuiti secondo l’articolo 14 entro un termine che ne consenta l’utilizzazione prima della fine del periodo contingentale.
Se si constata che non è stato possibile ridistribuire tali quantitativi entro il termine suddetto, l’eventuale ridistribuzione viene decisa caso per caso nel corso del periodo contingentale successivo, secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
6. Salvo disposizioni diverse adottate all’atto della fissazione del contingente, l’immissione in libera pratica o l’esportazione di prodotti oggetto di contingente è subordinata alla presentazione di una licenza d’importazione o d’esportazione rilasciata dagli Stati membri conformemente al presente regolamento.
7. Gli Stati membri designano le autorità amministrative competenti per l’attuazione delle misure d’applicazione di loro pertinenza ai sensi del presente regolamento e ne informano la Commissione.
Articolo 3
La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso di apertura dei contingenti precisando il metodo di ripartizione scelto, le condizioni di ammissibilità delle domande di licenze, i termini per la presentazione delle domande e l’elenco delle autorità nazionali competenti alle quali esse devono essere indirizzate.
Articolo 4
1. Tutti gli importatori ed esportatori della Comunità, qualunque sia il suo luogo di stabilimento nella Comunità, può presentare per ciascun contingente o per le sue frazioni un’unica domanda di licenza alle autorità competenti di uno Stato membro di sua scelta redatta nella lingua o nelle lingue ufficiali del medesimo Stato membro.
Se il contingente è limitato a una o più regioni della Comunità, tale domanda è presentata alle autorità competenti de(llo)(gli) Stat(o)(i) membr(o)(i) dell(a)(e) region(e)(i) interessat(a)(e).
2. Le domande di licenze devono essere presentate conformemente alle modalità fissate secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
Articolo 5
La Commissione assicura che, tenuto conto della natura del prodotto oggetto del contingente, le licenze da rilasciare riguardino un quantitativo economicamente apprezzabile.
CAPO II
DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER I DIVERSI METODI DI GESTIONE
SEZIONE A
Metodo basato sulla presa in considerazione delle correnti commerciali tradizionali
Articolo 6
1. Quando i contingenti sono ripartiti in funzione delle correnti commerciali tradizionali, una parte del contingente è riservata agli importatori o esportatori tradizionali e il resto è assegnato agli altri importatori e esportatori.
2. Sono considerati importatori o esportatori tradizionali quelli che possono dimostrare di aver effettuato rispettivamente importazioni nella Comunità o esportazioni dalla medesima del o dei prodotti oggetto del contingente nel corso d’un periodo anteriore, detto «periodo di riferimento».
3. La proporzione destinata agli importatori o esportatori tradizionali e il periodo di riferimento, nonché la proporzione destinata agli altri richiedenti, sono determinati secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
4. La ripartizione è effettuata secondo i principi enunciati agli articoli da 7 a 11.
Articolo 7
Per partecipare all’assegnazione della parte del contingente loro destinata, nonché a titolo di giustificativo delle importazioni o esportazioni realizzate durante il periodo di riferimento, gli importatori o esportatori tradizionali allegano alla loro domanda di licenza:
—
una copia certificata conforme della dichiarazione di immissione in libera pratica o di esportazione destinata all’importatore o all’esportatore, compilata a loro nome o, all’occorrenza, a nome dell’operatore di cui hanno ripreso l’attività,
—
qualsiasi prova equivalente stabilita secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
Articolo 8
Gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro il termine fissato nell’avviso di apertura del contingente, le informazioni relative al numero e al volume globale delle domande di importazione o di esportazione, ripartite tra importatori o esportatori tradizionali e altri importatori o esportatori, e a quello delle importazioni o esportazioni anteriori realizzate durante il periodo di riferimento dai richiedenti.
Articolo 9
La Commissione esamina simultaneamente le informazioni trasmesse dagli Stati membri e determina nel modo seguente i criteri quantitativi secondo i quali devono essere soddisfatte le domande degli importatori o esportatori tradizionali:
a)
quando il totale di tali domande ha per oggetto un quantitativo pari o inferiore al quantitativo destinato agli importatori o esportatori tradizionali, le domande sono soddisfatte nella loro integralità;
b)
quando il totale di tali domande ha per oggetto un quantitativo superiore a quello destinato agli importatori o esportatori tradizionali, le domande sono soddisfatte proporzionalmente alla parte dei singoli richiedenti nel totale delle importazioni o esportazioni di riferimento;
c)
qualora l’applicazione del suddetto criterio quantitativo comportasse l’assegnazione di quantitativi superiori a quelli richiesti, l’eccedenza sarà ridistribuita secondo la procedura di cui all’articolo 14.
Articolo 10
La ripartizione della parte del contingente destinata agli importatori o esportatori non tradizionali viene effettuata conformemente all’articolo 12.
Articolo 11
In assenza di domande da parte di importatori o esportatori tradizionali, tutti gli importatori o esportatori richiedenti hanno accesso alla totalità del contingente o della frazione considerata.
In tal caso, la ripartizione viene effettuata secondo le modalità di cui all’articolo 12.
SEZIONE B
Metodo basato sull’ordine cronologico di presentazione delle domande
Articolo 12
1. Quando la ripartizione del contingente o di una frazione viene effettuata secondo il principio «first come, first served», il quantitativo che ciascun operatore può ricevere fino a esaurimento del contingente viene determinato secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
Nel fissare tale quantitativo, uguale per tutti, si tiene conto della necessità di assegnare quantitativi economicamente apprezzabili in funzione della natura del prodotto in questione.
2. Le domande di licenze sono soddisfatte previa verifica da parte delle autorità competenti del saldo comunitario disponibile, assegnando a ciascun importatore o esportatore il quantitativo di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
3. Il beneficiario di una licenza, non appena può provare di aver effettivamente importato o esportato la totalità dei prodotti per i quali la licenza gli è stata rilasciata, o una loro parte da definire secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2, è autorizzato a presentare una nuova domanda di licenza. Quest’ultima gli è rilasciata alle stesse condizioni della prima. Questa procedura può essere ripetuta fino ad esaurimento del contingente.
4. Al fine di garantire parità di accesso al contingente a tutti i richiedenti, nell’avviso di apertura del contingente la Commissione indica i giorni e le ore d’accesso del saldo comunitario disponibile.
SEZIONE C
Metodo di ripartizione dei contingenti in proporzione ai quantitativi richiesti
Articolo 13
1. Quando la ripartizione dei contingenti è effettuata in proporzione ai quantitativi richiesti, le autorità competenti degli Stati membri comunicano alla Commissione, alle condizioni e nei termini stabiliti secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2, le informazioni relative alle domande di licenze da esse ricevute.
Dette informazioni comprendono l’indicazione del numero di richiedenti e il volume globale dei quantitativi richiesti.
2. Entro il termine fissato secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2, la Commissione esamina simultaneamente le informazioni trasmesse dalle autorità competenti degli Stati membri e determina il quantitativo del contingente o delle sue frazioni per il quale dette autorità devono rilasciare le licenze di importazione e di esportazione.
3. Quando il volume totale delle domande di licenze corrisponde a un quantitativo pari o inferiore ai contingenti, le domande sono soddisfatte nella loro integralità.
4. Quando le domande hanno per oggetto un quantitativo superiore al volume del contingente esse sono soddisfatte proporzionalmente ai quantitativi richiesti.
SEZIONE D
Criterio di ripartizione dei quantitativi da ridistribuire
Articolo 14
1. I quantitativi da ridistribuire sono determinati dalla Commissione in base alle informazioni trasmesse dagli Stati membri conformemente all’articolo 20.
2. Quando il metodo di ripartizione iniziale del contingente è quello di cui all’articolo 12, i quantitativi da ridistribuire sono immediatamente aggiunti dalla Commissione ai quantitativi eventualmente ancora disponibili o ricostituiscono il contingente qualora questo sia esaurito.
3. Quando la ripartizione iniziale è stata effettuata mediante l’applicazione di un altro metodo, i quantitativi da ridistribuire sono assegnati secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
In tal caso, la Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso di apertura complementare.
CAPO III
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE LICENZE DI IMPORTAZIONE O DI ESPORTAZIONE
Articolo 15
1. In caso di applicazione del metodo di cui all’articolo 12, gli Stati membri rilasciano le licenze senza indugio previa verifica del saldo comunitario disponibile.
2. Negli altri casi, si applica quanto segue:
a)
la Commissione comunica alle autorità competenti degli Stati membri, entro un termine da stabilire secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2, i quantitativi per i quali esse rilasciano le licenze ai diversi richiedenti e ne informa gli altri Stati membri;
b)
le autorità competenti degli Stati membri rilasciano le licenze d’importazione o d’esportazione entro i dieci giorni lavorativi successivi alla notifica della decisione della Commissione o entro i termini stabiliti da questa;
c)
le autorità competenti informano la Commissione del rilascio delle licenze d’importazione o d’esportazione.
Articolo 16
Il rilascio delle licenze può essere subordinato al deposito di una garanzia, secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
Articolo 17
1. Le licenze d’importazione o d’esportazione autorizzano a importare o a esportare i prodotti oggetto di contingente e sono valide in tutta la Comunità, qualunque sia il luogo d’importazione o d’esportazione indicato dall’operatore nella sua domanda.
Se il contingente è limitato a una o a più regioni della Comunità, le licenze d’importazione o d’esportazione sono valide solo ne(llo)(gli) Stat(o)(i) membr(o)(i) della(e) region(e)(i) interessat(a)(e).
2. La durata della validità delle licenze d’importazione o d’esportazione che devono essere rilasciate dalle autorità competenti degli Stati membri è di quattro mesi. Tuttavia può essere fissata una durata diversa, secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
3. I titolari di licenze d’importazione o d’esportazione possono, su richiesta, ottenerne estratti dalle autorità competenti dello Stato membro che hanno rilasciato la licenza.
Gli estratti hanno gli stessi effetti giuridici delle corrispondenti licenze nei limiti del quantitativo per il quale le licenze sono state rilasciate.
4. Le domande di licenze d’importazione o d’esportazione, le licenze e i relativi estratti sono redatti su formulari conformi al modello le cui caratteristiche sono determinate secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
Articolo 18
Fatte salve le disposizioni particolari da adottare secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2, le licenze d’importazione o d’esportazione, nonché i relativi estratti, non possono essere oggetto di prestito né di cessione, a titolo oneroso o gratuito, da parte del titolare al quale il documento è stato rilasciato nominativamente.
Articolo 19
1. Le licenze d’importazione o d’esportazione e i relativi estratti, devono, salvo casi di forza maggiore, essere restituiti alle autorità competenti dello Stato membro che li ha rilasciati entro i dieci giorni lavorativi successivi alla relativa data di scadenza.
2. Qualora il rilascio delle licenze d’importazione o d’esportazione sia stato subordinato al deposito di una garanzia, questa è incamerata, salvo casi di forza maggiore, in caso di mancato rispetto del termine indicato nel paragrafo 1.
Articolo 20
Le autorità competenti degli Stati membri comunicano alla Commissione, non appena ne vengono a conoscenza e al più tardi entro i venti giorni successivi alla data di scadenza delle licenze, i quantitativi di contingente assegnati e non utilizzati, ai fini della loro ridistribuzione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5.
Articolo 21
Le autorità competenti degli Stati membri informano la Commissione, entro la fine di ogni mese, in merito ai quantitativi di prodotti contingentati importati o esportati nel mese precedente.
CAPO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 22
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE.
Il periodo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato ad un mese.
Articolo 23
Le modalità d’applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2. Le stesse definiscono in particolare l’attuazione dei metodi di ripartizione, le informazioni che devono essere comunicate dalle autorità competenti degli Stati membri e le misure intese a garantire l’osservanza del presente regolamento.
Articolo 24
1. Le informazioni che il Consiglio, la Commissione o gli Stati membri ricevono in applicazione del presente regolamento possono essere utilizzate soltanto allo scopo per il quale sono state richieste.
2. Il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri, nonché i loro agenti, non divulgano le informazioni per le quali hanno ricevuto una domanda di trattamento riservato, debitamente giustificata, salvo esplicita autorizzazione della parte che le ha fornite.
3. Il presente articolo non osta alla divulgazione, da parte delle autorità comunitarie, di informazioni di carattere generale e, in particolare, delle ragioni sulle quali sono fondate le decisioni prese in virtù del presente regolamento, né alla divulgazione di elementi di prova sui quali le autorità comunitarie si basano per quanto necessario ai fini della giustificazione degli argomenti addotti in sede di procedimenti giudiziari. Tale divulgazione deve tener conto dell’interesse legittimo delle parti interessate a che i loro segreti professionali non siano rivelati.
Articolo 25
Gli Stati membri e la Commissione si comunicano reciprocamente i dati necessari e collaborano per l’applicazione del presente regolamento. Le modalità relative alla comunicazione e alla diffusione dei dati sono adottate, all’occorrenza, secondo la procedura di cui all’articolo 22, paragrafo 2.
Articolo 26
Il regolamento (CE) n. 520/94, modificato dai regolamenti elencati nell’allegato I, è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II.
Articolo 27
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 17 luglio 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
M. BARNIER
(1) GU L 66 del 10.3.1994, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 806/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1).
(2) Cfr. allegato I.
(3) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
ALLEGATO I
Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive
Regolamento (CE) n. 520/94 del Consiglio
(GU L 66 del 10.3.1994, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 138/96 del Consiglio
(GU L 21 del 27.1.1996, pag. 6).
Regolamento (CE) n. 806/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1).
limitatamente al punto 11 dell’allegato II
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Regolamento (CE) n. 520/94
Presente regolamento
Articoli da 1 a 5
Articoli da 1 a 5
Articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 6, paragrafo 4
—
Articolo 6, paragrafo 5
Articolo 6, paragrafo 4
Articoli 7 e 8
Articoli 7 e 8
Articolo 9, alinea
Articolo 9, alinea
Articolo 9, primo, secondo e terzo trattino
Articolo 9 lettere a), b) e c)
Articoli da 10 a 14
Articoli da 10 a 14
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 15, paragrafo 2, alinea
Articolo 15, paragrafo 2, alinea
Articolo 15, paragrafo 2, primo, secondo e terzo trattino
Articolo 15, paragrafo 2, lettere a), b) e c)
Articoli da 16 a 21
Articoli da 16 a 21
Articolo 22, paragrafo 1
Articolo 22, paragrafo 1
Articolo 22, paragrafo 2
Articolo 22, paragrafo 3
Articolo 23, primo comma
Articolo 22, paragrafo 2, primo comma
Articolo 23, secondo comma
Articolo 22, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 24
Articolo 23
Articolo 25
Articolo 24
Articolo 26
Articolo 25
Articolo 27
—
—
Articolo 26
Articolo 28
Articolo 27
—
Allegato I
—
Allegato II | Ripartizione dei contingenti e delle licenze all’importazione e all’esportazione
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme per la gestione dei contingenti all’importazione e all’esportazione nell'Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
Taluni prodotti sono esclusi dal regolamento, compresi i prodotti agricoli di cui all’allegato I del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Fra i principi generali di gestione dei contingenti europei si annoverano:
i contingenti, quanto prima dopo l’apertura, sono ripartiti tra i richiedenti;
la gestione dei contingenti può essere effettuata mediante applicazione di specifici metodi, ad esempio basati sulla presa in considerazione delle correnti commerciali tradizionali, o sull’ordine cronologico di presentazione delle domande («first come, first served»);
la pubblicazione di un avviso di apertura dei contingenti nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Sono state stabilite norme specifiche per i diversi metodi di gestione dei contingenti. Così, ad esempio, per il metodo:
basato sulle correnti commerciali tradizionali, una parte del contingente è riservata agli importatori o esportatori tradizionali, ovvero coloro che possono dimostrare di aver effettuato in precedenza importazioni nell’UE o esportazioni dall’UE del prodotto oggetto del contingente;
basato sul principio «first come, first served», la Commissione europea determina il quantitativo che ciascun importatore o esportatore può ricevere fino a esaurimento del contingente;
ripartizione dei contingenti in proporzione ai quantitativi richiesti, la Commissione determina i quantitativi dei contingenti in base alle informazioni comunicate dai paesi dell’UE sul numero domande di licenze da essi ricevute.
In base al metodo «first come, first served», le licenze di importazione e di esportazione che autorizzano l’importazione o l’esportazione dei prodotti in questione devono essere rilasciate immediatamente. In tutti gli altri casi, sono rilasciate entro i dieci giorni lavorativi successivi alla notifica della decisione della Commissione o entro i termini stabiliti da quest’ultima.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento (CE) n. 717/2008 è la versione codificata di un documento originale (regolamento (CE) n. 520/94) e sue modifiche successive. È applicato dal 15 agosto 2008.
CONTESTO
Poiché nel corso degli anni sempre più paesi sono diventati membri dell’Organizzazione mondiale del commercio, ora il regolamento si applica solo alle importazioni provenienti da un numero limitato di paesi. Attualmente si applica alle importazioni di prodotti tessili da Bielorussia e Corea del Nord. Non ci sono contingenti quantitativi sulle esportazioni dell’UE.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 717/2008 del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativo all’instaurazione di una procedura comunitaria di gestione dei contingenti quantitativi (versione codificata) (GU L 198 del 26.7.2008, pag. 1-7)
Rettifica al regolamento (CE) n. 717/2008 del Consiglio, del 17 luglio 2008, relativo all’instaurazione di una procedura comunitaria di gestione dei contingenti quantitativi (GU L 206 del 2.8.2008, pag. 34). | 8,214 | 1,020 |
32012R1026 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 1026/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 25 ottobre 2012
relativo a talune misure ai fini della conservazione degli stock ittici relative ai paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 43, paragrafo 2, e l’articolo 207,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Secondo quanto previsto dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 («UNCLOS») e dall’accordo delle Nazioni Unite ai fini dell’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori, del 4 agosto 1995 («UNFSA»), la gestione di taluni stock ittici condivisi, transzonali e altamente migratori richiede la cooperazione di tutti i paesi nelle cui acque si trovano gli stock (gli Stati costieri) e dei paesi le cui flotte sfruttano tali stock (gli Stati pescatori). Tale cooperazione può essere istituita nel quadro delle organizzazioni regionali di gestione della pesca («ORGP») o, nel caso in cui le ORGP non siano competenti per lo stock in questione, mediante accordi ad hoc tra i paesi che hanno un interesse alla pesca.
(2)
Qualora un paese terzo che ha un interesse alla pesca relativa a uno stock di interesse comune per tale paese e per l’Unione consenta, senza tenere in debito conto i modelli di pesca esistenti o i diritti, i doveri e gli interessi degli altri paesi e dell’Unione, attività di pesca che mettano a rischio la sostenibilità di detto stock, e non collabori con altri paesi e con l’Unione, alla gestione dello stock medesimo, è opportuno adottare misure specifiche al fine di incoraggiare tale paese a contribuire alla conservazione di detto stock.
(3)
Lo stato degli stock ittici dovrebbe essere ritenuto insostenibile quando essi non sono mantenuti in permanenza a livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile o al di sopra di tali livelli oppure, se tali livelli non possono essere stimati, quando gli stock non sono mantenuti in permanenza entro limiti biologici sicuri.
(4)
Occorre stabilire le condizioni alle quali è possibile considerare che un paese autorizza attività di pesca non sostenibili ed è soggetto alle misure a norma del presente regolamento, in particolare un processo che conceda ai paesi interessati il diritto di presentare le proprie osservazioni e consenta loro di adottare misure correttive.
(5)
Inoltre, è necessario definire il tipo di misure che possono essere adottate nei confronti dei paesi che autorizzano una pesca non sostenibile e stabilire le condizioni generali per l’adozione di tali misure, in modo che esse siano fondate su criteri oggettivi e che siano eque, efficienti sotto il profilo dei costi e compatibili con il diritto internazionale, in particolare con l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio.
(6)
Tali misure dovrebbero essere volte ad eliminare gli incentivi per i paesi che autorizzano una pesca non sostenibile a sfruttare gli stock di interesse comune. Tale obiettivo può essere realizzato, tra l'altro, limitando le importazioni di prodotti della pesca catturati da navi che svolgono attività di pesca su uno stock di interesse comune sotto il controllo del paese che autorizza una pesca non sostenibile, limitando l'accesso ai porti per tali navi o impedendo che pescherecci dell'Unione o attrezzature da pesca dell'Unione siano utilizzate per sfruttare gli stock di interesse comune sotto il controllo del paese che autorizza una pesca non sostenibile.
(7)
Al fine di garantire l’efficacia e la coerenza dell’azione dell’Unione per la conservazione degli stock ittici, è importante tenere in considerazione le misure previste dal regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (3).
(8)
Al fine di garantire che le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento siano rispettose dell'ambiente, efficaci, proporzionate e compatibili con le norme internazionali, è necessario che l’adozione di tali misure sia preceduta da una valutazione degli effetti ambientali, commerciali, economici e sociali previsti.
(9)
Se le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento sono inefficaci e tale paese continua ad essere considerato un paese che autorizza una pesca non sostenibile, possono essere adottate ulteriori misure in conformità del presente regolamento.
(10)
È opportuno che le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento cessino di applicarsi quando il paese che autorizza una pesca non sostenibile ha adottato le misure necessarie per il suo contributo alla conservazione dello stock di interesse comune.
(11)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione riguardo all'individuazione di un paese che autorizza una pesca non sostenibile, all'adozione di misure nei confronti di tale paese nonché alla decisione che tali misure debbano cessare di applicarsi. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (4).
(12)
Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alla fine dell’applicazione delle misure adottate a norma del presente regolamento, imperativi motivi di urgenza, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento istituisce un quadro per l'adozione di talune misure relative alle attività e alle politiche di pesca di paesi terzi al fine di garantire la conservazione a lungo termine degli stock di interesse comune per l'Unione e tali paesi terzi.
2. Le misure adottate a norma del presente regolamento possono essere applicate in tutti i casi in cui la cooperazione tra i paesi terzi e l’Unione è necessaria ai fini della gestione congiunta degli stock di interesse comune, anche nel caso in cui tale cooperazione avviene nell’ambito di un’ORGP o di un organismo analogo.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
a)
«stock di interesse comune», uno stock ittico la cui distribuzione geografica lo rende accessibile sia all'Unione sia ai paesi terzi e la cui gestione richiede la cooperazione tra tali paesi e l’Unione, in contesti bilaterali o multilaterali;
b)
«specie associata», ogni specie ittica appartenente al medesimo ecosistema dello stock di interesse comune e che si alimenta di detto stock, gli serve da alimento, compete con esso per il cibo e lo spazio vitale o si trova nella stessa zona di pesca e che è sfruttata o catturata accidentalmente nell'ambito della stessa o delle stesse attività di pesca;
c)
«organizzazione regionale di gestione della pesca» o «ORGP», un’organizzazione subregionale, regionale o simile competente, ai sensi del diritto internazionale, a stabilire misure di conservazione e di gestione per le risorse biologiche marine soggette alla sua responsabilità in virtù della convenzione o dell’accordo che l'ha istituita;
d)
«importazione», l’introduzione nel territorio dell’Unione di pesce o prodotti della pesca, anche ai fini del trasbordo nei porti ivi situati;
e)
«trasbordo», lo scarico, per intero o in parte, dei pesci o dei prodotti della pesca detenuti a bordo di un peschereccio verso un altro peschereccio;
f)
«stato insostenibile», la situazione in cui lo stock non è mantenuto in permanenza a livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile o al di sopra di tali livelli oppure, se tali livelli non possano essere stimati, quando lo stock non è mantenuto in permanenza entro limiti biologici sicuri; i livelli dello stock che determinano se esso si trova in uno stato insostenibile devono essere stabiliti sulla base dei migliori pareri scientifici disponibili;
g)
«limiti biologici sicuri», i limiti dimensionali di uno stock entro i quali esso può ricostituirsi con un alto grado di probabilità pur consentendo attività di pesca ad alto rendimento del medesimo;
h)
«paese», un paese terzo, compresi i territori che godono di un regime di autonomia e sono dotati di competenze in materia di conservazione e gestione delle risorse marine viventi.
Articolo 3
Paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
Un paese può essere considerato un paese che autorizza una pesca non sostenibile se:
a)
non coopera nella gestione di uno stock di interesse comune in piena conformità delle disposizioni dell'UNCLOS e dell'UNFSA, o di qualunque altro accordo internazionale o norma di diritto internazionale; e
b)
o:
i)
non ha adottato le necessarie misure di gestione della pesca; o
ii)
adotta misure di gestione della pesca senza tenere in debito conto i diritti, gli interessi e i doveri degli altri paesi e dell’Unione e tali misure di gestione della pesca, considerate in combinazione con quelle adottate da altri paesi e dall’Unione, danno luogo ad attività di pesca che potrebbero causare uno stato insostenibile dello stock. Tale condizione si considera soddisfatta anche quando le misure di gestione della pesca adottate da tale paese non hanno portato a uno stato insostenibile dello stock unicamente grazie alle misure adottate da altri.
Articolo 4
Misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
1. La Commissione può adottare, mediante atti di esecuzione, le seguenti misure nei confronti di un paese che autorizza una pesca non sostenibile:
a)
identificando tale paese come un paese che autorizza una pesca non sostenibile;
b)
identificando, ove necessario, le navi o le flotte specifiche di tale paese cui si devono applicare determinate misure;
c)
imponendo restrizioni quantitative alle importazioni di pesce proveniente da stock di interesse comune che è stato catturato sotto il controllo di tale paese e alle importazioni di prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce;
d)
imponendo restrizioni quantitative alle importazioni di pesce di ogni specie associata e di prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce, che sono stati catturati durante operazioni di pesca sullo stock di interesse comune sotto il controllo di tale paese; nell'adottare tale misura, la Commissione, conformemente all'articolo 5, paragrafo 4, del presente regolamento, in applicazione del principio di proporzionalità, determina quali specie e relative catture rientrano nell'ambito di applicazione della misura;
e)
imponendo restrizioni sull’uso dei porti dell’Unione per i pescherecci battenti bandiera di tale paese che sfruttano lo stock di interesse comune e/o specie associate e per i pescherecci che trasportano pesce e prodotti della pesca derivanti dallo stock di interesse comune e/o da specie associate che sono stati catturati da pescherecci battenti bandiera di tale paese o da pescherecci autorizzati da tale paese pur battendo un’altra bandiera; tali restrizioni non si applicano in caso di forza maggiore o di difficoltà ai sensi dell’articolo 18 dell’UNCLOS per i servizi strettamente necessari al fine di rimediare a tali situazioni;
f)
vietando l’acquisto, da parte degli operatori economici dell’Unione, di un peschereccio battente bandiera di tale paese;
g)
vietando ai pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro di cambiare bandiera a favore della bandiera di tale paese;
h)
vietando agli Stati membri di autorizzare la conclusione di accordi di nolo mediante i quali operatori economici dell’Unione noleggiano i loro pescherecci ad operatori economici di tale paese;
i)
vietando l'esportazione verso tale paese di pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro o di attrezzature e forniture da pesca necessarie per la pesca degli stock di interesse comune;
j)
vietando la conclusione di accordi commerciali privati tra operatori economici dell’Unione e di tale paese, che consentano a un peschereccio battente bandiera di uno Stato membro di far uso delle possibilità di pesca di tale paese;
k)
vietando le operazioni di pesca congiunta tra i pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro e quelli battenti bandiera di tale paese.
2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 2.
Articolo 5
Requisiti generali relativi alle misure adottate a norma del presente regolamento
1. Le misure di cui all'articolo 4 sono:
a)
connesse alla conservazione dello stock di interesse comune;
b)
applicate congiuntamente a limitazioni delle attività di pesca da parte delle navi dell’Unione o della produzione o del consumo all’interno dell’Unione applicabili al pesce e ai prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce, delle specie in relazione alle quali le misure sono state adottate;
c)
proporzionate agli obiettivi perseguiti e compatibili con gli obblighi imposti dagli accordi internazionali di cui l’Unione è parte e con ogni altra norma pertinente del diritto internazionale.
2. Le misure di cui all'articolo 4 tengono conto delle misure già adottate a norma del regolamento (CE) n. 1005/2008.
3. Le misure di cui all'articolo 4 non sono applicate secondo modalità tali da costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata tra i paesi in cui esistono identiche condizioni, o una restrizione dissimulata del commercio internazionale.
4. Nell’adottare le misure di cui all'articolo 4, la Commissione, al fine di garantire che tali misure siano rispettose dell'ambiente, efficaci, proporzionate e compatibili con le norme internazionali, valuta gli effetti ambientali, commerciali, economici e sociali di tali misure a breve e lungo termine nonché l’onere amministrativo associato alla loro attuazione.
5. Le misure di cui all'articolo 4 prevedono un sistema adeguato per la loro esecuzione da parte delle autorità competenti.
Articolo 6
Procedure preliminari all’adozione di misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
1. Se lo ritiene necessario per adottare le misure di cui all’articolo 4, la Commissione notifica al paese interessato l’intenzione di identificarlo come un paese che autorizza una pesca non sostenibile. In tal caso, il Parlamento europeo e il Consiglio ne sono immediatamente informati.
2. La notifica include informazioni sui motivi dell’identificazione di tale paese come un paese che autorizza una pesca non sostenibile e descrive le misure possibili che possono essere adottate nei suoi confronti a norma del presente regolamento.
3. Prima di adottare le misure di cui all’articolo 4, la Commissione offre al paese interessato una possibilità ragionevole di rispondere per iscritto alla notifica e di porre rimedio alla situazione entro un mese dalla ricezione di tale notifica.
Articolo 7
Periodo di applicazione delle misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
1. Le misure di cui all'articolo 4 cessano di applicarsi quando il paese che autorizza una pesca non sostenibile adotta misure correttive adeguate necessarie per la conservazione e la gestione dello stock di interesse comune e tali misure correttive:
a)
sono state adottate in maniera autonoma o sono state concordate nel quadro di consultazioni con l’Unione e, se del caso, con altri paesi interessati; e
b)
non compromettono gli effetti delle misure adottate dall’Unione in maniera autonoma o in cooperazione con altri paesi ai fini della conservazione degli stock ittici interessati.
2. La Commissione adotta atti di esecuzione che determinano se le condizioni fissate al paragrafo 1 sono state rispettate e, se necessario, dispongono che le misure adottate nei confronti del paese interessato a norma dell’articolo 4 cessano di applicarsi. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 2.
Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati connessi a perturbazioni economiche o sociali impreviste, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 3, per decidere che le misure adottate a norma dell’articolo 4 devono cessare di applicarsi.
Articolo 8
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011, in combinato disposto con il suo articolo 5.
4. I risultati della valutazione di cui all'articolo 5, paragrafo 4, sono messi a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente alla procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 182/2011, insieme ai documenti ivi previsti.
Articolo 9
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, il 25 ottobre 2012
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
A. D. MAVROYIANNIS
(1) GU C 229 del 31.7.2012, pag. 112.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 12 settembre 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 settembre 2012.
(3) GU L 286 del 29.10.2008, pag. 1.
(4) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13. | Conservazione degli stock ittici in Paesi che praticano la pesca non sostenibile
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento istituisce un sistema che consente all’UE di adottare misure in relazione alle attività e alle politiche di alcuni Paesi terzi che permettono la pesca non sostenibile. Tali misure sono state concepite per sostenere la conservazione degli stock ittici di interesse comune* sia per l’UE che per i Paesi terzi del caso.
PUNTI CHIAVE
L’identificazione di un Paese che permette la pesca non sostenibile si applica laddove:un Paese terzo non fornisce la sua cooperazione nella gestione di uno stock di interesse comune nel pieno rispetto delle norme concordate nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 e nell’accordo sulle risorse alieutiche sancito dalle Nazioni Unite del 1995, o in qualsiasi altro accordo o normativa relativa a leggi internazionali; e oppure:non adotta le necessarie misure di gestione della pesca; oadotta misure di gestione della pesca senza tenere debitamente conto dei diritti, degli interessi e dei doveri di altri Paesi e dell’UE che, quando cumulati con le misure adottate da altri Paesi e dall’UE, portano alla pratica di attività ittiche che potrebbero arrecare danni insostenibili agli stock ittici. Misure a disposizione dell’UE
Tra le misure che la Commissione europea può adottare nei confronti di un Paese che consente la pesca non sostenibile si annoverano:quote sulle importazioni di pesce dallo stock di interesse comune pescato sotto il controllo di tale Paese e sulle importazioni di prodotti ittici che includono tale pesce; restrizioni sull’utilizzo di porti EU da parte di certe imbarcazionibattenti bandiera del Paese che pesca o trasporta pesce o prodotti ittici derivati dallo stock di interesse comune e/o specie associate,battenti un’altra bandiera, che sono autorizzati da quel Paese; divieti relativi all’ acquisto da parte di aziende ittiche dell’UE di un peschereccio battente bandiera di tale Paese; divieti relativi alla sostituzione da parte di un peschereccio della bandiera di un Paese UE con la bandiera del dato Paese; divieti relativi all’ esportazione nel dato Paese di pescherecci battenti bandiera di un Paese dell’UE o di attrezzature e equipaggiamento necessari per la pesca delle risorse alieutiche di interesse comune; divieti in merito alla conclusione di accordi commerciali privati tra gli operatori ittici dell’UE e di quel Paese specifico, che consentono ad un peschereccio battente bandiera di un Paese UE di sfruttare le possibilità offerte da tale Paese nel campo ittico; divieto di praticare operazioni di pesca congiunte che coinvolgono pescherecci dell’UE e quelli battenti bandiera del dato Paese. Tutte le misure devono:riferirsi alla conservazione dello stock di interesse comune; essere vigenti in concomitanza con le restrizioni alla pesca da parte delle imbarcazioni UE, o alla produzione o al consumo all’interno dell’UE, di pesce e prodotti ittici relativi alle specie per le quali sono state adottate le misure; proporzionato agli obiettivi perseguiti e compatibile con gli obblighi imposti dagli accordi internazionali di cui l’UE è parte e di ogni altra norma pertinente di diritto internazionale; Prima di adottare misure, la Commissione deve comunicare al Paese interessato la sua intenzione di identificarlo come Paese che permette la pesca non sostenibile. In tali circostanze, la Commissione si fa anche carico di informare tempestivamente il Parlamento europeo e il Consiglio.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 17 novembre 2012.
TERMINI CHIAVE
Stock di interesse comune: uno stock ittico la cui distribuzione geografica lo rende disponibile sia ai Paesi dell’UE che quelli non UE e la cui gestione richiede la cooperazione tra tali Paesi e l’UE, in contesti bilaterali o multilaterali.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) No 1026/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 su talune misure ai fini della conservazione delle risorse ittiche in relazione ai Paesi che autorizzano la pesca non sostenibile (GU L 316, 14.11.2012, pag. 34-37) | 6,758 | 1,321 |
32014R0240 | false | REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 240/2014 DELLA COMMISSIONE
del 7 gennaio 2014
recante un codice europeo di condotta sul partenariato nell’ambito dei fondi strutturali e d'investimento europei
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (1), in particolare l’articolo 5, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Il presente regolamento ha l’obiettivo di fornire un codice europeo di condotta per sostenere e agevolare gli Stati membri nell’organizzazione di partenariati finalizzati agli accordi di partenariato e ai programmi finanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), dal Fondo sociale europeo (FSE), dal Fondo di coesione, dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). Tali fondi operano ora nell’ambito di un quadro comune e sono denominati «fondi strutturali e d'investimento europei» (in appresso «fondi SIE»).
(2)
Lavorare in partenariato è un principio consolidato nell’attuazione dei fondi SIE. Il partenariato implica una stretta cooperazione tra autorità pubbliche, parti economiche e sociali e organismi che rappresentano la società civile a livello nazionale, regionale e locale nel corso dell’intero ciclo del programma, che si articola in preparazione, attuazione, sorveglianza e valutazione.
(3)
È opportuno che i partner selezionati siano il più possibile rappresentativi delle parti interessate. Occorre che le procedure di selezione siano trasparenti e tengano conto dei diversi contesti istituzionali e giuridici degli Stati membri e delle loro competenze nazionali e regionali.
(4)
I partner dovrebbero includere autorità pubbliche, parti economiche e sociali e organismi che rappresentano la società civile, compresi i partner ambientali e le organizzazioni locali e di volontariato, che possono influenzare significativamente l’attuazione dell’accordo di partenariato e dei programmi o risentire dei loro effetti. È opportuno prestare una particolare attenzione all’inclusione dei gruppi che possono risentire degli effetti dei programmi ma che incontrano difficoltà a influenzarli, in particolare delle comunità più vulnerabili ed emarginate, a più alto rischio di discriminazione o esclusione sociale, segnatamente delle persone con disabilità, dei migranti e dei Rom.
(5)
Per la selezione dei partner è opportuno tenere conto delle differenze tra accordi di partenariato e programmi. Gli accordi di partenariato riguardano tutti i fondi SIE che forniscono sostegno a ciascuno Stato membro, mentre i programmi fanno riferimento soltanto ai fondi SIE dai quali ricevono un contributo. I partner degli accordi di partenariato dovrebbero essere quelli pertinenti in considerazione dell’uso di tutti i fondi SIE, mentre per i programmi è sufficiente che i partner siano quelli pertinenti in considerazione dell’uso previsto dei fondi SIE che contribuiscono al programma.
(6)
I partner devono essere coinvolti nell’elaborazione e nell’attuazione degli accordi di partenariato e dei programmi. A tale scopo, è necessario stabilire i principi essenziali e le buone prassi in materia di consultazione tempestiva, pertinente e trasparente dei partner sull’analisi delle sfide e delle esigenze da fronteggiare, sulla selezione degli obiettivi e delle priorità per raggiungerli, e sulle strutture di coordinamento e sugli accordi di governance a più livelli necessari per una realizzazione efficace delle politiche.
(7)
I partner dovrebbero essere rappresentati in seno ai comitati di sorveglianza dei programmi. Le norme che disciplinano la composizione e le procedure dei comitati dovrebbero promuovere la continuità e la responsabilità nella programmazione e nell’attuazione, e accordi di lavoro chiari e trasparenti, nonché la tempestività e la non discriminazione.
(8)
È opportuno che i partner, mediante la loro partecipazione attiva ai comitati di sorveglianza, siano coinvolti nella valutazione del grado di efficienza per le diverse priorità, delle pertinenti relazioni sui programmi e, se del caso, degli inviti a presentare proposte.
(9)
Va agevolato un partenariato efficace aiutando i partner interessati a rafforzare la loro capacità istituzionale in vista della preparazione e dell’attuazione dei programmi.
(10)
La Commissione dovrebbe facilitare lo scambio di buone prassi, rafforzando la capacità istituzionale e la diffusione dei risultati di maggior rilievo tra gli Stati membri, le autorità di gestione e i rappresentanti dei partner attraverso l’istituzione di una comunità di prassi sul partenariato riguardanti tutti i fondi SIE.
(11)
È opportuno che il ruolo dei partner nell’attuazione degli accordi di partenariato e i risultati e l’efficacia del partenariato nel periodo di programmazione siano sottoposti a valutazione da parte degli Stati membri.
(12)
Al fine di sostenere e agevolare gli Stati membri nell’organizzazione del partenariato, la Commissione dovrebbe mettere a disposizione alcuni esempi delle migliori prassi esistenti negli Stati membri,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
Il presente regolamento stabilisce il codice europeo di condotta sul partenariato per gli accordi di partenariato e i programmi sostenuti dai fondi strutturali e d'investimento europei.
CAPO II
PRINCIPI ESSENZIALI RELATIVI A PROCEDURE TRASPARENTI PER L’IDENTIFICAZIONE DEI PARTNER INTERESSATI
Articolo 2
Rappresentatività dei partner
Gli Stati membri provvedono a che i partner di cui all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1303/2013 siano il più possibile rappresentativi delle parti interessate e siano nominati in qualità di rappresentanti debitamente autorizzati, tenendo conto delle loro competenze, della capacità di partecipare attivamente e di un adeguato livello di rappresentanza.
Articolo 3
Identificazione dei partner pertinenti per gli accordi di partenariato
1. Per l’accordo di partenariato, gli Stati membri devono identificare i partner pertinenti tra, come minimo:
a)
le autorità regionali, locali, cittadine e le altre autorità pubbliche competenti, tra cui:
i)
le autorità regionali, i rappresentanti nazionali delle autorità locali e le autorità locali che rappresentano le maggiori città e aree urbane, aventi competenze connesse all’uso previsto dei fondi SIE;
ii)
i rappresentanti nazionali di istituti di istruzione superiore, organismi di istruzione e di formazione e centri di ricerca, tenendo conto dell’uso previsto dei fondi SIE;
iii)
altre autorità pubbliche nazionali competenti per l’applicazione dei principi orizzontali di cui agli articoli da 4 a 8 del regolamento (UE) n. 1303/2013, tenendo conto dell’uso previsto dei fondi SIE; in particolare gli organismi per la promozione della parità di trattamento stabiliti in conformità alle direttive del Consiglio (CE) 2000/43/CE (2) e 2004/113/CE (3) e alla direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4);
b)
le parti economiche e sociali, tra cui:
i)
organizzazioni delle parti sociali riconosciute a livello nazionale, in particolare organizzazioni interprofessionali a carattere generale e organizzazioni settoriali i cui settori sono connessi all’uso previsto dei fondi SIE;
ii)
camere di commercio nazionali e associazioni imprenditoriali che rappresentano l’interesse generale delle industrie e dei settori, tenendo conto dell’uso previsto dei fondi SIE e al fine di garantire una rappresentanza equilibrata di grandi, medie, piccole e micro imprese, insieme con i rappresentanti dell’economia sociale;
c)
organismi che rappresentano la società civile, quali partner ambientali, organizzazioni non governative e organismi di promozione dell’inclusione sociale, della parità di genere e della non discriminazione, tra cui:
i)
organismi che operano nei settori connessi all’uso previsto dei fondi SIE e all’applicazione dei principi orizzontali di cui agli articoli da 4 a 8 del regolamento (UE) n. 1303/2013 in base alla loro rappresentatività, e tenendo conto della copertura geografica e tematica, della capacità di gestione, delle competenze e degli approcci innovativi;
ii)
altre organizzazioni o gruppi che sono o che è probabile che siano interessati in modo significativo dall’attuazione dei fondi SIE, in particolare gruppi considerati a rischio di discriminazione e di esclusione sociale.
2. Qualora le autorità pubbliche, le parti economiche e sociali e gli organismi che rappresentano la società civile abbiano creato un organismo che raggruppa i loro interessi al fine di favorire il loro coinvolgimento nel partenariato (organizzazione ombrello), essi possono designare un unico rappresentante che presenti il punto di vista dell’organizzazione ombrello in seno al partenariato.
Articolo 4
Identificazione dei partner pertinenti per i programmi
1. Per ciascun programma, gli Stati membri devono identificare i partner pertinenti tra, come minimo:
a)
le autorità regionali, locali, cittadine e le altre autorità pubbliche competenti, tra cui:
i)
le autorità regionali, i rappresentanti nazionali delle autorità locali e le autorità locali che rappresentano le maggiori città e aree urbane, aventi competenze connesse all’uso previsto dei fondi SIE che contribuiscono al programma;
ii)
i rappresentanti nazionali o regionali di istituti di istruzione superiore, organismi che forniscono servizi di istruzione, formazione e consulenza e centri di ricerca, tenendo conto dell’uso previsto dei fondi SIE che contribuiscono al programma;
iii)
altre autorità pubbliche competenti per l’applicazione dei principi orizzontali di cui agli articoli da 4 a 8 del regolamento (UE) n. 1303/2013, tenendo conto dell’uso previsto dei fondi SIE che contribuiscono al programma, in particolare gli organismi per la promozione della parità di trattamento stabiliti in conformità alle direttive 2000/43/CE e 2004/113/CE e alla direttiva 2006/54/CE;
iv)
altri organismi a livello nazionale, regionale o locale e autorità che rappresentano i settori in cui vengono attuati gli investimenti territoriali integrati e le strategie di sviluppo locale finanziati dal programma;
b)
le parti economiche e sociali, tra cui:
i)
organizzazioni delle parti sociali riconosciute a livello nazionale o regionale, in particolare organizzazioni interprofessionali a carattere generale e organizzazioni settoriali, i cui settori sono connessi all’uso previsto dei fondi SIE che contribuiscono al programma;
ii)
camere di commercio nazionali o regionali e associazioni imprenditoriali che rappresentano l’interesse generale delle industrie o dei settori, al fine di garantire una rappresentanza equilibrata di grandi, medie, piccole e micro imprese, insieme con i rappresentanti dell’economia sociale;
iii)
altri organismi analoghi a livello nazionale o regionale;
c)
organismi che rappresentano la società civile, quali partner ambientali, organizzazioni non governative e organismi di promozione dell’inclusione sociale, della parità di genere e della non discriminazione, tra cui:
i)
organismi che operano nei settori connessi all’uso previsto dei fondi SIE che contribuiscono al programma e all’applicazione dei principi orizzontali di cui agli articoli da 4 a 8 del regolamento (UE) n. 1303/2013 in base alla loro rappresentatività, e tenendo conto della copertura geografica e tematica, della capacità di gestione, delle competenze e degli approcci innovativi;
ii)
organismi che rappresentano i gruppi di azione locale di cui all’articolo 34, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1303/2013;
iii)
altre organizzazioni o gruppi che sono o che è probabile che siano interessati in modo significativo dall’attuazione dei fondi SIE, in particolare gruppi considerati a rischio di discriminazione e di esclusione sociale.
2. Per quanto riguarda i programmi di cooperazione territoriale europea, gli Stati membri possono coinvolgere nel partenariato:
i)
gruppi europei di cooperazione territoriale che operano nell’ambito dei rispettivi programmi transfrontalieri o transnazionali;
ii)
autorità o organismi coinvolti nello sviluppo o nell’attuazione di una strategia macroregionale o per i bacini marittimi nella zona interessata dal programma, compresi i coordinatori di settori prioritari per le strategie macroregionali.
3. Qualora le autorità pubbliche, le parti economiche e sociali e gli organismi che rappresentano la società civile abbiano creato un’organizzazione ombrello, essi possono designare un unico rappresentante che presenti il punto di vista dell’organizzazione ombrello in seno al partenariato.
CAPO III
PRINCIPI ESSENZIALI E BUONE PRASSI IN MATERIA DI COINVOLGIMENTO DEI PARTNER PERTINENTI NELLA PREPARAZIONE DELL’ACCORDO DI PARTENARIATO E DEI PROGRAMMI
Articolo 5
Consultazione dei partner pertinenti nella preparazione dell’accordo di partenariato e dei programmi
1. Al fine di garantire la trasparenza e il coinvolgimento effettivo dei partner pertinenti, gli Stati membri e le autorità di gestione li consultano sul processo e sulla tempistica della preparazione dell’accordo di partenariato e dei programmi. A tal fine, essi li tengono pienamente informati del loro contenuto e delle eventuali modifiche.
2. Per quanto riguarda la consultazione dei partner interessati, gli Stati membri tengono conto della necessità di:
a)
comunicare tempestivamente le informazioni pertinenti e renderle facilmente accessibili;
b)
dare ai partner tempo sufficiente per analizzare e commentare i principali documenti preparatori, il progetto di accordo di partenariato e i progetti di programmi;
c)
mettere a disposizione canali attraverso i quali i partner possono porre domande, fornire contributi ed essere informati del modo in cui le loro proposte sono state prese in considerazione:
d)
divulgare i risultati delle consultazioni.
3. Per quanto riguarda i programmi di sviluppo rurale, gli Stati membri devono tenere conto del ruolo che le reti rurali nazionali istituite in conformità all’articolo 54 del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) possono svolgere per il coinvolgimento dei partner pertinenti.
4. Qualora siano in essere accordi formali tra i differenti livelli di governo al di sotto del livello nazionale, lo Stato membro terrà conto di tali accordi di governance a più livelli conformemente al suo quadro istituzionale e giuridico.
Articolo 6
Preparazione dell’accordo di partenariato
Gli Stati membri, in conformità al loro quadro istituzionale e giuridico, coinvolgono i partner pertinenti nella preparazione dell’accordo di partenariato, in particolare per quanto riguarda:
a)
l’analisi delle disparità, delle esigenze di sviluppo e del potenziale di crescita con riguardo agli obiettivi tematici, compresi quelli definiti nelle raccomandazioni pertinenti specifiche per paese;
b)
le sintesi delle condizionalità ex ante dei programmi e le conclusioni essenziali di eventuali valutazioni ex ante dell’accordo di partenariato effettuate su iniziativa dello Stato membro;
c)
la scelta degli obiettivi tematici, la dotazione indicativa dei fondi SIE e i loro principali risultati attesi;
d)
l’elenco dei programmi e i meccanismi a livello nazionale e regionale finalizzati al coordinamento tra i fondi SIE e dei fondi SIE con altri strumenti di finanziamento dell’Unione e nazionali e con la Banca europea per gli investimenti;
e)
le modalità per garantire un approccio integrato all’uso dei fondi SIE per lo sviluppo territoriale delle zone urbane, rurali, costiere e di pesca e delle zone con caratteristiche territoriali particolari;
f)
le modalità per garantire un approccio integrato per rispondere ai bisogni specifici delle aree geografiche particolarmente colpite dalla povertà e dei gruppi di destinatari a più alto rischio di discriminazione o di esclusione, con particolare riguardo per le comunità emarginate;
g)
l’applicazione dei principi orizzontali di cui agli articoli 5, 7 e 8 del regolamento (UE) n. 1303/2013.
Articolo 7
Informazioni sul coinvolgimento dei partner pertinenti nell’accordo di partenariato
Gli Stati membri forniscono in relazione all’accordo di partenariato almeno le seguenti informazioni:
a)
l’elenco dei partner coinvolti nella preparazione dell’accordo di partenariato;
b)
le azioni intraprese per garantire la partecipazione attiva dei partner, comprese le azioni intraprese in termini di accessibilità, in particolare per le persone con disabilità;
c)
il ruolo dei partner nella preparazione dell’accordo di partenariato;
d)
i risultati della consultazione con i partner e una descrizione del suo valore aggiunto nella preparazione dell’accordo di partenariato.
Articolo 8
Preparazione dei programmi
Gli Stati membri, in conformità al loro quadro istituzionale e giuridico, coinvolgono i partner pertinenti nella preparazione dei programmi, in particolare per quanto riguarda:
a)
l’analisi e l’identificazione delle esigenze;
b)
la definizione o la selezione delle priorità e dei relativi obiettivi specifici;
c)
l’assegnazione dei finanziamenti;
d)
la definizione degli indicatori specifici dei programmi;
e)
l’applicazione dei principi orizzontali quali definiti agli articoli 7 e 8 del regolamento (UE) n. 1303/2013;
f)
la composizione del comitato di sorveglianza.
Articolo 9
Informazioni sul coinvolgimento dei partner pertinenti nei programmi
Gli Stati membri forniscono in relazione ai programmi almeno le seguenti informazioni:
a)
le azioni adottate per coinvolgere i partner pertinenti nella preparazione dei programmi e nelle relative modifiche;
b)
le azioni previste per garantire la partecipazione dei partner all’attuazione dei programmi.
CAPO IV
BUONE PRASSI RELATIVE ALLA FORMULAZIONE DELLE NORME CHE DISCIPLINANO LA COMPOSIZIONE E LE PROCEDURE INTERNE DEI COMITATI DI SORVEGLIANZA
Articolo 10
Norme che disciplinano la composizione del comitato di sorveglianza
1. Nel formulare le norme che disciplinano la composizione del comitato di sorveglianza gli Stati membri prendono in considerazione il coinvolgimento dei partner che hanno partecipato alla preparazione dei programmi e mirano a promuovere la parità tra uomini e donne e la non discriminazione.
2. Per quanto riguarda i comitati di sorveglianza dei programmi di cooperazione territoriale europea, i partner possono essere rappresentati da organizzazioni ombrello a livello transnazionale o dell’Unione nell’ambito dei programmi di cooperazione interregionale e transnazionale. Gli Stati membri possono coinvolgere i partner nella preparazione del comitato di sorveglianza, in particolare tramite la loro partecipazione ai comitati di coordinamento a livello nazionale negli Stati membri partecipanti.
Articolo 11
Norme che disciplinano la procedura del comitato di sorveglianza
Nel formulare le norme che disciplinano la procedura, i comitati di sorveglianza devono tenere conto dei seguenti elementi:
a)
i diritti di voto dei membri;
b)
il preavviso da dare per le riunioni e la trasmissione dei documenti che, come regola generale, non può essere inferiore a 10 giorni lavorativi;
c)
le modalità di pubblicazione e accessibilità dei documenti preparatori presentati al comitato di sorveglianza;
d)
la procedura di adozione, pubblicazione e accessibilità dei verbali;
e)
le modalità di istituzione dei gruppi di lavoro e relative alle loro attività nell’ambito dei comitati di sorveglianza;
f)
le disposizioni sul conflitto di interessi per i partner coinvolti nella sorveglianza, nella valutazione e negli inviti a presentare proposte;
g)
le condizioni, i principi e le modalità che regolamentano i rimborsi, le opportunità di sviluppo delle capacità e il ricorso all’assistenza tecnica.
CAPO V
PRINCIPI ESSENZIALI E BUONE PRASSI PER QUANTO RIGUARDA IL COINVOLGIMENTO DEI PARTNER PERTINENTI NELLA PREPARAZIONE DI INVITI A PRESENTARE PROPOSTE E RELAZIONI SULLO STATO DEI LAVORI E IN MATERIA DI SORVEGLIANZA E DI VALUTAZIONE DEI PROGRAMMI
Articolo 12
Obblighi in merito alla protezione dei dati, alla riservatezza e al conflitto di interessi
Gli Stati membri provvedono a che i partner coinvolti nella preparazione di inviti a presentare proposte, relazioni sullo stato dei lavori e attività di sorveglianza e valutazione dei programmi siano consapevoli dei loro obblighi relativi alla protezione dei dati, alla riservatezza e al conflitto di interessi.
Articolo 13
Coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione degli inviti a presentare proposte
Le autorità di gestione prendono i provvedimenti necessari per evitare potenziali conflitti di interesse quando coinvolgono i partner nella preparazione di inviti a presentare proposte o nella loro valutazione.
Articolo 14
Coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione delle relazioni sullo stato dei lavori
Gli Stati membri coinvolgono i partner pertinenti nella preparazione delle relazioni sullo stato dei lavori concernenti l’esecuzione dell’accordo di partenariato di cui all’articolo 52 del regolamento (UE) n. 1303/2013, in particolare per quanto riguarda la valutazione del ruolo dei partner nell’esecuzione dell’accordo di partenariato e la panoramica dei pareri formulati dai partner nel corso della consultazione, compresa, se del caso, la descrizione del modo in cui i pareri dei partner sono stati presi in considerazione.
Articolo 15
Coinvolgimento dei partner pertinenti nella sorveglianza dei programmi
Le autorità di gestione coinvolgono i partner, nel quadro del comitato di sorveglianza e dei loro gruppi di lavoro, nel valutare l’efficacia del programma, comprese le conclusioni della verifica di efficacia dell’attuazione, e nella preparazione delle relazioni di attuazione annuali relative ai programmi.
Articolo 16
Coinvolgimento dei partner nella valutazione dei programmi
1. Le autorità di gestione coinvolgono i partner pertinenti nella valutazione dei programmi nell’ambito dei comitati di sorveglianza e, se del caso, dei gruppi di lavoro specifici istituiti dai comitati di sorveglianza a tal fine.
2. Le autorità di gestione dei programmi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di coesione consultano i partner sulle relazioni che sintetizzano le conclusioni delle valutazioni effettuate durante il periodo di programmazione, in conformità all’articolo 114, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013.
CAPO VI
AREE DI MASSIMA, TEMATICHE E BUONE PRASSI SULL’UTILIZZO DEI FONDI SIE PER RAFFORZARE LA CAPACITÀ ISTITUZIONALE DEI PARTNER PERTINENTI E RUOLO DELLA COMMISSIONE NELLA DIVULGAZIONE DELLE BUONE PRASSI
Articolo 17
Rafforzare la capacità istituzionale dei partner pertinenti
1. L’autorità di gestione esamina la necessità di avvalersi di assistenza tecnica al fine di sostenere il rafforzamento delle capacità istituzionali dei partner, in particolare per quanto riguarda i piccoli enti locali, le parti economiche e sociali e le organizzazioni non governative, al fine di aiutarli a partecipare con efficacia alla preparazione, all’attuazione, alla sorveglianza e alla valutazione dei programmi.
2. Il sostegno di cui al paragrafo 1 può assumere la forma di, tra l’altro, seminari ad hoc, sessioni di formazione, coordinamento e collegamento in rete di strutture o contributi ai costi di partecipazione a riunioni sulla preparazione, sull’attuazione, sulla sorveglianza e sulla valutazione del programma.
3. Per i programmi di sviluppo rurale, il sostegno di cui al paragrafo 1 può essere fornito attraverso la rete rurale nazionale stabilita in conformità all’articolo 54 del regolamento (UE) n. 1305/2013.
4. Per i programmi del FSE, le autorità di gestione nelle regioni meno sviluppate, nelle regioni in transizione o negli Stati membri ammissibili al sostegno del Fondo di coesione garantiscono che, in base alle esigenze, siano assegnate adeguate risorse del FSE alle attività di sviluppo delle capacità delle parti sociali e delle organizzazioni non governative che partecipano ai programmi.
5. Per la cooperazione territoriale europea, il sostegno di cui ai paragrafi 1 e 2 può inoltre coprire il sostegno ai partner per il potenziamento delle capacità istituzionali finalizzate alla partecipazione ad attività di cooperazione internazionale.
Articolo 18
Ruolo della Commissione nella divulgazione delle buone prassi
1. La Commissione istituisce un meccanismo di cooperazione denominato comunità europea di prassi sul partenariato, che è comune ai fondi SIE e aperto agli Stati membri interessati, alle autorità di gestione e alle organizzazioni che rappresentano i partner a livello di Unione.
La comunità europea di prassi sul partenariato agevola lo scambio di esperienze, lo sviluppo di capacità, nonché la diffusione dei risultati di maggior rilievo.
2. La Commissione rende disponibili gli esempi di buone prassi nell’organizzazione del partenariato.
3. Lo scambio di esperienze in merito all’individuazione, al trasferimento e alla diffusione di buone prassi e di approcci innovativi in relazione all’attuazione dei programmi e delle azioni di cooperazione interregionale di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) comprende l’esperienza del partenariato nei programmi di cooperazione.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 19
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 7 gennaio 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.
(2) Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22).
(3) Direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37).
(4) Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23).
(5) Regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 487).
(6) Regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all’obiettivo di cooperazione territoriale europea (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259). | Fondi strutturali e d’investimento europei: lavorare in partenariato
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Introduce il codice europeo di condotta sul partenariato.
Il codice di condotta è predisposto per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) a organizzare partenariati significativi con soggetti interessati rilevanti e rappresentativi per la progettazione e l’attuazione condivisa dei Fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE) nel periodo 2014-2020.
PUNTI CHIAVE
Il codice di condotta stabilisce gli orientamenti sul partenariato nell’attuazione dei fondi SIE. I punti principali del codice di condotta comprendono:
la selezione di partner rilevanti e rappresentativi delle categorie definite nel regolamento (UE) n. 1303/2013 (regolamento recante disposizioni comuni sui fondi SIE);
procedure di selezione trasparenti che tengano conto dei vari insiemi di norme istituzionali e giuridiche nei singoli paesi dell’UE;
requisiti procedurali minimi per la consultazione tempestiva, pertinente e trasparente dei soggetti interessati* nella preparazione degli accordi di partenariato* e dei programmi operativi*;
la rappresentanza dei partner selezionati all’interno dei comitati chiave del programma (ossia la preparazione, l’attuazione, la sorveglianza e la valutazione);
la sicurezza del partenariato attraverso il rafforzamento della capacità istituzionale delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile da coinvolgere;
la facilitazione dello scambio di esperienze e dell’apprendimento reciproco attraverso il ricorso a tutti i fondi SIE;
la valutazione del ruolo dei partner nell’attuazione dell’accordo di partenariato, nonché delle prestazioni e dell’efficacia del partenariato stesso.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È entrato in vigore il 15 marzo 2014.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
Come rafforzare il principio di partenariato nei Fondi europei? sul sito Internet della Commissione europea
* TERMINI CHIAVE
Soggetti interessati: enti regionali, locali, urbani e altri enti pubblici competenti, parti economiche e sociali (ad esempio organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori), camere di commercio, società civile (ad esempio partner ambientali, organizzazioni non governative e organi responsabili per la promozione dell’inclusione sociale, della parità di genere e della non discriminazione).
Accordo di partenariato: i paesi dell’UE devono predisporre e attuare piani strategici con priorità d’investimento che riguardano tutti i fondi e i programmi per il periodo 2014-2020. Gli accordi di partenariato sono negoziati fra la Commissione europea e i singoli paesi dell’UE, in seguito alla consultazione da parte di questi ultimi dei rappresentanti territoriali, di gruppi d’interesse, della società civile ecc.
Programmi operativi: tali programmi presentano le priorità del paese e/o riguardano le priorità per il paese o le regioni del settore interessato nel periodo di programmazione settennale 2014-2020. Le organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro e gli organismi della società civile possono tutti partecipare alla programmazione e alla gestione dei programmi operativi.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento delegato (UE) n. 240/2014 della Commissione, del 7 gennaio 2014, recante un codice europeo di condotta sul partenariato nell’ambito dei fondi strutturali e d’investimento europei (GU L 74 del 14.3.2014, pagg. 1-7)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pagg. 320-469)
Le modifiche successive al regolamento (UE) n. 1303/2013 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 9,728 | 220 |
32014L0055 | false | DIRETTIVA 2014/55/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 aprile 2014
relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
Negli Stati membri esistono e sono attualmente in uso norme mondiali, nazionali, regionali e proprietarie differenti sulla fatturazione elettronica. Nessuna di esse è prevalente e per la maggior parte non sono interoperabili tra loro.
(2)
In mancanza di una norma comune, quando promuovono o impongono l'uso della fatturazione elettronica negli appalti pubblici, gli Stati membri definiscono soluzioni tecniche proprie sulla base di norme nazionali separate. Per tale motivo il numero delle norme differenti che coesistono nei vari Stati membri sta aumentando ed è prevedibile che continui a crescere anche in futuro.
(3)
La molteplicità delle norme non interoperabili comporta un grado eccessivo di complessità, incertezza del diritto e costi operativi aggiuntivi per gli operatori economici che utilizzano la fatturazione elettronica negli Stati membri. Spesso agli operatori economici che intendono partecipare ad appalti transfrontalieri viene chiesto di adeguarsi a una nuova norma di fatturazione elettronica ogni volta che accedono a un nuovo mercato. Poiché la diversità dei requisiti giuridici e tecnici della fatturazione elettronica scoraggia gli operatori economici dal partecipare ad appalti transfrontalieri, essa costituisce un ostacolo all'accesso al mercato nel settore degli appalti pubblici transfrontalieri e un impedimento al commercio. Limitando le libertà fondamentali, esse si ripercuotono direttamente sul funzionamento del mercato interno.
(4)
È probabile che in futuro questi ostacoli al commercio interno dell'Unione aumentino a seguito dell'adozione di ulteriori norme nazionali e proprietarie non interoperabili, nonché della crescente diffusione o dell'introduzione obbligatoria negli Stati membri dell'utilizzo della fatturazione elettronica negli appalti pubblici.
(5)
È opportuno rimuovere o ridurre gli ostacoli al commercio transfrontaliero dovuti alla coesistenza di una pluralità di requisiti giuridici e norme tecniche sulla fatturazione elettronica e alla mancanza di interoperabilità. Per conseguire tale obiettivo, dovrebbe essere elaborata una norma europea comune per il modello semantico dei dati degli elementi essenziali di una fattura elettronica («norma europea sulla fatturazione elettronica»). La norma dovrebbe definire gli elementi di base che una fattura elettronica deve sempre contenere, consentendo in tal modo l'invio e la ricezione delle fatture elettroniche tra sistemi che si basano su norme tecniche diverse. Le norme tecniche nazionali esistenti, purché non siano in conflitto con questa norma europea, non dovrebbero essere sostituite né limitate nell'uso da tale norma e dovrebbe essere ancora possibile continuare ad applicarle parallelamente alla norma europea.
(6)
Garantendo l'interoperabilità semantica e migliorando la certezza del diritto, la presente direttiva intende promuovere la diffusione della fatturazione elettronica negli appalti pubblici, consentendo così agli Stati membri, alle amministrazioni aggiudicatrici, agli enti aggiudicatori e agli operatori economici di creare vantaggi significativi in termini di risparmi, impatto ambientale e riduzione degli oneri amministrativi.
(7)
I benefici della fatturazione elettronica sono massimizzati allorché le fatture sono generate, inviate, trasmesse, ricevute ed elaborate in modo completamente automatizzato. Per questo motivo, soltanto le fatture leggibili da una macchina che possono essere elaborate automaticamente e digitalmente dal ricevente dovrebbero essere considerate conformi alla norma europea sulla fatturazione elettronica. Un semplice file di immagini non dovrebbe essere considerato una fattura elettronica ai fini della presente direttiva.
(8)
L'obiettivo dell'interoperabilità è permettere la presentazione e il trattamento delle informazioni in modo uniforme nei diversi sistemi gestionali, indipendentemente dalla tecnologia, dall'applicazione o dalla piattaforma utilizzate. La piena interoperabilità comprende la capacità di interoperare su tre livelli distinti: in termini di contenuto della fattura (semantica), formato o lingua usati (sintassi) e metodo di trasmissione. Interoperabilità semantica significa che la fattura elettronica contiene un certo numero di informazioni obbligatorie e che il significato preciso dell'informazione scambiata è mantenuto e compreso senza ambiguità, a prescindere dal modo in cui viene rappresentato fisicamente o trasmesso. Interoperabilità sintattica significa che gli elementi dei dati di una fattura elettronica sono presentati in un formato che può essere scambiato direttamente tra mittente e destinatario ed elaborato in modo automatizzato. L'interoperabilità sintattica può essere assicurata in uno dei due modi seguenti, segnatamente attraverso l'uso di una sintassi comune, ovvero attraverso un sistema di corrispondenza tra le sintassi diverse.
(9)
È in uso una vasta gamma di sintassi. L'interoperabilità sintattica è sempre più assicurata grazie alla corrispondenza (mapping). Questo metodo è efficace se la fattura contiene tutti gli elementi dei dati richiesti a livello semantico e se il relativo significato non è ambiguo. Poiché sovente non è così, è necessario intervenire per assicurare l'interoperabilità a livello semantico. Al fine di semplificare ulteriormente l'uso della fatturazione elettronica e ridurre i costi, uno degli obiettivi a lungo termine dovrebbe consistere nel limitare il numero delle sintassi usate, di preferenza concentrandosi su quelle più comuni.
(10)
La normazione della fatturazione elettronica integra inoltre gli sforzi volti a promuovere la diffusione degli appalti elettronici, come emerge dalle pertinenti disposizioni della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(11)
Nelle conclusioni del 28 e 29 giugno 2012 e del 24 ottobre 2013 il Consiglio europeo ha affermato che dovrebbe essere data priorità alle misure volte a sviluppare ulteriormente il commercio elettronico transfrontaliero e la modernizzazione delle pubbliche amministrazioni, tra l'altro facilitando il passaggio alla fatturazione elettronica e con la rapida attuazione della stessa.
(12)
Nella risoluzione del 20 aprile 2012 il Parlamento europeo ha segnalato la frammentazione del mercato dovuta alle norme nazionali in materia di fatturazione elettronica e ha sottolineato i benefici sostanziali offerti dalla fatturazione elettronica, nonché l'importanza della certezza del diritto, di un ambiente tecnico chiaro e di soluzioni di fatturazione elettronica aperte e interoperabili basate su requisiti giuridici, processi aziendali e norme tecniche comuni. Per tali motivi il Parlamento europeo ha lanciato un invito a rendere obbligatoria la fatturazione elettronica negli appalti pubblici entro il 2016.
(13)
Il forum europeo multilaterale delle parti interessate sulla fatturazione elettronica (e-invoicing), istituito dalla decisione della Commissione del 2 novembre 2010 (6), ha adottato all'unanimità, nell'ottobre del 2013, una raccomandazione sull'utilizzo di un modello semantico dei dati a sostegno dell'interoperabilità della fatturazione elettronica.
(14)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi alle fatture elettroniche ricevute dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori ed emesse a seguito dell'esecuzione delle prestazioni previste dai contratti cui si applicano la direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), la direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8), la direttiva 2014/24/UE o la direttiva 2014/25/UE. La presente direttiva dovrebbe disciplinare soltanto le fatture emesse dall'operatore economico a cui è stato aggiudicato l'appalto pubblico o il contratto di concessione (l'appaltatore principale). Se tuttavia, ai sensi dell'articolo 71 della direttiva 2014/24/UE e dell'articolo 88 della direttiva 2014/25/UE, gli Stati membri provvedono a pagamenti diretti ai subappaltatori, gli accordi da definire per i documenti di gara dovrebbero comprendere disposizioni che definiscano se debba essere usata o meno la fatturazione elettronica relativamente ai pagamenti ai subappaltatori. È opportuno precisare che, qualora un contratto sia aggiudicato a un gruppo di operatori economici, la presente direttiva si applica alle fatture elettroniche emesse sia dal gruppo in quanto tale che dai singoli operatori economici.
(15)
È opportuno che la presente direttiva si applichi anche ai contratti di concessione che comportano un pagamento che richieda l'emissione di fatture da parte dell'operatore economico cui è stato aggiudicato l'appalto di concessione. Il termine «concessioni» è definito all'articolo 5, punto 1), della direttiva 2014/23/UE. I contratti di concessione hanno per oggetto l'appalto di lavori o servizi attraverso una concessione il cui corrispettivo consiste nel diritto di gestire i lavori o i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
(16)
La presente direttiva è soggetta all'articolo 346 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. La presente direttiva non si applica alle fatture elettroniche emesse a seguito dell'esecuzione di contratti (dichiarata segreta o accompagnata da speciali misure di sicurezza) escluse dall'ambito di applicazione della direttiva 2014/23/UE, della direttiva 2014/24/UE e della direttiva 2014/25/UE a norma, rispettivamente, dell'articolo 10, paragrafo 6, dell'articolo 15, paragrafo 3, e dell'articolo 24, paragrafo 3. Alle stesse condizioni, nella presente direttiva è opportuno stabilire un'esclusione specifica per le fatture elettroniche emesse a seguito dell'esecuzione di tali contratti (dichiarata segreta o accompagnata da speciali misure di sicurezza), che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2009/81/CE.
(17)
Le definizioni usate nella presente direttiva dovrebbero essere conformi al diritto dell'Unione in materia di aggiudicazione degli appalti.
(18)
La Commissione dovrebbe, in applicazione delle pertinenti disposizioni del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (9), chiedere al competente organismo europeo di normazione di elaborare una norma europea sulla fatturazione elettronica. Ai sensi delle pertinenti disposizioni del regolamento (UE) n. 1025/2012, la decisione della Commissione che formula tale richiesta è soggetta alla procedura d'esame di cui al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (10).
(19)
La norma europea sulla fatturazione elettronica dovrebbe basarsi sulle specifiche tecniche vigenti stabilite nell'ambito di organismi europei di normazione come il CEN (CWA 16356-MUG e CWA 16562-CEN BII) e tenere conto delle altre specifiche tecniche pertinenti stabilite nell'ambito di organismi internazionali di normazione, come l'UN/CEFACT (CII cfr. 2.0) e l'ISO (fattura finanziaria basata sulla norma ISO 20022). Nello svolgere la richiesta di normazione, il competente organismo europeo di normazione dovrebbe inoltre tener conto dei risultati dei progetti pilota su larga scala, attuati nell'ambito del programma di sostegno strategico del programma quadro per la competitività e l'innovazione (CIP), e delle specifiche tecniche in materia di fatturazione elettronica di qualsiasi altro organo od organismo competente ampiamente utilizzate nel mondo degli affari. La norma europea sulla fatturazione elettronica dovrebbe inoltre essere compatibile con le norme di pagamento esistenti, per consentire il trattamento automatico dei pagamenti.
(20)
Nella richiesta al competente organismo europeo di normazione, la Commissione dovrebbe chiedere che la norma europea sulla fatturazione elettronica sia tecnologicamente neutrale al fine di evitare distorsioni della concorrenza, compatibile con le pertinenti norme internazionali sulla fatturazione elettronica, al fine di evitare ostacoli tecnici all'accesso al mercato per i fornitori di paesi terzi e facilitare ai fornitori europei l'invio di fatture elettroniche ad acquirenti in paesi terzi, e conforme alla direttiva 2006/112/CE del Consiglio (11). Poiché le fatture elettroniche possono contenere dati personali, la Commissione dovrebbe chiedere inoltre che la norma europea sulla fatturazione elettronica tenga conto della tutela dei dati personali, conformemente alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (12), e dei principi della tutela dei dati fin dalla progettazione, della proporzionalità e della minimizzazione dei dati. Oltre a questi requisiti minimi, nella richiesta al competente organismo europeo di normazione la Commissione dovrebbe determinare altri requisiti relativi al contenuto della norma europea sulla fatturazione elettronica nonché una scadenza per la sua adozione.
(21)
Affinché anche le piccole e medie imprese possano trarre vantaggio dalla fatturazione elettronica negli appalti pubblici, la norma europea sulla fatturazione elettronica dovrebbe rendere possibile l'istituzione di sistemi di fatturazione elettronica di agevole impiego, che siano facili da capire e da usare. In tal senso, è opportuno altresì tenere conto del fatto che le piccole e medie imprese, in particolare, e anche le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori più piccoli dispongono di risorse umane e finanziarie limitate.
(22)
La norma europea sulla fatturazione elettronica dovrebbe altresì essere adeguata all'uso nelle transazioni commerciali tra imprese. Pertanto, la Commissione dovrebbe assicurare che la norma non sia elaborata in modo tale da risultare idonea unicamente all'uso nel settore degli appalti pubblici, onde consentirne l'uso anche agli operatori economici privati nelle loro relazioni d'affari.
(23)
Le fatture emesse in settori di attività diversi possono richiedere l'inclusione di informazioni specifiche dei settori stessi. È opportuno nondimeno includere in tutte le fatture un numero limitato di elementi standard comuni. La presenza di tali elementi è indispensabile per verificare se la fattura riflette correttamente l'operazione commerciale sottostante e per garantire che la fattura sia giuridicamente valida. Un elenco di questi elementi richiesti a fini IVA è fornito nella direttiva 2006/112/CE. La norma europea sulla fatturazione elettronica dovrebbe essere coerente con questa serie di elementi.
(24)
La norma europea sulla fatturazione elettronica dovrebbe specificare gli elementi dei dati semantici che si riferiscono, in particolare, ai dati complementari del venditore e dell'acquirente, agli identificatori di processo, agli attributi della fattura, ai dati specifici degli articoli fatturati, alle informazioni sulla consegna nonché ai termini e alle condizioni di pagamento. Ogni fattura elettronica dovrebbe includere gli elementi di base di una fattura elettronica. Ciò dovrebbe assicurare una precisa e uniforme applicazione della fatturazione elettronica.
(25)
Mentre il mittente di una fattura elettronica dovrebbe poter continuare a garantire l'autenticità dell'origine e l'integrità del contenuto della fattura in vari modi, tra cui la firma elettronica, per assicurare la conformità alla direttiva 2006/112/CE, la norma europea sulla fatturazione elettronica non dovrebbe comprendere tra i suoi elementi il requisito della firma elettronica.
(26)
Al fine di evitare costi e oneri eccessivi per amministrazioni aggiudicatrici e enti aggiudicatori, al competente organismo europeo di normazione dovrebbe essere chiesto di stabilire un elenco contenente un numero limitato di sintassi che sia conforme alla norma europea sulla fatturazione elettronica. Tale elenco non dovrebbe essere parte integrante della norma europea sulla fatturazione elettronica. Le sintassi individuate devono essere quelle già ampiamente ed efficacemente usate dagli operatori economici e dalle amministrazioni aggiudicatrici. Al fine di agevolare e accelerare l'attuazione da parte degli Stati membri, al competente organismo europeo di normazione dovrebbe essere chiesto di fornire idonee corrispondenze sintattiche derivanti dalla norma europea sulla fatturazione elettronica per tutte le possibili sintassi individuate nell'elenco. Le corrispondenze sintattiche sono linee guida sulle modalità di rappresentazione della norma nelle varie sintassi. Questo risultato finale della normazione dovrebbe integrare la norma europea sulla fatturazione elettronica e l'elenco delle sintassi.
(27)
Al fine di facilitare l'uso della norma europea sulla fatturazione elettronica, dovrebbe essere altresì chiesto all'organismo europeo di normazione di elaborare linee guida sull'interoperabilità a livello di trasmissione. Tali linee guida non dovrebbero essere parte integrante della norma europea sulla fatturazione elettronica o essere vincolanti per le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori.
(28)
Prima dell'introduzione della norma europea sulla fatturazione elettronica negli Stati membri, dovrebbe essere sufficientemente verificata l'applicazione pratica della norma. Tale verifica dovrebbe essere svolta durante l'elaborazione della norma. È opportuno che take valutazione veda la partecipazione degli utenti finali, riguardi, in particolare, aspetti attinenti alla praticità e alla facilità d'uso e dimostri che la norma può essere attuata in modo efficiente in termini di costi e proporzionato.
(29)
Se la norma europea sulla fatturazione elettronica e l'elenco delle sintassi conformi alla norma redatta dal competente organismo europeo di normazione soddisfano i requisiti indicati nella richiesta della Commissione all'organismo europeo di normazione e previa verifica della norma, i riferimenti della norma europea sulla fatturazione elettronica e l'elenco delle sintassi dovrebbero essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
(30)
Le disposizioni sull'elaborazione della norma e degli altri prodotti di normazione di cui alla presente direttiva sono conformi alle pertinenti disposizioni del regolamento (UE) n. 1025/2012. Tuttavia, tenendo conto delle specificità della presente direttiva, è opportuno disporre che la decisione di pubblicare, di non pubblicare o di pubblicare con limitazioni i riferimenti alla norma e all'elenco di sintassi sia adottata secondo la procedura d'esame. Ciò non dovrebbe tuttavia pregiudicare l'applicazione delle pertinenti disposizioni del regolamento (UE) n. 1025/2012 sulle obiezioni formali alle norme armonizzate.
(31)
Gli organismi europei di normazione riesaminano e aggiornano periodicamente le norme per adeguarle al progresso tecnologico. Data la velocità che contraddistingue tale progresso nel settore delle TIC, la Commissione dovrebbe essere in grado di chiedere al competente organismo europeo di normazione anche di rivedere e aggiornare la norma europea sulla fatturazione elettronica, al fine di tenere conto di tale progresso e di assicurare un'interoperabilità permanente.
(32)
Per rispondere al progresso tecnologico o agli obblighi imposti dal mercato, la Commissione dovrebbe essere in grado di adottare un atto di esecuzione per la revisione e l'aggiornamento dell'elenco delle sintassi. Nel caso di adeguamenti di maggiore complessità, la Commissione dovrebbe altresì poter chiedere a tale competente organismo europeo di normazione di rivedere e aggiornare l'elenco di sintassi.
(33)
Se lo considera necessario per assicurare interoperabilità piena e permanente, per tenere conto del progresso tecnologico o per limitare il numero di sintassi da usare, la Commissione dovrebbe essere in grado di riesaminare un elenco di sintassi già pubblicato. In tal caso la Commissione dovrebbe tenere conto dell'elenco delle sintassi individuate, riesaminate e aggiornate dai pertinenti organismi europei di normazione.
(34)
Alla scadenza dei termini per il recepimento di cui alla presente direttiva, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori dovrebbero essere obbligati a ricevere ed elaborare fatture elettroniche conformi alla norma europea sulla fatturazione elettronica e alle sintassi contenute nell'elenco pubblicato dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori non dovrebbero pertanto rifiutare fatture elettroniche che ottemperano alle condizioni suddette per il solo fatto che non sono conformi a requisiti (ad esempio requisiti nazionali o settoriali, o ancora requisiti tecnici supplementari di alcun tipo) diversi da quelli specificamente previsti dalla presente direttiva. Tuttavia, tale obbligo non dovrebbe interessare altri motivi validi di rifiuto, come quelli relativi alle condizioni contrattuali. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori dovrebbero in tutti i casi mantenere la facoltà di verificare, prima di saldare la fattura, se il contenuto della fattura elettronica riflette correttamente la transazione commerciale sottostante (ad esempio, se l'importo della fattura è corretto) e se la fattura è stata indirizzata al destinatario corretto. L'obbligo di non rifiutare fatture elettroniche ai sensi della presente direttiva non pregiudica la direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (13).
(35)
La presente direttiva dovrebbe imporre unicamente ai destinatari di una fattura, vale a dire amministrazioni aggiudicatrici, centrali di committenza e enti aggiudicatori, di accettare ed elaborare le fatture elettroniche. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare il diritto del mittente della fattura di scegliere se presentare la fattura conformemente alla norma europea sulla fatturazione elettronica, alle norme nazionali o ad altre norme tecniche, o in formato cartaceo. Tuttavia, la presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di disporre che nel contesto degli appalti pubblici siano presentate unicamente fatture elettroniche. Qualora il mittente scelga di presentare la fattura secondo la norma europea sulla fatturazione elettronica, l'obbligo del destinatario di riceverla ed elaborarla dovrebbe applicarsi unicamente se la fattura rispetta una delle sintassi comprese nell'elenco di sintassi pubblicato dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Ciò non dovrebbe pregiudicare il possibile ricorso del mittente ai servizi di una parte terza al fine di tradurre la propria sintassi in una di quelle riportate nell'elenco.
(36)
Il garante europeo della protezione dei dati è stato consultato a norma dell'articolo 28, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (14) ed ha espresso un parere l'11 novembre 2013 (15). In tale parere ha pubblicato le raccomandazioni per garantire un'adeguata tutela dei dati nell'applicazione della presente direttiva. È opportuno che tali raccomandazioni siano prese in considerazione all'atto dell'elaborazione della norma europea sulla fatturazione elettronica e nel trattamento dei dati personali da parte delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori. In particolare, è opportuno chiarire che la legislazione vigente sulla tutela dei dati si applica anche nel settore della fatturazione elettronica e che la pubblicazione dei dati personali a fini di trasparenza e di rendicontazione deve rispettare la tutela della vita privata.
(37)
Poiché la direttiva 2006/112/CE contiene norme sulla fatturazione, fatturazione elettronica compresa, è opportuno chiarire il nesso con la presente direttiva. La presente direttiva si prefigge un obiettivo diverso, ha un ambito di applicazione diverso da quello della direttiva 2006/112/CE e non pregiudica pertanto le disposizioni sull'uso delle fatture elettroniche a fini IVA di cui alla stessa. In particolare, l'articolo 232 della direttiva 2006/112/CE regola le relazioni tra contraenti ed è inteso ad assicurare che l'uso di fatture elettroniche da parte del mittente non possa essere imposto al ricevente. Tuttavia, questa disposizione non dovrebbe pregiudicare il diritto degli Stati membri di imporre alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori l'obbligo di ricevere, a talune condizioni, fatture elettroniche.
(38)
Per consentire alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di prepararsi adeguatamente e di adottare le misure tecniche che, dopo la definizione della norma europea sulla fatturazione elettronica e l'approvazione dell'elenco di sintassi, sono necessarie per ottemperare alla presente direttiva, e in considerazione dell'esigenza di una rapida attuazione della fatturazione elettronica, dovrebbe essere considerato giustificato un periodo di recepimento di 18 mesi dalla pubblicazione del riferimento della norma europea sulla fatturazione elettronica e dell'elenco di sintassi nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. In deroga al termine generale per il recepimento e al fine di facilitare l'utilizzo della fatturazione elettronica per talune amministrazioni aggiudicatrici, come le amministrazioni locali e regionali e le imprese pubbliche, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di rinviare l'applicazione della presente direttiva per le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sub-centrali, fino a 30 mesi dalla pubblicazione del riferimento della norma europea sulla fatturazione elettronica e dell'elenco di sintassi nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. La possibilità di rinviare l'applicazione dei requisiti della presente direttiva non dovrebbe applicarsi alle centrali di committenza.
(39)
Al fine di agevolare l'attuazione dei requisiti della presente direttiva per le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori, la Commissione dovrebbe provvedere a informare completamente e regolarmente gli Stati membri sull'avanzamento dei lavori in termini di elaborazione della norma e dei relativi prodotti di normazione cui dovrà provvedere il competente organismo europeo di normazione. Ciò dovrebbe consentire agli Stati membri di avviare i preparativi necessari al fine di completare l'attuazione entro i termini convenuti.
(40)
Poiché le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori, ove non diversamente previsto dalla legislazione nazionale, potranno accettare le fatture elettroniche conformi a norme diverse dalla norma europea sulla fatturazione elettronica, oltre che fatture cartacee, la presente direttiva non comporta costi né oneri aggiuntivi per le imprese, incluse le microimprese e le piccole e medie imprese nell'accezione di cui alla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (16). Inoltre, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero adoperarsi affinché i costi a carico degli utenti della norma europea sulla fatturazione elettronica, in particolare microimprese, piccole e medie imprese, siano ridotti al minimo in modo da facilitarne la diffusione in tutta l'Unione europea.
(41)
Nell'attuare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero tener conto delle esigenze delle piccole e medie imprese nonché delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori più piccoli e offrire alle amministrazioni aggiudicatrici, agli enti aggiudicatori e ai fornitori tutti il sostegno necessario affinché la norma europea sulla fatturazione elettronica possa essere utilizzata. È opportuno altresì prevedere misure di formazione, in particolare per le piccole e medie imprese.
(42)
Al fine di agevolare gli adeguamenti tecnici e procedurali a cui devono provvedere tutte le parti coinvolte negli appalti pubblici per garantire la corretta attuazione della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero, ove possibile, rendere disponibile il sostegno dei fondi strutturali a tutte le amministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori e le piccole e medie imprese ammissibili.
(43)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva e per la stesura, la limitazione e il riesame dell'elenco di sintassi, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011. La procedura d'esame dovrebbe essere seguita per adottare atti di esecuzione riguardanti l'elenco di sintassi dato che questi servono a facilitare l'applicazione della norma europea sulla fatturazione elettronica e ad assicurare l'interoperabilità e la risposta rapida al progresso tecnologico. Per l'adozione di atti di esecuzione relativi a obiezioni alla norma europea sulla fatturazione elettronica, dato che tale decisione potrebbe avere ripercussioni sull'obbligo di ricevere ed elaborare fatture elettroniche, si dovrebbe inoltre far ricorso alla procedura d'esame.
(44)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire eliminare gli ostacoli al mercato e gli impedimenti al commercio dovuti all'esistenza di regole e norme nazionali differenti e di garantire l'interoperabilità, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica alle fatture elettroniche emesse a seguito dell'esecuzione di contratti a cui si applicano la direttiva 2009/81/CE, la direttiva 2014/23/UE, la direttiva 2014/24/UE o la direttiva 2014/25/UE.
La presente direttiva non si applica alle fatture elettroniche emesse a seguito dell'esecuzione di contratti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2009/81/CE, qualora l'aggiudicazione e l'esecuzione del contratto siano dichiarate segrete o debbano essere accompagnate da speciali misure di sicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti in uno Stato membro e a condizione che lo Stato membro stesso abbia determinato che gli interessi essenziali in questione non possono essere garantiti da misure meno restrittive.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva valgono le definizioni seguenti:
1) «fattura elettronica»: una fattura che è stata emessa, trasmessa e ricevuta in un formato elettronico strutturato che ne consente l'elaborazione automatica ed elettronica;
2) «elementi essenziali di una fattura elettronica»: serie di componenti informative essenziali che devono figurare in una fattura elettronica per realizzare l'interoperabilità transfrontaliera, comprese le informazioni necessarie per garantire la conformità giuridica;
3) «modello semantico dei dati»: una serie strutturata e logicamente intercorrelata di termini e significati che specificano gli elementi essenziali di una fattura elettronica;
4) «sintassi»: il linguaggio o il dialetto leggibile da una macchina usato per rappresentare gli elementi dei dati contenuti in una fattura elettronica;
5) «corrispondenze sintattiche»: linee guida relative alle modalità con cui un modello semantico di dati di una fattura elettronica potrebbe essere rappresentato nelle diverse sintassi;
6) «amministrazioni aggiudicatrici»: amministrazioni aggiudicatrici come definite all'articolo 1, punto 17), della direttiva 2009/81/CE, all'articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE e all'articolo 2, paragrafo 1, punto 1), della direttiva 2014/24/UE;
7) «amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali»: amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali come definite all'articolo 2, paragrafo 1, punto 3), della direttiva 2014/24/UE;
8) «centrale di committenza»: centrale di committenza come definita all'articolo 2, paragrafo 1, punto 16), della direttiva 2014/24/UE;
9) «enti aggiudicatori»: gli enti aggiudicatori come definiti all'articolo 1, punto 17), della direttiva 2009/81/CE, all'articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/23/UE e all'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE;
10) «norma internazionale»: una norma internazionale come definita all'articolo 2, punto 1), lettera a), del regolamento (UE) n. 1025/2012;
11) «norma europea»: una norma europea come definita all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 1025/2012.
Articolo 3
Definizione di una norma europea
1. La Commissione chiede al competente organismo europeo di normazione di elaborare una norma europea per il modello semantico dei dati degli elementi essenziali di una fattura elettronica («norma europea sulla fatturazione elettronica»).
La Commissione richiede che la norma europea sulla fatturazione elettronica rispetti almeno i criteri seguenti:
—
sia tecnologicamente neutrale,
—
sia compatibile con le norme internazionali pertinenti in materia di fatturazione elettronica,
—
tenga conto dell'esigenza di tutela dei dati personali conformemente alla direttiva 95/46/CE, di un approccio basato sulla tutela dei dati fin dalla progettazione e dei principi di proporzionalità, minimizzazione dei dati e limitazione delle finalità,
—
sia coerente con le corrispondenti disposizioni della direttiva 2006/112/CE,
—
consenta l'istituzione di sistemi di fatturazione elettronica pratici, di facile uso, flessibili ed efficienti in termini di costi,
—
tenga conto delle esigenze specifiche delle piccole e medie imprese nonché delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori sub-centrali,
—
sia adeguata all'utilizzo nelle transazioni commerciali tra imprese.
La Commissione chiede a detto competente organismo europeo di normazione di fornire un elenco contenente un numero limitato di sintassi che sono conformi alla norma europea sulla fatturazione elettronica, adeguate corrispondenze sintattiche e linee guida sull'interoperabilità a livello di trasmissione al fine di facilitare l'uso di tale norma.
Le richieste sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafi da 1 a 5, del regolamento (UE) n. 1025/2012.
Nel quadro del lavoro di elaborazione della norma da parte del competente organismo europeo di normazione e nell'ambito del calendario individuato al paragrafo 2, la norma è sottoposta a verifica ai fini dell'applicazione pratica da parte dell'utente finale. La Commissione mantiene la responsabilità globale della verifica e garantisce che, durante l'esecuzione della stessa, si tenga particolarmente conto del rispetto dei criteri di praticità, facilità d'uso e possibili costi di attuazione conformemente al paragrafo 1, secondo comma. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sui risultati del test.
2. Se la norma europea sulla fatturazione elettronica, elaborata conformemente alla richiesta di cui al paragrafo 1, soddisfa i requisiti ivi contenuti e se è stata completata la fase di verifica di cui al paragrafo 1, quinto comma, la Commissione pubblica il riferimento alla norma nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, unitamente all'elenco di un numero limitato di sintassi redatto conformemente alla richiesta di cui al paragrafo 1. Tale pubblicazione è ultimata entro il 27 maggio 2017.
Articolo 4
Obiezioni formali alla norma europea
1. Se uno Stato membro o il Parlamento europeo ritiene che la norma europea sulla fatturazione elettronica e l'elenco delle sintassi non soddisfino interamente i requisiti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, ne informa la Commissione con una spiegazione dettagliata e la Commissione decide:
a)
di pubblicare, di non pubblicare o di pubblicare con limitazioni i riferimenti alla norma europea sulla fatturazione elettronica e l'elenco delle sintassi in questione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea;
b)
di mantenere, di mantenere con limitazioni o di ritirare i riferimenti alla norma europea sulla fatturazione elettronica e l'elenco delle sintassi in questione nella o dalla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
2. La Commissione pubblica sul proprio sito Internet le informazioni relative alla norma europea sulla fatturazione elettronica e l'elenco delle sintassi che sono stati oggetto della decisione di cui al paragrafo 1.
3. La Commissione informa l'organismo europeo di normazione interessato della decisione di cui al paragrafo 1 e, all'occorrenza, chiede la revisione della norma europea sulla fatturazione elettronica o dell'elenco delle sintassi in questione.
4. Le decisioni di cui al paragrafo 1, lettere a) e b), del presente articolo sono adottate secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 10, paragrafo 2.
Articolo 5
Mantenimento e ulteriore elaborazione della norma europea e dell'elenco delle sintassi
1. Per tener conto degli sviluppi tecnologici e garantire l'interoperabilità piena e permanente della fatturazione elettronica negli appalti pubblici, la Commissione può:
a)
aggiornare o rivedere la norma europea sulla fatturazione elettronica;
b)
aggiornare o rivedere l'elenco delle sintassi pubblicato dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
2. Se la Commissione decide di intraprendere l'azione di cui al paragrafo 1, lettera a), ne fa richiesta al competente organismo europeo di normazione. Tale richiesta è formulata secondo la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 1, senza applicare i termini ivi previsti.
3. L'articolo 4 si applica per ogni aggiornamento o revisione intrapresi conformemente al paragrafo 1, lettera a).
4. Se la Commissione decide di intraprendere l'azione di cui al paragrafo 1, lettera b), agisce secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 10, paragrafo 2, oppure facendone richiesta al competente organismo europeo di normazione. Tale richiesta è presentata secondo la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 1, senza applicare i termini ivi previsti.
Articolo 6
Elementi essenziali di una fattura elettronica
Gli elementi essenziali di una fattura elettronica sono fra l'altro:
a)
identificatori di processo e della fattura;
b)
periodo di fatturazione;
c)
informazioni relative al venditore;
d)
informazioni relative all'acquirente;
e)
informazioni relative al beneficiario;
f)
informazioni relative al rappresentante fiscale del venditore;
g)
riferimento del contratto;
h)
dettagli relativi alla consegna;
i)
istruzioni di pagamento;
j)
informazioni su importi a credito/debito;
k)
informazioni relative alle voci della fattura;
l)
totali della fattura;
m)
ripartizione dell'IVA.
Articolo 7
Ricezione ed elaborazione delle fatture elettroniche
Gli Stati membri garantiscono che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori ricevano ed elaborino fatture elettroniche che sono conformi alla norma europea sulla fatturazione elettronica, il cui riferimento è stato pubblicato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, nonché a una delle sintassi dell'elenco pubblicato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2.
Articolo 8
Tutela dei dati
1. La presente direttiva lascia impregiudicate le norme applicabili del diritto dell'Unione e nazionale sulla tutela dei dati.
2. Salvo che il diritto unionale o nazionale disponga diversamente e fatte salve le deroghe e le restrizioni di cui all'articolo 13 della direttiva 95/46/CE, i dati personali ottenuti a fini di fatturazione elettronica possono essere utilizzati soltanto per una o più finalità compatibili.
3. Fatte salve le deroghe e le restrizioni di cui all'articolo 13 della direttiva 95/46/CE, gli Stati membri garantiscono che le modalità di pubblicazione, a fini di trasparenza e di rendicontazione, dei dati personali raccolti nel contesto della fatturazione elettronica, siano conformi all'obiettivo della pubblicazione stessa e al principio della tutela della riservatezza.
Articolo 9
Uso di fatture elettroniche a fini IVA
La presente direttiva non pregiudica le disposizioni della direttiva 2006/112/CE.
Articolo 10
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 11
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano, pubblicano e applicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 27 novembre 2018. Essi comunicano immediatamente il testo di tali disposizioni alla Commissione.
2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri, entro 18 mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea dei riferimenti della norma europea sulla fatturazione elettronica, adottano, pubblicano e applicano le disposizioni necessarie per conformarsi all'obbligo di cui all'articolo 7 di ricevere ed elaborare le fatture elettroniche.
Gli Stati membri possono rinviare l'applicazione di cui al primo comma in relazione alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori sub-centrali fino al termine massimo di 30 mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea dei riferimenti della norma europea sulla fatturazione elettronica.
All'atto della pubblicazione del riferimento alla norma europea sulla fatturazione elettronica, la Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il termine ultimo per l'entrata in vigore delle misure di cui al primo comma.
3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
Riesame
La Commissione riesamina gli effetti della presente direttiva sul mercato interno e sulla diffusione della fatturazione elettronica nel settore degli appalti pubblici e presenta una relazione in proposito al Parlamento europeo e al Consiglio entro tre anni dal termine per il rinvio massimo per le amministrazioni sub-centrali di cui all'articolo 11, paragrafo 2, secondo comma. Ove opportuno, la relazione è corredata di una valutazione di impatto relativa alla necessità di intraprendere ulteriori azioni.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 16 aprile 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 79 del 6.3.2014, pag. 67.
(2) Parere del 28 novembre 2013 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Posizione del Parlamento europeo dell'11 marzo 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 aprile 2014.
(4) Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
(5) Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243).
(6) Decisione della Commissione, del 2 novembre 2010, che istituisce il forum europeo multilaterale delle parti interessate sulla fatturazione elettronica (GU C 326 del 3.12.2010, pag. 13).
(7) Direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa al coordinamento delle procedure per l'aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (GU L 216 del 20.8.2009, pag. 76).
(8) Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativa all'aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1).
(9) Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12).
(10) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(11) Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1).
(12) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(13) Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU L 48 del 23.2.2011, pag. 1).
(14) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
(15) GU C 38 dell'8.2.2014, pag. 2.
(16) Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36). | Fatturazione elettronica negli appalti pubblici
Nell'ambito del processo di modernizzazione della pubblica amministrazione in Europa, i ministri dell'Unione europea (UE) hanno adottato una legge che mira a semplificare e favorire l'utilizzo di fatture elettroniche in materia di appalti pubblici, in particolare per aziende coinvolte in appalti in un altro paese dell'UE.
ATTO
Direttiva 2014/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alla fatturazione elettronica negli appalti pubblici
SINTESI
I paesi dell'UE hanno adottato nuove leggi in materia di appalti pubblici nel 2014. Insieme, essi hanno adottato una legge che dovrebbe portare a una crescente diffusione in Europa della fatturazione elettronica per lavori svolti per il settore pubblico o beni forniti allo stesso.
La fatturazione elettronica delle imprese in un paese dell'UE per il lavoro svolto o i beni forniti a un'autorità pubblica in un altro paese è stata penalizzata da problemi di mancanza di interoperabilità , ossia sistemi di fatturazione elettronica incompatibili in diversi paesi.
La legge si applica alle fatture che rientrano nell'ambito di applicazione delle direttive in materia di appalti pubblici (vale a dire la maggior parte dei contratti) ma non si applica ai contratti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2009/81/CE nei campi della difesa e della sicurezza, in cui l'aggiudicazione e l'esecuzione dei contratti sono dichiarate segrete o devono essere corredate da misure speciali di sicurezza.
NORME COMUNI INTEROPERABILI
Entro tre anni dall'entrata in vigore della direttiva, gli Organismi europei di normalizzazione dovranno sviluppare e verificare una norma europea in materia di fatturazione elettronica. Una volta disponibile, tutte le autorità pubbliche europee saranno tenute a ricevere ed elaborare fatture elettroniche conformandosi ad essa.
La norma dovrebbe permettere di impostare un sistema di fatturazione elettronica user-friendly (semplice da capire e da utilizzare). L'esercizio di normalizzazione terrà conto delle esigenze specifiche di piccole e medie imprese, nonché di amministrazioni aggiudicatrici più piccole ed enti aggiudicatori, che dispongono di personale e risorse finanziarie limitati.
La norma sarà inoltre idonea ad essere utilizzata nelle transazioni commerciali tra imprese oltre che nell'area degli appalti pubblici.
ATTUAZIONE
Una volta pubblicata la nuova norma, le amministrazioni aggiudicatrici dei governi centrali dei paesi dell'UE hanno a disposizione 18 mesi per attuarla. Per le amministrazioni aggiudicatrici a livello regionale e locale tale periodo può essere esteso a 30 mesi.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 2014/55/UE
26.5.2014
27.11.2018
GU L 133 del 6.5.2014
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa al coordinamento delle procedure per l'aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (GU L 216 del 20.8.2009).
Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014).
Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014).
Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94 del 28.3.2014). | 15,758 | 61 |
32010R1217 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 1217/2010 DELLA COMMISSIONE
del 14 dicembre 2010
relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi ricerca e sviluppo
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate (1),
pubblicato il progetto del presente regolamento,
sentito il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 2821/71 conferisce alla Commissione il potere di applicare, mediante regolamento, l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (*1) a categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e aventi per oggetto la ricerca e lo sviluppo di prodotti, tecnologie o procedimenti fino allo stadio dell’applicazione industriale, nonché lo sfruttamento dei relativi risultati, ivi comprese le disposizioni concernenti i diritti di proprietà immateriale.
(2)
L’articolo 179, paragrafo 2, del trattato esorta l’Unione ad incoraggiare le imprese, in particolare le piccole e medie imprese, nelle loro attività di ricerca e sviluppo tecnologico di alta qualità e a sostenere i loro sforzi di cooperazione. Il presente regolamento è destinato a facilitare la ricerca e lo sviluppo tutelando nel contempo in modo efficace la concorrenza.
(3)
Il regolamento (CE) n. 2659/2000 della Commissione, del 29 novembre 2000, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi in materia di ricerca e sviluppo (2) definisce talune categorie di accordi in materia di ricerca e sviluppo che la Commissione ha considerato, in linea di principio, rispondenti alle condizioni stabilite nell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In considerazione dell’esperienza complessivamente positiva acquisita nell’applicazione di tale regolamento — la cui scadenza è prevista il 31 dicembre 2010 — e delle altre esperienze maturate successivamente all’adozione del medesimo, è opportuno adottare un nuovo regolamento di esenzione per categoria.
(4)
Il presente regolamento deve soddisfare la duplice esigenza di assicurare l’efficace tutela della concorrenza e di offrire alle imprese la necessaria certezza del diritto. Nel perseguire tali obiettivi occorre tenere conto della necessità di semplificare per quanto possibile la vigilanza amministrativa ed il quadro legislativo. Al di sotto di un certo livello di potere di mercato si può in linea di massima presumere, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, che gli effetti positivi degli accordi in materia di ricerca e sviluppo prevalgano sugli eventuali effetti negativi per la concorrenza.
(5)
Ai fini dell’applicazione mediante regolamento del paragrafo 3 dell’articolo 101 del trattato, non è necessario definire gli accordi che possono rientrare nel campo di applicazione del paragrafo 1 dello stesso articolo. Nella valutazione individuale degli accordi di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato si deve tenere conto di diversi fattori ed in particolare della struttura del mercato rilevante.
(6)
Gli accordi stipulati allo scopo di svolgere ricerche in comune o di svilupparne in comune i risultati senza giungere allo stadio dell’applicazione industriale non sono soggetti in linea generale al divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Tali accordi possono tuttavia ricadere sotto il disposto dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e devono pertanto essere inclusi nel campo d’applicazione del presente regolamento in taluni casi specifici come quelli in cui le parti convengono di astenersi dallo svolgere in proprio attività di ricerca e sviluppo in un determinato campo, rinunciando così alla possibilità di conquistare vantaggi concorrenziali nei confronti delle controparti.
(7)
Il beneficio dell’esenzione stabilito mediante il presente regolamento deve essere limitato agli accordi che si possano, con sufficiente certezza, presumere conformi alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(8)
La cooperazione in materia di ricerca e sviluppo e di sfruttamento dei relativi risultati ha maggiori possibilità di promuovere il progresso tecnico ed economico se le parti contribuiscono alla cooperazione con competenze, beni o attività complementari. Ciò può verificarsi anche nelle ipotesi in cui una parte si limita a finanziare le attività di ricerca e sviluppo svolte dalle controparti.
(9)
Lo sfruttamento comune dei risultati può essere considerato come il naturale complemento delle attività di ricerca e sviluppo intraprese realizzate in comune. Tale sfruttamento può svolgersi secondo diverse modalità: la fabbricazione vera e propria, l’esercizio di diritti di proprietà immateriale che concorrono in maniera significativa al progresso tecnico o economico, o la commercializzazione di nuovi prodotti.
(10)
I consumatori traggono in genere vantaggi dall’aumento del volume e dell’efficienza dell’attività di ricerca e sviluppo, beneficiando di prodotti o servizi nuovi o migliorati, di una loro più rapida immissione sul mercato oppure di una riduzione dei prezzi indotta da tecnologie o procedimenti nuovi o migliorati.
(11)
Perché l’esenzione sia giustificata, le modalità dello sfruttamento comune devono riguardare soltanto prodotti, tecnologie o procedimenti nei quali l’applicazione dei risultati della ricerca e sviluppo risulti determinante. Nell’accordo di ricerca e sviluppo le parti devono inoltre accertarsi d’aver pieno accesso, per lo svolgimento di ulteriori attività di ricerca, sviluppo o sfruttamento, ai risultati finali dell’attività comune di ricerca e sviluppo, e in particolare agli eventuali diritti di proprietà immateriale e know-how, non appena tali risultati siano disponibili. In linea di massima l’accesso ai risultati non deve essere limitato nell’ipotesi dell’utilizzo finalizzato ad ulteriore attività di ricerca e sviluppo. Per contro l’accesso ai risultati ai fini dell’attività di sfruttamento può essere limitato in modo consequenziale qualora le parti limitino i propri diritti di sfruttamento a norma del presente regolamento e in particolare qualora si specializzino in riferimento a tale attività. Inoltre, qualora alla ricerca e sviluppo partecipino organismi accademici, istituti di ricerca o imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo a titolo commerciale, astenendosi in linea di principio dal partecipare allo sfruttamento dei risultati, le parti possono convenire di utilizzare i risultati della ricerca e dello sviluppo soltanto per effettuare ulteriori ricerche. A seconda delle loro capacità e delle loro esigenze commerciali, le parti possono apportare contributi diversi alla cooperazione nella ricerca e nello sviluppo. Pertanto, affinché le differenze di valore o di natura tra i contributi delle parti siano prese in considerazione e compensate, gli accordi di ricerca e sviluppo esentati ai sensi del presente regolamento possono prevedere la remunerazione reciproca delle parti per accesso ai risultati finalizzato ad ulteriore attività di ricerca o sfruttamento. Tale remunerazione non deve tuttavia essere così elevata da impedire di fatto tale accesso.
(12)
Allo stesso modo, qualora l’accordo di ricerca e sviluppo non preveda lo sfruttamento comune dei risultati, le parti devono convenire nell’accordo di concedersi accesso reciproco al loro know-how preesistente, sempreché tale know-how sia indispensabile alle altre parti per lo sfruttamento dei risultati. L’importo degli eventuali diritti di licenza non deve essere tale da ostacolare l’accesso delle altre parti a detto know-how.
(13)
L’esenzione prevista dal presente regolamento deve essere limitata agli accordi in materia di ricerca e sviluppo che non diano alle imprese interessate la possibilità di eliminare la concorrenza in relazione ad una parte sostanziale dei prodotti, dei servizi o delle tecnologie in questione. Occorre escludere dall’esenzione per categoria gli accordi stipulati fra imprese concorrenti le cui quote di mercato, per i prodotti, i servizi o le tecnologie migliorabili, intercambiabili o sostituibili con i risultati della ricerca e dello sviluppo, superino congiuntamente un determinato limite al momento della conclusione dell’accordo. Tuttavia, nemmeno in caso di superamento della quota massima di mercato prevista dal presente regolamento o di inosservanza di altre condizioni in esso stabilite, si deve presumere che gli accordi di ricerca e sviluppo ricadano sotto il disposto dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato o che non soddisfino le condizioni di cui paragrafo 3 dello stesso articolo. In tali casi è invece necessario effettuare una valutazione individuale dell’accordo di ricerca e sviluppo a norma dello stesso articolo 101.
(14)
Affinché la concorrenza resti effettiva durante lo sfruttamento comune dei risultati è necessario prevedere che l’esenzione per categoria cessi qualora la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti per i prodotti, i servizi o le tecnologie risultanti dall’attività comune di ricerca e sviluppo diventi troppo rilevante. L’esenzione deve tuttavia continuare ad applicarsi durante un certo tempo dopo l’inizio dello sfruttamento comune, indipendentemente dalle quote di mercato detenute dalle parti, nell’attesa della stabilizzazione delle quote di mercato (in particolare dopo l’introduzione di un prodotto interamente nuovo) e a garanzia di un periodo minimo di resa degli investimenti effettuati.
(15)
Il presente regolamento non deve esentare accordi che contengano restrizioni non indispensabili per il conseguimento degli effetti positivi prodotti dagli accordi in materia di ricerca e sviluppo. In linea di principio, gli accordi recanti determinati tipi di restrizioni gravi della concorrenza, come la limitazione della libertà delle parti di svolgere attività di ricerca e sviluppo in un campo non connesso a quello dell’accordo, la fissazione dei prezzi praticati nei confronti di terzi, la limitazione della produzione o delle vendite in generale e la limitazione delle vendite passive dei prodotti o delle tecnologie contrattuali in aree o a clienti riservati ad altre parti, devono essere esclusi dal beneficio dell’esenzione per categoria indipendentemente dalla quota di mercato detenuta dalle parti. In tale contesto, le restrizioni relative ai campi d’utilizzo non costituiscono limitazioni della produzione o delle vendite né limitazioni del territorio o della clientela.
(16)
La quota massima di mercato, l’esclusione di taluni accordi dall’esenzione e le condizioni previste dal presente regolamento garantiscono in linea di principio che gli accordi ammessi all’esenzione per categoria non consentano ai partecipanti di eliminare la concorrenza in relazione ad una parte considerevole dei prodotti o dei servizi di cui trattasi.
(17)
Non è impossibile che si verifichino effetti anticoncorrenziali escludenti qualora determinati soggetti finanzino progetti di ricerca e sviluppo svolti da concorrenti relativamente ai medesimi prodotti o alle medesime tecnologie contrattuali, segnatamente nei casi in cui essi ottengano il diritto esclusivo allo sfruttamento dei risultati nei confronti di terzi. Pertanto il beneficio del presente regolamento deve essere applicato a siffatti accordi di ricerca e sviluppo a pagamento soltanto se la quota di mercato detenuta congiuntamente da tutti i soggetti partecipanti (ossia dalla parte finanziatrice e da tutte le parti che svolgono le attività di ricerca e sviluppo) non supera il 25 %.
(18)
Solo in casi eccezionali gli accordi tra imprese che non siano fabbricanti concorrenti di prodotti, tecnologie o procedimenti migliorabili, intercambiabili o sostituibili con i risultati della ricerca e dello sviluppo sono in grado di eliminare la concorrenza effettiva nel campo della ricerca e sviluppo. È dunque opportuno consentire che tali accordi beneficino dell’esenzione stabilita dal presente regolamento indipendentemente dalla quota di mercato detenuta dalle parti, pur prevedendo la revoca del beneficio in taluni casi eccezionali.
(19)
La Commissione può revocare il beneficio del presente regolamento, a norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (3), qualora constati che, in un caso determinato, un accordo ammesso all’esenzione prevista dal presente regolamento produce effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(20)
A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità responsabile della concorrenza dello Stato membro può revocare il beneficio del presente regolamento nel territorio dello Stato membro stesso o in una parte di esso quando ritenga, in un caso particolare, che un accordo esentato ai sensi del presente regolamento provochi effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio medesimo o in una parte di esso, sempreché tale territorio si configuri come un mercato distinto.
(21)
Il beneficio dell’esenzione per categoria previsto dal presente regolamento può essere revocato, a norma dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003, in particolare nei seguenti casi: qualora, a causa della limitatezza delle capacità di ricerca disponibili altrove, l’esistenza dell’accordo di ricerca e sviluppo ostacoli sensibilmente la possibilità dei terzi di effettuare la ricerca e lo sviluppo nel campo di cui trattasi; qualora, a causa della struttura particolare dell’offerta, l’esistenza dell’accordo di ricerca e sviluppo ostacoli sensibilmente l’accesso dei terzi al mercato dei prodotti o delle tecnologie contrattuali; qualora le parti si astengano, senza una ragione oggettivamente valida, dallo sfruttare i risultati dell’attività comune di ricerca e sviluppo nei confronti di terzi; qualora i prodotti o le tecnologie contrattuali non siano soggetti, in tutto il mercato interno o in una parte sostanziale di esso, alla concorrenza effettiva esercitata da prodotti, tecnologie o procedimenti considerati equivalenti dagli utilizzatori per le loro caratteristiche, i loro prezzi e l’uso al quale cui sono destinati; infine qualora l’esistenza dell’accordo di ricerca e sviluppo limiti la concorrenza nel campo dell’innovazione o elimini la concorrenza effettiva nel campo della ricerca e dello sviluppo su un determinato mercato.
(22)
Poiché gli accordi in materia di ricerca e sviluppo sono spesso conclusi a lunga scadenza, soprattutto quando la cooperazione comprende lo sfruttamento dei risultati, il periodo di vigenza del presente regolamento deve essere fissato in dodici anni,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a)
per «accordo di ricerca e sviluppo» s’intende qualsiasi accordo concluso da due o più parti relativamente allo svolgimento di:
i)
attività comuni di ricerca e sviluppo relative a prodotti o tecnologie contrattuali, nonché attività di sfruttamento dei relativi risultati;
ii)
attività comuni di sfruttamento dei risultati ottenuti da attività di ricerca e sviluppo svolte in comune, relativamente a prodotti o tecnologie contrattuali, in base ad un accordo concluso anteriormente dalle stesse parti;
iii)
attività comuni di ricerca e sviluppo relative a prodotti o tecnologie contrattuali, con esclusione dello sfruttamento comune dei risultati;
iv)
attività di ricerca e lo sviluppo a pagamento relative a prodotti o tecnologie contrattuali, nonché attività di sfruttamento comune dei relativi risultati;
v)
attività comuni di sfruttamento dei risultati ottenuti da attività di ricerca e sviluppo a pagamento svolte, in base ad un accordo concluso anteriormente dalle stesse parti, relativamente a prodotti o tecnologie contrattuali; o
vi)
attività di ricerca e lo sviluppo a pagamento relative a prodotti o tecnologie contrattuali, con esclusione dello sfruttamento comune dei risultati;
b)
per «accordo» s’intende qualsiasi accordo, decisione di associazioni di imprese o pratica concordata;
c)
per «ricerca e sviluppo» s’intende l’acquisizione di know-how relativo a prodotti, tecnologie o procedimenti e la realizzazione di analisi teoriche, di studi sistematici o di sperimentazioni, inclusi la produzione sperimentale, le verifiche tecniche di prodotti o procedimenti, la realizzazione degli impianti necessari e l’ottenimento dei relativi diritti di proprietà immateriale;
d)
per «prodotto» s’intende qualsiasi bene o servizio, inclusi sia i beni o servizi intermedi che i beni o servizi finali;
e)
per «tecnologia contrattuale» s’intende la tecnologia o il procedimento risultante dalle attività comuni di ricerca e sviluppo;
f)
per «prodotto contrattuale» s’intende il prodotto risultante dalle attività comuni di ricerca e sviluppo ovvero fabbricato o fornito grazie all’applicazione delle tecnologie contrattuali;
g)
per «sfruttamento dei risultati» s’intende la produzione o distribuzione dei prodotti contrattuali, l’applicazione delle tecnologie contrattuali, la cessione, o la concessione in licenza, di diritti di proprietà immateriale o la comunicazione del know-how necessario per la produzione o utilizzazione stessa;
h)
«per diritti di proprietà immateriale» si intendono i diritti di proprietà industriale, i diritti d’autore e i diritti connessi;
i)
per «know-how» si intende il patrimonio segreto, sostanziale ed individuato di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove;
j)
l’aggettivo «segreto», se riferito al know-how, indica che il know-how non è generalmente noto né facilmente accessibile;
k)
l’aggettivo «sostanziale», se riferito al know-how, indica che il know-how è significativo e utile per la fabbricazione dei prodotti contrattuali o per l’applicazione delle tecnologie contrattuali;
l)
l’aggettivo «individuato», se riferito al know-how, indica che il know-how è descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificarne la rispondenza ai criteri di segretezza e di sostanzialità;
m)
l’aggettivo «comune», se riferito all’attività svolta nell’ambito di accordi di ricerca e sviluppo, indica che i lavori di ricerca e sviluppo sono:
i)
eseguiti da un gruppo, organismo o impresa comuni;
ii)
affidati per conto delle parti ad un terzo; o
iii)
ripartiti tra le parti nell’ambito della specializzazione relativa alle attività di ricerca e sviluppo o di sfruttamento;
n)
per «specializzazione relativa alle attività di ricerca e sviluppo» si intende la partecipazione di ciascuna delle parti alle attività di ricerca e sviluppo previste dall’accordo, basata sulla ripartizione dei lavori considerata più opportuna dalle parti stesse; essa non comprende le attività di ricerca e sviluppo a pagamento;
o)
per «specializzazione relativa alle attività di sfruttamento» si intende la ripartizione tra le parti di singoli compiti, quali la produzione o la distribuzione, o limitazioni reciproche riguardanti lo sfruttamento dei risultati, quali limitazioni relative a determinati territori, clienti o campi di utilizzo. Il termine include anche la produzione e distruzione dei prodotti contrattuali ad opera di una sola parte sulla base di licenza esclusiva concessa dalle controparti;
p)
per «attività di ricerca e sviluppo a pagamento» s’intende l’attività di ricerca e sviluppo svolta da una delle parti e finanziata dalla parte finanziatrice;
q)
per «parte finanziatrice» si intende la parte che finanzia le attività di ricerca e sviluppo a pagamento senza svolgere direttamente tali attività;
r)
per «impresa concorrente» si intende qualsiasi concorrente effettivo o potenziale;
s)
per «concorrente effettivo» si intende qualsiasi impresa che fornisca prodotti, tecnologie o procedimenti migliorabili, intercambiabili o sostituibili nel settore geografico rilevante con i prodotti o le tecnologie contrattuali;
t)
per «concorrente potenziale» s’intende qualsiasi impresa che, secondo quanto può presumersi in base a considerazioni realistiche e non a una semplice possibilità teorica, è disposta, in assenza dell’accordo di specializzazione e sul presupposto di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi, ad effettuare entro un termine non superiore a tre anni gli investimenti supplementari necessari o le altre spese di conversione necessarie al fine di penetrare sul mercato rilevante;
u)
per «settore merceologico rilevante» s’intende il mercato dei prodotti migliorabili, intercambiabili o sostituibili con i prodotti contrattuali;
v)
per «settore tecnologico rilevante» s’intende il mercato delle tecnologie o dei procedimenti migliorabili, intercambiabili o sostituibili con le tecnologie contrattuali.
2. Ai fini del presente regolamento i termini «impresa» e «parte» includono le imprese collegate.
Per «imprese collegate» si intendono:
a)
le imprese nelle quali una parte dell’accordo di ricerca e sviluppo detiene, direttamente o indirettamente:
i)
il potere di esercitare più della metà dei diritti di voto; o
ii)
il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa; o
iii)
il diritto di gestire gli affari dell’impresa;
b)
le imprese che, direttamente o indirettamente, detengono nei confronti di una delle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo i diritti o poteri di cui alla lettera a);
c)
le imprese nei confronti delle quali un’impresa di cui alla lettera b) detiene, direttamente o indirettamente, i diritti o poteri di cui alla lettera a);
d)
le imprese nelle quali una parte dell’accordo di ricerca e sviluppo, insieme con una o più imprese di cui alle lettere a), b) o c), ovvero due o più di queste ultime imprese, detengono congiuntamente i diritti o poteri di cui alla lettera a);
e)
le imprese nelle quali i diritti o i poteri di cui alla lettera a) sono detenuti congiuntamente:
i)
dalle parti dell’accordo di ricerca e sviluppo o dalle imprese ad esse collegate di cui a lettere da a) a d); o
ii)
da una o più parti dell’accordo di ricerca e sviluppo, o da una o più delle loro imprese collegate ai sensi delle lettere da a) a d), e da una o più imprese terze.
Articolo 2
Esenzione
1. L’articolo 101, paragrafo 1, del trattato è dichiarato inapplicabile agli accordi di ricerca e sviluppo conformemente al paragrafo 3 dello stesso articolo e alle condizioni stabilite dal presente regolamento.
Tale esenzione si applica nella misura in cui gli accordi contengano restrizioni della concorrenza rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.
2. L’esenzione di cui al paragrafo 1, si applica agli accordi di ricerca e sviluppo contenenti disposizioni relative alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà immateriale a favore di una o più parti o di enti costituiti dalle parti stesse per lo svolgimento di attività comuni di ricerca e sviluppo, di attività di ricerca e sviluppo a pagamento o di attività comuni di sfruttamento, purché tali disposizioni non costituiscano l’oggetto principale degli accordi, ma siano direttamente collegate e necessarie all’esecuzione degli stessi.
Articolo 3
Condizioni d’esenzione
1. L’esenzione di cui all’articolo 2 si applica alle condizioni stabilite nei paragrafi da 2 a 5 del presente articolo.
2. L’accordo di ricerca e sviluppo deve stabilire che tutte le parti abbiano pieno accesso, per lo svolgimento di ulteriori attività di ricerca e sviluppo o di sfruttamento, ai risultati finali dell’attività comune di ricerca e sviluppo o dell’attività di ricerca e sviluppo a pagamento, compresi gli eventuali diritti di proprietà immateriale e know-how, non appena tali risultati siano disponibili. Qualora le parti limitino i propri diritti di sfruttamento a norma del presente regolamento, in particolare quando si specializzano ai fini dell’attività di sfruttamento, l’accesso ai risultati a scopi di sfruttamento può essere limitato in conformità. Gli istituti di ricerca, gli organismi accademici o le imprese che effettuano attività di ricerca e sviluppo a titolo commerciale, astenendosi in linea di principio dallo sfruttamento dei risultati, possono inoltre obbligarsi ad utilizzare i risultati della ricerca e dello sviluppo soltanto per ulteriori ricerche. L’accordo di ricerca e sviluppo può prevedere la remunerazione reciproca delle parti per l’accesso ai risultati finalizzato ad ulteriori attività di ricerca o sfruttamento; tale remunerazione non deve tuttavia essere così elevata da impedire, di fatto, l’accesso.
3. Fatto salvo il paragrafo 2, l’accordo di ricerca e sviluppo, qualora riguardi unicamente l’attività comune di ricerca e sviluppo o l’attività di ricerca e sviluppo a pagamento, deve stabilire che ognuna delle parti abbia accesso all’eventuale know-how preesistente delle altre parti, sempre che tale know-how sia indispensabile ai fini dello sfruttamento dei risultati. L’accordo di ricerca e sviluppo può prevedere la remunerazione reciproca delle parti per l’accesso al know-how preesistente; tale remunerazione non deve tuttavia essere così elevata da impedire, di fatto, l’accesso.
4. Lo sfruttamento comune può riguardare unicamente i risultati protetti da diritti di proprietà immateriale, o configuranti know-how, che siano indispensabili per la fabbricazione dei prodotti contrattuali o l’applicazione delle tecnologie contrattuali.
5. Le imprese incaricate della fabbricazione di prodotti contrattuali nell’ambito della specializzazione relativa alle attività di sfruttamento devono essere obbligate a soddisfare le domande di fornitura delle controparti, salvo che l’accordo di ricerca e sviluppo preveda la distribuzione comune ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera m), punto i) o ii) o che le parti abbiano concordato la distribuzione esclusiva dei prodotti contrattuali ad opera della parte che fabbrica i prodotti contrattuali.
Articolo 4
Quota massima di mercato e durata dell’esenzione
1. Qualora le parti non siano imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 si applica per l’intera durata dell’attività di ricerca e sviluppo. In caso di sfruttamento comune dei risultati, l’esenzione continua ad applicarsi per un periodo di sette anni a decorrere dalla data in cui i prodotti o le tecnologie contrattuali sono per la prima volta messi in commercio nel mercato interno.
2. Qualora due o più parti siano imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 si applica per il periodo di cui al paragrafo 1 del presente articolo soltanto se, al momento della conclusione dell’accordo di ricerca e sviluppo, sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a)
se trattasi di accordo di ricerca e sviluppo ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto i), ii) o iii), la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non deve superare il 25 % nel settore merceologico o tecnologico rilevante; oppure
b)
se trattasi di accordo di ricerca e sviluppo ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto iv), v) o vi), la quota di mercato detenuta congiuntamente dalla parte finanziatrice e da tutte le parti con le quali questa ha concluso accordi di ricerca e sviluppo per i medesimi prodotti o per le medesimo tecnologie contrattuali non deve superare il 25 % nel settore merceologico o tecnologico rilevante.
3. Alla fine del periodo di cui al paragrafo 1, l’esenzione continua ad applicarsi finché la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 25 % nel settore merceologico o tecnologico rilevante.
Articolo 5
Restrizioni fondamentali
L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi di ricerca e sviluppo che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno i seguenti obiettivi:
a)
la limitazione della libertà delle parti di svolgere, indipendentemente o in cooperazione con terzi, attività di ricerca e sviluppo in un campo non connesso a quello cui si riferisce l’accordo ovvero, dopo il completamento dell’attività comune di ricerca e sviluppo o dell’attività di ricerca e sviluppo a pagamento, nel campo cui si riferisce l’accordo o in un campo connesso;
b)
la limitazione della produzione o delle vendite, ad eccezione:
i)
della fissazione di obiettivi di produzione, nel caso in cui lo sfruttamento comune dei risultati includa la fabbricazione comune dei prodotti contrattuali;
ii)
della fissazione di obiettivi di vendita, nel caso in cui lo sfruttamento comune dei risultati includa la distribuzione comune dei prodotti contrattuali o la concessione comune in licenza delle tecnologie contrattuali ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera m), punto i) o ii);
iii)
di prassi configuranti specializzazioni relative alle attività di sfruttamento; e
iv)
della restrizione della libertà delle parti di produrre, vendere, cedere o concedere in licenza prodotti, tecnologie o procedimenti che siano in concorrenza con i prodotti o le tecnologie contrattuali nel periodo durante il quale, secondo quanto è concordato dalle parti stesse, i risultati devono essere sfruttati in comune;
c)
la fissazione dei prezzi per la vendita dei prodotti contrattuali o per la concessione in licenza delle tecnologie contrattuali a terzi, ad eccezione della fissazione dei prezzi praticati nei confronti di clienti diretti o della fissazione di diritti di licenza praticati nei confronti di licenziatari diretti, nel caso in cui lo sfruttamento comune dei risultati includa la distribuzione comune dei prodotti contrattuali o la concessione comune in licenza delle tecnologie contrattuali ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera m), punti i) e ii);
d)
la limitazione del territorio in cui, o ai clienti ai quali, le parti possono passivamente vendere i prodotti contrattuali o concedere in licenza le tecnologie contrattuali, eccezion fatta per l’obbligo di concedere in licenza esclusiva i risultati ad un’altra parte;
e)
l’obbligo di non effettuare, o di limitare, le vendite attive di prodotti o tecnologie contrattuali in territori o a clienti che non siano stati assegnati esclusivamente a una delle parti nell’ambito della specializzazione relativa alle attività di sfruttamento;
f)
l’obbligo di non soddisfare la domanda di clienti situati nei territori reciproci delle parti, o di clienti altrimenti ripartiti tra le parti nell’ambito della specializzazione relativa alle attività di sfruttamento, i quali intendano commercializzare i prodotti contrattuali in altri territori del mercato interno;
g)
l’obbligo di limitare la facoltà degli utilizzatori o rivenditori di acquistare i prodotti contrattuali presso altri rivenditori nel mercato interno.
Articolo 6
Restrizioni escluse
L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica ai seguenti obblighi contenuti in accordi di ricerca e sviluppo:
a)
l’obbligo di non contestare, dopo il completamento dell’attività di ricerca e sviluppo, la validità dei diritti di proprietà immateriale detenuti dalle parti nel mercato interno e rilevanti per tale attività ovvero, dopo la scadenza dell’accordo di ricerca e sviluppo, la validità dei diritti di proprietà immateriale detenuti dalle parti nel mercato interno e intesi a tutelare i risultati dell’attività di ricerca e sviluppo, fatta salva la facoltà di prevedere lo scioglimento dell’accordo di ricerca e sviluppo nel caso in cui una delle parti contesti la validità dei diritti di proprietà intellettuale immateriale stessi;
b)
l’obbligo di non concedere a terzi licenze per la fabbricazione dei prodotti contrattuali o per l’applicazione delle tecnologie contrattuali a meno che l’accordo non preveda lo sfruttamento ad opera di almeno una delle parti dei risultati dell’attività comune di ricerca e sviluppo o dell’attività di ricerca e sviluppo a pagamento e che tale sfruttamento abbia luogo nel mercato interno nei confronti di terzi.
Articolo 7
Applicazione della quota massima di mercato
Ai fini dell’applicazione della quota massima di mercato di cui all’articolo 4, si applicano le seguenti norme:
a)
la quota di mercato è calcolata sulla base del valore delle vendite sul mercato; qualora non siano disponibili tali dati, la quota di mercato delle parti può essere determinata usando stime basate su altre informazioni di mercato attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite sul mercato;
b)
la quota di mercato è calcolata sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente;
c)
la quota di mercato detenuta dalle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera e), è ripartita in eguale misura tra ciascuna delle imprese che possiedono i diritti o poteri elencati alla lettera a) dello stesso secondo comma;
d)
se inizialmente la quota di mercato di cui all’articolo 4, paragrafo 3, non è superiore al 25 %, ma successivamente supera tale livello limite senza tuttavia eccedere il 30 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi nei due anni civili successivi all’anno in cui la soglia del 25 % è stata superata per la prima volta;
e)
se inizialmente la quota di mercato di cui all’articolo 4, paragrafo 3, non è superiore al 25 %, ma successivamente supera il 30 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi per tutto l’anno civile successivo all’anno in cui il limite del 30 % è stato superato per la prima volta;
f)
i benefici di cui alle lettere d) e e) non possono essere cumulati in modo tale che il risultante periodo superi i due anni civili.
Articolo 8
Periodo transitorio
Il divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica durante il periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 e il 31 dicembre 2012 agli accordi già in vigore al 31 dicembre 2010 che non rispondono alle condizioni di esenzione di cui al presente regolamento, ma soddisfano quelle di cui al regolamento (CE) n. 2659/2000.
Articolo 9
Periodo di vigenza
Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 2011.
Esso scade il 31 dicembre 2022.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 14 dicembre 2010.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46.
(*1) A decorrere dal 1o dicembre 2009, l’articolo 81 del trattato CE è diventato l’ articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»). Tali due articoli sono sostanzialmente identici. Ai fini del presente regolamento, i riferimenti all’articolo 101 del TFUE s’intendono fatti, se del caso, all’articolo 81 del trattato CE. Il TFUE ha inoltre introdotto talune modifiche terminologiche, come la sostituzione di «Comunità» con «Unione» e «mercato comune» con «mercato interno». Nel presente regolamento sarà usata costantemente la terminologia del TFUE.
(2) GU L 304 del 5.12.2000, pag. 7.
(3) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1. | Esenzione per gli accordi di ricerca e di sviluppo
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
L’articolo 101 del TFUE fissa le regole riguardanti le pratiche concordate e gli accordi tra le società. Come regola generale, tali pratiche concordate e gli accordi sono vietati a meno che non rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, in base al quale rappresentano un’eccezione alla regola. Il regolamento (UE) n. 1217/2010 afferma che l’articolo 101 non si applica agli accordi di ricerca e di sviluppo (R&S)* quando le parti svolgono attività comuni di R&S su prodotti o processi con lo sfruttamento comune dei risultati di tale attività di R&S oppure quando svolgono tali attività isolatamente.
PUNTI CHIAVE
L’articolo 101, paragrafo 1 del TFUE non si applica agli accordi di R&S. Il regolamento (CEE) n. 2821/71, tuttavia, prevede un’esenzione per gli accordi R&S che contengono disposizioni correlate alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale per eseguire attività comuni di ricerca e sviluppo, attività di ricerca e sviluppo a pagamento o attività di sfruttamento comune, a condizione che tali disposizioni non costituiscano l’oggetto principale degli accordi in oggetto, ma siano invece direttamente collegate e necessarie all’esecuzione degli stessi. Il regolamento esenta per categoria le attività di sfruttamento comune dei risultati delle attività R&S eseguite dalle parti ai sensi del regolamento. Il presente regolamento sostituisce il regolamento (CE) n. 2659/2000, scaduto il 31 dicembre 2010.Condizioni per l’esenzionePer rientrare nell’esenzione, l’accordo deve stabilire che tutte le parti abbiano pieno accesso ai risultati finali dell’attività di ricerca e sviluppo, compresi eventuali diritti di proprietà immateriale e know-how nell’ipotesi dell’utilizzo finalizzato a ulteriore attività di ricerca e sviluppo. L’accesso ai risultati ai fini dell’attività di sfruttamento può essere limitato in modo consequenziale qualora le parti limitino i propri diritti di sfruttamento. Laddove l’accordo preveda esclusivamente attività comuni di ricerca e sviluppo oppure attività di ricerca e sviluppo a pagamento, ciascuna parte deve avere accesso all’eventuale know-how preesistente delle altre parti interessate, sempre che tale know-how sia indispensabile per lo sfruttamento dei risultati. Lo scambio di know-how preesistente può essere remunerato, ma la remunerazione non deve essere così elevata da impedire, di fatto, l’accesso. Lo sfruttamento comune può riguardare unicamente i risultati protetti da diritti di proprietà immateriale o configuranti know-how, che siano indispensabili per la fabbricazione dei prodotti contrattuali o l’applicazione delle tecnologie contrattuali.Quota massima di mercato e durata dell’esenzioneQualora le parti che contraggono un accordo R&S non siano imprese concorrenti, l’esenzione prevista dal presente regolamento è applicabile per l’intera durata dell’attività di R&S. In caso di sfruttamento comune dei risultati, l’esenzione continua ad applicarsi per un periodo di sette anni a decorrere dalla data in cui i prodotti e le tecnologie contrattuali sono per la prima volta messi in commercio nel mercato dell’Unione europea (UE). Qualora le parti siano imprese concorrenti, al momento della conclusione dell’accordo di R&S, l’esenzione si applica soltanto se:nel caso di accordi comuni di R&S, la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non supera il 25% nel settore merceologico e tecnologico rilevante;nel caso di accordi R&S a pagamento, la quota di mercato congiunta detenuta dalla parte finanziatrice e da tutte le parti con le quali ha concluso accordi R&S per i medesimi prodotti o per le medesime tecnologie contrattuali non supera il 25% nel settore merceologico o tecnologico rilevante. Al termine del periodo di sette anni, l’esenzione continuerà ad applicarsi finché la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non supererà il 25% nel settore rilevante.Restrizioni fondamentaliL’esenzione non si applica agli accordi R&S che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno per oggetto:la limitazione della libertà delle parti di svolgere attività di R&S in un campo non connesso;la limitazione della libertà delle parti di svolgere attività di R&S in un campo connesso dopo il completamento dell’accordo R&S interessato;la limitazione della produzione o delle vendite, con talune eccezioni.Restrizioni escluseL’esenzione non si applica ai seguenti obblighi contenuti in accordi R&S:l’obbligo di non contestare la validità dei diritti di proprietà immateriale correlati dopo il completamento dell’attività di R&S;l’obbligo di non concedere a terzi licenze per la fabbricazione dei prodotti contrattuali o per l’applicazione delle tecnologie contrattuali, a meno che l’accordo non preveda lo sfruttamento dei risultati ad opera di almeno una delle parti e che tale sfruttamento abbia luogo nel mercato interno nei confronti di terzi.Linee direttrici della Commissione europea
Nel 2011 la Commissione ha adottato linee direttrici sull’interpretazione e sull’applicabilità dell’articolo 101 del TFUE agli accordi di cooperazione orizzontale*, che prevedono accordi di R&S.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica a partire dal 1 gennaio 2011 e scadrà il 31 dicembre 2022.
CONTESTO
Nel 2019 la Commissione ha avviato una valutazione per esaminare se far decadere i regolamenti dell’UE in materia di accordi orizzontali alla loro scadenza nel dicembre 2022, o se estenderli o modificarli (e gli orientamenti su come interpretarli). I risultati della sua valutazione sono stati pubblicati nel luglio 2021 (si veda il comunicato stampa). La valutazione ha concluso che è necessario affrontare alcune questioni per migliorare la certezza giuridica. La Commissione avvierà la fase di valutazione dell’impatto del riesame per approfondire le questioni individuate durante la valutazione in vista della revisione delle norme in vigore entro il 31 dicembre 2022, data di scadenza delle norme vigenti.
TERMINI CHIAVE
Accordi di ricerca e di sviluppo. Qualsiasi accordo concluso da due o più parti relativamente allo svolgimento di:ricerca e sviluppo sui prodotti o sulle tecnologie contrattuali e sfruttamento comune dei risultati dell’attività di R&S;sfruttamento comune dei risultati dell’attività di R&S sui prodotti e sulle tecnologie contrattuali svolta in osservanza di un precedente accordo tra le medesime parti;ricerca e sviluppo sui prodotti o sulle tecnologie contrattuali senza lo sfruttamento comune dei risultati;attività di R&S a pagamento sui prodotti o sulle tecnologie contrattuali e sfruttamento comune dei risultati dell’attività di R&S;sfruttamento comune dei risultati dell’attività di R&S sui prodotti e sulle tecnologie contrattuali svolta in osservanza di un precedente accordo tra le medesime parti;attività di R&S a pagamento sui prodotti o sulle tecnologie contrattuali senza lo sfruttamento comune dei risultati.
Accordi orizzontali. Accordi stipulati tra due o più imprese operanti allo stesso livello nel mercato. La cooperazione orizzontale si riferisce, nella maggior parte dei casi, alla cooperazione tra concorrenti effettivi o potenziali in settori quali R&S, la produzione, gli acquisti, la commercializzazione o la standardizzazione. Può riguardare anche lo scambio di informazioni, sia come accordo autonomo sia nel contesto di un altro tipo di accordo di cooperazione orizzontale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 1217/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi ricerca e sviluppo (GU L 335 del 18.12.2010, pag. 36).
Modifiche successive al regolamento (UE) n. 1217/2010 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 1 — Regole applicabili alle imprese — Articolo 101 (ex articolo 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 88).
Comunicazione della Commissione — Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale (GU C 11 del 14.1.2011, pag. 1).
Regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all’applicazione dell’articolo 85, par. 3 del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche consolidate (GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46).
Si veda la versione consolidata. | 13,428 | 254 |
32007L0060 | false | DIRETTIVA 2007/60/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 ottobre 2007
relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
Le alluvioni possono provocare vittime, l’evacuazione di persone e danni all’ambiente, compromettere gravemente lo sviluppo economico e mettere in pericolo le attività economiche della Comunità.
(2)
Le alluvioni sono fenomeni naturali impossibili da prevenire. Tuttavia alcune attività umane (come la crescita degli insediamenti umani e l’incremento delle attività economiche nelle pianure alluvionali, nonché la riduzione della naturale capacità di ritenzione idrica del suolo a causa dei suoi vari usi) e i cambiamenti climatici contribuiscono ad aumentarne la probabilità e ad aggravarne gli impatti negativi.
(3)
Ridurre i rischi di conseguenze negative derivanti dalle alluvioni soprattutto per la vita e la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale, l’attività economica e le infrastrutture, connesse con le alluvioni, è possibile e auspicabile ma, per essere efficaci, le misure per ridurre tali rischi dovrebbero, per quanto possibile, essere coordinate a livello di bacino idrografico.
(4)
La direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (3), introduce l’obbligo di predisporre piani di gestione dei bacini idrografici per tutti i distretti idrografici al fine di realizzare un buono stato ecologico e chimico delle acque e contribuirà a mitigare gli effetti delle alluvioni. La riduzione del rischio di alluvioni non figura, tuttavia, tra gli obiettivi principali di tale direttiva, né questa tiene conto dei futuri mutamenti dei rischi di alluvioni derivanti dai cambiamenti climatici.
(5)
La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Gestione dei rischi di inondazione — Prevenzione, protezione e mitigazione delle inondazioni» del 12 luglio 2004 presenta un’analisi e un approccio specifico per la gestione dei rischi di alluvioni a livello comunitario e afferma che un’azione concertata e coordinata a livello comunitario apporterebbe un notevole valore aggiunto e migliorerebbe il livello globale di protezione contro le alluvioni.
(6)
Oltre al coordinamento tra gli Stati membri, l’efficace prevenzione e mitigazione delle alluvioni richiede la cooperazione con i paesi terzi. Questo è in linea con la direttiva 2000/60/CE e i principi internazionali di gestione del rischio di alluvioni sviluppati segnatamente nel quadro della convenzione delle Nazioni Unite sulla protezione e l’utilizzazione dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali, approvata con decisione 95/308/CE del Consiglio (4), e con i successivi accordi di applicazione.
(7)
La decisione 2001/792/CE, Euratom del Consiglio, del 23 ottobre 2001, che istituisce un meccanismo comunitario inteso ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della protezione civile (5), mobilita supporto e assistenza da parte degli Stati membri in caso di emergenze gravi, comprese le alluvioni. La protezione civile può dare risposte adeguate alle popolazioni colpite e migliorarne la preparazione e la capacità di far fronte a queste calamità.
(8)
A norma del regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio, dell’11 novembre 2002, che istituisce il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (6), è possibile erogare tempestivamente un aiuto finanziario in caso di grave calamità per far sì che gli abitanti, le aree naturali, le regioni e i paesi colpiti possano tornare a condizioni il più normali possibile. Tuttavia, questi interventi del Fondo riguardano solo le operazioni di emergenza e non le fasi che la precedono.
(9)
Nell’elaborare le politiche relative agli usi idrici e territoriali, gli Stati membri e la Comunità dovrebbero tenere conto degli impatti potenziali che tali politiche potrebbero avere sui rischi di alluvioni e sulla gestione dei medesimi.
(10)
Il territorio della Comunità è colpito da varie tipologie di alluvioni, come quelle causate dallo straripamento dei fiumi, le piene repentine, le alluvioni urbane e le inondazioni marine delle zone costiere. I danni provocati da questi fenomeni possono inoltre variare da un paese o da una regione all’altra della Comunità. Ne consegue pertanto che gli obiettivi per la gestione dei rischi di alluvioni dovrebbero essere stabiliti dagli stessi Stati membri e tener conto delle condizioni locali e regionali.
(11)
In alcune zone della Comunità si potrebbe ritenere che i rischi di alluvioni non siano significativi, ad esempio nel caso di aree disabitate o scarsamente popolate oppure in zone che presentano limitati beni economici o un ridotto valore ecologico. In ogni distretto idrografico o unità di gestione dovrebbero essere valutati i rischi di alluvioni e la necessità di ulteriori azioni, quali le valutazioni dei potenziali di protezione contro le alluvioni.
(12)
Per poter disporre di un efficace strumento d’informazione e di una solida base per definire le priorità e adottare ulteriori decisioni di carattere tecnico, finanziario e politico riguardo alla gestione del rischio di alluvioni è necessario prevedere l’elaborazione di mappe della pericolosità e di mappe del rischio di alluvioni in cui siano riportate le potenziali conseguenze negative associate ai vari scenari di alluvione, comprese informazioni sulle potenziali fonti di inquinamento ambientale a seguito di alluvioni. In tale contesto, gli Stati membri dovrebbero valutare le attività che determinano un aumento dei rischi di alluvioni.
(13)
Per evitare o ridurre gli impatti negativi delle alluvioni nell’area interessata è opportuno predisporre piani di gestione del rischio di alluvioni. Le cause e le conseguenze di questi fenomeni sono diversi nei vari paesi e regioni della Comunità. I suddetti piani di gestione dovrebbero pertanto tener conto delle specifiche caratteristiche delle zone da essi coperte e proporre soluzioni mirate in base alle esigenze e alle priorità di tali zone, garantendo sempre il coordinamento appropriato all’interno dei distretti idrografici e promuovendo la realizzazione degli obiettivi in materia ambientale stabiliti dalla legislazione comunitaria. In particolare, gli Stati membri dovrebbero astenersi dall’adottare misure o dall’intraprendere azioni atte ad aumentare significativamente il rischio di alluvioni in altri Stati membri, a meno che tali misure siano state coordinate e gli Stati membri interessati abbiano trovato una soluzione concordata.
(14)
I piani di gestione del rischio di alluvioni dovrebbero essere incentrati sulla prevenzione, sulla protezione e sulla preparazione. Al fine di conferire maggiore spazio ai fiumi, tali piani dovrebbero comprendere, ove possibile, il mantenimento e/o il ripristino delle pianure alluvionali, nonché misure volte a prevenire e a ridurre i danni alla salute umana, all’ambiente, al patrimonio culturale e all’attività economica. Gli elementi dei piani di gestione del rischio di alluvioni dovrebbero essere riesaminati periodicamente e, se necessario, aggiornati, tenendo conto delle probabili ripercussioni dei cambiamenti climatici sul verificarsi delle alluvioni.
(15)
Il principio di solidarietà è estremamente importante nel contesto della gestione del rischio di alluvioni. Esso dovrebbe spronare gli Stati membri a trovare un’equa ripartizione delle responsabilità, quando misure riguardanti la gestione del rischio di alluvione lungo i corsi d’acqua sono decise collettivamente nell’interesse comune.
(16)
Per evitare attività superflue e al fine di conseguire gli obiettivi e adempiere agli obblighi della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di utilizzare le valutazioni preliminari del rischio di alluvioni, le mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni nonché i piani di gestione di tale rischio già esistenti.
(17)
L’elaborazione dei piani di gestione dei bacini idrografici previsti dalla direttiva 2000/60/CE e l’elaborazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni di cui alla presente direttiva rientrano nella gestione integrata dei bacini idrografici. I due processi dovrebbero pertanto sfruttare le reciproche potenzialità di sinergie e benefici comuni, tenuto conto degli obiettivi ambientali della direttiva 2000/60/CE, garantendo l’efficienza e un razionale utilizzo delle risorse pur riconoscendo che a norma della presente direttiva e della direttiva 2000/60/CE le autorità competenti e le unità di gestione potrebbero essere diverse.
(18)
Gli Stati membri dovrebbero basare le loro valutazioni, le loro mappe e i loro piani sulle «migliori pratiche» e sulle «migliori tecnologie disponibili» appropriate, che non comportino costi eccessivi, nel campo della gestione dei rischi di alluvioni.
(19)
Se un corpo idrico presenta vari utilizzi per diverse forme di attività umane sostenibili (ad esempio la gestione del rischio di alluvioni, l’ecologia, la navigazione interna o la produzione di energia idroelettrica) e se tali utilizzi presentano ripercussioni sul corpo idrico in questione, la direttiva 2000/60/CE prevede, all’articolo 4, un processo chiaro e trasparente per trattare di tali utilizzi e ripercussioni, tra cui l’eventuale deroga alla realizzazione degli obiettivi di «buono stato» delle acque o di «non deterioramento». La direttiva 2000/60/CE prevede inoltre, all’articolo 9, il recupero dei costi.
(20)
Le misure necessarie per l’attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7).
(21)
In particolare, la Commissione ha il potere di adeguare l’allegato ai progressi scientifici e tecnici. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis, della decisione 1999/468/CE.
(22)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riconosciuti in particolare dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare intende promuovere l’integrazione nelle politiche comunitarie di un livello elevato di tutela ambientale secondo il principio dello sviluppo sostenibile, come previsto dall’articolo 37 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(23)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire l’istituzione di un quadro per i provvedimenti volti a ridurre i rischi di danni provocati dalle alluvioni, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’azione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(24)
In conformità ai principi di proporzionalità e sussidiarietà e al protocollo sull’applicazione di detti principi accluso al trattato e in considerazione delle capacità di cui dispongono gli Stati membri, andrebbe garantito un elevato grado di flessibilità a livello locale e regionale, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione e la responsabilità delle autorità.
(25)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (8), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Scopo della presente direttiva è istituire un quadro per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni volto a ridurre le conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche connesse con le alluvioni all’interno della Comunità.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva, oltre alle definizioni di «fiume», «bacino idrografico», «sottobacino» e «distretto idrografico» di cui all’articolo 2, della direttiva 2000/60/CE, si applicano le seguenti definizioni:
1)
«alluvione»: l’allagamento temporaneo di aree che abitualmente non sono coperte d’acqua. Ciò include le inondazioni causate da fiumi, torrenti di montagna, corsi d’acqua temporanei mediterranei, e le inondazioni marine delle zone costiere e può escludere gli allagamenti causati dagli impianti fognari;
2)
«rischio di alluvioni»: la combinazione della probabilità di un evento alluvionale e delle potenziali conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e l’attività economica derivanti da tale evento.
Articolo 3
1. Ai fini della presente direttiva, gli Stati membri ricorrono alle disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafi 1, 2, 3, 5 e 6 della direttiva 2000/60/CE.
2. Tuttavia, ai fini dell’attuazione della presente direttiva, gli Stati membri possono:
a)
nominare autorità competenti diverse da quelle individuate a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE;
b)
individuare talune zone costiere o singoli bacini idrografici e assegnarli ad un’unità di gestione diversa da quelle assegnate a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2000/60/CE.
In tali casi gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro il 26 maggio 2010, le informazioni di cui all’allegato I, della direttiva 2000/60/CE. A tal fine ogni riferimento alle autorità competenti e ai distretti idrografici è considerato come riferimento alle autorità competenti e all’unità di gestione di cui al presente articolo. Gli Stati membri comunicano alla Commissione eventuali modifiche delle informazioni fornite conformemente al presente paragrafo entro tre mesi dalla data in cui esse hanno effetto.
CAPO II
VALUTAZIONE PRELIMINARE DEL RISCHIO DI ALLUVIONI
Articolo 4
1. Gli Stati membri svolgono, per ciascun distretto idrografico o unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), o parte di un distretto idrografico internazionale situato sul loro territorio, una valutazione preliminare del rischio di alluvioni a norma del paragrafo 2 del presente articolo.
2. Sulla base delle informazioni disponibili o di quelle facili da ottenere, quali i dati registrati e gli studi sugli sviluppi a lungo termine, tra cui in particolare le conseguenze del cambiamento climatico sul verificarsi delle alluvioni, una valutazione preliminare del rischio di alluvioni è effettuata per fornire una valutazione dei rischi potenziali. Essa comprende almeno i seguenti elementi:
a)
mappe in scala appropriata del distretto idrografico comprendenti i confini dei bacini idrografici, dei sottobacini e, laddove esistono, delle zone costiere, dalle quali risulti la topografia e l’utilizzo del territorio;
b)
descrizione delle alluvioni avvenute in passato, che hanno avuto notevoli conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche che con elevata probabilità possono ancora verificarsi in futuro in maniera simile, compresa la portata dell’inondazione e le vie di deflusso delle acque e una valutazione delle conseguenze negative che hanno avuto;
c)
descrizione delle alluvioni significative avvenute in passato, qualora si ipotizzi che, in futuro, da eventi dello stesso tipo possano derivare notevoli conseguenze negative;
e, in funzione delle esigenze specifiche degli Stati membri, comprende:
d)
una valutazione delle potenziali conseguenze negative di future alluvioni per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche, tenuto conto per quanto possibile di elementi quali la topografia, la posizione dei corsi d’acqua e le loro caratteristiche idrologiche e geomorfologiche generali, tra cui il ruolo delle pianure alluvionali come aree naturali di ritenzione delle acque, l’efficacia delle infrastrutture artificiali esistenti per la protezione dalle alluvioni, la posizione delle zone popolate e delle zone in cui insistono attività economiche e gli sviluppi a lungo termine compresi gli impatti dei cambiamenti climatici sul verificarsi delle alluvioni.
3. Nel caso dei distretti idrografici internazionali o delle unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), condivisi con altri Stati membri, gli Stati membri garantiscono che lo scambio delle pertinenti informazioni avvenga tra le autorità competenti interessate.
4. Gli Stati membri completano la valutazione preliminare del rischio di alluvioni entro il 22 dicembre 2011.
Articolo 5
1. In base alla valutazione preliminare del rischio di alluvioni di cui all’articolo 4, gli Stati membri individuano per ciascun distretto idrografico o unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), o parte di un distretto idrografico internazionale situato sul loro territorio le zone per le quali essi stabiliscono che esiste un rischio potenziale significativo di alluvioni o si possa ritenere probabile che questo si generi.
2. L’individuazione di cui al paragrafo 1 di una zona nell’ambito di un distretto idrografico internazionale o di un’unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), condivisa con un altro Stato membro viene coordinata tra gli Stati membri interessati.
CAPO III
MAPPE DELLA PERICOLOSITÀ E MAPPE DEL RISCHIO DI ALLUVIONI
Articolo 6
1. Gli Stati membri predispongono, a livello di distretto idrografico o unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), mappe della pericolosità da alluvione e mappe del rischio di alluvioni, nella scala più appropriata per le zone individuate nell’articolo 5, paragrafo 1.
2. L’elaborazione di mappe della pericolosità e mappe del rischio di alluvioni per le zone di cui all’articolo 5 condivise con altri Stati membri è preceduta da uno scambio di informazioni preliminare tra gli Stati membri interessati.
3. Le mappe della pericolosità da alluvione contengono la perimetrazione delle aree geografiche che potrebbero essere interessate da alluvioni secondo i seguenti scenari:
a)
scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi;
b)
media probabilità di alluvioni (tempo di ritorno probabile ≥ cento anni);
c)
elevata probabilità di alluvioni, se opportuno.
4. Per ciascuno degli scenari di cui al paragrafo 3 è necessario indicare i seguenti elementi:
a)
portata della piena;
b)
profondità delle acque o, se del caso, livello delle acque;
c)
se opportuno, velocità del flusso o flusso d’acqua considerato.
5. Le mappe del rischio di alluvioni indicano le potenziali conseguenze negative derivanti dalle alluvioni nell’ambito degli scenari di cui al paragrafo 3 ed espresse in termini di:
a)
numero indicativo degli abitanti potenzialmente interessati;
b)
tipo di attività economiche insistenti sull’area potenzialmente interessata;
c)
impianti di cui all’allegato I della direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (9), che potrebbero provocare inquinamento accidentale in caso di alluvione e aree protette potenzialmente interessate, individuate nell’allegato IV, paragrafo 1, punti i), iii) e v) della direttiva 2000/60/CE;
d)
altre informazioni considerate utili dagli Stati membri, come l’indicazione delle aree in cui possono verificarsi alluvioni con elevato volume di sedimenti trasportati e colate detritiche e informazioni su altre notevoli fonti di inquinamento.
6. Gli Stati membri possono decidere che, per le zone costiere in cui esiste un adeguato livello di protezione, l’elaborazione di mappe della pericolosità da alluvione si limiti allo scenario di cui al paragrafo 3, lettera a).
7. Gli Stati membri possono decidere che, per le zone in cui le inondazioni sono causate dalle acque sotterranee, l’elaborazione di mappe della pericolosità da alluvione si limiti allo scenario di cui al paragrafo 3, lettera a).
8. Gli Stati membri provvedono a ultimare le mappe della pericolosità da alluvione e quelle del rischio di alluvioni entro il 22 dicembre 2013.
CAPO IV
PIANI DI GESTIONE DEL RISCHIO DI ALLUVIONI
Articolo 7
1. Sulla base delle mappe di cui all’articolo 6, gli Stati membri stabiliscono piani di gestione del rischio di alluvioni coordinati a livello di distretto idrografico o unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), per le zone individuate nell’articolo 5, paragrafo 1, e le zone contemplate dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), conformemente alle modalità descritte nei paragrafi 2 e 3, del presente articolo.
2. Gli Stati membri definiscono obiettivi appropriati per la gestione dei rischi di alluvioni per le zone individuate nell’articolo 5, paragrafo 1, e le zone contemplate dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), ponendo l’accento sulla riduzione delle potenziali conseguenze negative che un simile evento potrebbe avere per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e l’attività economica e, se ritenuto opportuno, su iniziative non strutturali e/o sulla riduzione della probabilità di inondazione.
3. I piani di gestione del rischio di alluvioni comprendono misure per raggiungere gli obiettivi definiti a norma del paragrafo 2 nonché gli elementi indicati nell’allegato, parte A.
I piani di gestione del rischio di alluvioni tengono conto degli aspetti pertinenti quali i costi e benefici, la portata della piena, le vie di deflusso delle acque e le zone con capacità di espansione delle piene, come le pianure alluvionali naturali, gli obiettivi ambientali dell’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE, la gestione del suolo e delle acque, la pianificazione del territorio, l’utilizzo del territorio, la conservazione della natura, la navigazione e le infrastrutture portuali.
I piani di gestione del rischio di alluvioni riguardano tutti gli aspetti della gestione del rischio di alluvioni, e in particolare la prevenzione, la protezione e la preparazione, comprese le previsioni di alluvioni e i sistemi di allertamento, e tengono conto delle caratteristiche del bacino idrografico o del sottobacino interessato. I piani di gestione del rischio di alluvioni possono anche comprendere la promozione di pratiche sostenibili di utilizzo del suolo, il miglioramento di ritenzione delle acque nonché l’inondazione controllata di certe aree in caso di fenomeno alluvionale.
4. In linea con il principio di solidarietà, i piani di gestione del rischio di alluvioni stabiliti in uno Stato membro non includono misure che, per la loro portata e il loro impatto, aumentano considerevolmente il rischio di alluvioni a monte o a valle di altri paesi dello stesso bacino idrografico o sottobacino, a meno che tali misure non siano state coordinate e non sia stata trovata una soluzione concordata tra gli Stati membri interessati nel quadro dell’articolo 8.
5. Gli Stati membri provvedono a ultimare e pubblicare i piani di gestione del rischio di alluvioni entro il 22 dicembre 2015.
Articolo 8
1. Per i distretti idrografici o le unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), che ricadono interamente nel loro territorio, gli Stati membri garantiscono che vengano predisposti un unico piano di gestione del rischio di alluvioni o una serie di piani di gestione del rischio di alluvioni coordinati a livello di distretto idrografico.
2. Qualora i distretti idrografici internazionali o le unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), ricadono interamente nel territorio della Comunità, gli Stati membri garantiscono il coordinamento, al fine di predisporre un unico piano internazionale di gestione del rischio di alluvioni o una serie di piani di gestione del rischio di alluvioni coordinati a livello di distretto idrografico internazionale. In mancanza di tali piani, gli Stati membri predispongono piani di gestione del rischio di alluvioni che comprendano almeno le parti del distretto idrografico internazionale che ricadono all’interno del loro territorio, per quanto possibile coordinati a livello di distretto idrografico internazionale.
3. Qualora i distretti idrografici internazionali o le unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), si estendano oltre i confini comunitari, gli Stati membri si adoperano per predisporre un unico piano internazionale di gestione del rischio di alluvioni o una serie di piani di gestione del rischio di alluvioni coordinati a livello di distretto idrografico internazionale; se ciò non fosse possibile, per le parti del distretto idrografico internazionale che ricadono all’interno del loro territorio si applica il paragrafo 2.
4. I piani di gestione del rischio di alluvioni di cui ai paragrafi 2 e 3 sono integrati, se ritenuto opportuno dai paesi che condividono un sottobacino, da piani di gestione del rischio di alluvioni più dettagliati, coordinati a livello di sottobacini internazionali.
5. Se uno Stato membro individua un problema avente un impatto sulla gestione dei rischi di alluvioni delle proprie acque che non riesce a risolvere autonomamente, esso può sottoporlo alla Commissione o ad ogni altro Stato membro interessato avanzando raccomandazioni per trovare una soluzione.
La Commissione dà una risposta alle relazioni e alle raccomandazioni degli Stati membri entro un termine di sei mesi.
CAPO V
COORDINAMENTO CON LA DIRETTIVA 2000/60/CE, INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE DEL PUBBLICO
Articolo 9
Gli Stati membri prendono le misure appropriate per coordinare l’applicazione della presente direttiva nonché della direttiva 2000/60/CE mirando a migliorare l’efficacia, lo scambio di informazioni ed a realizzare sinergie e vantaggi comuni tenendo conto degli obiettivi ambientali di cui all’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE. In particolare:
1)
le prime mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni e i successivi riesami di cui agli articoli 6 e 14 della presente direttiva sono preparati in modo che le informazioni in essi contenute siano coerenti con le pertinenti informazioni presentate a norma della direttiva 2000/60/CE. Essi sono coordinati e possono essere integrati nei riesami di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2000/60/CE;
2)
l’elaborazione dei primi piani di gestione del rischio di alluvioni e i successivi riesami di cui agli articoli 7 e 14 della presente direttiva sono effettuati in coordinamento con i riesami dei piani di gestione dei bacini idrografici di cui all’articolo 13, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE e possono essere integrati nei medesimi;
3)
la partecipazione attiva di tutte le parti interessate, prevista dall’articolo 10 della presente direttiva, è coordinata, se opportuno, con la partecipazione attiva delle parti interessate prevista dall’articolo 14 della direttiva 2000/60/CE.
Articolo 10
1. Ai sensi della normativa comunitaria applicabile, gli Stati membri mettono a disposizione del pubblico la valutazione preliminare del rischio di alluvioni, le mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni e i piani di gestione del rischio di alluvioni.
2. Gli Stati membri incoraggiano la partecipazione attiva delle parti interessate all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani di gestione del rischio di alluvioni di cui al capo IV.
CAPO VI
MISURE DI ATTUAZIONE E MODIFICAZIONI
Articolo 11
1. La Commissione può adottare, secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, formati tecnici per l’elaborazione e la trasmissione dei dati, compresi i dati statistici e cartografici destinati alla Commissione. I formati tecnici dovrebbero essere adottati almeno due anni prima delle date indicate rispettivamente nell’articolo 4, paragrafo 4, nell’articolo 6, paragrafo 8, e nell’articolo 7, paragrafo 5, tenendo conto delle attuali norme nonché dei formati elaborati negli atti comunitari pertinenti.
2. La Commissione, tenendo conto delle scadenze fissate per il riesame e l’aggiornamento, può adeguare l’allegato al progresso scientifico e tecnico.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 12, paragrafo 3.
Articolo 12
1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall’articolo 21 della direttiva 2000/60/CE.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
CAPO VII
MISURE TRANSITORIE
Articolo 13
1. Gli Stati membri possono decidere di non svolgere la valutazione preliminare del rischio di cui all’articolo 4 per i bacini idrografici, i sottobacini o le zone costiere se hanno:
a)
già effettuato una valutazione del rischio che li porta alla conclusione, prima del 22 dicembre 2010, che esista un potenziale rischio significativo di alluvioni o che si possa ritenere probabile che questo si generi, dando luogo all’individuazione della zona tra quelle di cui all’articolo 5, paragrafo 1; oppure
b)
deciso, prima del 22 dicembre 2010, di elaborare mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni e di stabilire piani di gestione del rischio di alluvioni conformemente alle pertinenti disposizioni della presente direttiva.
2. Gli Stati membri possono decidere di avvalersi di mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni completate prima del 22 dicembre 2010, se tali mappe forniscono un livello di informazioni equivalente ai requisiti dell’articolo 6.
3. Gli Stati membri possono decidere di avvalersi di piani di gestione del rischio di alluvioni completati prima del 22 dicembre 2010, purché il contenuto di tali piani sia equivalente ai requisiti prescritti all’articolo 7.
4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano fatto salvo l’articolo 14.
CAPO VIII
RIESAMI, RELAZIONI E DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 14
1. La valutazione preliminare del rischio di alluvioni o la valutazione e le decisioni di cui all’articolo 13, paragrafo 1, è riesaminata e, se del caso, aggiornata entro il 22 dicembre 2018 e successivamente ogni sei anni.
2. Le mappe della pericolosità da alluvione e del rischio di alluvioni sono riesaminate e, se del caso, aggiornate entro il 22 dicembre 2019 e successivamente ogni sei anni.
3. Il piano o i piani di gestione del rischio di alluvioni sono riesaminati e, se del caso, aggiornati, compresi gli elementi che figurano nella parte B dell’allegato, entro il 22 dicembre 2021 e successivamente ogni sei anni.
4. I riesami di cui ai paragrafi 1 e 3 tengono conto del probabile impatto dei cambiamenti climatici sul verificarsi di alluvioni.
Articolo 15
1. Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione la valutazione preliminare del rischio di alluvioni, le mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni e i piani di gestione del rischio di alluvioni di cui agli articoli 4, 6 e 7 nonché il loro riesame e, eventualmente, gli aggiornamenti entro tre mesi dalle date indicate, rispettivamente, nell’articolo 4, paragrafo 4, nell’articolo 6, paragrafo 8, nell’articolo 7, paragrafo 5, e nell’articolo 14.
2. Gli Stati membri informano la Commissione delle decisioni prese ai sensi dell’articolo 13, paragrafi 1, 2 e 3 e mettono a disposizione le pertinenti informazioni al riguardo entro le date indicate, rispettivamente, nell’articolo 4, paragrafo 4, nell’articolo 6, paragrafo 8 e nell’articolo 7, paragrafo 5.
Articolo 16
La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente direttiva entro il 22 dicembre 2018 e successivamente ogni sei anni. Nell’elaborare la relazione si tiene conto degli impatti dei cambiamenti climatici.
Articolo 17
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 novembre 2009. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 18
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 19
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 ottobre 2007.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
M. LOBO ANTUNES
(1) GU C 195 del 18.8.2006, pag. 37.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 13 giugno 2006 (GU C 300 E del 9.12.2006, pag. 123), posizione comune del Consiglio del 23 novembre 2006 (GU C 311 E del 19.12.2006, pag. 10) e posizione del Parlamento europeo del 25 aprile 2007. Decisione del Consiglio del 18 settembre 2007.
(3) GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1. Direttiva modificata dalla decisione n. 2455/2001/CE (GU L 331 del 15.12.2001, pag. 1).
(4) GU L 186 del 5.8.1995, pag. 42.
(5) GU L 297 del 15.11.2001, pag. 7.
(6) GU L 311 del 14.11.2002, pag. 3.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
(8) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(9) GU L 257 del 10.10.1996, pag. 26. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 166/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 33 del 4.2.2006, pag. 1).
ALLEGATO
A. Piani di gestione del rischio di alluvioni
I.
Elementi che devono figurare nel primo piano di gestione del rischio di alluvioni:
1)
conclusioni della valutazione preliminare del rischio di alluvioni prevista dal capo II sotto forma di una mappa di sintesi del distretto idrografico o dell’unità di gestione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), che delimita le zone individuate all’articolo 5, paragrafo 1, che sono oggetto di questo piano di gestione del rischio di alluvioni;
2)
mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni predisposte a norma del capo III o già esistenti conformemente all’articolo 13 e conclusioni ricavate dalla loro lettura;
3)
descrizione degli appropriati obiettivi della gestione del rischio di alluvioni, definiti a norma dell’articolo 7, paragrafo 2;
4)
sintesi delle misure e relativo ordine di priorità intese a raggiungere gli appropriati obiettivi della gestione del rischio di alluvioni, comprese quelle adottate a norma dell’articolo 7, e delle misure in materia di alluvioni adottate nell’ambito di altri atti comunitari, comprese le direttive del Consiglio 85/337/CEE, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (1), e 96/82/CE, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (2), la direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (3), e la direttiva 2000/60/CE;
5)
qualora disponibile, per i bacini idrografici o sottobacini condivisi, descrizione della metodologia di analisi dei costi e benefici, definita dagli Stati membri interessati, utilizzata per valutare le misure aventi effetti transnazionali.
II.
Descrizione dell’attuazione del piano:
1)
descrizione dell’ordine di priorità e delle modalità di monitoraggio dello stato di attuazione del piano;
2)
sintesi delle misure/azioni adottate per informare e consultare il pubblico;
3)
elenco delle autorità competenti e, se del caso, descrizione del processo di coordinamento messo in atto all’interno di un distretto idrografico internazionale e del processo di coordinamento con la direttiva 2000/60/CE.
B. Elementi che devono figurare nei successivi aggiornamenti dei piani di gestione del rischio di alluvioni:
1)
eventuali modifiche o aggiornamenti apportati dopo la pubblicazione della versione precedente del piano di gestione del rischio di alluvioni, compresa una sintesi dei riesami svolti a norma dell’articolo 14;
2)
valutazione dei progressi realizzati per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 7, paragrafo 2;
3)
descrizione motivata delle eventuali misure previste nella versione precedente del piano di gestione del rischio di alluvioni che erano state programmate e non sono state poste in essere;
4)
descrizione di eventuali misure supplementari adottate dopo la pubblicazione della versione precedente del piano di gestione del rischio di alluvioni.
(1) GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17).
(2) GU L 10 del 14.1.1997, pag. 13. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 345 del 31.12.2003, pag. 97).
(3) GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30. | Gestione del rischio alluvionale nell’Unione europea
Le alluvioni sono una minaccia per la salute umana, il patrimonio culturale, l’economia e l’ambiente. L’Unione europea (UE) istituisce un quadro per la valutazione, la mappatura e la pianificazione della riduzione del rischio di alluvioni in Europa.
ATTO
Direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni.
SINTESI
Le alluvioni sono una minaccia per la salute umana, il patrimonio culturale, l’economia e l’ambiente. L’Unione europea (UE) istituisce un quadro per la valutazione, la mappatura e la pianificazione della riduzione del rischio di alluvioni in Europa.
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
La presente direttiva mira a stabilire un quadro di misure per ridurre il rischio di alluvioni nell’UE, valutando il rischio di alluvioni nei bacini idrografici e nelle regioni costiere, mappando le aree con tendenza a forti alluvioni, ed elaborando piani di gestione del rischio alluvionale basati su una stretta cooperazione tra i paesi dell’UE.
PUNTI CHIAVE
La direttiva impone ai paesi dell’UE di valutare il rischio di alluvione nelle regioni costiere e nei bacini idrografici attraverso la raccolta di informazioni su tali aree, come lo storico delle alluvioni avvenute in passato e le mappe che mostrano i confini, l’uso del territorio e la topografia, determinando la probabilità di future alluvioni significative e le loro conseguenze. Pubblicate per la prima volta entro il 22 dicembre 2011, queste valutazioni saranno riesaminate entro il 22 dicembre 2018 e riviste poi ogni sei anni.
I paesi dell’UE devono inoltre produrre mappe che individuano le aree soggette a rischio di alluvioni significative e indicare scenari alluvionali (sulla base di alta, media o bassa probabilità) che si possono verificare in tali aree. Pubblicate per la prima volta entro il 22 dicembre del 2013, queste mappe devono essere riviste ogni sei anni.
I paesi dell’UE devono altresì redigere piani di gestione del rischio alluvionale coordinati a livello di bacino idrografico o distretti costieri. Questi piani stabiliscono obiettivi per la gestione del rischio alluvionale, concentrandosi principalmente sulla prevenzione (ad esempio evitando la costruzione in aree che possono essere alluvionali), la protezione (misure per ridurre la probabilità di alluvioni in un luogo specifico) e la preparazione (informare il pubblico sui rischi di alluvione e cosa fare in caso di alluvione). Questi piani devono essere redatti entro il 22 dicembre 2015 e rivisti ogni sei anni.
Sia le mappe del rischio alluvionale che i piani di gestione sono coordinati con la direttiva quadro sulle acque. L’attuazione della direttiva quadro sulle acque, della presente direttiva e di altre direttive in materia di acque è guidata dalla strategia di attuazione comune che ha anche lo scopo di integrare le politiche idriche con altre politiche dell’UE, come quelle relative all’agricoltura, al trasporto o alla ricerca e sviluppo regionale.
CONTESTO
Benché le alluvioni siano fenomeni naturali che non possono essere completamente evitati, l’attività umana sta aumentando la loro probabilità e impatto. Il rischio di alluvioni e l’entità del danno aumenterà in futuro a causa dei cambiamenti climatici, di una gestione inappropriata dei fiumi, della costruzione in zone a rischio alluvionale e dell’aumento delle persone e dei beni in queste zone.
Considerando che la maggior parte dei bacini idrografici in Europa sono condivisi tra i vari paesi, l’azione è più efficace se svolta a livello dell’UE, in quanto consente una migliore valutazione dei rischi e il coordinamento delle misure adottate dai paesi dell’Unione.
Per ulteriori informazioni, consultare il sito internet della Commissione europea sulla direttiva alluvioni in UE.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2007/60/CE
26.11.2007
25.11.2009
GU L 288 del 6.11.2007, pag. 27-34 | 13,408 | 772 |
32008F0675 | false | DECISIONE QUADRO 2008/675/GAI DEL CONSIGLIO
del 24 luglio 2008
relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione europea si è prefissa l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Questo obiettivo presuppone che le informazioni relative alle decisioni di condanna pronunciate negli Stati membri possano essere prese in considerazione al di fuori dello Stato membro di condanna per prevenire nuovi reati e in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale.
(2)
Il 29 novembre 2000, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il Consiglio ha adottato il programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (2), il quale prevede «l’adozione di uno o più strumenti volti ad introdurre il principio secondo cui il giudice di uno Stato membro deve essere in grado di tener conto delle decisioni penali definitive rese negli altri Stati membri per valutare i precedenti penali del delinquente, prendere in considerazione la recidiva e determinare la natura delle pene e le modalità di esecuzione applicabili».
(3)
La presente decisione quadro è intesa a stabilire un obbligo minimo per gli Stati membri di prendere in considerazione le decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri. Essa non dovrebbe impedire pertanto agli Stati membri di prendere in considerazione, conformemente alle rispettive legislazioni ed allorché dispongono di informazioni pertinenti, ad esempio, le decisioni definitive di autorità amministrative le cui decisioni possono dar luogo a un ricorso dinanzi a una giurisdizione competente in materia penale, che stabilisca la colpevolezza di una persona per un reato o per un atto punibile in base al diritto nazionale perché configura una violazione di legge.
(4)
Alcuni Stati membri attribuiscono effetti alle condanne penali pronunciate in altri Stati membri, mentre altri prendono in considerazione soltanto le decisioni di condanna nazionali.
(5)
È opportuno stabilire il principio secondo il quale a una decisione di condanna pronunciata in uno Stato membro dovrebbero attribuirsi negli altri Stati membri effetti equivalenti a quelli attribuiti alle condanne nazionali conformemente al diritto nazionale, sia che si tratti di effetti di fatto sia che si tratti di effetti di diritto processuale o sostanziale esistenti nel diritto nazionale. Tuttavia, la presente decisione quadro non mira ad armonizzare le conseguenze attribuite dalle diverse legislazioni nazionali all’esistenza di condanne precedenti e l’obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti pronunciate in altri Stati membri è previsto soltanto nella misura in cui le condanne nazionali precedenti siano prese in considerazione in base al diritto nazionale.
(6)
A differenza di altri strumenti, la presente decisione quadro non mira a far eseguire in uno Stato membro decisioni giudiziarie prese in altri Stati membri, quanto a far sì che, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale in un altro Stato membro, si attribuiscano delle conseguenze a una condanna precedentemente comminata in uno Stato membro nella misura in cui, in base al diritto dell’altro Stato membro in questione, siffatte conseguenze vengano attribuite alle precedenti condanne nazionali.
Pertanto, la presente decisione quadro non prevede alcun obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti, ad esempio qualora le informazioni ottenute ai sensi degli strumenti applicabili non siano sufficienti, qualora una decisione di condanna nazionale non sia stata possibile riguardo all’atto per cui la condanna precedente è stata emessa, o qualora la pena comminata in precedenza non sia contemplata dall’ordinamento giuridico nazionale.
(7)
Gli effetti attribuiti alle decisioni di condanna degli altri Stati membri dovrebbero essere equivalenti a quelli attribuiti alle decisioni nazionali, sia nella fase precedente al processo penale, sia nel processo penale vero e proprio, sia nella fase di esecuzione della pena.
(8)
Se nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro sono disponibili informazioni su una decisione di condanna precedente in un altro Stato membro, occorrerebbe nella misura del possibile evitare che la persona abbia un trattamento meno favorevole di quello che avrebbe se la condanna precedente fosse stata pronunciata da un giudice nazionale.
(9)
L’articolo 3, paragrafo 5, dovrebbe essere interpretato, conformemente tra l’altro al considerando 8, in modo che se in occasione di un nuovo procedimento penale il tribunale nazionale, tenendo conto di una pena irrogata precedentemente in un altro Stato membro, ritiene che l’irrogazione di una pena di un certo livello entro i limiti del diritto nazionale sia sproporzionatamente dura per l’autore del reato in considerazione della sua situazione, e se lo scopo della pena può essere raggiunto con una condanna più mite, esso può ridurre di conseguenza il livello della pena qualora ciò fosse stato possibile in casi meramente nazionali.
(10)
La presente decisione quadro deve sostituire le disposizioni dell’articolo 56 della convenzione europea del 28 maggio 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali relative alla presa in considerazione delle condanne penali nelle relazioni tra gli Stati membri firmatari di detta convenzione.
(11)
La presente decisione quadro rispetta il principio di sussidiarietà previsto dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea nella misura in cui persegue l’obiettivo di ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Tale obiettivo non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri con un’azione unilaterale e presuppone un’azione concertata a livello dell’Unione europea. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nell’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, la presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo.
(12)
La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(13)
La presente decisione quadro rispetta la varietà delle soluzioni e delle procedure nazionali necessarie per tener conto di precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro. L’esclusione della possibilità di riesame di una precedente decisione di condanna non dovrebbe impedire agli Stati membri di pronunciare, se necessario, una decisione che produca effetti giuridici equivalenti a quelli della precedente decisione di condanna. Tuttavia, l’iter di emissione di tale decisione non dovrebbe rendere impossibile, dati i tempi e le procedure o formalità necessari, pronunciare una decisione che produca effetti equivalenti a quelli di una precedente decisione di condanna pronunciata in un altro Stato membro.
(14)
L’interferenza con una decisione di condanna o la sua esecuzione comprende tra l’altro situazioni in cui, secondo la legislazione nazionale del secondo Stato membro, la sanzione comminata da una precedente decisione di condanna deve essere assorbita o inclusa in un’altra sanzione, che deve quindi essere effettivamente eseguita, nella misura in cui la prima sentenza non sia già stata eseguita o la sua esecuzione non sia stata trasferita al secondo Stato membro,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
Articolo 1
Oggetto
1. La presente decisione quadro è intesa a stabilire le condizioni secondo le quali, nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro nei confronti di una persona, sono prese in considerazione le precedenti decisioni di condanna pronunciate nei confronti della stessa persona per fatti diversi in altri Stati membri.
2. La presente decisione quadro non ha l’effetto di modificare l’obbligo di rispettare i diritti e i principi giuridici fondamentali sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione quadro per «condanna» si intende ogni decisione definitiva di una giurisdizione penale che stabilisca la colpevolezza di una persona per un reato.
Articolo 3
Considerazione, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale, di una condanna pronunciata in un altro Stato membro
1. Ciascuno Stato membro assicura che, nel corso di un procedimento penale nei confronti di una persona, le precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro nei confronti della stessa persona per fatti diversi, riguardo alle quali sono state ottenute informazioni in virtù degli strumenti applicabili all’assistenza giudiziaria reciproca o allo scambio di informazioni estratte dai casellari giudiziari, siano prese in considerazione nella misura in cui sono a loro volta prese in considerazione precedenti condanne nazionali, e che sono attribuiti ad esse effetti giuridici equivalenti a quelli derivanti da precedenti condanne nazionali conformemente al diritto nazionale.
2. Il paragrafo 1 si applica nella fase precedente al processo penale, in quella del processo penale stesso e in occasione dell’esecuzione della condanna, in particolare per quanto riguarda le norme di procedura applicabili, comprese quelle relative alla detenzione cautelare, alla qualifica del reato, al tipo e al livello della pena comminata nonché alle norme che disciplinano l’esecuzione della decisione.
3. Il fatto di prendere in considerazione precedenti decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri come previsto nel paragrafo 1 non comporta né interferenza con tali decisioni di condanna precedenti, né con qualsiasi altra decisione relativa alla loro esecuzione da parte dello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, né di revocarle o di riesaminarle.
4. A norma del paragrafo 3, il paragrafo 1 non si applica nella misura in cui, se la precedente decisione di condanna è una condanna nazionale nello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, il fatto di prendere in considerazione la precedente decisione di condanna comporterebbe, a norma della legislazione di detto Stato membro, interferenze con la precedente decisione di condanna o con qualsiasi altra decisione relativa alla sua esecuzione, né con la loro revoca o riesame.
5. Se il reato per il quale è in corso un nuovo procedimento è stato commesso prima che sia stata pronunciata o completamente eseguita la precedente condanna, i paragrafi 1 e 2 non comportano per gli Stati membri richiesti di applicare la legislazione nazionale sulla comminazione delle pene qualora l’applicazione di tali norme a condanne pronunciate all’estero limiti il giudice all’atto di irrogare una pena in un nuovo procedimento.
Tuttavia, gli Stati membri garantiscono che in tali casi i propri tribunali possano tener conto in altro modo di condanne precedenti pronunciate in altri Stati membri.
Articolo 4
Rapporti con altri strumenti giuridici
La presente decisione quadro sostituisce, nell’ambito degli Stati membri parti della convenzione, l’articolo 56 della convenzione europea del 28 maggio 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali, fatta salva la sua applicazione tra gli Stati membri e i paesi terzi.
Articolo 5
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per conformarsi alla presente decisione quadro entro il 15 agosto 2010.
2. Gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni che recepiscono nella legislazione nazionale gli obblighi imposti loro a norma della presente decisione quadro.
3. In base alle informazioni ricevute, la Commissione presenta, entro il 15 agosto 2011, una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della presente decisione quadro, corredata, se del caso, di proposte legislative.
Articolo 6
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 24 luglio 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
B. HORTEFEUX
(1) Parere del 27 settembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 10. | Le decisioni di condanna in altri paesi hanno valore in occasione di un nuovo procedimento penale
Un paese dell’Unione europea (UE) dovrebbe dare peso equivalente alle decisioni di condanna emesse in altri paesi dell’Unione rispetto a quelle emesse dai propri tribunali.
ATTO
Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale.
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE QUADRO?
La presente decisione quadro stabilisce i criteri per i quali le decisioni di condanna emesse precedentemente in un paese dell’UE vengono tenute in considerazione durante un nuovo procedimento penale in un altro paese dell’Unione contro la stessa persona, ma per fatti diversi.
PUNTI CHIAVE
Nell’ambito di un nuovo procedimento penale, i paesi dell’UE devono garantire che le decisioni di condanna emesse precedentemente in un altro paese dell’Unione vengano tenute in considerazione alle stesse condizioni delle decisioni di condanna interne emesse precedentemente.
Tali decisioni di condanna emesse precedentemente devono essere tenute in considerazione nella fase preliminare e processuale, nonché al momento di esecuzione della sentenza. Dovrebbero essere tenute in debita considerazione soprattutto rispetto alle norme di procedura applicabili riguardanti:
la detenzione preventiva;
la definizione del reato;
il tipo e il grado della sentenza;
le norme che regolano l’esecuzione della decisione.
Nel caso in cui decisioni di condanna emesse precedentemente siano tenute in considerazione dal paese dell’UE che ha avviato il nuovo procedimento penale, ciò non deve risultare in un’interferenza, in una revoca o in un riesame delle decisioni di condanna emesse precedentemente.
L’effetto della decisione quadro può inoltre essere limitato se il reato per il quale è in atto il nuovo procedimento penale è stato commesso prima che la decisione di condanna precedente venisse emessa o resa pienamente esecutiva. I paesi dell’UE non devono applicare le loro norme nazionali sulla comminazione delle pene qualora l’applicazione di tali norme a condanne pronunciate all’estero limiti il giudice all’atto di irrogare una pena in un nuovo procedimento. Tuttavia, i tribunali devono garantire di tenere in considerazione per altri scopi tali decisioni di condanna emesse precedentemente.
Una relazione del 2014 sull’attuazione della decisione quadro ha riportato il valore aggiunto nel promuovere la fiducia nella legislazione penale e nelle decisioni giudiziarie nel settore europeo della giustizia. Tuttavia, fra i paesi dell’UE che avevano attuato la decisione, sono state riscontrate considerevoli differenze di adeguamento alla normativa. 13 paesi dell’UE su 22 sono stati valutati positivamente in merito all’attuazione delle clausole della normativa.
Il 1o dicembre 2014 il Regno Unito (1) ha notificato alla Commissione la propria volontà di partecipare alla decisione quadro. Tale volontà è stata confermata dalla decisione 2014/858/UE della Commissione.
CONTESTO
Il Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) è un sistema computerizzato istituito nel 2012 dalla decisione 2009/316/GAI del Consiglio. Consente ai paesi dell’UE di scambiarsi rapidamente e facilmente informazioni sulle decisioni di condanna penale. ECRIS garantisce il funzionamento pratico della presente decisione quadro.
Per maggiori informazioni, consultare le pagine riguardanti il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) sul sito Internet della Commissione europea.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio
15.8.2008
15.8.2010
GU L 220 del 15.8.2008, pag. 32-34
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione negli Stati membri della decisione quadro 2008/675/GAI, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, COM(2014) 312 final del 2.6.2014.
Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 dell’1.12.2014, pag. 6-9). | 4,958 | 450 |
32008D0976 | false | DECISIONE 2008/976/GAI DEL CONSIGLIO
del 16 dicembre 2008
relativa alla Rete giudiziaria europea
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare gli articoli 31 e 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l’iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica italiana, del Granducato di Lussemburgo, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Polonia, della Repubblica portoghese, della Repubblica di Slovenia, della Repubblica slovacca e del Regno di Svezia,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Con l’azione comune 98/428/GAI (2), il Consiglio ha istituito la Rete giudiziaria europea, che ha dimostrato la propria utilità nell’agevolare la cooperazione giudiziaria in materia penale.
(2)
Conformemente all’articolo 6 della convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea (3), l’assistenza giudiziaria si svolge attraverso contatti diretti tra le competenti autorità giudiziarie. Tale decentralizzazione dell’assistenza giudiziaria reciproca è ormai ampiamente attuata.
(3)
Il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali è in corso di progressiva attuazione. Esso non solo conferma il principio dei contatti diretti tra autorità giudiziarie competenti, ma accelera anche le procedure e le rende interamente giudiziarie.
(4)
L’impatto di queste modifiche della cooperazione giudiziaria si è ulteriormente accresciuto con l’allargamento dell’Unione europea nel 2004 e nel 2007. A causa di tale evoluzione la Rete giudiziaria europea è ancor più necessaria che all’epoca della sua istituzione e dovrebbe essere pertanto potenziata.
(5)
Con la decisione 2002/187/GAI (4), il Consiglio ha istituito l’Eurojust per migliorare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri. La decisione 2002/187/GAI prevede che l’Eurojust debba intrattenere con la Rete giudiziaria europea rapporti privilegiati basati sulla concertazione e sulla complementarietà.
(6)
Cinque anni di coesistenza dell’Eurojust e della Rete giudiziaria europea hanno dimostrato sia la necessità di mantenere le due strutture sia il bisogno di chiarirne i rapporti.
(7)
Nella presente decisione nulla dovrebbe essere interpretato in modo tale da incidere sull’indipendenza di cui godono i punti di contatto ai sensi della legislazione nazionale.
(8)
Occorre rafforzare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri dell’Unione europea e rendere a tal fine possibile che i punti di contatto della Rete giudiziaria europea e dell’Eurojust comunichino direttamente e con maggior efficacia, ogniqualvolta necessario, attraverso una connessione di telecomunicazioni protetta.
(9)
L’azione comune 98/428/GAI dovrebbe quindi essere abrogata e sostituita dalla presente decisione,
DECIDE:
Articolo1
Istituzione
La rete di punti di contatto giudiziari, in prosieguo denominata «Rete giudiziaria europea», istituita tra gli Stati membri in applicazione dell’azione comune 98/428/GAI, continua a operare conformemente al disposto della presente decisione.
Articolo 2
Composizione
1. La Rete giudiziaria europea è composta, tenuto conto delle norme costituzionali, delle tradizioni giuridiche e della struttura interna di ciascuno Stato membro, delle autorità centrali responsabili della cooperazione giudiziaria internazionale, dalle autorità giudiziarie o da altre autorità competenti con responsabilità specifiche nell’ambito della cooperazione internazionale.
2. Vengono istituiti uno o più punti di contatto per ciascuno Stato membro in funzione delle sue norme interne e della ripartizione interna delle competenze, facendo in modo di comprendere effettivamente l’intero territorio nazionale.
3. Ciascuno Stato membro designa, tra i punti di contatto, un corrispondente nazionale per la Rete giudiziaria europea.
4. Ciascuno Stato membro designa un corrispondente incaricato degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea.
5. Ciascuno Stato membro si adopera affinché i propri punti di contatto abbiano funzioni attinenti alla cooperazione giudiziaria in materia penale e una conoscenza sufficiente di una lingua dell’Unione europea diversa dalla lingua nazionale, tenuto conto della necessità di consentire la comunicazione con i punti di contatto degli altri Stati membri.
6. I magistrati di collegamento di cui all’azione comune 96/277/GAI del Consiglio, del 22 aprile 1996, relativa ad un quadro di scambio di magistrati di collegamento diretto a migliorare la cooperazione giudiziaria fra gli Stati membri dell’Unione europea (5), qualora siano stati designati in uno Stato membro e abbiano funzioni analoghe a quelle attribuite dall’articolo 4 della presente decisione ai punti di contatto, sono associati alla Rete giudiziaria europea e alla rete protetta di telecomunicazioni, conformemente all’articolo 9 della presente decisione, dallo Stato membro che li designa di volta in volta, secondo le modalità stabilite da quest’ultimo.
7. La Commissione designa un punto di contatto per i settori di sua competenza.
8. La Rete giudiziaria europea dispone di un segretariato responsabile della gestione della Rete.
Articolo 3
Modalità di funzionamento della Rete
La Rete giudiziaria europea opera in particolare nei tre modi seguenti:
a)
facilita l’istituzione di adeguati contatti tra i punti di contatto dei vari Stati membri per assolvere i compiti di cui all’articolo 4;
b)
organizza riunioni periodiche tra i rappresentanti degli Stati membri secondo le modalità di cui agli articoli 5 e 6;
c)
fornisce costantemente alcune informazioni di base aggiornate in permanenza, in particolare attraverso un’adeguata rete di telecomunicazioni, secondo le modalità di cui agli articoli 7, 8 e 9.
Articolo 4
Funzioni dei punti di contatto
1. I punti di contatto sono intermediari attivi che hanno il compito di agevolare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, soprattutto nelle azioni contro le forme di criminalità grave. Essi sono a disposizione delle autorità giudiziarie locali e delle altre autorità competenti del loro Stato membro, nonché dei punti di contatto e delle autorità giudiziarie locali e altre autorità competenti degli altri Stati membri, per consentire loro di stabilire i contatti diretti più appropriati.
Ove necessario e in base ad un accordo tra le amministrazioni interessate, essi possono spostarsi per incontrare i punti di contatto degli altri Stati membri.
2. I punti di contatto forniscono alle autorità giudiziarie locali dei rispettivi Stati membri, nonché ai punti di contatto e alle autorità giudiziarie locali degli altri Stati membri le informazioni giuridiche e pratiche necessarie per consentire loro di approntare efficacemente le richieste di cooperazione giudiziaria ovvero per migliorare quest’ultima in generale.
3. Al loro rispettivo livello, i punti di contatto partecipano a e promuovono l’organizzazione di sessioni di formazione sulla cooperazione giudiziaria destinate alle autorità competenti del proprio Stato membro, se del caso in cooperazione con la Rete europea di formazione giudiziaria.
4. In particolare, il corrispondente nazionale, oltre ai suoi compiti in qualità di punto di contatto di cui ai paragrafi da 1 a 3:
a)
è responsabile, nel proprio Stato membro, delle questioni relative al funzionamento interno della Rete, incluso il coordinamento delle richieste di informazioni e delle risposte fornite dalle autorità nazionali competenti;
b)
è il principale responsabile dei contatti con il segretariato della Rete giudiziaria europea, inclusa la partecipazione alle riunioni di cui all’articolo 6;
c)
su richiesta, formula un parere sulla designazione di nuovi punti di contatto.
5. Il corrispondente incaricato degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea, che potrebbe anche essere il punto di contatto di cui ai paragrafi da 1 a 4, garantisce che le informazioni relative al proprio Stato membro e citate all’articolo 7 siano fornite e aggiornate conformemente all’articolo 8.
Articolo 5
Scopi e luoghi delle riunioni plenarie dei punti di contatto
1. Gli scopi delle riunioni plenarie della Rete giudiziaria europea, a cui sono invitati almeno tre punti di contatto per Stato membro, sono:
a)
permettere ai punti di contatto di conoscersi e scambiarsi esperienze, in particolare riguardo al funzionamento della Rete;
b)
istituire una sede di dibattito sui problemi pratici e giuridici riscontrati dagli Stati membri nell’ambito della cooperazione giudiziaria, soprattutto in ordine all’applicazione delle misure adottate dall’Unione europea.
2. L’esperienza pertinente, maturata nell’ambito della Rete giudiziaria europea, è trasmessa al Consiglio e alla Commissione e serve da base per le discussioni su eventuali modificazioni normative e miglioramenti pratici nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale.
3. Le riunioni di cui al paragrafo 1 sono organizzate regolarmente e almeno tre volte all’anno. Una volta all’anno la riunione può svolgersi presso la sede del Consiglio a Bruxelles o presso la sede dell’Eurojust all’Aia. Due punti di contatto per Stato membro sono invitati alle riunioni organizzate presso le sedi del Consiglio e dell’Eurojust.
Altre riunioni possono essere convocate negli Stati membri, per consentire l’incontro dei punti di contatto di tutti gli Stati membri con le autorità dello Stato membro ospitante che non fanno parte dei punti di contatto e la visita di organismi specifici di detto Stato membro, aventi responsabilità nel quadro della cooperazione giudiziaria internazionale o della lotta contro determinate forme di criminalità grave. I punti di contatto partecipano a tali riunioni a proprie spese.
Articolo 6
Riunioni dei corrispondenti
1. I corrispondenti nazionali della Rete giudiziaria europea si riuniscono su base ad hoc almeno una volta all’anno e ogniqualvolta i membri lo ritengano opportuno, su richiesta del corrispondente nazionale dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio, che tiene altresì conto del desiderio manifestato dagli Stati membri di far riunire i corrispondenti. In queste riunioni si discutono in particolare questioni amministrative relative alla Rete.
2. I corrispondenti incaricati degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea si riuniscono su base ad hoc almeno una volta all’anno e ogniqualvolta i membri lo ritengano opportuno, su richiesta del corrispondente incaricato degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. Nelle riunioni sono discusse le questioni di cui all’articolo 4, paragrafo 5.
Articolo 7
Contenuto delle informazioni diffuse nell’ambito della Rete giudiziaria europea
Il segretariato della Rete giudiziaria europea mette a disposizione dei punti di contatto e delle competenti autorità giudiziarie le seguenti informazioni:
a)
dati completi sui punti di contatto di ciascuno Stato membro compresa, se necessario, l’indicazione delle relative competenze a livello interno;
b)
uno strumento informatico in grado di consentire all’autorità richiedente o emittente di uno Stato membro di individuare l’autorità di un altro Stato membro competente a ricevere e dar corso alla sua richiesta di cooperazione giudiziaria, ed alle decisioni in merito, anche per quanto riguarda gli strumenti che applicano il principio del riconoscimento reciproco;
c)
informazioni giuridiche e pratiche concise sui sistemi giudiziari e procedurali degli Stati membri;
d)
testi degli strumenti giuridici pertinenti e, per quanto riguarda le convenzioni in vigore, testo delle dichiarazioni e riserve.
Articolo 8
Aggiornamento delle informazioni
1. Le informazioni diffuse nell’ambito della Rete giudiziaria europea sono costantemente aggiornate.
2. Spetta a ciascuno Stato membro verificare l’esattezza delle informazioni contenute nel sistema e avvisare il segretariato della Rete giudiziaria europea non appena un dato che riguarda uno dei quattro punti di cui all’articolo 7 debba essere modificato.
Articolo 9
Strumenti di telecomunicazione
1. Il segretariato della Rete giudiziaria europea garantisce che le informazioni di cui all’articolo 7 siano rese disponibili su un sito web costantemente aggiornato.
2. La rete protetta di telecomunicazioni è istituita per le attività operative dei punti di contatto della Rete giudiziaria europea. L’istituzione della rete protetta di telecomunicazioni è a carico del bilancio generale dell’Unione europea.
L’istituzione della connessione di telecomunicazioni protetta rende possibile la circolazione dei dati e delle richieste di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri.
3. La rete protetta di telecomunicazioni di cui al paragrafo 2 può essere utilizzata per le loro attività operative anche dai corrispondenti nazionali dell’Eurojust, dai corrispondenti nazionali dell’Eurojust in materia di terrorismo, dai membri nazionali dell’Eurojust e dai magistrati di collegamento da essa designati. Può essere collegata al sistema automatico di gestione dei fascicoli dell’Eurojust di cui all’articolo 16 della decisione 2002/187/GAI.
4. Le disposizioni del presente articolo lasciano impregiudicati i contatti diretti tra autorità giudiziarie competenti previsti dagli strumenti di cooperazione giudiziaria, quali l’articolo 6 della convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea.
Articolo 10
Rapporti tra la Rete giudiziaria europea e l’Eurojust
La Rete giudiziaria europea e l’Eurojust intrattengono rapporti privilegiati tra di loro basati sulla concertazione e sulla complementarietà, in particolare tra i punti di contatto di uno Stato membro, il membro nazionale dell’Eurojust dello stesso Stato membro e i corrispondenti nazionali della Rete giudiziaria europea e dell’Eurojust. Al fine di garantire una cooperazione efficace, sono adottate le seguenti misure:
a)
la Rete giudiziaria europea mette a disposizione dell’Eurojust le informazioni centralizzate di cui all’articolo 7 e la rete protetta di telecomunicazioni istituita ai sensi dell’articolo 9;
b)
i punti di contatto della Rete giudiziaria europea informano, caso per caso, i rispettivi membri nazionali di tutti i fascicoli che ritengono possano essere trattati più efficacemente dall’Eurojust;
c)
i membri nazionali dell’Eurojust possono partecipare alle riunioni della Rete giudiziaria europea su invito di quest’ultima.
Articolo 11
Bilancio
Per consentire alla Rete giudiziaria europea di assolvere i propri compiti, il bilancio dell’Eurojust include una parte relativa alle attività del segretariato della Rete giudiziaria europea.
Articolo 12
Applicazione territoriale
Il Regno Unito notifica per iscritto al presidente del Consiglio la data a partire dalla quale desidera applicare la presente decisione alle isole Normanne e all’isola di Man. Il Consiglio adotta una decisione su tale richiesta.
Articolo 13
Valutazione del funzionamento della Rete giudiziaria europea
1. Ogni due anni dal 24 dicembre 2008, la Rete giudiziaria europea riferisce al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione in merito alle sue attività e alla sua gestione.
2. Nella relazione di cui al paragrafo 1, la Rete giudiziaria europea può anche indicare problemi di politica anticrimine nell’Unione europea eventualmente venuti alla luce grazie all’attività della Rete giudiziaria europea e può inoltre formulare proposte intese a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale.
3. La Rete giudiziaria europea può altresì fornire qualsiasi relazione o informazione sul proprio funzionamento eventualmente richiesta dal Consiglio.
4. Ogni quattro anni dal 24 dicembre 2008, il Consiglio procede alla valutazione del funzionamento della Rete giudiziaria europea sulla base di una relazione stabilita dalla Commissione in collaborazione con la rete stessa.
Articolo 14
Abrogazione dell’azione comune 98/428/GAI
L’azione comune 98/428/GAI è abrogata.
Articolo 15
Decorrenza degli effetti
Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 16 dicembre 2008.
Per il Consiglio
La presidente
R. BACHELOT-NARQUIN
(1) Parere del 2 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 191 del 7.7.1998, pag. 4.
(3) GU C 197 del 12.7.2000, pag. 3.
(4) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1.
(5) GU L 105 del 27.4.1996, pag. 1. | Rete giudiziaria europea: cooperazione per la lotta alla criminalità
La presente decisione reca le disposizioni per la continuazione della rete giudiziaria europea, abrogando al contempo l’azione comune 98/428/GAI che l’aveva istituita.
ATTO
Decisione 2008/976/GAI del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa alla rete giudiziaria europea.
SINTESI
La presente decisione reca le disposizioni per la continuazione della rete giudiziaria europea, abrogando al contempo l’azione comune 98/428/GAI che l’aveva istituita.
CHE COSA FA LA PRESENTE DECISIONE?
La presente decisione estende le funzioni della rete giudiziaria europea, stabilisce uno strumento di telecomunicazioni (canale di comunicazione protetto) e chiarisce il rapporto fra la rete ed Eurojust.
PUNTI CHIAVE
Composizione della rete giudiziaria europea
La rete giudiziaria europea sarà composta da uno o più punti di contatto per ogni paese dell’Unione europea (UE). Nella delegazione di ciascun paese vengono nominati un corrispondente nazionale e un corrispondente incaricato degli aspetti tecnici, che si occupa del nuovo canale di telecomunicazioni.
I punti di contatto lavorano alla cooperazione giudiziaria in questioni penali e devono avere abilità linguistiche per poter comunicare meglio con le loro controparti. Qualsiasi magistrato di collegamento già nominato deve essere collegato alla rete giudiziaria europea. Anche la Commissione europea è rappresentata; la rete giudiziaria europea è amministrata da una segreteria.
Funzioni
La rete giudiziaria europea opera per semplificare la comunicazione fra i punti di contatto, organizzando riunioni ed emettendo informazioni di base.
I punti di contatto facilitano la cooperazione giudiziaria fra paesi dell’UE, soprattutto in azioni di lotta a reati gravi, e consentono una corretta comunicazione e condivisione delle informazioni con i punti di contatto e le autorità giudiziarie negli altri paesi dell’Unione.
Inoltre, i punti di contatto promuovono e partecipano all’organizzazione di sessioni di formazione, lavorando con la rete europea di formazione giudiziaria, se del caso.
Almeno tre volte all’anno si tengono riunioni plenarie della rete giudiziaria europea, cui sono invitati almeno tre punti di contatto da ogni paese e che forniscono una sede di dibattito sulle questioni di cooperazione giudiziaria, soprattutto in relazione con la legislazione dell’UE. Le discussioni servono come base per possibili iniziative legislative e miglioramenti nella cooperazione internazionale. I corrispondenti nazionali e quelli incaricati degli aspetti tecnici si incontrano separatamente almeno una volta all’anno.
Segreteria
La segreteria fornisce ai punti di contatto informazioni aggiornate sui sistemi giudiziari e procedurali nazionali e testi giuridici rilevanti attraverso un sito web. Inoltre, stabilisce un canale protetto di telecomunicazioni per la comunicazione dei dati e le richieste di cooperazione giudiziaria.
La segreteria è finanziata da Eurojust, un’organizzazione complementare che gode di una relazione privilegiata con la rete giudiziaria europea che si basa sulla consultazione e la condivisione di informazioni.
Responsabilità
Ogni due anni la rete giudiziaria europea presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio dell’UE e alla Commissione sulle sue attività, mentre ogni quattro anni il Consiglio dell’UE svolge una valutazione operativa della Rete sulla base di una relazione congiunta prodotta dalla Rete e dalla Commissione.
CONTESTO
Il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali è in corso di progressiva attuazione, con un sempre maggiore contatto diretto fra autorità giudiziarie. A causa di tali cambiamenti e dell’allargamento dell’UE nel 2004 e nel 2007, la rete giudiziaria europea è diventata sempre più importante.
Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet della rete giudiziaria europea.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
A decorrere dal 24 dicembre 2008.
TERMINI CHIAVE
Eurojust: l’unità di cooperazione giudiziaria dell’UE.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione 2008/976/GAI
24.12.2008
-
GU L 348 del 24.12.2008, pag. 130-134
ATTI COLLEGATI
Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, sulla creazione di una rete di cooperazione legislativa dei ministeri della giustizia degli Stati membri dell’Unione europea (GU C 326 del 20.12.2008, pag. 1-2) | 6,533 | 444 |
31998D0500 | false | 98/500/CE: Decisione della Commissione del 20 maggio 1998 che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo [notificata con il numero C(1998) 2334] (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 225 del 12/08/1998 pag. 0027 - 0028
DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 20 maggio 1998 che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo [notificata con il numero C(1998) 2334] (Testo rilevante ai fini del SEE) (98/500/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,considerando che l'articolo 118 B del trattato stabilisce che la Commissione si sforzi di sviluppare a livello europeo un dialogo tra le parti sociali il quale possa sfociare, se le parti lo ritengono opportuno, in relazioni convenzionali;considerando che il punto 12 della Carta comunitaria dei Diritti sociali fondamentali dei lavoratori stabilisce che i datori di lavoro e le organizzazioni dei datori di lavoro da un lato e le organizzazioni dei lavoratori dall'altro devono avere il diritto, alle condizioni previste dalle legislazioni e dalle prassi nazionali, di negoziare e concludere contratti collettivi e che il dialogo che deve instaurarsi tra le parti sociali a livello europeo può giungere, se essi lo ritengono auspicabile, a rapporti contrattuali, soprattutto su scala interprofessionale e settoriale;considerando che, in risposta alla sua comunicazione del 18 settembre 1996, relativa allo sviluppo del dialogo sociale a livello comunitario (1), la Commissione ha ricevuto un forte appoggio da tutte le parti coinvolte nella sua proposta di rafforzare il dialogo sociale settoriale;considerando che il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 18 luglio 1997 (2), in risposta alla suddetta comunicazione della Commissione, ha chiesto che venga attribuita un'importanza specifica al dialogo sociale settoriale, poiché è nell'ambito del dialogo sociale che si può meglio valutare l'impatto della regolamentazione e/o deregolamentazione sull'occupazione nei vari settori economici;considerando che il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 29 gennaio 1997 (3) in risposta alla stessa comunicazione della Commissione, ha dichiarato che il dialogo settoriale deve essere efficace, efficiente e correttamente gestito;considerando che la situazione nei vari Stati membri dimostra chiaramente la necessità che i datori di lavoro ed i lavoratori partecipino attivamente alle discussioni relative al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nei rispettivi settori; considerando che il migliore strumento per garantire tale partecipazione è un comitato di dialogo settoriale collegato con la Commissione, che costituisca a livello comunitario un'istanza rappresentativa degli interessi socioeconomici coinvolti;considerando che la Commissione deve sforzarsi di garantire che la composizione e le attività dei comitati di dialogo settoriale contribuiscano alla promozione dell'eguaglianza tra le donne e gli uomini;considerando che i comitati paritari esistenti devono essere sostituiti dai comitati di dialogo settoriale; che deve pertanto procedersi all'abrogazione delle decisioni istitutive dei comitati paritari,DECIDE:Articolo 1 Con la presente decisione sono istituiti i comitati di dialogo settoriale (in prosieguo: «i comitati») nei settori in cui le parti sociali presentino richiesta congiunta di partecipare ad un dialogo a livello europeo, ed in cui le organizzazioni che rappresentano le due parti sociali dei settori interessati siano in possesso dei seguenti requisiti:a) siano collegate a specifici settori o categorie e dispongano di un'organizzazione a livello europeo;b) siano composte da organizzazioni che, a loro volta, formino parte integrante e riconosciuta delle strutture delle parti sociali degli Stati membri, siano abilitate a negoziare accordi e siano rappresentative in più Stati membri;c) dispongano di strutture adeguate a garantire la loro effettiva partecipazione all'attività dei comitati.Articolo 2 Nel settore di attività per il quale sono stati creati, i comitati:a) dovranno essere consultati sui progressi a livello comunitario che abbiano implicazioni sociali, eb) dovranno sviluppare e promuovere il dialogo sociale a livello settoriale.Articolo 3 Alle riunioni di ciascun comitato sono ammessi a partecipare complessivamente al massimo 40 rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati, con un numero pari di rappresentanti per ciascuna delegazione.Articolo 4 La Commissione invita a partecipare alle riunioni dei comitati i rappresentanti proposti dalle organizzazioni delle parti sociali che abbiano presentato la richiesta di cui all'articolo 1.Articolo 5 1. Ciascun comitato stabilirà, di concerto con la Commissione, il proprio regolamento di procedura.2. I comitati sono presieduti da un rappresentante della delegazione dei datori di lavoro o della delegazione dei lavoratori o, su loro richiesta congiunta, da un rappresentante della Commissione.3. I comitati si riuniscono almeno una volta all'anno. Le spese di soggiorno e di viaggio sono rimborsate ad un massimo di 30 rappresentanti delle parti sociali partecipanti alle riunioni di un comitato.4. La Commissione esamina regolarmente, in consultazione con le parti sociali, il funzionamento dei comitati e lo svolgimento delle loro attività nei vari settori.Articolo 6 Se la Commissione informa un comitato del carattere confidenziale di un tema in discussione, i membri del comitato sono obbligati, salvo il disposto dell'articolo 214 del trattato, a mantenere il segreto su qualunque informazione acquisita durante le riunioni del comitato o del suo segretariato.Articolo 7 1. I comitati di dialogo settoriale sostituiscono i seguenti comitati paritari:a) comitato paritetico per i trasporti marittimi istituito con decisione 87/467/CEE della Commissione (4);b) comitato paritetico dell'aviazione civile istituito con decisione 90/449/CEE della Commissione (5);c) comitato paritetico per la navigazione interna istituito con decisione 80/991/CEE della Commissione (6);d) comitato paritetico dei trasporti stradali istituito con decisione 85/516/CEE della Commissione (7);e) comitato paritetico delle ferrovie istituito con decisione 85/13/CEE della Commissione (8);f) comitato paritetico delle telecomunicazioni istituito con decisione 90/450/CEE della Commissione (9);g) comitato paritetico per i problemi sociali dei salariati agricoli istituito con decisione 74/442/CEE della Commissione (10);h) comitato paritetico per i problemi sociali nella pesca marittima istituito con decisione 74/441/CEE della Commissione (11);i) comitato paritetico delle poste istituito con decisione 94/595/CE della Commissione (12).I comitati istituiti da tali decisioni restano in funzione sino all'entrata in funzione dei comitati settoriali istituiti dalla presente decisione, ovvero, al più tardi, fino al 31 dicembre 1998.2. Alle condizioni stabilite dall'articolo 1, i comitati di dialogo settoriale sostituiscono anche altri gruppi di lavoro informali per il cui mezzo la Commissione ha sino ad ora promosso il dialogo sociale in alcuni settori non compresi nell'ambito di applicazione delle decisioni della Commissione istitutive di comitati paritari.3. Le decisioni di cui alle lettere da a) ad i) del paragrafo 1 sono abrogate con effetto dal 1° gennaio 1999.Fatto a Bruxelles, il 20 maggio 1998.Per la CommissionePádraig FLYNNMembro della Commissione(1) COM(96) 448 def.(2) GU C 286 del 22. 9. 1997, pag. 338.(3) GU C 89 del 19. 3. 1997, pag. 27.(4) GU L 253 del 4. 9. 1987, pag. 20.(5) GU L 230 del 24. 8. 1990, pag. 22.(6) GU L 297 del 6. 11. 1980, pag. 28.(7) GU L 317 del 28. 11. 1985, pag. 33.(8) GU L 8 del 10. 1. 1985, pag. 26.(9) GU L 230 del 24. 8. 1990, pag. 25.(10) GU L 243 del 5. 9. 1974, pag. 22.(11) GU L 243 del 5. 9. 1974, pag. 19.(12) GU L 225 del 31. 8. 1994, pag. 31. | Dialogo sociale settoriale
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Fornisce la base per la creazione di comitati di dialogo sociale settoriale nelle diverse aree di attività dell’UE in cui i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori (le cosiddette «parti sociali») possono incontrarsi per discutere di sviluppi politici. Tali comitati sono una caratteristica del più ampio dialogo sociale europeo*, elemento essenziale del modello sociale e della governance dell’Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
I comitati di dialogo settoriale sono stati creati nei settori in cui le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro hanno congiuntamente espresso l’esigenza di partecipare ad un dialogo a livello europeo. Essi devono:
essere collegati a specifici settori economici, come quello bancario o dell’agricoltura;
essere composti da organizzazioni riconosciute come parti sociali nazionali;
essere abilitati a negoziare accordi;
rappresentare le parti sociali di diversi paesi dell’UE;
disporre di strutture e risorse per partecipare efficacemente ai lavori a livello comunitario.
Ciascun comitato:
viene consultato in merito ai progressi dell’UE che hanno implicazioni sociali nella sua area;
sviluppa e promuove il dialogo sociale di sua competenza;
ha un numero massimo di 66 membri, con un numero uguale di rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori;
stabilisce, congiuntamente alla Commissione europea, il proprio regolamento di procedura;
si riunisce almeno una volta all’anno;
è presieduto da un rappresentante dei datori di lavoro o dei lavoratori o da un funzionario della Commissione;
esamina regolarmente, con la Commissione, le proprie attività.
I comitati di dialogo settoriale sostituiscono le precedenti forme di cooperazione settoriale tra le parti sociali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica a decorrere dal 20 maggio 1998.
CONTESTO
L’articolo 152 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea conferma l’impegno dell’UE a sostenere il dialogo sociale europeo e riconosce l’autonomia delle parti sociali europee.
Dal 1998, la Commissione ha creato più di 40 comitati di dialogo sociale settoriale, che coinvolgono circa 150 milioni di lavoratori nell’UE in settori come i trasporti, l’agricoltura, l’edilizia, il commercio, i servizi pubblici, la costruzione di macchine e di attrezzature, alberghi e ristoranti, le banche.
Il dialogo ha portato ad accordi su circa 900 testi di varia natura giuridica.
Per maggiori informazioni, si consulti la pagina «Dialogo sociale settoriale» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINE CHIAVE
* Dialogo sociale europeo: discussioni, consultazioni, trattative e azioni congiunte tra le parti sociali (datori di lavoro e lavoratori).
ATTO
Decisione 98/500/CE della Commissione, del 20 maggio 1998, che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 27-28)
Le modifiche successive alla decisione 98/500/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Documento di lavoro dei servizi della Commissione sul funzionamento e sul potenziale del dialogo sociale settoriale a livello europeo, SEC(2010) 964 def. del 22.7.2010 | 3,668 | 899 |
32001L0040 | false | Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi
Gazzetta ufficiale n. L 149 del 02/06/2001 pag. 0034 - 0036
Direttiva 2001/40/CE del Consigliodel 28 maggio 2001relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terziIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, punto 3,vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Il trattato dispone che il Consiglio adotti misure in materia di politica dell'immigrazione nei settori delle condizioni di ingresso e di soggiorno, ma anche dell'immigrazione clandestina e del soggiorno irregolare.(2) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha ribadito la volontà di istituire uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. A tal fine è necessario che una politica europea comune in materia di asilo e di migrazione si prefigga, nel contempo, un trattamento equo per i cittadini di paesi terzi e una migliore gestione dei flussi migratori.(3) La necessità di assicurare una maggiore efficacia nell'esecuzione delle decisioni di allontanamento, nonché una migliore cooperazione degli Stati membri implica il riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento.(4) Le decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi vanno adottate in conformità dei diritti fondamentali, quali garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950, in particolare dagli articoli 3 e 8, e dalla convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, del 28 luglio 1951, e quali risultano dai principi costituzionali comuni agli Stati membri.(5) Secondo il principio di sussidiarietà, l'obiettivo dell'azione prevista, vale a dire una cooperazione tra Stati membri in materia di allontanamento dei cittadini di paesi terzi, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, a motivo degli effetti dell'azione in questione, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(6) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, con lettera in data 18 ottobre 2000 il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.(7) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e, di conseguenza, non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Poiché la presente direttiva è volta a sviluppare l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, deciderà, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepire o meno tale direttiva nel proprio diritto interno.(8) Quanto alla Repubblica d'Islanda e al Regno di Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso tra il Consiglio dell'Unione europea e questi due Stati il 18 maggio 1999. Osservate le procedure previste dall'accordo, i diritti e gli obblighi posti in essere dalla presente direttiva si applicheranno anche a questi due Stati e nelle relazioni tra questi due Stati e gli Stati membri della Comunità europea destinatari della presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. Fatti salvi, da un lato, gli obblighi derivanti dall'articolo 23 e dall'altro, l'applicazione dell'articolo 96 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata a Schengen il 19 giugno 1990, in seguito denominata: "convenzione di Schengen", l'obiettivo della presente direttiva è consentire il riconoscimento di una decisione di allontanamento adottata da un'autorità competente di uno Stato membro, in seguito denominato "Stato membro autore", nei confronti di un cittadino di un paese terzo che si trovi nel territorio di un altro Stato membro, in seguito denominato "Stato membro di esecuzione".2. Qualsiasi decisione adottata a norma del paragrafo 1 è attuata secondo la legislazione applicabile dello Stato membro di esecuzione.3. La presente direttiva non si applica ai familiari dei cittadini dell'Unione che hanno esercitato il proprio diritto alla libera circolazione.Articolo 2Ai fini della presente direttiva:a) per "cittadino di un paese terzo" s'intende qualsiasi persona che non abbia la cittadinanza di uno degli Stati membri;b) per "decisione di allontanamento" s'intende qualsiasi decisione che ordina l'allontanamento adottata da un'autorità amministrativa competente di uno Stato membro autore;c) per "misura di esecuzione" s'intende qualsiasi misura adottata dallo Stato membro di esecuzione per attuare una decisione di allontanamento.Articolo 31. L'allontanamento di cui all'articolo 1 riguarda i seguenti casi:a) il cittadino di un paese terzo è oggetto di una decisione di allontanamento giustificata da una minaccia grave e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e adottata nei seguenti casi:- condanna del cittadino di un paese terzo da parte dello Stato membro autore per un reato punibile con una pena privativa della libertà di almeno un anno,- esistenza di seri motivi per ritenere che il cittadino di un paese terzo abbia commesso fatti punibili gravi o esistenza di indizi concreti che intende commettere fatti di tale natura nel territorio di uno Stato membro.Fatto salvo l'articolo 25, paragrafo 2, della convenzione di Schengen, se la persona interessata è titolare di un titolo di soggiorno rilasciato dallo Stato membro di esecuzione o da un altro Stato membro, lo Stato di esecuzione consulta lo Stato autore e lo Stato che ha rilasciato il titolo. L'esistenza di una decisione di allontanamento adottata ai sensi della presente lettera consente il ritiro del titolo di soggiorno, sempreché sia autorizzato dalla legislazione dello Stato che ha rilasciato il titolo;b) il cittadino di un paese terzo è oggetto di una decisione di allontanamento giustificata dal mancato rispetto delle normative nazionali relative all'ingresso o al soggiorno degli stranieri.Nei due casi di cui alle lettere a) e b) la decisione di allontanamento non deve essere revocata né sospesa dallo Stato membro autore.2. Gli Stati membri attuano la presente direttiva nel rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.3. L'applicazione della presente direttiva fa salve le disposizioni della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee (convenzione di Dublino) e gli accordi di riammissione conclusi tra Stati membri.Articolo 4Gli Stati membri provvedono affinché il cittadino di un paese terzo interessato possa proporre, secondo la legislazione dello Stato membro di esecuzione, un ricorso avverso una misura prevista all'articolo 1, paragrafo 2.Articolo 5La protezione dei dati personali e la sicurezza dei dati sono garantite ai sensi della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(3).Fatti salvi gli articoli 101 e 102 della convenzione di Schengen, gli archivi di dati personali possono essere utilizzati nell'ambito della presente direttiva soltanto ai fini previsti dalla stessa.Articolo 6Le autorità dello Stato membro autore e dello Stato membro di esecuzione ricorrono a qualsiasi canale adeguato di cooperazione e di scambio di informazioni per attuare la presente direttiva.Lo Stato membro autore fornisce allo Stato membro di esecuzione tutti i documenti necessari per comprovare il sussistere dell'esecutività della decisione attraverso i canali più rapidi, ove opportuno, ai sensi delle disposizioni pertinenti del manuale SIRENE.Lo Stato membro di esecuzione procede ad un esame preliminare della situazione della persona interessata per assicurarsi che né gli strumenti internazionali pertinenti, né la normativa nazionale applicabile ostino all'esecuzione della decisione di allontanamento.Successivamente all'attuazione della misura di esecuzione, lo Stato membro di esecuzione ne informa lo Stato membro autore.Articolo 7Gli Stati membri compensano tra di loro gli squilibri finanziari che possono risultare dall'applicazione della presente direttiva, qualora l'allontanamento non possa realizzarsi a spese del cittadino o dei cittadini di un paese terzo interessato/i.Per consentire l'applicazione del presente articolo il Consiglio adotterà, su proposta della Commissione, i criteri e le modalità pratiche appropriati entro il 2 dicembre 2002. Tali criteri e modalità pratiche saranno parimenti validi ai fini dell'attuazione dell'articolo 24 della convenzione di Schengen.Articolo 81. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 dicembre 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva, in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 28 maggio 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteT. Bodström(1) GU C 243 del 24.8.2000, pag. 1.(2) Parere espresso il 13 marzo 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. | Decisioni di allontanamento: riconoscimento reciproco da parte dei paesi dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira a garantire che la decisione, da parte di un paese dell’Unione europea (UE), di allontanare un cittadino di un paese extra UE presente in un altro paese dell’UE sia rispettata e adempiuta.
PUNTI CHIAVE
Gli ordini di allontanamento si applicano ai cittadini di paesi extra UE che:
costituiscono una minaccia grave e attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale;
sono stati condannati per un reato punibile con una pena privativa della libertà di almeno un anno;
si ritiene, sulla base di seri motivi o indizi concreti, abbiano commesso o intendano commettere fatti di tale natura;
non rispettano le normative nazionali relative all’ingresso o al soggiorno.
Se la persona interessata è titolare di un titolo di soggiorno valido, il paese che impone l’allontanamento deve consultare il paese che ha rilasciato il titolo.
I paesi dell’UE che applicano la normativa devono:
rispettare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali;
garantire che la persona interessata possa proporre un ricorso avverso l’ordine di allontanamento;
proteggere i dati personali e la sicurezza dei dati;
ricorrere a tutti i canali adeguati di cooperazione e di scambio di informazioni per attuare la normativa;
compensarsi reciprocamente per i costi finanziari in cui incorrono. Le disposizioni sono stabilite nella decisione 2004/191/CE del Consiglio.
Il paese autore dell’ordine di allontanamento deve fornire al paese di esecuzione tutti i documenti necessari il più rapidamente possibile.
Il paese di esecuzione della decisione deve garantire che né la normativa nazionale né quella internazionale pertinente ostino all’esecuzione.
La normativa non si applica ai familiari dei cittadini dell’UE.
La direttiva 2003/110/CE del Consiglio stabilisce le disposizioni circa il transito di residenti irregolari di paesi terzi espulsi per via aerea attraverso un altro paese dell’UE.
La direttiva 2008/115/CE stabilisce norme e procedure comuni per il rimpatrio di cittadini di paesi extra UE il cui soggiorno è irregolare.
Il regolamento (UE) n. 604/2013 (regolamento Dublino III) stabilisce i criteri e le procedure volti a determinare quale paese dell’UE è competente per l’esame di una domanda di asilo.
A settembre 2005, il Consiglio d’Europa ha pubblicato venti orientamenti sui rimpatri forzati.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in vigore dal 2 giugno 2001. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 2 dicembre 2002.
CONTESTO
Il Regno Unito (1) e l’Irlanda, pur non trovandosi nell’area Schengen di circolazione senza passaporto, applicano la normativa e partecipano alle relative disposizioni, così come l’Islanda e la Norvegia, mentre la Danimarca non vi aderisce.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU L 149 del 2.6.2001, pagg. 34-36)
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2003/110/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea (GU L 321 del 6.12.2003, pagg. 26-31)
Decisione 2004/191/CE del Consiglio, del 23 febbraio 2004, che definisce i criteri e le modalità pratiche per la compensazione degli squilibri finanziari risultanti dall’applicazione della direttiva 2001/40/CE del Consiglio relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU L 60 del 27.2.2004, pagg. 55-57)
Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pagg. 98-107)
Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pagg. 31-59) | 4,606 | 664 |
32006L0117 | false | DIRETTIVA 2006/117/EURATOMDEL CONSIGLIO
del 20 novembre 2006
relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare l’articolo 31, secondo comma, e l’articolo 32,
vista la proposta della Commissione, elaborata previo parere di un gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico tra gli esperti scientifici degli Stati membri in conformità dell’articolo 31 del trattato e previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Parlamento europeo (2),
considerato quanto segue:
(1)
Le operazioni necessarie per la spedizione di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito sono soggette ad una serie di prescrizioni stabilite da strumenti normativi comunitari e internazionali, concernenti in particolare la sicurezza del trasporto dei materiali radioattivi e le condizioni di smaltimento o di stoccaggio dei rifiuti radioattivi o del combustibile esaurito nel paese di destinazione.
(2)
Oltre a queste prescrizioni, la tutela della salute dei lavoratori e della popolazione impone di assoggettare le spedizioni di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito tra Stati membri e quelle in entrata o in uscita dal territorio comunitario ad un sistema comune e obbligatorio di autorizzazione preventiva.
(3)
Come dichiarato nella risoluzione del Consiglio, del 22 maggio 2002, sulla creazione di sistemi nazionali di sorveglianza e controllo della presenza di materie radioattive nel riciclaggio di materiali metallici negli Stati membri (3), è importante ridurre al minimo i rischi radiologici derivanti dalla presenza di materie radioattive tra i materiali metallici destinati al riciclaggio.
(4)
La direttiva 92/3/Euratom del Consiglio, del 3 febbraio 1992, relativa alla sorveglianza ed al controllo delle spedizioni di residui radioattivi tra Stati membri e di quelle verso la Comunità e fuori da essa (4) ha istituito un sistema comunitario di autorizzazione preventiva e di controllo rigoroso delle spedizioni di rifiuti radioattivi, che si è dimostrato soddisfacente. Tuttavia, alla luce dell’esperienza acquisita, è necessario modificarlo onde chiarire ed introdurre alcuni concetti e definizioni, tenere conto di situazioni in precedenza ignorate, semplificare l’attuale procedura per la spedizione di rifiuti radioattivi tra gli Stati membri e assicurare la coerenza con altre disposizioni comunitarie e internazionali e in particolare con la convenzione comune sulla sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi (di seguito «la convenzione comune») alla quale la Comunità ha aderito il 2 gennaio 2006.
(5)
Nell’ambito della quinta fase dell’iniziativa SLIM (Simpler Legislation for the Internal Market — Semplificare la legislazione per il mercato interno) è stato costituito un gruppo di lavoro composto da rappresentanti degli Stati membri e degli utenti, al fine di esaminare una serie di preoccupazioni espresse dai destinatari della direttiva 92/3/Euratom e di adeguare quest’ultima alle norme e agli strumenti internazionali attualmente in vigore.
(6)
La procedura stabilita nella direttiva 92/3/Euratom è stata applicata in pratica soltanto alle spedizioni di combustibile esaurito per il quale non è previsto alcun utilizzo ulteriore e che è dunque considerato come «rifiuto radioattivo» ai fini di detta direttiva. Da un punto di vista radiologico, l’esclusione da tale procedura di sorveglianza e controllo del combustibile esaurito destinato al ritrattamento non è giustificata. È pertanto opportuno che la presente direttiva copra tutte le spedizioni di combustibile esaurito, sia esso destinato allo smaltimento o al ritrattamento.
(7)
Ciascuno Stato membro dovrebbe continuare ad essere pienamente responsabile della scelta della sua politica di gestione dei rifiuti nucleari e del combustibile esaurito all’interno della sua giurisdizione; alcuni Stati membri optano per il ritrattamento del combustibile esaurito, altri preferiscono lo smaltimento definitivo del combustibile esaurito senza che siano previsti altri utilizzi; la presente direttiva dovrebbe dunque applicarsi senza pregiudizio del diritto degli Stati membri di esportare il loro combustibile esaurito ai fini del ritrattamento e nulla nella presente direttiva dovrebbe implicare che uno Stato membro di destinazione deve accettare le spedizioni di rifiuti radioattivi e combustibile esaurito ai fini del loro trattamento o smaltimento definitivo eccetto in caso di rispedizione. Qualsiasi rifiuto di tali spedizioni dovrebbe essere giustificato sulla base dei criteri definiti nella presente direttiva.
(8)
La semplificazione della procedura esistente non dovrebbe ledere il diritto attualmente spettante agli Stati membri di opporsi ad una spedizione di rifiuti radioattivi per la quale è richiesto il loro consenso o di subordinarla a condizioni. Le obiezioni non dovrebbero essere arbitrarie e dovrebbero basarsi sul diritto nazionale, comunitario o internazionale pertinente. La presente direttiva dovrebbe trovare applicazione fatti salvi i diritti e gli obblighi che discendono dal diritto internazionale, e in particolare l’esercizio, per le navi e aeromobili, dei diritti e delle libertà di navigazione marittima, fluviale e aerea previsti dal diritto internazionale.
(9)
La possibilità per uno Stato membro di destinazione o di transito di rifiutare la procedura automatica per dare il proprio consenso alle spedizioni impone un onere amministrativo ingiustificato ed è fonte di incertezze. L’obbligo per le autorità del paese di destinazione e del paese di transito di inviare l’avviso di ricevimento della domanda, unitamente alla proroga dei termini per la concessione del consenso, dovrebbe consentire di presumere l’approvazione tacita con un elevato grado di certezza.
(10)
Le «autorizzazioni» delle spedizioni ai fini della presente direttiva non dovrebbero sostituire i requisiti nazionali specifici per le spedizioni come le licenze di trasporto.
(11)
Per proteggere la salute umana e l’ambiente dai pericoli derivanti dai rifiuti radioattivi, si dovrebbe tenere conto dei rischi che possono sorgere all’esterno della Comunità. Nel caso dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito in uscita dalla Comunità, il paese terzo di destinazione non soltanto dovrebbe essere informato della spedizione, ma dovrebbe altresì dare il suo consenso.
(12)
Le autorità competenti dello Stato membro di destinazione dovrebbero cooperare e mettersi in contatto con le altre autorità competenti interessate per evitare ingiustificati ritardi e per assicurare un buon funzionamento della procedura di assenso stabilita dalla presente direttiva.
(13)
Il requisito che la persona responsabile della spedizione adotti le misure correttive di sicurezza eventualmente necessarie in caso di mancata esecuzione della spedizione non dovrebbe impedire l’applicazione dei meccanismi creati dagli Stati membri a livello nazionale.
(14)
Il requisito che il detentore assuma a proprio carico i costi risultanti dalla mancata esecuzione della spedizione non dovrebbe impedire l’applicazione dei meccanismi creati dagli Stati membri a livello nazionale o di eventuali patti contrattuali tra il detentore e qualsiasi altra persona coinvolta nella spedizione.
(15)
Fermo restando che i rifiuti radioattivi dovrebbero, nella misura compatibile con la gestione sicura di tale materiale, essere smaltiti nello Stato in cui sono stati generati, si riconosce che gli Stati membri dovrebbero promuovere tra di loro accordi volti a facilitare una gestione sicura ed efficiente dei rifiuti radioattivi o del combustibile esaurito provenienti da Stati membri che ne producono piccole quantità o in cui la creazione di appositi impianti non sarebbe giustificata da un punto di vista radiologico.
(16)
Qualora sia stato concluso un accordo tra un destinatario in un paese terzo e un detentore in un paese terzo ai sensi dell’articolo 27 della convenzione comune, lo stesso accordo potrebbe essere usato ai fini della presente direttiva.
(17)
Ai fini della presente direttiva e alla luce dell’esperienza passata è opportuno adattare il documento uniforme esistente. Per maggiore chiarezza si dovrebbe stabilire l’obbligo di adottare il nuovo documento uniforme entro la data di recepimento della presente direttiva. Tuttavia, si dovrebbero prevedere, in caso di inosservanza di questo termine, disposizioni transitorie per l’utilizzo del documento uniforme esistente. Inoltre, l’adozione di regole chiare sulle lingue da utilizzare dovrebbe assicurare la certezza del diritto ed evitare ritardi ingiustificati.
(18)
Le relazioni periodiche trasmesse dagli Stati membri alla Commissione e dalla Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo dovrebbero fornire un’utile visione d’insieme delle autorizzazioni concesse a livello comunitario e individuare eventuali difficoltà pratiche incontrate dagli Stati membri, nonché le soluzioni adottate.
(19)
La direttiva 96/29/Euratom del Consiglio, del 13 maggio 1996, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (5), si applica tra l’altro al trasporto, all’importazione e all’esportazione di sostanze radioattive in partenza da o verso la Comunità e prevede un sistema di notificazione e di autorizzazione delle pratiche che implicano radiazioni ionizzanti. Queste disposizioni rientrano pertanto nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
(20)
Alla luce di quanto precede è necessario, per motivi di chiarezza, abrogare e sostituire la direttiva 92/3/Euratom. La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicati gli obblighi incombenti agli Stati membri per quanto riguarda i termini per il recepimento nell’ordinamento nazionale e per l’applicazione della direttiva abrogata.
(21)
Conformemente al paragrafo 34 del progetto interistituzionale «Legiferare meglio» (6) gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra le direttive e i provvedimenti di recepimento,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO 1
DISPOSIZIONI PRELIMINARI
Articolo 1
Oggetto e campo d’applicazione
1. La presente direttiva istituisce un sistema comunitario di sorveglianza e controllo delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti radioattivi e di combustibile esaurito, allo scopo di garantire un’adeguata protezione della popolazione.
2. La presente direttiva si applica alle spedizioni transfrontaliere di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito quando:
a)
il paese di origine o il paese di destinazione o un paese di transito è uno Stato membro della Comunità; e
b)
le quantità e la concentrazione dei materiali spediti superano i livelli previsti all’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b), della direttiva 96/29/Euratom.
3. La presente direttiva non si applica alle spedizioni di sorgenti dismesse destinate ad un fornitore o fabbricante di sorgenti radioattive o ad un impianto riconosciuto.
4. La presente direttiva non si applica alle spedizioni di materiali radioattivi recuperati mediante ritrattamento e destinati a ulteriori utilizzi.
5. La presente direttiva non si applica alle spedizioni transfrontaliere di rifiuti che contengono soltanto materiale radioattivo allo stato naturale non proveniente da pratiche.
6. La presente direttiva non pregiudica diritti e obblighi che derivano dal diritto internazionale.
Articolo 2
Rispedizioni connesse ad operazioni di trattamento e ritrattamento
La presente direttiva lascia impregiudicato il diritto di uno Stato membro o di un’impresa nello Stato membro:
a)
cui debbano essere spediti rifiuti radioattivi destinati ad operazioni di trattamento; o
b)
cui debbano essere spediti altri materiali ai fini del recupero dei rifiuti radioattivi,
di rispedire, dopo l’avvenuto trattamento, i rifiuti radioattivi al loro paese di origine. Essa lascia altresì impregiudicato il diritto di uno Stato membro o di un’impresa nello Stato membro cui debba essere spedito combustibile esaurito destinato al ritrattamento di rispedire al paese di origine i rifiuti radioattivi recuperati con l’operazione di ritrattamento.
Articolo 3
Spedizioni transfrontaliere di combustibile esaurito destinato al ritrattamento
Fatte salve le competenze di ciascuno Stato membro nella definizione delle proprie politiche in materia di ciclo del combustibile esaurito, la presente direttiva lascia impregiudicato il diritto di uno Stato membro di esportare combustibile esaurito destinato al ritrattamento, tenendo conto dei principi del mercato comune nucleare, in particolare la libera circolazione delle merci. Tali spedizioni ed esportazioni sono sorvegliate e controllate conformemente alle procedure stabilite dalla presente direttiva.
Articolo 4
Rispedizioni connesse a spedizioni non autorizzate e a rifiuti radioattivi non dichiarati
La presente direttiva lascia impregiudicato il diritto di uno Stato membro di rispedire in condizioni di sicurezza nel paese d’origine:
a)
spedizioni di rifiuti radioattivi e combustibile esaurito che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva ma che non sono stati debitamente autorizzati ai sensi della stessa; e
b)
rifiuti contaminati radioattivamente o materiali contenenti una sorgente radioattiva, laddove tali materiali non sono stati dichiarati come rifiuti radioattivi nel paese d’origine.
Articolo 5
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
1)
«rifiuti radioattivi», materiali radioattivi in forma gassosa, liquida o solida per i quali non è previsto un ulteriore uso da parte dei paesi di origine e di destinazione o di una persona fisica o giuridica la cui decisione è accettata da tali paesi, e che sono oggetto di controlli in quanto rifiuti radioattivi da parte di un’autorità di regolamentazione, secondo le disposizioni legislative e regolamentari dei paesi di origine e di destinazione;
2)
«combustibile esaurito», combustibile nucleare irraggiato e successivamente rimosso in modo definitivo dal nocciolo di un reattore; il combustibile esaurito può essere considerato come una risorsa usabile da ritrattare, oppure essere destinato allo smaltimento definitivo, senza che siano previsti altri utilizzi, ed essere trattato al pari di rifiuti radioattivi;
3)
«ritrattamento», un processo o un’operazione intesi ad estrarre gli isotopi radioattivi dal combustibile esaurito per un ulteriore uso;
4)
«spedizione», tutte le operazioni necessarie per trasferire i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito dal paese o Stato membro di origine al paese o Stato membro di destinazione;
5)
«spedizione all’interno della Comunità», una spedizione effettuata tra un paese di origine e un paese di destinazione che sono Stati membri;
6)
«spedizione al di fuori della Comunità», una spedizione in cui il paese di origine e/o il paese di destinazione sono paesi terzi;
7)
«smaltimento», il deposito di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito in un impianto autorizzato, senza intenzione di recuperarli;
8)
«stoccaggio», la conservazione di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito in un impianto equipaggiato per il loro confinamento, con l’intenzione di recuperarli successivamente;
9)
«detentore», qualsiasi persona fisica o giuridica che, prima di effettuare una spedizione di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito, è responsabile conformemente al diritto nazionale applicabile per tali materiali e preveda di effettuare una spedizione ad un destinatario;
10)
«destinatario», la persona fisica o giuridica alla quale sono spediti i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito;
11)
«paese o Stato membro di origine» e «paese o Stato membro di destinazione», rispettivamente qualsiasi paese o Stato membro in partenza dal quale è prevista o effettuata una spedizione e qualsiasi paese o Stato membro verso il quale è prevista o effettuata una spedizione;
12)
«paese o Stato membro di transito», qualsiasi paese o Stato membro, diverso dal paese o Stato membro di origine o di destinazione, attraverso il cui territorio è prevista o effettuata una spedizione;
13)
«autorità competenti», qualsiasi autorità che, in base alle disposizioni legislative o regolamentari del paese di origine, di transito o di destinazione, abbia il potere di attuare il sistema di sorveglianza e di controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile esaurito;
14)
«sorgente sigillata» ha il significato datogli dalla direttiva 96/29/Euratom ed include la capsula, ove applicabile, che racchiude il materiale radioattivo come parte integrante della sorgente;
15)
«sorgente dismessa», una sorgente sigillata non più utilizzata, né destinata ad essere utilizzata per la pratica per cui è stata concessa l’autorizzazione;
16)
«impianto riconosciuto», un impianto situato nel territorio di un paese, autorizzato dalle autorità competenti di tale paese, in conformità del diritto nazionale, allo stoccaggio a lungo termine o allo smaltimento di sorgenti sigillate o un impianto debitamente autorizzato, in conformità del diritto nazionale, allo stoccaggio provvisorio di sorgenti sigillate;
17)
«domanda debitamente compilata», il documento uniforme che soddisfa tutti i requisiti, come stabilito in conformità dell’articolo 17.
CAPO 2
SPEDIZIONI ALL’INTERNO DELLA COMUNITÀ
Articolo 6
Domanda di autorizzazione della spedizione
1. Il detentore di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito che preveda di spedirli o di farli spedire all’interno della Comunità presenta alle autorità competenti dello Stato membro di origine una domanda di autorizzazione debitamente compilata.
2. La domanda può riguardare più di una spedizione, a condizione che:
a)
i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito a cui si riferisce presentino essenzialmente le stesse caratteristiche fisiche, chimiche e radioattive; e
b)
si tratti di spedizioni dal medesimo detentore al medesimo destinatario e siano coinvolte le stesse autorità competenti; e
c)
qualora le spedizioni comportino il transito attraverso paesi terzi, detto transito avvenga attraverso lo stesso valico di frontiera di ingresso e/o di uscita della Comunità e attraverso lo stesso valico (o gli stessi valichi) di frontiera del paese terzo o dei paesi terzi interessati, salvo diverso accordo tra le autorità competenti interessate.
Articolo 7
Trasmissione della domanda alle autorità competenti
1. Le autorità competenti dello Stato membro di origine inviano la domanda di cui all’articolo 6, debitamente compilata, alle autorità competenti dello Stato membro di destinazione e di qualsiasi eventuale Stato membro di transito, affinché diano il loro consenso.
2. Le autorità competenti degli Stati membri interessati prendono le misure necessarie ad assicurare che tutte le informazioni concernenti le spedizioni coperte dalla presente direttiva siano trattate con la dovuta cura e siano protette contro ogni utilizzazione abusiva.
Articolo 8
Avviso di ricevimento e richiesta di informazioni
1. Entro 20 giorni dal ricevimento della domanda, le autorità competenti dello Stato membro di destinazione e di transito verificano che la domanda sia debitamente compilata, ai sensi dell’articolo 5, punto 17.
2. In caso di domanda debitamente compilata, le autorità competenti dello Stato membro di destinazione inviano un avviso di ricevimento alle autorità competenti dello Stato membro di origine e una copia alle altre autorità competenti interessate, entro 10 giorni dalla scadenza del periodo di 20 giorni stabilito al paragrafo 1.
3. Qualora le autorità competenti degli Stati membri interessati ritengano che la domanda non sia debitamente compilata, esse chiedono alle autorità competenti dello Stato membro di origine le informazioni mancanti e informano le altre autorità competenti di tale richiesta. Questa richiesta è fatta al più tardi alla scadenza del periodo stabilito al paragrafo 1.
Le autorità competenti dello Stato membro di origine trasmettono le informazioni richieste alle autorità competenti interessate.
Entro 10 giorni dalla data di ricevimento delle informazioni mancanti e non prima della scadenza del periodo di 20 giorni stabilito al paragrafo 1, le autorità competenti dello Stato membro di destinazione inviano un avviso di ricevimento alle autorità competenti dello Stato membro di origine e una copia alle altre autorità competenti interessate.
4. I termini stabiliti ai paragrafi 1, 2 e 3 per l’invio dell’avviso di ricevimento possono essere ridotti se le autorità competenti di destinazione e di transito ritengono che la domanda sia debitamente compilata.
Articolo 9
Consenso e rifiuto del consenso
1. Entro due mesi dalla data dell’avviso di ricevimento le autorità competenti di tutti gli Stati membri interessati comunicano alle autorità competenti dello Stato membro di origine il loro consenso o le condizioni che considerano necessarie per dare il loro consenso oppure il loro rifiuto di dare il consenso.
Tuttavia, le autorità competenti dello Stato membro di destinazione o di qualsiasi eventuale Stato membro di transito possono chiedere, per far conoscere la loro posizione, una proroga non superiore ad un mese del termine di cui al primo comma.
2. Qualora alla scadenza dei termini di cui al paragrafo 1 non sia pervenuta alcuna risposta delle autorità competenti dello Stato membro di destinazione e/o degli Stati membri di transito previsti, si presume che tali paesi abbiano approvato la spedizione oggetto della domanda.
3. Il rifiuto del consenso o la fissazione di condizioni alle quali è subordinato il consenso devono essere debitamente motivati dagli Stati membri, sulla base:
a)
per gli Stati membri di transito, della normativa nazionale, comunitaria o internazionale applicabile al trasporto di materiale radioattivo;
b)
per lo Stato membro di destinazione, della pertinente normativa applicabile alla gestione di rifiuti radioattivi o combustibile esaurito o della normativa nazionale, comunitaria o internazionale applicabile al trasporto di materiale radioattivo.
Le eventuali condizioni imposte dalle autorità competenti degli Stati membri, siano essi paesi di transito o di destinazione, non possono essere più restrittive di quelle previste per analoghe spedizioni all’interno di tali Stati membri.
4. Lo Stato membro o gli Stati membri che hanno dato il loro consenso al transito di una determinata spedizione non possono negare il consenso alla rispedizione nei seguenti casi:
a)
se il consenso iniziale concerneva la spedizione di materiale destinato al trattamento o al ritrattamento, purché la rispedizione riguardi rifiuti radioattivi o altri prodotti equivalenti al materiale originale dopo il trattamento o il ritrattamento, e a condizione che sia rispettata tutta la normativa applicabile in materia;
b)
nei casi descritti all’articolo 12, se la rispedizione è effettuata nelle stesse condizioni e secondo le stesse specifiche.
5. Ogni ritardo ingiustificato e/o mancanza di cooperazione da parte delle autorità competenti di un altro Stato membro è segnalato alla Commissione.
Articolo 10
Autorizzazione delle spedizioni
1. Se tutti i consensi necessari per la spedizione sono stati concessi, le autorità competenti dello Stato membro di origine possono autorizzare il detentore a procedere alla spedizione, informandone le autorità competenti dello Stato membro di destinazione e di qualsiasi Stato membro o paese terzo di transito.
2. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 lascia impregiudicata la responsabilità del detentore, dei vettori, del proprietario, del destinatario e di qualsiasi altra persona fisica o giuridica coinvolta nella spedizione.
3. Una stessa autorizzazione può riguardare più spedizioni, purché siano rispettate le condizioni stabilite all’articolo 6, paragrafo 2.
4. La durata dell’autorizzazione non può essere superiore a tre anni.
Nello stabilire questo periodo di validità, gli Stati membri tengono conto delle eventuali condizioni definite ai fini del consenso dagli Stati membri di destinazione o di transito.
Articolo 11
Avviso di ricevimento della spedizione
1. Entro 15 giorni dal ricevimento di ciascuna spedizione, il destinatario invia alle autorità competenti dello Stato membro di destinazione un avviso di ricevimento.
2. Le autorità competenti dello Stato membro di destinazione inviano una copia dell’avviso di ricevimento allo Stato membro di origine e a ciascuno Stato membro o paese terzo di transito.
3. Le autorità competenti dello Stato membro di origine inviano una copia dell’avviso di ricevimento al detentore originario.
Articolo 12
Mancata esecuzione della spedizione
1. Lo Stato membro di destinazione, di origine o di transito può decidere che la spedizione non può essere portata a termine se le condizioni applicabili alle spedizioni non sono più soddisfatte conformemente alla presente direttiva, o non sono conformi alle autorizzazioni o consensi rilasciati in applicazione della presente direttiva.
Detto Stato membro informa immediatamente della sua decisione le autorità competenti degli altri Stati membri implicati nella spedizione in causa.
2. Se una spedizione non può essere portata a termine o se le condizioni di spedizione non sono rispettate, secondo quanto disposto dalla presente direttiva, le autorità competenti dello Stato membro di origine provvedono affinché i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito siano ripresi dal loro detentore, a meno che non sia possibile concludere un accordo alternativo sicuro. Queste autorità competenti provvedono a che la persona responsabile della spedizione adotti le misure correttive di sicurezza eventualmente necessarie.
3. Quando la spedizione non può essere portata a termine o non è stata autorizzata, i costi risultanti sono a carico del detentore.
CAPO 3
SPEDIZIONI AL DI FUORI DELLA COMUNITÀ
Articolo 13
Importazioni nella Comunità
1. Qualora sia prevista l’introduzione nella Comunità, in provenienza da paesi terzi, di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito soggetti alla presente direttiva e il paese di destinazione sia uno Stato membro, il destinatario presenta una domanda di autorizzazione alle autorità competenti di detto Stato membro. Una domanda può riguardare più di una spedizione, alle condizioni stabilite dall’articolo 6, paragrafo 2.
La domanda include la prova che il destinatario ha concluso con il detentore stabilito in un paese terzo un accordo, che è stato accettato dalle autorità competenti di detto paese terzo e che obbliga il detentore a riprendere in carico i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito qualora la spedizione non possa essere portata a termine conformemente alla presente direttiva, come previsto al paragrafo 5 del presente articolo.
2. Le autorità competenti dello Stato membro di destinazione inviano la domanda di cui al paragrafo 1 alle autorità competenti di qualsiasi eventuale Stato membro di transito, affinché diano il loro consenso.
Trovano applicazione gli articoli 8 e 9.
3. Se tutti i consensi necessari per la spedizione sono stati concessi, le autorità competenti dello Stato membro di destinazione possono autorizzare il destinatario a procedere alla spedizione, informandone le autorità competenti di qualsiasi Stato membro o paese terzo di origine o di transito.
Trova applicazione l’articolo 10, paragrafi 2, 3 e 4.
4. Entro 15 giorni dal ricevimento della spedizione, il destinatario invia alle autorità competenti dello Stato membro di destinazione un avviso di ricevimento. Le autorità competenti dello Stato membro di destinazione inviano una copia dell’avviso di ricevimento al paese di origine e a qualsiasi eventuale Stato membro o paese terzo di transito.
5. Lo Stato membro di destinazione o qualsiasi eventuale Stato membro di transito può decidere che la spedizione non può essere portata a termine se le condizioni applicabili alle spedizioni non sono più soddisfatte conformemente alla direttiva, o non sono conformi alle autorizzazioni o consensi rilasciati in applicazione della presente direttiva. Detto Stato membro informa immediatamente della sua decisione le autorità competenti del paese di origine.
6. Quando la spedizione non può essere portata a termine o non è stata autorizzata, i costi risultanti sono a carico del destinatario.
Articolo 14
Transito attraverso il territorio della Comunità
1. Qualora sia previsto l’ingresso nel territorio della Comunità, in provenienza da un paese terzo, di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito e il paese di destinazione non sia uno Stato membro, la persona fisica o giuridica responsabile della gestione della spedizione all’interno dello Stato membro dai cui posti doganali i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito devono entrare per la prima volta nel territorio comunitario («primo Stato membro di transito») presenta una domanda di autorizzazione alle autorità competenti di detto Stato membro. Una domanda può riguardare più di una spedizione, alle condizioni stabilite all’articolo 6, paragrafo 2.
La domanda include la prova che il destinatario stabilito nel paese terzo ha concluso con il detentore stabilito nel paese terzo un accordo che è stato accettato dalle autorità competenti di tale paese terzo e che obbliga detto detentore a riprendere in carico i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito qualora la spedizione non possa essere portata a termine conformemente alla presente direttiva, come previsto al paragrafo 5 del presente articolo.
2. Le autorità competenti del primo Stato membro di transito inviano la domanda di cui al paragrafo 1 alle autorità competenti di ogni eventuale altro Stato membro di transito, affinché diano il loro consenso.
Trovano applicazione gli articoli 8 e 9.
3. Se tutti i consensi necessari per la spedizione sono stati concessi, le autorità competenti del primo Stato membro di transito possono autorizzare la persona responsabile di cui al paragrafo 1 a procedere alla spedizione, informandone le autorità competenti di ogni eventuale Stato membro o paese terzo di transito o di origine.
Trova applicazione l’articolo 10, paragrafi 2, 3 e 4.
4. Entro 15 giorni dalla data di arrivo, la persona responsabile di cui al paragrafo 1 notifica alle autorità competenti del primo Stato membro di transito l’avvenuto arrivo a destinazione nel paese terzo dei rifiuti radioattivi o del combustibile esaurito, indicando l’ultimo posto doganale della Comunità attraverso il quale la spedizione è transitata.
La notifica è corredata di una dichiarazione o di un certificato del destinatario attestante che i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito hanno raggiunto la destinazione prevista, con indicazione del posto doganale di ingresso nel paese terzo.
5. Uno Stato membro di transito può decidere che la spedizione non può essere portata a termine se le condizioni applicabili alle spedizioni non sono più soddisfatte conformemente alla presente direttiva, o non sono conformi alle autorizzazioni o consensi rilasciati in applicazione della presente direttiva. Detto Stato membro informa immediatamente della sua decisione le autorità competenti del paese di origine. Quando la spedizione non può essere portata a termine o non è stata autorizzata, i costi risultanti sono a carico della persona responsabile di cui al paragrafo 1.
Articolo 15
Esportazioni al di fuori della Comunità
1. Quando i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito devono essere esportati dalla Comunità verso un paese terzo, il detentore presenta una domanda di autorizzazione alle autorità competenti dello Stato membro di origine. Una domanda può riguardare più di una spedizione, alle condizioni stabilite all’articolo 6, paragrafo 2.
2. Le autorità competenti dello Stato membro di origine:
a)
notificano la spedizione prevista alle autorità competenti del paese di destinazione e chiedono il loro consenso; e
b)
inviano la domanda di cui al paragrafo 1 alle autorità competenti di qualsiasi eventuale Stato membro di transito, affinché diano il loro consenso.
Trova applicazione l’articolo 8.
3. Se tutti i consensi necessari per la spedizione sono stati concessi, le autorità competenti dello Stato membro di origine possono autorizzare il detentore a procedere alla spedizione, informandone le autorità competenti del paese terzo di destinazione e di ogni eventuale Stato membro o paese terzo di transito.
Trova applicazione l’articolo 10, paragrafi 2, 3 e 4.
4. Entro 15 giorni dalla data di arrivo, il detentore notifica alle autorità competenti dello Stato membro di origine l’avvenuto arrivo a destinazione nel paese terzo dei rifiuti radioattivi o del combustibile esaurito, indicando l’ultimo posto doganale della Comunità attraverso il quale la spedizione è transitata.
La notifica è corredata di una dichiarazione o di un certificato del destinatario attestante che i rifiuti radioattivi o il combustibile esaurito hanno raggiunto la destinazione prevista, con indicazione del posto doganale di ingresso nel paese terzo.
5. Lo Stato membro di origine o qualsiasi eventuale Stato membro di transito può decidere che la spedizione non può essere portata a termine se le condizioni applicabili alle spedizioni non sono più soddisfatte conformemente alla presente direttiva, o non sono conformi alle autorizzazioni o consensi rilasciati in applicazione della presente direttiva. Detto Stato membro di transito informa immediatamente della sua decisione le autorità competenti dello Stato membro di origine.
Trova applicazione l’articolo 12, paragrafi 2 e 3.
Articolo 16
Divieto di esportazione
1. Le autorità competenti degli Stati membri non autorizzano spedizioni verso:
a)
destinazioni situate a sud del 60° parallelo sud; oppure
b)
uno Stato parte dell’accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro, (accordo ACP-CE firmato a Cotonou) che non sia Stato membro, fatto salvo l’articolo 2; oppure
c)
un paese terzo che, a giudizio delle autorità competenti dello Stato membro di origine, non dispone, alla luce dei criteri di cui al paragrafo 2 del presente articolo, delle risorse tecniche, giuridiche o amministrative per garantire una gestione sicura dei rifiuti radioattivi o del combustibile esaurito, come indicato nella convenzione comune. Nel formare un’opinione sulla questione gli Stati membri tengono in debito conto ogni pertinente informazione a tale riguardo che proviene da altri Stati membri. A questo proposito gli Stati membri informano con scadenza annuale la Commissione e il comitato consultivo istituito dall’articolo 21.
2. Conformemente alla procedura fissata all’articolo 21, la Commissione stabilisce i criteri, tenendo debito conto, tra l’altro, delle pertinenti norme di sicurezza dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), che facilitano agli Stati membri la valutazione del rispetto delle disposizioni applicabili alle esportazioni.
CAPO 4
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 17
Utilizzo di un documento uniforme
1. Per tutte le spedizioni soggette alla presente direttiva è utilizzato un documento uniforme.
2. La Commissione, secondo la procedura di cui all’articolo 21, stabilisce il documento uniforme, che include in allegato un elenco dei requisiti minimi di una domanda debitamente compilata.
Il documento uniforme e i suoi allegati sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e messi a disposizione in forma elettronica entro il 25 dicembre 2008. Se necessario, il documento è aggiornato secondo la stessa procedura.
3. La domanda di autorizzazione è compilata e la documentazione e le informazioni complementari di cui agli articoli 10, 13, 14 e 15 sono trasmesse in una lingua accettabile per le autorità competenti dello Stato membro al quale è presentata la domanda di autorizzazione a norma della presente direttiva.
Su richiesta delle autorità competenti del paese di destinazione o di transito, il detentore fornisce una traduzione autenticata in una lingua accettabile per tali autorità.
4. Le eventuali ulteriori condizioni previste per l’autorizzazione della spedizione sono allegate al documento uniforme.
5. Fatti salvi gli eventuali altri documenti di accompagnamento richiesti da altre disposizioni giuridiche in materia, il documento uniforme debitamente compilato attestante il rispetto della procedura di autorizzazione accompagna ciascuna spedizione contemplata dalla presente direttiva, anche nei casi in cui l’autorizzazione si riferisca a più di una spedizione in un unico documento.
6. Questi documenti sono a disposizione delle autorità competenti dei paesi di origine e di destinazione così come di qualsiasi eventuale paese di transito.
Articolo 18
Autorità competenti
1. Entro il 25 dicembre 2008 gli Stati membri comunicano alla Commissione il nome (i nomi) e l’indirizzo (gli indirizzi) dell’autorità o delle autorità competenti nonché tutte le informazioni necessarie per comunicare rapidamente con dette autorità.
2. Gli Stati membri comunicano periodicamente alla Commissione qualsiasi modifica di tali dati.
Articolo 19
Trasmissione
1. La Commissione, conformemente alla procedura di cui all’articolo 21, formula raccomandazioni per un sistema sicuro ed efficace di trasmissione dei documenti e delle informazioni relativi alle disposizioni della presente direttiva.
2. La Commissione stabilisce e mantiene una piattaforma di comunicazione elettronica per pubblicare:
a)
il nome (i nomi) e l’indirizzo (gli indirizzi) dell’autorità o delle autorità competenti di ciascuno Stato membro;
b)
le lingue accettabili per le autorità competenti di ciascuno Stato membro; e
c)
tutte le condizioni generali e le eventuali condizioni ulteriori necessarie alle autorità competenti di ciascuno Stato membro per autorizzare una spedizione.
Articolo 20
Relazioni periodiche
1. Entro il 25 dicembre 2011 e successivamente ogni tre anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione relazioni sull’applicazione della presente direttiva.
2. Sulla base di tali relazioni la Commissione predispone una relazione di sintesi per il Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato economico e sociale europeo, secondo la procedura di cui all’articolo 21, riservando particolare attenzione all’applicazione dell’articolo 4.
Articolo 21
Comitato consultivo
1. Nell’esecuzione dei compiti di cui all’articolo 16, paragrafo 2, all’articolo 17, paragrafo 2, all’articolo 19, paragrafo 1, e all’articolo 20, paragrafo 2, la Commissione è assistita da un comitato consultivo composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione (di seguito «il comitato»).
2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il parere sul progetto entro un termine che il presidente può stabilire in funzione dell’urgenza della questione in esame, procedendo eventualmente a votazione.
3. Il parere è messo a verbale; inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione sia messa a verbale.
4. La Commissione tiene in massima considerazione il parere del comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del suo parere.
Articolo 22
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 25 dicembre 2008. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando sono adottate dagli Stati membri, queste disposizioni contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 23
Abrogazione
1. La direttiva 92/3/Euratom è abrogata con effetto dal 25 dicembre 2008, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda i termini per il recepimento nell’ordinamento nazionale e l’applicazione della suddetta direttiva.
2. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza che figura in allegato.
Articolo 24
Disposizioni transitorie
1. Qualora la domanda di autorizzazione sia stata debitamente approvata da o trasmessa alle autorità competenti del paese di origine prima del 25 dicembre 2008, la direttiva 92/3/Euratom si applica a tutte le spedizioni oggetto della medesima autorizzazione.
2. In sede di decisione sulle domande di autorizzazione presentate prima del 25 dicembre 2008, riguardanti più spedizioni di rifiuti radioattivi o combustibile esaurito verso un paese terzo di destinazione, lo Stato membro di origine tiene conto di tutte le circostanze del caso, e in particolare:
a)
del calendario previsto per l’effettuazione di tutte le spedizioni oggetto della medesima domanda;
b)
della giustificazione fornita a proposito dell’inclusione di tutte le spedizioni in un’unica domanda;
c)
dell’opportunità di autorizzare per un numero di spedizioni inferiore a quello cui si riferisce la domanda.
3. Fintanto che il documento uniforme di cui all’articolo 17 della presente direttiva non sia disponibile, ai fini della presente direttiva è utilizzato, con gli opportuni adattamenti, il documento uniforme stabilito dalla decisione 93/552/Euratom della Commissione (7).
Articolo 25
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 26
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 20 novembre 2006.
Per il Consiglio
Il presidente
J. KORKEAOJA
(1) GU C 286 del 17.11.2005, pag. 34.
(2) Parere espresso il 5 luglio 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU C 119 del 22.5.2002, pag. 7.
(4) GU L 35 del 12.2.1992, pag. 24.
(5) GU L 159 del 29.6.1996, pag. 1.
(6) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(7) Decisione 93/552/Euratom della Commissione, del 1o ottobre 1993, relativa al documento uniforme per la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di residui radioattivi di cui alla direttiva 92/3/Euratom del Consiglio (GU L 268 del 29.10.1993, pag. 83).
ALLEGATO
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 92/3/Euratom
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 5
Articolo 3
Primo considerando
Articolo 4, primo comma, prima frase
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 4, primo comma, seconda frase
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 4, secondo comma
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 4, terzo comma
Nessuna
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 10, paragrafo 4
Articolo 6, paragrafo 1, primo comma
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 6, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 6, paragrafo 4
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 7, primo comma
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 7, secondo comma
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 7, terzo comma
Articolo 10, paragrafo 2
Articolo 8
Articolo 17, paragrafo 5
Articolo 9, paragrafo 1, prima parte della frase
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1, parte finale della frase
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, prima frase
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 2, seconda frase
Articolo 11, paragrafo 3
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 13
Articolo 10, paragrafo 1, parte finale della prima frase
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 10, paragrafo 2
Articolo 14
Articolo 10, paragrafo 3
Articolo 13
Articolo 11
Articolo 16, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 3
Articolo 10, paragrafo 2
Articolo 12, paragrafo 4
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 5
Articolo 15, paragrafo 4, primo comma
Articolo 12, paragrafo 6
Articolo 15, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 13
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 14
Articolo 2
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 2
Articolo 13, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 16
Articolo 9, paragrafo 4
Articolo 17
Articolo 18
Articolo 18
Articolo 20
Articolo 19
Articolo 21
Articolo 20 (primo, secondo e terzo trattino)
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 20, quarto trattino
Articolo 16, paragrafo 2
Articolo 20, quinto trattino
Articolo 20, paragrafo 2
Articolo 21
Articolo 22
Articolo 22
Articolo 26
Articolo 3 (nuovo)
Articolo 4 (nuovo)
Articolo 8 (nuovo)
Articolo 19 (nuovo)
Articolo 23 (nuovo)
Articolo 24 (nuovo)
Articolo 25 (nuovo) | Spedizioni di rifiuti radioattivi: supervisione e controllo
Allo scopo di ridurre al minimo i rischi per la salute pubblica, l’UE richiede un’autorizzazione preventiva per le spedizioni di rifiuti radioattivi*.
ATTO
Direttiva del Consiglio 2006/117/Euratom, del 20 novembre 2006, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito
SINTESI
Allo scopo di ridurre al minimo i rischi per la salute pubblica, l’UE richiede un’autorizzazione preventiva per le spedizioni di rifiuti radioattivi*.
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Consente di spedire il combustibile esaurito destinato al ritrattamento da un paese UE all’altro.
Richiede un’autorizzazione preventiva per spostare i rifiuti radioattivi e il combustibile esaurito* tra le frontiere nel caso in cui vengano spediti da, attraverso o a un paese dell’UE.
Stabilisce infine che le spedizioni di sostanze radioattive che violano la direttiva devono essere rispedite nel paese di origine.
PUNTI CHIAVE
Un sistema di spedizioni per tutta l’UE
Esiste un sistema obbligatorio valido in tutta l’UE che utilizza un documento di controllo standard.
Quando le spedizioni di rifiuti radioattivi arrivano in un paese dell’UE, partono da quest’ultimo oppure vi transitano, è necessario informare le autorità nazionali competenti.
Per inviare una spedizione, il detentore* deve fare richiesta presso le autorità competenti del paese di origine.
Per ricevere una spedizione, l’importatore deve fare richiesta presso le autorità competenti del paese di destinazione.
Prima che la partita possa essere spedita, il paese di destinazione e, se applicabile, quello di transito devono informare le autorità del paese di origine in merito all’approvazione.
Quali tipi di spedizioni non vengono contemplati dalla direttiva?
Sorgenti dismesse* restituite a un fornitore.
Rifiuti radioattivi ritrattati o destinati a un altro utilizzo.
Rifiuti radioattivi allo stato naturale non provenienti da trattamenti.
La direttiva vieta l’esportazione di rifiuti radioattivi verso:
i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, come sancito dall’accordo di Cotonou;
tutti gli altri paesi terzi non possono gestire i rifiuti radioattivi.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
A decorrere dal 25 dicembre 2008.
Per maggiori dettagli, consultare la pagina dedicata al trasporto di materiali radioattivi.
TERMINI CHIAVE
* Rifiuti radioattivi: materiali radioattivi per i quali non è previsto un ulteriore uso.
* Combustibile esaurito: combustibile nucleare irraggiato e successivamente rimosso in modo definitivo dal nocciolo di un reattore. Può essere considerato come una risorsa usabile da ritrattare oppure essere destinato allo smaltimento definitivo.
* Detentore: qualsiasi individuo o organizzazione incaricata della pianificazione di una spedizione di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito e legalmente responsabile per tali materiali prima della spedizione.
* Sorgenti dismesse: sorgenti non più utilizzate, né destinate ad essere utilizzate per la pratica per cui è stata concessa l’autorizzazione.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2006/117/Euratom
25.12.2006
24.12.2008
GU L 337 del 5.12.2006, pag. 21-32
ATTI COLLEGATI
Raccomandazione 2008/956/Euratom della Commissione, del 4 dicembre 2008, relativa ai criteri per l’esportazione di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito verso i paesi terzi (GU L 338 del 17.12.2008, pag. 69-71)
Decisione 2008/312/Euratom della Commissione, del 5 marzo 2008, relativa al documento uniforme per la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito di cui alla direttiva 2006/117/Euratom del Consiglio (GU L 107 del 17.4.2008, pag. 32-59)
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull’attuazione da parte degli Stati membri della direttiva 2006/117 Euratom del Consiglio relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito [COM(2013) 240 final del 25 aprile 2013] | 15,054 | 818 |
31999R0856 | false | Regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativo ad una disciplina speciale per l'assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane
Gazzetta ufficiale n. L 108 del 27/04/1999 pag. 0002 - 0006
REGOLAMENTO (CE) N. 856/1999 DEL CONSIGLIOdel 22 aprile 1999relativo ad una disciplina speciale per l'assistenza ai fornitori ACP tradizionali di bananeIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 W,vista la proposta della Commissione(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato(2),(1) considerando che l'Unione europea è vincolata dagli impegni contratti nei confronti dei paesi ACP in base ai termini della convenzione di Lomé e, più particolarmente, del suo protocollo n. 5 che punta a garantire agli Stati ACP il mantenimento dei vantaggi di cui beneficiano sul mercato europeo, l'accesso a tale mercato a condizioni che non possono essere meno favorevoli di quelle di cui hanno beneficiato in precedenza e il miglioramento delle condizioni di produzione e di commercializzazione delle banane ACP;(2) considerando che l'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana, istituita dal regolamento (CEE) n. 404/93(3), ha creato un quadro che consente ai fornitori ACP tradizionali di continuare a fruire, sul mercato comunitario, degli stessi vantaggi di cui hanno già fruito in passato;(3) considerando che, in particolare, il regime degli scambi con i paesi terzi stabilito dal titolo IV di detto regolamento prevede che le banane originarie dei paesi ACP, che sono fornitori tradizionali della Comunità, siano commercializzate sul mercato comunitario a condizioni tali da garantire un congruo reddito ai produttori, in base agli impegni contratti dalla Comunità;(4) considerando che tale regime degli scambi è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1637/98;(5) considerando che le modifiche degli scambi hanno alterato in misura sostanziale le condizioni di mercato per i fornitori ACP tradizionali e potrebbero in particolare costituire un pregiudizio per i fornitori più svantaggiati;(6) considerando che i fornitori ACP tradizionali dovranno compiere particolari sforzi per adattarsi alle nuove condizioni di mercato al fine di rimanere presenti sul mercato comunitario e salvaguardare la competitività delle forniture ACP tradizionali;(7) considerando che è quindi necessario prestare ai fornitori ACP tradizionali un'assistenza tecnica e finanziaria complementare a quella prevista dalla quarta convenzione ACP-CE di Lomé, per aiutarli ad adattarsi alle nuove condizioni di mercato e in particolare a migliorare la loro capacità di concorrenza; che è opportuno promuovere nel contempo metodi di produzione e di commercializzazione delle banane compatibili con le esigenze di tutela dell'ambiente e che altresì osservino norme sociali;(8) considerando che è opportuno stabilire criteri oggettivi per determinare l'entità di tale assistenza, la quale dovrebbe essere proporzionata allo sforzo richiesto in conseguenza delle nuove condizioni di mercato;(9) considerando che, per garantirne l'efficacia in rapporto agli obiettivi perseguiti, è opportuno che l'assistenza sia temporanea e gradualmente decrescente;(10) considerando che, per agevolare l'attuazione delle presenti disposizioni, è opportuno istituire una procedura che preveda una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituita una disciplina speciale per l'assistenza tecnica e finanziaria ai fornitori ACP tradizionali di banane, volta a facilitarne l'adattamento alle nuove condizioni di mercato conseguenti alle modifiche apportate all'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana dal regolamento (CE) n. 1637/98.2. La suddetta disciplina speciale è attuata per un periodo massimo di dieci anni a decorrere dal 1o gennaio 1999.Articolo 2Ai fini del presente regolamento si intende per:- "fornitori ACP tradizionali": gli Stati ACP elencati nell'allegato,- "banane": le banane fresche o essiccate di cui al codice NC 0803, ad eccezione delle banane da cuocere.Articolo 31. I fornitori ACP tradizionali sono ammissibili ad un'assistenza tecnica e finanziaria.2. L'assistenza tecnica e finanziaria è concessa su richiesta degli ACP allo scopo di facilitare l'esecuzione di programmi destinati:a) a promuovere la competitività nel settore della banana, in particolare mediante i seguenti provvedimenti:- aumento della produttività, senza causare danni all'ambiente,- miglioramento della qualità, comprese misure fitosanitarie,- adattamento dei metodi di produzione, di distribuzione o di commercializzazione alle norme qualitative stabilite dall'articolo 2 del regolamento (CEE) n. 404/93,- costituzione di organizzazioni di produttori aventi come finalità di migliorare le condizioni di commercializzazione e di concorrenza dei loro prodotti e di promuovere sistemi di certificazione dei metodi di produzione rispettosi dell'ambiente, incluse le banane del commercio equo,- sviluppo di una strategia produttiva e/o commerciale rispondente alle esigenze del mercato in base all'organizzazione comune del mercato comunitaria nel settore della banana,- promozione della formazione, della prospezione del mercato, dell'introduzione di metodi di produzione rispettosi dell'ambiente, incluse le banane del commercio equo, dell'adeguamento dell'infrastruttura di distribuzione e della prestazione di moderni servizi commerciali e finanziari ai produttori di banane;b) a sostenere la diversificazione ove il miglioramento della competitività nel settore della banana non sia sostenibile.Articolo 4La Commissione decide in merito all'ammissibilità dei programmmi di cui all'articolo 3, previa consultazione dei fornitori ACP tradizionali interessati, secondo le procedure di cui all'articolo 6, e tenendo particolare conto della situazione individuale di ciascun fornitore ACP, con particolare riguardo all'esigenza di soluzioni specifiche per la Somalia. Essa tiene conto inoltre della compatibilità del programma previsto con gli obiettivi generali di sviluppo del paese ACP in causa e della sua coerenza sul piano della cooperazione regionale con altri produttori di banane, in particolare i produttori comunitari.Articolo 51. La Commissione è incaricata di istruire, adottare decisioni sulle azioni effettuate in base al presente regolamento e gestirle secondo le procedure di bilancio e le altre procedure in vigore, in particolare quelle previste dal regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.2. Le decisioni riguardanti ogni azione finanziata in base al presente regolamento ad un costo superiore a 2 milioni di euro, od ogni adeguamento di tale azione che comporti un incremento superiore al 20 % dell'importo inizialmente proposto e le proposte di modifiche sostanziali da apportare a seguito di difficoltà riscontrate nell'attuazione di progetti già avviati sono adottate secondo la procedure di cui all'articolo 6.Quando il superamento di cui al primo paragrafo è superiore a 4 milioni di euro ma inferiore al 20 % dell'impiego originario il parere del comitato, definito all'articolo 6, può essere espresso con il ricorso a procedure semplificate e accelerate.La Commissione fornisce concise informazioni al comitato in ordine alle decisioni di finanziamento che intende adottare e che riguardano progetti e programmi di valore inferiore a 2 milioni di euro. Tali informazioni sono fornite almeno una settimana prima dell'adozione della decisione.3. Ogni convenzione e contratto di finanziamento concluso in base al presente regolamento prevede che la Commissione e la Corte dei conti effettuino controlli in loco secondo le abituali modalità stabilite dalla Commissione in base alle norme in vigore, in particolare quelle del regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.4. Quando le azioni sono oggetto di convenzioni di finanziamento tra la Comunità e il paese beneficiario, queste prevedono che il pagamento di tasse, dazi e altri eventuali oneri non sia a carico della Comunità.5. La partecipazione alle gare e ai contratti d'appalto è aperta, a parità di condizioni, a tutte le persone fisiche e giuridiche degli Stati membri, del paese beneficiario e degli Stati ACP. Essa può essere estesa ad altri paesi in via di sviluppo al fine di garantire il miglior rapporto costi/benefici in casi debitamente giustificati.6. Le forniture sono originarie degli Stati membri o degli Stati ACP. In casi eccezionali, debitamente giustificati, le forniture possono essere originarie di altri Stati.7. Un'attenzione particolare sarà rivolta:- alla ricerca della miglior redditività e di un impatto durevole nell'elaborazione dei progetti;- alla chiara definizione e al monitoraggio degli obiettivi e degli indicatori di realizzazione per tutti i progetti.8. L'assistenza fornita in base al presente regolamento completa e rafforza quella fornita nel quadro di altri strumenti di cooperazione allo sviluppo.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato geografico competente per lo sviluppo, composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.3. La Commmissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di un mese a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 71. Nell'ambito della dotazione globale stanziata per un determinato anno, la Commissione fissa l'importo massimo di cui ciascun fornitore ACP tradizionale può disporre per il finanziamento dei programmi di cui al paragrafo 2 dell'articolo 3, tenendo conto del grado di competitività riscontrato e dell'importanza della produzione bananiera per l'economia del paese considerato. Quando sono attuati esclusivamente i programmi definiti alla lettera b) del paragrafo 2 dell'articolo 3, la Commissione assegnerà un importo comparabile a quello fornito ad altri fornitori tradizionali.2. A decorrere dall'anno 2004 e in seguito per ogni successivo anno, si applica un coefficiente di riduzione pari ad un massimo del 15 % al livello di assistenza messo a disposizione dei singoli fornitori tradizionali ACP. Se sono attuati i programmi definiti a norma della lettera a) del paragrafo 2 dell'articolo 3, tale coefficiente di riduzione è ridotto allo stesso livello di un aumento della competitività riscontrato rispetto all'anno precedente.3. La Commissione stabilisce le modalità di applicazione secondo la procedura di cui all'articolo 8.Articolo 81. La Commissione adotta le modalità di applicazione del presente regolamento.2. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.4. La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 9Entro il 31 dicembre 2000, e successivamente ogni due anni, la Commissione presenta una relazione, sul funzionamento del presente regolamento, corredata eventualmente da proposte, al Parlamento europeo e al Consiglio.Articolo 10Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, il 22 aprile 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteW. MÜLLER(1) GU C 364 del 25.11.1998, pag. 14.(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 1998 (GU C 210 del 6.7.1998), posizione comune del Consiglio del 5 ottobre 1998 (GU C 364 del 25.11.1998), e decisione del Parlamento europeo del 28 gennaio 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 47 del 25.2.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1637/98 (GU L 210 del 28.7.1998, pag. 28).ALLEGATOELENCO DI CUI AL PRIMO TRATTINO DELL'ARTICOLO 2Fornitori ACP tradizionali di bananeBelizeCamerunCapo VerdeCosta d'AvorioDominicaGrenadaGiamaicaMadagascarSaint LuciaSaint Vincent e GrenadineSomaliaSuriname | Assistenza a favore dei fornitori ACP tradizionali di banane - EUR-Lex
Dal 1994 al 2008 l'Unione europea (UE) ha fornito un’assistenza tecnica e finanziaria temporanea a favore dei fornitori tradizionali di banane dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Questa assistenza doveva facilitarne l’adattamento alle nuove condizioni di mercato nel settore delle banane e doveva aiutare i paesi beneficiari ad essere più competitivi e/o a diversificare le loro economie.
ATTO
Regolamento (CE) n. 2686/94 del Consiglio, del 31 ottobre 1994, che istituisce un sistema speciale di assistenza in favore dei fornitori tradizionali ACP di banane.
Regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativo ad una disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane.
SINTESI
I paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) fornitori tradizionali di banane hanno beneficiato di un quadro di aiuti per migliorare la competitività e la diversificazione della loro produzione agricola.
Il termine«fornitore ACP tradizionale di banane» non designa tutti i fornitori ACP attuali di banane. I paesi interessati (definiti in funzione di riferimenti storici) sono: Belize, Camerun, Capo Verde, Costa d’Avorio, Dominica, Grenada, Giamaica, Madagascar, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Somalia e Suriname.
Ai fini del presente regolamento si intende per «banane» le banane fresche o essiccate, ad eccezione delle banane da legume.
La disciplina speciale temporanea è istituita dal regolamento (CE) n. 856/1999 per un periodo di dieci anni a decorrere dal 1o gennaio 1999.
Attività che possono beneficiare dell’assistenza
Le misure di assistenza sono volte a:
accrescere la produttività e migliorare la qualità dei prodotti, anche nel settore fitosanitario;
adattare i metodi di produzione, di distribuzione o di commercializzazione alle norme stabilite dal regolamento (CEE) n. 404/93 e (CE) n. 1234/2007;
costituire organizzazioni di produttori per migliorare le condizioni di commercializzazione e di concorrenza dei loro prodotti;
sviluppare il commercio equo, nonché un sistema di certificazione dei metodi di produzione rispettosi dell’ambiente;
sviluppare strategie produttive e/o commerciali rispondenti alle esigenze del mercato;
promuovere la formazione, la prospezione del mercato, l’introduzione di metodi di produzione rispettosi dell’ambiente ed equi;
sostenere la diversificazione della produzione ove il miglioramento della competitività nel settore della banana non sia sostenibile.
Finanziamento dei programmi
L'assistenza finanziaria è intesa a completare e rafforzare l’assistenza fornita nel quadro di altri strumenti di cooperazione allo sviluppo. L’importo massimo a disposizione di ogni fornitore è fissato annualmente dalla Commissione tenendo conto del grado di competitività riscontrato e dell’importanza della produzione bananiera per l’economia del paese considerato.
Il regolamento prevede dei meccanismi volti a ridurre gradualmente l’aiuto comunitario. A decorrere dall’anno 2004, si applica ogni anno un coefficiente di riduzione pari ad un massimo del 15 % al livello di assistenza messo a disposizione dei singoli paesi. Quando i programmi sono attuati, tale coefficiente di riduzione è ridotto allo stesso livello di aumento della competitività.
I progetti finanziati dalla linea di bilancio «Banana» sono stati decentrati presso le delegazioni della Commissione europea nell’ultimo trimestre del 2005. Questo decentramento ha permesso alle delegazioni di gestire i progetti in maniera più efficace e di recuperare alcuni ritardi negli impegni o nei pagamenti.
Valutazione
La Commissione doveva presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’esecuzione del regolamento entro il 31 dicembre 2000 e in seguito ogni due anni.
La Commissione ha presentato la sua prima relazione biennale nel febbraio 2001 e la sua seconda relazione biennale nel dicembre 2002.
Contesto
I paesi ACP hanno beneficiato di un regime commerciale preferenziale per l’esportazione di banane verso l'UE, da quando, nel 1993, è stata istituita l’organizzazione comune del mercato (OCM) della banana. Pertanto:
dal 1993 al 2005 le importazioni di banane provenienti dai paesi non ACP erano soggette a quote e dazi doganali. I paesi ACP non erano soggetti a dazi doganali nel quadro di una quota e beneficiavano di dazi ridotti per le importazioni fuori quota;
a partire dal 2006 il regime generale d’importazione è stato sostituito con un sistema basato unicamente sui dazi doganali, salvo per i paesi ACP che beneficiavano di un sistema di quote esonerato dai dazi doganali;
dal 2008 i paesi ACP che hanno negoziato un accordo di partenariato economico (APE) (EN), beneficiano di un accesso senza quote e senza dazi doganali. Gli APE sostituiscono le disposizioni commerciali dell’accordo di Cotonou che scadevano il 31 dicembre 2007;
dal 15 dicembre 2009 il dazio doganale applicabile alle importazioni dai paesi terzi (non ACP) ammonta a 148€/tonnellata.
La disciplina speciale di assistenza a favore dei fornitori ACP, istituita nel 1999, si è conclusa nel 2008; tuttavia molti progetti sono ancora in fase di esecuzione.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 2686/94
5.11.1994
-
GU L 286 del 5.11.1994
Regolamento (CE) n. 856/1999
30.4.1999
-
GU L 108 del 27.4.1999
ATTI COLLEGATI
Decisione 2010/314/UE del Consiglio-relativa alla firma e all’applicazione provvisoria dell’accordo di Ginevra sul commercio delle banane tra l’Unione europea e Brasile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Panama, Perù e Venezuela, e dell’accordo sul commercio delle banane tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America.
Regolamento (CE) n. 1882/2003 recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE del Consiglio delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti soggetti alla procedura prevista all'articolo 251 del trattato CE [GU L 284 del 31.10.2003].
Regolamento (CE) n. 1609/1999 della Commissione recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio [Gazzetta ufficiale L 190 del 23.7.1999].
Questo regolamento stabilisce le modalità di applicazione della disciplina speciale di assistenza, ad esempio i termini, i metodi di calcolo del prezzo di riferimento, le quantità di riferimento e il divario di competitività.
Le richieste di assistenza devono basarsi su una strategia coerente a lungo termine per il settore della banana. I programmi proposti devono essere elaborati in base a questa strategia e nella forma di piani d’azione annuali. I fondi assegnati ai paesi che non hanno presentato la richiesta di assistenza entro i termini fissati vengono distribuiti agli altri paesi.
RELAZIONI
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo «Relazione biennale sulla disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane» [ COM(2010) 103 def. -Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La disciplina speciale per l’assistenza si è conclusa il 31 dicembre 2008. La sua istituzione ha consentito ai paesi ACP produttori tradizionali di banane di compiere progressi in termini di:
competitività e adattamento alle esigenze del mercato europeo, alle norme e alle politiche dell’UE nell’ottica di uno sviluppo economico sostenibile;
diversificazione della produzione agricola, integrandola maggiormente e in maniera più strategica nella pianificazione di sviluppo del paese.
Ciononostante, la maggior parte di questi paesi resta vulnerabile agli choc esterni e deve sempre far fronte ad importanti sfide per adattarsi alle pressioni del commercio mondiale.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2006 [ COM(2006) 806 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2004 [ COM(2004) 823 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Il regime commerciale dell’UE non è cambiato dall’ultima relazione e sono state prese delle misure nel quadro dell’allargamento.
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 23 dicembre 2002 - Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2002 [ COM(2002) 763 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Nell’aprile 2001 la Comunità ha elaborato un nuovo regime per conformarsi alle norme dell'OMC, ponendo fine al 'conflitto della banana' tra gli Stati Uniti e la Comunità europea. Il sistema modificato rappresenta un compromesso e comporta notevoli modifiche, introdotte in diverse fasi, del regime di importazione delle banane dell’UE:
il sistema di contingenti deve essere sostituito con un regime esclusivamente tariffario;
nel frattempo, il mercato comunitario delle banane continuerà ad essere gestito attraverso un sistema di contingenti in base al metodo di riferimenti storici, anch’esso discusso con i paesi ACP.
Dal 1999 al 2002, la Commissione ha principalmente constatato una riduzione degli importi destinati all’aumento della produttività delle piantagioni di banane a vantaggio di azioni volte a sostenere la diversificazione. Sono state introdotte alcune modifiche della struttura operativa e delle modalità di utilizzazione dei crediti. Tali modifiche corrispondono alla volontà della Commissione di migliorare le condizioni di gestione dei crediti segnatamente per quanto riguarda la trasparenza, la sicurezza e la determinazione delle responsabilità dei diversi partecipanti.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo del 7 febbraio 2001 -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (Regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2000 [ COM(2001) 67 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Le condizioni del mercato sono state difficili per i fornitori ACP tradizionali di banane negli anni 1999 e 2000. Il mercato è dominato dalle banane dell’America latina il cui prezzo è più basso. Inoltre, nel 1999 il prezzo delle banane è calato e nel 2000 è sceso ad un livello eccezionalmente basso. Infine, in seguito alle conclusioni sfavorevoli dell’OMC relative ai regimi d’importazione della Commissione, nel 1999 la Commissione ha apportato modifiche importanti al proprio regime d’importazione. | 7,598 | 668 |
31996L0016 | false | Direttiva 96/16/CE del Consiglio, del 19 marzo 1996, relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari
Gazzetta ufficiale n. L 078 del 28/03/1996 pag. 0027 - 0029
DIRETTIVA 96/16/CE DEL CONSIGLIO del 19 marzo 1996 relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseariIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 43,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),considerando che la direttiva 72/280/CEE del Consiglio, del 31 luglio 1972, relativa alle indagini statistiche sul latte e sui prodotti lattiero-caseari da eseguirsi a cura degli Stati membri (3), è stata modificata a più riprese; che, in occasione di nuove modifiche, è opportuno, ai fini della chiarezza, procedere a una rielaborazione della succitata direttiva;considerando che la Commissione, per adempiere i compiti affidatile dal trattato e dalle disposizioni comunitarie relative all'organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, deve disporre di dati precisi sulla produzione del latte e sul suo impiego, nonché di dati precisi regolari e tempestivi sulla fornitura di latte alle imprese che trattano o trasformano il latte e sulla produzione di prodotti lattiero-caseari negli Stati membri;considerando che occorre unificare i criteri di esecuzione delle rilevazioni sulla produzione e sull'impiego del latte nelle aziende agricole, migliorarne l'esattezza ed eseguire rilevazioni mensili in tutti gli Stati membri presso le imprese che trattano o trasformano il latte;considerando che, per ottenere risultati comparabili, è necessario fissare criteri comuni per la delimitazione del campo d'indagine, le caratteristiche da rilevare e le modalità delle rilevazioni;considerando che l'esperienza acquisita nell'ambito della precedente normativa ha dimostrato che occorre procedere ad un alleggerimento delle disposizioni, in particolare sopprimendo la comunicazione dei dati settimanali;considerando che, data la crescente importanza dei componenti proteici del latte nei prodotti lattiero-caseari, occorre adottare le disposizioni corrispondenti;considerando che, per agevolare l'attuazione delle disposizioni della presente direttiva, è opportuno mantenere una stretta cooperazione fra gli Stati membri e la Commissione, soprattutto in seno al comitato permanente di statistica agraria, istituito dalla decisione 72/279/CEE (4),HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Gli Stati membri:1) svolgono, presso le unità di rilevazione definite all'articolo 2, indagini sui dati precisati all'articolo 4 e ne trasmettono alla Commissione i risultati mensili, annuali e triennali;2) effettuano annualmente presso le aziende agricole, definite in base alla procedura prevista all'articolo 7, la rilevazione della produzione di latte e sul relativo impiego;3) fatto salvo l'accordo della Commissione, sono autorizzati ad utilizzare dati provenienti da altre fonti ufficiali.Articolo 2 Le indagini di cui all'articolo 1, punto 1, riguardano:1) le imprese o le aziende agricole che acquistano latte intero - e, se del caso, prodotti lattiero-caseari - direttamente presso le aziende agricole o presso le imprese di cui al punto 2, ai fini della loro trasformazione in prodotti lattiero-caseari;2) le aziende che raccolgono latte o crema e li cedono interamente o in parte alle imprese di cui al punto 1, senza averli lavorati né trasformati.Gli Stati membri adottano le disposizioni atte ad evitare per quanto possibile inutili ripetizioni nella presentazione dei risultati.Articolo 3 1. È considerato latte ai sensi della presente direttiva il latte di vacca, di pecora, di capra e di bufala. Le indagini mensili eseguite ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), si limitano al latte di vacca e ai prodotti fabbricati esclusivamente a partire dal latte di vacca.2. L'elenco dei prodotti lattiero-caseari sui quali verteranno le indagini è adottato secondo la procedura di cui all'articolo 7; detto elenco può essere modificato secondo la stessa procedura.3. Le definizioni uniformi da utilizzare nella comunicazione dei risultati sono stabilite secondo la procedura prevista dall'articolo 7.Articolo 4 1. Le indagini di cui all'articolo 1, punto 1, devono essere predisposte in modo da permettere almeno la comunicazione dei dati di cui alle seguenti lettere a), b) e c).I questionari devono essere redatti in modo da evitare inutili ripetizioni.I dati riguardano:a) mensilmente:i) la quantità di latte, il tenore di materia grassa del latte e della crema raccolti nonché il tenore di proteine del latte di vacca raccolto;ii) la quantità di taluni prodotti lattiero-caseari freschi lavorati e pronti per essere immessi al consumo nonché di taluni prodotti lattiero-caseari ottenuti dalla trasformazione del latte;b) annualmente:i) la quantità e il tenore di materia grassa e di proteine del latte e della crema raccolti;ii) la quantità di prodotti lattiero-caseari freschi lavorati e pronti per essere immessi al consumo e degli altri prodotti lattiero-caseari ottenuti, ripartiti per tipo;iii) l'impiego delle materie prime sotto forma di latte intero e di latte scremato nonché la quantità di materia grassa utilizzata nella fabbricazione dei prodotti lattiero-caseari;c) ogni tre anni (a partir dal 31 dicembre 1997):il numero delle unità di rilevazione di cui all'articolo 2, secondo certe classi di grandezza.2. Per analizzare, nei tre anni successivi all'entrata in vigore della presente direttiva, la possibilità di estendere le informazioni statistiche annuali di cui alla lettera b) al contenuto in proteine dei principali prodotti lattiero-caseari, gli Stati membri effettuano in questo periodo rilevazioni pilota o studi volti a raggiungere tale obiettivo. La Commissione stabilisce con la procedura prevista dall'articolo 7 un programma di lavoro per ciascun di detti tre anni.Gli Stati membri comunicano annualmente alla Commissione una relazione di esecuzione di tale programma, inclusi i dati statistici disponibili in materia e gli elementi necessari alla loro interpretazione.Articolo 5 1. Fatto salvo il secondo comma, le indagini di cui all'articolo 1, punto 1, devono essere esaustive presso le latterie che rappresentano almeno il 95 % della raccolta di latte vaccino effettuata dallo Stato membro; il saldo viene stimato mediante campioni rappresentativi o altre fonti.Gli Stati membri possono effettuare le indagini mensili di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), mediante campioni rappresentativi. In tal caso l'errore di campionamento non può essere superiore all'1 % (con un intervallo di fiducia del 68 %) della raccolta totale del paese.2. Gli Stati membri prendono tutti i provvedimenti che permettano di ottenere risultati completi e sufficientemente esatti. Essi comunicano alla Commissione sotto forma di relazione metodologica ogni informazione che consenta una valutazione dell'esattezza dei risultati trasmessi, in particolare:a) i questionari utilizzati;b) i metodi applicati per evitare la ripetizione dei risultati;c) i metodi di trasposizione dei dati ottenuti tramite i questionari nelle tabelle comunitarie.Le relazioni metodologiche, la disponibilità e l'attendibilità dei dati, nonché qualsiasi altra questione connessa all'applicazione della presente direttiva saranno esaminate una volta all'anno in seno al gruppo di lavoro competente del comitato permanente di statistica agraria. La prima relazione metodologica sarà trasmessa alla Commissione al più tardi entro la fine dell'anno successivo all'entrata in vigore della presente direttiva.Articolo 6 1. Le tabelle per la trasmissione dei dati sono stabilite secondo la procedura prevista dall'articolo 7.Le tabelle possono essere modificate con la medesima procedura.2. Gli Stati membri trasmettono i risultati di cui al paragrafo 3, inclusi i dati considerati riservati ai sensi delle loro legislazioni o pratiche nazionali in materia di segreto statistico, conformemente alle disposizioni del regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 del Consiglio, dell'11 giugno 1990, relativo alla trasmissione all'Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto (5).3. Dopo avere riepilogato i dati, gli Stati membri trasmettono alla Commissione nel più breve tempo possibile e non oltre:a) quarantacinque giorni dopo la fine del mese di riferimento, i risultati mensili di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a);b) il mese di giugno dell'anno successivo all'anno di riferimento:- i risultati annuali di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b);- la relazione di esecuzione di cui all'articolo 4, paragrafo 2;c) il mese di settembre dell'anno successivo a quello della data di riferimento, i risultati di cui all'articolo 1, punto 2 e all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c).4. La Commissione raccoglie i dati trasmessi dagli Stati membri e comunica loro il risultato complessivo.Articolo 7 1. Nei casi in cui viene fatto riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato permanente di statistica agraria, in appresso denominato «il comitato», viene investito della questione dal proprio presidente, sia su iniziativa di quest'ultimo, sia a richiesta del rappresentante di uno Stato membro.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2, del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.3. a) La Commissione adotta le misure progettate quando esse sono conformi al parere del comitato.b) Quando le misure progettate non sono conformi al parere formulato dal comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.c) Se, al termine di un periodo di tre mesi a decorrere dal momento in cui la proposta è pervenuta al Consiglio, quest'ultimo non ha deliberato, le misure in questione sono adottate dalla Commissione.Articolo 8 La Commissione sottopone al Consiglio al più tardi entro il 1° luglio 1999 una relazione che illustra l'esperienza acquisita durante l'applicazione della presente direttiva. In tale occasione essa presenta in particolare i risultati dell'analisi di cui all'articolo 4, paragrafo 2, corredati, se del caso da proposte relative al periodo definitivo.Articolo 9 1. La direttiva 72/280/CEE è abrogata con effetto al 1° gennaio 1997.2. I riferimenti alla direttiva 72/280/CEE abrogata vanno considerati come riferimenti alla presente direttiva.Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1997. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 19 marzo 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteW. LUCHETTI(1) GU n. C 321 dell'1. 12. 1995, pag. 6.(2) GU n. C 32 del 5. 2. 1996.(3) GU n. L 179 del 7. 8. 1972, pag. 2. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(4) GU n. L 179 del 7. 8. 1972, pag. 1.(5) GU n. L 151 del 15. 6. 1990, pag. 1. | Indagini statistiche sui prodotti lattiero-caseari
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DIRETTIVA?
Essa definisce le regole dell’Unione europea sulla raccolta di dati statistici sul latte* e sui prodotti lattiero-caseari. È concepita per consentire il monitoraggio a breve e medio termine del mercato dell’UE del latte e dei prodotti lattiero-caseari - ciò richiede informazioni attendibili e tempestive sulla produzione e l’uso del latte crudo e dei suoi componenti (compresa la consegna del latte per il trattamento o la trasformazione e la successiva produzione di prodotti lattiero-caseari).
Essa abroga la legislazione precedente (Direttiva 72/280/CEE) che era stata modificata a più riprese.
PUNTI CHIAVE
Gli Stati membri sono responsabili della raccolta dei dati e dell’organizzazione delle indagini. Le indagini riguardano le aziende agricole produttrici di latte e due gruppi di imprese:1.le imprese o le aziende agricole che acquistano latte intero (o, in alcuni casi, prodotti lattiero-caseari) presso le aziende agricole o presso le imprese del secondo gruppo (indicato di seguito), ai fini della loro trasformazione in prodotti lattiero-caseari; 2.le aziende che raccolgono latte o crema ma non li trattano e li cedono interamente o in parte alle imprese del primo gruppo (indicato sopra) per la trasformazione. A seconda delle informazioni che devono essere raccolte, gli Stati membri devono eseguire le indagini su base mensile, annuale o triennale. La direttiva stabilisce i termini entro i quali gli Stati membri dovrebbero inviare i risultati delle varie indagini alla Commissione europea (Eurostat).
Nel 1997, la Commissione europea ha adottato la decisione 97/80/CE che stabilisce le modalità di applicazione della direttiva 96/16/CE. L’elenco dei prodotti lattiero-caseari di cui alla direttiva 96/16/CE è riportato nell’allegato I della decisione 97/80/CE. Questo allegato fornisce anche le definizioni per ciascuno dei prodotti.
L’allegato II della decisione fornisce i modelli delle tabelle da utilizzare per la trasmissione dei dati a Eurostat.
L’allegato III contiene il questionario sulla compilazione delle statistiche sul latte.
Le indagini devono essere esaustive presso le latterie che rappresentano almeno il 95 % della raccolta di latte vaccino effettuata dallo Stato membro; il saldo viene stimato mediante campioni rappresentativi o altre fonti. Gli Stati membri sono responsabili di garantire risultati completi e sufficientemente esatti.
Ogni anno gli Stati membri devono inviare una relazione a Eurostat, allegando il questionario e indicando la metodologia usata per la trasposizione dei dati nelle tabelle inviate ad Eurostat. Una volta all’anno un gruppo di esperti rivede l’operazione della direttiva.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in applicazione dal mercoledì 1o gennaio 1997. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1o gennaio 1997.
TERMINI CHIAVE
Latte: latte di mucche, pecore, capre e bufale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 96/16/CE del Consiglio del 19 marzo 1996 relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (GU L 78, del 28.3.1996, pagg. 27-29)
Le successive modifiche alla direttiva 96/16/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 1166/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativo alle indagini sulla struttura delle aziende agricole e all’indagine sui metodi di produzione agricola e che abroga il regolamento (CEE) n. 571/88 del Consiglio (GU L 321 del 1.12.2008, pagg. 14-34)
Si veda la versione consolidata.
Decisione 97/80/CE della Commissione del 18 dicembre 1996 recante norme d’applicazione della direttiva 96/16/CE del Consiglio, relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero- caseari (GU L 24, del 25.1.1997, pagg. 26-49)
Si veda la versione consolidata. | 5,059 | 529 |
21999A1009(01) | false | Accordo sul reciproco riconoscimento dei principi della buona prassi di laboratorio (BPL) dell'OCSE e sui programmi di controllo della conformità tra la Comunità europea e lo Stato di Israele - Verbali
Gazzetta ufficiale n. L 263 del 09/10/1999 pag. 0007 - 0018
ACCORDOsul reciproco riconoscimento dei principi della buona prassi di laboratorio (BPL) dell'OCSE e sui programmi di controllo della conformità tra la Comunità europea e lo Stato di IsraeleLA COMUNITÀ EUROPEA (in appresso denominata "Comunità"),da una parte,E LO STATO DI ISRAELE (in appresso denominato "Israele"),dall'altra,in seguito denominati "parti contraenti",VISTI gli obblighi previsti dall'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e dall'accordo OMC sugli ostacoli tecnici al commercio, in particolare l'allegato I-C, per quanto riguarda la tutela della proprietà intellettuale,VISTA la decisione del Consiglio dell'OCSE, del 12 maggio 1981, sul reciproco riconoscimento dei dati per la valutazione dei prodotti chimici,VISTA la decisione/raccomandazione del Consiglio dell'OCSE, del 2 ottobre 1989, relativa alla conformità con i principi della buona prassi di laboratorio [C(89)87 def.],VISTO l'accordo sullo spazio economico europeo del 2 maggio 1992, che istituisce una zona di libera circolazione per le merci, i servizi, le persone e i capitali tra la Comunità europea e l'Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia, in particolare il protocollo 12,RIBADENDO la necessità di garantire l'elevata qualità, la validità e l'affidabilità dei dati sanitari e ambientali scaturiti dalle prove su cosmetici, prodotti chimici industriali, prodotti farmaceutici, additivi alimentari, additivi per mangimi e pesticidi (in appresso denominati "prodotti chimici"),OSSERVANDO che, in mancanza di un'autorità nazionale di controllo della BPL in Israele, occorre prevedere un regime transitorio che rimarrà in vigore fintantoché Israele non avrà creato l'autorità suddetta,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Definizioni1. Salvo definizioni specifiche, valgono le definizioni contenute nei "Principi della buona prassi di laboratorio dell'OCSE" [allegato II della decisione C(81)30 def. del Consiglio dell'OCSE], nella "Guida alle procedure di controllo della conformità con la buona prassi di laboratorio" [allegato I della decisione/raccomandazione del Consiglio dell'OCSE C(89)87 def.], nell' "Applicazione dei principi della buona prassi di laboratorio alle ricerche sul campo" (Documento consensuale sulla BPL, Serie OCSE sui principi della buona prassi di laboratorio e sul controllo della conformità) e in tutte le relative modifiche.2. "Riconoscere": le autorità che ricevono le informazioni devono riconoscere gli studi e i dati risultanti comunicati dall'altra parte in merito ai prodotti contemplati dal presente accordo alle stesse condizioni dei dati ottenuti sul loro territorio, purché:- lo studio sia stato effettuato da un centro di prova situato sul territorio delle parti contraenti;- le competenti autorità nazionali di controllo della buona prassi di laboratorio si accertino che il centro di prova che ha eseguito lo studio applica i principi della buona prassi di laboratorio.3. "Autorità di controllo": organo di gestione incaricato di controllare che i centri di prova applichino la buona prassi di laboratorio nel territorio di sua competenza e di svolgere le altre eventuali funzioni connesse con la BPL e determinate a livello nazionale.Articolo 2Portata1. Le parti contraenti garantiscono l'elevata qualità, la validità e l'affidabilità dei dati di valutazione della sicurezza risultanti dalle prove non cliniche di tutti i prodotti chimici menzionati nell'allegato I prima dell'immissione sul mercato.2. Le parti contraenti riconoscono l'equivalenza dei rispettivi programmi di controllo dell'applicazione della BPL conformi ai principi di cui all'articolo 3, paragrafo 1.3. Ciascuna parte contraente riconosce su tutto il suo territorio, definito all'articolo 15, gli studi e i dati forniti dai centri di prova situati sul territorio dell'altra parte contraente, purché partecipino al programma di controllo dell'applicazione della BPL secondo i principi di cui all'articolo 3, paragrafo 1.4. Ai sensi del presente accordo, gli studi e i dati ottenuti vengono presi in considerazione dalle parti contraenti in tutti i procedimenti amministrativi per consentire l'immissione sul mercato di tutti i prodotti chimici definiti nell'allegato I.Articolo 3Base di riferimento1. Ai fini del presente accordo, devono essere soddisfatti i seguenti requisiti:- i principi della buona prassi di laboratorio devono essere conformi a quelli adottati dall'OCSE nella decisione del 12 maggio 1981 relativa al reciproco riconoscimento dei dati per la valutazione dei prodotti chimici [C(81)30 (def.)] e a tutte le relative modifiche;- le disposizioni riguardanti l'ispezione dei centri di prova e le verifiche degli studi devono essere conformi a quelle adottate dal Consiglio dell'OCSE negli allegati I-III della decisione/raccomandazione del 1989 [C(89)87 (def.)], modificata dalla decisione/raccomandazione del 9 marzo 1995 [C(95)8 (def.)], e a tutte le relative modifiche;- i centri di prova devono essere riconosciuti conformi alla buona prassi di laboratorio secondo i principi applicabili rispettivamente nella CE e in Israele.2. Le parti contraenti si informano in tempo degli emendamenti delle rispettive legislazioni tali da incidere sui criteri o sui programmi di conformità con la buona prassi di laboratorio.Articolo 4AmbitoIl presente accordo si applica agli studi eseguiti dai centri di prova su tutti i prodotti chimici (sostanze o preparazioni) specificati nell'allegato I e ai dati risultanti. Il comitato misto di cui all'articolo 10 decide le eventuali modifiche di detto allegato.Articolo 5Autorità di controllo1. Le autorità abilitate o designate nei rispettivi territori per verificare la conformità dei centri di prova con i principi della buona prassi di laboratorio sono elencate nell'allegato II del presente accordo.2. Le parti contraenti si informano e si consultano sulle altre autorità che desiderano far includere nel presente accordo. Il comitato misto di cui all'articolo 10 decide le eventuali modifiche dell'allegato II (aggiunta o esclusione di un'autorità).Articolo 6Informazioni sui centri di prova riconosciuti conformi alla BPL1. Le parti contraenti si forniscono reciprocamente, almeno una volta all'anno, l'elenco dei centri di prova situati sul loro territorio che risultano conformi alla buona prassi di laboratorio in base ai risultati delle ispezioni e delle verifiche degli studi, nonché le date delle ispezioni o delle verifiche e la situazione dei centri di prova dal punto di vista della conformità.2. Le parti contraenti si informano tempestivamente se uno dei centri di prova di cui al paragrafo 1, che dichiara di applicare la buona prassi di laboratorio, non risulta conforme a detta prassi in misura tale da rischiare di compromettere l'integrità o l'autenticità degli studi eseguiti.3. Le parti contraenti si comunicano tempestivamente le informazioni di cui al paragrafo 1 sui centri di prova che risultano conformi alla buona prassi di laboratorio in base ai risultati delle ispezioni e delle verifiche degli studi, ma che non sono ancora stati inclusi nell'elenco di cui al paragrafo suddetto.Articolo 7Azioni supplementari1. Su richiesta motivata dell'altra parte, le parti contraenti si forniscono reciprocamente tutte le altre informazioni necessarie sulle ispezioni o le verifiche dei centri di prova.2. Ciascuna parte contraente può chiedere ispezioni o verifiche di studi supplementari dei centri di prova situati sul territorio dell'altra parte qualora nutra dubbi fondati circa la conformità di una determinata prova con la buona prassi di laboratorio.3. In casi eccezionali, qualora sussistano dubbi e la parte richiedente possa dimostrare di essere particolarmente interessata, essa può designare, con l'accordo del centro di prova in questione, uno o più esperti delle sue autorità che parteciperanno all'ispezione o alla verifica di uno studio del centro di prova svolte dalle autorità dell'altra parte.Articolo 8Riservatezza1. Le parti contraenti garantiscono inoltre la riservatezza, non solo per quanto riguarda gli ispettori ma anche le altre persone che hanno accesso a informazioni riservate in seguito ad attività di controllo della conformità con la BPL.2. Le parti contraenti fanno in modo che, a meno che non siano state eliminate tutte le informazioni riservate e commercialmente sensibili, i rapporti sulle ispezioni e sulle verifiche degli studi dei centri di prova siano trasmessi solo alle autorità responsabili nonché, se del caso, ai centri di prova oggetto di ispezioni e di verifiche degli studi e/o ai finanziatori degli studi. I centri di prova possono disporre liberamente dei rapporti che li riguardano.Articolo 9Partecipazione in veste di osservatoriCiascuna parte contraente può partecipare in veste di osservatore, su richiesta e con l'accordo del centro di prova interessato, all'ispezione di un centro di prova effettuata dalle autorità dell'altra parte onde tenersi costantemente al corrente delle procedure d'ispezione dell'altra parte.Articolo 10Comitato misto1. Si istituisce un comitato misto composto di rappresentanti di entrambe le parti.2. Il comitato misto si riunisce per risolvere i problemi derivanti da eventuali divergenze di opinioni e di prassi tra le parti, onde garantire una corretta applicazione del presente accordo e cercare il modo di ampliare la cooperazione.DISPOSIZIONI TRANSITORIEArticolo 11Per un periodo iniziale (regime transitorio) di due anni al massimo a decorrere dall'entrata in vigore del presente accordo, si applicano le seguenti disposizioni:1. durante il periodo in questione, Israele crea un sistema nazionale di controllo della BPL;2. il presente accordo cessa automaticamente di essere valido se le parti non ritengono che la condizione di cui sopra sia stata soddisfatta durante il periodo iniziale e non decidono di prorogare detto periodo previo esame congiunto;3. si può mettere fine al periodo iniziale prima dello scadere dei due anni, purchè la Comunità abbia confermato il buon funzionamento del sistema israeliano di controllo della BPL.Articolo 12Durante il periodo iniziale di cui all'articolo 11, le autorità abilitate della Comunità verificano la conformità con la BPL dei centri di prova israeliani secondo le modalità specificate nei verbali concordati allegati. La Comunità accetta tutti i centri di prova risultati conformi ai requisiti BPL.Articolo 13Durante il periodo iniziale di cui all'articolo 11, Israele accetta i dati comunicati dai centri di prova della Comunità riconosciuti conformi alla BPL e la Comunità accetta i dati comunicati dai centri di prova israeliani da essa riconosciuti conformi alla BPL a norma dell'articolo 12.DISPOSIZIONI FINALIArticolo 14Ciascuna delle parti può porre fine al presente accordo avvertendone per iscritto l'altra parte con un preavviso di sei mesi.Articolo 15Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi specificate, e, dall'altra, al territorio dello Stato di Israele.Articolo 16Il presente accordo è approvato o ratificato dalle parti secondo le rispettive procedure. Esso entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui le parti si sono scambiate note a conferma dell'avvenuto espletamento delle rispettive procedure necessarie per la sua entrata in vigore.Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca ed ebraica, tutte le lingue facenti ugualmente fede.In fede di che i sottoscritti, debitamente abilitati, hanno firmato il presente accordo.Per il Governo dello Stato di Israele>PIC FILE= "L_1999263IT.001301.EPS">Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_1999263IT.001302.EPS">ALLEGATO IELENCO DEI PRODOTTI CHIMICI CONTEMPLATI DALL'ACCORDO SUL RECIPROCO RICONOSCIMENTO DEI PRINCIPI DELLA BUONA PRASSI DI LABORATORIO DELL'OCSE E DEI PROGRAMMI DI CONTROLLO DELLA CONFORMITÀ TRA LA COMUNITÀ EUROPEA E LO STATO DI ISRAELEL'accordo sul reciproco riconoscimento dei principi della buona prassi di laboratorio dell'OCSE tra la Comunità europea e lo Stato di Israele contempla le seguenti sostanze e preparazioni chimiche:- cosmetici,- prodotti chimici industriali,- prodotti medicinali/farmaceutici,- additivi alimentari,- additivi per mangimi,- pesticidi.Questi prodotti chimici sono definiti dagli strumenti giuridici del paese di destinazione, vale a dire:PER LA COMUNITÀ EUROPEA1. Direttiva 87/18/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione dei principi di buone prassi di laboratorio e al controllo della loro applicazione per le prove sulle sostanze chimiche (GU L 15 del 17.1.1987, pag. 29), modificata da ultimo dalla direttiva 1999/11/CE della Commissione (GU L 77 del 23.2.1999, pag. 8).2. Direttiva 88/320/CEE del Consiglio, del 9 giugno 1988, concernente l'ispezione e la verifica della buona prassi di laboratorio (BPL) (GU L 145 dell'11.6.1988, pag. 35), modificata da ultimo dalla direttiva 1999/12/CE della Commissione (GU L 77 del 23.3.1999, pag. 22).3. Direttiva 92/32/CEE del Consiglio, del 30 aprile 1992, recante settima modifica della direttiva 67/548/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose (GU L 154 del 5.6.1992, pag. 1).4. Direttiva 88/379/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1988, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi (GU L 187 del 16.7.1988, pag. 14).5. Regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio, del 23 marzo 1993, relativo alla valutazione e al controllo dei rischi presentati dalle sostanze esistenti (GU L 84 del 5.4.1993, pag. 1).6. Direttiva 87/19/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, che modifica la direttiva 75/318/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti le norme ed i protocolli analitici, tossicofarmacologici e clinici in materia di sperimentazione delle specialità medicinali (GU L 15 del 17.1.1987, pag. 31).7. Direttiva 91/507/CEE della Commissione, del 19 luglio 1991, che modifica l'allegato alla direttiva 75/318/CEE del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti le norme ed i protocolli analitici, tossicofarmacologici e clinici in materia di sperimentazione delle specialità medicinali (GU L 270 del 26.9.1991, pag. 32).8. Direttiva 87/20/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, che modifica la direttiva 81/852/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle norme e ai protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici in materia di prove effettuate su medicinali veterinari (GU L 15 del 17.1.1987, pag. 34).9. Direttiva 92/18/CEE della Commissione, del 20 marzo 1992, che modifica l'allegato della direttiva 81/852/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle norme e ai protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici in materia di prove effettuate su medicinali veterinari (GU L 97 del 10.4.1992, pag. 1).10. Direttiva 89/397/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari (GU L 186 del 30.6.1989, pag. 23).11. Direttiva 93/99/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, riguardante misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari (GU L 290 del 24.11.1993, pag. 14).12. Direttiva 87/153/CEE del Consiglio, del 16 febbraio 1987, che fissa le linee direttrici per la valutazione degli additivi nell'alimentazione degli animali (GU L 64 del 7.3.1987, pag. 19), modificata da ultimo dalla direttiva 95/11/CE della Commissione (GU L 106 dell'11.5.1995, pag. 23).13. Direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU L 230 del 19.8.1991, pag. 1), modificata da ultimo dalla direttiva 95/35/CE della Commissione (GU L 172 del 22.7.1995, pag. 6).14. Direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all'immissione sul mercato dei biocidi (GU L 123 del 24.4.1998, pag. 1).15. Direttiva 93/35/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, recante sesta modifica della direttiva 76/768/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici (GU L 151 del 23.6.1993, pag. 32).LEGGI E NORMATIVE ISRAELIANE[TRADUZIONE NON UFFICIALE]MedicinaliOrdinanza sui farmacisti (nuova versione) - 1981Regolamenti sui farmacisti (preparati medici) - 1986Additivi alimentariOrdinanza in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (nuova versione) - 1983Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (basi di emulsionanti e di stabilizzanti nei prodotti alimentari) - 1966Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (prodotti alimentari dietetici e dolcificanti) - 1987Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (vitamine e additivi minerali nei prodotti alimentari) - 1983Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (coloranti alimentari) - 1984Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (sigillatura degli imballaggi dei prodotti alimentari) - 1993Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (tracce di pesticidi) - l991Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (aflatossine nei prodotti alimentari) - 1989Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (comunicazione dei risultati ottenuti) - 1980Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (etichettatura) - 1935Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (etichettatura nutrizionale) - 1993Regolamenti in materia di pubblica sanità (prodotti alimentari) (conservazione dei prodotti alimentari mediante radiazioni) - 1988Ordinanza comune in materia di sanità - 1942Regolamenti comuni in materia di sanità (qualità dell'acqua potabile) - 1977Regolamenti comuni in materia di sanità (acque minerali e di sorgente) - 1987Regolamenti comuni in materia di sanità (metodo di campionatura e trasferimento dei campioni per le prove) - 1957Regolamenti comuni in materia di sanità (basi conservanti nei prodotti alimentari) - 1965Legge sul controllo dei prodotti di base e dei servizi - 1957Ordinanza sul controllo dei prodotti di base e dei servizi (qualità dei prodotti alimentari) - 1958Ordinanza sul controllo dei prodotti di base e dei servizi (produzione di prodotti alimentari) - 1976Controllo dei prodotti di base e dei servizi Order (etichettatura degli additivi alimentari) - 1968Additivi per mangimiOrdinanza sul controllo dei prodotti di base e dei servizi (produzione vendita di foraggio) - 1971Ordinanza sulle malattie degli animali (nuova versione) - 1985Regolamenti sulle malattie degli animali (preparati chimici) - 1982PesticidiOrdinanza sul controllo dei prodotti di base e dei servizi (pesticidi nocivi per l'essere umano) - 1962Regolamenti sulle sostanze pericolose (registrazione dei pesticidi nocivi per l'essere umano) - 1994Legge fitosanitaria - 1956Regolamenti fitosanitari (Regolamento sull'importazione e sulla vendita dei preparati chimici) - 1994Ordinanza sui fertilizzanti agricoli - 1938Regolamenti sui fertilizzanti agricoli - 1938CosmeticiOrdinanza sul controllo dei prodotti/di base e dei servizi (Cosmetici) - 1973Prodotti chimici industrialiLegge sulle sostanze pericolose - 1993Regolamenti sulle sostanze pericolose - 1994Regolamenti sulle sostanze pericolose (importazione ed esportazione dei rifiuti delle sostanze pericolose) - 1994Regolamenti sulle sostanze pericolose (classificazione ed esenzione) - 1996ALLEGATO IIELENCO DELLE AUTORITÀ DI CONTROLLO>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIIVERBALIriguardanti l'accordo sul reciproco riconoscimento dei principi della buona prassi di laboratorio (BPL) dell'OCSE e sui programmi di controllo della conformità tra la Comunità europea e lo Stato di IsraeleViste le disposizioni transitorie dell'accordo sul reciproco riconoscimento dei principi della buona prassi di laboratorio (BPL) dell'OCSE e sui programmi di controllo della conformità tra la Comunità europea (CE) e lo Stato di Israele, le parti contraenti dichiarano quanto segue:LABORATORI DI PROVA INTERESSATI- L'elenco dei laboratori di prova per i quali Israele chiede l'accreditamento BPL è allegato al presente verbale.MISSIONE PRELIMINARE- La firma dell'accordo sarà preceduta da una missione preliminare di due esperti della CE che avranno il compito di:- valutare la situazione dei laboratori di prova elencati in allegato che potrebbero essere riconosciuti conformi alla BPL;- fornire una consulenza per la creazione dell'Autorità nazionale di controllo della conformità con la BPL.- Le parti convengono di accettare le conclusioni della relazione degli esperti in merito alla missione suddetta.PERIODO INIZIALE- Tutte le ispezioni del periodo iniziale saranno effettuate da almeno due ispettori designati dalla CE.Gli ispettori invieranno le relazioni corrispondenti a dette ispezioni al laboratorio di prova interessato e alle autorità delle parti contraenti(1).- Le ispezioni inizieranno prima possibile dopo la firma dell'accordo su richiesta delle autorità israeliane; esse riguarderanno i laboratori di prova che desiderano essere riconosciuti conformi alla BPL.- Tutti i costi attinenti alle missioni preliminari e alle ispezioni del periodo iniziale saranno a carico dello Stato di Israele.Per il Governo dello Stato di Israele>PIC FILE= "L_1999263IT.000801.EPS">Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_1999263IT.000802.EPS">(1) Commissione europeaDG I/M/2Rue de la Loi/Wetstraat, 200 B - 1049 Bruxelles/Brussel Ente israeliano perl'accreditamento dei laboratoriHabonim Street 2 Ramat Gan 52522 ( Israele )ALLEGATO IVLABORATORI DI PROVA ISRAELIANI CHE CHIEDONO L'ACCREDITAMENTO BPL1. AGAN CHEMICAL MANUFACTURERS LTD>SPAZIO PER TABELLA>2. AMINOLAB LTD Analytical Laboratory Services>SPAZIO PER TABELLA>3. ANALYST Research Laboratories>SPAZIO PER TABELLA>4. HARLAN BIOTEC Israel Ltd>SPAZIO PER TABELLA> | Accordo sul reciproco riconoscimento UE — Israele (ARR)
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
Questo accordo sul reciproco riconoscimento (ARR)* tra la Comunità europea (ora l’UE) e lo Stato di Israele concerne i principi della buona prassi di laboratorio (BPL) dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) e i programmi di controllo della conformità.
La decisione approva l’ARR per conto dei paesi dell’UE.
PUNTI CHIAVE
I prodotti chimici che rientrano nell’accordo sono:cosmetici; prodotti chimici industriali; prodotti medicinali/farmaceutici; additivi alimentari; additivi per mangimi; pesticidi. Principali caratteristiche dell’accordo:entrambe le parti (l’UE e lo Stato di Israele) garantiranno elevata qualità, validità e affidabilità dei dati di valutazione della sicurezza risultanti dalle prove non cliniche dei prodotti chimici; entrambe le parti riconoscono che i programmi di controllo della conformità alla BPL dell’altra sono equivalenti; ciascuna parte accetta i dati prodotti dalle strutture di prova situate sul territorio dell’altra parte se partecipano al programma di controllo della conformità alla BPL e conviene in merito al fatto che esso possa essere usato con finalità decisionali per immettere prodotti chimici sul mercato; buona prassi di laboratorio, ispezione del centro di prova e verifiche ispettive dello studio conformi ai principi adottati dall’OCSE; centri di prova conformi alla buona prassi di laboratorio in base ai rispettivi principi di ciascuna parte; le due parti terranno l’altra informata in merito a eventuali modifiche alla loro legislazione che potrebbero influire sugli standard o programmi di conformità alla buona prassi di laboratorio; l’UE verificherà che i laboratori e il sistema di controllo nazionale in Israele siano conformi; l’ARR prevede un periodo di transizione di due anni per creare un sistema nazionale di controllo della BPL; l’ARR decade automaticamente qualora le parti non trovino un accordo sul sistema nazionale di controllo della BPL dello Stato di Israele e sulla sua estensione in seguito al periodo iniziale.
DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO?
È in vigore dal 1° maggio 2000.
CONTESTO
Nella loro risoluzione del 21 dicembre 1989, i paesi dell’UE hanno accettato il principio degli accordi ARR. Il 21 settembre 1992, hanno autorizzato la Commissione europea a negoziare accordi di reciproco riconoscimento per conto dell’UE con taluni paesi extra-UE.
Si consulti inoltre:Accordo sul reciproco riconoscimento (Commissione europea) Buona prassi di laboratorio (Commissione europea).
PAROLE CHIAVE
Accordo sul reciproco riconoscimento: un accordo internazionale in cui due o più paesi riconoscono i risultati delle valutazioni di conformità dell’altro paese.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Accordo sul reciproco riconoscimento dei principi della buona prassi di laboratorio (BPL) dell’OCSE e sui programmi di controllo della conformità tra la Comunità europea e lo Stato di Israele — Verbali (GU L 263 del 9.10.1999, pag. 7).
Decisione 99/662/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, relativa alla conclusione dell’accordo sul reciproco riconoscimento dei principi della buona prassi di laboratorio (BPL) dell’OCSE e sui programmi di controllo della conformità tra la Comunità europea e lo Stato di Israele (GU L 263 del 9.10.1999, pag. 6).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte quinta — Azione esterna dell’Unione — Titolo II — Politica commerciale comune — Articolo 207 (ex articolo 133 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 140).
Accordo sullo Spazio economico europeo — Protocollo 12 sugli accordi con i paesi terzi relativi alla valutazione della conformità (GU L 1 del 3.1.1994, pag. 174).
Negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) — Allegato 1 — Allegato 1a — Accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi (OMC — GATT 1994) (GU L 336 del 23.12.1994, pag. 86).
Risoluzione del Consiglio, del 21 dicembre 1989, concernente un approccio globale in materia di valutazione della conformità (GU C 10 del 16.1.1990, pag. 1). | 8,742 | 873 |
31989L0105 | false | Direttiva 89/105/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia
Gazzetta ufficiale n. L 040 del 11/02/1989 pag. 0008 - 0011 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0045 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0045
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1988 riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicina1i per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (89/105/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),in cooperazione con il parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),considerando che le autorizzazioni di commercializzazione delle specialità medicinali, rilasciate in applicazione della direttiva 6S/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 196S, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (a), modificata da ultimo dalla direttiva 87/21/CEE (4), possono essere rifiutate soltanto per motivi inerenti alla qualità, alla sicurezza o allefficacia della specialità medicinale in questione;considerando che gli Stati membri hanno adottato misure di carattere economico per quanto riguarda la commercializzazione delle specialità medicinali, per controllare le spese a carico dei servizi sanitari per tali specialità medicinali: che tali misure includono controlli diretti ed indiretti dei prezzi delle specialità medicinali come una conseguenza dell'inadeguatezza o dellassenza di concorrenza nel mercato delle specialita medicinali e restrizioni della gamma delle specialità coperte dai regimi nazionali di assicurazione malattia;considerando che lo scopo principale di tali misure è la promozione della salute pubblica attraverso un'adeguata disportibilità di specialità medicinali a prezzi ragionevoli; che tuttaviatali misure dovrebbero servire anche a promuovere l'efficienza produttiva delle specialità medicinali e ad incoraggiare la ricerca e lo sviluppo di nvove specialità medicinali, da cui dipende in definitiva il mantenimeto di un alto livello di salute pubblica nella Comunità;considerando che disparità in tali misure possono ostacolare o falsare il commercio intracomunitario delle specialità medicinali e quindi pregiudicare direttamente il funzionamento del mercato comune delle specialità medicinali;considerando che l'obiettivo della presente direttiva è di ottenere una visione d'insieme delle intese nazionali in materia di prezzi, compreso il modo in cui esse operano nei singoli casi e tutti i criteri su cui sono basate, e di renderle note a tutte le persone interessate dal mercato delle specialità medicinali negli Stati membri; che questa informazione dovrebbe essere pubblica;considerando che è urgentemente necessario, come primo passo per eliminare queste disparità, stabilire una serie di esigenze per assicurare che tutti gli interessati possano verificare che le misure nazionali non costituiscano restrizioni quantitative alle importazioni o esportazioni né misure di effetto equivalente; che tuttavia queste esigenze non intaccano le politiche degli Stati membri che basano la determinazione dei prezzi delle specialità medicinali in primo luogo sulla libera concorrenza; che dette esigenze non influenzano nemmeno le politiche nazionali per la fissazione dei prezzi e la determinazione dei regimi di previdenza sociale salvo nella misura in cui sia necessario raggiungere la trasparenza prevista dalla presente direttiva;considerando che l'ulteriore ravvicinamento di queste misure deve avvenire progressivamente,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. Gli Stati membri assicurano la conformità con le esigenze della presente direttiva di qualsiasi misura nazionale, di natura legislativa, regolamentare o amministrativa, presa per controllare i prezzi delle specialità medicinali per uso umano o per restringere la gamma delle specialità medicinali coperte dai regimi nazionali di assicurazione malattia.2. È applicabile ai fini della presente direttiva la definizione della nozione «specialità medicinale» figurante all'articolo 1 della direttiva 65/65/CEE.3. Nessun elemento della presente direttiva consente la commercializzazione di una specialità medicinale per cui non è stata rilasciata l'autorizzazione di cui all' articolo 3 della direttiva 65/65/CEE.Articolo 2Sono applicabili le disposizioni seguenti se la commercializzazione di una specialità medicinale è permessa solo dopo che le autorità competenti dello Stato membro interessato abbiano approvato il prezzo del prodotto:1) Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione sul prezzo che può essere imposto per la specialità medicinale in questione e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni dal ricevimento di una richiesta presentata, conformemente alle condizioni stabilite nello Stato membro in questione,dal detentore di un'autorizzazione di commercializzazione. Il richiedente fornisce alle autorità competenti informazioni sufficienti. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti le autorità competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni particolareggiate supplementari richieste e prendono una decisione definitiva entro novanta giorni dal ricevimento di queste informazioni supplementari. In mancanza di tale decisione, entro il (i) termine(i) precisato(i), il richiedente ha il diritto di commercializzare il prodotto al prezzo proposto.2) Se le autorità competenti decidono di non permettere la commercializzazione della specialità medicinale in questione al prezzo proposto dal richiedente, la decisione contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili. Il richiedente è inoltre informato dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.3) Almeno una volta all'anno le autorità competenti pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco delle specialità medicinali i cui prezzi sono stati fissati nel periodo preso in considerazione, assieme ai prezzi che possono essere imposti per tali prodotti.Articolo 3Fatto salvo l'articolo 4, si applicano le disposizioni seguenti se l'aumento di prezzo di una specialità medicinale è permesso solo dopo aver ottenuto la previa approvazione delle autorità competenti:1) Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione per ogni richiesta di aumento del prezzo di una specialità medicinale presentata, conformemente alle condizioni stabilite nello Stato membro in questione, dal detentore dell'autorizzazione di commercializzazione, e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta. Il richiedente formisce alle autorità competenti informazioni sufficienti, compresi i fatti particolareggiati che si sono verificati dopo l'ultima fissazione del prezzo della specialità medicinale e che giustificano, a suo parere, l'aumento di prezzo richiesto. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti le autorità competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni particolareggiate supplementari richieste e prendono una decisione definitiva entro novanta giorni dal ricevimento di queste informazioni supplementari.Nel caso di un numero eccezionale di richieste il termine può essere prorogato una sola volta di ulteriori sessanta giorni. Tale proroga è notificata al richiedente prima della scadenza del termine.In mancanza di tale decisione entro il (i) termine(i) precitato(i) il richiedente ha il diritto di applicare l'intero aumento di prezzo richiesto.2) Se le autorità competenti decidono di non permettere, in tutto o in parte, l'aumento di prezzo richiesto, la decisione contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, e il richiedente è informato dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.3) Almeno una volta all'anno le autorità competenti pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco delle specialità medicinali per cui sono stati accordati aumenti di prezzo durante il periodo preso in considerazione, assieme al nuovo prezzo che può essere applicato a tali prodotti.Articolo 41. Nel caso di un blocco dei prezzi di tutte le specialità medicinali o di certe loro categorie imposto dalle autorità competenti di uno Stato membro, detto Stato membro verifica, almeno una volta all'anno, se le condizioni macroeconomiche giustifichino la continuazione senza modifiche del blocco. Entro novanta giorni dall'inizio di questo esame, le autorità competenti annunciano quali eventuali maggiorazioni o diminuzioni di prezzo sono apportate.2. In casi eccezionali il detentore di un'autorizzazione di commercializzazione di specialità medicinali può richiedere una deroga dal blocco dei prezzi se ciò è giustificato da motivi particolari. La richiesta contiene un esposto sufficiente di tali motivi. Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione motivata in merito ad ogni richiesta e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti, le autorità competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni particolareggiate supplementari richieste e prendono una decisione definitiva entro novanta giorni dal ricevimento di queste informazioni supplementari. Se la deroga è accordata, le autorità competenti pubblicano immediatamente un annuncio concernente l'aumento di prezzo accordato.Nel caso di un numero eccezionale di richieste il termine può essere prorogato una sola volta di ulteriori sessanta giorni. Tale proroga è notificata al richiedente prima della scadenza del termine iniziale.Articolo 5Se uno Stato membro adotta un sistema di controlli diretti o indiretti sui margini di utile dei responsabili dell'immissione sul mercato di specialità medicinali, esso pubblica le informazioni seguenti in una pubblicazione appropriata e le comunica alla Commissione :a) il metodo o i metodi usati nello Stato membro interessato per definire il margine di utile: redditività delle vendite e/ o rendimento in conto capitale;b) la percentuale di utile al momento consentita ai responsabili dell'immissione sul mercato di specialità medicinali, nello Stato membro interessato;c) i criteri secondo cui si calcolano le percentuali di utile per: ogni singolo responsabile dell'immissione sul mercato di specialità medicinali, assieme ai criteri in base a cui i medesimi sono autorizzati a trattenere utili superiori a quelli stabiliti nello Stato membro interessato;d) la percentuale massima di utile che ogni responsabile dell'immissione sul mercato di specialità medicinali è autorizzato a trattenere, al di là del margine stabilito nello Stato membro interessato.Queste informazioni sono aggiornate una volta all'anno, oppure quando si verificano cambiamenti significativi.Se, oltre ad un sistema di controllo diretto o indiretto dei margini di utile, uno Stato membro attua un sistema di controllo dei prezzi su certi tipi di specialità medicinali esclusi dal sistema di controllo degli utili, sono applicabili a tali controlli di prezzo, ove pertinenti, gli articoli 2, 3 e 4. Tuttavia gli articoli 2, 3 e 4 non sono applicabili quando l'attuazione normale di un sistema di controlli diretti o indiretti dei margini di utile si risolve eccezionalmente nella fissazione di un prezzo per una specialità medicinale particolare.Articolo 6Le disposizioni seguenti sono applicabili se una specialità medicinale è coperta da un regime nazionale di assicurazione malattia solo dopo che le autorità competenti hanno deciso di includerla nell'elenco positivo delle specialità medicinali coperte da tale regime.1) Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione su una richiesta di inclusione di una specialità medicinale nell'elenco delle specialità medicinali coperte da un regime nazionale di assicurazione malattia, presentata, conformemente alle condizioni stabilite dallo Stato membro in questione, dal detentore di un'autorizazione di commercializzazione e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta. Il termine è prorogato di novanta giorni se è presentata una richiesta ai sensi del presente articolo prima che le autorità competenti concordino il prezzo da imporre al prodotto in applicazione all'articolo 2 oppure se sono adottate con un'unica procedura amministrativa una decisione sul prezzo di una specialità medicinale e una decisione sull'inclusione di quest'ultima nell'elenco delle specialità medicinali coperte dal regime di previdenza sociale. Il richiedente fornisce alle autorità competenti informazioni sufficienti. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti, il termine è sospeso e le autorita competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni supplementari dettagliate richieste.Se uno Stato membro non permette la presentazione di una richiesta ai sensi del presente articolo prima che le autoritá competenti abbiano concordato il prezzo da imporre al prodotto in applicazione dell'articolo 2, esso assicura che il termine complessivo delle due procedure non superi i centottanta giorni. Questo termine può essere prorogato conformemente all'articolo 2, ovvero sospeso conformemente al primo comma del presente punto.2) Qualsiasi decisione di non includere una specialità medicinale nell'elenco dei prodotti coperti dal regime di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, compresi qualsiasi eventuale parere o raccomandazione degli esperti su cui la decisione sia fondata. Il richiedente è inoltre informato dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.3) Anteriormente alla data menzionata nell'articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione i criteri di cui devono tener conto le autorità competenti quando decidono in merito all'inclusione o meno delle specialità medicinali negli elenchi.4) Entro un anno dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo I, gli Stati membri pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco completo dei prodotti coperti dal proprio regime di assicurazione malattia, assieme ai prezzi stabiliti dalle autorità nazionali competenti. Questa informazione è aggiornata almeno una volta all'anno.5) Qualsiasi decisione di escludere un prodotto dall'elenco dei prodotti coperti da un regime di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili. Tali decisioni, compresi gli eventuali pareri o raccomandazioni degli esperti su cui la decisione si basa, sono comunicate alla persona responsabile che è informata dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.6) Qualsiasi decisione di escludere una categoria di specialità medicinali dall'elenco dei prodotti coperti da un regime di assicurazione malattia contiene un esposto di motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, ed è pubblicata in una pubblicazione appropriata.Articolo 7Le seguenti disposizioni sono applicabili se le autorità competenti di uno Stato membro sono competenti per decidere l'esclusione di singole specialità medicinali o categorie di specialità medicinali dalla copertura del proprio regime nazionale di assicurazione malattia (elenchi negativi).1) Qualsiasi decisione di escludere una categoria di specialità medicinali dalla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, ed è pubblicata in una pubblicazione appropriata.2) Anteriormente alla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1 gli Stati membri pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione i criteri di cui devono tener conto le autorità competenti quando decidono in merito all'esclusione o meno di una singola specialita` medicinale dalla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia.3) Qualsiasi decisione di escludere una determinata specialità medicinale dalla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili. Tali decisioni, comprese gli eventuali pareri e raccomandazioni degli esperti su cui la decisione si basa, sono comunicate alla persona responsabile, che è informata dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtu delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.4) Entro un anno dalla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, le autorità competenti pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco delle singole specialità medicinali escluse dal regime di assicurazione malattia. Questa informazione è aggiornata almeno ogni sei mesi.Articolo 81. Anteriormente alla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione gli eventuali criteri in merito alla classifica terapeutica delle specialità medicinali, utilizzata dalle autorità competenti per gli scopi del regime nazionale di assicurazione malattia.2. Anteriormente alla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione gli eventuali criteri impiegati dalle autorità competenti per verificare l'equità e la trasparenza dei prezzi imposti per i trasferimenti, all'interno di un gruppo di società, dei principi attivi o dei prodotti intermedi usati nella fabbricazione delle specialità medicinali o delle specialità medicinali finite.Articolo 91. Alla luce dell'esperienza la Commissione sottopone al Consiglio, entro due anni a decorrere dalla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, una proposta contenente appropriate misure tendenti all'abolizione delle barriere ancora esistenti o delle distorsioni al libero movimento delle specialità medicinali, in modo da allineare maggiormente questo settore alle normali condizioni del mercato interno.2. Il Consiglio decide sulla proposta della Commissione entro un anno dalla sua presentazione.Articolo 101. È istituito ed insediato presso la Commissione un comitato, denominato «comitato consultivo responsabile dell'attuazione della direttiva 89/105/CEE riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia».2. Il comitato ha il compito di esaminare qualsiasi problema relativo all'applicazione della presente direttiva, sottopostogli dalla Commissione oppure a richiesta di uno Stato membro.3. Il comitato è composto di un rappresentante per ogni Stato membro. Ogni rappresentante ha un supplente. Il supplente ha diritto di partecipare alle riunioni del comitato.4. Un rappresentante della Commissione presiede il comitato.5. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 111. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 31 dicembre 1989. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Anteriormente alla data di cui al paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di fissazione dei prezzi delle specialità medicinali, al margine di utile delle case farmaceutiche ed alla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia. Ogni emendamento o modifica di tali disposizioni legislative, regolamentari e amministrative è immediatamente comunicato alla Commissione.Articolo 12Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1988.Per il ConsiglioIl PresidenteV. PAPANDREOU(1) GU n. C 17 del 23. l. 1987, pag. 6 e GU n. C 129 del 18. S. 1988,pag.14.(2) GU n. C 94 dell'l l. 4. 1988, pag 62 e GU n. C 326 del 19.12.1988.(3) GU n. C 319 del 30. 11. 1987, pag. 47.(4) GU n. 22 del 9. 2. 1965, pag. 369/6S.(5) GU n. L 15 del 17. 1. 1987, pag. 36. | Trasparenza delle decisioni che regolano i prezzi e il rimborso dei medicinali nei paesi dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Essa mira a garantire che tutte le misure adottate dai paesi dell’Unione europea (UE) per la fissazione dei prezzi e il rimborso dei medicinali siano trasparenti.
A tal scopo stabilisce le procedure che i paesi dell’UE devono seguire affinché le loro decisioni e le loro politiche non creino ostacoli al commercio farmaceutico nell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Le autorità nazionali dei paesi dell’UE, una volta che un farmaco è autorizzato, devono:
prendere una decisione sul prezzo praticato e il livello di rimborso entro 90 giorni dal ricevimento della domanda, a condizione che tutte le informazioni necessarie siano state fornite;
consentire al richiedente di vendere il prodotto al prezzo proposto, se non riescono a prendere una decisione entro il termine di 90 giorni;
fornire motivazioni basate su criteri oggettivi e verificabili per l’eventuale rifiuto di autorizzazione del prezzo di un farmaco;
seguire in gran parte le stesse procedure quando prendono in considerazione le domande:
per l’aumento del prezzo di un farmaco;
per l’esenzione da un blocco dei prezzi;
per l’inclusione nella lista dei prodotti coperti dai sistemi nazionali di assicurazione malattia;
rivedere almeno una volta all’anno qualsiasi blocco dei prezzi che può essere imposto a tutti i farmaci o ad alcune categorie di farmaci per determinare se è ancora giustificato dalle condizioni economiche;
informare la Commissione europea dei termini di eventuali controlli diretti o indiretti che pongono sui margini di utile delle aziende farmaceutiche;
consentire che le decisioni possano essere oggetto di ricorso dinanzi al tribunale nazionale e informare il richiedente circa i requisiti procedurali di tali ricorsi.
Un comitato consultivo, noto come «comitato per la trasparenza», composto da rappresentanti nazionali e presieduto dalla Commissione, è incaricato di esaminare e discutere qualsiasi problema relativo all’attuazione della direttiva.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 27 dicembre 1988. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 31 dicembre 1989.
CONTESTO
Dopo aver condotto una revisione della normativa, la Commissione ha proposto una nuova direttiva nel marzo 2012, volta a snellire le procedure e a ridurre il tempo impiegato dalle decisioni nazionali in materia di prezzi e di rimborso dei medicinali. La proposta legislativa mirava a semplificare le procedure, nonché a migliorare la chiarezza e la certezza giuridica per tutte le parti interessate. La proposta è stata successivamente revocata dalla Commissione nel marzo 2015.
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha emesso diverse sentenze sull’interpretazione e l’attuazione della normativa in materia di trasparenza.
Per ulteriori informazioni, si consulti:
«Direttiva sulla trasparenza» sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 89/105/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (GU L 40 dell’11.2.1989, pagg. 8–11) | 6,845 | 946 |
32002R0743 | false | Regolamento (CE) n. 743/2002 del Consiglio, del 25 aprile 2002, che istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile
Gazzetta ufficiale n. L 115 del 01/05/2002 pag. 0001 - 0005
Regolamento (CE) n. 743/2002 del Consigliodel 25 aprile 2002che istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civileIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 61, lettera c), e l'articolo 67, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) L'Unione europea si è prefissa l'obiettivo di conservare e di sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone. A tal fine la Comunità deve adottare, tra l'altro, nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, le misure necessarie al corretto funzionamento del mercato interno.(2) Il 3 dicembre 1998 il Consiglio ha adottato un piano d'azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia(4), in seguito denominato il "piano d'azione di Vienna".(3) Il Consiglio europeo riunito a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999 ha adottato le conclusioni "Verso un'Unione di libertà, sicurezza e giustizia: i capisaldi di Tampere".(4) Il 30 novembre 2000 il Consiglio ha adottato un programma della Commissione e del Consiglio relativo all'attuazione del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni in materia civile e commerciale(5).(5) Per il periodo 1996-2000 l'azione comune 96/636/GAI(6) ha istituito un programma di incoraggiamento e di scambi destinato agli operatori della giustizia (Grotius).(6) Con il regolamento (CE) n. 290/2001(7) il programma d'incoraggiamento e di scambi destinato agli operatori della giustizia in materia di diritto civile (Grotius-civile) è stato rinnovato solo per un periodo transitorio di un anno, in attesa dei risultati di una riflessione approfondita sugli obiettivi su cui si devono incentrare le future azioni e sovvenzioni comunitarie.(7) La decisione n. 1496/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(8) ha istituito un programma d'azione per una maggiore sensibilizzazione degli operatori del diritto al diritto comunitario (azione Robert Schuman) per una durata di tre anni.(8) Per poter realizzare gli ambiziosi obiettivi del trattato, del piano d'azione di Vienna e delle conclusioni di Tampere è necessario un quadro generale comunitario di attività flessibile ed efficace in materia di diritto civile.(9) Detto quadro generale comunitario di attività deve prevedere iniziative della Commissione, nel rispetto del principio di sussidiarietà, azioni a sostegno delle organizzazioni che promuovono e migliorano la cooperazione giudiziaria in materia civile, nonché azioni a sostegno di progetti specifici.(10) Per uno sviluppo ulteriore della cooperazione giudiziaria in materia civile sono necessarie una serie di azioni da intraprendersi nell'ambito di un programma comunitario di attività. La pianificazione e l'attuazione di tali azioni trarranno giovamento dal raggruppamento di queste nell'ambito di un quadro generale comunitario di attività.(11) Le azioni intraprese dalla Commissione potrebbero consistere in azioni specifiche quali: studi, ricerche, seminari, conferenze, riunioni di esperti, pubblicazioni, manuali, banche dati e/o siti internet, nonché misure adottate per divulgare i risultati dei progetti cofinanziati a titolo del quadro generale comunitario di attività.(12) L'istituzione di detto quadro generale comunitario di attività volto ad accrescere la comprensione reciproca dei sistemi giuridici e giudiziari degli Stati membri consentirà la riduzione degli ostacoli che si frappongono alla cooperazione giudiziaria in materia civile, a beneficio del funzionamento del mercato interno.(13) Si impongono provvedimenti che assicurino la corretta utilizzazione degli strumenti comunitari nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, che saranno più efficaci se coordinati nell'ambito di un quadro generale comunitario di attività.(14) Dato che gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della dimensione europea necessaria per raggiungerli, delle economie di scala attese e degli effetti cumulativi delle azioni prospettate, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. In base al principio di proporzionalità di cui a detto articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tali obiettivi.(15) La partecipazione dei paesi candidati all'adesione all'Unione europea a detto quadro generale comunitario di attività costituirà un'utile preparazione per l'adesione, in particolare per quanto riguarda la capacità di tali paesi di applicare l'acquis comunitario.(16) È necessario prevedere taluni principi riguardanti le sanzioni da adottare allorché si verificano irregolarità o in caso di inadempienza degli obblighi derivanti dalla convenzione di finanziamento tra la Commissione ed i beneficiari.(17) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(9).(18) Il programma di lavoro annuale è adottato secondo la procedura del comitato di gestione, in modo da garantire un certo equilibrio istituzionale, tenendo conto in particolare del fatto che le azioni specifiche di cui all'articolo 3, paragrafo 1, sono intraprese dalla Commissione.(19) Il Regno Unito e l'Irlanda, a norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione ed all'applicazione del presente regolamento.(20) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione del presente regolamento che non è vincolante per la Danimarca né applicabile a tale paese,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO IOBIETTIVI ED INIZIATIVEArticolo 1Oggetto1. Il presente regolamento istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile, in seguito denominato: "quadro generale", per il periodo dal 1o gennaio 2002 al 31 dicembre 2006.2. Il presente regolamento non si applica alla Danimarca.Articolo 2ObiettiviIl presente quadro generale persegue i seguenti obiettivi:1) promuovere la cooperazione giudiziaria in materia civile, diretta in particolare a:a) garantire la certezza del diritto e migliorare l'accesso alla giustizia;b) promuovere il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e delle sentenze;c) promuovere il necessario ravvicinamento delle disposizioni legislative;d) rimuovere gli ostacoli creati dalle disparità legislative e procedurali in materia civile;2) migliorare la conoscenza reciproca dei sistemi giuridici e giudiziari degli Stati membri in materia civile;3) consentire la corretta attuazione ed applicazione degli strumenti comunitari adottati nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile;4) migliorare la diffusione dell'informazione rivolta al pubblico sull'accesso alla giustizia, la cooperazione giudiziaria e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri in materia civile.Articolo 3Tipi di iniziativeLe iniziative sostenute o svolte nell'ambito del presente quadro generale perseguono almeno uno degli obiettivi di cui all'articolo 2 e consistono in quanto segue:1) azioni specifiche intraprese dalla Commissione; o2) azioni volte a sostenere finanziariamente progetti specifici d'interesse comunitario, sussistendo le condizioni di cui all'articolo 5; o3) azioni che accordano un sostegno finanziario alle iniziative delle organizzazioni non governative, sussistendo le condizioni di cui all'articolo 6.Articolo 4Partecipazione di paesi terziIl presente quadro generale è aperto alla partecipazione dei seguenti paesi:1) i paesi candidati dell'Europa centrale e orientale (PECO), in conformità degli accordi europei, dei loro protocolli aggiuntivi e delle decisioni dei rispettivi consigli di associazione;2) Cipro, Malta e Turchia, in base ad accordi bilaterali da concludere con questi paesi;3) altri paesi, ove consentito da accordi e procedure.Articolo 5Progetti specifici1. I progetti specifici di cui all'articolo 3, paragrafo 2, riguardano almeno una delle seguenti azioni:a) formazione;b) scambi e tirocini;c) studi e ricerche;d) incontri e seminari;e) diffusione delle informazioni.2. I progetti possono essere presentati da istituzioni ed organismi pubblici o privati, comprese le organizzazioni professionali, gli istituti di ricerca e gli istituti di formazione iniziale e continua, nei settori legale e giudiziario, per operatori della giustizia.Per operatori della giustizia si intendono i giudici, i magistrati delle Procure, gli avvocati, i procuratori legali, il personale accademico e scientifico, i funzionari ministeriali, gli ausiliari di giustizia, gli ufficiali giudiziari, gli interpreti giudiziari e i membri di altre professioni associate alla giustizia nel settore del diritto civile.3. Per poter essere cofinanziati, i progetti devono riunire almeno tre paesi partecipanti al presente quadro generale.Ai progetti possono anche essere associati operatori della Danimarca, di paesi candidati all'adesione, al fine di contribuire alla preparazione dell'adesione stessa, o di altri paesi terzi che non partecipano al presente quadro generale, laddove ciò sia utile per le finalità dei progetti.Articolo 6Iniziative delle organizzazioni non governativeIl sostegno finanziario delle azioni di cui all'articolo 3, paragrafo 3, può essere accordato per le iniziative previste nei programmi annuali di attività delle organizzazioni non governative in possesso dei requisiti seguenti:1) non devono perseguire fini di lucro;2) devono essere costituite secondo la legislazione vigente in uno degli Stati membri;3) devono svolgere attività di dimensione europea che comportino la partecipazione, di regola, di almeno la metà degli Stati membri; e4) devono avere tra gli obiettivi delle loro attività almeno uno degli obiettivi di cui all'articolo 2.CAPO IIFINANZIAMENTO, ATTUAZIONE E PROCEDUREArticolo 7Finanziamento1. Il cofinanziamento di iniziative nell'ambito del presente quadro generale esclude qualsiasi altro finanziamento a titolo di un altro programma finanziato dal bilancio generale dell'Unione europea.2. Le azioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, da un lato, e quelle di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, dall'altro, sono oggetto di un'equa ripartizione della dotazione finanziaria annuale.3. La proporzione del sostegno finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea non può in linea di principio superare il 60 % del costo delle azioni di cui all'articolo 3, paragrafo 2, o all'articolo 3, paragrafo 3. In circostanze eccezionali la proporzione del sostegno finanziario può tuttavia raggiungere l'80 %.Articolo 8Esecuzione1. La Commissione pubblica, se possibile entro il 30 giugno di ogni anno, un programma di lavoro annuale:a) che stabilisca le priorità in termini di obiettivi e tipo di iniziative per l'anno successivo;b) che descriva le azioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, che la Commissione intende intraprendere; ec) che descriva i criteri di selezione e di attribuzione, nonché le procedure per la presentazione e l'approvazione delle proposte relative alle azioni di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 3.2. La Commissione adotta il programma di lavoro annuale secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.3. Nella valutazione e nella selezione delle proposte la Commissione presta particolare attenzione ai seguenti criteri:a) contributo al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 2;b) progetti orientati alla soluzione di problemi;c) dimensione europea;d) misure previste per garantire la diffusione dei risultati;e) complementarità con altre azioni già concluse, in corso o previste per il futuro;f) dimensione dell'azione, in particolare in termini di economie di scala e di efficienza nel rapporto costi/benefici.4. La Commissione valuta ciascuno dei progetti che le sono presentati per le azioni di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 3. Le decisioni relative a tali azioni sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 9Decisioni di finanziamento1. Le decisioni di finanziamento adottate dalla Commissione a norma dell'articolo 3, paragrafi 2 e 3, sono seguite da convenzioni di finanziamento tra la Commissione e i beneficiari.2. Le decisioni e le convenzioni di finanziamento sono soggette al controllo finanziario della Commissione e alle verifiche della Corte dei conti.Articolo 10Supervisione1. La Commissione provvede regolarmente alla supervisione e al controllo dell'esecuzione delle iniziative finanziate dalla Comunità. Ciò avviene sulla base di relazioni preparate secondo le procedure convenute tra la Commissione ed il beneficiario e può comportare altresì controlli a campione effettuati in loco.2. Il beneficiario presenta una relazione alla Commissione per ciascuna azione entro tre mesi dalla sua conclusione. La Commissione determina la forma di tale relazione e il tipo di informazioni da includervi.3. Il beneficiario del sostegno finanziario tiene a disposizione della Commissione tutti i documenti giustificativi di una spesa per un periodo di cinque anni dall'ultimo pagamento relativo ad un'azione.Articolo 11Diffusione dell'informazione1. La Commissione provvede alla pubblicazione annuale di un elenco dei beneficiari e delle iniziative finanziate nell'ambito del presente quadro generale, recante l'indicazione dell'importo del finanziamento.2. Qualora un progetto finanziato a norma dell'articolo 3, paragrafo 2, non preveda la diffusione dei risultati e tale diffusione possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 2, la Commissione può adottare i necessari provvedimenti.3. All'inizio di ogni anno, la Commissione fornisce al comitato dell'articolo 12 informazioni circa le iniziative intraprese sulla base dell'articolo 3, paragrafo 1, nell'anno precedente.Articolo 12Comitato consultivo1. La Commissione è assistita da un comitato (denominato "comitato dell'articolo 12").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 13Comitato1. La Commissione è assistita da un comitato (denominato "comitato dell'articolo 13").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 14Sanzioni1. Le sanzioni sono disciplinate dalla convenzione di finanziamento nel rispetto del presente regolamento.2. La Commissione può porre fine alla convenzione di finanziamento stipulata nell'ambito del quadro di riferimento qualora costati irregolarità o in caso di inadempienza degli obblighi derivanti dalla convenzione.Se sono constatate irregolarità o se gli obblighi della convenzione di finanziamento non sono rispettati la Commissione può sospendere il pagamento del finanziamento residuo. La Commissione invita il beneficiario a fornire spiegazioni o a regolarizzare la situazione entro un termine ragionevole da essa fissato.Qualora la risposta sia insufficiente o la situazione non sia regolarizzata, la Commissione può porre fine alla convenzione di finanziamento e chiedere il rimborso degli importi già versati, maggiorato degli interessi di mora.3. In caso di inadempienza parziale degli obblighi derivanti dalla convenzione di finanziamento, la Commissione può ridurre il finanziamento residuo e chiedere il rimborso di una parte degli importi già versati, maggiorato degli interessi di mora.Articolo 15Relazioni e valutazione1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 30 giugno 2004, una relazione sull'attuazione del presente quadro generale, in particolare sui risultati del controllo, le relazioni e la supervisione delle attività.2. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione valutativa sul presente quadro generale in tempo utile per un eventuale rinnovo del medesimo o comunque entro il 31 dicembre 2005. Tale relazione comprende una valutazione del rapporto costi/benefici ed una constatazione del raggiungimento o meno degli obiettivi, basata su indicatori dei risultati.Articolo 16Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Lussemburgo, addì 25 aprile 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) GU C 213 E del 31.7.2001, pag. 271.(2) Parere reso il 12 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 36 dell'8.2.2002, pag. 77.(4) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1.(5) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 1.(6) GU L 287 dell'8.11.1996, pag. 3.(7) GU L 43 del 14.2.2001, pag. 1.(8) GU L 196 del 14.7.1998, pag. 24.(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. | Incoraggiare la cooperazione giudiziaria in materia civile
Il presente regolamento istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile. In questo settore le attività comunitarie comprendono il sostegno ad organizzazioni impegnate a favorire ed incoraggiare la cooperazione giudiziaria in materia civile, nonché a progetti specifici.
ATTO
Regolamento (CE) n. 743/2002 del Consiglio, del 25 aprile 2002, che istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile.
SINTESI
Il presente regolamento mira a stabilire un quadro generale comunitario di attività per il periodo dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2006 destinato ad agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile. Per il periodo 2007-2013, il 6 aprile 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta per il programma specifico "Giustizia civile" nel quadro del programma generale "Diritti fondamentali e giustizia" (cfr. "atti collegati").
Il regolamento non è applicabile alla Danimarca. Il Regno Unito e l'Irlanda hanno invece notificato la loro volontà di partecipare all'adozione e all'applicazione del presente regolamento (possibilità conforme ai protocolli sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegati al trattato UE e al trattato CE).
Assegnare sovvenzioni, realizzare gli obiettivi del programma
Gli obiettivi del programma sono:
incoraggiare la cooperazione giudiziariain materia civile per garantire certezza giuridica e migliorare l'accesso alla giustizia;
migliorare la conoscenza reciproca dei sistemi giudiziari degli Stati membri;
garantire l'attuazione degli strumenti comunitari nel settore della cooperazione giudiziaria civile;
migliorare l'informazione del pubblico sull'accesso alla giustizia, la cooperazione giudiziaria e i sistemi giuridici degli Stati membri.
Per quanto riguarda le attività che beneficiano di un sostegno, il quadro generale è destinato ad assegnare:
sovvenzioni per i progetti cofinanziati che realizzano uno o più degli obiettivi del quadro d'attività;
sovvenzioni per le spese di funzionamento delle organizzazioni non governative europee;
un finanziamento per le azioni autonome attuate dalla Commissione su iniziativa propria.
Assegnare sovvenzioni ad istituzioni pubbliche e private
Il regolamento prevede l'assegnazione di sovvenzioni per le attività delle organizzazioni non governative e per progetti specifici presentati da istituzioni e organismi pubblici e privati.
Alle organizzazioni non governative possono essere accordati finanziamenti se soddisfano se soddisfano le seguenti condizioni:
avere lo statuto di organizzazione senza scopo di lucro, costituita conformemente alla legge di uno degli Stati membri dell'Unione europea;
svolgere attività di dimensione europea che comportino la partecipazione, di regola, di almeno la metà degli Stati membri;
perseguire tra i vari obiettivi la promozione della cooperazione giudiziaria in materia civile.
I progetti specifici possono essere presentati da istituzioni, enti pubblici o privati (istituti di ricerca, associazioni professionali, ecc.). Devono mirare all'organizzazione di scambi, tirocini, studi, ricerche, riunioni e seminari.
L'art. 4 del Regolamento prevedeva la possibilità, a determinate condizioni, di aprire tale quadro generale alla partecipazione dei paesi candidati dell'Europa centrale e orientale (PECO), di Cipro, di Malta, e della Turchia e di qualsiasi altro paese, se gli accordi e le procedure lo autorizzano. Naturalmente questo articolo non è più applicabile ai 10 nuovi Stati membri che fanno parte dell'Unione europea dal 1° maggio 2004.
Garantire l'attuazione del quadro comunitario di attività
Per garantire l'attuazione del presente quadro d'attività, la Commissione pubblica, ogni anno entro il 30 giugno, un programma di lavoro che stabilisce gli obiettivi e le azioni prioritari dell'anno successivo.
La Commissione è incaricata della valutazione e della selezione dei progetti, nel rispetto di alcuni criteri prioritari (la dimensione europea, la capacità di realizzare uno degli obiettivi del presente quadro di attività, la complementarità con altre attività, ecc.).
Qualsiasi decisione di finanziamento è sottoposta al controllo finanziario della Commissione e alle verifiche della Corte dei conti. L'intervento finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea non può, di norma, superare il 60% del costo delle azioni. In circostanze eccezionali l'intervento finanziario può raggiungere l'80%.
Per garantire la trasparenza delle azioni finanziate, la Commissione pubblica ogni anno l'elenco dei beneficiari e delle azioni finanziate. I beneficiari devono consegnare alla Commissione una relazione per ogni azione intrapresa. Inoltre, se la Commissione constata irregolarità, può ridurre, sospendere o recuperare i finanziamenti accordati.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 743/2002
01.05.2002
-
GU L 115 del 10.05.2002
ATTI COLLEGATI
Decisione n. 1149/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 settembre 2007 , che istituisce il programma specifico Giustizia civile per il periodo 2007-2013 come parte del programma generale Diritti fondamentali e giustizia [GU L 257 del 3.10.2007].
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 9 febbraio 2005, sullo stato di attuazione intermedio del programma quadro di cooperazione giudiziaria in materia civile (2002-2006) [COM(2005) 34 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La relazione descrive gli sviluppi del programma dalla sua adozione, avvenuta nel 2002, fino al 30 giugno 2004. Le azioni condotte dalla Commissione, con lo scopo di informare i professionisti del settore giudiziario e il pubblico sui progressi conseguiti nell'ambito della cooperazione civile (segnatamente l' atlante giudiziario in materia civile, la base di dati giurisprudenziali in conformità ai regolamenti « Bruxelles I » e « Bruxelles II », e una campagna d'informazione rivolta agli operatori del diritto) hanno suscitato ampi consensi. D'altro canto, gli inviti a presentare proposte 2002, 2003 e 2004 per progetti specifici della società civile hanno riscosso un numero limitato di proposte, probabilmente a causa del budget disponibile. Sono state accolte 51 proposte su un totale di 106. | 7,534 | 548 |
32009L0033 | false | DIRETTIVA 2009/33/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
Fra le risorse naturali, di cui l’articolo 174, paragrafo 1, del trattato impone di perseguire un’utilizzazione accorta e razionale, rientra il petrolio, che è la principale fonte di energia nell’Unione europea, ma anche una delle più importanti fonti di emissioni inquinanti.
(2)
La comunicazione della Commissione del 15 maggio 2001 intitolata «Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore: strategia dell’Unione europea per lo sviluppo sostenibile», presentata al Consiglio europeo di Göteborg il 15 e 16 giugno 2001, ha annoverato le emissioni di gas a effetto serra e l’inquinamento causato dai trasporti tra i principali ostacoli allo sviluppo sostenibile.
(3)
La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (4), ha riconosciuto la necessità di misure specifiche per migliorare l’efficienza energetica e il risparmio energetico, ha auspicato l’integrazione degli obiettivi connessi ai cambiamenti climatici nelle politiche nei settori dei trasporti e dell’energia e ha sottolineato l’esigenza di misure specifiche nel settore dei trasporti per affrontare le questioni dell’uso dell’energia e delle emissioni di gas a effetto serra.
(4)
La comunicazione della Commissione del 10 gennaio 2007 intitolata «Una politica energetica per l’Europa» ha proposto un impegno da parte dell’Unione europea di ridurre, entro il 2020, le emissioni di gas a effetto serra almeno del 20 % rispetto ai valori del 1990. Inoltre, sono stati proposti obiettivi vincolanti per migliorare ulteriormente, entro il 2020, l’efficienza energetica del 20 %, includendo una quota del 20 % di energia rinnovabile e una quota del 10 % di energia rinnovabile nel settore dei trasporti nella Comunità, in particolare per migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico diversificando la gamma di combustibili.
(5)
La comunicazione della Commissione del 19 ottobre 2006 intitolata «Piano d’azione per l’efficienza energetica: Concretizzare le potenzialità» ha annunciato che la Commissione continuerà a prodigarsi per lo sviluppo di mercati per veicoli più puliti, più intelligenti, più sicuri e più efficienti sul piano energetico mediante appalti pubblici e campagne di sensibilizzazione.
(6)
Il riesame intermedio del Libro bianco sui trasporti pubblicato nel 2001 dalla Commissione, intitolato «Mantenere l’Europa in movimento — Una mobilità sostenibile per il nostro continente», del 22 giugno 2006, ha annunciato che l’Unione favorirà l’innovazione ecocompatibile, in particolare introducendo norme europee di emissione successive (norme Euro) e promuovendo veicoli puliti attraverso gli appalti pubblici.
(7)
Nella comunicazione del 7 febbraio 2007, intitolata «Risultati del riesame della strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri», la Commissione ha presentato una nuova strategia globale per consentire all’Unione di conseguire entro il 2012 l’obiettivo di 120 g/km per le emissioni di CO2 prodotte dalle autovetture nuove. È stato proposto un quadro legislativo per assicurare miglioramenti nelle tecnologie automobilistiche. Misure integrative dovrebbero promuovere gli appalti per veicoli che consumano meno carburante.
(8)
Il Libro verde sui trasporti urbani della Commissione del 25 settembre 2007 intitolato «Verso una nuova cultura della mobilità urbana» indica che le parti interessate sono favorevoli alla promozione dell’introduzione sul mercato di veicoli puliti ed efficienti sul piano energetico mediante appalti pubblici «ecologici». La proposta indica che una possibilità sarebbe quella di stabilire come criterio di aggiudicazione degli appalti, oltre al prezzo dei veicoli, l’internalizzazione dei costi esterni connessi al consumo di carburante, alle emissioni di CO2 e alle emissioni inquinanti per tutto l’arco della vita utile dei veicoli oggetto di appalto. Inoltre, gli appalti pubblici potrebbero accordare la preferenza alle nuove norme europee. Più presto entreranno in funzione i veicoli puliti, migliore diventerà la qualità dell’aria nelle città.
(9)
La relazione del 12 dicembre 2005 presentata dal gruppo ad alto livello CARS 21 ha appoggiato l’iniziativa della Commissione per la promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico, a condizione che venisse seguito un approccio integrato tecnologicamente neutro e basato sulle prestazioni, che coinvolgesse i costruttori di autoveicoli, i fornitori di olio combustibile o carburante, i riparatori, i consumatori o i conducenti e le amministrazioni pubbliche.
(10)
Nella relazione del 27 febbraio 2007, il gruppo ad alto livello in materia di concorrenza, energia e ambiente ha raccomandato che gli appalti pubblici e privati tengano debitamente conto dei costi totali generati nell’intero arco di vita, prestando particolare attenzione all’efficienza energetica. Gli Stati membri e la Comunità dovrebbero sviluppare e pubblicare una guida per gli appalti pubblici tesa a illustrare come spingersi oltre il principio di aggiudicazione all’offerente meno costoso per l’acquisto di beni intermedi più sostenibili, in sintonia con la direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (5), e la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (6).
(11)
La presente direttiva mira a stimolare il mercato dei veicoli adibiti a trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico, e soprattutto — per il notevole impatto ambientale che ciò produrrebbe — ad influenzare il mercato dei veicoli standard prodotti su larga scala come autovetture, autobus, pullman e autocarri, garantendo una domanda di veicoli adibiti al trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico, il cui livello sia sufficientemente sostanzioso per indurre i costruttori e le imprese a investire in questo settore e a sviluppare ulteriormente veicoli con costi ridotti in termini di consumo energetico, emissioni di CO2 ed emissioni di sostanze inquinanti.
(12)
Gli Stati membri dovrebbero informare le amministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori e gli operatori nazionali, regionali o locali che forniscono servizi pubblici di trasporto passeggeri in merito alle disposizioni relative all’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico.
(13)
I veicoli puliti e a basso consumo energetico hanno costi iniziali superiori ai veicoli convenzionali. Creare una domanda sufficiente per questo tipo di veicoli potrebbe garantire una riduzione dei costi grazie alle economie di scala.
(14)
La presente direttiva risponde alla necessità di coadiuvare gli Stati membri agevolando e strutturando lo scambio di informazioni e migliori prassi al fine di incentivare l’acquisto di veicoli puliti e a basso consumo energetico.
(15)
Gli appalti pubblici per veicoli destinati a servizi di trasporto pubblico possono avere un impatto significativo sul mercato se vengono applicati criteri armonizzati a livello comunitario.
(16)
Il maggior impatto sul mercato, unitamente al miglior risultato in termini di costi e benefici, è ottenuto con l’inclusione obbligatoria dei costi di esercizio relativi al consumo energetico, alle emissioni di CO2 e alle emissioni inquinanti dei veicoli nell’intero arco di vita fra i criteri di aggiudicazione per gli appalti di veicoli destinati a servizi di trasporto pubblico.
(17)
In linea con l’ambito di applicazione della direttiva 2004/17/CE e della direttiva 2004/18/CE e nel pieno rispetto del recepimento di tali direttive nella legislazione nazionale, la presente direttiva dovrebbe applicarsi ai veicoli adibiti al trasporto su strada acquistati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori, a prescindere dal fatto che tali amministrazioni ed enti siano pubblici o privati. Inoltre, la presente direttiva dovrebbe riguardare l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada utilizzati per la prestazione di servizi pubblici di trasporto passeggeri in virtù di un contratto di servizio pubblico, lasciando agli Stati membri la facoltà di escludere gli acquisti di scarsa importanza al fine di evitare inutili oneri amministrativi.
(18)
In sintonia con la direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro) (7), e al fine di evitare indebiti oneri amministrativi, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di esentare le amministrazioni e gli operatori dalle prescrizioni della presente direttiva all’atto dell’acquisto di veicoli progettati e fabbricati per usi speciali.
(19)
La presente direttiva dovrebbe prevedere un insieme di opzioni per tener conto dell’impatto energetico e dell’impatto ambientale, il che permetterebbe alle amministrazioni e agli operatori che abbiano elaborato metodologie specificamente concepite per rispondere alle condizioni ed esigenze locali di continuare ad applicarle.
(20)
L’inclusione dei consumi di energia, delle emissioni di CO2 e delle emissioni inquinanti fra i criteri di aggiudicazione non genera un aumento dei costi totali, ma anticipa piuttosto nella decisione relativa all’appalto i costi di esercizio generati nell’intero arco di vita. Questo approccio, complementare rispetto alla legislazione sulle norme Euro, che fissa i limiti massimi di emissione, trasforma in valore monetario le emissioni inquinanti effettive e non richiede la definizione di norme supplementari.
(21)
Nell’ottemperare all’obbligo di tener conto dell’impatto energetico e dell’impatto ambientale stabilendo le specifiche tecniche, le amministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori e gli operatori sono incoraggiati a stabilire specifiche di un livello più elevato in materia di prestazioni energetiche e ambientali rispetto a quanto prescritto dalla normativa comunitaria, prendendo ad esempio in considerazione le norme Euro già adottate ma non ancora diventate vincolanti.
(22)
Lo studio ExternE (8), il programma Aria pulita per l’Europa (Clean Air for Europe, CAFE) (9) della Commissione e lo studio HEATCO (10) hanno fornito informazioni sui costi delle emissioni di CO2, di ossidi di azoto (NOx), di idrocarburi diversi dal metano (NMHC) e di particolato. Per non complicare le procedure di aggiudicazione, i costi sono considerati al valore attuale.
(23)
La presente direttiva dovrebbe definire una gamma di costi delle emissioni di CO2 e di sostanze inquinanti atta, da un lato, a permettere la flessibilità necessaria affinché le amministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori e gli operatori possano tener conto della loro situazione locale e, dall’altro, ad assicurare un appropriato grado di armonizzazione.
(24)
L’applicazione obbligatoria di criteri per gli appalti riguardanti veicoli puliti e a basso consumo energetico non preclude l’inclusione di altri criteri pertinenti di aggiudicazione. Non impedisce, inoltre, di scegliere veicoli che sono stati modificati per garantire migliori prestazioni ambientali. Tali altri criteri di aggiudicazione possono anche essere previsti negli appalti coperti dalle direttive 2004/17/CE o 2004/18/CE, purché siano collegati all’oggetto del contratto, non conferiscano una libertà incondizionata di scelta all’ amministrazione o ente appaltante, siano espressamente menzionati e rispettino i principi fondamentali del trattato.
(25)
Il metodo di calcolo dei costi di esercizio relativi alle emissioni inquinanti dei veicoli nell’intero arco di vita ai fini delle decisioni in materia di appalti pubblici per veicoli, compresi i valori numerici definiti nella presente direttiva, non pregiudica altre norme legislative comunitarie che riguardano i costi esterni.
(26)
Il riesame e la revisione del metodo di calcolo definito nella presente direttiva dovrebbero prendere in considerazione le pertinenti misure legislative comunitarie connesse e mirare alla coerenza con esse.
(27)
I criteri di aggiudicazione in materia energetica e ambientale dovrebbero figurare tra i vari criteri di aggiudicazione presi in considerazione dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori in sede di adozione di una decisione concernente l’appalto di veicoli puliti e a basso consumo energetico per il trasporto su strada.
(28)
La presente direttiva non dovrebbe ostare a che le amministrazioni aggiudicatici e gli enti aggiudicatori diano la preferenza alle più recenti norme Euro nell’acquisto di veicoli adibiti a servizi di trasporto pubblico prima che tali norme diventino vincolanti. Né dovrebbe ostare a che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori diano la preferenza a combustibili alternativi, quali ad esempio l’idrogeno, il gas di petrolio liquefatto (GPL), il gas naturale compresso (GNC) e i biocarburanti, a condizione che si tenga conto dell’impatto ambientale e dell’impatto energetico sull’intero arco di vita.
(29)
Dovrebbero essere elaborate procedure di prova standardizzate a livello comunitario per altre categorie di veicoli al fine di migliorare la comparabilità e la trasparenza dei dati forniti dai costruttori. Questi dovrebbero essere incoraggiati a fornire i dati concernenti i consumi di energia, le emissioni di CO2 e le emissioni inquinanti dei veicoli sull’intero arco di vita.
(30)
La possibilità di un sostegno pubblico per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico, tra cui l’installazione a posteriori di motori e di pezzi di ricambio, con caratteristiche superiori a quelle previste dai requisiti ambientali obbligatori, è riconosciuta nella Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale (11) e nel regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (regolamento generale di esenzione per categoria) (12). Al riguardo sono altresì pertinenti le linee guida contenute nella comunicazione della Commissione intitolata «Linee guida comunitarie per gli aiuti di Stato alle imprese ferroviarie» (13), in particolare la nota 1, relativa al punto 34, e la nota 3, relativa al punto 36. A tale sostegno pubblico continueranno comunque ad applicarsi le disposizioni del trattato, in particolare gli articoli 87 ed 88.
(31)
La Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale riconosce la possibilità di concedere un sostegno pubblico per promuovere lo sviluppo delle infrastrutture necessarie alla erogazione di carburanti alternativi. A tale sostegno pubblico continueranno comunque ad applicarsi le disposizioni del trattato, in particolare gli articoli 87 ed 88.
(32)
L’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico offre un’occasione alle città che intendono connotarsi come rispettose dell’ambiente. In tale contesto, è importante rendere disponibili su Internet delle informazioni sugli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva.
(33)
Dovrebbe pertanto essere incoraggiata la pubblicazione su Internet delle pertinenti informazioni sugli strumenti finanziari disponibili nei singoli Stati membri in materia di mobilità urbana e promozione di veicoli adibiti al trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico.
(34)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (14).
(35)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di adeguare all’inflazione e al progresso tecnico i dati per il calcolo dei costi di gestione nell’intero arco di vita per i veicoli adibiti al trasporto su strada. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(36)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire promuovere e stimolare il mercato dei veicoli puliti e a basso consumo energetico e potenziare il contributo del settore dei trasporti alle politiche della Comunità in materia di ambiente, clima ed energia, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, al fine di formare una massa critica di veicoli che permetta all’industria europea di conseguire sviluppi economicamente vantaggiosi, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(37)
Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero continuare a promuovere i veicoli adibiti al trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico. Potrebbero svolgere un ruolo importante a tale proposito i programmi operativi nazionali e regionali, quali definiti nel regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (15). Inoltre, programmi comunitari quali Civitas ed Energia intelligente per l’Europa potrebbero contribuire al miglioramento della mobilità urbana, riducendone al contempo gli effetti negativi.
(38)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (16), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto e obiettivi
La presente direttiva impone alle amministrazioni aggiudicatrici, agli enti aggiudicatori e a taluni operatori di tener conto dell’impatto energetico e dell’impatto ambientale nell’arco di tutta la vita, tra cui il consumo energetico e le emissioni di CO2 e di talune sostanze inquinanti, al momento dell’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada, al fine di promuovere e stimolare il mercato dei veicoli puliti e a basso consumo energetico e di potenziare il contributo del settore dei trasporti alle politiche della Comunità in materia di ambiente, clima ed energia.
Articolo 2
Deroghe
Gli Stati membri possono esentare dagli obblighi previsti nella presente direttiva i contratti di acquisto di veicoli di cui all’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 2007/46/CE, che non sono soggetti ad omologazione-tipo o ad omologazione individuale sul loro territorio.
Articolo 3
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica ai contratti di acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada conclusi:
a)
da amministrazioni aggiudicatrici o da enti aggiudicatori, nella misura in cui sono soggetti all’obbligo di applicare le procedure di appalto stabilite dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE;
b)
da operatori che assolvono obblighi di servizio pubblico nel quadro di un contratto di servizio pubblico ai sensi del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia (17), di importo superiore a una soglia da definirsi a cura degli Stati membri entro le soglie fissate nelle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.
Articolo 4
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) «amministrazioni aggiudicatrici»: le amministrazioni aggiudicatrici quali definite all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/17/CE e all’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18/CE;
2) «enti aggiudicatori»: gli enti aggiudicatori di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2004/17/CE;
3) «veicolo adibito al trasporto su strada»: un veicolo che appartenga ad una delle categorie di veicoli elencate nella tabella 3 dell’allegato.
Articolo 5
Acquisto di veicoli adibiti a trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico
1. Gli Stati membri assicurano che, a decorrere dal 4 dicembre 2010, ogni amministrazione aggiudicatrice, ente aggiudicatore e operatore di cui all’articolo 3 tenga conto, al momento dell’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada, dell’impatto energetico e dell’impatto ambientale imputabili all’esercizio nel corso dell’intero ciclo di vita di cui al paragrafo 2 ed applichi almeno una delle opzioni di cui al paragrafo 3.
2. L’impatto energetico e l’impatto ambientale imputabili all’esercizio di cui tener conto riguardano quanto meno:
a)
il consumo energetico;
b)
le emissioni di CO2; e
c)
le emissioni di NOx, NMHC e particolato.
Oltre all’impatto energetico ed all’impatto ambientale imputabili all’esercizio di cui al primo comma, le amministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori e gli operatori possono prendere in considerazione anche altri tipi di impatto ambientale.
3. I requisiti di cui ai paragrafi 1 e 2 sono soddisfatti con le seguenti opzioni:
a)
fissando specifiche tecniche in materia di prestazioni energetiche ed ambientali nella documentazione per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada, per ciascun tipo di impatto considerato, nonché per ogni altro eventuale tipo di impatto ambientale; oppure
b)
integrando nella decisione di acquisto l’impatto energetico e l’impatto ambientale, secondo le seguenti modalità:
—
nei casi in cui è aperta una procedura di appalto, inserendo tali impatti fra i criteri di aggiudicazione, e
—
nei casi in cui tali impatti siano trasformati in valore monetario per essere integrati nella decisione di acquisto, avvalendosi della metodologia di cui all’articolo 6.
Articolo 6
Metodologia di calcolo dei costi di esercizio durante l’intero arco di vita
1. Ai fini dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera b), secondo trattino, i costi di esercizio nell’intero arco di vita connessi al consumo energetico, nonché i costi relativi alle emissioni di CO2 e alle emissioni di sostanze inquinanti quali stabiliti nella tabella 2 dell’allegato, che sono imputabili all’esercizio dei veicoli da acquistare sono trasformati in valore monetario e calcolati usando la metodologia di cui alle lettere seguenti.
a)
I costi di esercizio imputabili al consumo energetico di un veicolo nell’intero arco di vita sono calcolati usando la metodologia seguente:
—
il consumo di carburante per chilometro di un veicolo di cui al paragrafo 2 è computato in unità di consumo energetico per chilometro, a prescindere dal fatto che sia fornito direttamente, come nel caso dei veicoli elettrici, o meno. Qualora sia fornito in unità diverse, il consumo di carburante è convertito in consumo di energia per chilometro utilizzando i fattori di conversione di cui alla tabella 1 dell’allegato per i contenuti energetici dei vari carburanti,
—
è utilizzato un unico valore monetario per unità di energia. Tale valore unico equivale al costo per unità di energia di benzina o diesel ante imposte, quando sono utilizzati come carburante per trasporto, utilizzando il valore più basso,
—
i costi di esercizio imputabili al consumo energetico di un veicolo nell’intero arco di vita sono calcolati moltiplicando il chilometraggio relativo all’intero arco di vita, se necessario tenendo conto del chilometraggio già effettuato, ai sensi del paragrafo 3, per il consumo energetico per chilometro di cui al primo trattino della presente lettera e per il costo per unità di energia di cui al secondo trattino della presente lettera.
b)
I costi di esercizio relativi alle emissioni di CO2 di un veicolo nell’intero arco di vita sono calcolati moltiplicando il chilometraggio relativo all’intero arco di vita, se necessario tenendo conto del chilometraggio già effettuato, ai sensi del paragrafo 3, per le emissioni di CO2 in chilogrammi per chilometro di cui al paragrafo 2 e per il costo per chilogrammo all’interno della gamma di cui alla tabella 2 dell’allegato.
c)
I costi di esercizio relativi alle emissioni inquinanti di un veicolo nell’intero arco di vita, quali elencati nella tabella 2 dell’allegato, sono calcolati sommando i costi di esercizio relativi alle emissioni di NOx, NMHC e particolato nell’intero arco di vita. I costi di esercizio relativi a ogni sostanza inquinante per l’intero arco di vita sono calcolati moltiplicando il chilometraggio relativo all’intero arco di vita, se necessario tenendo conto del chilometraggio già effettuato, ai sensi del paragrafo 3, per le emissioni in grammi per chilometro di cui al paragrafo 2 e per il rispettivo costo per grammo. Il costo è desunto dai valori medi comunitari di cui alla tabella 2 dell’allegato.
Le amministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori e gli operatori di cui all’articolo 3 possono applicare costi più elevati a condizione che non eccedano i pertinenti valori di cui alla tabella 2 dell’allegato moltiplicati per un coefficiente 2.
2. Il consumo di carburante, nonché le emissioni di CO2 e le emissioni di sostanze inquinanti per chilometro stabiliti di cui alla tabella 2 dell’allegato imputabili all’esercizio dei veicoli sono basati su procedure di prova standardizzate comunitarie per i veicoli per cui tali procedure sono definite nella normativa comunitaria in materia di omologazione. Per i veicoli che non sono oggetto di procedure di prova standardizzate comunitarie, la comparabilità fra le varie offerte è assicurata utilizzando procedure di prova ampiamente riconosciute o i risultati di prove effettuate per l’amministrazione o, in mancanza di tali dati, le informazioni fornite dal costruttore.
3. Il chilometraggio percorso da un veicolo nell’intero arco di vita è desunto, salvo altrimenti specificato, dalla tabella 3 dell’allegato.
Articolo 7
Adeguamenti al progresso tecnico
La Commissione adegua all’inflazione e al progresso tecnico i dati per il calcolo dei costi di esercizio dei veicoli adibiti al trasporto su strada nell’intero arco di vita, di cui in allegato. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2.
Articolo 8
Scambio di migliori prassi
La Commissione agevola e struttura lo scambio di conoscenze e di migliori prassi tra Stati membri in materia di prassi intese a promuovere l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada puliti ed a basso consumo energetico da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, degli enti aggiudicatori e degli operatori di cui all’articolo 3.
Articolo 9
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 10
Relazioni e riesame
1. Ogni due anni, a decorrere dal 4 dicembre 2010, la Commissione elabora una relazione sull’applicazione della presente direttiva e sulle azioni intraprese dai singoli Stati membri per promuovere l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada puliti e a basso consumo energetico.
2. Tali relazioni valutano gli effetti della presente direttiva, segnatamente delle opzioni di cui all’articolo 5, paragrafo 3, così come la necessità di ulteriori azioni ed includono eventuali proposte.
Nelle relazioni la Commissione raffronta, per ciascuna delle categorie di veicoli di cui alla tabella 3 dell’allegato, il numero nominale e relativo di veicoli acquistati corrispondenti alla migliore alternativa di mercato in termini di impatto energetico e ambientale nel corso dell’intero ciclo di vita con il mercato globale di tali veicoli e stima in che misura le opzioni di cui all’articolo 5, paragrafo 3, abbiano influenzato il mercato. La Commissione valuta la necessità di ulteriori azioni ed include eventuali proposte.
3. Entro la data della prima relazione, la Commissione esamina le opzioni di cui all’articolo 5, paragrafo 3, presenta una valutazione della metodologia di cui all’articolo 6 e propone, se del caso, gli opportuni adeguamenti.
Articolo 11
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 4 dicembre 2010. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 13
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 195 del 18.8.2006, pag. 26.
(2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 18.
(3) Parere del Parlamento europeo del 22 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 30 marzo 2009.
(4) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1.
(5) GU L 134 del 30.4.2004, pag. 1.
(6) GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114.
(7) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1.
(8) Bickel, P., Friedrich, R., ExternE. Externalities of Energy. Methodology 2005 update, Commissione europea, Ufficio delle pubblicazioni, Lussemburgo, 2005.
(9) Holland M., et al., (2005a). Methodology for the Cost-Benefit Analysis for CAFE: Volume 1: Overview of Methodology. AEA Technology Environment, Didcot, 2005.
(10) Bickel, P., et al., HEATCO Deliverable 5. Proposal for Harmonised Guidelines, Stoccarda, 2006.
(11) GU C 82 dell’1.4.2008, pag. 1.
(12) GU L 214 del 9.8.2008, pag. 3.
(13) GU C 184 del 22.7.2008, pag. 13.
(14) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(15) GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25.
(16) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(17) GU L 315 del 3.12.2007, pag. 1.
ALLEGATO
Dati per il calcolo dei costi di esercizio relativi all'intero arco di vita per i veicoli adibiti al trasporto su strada
Tabella 1: Contenuto energetico dei carburanti per motori
Carburante
Contenuto energetico
Diesel
36 MJ/litro
Benzina
32 MJ/litro
Gas naturale/biogas
33-38 MJ/Nm3
Gas di petrolio liquefatto (GPL )
24 MJ/litro
Etanolo
21 MJ/litro
Biodiesel
33 MJ/litro
Emulsioni
32 MJ/litro
Idrogeno
11 MJ/Nm3
Tabella 2: Costi per le emissioni nel trasporto su strada (prezzi al 2007)
CO2
NOx
NMHC
Particolato
0,03-0,04 EUR/kg
0,0044 EUR/g
0,001 EUR/g
0,087 EUR/g
Tabella 3: Chilometraggio dei veicoli per il trasporto su strada nell'intero arco di vita
Categoria veicolo
(categorie M e N di cui alla direttiva 2007/46/CE)
Chilometraggio nell'intero arco di vita
Autovetture (M1)
200 000 km
Veicoli commerciali leggeri (N1)
250 000 km
Veicoli commerciali pesanti (N2, N3)
1 000 000 km
Autobus (M2, M3)
800 000 km | Veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Si prefigge di promuovere e incentivare lo sviluppo di un mercato dei veicoli puliti e a basso consumo energetico nell’Unione europea (Unione). Come modificata dalla direttiva (UE) 2019/1161 stabilisce gli obiettivi nazionali minimi per l’appalto di veicoli puliti. Gli obiettivi sono definiti quale quota minima di veicoli puliti nell’ambito di autorità pubbliche aggregate e di determinati operatori del trasporto pubblico in uno Stato membro.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
In virtù delle modifiche apportate dalla direttiva (UE) 2019/1161, la direttiva si applica ai contratti per l’appalto di determinati servizi e veicoli del trasporto stradale (automobili, furgoni, camion e autobus) da parte di autorità contraenti, entità e operatori contraenti che assolvono obblighi di servizio pubblico nel quadro di un contratto di servizio pubblico.
La direttiva di modifica ha prorogato l’applicazione della direttiva di modo che ora copra l’appalto mediante:contratti per l’acquisto, il leasing, la locazione o la vendita a rate di veicoli; contratti di servizio per il trasporto pubblico su strada di passeggeri; contratti di servizio per servizi di trasporto pubblico terrestre, servizi speciali di trasporto passeggeri su strada, trasporto non regolare di passeggeri, nonché servizi di raccolta di rifiuti e di trasporto e consegna di pacchi e posta.La direttiva di modifica (UE) 2019/1161 ha inoltre introdotto una nuova definizione di «veicolo pulito»*.
Obiettivi minimi di appalto
La direttiva 2009/33/CE, come modificata dalla direttiva (UE) 2019/1161, fissa gli obiettivi minimi di appalto per i veicoli commerciali leggeri (automobili e furgoni), camion e autobus per il 2025 e il 2030. Nel caso degli autobus, la metà degli obiettivi deve essere conseguita mediante veicoli a zero emissioni (autobus a batteria, elettrici o a idrogeno). Tali obiettivi sono stabiliti nell’allegato della direttiva.
Per ciascuno Stato membro è fissato un obiettivo differente per veicoli commerciali leggeri, camion e autobus. Tali obiettivi sono calcolati come percentuali minime di veicoli puliti rispetto al numero complessivo di veicoli procurati tramite appalti pubblici in ogni Stato membro nell’arco di due periodi di cinque anni: 2021–2025 e 2026–2030. Gli Stati membri devono garantire il conseguimento degli obiettivi; tuttavia, detengono la piena flessibilità in merito alla modalità di ripartizione degli sforzi tra le diverse autorità ed entità contraenti.
Condivisione delle migliori prassi
La Commissione europea incoraggia lo scambio di conoscenze e di migliori prassi tra Stati membri al fine di promuovere l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto su strada dotati di tecnologie energetiche pulite ed efficienti.
Vi sono diverse iniziative in corso per assicurare l’attuazione della direttiva, tra cui figurano:linee guida per appalti pubblici verdi e una relazione sul contesto tecnico; l’Iniziativa europea per i veicoli verdi, intesa a sostenere lo sviluppo di veicoli ecologici e soluzioni sostenibili di mobilità; l’Iniziativa europea per la diffusione di autobus verdi; vari studi.Procedura di comitato
La Commissione ha il potere di adottare atti di esecuzione ed è assistita in ciò da un comitato disciplinato dalle norme di comitologia dell’Unione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in vigore dal 4 giugno 2009 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 4 dicembre 2010.
I cambiamenti introdotti dalla direttiva di modifica (UE) 2019/1161, comprese l’introduzione della definizione di «veicolo pulito» e l’imposizione di obiettivi nazionali minimi per l’appalto, sono in vigore dal 2 agosto 2019, e dovevano diventare legge negli Stati membri entro il 2 agosto 2021.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva sui veicoli verdi (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Veicolo pulito.Un veicolo commerciale leggero pulito (ad esempio, un’automobile o un furgone) è definito tale sulla base delle sue emissioni di CO2 (i limiti delle emissioni applicabili sono stabiliti nella tabella 2 dell’allegato della direttiva).Un veicolo pesante pulito (ad esempio, un autobus o un camion) è definito tale sulla base dell’impiego di combustibili alternativi, come stabilito nella direttiva 2014/94/UE (si veda la sintesi). È fornita una definizione separata per i veicoli pesanti a zero emissioni.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada (GU L 120 del 15.5.2009, pag. 5).
Le successive modifiche alla direttiva 2009/33/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (GU L 307 del 28.10.2014, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’applicazione della direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada [COM (2013) 214 final, del 18.4.2013].
Comunicazione della Commissione sull’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 5 della direttiva 2009/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla promozione di veicoli puliti adibiti al trasporto su strada a sostegno di una mobilità a basse emissioni 2020/C 352/01 (GU L 352 del 22.10.2020, pag. 1). | 12,549 | 964 |
32002E0589 | false | Azione comune del Consiglio, del 12 luglio 2002, sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC
Gazzetta ufficiale n. L 191 del 19/07/2002 pag. 0001 - 0004
Azione comune del Consigliodel 12 luglio 2002sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC(2002/589/PESC)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 14,considerando quanto segue:(1) Il 17 dicembre 1998 il Consiglio ha adottato l'azione comune 1999/34/PESC sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere(1).(2) Nella relazione del gruppo di esperti governativi sulle armi leggere si riconosce che le munizioni costituiscono motivo di preoccupazione nei conflitti in cui si fa ricorso ad armi portatili e armi leggere.(3) Una nuova azione comune dovrebbe essere adottata per comprendere, se del caso, le munizioni delle armi portatili e delle armi leggere e l'azione comune 1999/34/PESC dovrebbe di conseguenza essere abrogata,HA ADOTTATO LA SEGUENTE AZIONE COMUNE:Articolo 11. La presente azione comune è volta:- a contrastare l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e a contribuire a porvi termine,- a contribuire a ridurre le accumulazioni esistenti di siffatte armi e delle relative munizioni a livelli compatibili con le legittime esigenze di sicurezza dei paesi e- a contribuire a risolvere i problemi provocati da tali accumuli.2. La presente azione comune contiene i seguenti elementi:- raggiungimento di un consenso sui principi e sulle misure di cui al titolo I,- apporto di un contributo articolato come indicato al titolo II.3. La presente azione comune si applica alle armi elencate in allegato.TITOLO IPrincipi inerenti agli aspetti della prevenzione e della reazioneArticolo 2L'Unione intensifica il suo impegno per raggiungere un consenso, nelle competenti sedi regionali e internazionali (quali le Nazioni Unite e l'OSCE), e fra gli Stati interessati, sui principi e sulle misure stabiliti all'articolo 3 e su quelli stabiliti agli articoli 4 e 5 quale base per approcci regionali e apportatori di progressivi contributi al problema e, se opportuno, per strumenti globali internazionali in materia di armi leggere.Articolo 3Nel perseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1 l'Unione europea mira al raggiungimento di un consenso nell'ambito delle competenti sedi internazionali, e se del caso in un contesto regionale, per l'attuazione dei seguenti principi e misure volti a prevenire l'ulteriore accumulazione destabilizzante di armi leggere:a) impegno di tutti i paesi a importare o a detenere armi leggere soltanto per legittime esigenze di sicurezza a un livello commisurato alle stesse nonché alle esigenze legittime di autodifesa, inclusa la capacità di partecipare alle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite;b) impegno dei paesi esportatori a fornire armi leggere soltanto a governi (direttamente o attraverso organi muniti di regolare licenza autorizzati all'approvvigionamento di armi a loro nome), conformemente ai pertinenti criteri internazionali e regionali in materia di restrizioni alle esportazioni di armi come previsto in particolare nel codice di condotta dell'Unione europea, compresi i certificati ufficiali di utilizzazione finale, o se del caso altre informazioni pertinenti circa tale utilizzazione finale;c) impegno di tutti i paesi a produrre armi leggere soltanto ai fini di cui alla lettera a) o per le esportazioni di cui alla lettera b);d) ai fini di controllo, creazione e aggiornamento di inventari nazionali, conservati dalle autorità del paese, di armi legalmente detenute, nonché adozione di una legislazione nazionale restrittiva sulle armi leggere, che contempli sanzioni penali e un controllo amministrativo efficace;e) adozione di misure miranti a rafforzare la fiducia, comprese misure di promozione di una maggiore trasparenza e apertura, mediante registri nazionali sulle armi leggere e scambi periodici delle informazioni disponibili su esportazioni, importazioni, produzione e detenzione di armi leggere, e sulla legislazione nazionale in materia di armi nonché mediante consultazioni fra le parti interessate sulle informazioni scambiate;f) impegno a contrastare il traffico illecito di armi leggere attraverso l'attuazione di controlli nazionali efficaci, quali meccanismi efficienti alle frontiere e doganali, cooperazione regionale e internazionale e potenziamento dello scambio di informazioni;g) impegno ad affrontare e sconfiggere la "cultura della violenza" rafforzando il coinvolgimento dell'opinione pubblica attraverso l'istruzione e programmi di sensibilizzazione.Articolo 4Nel perseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1, l'impegno dell'Unione è volto al raggiungimento di un consenso nell'ambito delle competenti sedi internazionali, e se del caso in un contesto regionale, per l'attuazione dei seguenti principi e misure volti a ridurre l'attuale accumulazione di armi leggere e delle relative munizioni:a) adeguata assistenza ai paesi che chiedono sostegno ai fini del controllo o dell'eliminazione dell'eccedenza di armi leggere e delle relative munizioni nel loro territorio, in particolare qualora ciò possa contribuire a prevenire conflitti armati oppure in caso di situazioni post-belliche;b) promozione di misure miranti a rafforzare la fiducia e incentivi volti ad incoraggiare la consegna volontaria delle armi leggere e delle relative munizioni eccedenti o detenute illegalmente, la smobilitazione dei combattenti e la loro successiva reintegrazione e reinserimento, misure idonee a garantire il rispetto degli accordi di pace e sul controllo degli armamenti sotto una sorveglianza congiunta o di una parte terza, il rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto umanitario, la salvaguardia dello Stato di diritto, in particolare per quanto riguarda l'incolumità degli ex combattenti e il condono dei reati connessi alla detenzione di armi leggere, nonché progetti di sviluppo incentrati sulle singole comunità ed altri incentivi economici e sociali;c) soppressione effettiva delle eccedenze di armi leggere, compresi l'immagazzinamento in condizioni sicure nonché la distruzione rapida ed effettiva di tali armi e delle relative munizioni, di preferenza sotto la supervisione internazionale;d) fornitura di assistenza attraverso organizzazioni internazionali, programmi e agenzie appropriati nonché accordi regionali.Articolo 5Nel contesto della composizione dei conflitti armati, gli Stati membri promuoveranno ove opportuno:a) l'inclusione, negli accordi di pace fra le parti in conflitto, nei mandati delle operazioni di sostegno della pace o di altre missioni a sostegno della composizione pacifica dei conflitti, di disposizioni relative alla smobilitazione, all'eliminazione delle eccedenze di armi e delle relative munizioni e all'integrazione degli ex combattenti;b) l'esame della possibilità di prevedere misure che garantiscano la soppressione, nel contesto della smobilitazione, delle armi leggere e delle relative munizioni da parte del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite qualora il paese o le parti coinvolte non fossero in grado di ottemperare agli obblighi in materia.TITOLO IIContributo dell'Unione alle azioni specificheArticolo 61. L'Unione fornisce assistenza finanziaria e tecnica ai programmi e progetti che contribuiscono in modo diretto e tangibile all'attuazione dei principi e delle misure di cui al titolo I, inclusi i pertinenti programmi o progetti delle Nazioni Unite, del comitato internazionale della Croce Rossa, di altre organizzazioni internazionali e accordi regionali e di ONG. Tali progetti possono comprendere, fra l'altro, la raccolta di armi, la riforma del settore della sicurezza e programmi di smobilitazione e reinserimento nonché programmi specifici di assistenza alle vittime.2. Nel fornire tale assistenza l'Unione tiene conto, in particolare, dell'impegno, da parte dei beneficiari, di conformarsi ai principi di cui all'articolo 3; del loro rispetto dei diritti umani; della loro osservanza del diritto internazionale umanitario e della salvaguardia dello stato di diritto; nonché della loro ottemperanza agli obblighi internazionali assunti, in particolare per quanto concerne i vigenti trattati di pace e accordi internazionali in materia di controllo delle armi.Articolo 71. Il Consiglio decide circa:- l'assegnazione del contributo finanziario e tecnico di cui all'articolo 6,- le priorità per l'uso di tali fondi,- le condizioni per l'attuazione di azioni specifiche dell'Unione, compresa la possibilità di designare, in taluni casi, una persona responsabile dell'attuazione.2. Il Consiglio decide sul merito, sui meccanismi e sul finanziamento di siffatti progetti caso per caso e sulla base di progetti concreti e accompagnati da un'adeguata stima dei costi, lasciando impregiudicati i contributi bilaterali degli Stati membri e l'azione della Comunità europea.3. Nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 18, paragrafo 2, del trattato, la presidenza:- garantisce i collegamenti con le Nazioni Unite e con le altre pertinenti organizzazioni coinvolte,- stabilisce, con gli accordi regionali e i paesi terzi, i contatti necessari per l'attuazione delle azioni specifiche dell'Unione.Essa informa il Consiglio.Articolo 8Il Consiglio prende atto che la Commissione intende orientare la sua azione verso la realizzazione degli obiettivi e delle priorità della presente azione comune, se del caso con pertinenti misure comunitarie.Articolo 91. Il Consiglio e la Commissione sono responsabili della coerenza delle attività dell'Unione nel settore delle armi leggere, in particolare per quanto concerne le politiche di sviluppo dell'Unione. A tal fine gli Stati membri e la Commissione presentano agli organi competenti del Consiglio tutte le informazioni pertinenti. Il Consiglio e la Commissione garantiscono l'attuazione delle rispettive azioni, conformemente alle rispettive competenze.2. Gli Stati membri si adoperano altresì per aumentare l'efficacia delle loro azioni nazionali nel settore delle armi leggere. Nella misura del possibile le azioni adottate ai sensi dell'articolo 6 sono coordinate con quelle degli Stati membri e della Comunità europea.Articolo 10L'azione comune 1999/34/PESC è abrogata.Articolo 11Il Consiglio esamina ogni anno le azioni adottate nel quadro della presente azione comune.Articolo 12La presente azione comune entra in vigore il giorno della sua adozione.Articolo 13La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Fatto a Bruxelles, addì 12 luglio 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteT. Pedersen(1) GU L 9 del 15.1.1999, pag. 1.ALLEGATOL'azione comune si applica alle seguenti categorie di armi, lasciando impregiudicata un'eventuale futura definizione, convenuta a livello internazionale, di armi portatili e di armi leggere. Dette categorie potranno essere ulteriormente chiarite e rivedute alla luce di siffatta eventuale futura definizione convenuta a livello internazionale.a) Armi portatili e accessori appositamente progettate per impiego militare:- mitragliatrici (comprese le mitragliatrici pesanti),- pistole mitragliatrici, compresi i moschetti mitragliatori,- fucili automatici,- fucili semiautomatici, se sviluppati e/o presentati quali modelli per le forze armate,- silenziatori.b) Armi leggere portatili di tipo individuale o collettivo:- cannoni (compresi i cannoni automatici), obici e mortai di calibro inferiore a 100 mm,- lanciabombe,- armi anticarro, lanciatori senza rinculo (razzi lanciati con dispositivi da spalla),- missili anticarro e lanciatori,- missili contraerei/sistemi di difesa antiaerea portatili (MANPAD). | Combattere l’accumulazione delle armi leggere e di piccolo calibro
QUAL È LO SCOPO DELLA STRATEGIA?
Prevede un piano d’azione per combattere la minaccia associata all’accumulazione e al traffico illegali delle armi leggere e di piccolo calibro (SALW)* e relative munizioni, approfittando dell’ampio ventaglio di meccanismi a disposizione dell’UE.
PUNTI CHIAVE
La strategia contro le SALW riunisce le capacità civili e militari dei paesi dell’UE, gli strumenti della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e l’azione della polizia, delle dogane e della magistratura all’interno dell’UE per il perseguimento dei suoi obiettivi.
Per elaborare meccanismi internazionali, regionali e nazionali serve un multilateralismo efficace.
A livello internazionale, si attribuisce la priorità
all’attuazione del programma d’azione delle Nazioni Unite sulle SALW;
alla tracciabilità delle SALW attraverso un meccanismo mondiale di segnalazione (iTrace II) e
alla ratifica del protocollo contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco, loro parti e componenti e munizioni.
L’UE cercherà altresì di persuadere i paesi extra-UE esportatori di SALW ad aderire a quanto sopra.
A livello regionale, l’UE offre sostegno finanziario ai programmi concreti intesi a contrastare le minacce alla sicurezza connesse alle SALW illegali in Libia, Europa sud-orientale e nell’ambito dell’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
Fa progredire la strategia anche lo strumento che contribuisce alla stabilità e alla pace, che aiuta a prevenire e rispondere alle crisi, in modo da creare un ambiente sicuro e stabile in tutto il mondo.
Il Consiglio dell’Unione europea monitora ininterrottamente l’attuazione della strategia dell’UE contro le SALW. Ogni sei mesi, il servizio europeo per l’azione esterna presenta una relazione sui progressi compiuti al Consiglio per ottenerne l’approvazione.
CONTESTO
Le conseguenze dell’eccessiva accumulazione e della diffusione incontrollata delle SALW sono al centro di quattro delle cinque sfide (il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata) individuate nella strategia di sicurezza europea.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«La lotta all’eccessiva accumulazione e al traffico illecito delle SALW e delle relative munizioni» sul sito Internet del servizio europeo per l’azione esterna.
* TERMINI CHIAVE
Armi leggere e di piccolo calibro (SALW): Qualsiasi arma letale portatile individuale. Le armi di piccolo calibro includono pistole, fucili da caccia, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere. Le armi leggere includono mitragliatrici pesanti, lanciagranate e cannoni anticarro.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti delle SALW e relative munizioni, Bruxelles, 13 gennaio 2006.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 1-10).
Decisione (PESC) del Consiglio 2015/1908, del 22 ottobre 2015, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II») (GU L 278 del 23.10.2015, pag. 15-25). | 4,717 | 682 |
31991L0383 | false | Direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale
Gazzetta ufficiale n. L 206 del 29/07/1991 pag. 0019 - 0021 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 5 pag. 0063 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 5 pag. 0063
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 25 giugno 1991 che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (91/383/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione(1), in cooperazione con il Parlamento europeo(2), visto il parere del Comitato economico e sociale(3), considerando che l'articolo 118 A del trattato CEE prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, le prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che a norma dell'articolo precitato le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che il ricorso a forme di lavoro quali il lavoro a durata determinata o interinale è aumentato considerevolmente; considerando che, in seguito alle ricerche effettuate risulta che, in generale, i lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale sono esposti, in taluni settori, a più rischi di infortuni sul lavoro e di malattie professionali degli altri lavoratori; considerando che questi rischi supplementari esistenti in taluni settori sono in parte connessi con particolari modalità di inserimento nell'impresa; che tali rischi possono essere diminuiti con un'adeguata informazione e formazione all'inizio del rapporto di lavoro; considerando che le direttive in materia di sanità e sicurezza durante il lavoro, e in particolare la direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro(4), contengono disposizioni volte a migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori in generale; considerando che la situazione specifica dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale nonché la peculiarità dei rischi cui sono esposti in taluni settori rendono necessaria una normativa complementare particolare, in particolare per quanto concerne l'informazione, la formazione e la sorveglianza medica dei lavoratori interessati; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I CAMPO DI APPLICAZIONE E OGGETTO Articolo 1 Campo di applicazione Le disposizioni della presente direttiva si applicano: 1.ai rapporti di lavoro regolati da un contratto di lavoro a durata determinata, stipulato direttamente tra il datore di lavoro e il lavoratore, la cui scadenza è determinata da condizioni obiettive quali: raggiungimento di una data precisa, completamento di un evento determinato; 2.ai rapporti di lavoro interinale tra un'agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro e il lavoratore, quando quest'ultimo è messo a disposizione per lavorare per e sotto il controllo di un'impresa e/o di uno stabilimento utilizzatori. Articolo 2 Oggetto 1. La presente direttiva è intesa a garantire che i lavoratori aventi un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 beneficino, in materia di salute e sicurezza durante il lavoro, dello stesso livello di protezione di cui beneficiano gli altri lavoratori dell'impresa e/o stabilimento utilizzatori. 2. L'esistenza di un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 non può giustificare una differenza di trattamento per quanto concerne le condizioni di lavoro relative alla protezione della sicurezza e della salute durante il lavoro, con particolare riguardo all'accesso alle attrezzature di protezione individuali. 3. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE nonché le direttive particolari ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della medesima, si applicano integralmente ai lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplati all'articolo 1, fatte salve disposizioni più vincolanti e/o più specifiche contenute nella presente direttiva. SEZIONE II DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 3 Informazione dei lavoratori Fatte salve le disposizioni dell'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1.prima di svolgere un'attività, il lavoratore che ha un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 venga informato dall'impresa e/o dallo stabilimento utilizzatori sui rischi che corre; 2.tale informazione: -riguardi in particolare l'esigenza di qualifiche o attitudini professionali particolari o di una sorveglianza medica speciale definita dalla legislazione nazionale, e -precisi gli eventuali rischi aggravati specifici connessi con il posto di lavoro da occupare, quali definiti dalla legislazione nazionale. Articolo 4 Formazione dei lavoratori Fatte salve le disposizioni dell'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, nei casi previsti dall'articolo 3 il lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata alle caratteristiche proprie del suo posto di lavoro, tenuto conto della sua qualificazione e della sua esperienza. Articolo 5 Utilizzazione e sorveglianza medica dei lavoratori 1. Gli Stati membri hanno la facoltà di vietare che si faccia ricorso a lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 per taluni lavori particolarmente pericolosi per la loro sicurezza o salute secondo la definizione della legislazione nazionale ed in particolare per taluni lavori che formano oggetto di una sorveglianza medica speciale definita dalla legislazione nazionale. 2. Quando gli Stati membri non si avvalgono della facoltà prevista al paragrafo 1, essi prendono, fatte salve le disposizioni dell'articolo 14 della direttiva 89/391/CEE, le misure necessarie affinché i lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 ed a cui si fa appello per lavori che formano oggetto di una sorveglianza medica speciale definita dalla legislazione nazionale beneficino di una appropriata sorveglianza medica speciale. 3. Gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere che questa sorveglianza medica speciale appropriata prevista al paragrafo 2 si protragga oltre la scadenza del rapporto di lavoro del lavoratore interessato. Articolo 6 Servizi di protezione e prevenzione Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i lavoratori, servizi o persone designati, in conformità dell'articolo 7 della direttiva 89/391/CEE, per svolgere attività di protezione e prevenzione nei confronti dei rischi professionali siano informati delle funzioni assegnate a lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1, in modo da poter svolgere la loro attività di protezione e prevenzione per tutti i lavoratori dell'impresa e/o dello stabilimento. SEZIONE III DISPOSIZIONI PARTICOLARI Articolo 7 Rapporti di lavoro interinale: informazione Fatte salve le disposizioni dell'articolo 3 della presente direttiva, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1.l'impresa e/o lo stabilimento utilizzatori, prima che il lavoratore che ha un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1, punto 2) sia messo a loro disposizione, precisino all'agenzia di lavoro interinale in particolare la qualifica professionale richiesta e le caratteristiche proprie del posto di lavoro da occupare; 2)l'agenzia di lavoro interinale comunichi tutti questi elementi ai lavoratori interessati. Gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere che le precisazioni che l'impresa e/o lo stabilimento utilizzatori devono fornire all'agenzia di lavoro interinale conformemente al primo comma, punto 1) debbano figurare nel contratto di messa a disposizione. Articolo 8 Rapporti di lavoro interinale: responsabilità Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1.fatta salva la responsabilità prevista dalla legislazione nazionale per l'agenzia di lavoro interinale, l'impresa e/o lo stabilimento utilizzatori siano, per tutta la durata della missione, responsabili delle condizioni d'esecuzione del lavoro; 2.ai fini dell'applicazione del punto 1), le condizioni di esecuzione del lavoro si limitino a quelle connesse con la sicurezza, l'igiene e la salute durante il lavoro. SEZIONE IV DISPOSIZIONE VARIE Articolo 9 Disposizioni più favorevoli La presente direttiva non osta a disposizione nazionali e comunitarie, esistenti o future, che siano più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1. Articolo 10 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno già adottate o che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Ogni cinque anni gli Stati membri riferiscono alla Commissione sull'applicazione nella prassi delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'applicazione della presente direttiva tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1991. Per il Consiglio Il Presidente J.-C. JUNCKER (1)GU n. C 224 dell'8. 9. 1990, pag. 4. (2)Parere reso il 20 novembre 1990 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e GU n. C 158 del 17. 6. 1991. (3)GU n. C 332 del 31. 12. 1990, pag. 167. (4)GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. | Salute e sicurezza sul luogo di lavoro per lavoratori interinali
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Intende garantire che i paesi dell’Unione europea (UE) emettano norme atte a migliorare le tutele legate alla sicurezza e alla salute dei lavoratori con contratti interinali* o a tempo determinato*, al fine di allinearle con quelle di cui godono altri lavoratori.
PUNTI CHIAVE
La direttiva 89/391/CEE del Consiglio sulla salute e la sicurezza dei lavoratori si applica anche ai lavoratori interinali*. La direttiva attuale la integra con le condizioni elencate di seguito.
Informazione e formazione
Prima di iniziare a lavorare, i lavoratori interinali devono essere informati in merito ai rischi connessi alle proprie mansioni e, in particolare, relativamente alle eventuali qualifiche professionali, alle competenze e alla sorveglianza medica speciale richiesta.
Ciascun lavoratore deve ricevere una formazione adeguata alla proprie mansioni e adatta al proprio livello di qualifica ed esperienza.
Sorveglianza medica speciale
Qualora un lavoro risulti particolarmente pericoloso per la sicurezza o la salute dei lavoratori interinali o richieda sorveglianza medica speciale, i paesi dell’UE possono proibirne l’impiego. Se i lavoratori interinali sono abituati a tale tipo di lavoro, il datore di lavoro deve fornire un’adeguata sorveglianza medica speciale che, se necessario, può estendersi oltre il periodo di impiego.
Servizi sanitari e di sicurezza
I servizi sanitari e di sicurezza interni all’organizzazione devono essere informati delle funzioni assegnate ai lavoratori interinali.
Aziende e agenzie per l’impiego
Se i lavoratori interinali sono forniti all’impresa da un’agenzia o altre aziende per l’impiego, queste ultime devono essere informate in merito alle qualifiche richieste e alle peculiarità specifiche del lavoro; tali informazioni devono essere trasmesse ai lavoratori interessati. Queste informazioni possono essere inserite nel contratto di messa a disposizione.
Tuttavia, l’organizzazione che impiega il lavoratore interinale è responsabile per gli aspetti relativi alla sicurezza, all’igiene e alla salute delle condizioni di lavoro.
Responsabilità dei paesi dell’UE
I paesi dell’UE devono riferire alla Commissione europea ogni cinque anni in merito all’attuazione della direttiva, riportando i punti di vista di lavoratori e datori di lavoro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 15 luglio 1991. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 1992.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:
Condizioni di lavoro: salute e sicurezza nel lavoro a tempo determinato e interinale sul sito Internet della Commissione europea;
Direttiva 91/383/CEE: rapporto di lavoro a tempo determinato o interinale sul sito Internet dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro;
Sintesi della direttiva 89/391/CEE del Consiglio concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
* TERMINI CHIAVE
Contratto interinale: un contratto di lavoro tra un’agenzia di lavoro interinale e un lavoratore con il quale quest’ultimo si impegna a svolgere un’attività all’interno di un’organizzazione sotto la sua supervisione.
Contratto a tempo determinato (o a durata determinata): un contratto di lavoro stipulato direttamente tra un datore di lavoro e un lavoratore per una durata specifica o per completare una determinata attività.
Lavoratore interinale: termine utilizzato per chiarezza nella presente sintesi, indicante una persona che lavori nell’ambito di uno qualsiasi dei due rapporti di lavoro appena descritti.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (GU L 206 del 29.7.1991, pag. 19-21)
Le successive modifiche alla direttiva 91/383/CEE sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1-8)
Si veda la versione consolidata. | 4,652 | 945 |
21998A0311(01) | false | Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica dello Yemen - Atto finale - Dichiarazioni comuni
Gazzetta ufficiale n. L 072 del 11/03/1998 pag. 0018 - 0029
ACCORDO DI COOPERAZIONE tra la Comunità europea e la Repubblica dello Yemen IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DELLO YEMEN,dall'altra,in appresso denominati «le Parti»,RICONOSCENDO gli ottimi rapporti e vincoli di amicizia e di cooperazione tra la Comunità e la Repubblica dello Yemen;RIBADENDO quanto sia importante rafforzare i legami tra la Comunità e la Repubblica dello Yemen;SOTTOLINEANDO I'importanza che le parti attribuiscono ai principi della carta delle Nazioni Unite, alla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, alla dichiarazione di Vienna e al programma d'azione della conferenza mondiale sui diritti dell'uomo del 1993, alla dichiarazione di Copenaghen del 1995 sul progresso e sullo sviluppo nel settore sociale e al relativo programma d'azione, alla dichiarazione di Pechino del 1995 e al programma d'azione della quarta conferenza mondiale sulle donne, nonché al dialogo costante in materia;RITENENDO opportuno ampliare il contesto delle relazioni tra la Comunità europea e il Medio Oriente e della cooperazione regionale tra i paesi del Medio Oriente e riconoscendo che la cooperazione con la Repubblica dello Yemen è parte integrante della politica della Comunità europea volta a consolidare le relazioni euroarabe nel bacino mediterraneo e in Medio Oriente;RIBADENDO la comune volontà di consolidare, approfondire e diversificare le loro relazioni nei settori di comune interesse su basi di parità, non discriminazione, mutuo vantaggio e reciprocità;CONSIDERANDO il desiderio delle parti di creare, nei limiti delle rispettive competenze, condizioni favorevoli allo sviluppo degli scambi e degli investimenti tra la Comunità e la Repubblica dello Yemen e riconoscendo la necessità di rispettare i principi adottati dall'OMC, il cui scopo è promuovere la liberalizzazione degli scambi in condizioni di stabilità, trasparenza e non discriminazione tenendo conto delle diverse condizioni economiche delle parti;RICONOSCENDO la necessità di sostenere lo sviluppo economico e sociale della Repubblica dello Yemen, in particolare le iniziative del governo yemenita volte a migliorare le condizioni di vita delle fasce più povere e più svantaggiate della popolazione, rivolgendo particolare attenzione alla condizione della donna;SOTTOLINEANDO I'importanza attribuita dalle parti alla promozione di una crescita demografica equilibrata, all'eliminazione della povertà e alla tutela dell'ambiente a livello mondiale, nazionale e locale e riconoscendo il nesso esistente tra demografia, sviluppo economico e ambiente naturale,HANNO DECISO di concludere il presente accordo e a tal fine hanno designato come plenipotenziari:IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA:Jacques F. POOS,Vice Primo Ministro e Ministro degli affari esteri, del commercio con I'estero e della cooperazione del Lussemburgo,Presidente in esercizio del Consiglio dell'Unione europea,Manuel MARÍN,Vicepresidente della Commissione delle Comunità europee,IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DELLO YEMEN:Dr. Abdulkarim AL-ERYANI,Vice Primo Ministro, Ministro degli affari esteriI QUALI, dopo aver scambiato i loro pieni poteri riconosciuti in buona e debita forma,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Fondamenti Le relazioni tra le parti e le disposizioni dell'accordo stesso si fondano sul rispetto dei principi democratici e dei diritti fondamentali dell'uomo, enunciati nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che è alla base delle politiche interna ed estera delle parti e costituisce un elemento fondamentale del presente accordo.Articolo 2 Obiettivi II principale obiettivo dell'accordo è rafforzare e sviluppare, attraverso il dialogo, i vari aspetti della cooperazione tra le parti nei settori che rientrano nelle rispettive competenze, tra cui lo sviluppo, il commercio, la cooperazione economica e culturale, la tutela dell'ambiente e la gestione sostenibile delle risorse naturali e lo sviluppo delle risorse umane. Le parti cercheranno quindi di:a) promuovere e intensificare gli scambi tra di esse e favorire il regolare sviluppo di una cooperazione economica duratura conformemente ai principi della parità e del mutuo vantaggio;b) intensificare la cooperazione nei settori strettamente connessi al progresso economico che comportano vantaggi per entrambe;c) sostenere le iniziative dello Yemen volte a migliorare le condizioni di vita delle fasce più povere e svantaggiate della popolazione, parallelamente a misure di lotta contro la povertà nelle campagne mediante lo sviluppo rurale e di sviluppo delle risorse umane in vari settori dell'economia;d) prendere le misure necessarie per la tutela dell'ambiente a livello mondiale, regionale, nazionale e locale e la gestione sostenibile delle risorse naturali, tenendo conto dei vincoli esistenti tra ambiente e sviluppo;e) ampliare la cooperazione nei settori della cultura, della comunicazione e dell'informazione per migliorare I'intesa e rafforzare i legami tra di esse.Articolo 3 Cooperazione commerciale a) Nei limiti delle rispettive competenze, la Comunità e la Repubblica dello Yemen cercheranno di attenersi, per quanto riguarda la gestione dei loro scambi commerciali, all'accordo che istituisce I'OMC.b) In conformità delle disposizioni dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT 1994), le parti si concederanno reciprocamente il trattamento della nazione più favorita per i beni importati o esportati. Tali disposizioni non si applicano alle preferenze riconosciute dall'una o dall'altra parte a norma di un'intesa recante creazione di un'unione doganale, di una zona di libero scambio o di una zona di trattamento preferenziale.c) La cooperazione cercherà di sviluppare e diversificare gli scambi bilaterali fra la CE e lo Yemen e di migliorare I'accesso al mercato conformemente alla situazione economica delle parti.d) Il capitolo comprenderà in particolare disposizioni con le quali:- le parti si impegnano a sviluppare e diversificare i loro scambi commerciali reciproci e a migliorare I'accesso al mercato compatibilmente con le rispettive situazioni economiche e con i rispettivi livelli di sviluppo;- le parti si impegnano a migliorare le condizioni di accesso ai rispettivi mercati per i loro prodotti. In tale contesto, esse si concedono le condizioni più favorevoli per le importazioni e le esportazioni e decidono di riflettere su come eliminare gli ostacoli agli scambi fra di esse, segnatamente quelli non tariffari, tenendo conto del lavoro già svolto al riguardo nei consessi internazionali;- le parti si impegnano a favorire gli scambi di informazioni sulle opportunità commerciali vantaggiose per entrambe;- nei limiti delle rispettive competenze, le parti si impegnano a migliorare la cooperazione tra le rispettive autorità nel settore doganale, segnatamente per quanto riguarda le possibilità di formazione professionale, la semplificazione e l'armonizzazione delle procedure doganali e la prevenzione, le indagini e la repressione nel campo delle infrazioni doganali;- le parti si impegnano inoltre a prendere in considerazione la possibilità di esentare, in conformità delle rispettive leggi, dai dazi, dalle imposte e da altri oneri le merci ammesse temporaneamente nei loro territori per essere poi riesportate tali quali o le merci che rientrano nei loro territori dopo essere state trasformate nell'altra parte, ove tale trasformazione non sia ritenuta sufficiente per considerare le merci in questione originarie del territorio di quella parte;- nei limiti delle rispettive competenze, le parti decidono di consultarsi su tutti gli eventuali contenziosi di natura commerciale, compresi i diritti di proprietà e le commesse pubbliche. Esse si consulteranno inoltre, con spirito costruttivo, sulle questioni tariffarie e non tariffarie, sui servizi, sulla sanità, sulle misure di sicurezza o ambientali e sulle norme tecniche;- le parti si sforzano, compatibilmente con le rispettive competenze, normative e politiche, di migliorare gli scambi di informazioni sulle commesse pubbliche;- il governo dello Yemen prende tutte le misure necessarie per migliorare le condizioni per una tutela e un'applicazione adeguate ed effettive dei diritti di proprietà intellettuale, industriale e commerciale;- a tal fine, il governo dello Yemen aderisce, in particolare, alle pertinenti convenzioni internazionali sulla proprietà intellettuale, industriale e commerciale delle quali non è ancora firmatario tra cui, ma si tratta di un elenco non limitativo, la convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, la convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l'accordo sui diritti di proprietà intellettuale connessi al commercio (TRIPs);- la Comunità europea, nei limiti delle sue competenze, e la Repubblica dello Yemen, per quanto riguarda i servizi marittimi internazionali, si adopereranno per garantire un'effettiva applicazione del principio dell'accesso illimitato al traffico marittimo su basi commerciali e non discriminatorie;- si potrà eventualmente fornire alla Repubblica dello Yemen l'assistenza tecnica necessaria per soddisfare i suddetti impegni e obblighi.Articolo 4 Cooperazione allo sviluppo La Comunità riconosce che è necessario contribuire allo sviluppo dello Yemen e che, se non si continuerà a lottare rapidamente e in modo sostenibile contro la povertà e la crescita demografica nella Repubblica dello Yemen, aumenteranno i rischi di condizionamenti e di conflitti tali da ostacolare il progresso economico del paese e lo sviluppo economico e sociale della popolazione (segnatamente le fasce più vulnerabili).La Comunità ammette inoltre di poter aumentare considerevolmente, in termini di entità e di impatto, il suo contributo allo sviluppo della Repubblica dello Yemen, segnatamente nei seguenti settori strategici: lotta contro la povertà attraverso l'insegnamento elementare, formazione e miglioramento delle condizioni di lavoro, risorse idriche, sviluppo rurale e sanità, segnatamente l'assistenza medica di base, comprese la promozione della pianificazione familiare e le azioni demografiche. Gli interventi in questi settori dovrebbero promuovere, se del caso, le pari opportunità e concentrarsi concretamente sulle ragazze e sulle donne. A tale riguardo, la Commissione ha la ferma intenzione di collaborare con le ONG locali.In considerazione di quanto precede, e in conformità del regolamento (CEE) n. 443/92 del Consiglio, del 25 febbraio 1992, riguardante l'aiuto finanziario e tecnico per i paesi in via di sviluppo dell'America latina e dell'Asia nonché la cooperazione economica con tali paesi si continuerà a sviluppare la cooperazione nell'ambito di una strategia ben definita e di un dialogo volto a concordare le priorità, ricercando efficacia e sostenibilità.Compatibilmente con le loro disponibilità finanziarie, con le rispettive procedure e con i rispettivi strumenti, le parti forniranno i fondi necessari per agevolare il conseguimento degli obiettivi enunciati nell'accordo. Nell'ambito della sua pianificazione finanziaria per le attività di cooperazione, la Comunità terrà conto della necessità di garantire un'equa distribuzione geografica dei suoi impegni.Le parti si accerteranno che le azioni avviate nell'ambito della cooperazione allo sviluppo siano in linea con le strategie di sviluppo concordate con le istituzioni di Bretton Woods.Articolo 5 Cooperazione economica Le parti si impegneranno, compatibilmente con le rispettive politiche e finalità e con le risorse disponibili, a favorire una cooperazione economica reciprocamente vantaggiosa. Esse stabiliranno di comune accordo, nell'interesse di entrambe e nei limiti delle rispettive competenze, i settori e le priorità dei programmi e delle attività di cooperazione economica nell'ambito di una strategia di cooperazione ben definita. Inoltre, per rafforzare le relazioni economiche tra la Comunità e la Repubblica dello Yemen, le parti avvieranno un regolare dialogo economico su tutti gli aspetti della politica macroeconomica tra cui, nei limiti delle loro competenze, la politica di bilancio, la bilancia dei pagamenti e la politica monetaria, onde intensificare la cooperazione tra le autorità responsabili dell'attuazione delle politiche economiche nei settori di loro competenza.La cooperazione in questo settore avrà i seguenti vasti obiettivi:a) creare nella Repubblica dello Yemen un contesto economico sostenibile e favorevole alla concorrenza agevolando l'accesso al know-how e alla tecnologia comunitari, comprese le norme, il controllo di qualità e le telecomunicazioni;b) facilitare i contatti tra gli operatori economici, gli scambi di informazioni e le altre misure atte a promuovere e a tutelare gli scambi commerciali, compreso lo sviluppo delle esportazioni yemenite;c) creare condizioni favorevoli allo sviluppo delle PMI yemenite e agevolare gli scambi di informazioni sulle politiche in materia di società e di PMI, segnatamente al fine di migliorare l'ambiente commerciale e di incoraggiare i contatti non solo tra le PMI, onde aumentarne le possibilità di commercio e di cooperazione industriale, ma anche tra le competenti autorità della Comunità e le autorità dello Yemen incaricate di attuare l'adeguamento macroeconomico;d) avviare un dialogo sulla politica di cooperazione economica tra la Repubblica dello Yemen e la Comunità, scambiando informazioni sulla situazione e sulle prospettive macroeconomiche, nonché sulle strategie di sviluppo;e) migliorare la reciproca comprensione dei rispettivi contesti economici e commerciali come base per una cooperazione proficua;f) migliorare, nei limiti delle rispettive competenze, la cooperazione in materia di norme e questioni normative fra le rispettive autorità, specialmente per quanto riguarda la formazione professionale, la semplificazione delle norme e la loro armonizzazione;g) migliorare la formazione alla gestione nella Repubblica dello Yemen affinché il paese possa disporre di operatori commerciali in grado di collaborare in modo proficuo con gli ambienti commerciali europei;h) promuovere il dialogo tra la Repubblica dello Yemen e la Comunità in materia di politica energetica, di trasferimento tecnologico e di cooperazione tecnologica;i) aiutare lo Yemen a modernizzare e a ristrutturare l'industria promuovendo la diversificazione della produzione industriale e migliorando il pertinente contesto giuridico e amministrativo;j) favorire la partecipazione del settore privato ai programmi di cooperazione onde rafforzare la cooperazione economica e industriale tra le parti. A tale fine, le parti prenderanno misure volte a:- incitare i rispettivi settori privati a sviluppare la cooperazione commerciale e- coinvolgere il settore privato nelle attività previste dall'accordo;k) nei limiti delle rispettive competenze, promuovere la cooperazione tra i servizi finanziari scambiando informazioni sulle normative e le prassi finanziarie e sui programmi di formazione e promuovendo la riforma dei settori bancario e finanziario e la liberalizzazione dei servizi finanziari;l) avviare una cooperazione nel settore delle infrastrutture di trasporto e della gestione, compresi l'aviazione civile e la gestione dei porti, e promuovere l'ulteriore uso delle norme comunitarie;m) riconoscere l'importanza della cooperazione nei settori della società dell'informazione, delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, che contribuiscono ad accelerare lo sviluppo economico e gli scambi. Prevedere un dialogo e un'eventuale assistenza per la regolamentazione e la normazione delle telecomunicazioni nonché per lo sviluppo di progetti, segnatamente delle applicazioni telematiche nei settori prioritari (istruzione, sanità, ambiente, trasporti, commercio elettronico).Nei limiti delle rispettive competenze, le parti si impegneranno a incentivare l'incremento degli investimenti reciprocamente vantaggiosi creando un clima più propizio agli investimenti privati. A tal fine, esse instaureranno condizioni più favorevoli ai trasferimenti di capitale e promuoveranno, se del caso, la conclusione di convenzioni per la promozione e la tutela degli investimenti tra gli Stati membri della Comunità europea e la Repubblica dello Yemen in base a principi di non discriminazione e reciprocità.Articolo 6 Agricoltura e pesca Le parti, animate da uno spirito di comprensione, si impegneranno a cooperare per modernizzare e ristrutturare i settori dell'agricoltura e della pesca.La cooperazione mirerà in particolare a:- aiutare la Repubblica dello Yemen a definire e mettere in pratica una strategia nazionale di sicurezza alimentare;- sviluppare mercati stabili;- arrivare ad uno sviluppo rurale integrato, anche potenziando i servizi di base e moltiplicando le attività economiche connesse;- sviluppare e migliorare i canali di distribuzione privati, le tecniche di imballaggio e di magazzinaggio e la commercializzazione;- sostenere la privatizzazione e lo sviluppo del settore privato;- favorire la conservazione e la gestione razionale delle scorte ittiche;- promuovere la diversificazione della produzione e la riduzione della dipendenza alimentare;- diffondere tecniche ecologiche per l'agricoltura e la pesca;- modernizzare le infrastrutture nelle zone rurali e promuovere lo sviluppo rurale;- promuovere la cooperazione per le questioni sanitarie, veterinarie e fitozoosanitarie onde eliminare gli ostacoli tariffari in conformità delle legislazioni delle parti;- fornire assistenza tecnica e formazione.Sono previsti, fra l'altro, trasferimenti di know-how, la promozione della ricerca agricola, la creazione di joint venture e programmi di formazione.Articolo 7 Cooperazione nel settore dell'ambiente Le parti riconoscono che vi è uno stretto collegamento tra povertà e degrado ambientale. L'obiettivo principale della cooperazione ambientale sarà quindi quello di favorire, secondo le rispettive competenze delle parti, una crescita economica sostenibile e uno sviluppo sociale, privilegiando la tutela dell'ambiente naturale, compreso quello marino, e la lotta contro il degrado ambientale, in particolare la desertificazione.La cooperazione in materia mirerà principalmente a:- creare le strutture amministrative, normative e informative necessarie per una gestione razionale dell'ambiente;- cooperare per lo sviluppo delle fonti energetiche sostenibili e non inquinanti, nonché per risolvere i problemi di inquinamento urbano e industriale;- favorire la cooperazione e il coordinamento a livello regionale;- scambiare informazioni e consulenze, in parte nell'ambito dei trasferimenti di tecnologie ambientali appropriate;- organizzare programmi di formazione e di consulenza e sviluppare le reti.Articolo 8 Turismo Compatibilmente con le rispettive competenze delle parti, la cooperazione in questo settore mirerà principalmente a:- intensificare i programmi di formazione per la gestione alberghiera e le altre professioni connesse;- attirare gli investimenti locali e stranieri nel settore del turismo;- favorire la commercializzazione e la cooperazione fra imprese nel settore del turismo;- scambiarsi i metodi più efficaci per garantire lo sviluppo sostenibile del turismo.Articolo 9 Cooperazione regionale La cooperazione tra le parti, sia essa economica o di altro genere, potrà estendersi ad azioni avviate nell'ambito degli accordi di cooperazione o d'integrazione conclusi con altri paesi della stessa regione, purché dette azioni siano compatibili con i summenzionati accordi.Le parti promuoveranno i vari interventi e forniranno assistenza tecnica per le attività volte a sviluppare la cooperazione tra la Repubblica dello Yemen e i paesi limitrofi. In tale contesto, si potrebbe prendere in considerazione un coordinamento fra i programmi di cooperazione decentrata della Comunità con i paesi del Mediterraneo e del CCG.Articolo 10 Cooperazione nel settore della scienza e della tecnologia Le parti promuoveranno la cooperazione per lo sviluppo scientifico e tecnologico.La cooperazione in questo campo prevede:- scambi di informazioni scientifiche e tecnologiche;- scambi di scienziati e l'avvio di relazioni interistituzionali nel settore;- attività di formazione;- il miglioramento delle strutture di ricerca yemenite;- l'accesso alle reti di cooperazione scientifica e tecnologica a livello regionale.Le parti definiranno insieme i settori di comune interesse, privilegiando i programmi volti a creare sinergie con un impatto regionale come quelli relativi all'ambiente, alla gestione del suolo e delle acque e alla sanità.Articolo 11 Cooperazione per la lotta contro l'abuso di stupefacenti, il controllo dei precursori chimici e la lotta contro il riciclaggio del denaro sporco Compatibilmente con le rispettive competenze e disposizioni giuridiche, le parti decideranno di:- prendere in considerazione la possibilità di ricorrere a misure speciali volte a combattere la coltivazione, la produzione e il commercio illecito di droga, stupefacenti e sostanze psicotrope, nonché a misure di prevenzione e di riduzione della tossicomania;- collaborare per impedire lo sviamento dei precursori chimici della droga;- adoperarsi per combattere il riciclaggio del denaro sporco.La cooperazione nel settore cercherà di definire, nei limiti delle rispettive competenze delle parti, norme adeguate contro il riciclaggio del denaro sporco equivalenti a quelle adottate dalla Comunità e dai consessi internazionali, segnatamente la Task Force Azione finanziaria (FATF).Articolo 12 Cooperazione sociale Le parti riconoscono l'importanza dello sviluppo sociale, che dovrebbe andare di pari passo con lo sviluppo economico, e considereranno altamente prioritario il rispetto dei diritti sociali fondamentali.Nei limiti delle rispettive competenze, la cooperazione potrà riguardare tutti i settori che interessino le parti. Tenendo conto dei rispettivi settori di competenza, le parti privilegeranno le misure volte a:- promuovere la parità uomo-donna nel processo di sviluppo economico e sociale e la partecipazione equilibrata di uomini e donne ai processi decisionali connessi, segnatamente attraverso l'istruzione e i media;- migliorare le condizioni di lavoro e la protezione sociale delle madri e dei bambini;- migliorare il sistema di protezione sociale;- rispondere in modo più adeguato alle esigenze di tipo sanitario.Articolo 13 Sviluppo delle risorse umane Le parti convengono che lo sviluppo delle risorse umane è parte integrante del loro sviluppo economico e sociale e si impegnano a migliorare l'istruzione e la formazione professionale. A tal fine, si favorirà in modo particolare l'accesso delle donne all'istruzione, compresi i corsi tecnici, l'insegnamento superiore e la formazione professionale. Per migliorare le competenze del personale dirigente dei settori pubblico e privato, le parti intensificheranno la cooperazione a livello di istruzione e di formazione professionale e incoraggeranno la cooperazione interuniversitaria e interaziendale.Articolo 14 Informazione, comunicazione e cultura Le parti collaboreranno, conformemente alle rispettive competenze e politiche e secondo i reciproci interessi, nei settori dell'informazione, della comunicazione, della cultura, del patrimonio culturale e delle comunicazioni per instaurare un clima di maggiore comprensione e consolidare i legami esistenti tra di esse mediante studi e assistenza tecnica per la salvaguardia del patrimonio culturale.Nell'ambito delle rispettive competenze delle parti, la cooperazione potrà comprendere i seguenti aspetti:- programmi di informazione reciproca, compresi la stampa e i mezzi di comunicazione audiovisivi;- conservazione e restauro di monumenti ed edifici di interesse architettonico;- istruzione e formazione;- manifestazioni culturali.Articolo 15 Aspetti istituzionali Sarà istituito, a livello ufficiale, un comitato misto di cooperazione incaricato di sorvegliare l'applicazione globale dell'accordo.Il comitato si riunirà a turno nella Comunità e nella Repubblica dello Yemen, di norma a scadenze annuali. Esso avrà il compito di:a) garantire il buon funzionamento dell'accordo;b) stabilire le priorità relativamente agli obiettivi dell'accordo;c) formulare adeguate raccomandazioni per promuovere gli obiettivi dell'accordo.Entrambe le parti ribadiscono il desiderio di avviare regolari contatti tra i Parlamenti europeo e yemenita.Articolo 16 Clausola evolutiva Le parti possono migliorare il presente accordo, di concerto e nei limiti delle rispettive competenze, al fine di sviluppare la cooperazione e di completarla mediante accordi su settori o attività specifici.Le parti possono formulare, nell'ambito del presente accordo, suggerimenti per estendere il campo della cooperazione, tenendo conto dell'esperienza acquisita nell'applicare l'accordo stesso.Articolo 17 Altri accordi Fatte salve le pertinenti disposizioni dei trattati che istituiscono le Comunità europee, né il presente accordo né qualsivoglia azione intrapresa ai sensi dello stesso pregiudicano in alcun modo la possibilità per gli Stati membri dell'Unione europea di avviare attività bilaterali con la Repubblica dello Yemen nell'ambito della cooperazione economica o di concludere, se del caso, nuovi accordi di cooperazione economica con questo paese.Fatte salve le disposizioni del paragrafo precedente, le disposizioni del presente accordo sostituiscono, se incompatibili o identiche, quelle degli accordi conclusi tra gli Stati membri dell'Unione europea e la Repubblica dello Yemen.Articolo 18 Mancata esecuzione dell'accordo Qualora una parte ritenga che l'altra sia venuta meno agli obblighi assunti nel quadro del presente accordo, essa può prendere le misure del caso. Prima di procedere, fatta eccezione per i casi particolarmente urgenti, essa fornisce all'altra parte tutte le informazioni necessarie per un esame approfondito della situazione onde cercare una soluzione accettabile per entrambe le parti.Nella scelta delle misure, si dovranno privilegiare quelle che perturbano meno il funzionamento del presente accordo. Le misure decise verranno comunicate senza indugio all'altra parte e, se questa lo richiede, saranno oggetto di consultazioni.Articolo 19 Concessione di un trattamento adeguato per gli esperti CE che partecipano ad attività di cooperazione finanziate dalla CE nella Repubblica dello Yemen Per favorire la cooperazione nel quadro del presente accordo, il governo yemenita concede ai funzionari e agli esperti della CE che partecipano alla cooperazione le garanzie, le agevolazioni e i privilegi giuridici previsti dalle norme internazionali necessari per lo svolgimento delle loro funzioni. Ciò comprende l'esenzione da qualsiasi tipo di imposte, prelievi e altri oneri per le forniture e le merci importate nella Repubblica dello Yemen nell'ambito delle attività di cooperazione.Articolo 20 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi indicate, e, dall'altra, al territorio della Repubblica dello Yemen.Articolo 21 Entrata in vigore Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data della notifica, ad opera delle parti, dell'espletamento delle procedure all'uopo necessarie.Il presente accordo è concluso per un periodo illimitato, sempreché una delle parti non lo denunci.Articolo 22 Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e araba, tutti i testi facenti ugualmente fede.Articolo 23 Allegati Gli allegati del presente accordo ne costituiscono parte integrante.Fatto a Bruxelles, addì venticinque novembre millenovecentonovantasette.II Consiglio dell'Unione europea>RIFERIMENTO A UN FILM>La Repubblica dello Yemen>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO I Dichiarazione relativa all'articolo 18 - Mancata esecuzione dell'accordo a) Ai fini dell'interpretazione e dell'applicazione pratica del presente accordo, le parti convengono che per «casi particolarmente urgenti» ai sensi dell'articolo 18 s'intendono le violazioni sostanziali dell'accordo ad opera di una delle parti. La violazione sostanziale dell'accordo consiste:- in una denuncia dell'accordo non autorizzata dalle norme generali del diritto internazionaleo- nell'inosservanza degli elementi fondamentali dell'accordo di cui all'articolo 1.b) Le parti convengono che per «misure del caso» ai sensi dell'articolo 18 s'intendono le misure prese in conformità del diritto internazionale. Qualora una parte prenda una misura in uno dei casi particolarmente urgenti ai sensi dell'articolo 18, l'altra parte può invocare la procedura di composizione delle controversie.ALLEGATO II Dichiarazione congiunta sulla proprietà intellettuale, industriale e commerciale Le parti convengono che, nel quadro dell'accordo, la «proprietà intellettuale, industriale e commerciale» include in particolare la protezione del diritto d'autore e dei diritti ad esso collegati, i brevetti, i disegni industriali, i marchi di fabbrica e di servizi, i programmi informatici, le topografie dei circuiti integrati, le indicazioni geografiche, la protezione contro la concorrenza sleale e la tutela delle informazioni riservate.ATTO FINALE I plenipotenziari:della COMUNITÀ EUROPEA,in appresso denominata «Comunità»,da una parte, eil plenipotenziario della REPUBBLICA DELLO YEMEN,in appresso denominata «Yemen»,dall'altra,riuniti a Bruxelles, il 25 novembre 1997 per la firma dell'accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica dello Yemen, hanno adottato i testi elencati in appresso:l'accordo ed i seguenti allegati:Allegato I - Dichiarazione relativa all'articolo 18 - Mancata esecuzione dell'accordoAllegato II - Dichiarazione congiunta sulla proprietà intellettuale, industriale e commercialeI plenipotenziari della Comunità e il plenipotenziario dello Yemen hanno adottato il testo della dichiarazione congiunta elencata in appresso e allegata al presente atto finale:Dichiarazione congiunta sulla riammissione dei cittadiniFatto a Bruxelles, addì venticinque novembre millenovecentonovantesette.Per la Comunità europea>RIFERIMENTO A UN FILM>Per la Repubblica dello Yemen>RIFERIMENTO A UN FILM>Dichiarazione congiunta sulla riammissione dei cittadini La Comunità europea ricorda l'importanza che i suoi Stati membri attribuiscono ad una cooperazione efficace con i paesi terzi per agevolare la riammissione dei cittadini di questi ultimi che si trovano in situazione irregolare sul territorio di uno Stato membro.La Repubblica dello Yemen accetta di impegnarsi a concludere accordi di riammissione con gli Stati membri dell'Unione europea che ne facciano richiesta. | Accordo di cooperazione tra l’Unione europea e la Repubblica dello Yemen
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo mira a rafforzare e sviluppare il dialogo e la cooperazione tra la Comunità europea (oggi Unione europea) e la Repubblica dello Yemen nei settori riguardanti:sviluppo;il commercio;la cooperazione economica e culturale;la tutela dell’ambiente;la gestione sostenibile delle risorse naturali; elo sviluppo delle risorse umane. la decisione conclude l’accordo tra l’Unione europea (Unione) e la Repubblica dello Yemen.
PUNTI CHIAVE
L’accordo si fonda sul rispetto dei principi democratici e dei diritti fondamentali dell’uomo e i suoi obiettivi in tali campi sono:promuovere e intensificare gli scambi e lo sviluppo di una cooperazione economica sostenibile; intensificare la cooperazione nei settori connessi al progresso economico; sostenere le iniziative dello Yemen volte a migliorare le condizioni e il tenore di vita delle fasce più povere e svantaggiate della popolazione; prendere le misure necessarie per la tutela dell’ambiente e garantire la gestione sostenibile delle risorse naturali; ampliare la cooperazione nei settori della cultura, della comunicazione e dell’informazione per migliorare l’intesa tra le parti.Settori di cooperazione
Cooperazione commerciale
Per quanto riguarda i loro scambi commerciali, le parti si accordano perallineare le loro politiche commerciali con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio; concedersi reciprocamente il trattamento della nazione più favorita* con l’eccezione delle preferenze riconosciute in relazione a una unione doganale, a una zona di libero scambio o a una zona di trattamento preferenziale; sviluppare e diversificare gli scambi bilaterali; migliorare i termini di accesso ai prodotti ed eliminare gli ostacoli agli scambi; fornire assistenza tecnica, scambiare informazioni e migliorare la cooperazione nel settore doganale; considerare le esenzioni temporanee da dazi, imposte e altri oneri; e consultarsi sugli eventuali contenziosi di natura commerciale.Lo Yemen si impegna a tutelare i diritti di proprietà intellettuale, industriale e commerciale e, per quanto riguarda i servizi marittimi internazionali, a garantire l’effettiva applicazione del principio dell’accesso illimitato al traffico marittimo su basi commerciali e non discriminatorie;
Cooperazione allo sviluppo
Nel campo della cooperazione allo sviluppo, l’Unione riconosce che è necessario un maggiore contributo in termini di entità e di impatto per aiutare lo Yemen nella lotta contro la povertà sviluppando:l’insegnamento elementare e la formazione; il miglioramento delle condizioni di lavoro; le risorse idriche; lo sviluppo rurale; e una migliore sanità.La cooperazione dovrà essere guidata da una strategia di cooperazione ben definita tenendo conto della distribuzione geografica degli impegni e accompagnata da un dialogo volto a concordare le priorità, ricercando efficacia e sostenibilità.
Cooperazione economica
Per dimostrare il proprio impegno nella cooperazione economica le parti avvieranno un regolare dialogo economico su tutti gli aspetti della politica macroeconomica, tra cui la politica di bilancio, la bilancia dei pagamenti e la politica monetaria. Il suo scopo sarà quello di intensificare la cooperazione tra le autorità responsabili al fine di:creare un contesto economico competitivo che faciliti lo sviluppo delle piccole e medie imprese; facilitare i contatti e gli scambi di informazioni, avviare un dialogo economico e migliorare la reciproca comprensione; migliorare la cooperazione in materia di norme e questioni normative; migliorare la formazione alla gestione; promuovere il dialogo in materia di politica energetica, di trasferimento tecnologico e di cooperazione tecnologica; aiutare lo Yemen a modernizzare e a ristrutturare l’industria; favorire la partecipazione del settore privato ai programmi di cooperazione; promuovere la cooperazione tra i servizi finanziari; avviare una cooperazione nel settore delle infrastrutture di trasporto e della gestione dei trasporti; stabilire un dialogo e un’eventuale assistenza per la regolamentazione e la normazione delle telecomunicazioni nonché per lo sviluppo di progetti, segnatamente delle applicazioni telematiche nei settori dell’istruzione, della sanità, dell’ambiente, dei trasporti e del commercio elettronico. incentivare gli investimenti creando un clima più propizio per gli investitori.La cooperazione economica o di altro genere potrà estendersi ad azioni avviate nell’ambito degli accordi di cooperazione o d’integrazione conclusi con altri paesi della stessa regione, per contribuire alla cooperazione regionale. A tal fine, viene pianificato il coordinamento fra i programmi di cooperazione decentrata dell’Unione con i paesi del Mediterraneo e del Consiglio di cooperazione del Golfo.
Agricoltura e pesca
Nei settori dell’agricoltura e della pesca, l’obiettivo è quello di modernizzare e ristrutturare i settori per mettere in pratica quanto segue:una strategia nazionale di sicurezza alimentare; sviluppare mercati stabili; sviluppo rurale integrato; sviluppo del settore privato; diversificazione della produzione; riduzione della dipendenza alimentare; e cooperazione per le questioni sanitarie, veterinarie e fitozoosanitarie, assistenza tecnica e formazione.Ambiente
Le parti riconoscono che vi è uno stretto collegamento tra povertà e degrado ambientale e pertanto concordano di privilegiare la tutela dell’ambiente. Ciò comporta:creare le strutture amministrative, normative e informative necessarie per una gestione razionale dell’ambiente; sviluppare fonti energetiche sostenibili e non inquinanti; favorire la cooperazione e il coordinamento a livello regionale; e scambiare informazioni e know-how.Altri settoriLa cooperazione nei settori del turismo, della scienza e della tecnologia punta a promuovere la cooperazione, lo scambio di informazioni e lo sviluppo. Ulteriori obiettivi sono:la lotta contro l’abuso di stupefacenti, compresi il commercio e la produzione illecita di stupefacenti, narcotici e sostanze psicotrope;la lotta contro il riciclaggio di denaro; eil controllo dei precursori chimici. Nel campo sociale, verrà considerato prioritario:il rispetto dei diritti sociali fondamentali, privilegiando le misure volte a promuovere l’effettiva parità uomo-donna e l’equo coinvolgimento delle donne nei processi decisionali;migliorare le condizioni di lavoro e la protezione sociale delle madri e dei bambini; emigliorare il sistema di protezione sociale e la copertura sanitaria. Lo sviluppo delle risorse umane viene considerato parte integrante dello sviluppo economico e sociale. Gli sforzi punteranno a favorire:l’accesso delle donne all’istruzione;lo sviluppo delle competenze attraverso una più stretta cooperazione a livello di istruzione e di formazione; ela cooperazione interuniversitaria e interaziendale. Le parti collaboreranno nei settori dell’informazione, della comunicazione, della cultura, per instaurare un clima di maggiore comprensione e consolidare i legami culturali. Si concentreranno su programmi di informazione reciproca, conservazione e restauro di monumenti, istruzione e formazione ed eventi culturali.Aspetti istituzionaliViene istituito un comitato misto di cooperazione incaricato di sorvegliare l’applicazione globale dell’accordo. esso garantisce il buon funzionamento dell’accordo, stabilisce le priorità e formula raccomandazioni. Entrambe le parti ribadiscono il desiderio di avviare regolari contatti tra i parlamenti europeo e yemenita. L’accordo può essere ampliato e sostituire disposizioni incompatibili o identiche. Non pregiudica la possibilità per i paese dell’Unione di avviare attività bilaterali. La mancata esecuzione può comportare misure contro l’altra parte, alle quali si potrà ovviare cercando una soluzione che perturbi il meno possibile il funzionamento dell’accordo. I funzionari e gli esperti coinvolti nell’attuazione dell’accordo potranno godere di garanzie, agevolazioni e privilegi giuridici previsti dalle norme internazionali.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1o luglio 1998.
CONTESTO
Nel febbraio 2019, il Consiglio ha adottato le conclusioni sullo Yemen riaffermando il suo impegno per l’unità, la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dello Yemen di fronte al conflitto che ha vissuto per oltre sei anni. Ha inoltre accolto con favore l’adozione all’unanimità delle risoluzioni 2451 e 2452 dell’UNSCR su cui si fonda l’accordo di Stoccolma e l’istituzione della missione delle Nazioni Unite per sostenere l’accordo di Hodeida (UNMHA)
Per maggiori informazioni, consultare:Lo Yemen e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) Relazioni tra l’UE e lo Yemen (Servizio europeo per l’azione esterna) Relazioni tra lo Yemen e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna)
TERMINI CHIAVE
Nazione più favorita: il trattamento NPF prevede che un paese offra le concessioni, i privilegi o le immunità accordati a una nazione all’interno di un accordo commerciale a tutte le altre nazioni che sono membri dell’Organizzazione mondiale del commercio.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica dello Yemen (GU L 72, dell’11.3.1998, pag. 18).
Decisione 98/189/CE del Consiglio, del 23 febbraio 1998, recante conclusione dell’accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica dello Yemen (GU L 72 dell’11.3.1998, pag. 17).
DOCUMENTI CORRELATI
Conclusioni del Consiglio sullo Yemen, 18 febbraio 2019
Conclusioni del Consiglio sullo Yemen, 25 giugno 2018
Il Consiglio adotta le conclusioni sullo Yemen — comunicato stampa, 3.4.2017
Informazione concernente l’entrata in vigore dell’accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica dello Yemen (GU L 178 del 23.6.1998, pag. 38). | 11,612 | 506 |
32000L0036 | false | Direttiva 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2000, relativa ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all'alimentazione umana
Gazzetta ufficiale n. L 197 del 03/08/2000 pag. 0019 - 0025
Direttiva 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 23 giugno 2000relativa ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all'alimentazione umanaIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Occorrerebbe semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da queste direttive devono conformarsi per poter circolare liberamente nel mercato interno, in ossequio alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11 e 12 dicembre 1992, confermate da quelle del Consiglio europeo di Bruxelles del 10 e 11 dicembre 1993.(2) La direttiva 73/241/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1973, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i prodotti di cacao e di cioccolato destinati all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti vari tipi di prodotti di cacao e di cioccolato potevano ostacolare la libera circolazione di questi prodotti e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e sul funzionamento del mercato comune.(3) La suddetta direttiva ha avuto pertanto lo scopo di fissare definizioni e norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione, il confezionamento e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità.(4) È opportuno modificare tali definizioni e norme per tener conto del progresso tecnologico e dei mutati gusti dei consumatori e per adeguarle alla legislazione comunitaria generale in materia di prodotti alimentari, in particolare a quella relativa all'etichettatura, agli edulcoranti e agli altri additivi autorizzati, alle sostanze aromatizzanti, ai solventi d'estrazione e ai metodi d'analisi.(5) L'aggiunta nei prodotti di cioccolato di grassi vegetali diversi dal burro di cacao è ammessa in alcuni Stati membri fino a un massimo del 5 %.(6) L'aggiunta nei prodotti di cioccolato di taluni grassi vegetali diversi dal burro di cacao dovrebbe essere ammessa in tutti gli Stati membri fino a un massimo del 5 %. Questi grassi vegetali dovrebbero essere equivalenti al burro di cacao e dovrebbero essere quindi definiti secondo criteri tecnici e scientifici.(7) Al fine di garantire l'unicità del mercato interno, tutti i prodotti di cioccolato oggetto della presente direttiva devono poter circolare all'interno della Comunità con le denominazioni di vendita di cui all'allegato I della presente direttiva.(8) Secondo le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari previste dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità(5), la menzione dell'elenco degli ingredienti ai sensi dell'articolo 6 è obbligatoria. La presente direttiva rende applicabile la direttiva 79/112/CEE ai prodotti di cacao e di cioccolato al fine di informare correttamente il consumatore.(9) Nel caso dei prodotti di cioccolato cui sono stati aggiunti grassi vegetali diversi dal burro di cacao è opportuno garantire ai consumatori una informazione corretta, imparziale e obiettiva in aggiunta all'elenco degli ingredienti.(10) D'altro canto, la direttiva 79/112/CEE non osta a che l'etichettatura dei prodotti di cioccolato indichi che non sono stati aggiunti grassi vegetali diversi dal burro di cacao, purché l'informazione sia corretta, imparziale, obiettiva e tale da non indurre in errore il consumatore.(11) Talune denominazioni riservate dalla presente direttiva sono utilizzate nella pratica in denominazioni di vendita composte, consacrate dall'uso in taluni Stati membri per designare prodotti che non possono essere confusi con quelli definiti nella presente direttiva. Pertanto, occorrerebbe mantenere dette denominazioni. Tuttavia, il loro uso dovrebbe essere conforme alle disposizioni della direttiva 79/112/CEE, in particolare all'articolo 5.(12) Lo sviluppo del mercato interno dopo l'adozione della direttiva 73/241/CEE consente di assimilare il "cioccolato comune" al "cioccolato".(13) È opportuno confermare la deroga di cui alla direttiva 73/241/CEE che permette al Regno Unito e all'Irlanda di autorizzare l'uso sui loro territori della denominazione "milk chocolate" per designare il "milk chocolate with high milk content". Tuttavia, la denominazione inglese "milk chocolate with high milk content" dovrebbe essere sostituita con la denominazione "family milk chocolate".(14) In base al principio di proporzionalità, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del trattato, a norma dell'articolo 5, terzo comma dello stesso.(15) Il cacao, il burro di cacao e una serie di altri grassi vegetali utilizzati nella fabbricazione del cioccolato sono prevalentemente prodotti nei paesi in via di sviluppo. Nell'interesse degli abitanti di tali paesi in via di sviluppo, è opportuno concludere accordi di una durata quanto più lunga possibile, motivo per cui la Commissione dovrebbe esaminare in che modo la Comunità possa fornire un sostegno in questo contesto per quanto riguarda il burro di cacao e altri grassi vegetali (in particolare promuovendo il commercio equo).(16) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(17) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, è opportuno che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all'alimentazione umana definiti nell'allegato I.Articolo 21. I grassi vegetali diversi dal burro di cacao definiti ed elencati nell'allegato II possono essere aggiunti ai prodotti di cioccolato di cui al punto A, paragrafi 3, 4, 5, 6, 8 e 9 dell'allegato I. Tale aggiunta non può superare il 5 % del prodotto finito dopo la sottrazione del peso totale delle altre eventuali sostanze commestibili impiegate in base al punto B dell'allegato I, senza che sia ridotto il tenore minimo di burro di cacao o di sostanza secca totale di cacao.2. I prodotti di cioccolato che, a norma del paragrafo 1, contengono grassi vegetali diversi dal burro di cacao, possono essere immessi in commercio in tutti gli Stati membri, a condizione che la loro etichettatura, a norma dell'articolo 3, rechi la menzione ben visibile e chiaramente leggibile: "contiene altri grassi vegetali oltre al burro di cacao". Tale menzione appare nello stesso campo visivo dell'elenco degli ingredienti, ben distinta da questo, con caratteri di corpo almeno pari all'elenco e in grassetto accanto alla denominazione di vendita; indipendentemente da questa disposizione, la denominazione di vendita del prodotto può apparire anche altrove.3. Le eventuali modifiche dell'allegato II sono effettuate secondo la procedura di cui all'articolo 95 del trattato.4. Entro il 3 febbraio 2006 la Commissione presenta, se necessario, una proposta di modifica dell'elenco nell'allegato II, a norma dell'articolo 95 del trattato e tenuto conto dei risultati di uno studio adeguato sulle implicazioni della presente direttiva sull'economia dei paesi produttori di cacao e di grassi vegetali diversi dal burro di cacao.Articolo 3La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, fatte salve le seguenti condizioni:1) Le denominazioni di vendita di cui all'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e devono essere utilizzate nel commercio per designarli.Tuttavia, a titolo complementare e in base alle disposizioni applicabili o all'uso invalso nello Stato membro nel quale si effettua la vendita al consumatore finale, dette denominazioni di vendita possono designare altri prodotti che non possono essere confusi con quelli definiti nell'allegato I.2) Quando i prodotti definiti al punto A, paragrafi 3, 4, 5, 6, 7 e 10 dell'allegato I sono venduti in assortimento, le denominazioni di vendita possono essere sostituite dalla denominazione "cioccolatini assortiti" oppure "cioccolatini ripieni assortiti" o da una denominazione simile. In tal caso l'elenco degli ingredienti sull'etichetta può essere unico per tutti i prodotti che costituiscono l'assortimento.3) L'etichettatura dei prodotti di cacao e di cioccolato definiti al punto A, paragrafi 2, lettere c) e d), 3, 4, 5, 8 e 9 dell'allegato I deve indicare il tenore di sostanza secca totale di cacao con i termini: "cacao: ... % min".4) Per i prodotti di cui al punto A, paragrafo 2, lettera b) e al punto A, paragrafo 2, lettera d), seconda parte del testo, dell'allegato I, l'etichettatura deve indicare il tenore di burro di cacao,5) Le denominazioni di vendita "cioccolato", "cioccolato al latte" e "cioccolato di copertura" previste nell'allegato I possono essere completate da diciture o aggettivi relativi a criteri di qualità, sempreché i prodotti in questione contengano:- nel caso del cioccolato, non meno del 43 % di sostanza secca totale di cacao, di cui non meno del 26 % di burro di cacao,- nel caso del cioccolato al latte, non meno del 30 % di sostanza secca totale di cacao e del 18 % di sostanza del latte ottenuta dalla disidratazione parziale o totale di latte intero, parzialmente o totalmente scremato, panna, panna parzialmente o totalmente disidratata, burro o grassi del latte, di cui almeno il 4,5 % di grassi del latte,- nel caso del cioccolato di copertura, non meno del 16 % di cacao secco sgrassato.Articolo 4Per i prodotti di cui all'allegato I, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali che non sono previste dalla presente direttiva.Articolo 51. Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva, concernenti i punti citati in seguito, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2:- allineamento della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali applicabili in materia di prodotti alimentari,- adeguamento al progresso tecnico delle disposizioni di cui all'allegato I, punto B, paragrafo 2 e punti C e D.2. Entro il 3 agosto 2003, fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 3, il Parlamento europeo ed il Consiglio riesaminano, su proposta della Commissione, l'articolo 5, paragrafo 1, secondo trattino, al fine dell'eventuale proroga della procedura di adeguamento al processo tecnico e scientifico.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari istituito dalla decisione 69/414/CEE(7).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7La direttiva del Consiglio 73/241/CEE è abrogata con effetto dal 3 agosto 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 81. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 3 agosto 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Dette misure si applicano in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti definiti nell'allegato I se rispondono alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva a partire dal 3 agosto 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a partire dal 3 agosto 2003.Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, etichettati anteriormente al 3 agosto 2003 a norma della direttiva 73/241/CEE del Consiglio, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte.3. Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 23 giugno 2000.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteJ. Sócrates(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 1, eGU C 118 del 17.4.1998, pag. 10.(2) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(3) Parere del Parlamento europeo del 23 ottobre 1997 (GU C 339 del 10.11.1997, pag. 128), posizione comune del Consiglio del 28 ottobre 1999 (GU C 10 del 13.1.2000, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 15 marzo 2000 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 25 maggio 2000.(4) GU L 228 del 16.8.1973, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 89/344/CEE (GU L 142 del 25.5.1989, pag. 19).(5) GU L 33 dell'8.2.1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 43 del 14.2.1997, pag. 21).(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONI DI VENDITA, DEFINIZIONI E CARATTERISTICHE DEI PRODOTTIA. DENOMINAZIONI DI VENDITA E DEFINIZIONI1. Burro di cacaoLa sostanza grassa ottenuta da semi di cacao o da parti di semi di cacao avente le seguenti caratteristiche:>SPAZIO PER TABELLA>2. a) Cacao in polvere, cacaoIl prodotto ottenuto mediante trasformazione in polvere di semi di cacao puliti, decorticati e torrefatti e che presenta un tenore minimo di burro di cacao del 20 %, (percentuale calcolata sul peso della sostanza secca) e un tenore massimo di acqua del 9 %.b) Cacao magro in polvere, cacao magro, cacao fortemente sgrassato in polvere, cacao fortemente sgrassatoCacao in polvere con un tenore di burro di cacao inferiore al 20 % (percentuale calcolata sul peso della sostanza secca).c) Cioccolato in polvereIl prodotto consistente in un miscuglio di cacao in polvere e zuccheri, contenente non meno del 32 % di cacao in polvere.d) Cioccolato comune in polvere, cacao zuccherato, cacao zuccherato in polvereProdotto consistente in un miscuglio di cacao in polvere e zuccheri, contenente non meno del 25 % di cacao in polvere; tali definizioni sono completate con il termine "magro" oppure "fortemente sgrassato", qualora il prodotto sia magro o fortemente sgrassato ai sensi della precedente lettera b).3. Cioccolatoa) Il prodotto ottenuto da prodotti di cacao e zuccheri che, con riserva di quanto disposto alla lettera b), presenta un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao del 35 %, di cui non meno del 18 % di burro di cacao e non meno del 14 % di cacao secco sgrassato.b) Tuttavia, quando la suddetta denominazione è completata dalla dicitura:- "vermicelli" o "in fiocchi", il prodotto presentato sotto forma di granelli o di fiocchi deve contenere non meno del 32 % di sostanza secca totale di cacao, di cui non meno del 12 % di burro di cacao e non meno del 14 % di cacao secco sgrassato,- "di copertura", il prodotto deve contenere non meno del 35 % di sostanza secca totale di cacao, di cui non meno del 31 % di burro di cacao e non meno del 2,5 % di cacao secco sgrassato,- "alle nocciole gianduia" (o uno dei derivati di quest'ultimo termine), il prodotto deve essere ottenuto, da un lato, da cioccolato il cui tenore minimo di sostanza secca totale di cacao è pari al 32 % e quello di cacao secco sgrassato all'8 % e, dall'altro, da nocciole finemente macinate, in proporzione tale che 100 grammi di prodotto contengano non più di 40 e non meno di 20 grammi di nocciole. Possono essere aggiunti:a) latte e/o sostanza secca del latte ottenuta per evaporazione, in proporzione tale che il prodotto finito non contenga più del 5 % di sostanza secca del latte;b) mandorle, nocciole e altre varietà di noci, intere o in pezzetti, in proporzione tale che il loro peso, aggiunto a quello delle nocciole macinate, non superi il 60 % del peso totale del prodotto.4. Cioccolato al lattea) Il prodotto ottenuto da prodotti di cacao, zuccheri e latte o prodotti a base di latte e che, fatto salvo quanto disposto alla lettera b), presenta un tenore minimo:- di sostanza secca totale di cacao del 25 %,- di sostanza secca del latte ottenuta dalla disidratazione parziale o totale di latte intero, latte parzialmente o totalmente scremato, panna, panna parzialmente o totalmente disidratata, burro o grassi del latte del 14 %,- di cacao secco sgrassato del 2,5 %,- di grassi del latte del 3,5 %,- di grassi totali (burro di cacao e grassi del latte) del 25 %.b) Tuttavia, quando la suddetta denominazione è completata dalla dicitura:- "vermicelli" o "in fiocchi", il prodotto presentato sotto forma di granelli o di fiocchi deve contenere non meno del 20 % di sostanza secca totale di cacao, non meno del 12 % di sostanza secca ottenuta dalla disidratazione parziale o totale di latte intero, di latte parzialmente o totalmente scremato, panna, panna parzialmente o totalmente disidratata, burro o grassi del latte, e non meno del 12 % di grassi totali (burro di cacao e grassi del latte),- "di copertura", il prodotto deve presentare un tenore minimo di grassi totali (burro di cacao e grassi del latte) del 31 %,- "e alle nocciole gianduia" (o uno dei derivati di quest'ultimo termine), il prodotto deve essere ottenuto da cioccolato al latte il cui tenore minimo di sostanza secca del latte è del 10 %, ottenuta dalla disidratazione parziale o totale di latte intero, latte parzialmente o totalmente scremato, panna, panna parzialmente o totalmente disidratata, burro o grassi del latte, da un lato, e nocciole finemente macinate, dall'altro, in proporzione tale che 100 grammi di prodotto contengano al massimo 40 e almeno 15 grammi di nocciole. Possono inoltre essere aggiunte mandorle, nocciole e altre varietà di noci, intere o in pezzetti, in proporzione tale che il peso di tali prodotti, aggiunto a quello delle nocciole macinate, non superi il 60 % del peso totale del prodotto.c) Quando, nella suddetta denominazione, la dicitura "al latte" è sostituita dalla dicitura- "alla panna", il prodotto deve presentare un tenore minimo di grassi del latte del 5,5 %,- "al latte scremato", il prodotto non deve contenere più dell'1 % di grassi del latte.d) Il Regno Unito e l'Irlanda possono autorizzare l'uso sui loro territori della denominazione "milk chocolate" per designare il prodotto di cui al punto 5, purché questa denominazione venga accompagnata nei due casi dall'indicazione del tenore di sostanza secca del latte, fissato per ognuno di questi due prodotti mediante l'indicazione "milk solids: ... % minimum".5. Cioccolato comune al latteIl prodotto ottenuto da cacao, zuccheri e da latte o da prodotti a base di latte, che presenta un tenore minimo:- di sostanza secca totale di cacao del 20 %,- di sostanza secca del latte ottenuta dalla disidratazione parziale o totale di latte intero, latte parzialmente o totalmente scremato, panna, panna parzialmente o totalmente disidratata, burro o grassi del latte del 20 %,- di cacao secco sgrassato del 2,5 %,- di grassi del latte del 5 %,- e di grassi totali (burro di cacao e grassi del latte) del 25 %.6. Cioccolato biancoIl prodotto ottenuto da burro di cacao, latte o prodotti a base di latte e zuccheri, e che contiene non meno del 20 % di burro di cacao e del 14 % di sostanza secca del latte ottenuta dalla disidratazione parziale o totale del latte intero, del latte parzialmente o totalmente scremato, di panna, di panna parzialmente o totalmente disidratata, di burro o di grassi del latte; questi ultimi devono essere presenti in quantità pari almeno al 3,5 %.7. Cioccolato ripienoIl prodotto ripieno la cui parte esterna è costituita da uno dei prodotti definiti ai paragrafi 3, 4, 5 e 6. Questa denominazione non riguarda tuttavia i prodotti il cui ripieno è costituito da prodotti di panetteria, pasticceria, biscotteria o gelato.La parte esterna di cioccolato del prodotto così designato è pari al 25 % almeno del peso totale del prodotto.8. Chocolate a la tazaIl prodotto ottenuto da prodotti di cacao, zuccheri e da farina o amido di frumento, riso o granturco, e che presenti un tenore minimo di sostanza secca totale del cacao del 35 %, di cui almeno il 18 % di burro di cacao e almeno il 14 % di cacao secco sgrassato, e un tenore massimo di farina o di amido dell'8 %.9. Chocolate familiar a la tazaIl prodotto ottenuto da prodotti di cacao, zuccheri e da farina o amido di frumento, riso o granoturco, e che presenti un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao del 30 %, di cui almeno il 18 % di burro di cacao e almeno il 12 % di cacao secco sgrassato, e un tenore massimo di farina o di amido del 18 %.10. Cioccolatino o pralinaIl prodotto della dimensione di un boccone costituito da:- cioccolato ripieno, oppure- un unico cioccolato o una giustapposizione o un miscuglio di cioccolato ai sensi delle definizioni dei paragrafi 3, 4, 5 e 6 e di altre sostanze commestibili, sempreché il cioccolato rappresenti almeno il 25 % del peso totale del prodotto.B. INGREDIENTI FACOLTATIVI AUTORIZZATIAggiunta di sostanze commestibili1. Fatto salvo l'articolo 2 e il punto B, paragrafo 2, ai prodotti di cioccolato definiti al punto A, paragrafi 3, 4, 5, 6, 8 e 9 possono essere aggiunte anche altre sostanze commestibili.Tuttavia,- è vietata l'aggiunta di grassi animali e di preparati che ne contengano, qualora non siano ottenuti esclusivamente dal latte,- è autorizzata l'aggiunta di farine, fecole o amidi solo in base alle definizioni di cui al punto A, paragrafi 8 e 9.La quantità delle sostanze commestibili aggiunte non deve eccedere il 40 % del peso totale del prodotto finito.2. Ai prodotti definiti al punto A, paragrafi 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9 possono essere aggiunte esclusivamente sostanze aromatizzanti che non imitino il sapore del cioccolato naturale e delle sostanze grasse del latte.C. CALCOLO DELLE PERCENTUALII tenori minimi fissati al punto A, paragrafi 3, 4, 5, 6, 8 e 9 sono calcolati dopo la sottrazione del peso degli ingredienti in base al punto B. Nel caso dei prodotti di cui al punto A, paragrafi 7 e 10, i tenori minimi sono calcolati dopo la sottrazione del peso degli ingredienti in base al punto B, nonché del peso del ripieno.Nel caso dei prodotti definiti al punto A, paragrafi 7 e 10, il tenore di cioccolato è calcolato in rapporto al peso totale del prodotto finito, compreso il ripieno.D. TIPI DI ZUCCHEROI tipi di zucchero di cui alla presente direttiva non si limitano a quelli disciplinati dalla direttiva 73/437/CEE del Consiglio, dell'11 dicembre 1973, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana(1).(1) GU L 356 del 27.12.1973, pag. 71. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985.ALLEGATO IIGRASSI VEGETALI DI CUI ALL'ARTICOLO 2, PARAGRAFO 1I grassi vegetali di cui all'articolo 2, paragrafo 1 sono, singolarmente o miscelati, equivalenti al burro di cacao e devono rispondere ai seguenti criteri:a) sono grassi vegetali non contenenti acido laurico, ricchi di trigliceridi monoinsaturi simmetrici di tipo POP, POSt, StOSt(1);b) sono mescolabili in qualunque proporzione con il burro di cacao e compatibili con le sue proprietà fisiche (punto di fusione e temperatura di cristallizzazione, velocità di fusione, necessità di trattamento di tempra);c) sono ottenuti esclusivamente mediante procedimento di raffinazione e/o frazionamento; è esclusa la modificazione enzimatica della struttura del trigliceride.A norma di tali criteri possono essere utilizzati i seguenti grassi vegetali, ricavati dalle piante in appresso elencate:>SPAZIO PER TABELLA>A titolo di eccezione gli Stati membri possono inoltre autorizzare l'impiego di olio di cocco nel cioccolato che viene utilizzato per la preparazione di gelati o di prodotti congelati analoghi.(1) P (acido palmitico), O (acido oleico), St (acido stearico). | Cacao e cioccolato
L’Unione europea (UE) definisce una serie di norme comuni specifiche per i prodotti di cacao e di cioccolato, a complemento della legislazione sull’alimentazione applicabile. Queste regole riguardano la composizione, i nomi dei prodotti, l’etichettatura e la presentazione.
ATTO
Direttiva 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 giugno 2000, relativa ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all’alimentazione umana [Cfr. atti modificativi].
SINTESI
La presente direttiva armonizza l’etichettatura dei prodotti di cacao e di cioccolato, e fornisce le definizioni di tali prodotti per permettere al consumatore di compiere una scelta consapevole. La direttiva si applica, fatte salve le disposizioni generali, all’etichettatura dei prodotti alimentari.
Prodotti interessati
La presente direttiva si applica ai prodotti di cacao e di cioccolato destinati all’alimentazione umana specificati nell’allegato I.
Composizione
La direttiva stabilisce la composizione dei prodotti di cacao e di cioccolato. Per alcuni prodotti, determina anche la percentuale minima di burro di cacao per certi prodotti e la possibilità di utilizzare una quantità di grassi vegetali diversi dal burro di cacao, non superiore al 5 % del prodotto finito. I grassi vegetali utilizzati (diversi dal burro di cacao) sono elencati nell’allegato II della direttiva.
Etichettatura
Solo i prodotti realizzati secondo le norme di composizione stabilite dalla presente direttiva possono essere commercializzati con una delle denominazioni seguenti (cfr. allegato I della direttiva):
burro di cacao;
cacao in polvere, cacao;
cacao magro in polvere, cacao magro, cacao fortemente sgrassato in polvere, cacao fortemente sgrassato;
cioccolato in polvere;
cioccolato comune in polvere, cacao zuccherato, cacao zuccherato in polvere (integrato eventualmente dai termini magro o fortemente sgrassato);
cioccolato (completato dalle parole vermicelli o in fiocchi, di copertura o alle nocciole gianduia);
cioccolato al latte, alla panna o al latte scremato (completato eventualmente dalle parole vermicelli o in fiocchi, di copertura o alle nocciole gianduia);
cioccolato comune al latte;
cioccolato bianco;
cioccolato ripieno;
chocolate a la taza;
chocolate familiar a la taza;
cioccolatino o pralina.
L’etichettatura del cacao e del cioccolato può contenere altre voci. Ad esempio, l’etichettatura dei prodotti di cioccolato contenenti sostanze grasse vegetali diverse dal burro di cacao deve presentare la dicitura contiene altri grassi vegetali oltre al burro di cacao nello stesso campo visivo dell’elenco degli ingredienti, ben distinta da questo.
L’etichettatura del cioccolato in polvere, del cacao dolce, così come del cioccolato, del cioccolato al latte, del cioccolato comune al latte, del chocolate a la tazaechocolate familiar a la taza deve indicare il contenuto di sostanza secca totale di cacao. Inoltre, il cacao e il cioccolato in polvere, magri o sgrassati, devono dichiarare il contenuto di burro di cacao.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2000/36/CE
3.8.2000
-
GU L 197 del 3.8.2000
Acte(s) modificatif(s)
Entrée en vigueur
Délai de transposition dans les États membres
Journal officiel
Regolamento (CE) n. 1137/2008
11.12.2008
-
GU L 311 del 21.11.2008
Le modifiche e correzioni successive della direttiva 2000/36/CE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione. [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. | 9,501 | 709 |
22009A0217(01) | false | Accordo di Cooperazione fra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione Svizzera dall’altro, per lottare contro la frode e ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari - Protocolli - Atto final - Dichiarazioni - Atto final - Dichiarazioni
Gazzetta ufficiale n. L 046 del 17/02/2009 pag. 0008 - 0035
Accordo di Cooperazionefra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione Svizzera dall’altro, per lottare contro la frode e ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziariLA COMUNITÀ EUROPEA,IL REGNO DEL BELGIO,LA REPUBBLICA CECA,IL REGNO DI DANIMARCA,LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,LA REPUBBLICA DI ESTONIA,LA REPUBBLICA ELLENICA,IL REGNO DI SPAGNA,LA REPUBBLICA FRANCESE,L’IRLANDA,LA REPUBBLICA ITALIANA,LA REPUBBLICA DI CIPRO,LA REPUBBLICA DI LETTONIA,LA REPUBBLICA DI LITUANIA,IL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO,LA REPUBBLICA DI UNGHERIA,LA REPUBBLICA DI MALTA,IL REGNO DEI PAESI BASSI,LA REPUBBLICA D’AUSTRIA,LA REPUBBLICA DI POLONIA,LA REPUBBLICA PORTOGHESE,LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,LA REPUBBLICA SLOVACCA,LA REPUBBLICA DI FINLANDIA,IL REGNO DI SVEZIA,IL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA ED IRLANDA DEL NORD,da una parte, eLA CONFEDERAZIONE SVIZZERA,dall’altra,in prosieguo denominate parti contraenti,CONSIDERANDO le strette relazioni fra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione Svizzera, dall’altro,DESIDEROSE di lottare in modo efficace contro la frode e ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari,TENENDO CONTO della necessità di rafforzare l’assistenza amministrativa in tali settori,CONVINTE che l’assistenza giudiziaria, che includa perquisizioni e sequestri, debba essere accordata anche in tutti i casi di contrabbando e di evasione in materia di fiscalità indiretta, e segnatamente di imposta sul valore aggiunto, dazi doganali e accise,RICONOSCENDO l’importanza della lotta contro il riciclaggio di denaro,HANNO DECISO DI CONCLUDERE IL SEGUENTE ACCORDO:TITOLO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1OggettoOggetto del presente accordo è un ampliamento dell’assistenza amministrativa e dell’assistenza giudiziaria reciproca in materia penale fra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione svizzera, dall’altro, allo scopo di combattere le attività illecite di cui all’articolo 2.Articolo 2Campo d’applicazione1. Il presente accordo si applica ai settori seguenti:a) la prevenzione, l’individuazione, l’investigazione, il perseguimento e la repressione, in campo amministrativo e penale, della frode e di ogni altra attività illecita che leda gli interessi finanziari delle parti contraenti, per quanto riguarda:- gli scambi di merci in violazione della legislazione doganale e agricola,- gli scambi in violazione della legislazione fiscale relativa all’imposta sul valore aggiunto, a imposte speciali di consumo e alle accise,- la percezione o la detenzione di fondi, compreso l’uso di detti fondi a fini diversi da quelli della loro concessione originaria, provenienti dal bilancio delle parti contraenti o da bilanci gestiti da esse o per loro conto, come le sovvenzioni e i rimborsi,- le procedure di aggiudicazione di contratti assegnati dalle parti contraenti;b) il sequestro e il recupero degli importi dovuti o indebitamente percepiti risultanti dalle attività illecite menzionate alla lettera a).2. La cooperazione ai sensi del titolo II (assistenza amministrativa) e del titolo III (assistenza giudiziaria) non potrà essere rifiutata per il solo motivo che la domanda si riferisce a una violazione che la parte contraente richiesta qualifica come infrazione fiscale, o per il motivo che la legislazione della parte contraente richiesta non prevede lo stesso tipo di prelievi o di esborsi o non contiene lo stesso tipo di regolamentazione o la stessa qualificazione giuridica dei fatti della legislazione della parte contraente richiedente.3. Nel campo d’applicazione del presente accordo è incluso il riciclaggio dei proventi delle attività contemplate dallo stesso, a condizione che i reati preliminari siano punibili conformemente alla legislazione delle due parti contraenti con una pena privativa della libertà, o con una misura di sicurezza che limiti la libertà, superiore nel massimo a 6 mesi.4. Le imposte dirette sono escluse dal campo d’applicazione del presente accordo.Articolo 3Casi d’importanza minore1. L’autorità della parte contraente richiesta può rifiutare una domanda di cooperazione se l’importo presunto dei diritti non riscossi o riscossi solo parzialmente rappresenta un valore non superiore a 25000 EUR, o se il valore presunto delle merci esportate o importate senza autorizzazione rappresenta un valore non superiore a 100000 EUR, a meno che l’operazione, per circostanze intrinseche o inerenti alla persona sospettata, sia considerata di estrema gravità dalla parte contraente richiedente.2. L’autorità della parte contraente richiesta informa senza indugio l’autorità della parte contraente richiedente dei motivi del rifiuto della domanda di cooperazione.Articolo 4Ordine pubblicoLa cooperazione può essere rifiutata se la parte contraente richiesta ritiene che l’esecuzione della domanda sia di natura tale da nuocere alla sovranità, alla sicurezza, all’ordine pubblico o ad altri interessi essenziali di detta parte contraente.Articolo 5Trasmissione di informazioni e di elementi di prova1. Le informazioni e gli elementi di prova comunicati od ottenuti in virtù del presente accordo, in qualsiasi forma, sono coperti dal segreto d’ufficio e godono della protezione accordata a informazioni analoghe dalla legislazione nazionale della parte contraente che le ha ricevute e dalle disposizioni corrispondenti applicabili alle istituzioni comunitarie.Tali informazioni e tali elementi di prova non possono, in particolare, essere comunicati a persone diverse da quelle che, nell’ambito delle istituzioni comunitarie, negli Stati membri o nella Confederazione Svizzera, vi hanno accesso in virtù delle loro funzioni, né possono essere utilizzate da queste per fini diversi da quelli rientranti nel campo d’applicazione del presente accordo.2. Le informazioni e gli elementi di prova ottenuti dalla parte contraente richiedente in applicazione del presente accordo possono essere trasmessi a qualsiasi parte contraente che svolga un’indagine per la quale non è esclusa una cooperazione, o se esistono indicazioni concrete che tale parte contraente potrebbe utilmente svolgere una tale indagine. Questa comunicazione non può avvenire a fini diversi da quelli previsti nel presente accordo.3. La trasmissione delle informazioni e degli elementi di prova, ottenuti in virtù del presente accordo, a un’altra parte contraente o a più parti contraenti non può essere oggetto di un ricorso nella parte contraente inizialmente richiesta.4. Ogni parte contraente che riceva informazioni o elementi di prova conformemente al paragrafo 2 rispetta i limiti di utilizzo opposti dalla parte contraente richiesta alla parte contraente richiedente la prima trasmissione.5. La trasmissione di informazioni e di elementi di prova, ottenuti in applicazione del presente accordo, da una parte contraente a uno Stato terzo, è soggetta all’autorizzazione della parte contraente che è all’origine di tali informazioni e di tali elementi di prova.Articolo 6RiservatezzaLa parte contraente richiedente può chiedere alla parte contraente richiesta di far sì che la domanda e il suo contenuto restino riservati, nella misura in cui ciò sia compatibile con l’esecuzione della domanda. Se la parte contraente richiesta non può rispettare le esigenze di riservatezza, ne informa precedentemente l’autorità della parte contraente richiedente.TITOLO IIASSISTENZA AMMINISTRATIVACAPO 1Disposizioni generaliArticolo 7Relazione con altri accordiIl presente titolo lascia impregiudicate le disposizioni applicabili all’assistenza giudiziaria in materia penale e gli obblighi più estesi nel settore dell’assistenza amministrativa o le disposizioni più vantaggiose di accordi bilaterali o multilaterali di cooperazione fra le parti contraenti, in particolare il protocollo supplementare relativo all’assistenza amministrativa reciproca in materia doganale del 9 giugno 1997.Articolo 8Portata1. Le parti contraenti si prestano mutualmente assistenza per combattere le attività illecite di cui al presente accordo, in particolare con la prevenzione e l’individuazione di operazioni e altri atti e omissioni contrari alla legislazione pertinente, e con lo svolgimento di indagini in merito.2. L’assistenza di cui al presente titolo interessa tutte le autorità amministrative competenti delle parti contraenti che agiscano nell’esercizio di poteri di inchiesta amministrativa o di poteri di azione penale, compresi i casi in cui tali autorità esercitano dei poteri su richiesta delle autorità giudiziarie.Se un’indagine penale è effettuata da un’autorità giudiziaria o sotto la sua direzione, tale autorità determina se le domande di assistenza reciproca o cooperazione a tale riguardo siano presentate sulla base delle disposizioni applicabili nel settore dell’assistenza giudiziaria in materia penale oppure sulla base del presente titolo.Articolo 9Competenze1. Le autorità delle parti contraenti applicano le disposizioni del presente titolo nell’ambito delle competenze ad esse conferite sulla base del loro diritto interno. Nessuna disposizione del presente titolo può essere interpretata come modifica delle competenze conferite in virtù delle disposizioni interne alle autorità delle parti contraenti a norma del presente titolo.Esse procedono come se agissero per conto proprio o su richiesta di un’altra autorità della propria parte contraente. A tal fine esse si avvalgono di tutti i poteri giuridici a loro disposizione nell’ambito del loro diritto interno per dar seguito alla domanda.2. Le domande rivolte ad autorità non competenti sono trasmesse senza indugio da queste all’autorità competente.Articolo 10ProporzionalitàL’autorità della parte contraente richiesta può rifiutare una domanda di cooperazione quando risulta in modo evidente che:a) il numero e il tipo delle richieste presentate in un determinato periodo di tempo dalla parte contraente richiedente impongono all’autorità della parte contraente richiesta un onere amministrativo eccessivo;b) l’autorità della parte contraente richiedente non ha esaurito le fonti di informazione consuete che avrebbe potuto utilizzare, a seconda delle circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza rischiare di compromettere il raggiungimento del risultato perseguito.Articolo 11Servizi centrali1. Ciascuna parte contraente designa uno o più servizi centrali competenti a trattare le domande di assistenza amministrativa ai sensi del presente titolo.Tali servizi ricorrono a ogni autorità amministrativa competente per l’esecuzione dell’assistenza richiesta.2. I servizi centrali comunicano direttamente fra di loro.3. L’attività dei servizi centrali non esclude, in particolare nei casi di urgenza, la cooperazione diretta fra le altre autorità delle parti contraenti che sono competenti nei campi d’applicazione del presente accordo. I servizi centrali sono informati di ogni azione che si avvalga di tale cooperazione diretta.4. Le parti contraenti comunicano, in occasione della notificazione di cui all’articolo 44, paragrafo 2, quali sono le autorità competenti considerate servizi centrali ai fini del presente articolo.CAPO 2Assistenza su richiestaArticolo 12Richieste di informazioni1. Su domanda dell’autorità della parte contraente richiedente, l’autorità della parte contraente richiesta le comunica, nei limiti del campo d’applicazione del presente accordo, tutte le informazioni a sua disposizione o a disposizione di altre autorità della stessa parte contraente che la mettono in grado di prevenire, accertare e perseguire le attività illecite di cui al presente accordo, o che siano necessarie per il recupero di un credito. L’autorità della parte contraente richiesta procede ad ogni ricerca amministrativa necessaria per ottenere tali informazioni.2. Alle informazioni trasmesse vanno accluse relazioni e altri documenti, oppure copie conformi o estratti dei medesimi sui cui si basano le informazioni e di cui le autorità della parte contraente richiesta dispongono o che sono stati elaborati o procurati per dare seguito alla richiesta di informazioni.3. Previo accordo fra l’autorità della parte contraente richiedente e l’autorità della parte contraente richiesta, e conformemente alle istruzioni particolareggiate di quest’ultima, agenti autorizzati dall’autorità della parte contraente richiedente possono avere accesso, negli uffici delle autorità della parte contraente richiesta, ai documenti e alle informazioni di cui al paragrafo 1 in possesso delle autorità di tale parte contraente, e che si riferiscono ad attività illecite precise rientranti nel campo d’applicazione del presente accordo. Tali agenti sono autorizzati a fare copie di detta documentazione.Articolo 13Richieste di sorveglianzaSu domanda dell’autorità della parte contraente richiedente, l’autorità della parte contraente richiesta esercita, per quanto possibile, una sorveglianza sugli scambi di merci effettuati in violazione della regolamentazione di cui all’articolo 2. Tale sorveglianza può riguardare le persone sospettate in maniera fondata di aver partecipato o di partecipare alla commissione di queste attività illecite o di compiere atti preparatori a tal fine, nonché i luoghi, i mezzi di trasporto e le merci collegati a tali attività.Articolo 14Notificazione e consegna a mezzo posta1. Su domanda dell’autorità della parte contraente richiedente, l’autorità della parte contraente richiesta notifica o fa notificare al destinatario, secondo le proprie disposizioni interne, tutti gli strumenti o le decisioni emanati dalle autorità competenti della parte contraente richiedente che rientrano nel campo d’applicazione del presente accordo.2. Le richieste di notificazione, che devono indicare l’oggetto dello strumento o della decisione da notificare, sono accompagnate da una traduzione in una lingua ufficiale della parte contraente richiesta o in una lingua accettabile per tale parte contraente.3. Le parti contraenti possono inviare direttamente a mezzo posta atti di notifica e richieste di informazioni e di documenti agli operatori interessati dal terzo e quarto trattino dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), residenti sul territorio dell’altra parte contraente.Tali persone potranno dar seguito a queste comunicazioni e fornire i documenti e le informazioni pertinenti nella forma prevista dalle regole e dagli accordi in virtù dei quali i fondi sono stati concessi.Articolo 15Richieste di indagini1. Su domanda della parte contraente richiedente, la parte contraente richiesta procede o fa procedere alle indagini utili in merito a operazioni o comportamenti che costituiscono attività illecite ai sensi del presente accordo o che fanno sorgere nell’autorità della parte contraente richiedente il fondato sospetto che tali attività illecite siano state commesse.2. La parte contraente richiesta si avvale di tutti i mezzi di indagine a sua disposizione nell’ambito del suo ordinamento giuridico, come se agisse per conto proprio o su richiesta di un’altra autorità interna, anche attraverso l’intervento o con l’autorizzazione, se necessario, delle autorità giudiziarie.Tale disposizione lascia impregiudicato il dovere di collaborazione degli operatori economici in virtù dell’articolo 17.L’autorità della parte contraente richiesta comunica i risultati delle indagini all’autorità della parte contraente richiedente. L’articolo 12, paragrafo 2, si applica mutatis mutandis.3. L’autorità della parte contraente richiesta estende l’assistenza a tutte le circostanze, gli oggetti e le persone manifestamente connessi con l’oggetto della domanda di assistenza, senza che sia necessaria una domanda complementare. Nei casi dubbi, l’autorità della parte contraente richiesta si mette innanzi tutto in contatto con l’autorità della parte contraente richiedente.Articolo 16Presenza di agenti incaricati dall’autorità della parte contraente richiedente1. Previo accordo tra l’autorità della parte contraente richiedente e l’autorità della parte contraente richiesta, alle indagini di cui all’articolo precedente possono essere presenti agenti designati dall’autorità della parte contraente richiedente. Tale presenza non è soggetta al consenso della persona o dell’operatore economico presso cui ha luogo l’indagine.2. Le indagini sono sempre svolte dagli agenti dell’autorità della parte contraente richiesta. Gli agenti dell’autorità della parte contraente richiedente non possono, di propria iniziativa, esercitare i poteri riconosciuti agli agenti dell’autorità della parte contraente richiesta.Essi hanno invece accesso agli stessi locali e agli stessi documenti degli agenti dell’autorità della parte contraente richiesta, per loro tramite ed esclusivamente ai fini dell’indagine in corso.3. L’autorizzazione può essere soggetta a condizioni.4. Le informazioni portate a conoscenza dell’autorità della parte contraente richiedente non potranno essere utilizzate come elementi di prova prima che sia stata autorizzata la trasmissione dei documenti relativi all’esecuzione.Articolo 17Dovere di collaborazioneGli operatori economici sono tenuti a collaborare all’esecuzione della domanda di assistenza amministrativa dando accesso ai loro locali, ai loro mezzi di trasporto e alla loro documentazione e fornendo tutte le informazioni pertinenti.Articolo 18Forma e contenuto delle domande di assistenza1. Le domande d’assistenza sono presentate per iscritto. Sono corredate dei documenti necessari per permettere di darvi seguito.In caso di urgenza sono accettate domande orali, che devono tuttavia essere confermate per iscritto quanto prima possibile.2. Le domande devono contenere le informazioni seguenti:a) autorità richiedente;b) misura richiesta;c) oggetto e motivo della domanda;d) leggi, norme e altre disposizioni di legge in causa;e) ragguagli il più possibile esatti ed esaurienti sulle persone fisiche e giuridiche oggetto delle indagini;f) esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già svolte, per i casi di cui all’articolo 14.3. Le domande sono presentate in una lingua ufficiale della parte contraente richiesta o in una lingua accettabile per quest’ultima.4. Le domande non corrette o incomplete possono essere corrette o completate. Tuttavia, nel frattempo vengono attuate le misure necessarie per dar seguito alla domanda.Articolo 19Utilizzazione delle informazioni1. Le informazioni raccolte sono utilizzate unicamente ai fini previsti dal presente accordo. Se una parte contraente intende utilizzare le informazioni ad altri fini, deve chiedere prima l’accordo scritto dell’autorità che le ha fornite. Tale utilizzo è allora soggetto alle restrizioni imposte da detta autorità.2. Il paragrafo 1 non osta all’utilizzo delle informazioni nell’ambito di procedimenti giudiziari o amministrativi avviati per mancata osservanza della legislazione a cui si riferisce la domanda di assistenza amministrativa se per tali procedimenti sono disponibili gli stessi mezzi di assistenza. L’autorità competente della parte contraente che ha fornito le informazioni è avvisata senza indugio di un tale utilizzo.3. Nei verbali, nelle relazioni e nelle testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi a un organo giurisdizionale, le parti contraenti possono utilizzare come prova le informazioni ottenute e i documenti consultati secondo le disposizioni del presente accordo.CAPO 3Assistenza spontaneaArticolo 20Assistenza spontanea1. Le forme di cooperazione stabilite nel capo precedente possono avere luogo senza domanda preliminare di un’altra parte contraente.2. L’autorità della parte contraente che trasmette le informazioni può, conformemente al diritto interno, stabilire condizioni per l’uso di tali informazioni da parte dell’autorità della parte contraente destinataria.3. Tutte le autorità delle parti contraenti sono vincolate da tali condizioni.CAPO 4Forme particolari di cooperazioneArticolo 21Operazioni congiunte1. Qualora, in occasione dell’importazione, esportazione e transito di merci, l’entità delle transazioni e dei rischi connessi all’aspetto tributario e a quello delle sovvenzioni sia tale da poter generare gravose perdite finanziarie a carico del bilancio delle parti contraenti, queste possono accordarsi per effettuare operazioni transfrontaliere congiunte per prevenire e perseguire le attività illecite rientranti nel campo d’applicazione del presente accordo.2. Il coordinamento e la pianificazione delle operazioni transfrontaliere sono di competenza del servizio centrale o di un ufficio da questo designato.Articolo 22Squadre investigative speciali comuni1. Le autorità di più parti contraenti possono costituire, di comune accordo, una squadra investigativa speciale comune con base in una delle parti contraenti.2. La squadra investigativa svolge indagini difficoltose, che comportano la mobilitazione di mezzi ingenti, e coordina azioni congiunte.3. La partecipazione alla squadra non conferisce ai rappresentanti delle autorità della parte contraente che la compongono la facoltà di intervenire nel territorio della parte contraente in cui sono svolte le indagini.Articolo 23Funzionari di collegamento1. Le autorità competenti delle parti contraenti possono decidere il distacco, per periodi di tempo determinati o indeterminati, di funzionari di collegamento di una parte contraente presso i servizi competenti di un’altra parte contraente allo scopo di fornirsi sostegno reciproco nell’esecuzione dell’assistenza amministrativa.2. I funzionari di collegamento hanno una funzione di consulenza e di assistenza. Non hanno potere autonomo di intervento nel territorio della parte contraente ospitante. Con l’accordo o su richiesta delle autorità competenti della parti contraenti possono:a) agevolare e accelerare lo scambio di informazioni;b) fornire assistenza nelle indagini;c) partecipare al trattamento delle domande di assistenza;d) fornire consulenza e assistenza alla parte contraente ospitante nella preparazione e nell’attuazione di operazioni transfrontaliere;e) svolgere qualsiasi altro compito che le parti contraenti possono convenire tra loro.3. Le autorità competenti delle parti contraenti definiscono di comune accordo le modalità dettagliate.4. I funzionari di collegamento possono rappresentare gli interessi di una o più parti contraenti.CAPO 5RecuperoArticolo 24Recupero1. Su domanda della parte contraente richiedente, la parte contraente richiesta procede al recupero dei crediti rientranti nel campo d’applicazione del presente accordo come se si trattasse di crediti propri.2. La domanda di recupero di un credito deve essere accompagnata da un esemplare ufficiale o da una copia certificata conforme del titolo che ne permette l’esecuzione, emesso dalla parte contraente richiedente e, se del caso, dall’originale o da una copia certificata conforme di altri documenti necessari al recupero.3. La parte contraente richiesta adotta provvedimenti cautelari per garantire il recupero di un credito.4. L’autorità della parte contraente richiesta trasferisce all’autorità della parte contraente richiedente l’importo del credito da essa recuperato. Con l’assenso della parte contraente richiedente, può dedurne la percentuale corrispondente alle spese amministrative sostenute.5. In deroga al paragrafo 1, i crediti da recuperare non godono necessariamente del grado di prelazione dei crediti analoghi sorti nella parte contraente richiesta.TITOLO IIIASSISTENZA GIUDIZIARIAArticolo 25Relazione con altri accordi1. Le disposizioni del presente titolo sono intese a completare la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato dell’ 8 novembre 1990, e a facilitarne l’applicazione tra le parti contraenti.2. Restano impregiudicate le disposizioni più favorevoli degli accordi bilaterali o multilaterali tra le parti contraenti.Articolo 26Procedimenti che danno parimenti luogo all’assistenza1. L’assistenza giudiziaria è accordata anche:a) in procedimenti per fatti che, in base al diritto interno di una o di entrambe le parti contraenti, sono punibili a titolo di infrazioni ai regolamenti perseguite da autorità amministrative la cui decisione può dar luogo a ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale competente, in particolare in materia penale;b) nelle azioni civili collegate alle azioni penali, fino a che l’esercizio della giurisdizione penale non si è concluso con la decisione definitiva sull’azione penale;c) per reati o infrazioni per i quali può essere fatta valere la responsabilità di una persona giuridica della parte contraente richiedente.2. L’assistenza è altresì fornita ai fini di indagini e di procedimenti volti al sequestro e alla confisca dei mezzi e dei proventi di tali infrazioni.Articolo 27Trasmissione delle domande1. Le domande formulate in virtù del presente titolo sono presentate dall’autorità della parte contraente richiedente o attraverso un’autorità centrale competente della parte contraente richiesta o direttamente presso l’autorità della parte contraente competente per l’esecuzione della domanda della parte contraente richiedente. L’autorità della parte contraente richiedente e, se del caso, l’autorità della parte contraente richiesta, inviano copia della domanda alla propria autorità centrale per informazione.2. Tutti i documenti relativi alla domanda o alla sua esecuzione possono essere trasmessi tramite gli stessi canali. Essi sono inviati, almeno in copia, direttamente all’autorità della parte contraente richiedente.3. Se l’autorità della parte contraente che riceve la domanda non è competente a fornire l’assistenza, essa trasmette senza indugio la domanda all’autorità competente.4. Le domande non corrette o incomplete sono accettate nella misura in cui contengono gli elementi necessari per darvi seguito, ferma restando la loro successiva regolarizzazione da parte dell’autorità della parte contraente richiedente. L’autorità della parte contraente richiesta avverte delle carenze l’autorità della parte contraente richiedente e le concede un termine per la regolarizzazione.L’autorità della parte contraente richiesta trasmette senza indugio all’autorità della parte contraente richiedente ogni altra indicazione atta a permettere a quest’ultima di completare la domanda o di estenderla ad altre misure.5. Le parti contraenti comunicano, in occasione della notificazione di cui all’articolo 44, paragrafo 2, quali sono le autorità centrali competenti ai fini del presente articolo.Articolo 28Consegna a mezzo posta1. Di regola, le parti contraenti inviano direttamente a mezzo posta gli atti dei procedimenti relativi alle attività illecite di cui al presente accordo alle persone che si trovano nel territorio dell’altra parte contraente.2. Se l’autorità della parte contraente da cui provengono i documenti sa che il destinatario conosce soltanto un’altra lingua, o ha motivo di ritenerlo, i documenti, o almeno le parti importanti dei medesimi, devono essere accompagnati da una traduzione in tale altra lingua.3. L’autorità della parte contraente mittente informa il destinatario che essa non può attuare direttamente alcuna misura coercitiva o sanzionatoria sul territorio dell’altra parte contraente.4. Tutti gli atti del procedimento sono corredati di un avviso in cui è specificato che il destinatario può ottenere, dall’autorità che figura nell’avviso stesso, informazioni circa i suoi diritti e i suoi obblighi riguardo all’atto.Articolo 29Misure provvisorie1. Nei limiti del suo diritto interno e delle sue competenze e su domanda dell’autorità della parte contraente richiedente, l’autorità competente della parte contraente richiesta ordina le misure provvisorie necessarie per mantenere una situazione esistente, proteggere interessi giuridici minacciati o preservare mezzi di prova, se la domanda di assistenza non sembra manifestamente inammissibile.2. Nei confronti dei mezzi e dei proventi delle infrazioni per le quali è domandata l’assistenza sono ordinati il congelamento e il sequestro preventivi. Se i proventi di un’infrazione non esistono più, in parte o nella totalità, le stesse misure sono ordinate nei confronti di beni che si trovano sul territorio della parte contraente richiesta e che corrispondono al valore dei proventi in questione.Articolo 30Presenza delle autorità della parte contraente richiedente1. La parte contraente richiesta, su domanda della parte contraente richiedente, autorizza i rappresentanti delle autorità di quest’ultima ad essere presenti all’esecuzione della domanda di assistenza giudiziaria. Tale presenza non è soggetta al consenso della persona interessata dalla misura.L’autorizzazione può essere soggetta a condizioni.2. Le persone presenti hanno accesso agli stessi locali e agli stessi documenti dei rappresentanti dell’autorità della parte contraente richiesta, tramite essi e per le sole esigenze dell’esecuzione della domanda d’assistenza giudiziaria. Possono in particolare essere autorizzate a porre o a proporre domande e suggerire atti istruttori.3. Tale presenza non può avere come conseguenza la divulgazione di fatti a persone diverse da quelle autorizzate in virtù dei paragrafi precedenti, in violazione del segreto giudiziario o dei diritti della persona interessata. Le informazioni portate a conoscenza dell’autorità della parte contraente richiedente non potranno essere utilizzate come mezzi di prova prima che la decisione riguardante la trasmissione dei documenti relativi all’esecuzione sia passata in giudicato.Articolo 31Perquisizioni e sequestri1. Le parti contraenti non subordinano la ricevibilità di rogatorie a scopo di perquisizione e di sequestro a condizioni diverse dalle seguenti:a) Il fatto che ha dato luogo alla rogatoria è punibile, conformemente al diritto delle due parti contraenti, con pena privativa della libertà o misura di sicurezza restrittiva della libertà per una durata massima di almeno 6 mesi, ovvero è punibile in base al diritto di una delle due parti contraenti con una sanzione equivalente e in base al diritto dell’altra parte contraente a titolo di infrazione a regolamenti perseguita da autorità amministrative la cui decisione può dar luogo a ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale competente in particolare in materia penale;b) L’esecuzione della rogatoria è compatibile con il diritto della parte contraente richiesta.2. Sono altresì ricevibili le rogatorie a scopo di perquisizione e di sequestro per fatti di riciclaggio rientranti nel campo d’applicazione del presente accordo, a condizione che i fatti costitutivi siano punibili conformemente alla legislazione delle due parti contraenti con una pena privativa della libertà, o con una misura di sicurezza che limiti la libertà, superiore nel massimo a 6 mesi.Articolo 32Domanda di informazioni bancarie e finanziarie1. Se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 31, la parte contraente richiesta dà esecuzione alle domande di assistenza relative all’ottenimento e alla trasmissione di informazioni bancarie e finanziarie, riguardanti anche:a) l’individuazione di conti bancari aperti in banche stabilite sul suo territorio e di cui le persone sotto inchiesta sono titolari, delegati, o di cui esse hanno il controllo, e informazioni relative a tali conti;b) l’individuazione di transazioni e operazioni bancarie effettuate da, verso o via uno o più conti bancari o da determinate persone in uno specifico periodo, e tutte le informazioni ad esse relative.2. Nella misura di quanto autorizzato in virtù delle norme processuali penali per casi analoghi interni, la parte contraente richiesta può ordinare la sorveglianza, durante un periodo specifico, delle operazioni bancarie effettuate da, verso o attraverso conti bancari oppure da determinate persone, e la comunicazione dei risultati alla parte contraente richiedente. La decisione relativa al controllo delle transazioni e alla comunicazione dei risultati è adottata in ciascun singolo caso dalle autorità competenti della parte contraente richiesta e deve essere conforme alla legislazione nazionale di tale parte contraente. Le modalità pratiche del controllo sono concordate dalle autorità competenti della parte contraente richiedente e di quella richiesta.3. Ciascuna parte contraente adotta le misure necessarie per assicurare che gli istituti finanziari non rivelino al cliente interessato né a terzi che vengono eseguite misure su domanda della parte contraente richiedente o che è in corso un’indagine, e questo per un periodo limitato a quanto necessario per non comprometterne il risultato.4. L’autorità della parte richiedente:a) indica i motivi per cui ritiene che le informazioni richieste possano essere di valore fondamentale ai fini dell’indagine relativa al reato;b) precisa per quali motivi presume che i conti siano detenuti presso banche della parte contraente richiesta, e indica, per quanto disponga di indicazioni al riguardo, quali banche potrebbero essere implicate;c) inserisce qualsiasi informazione che possa facilitare l’esecuzione della domanda.5. Una parte contraente non può invocare il segreto bancario quale motivo per rifiutarsi di cooperare a seguito di una domanda di assistenza giudiziaria di un’altra parte contraente.Articolo 33Consegne sorvegliate1. L’autorità competente della parte contraente richiesta si impegna a garantire che, su domanda dell’autorità della parte contraente richiedente, possano essere effettuate consegne sorvegliate nel suo territorio nel quadro di indagini penali relative a reati passibili di estradizione.2. La decisione di effettuare consegne sorvegliate è presa in ciascun caso specifico dalle autorità competenti della parte contraente richiesta, nel rispetto del suo diritto interno.3. Le consegne sorvegliate sono effettuate secondo le procedure vigenti nella parte contraente richiesta. Le autorità competenti di quest’ultima mantengono il diritto di iniziativa, la direzione e il controllo dell’operazione.Articolo 34Consegna ai fini di confisca o restituzione1. Su domanda della parte contraente richiedente, gli oggetti, documenti, fondi o altri valori sequestrati a titolo cautelare possono essere consegnati in vista della loro confisca o della loro restituzione all’avente diritto.2. La parte contraente richiesta non potrà rifiutare la consegna di fondi per il motivo che essi corrispondono a un debito di natura fiscale o doganale.3. Sono salvi i diritti che un terzo di buona fede fa valere su tali oggetti.Articolo 35Accelerazione dell’assistenza1. L’autorità della parte contraente richiesta dà esecuzione il più rapidamente possibile alla domanda di assistenza giudiziaria, tenendo pienamente conto, nei limiti del possibile, dei termini procedurali, nonché di altri termini indicati dall’autorità della parte contraente richiedente. Quest’ultima autorità illustra le ragioni per cui ha indicato un determinato termine.2. Qualora alla domanda non possa essere data esecuzione, in tutto o in parte, secondo i requisiti stabiliti dall’autorità della parte contraente richiedente, l’autorità della parte contraente richiesta ne informa prontamente l’autorità della parte contraente richiedente, indicando le condizioni alle quali potrebbe essere data esecuzione alla domanda. Le due autorità possono successivamente accordarsi sul seguito da riservare alla domanda, all’occorrenza subordinandolo al soddisfacimento di tali condizioni.Se è prevedibile che i termini stabiliti dall’autorità della parte contraente richiedente per dare esecuzione alla domanda non possono essere rispettati e se le ragioni di cui al paragrafo 1, seconda frase, indicano concretamente che un eventuale ritardo costituirà un sostanziale impedimento al procedimento svolto da questa autorità, l’autorità della parte contraente richiesta indica prontamente i tempi ritenuti necessari per dare esecuzione alla domanda. L’autorità della parte contraente richiedente comunica prontamente se la domanda deve comunque essere considerata mantenuta. Le due autorità possono successivamente accordarsi sul seguito da riservare alla domanda.Articolo 36Uso delle informazioni e dei mezzi di provaLe informazioni e i mezzi di prova trasmessi nell’ambito del procedimento di assistenza possono essere utilizzati, oltre che ai fini del procedimento per il quale è stata fornita l’assistenza:a) in un procedimento penale nella parte contraente richiedente contro altre persone che hanno partecipato alla commissione dell’infrazione per la quale era stata fornita l’assistenza;b) nei casi in cui i fatti all’origine della domanda costituiscono un’altra infrazione riguardo alla quale dovrebbe essere pure fornita assistenza;c) nei procedimenti diretti alla confisca dei mezzi e dei proventi delle infrazioni riguardo alle quali dovrebbe essere fornita l’assistenza, e nei procedimenti di risarcimento danni per i fatti per i quali era stata fornita l’assistenza.Articolo 37Trasmissione spontanea1. Nei limiti del loro diritto interno e delle loro competenze, le autorità giudiziarie di una parte contraente possono trasmettere spontaneamente informazioni e mezzi di prova a un’autorità giudiziaria di un’altra parte contraente, qualora ritengano che potrebbero essere utili all’autorità della parte contraente destinataria per avviare o portare a termine indagini o procedimenti, o che tali informazioni e mezzi di prova possano portare detta autorità a presentare una domanda di assistenza giudiziaria.2. L’autorità della parte contraente che trasmette le informazioni e mezzi di prova può, secondo il diritto interno, imporre all’autorità della parte contraente destinataria condizioni per l’uso di tali informazioni e mezzi di prova.3. Tutte le autorità delle parti contraenti sono vincolate da tali condizioni.Articolo 38Procedimenti nella parte contraente richiestaLa domanda di assistenza lascia impregiudicati i diritti che, per la parte contraente richiedente, potrebbero risultare dalla sua qualità di parte civile in procedimenti giudiziari penali interni avviati dinanzi alle autorità della parte contraente richiesta.TITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 39Comitato misto1. È istituito un comitato misto, composto da rappresentanti delle parti contraenti, che è responsabile della corretta applicazione del presente accordo. A tal fine esso formula raccomandazioni e adotta decisioni nei casi previsti dall’accordo. Esso si pronuncia di comune accordo.2. Il comitato misto fissa il proprio regolamento interno che contiene, fra le altre disposizioni, le modalità riguardanti la convocazione delle riunioni, la designazione del presidente e la definizione del mandato da assegnare a quest’ultimo.3. Il comitato misto si riunisce secondo le necessità e almeno una volta all’anno. Ogni parte contraente può chiedere la convocazione di una riunione.4. Il comitato misto può decidere di costituire gruppi di lavoro o di esperti per coadiuvarlo nello svolgimento del suo compito.Articolo 40Composizione delle controversie1. Ogni parte contraente può sottoporre al comitato misto una controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo, in particolare qualora ritenga che un’altra parte contraente non dia seguito, ripetutamente, alle domande di cooperazione che le sono presentate.2. Il comitato misto cerca di risolvere la controversia nel più breve tempo possibile. Ad esso vengono forniti tutti gli elementi di informazione utili per consentire un esame approfondito della situazione, allo scopo di trovare una soluzione accettabile. A tal fine, il comitato misto esamina tutte le possibilità che consentano di preservare il buon funzionamento del presente accordo.Articolo 41Reciprocità1. L’autorità della parte contraente richiesta può rifiutare una domanda di cooperazione se la parte contraente richiedente non dà seguito, ripetutamente, a una domanda di cooperazione in casi simili.2. Prima che sia rifiutata una domanda di cooperazione in base al principio di reciprocità, il comitato misto viene informato affinché possa pronunciarsi sulla questione.Articolo 42RevisioneSe una parte contraente desidera una revisione del presente accordo, essa presenta una proposta a tal fine al comitato misto, che formula raccomandazioni, in particolare per avviare dei negoziati.Articolo 43Campo d’applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, al territorio della Confederazione Svizzera, e, dall’altro, ai territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni da esso previste.Articolo 44Entrata in vigore1. Il presente accordo è concluso per una durata indeterminata.2. È ratificato o approvato dalle parti contraenti conformemente alle loro rispettive procedure. Entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo all’ultima notificazione degli strumenti di ratifica o di approvazione.3. Fino all’entrata in vigore del presente accordo ciascuna parte contraente, quando procede alla notificazione di cui al paragrafo 2 o in ogni momento successivo, può dichiarare che l’accordo è applicabile, per quanto la riguarda, nei suoi rapporti con ogni altra parte contraente che abbia fatto la stessa dichiarazione. Tali dichiarazioni prendono effetto 90 giorni dopo la data di ricevimento della notificazione.Articolo 45DenunciaLa Comunità europea o la Confederazione Svizzera possono denunciare il presente accordo notificando la propria decisione all’altra parte contraente. La denuncia prende effetto sei mesi dopo la data di ricevimento della notificazione della denuncia stessa.Articolo 46Applicazione nel tempoLe disposizioni del presente accordo sono applicabili alle domande relative alle attività illecite commesse almeno sei mesi dopo la data della sua firma.Articolo 47Estensione dell’accordo ai nuovi Stati membri dell’UE1. Ogni Stato che diventi membro dell’Unione europea può, mediante notificazione scritta alle parti contraenti, diventare parte contraente del presente accordo.2. Il testo dell’accordo nella lingua del nuovo Stato membro aderente, stabilito dal Consiglio dell’Unione europea, sarà autenticato mediante uno scambio di lettere fra la Comunità europea e la Confederazione Svizzera e farà fede ai sensi dell’articolo 48.3. Il presente accordo entra in vigore nei confronti di ogni nuovo Stato membro dell’Unione europea che vi aderisce 90 giorni dopo il ricevimento della notificazione del suo strumento d’adesione, oppure alla data di entrata in vigore dell’accordo se questo non è ancora entrato in vigore allo scadere di detto periodo di 90 giorni.4. Qualora il presente accordo non sia ancora entrato in vigore al momento della notificazione del loro strumento d’adesione, ai nuovi Stati membri aderenti si applica l’articolo 44, paragrafo 3.Articolo 48Lingue1. Il presente accordo è redatto in duplice copia in lingua ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, olandese, polacca, portoghese, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca e ungherese. Ognuno di tali testi fa ugualmente fede.2. La versione in lingua maltese del presente accordo sarà autenticata dalle parti contraenti sulla base di uno scambio di lettere. Essa farà ugualmente fede alle stesse condizioni delle lingue di cui al paragrafo 1.IN FEDE DI CHE, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto la propria firma in calce al presente accordo.Hecho en Luxemburgo, el veintiseis de octubre del dos mil cuatro.V Lucemburku dne dvacátého šestého října dva tisíce čtyři.Udfærdiget i Luxembourg den seksogtyvende oktober to tusind og fire.Geschehen zu Luxemburg am sechsundzwanzigsten Oktober zweitausendundvier.Kahe tuhande neljanda aasta oktoobrikuu kahekümne kuuendal päeval Luxembourgis.Έγινε στo Λουξεμβούργο, στις είκοσι έξι Οκτωβρίου δύο χιλιάδες τέσσερα.Done at Luxembourg on the twenty sixth day of October in the year two thousand and four.Fait à Luxembourg, le vingt six octobre deux mille quatre.Fatto a Lussembourgo, addì ventisei ottobre duemilaquattro.Luksemburgā, divi tūkstoši ceturtā gada divdesmit sestajā oktobrī.Priimta du tūkstančiai ketvirtų metų spalio dvidešimt šeštą dieną Liuksemburge.Kelt Luxembourgban, a kettőezer negyedik év október huszonhatodik napján.Magħmul fil-Lussemburgu fis- sitta u għoxrin jum ta' Ottubru tas-sena elfejn u erbgħa.Gedaan te Luxemburg, de zesentwintigste oktober tweeduizendvier.Sporządzono w Luksemburgu, dnia dwudziestego szóstego października roku dwutysięcznego czwartego.Feito no Luxemburgo, em vinte e seis de Outubro de dois mil e quatro.V Luxemburgu dvadsiateho šiesteho októbra dvetisícštyri.V Luxembourgu, dne šestindvajsetega oktobra leta dva tisoč štiri.Tehty Luxemburgissa kahdentenakymmenentenäkuudentena päivänä lokakuuta vuonna kaksituhattaneljä.Som skedde i Luxemburg den tjugosjätte oktober tjugohundrafyra.Pour le Royaume de BelgiqueVoor het Koninkrijk BelgiëFür das Königreich Belgien+++++ TIFF +++++Cette signature engage également la Communauté française, la Communauté flamande, la Communauté germanophone, la Région wallonne, la Région flamande et la Région de Bruxelles-Capitale.Deze handtekening verbindt eveneens de Vlaamse Gemeenschap, de Franse Gemeenschap, de Duitstalige Gemeenschap, het Vlaamse Gewest, het Waalse Gewest en het Brussels Hoofdstedelijk Gewest.Diese Unterschrift bindet zugleich die Deutschsprachige Gemeinschaft, die Flämische Gemeinschaft, die Französische Gemeinschaft, die Wallonische Region, die Flämische Region und die Region Brüssel-Hauptstadt.Za Českou republiku+++++ TIFF +++++På Kongeriget Danmarks vegne+++++ TIFF +++++Für die Bundesrepublik Deutschland+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++Eesti Vabariigi nimel+++++ TIFF +++++Για την Ελληνική Δημοκρατία+++++ TIFF +++++Por el Reino de España+++++ TIFF +++++Pour la République française+++++ TIFF +++++Thar cheann Na hÉireannFor Ireland+++++ TIFF +++++Per la Repubblica italiana+++++ TIFF +++++Για την Κυπριακή Δημοκρατία+++++ TIFF +++++Latvijas Republikas vārdā+++++ TIFF +++++Lietuvos Respublikos vardu+++++ TIFF +++++Pour le Grand-Duché de Luxembourg+++++ TIFF +++++A Magyar Köztársaság részéről+++++ TIFF +++++Għar-Repubblika ta' Malta+++++ TIFF +++++Voor het Koninkrijk der Nederlanden+++++ TIFF +++++Für die Republik Österreich+++++ TIFF +++++W imieniu Rzeczypospolitej Polskiej+++++ TIFF +++++Pela República Portuguesa+++++ TIFF +++++Za Republiko Slovenijo+++++ TIFF +++++Za Slovinskú republiku+++++ TIFF +++++Suomen tasavallan puolestaFör Republiken Finland+++++ TIFF +++++För Konungariket Sverige+++++ TIFF +++++For the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland+++++ TIFF +++++Por la Comunidad EuropeaZa Evropské společenstvíFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftEuroopa Ühenduse nimelΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaEiropas Kopienas vārdāEuropos bendrijos varduAz Európai Közösség részérőlGħall-Komunità EwropeaVoor de Europese GemeenschapW imieniu Wspólnoty EuropejskiejPela Comunidade EuropeiaZa Európske spoločenstvoZa Evropsko skupnostEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++Für die Schweizerische EidgenossenschaftPour la Confédération suissePer la Confederazione svizzera+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++-------------------------------------------------- | Lotta contro la frode — Cooperazione tra l’Unione europea e la Svizzera
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo fornisce la base legale per l’assistenza amministrativa e giudiziaria reciproca in materia penale fra l’UE (e i suoi Stati membri) da un lato, e la Confederazione svizzera, dall’altro, allo scopo di combattere le frodi e altre attività illecite che ledono i loro interessi finanziari nelle aree specifiche coperte dall’accordo. La decisione approva l’accordo per conto dell’Unione europea (Unione). Essa contiene inoltre dichiarazioni comuni sul riciclaggio di denaro e sulla cooperazione della Confederazione Svizzera con Eurojust e, se possibile, con la rete giudiziaria europea.
PUNTI CHIAVE
Campo di applicazione
L’accordo si applica alla prevenzione, all’individuazione, all’investigazione, al perseguimento e alla repressione della frode e di ogni altra attività illecita che leda gli interessi finanziari delle parti contraenti e il recupero degli importi dovuti o indebitamente percepiti risultanti dalle attività illecite. Esso riguarda:gli scambi di merci in violazione della legislazione doganale e agricola; gli scambi in violazione della legislazione fiscale, specificatamente relativa all’imposta sul valore aggiunto, a imposte speciali di consumo e alle accise; la percezione o la detenzione di fondi, quali sovvenzioni e rimborsi provenienti dal bilancio delle parti, compreso l’uso di detti fondi a fini diversi da quelli della loro concessione originaria; le procedure di aggiudicazione di contratti.È inoltre incluso il riciclaggio di denaro per i reati punibili con una pena privativa della libertà superiore a sei mesi. Le imposte dirette, come ad esempio le imposte sul reddito, sono escluse dal campo di applicazione dell’accordo.
L’assistenza non potrà essere rifiutata se la questione è qualificata come infrazione fiscale da una delle parti o per il motivo che la legislazione delle parti differisce in materia di prelievi, esborsi, tipo di regolamentazione o qualificazione giuridica.
Assistenza amministrativa rafforzata
Le misure di assistenza amministrativa comprendono le seguenti misure e condizioni:gli obblighi derivanti da altri accordi non sono interessati; l’accordo si applica entro i limiti dei poteri conferiti dalla legislazione nazionale; ciascuna parte designa un servizio centrale competenti a trattare le domande di assistenza amministrativa; l’assistenza comprende la richiesta di informazioni, sorveglianza e indagini; è possibile l’assistenza spontanea senza domanda preliminare — l’autorità che trasmette le informazioni può stabilire condizioni per l’uso di tali informazioni.Forme particolari di cooperazione
Le forme particolari di cooperazione comprendono:operazioni congiunte transfrontaliere di importazione, esportazione o transito di merci; squadre investigative speciali comuni; funzionari di collegamento distaccati presso altre parti contraenti.Assistenza giudiziaria reciproca
L’assistenza giudiziaria viene fornita:in procedimenti per fatti che, in base al diritto interno di almeno una delle parti contraenti, sono punibili a titolo di infrazioni ai regolamenti perseguite da autorità amministrative la cui decisione può dar luogo a ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale competente, in particolare in materia penale; nelle azioni civili collegate alle azioni penali, fino a che l’esercizio della giurisdizione penale non si è concluso con la decisione definitiva sull’azione penale; per reati o infrazioni per i quali può essere fatta valere la responsabilità di una persona giuridica della parte richiedente; ai fini di indagini e di procedimenti volti al sequestro e alla confisca dei mezzi e dei proventi di tali infrazioni.L’accordo specifica le fasi da rispettare per trasmettere le richieste di assistenza, compresa la consegna a mezzo posta.
Le richieste di perquisizioni e sequestri dipendono dalle seguenti condizioni:il fatto che ha dato luogo alla rogatoria è punibile, conformemente al diritto delle due parti contraenti, con pena privativa della libertà per una durata massima di almeno sei mesi, ovvero è punibile in base al diritto di una delle due parti contraenti con una sanzione equivalente e in base al diritto dell’altra parte contraente come infrazione che può dar luogo a un procedimento penale; la rogatoria deve essere compatibile con il diritto della parte contraente che riceve la richiesta.Informazioni bancarie e finanziarie
L’accordo riguarda anche le richieste di informazioni bancarie e finanziarie relative a conti detenuti all’interno del territorio delle parti interessate. Una parte contraente non può invocare il segreto bancario quale motivo per rifiutarsi di cooperare a seguito di una domanda di assistenza reciproca.
Comitato misto
È istituito un comitato misto, composto da rappresentanti delle parti contraenti e con la Commissione europea in rappresentanza dell’Unione, che è responsabile della corretta applicazione del presente accordo e della composizione delle controversie tra le parti.
DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO?
L’accordo si applica dal 8 marzo 2009.
Le date di ratifica dei singoli paesi dell’Unione sono disponibili sulla pagina web del Consiglio europeo relativa all’accordo.
Inoltre, alcuni paesi dell’Unione hanno adottato dichiarazioni in cui si afferma che «fino all’entrata in vigore dell’accordo, lo Stato membro si considererà vincolato dall’accordo nelle sue relazioni con le altre parti contraenti che hanno adottato la stessa dichiarazione».
CONTESTO
Per maggiori informazioni consultare inoltre:Cooperazione giudiziaria (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di Cooperazione fra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione Svizzera dall’altro, per lottare contro la frode e ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari (GU L 46 del 17.2.2009, pag. 8).
Decisione 2009/127/CE del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione fra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione svizzera, dall’altro, per lottare contro la frode e ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari (GU L 46 del 17.2.2009, pag. 6).
DOCUMENTI COLLEGATI
Notifica concernente l’applicazione, tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera, dell’accordo di cooperazione fra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Confederazione svizzera, dall’altro, per lottare contro la frode e ogni altra attività illecita che leda i loro interessi finanziari, in virtù dell’articolo 44, paragrafo 3 dell’accordo (GU L 177 dell’8.7.2009, pag. 7).
Convenzione stabilita dal Consiglio conformemente all’articolo 34 del trattato sull’Unione europea, relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea - Dichiarazione del Consiglio relativa all’articolo 10, paragrafo 9 - Dichiarazione del Regno Unito relativa all’articolo 20 (GU C 197 del 12.7.2000, p. 3). | 15,880 | 861 |
32005D0119 | false | DECISIONE DEI SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE, DEL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, DEI SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E DEL COMITATO DELLE REGIONI E DEL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE
del 26 gennaio 2005
relativa all'organizzazione e al funzionamento della Scuola europea di amministrazione
(2005/119/CE)
I SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE, IL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, I SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E DEL COMITATO DELLE REGIONI E IL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE,
visto lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, definiti nel regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio (1),
vista la decisione 2005/118/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 26 gennaio 2005, che istituisce la Scuola europea di amministrazione (2), in particolare l'articolo 5,
sentito il parere del comitato dello statuto,
considerando quanto segue:
(1)
Occorre rafforzare la cooperazione interistituzionale in materia di formazione, con particolare riguardo per la trasmissione dei valori comuni alle istituzioni comunitarie. Una cooperazione di questo tipo rappresenta un valore aggiunto non trascurabile, in particolare in termini di accesso alla formazione, di ampliamento dell'offerta e di riduzione dei costi unitari.
(2)
Secondo il principio di buona gestione, è opportuno che per la creazione della Scuola europea di amministrazione venga adottato un approccio progressivo.
(3)
La decisione che istituisce la Scuola lascia al giudizio dei segretari generali, del cancelliere della Corte di giustizia e del rappresentante del Mediatore l'individuazione dei settori di formazione da affidarle.
(4)
Quando un’istituzione firmataria attua una politica del personale che richiede una formazione in un determinato settore e l’organizzazione di tale formazione è affidata alla Scuola, è opportuno che, al fine di facilitare tale politica, sia garantita la possibilità di accesso ai corsi organizzati dalla Scuola ad un numero minimo di partecipanti provenienti da tale istituzione, soprattutto nei casi in cui tale formazione è obbligatoria o costituisce una condizione per l’esercizio di talune funzioni, in particolare delle funzioni di management.
(5)
La Scuola, come qualunque altro organo di formazione, deve beneficiare di una cooperazione a livello europeo sotto forma di reti.
(6)
È opportuno precisare le modalità della dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee, prevista all'articolo 4 della decisione che istituisce la Scuola,
DECIDONO:
Articolo 1
Funzioni della Scuola europea di amministrazione
1. La Scuola europea di amministrazione (di seguito «la Scuola») progetta, organizza e valuta, per conto delle istituzioni firmatarie della decisione che istituisce la Scuola (di seguito «le istituzioni»), le seguenti azioni di formazione:
a)
i corsi di management per i funzionari e gli agenti che sono chiamati, o che potrebbero essere chiamati, ad esercitare funzioni dirigenziali;
b)
i corsi di entrata in servizio per i nuovi membri del personale;
c)
la formazione obbligatoria prevista all'articolo 45 bis dello statuto nel quadro del passaggio tra gruppi di funzioni.
2. Per quanto attiene ai corsi di management e di entrata in servizio, di cui al paragrafo 1, punti a) e b), ciascuna delle istituzioni può organizzare, in funzione delle proprie esigenze specifiche, corsi complementari in aggiunta ai corsi organizzati dalla Scuola. La Scuola ha competenza esclusiva per l’organizzazione della formazione di cui al paragrafo 1, punto c).
Articolo 2
Responsabilità delle istituzioni
1. L'autorità che ha il potere di nomina di ciascuna istituzione mette a disposizione della Scuola un numero di funzionari-conferenzieri sufficiente, secondo le modalità adottate dal consiglio di amministrazione, conformemente all'articolo 7, punto g).
2. Su richiesta della Scuola e compatibilmente con le loro disponibilità, le istituzioni mettono a disposizione della Scuola sale di formazione secondo modalità definite dal consiglio di amministrazione.
Articolo 3
Altri servizi
1. Sulla base di un accordo scritto concluso, su richiesta dell'ente interessato, tra il direttore della Scuola e un qualunque organo, ufficio o agenzia comunitari, la Scuola può ammettere partecipanti provenienti dagli enti in questione ai corsi che essa organizza per conto delle istituzioni entro i limiti dei posti disponibili.
2. Nel caso particolare delle formazioni previste all'articolo 1, paragrafo 1, punto c), un certo numero di posti è riservato annualmente agli organi, uffici e agenzie comunitari, tenendo conto delle esigenze da questi espresse, al fine di garantire ai loro funzionari una parità di trattamento rispetto alle disposizioni dell'articolo 45 bis dello Statuto. Il numero dei posti e l'entità della partecipazione ai costi vengono fissati annualmente dal consiglio di amministrazione.
3. Previo accordo scritto, la Scuola può inserire nel proprio programma di formazione corsi richiesti da un organo, un ufficio o un'agenzia comunitari, a condizione che tale attività non ostacoli l'organizzazione di corsi di interesse delle istituzioni. Qualunque accordo di questo tipo deve prevedere le modalità finanziarie connesse ai servizi forniti dalla Scuola e la sua entrata in vigore esige la preventiva approvazione del consiglio di amministrazione.
4. Ove del caso, e su richiesta di un'istituzione o di un organo, un ufficio o un'agenzia comunitari, la Scuola può fornire un'assistenza in materia di ingegneria di formazione o un'assistenza sotto forma di altre attività connesse al suo settore di competenza, previo accordo con il direttore della Scuola e definizione delle modalità finanziarie per tale prestazione.
Articolo 4
Reclami e domande
1. Per tutte le domande o i reclami relativi ai compiti della Scuola, il direttore della Scuola esercita i poteri che sono conferiti all'autorità che ha il potere di nomina in virtù dell'articolo 90 dello statuto.
2. In caso di reclami, il direttore della Scuola, qualora intenda confermare la sua decisione iniziale, consulta il presidente del consiglio di amministrazione.
3. La Scuola risponde alle domande inoltrate dal Mediatore europeo per tutte le questioni di sua competenza ai sensi della presente decisione.
Articolo 5
Organizzazione delle attività
1. Di norma, i corsi organizzati dalla Scuola si svolgono tanto a Bruxelles quanto a Lussemburgo. Possono essere prese in considerazione altre sedi, sempre però applicando i principi della sana gestione.
2. Il consiglio di amministrazione assicura un accesso ai corsi equilibrato tra personale delle istituzioni. Esso assicura in particolare che la Scuola garantisca la disponibilità di accesso ad un numero sufficiente di partecipanti provenienti da un'istituzione nell'ambito della quale una formazione particolare, la cui organizzazione è affidata alla Scuola, è obbligatoria o costituisce una condizione per l’esercizio di determinate funzioni, in particolare delle funzioni di management. Nel quadro dell’elaborazione del programma di lavoro annuale, l’istituzione interessata comunica le proprie esigenze nei settori di cui sopra. Il programma di lavoro viene definito attribuendo l'opportuna priorità all'organizzazione dei corsi richiesti.
3. Per far fronte a situazioni particolari e transitorie, un’istituzione firmataria ha la possibilità di chiedere alla Scuola l’ammissione di un numero di partecipanti superiore alla quota proporzionale alla sua parte di organico, prevedendo il trasferimento alla Scuola dei mezzi finanziari corrispondenti. Si applica in questo caso l’articolo 3, paragrafo 2.
4. La Scuola può avviare una cooperazione con altre scuole di amministrazione, istituti o università che operano nel medesimo settore. Tale cooperazione può prevedere anche attività di scambio.
Articolo 6
Consiglio di amministrazione
Durante il periodo di dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (di seguito «l'Ufficio»), la funzione di consiglio di amministrazione della Scuola è assicurata dal consiglio di amministrazione dell'Ufficio, secondo le disposizioni dell’articolo 5 della decisione 2002/621/CE dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore (3).
Articolo 7
Funzioni del consiglio di amministrazione
Nell'interesse comune delle istituzioni, il consiglio di amministrazione svolge le seguenti funzioni:
a)
approva, a maggioranza qualificata, le regole di funzionamento della Scuola;
b)
approva, a maggioranza semplice, la struttura organizzativa della Scuola su proposta del direttore della Scuola stessa;
c)
nell'ambito della procedura di bilancio e deliberando a maggioranza semplice, redige, in base a un progetto elaborato dal direttore della Scuola, uno stato di previsione delle entrate e delle spese della Scuola, che trasmette poi alla Commissione affinché essa possa stabilire lo stato di previsione delle entrate e delle spese della Commissione; contestualmente propone alla Commissione gli adeguamenti che esso giudica necessario apportare alla tabella dell'organico della Scuola;
d)
approva, a maggioranza semplice, la natura e le tariffe delle prestazioni supplementari che la Scuola può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie, come pure le condizioni in cui tali prestazioni possono essere effettuate;
e)
approva all'unanimità il programma di lavoro, sulla base di una proposta del direttore della Scuola. Il programma di lavoro comprende anche i servizi non direttamente connessi alle formazioni;
f)
approva, a maggioranza qualificata, sulla base di un progetto elaborato dal direttore della Scuola, una relazione annuale di gestione riguardante tutte le voci di entrata e di spesa relative ai lavori effettuati e alle prestazioni fornite dalla Scuola. Prima del 1o maggio di ogni anno, trasmette alle istituzioni la relazione sull'esercizio precedente redatta sulla scorta della contabilità analitica;
g)
sulla base delle necessità in materia di formazione, stabilisce, a maggioranza qualificata, le modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione della Scuola un numero adeguato di funzionari-conferenzieri.
Articolo 8
Nomina del personale
1. Durante il periodo della dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio, la funzione di direttore della Scuola è assunta dal direttore dell'Ufficio.
2. Il direttore della Scuola è l'autorità che ha il potere di nomina del personale della Scuola.
3. Il direttore della Scuola informa il consiglio di amministrazione delle nomine, della firma dei contratti, delle promozioni o dell'adozione di provvedimenti disciplinari concernenti i funzionari e gli altri agenti.
4. I funzionari di tutte le istituzioni delle Comunità sono informati dei posti vacanti presso la Scuola, non appena l'autorità che ha il potere di nomina abbia deciso di coprire tali posti.
5. Per l’esecuzione delle funzioni qualificate non essenziali, la Scuola potrà far ricorso ad agenti contrattuali, conformemente all’articolo 3 bis, paragrafo 1, punto c), del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee.
Articolo 9
Funzioni del direttore della Scuola e gestione del personale
1. Il direttore è responsabile del buon funzionamento della Scuola. Nell'ambito delle competenze del consiglio di amministrazione, il direttore agisce sotto l'autorità di quest'ultimo. Egli assicura i servizi di segreteria del consiglio di amministrazione, rende conto a quest'ultimo dell'esecuzione delle proprie funzioni e gli presenta qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento della Scuola.
2. Le procedure amministrative relative alla gestione corrente del personale, segnatamente in ordine alle retribuzioni e ai congedi, alla cassa malattia, agli infortuni e al pensionamento, si applicano secondo le stesse modalità in vigore per i funzionari e gli agenti della Commissione. Tale elenco non è esaustivo e la Scuola può concordare con la Commissione altri ambiti di intervento.
Articolo 10
Capo della Scuola
1. Per il periodo di dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio, la Commissione nomina un capo della Scuola, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione dell'Ufficio, espresso a maggioranza semplice. Il consiglio di amministrazione collabora fattivamente all'espletamento delle procedure necessarie prima della nomina del capo della Scuola, in particolare alla redazione dell'avviso di posto vacante e all'esame delle candidature.
2. Il capo della Scuola è responsabile, sotto l'autorità del direttore, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 2 della decisione che istituisce la Scuola europea di amministrazione. Egli assiste alle riunioni del consiglio di amministrazione per la discussione dei punti che rientrano nel suo campo di competenza.
Articolo 11
Aspetti finanziari
1. La dotazione della Scuola, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare all'interno della sezione del bilancio relativa alla Commissione, è riportata nei dettagli in un allegato della stessa sezione. Tale allegato consta di uno stato delle entrate e delle spese, suddiviso nello stesso modo delle sezioni del bilancio.
2. La tabella dell'organico della Scuola è allegata a quella della Commissione.
3. Sulla base di una proposta del consiglio di amministrazione, la Commissione delega, per la dotazione della Scuola iscritta nell'allegato, i poteri di ordinatore al direttore della Scuola e fissa i limiti e le condizioni di tale delega. Per quanto riguarda le prestazioni supplementari fornite dalla Scuola a titolo oneroso, alla fine dell'esercizio il consiglio di amministrazione informa l'autorità di bilancio sulla ripartizione degli importi recuperati all'interno della linea di bilancio dell'allegato.
4. Il bilancio della Scuola è formato ed eseguito conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (4).
5. Durante il periodo di dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio, le disposizioni finanziarie di cui ai precedenti paragrafi da 1 a 4, in particolare la dotazione della Scuola e il suo organico, sono trattate nel quadro del bilancio dell'Ufficio e sono soggette alle pertinenti disposizioni. Al fine di facilitare l'individuazione delle risorse a disposizione della Scuola, nel rispetto delle norme del bilancio, l'organico della Scuola figura tra alcune voci separate della tabella dell'organico dell'Ufficio e gli stanziamenti operativi specifici della Scuola saranno raggruppati in un articolo separato dell'allegato IV.
Articolo 12
Riesame delle funzioni
1. La presente decisione è riesaminata, relativamente alle funzioni di cui all'articolo 1, paragrafo 1, dopo almeno tre anni dalla creazione della Scuola.
2. Un'eventuale revisione delle funzioni esige l'accordo unanime dei segretari generali, del cancelliere della Corte di giustizia e del rappresentante del Mediatore su una proposta all'uopo adottata dal consiglio di amministrazione alla maggioranza qualificata di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 2002/621/CE, sulla base di una relazione dettagliata redatta dal direttore.
Articolo 13
Revisione della dipendenza amministrativa dall'Ufficio
1. Al più tardi alla fine del terzo anno di attività della Scuola, il direttore dell'Ufficio redige e sottopone al consiglio di amministrazione una dettagliata relazione in merito alla dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio. Il consiglio di amministrazione, con una decisione adottata secondo le modalità previste all'articolo 4, paragrafo 3, della decisione che istituisce la Scuola, dovrà decidere di porre termine a tale dipendenza. Qualora il consiglio di amministrazione decida di mantenere la dipendenza amministrativa, la decisione dovrà essere accompagnata da un parere motivato.
2. Qualora, in virtù della procedura prevista al paragrafo 1, il consiglio di amministrazione decida di prolungare tale dipendenza, esso indica nella sua decisione il termine entro il quale la questione verrà riesaminata.
Articolo 14
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 26 gennaio 2005.
Per il Parlamento europeo
Il segretario generale
Julian PRIESTLEY
Per la Commissione
Il segretario generale
David O’SULLIVAN
Per la Corte dei conti
Il segretario generale
Michel HERVÉ
Per il Comitato delle Regioni
Il segretario generale
Gerhard STAHL
Per il Consiglio
Il segretario generale aggiunto
Pierre DE BOISSIEU
Per la Corte di giustizia
Il cancelliere
Roger GRASS
Per il Comitato economico e sociale
Il segretario generale
Patrick VENTURINI
Il Mediatore
Nikiforos DIAMANDOUROS
(1) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, Euratom) n. 31/2005 (GU L 8 del 12.1.2005, pag. 1).
(2) Cfr. pag. 14 della presente Gazzetta ufficiale.
(3) GU L 197 del 26.7.2002, pag. 56.
(4) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. | Scuola europea di amministrazione
QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI?
La decisione 2005/118/CE istituisce la Scuola europea di amministrazione con lo scopo di fornire perfezionamento professionale al personale delle istituzioni firmatarie (il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione europea, la Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte dei conti europea, il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato delle regioni e il mediatore europeo). La decisione 2005/119/CE stabilisce le norme per l’organizzazione e il funzionamento della scuola.
PUNTI CHIAVE
Scopo
La scuola interistituzionale organizza attività di formazione per migliorare le competenze e le conoscenze delle persone che lavorano all’interno delle organizzazioni firmatarie. Lo scopo è quello di trasmettere valori comuni a tutte le istituzioni dell’Unione europea. Essa si occupa di:progettare, organizzare e valutare le azioni di formazione; agevolare la partecipazione ad azioni di formazione esterna; svolgere qualunque funzione inerente o di supporto alla sua missione. Tipologie delle azioni di formazione La scuola offre le seguenti tipologie di formazione:i corsi di management per coloro i quali sono chiamati, o potrebbero essere chiamati, a esercitare funzioni dirigenziali;i corsi di entrata in servizio per i nuovi membri del personale;la formazione obbligatoria prevista per il passaggio tra gruppi di funzioni, ad esempio, dal ruolo di impiegato o addetto alla segreteria a un ruolo esecutivo. le istituzioni sono libere di integrare tali corsi con corsi maggiormente in linea con le loro esigenze specifiche. La scuola può inoltre offrire corsi richiesti da altri organismi, agenzie o uffici dell’UE, purché essi non ostacolino l’organizzazione dei corsi rivolti alle istituzioni. Formatori e sedi delle attività di formazioneI funzionari vengono messi a disposizione dalle istituzioni firmatarie con la funzione di formatori. Come regola generale, i corsi vengono organizzati a Bruxelles e a Lussemburgo, ma possono avere luogo in altre sedi. Organizzazione delle attivitàIl consiglio di amministrazione della scuola assicura una accesso ai corsi equilibrato tra personale delle istituzioni. La Scuola garantisce la disponibilità di un numero minimo di posti per le azioni di formazione obbligatorie o che costituiscono una condizione per l’esercizio di determinate funzioni, in particolare delle funzioni di management. Per far fronte a situazioni particolari e transitorie, alla scuola può essere richiesta l’ammissione di un numero di partecipanti superiore al normale. In tale caso, l’istituzione interessata trasferisce alla Scuola i mezzi finanziari necessari. La Scuola può avviare una cooperazione con altre scuole, istituti o università che operano nel medesimo settore. GestioneLa scuola dipende dall’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO). Ciò significa che:il consiglio di amministrazione dell’Ufficio svolge la funzione di consiglio di amministrazione della Scuola;il direttore dell’Ufficio svolge la funzione di direttore della Scuola.il personale della scuola rientra nell’organico dell’Ufficio;le entrate e le spese della Scuola sono integrate nel bilancio dell’Ufficio. Il consiglio di amministrazione decide su:il funzionamento della scuola,la sua struttura,Una previsione di bilancio e una relazione annuale della gestione,Il programma di lavoro,le tariffe applicate dalla scuola per i servizi che offre, ele modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione della Scuola un numero adeguato di funzionari-conferenzieri.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Le decisioni 2005/118/CE e 2005/119/CE si applicano entrambe dal 10 febbraio 2005.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Scuola europea di amministrazione (Europa).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2005/118/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo del 26 gennaio 2005 che istituisce la Scuola europea di amministrazione (GU L 37,del 10.2.2005, pagg. 14-16)
Decisione 2005/119/CE dei Segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del Cancelliere della Corte di giustizia, dei Segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore del 26 gennaio 2005 relativa all’organizzazione e al funzionamento della Scuola europea di amministrazione (GU L 37, del 10.2.2005, pagg. 17-20) | 6,794 | 123 |
32007R0520 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 520/2007 DEL CONSIGLIO
del 7 maggio 2007
che stabilisce misure tecniche di conservazione per taluni stock di grandi migratori e che abroga il regolamento (CE) n. 973/2001
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 37,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
La Comunità ha approvato con decisione 98/392/CE (1) la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che contiene alcuni principi e norme relative alla conservazione e alla gestione delle risorse acquatiche viventi. Nell’ambito dei suoi obblighi internazionali più generali, la Comunità partecipa agli sforzi intesi a salvaguardare gli stock ittici nelle acque internazionali.
(2)
In virtù della decisione 86/238/CEE (2) la Comunità è parte contraente, a decorrere dal 14 novembre 1997, della Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, di seguito «convenzione ICCAT».
(3)
La convenzione ICCAT prevede un quadro di cooperazione regionale in materia di conservazione e di gestione delle risorse di tonnidi e specie affini dell’Oceano Atlantico e dei mari adiacenti, mediante la creazione di una Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, di seguito «ICCAT», e l’adozione di raccomandazioni in materia di conservazione e di gestione nella zona della convenzione, che diventano vincolanti per le parti contraenti.
(4)
L’ICCAT ha raccomandato una serie di misure tecniche per alcuni stock di grandi migratori nell’Atlantico e nel Mediterraneo, in particolare per quanto concerne la taglia e il peso autorizzati del pesce, le restrizioni in materia di catture in determinate zone e in certi periodi oppure con determinati attrezzi, nonché le limitazioni della capacità. Tali raccomandazioni sono vincolanti per la Comunità e occorre pertanto attuarle.
(5)
La Comunità ha approvato con decisione 95/399/CE (3) l’accordo che istituisce la Commissione per il tonno dell’Oceano Indiano. Tale accordo fornisce un utile strumento per rafforzare la cooperazione internazionale ai fini della conservazione e dello sfruttamento razionale dei tonni e delle specie affini dell’Oceano Indiano mediante la creazione della Commissione per il tonno dell’Oceano Indiano, di seguito «IOTC», e l’adozione di risoluzioni in materia di conservazione e di gestione nella zona di competenza della IOTC, che diventano vincolanti per le parti contraenti.
(6)
La IOTC ha adottato una raccomandazione che istituisce una serie di misure tecniche per alcuni stock di grandi migratori nell’Oceano Indiano, e segnatamente una limitazione della capacità. Tale raccomandazione è vincolante per la Comunità e occorre pertanto attuarla.
(7)
La Comunità ha approvato con decisione 2005/938/CE (4) l’accordo sul programma internazionale per la conservazione dei delfini. Occorre pertanto che la Comunità applichi le disposizioni previste dall’accordo.
(8)
Gli obiettivi dell’accordo comprendono la riduzione progressiva, fino a livelli prossimi allo zero, della mortalità accidentale di delfini nella pesca del tonno con ciancioli nell’Oceano Pacifico orientale mediante la fissazione di limiti annui di cattura, nonché la sostenibilità a lungo termine degli stock di tonno nella zona dell’accordo.
(9)
La Comunità ha interessi di pesca nel Pacifico orientale e ha partecipato al processo per l’adozione della convenzione per il rafforzamento della Commissione interamericana per i tonnidi tropicali, di seguito «convenzione di Antigua». Essa ha firmato la convenzione di Antigua con decisione 2005/26/CE (5) e ha avviato la procedura per aderire a detta nuova convenzione. In attesa dell’entrata in vigore della convenzione di Antigua, la Comunità, in qualità di parte non contraente cooperante della Commissione interamericana per i tonnidi tropicali, di seguito «IATTC», ha deciso di applicare le misure tecniche adottate dalla IATTC. È quindi opportuno recepire tali misure nel diritto comunitario.
(10)
In virtù della decisione 2005/75/CE (6) la Comunità è parte contraente, dal 25 gennaio 2005, della convenzione sulla conservazione e la gestione degli stock ittici altamente migratori dell’Oceano Pacifico centro-occidentale, di seguito «convenzione WCPFC».
(11)
La convenzione WCPFC istituisce un quadro di cooperazione regionale inteso a garantire la conservazione a lungo termine e lo sfruttamento sostenibile degli stock di grandi migratori nell’Oceano Pacifico centro-occidentale attraverso la creazione di una Commissione per la pesca nel Pacifico centro-occidentale (WCPFC).
(12)
Occorre pertanto che la Comunità applichi le disposizioni previste dalla convenzione nonché le misure tecniche adottate dalla WCPFC.
(13)
Le misure tecniche adottate dalle suddette organizzazioni regionali di pesca sono state recepite nel regolamento (CE) n. 973/2001 del Consiglio, del 14 maggio 2001, che stabilisce alcune misure tecniche di conservazione per taluni stock di grandi migratori (7).
(14)
Dall’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 973/2001 le ORP hanno adottato nuove misure tecniche e aggiornato le misure esistenti; occorre pertanto abrogare tale regolamento e sostituirlo con il presente regolamento.
(15)
Le limitazioni della capacità devono essere stabilite in conformità dell’articolo 20 del regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell’ambito della politica comune della pesca (8).
(16)
Le misure necessarie per l’attuazione del presente regolamento devono essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9),
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
TITOLO I
DISPOSIZIONI INTRODUTTIVE
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento stabilisce le misure tecniche di conservazione applicabili alla cattura e allo sbarco di alcuni stock di specie altamente migratorie di cui all’allegato I nonché alla cattura di specie accessorie.
Articolo 2
Campo di applicazione
Fatto salvo l’articolo 9, il presente regolamento si applica ai pescherecci battenti bandiera degli Stati membri e immatricolati nella Comunità, di seguito «pescherecci comunitari».
Articolo 3
Definizioni
Ai fini del presente regolamento valgono le seguenti definizioni:
1)
«specie altamente migratorie»: le specie enumerate nell’allegato I;
2)
«tonnidi e specie affini disciplinate dall’ICCAT»: le specie enumerate nell’allegato II;
3)
«limite di mortalità dei delfini»: il limite definito all’articolo V dell’accordo sul programma internazionale per la conservazione dei delfini (10);
4)
«pesca sportiva»: attività di pesca che sfruttano le risorse acquatiche viventi a fini ricreativi o sportivi;
5)
«rete da circuizione»: rete che cattura i pesci circondandoli lateralmente e dal basso, eventualmente dotata di un cavo di chiusura;
6)
«cianciolo»: rete da circuizione la cui parte inferiore è tenuta insieme da un cavo, collegato alla lima da piombo per mezzo di anelli, che consente la chiusura della rete. Il cianciolo può essere utilizzato per catturare piccoli pelagici, grandi pelagici o specie demersali;
7)
«palangaro»: attrezzo da pesca formato da un cavo principale (trave) cui sono attaccati spezzoni di filo (braccioli) dotati di numerosi ami; la lunghezza dei braccioli e la loro distanza sul trave variano in funzione della specie bersaglio. Il palangaro può essere posizionato verticalmente o orizzontalmente alla superficie del mare ed essere calato sul fondo o in prossimità di esso (palangaro di fondo) oppure a mezz’acqua o in prossimità della superficie (palangaro derivante);
8)
«amo»: uncino di acciaio appuntito generalmente dotato di ardiglione. La punta dell’amo può essere diritta oppure ritorta e ricurva; il gambo può avere forma e lunghezza variabili e sezione tonda (normale) o piatta (forgiata). La lunghezza totale dell’amo corrisponde alla lunghezza massima totale del gambo calcolata dall’estremità dell’amo che serve ad assicurare la lenza, di solito a forma di occhiello, all’apice del collo. La larghezza dell’amo corrisponde alla distanza massima orizzontale dalla parte esterna del gambo alla parte esterna dell’ardiglione;
9)
«dispositivo di concentrazione del pesce (DCP)»: qualsiasi dispositivo galleggiante sulla superficie del mare allo scopo di attirare i pesci;
10)
«tonniera con lenze e canne»: peschereccio attrezzato per la pesca al tonno con lenze a canna.
Articolo 4
Zone
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni di acque marittime:
1)
Zona 1
tutte le acque dell’Oceano Atlantico e dei mari adiacenti che fanno parte della zona della convenzione ICCAT quale definita all’articolo 1 della medesima;
2)
Zona 2
tutte le acque dell’Oceano Indiano che fanno parte della zona di competenza dell’accordo che istituisce la IOTC, quale definita all’articolo 2 del medesimo;
3)
Zona 3
tutte le acque del Pacifico orientale che fanno parte della zona definita all’articolo 3 dell’accordo sul programma internazionale per la conservazione dei delfini;
4)
Zona 4
tutte le acque del Pacifico centro-occidentale che fanno parte della zona definita all’articolo 3 della convenzione della WCPFC.
TITOLO II
MISURE TECNICHE APPLICABILI NELLA ZONA 1
CAPO 1
Restrizioni relative all’impiego di alcuni tipi di imbarcazioni e di attrezzi
Articolo 5
Protezione del tonno obeso in determinate acque tropicali
1. Nel periodo dal 1o al 30 novembre è vietata la pesca effettuata con pescherecci dotati di ciancioli o con tonniere con lenze e canne nella zona così delimitata:
—
limite meridionale: latitudine 0° S,
—
limite settentrionale: latitudine 5° N,
—
limite occidentale: longitudine 20° O,
—
limite orientale: longitudine 10° O.
2. Entro il 15 agosto di ogni anno gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull’attuazione della presente misura, compreso, ove del caso, un elenco delle infrazioni commesse dai pescherecci comunitari battenti la loro bandiera e perseguite dalle rispettive autorità competenti.
Articolo 6
Pesca del tonno rosso nel Mar Mediterraneo
1. Nel Mar Mediterraneo è vietata la pesca del tonno rosso con ciancioli nel periodo dal 16 luglio al 15 agosto.
2. Nel Mar Mediterraneo è vietata la pesca del tonno rosso con palangari di superficie praticata da navi di lunghezza superiore a 24 m nel periodo dal 1o giugno al 31 luglio. La lunghezza delle navi è definita in conformità dell’allegato III.
3. Nel Mar Mediterraneo è vietato utilizzare aeromobili o elicotteri per le operazioni di pesca del tonno rosso nel periodo dal 1o al 30 giugno.
4. I periodi e le zone previsti dal presente articolo, nonché la lunghezza delle navi quale definita nell’allegato III, possono essere modificati dalla Commissione in applicazione delle raccomandazioni dell’ICCAT divenute vincolanti per la Comunità e secondo la procedura di cui all’articolo 30.
Articolo 7
Pesca del tonnetto striato, del tonno obeso e del tonno albacora in alcune acque portoghesi
È vietato conservare a bordo qualsiasi quantitativo di tonnetto striato, tonno obeso o albacora catturato con ciancioli nelle acque soggette alla sovranità o giurisdizione del Portogallo nella sottozona X del CIEM a nord di 36°30′ latitudine nord e nelle zone Copace a nord di 31° latitudine nord e a est di 17°30′ longitudine ovest, o pescare tali specie nelle suddette zone con i suddetti attrezzi da pesca.
CAPO 2
Taglia minima
Articolo 8
Dimensioni
1. Si considera che una specie figurante nell’allegato IV non abbia la taglia richiesta se le sue dimensioni sono inferiori alle dimensioni minime stabilite nell’allegato stesso.
2. Le dimensioni quali definite nell’allegato IV possono essere modificate in applicazione delle raccomandazioni dell’ICCAT divenute vincolanti per la Comunità, secondo la procedura di cui all’articolo 30.
Articolo 9
Divieti
1. È vietato tenere a bordo, trasbordare, sbarcare, trasportare, immagazzinare, esporre per la vendita, mettere in vendita e commercializzare le specie enumerate nell’allegato IV di taglia non conforme a quella prescritta e catturate nella zona 1. Queste specie devono essere rigettate in mare subito dopo la cattura.
2. È vietato immettere in libera pratica o commercializzare nella Comunità le specie enumerate nell’allegato IV di taglia non conforme a quella prescritta, originarie di paesi terzi e catturate nella zona 1.
Articolo 10
Misurazione della taglia
1. La misurazione di tutte le specie, eccetto gli istioforidi, è effettuata sulla base della lunghezza alla forca, ossia la distanza verticale tra l’estremità della mascella superiore e l’estremità del raggio caudale più corto.
2. La taglia degli istioforidi è misurata dalla punta della mascella inferiore alla forca della pinna caudale.
Articolo 11
Procedura di campionamento per le gabbie di tonno rosso
1. Ogni Stato membro stabilisce una procedura di campionamento atta a fornire una stima del numero, per taglia, dei tonni rossi catturati.
2. Il campionamento per taglia nelle gabbie è effettuato su un campione di 100 esemplari per 100 tonnellate di pesce vivo o su un campione pari al 10 % del numero totale di pesci messi in gabbia. I campioni per taglia sono prelevati durante la raccolta nell’allevamento, conformemente alla metodologia ICCAT per la comunicazione dei dati nell’ambito del compito II.
3. Metodi e campionamenti complementari vengono predisposti per i pesci tenuti in allevamento per periodi superiori a un anno.
4. Il campionamento è effettuato nel corso di una raccolta scelta in modo casuale e riguarda tutte le gabbie. I dati sono trasmessi all’ICCAT entro il 31 luglio per i campionamenti effettuati l’anno di calendario precedente.
CAPO 3
Limitazione del numero di navi
Articolo 12
Tonno obeso e alalunga dell’Atlantico settentrionale
1. Il Consiglio, secondo la procedura prevista dall’articolo 20 del regolamento (CE) n. 2371/2002, stabilisce il numero e la capacità totale, espressa in stazza lorda (SL), dei pescherecci comunitari di lunghezza fuori tutto superiore a 24 m dediti alla pesca del tonno obeso come specie bersaglio nella zona 1. Tale determinazione è effettuata:
a)
in funzione del numero medio e della capacità, espressa in SL, dei pescherecci comunitari che hanno praticato la pesca del tonno obeso come specie bersaglio nella zona 1 nel periodo 1991-1992; nonché
b)
in funzione della limitazione del numero di pescherecci comunitari che hanno praticato la pesca del tonno obeso nel 2005, notificato all’ICCAT il 30 giugno 2005.
2. Il Consiglio, secondo la procedura prevista dall’articolo 20 del regolamento (CE) n. 2371/2002, stabilisce il numero di pescherecci comunitari dediti alla pesca dell’alalunga dell’Atlantico settentrionale come specie bersaglio. Tale numero corrisponde alla media dei pescherecci comunitari che hanno praticato la pesca dell’alalunga dell’Atlantico settentrionale come specie bersaglio nel periodo 1993-1995.
3. Il Consiglio ripartisce tra gli Stati membri, in conformità della procedura prevista all’articolo 20 del regolamento (CE) n. 2371/2002:
a)
il numero e la capacità, espressa in SL, a norma del paragrafo 1;
b)
il numero di navi stabilito a norma del paragrafo 2.
4. Anteriormente al 15 maggio di ogni anno gli Stati membri, avvalendosi dei consueti mezzi di trasmissione dei dati, inviano alla Commissione:
a)
l’elenco delle navi battenti la loro bandiera, di lunghezza fuori tutto superiore a 24 m, dedite alla pesca del tonno obeso;
b)
l’elenco delle navi battenti la loro bandiera che partecipano alla pesca selettiva dell’alalunga dell’Atlantico settentrionale.
La Commissione trasmette tali informazioni al segretariato dell’ICCAT anteriormente al 31 maggio di ogni anno.
5. Negli elenchi di cui al paragrafo 4 è indicato il numero interno del «registro della flotta» assegnato alla nave, a norma dell’allegato I del regolamento (CE) n. 26/2004 della Commissione, del 30 dicembre 2003, relativo al registro della flotta peschereccia comunitaria (11), nonché il tipo di attrezzo utilizzato.
CAPO 4
Specie non bersaglio e pesca sportiva e ricreativa
Articolo 13
Marlin
Gli Stati membri incentivano l’impiego di braccioli in monofilamento sui tornichetti, al fine di agevolare la reimmissione in acqua dei marlin azzurri e marlin bianchi vivi.
Articolo 14
Squali
1. Gli Stati membri incentivano la reimmissione in acqua degli squali vivi catturati accidentalmente, con particolare riguardo al novellame.
2. Gli Stati membri incentivano la riduzione dei rigetti di squali ottenuta grazie all’impiego di attrezzi da pesca più selettivi.
Articolo 15
Tartarughe marine
Gli Stati membri incentivano la reimmissione in acqua delle tartarughe marine vive catturate accidentalmente.
Articolo 16
Pesca sportiva e ricreativa nel Mediterraneo
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per vietare l’impiego di reti da traino, reti da circuizione, ciancioli, draghe, reti da imbrocco, tramagli e palangari nell’ambito delle attività di pesca sportiva e ricreativa del tonno e di specie affini esercitate nel Mediterraneo.
2. Gli Stati membri garantiscono che i tonni e le specie affini catturati nel Mediterraneo nell’ambito della pesca sportiva e ricreativa non siano commercializzati.
Articolo 17
Relazioni
Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, entro il 15 agosto di ogni anno, una relazione sull’attuazione del presente capo.
TITOLO III
MISURE TECNICHE APPLICABILI NELLA ZONA 2
CAPO 1
Limitazione del numero di navi
Articolo 18
Numero di pescherecci autorizzati
1. Il Consiglio, in conformità della procedura prevista all’articolo 20 del regolamento (CE) n. 2371/2002, stabilisce il numero di pescherecci comunitari di lunghezza superiore a 24 metri fuori tutto autorizzati a pescare nella zona 2. Tale numero corrisponde al numero di pescherecci comunitari registrati nel 2003 nel registro delle navi della IOTC. La limitazione del numero di navi corrisponde alla stazza complessiva espressa in stazza lorda (SL); in caso di sostituzione di navi, la stazza complessiva non deve essere superata.
2. Il Consiglio ripartisce tra gli Stati membri, in conformità della procedura prevista all’articolo 20 del regolamento (CE) n. 2371/2002, il numero di navi stabilito in conformità del paragrafo 1 del presente articolo.
CAPO 2
Specie non bersaglio
Articolo 19
Squali
1. Gli Stati membri si adoperano per favorire la reimmissione in acqua degli squali vivi catturati accidentalmente, con particolare riguardo al novellame.
2. Gli Stati membri incentivano la riduzione dei rigetti in mare di squali.
Articolo 20
Tartarughe marine
1. Gli Stati membri si adoperano per ridurre l’impatto della pesca sulle tartarughe marine, segnatamente attraverso l’applicazione delle misure previste ai paragrafi 2, 3 e 4.
2. L’impiego di qualsiasi attrezzo da pesca è subordinato alle seguenti condizioni:
a)
corretta manipolazione, compreso il soccorso e l’immediata reimmissione in acqua delle tartarughe marine catturate accidentalmente (con gli ami o nelle reti) o accessoriamente;
b)
presenza a bordo delle attrezzature necessarie per procedere alla reimmissione in acqua delle tartarughe marine catturate accidentalmente o accessoriamente.
3. L’impiego del cianciolo è subordinato alle seguenti condizioni:
a)
obbligo di evitare, per quanto possibile, l’accerchiamento di tartarughe marine;
b)
elaborazione e applicazione di specifiche relative ad attrezzi da pesca adeguati che consentano di ridurre al minimo le catture accessorie di tartarughe marine;
c)
adozione di tutte le misure necessarie ai fini del rilascio delle tartarughe marine accerchiate o catturate;
d)
adozione di tutte le misure necessarie ai fini del controllo dei dispositivi di concentrazione del pesce nei quali potrebbero impigliarsi tartarughe marine, del rilascio delle tartarughe catturate e del recupero dei dispositivi non utilizzati.
4. L’impiego del palangaro è subordinato alle seguenti condizioni:
a)
sviluppo e ricorso a combinazioni di forme di ami e tipi di esche di profondità, nonché messa a punto di reti e di tecniche di pesca che consentano di ridurre al minimo le catture accidentali o accessorie e la mortalità delle tartarughe marine;
b)
presenza a bordo delle attrezzature necessarie per procedere alla reimmissione in acqua delle tartarughe marine catturate accidentalmente o accessoriamente, tra cui attrezzi atti a liberare le tartarughe dagli ami o a tagliare le lenze e coppi.
TITOLO IV
MISURE TECNICHE APPLICABILI NELLA ZONA 3
Articolo 21
Trasbordo
1. È vietato l’utilizzo di navi ausiliarie a sostegno di navi operanti con dispositivi di concentrazione del pesce.
2. Ai pescherecci con reti a circuizione è fatto divieto di effettuare trasbordi di pesce in mare.
Articolo 22
Limitazione del numero di pescherecci
1. Il Consiglio, in conformità della procedura prevista all’articolo 20 del regolamento (CE) n. 2371/2002, stabilisce il numero di pescherecci comunitari con reti a circuizione autorizzati a praticare la pesca del tonno nella zona 3. Tale numero corrisponde al numero di pescherecci comunitari con reti a circuizione registrati nel registro della IATTC al 28 giugno 2002.
2. Anteriormente al 10 dicembre di ogni anno gli Stati membri notificano alla Commissione l’elenco delle navi battenti la loro bandiera che intendono praticare la pesca del tonno nella zona 3. Le navi che non figurano nell’elenco suddetto sono considerate inattive e non sono autorizzate a praticare attività di pesca nell’anno in corso.
3. Negli elenchi è indicato il numero interno del «registro della flotta» assegnato alla nave, in conformità dell’allegato I del regolamento (CE) n. 26/2004 nonché il tipo di attrezzo utilizzato.
Articolo 23
Protezione dei delfini
Nella pesca del tonno albacora nella zona 3 sono autorizzati ad accerchiare con ciancioli banchi o gruppi di delfini solamente i pescherecci comunitari che operano secondo le condizioni stabilite dall’accordo sul programma internazionale per la conservazione dei delfini e che dispongono di un limite di mortalità dei delfini (LMD).
Articolo 24
Domande di LMD
Anteriormente al 15 settembre di ogni anno gli Stati membri notificano alla Commissione:
a)
un elenco delle navi battenti la loro bandiera e aventi una capacità di carico superiore a 363 tonnellate metriche (400 tonnellate corte) che hanno chiesto un LMD per tutto l’anno successivo;
b)
un elenco delle navi battenti la loro bandiera e aventi una capacità di carico superiore a 363 tonnellate metriche (400 tonnellate corte) che hanno chiesto un LMD per il primo o il secondo semestre dell’anno successivo;
c)
per ogni nave che chiede un LMD, un certificato attestante che la nave dispone di tutti gli attrezzi e equipaggiamenti per la protezione dei delfini e che il suo comandante ha ricevuto una formazione riconosciuta sulle tecniche di liberazione e salvataggio dei delfini;
d)
un elenco delle navi battenti la loro bandiera presumibilmente operanti nella zona nel corso dell’anno successivo.
Articolo 25
Ripartizione degli LMD
1. Gli Stati membri si accertano che le domande di LMD siano conformi alle condizioni previste dall’accordo sul programma internazionale per la conservazione dei delfini e alle misure di conservazione adottate dalla IATTC.
2. La Commissione esamina gli elenchi e la loro conformità alle disposizioni dell’accordo sul programma internazionale per la conservazione dei delfini e alle misure di conservazione adottate dalla IATTC e li trasmette al direttore della IATTC. Qualora dall’esame della Commissione emerga che una domanda non soddisfa le condizioni di cui al presente paragrafo, la Commissione informa immediatamente lo Stato membro interessato di non poter trasmettere la domanda, in parte o per intero, al direttore della IATTC e gliene comunica i motivi.
3. La Commissione trasmette ad ogni Stato membro il totale di LMD da ripartire tra le navi battenti bandiera di tale Stato membro.
4. Anteriormente al 15 gennaio di ogni anno gli Stati membri notificano alla Commissione l’avvenuta ripartizione degli LMD tra le navi battenti la loro bandiera.
5. Anteriormente al 1o febbraio di ogni anno la Commissione trasmette al direttore della IATTC l’elenco e la distribuzione degli LMD tra i pescherecci comunitari.
Articolo 26
Protezione di altre specie non bersaglio
1. I pescherecci a ciancioli rilasciano rapidamente e, per quanto possibile, indenni tutte le tartarughe marine, gli squali, i tonnetti striati, le razze, le lampughe e le altre specie non bersaglio.
2. I pescatori sono invitati a mettere a punto e ad utilizzare tecniche e attrezzature che agevolino il rilascio rapido e sicuro di tutti questi animali.
Articolo 27
Tartarughe marine
1. Ogniqualvolta nella rete è avvistata una tartaruga marina occorre fare il possibile per liberarla prima che rimanga impigliata ricorrendo, se necessario, all’impiego di un motoscafo.
2. Se una tartaruga marina è impigliata nella rete, il sollevamento della rete deve essere interrotto non appena la tartaruga emerge dall’acqua e non deve essere ripreso finché la tartaruga non sia stata liberata e rimessa in acqua.
3. Se una tartaruga marina è issata a bordo del peschereccio, occorre impiegare tutti i mezzi necessari per soccorrerla prima di rimetterla in acqua.
4. È fatto divieto alle tonniere di riversare in mare sacchi di sale o altri tipi di rifiuti di plastica.
5. Si deve provvedere, laddove possibile, al rilascio delle tartarughe marine impigliate in dispositivi di concentrazione dei pesci e in altri attrezzi da pesca.
6. I dispositivi di concentrazione dei pesci che non vengono utilizzati devono essere recuperati.
TITOLO V
MISURE TECNICHE APPLICABILI NELLA ZONA 4
Articolo 28
Riduzione dei rifiuti
Gli Stati membri adottano le opportune disposizioni per ridurre al minimo i rifiuti, i rigetti, le catture ad opera di dispositivi persi o abbandonati, l’inquinamento prodotto dai pescherecci, la cattura di pesci e di animali di specie non bersaglio nonché le ripercussioni subite dalle specie associate o dipendenti, con particolare riguardo a quelle minacciate di estinzione.
TITOLO VI
DISPOSIZIONI DI APPLICAZIONE GENERALE
Articolo 29
Mammiferi marini
1. È vietato accerchiare con ciancioli banchi o gruppi di mammiferi marini.
2. Il paragrafo 1 si applica a tutti i pescherecci comunitari, ad eccezione di quelli contemplati all’articolo 23.
TITOLO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 30
Comitatologia
L’adozione di misure a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, e dell’articolo 8, paragrafo 2, è effettuata in conformità della procedura prevista all’articolo 30, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2371/2002.
Articolo 31
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 973/2001 è abrogato.
Articolo 32
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 7 maggio 2007.
Per il Consiglio
Il presidente
H. SEEHOFER
(1) GU L 179 del 23.6.1998, pag. 1.
(2) GU L 162 del 18.6.1986, pag. 33.
(3) GU L 236 del 5.10.1995, pag. 24.
(4) GU L 348 del 30.12.2005, pag. 26.
(5) GU L 15 del 19.1.2005, pag. 9.
(6) GU L 32 del 4.2.2005, pag. 1.
(7) GU L 137 del 19.5.2001, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 831/2004 (GU L 127 del 29.4.2004, pag. 33).
(8) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 59.
(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
(10) GU L 348 del 30.12.2005, pag. 28.
(11) GU L 5 del 9.1.2004, pag. 25. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1799/2006 (GU L 341 del 7.12.2006, pag. 26).
ALLEGATO I
Elenco delle specie altamente migratorie
—
Tonno bianco o alalunga: Thunnus alalunga
—
Tonno rosso: Thunnus thynnus
—
Tonno obeso: Thunnus obesus
—
Tonnetto striato: Katsuwonus pelamis
—
Palamita: Sarda sarda
—
Tonno albacora: Thunnus albacares
—
Tonno pinna nera: Thunnus atlanticus
—
Tonnetti: Euthynnus spp.
—
Tonno: Thunnus maccoyii
—
Bisi o tombarelli: Auxis spp.
—
Pesci castagna: Bramidae
—
Aguglie imperiali o marlin: Tetrapturus spp.; Makaira spp.
—
Pesci vela: Istiophorus spp.
—
Pesce spada: Xiphias gladius
—
Costardelle: Scomberesox spp.; Cololabis spp.
—
Lampuga; corifena: Coryphaena hippurus; coryphaena equiselis
—
Squali: Hexandus griseus; Cetorhinus maximus; Alopiidae Rhincodon typus; Carcharhinide; Sphyrnidae; Isuridae; Lamnidae
—
Cetacei (balene e focene): Physeteridae; Balenidae; Eschrichtiidae; Monodontidae; Ziphiidae; Delphinidae.
ALLEGATO II
Elenco ICCAT dei tonnidi e delle specie affini
—
Tonno rosso: Thunnus thynnus
—
Tonno: Thunnus maccoyii
—
Tonno albacora: Thunnus albacares
—
Tonno bianco o alalunga: Thunnus alalunga
—
Tonno obeso: Thunnus obesus
—
Tonno pinna nera: Thunnus atlanticus
—
Tonnetto o alletterato: Euthynnus alletteratus
—
Tonnetto striato: Katsuwonus pelamis
—
Palamita: Sarda sarda
—
Biso o tombarello: Auxis thazard
—
Tombarello o biso: Auxis rochei
—
Palamita bianca: Orcynopsis unicolor
—
Maccarello striato: Acanthocybium solandri
—
Maccarello reale maculato: Scomberomorus maculatus
—
Maccarello reale: Scomberomorus cavalla
—
Maccarello reale di Guinea: Scomberomorus tritor
—
Maccarello reale maculato: Scomberomorus brasilliensis
—
Maccarello reale atlantico: Scomberomorus regalis
—
Pesce vela atlantico: Istiophorus albicans
—
Marlin nero: Makaira indica
—
Marlin azzurro: Makaira nigricans
—
Marlin bianco: Tetrapturus albidus
—
Pesce spada: Xiphias gladius
—
Aguglia imperiale: Tetrapturus pfluegeri.
ALLEGATO III
Lunghezza delle navi (articolo 6, paragrafo 2)
Definizione della lunghezza delle navi secondo l’ICCAT:
—
per qualsiasi peschereccio costruito dopo il 18 luglio 1982, il 96 % della lunghezza fuori tutto sulla linea di galleggiamento all’85 % dell’altezza minima di costruzione misurata a partire dal cielo della chiglia, oppure la distanza dalla parte anteriore della ruota di prora all’asse del manicotto del timone su questa stessa linea di galleggiamento, qualora detta distanza sia superiore. Per le navi munite di un rastrello di chiglia, la linea di galleggiamento sulla quale verrà misurata la lunghezza dovrà essere parallela alla linea di galleggiamento contrattuale;
—
per qualsiasi peschereccio costruito anteriormente al 18 luglio 1982, la lunghezza immatricolata che figura nei registri nazionali o in qualsiasi altro documento ufficiale riguardante la nave.
ALLEGATO IV
TAGLIA MINIMA
(articolo 8, paragrafo 1)
Specie
Taglie minime
Tonno rosso (Thunnus thynnus) (1)
6,4 kg o 70 cm
Tonno rosso (Thunnus thynnus) (2)
10 kg o 80 cm
Pesce spada (Xiphias gladius) (3)
25 kg o 125 cm (mandibola inferiore)
(1) Questa taglia minima si applica unicamente per l’Oceano Atlantico orientale.
(2) Questa taglia minima si applica unicamente per il Mar Mediterraneo.
(3) Questa taglia minima si applica unicamente per l’Oceano Atlantico. | Conservazione di stock di grandi migratori
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento si prefigge di proteggere e conservare taluni stock di specie marittime altamente migratorie stabilendo misure tecniche per la regolamentazione della cattura e dello sbarco, nonché delle catture accessorie.
PUNTI CHIAVE
Si definiscono specie altamente migratorie:tonnidi:tonno alalunga;tonno rosso;tonno obeso;tonnetto striato;palamita;tonno albacora;tonno pinna nera;tonnetto;tonno australe;biso. pesci castagna; marlin; pesci vela; pesci spada; costardelle; corifenidi, lampughe squali; cetacei (balene e focene).Oceano Atlantico
Pesci di taglia non conforme
I tonnidi tropicali e i pesci spada di dimensioni inferiori rispetto alle raccomandazioni della commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT) devono essere immediatamente rigettati in mare. È vietato mettere in vendita e commercializzare le specie di taglia non conforme provenienti da paesi terzi e catturati nell’Atlantico.
Pescherecci e limitazione delle attrezzature
La pesca del tonno obeso tramite ciancioli e tonniere con lenze e canne è proibita durante il mese di novembre in determinate acque tropicali, delimitate secondo:limite meridionale: latitudine 0° S; limite settentrionale: latitudine 5° N; limite occidentale: longitudine 20° O; limite orientale: longitudine 10° O.È altresì proibito pescare o tenere a bordo qualsiasi quantità di tonnetti striati, tonni obesi o tonni albacora catturati con ciancioli* in alcune determinate acque portoghesi.
Numero di pescherecci
Il Consiglio stabilisce il numero e la capacità totale, espressa in stazza lorda (SL), dei pescherecci comunitari di lunghezza fuori tutto superiore a 24 metri dediti alla pesca del tonno obeso nell’Oceano Atlantico e nei mari adiacenti, come definito nell’articolo 1 della convenzione ICCAT, in funzione del numero medio per il periodo 1991-1992 e della limitazione del numero di pescherecci comunitari che hanno praticato la pesca del tonno obeso nel 2005, notificato all’ICCAT il 30 giugno 2005.
Il Consiglio stabilisce inoltre il numero di pescherecci comunitari dediti alla pesca dell’alalunga dell’Atlantico settentrionale in funzione della media per il periodo 1993-1995.
Anteriormente al 15 maggio di ogni anno, ciascuno Stato membro dell’Unione europea comunica alla Commissione europea il numero (e il tonnellaggio, ove applicabile), dei pescherecci di cui sopra da trasmettere all’ICCAT.
Specie non bersaglio
Gli Stati membri sono tenuti a incentivare la reimmissione in acqua di tartarughe marine vive e di squali vivi, con particolare riguardo al novellame, catturati accidentalmente, nonché a ridurre i rigetti di squali grazie all’impiego di attrezzi da pesca più selettivi.
Gli Stati membri devono vietare l’impiego di reti da traino, reti da circuizione, ciancioli, draghe, reti da imbrocco, tramagli e palangari per la pesca sportiva e ricreativa di tonnidi e di specie affini esercitate nel Mediterraneo, garantendo che il pesce catturato non venga commercializzato.
Occorre presentare una relazione annuale relativa all’attuazione di tali misure.
Oceano Indiano
Numero di pescherecci
Il Consiglio stabilisce il numero di pescherecci comunitari di lunghezza superiore a 24 metri fuori tutto autorizzati a pescare nell’Oceano Indiano, in base ai numeri del 2003.
Specie non bersaglio
Gli Stati membri sono tenuti a incentivare la reimmissione in acqua degli squali vivi catturati accidentalmente, con particolare riguardo al novellame, nonché la riduzione dei rigetti di squali.
Gli Stati membri si devono adoperare per ridurre l’impatto della pesca sulla popolazione di tartarughe marine tramite:limitazioni sull’impiego di ciancioli, in particolare per evitare l’accerchiamento di tartarughe marine; la rapida reimmissione di qualsiasi tartaruga marina catturata accidentalmente mediante attrezzature speciali; la realizzazione di attrezzi da pesca adeguati a ridurre al minimo le catture accessorie di tartarughe marine; il monitoraggio di dispositivi di concentrazione del pesce* in cui potrebbero rimanere intrappolate le tartarughe marine; disposizioni sull’impiego del palangaro per limitare le catture accessorie e la mortalità delle tartarughe marine.Oceano Pacifico centro-occidentale
Rifiuti
Gli Stati membri sono tenuti a ridurre al minimo rifiuti, rigetti, catture ad opera di dispositivi persi o abbandonati, l’inquinamento prodotto dai pescherecci, la cattura di pesci e di animali di specie non bersaglio nonché le ripercussioni subite dalle specie associate o dipendenti, con particolare riguardo a quelle minacciate di estinzione.
Mammiferi marini
È vietato accerchiare con ciancioli banchi o gruppi di mammiferi marini.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore a partire dal 1o giugno 2007.
CONTESTO
L’Unione europea è parte contraente della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (si veda la sintesi).Specie altamente migratorie (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura). Organizzazioni regionali di gestione della pesca (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Cianciolo: qualsiasi rete circuitante munita sul fondo di un cavo di chiusura che passa attraverso una serie di anelli collegati alla lima da piombo, consentendo la chiusura della rete.
Dispositivo di concentrazione del pesce (FAD): dispositivo ancorato, derivante, galleggiante o sommerso, calato o monitorato dal peschereccio, anche mediante boe radio o satellitari, allo scopo di concentrare le specie di tonno bersaglio in operazioni di pesca con reti a circuizione.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 520/2007 del Consiglio, del 7 maggio 2007, che stabilisce misure tecniche di conservazione per taluni stock di grandi migratori e che abroga il regolamento (CE) n. 973/2001 (GU L 123 del 12.5.2007, pag. 3).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 520/2007 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2005/75/CE del Consiglio, del 26 aprile 2004, relativa all’adesione della Comunità alla convenzione sulla conservazione e la gestione degli stock ittici altamente migratori dell’Oceano Pacifico centrale e occidentale (GU L 32 del 4.2.2005, pag. 1).
Decisione del Consiglio 95/399/CE, del 18 settembre 1995, relativa all’adesione della Comunità all’accordo che istituisce la Commissione dei tonni nell’Oceano Indiano (GU L 236 del 5.10.1995, pag. 24).
Accordo che istituisce la Commissione per il tonno dell’Oceano Indiano (GU L 236 del 5.10.1995, pag. 25).
Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (GU L 162 del 18.6.1986, pag. 34).
Protocollo di emendamento della convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (GU L 313 del 4.12.2019, pag. 3).
Decisione 86/238/CEE del Consiglio del 9 giugno 1986 relativa all’adesione della Comunità alla convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, emendata dal protocollo allegato all’atto finale della conferenza dei plenipotenziari degli Stati aderenti alla convenzione firmato a Parigi il 10 luglio 1984 (GU L 162 del 18.6.1986, pag. 33). | 12,922 | 836 |
22005A0713(01) | false | Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di Egitto
Gazzetta ufficiale n. L 182 del 13/07/2005 pag. 0012 - 0019
Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di EgittoLA COMUNITÀ EUROPEA (in appresso denominata "Comunità"),da un lato,eLA REPUBBLICA ARABA DI EGITTO (in appresso denominata "Egitto"),dall’altro,in appresso denominate "le parti";VISTO il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, prima frase, e articolo 300, paragrafo 3, primo comma;VISTA la decisione n. 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa al sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e all’innovazione (2002-2006) [1];CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per il loro sviluppo economico e sociale e il relativo riferimento di cui all’articolo 43 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba di Egitto, dall’altra, firmato il 25 giugno 2001;HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Campo d’applicazione e principi1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e l’Egitto in settori di interesse comune in cui esercitano attività di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico.2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:- promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti,- beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi,- accesso reciproco alle attività dei programmi e ai progetti di ricerca svolti da ciascuna parte,- scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione,- scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 2Mezzi di cooperazione1. I soggetti giuridici con sede in Egitto, conformemente alla definizione di cui all’allegato I, comprese persone fisiche e le persone giuridiche di diritto pubblico o privato, partecipano alle azioni indirette del programma quadro comunitario di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca (in appresso "il programma quadro CE"), alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici degli Stati membri dell’Unione europea, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.2. I soggetti giuridici con sede negli Stati membri della Comunità partecipano ai programmi e progetti di ricerca dell’Egitto in settori analoghi a quelli del programma quadro CE alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici egiziani, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.3. La cooperazione può anche svilupparsi con i mezzi e le modalità seguenti:- regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica dell’Egitto e della Comunità in materia di ricerca e sulla pianificazione di detta politica,- scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione,- trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione e i risultati dei programmi e progetti di ricerca dell’Egitto e della Comunità e riguardanti i risultati di lavori svolti nell’ambito del presente accordo,- riunioni congiunte,- visite e scambi di ricercatori, tecnici e ingegneri, anche a scopo di formazione,- lo scambio e la condivisione di attrezzature e di materiali,- contatti regolari tra responsabili di programmi o direttori di progetti di ricerca egiziani e comunitari,- partecipazione di esperti a seminari, simposi e gruppi di lavoro,- scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo,- formazione tramite progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico,- accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica oggetto della cooperazione in questione,- qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto, di cui all’articolo 4, conformemente alle politiche e alle procedure applicabili alle due parti.Articolo 3Rafforzamento della cooperazione1. Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare l’entrata e l’uscita dai loro territori di beni destinati a essere utilizzati in queste attività.2. Qualora, in applicazione della propria normativa, la Comunità europea conceda un finanziamento a un soggetto giuridico dell’Egitto che partecipi a un’azione indiretta comunitaria, l’Egitto garantisce che a questa transazione non saranno imposti oneri o prelievi fiscali o doganali.Articolo 4Gestione dell’accordoComitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per l’Egitto, dall’Accademia per la ricerca scientifica e tecnologica, e, per la Comunità, dai servizi dalla Commissione delle Comunità europee responsabili del programma quadro, in qualità di agenti esecutivi delle parti (in appresso denominati "agenti esecutivi").2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato "Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto" (in appresso "il comitato misto"), le cui funzioni comprendono:- assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne di nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti,- identificare annualmente i potenziali settori in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure,- esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Egitto e nella Comunità, nonché le prospettive di cooperazioni future ai sensi del presente accordo.3. Il comitato misto è composto da rappresentanti degli agenti esecutivi; esso adotta il proprio regolamento interno.4. Il comitato misto si riunisce almeno una volta l’anno, alternativamente nella Comunità e in Egitto. Riunioni straordinarie possono essere convocate su richiesta di una delle due parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto sono trasmesse per informazione al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo tra l’Unione europea e la Repubblica araba di Egitto.Articolo 5FinanziamentoLa reciproca partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.Articolo 6Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioniLa diffusione e l’uso dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle disposizioni di cui all’allegato II.Articolo 7Disposizioni finali1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo.Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa del completamento delle procedure interne necessarie per la conclusione, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso.Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, le parti concordano di comune accordo che i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti previo preavviso di dodici mesi.I progetti e le attività in corso al momento della denuncia del presente accordo devono essere portati a compimento alle condizioni concordate nel quadro dello stesso.4. Qualora una delle parti decida di modificare i suoi programmi e progetti di ricerca, di cui al paragrafo 1 dell’articolo 1, l’agente esecutivo della parte in questione notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso di dette modifiche.In deroga a quanto disposto dal secondo comma del paragrafo 2, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui al primo comma, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.5. Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall’altra, al territorio della Repubblica araba di Egitto, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio o nei territori di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.6. Il presente accordo è redatto in due esemplari in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e araba, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en El Cairo, el veintiuno de junio de dos mil cinco.Udfærdiget i Kairo den enogtyvende juni to tusind og fem.Geschehen zu Kairo am einundzwanzigsten Juni zweitausendfünf.Έγινε στο Κάιρο, στις είκοσι μία Ιουνίου δύο χιλιάδες πέντε.Done at Cairo on the twenty-first day of June in the year two thousand and five.Fait au Caire, le vingt-et-un juin deux mille cinq.Fatto a il Cairo, addì ventuno giugno duemilacinque.Gedaan te Kaïro, de eenentwintigste juni tweeduizend vijf.Feito no Cairo, em vinte e um de Junho de dois mil e cinco.Tehty Kairossa kahdentenakymmenentenäensimmäisenä päivänä kesäkuuta vuonna kaksituhattaviisi.Som skedde i Kairo den tjugoförsta juni tjugohundrafern.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaFör Europeiska gemenskapenPor el Gobierno de la República Árabe de EgiptoPå vegne af Den Arabiske Republik Egyptens regeringFür die Regierung der Arabischen Republik ÄgyptenΓια την Κυβέρνηση της Αραβικής Δημοκρατίας της ΑιγύπτουFor the Government of the Arab Republic of EgyptPour le gouvernement de la République arabe d’ÉgyptePer il Governo della Repubblica araba di EgittoVoor de regering van de Arabische Republiek EgyptePelo Governo da República Árabe do EgiptoEgyptin arabitasavallan hallituksen puolestaFör Arabrepubliken Egyptens regering[1] GU L 232 del 29.8.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 786/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 7).--------------------------------------------------ALLEGATO IModalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici degli Stati membri dell’Unione europea e della Repubblica araba di EgittoAi fini del presente accordo, per "soggetto giuridico" si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità al diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto comunitario o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.I. MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI IN EGITTO ALLE AZIONI INDIRETTE DEL PROGRAMMA QUADRO CE-EGITTO1. La partecipazione dei soggetti giuridici stabiliti in Egitto alle azioni indirette del programma quadro CE è soggetta alle regole di partecipazione stabilite ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea per l’attuazione del programma quadro.I soggetti giuridici stabiliti in Egitto possono inoltre partecipare alle azioni indirette attuate ai sensi dell’articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea.2. La Comunità può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano alle azioni indirette menzionate al paragrafo 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente all’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea, al regolamento finanziario della Comunità europea e alla legislazione comunitaria applicabile.3. I contratti conclusi dalla Comunità con i soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano ad un’azione indiretta devono prevedere il diritto della Commissione e della Corte dei conti delle Comunità europee di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.Le competenti autorità egiziane provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, l’assistenza ragionevole e utile, qualora necessaria, per eseguire tali controlli e verifiche contabili.II. MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA AI PROGRAMMI E AI PROGETTI DI RICERCA EGIZIANI1. I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione europea o al diritto comunitario, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo egiziani in cooperazione con soggetti giuridici stabiliti in Egitto.2. Fatto salvo il paragrafo 1 e l’allegato II, i diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, che partecipano a progetti egiziani di ricerca nell’ambito dei programmi di RST, e le condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative che disciplinano lo svolgimento di programmi di ricerca e sviluppo applicabili ai soggetti giuridici egiziani e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra l’Egitto e la Comunità in questo settore.Il finanziamento dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a progetti e programmi di ricerca e sviluppo dell’Egitto è disciplinato dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative vigenti in Egitto, in materia di esecuzione dei programmi di ricerca e sviluppo, alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici non egiziani che partecipano ai progetti e ai programmi di ricerca e sviluppo dell’Egitto.3. L’Egitto informa regolarmente i soggetti giuridici della Comunità e dell’Egitto in merito ai programmi egiziani in corso di svolgimento e alle possibilità di partecipazione per i soggetti giuridici stabiliti nella Comunità.--------------------------------------------------ALLEGATO IIPrincipi per l’attribuzione dei diritti di proprietà intellettualeI. APPLICAZIONEAi fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione data dall’articolo 2 della convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.Ai fini del presente accordo, per "conoscenze" si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o no, nonché i diritti di autore o i diritti legati a detti risultati acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, disegni, modelli, specie vegetali, certificati complementari o di altre forme di tutela equiparabili.II. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DEI SOGGETTI GIURIDICI DELLE PARTI1. Ciascuna parte garantisce che i diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte che partecipano alle attività svolte conformemente al presente accordo e i diritti e gli obblighi derivanti da detta partecipazione siano compatibili con le convenzioni internazionali applicabili alle parti, compresi l’accordo TRIPS (Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio amministrato dall’Organizzazione mondiale del commercio), la convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971) e la convenzione di Parigi (Atto di Stoccolma 1967).2. I soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano a un’azione indiretta del programma quadro CE hanno gli stessi diritti e obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, alle condizioni stabilite dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea e nel relativo contratto concluso con la Comunità. Detti diritti e obblighi sono conformi alle disposizioni del paragrafo 1.3. I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a programmi o a progetti di ricerca egiziani hanno gli stessi diritti e obblighi in materia di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano a detti programmi o progetti di ricerca. Detti diritti e obblighi sono conformi alle disposizioni di cui al paragrafo 1.III. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DELLE PARTI1. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle conoscenze generate dalle parti nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del presente accordo si applicano le regole specificate qui di seguito.a) La parte che genera le conoscenze è proprietaria delle stesse. Qualora risulti impossibile determinare il contributo delle rispettive parti, le parti sono congiuntamente proprietarie delle conoscenze.b) La parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del presente accordo. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.2. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle pubblicazioni di carattere scientifico delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito.a) In caso di pubblicazione ad opera di una parte di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto di attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.b) Tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore, prodotte a norma delle presenti disposizioni, devono indicare i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Devono inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.3. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle informazioni riservate delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito.a) All’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte identifica le informazioni riservate che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la riservatezza delle informazioni.b) La parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo.c) Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, l’altra parte può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta e ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche.d) Le informazioni riservate o le altre informazioni confidenziali non documentali fornite nel corso di seminari e di altre riunioni tra i rappresentanti delle parti, indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di attrezzature o l’esecuzione di azioni indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni riservate o altre informazioni confidenziali siano resi edotti del carattere confidenziale delle informazioni all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a).e) Ciascuna parte si impegna ad assicurare che le informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d) siano controllate come ivi previsto. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull’obbligo del segreto di cui alle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato.-------------------------------------------------- | Cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e l’Egitto
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici.
Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accorto per conto della Comunità europea (attuale UE).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:promozione di una società della conoscenza per lo sviluppo sociale ed economico delle due parti; benefici reciproci fondati su una ripartizione equilibrata dei vantaggi; accesso reciproco alle attività dei programmi e dei progetti di ricerca svolte da ciascuna parte; scambio tempestivo delle informazioni; protezione dei diritti di proprietà intellettuale.CooperazioneI soggetti giuridici* egiziani possono partecipare ad attività di cooperazione indiretta dei programmi quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’UE e ad attività di dimostrazione alle stesse condizioni applicabili ai soggetti giuridici dell’UE, in conformità con i termini e le condizioni stabiliti negli allegati I e II dell’accordo. Le personalità giuridiche stabilite nei paesi dell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca egiziani che coprono settori simili a quelli del programma quadro alle stesse condizioni applicabili ai soggetti giuridici dell’Egitto in conformità con i termini e le condizioni di cui agli allegati I e II dell’accordo.Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica dell’Egitto e dell’UE; discussioni su cooperazione, sviluppi e prospettive; fornitura tempestiva di informazioni sull’attuazione dei rispettivi programmi e progetti di ricerca; riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a fini di formazione; scambi o condivisione di attrezzature e materiali; contatti regolari e continui tra i responsabili dei programmi o dei progetti delle parti; partecipazione di esperti a seminari, conferenza («simposi») e workshop; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico; accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnica nell’ambito della cooperazione; altre modalità adottate dal comitato misto di cooperazione scientifica e tecnica, istituito ai sensi del presente accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 27 febbraio 2008 per un tempo indeterminato (provvisoriamente applicabile dalla data di sottoscrizione: 21 giugno 2005). Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi.
CONTESTO
L’Egitto è uno dei paesi coperti dalla politica di vicinato dell’UE.
Nel 2004, è entrato in vigore l’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba d’Egitto, dall’altra.
Per maggiori informazioni, consultare:L’Egitto e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) L’Egitto e la politica di vicinato (Commissione europea)Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (RI) con l’Egitto, consultare:Cooperazione internazionale RI con l’Egitto (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra vicinato meridionale e UE (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Soggetto giuridico: ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario o internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura a proprio nome.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di Egitto (GU L 182 del 13.7.2005, pag. 12).
Decisione 2008/180/CE del Consiglio, del 25 febbraio 2008, concernente la conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba d’Egitto (GU L 59 del 4.3.2008, pag. 12). | 7,761 | 868 |
32016D1693 | false | DECISIONE (PESC) 2016/1693 DEL CONSIGLIO
del 20 settembre 2016
concernente misure restrittive nei confronti dell'ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda e di persone, gruppi, imprese ed entità a essi associati e che abroga la posizione comune 2002/402/PESC
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 29,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 19 ottobre 2001 il Consiglio europeo ha dichiarato di essere determinato a combattere il terrorismo sotto tutte le sue forme e ovunque nel mondo e di proseguire gli sforzi volti a rafforzare la coalizione della comunità internazionale nella lotta contro il terrorismo sotto tutti i suoi aspetti.
(2)
Il 16 gennaio 2002 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) ha adottato la risoluzione 1390 (2002) [«UNSCR 1390 (2002)»], che ha esteso le misure imposte dalle risoluzioni dell'UNSC 1267 (1999) [«UNSCR 1267 (1999)»] e 1333 (2000) [«UNSCR 1333 (2000)»] allo scopo di contemplare Osama bin Laden e i membri dell'organizzazione Al Qaeda ed altre persone, gruppi, imprese ed entità ad essi associati, designati dal Comitato istituito ai sensi dell'UNSCR 1267 (1999).
(3)
L'UNSCR 1390 (2002) adegua l'ambito di applicazione delle sanzioni con riguardo al congelamento di fondi, al divieto di visto e all'embargo sulla fornitura, la vendita e il trasferimento di armi, nonché sulla consulenza tecnica, assistenza o formazione pertinenti alle attività militari imposte dalle UNSCR 1267 (1999) e 1333 (2000).
(4)
L'UNSCR 1390 (2002) è stata adottata dall'UNSC in base al capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite, che autorizza l'UNSC ad adottare tutte le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale.
(5)
Tali misure, adottate dall'UNSC nel quadro della lotta al terrorismo internazionale, sono state recepite nel diritto dell'Unione mediante la posizione comune 2002/402/PESC (1), adottata dal Consiglio nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, e mediante il regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio (2).
(6)
Il 17 dicembre 2015 l'UNSC ha adottato la risoluzione 2253 (2015) [«UNSCR 2253 (2015)»], che estende l'ambito di applicazione delle misure imposte mediante l'UNSCR 1390 (2002) a persone, gruppi, imprese o entità associati allo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante [«ISIL (Dàesh)»] e ribadisce la sua condanna inequivocabile dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda e delle persone, gruppi, imprese ed entità associati, per i continui e molteplici atti terroristici criminali volti a causare la morte di civili innocenti ed altre vittime, distruggere beni e minacciare gravemente la stabilità.
(7)
In tale contesto, l'UNSCR 2253 (2015) ha nuovamente sottolineato che, nella lotta al terrorismo, le sanzioni costituiscono uno strumento importante per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale ed ha ricordato che l'ISIL (Dàesh) è un'ala scissionista di Al Qaeda e che qualsiasi persona, gruppo, impresa o entità che sostiene l'ISIL (Dàesh) può essere inserita/o negli elenchi delle Nazioni Unite («ONU»).
(8)
L'ISIL (Dàesh) e Al Qaeda rappresentano una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale. Le misure restrittive adottate dall'Unione nel contesto della lotta contro l'ISIL (Dàesh) e Al Qaeda e contro persone, gruppi, imprese ed entità ad essi associati rientrano negli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune dell'Unione, enunciati all'articolo 21, paragrafo 2, lettera c), del trattato.
(9)
Alla luce della minaccia posta dall'ISIL (Dàesh) e da Al Qaeda, il Consiglio dovrebbe poter imporre misure restrittive mirate nei confronti di qualunque persona, a prescindere dalla sua cittadinanza, o di qualunque entità che si renda responsabile di atti terroristici per conto o a sostegno dell'ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda, a norma dei criteri fissati dalla presente decisione.
(10)
Tali misure mirate sono destinate a prevenire azioni per conto o a sostegno dell'ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda.
(11)
È necessario prevedere restrizioni all'ingresso nel territorio degli Stati membri, e al transito attraverso lo stesso, dell'ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda e di persone loro associate, anche quelle che hanno la cittadinanza di uno Stato membro. Fatte salve le responsabilità degli Stati membri per la salvaguardia della sicurezza interna, tali restrizioni non dovrebbero impedire ai cittadini designati di uno Stato membro di transitare attraverso un altro Stato membro per far ritorno nel paese di cui hanno la cittadinanza, né impedire ai familiari designati dei cittadini di uno Stato membro di transitare attraverso un altro Stato membro per lo stesso motivo.
(12)
Ai sensi dell'UNSCR 1373 (2001), se uno Stato membro dell'ONU ha identificato persone o entità coinvolte in atti terroristici, si dovrebbero adottare opportune misure.
(13)
Allo stesso tempo, è opportuno modificare le misure del diritto dell'Unione europea che danno attuazione alle risoluzioni UNSCR 1267 (1999), 1390 (2002) e 2253 (2015) per recepire le disposizioni delle pertinenti risoluzioni dell'UNSC.
(14)
A norma della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, il Consiglio, quando decide di inserire il nominativo di una persona o di un'entità nell'elenco di cui all'allegato, è tenuto a fornire le ragioni individuali, specifiche e concrete di tale decisione e ad assicurare che tale decisione sia adottata su una base fattuale sufficientemente solida.
(15)
A fini di chiarezza e di certezza giuridica, le misure restrittive imposte mediante la posizione comune 2002/402/PESC, quali modificate da successive decisioni, dovrebbero essere consolidate in un strumento giuridico nuovo ed includere disposizioni che consentano al Consiglio di imporre misure restrittive nei confronti di persone ed entità.
(16)
È pertanto opportuno abrogare la posizione comune 2002/402/PESC e sostituirla con la presente decisione.
(17)
È necessaria un'azione ulteriore dell'Unione per attuare talune misure,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. Sono vietati la fornitura, la vendita, il trasferimento o l'esportazione diretti o indiretti di armamenti o materiale connesso di qualsiasi tipo — compresi armi e munizioni, veicoli e materiale militari, materiale paramilitare e relativi pezzi di ricambio — a persone, gruppi, imprese o entità designati dall'UNSC ai sensi delle UNSCR 1267 (1999), 1333 (2000) e 2253 (2015), quali aggiornate dal Comitato istituito ai sensi dell'UNSCR 1267 (1999) («Comitato»), o designati dal Consiglio, nonché a coloro che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione, da parte di cittadini degli Stati membri o in provenienza dal territorio degli Stati membri o con transito nel territorio degli Stati membri ovvero mediante navi o aeromobili battenti bandiera degli stessi, siano originari o meno di detto territorio.
2. Sono vietati:
a)
la prestazione di assistenza tecnica, di servizi di intermediazione e di altri servizi, connessi ad attività militari nonché alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all'uso di armamenti e di materiale connesso di qualsiasi tipo, compresi armi e munizioni, veicoli e materiale militari, materiale paramilitare e relativi pezzi di ricambio, direttamente o indirettamente a persone, gruppi, imprese o entità di cui al paragrafo 1;
b)
il finanziamento o la prestazione di assistenza finanziaria connessi ad attività militari, compresi in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all'esportazione, nonché l'assicurazione e la riassicurazione, per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione di armamenti e di materiale connesso o per la prestazione di assistenza tecnica, di servizi di intermediazione e di altri servizi pertinenti, direttamente o indirettamente a persone, gruppi, imprese o entità di cui al paragrafo 1;
c)
la partecipazione, consapevole e deliberata, ad attività aventi l'obiettivo o il risultato di eludere i divieti di cui alle lettere a) e b) del presente paragrafo.
Articolo 2
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per impedire l'ingresso o il transito nel rispettivo territorio alle persone designate e sottoposte a restrizioni di viaggio dall'UNSC, ai sensi delle UNSCR 1267 (1999), 1333 (2000) e 2253 (2015), o dal Comitato, identificate come persone che:
a)
partecipano al finanziamento, alla programmazione, all'agevolazione, alla preparazione o all'esecuzione di atti o attività da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno di;
b)
forniscono, vendono o trasferiscono armi e materiale connesso a;
c)
reclutano per o sostengono in altro modo atti o attività di,
Al Qaeda, ISIL (Dàesh) o qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione; oppure
d)
sono controllate, in modo diretto o indiretto, da qualsiasi persona, gruppo, impresa o entità associati ad Al Qaeda o all'ISIL (Dàesh), o che li sostengono in altro modo, e che figurano nell'elenco delle sanzioni sull'ISIL (Dàesh) e su Al Qaeda.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per impedire l'ingresso o il transito nel rispettivo territorio alle persone:
a)
che sono associate all'ISIL (Dàesh) e ad Al Qaeda o a qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione, in quanto:
i)
partecipano al finanziamento dell'ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione, oppure partecipano al finanziamento di atti o attività da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno di uno di loro;
ii)
partecipano alla programmazione, all'agevolazione, alla preparazione o all'esecuzione di atti o attività o impartiscono o ricevono corsi di addestramento terroristico, comprese istruzioni relative ad armi, ordigni esplosivi o altri metodi o tecnologie con lo scopo di commettere atti terroristici, da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno dell'ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
iii)
hanno scambi commerciali con l'ISIL (Dàesh), Al Qaeda o qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione, in particolare di petrolio e di prodotti petroliferi raffinati, raffinerie modulari e materiali connessi, nonché di altre risorse naturali e beni culturali;
iv)
forniscono, vendono o trasferiscono armi e materiale connesso all'ISIL (Dàesh), Al Qaeda o qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
b)
che viaggiano o cercano di recarsi fuori dell'Unione al fine di:
i)
perpetrare, pianificare, preparare o prendere parte ad atti terroristici per conto o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
ii)
impartire o ricevere un addestramento terroristico per conto o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione; oppure
iii)
sostenere in qualunque altro modo l'ISIL (Dàesh), Al Qaeda o qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
c)
che cercano di entrare nell'Unione per motivi identici a quelli elencati alla lettera b) o per partecipare ad atti o attività in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
d)
che reclutano o sostengono in qualunque altro modo gli atti o le attività dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione:
i)
mettendo a disposizione o raccogliendo, direttamente o indirettamente, con qualunque mezzo, fondi destinati a finanziare i viaggi di persone che si prefiggono gli scopi di cui alle lettere b) e c); organizzando il viaggio di persone che si prefiggono gli scopi di cui alle lettere b) e c), o facilitandolo in qualunque altro modo;
ii)
istigando un'altra persona a partecipare ad atti o attività da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
e)
che incitano o provocano pubblicamente atti o attività da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione, inclusi l'incoraggiamento o l'esaltazione di tali atti o attività causando così il pericolo che possano essere commessi atti terroristici;
f)
che sono coinvolte o complici nell'ordinare o nel commettere gravi violazioni dei diritti umani contro persone, tra cui sequestro, stupro, violenza sessuale, matrimonio forzato e riduzione in schiavitù, al di fuori del territorio dell'Unione, per conto di o nel nome dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione,
e che sono elencate nell'allegato.
3. I paragrafi 1 e 2 non comportano l'obbligo per uno Stato membro di rifiutare l'ingresso nel suo territorio ai propri cittadini.
4. Il paragrafo 1 non si applica se l'ingresso o il transito sono necessari ai fini di un procedimento giudiziario o se il Comitato decide che l'ingresso e il transito sono giustificati.
5. Gli Stati membri possono concedere deroghe alle misure stabilite a norma del paragrafo 2 quando il viaggio è giustificato:
a)
da ragioni umanitarie urgenti;
b)
ai fini di un procedimento giudiziario; o
c)
laddove uno Stato membro sia vincolato da un obbligo nei confronti di un'organizzazione internazionale.
6. Uno Stato membro che intenda concedere le deroghe di cui al paragrafo 5 presenta una notifica scritta al Consiglio. In relazione al paragrafo 5, lettere a) e b), la deroga si considera concessa a meno che, entro due giorni lavorativi dalla ricezione della notifica della deroga proposta, uno o più membri del Consiglio sollevino un'obiezione scritta. Se uno o più membri del Consiglio sollevano obiezioni, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di concedere la deroga proposta.
7. Nei casi in cui uno Stato membro autorizzi, a norma del paragrafo 5, l'ingresso o il transito nel suo territorio delle persone elencate nell'allegato, l'autorizzazione è limitata ai fini e alle persone per cui è rilasciata.
Articolo 3
1. Sono congelati tutti i fondi, le attività finanziarie e risorse economiche di altro tipo posseduti o controllati direttamente o indirettamente da persone, gruppi, imprese ed entità designati dall'UNSC e soggetti a congelamento dei beni a norma delle UNSCR 1267 (1999), 1333 (2000) e 2253 (2015), o dal Comitato, e identificati come persone, gruppi, imprese ed entità che:
a)
partecipano al finanziamento, alla programmazione, all'agevolazione, alla preparazione o all'esecuzione di atti o attività da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno di;
b)
forniscono, vendono o trasferiscono armi e materiale connesso a;
c)
reclutano per o sostengono in altro modo atti o attività di, Al Qaeda, ISIL (Dàesh) o qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione; oppure
d)
sono posseduti o controllati, in modo diretto o indiretto, da qualsiasi persona, gruppo, impresa o entità associati all'ISIL (Dàesh) o ad Al Qaeda o che li sostengono in altro modo, e che figurano nell'elenco delle sanzioni sull'ISIL (Dàesh) e su Al Qaeda, oppure da una parte terza che opera per loro conto o sotto la loro direzione.
2. Non sono messi a disposizione delle persone fisiche o giuridiche di cui al paragrafo 1, o a loro beneficio, fondi, attività finanziarie o risorse economiche di altro tipo, direttamente o indirettamente.
3. Sono congelati tutti i fondi, le attività finanziarie e risorse economiche di altro tipo posseduti o controllati direttamente o indirettamente da persone, gruppi, imprese ed entità, elencati nell'allegato:
a)
che sono associati all'ISIL (Dàesh) e Al Qaeda o a qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione, in quanto:
i)
partecipano al finanziamento dell'ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione, oppure partecipano al finanziamento di atti o attività da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno di una di loro;
ii)
partecipano alla programmazione, all'agevolazione, alla preparazione o all'esecuzione di atti o attività o impartiscono o ricevono corsi di addestramento terroristico, comprese istruzioni relative ad armi, ordigni esplosivi o altri metodi o tecnologie con lo scopo di commettere atti terroristici, da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno dell'ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
iii)
hanno scambi commerciali con l'ISIL (Dàesh), Al Qaeda o qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione, in particolare di petrolio e di prodotti petroliferi raffinati, raffinerie modulari e materiali connessi, nonché di altre risorse naturali e beni culturali;
iv)
forniscono, vendono o trasferiscono armi e materiale connesso all'ISIL (Dàesh), Al Qaeda o qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
b)
che viaggiano o cercano di recarsi fuori dell'Unione al fine di:
i)
perpetrare, pianificare, preparare o prendere parte ad atti terroristici per conto o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
ii)
impartire o ricevere un addestramento terroristico per conto o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione; oppure
iii)
sostenere in qualunque altro modo l'ISIL (Dàesh), Al Qaeda o qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
c)
che cercano di entrare nell'Unione per i motivi di cui alla lettera b) o per partecipare ad atti o attività in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
d)
che reclutano per o sostengono in qualunque altro modo gli atti o le attività dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione:
i)
mettendo a disposizione o raccogliendo, direttamente o indirettamente, con qualunque mezzo, fondi destinati a finanziare i viaggi di persone che si prefiggono gli scopi di cui alle lettere b) e c); organizzando il viaggio di persone che si prefiggono gli scopi di cui alle lettere b) e c), o facilitandolo in qualunque altro modo;
ii)
istigando una persona a partecipare ad atti o attività da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione;
e)
che incitano o provocano pubblicamente atti o attività da parte di, in collegamento con, con il nome di, per conto di o a sostegno dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione, inclusi l'incoraggiamento o l'esaltazione di tali atti o attività causando così il pericolo che possano essere commessi atti terroristici;
f)
che sono coinvolti o complici nell'ordinare o nel commettere gravi violazioni dei diritti umani contro persone, tra cui sequestro, stupro, violenza sessuale, matrimonio forzato e riduzione in schiavitù, al di fuori del territorio dell'Unione, per conto di o nel nome dell'ISIL (Dàesh), di Al Qaeda o di qualsiasi loro cellula, affiliato, ala scissionista o emanazione.
4. Non sono messi a disposizione delle persone fisiche o giuridiche di cui al paragrafo 3, o a loro beneficio, fondi, attività finanziarie o risorse economiche di altro tipo, direttamente o indirettamente.
5. In deroga ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono ammesse deroghe per i fondi, le attività finanziarie e le risorse economiche che sono:
a)
necessari per coprire le spese di base, compresi i pagamenti per generi alimentari, canoni o ipoteche, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e servizi pubblici;
b)
destinati esclusivamente al pagamento per onorari ragionevoli e al rimborso delle spese sostenute per le prestazioni legali in conformità delle legislazioni nazionali; o
c)
destinati esclusivamente al pagamento per diritti o spese, in conformità delle legislazioni nazionali, connessi alla normale custodia o gestione di fondi, altre attività finanziarie e risorse economiche congelati.
Tali deroghe sono effettuate solo previa notifica dello Stato membro interessato al Comitato, se del caso, dell'intenzione di autorizzare l'accesso a tali fondi, attività finanziarie o risorse economiche di altro tipo, e solo se il Comitato non abbia espresso parere negativo entro tre giorni lavorativi da tale notifica.
6. In deroga ai paragrafi 1, 2, 3 e 4, sono anche possibili deroghe per i fondi, le attività finanziarie e le risorse economiche che sono necessari per coprire spese straordinarie, purché l'autorità competente dello Stato membro interessato abbia notificato la corrispondente decisione al Comitato, se del caso, e questi l'abbia approvata.
7. Il paragrafo 3 non osta a che la persona o entità designata effettui un pagamento dovuto nell'ambito di un contratto concluso prima dell'inserimento di tale persona o entità nell'elenco, purché lo Stato membro interessato abbia determinato che il pagamento non è direttamente o indirettamente percepito da una persona o entità di cui ai paragrafi 1 e 3.
8. In deroga al paragrafo 3, le autorità competenti di uno Stato membro possono autorizzare lo sblocco di taluni fondi o risorse economiche congelati, a condizione che:
a)
i fondi o le risorse economiche siano oggetto di una decisione arbitrale emessa anteriormente alla data dell'inserimento della persona fisica o giuridica, dell'entità o dell'organismo di cui al paragrafo 3 nell'elenco figurante nell'allegato, di una decisione giudiziaria o amministrativa emessa nell'Unione, o di una decisione giudiziaria esecutiva nello Stato membro interessato, prima, in o dopo tale data;
b)
i fondi o le risorse economiche siano usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale decisione o riconosciuti validi da tale decisione, entro i limiti fissati dalle leggi e dai regolamenti applicabili che disciplinano i diritti dei soggetti titolari di tali crediti;
c)
la decisione non vada a favore di persone fisiche o giuridiche, entità o organismi elencati nell'allegato; e
d)
il riconoscimento della decisione non sia contrario all'ordine pubblico nello Stato membro interessato.
Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione in merito alle autorizzazioni concesse a norma del presente paragrafo.
9. I paragrafi 2 e 4 non si applicano al versamento di pagamenti su conti congelati di persone ed entità di cui ai paragrafi 1 e 3, purché tali pagamenti siano congelati.
Articolo 4
Non è concesso alcun diritto, inclusi i diritti ai fini di indennizzo o altro diritto analogo, ad esempio un diritto di compensazione o diritto coperto da garanzia, in relazione a contratti o operazioni sulla cui esecuzione hanno inciso, direttamente o indirettamente, del tutto o in parte, le misure adottate ai sensi delle UNSCR 1267 (1999), 1333 (2000) e 2253 (2015) — comprese le misure dell'Unione o di qualsiasi Stato membro adottate in attuazione delle pertinenti decisioni dell'UNSC, richieste da tale attuazione e ad essa connesse — o le misure contemplate nella presente decisione nei confronti delle persone o entità designate dall'ONU o elencate nell'allegato, o nei confronti di qualsiasi altra persona o entità che avanza diritti tramite o a favore di tale persona o entità.
Articolo 5
1. Il Consiglio, deliberando all'unanimità, su proposta di uno Stato membro o dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, predispone l'elenco di cui all'allegato e adotta le relative modifiche.
2. Il Consiglio trasmette la decisione di cui al paragrafo 1, comprese le relative motivazioni, alla persona fisica o giuridica, al gruppo, all'impresa e all'entità interessati, direttamente, se l'indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando alla persona fisica o giuridica, al gruppo, all'impresa o all'entità la possibilità di presentare osservazioni.
3. Qualora siano presentate osservazioni o siano addotte nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la decisione di cui al paragrafo 1 e ne informa di conseguenza la persona fisica o giuridica, il gruppo, l'impresa o l'entità interessati.
4. In deroga al paragrafo 1, qualora uno Stato membro ritenga che sia intervenuto un mutamento sostanziale della situazione tale da influire sulla designazione di una persona o di un'entità inserita nell'elenco, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta di tale Stato membro, può decidere di cancellare il nominativo di tale persona o entità dall'elenco incluso nell'allegato.
Articolo 6
1. La presente decisione è, secondo i casi, riesaminata, modificata o abrogata, in particolare alla luce delle pertinenti decisioni dell'UNSC o del Comitato.
2. Le misure di cui all'articolo 2, paragrafo 2, e all'articolo 3, paragrafi 3 e 4, sono riesaminate periodicamente e almeno ogni dodici mesi.
3. Qualora una persona o entità designata a norma dell'articolo 2, paragrafo 2, o dell'articolo 3, paragrafi 3 e 4, presenti osservazioni, il Consiglio riesamina la designazione alla luce delle osservazioni presentate e le misure cessano di applicarsi se il Consiglio stabilisce, in conformità della procedura di cui all'articolo 5, che le condizioni necessarie alla loro applicazione non sono più soddisfatte.
4. Qualora sia presentata un'ulteriore richiesta, basata su nuove prove sostanziali, di rimuovere una persona o un'entità dall'elenco dell'allegato, il Consiglio procede a un nuovo riesame a norma del paragrafo 3.
5. Le misure di cui all'articolo 2, paragrafo 2, e all'articolo 3, paragrafi 3 e 4, si applicano fino al 23 settembre 2017.
Articolo 7
La posizione comune 2002/402/PESC è abrogata e sostituita dalla presente decisione.
Articolo 8
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 20 settembre 2016
Per il Consiglio
Il presidente
I. KORČOK
(1) Posizione comune 2002/402/PESC del Consiglio, del 27 maggio 2002, concernente misure restrittive nei confronti dei membri delle organizzazioni dell'ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associati (GU L 139 del 29.5.2002, pag. 4).
(2) Regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio, del 27 maggio 2002, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate alle organizzazioni dell'ISIL (Dàesh) e di Al-Qaeda (GU L 139 del 29.5.2002, pag. 9).
ALLEGATO
Elenco delle persone, dei gruppi, delle imprese e delle entità di cui agli articoli 2 e 3 | Misure restrittive contro l’ISIL/Da’esh e Al-Qaeda
QUALI SONO GLI SCOPI DEL REGOLAMENTO E DELLA DECISIONE?
Definiscono un quadro giuridico che consente all’Unione di applicare autonomamente le sanzioni all’ISIL (Da’esh) e ad Al-Qaeda, nonché alle persone e alle società ad essi associate o che li sostengono. La decisione (PESC) 2016/1693 abroga e sostituisce la posizione comune 2002/402/PESC.
PUNTI CHIAVE
Per quanto riguarda qualsiasi persona, gruppo, impresa o entità associata all’ISIL o ad Al-Qaeda, la decisione vieta:la fornitura, la vendita, il trasferimento o l’esportazione diretti o indiretti di armamenti o materiale connesso di qualsiasi tipo, compresiarmi e munizioni;veicoli e materiale militari;materiale paramilitare e relativi pezzi di ricambio; la prestazione di assistenza tecnica, di servizi di intermediazione e di altri servizi connessi ad attività militari nonché alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all’uso di armamenti e di materiale connesso; il finanziamento o la prestazione di assistenza finanziaria connessi ad attività militari, compresi in particolare:sovvenzioni, prestiti e assicurazione all’esportazione;l’assicurazione e la riassicurazione per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di armamenti e di materiale connesso;la prestazione di assistenza tecnica, di servizi di intermediazione e di altri servizi pertinenti, direttamente o indirettamente a persone, gruppi, imprese o entità.Misure
Il regolamento e la decisione impongono:un divieto di viaggio da applicare a persone fisichel’allegato alla decisione contiene l’elenco delle persone fisiche a cui i paesi dell’Unione devono impedire l’ingresso o il transito nel loro territoriol’allegato può essere modificato con decisione unanime del Consiglio; un congelamento dei beni da applicare a persone e società che risultano associati all’ISIL o ad Al-Qaedal’allegato 1 al regolamento elenca le persone, le società, le entità e gli organismi i cui fondi e le cui risorse economiche saranno congelati (inclusi i terzi che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione)è vietato mettere, direttamente o indirettamente, fondi o risorse economiche a disposizione di queste persone, società, entità ed organismiil Consiglio riesaminerà l’allegato 1 a intervalli regolari e almeno ogni 12 mesi.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E IL REGOLAMENTO?
Il regolamento e la decisione si applicano dal 22 settembre 2016.
CONTESTO
Crisi e terrorismo (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) 2016/1686 del Consiglio, del 20 settembre 2016, che impone misure restrittive supplementari contro l’ISIL (Dàesh) e Al Qaeda e le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi a essi associati (GU L 255 del 21.9.2016, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2016/1686 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione (PESC) 2016/1693 del Consiglio, del 20 settembre 2016, concernente misure restrittive nei confronti dell’ISIL (Dàesh) e di Al Qaeda e di persone, gruppi, imprese ed entità a essi associati e che abroga la posizione comune 2002/402/PESC (GU L 255 del 21.9.2016, pag. 25).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CE) n. 881/2002 del Consiglio, del 27 maggio 2002, che impone specifiche misure restrittive nei confronti di determinate persone ed entità associate a Osama bin Laden, alla rete Al-Qaeda e ai Talibani e abroga il regolamento (CE) n. 467/2001 che vieta l’esportazione di talune merci e servizi in Afghanistan, inasprisce il divieto dei voli e estende il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nei confronti dei Talibani dell’Afghanistan (GU L 139 del 29.5.2002, pag. 9).
Si veda la versione consolidata.
Posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344 del 28.12.2001, pag. 93).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU L 344 del 28.12.2001, pag. 70).
Si veda la versione consolidata. | 10,537 | 37 |
32006R1082 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 1082/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 5 luglio 2006
relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 159, terzo comma,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 159, terzo comma, del trattato dispone che azioni specifiche possano essere adottate al di fuori dei fondi di cui al primo comma dello stesso articolo per realizzare l'obiettivo di coesione economica e sociale previsto dal trattato. Lo sviluppo armonioso del territorio della Comunità nel suo insieme e il rafforzamento della coesione economica, sociale e territoriale comportano il potenziamento della cooperazione territoriale. A tal fine occorre adottare le misure necessarie a migliorare le condizioni in cui si attuano le azioni di cooperazione territoriale.
(2)
Considerate le notevoli difficoltà incontrate dagli Stati membri, in particolare dalle autorità regionali e locali, per realizzare e gestire azioni di cooperazione territoriale in un contesto di legislazioni e procedure nazionali differenti, si impongono misure appropriate per ovviare a tali difficoltà.
(3)
Tenuto conto in particolare dell'aumento del numero di frontiere terrestri e marittime della Comunità a seguito dell'allargamento, è necessario facilitare il rafforzamento della cooperazione territoriale all'interno della Comunità.
(4)
Gli strumenti esistenti, quali il gruppo europeo di interesse economico, si sono rivelati poco adatti ad organizzare una cooperazione strutturata nell'ambito dell'iniziativa comunitaria Interreg nel periodo di programmazione 2000-2006.
(5)
L'acquis del Consiglio d'Europa fornisce vari quadri di riferimento e opportunità all'interno dei quali le autorità regionali e locali possono cooperare in contesti transfrontalieri. Il presente strumento non è inteso ad aggirare tali quadri siffatti né a fornire un insieme di norme comuni specifiche che disciplinino in modo uniforme tutti questi accordi in tutta la Comunità.
(6)
Il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (4), accresce i mezzi destinati alla cooperazione territoriale europea.
(7)
È ugualmente opportuno agevolare e accompagnare la realizzazione di azioni di cooperazione territoriale che non prevedono alcun contributo finanziario della Comunità.
(8)
Per superare gli ostacoli alla cooperazione territoriale è necessario istituire uno strumento di cooperazione a livello comunitario che consenta di creare, sul territorio della Comunità, gruppi cooperativi dotati di personalità giuridica denominati «gruppi europei di cooperazione territoriale» (GECT). Il ricorso ad un gruppo dovrebbe essere facoltativo.
(9)
Occorre che il GECT sia dotato della capacità di agire in nome e per conto dei suoi membri, segnatamente delle autorità regionali e locali da cui è costituito.
(10)
È necessario che le funzioni e le competenze del GECT siano definite in una convenzione.
(11)
Il GECT dovrebbe avere la facoltà di attivarsi o per attuare programmi o progetti di cooperazione territoriale cofinanziati dalla Comunità, segnatamente a titolo dei fondi strutturali in conformità del regolamento (CE) n. 1083/2006 e del regolamento (CE) n. 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (5), oppure per realizzare azioni di cooperazione territoriale unicamente su iniziativa degli Stati membri e delle loro autorità regionali e locali, senza alcun intervento finanziario della Comunità.
(12)
Occorre precisare che la costituzione di un GECT non infirma la responsabilità finanziaria delle autorità regionali e locali, come pure quella degli Stati membri, né per quanto riguarda la gestione dei fondi comunitari né per quanto attiene ai fondi nazionali.
(13)
È opportuno precisare che i poteri che un'autorità regionale e locale esercita in quanto autorità pubblica, segnatamente i poteri di polizia e di regolamentazione, non possono essere oggetto di una convenzione.
(14)
È necessario che il GECT stabilisca i propri statuti e si doti di propri organi nonché di norme in materia di bilancio e di esercizio della responsabilità finanziaria.
(15)
Le condizioni della cooperazione territoriale dovrebbero essere create conformemente al principio di sussidiarietà sancito nell'articolo 5 del trattato. In conformità del principio di proporzionalità, enunciato nello stesso articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento dei suoi obiettivi, il ricorso al GECT rimanendo facoltativo, nel rispetto dell'ordine costituzionale di ciascuno Stato membro.
(16)
L'articolo 159, terzo comma, del trattato non consente di far rientrare entità di paesi terzi nella legislazione basata su detto articolo. L'adozione di una misura comunitaria che consente di istituire un GECT non esclude, tuttavia, la possibilità che entità di paesi terzi partecipino ad un GECT costituito in conformità del presente regolamento qualora la legislazione del paese terzo o gli accordi tra Stati membri e paesi terzi lo consentano,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Natura di un GECT
1. Un gruppo europeo di cooperazione territoriale, di seguito denominato «GECT», può essere costituito sul territorio della Comunità alle condizioni e secondo gli accordi previsti dal presente regolamento.
2. L'obiettivo di un GECT è facilitare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e/o interregionale, di seguito denominata «cooperazione territoriale» tra i suoi membri di cui all'articolo 3, paragrafo 1, al fine esclusivo di rafforzare la coesione economica e sociale.
3. Un GECT ha personalità giuridica.
4. Un GECT gode in ciascuno Stato membro della più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalla legislazione nazionale di detto Stato membro. Esso può in particolare acquistare o alienare beni immobili e mobili, assumere personale e stare in giudizio.
Articolo 2
Diritto applicabile
1. Un GECT è disciplinato:
a)
dal presente regolamento;
b)
ove espressamente autorizzato dal presente regolamento, dalle disposizioni della convenzione e degli statuti di cui agli articoli 8 e 9;
c)
nel caso di materie non disciplinate, o disciplinate solo parzialmente, dal presente regolamento, dal diritto dello Stato membro in cui il GECT ha la sede sociale.
Laddove ai sensi del diritto comunitario o del diritto internazionale privato sia necessario stabilire quale legislazione disciplini gli atti di un GECT, il GECT è trattato come un'entità dello Stato membro in cui ha la sede sociale.
2. Se uno Stato membro comprende più entità territoriali aventi norme proprie in materia di diritto applicabile, il riferimento al diritto applicabile di cui al paragrafo 1, lettera c) include la legislazione di tali entità, tenuto conto della struttura costituzionale dello Stato membro interessato.
Articolo 3
Composizione di un GECT
1. Un GECT è composto da membri, entro i limiti delle loro competenze a norma della legislazione nazionale, che appartengono a una o più delle seguenti categorie:
a)
Stati membri;
b)
autorità regionali;
c)
autorità locali;
d)
organismi di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 9, secondo comma, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (6).
Le associazioni composte di organismi che appartengono ad una o più di tali categorie possono parimenti essere membri.
2. Un GECT è composto da membri situati nel territorio di almeno due Stati membri.
Articolo 4
Istituzione di un GECT
1. La decisione di istituire un GECT è adottata su iniziativa dei membri potenziali.
2. Ciascun membro potenziale:
a)
notifica allo Stato membro in virtù della cui legislazione è stato costituito l'intenzione di partecipare a un GECT; e
b)
invia a tale Stato membro una copia della convenzione e degli statuti proposti di cui agli articoli 8 e 9.
3. A seguito della notifica a norma del paragrafo 2 da parte di un membro potenziale, lo Stato membro interessato approva, tenuto conto della sua struttura costituzionale, la partecipazione al GECT del membro potenziale, a meno che ritenga che tale partecipazione non sia conforme al presente regolamento o alla legislazione nazionale, anche per quanto concerne i poteri e doveri del membro potenziale, o che tale partecipazione non sia giustificata per motivi di interesse pubblico o di ordine pubblico di detto Stato membro. In tal caso, lo Stato membro motiva il proprio rifiuto.
In linea di massima lo Stato membro decide entro tre mesi dalla ricezione di una domanda ammissibile a norma del paragrafo 2.
Nel decidere in merito alla partecipazione di un membro potenziale al GECT, gli Stati membri possono applicare le norme nazionali.
4. Gli Stati membri designano le autorità competenti a ricevere le notifiche e i documenti di cui al paragrafo 2.
5. I membri approvano la convenzione di cui all'articolo 8 e gli statuti di cui all'articolo 9 garantendo la coerenza con l'approvazione degli Stati membri di cui al paragrafo 3 del presente articolo.
6. Eventuali modifiche della convenzione e modifiche sostanziali degli statuti sono approvate dagli Stati membri secondo la procedura di cui al presente articolo. Modifiche sostanziali degli statuti sono quelle comportanti, direttamente o indirettamente, una modifica della convenzione.
Articolo 5
Ottenimento della personalità giuridica e pubblicazione nella Gazzetta ufficiale
1. Gli statuti di cui all'articolo 9 e le eventuali successive modifiche degli stessi sono registrati e/o pubblicati conformemente alla legislazione nazionale applicabile nello Stato membro nel quale il GECT ha la sede sociale. Il GECT ottiene la personalità giuridica il giorno della registrazione o della pubblicazione, a seconda di quale si verifichi per prima. I membri informano gli Stati membri interessati e il Comitato delle regioni della convenzione e della registrazione e/o pubblicazione degli statuti.
2. Il GECT garantisce che, entro dieci giorni lavorativi dalla registrazione e/o dalla pubblicazione degli statuti, sia trasmessa all'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee una richiesta di pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea che annunci l'istituzione del GECT e indichi la denominazione, gli obiettivi, i membri e la sede sociale.
Articolo 6
Controllo della gestione dei fondi pubblici
1. Il controllo della gestione dei fondi pubblici da parte di un GECT è organizzato dalle autorità competenti dello Stato membro in cui il GECT ha la sede sociale. Lo Stato membro in cui il GECT ha la sede sociale designa l'autorità competente per l'espletamento di tale compito prima di approvare la partecipazione al GECT a norma dell'articolo 4.
2. Laddove richiesto dalla legislazione nazionale degli altri Stati membri interessati, le autorità dello Stato membro in cui un GECT ha la sede sociale concludono accordi affinché le competenti autorità degli altri Stati membri interessati eseguano i controlli sul loro territorio per gli atti del GECT eseguiti in tali Stati membri e si scambino tutte le opportune informazioni.
3. Tutti i controlli sono effettuati conformemente a norme di audit internazionalmente riconosciute.
4. Nonostante i paragrafi 1, 2 e 3, qualora i compiti di un GECT di cui all'articolo 7, paragrafo 3, primo o secondo comma, riguardino azioni cofinanziate dalla Comunità, si applica la legislazione pertinente relativa al controllo dei fondi versati dalla Comunità.
5. Lo Stato membro nel quale un GECT ha la sede sociale informa gli altri Stati membri interessati di eventuali difficoltà incontrate durante i controlli.
Articolo 7
Compiti
1. Un GECT esegue i compiti assegnatigli dai suoi membri in conformità del presente regolamento. I compiti sono definiti dalla convenzione approvata dai suoi membri, conformemente agli articoli 4 e 8.
2. Un GECT agisce nell'ambito dei compiti affidatigli, che si limitano all'agevolazione e alla promozione della cooperazione territoriale ai fini del rafforzamento della coesione economica e sociale e sono determinati dai suoi membri partendo dal presupposto che tutti i compiti devono rientrare nella competenza di ciascun membro a norma della sua legislazione nazionale.
3. In particolare, i compiti dei GECT si limitano essenzialmente all'attuazione di programmi o progetti di cooperazione territoriale cofinanziati dalla Comunità, a titolo del Fondo europeo di sviluppo regionale, del Fondo sociale europeo e/o del Fondo di coesione.
Un GECT può realizzare altre azioni specifiche di cooperazione territoriale tra i loro membri e nell'ambito dell'obiettivo di cui all'articolo 1, paragrafo 2, con o senza contributo finanziario della Comunità.
Gli Stati membri possono limitare i compiti che i GECT possono svolgere senza un contributo finanziario della Comunità. Tuttavia, tali compiti ricomprendono almeno le attività di cooperazione di cui all'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1080/2006.
4. I compiti assegnati al GECT dai suoi membri non riguardano l'esercizio dei poteri conferiti dal diritto pubblico o dei doveri volti a tutelare gli interessi generali dello Stato o di altre autorità pubbliche, quali i poteri di polizia, di regolamentazione, la giustizia e la politica estera.
5. I membri di un GECT possono decidere all'unanimità di demandare a uno dei membri l'esecuzione dei compiti del GECT.
Articolo 8
Convenzione
1. Un GECT è oggetto di una convenzione conclusa all'unanimità dai suoi membri conformemente all'articolo 4.
2. La convenzione precisa:
a)
la denominazione del GECT e della sede sociale; quest'ultima si trova in uno Stato membro in virtù della cui legislazione è costituito almeno uno dei membri del GECT;
b)
l'estensione del territorio in cui il GECT può eseguire i suoi compiti;
c)
l'obiettivo specifico e i compiti specifici del GECT, la sua durata e le condizioni del suo scioglimento;
d)
l'elenco dei membri del GECT;
e)
il diritto applicabile all'interpretazione e all'applicazione della convenzione, che è il diritto dello Stato membro in cui il GECT ha la sede sociale;
f)
gli opportuni accordi di riconoscimento reciproco, anche per il controllo finanziario; e
g)
le procedure di modifica della convenzione, che devono rispettare gli obblighi di cui agli articoli 4 e 5.
Articolo 9
Statuti
1. Gli statuti di un GECT sono adottati sulla base della convenzione dai suoi membri che deliberano all'unanimità.
2. Gli statuti di un GECT contengono, almeno, tutte le disposizioni della convenzione unitamente a quanto segue:
a)
le modalità di funzionamento degli organi del GECT e le loro competenze, nonché il numero di rappresentanti dei membri negli organi pertinenti;
b)
le procedure decisionali del GECT;
c)
la lingua o le lingue di lavoro;
d)
gli accordi di funzionamento, segnatamente per quanto riguarda la gestione del personale, le procedure di assunzione e la natura dei contratti del personale;
e)
gli accordi per il contributo finanziario dei membri e le norme applicabili in materia di contabilità e di bilancio, comprese quelle relative alle questioni finanziarie, relativamente a ciascun membro del GECT in relazione a quest'ultimo;
f)
gli accordi riguardanti la responsabilità dei membri, di cui all'articolo 12, paragrafo 2;
g)
le autorità responsabili della designazione di un organismo indipendente di audit esterno; e
h)
le procedure di modifica degli statuti, che devono rispettare gli obblighi di cui agli articoli 4 e 5.
Articolo 10
Organizzazione di un GECT
1. Un GECT ha almeno i seguenti organi:
a)
un'assemblea costituita dai rappresentanti dei suoi membri;
b)
un direttore, che rappresenta il GECT e che agisce per conto di questo.
2. Gli statuti possono prevedere altri organi, aventi competenze chiaramente definite.
3. Un GECT è responsabile degli atti dei suoi organi nei confronti dei terzi, anche quando tali atti non rientrano tra i compiti del GECT.
Articolo 11
Bilancio
1. Un GECT redige un bilancio annuale, adottato dall'assemblea, contenente, in particolare, una componente relativa ai costi di funzionamento e, se necessario, una componente operativa.
2. La redazione dei conti, compresi, ove necessario, il rapporto annuale che li accompagna, nonché il loro audit e la loro pubblicità, è disciplinata conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, lettera c).
Articolo 12
Liquidazione, insolvenza, cessazione dei pagamenti e responsabilità
1. Per quanto concerne la liquidazione, l'insolvenza, la cessazione dei pagamenti e procedure analoghe, un GECT è disciplinato dal diritto dello Stato membro in cui ha la sede sociale, salvo se diversamente previsto ai paragrafi 2 e 3.
2. Un GECT è responsabile dei suoi debiti, qualsiasi sia la loro natura.
Qualora le attività di un GECT siano insufficienti a coprire le passività, i suoi membri sono responsabili dei debiti del GECT qualunque sia la loro natura, e la quota di ciascun membro è fissata in funzione del suo contributo, salvo che la legislazione nazionale a norma della quale si è costituito il membro escluda o limiti la responsabilità di quest'ultimo. Gli accordi di detto contributo sono fissati negli statuti.
Nel caso in cui almeno un membro di un GECT abbia responsabilità limitata in virtù del diritto nazionale a norma del quale si è costituito, anche gli altri membri possono limitare la loro responsabilità negli statuti.
I membri possono stabilire negli statuti che saranno responsabili anche una volta cessata la loro adesione al GECT per gli obblighi derivanti dalle attività svolte dal GECT quando ne erano membri.
La denominazione di un GECT i cui membri hanno responsabilità limitata include la locuzione «a responsabilità limitata».
La pubblicità della convenzione, degli statuti e dei conti di un GECT i cui membri hanno responsabilità limitata è almeno uguale a quella richiesta per un altro tipo di entità giuridica i cui membri abbiano responsabilità limitata costituita a norma del diritto dello Stato membro nel quale il GECT ha la sede sociale.
Uno Stato membro può proibire la registrazione sul suo territorio di un GECT i cui membri hanno responsabilità limitata.
3. Senza pregiudizio della responsabilità finanziaria degli Stati membri in relazione ai fondi strutturali e/o di coesione assegnati a un GECT, in virtù del presente regolamento non incombe alcuna responsabilità finanziaria agli Stati membri nei confronti di un GECT di cui non sono membri.
Articolo 13
Interesse pubblico
Qualora un GECT svolga attività contrarie alle disposizioni di uno Stato membro in materia di ordine pubblico, pubblica sicurezza, salute pubblica o moralità pubblica, o contrarie all'interesse pubblico di uno Stato membro, un organo competente di tale Stato membro può vietare tali attività nel suo territorio o chiedere ai membri costituitisi a norma della legislazione di detto Stato membro di recedere da tale GECT, se quest'ultimo non cessa di svolgere le attività in questione.
Tali divieti non costituiscono un mezzo di restrizione arbitraria o occulta della cooperazione territoriale tra i membri del GECT. La decisione di tale organo può formare oggetto di ricorso davanti ad un'autorità giudiziaria.
Articolo 14
Scioglimento
1. Nonostante le disposizioni concernenti lo scioglimento previste dalla convenzione, su richiesta di un'autorità competente avente un legittimo interesse, l'organo giurisdizionale competente o l'autorità competente di uno Stato membro in cui un GECT ha la sede sociale ordina lo scioglimento di un GECT qualora questo non soddisfi più le condizioni previste nell'articolo 1, paragrafo 2, o nell'articolo 7, oppure in particolare qualora l'attività del GECT esuli dai compiti di cui all'articolo 7. L'organo giurisdizionale competente o l'autorità competente informa di ogni richiesta di scioglimento di un GECT tutti gli Stati membri ai sensi delle cui legislazioni si sono costituiti i membri.
2. L'organo giurisdizionale competente o l'autorità competente possono accordare al GECT un periodo di tempo per correggere la situazione. Qualora il GECT non vi riesca entro il termine accordato, l'organo giurisdizionale competente o l'autorità competente ordinano la sua liquidazione.
Articolo 15
Competenza giurisdizionale
1. I terzi che si ritengono lesi da atti od omissioni di un GECT sono legittimati a far valere i propri diritti in via giudiziaria.
2. Salvo altrimenti disposto dal presente regolamento, alle controversie che coinvolgono un GECT si applica la normativa comunitaria in materia di competenza giurisdizionale. Nei casi non previsti da tale normativa comunitaria, l'organo giurisdizionale competente per la composizione della controversia è un organo giurisdizionale dello Stato membro in cui il GECT ha sede sociale.
L'organo giurisdizionale competente per la composizione delle controversie in relazione all'articolo 4, paragrafi 3 e 6, e all'articolo 13 è un organo giurisdizionale dello Stato membro la cui decisione è impugnata.
3. Nessuna disposizione del presente regolamento impedisce ai cittadini di esercitare i loro diritti costituzionali nazionali di ricorso contro organismi pubblici membri di un GECT riguardo a:
a)
decisioni amministrative su attività che il GECT svolge;
b)
accesso a servizi nella loro lingua; e
c)
accesso alle informazioni.
In tali casi gli organi giurisdizionali competenti sono quelli dello Stato membro in virtù della cui costituzione sorge il diritto di ricorso.
Articolo 16
Disposizioni finali
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni che reputano opportune per assicurare l'effettiva applicazione del presente regolamento.
Se richiesto a norma del diritto nazionale di uno Stato membro, quest'ultimo può stilare un elenco esauriente dei compiti che svolgono già i membri di un GECT, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, costituiti in virtù della sua legislazione, per quanto riguarda la cooperazione territoriale in detto Stato membro.
Lo Stato membro conseguentemente informa la Commissione e gli altri Stati membri di qualsiasi disposizione adottata a norma del presente articolo.
2. Gli Stati membri possono prevedere il pagamento di diritti connessi con la registrazione della convenzione e degli statuti; questi diritti non possono tuttavia essere superiori ai costi amministrativi che ne derivano.
Articolo 17
Relazione e clausola di revisione
Entro il 1o agosto 2011 la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio un rapporto sull'attuazione del presente regolamento e proposte di modifica, se del caso.
Articolo 18
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Esso è applicabile a decorrere dal 1o agosto 2007, eccetto l'articolo 16, che è applicabile a decorrere dal 1o agosto 2006.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 5 luglio 2006.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BORRELL FONTELLES
Per il Consiglio
La presidente
P. LEHTOMÄKI
(1) GU C 255 del 14.10.2005, pag. 76.
(2) GU C 71 del 22.3.2005, pag. 46.
(3) Parere del Parlamento europeo del 6 luglio 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 12 giugno 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 4 luglio 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) Cfr. pag. 25 della presente Gazzetta ufficiale.
(5) Cfr. pag. 1 della presente Gazzetta ufficiale.
(6) GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 2083/2005 della Commissione (GU L 333 del 20.12.2005, pag. 28). | Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT)
Lo sviluppo di progetti transnazionali a livello regionale e locale è sempre stato un processo lungo e complesso, che ha spesso richiesto la negoziazione di trattati bilaterali da parte dei governi nazionali. I gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) sono stati introdotti nel 2007 per promuovere il lavoro interregionale.
ATTO
Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT).
SINTESI
I GECT sono persone giuridiche create per facilitare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale o interregionale nell'Unione europea (UE). Essi consentono alle autorità regionali e locali (ma anche alle autorità nazionali dei paesi più piccoli o centralizzati) e ad altri organismi pubblici di diversi paesi membri di istituire gruppi con personalità giuridica per fornire servizi comuni. Gli Stati membri devono approvare la partecipazione dei potenziali membri nei loro rispettivi paesi.
Nel 2013, per chiarire e facilitare la costituzione e il funzionamento del GECT, la legislazione originaria, ovvero il regolamento (CE) n. 1082/2006, è stata modificata dal regolamento (UE) n. 1302/2013.
Convenzione, compiti e competenze
Gli obiettivi e i compiti del GECT sono stabiliti in una convenzione di cooperazione vincolante istituita su iniziativa dei suoi membri. Un GECT può realizzare programmi cofinanziati dall'UE o da qualsiasi altro progetto di cooperazione transfrontaliera con o senza finanziamento UE. In generale, ha membri in almeno due Stati membri, anche se sono previste norme specifiche quando sono coinvolti paesi vicini e paesi e territori d'oltremare (PTOM). La convenzione specifica le attività del GECT, la sua durata di vita e le condizioni del suo scioglimento. Il diritto applicabile per quanto riguarda la convenzione è quello del paese nel quale si trova la sede legale del gruppo.
Statuti
Gli statuti contengono disposizioni che riguardano in particolare:
gli organi del GECT, le loro competenze e il relativo funzionamento;
le procedure decisionali e lingua/e di lavoro;
le modalità di funzionamento e contratti di lavoro;
i contributi finanziari, le norme applicabili in materia di contabilità e di bilancio.
Ottenimento della personalità giuridica
Entro 10 giorni lavorativi dalla registrazione o dalla pubblicazione della convenzione e degli statuti nel paese in cui il GECT ha la sede legale, il GECT lo notifica al Comitato delle regioni (CdR), che mantiene un registro dei GECT. Il CdR trasmette poi le informazioni all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, che pubblica un avviso nella Gazzetta ufficiale annunciando l'istituzione del GECT.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (CE) n. 1082/2006
1.8.2006
-
GU L 210 del 31.7.2006
Atto modificatore
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 1302/2013
21.12.2013Applicazione: 22.6.2014
-
GU L 347 del 20.12.2013
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (GU L 347 del 20.12.2013). | 8,454 | 753 |
22018A0824(01) | false | ACCORDO DI PARTENARIATO STRATEGICO
tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Giappone, dall'altra
L'UNIONE EUROPEA, di seguito denominata «l'Unione»,
e
IL REGNO DEL BELGIO,
LA REPUBBLICA DI BULGARIA,
LA REPUBBLICA CECA,
IL REGNO DI DANIMARCA,
LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,
LA REPUBBLICA DI ESTONIA,
L'IRLANDA,
LA REPUBBLICA ELLENICA,
IL REGNO DI SPAGNA,
LA REPUBBLICA FRANCESE,
LA REPUBBLICA DI CROAZIA,
LA REPUBBLICA ITALIANA,
LA REPUBBLICA DI CIPRO,
LA REPUBBLICA DI LETTONIA,
LA REPUBBLICA DI LITUANIA,
IL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO,
L'UNGHERIA,
LA REPUBBLICA DI MALTA,
IL REGNO DEI PAESI BASSI,
LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,
LA REPUBBLICA DI POLONIA,
LA REPUBBLICA PORTOGHESE,
LA ROMANIA,
LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,
LA REPUBBLICA SLOVACCA,
LA REPUBBLICA DI FINLANDIA,
IL REGNO DI SVEZIA, e
IL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD,
parti contraenti del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di seguito «Stati membri»,
di seguito denominati «parte Unione»,
da un lato,
e
il GIAPPONE,
dall'altro,
di seguito denominati congiuntamente «parti»,
RIAFFERMANDO il loro impegno a favore dei valori e dei principi comuni, in particolare la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali, che sono alla base della loro cooperazione profonda e duratura in quanto partner strategici;
RICORDANDO i legami sempre più stretti che le uniscono dal 1991, anno della dichiarazione congiunta sulle relazioni tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e il Giappone;
DESIDEROSE di sfruttare e rafforzare il prezioso contributo dato alle loro relazioni dagli accordi esistenti tra di esse in diversi settori;
RICONOSCENDO che la sempre maggiore interdipendenza a livello mondiale impone di approfondire la cooperazione internazionale;
CONSAPEVOLI, in quanto partner che condividono la stessa visione, della responsabilità e dell'impegno comuni finalizzati all'instaurazione di un ordine internazionale equo e stabile, conformemente ai principi e alle finalità della Carta delle Nazioni Unite, al raggiungimento della pace, della stabilità e della prosperità nel mondo e alla sicurezza umana;
DETERMINATE a operare in stretta collaborazione per affrontare le grandi sfide mondiali che si pongono alla comunità internazionale, come la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il terrorismo, i cambiamenti climatici, la povertà e le malattie infettive, e le minacce all'interesse comune relative al settore marittimo, al ciberspazio e allo spazio extra-atmosferico;
CONVINTE inoltre che i crimini più gravi, motivo di preoccupazione per la comunità internazionale nel suo complesso, non devono rimanere impuniti;
DETERMINATE a rafforzare il loro partenariato globale mediante l'estensione dei vincoli politici, economici e culturali e la conclusione di accordi;
DETERMINATE inoltre a rafforzare la cooperazione e a mantenerne la coerenza globale, anche intensificando le consultazioni a tutti i livelli e intraprendendo azioni comuni su tutte le questioni di comune interesse;
PRENDENDO ATTO del fatto che, qualora le parti decidessero, nel quadro del presente accordo, di concludere accordi specifici riguardanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia che debbano essere conclusi dall'Unione a norma della parte terza, titolo V, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, le disposizioni di tali futuri accordi non sarebbero vincolanti per il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o per l'Irlanda a meno che l'Unione, contemporaneamente al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o all'Irlanda per quanto concerne le loro rispettive relazioni bilaterali precedenti, non notifichi al Giappone che tali accordi sono divenuti vincolanti per il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o l'Irlanda, in quanto parti dell'Unione, conformemente al protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea;prendendo atto che qualsiasi ulteriore misura interna dell'Unione che dovesse essere adottata a norma del titolo V, parte terza, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea ai fini dell'attuazione del presente accordo non sarebbe vincolante per il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o per l'Irlanda a meno che tali paesi non abbiano notificato la propria intenzione di aderire a tali misure o di accettarle in conformità al protocollo n. 21; e prendendo atto inoltre che tali futuri accordi specifici o tali successive misure interne dell'Unione rientrerebbero nell'ambito di applicazione del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Finalità e principi generali
1. Il presente accordo prevede che le parti:
a)
rafforzino il partenariato globale tra le parti intensificando la cooperazione politica e settoriale e le azioni congiunte su questioni di reciproco interesse, comprese le sfide regionali e mondiali;
b)
pongano basi giuridiche durature per intensificare la cooperazione bilaterale e la cooperazione nelle organizzazioni e nelle sedi internazionali e regionali;
c)
contribuiscano congiuntamente alla pace e alla stabilità internazionali promuovendo la risoluzione pacifica delle controversie conformemente ai principi della giustizia e del diritto internazionale;
d)
contribuiscano congiuntamente alla promozione dei valori e dei principi condivisi, in particolare la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali.
2. Per conseguire le finalità di cui al paragrafo 1, le parti attuano il presente accordo in base ai principi del rispetto reciproco, del partenariato equo e dell'osservanza del diritto internazionale.
3. Le parti rafforzano il loro partenariato attraverso il dialogo e la cooperazione sui temi di reciproco interesse riguardanti le questioni politiche, la politica estera e di sicurezza e la cooperazione in altri settori. A tal fine, le parti tengono riunioni a tutti i livelli (leader, ministri e alti funzionari) e promuovono scambi più ampi tra i loro cittadini e parlamenti.
Articolo 2
Democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali
1. Le parti continuano a sostenere i valori e i principi condivisi di democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali su cui si basano le loro politiche interne e internazionali. A questo riguardo, le parti ribadiscono il rispetto della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dei trattati internazionali pertinenti in materia di diritti umani di cui sono firmatarie.
2. Le parti promuovono detti valori e principi condivisi nei consessi internazionali. Le parti collaborano e assicurano, se del caso, il necessario coordinamento per promuovere e realizzare detti valori e principi, anche con i paesi terzi o all'interno di questi.
Articolo 3
Promozione della pace e della sicurezza
1. Le parti collaborano per promuovere la pace e la sicurezza a livello internazionale e regionale.
2. Le parti promuovono congiuntamente la risoluzione pacifica delle controversie, anche nelle rispettive regioni, e incoraggiano la comunità internazionale a risolvere le eventuali controversie con mezzi pacifici in conformità del diritto internazionale.
Articolo 4
Gestione delle crisi
Le parti intensificano gli scambi di opinioni e si sforzano di agire congiuntamente sulle questioni di comune interesse connesse alla gestione delle crisi e alla costruzione della pace, anche promuovendo posizioni comuni, collaborando in merito alle risoluzioni e alle decisioni nelle organizzazioni e nei consessi internazionali, sostenendo le iniziative nazionali dei paesi che escono da un conflitto finalizzate a una pace sostenibile e collaborando per realizzare operazioni di gestione delle crisi e altri programmi e progetti pertinenti.
Articolo 5
Armi di distruzione di massa
1. Le parti collaborano al rafforzamento del regime di non proliferazione e disarmo per impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, garantendo il pieno rispetto e l'attuazione degli obblighi assunti a norma del diritto internazionale, compresi gli accordi internazionali pertinenti e gli altri obblighi internazionali applicabili alle parti.
2. Le parti promuovono il trattato di non proliferazione delle armi nucleari), stipulato nelle città di Londra, Mosca e Washington il 1o luglio 1968 («trattato di non proliferazione») presupposto essenziale per la prosecuzione del disarmo nucleare, pietra angolare del regime globale di non proliferazione nucleare e base per la promozione degli usi pacifici dell'energia nucleare. Le parti attuano inoltre politiche e continuano a contribuire attivamente agli sforzi profusi a livello mondiale per perseguire un mondo più sicuro per tutti, sottolineando l'importanza di affrontare tutte le sfide per il regime di non proliferazione e disarmo e la necessità di sostenere e rafforzare il trattato di non proliferazione e di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari, conformemente agli obiettivi del trattato di non proliferazione, in modo da promuovere la stabilità internazionale e in base al principio di un livello invariato di sicurezza per tutti.
3. Le parti continuano a contrastare la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, in particolare sviluppando e mantenendo un sistema efficace di controllo delle esportazioni di prodotti a duplice uso e di beni e tecnologie connessi alle armi di distruzione di massa, compresi il controllo dell'uso finale e sanzioni efficaci in caso di violazione dei controlli all'esportazione.
4. Le parti mantengono e intensificano il dialogo in questo campo per consolidare i loro impegni come stabilito nel presente articolo.
Articolo 6
Armi convenzionali, comprese le armi leggere e di piccolo calibro
1. Le parti collaborano e assicurano il necessario coordinamento in materia di controllo dei trasferimenti di armi convenzionali e di beni e tecnologie a duplice uso, a livello mondiale, regionale, subregionale e nazionale, onde evitarne la diversione, contribuire alla pace, alla sicurezza e alla stabilità e ridurre le sofferenze umane a ciascuno di questi livelli. Le parti definiscono e attuano le loro politiche di controllo dei trasferimenti in modo responsabile, tenendo debitamente conto delle reciproche preoccupazioni in materia di sicurezza, sia a livello mondiale che in relazione alle rispettive regioni e ad altre regioni.
2. Ribadendo i propri impegni a rispettare i quadri degli strumenti internazionali pertinenti, come il trattato sul commercio delle armi, stipulato a New York il 2 aprile 2013, il programma d'azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti e le risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite, le parti collaborano e assicurano, se del caso, il necessario coordinamento nell'ambito di questi strumenti per regolamentare il commercio internazionale nonché prevenire e porre fine al commercio illegale e alla diversione delle armi convenzionali, comprese le armi leggere e di piccolo calibro e le relative munizioni. La cooperazione ai sensi del presente paragrafo comprende, ove opportuno, la promozione dell'universalizzazione e il sostegno alla piena attuazione di detti quadri nei paesi terzi.
3. Le parti mantengono e intensificano il dialogo che accompagnerà e consoliderà i loro impegni a norma del presente articolo.
Articolo 7
Crimini gravi di rilevanza internazionale e Corte penale internazionale
1. Le parti collaborano per promuovere le indagini e le azioni penali riguardo ai crimini gravi di rilevanza internazionale, anche attraverso la Corte penale internazionale e, ove opportuno, i tribunali istituiti in conformità delle risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite.
2. Le parti collaborano per promuovere gli obiettivi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, firmato a Roma il 17 luglio 1998 («Statuto»). A tal fine esse:
a)
continuano a promuovere l'universalità dello Statuto, anche condividendo, ove opportuno, le esperienze nell'adozione delle misure necessarie per la sua conclusione e attuazione;
b)
salvaguardano l'integrità dello Statuto tutelandone i principi fondamentali;
c)
collaborano per aumentare ulteriormente l'efficacia della Corte penale internazionale.
Articolo 8
Lotta al terrorismo
1. Le parti collaborano a livello bilaterale, regionale e internazionale per prevenire e combattere il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni in conformità del diritto internazionale applicabile, compresi gli accordi internazionali connessi alla lotta contro il terrorismo, il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale in materia di diritti umani, applicabili alle parti, e nel rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.
2. Le parti intensificano la cooperazione tenendo conto della strategia globale delle Nazioni Unite contro il terrorismo e delle risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
3. Le parti promuovono il dialogo e gli scambi di informazioni e opinioni su tutti gli atti di terrorismo, nonché sui relativi metodi e sulle pratiche correlate, pur rispettando la protezione della vita privata e dei dati personali conformemente al diritto internazionale e alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari.
Articolo 9
Mitigazione dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari
1. Le parti intensificano la cooperazione in materia di prevenzione, riduzione e controllo dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari e di risposta a tali rischi.
2. Le parti intensificano la cooperazione per migliorare le capacità istituzionali dei paesi terzi a fini di gestione dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari.
Articolo 10
Cooperazione internazionale e regionale e riforma delle Nazioni Unite
1. Per sostenere il loro impegno a favore di un multilateralismo efficace, le parti si adoperano per scambiare opinioni e intensificare la cooperazione nonché, ove opportuno, coordinare le loro posizioni nell'ambito delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni e sedi internazionali e regionali.
2. Le parti collaborano per promuovere la riforma delle Nazioni Unite nell'intento di migliorare l'efficienza, l'efficacia, la trasparenza, la rendicontabilità, la capacità e la rappresentatività dell'intero sistema delle Nazioni Unite, compreso il Consiglio di sicurezza.
Articolo 11
Politica di sviluppo
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni sulle politiche di sviluppo, anche attraverso un dialogo regolare, e, ove opportuno, coordinano le loro politiche specifiche in materia di sviluppo sostenibile ed eliminazione della povertà a livello mondiale.
2. Ove opportuno, le parti coordinano le loro posizioni sulle questioni connesse allo sviluppo nei consessi internazionali e regionali.
3. Le parti si sforzano di incoraggiare ulteriormente gli scambi di informazioni e la cooperazione tra le rispettive agenzie e i rispettivi ministeri per lo sviluppo nonché, se del caso, il coordinamento delle attività nazionali.
4. Le parti si adoperano inoltre per scambiare informazioni, migliori pratiche ed esperienze nel settore dell'assistenza allo sviluppo e si sforzano di collaborare per ridurre i flussi finanziari illeciti nonché per prevenire e combattere le irregolarità, le frodi, la corruzione e le altre attività illegali che ledono i loro interessi finanziari e quelli dei paesi beneficiari, a tutti i livelli.
Articolo 12
Gestione delle catastrofi e azione umanitaria
1. Le parti intensificano la cooperazione e, ove opportuno, promuovono il coordinamento a livello bilaterale, regionale e internazionale in materia di prevenzione, mitigazione, preparazione, risposta e ripresa post-catastrofe per ridurre i rischi di catastrofi e aumentare la resilienza in questo campo.
2. Le parti si sforzano di collaborare nell'ambito delle azioni umanitarie, comprese le operazioni di soccorso nei casi di emergenza, per fornire una risposta efficace e coordinata.
Articolo 13
Politica economica e finanziaria
1. Le parti intensificano gli scambi di informazioni e di esperienze per promuovere uno stretto coordinamento delle politiche a livello bilaterale e multilaterale a sostegno dei loro obiettivi condivisi di crescita sostenibile ed equilibrata, stimolare la creazione di posti di lavoro, correggere gli squilibri macroeconomici eccessivi e lottare contro tutte le forme di protezionismo.
2. Le parti intensificano gli scambi di informazioni sulle rispettive politiche e normative finanziarie, nell'intento di rafforzare la cooperazione per garantire la stabilità finanziaria e la sostenibilità di bilancio, anche migliorando il regime di regolamentazione e vigilanza in materia di contabilità, revisione contabile, banche, assicurazioni, mercati finanziari e altri comparti finanziari, a sostegno del lavoro svolto attualmente nelle organizzazioni e nei consessi internazionali pertinenti.
Articolo 14
Scienza, tecnologia e innovazione
In base all'accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone sulla cooperazione nel settore scientifico e tecnologico, firmato a Bruxelles il 30 novembre 2009, e alle sue eventuali modifiche, le parti intensificano la cooperazione in materia di scienza, tecnologia e innovazione, concentrandosi in modo particolare sulle priorità di reciproco interesse.
Articolo 15
Trasporti
1. Le parti perseguono la cooperazione intensificando gli scambi di informazioni e il dialogo sulle politiche e sulle prassi nel settore dei trasporti e in altri ambiti di reciproco interesse in relazione a tutti i modi di trasporto e coordinano, ove opportuno, le loro posizioni nei consessi internazionali che si occupano di trasporti.
2. La cooperazione di cui al paragrafo 1 riguarda i seguenti settori:
a)
aviazione (sicurezza aerea, gestione del traffico aereo, altre normative pertinenti ecc.) al fine di agevolare relazioni più ampie e reciprocamente vantaggiose in materia di trasporto aereo, anche perseguendo, ove opportuno, la cooperazione tecnica e normativa e altri accordi basati sul consenso e sull'interesse reciproco;
b)
trasporto marittimo; e
c)
trasporto ferroviario.
Articolo 16
Spazio extra-atmosferico
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni sulle rispettive politiche e attività nel settore spaziale.
2. Le parti si sforzano di collaborare ove opportuno, anche attraverso un dialogo regolare, ai fini dell'esplorazione e degli usi pacifico dello spazio extra-atmosferico. La cooperazione comprende la compatibilità reciproca dei loro sistemi di navigazione satellitare, l'osservazione e il monitoraggio della terra, i cambiamenti climatici, le scienze e le tecnologie spaziali, gli aspetti relativi alla sicurezza delle attività spaziali e altri ambiti di reciproco interesse.
Articolo 17
Cooperazione industriale
1. Le parti promuovono la cooperazione industriale per migliorare la competitività delle loro imprese. A tal fine, esse intensificano gli scambi di opinioni e di migliori pratiche sulle rispettive politiche industriali in ambiti quali l'innovazione, i cambiamenti climatici, l'efficienza energetica, la standardizzazione, la responsabilità sociale delle imprese, il miglioramento della competitività delle piccole e medie imprese e il sostegno all'internazionalizzazione di queste ultime.
2. Le parti agevolano le attività di cooperazione intraprese dai reciproci settori pubblico e privato per migliorare la competitività e la collaborazione delle rispettive imprese, anche attraverso il dialogo fra di esse.
Articolo 18
Dogane
Le parti intensificano la cooperazione in campo doganale, compresa l'agevolazione del commercio legittimo, garantendo al contempo controlli doganali efficaci e la conformità con le disposizioni legislative e regolamentari doganali in base all'accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone sulla cooperazione e sull'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale, firmato a Bruxelles il 30 gennaio 2008, e alle sue eventuali modifiche. Inoltre esse si scambiano opinioni e collaborano nei consessi internazionali pertinenti.
Articolo 19
Fiscalità
Nell'intento di promuovere la buona governance in materia fiscale, le parti si sforzano di intensificare la cooperazione in linea con le norme fiscali stabilite a livello internazionale, incoraggiando in particolare i paesi terzi ad aumentare la trasparenza, a garantire lo scambio delle informazioni e a eliminare le pratiche fiscali dannose.
Articolo 20
Turismo
Le parti intensificano la cooperazione per favorire lo sviluppo sostenibile del turismo e la maggiore competitività delle industrie turistiche, che possono contribuire alla crescita economica e agli scambi culturali e interpersonali.
Articolo 21
Società dell'informazione
Le parti si scambiano opinioni sulle rispettive politiche e normative riguardanti le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per intensificare la cooperazione negli ambiti fondamentali seguenti:
a)
comunicazioni elettroniche, comprese la gestione di Internet e la sicurezza online;
b)
interconnessione delle reti di ricerca, anche in un contesto regionale;
c)
promozione delle attività di ricerca e innovazione;
d)
standardizzazione e diffusione delle nuove tecnologie.
Articolo 22
Politica dei consumatori
Le parti promuovono dialogo e scambi di opinioni su politiche e disposizioni legislative e regolamentari volte a garantire un livello elevato di tutela dei consumatori e intensificano la cooperazione in ambiti fondamentali, quali la sicurezza dei prodotti, l'applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari sulla tutela dei consumatori, l'educazione dei consumatori, il rafforzamento del loro potere e i mezzi di ricorso a loro disposizione.
Articolo 23
Ambiente
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni, di informazioni delle migliori pratiche, sulle politiche e normative ambientali e rafforzano la cooperazione in settori quali:
a)
l'uso efficiente delle risorse;
b)
la biodiversità;
c)
il consumo e la produzione sostenibili;
d)
le tecnologie, i beni e i servizi che promuovono la tutela dell'ambiente;
e)
la conservazione e la gestione sostenibile delle foreste, compreso, ove opportuno, il disboscamento illegale;
f)
gli altri settori concordati durante il dialogo politico pertinente.
2. Le parti si sforzano di intensificare la cooperazione nell'ambito degli accordi e degli strumenti internazionali pertinenti eventualmente applicabili alle parti e nei consessi internazionali.
Articolo 24
Cambiamenti climatici
1. Riconoscendo la necessità di una riduzione urgente, profonda e sostenuta delle emissioni mondiali di gas a effetto serra, in modo da mantenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e proseguire gli sforzi volti a limitare l'aumento della temperatura a 1,5 °C rispetto a detti livelli, le parti assumeranno un ruolo guida nella lotta contro i cambiamenti climatici e i loro effetti negativi, anche attraverso azioni a livello nazionale e internazionale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra di origine antropica. Le parti collaborano, ove opportuno, nell'ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, stipulata a New York il 9 maggio 1992, per conseguire l'obiettivo della convenzione, attuando l'accordo di Parigi, stipulato a Parigi il 12 dicembre 2015, e potenziare il quadro giuridico multilaterale. Esse si sforzano inoltre di intensificare la cooperazione negli altri consessi internazionali pertinenti.
2. Nell'intento di promuovere lo sviluppo sostenibile, le parti perseguono inoltre la cooperazione intensificando gli scambi delle informazioni e delle migliori pratiche e promuovendo, ove opportuno, il coordinamento delle politiche sulle questioni di reciproco interesse attinenti ai cambiamenti climatici, fra cui:
a)
la mitigazione dei cambiamenti climatici, attraverso varie misure quali la ricerca e lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, meccanismi basati sul mercato e la riduzione degli inquinanti climatici a vita breve;
b)
l'adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti climatici;
c)
l'assistenza ai paesi terzi.
Articolo 25
Politica urbana
Le parti intensificano gli scambi di esperienze e buone pratiche relative alle politiche urbane, in particolare per affrontare le sfide comuni in questo campo, comprese quelle derivanti dalle dinamiche demografiche e dai cambiamenti climatici. Ove opportuno, le parti incoraggiano inoltre questi scambi di esperienze e buone pratiche tra le amministrazioni locali o le autorità comunali.
Articolo 26
Energia
Le parti si sforzano di intensificare la cooperazione e, ove opportuno, il coordinamento nelle organizzazioni e nei consessi internazionali in materia di energia (sicurezza energetica, commercio e investimenti nel settore dell'energia a livello mondiale, funzionamento dei mercati mondiali dell'energia, tecnologie connesse all'energia).
Articolo 27
Agricoltura
1. Le parti intensificano la cooperazione sulle politiche relative all'agricoltura, allo sviluppo rurale e alla gestione delle foreste, comprese agricoltura sostenibile, sicurezza alimentare, integrazione dei requisiti ambientali nelle politiche agricola, politiche di sviluppo per le zone rurali, politiche di promozione e di qualità dei prodotti agroalimentari, comprese le indicazioni geografiche, produzione biologica, prospettive dell'agricoltura a livello internazionale, gestione sostenibile delle foreste e collegamenti tra le politiche in materia di agricoltura sostenibile, sviluppo rurale e silvicoltura, nonché su quelle relative all'ambiente e ai cambiamenti climatici.
2. Le parti intensificano la cooperazione sulla ricerca e sull'innovazione relative all'agricoltura e alla gestione delle foreste.
Articolo 28
Pesca
1. Le parti promuovono il dialogo e intensificano la cooperazione sulle politiche della pesca, secondo approcci precauzionali ed ecosistemici, per promuovere la conservazione a lungo termine, la gestione efficace e l'uso sostenibile delle risorse alieutiche in base alle migliori informazioni scientifiche disponibili.
2. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni e promuovono la cooperazione internazionale per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.
3. Le parti intensificano la cooperazione nell'ambito delle competenti organizzazioni regionali di gestione della pesca.
Articolo 29
Affari marittimi
In conformità delle norme di diritto internazionale figuranti nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, stipulata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 («UNCLOS»), le parti promuovono il dialogo sugli affari marittimi, ne migliorano la comprensione reciproca e collaborano per promuovere:
a)
lo Stato di diritto in questo ambito, comprese le libertà di navigazione e di sorvolo e le altre libertà dell'alto mare di cui all'articolo 87 dell'UNCLOS;
b)
la conservazione a lungo termine, la gestione sostenibile e una migliore conoscenza degli ecosistemi e delle risorse non biologiche dei mari e degli oceani in conformità del diritto internazionale applicabile.
Articolo 30
Occupazione e affari sociali
1. Le parti intensificano la cooperazione in materia di occupazione, affari sociali e lavoro dignitoso, ad esempio per quanto riguarda le politiche occupazionali e i sistemi previdenziali nel contesto della dimensione sociale della globalizzazione e dei cambiamenti demografici, attraverso scambi di opinioni e di esperienze e, ove opportuno, attività di cooperazione sulle questioni di reciproco interesse.
2. Le parti si sforzano di rispettare, promuovere e applicare le norme sociali e del lavoro riconosciute a livello internazionale e di promuovere il lavoro dignitoso in base ai rispettivi impegni assunti nel quadro di strumenti internazionali pertinenti quali la dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro dell'Organizzazione internazionale del lavoro, adottata il 18 giugno 1998, e la dichiarazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa, adottata il 10 giugno 2008.
Articolo 31
Sanità
Le parti intensificano gli scambi di opinioni, informazioni ed esperienze in campo sanitario per affrontare in modo efficace i problemi sanitari a carattere transfrontaliero, in particolare collaborando per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili e non trasmissibili anche attraverso la promozione, ove opportuno, di accordi sanitari internazionali.
Articolo 32
Cooperazione giudiziaria
1. Le parti intensificano la cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, soprattutto per quanto riguarda la promozione e l'efficacia delle convenzioni sulla cooperazione giudiziaria in materia civile.
2. Le parti intensificano la cooperazione giudiziaria in materia penale in base all'accordo tra l'Unione europea e il Giappone sull'assistenza giudiziaria reciproca in materia penale, firmato a Bruxelles il 30 novembre 2009 e a Tokyo il 15 dicembre 2009, e alle sue eventuali modifiche.
Articolo 33
Lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata
Le parti intensificano la cooperazione nel prevenire e combattere la corruzione e la criminalità organizzata transnazionale, compresi il traffico di armi da fuoco e la criminalità economica e finanziaria, anche attraverso la promozione, ove opportuno, di accordi internazionali pertinenti.
Articolo 34
Lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo
Le parti intensificano la cooperazione, anche attraverso scambi di informazioni, nell'impedire che i rispettivi sistemi finanziari siano utilizzati per il riciclaggio dei proventi di reato e il finanziamento del terrorismo, tenendo conto delle norme universalmente riconosciute nell'ambito degli organismi internazionali pertinenti, come il gruppo di azione finanziaria internazionale.
Articolo 35
Lotta contro le droghe illecite
Le parti intensificano la cooperazione in materia di prevenzione e lotta contro le droghe illecite al fine di:
a)
ridurre l'offerta, il traffico e la domanda di droghe illecite;
b)
prevenire l'utilizzazione abusiva di precursori per la produzione illecita di stupefacenti e sostanze psicotrope;
c)
tutelare la salute e il benessere dei cittadini;
d)
smantellare le reti criminali transnazionali coinvolte nel traffico di droga, in particolare per impedirne l'infiltrazione in attività commerciali e finanziarie lecite, anche attraverso gli scambi di informazioni e di migliori pratiche.
Articolo 36
Cooperazione sulle questioni riguardanti il ciberspazio
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni sulle rispettive politiche e attività relative alle questioni informatiche e incoraggiano tali scambi nei consessi internazionali e regionali.
2. Le parti intensificano la cooperazione per promuovere e tutelare i diritti umani e la libera circolazione delle informazioni nella massima misura possibile all'interno del ciberspazio. A tal fine, fermo restando che il diritto internazionale si applica nel ciberspazio, le parti collaborano, ove opportuno, nell'elaborare e sviluppare norme internazionali e promuovere la fiducia all'interno del ciberspazio.
3. Le parti collaborano, ove opportuno, per migliorare la capacità dei paesi terzi di potenziare la cibersicurezza e lottare contro la cibercriminalità.
4. Le parti intensificano la cooperazione nel prevenire e combattere la cibercriminalità, compresa la diffusione di contenuti illegali via Internet.
Articolo 37
Codici di prenotazione
Le parti si sforzano di utilizzare, in misura compatibile con le rispettive disposizioni legislative e regolamentari, gli strumenti disponibili, quali i codici di prenotazione, per prevenire e combattere gli atti di terrorismo e i reati gravi, pur rispettando il diritto alla privacy e la protezione dei dati personali.
Articolo 38
Migrazione
1. Le parti promuovono il dialogo sulle politiche in materia di migrazione, quali la migrazione legale, la migrazione irregolare, la tratta di esseri umani, l'asilo e la gestione delle frontiere, compresi i visti e la sicurezza dei documenti di viaggio, tenendo conto delle realtà socioeconomiche della migrazione.
2. Le parti intensificano la cooperazione per prevenire e controllare l'immigrazione irregolare, anche garantendo senza indebiti ritardi la riammissione dei propri cittadini e fornendo loro documenti di viaggio appropriati.
Articolo 39
Protezione dei dati personali
Le parti rafforzano la cooperazione per garantire un livello elevato di protezione dei dati personali.
Articolo 40
Istruzione, giovani e sport
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni sulle rispettive politiche in materia di istruzione, giovani e sport.
2. Ove opportuno, le parti incoraggiano le attività di cooperazione in materia di istruzione, giovani e sport, quali programmi congiunti e scambi di persone, di conoscenze e di esperienze.
Articolo 41
Cultura
1. Le parti si adoperano per rafforzare lo scambio di persone che svolgono attività relative alla cultura e di opere d'arte e per attuare, ove opportuno, iniziative congiunte in diversi ambiti culturali, comprese le opere audiovisive come i film.
2. Le parti incoraggiano il dialogo e la cooperazione tra le rispettive società civili e istituzioni negli ambiti culturali per rafforzare la conoscenza e la comprensione reciproche.
3. Le parti si sforzano di collaborare sulle questioni di reciproco interesse nei pertinenti consessi internazionali, in particolare l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, al fine di perseguire obiettivi comuni e di promuovere la diversità culturale e la tutela del patrimonio culturale.
Articolo 42
Comitato misto
1. È istituito un comitato misto composto da rappresentanti delle parti. Il comitato misto è copresieduto dai rappresentanti delle parti.
2. Il comitato misto:
a)
coordina il partenariato globale basato sul presente accordo;
b)
chiede, se del caso, informazioni ai comitati o ad altri organismi istituiti nell'ambito di altri accordi o intese tra le parti e scambia opinioni sulle questioni di comune interesse;
c)
decide in merito a settori di cooperazione aggiuntivi non elencati nel presente accordo, purché siano coerenti con gli obiettivi dello stesso;
d)
garantisce il buon funzionamento e l'attuazione efficace del presente accordo;
e)
si adopera per risolvere le controversie derivanti dall'interpretazione, dall'applicazione o dall'attuazione del presente accordo;
f)
è una sede in cui spiegare tutte le eventuali modifiche di politiche, programmi o competenze pertinenti per il presente accordo;
g)
formula raccomandazioni e adotta decisioni, se del caso, e agevola aspetti specifici della cooperazione basata sul presente accordo.
3. Il comitato misto adotta le proprie decisioni per consenso.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta all'anno, a turno a Tokyo e a Bruxelles. Esso si riunisce anche su richiesta di una delle parti.
5. Il comitato misto adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 43
Risoluzione delle controversie
1. Le parti intraprendono tutte le azioni generali o specifiche necessarie per rispettare i loro obblighi a norma del presente accordo in base ai principi del rispetto reciproco, del partenariato equo e dell'osservanza del diritto internazionale.
2. In caso di controversie relative all'interpretazione, all'applicazione o all'attuazione del presente accordo, le parti intensificano i loro sforzi di consultazione e cooperazione al fine di risolvere le controversie in modo tempestivo e amichevole.
3. Qualora una controversia non possa essere risolta a norma del paragrafo 2, ciascuna parte può chiedere che la controversia sia sottoposta al comitato misto per ulteriore discussione e studio.
4. Le parti considerano che un'inosservanza particolarmente grave e sostanziale degli obblighi di cui all'articolo 2, paragrafo 1, e all'articolo 5, paragrafo 1, elementi essenziali su cui si fonda la cooperazione a norma del presente accordo, la cui gravità e natura eccezionali minaccino la pace e la sicurezza e abbiano ripercussioni internazionali, può essere trattata come un caso di particolare urgenza.
5. Nell'improbabile e inattesa eventualità che nel territorio di una parte si verifichi un caso di particolare urgenza ai sensi del paragrafo 4, su richiesta dell'altra parte il comitato misto organizza una consultazione urgente entro 15 giorni.
Se non riesce a trovare una soluzione reciprocamente accettabile, il comitato misto indice urgentemente una riunione a livello ministeriale sulla questione.
6. In un caso di particolare urgenza per il quale non sia stata trovata una soluzione reciprocamente accettabile a livello ministeriale, la parte che ha presentato la richiesta di cui al paragrafo 5 può decidere di sospendere le disposizioni del presente accordo in conformità del diritto internazionale. Le parti prendono inoltre atto del fatto che la parte che ha presentato la richiesta di cui al paragrafo 5 può adottare altre misure appropriate al di fuori del quadro del presente accordo in conformità del diritto internazionale. La parte informa immediatamente, per iscritto, l'altra parte della propria decisione e applica la decisione per il periodo di tempo minimo necessario a risolvere la questione in modo accettabile per entrambe le parti.
7. Le parti seguono costantemente gli sviluppi del caso di particolare urgenza che ha motivato la decisione di sospendere le disposizioni del presente accordo. La parte che invoca la sospensione delle disposizioni del presente accordo la ritira non appena ciò sia giustificato e, comunque, non appena viene meno il carattere di particolare urgenza.
8. Il presente accordo non condiziona né pregiudica l'interpretazione o l'applicazione di altri accordi tra le parti. In particolare, le disposizioni sulla risoluzione delle controversie contenute nel presente accordo non sostituiscono né condizionano in alcun modo le disposizioni sulla risoluzione delle controversie di altri accordi tra le parti.
Articolo 44
Varie
La cooperazione e le azioni a norma del presente accordo sono attuate in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari delle parti.
Articolo 45
Definizione delle parti
Ai fini del presente accordo, per «parti» si intendono l'Unione o i suoi Stati membri oppure l'Unione e i suoi Stati membri, secondo le rispettive competenze, da un lato, e il Giappone, dall'altro.
Articolo 46
Divulgazione di informazioni
Nessuna disposizione del presente accordo deve essere interpretata come obbligo per una parte di fornire informazioni la cui divulgazione sia considerata contraria ai suoi interessi essenziali in materia di sicurezza.
Articolo 47
Entrata in vigore e applicazione in attesa dell'entrata in vigore
1. Il presente accordo è ratificato dal Giappone e approvato o ratificato dalla parte Unione secondo le rispettive procedure giuridiche applicabili. Lo strumento di ratifica del Giappone e lo strumento che conferma il completamento dell'approvazione e della ratifica a opera della parte Unione sono scambiati a Tokyo. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data dello scambio degli strumenti.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, l'Unione e il Giappone applicano le disposizioni degli articoli 1, 2, 3 e 4, dell'articolo 5, paragrafo 1, degli articoli 11, 12, 13, 14, 15 (a eccezione del paragrafo 2, lettera b)], 16, 17, 18, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31 e 37, dell'articolo 38, paragrafo 1, degli articoli 39, 40, 41, 42 (a eccezione del paragrafo 2, lettera c)], 43, 44, 45, 46 e 47, dell'articolo 48, paragrafo 3, e degli articoli 49, 50 e 51 del presente accordo in attesa della sua entrata in vigore. L'applicazione inizia il primo giorno del secondo mese che segue la data in cui il Giappone notifica all'Unione di aver completato la ratifica oppure, se successiva, la data in cui l'Unione notifica al Giappone di aver completato la procedura giuridica applicabile necessaria a tale scopo. Le notifiche sono effettuate mediante note diplomatiche.
3. Le disposizioni del presente accordo da applicare in attesa dell'entrata in vigore del presente accordo a norma del paragrafo 2 hanno gli stessi effetti giuridici che avrebbero se il presente accordo fosse già in vigore tra le parti.
Articolo 48
Denuncia
1. Il presente accordo resta in vigore salvo denuncia ai sensi del paragrafo 2.
2. Ciascuna delle parti può notificare per iscritto all'altra parte la sua intenzione di denunciare il presente accordo. La denuncia ha effetto sei mesi dopo la data in cui l'altra parte ha ricevuto la notifica.
3. Ciascuna delle parti può notificare per iscritto all'altra parte la sua intenzione di porre fine all'applicazione in attesa dell'entrata in vigore di cui all'articolo 47, paragrafo 2. La denuncia ha effetto sei mesi dopo la data in cui l'altra parte ha ricevuto la notifica.
Articolo 49
Future adesioni all'Unione
1. L'Unione informa il Giappone di qualsiasi richiesta di adesione all'Unione presentata da un paese terzo.
2. Le parti discutono, anche in sede di comitato misto, su tutte le implicazioni che l'adesione del paese terzo all'Unione potrebbe avere per il presente accordo.
3. L'Unione informa il Giappone della firma e dell'entrata in vigore di un trattato relativo all'adesione di un paese terzo all'Unione.
Articolo 50
Applicazione territoriale
Il presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applicano il trattato sull'Unione europea e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall'altro, al territorio del Giappone.
Articolo 51
Testi facenti fede
Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e giapponese, tutti i testi facenti ugualmente fede. Le parti sottopongono al comitato misto le eventuali divergenze tra le versioni del presente accordo.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti plenipotenziari, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente accordo.
Съставено в Токио на седемнадесети юли две хиляди и осемнадесета година.
Hecho en Tokio, el diecisiete de julio de dos mil dieciocho.
V Tokiu dne sedmnáctého července dva tisíce osmnáct.
Udfærdiget i Tokyo den syttende juli to tusind og atten.
Geschehen zu Tokyo am siebzehnten Juli zweitausendachtzehn.
Kahe tuhande kaheksateistkümnenda aasta juulikuu seitsmeteistkümnendal päeval Tōkyōs.
Έγινε στο Τόκιο, στις δεκαεπτά Ιουλίου δύο χιλιάδες δεκαοκτώ.
Done at Tokyo on the seventeenth day of July in the year two thousand and eighteen.
Fait à Tokyo, le dix-sept juillet deux mille dix-huit.
Sastavljeno u Tokiju sedamnaestog srpnja godine dvije tisuće osamnaeste.
Fatto a Tokyo, addì diciassette luglio duemiladiciotto.
Tokijā, divtūkstoš astoņpadsmitā gada septiņpadsmitajā jūlijā.
Priimta du tūkstančiai aštuonioliktų metų liepos septynioliktą dieną Tokijuje.
Kelt Tokióban, a kétezer-tizennyolcadik év július havának tizenhetedik napján.
Magħmul f'Tokyo fis-sbatax-il jum ta' Lulju fis-sena elfejn u tmintax.
Gedaan te Tokio, zeventien juli tweeduizend achttien.
Sporządzono w Tokio dnia siedemnastego lipca roku dwa tysiące osiemnastego.
Feito em Tóquio aos dezassete dias do mês de julho de dois mil e dezoito.
Întocmit la Tokyo la șaptesprezece iulie două mii optsprezece.
V Tokiu sedemnásteho júla dvetisícosemnásť.
V Tokiu, sedemnajstega julija leta dva tisoč osemnajst.
Tehty Tokiossa seitsemäntenätoista päivänä heinäkuuta vuonna kaksituhattakahdeksantoista.
Som skedde i Tokyo den sjuttonde juli år tjugohundraarton.
Voor het Koninkrijk België
Pour le Royaume de Belgique
Für das Königreich Belgien
Deze handtekening verbindt eveneens de Vlaamse Gemeenschap, de Franse Gemeenschap, de Duitstalige Gemeenschap, het Vlaamse Gewest, het Waalse Gewest en het Brussels Hoofdstedelijk Gewest.
Cette signature engage également la Communauté française, la Communauté flamande, la Communauté germanophone, la Région wallonne, la Région flamande et la Région de Bruxelles-Capitale.
Diese Unterschrift bindet zugleich die Deutschsprachige Gemeinschaft, die Flämische Gemeinschaft, die Französische Gemeinschaft, die Wallonische Region, die Flämische Region und die Region Brüssel-Hauptstadt.
За Република България
Za Českou republiku
For Kongeriget Danmark
Für die Bundesrepublik Deutschland
Eesti Vabariigi nimel
Thar cheann Na hÉireann
For Ireland
Για την Ελληνική Δημοκρατία
Por el Reino de España
Pour la République française
Za Republiku Hrvatsku
Per la Repubblica italiana
Για την Κυπριακή Δημοκρατία
Latvijas Republikas vārdā –
Lietuvos Respublikos vardu
Pour le Grand-Duché de Luxembourg
Magyarország részéről
Għar-Repubblika ta' Malta
Voor het Koninkrijk der Nederlanden
Für die Republik Österreich
W imieniu Rzeczypospolitej Polskiej
Pela República Portuguesa
Pentru România
Za Republiko Slovenijo
Za Slovenskú republiku
Suomen tasavallan puolesta
För Republiken Finland
För Konungariket Sverige
For the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland
За Европейския съюз
Рог la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l'Union européenne
Za Europsku uniju
Per l'Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen | Accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e il Giappone
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO DI PARTENARIATO STRATEGICO (APS)?
L’APS è il primo accordo quadro bilaterale tre l’Unione europea e il Giappone. Ha lo scopo di assicurare una più stretta cooperazione politica ed economica su un ampio raggio di aspetti bilaterali, regionali e multilaterali.
Al di là della collaborazione in specifiche aree normative, l’APS sancisce l’impegno delle parti ad operare per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, e a promuovere valori e principi democratici comuni.
La decisione rende concluso l’accordo a nome dell’UE.
PUNTI CHIAVE
L’APS copre una vasta gamma di ambiti di collaborazione finalizzati a:promuovere la pace e la sicurezza, la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani, le libertà fondamentali, la cooperazione regionale ed interregionale e la riforma dell’ONU; affrontando:le armi di distruzione di massa,i crimini internazionali di grande portata,il terrorismo (incluse le sue fonti di finanziamento),i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari,il traffico illecito di armi leggere,la corruzione e crimine organizzato,il riciclaggio di denaro,le droghe illecite, ela criminalità informatica; supportare la gestione della crisi e dei disastri, le attività umanitarie, lo sviluppo sostenibile e lo sradicamento della povertà; cooperare in diverse politiche interne qualiaffari economici, finanziari e giudiziariscienza, tecnologia e innovazionedogana, tassazione, energia, agricoltura e occupazione; scambiare valutazioni, informazioni e migliori prassi su temi quali il cambiamento del clima, lo spazio, la società dell’informazione e l’ambiente. L’APS da indicazioni su:un comitato congiunto per coordinamento generale del partenariato; una procedure par la risoluzione delle dispute.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Considerata l’importanza di attuare l’accordo quanto prima possibile, l’Unione ed il Giappone hanno concordato di applicare provvisoriamente un numero di articoli dell’accordo, in attesa della sua entrata in vigore. Tali articoli riguardano:le aree riguardanti la promozione della pace e della sicurezza; politiche in ambito di trasporto, turismo e ambiente; e la creazione di un comitato congiunto; L’accordo entrerà in vigore dopo il completamento delle procedure di ratifica dei paesi membri e dopo che il Parlamento europeo ha fornito il suo consenso.
CONTESTO
Parallelamente alla negoziazione dell’accordo strategico, il 29 novembre 2012 l’Unione ed i suoi paesi membri hanno aperto la negoziazione di un accordo di partnerariato economico con il Giapppone. Questa negoziazione è iniziata nell’aprile 2013. Il contenuto del primo accordo quadro bilaterale in assoluto tra l’Unione europea ed il Giappone è stato finalizzato nell’aprile 2018.
Il 26 giugno 2018, il Consiglio dell’Unione ha autorizzato la firma dell’accordo strategico di partenariato a nome dell’Unione. L’accordo è stato firmato dall Unione e dal Giappone al 25o summit UE-Giappone tenutosi in Tokyo il 17 luglio 2018. Anche l’accordo di partenariato economico UE-Giappone è stato firmato a Tokyo il 17 luglio 2018.
Per ulteriori informazioni consultare:L’Unione europea e il Giappone concludono la negoziazione dell’Accordo di partenariato strategico (Servizio europeo per l’azione esterna) Accordo di partenariato strategico UE-Giappone — scheda informativa (Servizio europeo per l’azione esterna).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (UE) 2018/1197 del Consiglio, del 26 giugno 2018, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, e all’applicazione provvisoria dell’accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e i paesi dell’UE, da una parte, e il Giappone, dall’altra (GU L 216 del 24.8.2018, pag. 1).
Accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e i paesi dell’UE, da una parte, e il Giappone, dall’altra (GU L 216 del 24.8.2018, pag. 4).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE) 2018/966 del Consiglio, del 6 luglio 2018, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, dell’accordo di partenariato economico tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 174 del 10.7.2018, pag. 1).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Sezione 1 — Disposizioni comuni — Articolo 37 (ex articolo 24 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 36).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte quinta — Azione esterna dell’Unione — Titolo III — Cooperazione con i paesi terzi e aiuti umanitari — Capo 2 — Cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi — Articolo 212 (ex articolo 181a del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 142). | 15,866 | 307 |
31996L0059 | false | Direttiva 96/59/CE del Consiglio del 16 settembre 1996 concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT)
Gazzetta ufficiale n. L 243 del 24/09/1996 pag. 0031 - 0035
DIRETTIVA 96/59/CE DEL CONSIGLIO del 16 settembre 1996 concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che la direttiva 76/403/CEE del Consiglio, del 6 aprile 1976, concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (4), ha proceduto ad un ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nel settore; che tuttavia tali norme risultano insufficienti e che l'evoluzione dello stato della tecnica consente di migliorare le condizioni di smaltimento dei PCB; che è pertanto opportuno sostituire la direttiva suddetta con una nuova direttiva;(2) considerando che la direttiva 76/769/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (5), richiama l'attenzione sulla necessità di riesaminare periodicamente l'intera materia allo scopo di giungere progressivamente al divieto completo dei PCB e dei PCT;(3) considerando che lo smaltimento in condizioni sicure dei rifiuti che non possono essere rivalorizzati o riutilizzati è uno degli obiettivi della risoluzione del Consiglio del 7 maggio 1990, sulla politica comunitaria in materia di rifiuti (6), confermata nel quinto programma d'azione in materia ambientale e di sviluppo sostenibile; che tale impostazione e la correlativa strategia generale sono state approvate dal Consiglio e dai rappresentanti degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio nella risoluzione del 1° febbraio 1993 (7);(4) considerando che a norma della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (8), occorre prendere le misure adeguate per evitare l'abbandono, lo scarico, lo smaltimento incontrollato dei rifiuti e l'impiego di processi o metodi che possono nuocere all'ambiente;(5) considerando che per procedere all'eliminazione dei PCB, per i rischi che essi presentano per l'ambiente e la salute dell'uomo, sono necessarie vincolanti condizioni generali per lo smaltimento controllato dei PCB e per la decontaminazione o lo smaltimento degli apparecchi;(6) considerando che è opportuno adottare dette misure quanto prima, fatti salvi gli obblighi internazionali assunti dagli Stati membri, segnatamente quelli di cui alla decisione PARCOM 92/3 (9); che lo smaltimento dei PCB soggetti a inventario deve essere effettuato entro il 2010;(7) considerando che, poiché lo smaltimento dei PCB costituisce un problema transitorio e temporaneo e taluni Stati membri che non hanno capacità di smaltimento dei PCB affrontano una situazione di forza maggiore, il principio di prossimità deve essere interpretato in modo flessibile, al fine di consentire una solidarietà a livello europeo in tale settore; che occorre anche allestire nella Comunità gli impianti atti allo smaltimento, alla decontaminazione e al deposito dei PCB;(8) considerando che la direttiva 75/439/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente l'eliminazione degli oli usati (10), fissa come limite massimo del tenore in PCB/PCT degli oli rigenerati o utilizzati come combustibile 50 ppm;(9) considerando che la direttiva 91/339/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1991, recante undicesima modifica della direttiva 76/769/CEE (11), vieta o limita l'immissione sul mercato di alcuni prodotti sostitutivi dei PCB, e che pertanto occorre anche eliminarli completamente;(10) considerando che per poter adeguare alle necessità le capacità di smaltimento dei PCB è opportuno conoscere i quantitativi di PCB esistenti e procedere quindi all'etichettatura degli apparecchi che ne contengono e fare un inventario degli stessi; che l'inventario va aggiornato periodicamente;(11) considerando che, tenuto conto dei costi e delle difficoltà causati dall'inventario degli apparecchi leggermente contaminati dai PCB, occorre redigere un inventario semplificato; che occorre prevedere anche lo smaltimento degli apparecchi leggermente contaminati dai PCB quando non siano più utilizzabili, in considerazione degli scarsi rischi che rappresentano per l'ambiente;(12) considerando che essendo vietata l'immissione sul mercato dei PCB, occorre vietare la separazione dei PCB da altre sostanze a scopo di riutilizzo dei PCB e il riempimento dei trasformatori con PCB; che però, per motivi di sicurezza, si possono mantenere i trasformatori per assicurare la qualità dielettrica dei PCB in essi contenuti;(13) considerando che le imprese che procedono allo smaltimento e/o alla decontaminazione dei PCB devono ottenere un'autorizzazione;(14) considerando che occorre definire le condizioni per la decontaminazione degli apparecchi contenenti PCB e che occorre apporvi un'etichetta specifica;(15) considerando che ad alcuni compiti tecnici necessari per l'attuazione della presente direttiva deve provvedere la Commissione, secondo la procedura di comitato di cui all'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE;(16) considerando che, dati il numero e la capacità ristretti degli impianti di smaltimento e di decontaminazione dei PCB, è necessario predisporre programmi per lo smaltimento e/o la decontaminazione dei PCB inventariati; che, inoltre, per gli apparecchi non inventariati, occorre predisporre una bozza di piano per la loro raccolta e il successivo smaltimento; che tale bozza può eventualmente valersi dei meccanismi esistenti per i rifiuti in generale e non deve necessariamente tener conto dei quantitativi molto esigui di PCB la cui individuazione è praticamente impossibile,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Scopo della presente direttiva è procedere al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sullo smaltimento controllato dei PCB, sulla decontaminazione o sullo smaltimento di apparecchi contenenti PCB e/o sullo smaltimento di PCB usati, in vista della loro eliminazione completa in base alle disposizioni della presente direttiva.Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, si intende per:a) PCB:- i policlorodifenili,- i policlorotrifenili,- il monometiltetraclorodifenilmetano, il monometildiclorodifenilmetano, il monometildibromodifenilmetano,- ogni miscela il cui tenore complessivo di qualsiasi delle suddette sostanze è superiore allo 0,005 % in peso;b) apparecchi contenenti PCB: qualsiasi apparecchio che contiene o è servito a contenere PCB (per esempio trasformatori, condensatori, recipienti contenenti residui) e che non ha costituito oggetto di una decontaminazione. Gli apparecchi di un tipo che possa contenere PCB sono considerati contenenti PCB, a meno che sussistano fondati motivi di presumere il contrario;c) PCB usati: qualsiasi PCB considerato come rifiuto a norma della direttiva 75/442/CEE;d) detentore: le persone fisiche o giuridiche che detengono PCB, PCB usati e/o apparecchi contenenti PCB;e) decontaminazione: l'insieme delle operazioni che rendono riutilizzabili o riciclabili o eliminabili nelle migliori condizioni gli apparecchi, gli oggetti, le sostanze o i fluidi contaminati da PCB e che possono comprendere la sostituzione, cioè l'insieme delle operazioni che consistono nel sostituire ai PCB un fluido adeguato che non contiene PCB;f) smaltimento: le operazioni D 8, D 9, D 10, D 12 (soltanto in un deposito sotterraneo sicuro e situato in profondità localizzato in una formazione rocciosa asciutta ed esclusivamente per apparecchi contenenti PCB e PCB usati che non possono essere decontaminati) e D 15 di cui all'allegato II A della direttiva 75/442/CEE.Articolo 3 Fatti salvi gli obblighi internazionali, gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare lo smaltimento dei PCB usati e per la decontaminazione o lo smaltimento dei PCB e degli apparecchi contenenti PCB non appena possibile. Per gli apparecchi e i PCB in essi contenuti soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, la decontaminazione e/o lo smaltimento sono effettuati al più tardi entro la fine del 2010.Articolo 4 1. Per conformarsi alle disposizioni di cui all'articolo 3 gli Stati membri prevedono la preparazione di inventari degli apparecchi contenenti PCB per un volume superiore a 5 dm³ e ne trasmettono una sintesi alla Commissione non oltre tre anni dall'adozione della presente direttiva. Nel caso di condensatori di potenza, il limite di 5 dm³ deve essere inteso come comprendente il totale dei singoli elementi di un insieme composito.2. Gli apparecchi per i quali si possa ragionevolmente presumere che contengano fluidi con una percentuale di PCB compresa tra lo 0,05 % e lo 0,005 % in peso possono essere inventariati tralasciando i dati previsti al paragrafo 3, terzo e quarto trattino e possono essere muniti dell'etichetta «Contaminazione da PCB < 0,05 %». Essi sono decontaminati o smaltiti a norma dell'articolo 9, paragrafo 2.3. Gli inventari comprendono i seguenti elementi:- nome e indirizzo del detentore,- collocazione e descrizione degli apparecchi,- quantitativo di PCB contenuto in tali apparecchi,- date e tipi di trattamento o sostituzione effettuati o previsti,- data della notifica.Qualora uno Stato membro abbia già compilato un siffatto inventario, può astenersi dal procedere ad una nuova compilazione. Gli inventari sono periodicamente aggiornati.4. Per conformarsi alle disposizioni del paragrafo 1, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i detentori di tali apparecchi comunichino alle autorità competenti i quantitativi che essi detengono e qualsiasi cambiamento ad essi relativo.5. Gli Stati membri prendono le necessarie misure atte a garantire che qualsiasi apparecchio soggetto ad inventario a norma del paragrafo 1 rechi l'etichetta. Un'etichetta analoga dovrà essere apposta anche sulla porta dei locali in cui si trovano tali apparecchi.6. Le imprese di smaltimento dei PCB tengono un registro in cui devono essere indicati quantità, origine, natura e tenore di PCB dei PCB usati loro consegnati. Esse forniscono tali dati alle autorità competenti. Il registro può essere consultato dalle autorità locali e dal pubblico. Le imprese rilasciano inoltre ai detentori che consegnano PCB usati una ricevuta in cui sono specificate la natura e la quantità dei rifiuti consegnati.7. Gli Stati membri garantiscono che le autorità competenti controllino i quantitativi notificati.Articolo 5 1. In deroga all'articolo 3 della direttiva 75/442 CEE gli Stati membri vietano la separazione dei PCB dalle altre sostanze a scopi di riutilizzo dei PCB.2. Gli Stati membri vietano il riempimento dei trasformatori con PCB.3. Fintantoché non siano stati decontaminati, eliminati e/o smaltiti a norma della presente direttiva, i trasformatori contenenti PCB possono essere mantenuti unicamente se l'obiettivo è assicurare la conformità dei PCB in essi contenuti con le norme o le specifiche tecniche relative alla qualità dielettrica, sempreché detti trasformatori siano in buono stato e non presentino perdite.Articolo 6 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i PCB usati e gli apparecchi contenenti PCB soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1 siano trasferiti al più presto ad un'impresa autorizzata conformemente all'articolo 8.2. Prima della consegna dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB ad un'impresa autorizzata, saranno prese tutte le precauzioni necessarie per evitare il rischio di incendi. A tal fine i PCB sono tenuti isolati da qualsiasi prodotto infiammabile.3. Ove fattibile, i condensatori, gli apparecchi contenenti PCB non soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, che costituiscono parte di un'altra apparecchiatura, sono rimossi e raccolti separatamente quando l'apparecchio non è più utilizzato, è riciclato o sottoposto a smaltimento.Articolo 7 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per vietare l'incenerimento dei PCB o dei PCB usati sulle navi.Articolo 8 1. Gli Stati membri prendono le opportune misure per garantire che tutte le imprese che procedono alla decontaminazione e/o allo smaltimento dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB debbano ottenere un permesso a norma dell'articolo 9 della direttiva 75/442/CEE.2. In caso di smaltimento mediante incenerimento si applicano le disposizioni della direttiva 94/67/CE del Consiglio, del 16 dicembre 1994, relativa all'incenerimento dei rifiuti pericolosi (12). Possono essere autorizzati altri metodi di smaltimento dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB a condizione che soddisfino norme di sicurezza in materia ambientale equivalente a quelle relative all'incenerimento e rispettino i requisiti tecnici relativi alle migliori tecniche disponibili.3. Gli Stati membri adottano individualmente o di concerto, le misure necessarie per sviluppare, se opportuno e tenuto conto dell'articolo 4, paragrafo 3, lettera a), punto ii) del regolamento 93/259/CEE (13) e dell'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 75/442/CEE, gli impianti per lo smaltimento, la decontaminazione e il deposito in condizioni di sicurezza dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB.Articolo 9 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i trasformatori contenenti più dello 0,05 % in peso di PCB possano essere contaminati alle seguenti condizioni:a) la decontaminazione deve essere intesa a ridurre il tenore di PCB a un valore inferiore allo 0,05 % in peso e, possibilmente, non superiore allo 0,005 % in peso;b) il fluido sostitutivo non contenente PCB deve comportare rischi nettamente inferiori;c) la sostituzione del fluido non deve compromettere il successivo smaltimento dei PCB;d) l'etichetta del trasformatore dopo la decontaminazione va sostituita da quella specificata nell'allegato.2. In deroga all'articolo 3, gli Stati membri assicurano che i trasformatori i cui fluidi contengono tra lo 0,05 % e lo 0,005 % in peso di PCB siano decontaminati alle condizioni previste al paragrafo 1, lettere b), c) e d) oppure smaltiti alla fine della loro esistenza operativa.Articolo 10 La Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE:a) fissa i parametri per determinare il tenore in PCB dei materiali contaminati. Le misurazioni effettuate prima della fissazione dei parametri restano valide;b) può fissare requisiti tecnici per gli altri metodi di smaltimento dei PCB di cui alla seconda frase dell'articolo 8, paragrafo 2;c) fornirà un elenco delle denominazioni di produzione dei condensatori, delle resistenze o degli induttori contenenti PCB;d) definisce, se necessario, esclusivamente ai fini dell'articolo 9, paragrafo 1, lettere b) e c), altri prodotti sostitutivi dei PCB pericolosi.Articolo 11 1. Entro tre anni dall'adozione della presente direttiva gli Stati membri predispongono:- un programma per la decontaminazione e/o lo smaltimento degli apparecchi inventariati e dei PCB in essi contenuti;- un bozza di piano per la raccolta e il successivo smaltimento degli apparecchi non soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, come previsto all'articolo 6, paragrafo 3.2. Gli Stati membri comunicano senza indugio detto programma e detta bozza di piano alla Commissione.Articolo 12 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di diciotto mesi a decorrere dalla data di adozione. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento al momento della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli altri Stati membri.Articolo 13 1. La presente direttiva entra in vigore alla data della sua adozione e sostituisce da tale data la direttiva 76/403/CEE.2. Con effetto dalla data di cui al paragrafo 1:a) il riferimento ai «PCB e PCT ai sensi della direttiva 76/403/CEE» contenuto nell'articolo 10, paragrafo 1 della direttiva 87/101/CEE (14) è sostituito da un riferimento ai PCB ai sensi della presente direttiva;b) il riferimento alla direttiva 76/403/CEE contenuto nell'articolo 10, paragrafo 2 della direttiva 87/101/CEE è inteso come riferimento alla presente direttiva;c) il riferimento all'articolo 6 della direttiva 76/403/CEE contenuto nell'articolo 2, lettera j) del regolamento (CEE) n. 259/93 è inteso come riferimento all'articolo 8 della presente direttiva.Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 16 settembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteI. YATES(1) GU n. C 319 del 12. 12. 1988, pag. 57 eGU n. C 299 del 20. 11. 1991, pag. 9.(2) GU n. C 139 del 5. 6. 1989, pag. 1.(3) Pareri del Parlamento europeo del 17 maggio 1990 (GU n. C 149 del 18. 6. 1990, pag. 150) e del 12 dicembre 1990 (GU n. C 19 del 28. 1. 1991, pag 83), posizione comune del Consiglio del 27 novembre 1995 (GU n. C 87 del 25. 3. 1996, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 22 maggio 1996 (GU n. C 166 del 10. 6. 1996, pag. 76).(4) GU n. L 108 del 26. 4. 1976, pag. 41.(5) GU n. L 262 del 27. 9. 1976, pag. 201. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/60/CE (GU n. L 365 del 31. 12. 1994, pag. 1).(6) GU n. C 122 del 18. 5. 1990, pag. 2.(7) GU n. C 138 del 17. 5. 1993, pag. 1.(8) GU n. L 194 del 25. 7. 1975, pag. 39. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 94/3/CE della Commissione (GU n. L 5 del 7. 1. 1994, pag. 15).(9) Riunione ministeriale delle Commissioni di Oslo e di Parigi del 21-22 settembre 1992.(10) GU n. L 194 del 25. 7. 1975, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 91/692/CEE (GU n. L 377 del 31. 12. 1991, pag. 48).(11) GU n. L 186 del 12. 7. 1991, pag. 64.(12) GU n. L 365 del 31. 12. 1994, pag. 34.(13) GU n. L 30 del 6. 2. 1993, pag. 1. Regolamento modificato dalla decisione 94/721/CE della Commissione (GU n. L 288 del 9. 11. 1994, pag. 36).(14) GU n. L 42 del 12. 2. 1987, pag. 43.ALLEGATO Etichettatura degli apparecchi contenenti PCB decontaminati Ciascun elemento dell'apparecchio decontaminato deve recare in modo chiaro un'etichetta indelebile in rilievo o in incavo, che rechi i seguenti dati e sia redatta nella lingua del paese di utilizzazione dell'apparecchio:>INIZIO DI UN GRAFICO>APPARECCHI CONTENENTI PCB DECONTAMINATIIl fluido contenente PCB è stato sostituito- con .......... (fluido sostitutivo)- il .......... (data)- da .......... (impresa)Concentrazione di PCB nel- vecchio fluido .......... % in peso- nuovo fluido .......... % in peso.>FINE DI UN GRAFICO> | Smaltimento dei policlorodifenili (PCB) e dei policlorotrifenili (PCT)
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Armonizza la normativa sullo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT)* e sulla decontaminazione o lo smaltimento degli apparecchi che li contengono.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che:
i PCB e i PCT usati, nonché gli apparecchi che li contengono, siano smaltiti nel più breve tempo possibile;
siano compilati inventari degli apparecchi contenenti più di 5 litri di PCB e PCT, e ne sia trasmessa una sintesi alla Commissione europea non oltre tre anni dall’adozione della normativa;
le aziende che smaltiscono i PCB e i PCT siano autorizzate e conservino registri sulla quantità, l’origine e la natura dei PCB e PCT usati che ricevono;
siano previste misure di sicurezza per prevenire ogni rischio di incendio di PCB e PCT o degli apparecchi che li contengono;
i PCB o i PCT non siano bruciati sulle navi;
i trasformatori non siano riempiti con PCB e PCT;
i trasformatori contenenti più dello 0,05 % in peso di PCB o PCT siano decontaminati secondo le condizioni previste dalla normativa;
gli apparecchi contenenti più di 5 litri di PCB e PCT siano decontaminati e/o smaltiti al più tardi entro la fine del 2010, fatta eccezione per i trasformatori contenenti tra lo 0,05 % e lo 0,005 % in peso di PCB o PCT, che possono essere smaltiti alla fine della loro esistenza operativa.
Gli inventari devono contenere:
il nome e l’indirizzo del titolare degli apparecchi;
la collocazione e la descrizione degli apparecchi;
il quantitativo di PCB o PCT contenuto in tali apparecchi;
le date e i tipi di trattamento o di sostituzione effettuati o previsti;
la data della notifica.
La Commissione:
fissa i parametri per determinare il tenore in PCB e PCT dei materiali contaminati;
definisce i requisiti tecnici per altre modalità di smaltimento dei PCB e dei PCT;
rende disponibile un elenco delle denominazioni di produzione dei condensatori, delle resistenze o degli induttori contenenti PCB e PCT;
definisce, se necessario, altri prodotti sostitutivi dei PCB e PCT pericolosi.
Il regolamento (CE) n. 850/2004 sugli inquinanti organici persistenti (POP) fornisce il quadro giuridico per i POP e si applica anche ai PCB, che sono stati classificati come POP.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 16 settembre 1996. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 16 marzo 1998.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
«Policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT)» sul sito Internet della Commissione europea
* TERMINE CHIAVE
Policlorodifenili (PCB) e policlorotrifenili (PCT): un gruppo di composti artificiali che sono stati ampiamente utilizzati in passato, soprattutto negli apparecchi elettrici. Sono stati vietati alla fine degli anni settanta in molti paesi a causa delle preoccupazioni ambientali.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 96/59/CE del Consiglio, del 16 settembre 1996, concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) (GU L 243 del 24.9.1996, pag. 31-35)
Le successive modifiche alla direttiva 96/59/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Decisione 2001/68/CE della Commissione, del 16 gennaio 2001, che definisce due parametri relativi ai PCB ai sensi dell’articolo 10, lettera a), della direttiva 96/59/CE del Consiglio concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) [notificata con il numero C(2001) 107] (GU L 23 del 25.1.2001, pag. 31)
Regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo agli inquinanti organici persistenti e che modifica la direttiva 79/117/CEE (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 7-49)
Rettifica del regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo agli inquinanti organici persistenti e che modifica la direttiva 79/117/CEE (GU L 158 del 30.4.2004) (GU L 229 del 29.6.2004, pag. 5-22)
Si veda la versione consolidata | 7,919 | 723 |
31992H0441 | false | 92/441/CEE: Raccomandazione del Consiglio, del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale
Gazzetta ufficiale n. L 245 del 26/08/1992 pag. 0046 - 0048
RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 24 giugno 1992 in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale (92/441/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 235, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3); (1) considerando che per il rafforzamento della coesione sociale nella Comunità occorre favorire la solidarietà nei confronti delle persone più svantaggiate e vulnerabili; (2) considerando che il rispetto della dignità umana costituisce uno dei diritti fondamentali su cui è basato il diritto comunitario, riconosciuti nel preambolo dell'atto unico europeo; (3) considerando che nell'ultimo decennio si sono potenziati e diversificati i processi di emarginazione sociale ed i rischi di caduta in condizioni di precarietà, soprattutto a seguito dell'evoluzione combinata, da un lato, del mercato del lavoro, con particolare riguardo all'aumento della disoccupazione protratta e, dall'altro, delle strutture familiari, con particolare riguardo al moltiplicarsi delle situazioini d'isolamento; (4) considerando che alla politica generale di sviluppo, la quale può contribuire a frenare le evoluzioni strutturali indicate, occorre abbinare politiche di integrazione specifiche, sistematiche e coerenti; (5) considerando che è pertanto opportuno perseverare negli sforzi e consolidare i progressi finora compiuti nelle politiche sociali e adeguare tali politiche al carattere pluridimensionale dell'emarginazione sociale, il che implica la necessità di affiancare alle varie forme necessarie di sostegno immediato altre misure volte a fovorire con decisione l'integrazione economica e sociale dei cittadini interessati; (6) considerando che coloro che soffrono di penuria, irregolarità e precarietà delle risorse non sono in grado di partecipare attivamente alla vita economica e sociale della società in cui vivono né d'inserirsi con possibilità di riuscita nel processo d'integrazione economica e sociale e che di conseguenza ai soggetti più svantaggiati, nell'ambito di una politica globale e coerente di sostegno al loro inserimento, va riconosciuto il diritto a risorse sufficienti, stabili e prevedibili; (7) considerando che il Consiglio ed i ministri degli Affari sociali riuniti in sede di Consiglio il 29 settembre 1989 hanno adottato una risoluzione riguardante la lotta contro l'esclusione sociale (4) in cui si afferma che la lotta all'emarginazione sociale può considerarsi una componente importante della dimensione sociale del mercato interno; (8) considerando che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri nel Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, proclama, nell'ottavo considerando e ai punti 10 e 25: «considerando che (. . .) in uno spirito di solidarietà, si deve combattere l'emarginazione sociale;» «Secondo le modalità specifiche di ciascun paese: 10. Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal regime e dalla dimensione dell'impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente. Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi, e che sono prive di mezzi di sostentamento devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro situazione personale.» «25. Ogni persona che ha raggiunto l'età del pensionamento, ma alla quale sia precluso il diritto alla pensione, e che non abbia altri mezzi di sostentamento, deve poter beneficiare di risorse sufficienti e di un assistenza sociale e sanitaria commisurate alle sue specifiche necessità»; (9) considerando che questo aspetto fondamentale della lotta contro l'emarginazione sociale è stato recepito dalla Commissione nel suo programma d'azione per l'attuazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, nell'ambito del quale particolare risalto è attribuito ad un'iniziativa comunitaria rivolta, in spirito di solidarietà, ai cittadini meno favoriti della Comunità, compresi gli anziani, la cui situazione troppo di frequente è equiparabile a quella degli esclusi dal mercato del lavoro; (10) considerando che l'attuazione di una garanzia di risorse e di prestazioni rientra nell'ambito della protezione sociale e che spetta gli Stati membri qualificare, a questo proposito, la natura giuridica delle disposizioni atte ad assicurare detta garanzia, le quali tuttavia, nella maggior parte degli Stati membri, non fanno parte della sicurezza sociale; (11) considerando che nell'attuazione progressiva della raccomandazione occorre tener conto della disponibilità di risorse finanziarie, delle priorità nazionali e degli equilibri all'interno dei sistemi nazionali di protezione sociale; che negli Stati membri sussistono disparità di sviluppo per quanto concerne la protezione sociale; (12) considerando che il Parlamento europeo, nella sua risoluzione concernente la lotta contro la povertà nella Comunità europea (5), ha auspicato l'introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo garantito, inteso quale fattore d'inserimento nella società dei cittadini più poveri; (13) considerando che il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 12 luglio 1989 in merito alla povertà (6), ha anch'esso raccomandato l'introduzione di un minimo sociale, concepito ad un tempo come rete di sicurezza per i poveri e strumento del loro reinserimento sociale; (14) considerando che la presente raccomandazione non pregiudica le disposizioni nazionali e comunitarie in materia di diritto di soggiorno; (15) considerando che per il conseguimento degli obiettivi della presente raccomandazione il trattato prevede quale strumento d'azione soltanto l'articolo 235, I. RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI: A. di riconoscere, nell'ambito d'un dispositivo globale e coerente di lotta all'emarginazione sociale, il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana e di adeguare di conseguenza, se e per quanto occorra, i propri sistemi di protezione sociale ai principi e agli orientamenti esposti in appresso; B. di attuare il riconoscimento di tale diritto in base ai criteri generali seguenti: 1. affermazione di un diritto fondato sul rispetto della dignità della persona umana; 2. definizione del campo di applicazione individuale di tale diritto, in considerazione della residenza legale e della nazionalità, conformemente alle disposizioni pertinenti in materia di residenza e/o di soggiorno, con l'obiettivo di comprendere progressivamente nella misura più ampia possibile, secondo le modalità previste dagli Stati membri, tutte le situazioni di emarginazione; 3. possibilità di fruire del diritto per tutti coloro che non dispongono essi stessi, o nell'ambito del nucleo familiare in cui vivono, di risorse sufficienti, - fatta salva una disponibilità attiva al lavoro o alla formazione professionale finalizzata all'ottenimento di un lavoro per coloro la cui età, salute e situazione familiare permettano una siffatta disponibilità attiva, oppure, se del caso, fatte salve misure di integrazione economica e sociale per le altre persone, e - fatta salva la facoltà degli Stati membri di non permettere alle persone aventi un'attività a tempo pieno o agli studenti di fruire di questo diritto; 4. accesso al diritto senza limiti di durata, purché il titolare resti in possesso dei requisiti prescritti e nell'intesa che, in concreto, il diritto può essere previsto per periodi limitati, ma rinnovabili; 5. carattere ausiliario di questo diritto rispetto agli altri diritti in materia sociale tenendo presente contemporaneamente la necessità di perseguire il reinserimento delle persone più povere nei sistemi di diritti generali; 6. attuazione, a fianco del diritto in oggetto, delle politiche ritenute necessarie, a livello nazionale, per l'integrazione economica e sociale dei cittadini interessati, quali previste nella risoluzione del Consiglio del 29 settembre 1989, riguardante la lotta contro l'esclusione sociale; C. di organizzare l'attuazione del diritto in oggetto in base agli orientamenti pratici seguenti: 1. a) fissare, tenendo conto del livello di vita e dei prezzi nello Stato membro interessato e in rapporto a differenti tipi e dimensioni di nuclei familiari, l'entità delle risorse giudicate sufficienti a coprire i bisogni essenziali per il rispetto della dignità umana; b) adeguare o integrare gli importi per soddisfare bisogni specifici; c) per la fissazione degli importi, fare riferimento ad indicatori ritenuti appropriati quali, per esempio, la statistica del reddito medio disponibile nello Stato membro, la statistica dei consumi dei nuclei familiari, il salario minimo legale se questo esiste o il livello dei prezzi; d) garantire un incentivo alla ricerca di un'occupazione per i soggetti in età lavorativa e abili al lavoro; e) definire modalità di revisione periodica degli importi in oggetto, in rapporto agli indicatori sopra indicati, ai fini di garantire in permanenza la copertura dei bisogni; 2. prevedere per le persone le cui risorse, valutate a livello d'individuo o di nucleo familiare, restano al di sotto dell'importo in tal modo determinato, adeguato o integrato, la concessione di un sostegno finanziario differenziale che consenta loro di disporre effettivamente di tale importo; 3. adottare le disposizioni necessarie affinché, per quanto riguarda l'entità del sostegno monetario così accordato, l'applicazione delle norme in vigore nei settori del fisco, delle obbligazioni civili e della sicurezza sociale tenga conto del livello delle risorse e prestazioni sufficienti richieste per vivere conformemente alla dignità umana; 4. adottare tutte le disposizioni necessarie per offrire ai cittadini interessati una serie di adeguate misure sociali di accompagnamento, quali attività di consulenza, informazione e assistenza per far valere i propri diritti; 5. adottare, per i soggetti in età lavorativa e abili al lavoro, le opportune disposizioni, se necessario anche nel campo della formazione professionale, per aiutarli in modo efficace a integrarsi o reintegrarsi nella vita attiva; 6. adottare le misure necessarie affinché le persone più bisognose siano effettivamente informate del loro diritto; semplificare al massimo le procedure amministrative e le modalità d'esame delle risorse e delle situazioni che fanno beneficiare di tale diritto; prevedere, per quanto possibile e conformemente alle disposizioni nazionali, modalità di ricorso presso enti indipendenti, come i tribunali, che siano facilmente accessibili per gli interessati; D. di prevedere questa garanzia di risorse e prestazioni nell'ambito dei regimi di protezione sociale; specificarne le modalità, finanziarne i costi ed organizzarne la gestione e l'attuazione in conformità della legislazione e/o delle prassi vigenti in campo nazionale; E. di attuare le misure previste dalla presente raccomandazione sin d'ora e progressivamente, in modo da poter stabilire un bilancio al termine di cinque anni: - tenendo conto della disponibilità delle risorse economiche e finanziarie nonché delle priorità stabilite dalle autorità nazionali e degli equilibri interni dei regimi di protezione sociale, e - modulando, se dal caso, il campo della loro applicazione per fasce d'età o per situazione familiare; F. di adottare disposizioni idonee: - per raccogliere informazioni sistematiche sulle modalità effettive di accesso della popolazione interessata alle misure previste e - per effettuare una valutazione metodica della loro attuazione e dei risultati; II. E, A QUESTO SCOPO, DÀ MANDATO ALLA COMMISSIONE: 1. di favorire e di organizzare, d'intesa con gli Stati membri, lo scambio sistematico delle informazioni e delle esperienze e la valutazione in continuo delle normative nazionali adottate; 2. di presentare periodicamente al Consiglio, al Parlamento europeo ed al Comitato economico e sociale un rapporto in cui, sulla scorta delle informazioni ricevute dagli Stato membri, sia fatto il punto dei progressi compiuti e degli impedimenti incontrati nell'attuazione della presente raccomandazione. Fatto a Lussemburgo, addì 24 giugno 1992. Per il Consiglio Il presidente José da SILVA PENEDA (1) GU n. C 163 del 22. 6. 1991, pag. 3.(2) GU n. C 150 del 15. 6. 1992.(3) GU n. C 14 del 20. 1. 1992, pag. 1.(4) GU n. C 277 del 31. 10. 1989, pag. 1.(5) GU n. C 262 del 10. 10. 1988, pag. 194.(6) GU n. C 221 del 28. 8. 1989, pag. 10. | Risorse e prestazioni sufficienti
Le persone con residenza nell'Unione europea (UE) dovrebbero avere accesso a risorse e prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana. La presente raccomandazione definisce i principi comuni per l'attuazione di tale diritto negli Stati membri con l'obiettivo di comprendere progressivamente tutte le situazioni di esclusione.
ATTO
Raccomandazione 92/441/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale [pubblicata nella Gazzetta ufficiale L 245 del 26.08.1992].
SINTESI
Gli Stati membri dell'Unione europea (UE) devono riconoscere il diritto fondamentale della persona a risorse e prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana.
Tale diritto dovrà essere realizzato nel quadro di strategie politiche nazionali di lotta contro l’esclusione sociale. Riguarda tutti coloro che risiedono nel territorio dell’UE che non dispongono essi stessi, o nell'ambito del nucleo familiare in cui vivono, di risorse sufficienti.
Il livello di risorse sufficienti dovrà essere fissato tenendo conto della situazione personale delle persone, in particolare le dimensioni del loro nucleo familiare, i bisogni specifici e il costo della vita nello Stato membro interessato.
L’accesso dei richiedenti a tale diritto non può essere limitato nel tempo purché sussistano le condizioni all'accesso stesso. Tuttavia, gli Stati membri possono definire limitazioni riguardanti gli studenti, le persone aventi un'attività a tempo pieno e le persone capaci di esercitare un'attività professionale.
L'attuazione di tale diritto dovrà essere assicurata nel quadro dei regimi di protezione sociale. Inoltre, gli Stati membri dovranno in particolare:
semplificare le procedure amministrative e i ricorsi giudiziari;
prevedere misure sociali di accompagnamento;
informare sui loro diritti le persone più vulnerabili;
garantire incentivi alla ricerca di un'occupazione;
adattare il fisco, le norme in materia di sicurezza sociale e delle obbligazioni civili delle persone.
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 25 gennaio 1999, sull'attuazione della raccomandazione 92/441/CEE, del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale [COM(98) 774 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Allo scopo di migliorare ulteriormente la situazione dei beneficiari del reddito minimo, la Commissione propone di:
ottimizzare la protezione sociale, per una migliore copertura dei bisogni essenziali;
pervenire a una maggiore coerenza tra i minimi sociali e le prestazioni sociali, in particolare per il mantenimento del reddito minimo a completamento dei redditi di lavoro;
migliorare l'accesso all'occupazione e alla formazione;
migliorare l'integrazione economica e sociale dei beneficiari diretti dei redditi minimi. | 4,761 | 582 |
32009L0148 | false | DIRETTIVA 2009/148/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro
(versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 137, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 83/477/CEE del Consiglio, del 19 settembre 1983, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro (seconda direttiva particolare ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 80/1107/CE) (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per fini di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla codificazione di detta direttiva.
(2)
L’amianto è un agente particolarmente pericoloso che può causare malattie gravi e che è presente in numerose situazioni di lavoro e, pertanto, un elevato numero di lavoratori risulta esposto a un potenziale rischio per la salute. La crocidolite è considerata come una varietà di amianto particolarmente pericolosa.
(3)
Le attuali conoscenze scientifiche non sono tali da consentire di stabilire un livello al di sotto del quale non vi siano più rischi per la salute; tuttavia, riducendo il tempo di esposizione all’amianto, diminuirà il rischio di malattie ad esso connesse. È quindi necessario prevedere l’istituzione di misure specifiche armonizzate per la tutela dei lavoratori contro l’amianto. La presente direttiva comporta prescrizioni minime che saranno rivedute in base all’esperienza acquisita e all’evoluzione della tecnica in questo campo.
(4)
La microscopia ottica, pur non consentendo il conteggio delle fibre più sottili, nocive alla salute, è comunque il metodo più usato per una regolare misurazione dell’amianto.
(5)
Misure preventive ai fini della protezione della salute dei lavoratori esposti all’amianto e dell’impegno previsto per gli Stati membri in materia di sorveglianza della salute di detti lavoratori sono importanti.
(6)
Al fine di garantire la chiarezza della definizione delle fibre, occorre definirle sia in termini mineralogici sia rispetto al loro numero CAS (Chemical Abstract Service).
(7)
Fatte salve altre disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione e di utilizzazione dell’amianto, una limitazione delle attività che comportano un’esposizione all’amianto dovrebbe svolgere un ruolo molto importante nella prevenzione delle malattie derivanti da tale esposizione.
(8)
Il sistema di notifica delle attività comportanti un’esposizione all’amianto dovrebbe essere adattato alle nuove situazioni di lavoro.
(9)
Il divieto dell’uso dell’amianto in applicazione a spruzzo non è sufficiente per evitare la presenza di particelle di amianto nell’atmosfera. Occorre vietare anche le attività che espongono i lavoratori alle fibre di amianto durante l’estrazione dell’amianto, la fabbricazione e la lavorazione di prodotti a base di amianto o la fabbricazione e la lavorazione di prodotti contenenti fibre d’amianto aggiunte deliberatamente, tenuto conto che il livello d’esposizione delle stesse è elevato e difficile da prevenire.
(10)
Tenuto conto delle conoscenze tecniche più recenti, occorre definire la metodologia di prelievo dei campioni per la misurazione del tenore di amianto nell’aria, nonché il metodo di conteggio delle fibre.
(11)
Anche se non è stato ancora possibile determinare il livello di esposizione al di sotto del quale l’amianto non comporta rischi di cancro, è opportuno ridurre al minimo l’esposizione professionale dei lavoratori all’amianto.
(12)
È opportuno che i datori di lavoro siano tenuti a individuare, prima della realizzazione del progetto di rimozione dell’amianto, la presenza o l’eventuale presenza di amianto negli edifici o negli impianti e a darne comunicazione alle altre persone che possono essere esposte all’amianto per via dell’utilizzo degli edifici, di lavori di manutenzione o di altre attività all’interno o all’esterno di essi.
(13)
È indispensabile accertarsi che i lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto vengano effettuati da imprese che conoscono tutte le precauzioni da adottare per tutelare i lavoratori.
(14)
Una formazione specifica dei lavoratori esposti o che possono essere esposti all’amianto contribuirà in modo significativo a ridurre i rischi derivanti da tale esposizione.
(15)
A fini di un’individuazione precoce delle patologie dovute all’amianto è opportuno prevedere, alla luce delle conoscenze mediche più recenti, raccomandazioni pratiche per la sorveglianza clinica dei lavoratori esposti.
(16)
Poiché l’obiettivo dell’azione prevista, vale a dire il miglioramento della protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(17)
Le disposizioni che figurano nella presente direttiva costituiscono un elemento concreto della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno. Tali disposizioni sono limitate al minimo per non ostacolare inutilmente la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese.
(18)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato II, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva ha per oggetto la protezione dei lavoratori contro i rischi che derivano o possono derivare per la loro salute dall’esposizione all’amianto, durante il lavoro, nonché la prevenzione di tali rischi.
Essa fissa i valori limite di tale esposizione e altre disposizioni specifiche.
2. La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che garantiscono una maggiore protezione dei lavoratori, in particolare per quanto riguarda la sostituzione dell’amianto con prodotti sostitutivi meno pericolosi.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva, il termine «amianto» indica i seguenti silicati fibrosi:
a)
l’actinolite d’amianto, n. 77536-66-4 del CAS (5);
b)
la grunerite d’amianto (amosite), n. 12172-73-5 del CAS (5);
c)
l’antofillite d’amianto, n. 77536-67-5 del CAS (5);
d)
il crisotilo, n. 12001-29-5 del CAS (5);
e)
la crocidolite, n. 12001-28-4 del CAS (5);
f)
la tremolite d’amianto, n. 77536-68-6 del CAS (5).
Articolo 3
1. La presente direttiva si applica alle attività nelle quali i lavoratori sono, o possono essere, esposti durante il lavoro alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali contenenti amianto.
2. Per qualsiasi attività che possa presentare un rischio di esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali contenenti amianto, è necessario valutare tale rischio in modo da stabilire la natura e il grado dell’esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto.
3. Purché si tratti di esposizioni dei lavoratori sporadiche e di debole intensità e risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di cui al paragrafo 2 che il valore limite di esposizione all’amianto non sarà superato nell’aria dell’ambiente di lavoro, gli articoli 4, 18 e 19 possono non essere applicati quando il lavoro prevede:
a)
brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b)
la rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate a una matrice;
c)
l’incapsulamento e il condizionamento di guaine a materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato;
d)
la sorveglianza e il controllo dell’aria e il prelievo di campioni ai fini dell’individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale.
4. Gli Stati membri stabiliscono, previa consultazione delle parti sociali e in conformità con la legislazione e le prassi nazionali, orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità di cui al paragrafo 3.
5. La valutazione di cui al paragrafo 2 forma oggetto di una consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento e viene sottoposta a revisione quando sia giustificato ritenere che non sia corretta o quando intervenga nel lavoro una modifica sostanziale.
Articolo 4
1. Fatto salvo l’articolo 3, paragrafo 3, sono prese le misure previste ai paragrafi da 2 a 5.
2. Le attività di cui all’articolo 3, paragrafo 1, formano oggetto di un sistema di notifica gestito dalle autorità responsabili dello Stato membro.
3. La notifica di cui al paragrafo 2 dev’essere presentata dal datore di lavoro all’autorità responsabile dello Stato membro, prima dell’inizio dei lavori, ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali.
Tale notifica deve comprendere almeno una descrizione sintetica:
a)
dell’ubicazione del cantiere;
b)
del tipo e dei quantitativi di amianto utilizzati o maneggiati;
c)
delle attività e dei procedimenti applicati;
d)
del numero dei lavoratori interessati;
e)
della data di inizio dei lavori e della relativa durata;
f)
delle misure adottate per limitare l’esposizione dei lavoratori all’amianto.
4. I lavoratori e/o i loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento hanno accesso al documento oggetto della notifica di cui al paragrafo 2, relativa all’impresa o allo stabilimento, in conformità delle legislazioni nazionali.
5. Occorre procedere a una nuova notifica ogniqualvolta una modifica delle condizioni di lavoro può comportare un aumento significativo dell’esposizione alla polvere prodotta dall’amianto o da materiali contenenti amianto.
Articolo 5
Sono vietati l’uso dell’amianto in applicazione a spruzzo, nonché le attività che implicano l’incorporazione di materiali isolanti o insonorizzanti a bassa densità (inferiore a 1 g/cm3) che contengono amianto.
Fatta salva l’applicazione di altre disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione e di utilizzazione dell’amianto, le attività che espongono i lavoratori alle fibre di amianto durante l’estrazione dell’amianto, la fabbricazione e la lavorazione di prodotti a base di amianto o la fabbricazione o la lavorazione di prodotti contenenti amianto aggiunto deliberatamente sono vietate, ad eccezione del trattamento e della messa in discarica dei prodotti risultanti dalla demolizione e dalla rimozione dell’amianto.
Articolo 6
Per tutte le attività di cui all’articolo 3, paragrafo 1, l’esposizione dei lavoratori alla polvere prodotta dall’amianto o da materiali contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo e in ogni caso al di sotto del valore limite fissato nell’articolo 8, in particolare attraverso le seguenti misure:
a)
il numero di lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere prodotta dall’amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al numero più basso possibile;
b)
i processi lavorativi devono essere concepiti in modo da evitare di produrre polvere di amianto o, se ciò non è possibile, da evitare emissioni di polvere di amianto nell’aria;
c)
tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell’amianto devono poter essere regolarmente sottoposti a un’efficace pulizia e manutenzione;
d)
l’amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi chiusi;
e)
i residui devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sarà apposta un’etichettatura indicante che contengono amianto; questa misura non si applica alle attività estrattive; detti residui devono essere successivamente trattati ai sensi della direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi (6).
Articolo 7
1. Per garantire il rispetto del valore limite fissato all’articolo 8 e in funzione dei risultati della valutazione iniziale dei rischi, la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell’aria del luogo di lavoro dev’essere effettuata regolarmente.
2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell’esposizione personale del lavoratore alla polvere prodotta dall’amianto o da materiali contenenti amianto.
3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento.
4. Il prelievo dei campioni dev’essere effettuato da personale in possesso delle qualifiche richieste. I campioni prelevati sono successivamente analizzati a norma del paragrafo 6 in laboratori attrezzati per il conteggio delle fibre.
5. La durata dei campionamenti dev’essere tale da consentire di stabilire un’esposizione rappresentativa per un periodo di riferimento di otto ore (un turno) tramite misurazioni o calcoli ponderati nel tempo.
6. Il conteggio delle fibre è effettuato di preferenza tramite microscopio a contrasto di fase (PCM), applicando il metodo raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 1997 (7) o qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.
Ai fini della misurazione dell’amianto nell’aria di cui al paragrafo 1 si prendono in considerazione unicamente le fibre che abbiano una lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza inferiore a tre micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia superiore a 3:1.
Articolo 8
I datori di lavoro provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto in sospensione nell’aria superiore a 0,1 fibre per cm3, misurata in rapporto a una media ponderata nel tempo di riferimento di 8 ore (TWA).
Articolo 9
Le modifiche necessarie per l’adeguamento dell’allegato I della presente direttiva al progresso tecnico sono apportate secondo la procedura di cui all’articolo 17 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (8).
Articolo 10
1. Quando il valore limite fissato all’articolo 8 viene superato, devono essere individuate le cause di questo superamento e adottate il più presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione.
Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.
2. Per verificare l’efficacia delle misure di cui al paragrafo 1, primo comma, si procede immediatamente a una nuova determinazione del tenore di amianto nell’aria.
3. Quando l’esposizione non può essere ridotta con altri mezzi e il valore limite impone l’uso di un dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie, tale uso non può essere permanente e la sua durata per ogni lavoratore deve essere limitata al minimo strettamente necessario. Se del caso, di concerto con i lavoratori e/o i loro rappresentanti, in conformità con la legislazione e le prassi nazionali, sono previsti, in funzione dell’impegno fisico e delle condizioni climatiche, i periodi di riposo necessari nel corso di attività che richiedono un dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie.
Articolo 11
Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, i datori di lavoro adottano, eventualmente chiedendo informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta a individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto di amianto.
Se vi è il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione, occorre applicare le disposizioni previste dalla presente direttiva.
Articolo 12
Per talune attività, quali lavori di demolizione, di rimozione dell’amianto, di riparazione e di manutenzione per le quali è prevedibile il superamento del valore limite fissato all’articolo 8 nonostante l’adozione di misure tecniche preventive per limitare il tenore di amianto nell’aria, il datore di lavoro stabilisce le misure destinate a garantire la protezione dei lavoratori durante tali attività, in particolare le seguenti:
a)
i lavoratori ricevono un apposito dispositivo di protezione delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuale che essi devono indossare;
b)
sono affissi cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore limite fissato all’articolo 8; e
c)
è evitata la dispersione della polvere prodotta dall’amianto o dai materiali contenenti amianto al di fuori dei locali/luoghi dei lavori.
I lavoratori e/o i loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento sono consultati su tali misure prima di procedere a tali attività.
Articolo 13
1. Un piano di lavoro è predisposto prima dell’inizio dei lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto e/o dei materiali contenenti amianto dagli edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonché dalle navi.
2. Il piano di cui al paragrafo 1 deve prevedere le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
Il piano deve in particolare prevedere che:
a)
l’amianto e/o i materiali contenenti amianto siano rimossi prima dell’applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato dal fatto che l’amianto e/o i materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto;
b)
vengano forniti, se necessario, i dispositivi di protezione individuale di cui all’articolo 12, primo comma, lettera a);
c)
al termine dei lavori di demolizione o di rimozione dell’amianto sia accertata l’assenza di rischi dovuti all’esposizione all’amianto sul luogo di lavoro, conformemente alla legislazione e alle prassi nazionali.
Su richiesta delle autorità competenti, il piano deve contenere informazioni sui seguenti punti:
a)
natura e durata probabile dei lavori;
b)
luogo di esecuzione dei lavori;
c)
metodi applicati qualora i lavori implichino la manipolazione di amianto o di materiali contenenti amianto;
d)
caratteristiche degli equipaggiamenti utilizzati ai fini:
i)
della protezione e della decontaminazione del personale incaricato dei lavori;
ii)
della protezione delle altre persone che si trovano sul luogo dei lavori o in prossimità di quest’ultimo.
3. Su richiesta delle autorità competenti, il piano di cui al paragrafo 1 deve essere loro notificato prima dell’inizio dei lavori previsti.
Articolo 14
1. I datori di lavoro devono prevedere un’idonea formazione per tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali contenenti amianto. Tale formazione deve avvenire senza alcun onere a carico dei lavoratori e a intervalli regolari.
2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie in materia di prevenzione e sicurezza, in particolare per quanto riguarda:
a)
le proprietà dell’amianto e i suoi effetti sulla salute, incluso l’effetto sinergico dovuto al fumare;
b)
i tipi di prodotti o materiali che possono contenere amianto;
c)
le operazioni che possono comportare un’esposizione all’amianto e l’importanza dei controlli preventivi per ridurre al minimo tale esposizione;
d)
le prassi di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature di protezione;
e)
la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
f)
le procedure di emergenza;
g)
le procedure di decontaminazione;
h)
l’eliminazione dei residui;
i)
la necessità del controllo sanitario.
3. Gli orientamenti pratici per la formazione degli addetti all’eliminazione dell’amianto sono messi a punto a livello comunitario.
Articolo 15
Prima di effettuare lavori di demolizione o rimozione dell’amianto, le imprese devono dare prova della loro competenza nel settore. Tale prova è stabilita conformemente alle legislazioni e/o alle prassi nazionali.
Articolo 16
1. Per tutte le attività di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e fatto salvo l’articolo 3, paragrafo 3, sono prese le misure appropriate affinché:
a)
i luoghi in cui si svolgono tali attività siano:
i)
chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi cartelli;
ii)
accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;
iii)
oggetto di un divieto di fumare;
b)
siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori di mangiare e bere senza rischio di contaminazione da polvere di amianto;
c)
siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti di lavoro o protettivi; detti indumenti di lavoro o protettivi devono restare all’interno dell’impresa; essi possono tuttavia essere trasportati all’esterno per il lavaggio in lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, qualora l’impresa stessa non provveda al lavaggio; in tal caso il trasporto di tali indumenti deve avvenire in contenitori chiusi;
d)
gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un luogo separato da quello destinato agli abiti civili;
e)
i lavoratori possano disporre di impianti sanitari adeguati, provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
f)
l’equipaggiamento protettivo sia custodito in locali all’uopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione; devono essere prese misure per riparare o sostituire l’equipaggiamento difettoso prima di una nuova utilizzazione.
2. Il costo delle misure prese in applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1 non può essere a carico dei lavoratori.
Articolo 17
1. Per qualsiasi attività di cui all’articolo 3, paragrafo 1, sono prese le misure appropriate affinché i lavoratori, nonché i loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento, ricevano adeguate informazioni circa:
a)
i rischi potenziali per la salute, dovuti all’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali contenenti amianto;
b)
l’esistenza di valori limite regolamentari e la necessità della sorveglianza atmosferica;
c)
le norme igieniche, ivi compresa la necessità di non fumare;
d)
le precauzioni da prendere per l’uso di equipaggiamenti e indumenti di protezione;
e)
le misure di precauzione particolari che debbono essere prese per ridurre al minimo l’esposizione.
2. Oltre alle misure di cui al paragrafo 1 e fatto salvo l’articolo 3, paragrafo 3, vengono prese le misure appropriate affinché:
a)
i lavoratori e/o i loro rappresentanti all’interno dell’impresa o dello stabilimento prendano visione dei dati relativi ai risultati della misurazione del tenore di amianto nell’aria e possano essere informati del significato di tali risultati;
b)
qualora dai risultati emergano valori superiori al valore limite fissato all’articolo 8, i lavoratori interessati e i loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento siano informati il più rapidamente possibile del superamento e delle cause dello stesso e i lavoratori e/o i loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento siano consultati sulle misure da adottare o, in caso di urgenza, informati delle misure adottate.
Articolo 18
1. Fatto salvo l’articolo 3, paragrafo 3, sono prese le misure previste ai paragrafi da 2 a 5.
2. Prima dell’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali contenenti amianto, deve essere disponibile per ogni lavoratore un accertamento del suo stato di salute.
Detto accertamento deve comprendere un esame specifico del torace. L’allegato I contiene raccomandazioni pratiche cui possono far riferimento gli Stati membri per l’accertamento clinico; queste raccomandazioni sono adattate in funzione del progresso tecnico, conformemente alla procedura di cui all’articolo 17 della direttiva 89/391/CEE.
Durante l’esposizione, un nuovo accertamento deve essere disponibile almeno una volta ogni tre anni.
Per ciascun lavoratore, in conformità delle legislazioni e/o pratiche nazionali, si deve tenere una cartella clinica individuale.
3. In base all’accertamento clinico di cui al paragrafo 2, secondo comma, il medico o l’autorità responsabile del controllo sanitario dei lavoratori si pronunciano, in conformità delle legislazioni nazionali, sulle eventuali misure individuali di protezione o di prevenzione da prendere o stabiliscono dette misure.
Tali misure possono comprendere, se necessario, l’allontanamento del lavoratore interessato da qualsiasi esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto.
4. Ai lavoratori devono essere forniti informazioni e consigli relativi a qualsiasi accertamento della loro salute cui essi possono sottoporsi dopo la fine dell’esposizione.
Il medico o l’autorità preposta alla sorveglianza medica dei lavoratori possono segnalare la necessità di proseguire la sorveglianza medica dopo la fine dell’esposizione per il periodo di tempo da essi ritenuto necessario per proteggere la salute del lavoratore interessato.
Tale sorveglianza prolungata avviene in conformità delle legislazioni e/o delle prassi nazionali.
5. Il lavoratore interessato o il datore di lavoro può chiedere la revisione degli accertamenti di cui al paragrafo 3, in conformità delle legislazioni nazionali.
Articolo 19
1. Fatto salvo l’articolo 3, paragrafo 3, sono prese le misure previste ai paragrafi 2, 3 e 4.
2. I lavoratori incaricati di svolgere le attività di cui all’articolo 3, paragrafo 1, devono essere iscritti dal datore di lavoro in un registro che indichi il carattere e la durata della loro attività, nonché l’esposizione alla quale sono stati sottoposti. Il medico e/o l’autorità responsabile del controllo sanitario hanno accesso a detto registro. Ogni lavoratore interessato può prendere visione dei suoi risultati personali contenuti nel registro. I lavoratori e/o i loro rappresentanti nell’impresa o nello stabilimento hanno accesso alle informazioni collettive anonime contenute nel registro in questione.
3. Il registro di cui al paragrafo 2 e le cartelle cliniche individuali di cui all’articolo 18, paragrafo 2, quarto comma devono essere conservati per un periodo minimo di quarant’anni a partire dalla fine dell’esposizione, conformemente alle legislazioni e/o alle prassi nazionali.
4. I documenti di cui al paragrafo 3 vanno messi a disposizione dell’autorità responsabile qualora l’impresa cessi la sua attività, conformemente alle legislazioni e/o alle prassi nazionali.
Articolo 20
Gli Stati membri prevedono l’applicazione di sanzioni adeguate in caso di violazione della normativa nazionale adottata ai termini della presente direttiva. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Articolo 21
Gli Stati membri tengono un registro dei casi accertati di asbestosi e di mesotelioma.
Articolo 22
Ogni cinque anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull’attuazione pratica della presente direttiva nella forma di un capitolo specifico della relazione unica di cui all’articolo 17 bis, paragrafi 1, 2 e 3 della direttiva 89/391/CEE che costituisce la base della valutazione che la Commissione deve effettuare a norma di detto articolo 17 bis, paragrafo 4.
Articolo 23
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 24
La direttiva 83/477/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato II, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale di cui all’allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato III.
Articolo 25
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 26
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) Parere del 10 giugno 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 20 ottobre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 26 novembre 2009.
(3) GU L 263 del 24.9.1983, pag. 25.
(4) Cfr. allegato II, parte A.
(5) Numero di registro del CAS (Chemical Abstract Service).
(6) GU L 377 del 31.12.1991, pag. 20.
(7) Determinazione della concentrazione delle fibre in sospensione nell’aria. Metodo raccomandato: microscopia ottica in contrasto di fase (conteggio con membrana filtrante). ISBN 92 4 154496 1, OMS, Ginevra 1997.
(8) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.
ALLEGATO I
Raccomandazioni pratiche per l’accertamento clinico dei lavoratori, di cui all’articolo 18, paragrafo 2, secondo comma
1.
In base alle conoscenze di cui si dispone attualmente, l’esposizione alle fibre libere di amianto può provocare le seguenti affezioni:
—
asbestosi,
—
mesotelioma,
—
cancro del polmone,
—
cancro gastrointestinale.
2.
Il medico e/o l’autorità che ha il compito di effettuare il controllo medico dei lavoratori esposti all’amianto devono essere a conoscenza delle condizioni o delle circostanze nelle quali ciascun lavoratore ha subito l’esposizione.
3.
L’accertamento clinico dei lavoratori dovrebbe essere effettuato conformemente ai principi e alle prassi della medicina del lavoro; esso dovrebbe comportare almeno le seguenti misure:
—
tenuta della cartella clinica e professionale del lavoratore,
—
colloquio individuale,
—
esame clinico generale e segnatamente del torace,
—
esami della funzionalità polmonare (spirometria e curva flusso-volume).
Il medico e/o l’autorità preposta alla sorveglianza medica devono decidere, alla luce delle conoscenze più recenti in materia di medicina del lavoro, dell’opportunità o meno di realizzare altri esami, quali la citologia dello sputo, la radiografia toracica o una tomodensitometria.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 24)
Direttiva 83/477/CEE del Consiglio
(GU L 263 del 24.9.1983, pag. 25)
Direttiva 91/382/CEE del Consiglio
(GU L 206 del 29.7.1991, pag. 16)
Direttiva 98/24/CE del Consiglio
(GU L 131 del 5.5.1998, pag. 11)
unicamente l’articolo 13, paragrafo 2
Direttiva 2003/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 97 del 15.4.2003, pag. 48)
Direttiva 2007/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 165 del 27.6.2007, pag. 21)
unicamente l’articolo 2, paragrafo 1
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 24)
Direttiva
Termine di recepimento
83/477/CEE
31 dicembre 1986 (1)
91/382/CEE
1o gennaio 1993 (2)
98/24/CE
5 maggio 2001
2003/18/CE
14 aprile 2006
2007/30/CE
31 dicembre 2012
(1) Tale data è sostituita da quella del 31 dicembre 1989 per quanto riguarda le attività estrattive dell’amianto.
(2) Per la Repubblica ellenica il termine di recepimento della direttiva è il 1o gennaio 1996. Tuttavia, il termine di recepimento delle disposizioni riguardanti le attività estrattive dell’amianto è il 1o gennaio 1996 per tutti gli Stati membri e il 1o gennaio 1999 per la Repubblica ellenica.
ALLEGATO III
Tavola di concordanza
Direttiva 83/477/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2
—
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 2, dal primo al sesto trattino
Articolo 2, lettere da a) a f)
Articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 3, paragrafo 3 bis
Articolo 3, paragrafo 4
Articolo 3, paragrafo 4
Articolo 3, paragrafo 5
Articolo 4, alinea
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, punto 1
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, punto 2
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, punto 3
Articolo 4, paragrafo 4
Articolo 4, punto 4
Articolo 4, paragrafo 5
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 6, punti da 1 a 5
Articolo 6, lettere da a) a e)
Articoli 7 e 8
Articoli 7 e 8
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 9
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 10 bis
Articolo 11
Articolo 11, paragrafi 1 e 2
Articolo 12, primo e secondo comma
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 2, primo comma
Articolo 13, paragrafo 2, primo comma
Articolo 12, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, secondo comma, lettera a)
Articolo 12, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, secondo comma, lettera b)
Articolo 12, paragrafo 2, secondo comma, terzo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, secondo comma, lettera c)
Articolo 12, paragrafo 2, terzo comma, primo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, terzo comma, lettera a)
Articolo 12, paragrafo 2, terzo comma, secondo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, terzo comma, lettera b)
Articolo 12, paragrafo 2, terzo comma,terzo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, terzo comma, lettera c)
Articolo 12, paragrafo 2, terzo comma, quarto trattino
Articolo 13, paragrafo 2, terzo comma, lettera d)
Articolo 12, paragrafo 2, terzo comma, quarto trattino, primo sotto-trattino
Articolo 13, paragrafo 2, terzo comma, lettera d), punto i)
Articolo 12, paragrafo 2, terzo comma, quarto trattino, secondo sotto-trattino
Articolo 13, paragrafo 2, terzo comma, lettera d), punto ii)
Articolo 12, paragrafo 3
Articolo 13, paragrafo 3
Articolo 12 bis
Articolo 14
Articolo 12 ter
Articolo 15
Articolo 13, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 16, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 13, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 16, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 13, paragrafo 1, lettera c) i) e ii)
Articolo 16, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 13, paragrafo 1, lettera c) iii)
Articolo 16, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 13, paragrafo 1, lettera c) iv)
Articolo 16, paragrafo 1, lettera e)
Articolo 13, paragrafo 1, lettera c) v)
Articolo 16, paragrafo 1, lettera f)
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 16, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafo 1, alinea
Articolo 17, paragrafo 1, alinea
Articolo 14, paragrafo 1, dal primo al quinto trattino
Articolo 17, paragrafo 1, lettere da a) a e)
Articolo 14, paragrafo 2
Articolo 17, paragrafo 2
Articolo 15, alinea
Articolo 18, paragrafo 1
Articolo 15, punti da 1 a 4
Articolo 18, paragrafi da 2 a 5
Articolo 16, alinea
Articolo 19, paragrafo 1
Articolo 16, punti 1), 2) e 3)
Articolo 19, paragrafi 2, 3 e 4
Articolo 16 bis
Articolo 20
Articolo 17
Articolo 21
Articolo 17 bis
Articolo 22
Articolo 18, paragrafo 1
—
Articolo 18, paragrafo 2
Articolo 23
—
Articolo 24
—
Articolo 25
Articolo 19
Articolo 26
Allegato II
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III | Esposizione all’amianto: la protezione dei lavoratori
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
La presente direttiva ha lo scopo di proteggere i lavoratori dai rischi per la salute causati dall’esposizione all’amianto sul lavoro.
Essa stabilisce i limiti di esposizione e i requisiti specifici riguardo alle prassi di lavoro sicure, in particolare rispetto a:
la demolizione, la riparazione, la manutenzione e la rimozione dell’amianto;
l’informazione, la consultazione e la formazione dei lavoratori;
il monitoraggio sanitario.
PUNTI CHIAVE
L’amianto è un minerale presente in natura le cui fibre possono essere separate in fili sottili e durevoli. È stato ampiamente impiegato in diverse industrie perché le sue fibre sono ottimi isolanti (resistenti al calore, al fuoco e agli agenti chimici, non conducono elettricità).
Tuttavia, è una sostanza particolarmente pericolosa (classificata come categoria 1A tra le sostanze cancerogene nel regolamento (CE) n. 1272/2008 sulla classificazione, l’imballaggio ed etichettatura delle sostanze chimiche). Se i prodotti contenenti amianto vengono alterati possono essere inalate piccole fibre di amianto, che potrebbero causare, nel tempo, malattie come l’asbestosi* il mesotelioma*, e altri tipi di cancro.
Divieti
Le attività vietate sono quelle che espongono i lavoratori alle fibre di amianto durante:
l’estrazione di amianto;
la manifattura e la lavorazione dei prodotti contenenti amianto;
la manifattura e la lavorazione dei prodotti contenenti amianto aggiunto deliberatamente.
L’unica eccezione a tale divieto è il trattamento e la messa in discarica dei prodotti risultanti dalla demolizione e dalla rimozione dell’amianto.
In tutta l’UE, è in vigore un divieto generale relativo all’uso dell’amianto in applicazione a spruzzo, nonché alle attività che implicano l’incorporazione di materiali isolanti o insonorizzanti a bassa densità che contengono amianto.
Rimozione e demolizione
Sono permessi il trattamento e la messa in discarica dei prodotti risultanti dalla demolizione e dalla rimozione dell’amianto, e dalla demolizione dove l’amianto viene rimosso nell’ambito di un’operazione pianificata prima di intraprendere i lavori di demolizione. L’esposizione deve essere ridotta al minimo, tramite le seguenti misure:
il numero di lavoratori coinvolti nelle attività deve essere limitato;
i processi lavorativi devono essere concepiti in modo da evitare di produrre polvere di amianto;
tutti i locali e le attrezzature devono essere sottoposti a un’efficace pulizia e manutenzione;
i residui devono essere rimossi rapidamente, in appositi imballaggi chiusi.
Valutazione dei rischi
In caso di probabile rischio di esposizione alla polvere di amianto, tale rischio deve essere valutato per determinare la natura e il grado di esposizione, sulla base di un campionamento rappresentativo dell’esposizione personale del lavoratore. I datori di lavoro devono presentare una notifica all’autorità competente del paese dell’UE interessato prima dell’inizio dei lavori, contenente:
l’ubicazione del cantiere e il numero di lavoratori interessati;
il tipo e i quantitativi di amianto;
le attività e i procedimenti applicati e la durata dei lavori;
le misure adottate per limitare l’esposizione.
Concentrazione limite
Nessun lavoratore deve essere esposto a una concentrazione di amianto in sospensione nell’aria superiore a 0,1 fibre per cm3. Qualora venga superato tale limite, i lavori devono essere immediatamente sospesi finché non vengono prese ulteriori misure per proteggere i lavoratori, tra cui:
rendere disponibili dispositivi di protezione delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuale;
affiggere cartelli per segnalare il superamento del valore limite;
evitare la dispersione della polvere prodotta dall’amianto al di fuori dei luoghi dei lavori;
consultare i lavoratori prima di procedere a tali attività.
Formazione
I datori di lavoro devono fornire un’idonea formazione a tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti alla polvere proveniente dall’amianto o da materiali contenenti amianto. Tale formazione deve avvenire a intervalli regolari e senza alcun onere a carico dei lavoratori. La formazione deve includere informazioni su:
le proprietà dell’amianto e i suoi effetti sulla salute;
le prassi di lavoro sicure;
le procedure di emergenza e di controllo sanitario.
Monitoraggio sanitario e sorveglianza
La salute di ogni lavoratore deve essere valutata prima dell’esposizione e deve essere creata una cartella clinica individuale da aggiornare con ulteriori valutazioni almeno ogni tre anni. I medici possono consigliare misure di protezione individuali, che possono comprendere l’allontanamento del lavoratore interessato da qualsiasi esposizione all’amianto.
Responsabilità dei paesi dell’UE
I paesi dell’UE devono comunicare alla Commissione europea le proprie legislazioni nazionali adottate in questo settore e presentare una relazione sull’attuazione pratica della direttiva ogni cinque anni. Inoltre, sono tenuti a tenere un registro dei casi di asbestosi e mesotelioma.
La presente direttiva abroga la direttiva precedente (direttiva 83/477/CEE), modificata in maniera sostanziale diverse volte.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 5 gennaio 2010.
TERMINI CHIAVE
*Asbestosi: una malattia polmonare infiammatoria cronica causata dalla respirazione e ritenzione di fibre di amianto. Può causare insufficienza respiratoria grave e incrementare il rischio di contrarre alcuni tipi di cancro.
*Mesotelioma: un tumore aggressivo che colpisce il rivestimento dei polmoni e l’addome. L’esposizione all’amianto è la causa e il fattore di rischio primario.
ATTO
Direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro (versione codificata) (GU L 330 del 16.12.2009, pag. 28-36) | 13,356 | 426 |
32013H0172 | false | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 5 aprile 2013
relativa a un quadro comune per un sistema unico di identificazione dei dispositivi per i dispositivi medici nell’Unione
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2013/172/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
La rintracciabilità dei dispositivi medici lungo l’intera catena di fornitura contribuisce alla sicurezza dei pazienti agevolando la sorveglianza, la vigilanza del mercato e la trasparenza in questo settore.
(2)
L’attuale quadro normativo per i dispositivi medici non include disposizioni specifiche in materia di rintracciabilità. È pertanto necessaria una raccomandazione che prepari il terreno per un approccio normativo rafforzato sulla rintracciabilità dei dispositivi medici.
(3)
La proposta della Commissione di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai dispositivi medici e recante modifica della direttiva 2001/83/CE, del regolamento (CE) n. 178/2002 e del regolamento (CE) n. 1223/2009 (1), adottata il 26 settembre 2012, e la proposta della Commissione di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai dispositivi medico-diagnostici in vitro (2), adottata il 26 settembre 2012, recano disposizioni relative alla rintracciabilità dei dispositivi medici e dei dispositivi medico-diagnostici in vitro, al fine di migliorare la salute e la sicurezza del paziente.
(4)
Le conclusioni del Consiglio sull’innovazione nel settore dei dispositivi medici (3), del 6 giugno 2011, invitano la Commissione e gli Stati membri a rivolgere particolare attenzione alle questioni di interoperabilità e sicurezza connesse all’integrazione dei dispositivi medici nei sistemi di sanità elettronica, specie i sistemi di sorveglianza sanitaria personale (Personal Health Systems).
(5)
A livello internazionale si stanno compiendo grossi sforzi per giungere ad un approccio armonizzato mondiale in materia di rintracciabilità e per istituire un sistema unico di identificazione dei dispositivi (UDI) per i dispositivi medici accettato a livello mondiale.
(6)
Sono già stati sviluppati meccanismi UDI basati sulle diverse prescrizioni nazionali e/o regionali in materia di rintracciabilità e vi è il rischio che possano essere sviluppati ulteriori meccanismi UDI a questi livelli.
(7)
In futuro alcune informazioni contenute nel codice UDI potrebbero alimentare le cartelle cliniche elettroniche conformemente alla direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera (4) e all’Agenda digitale per l’Europa (5),
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
1. INTRODUZIONE
Scopo della raccomandazione
1.
Attualmente la rintracciabilità non è disciplinata dalle direttive sui dispositivi medici (6), mentre in alcuni casi è regolamentata a livello nazionale e/o regionale. Le differenze e le incompatibilità tra i meccanismi di rintracciabilità possono indebolire e compromettere l’efficienza dei sistemi posti in essere.
2.
Inoltre, lo sviluppo di meccanismi unici di identificazione dei dispositivi nazionali e/o regionali diversi obbligherebbe i fabbricanti ad adattare i loro prodotti a ciascun meccanismo al fine di adempiere gli obblighi di rintracciabilità.
3.
Il modo migliore per garantire l’effettiva rintracciabilità dei dispositivi medici nell’Unione consiste nello sviluppare un sistema di UDI armonizzato a livello europeo. Il processo in atto di revisione delle attuali direttive sui dispositivi medici dovrebbe conferire alla Commissione il potere di adottare prescrizioni dettagliate in materia di rintracciabilità.
4.
Nel frattempo, qualora gli Stati membri decidessero di sviluppare propri meccanismi UDI, è essenziale che essi siano resi compatibili tra loro e con il futuro sistema di UDI dell’Unione. Ciò è importante per evitare il rischio di sistemi incompatibili e divergenti, che vanno contro gli obiettivi del mercato interno, e per facilitare l’introduzione di un sistema di UDI armonizzato dell’Unione.
5.
La presente raccomandazione non intende definire tutti gli aspetti del sistema di UDI. Essa va considerata come uno strumento per agevolare la compatibilità dei meccanismi di rintracciabilità istituiti a livello nazionale e/o regionale e per aprire la strada all’attuazione obbligatoria di un sistema di UDI dell’Unione compatibile su scala internazionale.
Campo di applicazione della raccomandazione
6.
La presente raccomandazione si applica ai dispositivi medici, ai dispositivi medici impiantabili attivi (diversi dai dispositivi su misura o destinati alle indagini cliniche) e ai dispositivi medico-diagnostici in vitro (diversi da quelli fabbricati nelle istituzioni sanitarie e per la valutazione delle prestazioni), compresi i loro accessori.
Attività internazionale sul sistema di UDI
7.
A livello internazionale, nel 2008 la task force «armonizzazione globale» (GHTF) (7) ha istituito un gruppo di lavoro ad hoc al fine di sviluppare un approccio coordinato a livello internazionale sul sistema di UDI.
8.
Questo gruppo, che riuniva l’industria e le autorità di regolamentazione, era presieduto dalla Commissione europea e ha cessato la propria attività nel settembre 2011, quando la GHTF ha adottato un documento di orientamento (8) su un «sistema unico di identificazione dei dispositivi (UDI) per i dispositivi medici».
9.
Il lavoro della GHTF volto all’ulteriore armonizzazione del quadro normativo sui dispositivi medici è in corso sotto l’egida del Forum internazionale delle autorità di regolamentazione dei dispositivi medici (IMDRF) (9).
10.
La presente raccomandazione è in linea con l’approccio sviluppato a livello internazionale.
Attività europea sul sistema di UDI
11.
Nel 2010, nel quadro normativo istituito dalle direttive sui dispositivi medici, la Commissione europea ha istituito un gruppo di lavoro europeo ad hoc sul sistema di UDI al fine di sviluppare un approccio coordinato, tenendo conto dei progressi compiuti a livello sia nazionale che internazionale.
12.
L’obiettivo del gruppo è triplice:
a)
in primo luogo mira ad incoraggiare i contributi e a monitorare la reazione delle autorità competenti al lavoro svolto a livello internazionale;
b)
in secondo luogo incoraggia la condivisione di pareri e informazioni sulle iniziative nazionali avviate dagli Stati membri e la ricerca di soluzioni comuni;
c)
in terzo luogo favorisce la convergenza delle iniziative nazionali elaborate dagli Stati membri con la futura normativa dell’Unione europea.
2. MOTIVAZIONE
13.
I principali obiettivi di un sistema di UDI sono il miglioramento della sicurezza del paziente (10) e l’ottimizzazione dell’assistenza ai pazienti. Esso persegue tali obiettivi come segue:
a)
migliorando la notifica degli incidenti,
b)
agevolando i richiami e altre azioni correttive di sicurezza (FSCA) efficienti,
c)
agevolando azioni post-commercializzazione efficienti da parte delle autorità nazionali competenti,
d)
consentendo di interrogare numerosi sistemi di raccolta dati,
e)
riducendo la probabilità di errori medici connessi all’uso scorretto del dispositivo.
14.
L’istituzione di un sistema di UDI potrebbe anche contribuire al conseguimento di altri obiettivi quali la lotta alla contraffazione, un miglior controllo della distribuzione, la gestione delle scorte e le questioni relative ai rimborsi.
15.
Gli obiettivi di cui al punto 14 vanno tuttavia considerati come possibili conseguenze positive del sistema di UDI.
Miglioramento della notifica degli incidenti
16.
Si prevede che l’uso di un sistema di UDI migliori la notifica degli incidenti e offra l’opportunità di raccogliere informazioni su tutti gli incidenti relativi a un dispositivo medico a livello di Unione e a livello internazionale, qualora sia disponibile un sistema di UDI accettato e compatibile a livello internazionale. Ciò aumenterà le possibilità di raffronto dei risultati relativi a ciascun dispositivo medico specifico.
Richiami e altre azioni correttive di sicurezza efficienti
17.
L’attribuzione di un identificatore unico ad un determinato dispositivo e al suo uso lungo la catena di distribuzione (uso globale) consentirà l’identificazione univoca del dispositivo stesso.
18.
Per garantire la rintracciabilità, non è sufficiente che ciascun fabbricante abbia sviluppato un proprio meccanismo di tracciabilità. La mancanza di un sistema dell’Unione utilizzato lungo l’intera catena di fornitura potrebbe portare a risultati negativi, nella misura in cui ciascun attore della catena di distribuzione potrebbe modificare la codifica sviluppata dal fabbricante. Ciò potrebbe dar luogo ad errori nella codificazione dei dispositivi medici che a loro volta comprometterebbero la rintracciabilità dei dispositivi in caso di FSCA. L’uso dello stesso linguaggio di codificazione migliora la tracciabilità e la rintracciabilità dei dispositivi medici.
Azioni post-commercializzazione efficaci da parte delle autorità nazionali competenti
19.
Un sistema di UDI contribuirà in modo particolare a individuare i prodotti identificati.
20.
Inoltre, fornirà un’occasione per garantire reazioni coordinate da parte degli Stati membri.
Ricerche in numerosi sistemi di raccolta dati
21.
Utilizzando la stessa UDI in sistemi di dati diversi (a livello sia di organismi di regolamentazione che di istituzioni sanitarie), le ricerche diventeranno più efficienti e sarà più facile effettuarle al fine di aggregare le informazioni. Al momento, questo approccio non è possibile perché ciascun sistema di dati ha il proprio strumento di identificazione.
Riduzione degli errori medici
22.
Si potrebbe prevedere che, utilizzando meccanismi di identificazione, si ridurrà il numero di casi di scelta errata dei dispositivi medici.
3. DEFINIZIONI
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a) «dispositivo medico»: qualunque strumento, apparecchio, impianto, software, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software destinato dal fabbricante ad essere impiegato specificamente con finalità diagnostiche e/o terapeutiche e necessario al corretto funzionamento del dispositivo, destinato dal fabbricante ad essere impiegato sull’uomo a fini di:
diagnosi, prevenzione, monitoraggio, trattamento o attenuazione di malattie,
diagnosi, controllo, trattamento, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap,
studio, sostituzione o modifica dell’anatomia oppure di un processo fisiologico,
controllo del concepimento,
che non eserciti nel o sul corpo umano l’azione principale cui è destinato con mezzi farmacologici, immunologici o mediante processi metabolici, ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi (11);
b) «dispositivo medico impiantabile attivo»: qualsiasi dispositivo medico attivo destinato ad essere impiantato interamente o parzialmente mediante intervento chirurgico o medico nel corpo umano o mediante intervento medico in un orifizio naturale e destinato a restarvi dopo l’intervento (12);
c) «dispositivo medico-diagnostico in vitro»: qualsiasi dispositivo medico composto da un reagente, da un prodotto reattivo, da un calibratore, da un materiale di controllo, da un kit, da uno strumento, da un apparecchio, un’attrezzatura o un sistema, utilizzato da solo o in combinazione, destinato dal fabbricante ad essere impiegato in vitro per l’esame di campioni provenienti dal corpo umano, inclusi sangue e tessuti donati, unicamente o principalmente allo scopo di fornire informazioni:
su uno stato fisiologico o patologico, o
su un’anomalia congenita, oppure
che consentano di determinare la sicurezza e la compatibilità con potenziali soggetti riceventi, o
che consentano di controllare le misure terapeutiche.
I contenitori dei campioni sono considerati dispostivi medico-diagnostici in vitro. Tali dispositivi, del tipo sottovuoto o no, sono specificamente destinati dai fabbricanti a ricevere direttamente il campione proveniente dal corpo umano e a conservarlo ai fini di un esame diagnostico in vitro.
I prodotti destinati ad usi generici di laboratorio non sono dispositivi medico-diagnostici in vitro a meno che, date le loro caratteristiche, siano specificamente destinati dal fabbricante ad esami diagnostici in vitro (13);
d) «rintracciabilità»: la capacità di tracciare la storia, l’applicazione o l’ubicazione dell’elemento considerato;
e) «identificazione unica del dispositivo» (Unique Device Identification - UDI): serie di caratteri numerici o alfanumerici creata sulla base di norme di identificazione dei dispositivi e di codifica accettate a livello internazionale e che consente l’identificazione inequivocabile di dispositivi specifici presenti sul mercato. L’UDI comprende l’identificatore del dispositivo e l’identificatore della produzione;
f) «identificatore del dispositivo»: un codice numerico o alfanumerico unico specifico di un fabbricante e di un modello di dispositivo;
g) «identificatore della produzione»: un codice numerico o alfanumerico unico che identifica i dati relativi all’unità di produzione del dispositivo;
h) «vettore dell’UDI»: il modo in cui l’identificazione unica del dispositivo è espressa tramite l’identificazione automatica e la raccolta dei dati (14) (AIDC) e, se del caso, la sua interpretazione leggibile dall’uomo (HRI);
i) «sistema elettronico di UDI»: un archivio/una base dati centrale dove sono memorizzati i codici dell’identificatore del dispositivo e le informazioni di identificazione connesse/associate relative a dispositivi specifici immessi sul mercato dell’Unione;
j) «interpretazione leggibile dall’uomo»: un formato leggibile dei caratteri dei dati codificati nel simbolo AIDC;
k) «marchiatura diretta del prodotto»: qualsiasi tecnologia che può essere utilizzata per apporre un simbolo sulla superficie di un prodotto (ad esempio creando due diversi stati della superficie tramite incisione laser, formatura, martellatura o altre tecnologie come la stampa a getto d’inchiostro o la flessografia);
l) «fabbricante»: la persona fisica o giuridica responsabile della progettazione, della fabbricazione, dell’imballaggio e dell’etichettatura di un dispositivo in vista dell’immissione in commercio a proprio nome, indipendentemente dal fatto che queste operazioni siano eseguite da questa stessa persona o da un terzo per suo conto (15);
m) «mandatario»: la persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che, dopo essere stata espressamente designata dal fabbricante, agisce e può essere interpellata dalle autorità e dagli organi della Comunità in vece del fabbricante per quanto riguarda gli obblighi che la normativa comunitaria pertinente impone a quest’ultimo (16);
n) «importatore»: una persona fisica o giuridica la quale è stabilita nell’Unione e immette sul mercato dell’Unione un dispositivo originario di un paese terzo (17);
o) «distributore»: una persona fisica o giuridica nella catena di fornitura, diversa dal fabbricante o dall’importatore, che mette a disposizione sul mercato un dispositivo (18);
p) «operatori economici»: il fabbricante, il mandatario, l’importatore e il distributore (19);
q) «istituzione sanitaria»: un’organizzazione il cui fine principale è la cura o il trattamento di pazienti e/o la promozione della salute pubblica;
r) «utilizzatore»: la persona, professionista o non professionista, che utilizza un dispositivo.
4. APPROCCIO BASATO SUL RISCHIO
23.
Gli Stati membri che intendono istituire un sistema di UDI devono seguire un approccio basato sul rischio, conformemente alla classificazione del dispositivo.
24.
Il sistema di UDI va attuato gradualmente, partendo dai dispositivi della classe di rischio più elevata, che devono essere i primi a soddisfare la condizione di recare l’UDI.
Tipo di UDI
25.
L’UDI deve comprendere due parti, un identificatore del dispositivo e un identificatore della produzione.
26.
L’identificatore del dispositivo deve contenere informazioni statiche (20) specifiche di un fabbricante e di un modello di dispositivo e è anche usato come «chiave di accesso» alle informazioni memorizzate in una base dati sull’UDI.
27.
L’identificatore della produzione deve contenere informazioni dinamiche (21), che identificano dati relativi all’unità di produzione del dispositivo, e determinare il livello di rintracciabilità da ottenere.
28.
L’UDI deve figurare sia in formato leggibile dall’uomo (versione leggibile dall’uomo composta da una serie di caratteri numerici o alfanumerici) che in un formato che può essere letto da una tecnologia AIDC e trasmesso mediante un vettore.
29.
In caso di vincoli importanti che limitano l’utilizzo di entrambi i formati AIDC e HRI sull’etichetta, si deve preferire il formato AIDC. Tuttavia, alcuni ambienti o situazioni d’uso, come le cure a domicilio, possono giustificare l’impiego dell’HRI al posto dell’AIDC.
30.
Gli Stati membri devono controllare che la differenziazione tra le diverse classi di dispositivi sia basata esclusivamente sul tipo di identificatore della produzione (informazioni dinamiche), conformemente al punto 31.
31.
Come regola generale, le informazioni fornite dall’indicatore della produzione (informazioni dinamiche) devono variare a seconda delle diverse classi di rischio come segue (22):
—
data di scadenza e/o data di fabbricazione per la classe I,
—
numero del lotto/della partita per la classe IIa,
—
numero del lotto/della partita per la classe IIb,
—
numero del lotto/della partita o numero di serie (23) per la classe III.
32.
Se del caso, i fabbricanti possono scegliere un identificatore della produzione (informazioni dinamiche) applicabile a una categoria superiore a quella del dispositivo in questione.
Applicazione dell’UDI
33.
Come regola generale, l’UDI va applicato a ogni livello di imballaggio per tutte le classi di dispositivi (24).
34.
Il vettore dell’UDI (rappresentazione AIDC e HRI dell’UDI) deve trovarsi sull’etichetta del dispositivo, sull’imballo o sul dispositivo stesso (marchiatura diretta del prodotto), e su tutti i livelli più elevati di imballaggio (25).
5. CONDIZIONI DA RISPETTARE DA PARTE DEGLI OPERATORI ECONOMICI, DELLE ISTITUZIONI SANITARIE E DEGLI UTILIZZATORI PROFESSIONALI
35.
Al fine di conseguire gli obiettivi del sistema di UDI, nello sviluppare i propri meccanismi nazionali di UDI, gli operatori economici e le istituzioni sanitarie devono conservare lungo la catena di distribuzione le informazioni riguardanti sia l’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) che l’identificatore della produzione (informazioni dinamiche). Le istituzioni sanitarie e, ove possibile, gli utilizzatori professionali devono utilizzare queste informazioni quando notificano gli incidenti. Ciò consentirà, in particolare, un’azione più efficiente in caso di richiamo o di ritiro di prodotti.
36.
Le informazioni relative all’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) vanno raccolte nelle basi dati nazionali sull’UDI.
37.
Quando sarà istituita la futura base dati europea dei dispositivi medici (EUDAMED), le informazioni relative all’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) saranno centralizzate a livello europeo tramite un sistema elettronico di UDI europeo che farà parte della futura EUDAMED.
38.
Per quanto riguarda le informazioni relative all’identificatore della produzione (informazioni dinamiche), queste non vanno inviate alle basi dati nazionali sull’UDI e non saranno incluse nel sistema elettronico di UDI europeo.
Ai fini della presente raccomandazione, gli operatori economici, le istituzioni sanitarie e gli utilizzatori professionali devono soddisfare le seguenti condizioni.
Fabbricanti
39.
In primo luogo, i fabbricanti devono assegnare opportunamente un UDI (parte statica e parte dinamica) ai dispositivi medici che fabbricano.
40.
In secondo luogo, devono fornire gli elementi di dati richiesti (cfr. allegato) da includere nella base dati sull’UDI.
41.
In terzo luogo, devono modificare l’etichettatura dei loro prodotti al fine di stampare il codice di UDI, nella misura del possibile, sull’etichetta del dispositivo, sull’imballaggio o sul dispositivo stesso (marchiatura diretta del prodotto), e su tutti i livelli più elevati di imballaggio, come menzionato al punto 34.
42.
In quarto luogo, devono tenere un registro elettronico sia dell’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) che dell’identificatore della produzione (informazioni dinamiche).
43.
Infine, devono tenere un registro elettronico dell’operatore economico, dell’istituzione sanitaria o degli utilizzatori professionali cui hanno fornito ciascun prodotto specifico.
Importatori
44.
In primo luogo, gli importatori devono verificare che il fabbricante abbia assegnato correttamente un UDI (parte statica e parte dinamica) al prodotto prima di immetterlo sul mercato dell’Unione. Qualora un importatore ritenga o abbia motivo di credere che questa condizione non sia stata soddisfatta, non deve immettere il dispositivo sul mercato dell’Unione fino a quando non è stato reso conforme.
45.
In secondo luogo, gli importatori non devono eliminare o modificare l’UDI, altrimenti la rintracciabilità sarà impossibile.
46.
In terzo luogo, devono verificare se il dispositivo è stato già registrato nella base dati sull’UDI dello Stato membro in cui è stato immesso sul mercato dell’Unione.
47.
Se il dispositivo è già stato registrato, gli importatori devono verificare che l’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) sul prodotto corrisponda a quello nella base dati sull’UDI.
48.
Se il dispositivo non è stato ancora registrato, gli importatori devono soddisfare le condizioni relative alla registrazione delle informazioni relative all’identificatore del dispositivo (informazioni statiche).
49.
In quarto luogo, devono tenere un registro elettronico sia dell’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) che dell’identificatore della produzione (informazioni dinamiche).
50.
In quinto luogo, devono tenere un registro elettronico dell’operatore economico che ha fornito loro un dispositivo.
51.
Infine, devono tenere un registro elettronico dell’operatore economico, dell’istituzione sanitaria o degli utilizzatori professionali cui hanno fornito il dispositivo.
Mandatari
52.
Se non ha la sede in uno Stato membro, il fabbricante che immette sul mercato a nome proprio un dispositivo deve designare un unico mandatario nell’Unione. Tale nomina deve valere quantomeno per tutti i dispositivi dello stesso modello.
53.
I mandatari devono avere accesso, su richiesta, al registro sia dell’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) che dell’identificatore della produzione (informazioni dinamiche) dei prodotti oggetto del loro mandato.
Distributori
54.
In primo luogo, prima di mettere un dispositivo a disposizione sul mercato, i distributori devono verificare che il fabbricante e, se del caso, l’importatore abbiano assegnato correttamente un UDI (parte statica e parte dinamica) al prodotto. Qualora un distributore ritenga o abbia motivo di credere che questa condizione non sia stata soddisfatta, non deve mettere il dispositivo a disposizione sul mercato dell’Unione fino a quando non è stato reso conforme.
55.
In secondo luogo, i distributori non devono eliminare o modificare l’UDI, altrimenti la rintracciabilità sarà impossibile.
56.
In terzo luogo, devono tenere un registro elettronico sia dell’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) che dell’identificatore della produzione (informazioni dinamiche).
57.
In quarto luogo, devono tenere un registro elettronico dell’operatore economico che ha fornito loro un dispositivo.
58.
Infine, devono tenere un registro elettronico dell’operatore economico, dell’istituzione sanitaria o degli utilizzatori professionali cui hanno fornito un dispositivo.
Istituzioni sanitarie
59.
In primo luogo, le istituzioni sanitarie devono tenere un registro elettronico sia dell’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) che dell’identificatore della produzione (informazioni dinamiche) dei dispositivi medici che entrano in tali organizzazioni. Le informazioni relative sia all’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) che all’identificatore della produzione (informazioni dinamiche) dei dispositivi per i quali sono segnalati incidenti devono essere utilizzate dalle istituzioni sanitarie quando notificano gli incidenti.
60.
In secondo luogo, per determinati dispositivi medici, come quelli utilizzati nelle procedure ad alto rischio e/o specificamente destinati ad essere utilizzati su pazienti ad alto rischio, si deve stabilire un legame fra il dispositivo usato e il paziente trattato con tale dispositivo. Di conseguenza, le istituzioni sanitarie devono tenere un registro di quale dispositivo è stato utilizzato su quale paziente.
61.
In terzo luogo, per alcuni dispositivi come i dispositivi medici impiantabili, le istituzioni sanitarie devono salvare sia l’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) che l’identificatore della produzione (informazioni dinamiche) nella cartella clinica elettronica del paziente. In effetti, in caso di richiamo, deve essere possibile sapere con esattezza quale dispositivo medico è stato impiantato a quale paziente.
Utilizzatori professionali
62.
Ove possibile, le informazioni relative sia all’identificatore del dispositivo (informazioni statiche) che all’identificatore della produzione (informazioni dinamiche) dei dispositivi per i quali sono segnalati incidenti devono essere utilizzate dagli utilizzatori professionali quando notificano gli incidenti.
6. BASI DATI NAZIONALI SULL’UDI
Elementi di dati
63.
Gli Stati membri che intendono istituire un sistema di UDI per i dispositivi medici sono invitati a costruirlo su basi dati nazionali sull’UDI.
64.
Ai fini della presente raccomandazione, gli Stati membri sono invitati a promuovere l’uso del linguaggio di marcatura estensibile (XML), quale formato comune per lo scambio di dati tra le basi dati sull’UDI, e a tener conto delle specifiche e delle norme semantiche pertinenti esistenti nel settore.
65.
Gli elementi di dati elencati nell’allegato devono essere inseriti nelle basi dati nazionali sull’UDI e corrispondere agli elementi connessi all’identificatore del dispositivo (informazioni statiche).
Fatto a Bruxelles, il 5 aprile 2013
Per la Commissione
Tonio BORG
Membro della Commissione
(1) COM(2012) 542 def.
(2) COM(2012) 541 def.
(3) GU C 202 dell’8.7.2011, pag. 7.
(4) GU L 88 del 4.4.2011, pag. 45.
(5) http://ec.europa.eu/digital-agenda/
(6) Direttiva 90/385/CEE del Consiglio (GU L 189 del 20.7.1990, pag. 17), direttiva 93/42/CEE del Consiglio (GU L 169 del 12.7.1993, pag. 1), direttiva 98/79/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 331 del 7.12.1998, pag. 1).
(7) La task force «armonizzazione globale» (GHTF) è un gruppo internazionale volontario di rappresentanti delle autorità di regolamentazione dei dispositivi medici e delle associazioni di categoria europee, statunitensi, canadesi, giapponesi e australiane. La GHTF è stata istituita nel 1992 nel tentativo di rispondere all’esigenza crescente di armonizzazione internazionale della regolamentazione dei dispositivi medici. La sua missione si è conclusa nel dicembre 2012.
(8) www.imdrf.org/docs/ghtf/final/steering-committee/technical-docs/ghtf-sc-n2r3-2011-unique-device-identification-system-110916.pdf
(9) Il «Forum internazionale delle autorità di regolamentazione dei dispositivi medici (IMDRF)» è stato istituito nel febbraio 2011 per discutere del futuro dell’armonizzazione della regolamentazione dei dispositivi medici. Si tratta di un gruppo volontario di autorità di regolamentazione dei dispositivi medici dell’Australia, del Brasile, del Canada, della Cina (osservatore), dell’Unione europea, del Giappone, della Russia (osservatore) e degli Stati Uniti, che si sono riunite per continuare a lavorare sulle basi solide costruite dalla task force «armonizzazione globale» (GHTF) sui dispositivi medici. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) partecipa all’IMDRF in qualità di osservatore.
(10) Per sicurezza del paziente s’intende l’evitare l’insorgenza, il prevenire i danni e il migliorare gli esiti avversi o le lesioni derivanti dai processi di cura sanitaria. Tali eventi comprendono «errori», «deviazioni», «incidenti». La sicurezza emerge dall’interazione dei componenti del sistema; essa non risiede in una persona, in un dispositivo o in un servizio. Il miglioramento della sicurezza dipende dalla comprensione di come la sicurezza emerge dalle interazioni fra i componenti. La sicurezza del paziente è un sottoinsieme della qualità delle cure sanitarie.
(11) Articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 93/42/CEE.
(12) Articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 90/385/CEE.
(13) Articolo 1, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 98/79/CE.
(14) L’identificazione automatica e la raccolta dei dati si riferisce ai metodi di identificazione automatica degli oggetti, alla raccolta di dati sugli stessi e all’inserimento dei dati direttamente in sistemi informatici.
(15) Articolo 1, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 93/42/CEE.
(16) Articolo 1, paragrafo 2, lettera j), della direttiva 93/42/CEE.
(17) Articolo 2, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 765/2008 del parlamento europeo e del Consiglio (GU L 218 del 13.8.2008, pag. 30).
(18) Articolo 2, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 765/2008.
(19) Articolo 2, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 765/2008.
(20) Queste informazioni non cambiano da un dispositivo ad un altro dello stesso modello specifico.
(21) Queste informazioni variano in funzione del modo in cui il processo di produzione è controllato (mediante la data di scadenza/di fabbricazione, il numero del lotto/della partita o il numero di serie).
(22) Conformemente agli orientamenti internazionali, va tenuto conto delle eventuali eccezioni e/o esenzioni dalla regola generale, basate sulla classe del dispositivo.
(23) Il numero di serie consente l’identificazione delle singole unità del dispositivo.
(24) Conformemente agli orientamenti internazionali, va tenuto conto delle eventuali eccezioni e/o esenzioni dalla regola generale, basate sulla classe del dispositivo.
(25) Secondo gli orientamenti internazionali, i pallet non sono inclusi nella nozione di livelli più elevati di imballaggio, pertanto le condizioni di UDI non si applicano ai pallet.
ALLEGATO
ELEMENTI DI DATI DELLE BASI DATI NAZIONALI SULL’UDI
Le basi dati nazionali sull’UDI devono comprendere i seguenti elementi di dati:
a)
quantità per configurazione di imballaggio
b)
se del caso, identificativi alternativi o supplementari
c)
modalità in cui viene controllata la produzione del dispositivo (data di scadenza o data di fabbricazione, numero del lotto o della partita, numero di serie)
d)
se del caso, identificativo delle unità di utilizzo del dispositivo (se a un dispositivo non viene assegnato un UDI a livello delle sue unità di utilizzo, deve essere assegnato un identificativo delle «unità di utilizzo» del dispositivo in modo da associare l’utilizzo di un dispositivo ad un paziente)
e)
nome e indirizzo del fabbricante (quali riportati sull’etichetta)
f)
se del caso, nome e indirizzo del mandatario (quali riportati sull’etichetta)
g)
codice della Nomenclatura mondiale dei dispositivi medici (GMDN - Global Medical Device Nomenclature) o codice di una nomenclatura riconosciuta a livello internazionale
h)
se del caso, denominazione commerciale/marca
i)
se del caso, modello del dispositivo, riferimento o numero di catalogo
j)
se del caso, dimensione cliniche (compresi volume, lunghezza, spessore, diametro)
k)
descrizione supplementare del prodotto (facoltativo)
l)
se del caso, condizioni di conservazione e/o di manipolazione (quali indicate sull’etichetta o nelle istruzioni per l’uso)
m)
se del caso, denominazioni commerciali supplementari del dispositivo
n)
etichetta indicante che il dispositivo è monouso (sì/no)
o)
se del caso, numero limitato di riutilizzi
p)
dispositivo imballato sterile (sì/no)
q)
necessità di sterilizzazione prima dell’uso (sì/no)
r)
etichetta indicante che il dispositivo contiene lattice (sì/no)
s)
etichetta indicante che il dispositivo contiene DEPH (sì/no)
t)
URL per informazioni supplementari, ad esempio istruzioni per l’uso elettroniche (facoltativo)
u)
se del caso, avvertenze o controindicazioni importanti. | Sistema europeo di identificazione dei dispositivi medici per una maggiore sicurezza del paziente
La raccomandazione rivolta ai governi dell'Unione europea (UE) è stata progettata per migliorare la sicurezza dei pazienti, utilizzando un quadro comune per identificare i dispositivi medici in modo che possano essere facilmente rintracciati.
ATTO
Raccomandazione 2013/172/UE della Commissione, del 5 aprile 2013, relativa a un quadro comune per un sistema unico di identificazione dei dispositivi per i dispositivi medici nell’Unione (GU L 99 del 9.4.2013).
SINTESI
I dispositivi medici vanno dalle semplici fasciature alle protesi mammarie e le macchine per il supporto vitale altamente sofisticate. Esistono normative per garantire la salute e la sicurezza dei pazienti e dei professionisti che li usano, ma queste non prevedono modalità per rintracciare tali prodotti durante il loro ciclo di vita.
Sistema unico di identificazione (Unique Device Identification - UDI)
Un sistema unico ha molti vantaggi. Permette di identificare i prodotti coinvolti negli incidenti e di organizzare il loro richiamo, se necessario. Utilizzando gli stessi dati, come il nome e il numero di lotto del produttore, sarà possibile rintracciarlo in tutta l'UE, e non solo in un paese. Il sistema dovrebbe ridurre gli errori medici in cui un dispositivo è stato utilizzato in modo non corretto.
Vantaggi
L'obiettivo principale del sistema unico di identificazione del dispositivo (UDI) è quello di aumentare la sicurezza del paziente. Permetterà inoltre di identificare più facilmente i prodotti contraffatti, di migliorare il controllo della distribuzione e la gestione degli stock dei prodotti coinvolti e di identificare con precisione i dispositivi utilizzati quando il trattamento viene rimborsato.
Sono in atto grossi sforzi per istituire un sistema UDI accettato da tutti, che sostituisca i sistemi nazionali e regionali attualmente in uso in UE. Un sistema unico europeo UDI eviterà inutili complicazioni per i produttori e gli utilizzatori dell'UE e sarà in linea con gli standard internazionali.
Requisiti per i fabbricanti
I fabbricanti devono identificare chiaramente i dispositivi medici che producono con un'etichetta o un contrassegno UDI. L'UDI comprenderà una scadenza o la data di produzione e un numero di lotto. Gli importatori e i distributori devono verificare che questi dati siano presenti prima di mettere in vendita l'apparecchiatura.
Requisiti per le istituzioni sanitarie
Gli ospedali e le altre istituzioni sanitarie devono tenere un registro elettronico dei dispositivi medici nei loro locali e quando questi sono utilizzati per le operazioni ad alto rischio, e includere informazioni su quale dispositivo è stato utilizzato su quale paziente.
Banca dati centralizzata sui dispositivi medici
Le informazioni sui fabbricanti e sui dispositivi che producono sarà centralizzata nella futura banca dati europea sui dispositivi medici (Eudamed), una volta istituita. | 11,004 | 731 |
32010L0064 | false | DIRETTIVA 2010/64/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 20 ottobre 2010
sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 82, paragrafo 2, secondo comma, lettera b),
vista l’iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica federale di Germania, della Repubblica di Estonia, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica italiana, del Granducato di Lussemburgo, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica d’Austria, della Repubblica portoghese, della Romania, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (1),
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione si è posta l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Secondo le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, in particolare il punto 33, il principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle altre decisioni di autorità giudiziarie dovrebbe diventare il fondamento della cooperazione giudiziaria nell’Unione in materia civile e in materia penale, poiché un reciproco riconoscimento rafforzato e il necessario ravvicinamento delle legislazioni faciliterebbe la cooperazione tra le autorità competenti e la tutela giudiziaria dei diritti dei singoli.
(2)
In ottemperanza alle conclusioni di Tampere, il 29 novembre 2000 il Consiglio ha adottato un programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (3). L’introduzione al programma stabilisce che il reciproco riconoscimento «deve consentire di rafforzare non solo la cooperazione tra Stati membri, ma anche la protezione dei diritti delle persone».
(3)
L’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni in materia penale presuppone che gli Stati membri ripongano fiducia reciproca nei rispettivi sistemi di giustizia penale. La portata del reciproco riconoscimento è strettamente vincolata a numerosi parametri, inclusi i meccanismi di protezione dei diritti degli indagati o degli imputati e le norme minime comuni necessarie ad agevolare l’applicazione del suddetto principio.
(4)
Il reciproco riconoscimento delle decisioni in materia penale può realizzarsi efficacemente soltanto in uno spirito di affidamento, nel quale non solo le autorità giudiziarie, ma tutti i soggetti coinvolti nel procedimento penale considerano le decisioni delle autorità giudiziarie degli altri Stati membri equivalenti alle proprie. Ciò presuppone affidamento non solo nell’adeguatezza delle normative degli altri Stati membri, bensì anche nella corretta applicazione di tali normative.
(5)
L’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo, la «CEDU») e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo, la «Carta») sanciscono il diritto a un processo equo. L’articolo 48, paragrafo 2, della Carta garantisce il rispetto dei diritti della difesa. La presente direttiva rispetta tali diritti e dovrebbe essere attuata di conseguenza.
(6)
Sebbene tutti gli Stati membri siano firmatari della CEDU, l’esperienza ha dimostrato che questa circostanza non sempre assicura un grado sufficiente di affidamento nei sistemi di giustizia penale degli altri Stati membri.
(7)
Ai fini di un rafforzamento della fiducia reciproca è necessaria un’applicazione più coerente dei diritti e delle garanzie stabiliti all’articolo 6 della CEDU. È inoltre necessario, per mezzo della presente direttiva e di altre misure, sviluppare ulteriormente all’interno dell’Unione le norme minime stabilite nella CEDU e nella Carta.
(8)
A norma dell’articolo 82, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, è possibile stabilire norme minime applicabili negli Stati membri al fine di facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazione di polizia e giudiziaria nelle materie penali aventi dimensioni transnazionali. L’articolo 82, paragrafo 2, secondo comma, lettera b), indica «i diritti della persona nella procedura penale» quale uno degli ambiti in cui è possibile stabilire norme minime.
(9)
Le norme minime comuni dovrebbero incrementare l’affidamento nei sistemi di giustizia penale di tutti gli Stati membri, che a sua volta dovrebbe generare una più efficace cooperazione giudiziaria in un clima di fiducia reciproca. Tali norme minime comuni si dovrebbero stabilire nell’ambito dell’interpretazione e della traduzione nei procedimenti penali.
(10)
Il 30 novembre 2009 il Consiglio ha adottato una risoluzione relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali (4). Seguendo un approccio in varie tappe, la tabella di marcia ha invitato ad adottare misure concernenti il diritto alla traduzione e all’interpretazione (misura A), il diritto a informazioni relative ai diritti e all’accusa (misura B), il diritto alla consulenza legale e all’assistenza legale gratuita (misura C), il diritto alla comunicazione con familiari, datori di lavoro e autorità consolari (misura D), nonché le garanzie speciali per indagati o imputati vulnerabili (misura E).
(11)
Il Consiglio europeo ha accolto con favore la tabella di marcia e l’ha integrata nel programma di Stoccolma (punto 2.4), adottato il 10 dicembre 2009. Il Consiglio europeo ha sottolineato il carattere non esaustivo della tabella di marcia, invitando la Commissione a esaminare ulteriori elementi in materia di diritti procedurali minimi per gli indagati e gli imputati, nonché a valutare la necessità di affrontare altre questioni, ad esempio la presunzione d’innocenza, in modo da promuovere una migliore cooperazione in tale settore.
(12)
La presente direttiva si riferisce alla misura A della tabella di marcia. Essa stabilisce norme minime comuni da applicare nell’ambito dell’interpretazione e della traduzione nei procedimenti penali al fine di rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati membri.
(13)
La presente direttiva si basa sulla proposta della Commissione di decisione quadro del Consiglio sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, dell’8 luglio 2009, e sulla proposta della Commissione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, del 9 marzo 2010.
(14)
Il diritto all’interpretazione e alla traduzione per coloro che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento è sancito dall’articolo 6 della CEDU, come interpretato nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. La presente direttiva facilita l’applicazione di tale diritto nella pratica. A tal fine, lo scopo della presente direttiva è quello di assicurare il diritto di persone indagate o imputati all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali al fine di garantire il loro diritto ad un processo equo.
(15)
I diritti previsti dalla presente direttiva dovrebbero altresì applicarsi, quali necessarie misure di accompagnamento, all’esecuzione del mandato d’arresto europeo (5) nei limiti stabiliti dalla medesima. Gli Stati membri di esecuzione dovrebbero provvedere all’interpretazione e alla traduzione a beneficio delle persone ricercate che non parlino o non comprendano la lingua del procedimento e assumerne i relativi costi.
(16)
In taluni Stati membri un’autorità diversa da una corte avente giurisdizione in materia penale è competente per comminare sanzioni in relazione a reati relativamente minori. Questo può essere il caso, ad esempio, delle infrazioni al codice della strada commesse su larga scala e che potrebbero essere accertate in seguito a un controllo stradale. In tali situazioni, non sarebbe ragionevole esigere che l’autorità competente garantisca tutti i diritti sanciti dalla presente direttiva. Laddove la legislazione di uno Stato membro preveda l’imposizione di una sanzione per reati minori da parte di tale autorità e vi sia il diritto a presentare ricorso a una giurisdizione competente in materia penale, la presente direttiva dovrebbe quindi applicarsi solo ai procedimenti dinanzi a tale giurisdizione in seguito a tale ricorso.
(17)
La presente direttiva dovrebbe assicurare un’assistenza linguistica adeguata e gratuita, consentendo a indagati o imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale di esercitare appieno i loro diritti della difesa e tutelare l’equità del procedimento.
(18)
L’interpretazione a beneficio degli indagati o degli imputati dovrebbe essere fornita senza indugio. Tuttavia, qualora un certo lasso di tempo trascorra prima che l’interpretazione sia fornita, ciò non dovrebbe costituire una violazione dell’obbligo di fornire l’interpretazione senza indugio, nella misura in cui tale lasso di tempo sia ragionevole date le circostanze.
(19)
Le comunicazioni tra indagati o imputati e il loro avvocato dovrebbero essere tradotte a norma della presente direttiva. Gli indagati o gli imputati dovrebbero, tra l’altro, poter spiegare al loro avvocato la loro versione dei fatti, segnalare eventuali dichiarazioni con cui sono in disaccordo e mettere il loro avvocato a conoscenza di eventuali circostanze da far valere a loro difesa.
(20)
Ai fini della preparazione della difesa, le comunicazioni tra indagati o imputati e il loro avvocato, direttamente correlate a qualsiasi interrogatorio o audizione durante il procedimento o alla presentazione di un ricorso o di un’altra richiesta procedurale, quale un’istanza di libertà provvisoria, dovrebbero essere tradotte laddove necessario al fine di tutelare l’equità del procedimento.
(21)
Gli Stati membri dovrebbero garantire la messa a disposizione di procedure o meccanismi allo scopo di accertare se indagati o imputati parlano e comprendono la lingua del procedimento penale e se necessitano dell’assistenza di un interprete. Tale procedura o meccanismo implica che le autorità competenti si accertino opportunamente, anche consultando gli interessati, se gli indagati o gli imputati parlano e comprendono la lingua del procedimento penale e se necessitano dell’assistenza di un interprete.
(22)
L’interpretazione e la traduzione a norma della presente direttiva dovrebbero essere fornite nella lingua madre degli indagati o imputati o in qualsiasi altra lingua che questi parlano o comprendono, per consentire loro di esercitare appieno i loro diritti della difesa e per tutelare l’equità del procedimento.
(23)
Il rispetto del diritto all’interpretazione e alla traduzione stabilito nella presente direttiva non dovrebbe arrecare pregiudizio ad alcun altro diritto procedurale sancito dal diritto nazionale.
(24)
Gli Stati membri dovrebbero garantire che possa essere esercitato un controllo sull’adeguatezza dell’interpretazione e della traduzione fornite, quando le autorità competenti sono state informate in merito a un determinato caso.
(25)
Gli indagati o gli imputati o le persone soggette a procedimento di esecuzione di un mandato di arresto europeo dovrebbero avere il diritto di impugnare la decisione che dichiara superflua l’interpretazione, secondo le procedure della legislazione nazionale. Tale diritto non comporta per gli Stati membri l’obbligo di prevedere un meccanismo separato o una procedura di ricorso con cui tale decisione potrebbe essere impugnata e non dovrebbe pregiudicare i termini applicabili all’esecuzione di un mandato di arresto europeo.
(26)
Qualora la qualità dell’interpretazione sia considerata insufficiente per garantire il diritto a un processo equo, le autorità competenti dovrebbero poter sostituire l’interprete in questione.
(27)
L’obbligo di dedicare un’attenzione particolare a indagati o imputati in posizione di potenziale debolezza, in particolare a causa di menomazioni fisiche che ne compromettono la capacità di comunicare efficacemente, costituisce il fondamento di una buona amministrazione della giustizia. Le autorità preposte all’esercizio dell’azione penale, le autorità di pubblica sicurezza e le autorità giudiziarie dovrebbero quindi provvedere affinché tali persone possano esercitare in modo effettivo i diritti previsti dalla presente direttiva, ad esempio prendendo in considerazione qualsiasi potenziale vulnerabilità che compromette la loro capacità di seguire il procedimento e di farsi capire, e intraprendendo le azioni necessarie per garantire i diritti in questione.
(28)
Quando si utilizza la videoconferenza per l’interpretazione a distanza, le autorità competenti dovrebbero poter utilizzare gli strumenti sviluppati nel contesto della giustizia elettronica europea (ad esempio informazioni sui tribunali che dispongono di materiale o di manuali per la videoconferenza).
(29)
È opportuno che la presente direttiva sia esaminata alla luce dell’esperienza pratica acquisita e, se del caso, modificata al fine di rafforzarne le garanzie.
(30)
La garanzia dell’equità del procedimento esige che i documenti fondamentali, o almeno le parti rilevanti di tali documenti, siano tradotti a beneficio di indagati o imputati a norma della presente direttiva. Alcuni documenti dovrebbero sempre essere considerati fondamentali a tale scopo e dovrebbero quindi essere tradotti, quali le decisioni che privano la persona della propria libertà, gli atti contenenti i capi d’imputazione e le sentenze. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero stabilire, di propria iniziativa o su richiesta di indagati o imputati o del loro avvocato, quali altri documenti sono essenziali per tutelare l’equità del procedimento e che dovrebbero pertanto essere ugualmente tradotti.
(31)
Gli Stati membri dovrebbero facilitare l’accesso alle banche dati nazionali da parte dei traduttori e degli interpreti giurati laddove tali banche dati esistano. In tale contesto, è opportuno prestare particolare attenzione all’obiettivo di fornire l’accesso alle banche dati esistenti attraverso il portale della giustizia elettronica, come stabilito nel piano d’azione pluriennale 2009-2013 in materia di giustizia elettronica europea del 27 novembre 2008 (6).
(32)
La presente direttiva dovrebbe stabilire norme minime. Gli Stati membri dovrebbero poter ampliare i diritti previsti dalla presente direttiva al fine di assicurare un livello di tutela più elevato anche in situazioni non espressamente contemplate dalla presente direttiva. Il livello di tutela non dovrebbe mai essere inferiore alle disposizioni della CEDU o della Carta, come interpretate nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo o della Corte di giustizia dell’Unione europea.
(33)
Le disposizioni della presente direttiva, che corrispondono ai diritti garantiti dalla CEDU o dalla Carta, dovrebbero essere interpretate e applicate in modo coerente rispetto a tali diritti, come interpretati nella pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’Unione europea.
(34)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire stabilire norme minime comuni, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa della sua portata e dei suoi effetti, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(35)
A norma dell’articolo 3 del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, tali Stati membri hanno notificato che desiderano partecipare all’adozione e all’applicazione della presente direttiva.
(36)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva stabilisce norme relative al diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali e nei procedimenti di esecuzione di un mandato di arresto europeo.
2. Il diritto di cui al paragrafo 1 si applica alle persone che siano messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, mediante notifica ufficiale o in altro modo, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se abbiano commesso il reato, inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle istanze in corso.
3. Laddove la legislazione di uno Stato membro preveda, per reati minori, l’irrogazione di una sanzione da parte di un’autorità diversa da una giurisdizione competente in materia penale e laddove l’irrogazione di tale sanzione possa essere oggetto di impugnazione dinanzi a tale giurisdizione, la presente direttiva si applica solo ai procedimenti di impugnazione dinanzi a tale giurisdizione.
4. La presente direttiva lascia impregiudicato il diritto nazionale relativo alla presenza dell’avvocato in tutte le fasi del procedimento penale, così come il diritto nazionale relativo al diritto di accesso dell’indagato o imputato ai documenti nei procedimenti penali.
Articolo 2
Diritto all’interpretazione
1. Gli Stati membri assicurano che gli indagati o gli imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale in questione siano assistiti senza indugio da un interprete nei procedimenti penali dinanzi alle autorità inquirenti e giudiziarie, inclusi gli interrogatori di polizia, e in tutte le udienze, comprese le necessarie udienze preliminari.
2. Gli Stati membri assicurano, ove necessario al fine di tutelare l’equità del procedimento, che l’interpretazione sia disponibile per le comunicazioni tra indagati o imputati e il loro avvocato, direttamente correlate a qualsiasi interrogatorio o audizione durante il procedimento o alla presentazione di un ricorso o di un’altra istanza procedurale.
3. Il diritto all’interpretazione di cui ai paragrafi 1 e 2 comprende l’appropriata assistenza per persone con problemi di udito o difficoltà di linguaggio.
4. Gli Stati membri assicurano la messa a disposizione di procedure o meccanismi allo scopo di accertare se gli indagati o gli imputati parlano e comprendono la lingua del procedimento penale e se hanno bisogno dell’assistenza di un interprete.
5. Gli Stati membri assicurano che, secondo le procedure della legislazione nazionale, gli indagati o gli imputati abbiano il diritto di impugnare una decisione che dichiara superflua l’interpretazione e, nel caso in cui l’interpretazione sia stata fornita, abbiano la possibilità di contestare la qualità dell’interpretazione in quanto insufficiente a tutelare l’equità del procedimento.
6. Se del caso, è possibile utilizzare tecnologie di comunicazione quali la videoconferenza, il telefono o Internet, a meno che la presenza fisica dell’interprete non sia necessaria al fine di tutelare l’equità del procedimento.
7. Nel procedimento di esecuzione di un mandato di arresto europeo lo Stato membro di esecuzione assicura che le proprie autorità competenti, a norma del presente articolo, forniscano l’assistenza di un interprete alle persone che siano soggette a tale procedimento e non parlino o non comprendano la lingua del procedimento.
8. L’interpretazione fornita ai sensi del presente articolo dev’essere di qualità sufficiente a tutelare l’equità del procedimento, in particolare garantendo che gli imputati o gli indagati in procedimenti penali siano a conoscenza delle accuse a loro carico e siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa.
Articolo 3
Diritto alla traduzione di documenti fondamentali
1. Gli Stati membri assicurano che gli indagati o gli imputati che non comprendono la lingua del procedimento penale ricevano, entro un periodo di tempo ragionevole, una traduzione scritta di tutti i documenti che sono fondamentali per garantire che siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa e per tutelare l’equità del procedimento.
2. Tra i documenti fondamentali rientrano le decisioni che privano una persona della propria libertà, gli atti contenenti i capi d’imputazione e le sentenze.
3. In qualsiasi altro caso le autorità competenti decidono se sono fondamentali altri documenti. Gli indagati o gli imputati o il loro avvocato possono presentare una richiesta motivata a tal fine.
4. Non è necessario tradurre i passaggi di documenti fondamentali che non siano rilevanti allo scopo di consentire agli indagati o agli imputati di conoscere le accuse a loro carico.
5. Gli Stati membri assicurano che, secondo le procedure della legislazione nazionale, gli indagati o gli imputati abbiano il diritto di impugnare una decisione che dichiara superflua l’interpretazione di documenti o di passaggi degli stessi e, nel caso in cui una traduzione sia stata fornita, abbiano la possibilità di contestare la qualità della traduzione in quanto non sufficiente a tutelare l’equità del procedimento.
6. Nel procedimento di esecuzione di un mandato di arresto europeo lo Stato membro di esecuzione assicura che le proprie autorità competenti forniscano a chiunque sia soggetto a tale procedimento e non comprenda la lingua in cui il mandato d’arresto europeo è redatto, o è stato tradotto dallo Stato membro emittente, la traduzione scritta del documento in questione.
7. In deroga alle norme generali di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 6, è possibile fornire una traduzione orale o un riassunto orale di documenti fondamentali, anziché una traduzione scritta, a condizione che tale traduzione orale o riassunto orale non pregiudichi l’equità del procedimento.
8. Qualsiasi rinuncia al diritto alla traduzione dei documenti di cui al presente articolo è soggetta alle condizioni che gli indagati o gli imputati abbiano beneficiato di una previa consulenza legale o siano venuti in altro modo pienamente a conoscenza delle conseguenze di tale rinuncia e che la stessa sia inequivocabile e volontaria.
9. La traduzione fornita ai sensi del presente articolo deve essere di qualità sufficiente a tutelare l’equità del procedimento, in particolare garantendo che gli imputati o gli indagati in procedimenti penali siano a conoscenza delle accuse a loro carico e siano in grado di esercitare i loro diritti della difesa.
Articolo 4
Costi di interpretazione e traduzione
Gli Stati membri sostengono i costi di interpretazione e di traduzione derivanti dall’applicazione degli articoli 2 e 3, indipendentemente dall’esito del procedimento.
Articolo 5
Qualità dell’interpretazione e della traduzione
1. Gli Stati membri adottano misure atte a garantire che l’interpretazione e la traduzione fornite rispettino la qualità richiesta ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 8, e dell’articolo 3, paragrafo 9.
2. Al fine di assicurare un servizio di interpretazione e di traduzione adeguato e un accesso efficiente a tale servizio, gli Stati membri si impegnano a istituire un registro o dei registri di traduttori e interpreti indipendenti e debitamente qualificati. Una volta istituiti, tali registri, se del caso, sono messi a disposizione degli avvocati e delle autorità competenti.
3. Gli Stati membri assicurano che gli interpreti e i traduttori rispettino la riservatezza per quanto riguarda l’interpretazione e la traduzione fornite ai sensi della presente direttiva.
Articolo 6
Formazione
Fatta salva l’indipendenza della magistratura e le differenze nell’organizzazione del potere giudiziario in tutta l’Unione, gli Stati membri richiedono ai responsabili della formazione di giudici, procuratori e personale giudiziario coinvolti nei procedimenti penali, di prestare particolare attenzione alle specificità della comunicazione assistita da un’interprete in modo da garantirne l’efficacia e l’efficienza.
Articolo 7
Obblighi di verbalizzazione
Gli Stati membri provvedono affinché, quando l’indagato o l’imputato è stato sottoposto ad interrogatori o ad udienze da parte di un’autorità di polizia o giudiziaria con l’assistenza di un interprete ai sensi dell’articolo 2, quando sono stati forniti una traduzione orale o un riassunto orale in presenza di detta autorità ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, ovvero quando una persona ha rinunciato al diritto alla traduzione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 8, si prenderà nota che tali eventi si sono verificati, utilizzando la procedura di verbalizzazione ai sensi del diritto dello Stato membro interessato.
Articolo 8
Non regressione
Nessuna disposizione della presente direttiva può essere interpretata in modo tale da limitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali offerti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalla Carta di diritti fondamentali dell’Unione europea, da altre pertinenti disposizioni di diritto internazionale o dalle legislazioni degli Stati membri che assicurano un livello di protezione più elevato.
Articolo 9
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 27 ottobre 2013.
2. Essi trasmettono alla Commissione il testo di tali misure.
3. Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
Articolo 10
Relazione
Entro il 27 ottobre 2014 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in cui valuta in che misura gli Stati membri abbiano adottato le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva, corredata, se del caso, di proposte legislative.
Articolo 11
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 12
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati.
Fatto a Strasburgo, addì 20 ottobre 2010.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
O. CHASTEL
(1) GU C 69 del 18.3.2010, pag. 1.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 16 giugno 2010 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 7 ottobre 2010.
(3) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 10.
(4) GU C 295 del 4.12.2009, pag. 1.
(5) Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1).
(6) GU C 75 del 31.3.2009, pag. 1. | Processo equo: il diritto dell’imputato all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali
SINTESI
COSA FA QUESTA DIRETTIVA?
—
Stabilisce delle norme minime per tutta l’Unione europea (UE) per quanto riguarda l’interpretazione e la traduzione nei procedimenti penali e nei procedimenti per l’esecuzione del mandato d’arresto europeo.
—
Si tratta della prima di una serie di misure volte a istituire norme minime per i diritti procedurali in tutta l’UE, conformemente a quanto previsto dalla tabella di marcia 2009. È stata seguita nel 2012 dalla direttiva sul diritto all’informazione nei procedimenti penali.
PUNTI CHIAVE
Diritto all’interpretazione
Il servizio di interpretazione deve essere fornito gratuitamente agli indagati e agli imputati che non parlano o non comprendono la lingua del procedimento penale, ad esempio durante:
—
gli interrogatori di polizia;
—
gli incontri principali tra cliente e avvocato;
—
tutte le udienze, comprese le necessarie udienze preliminari.
Qualora non risulti necessaria la presenza fisica dell’interprete per garantire l’equità, è possibile fornire l’interpretazione tramite videoconferenza, telefono o Internet.
Diritto alla traduzione dei documenti essenziali
Gli indagati e gli imputati che non comprendono la lingua del procedimento penale devono ricevere una traduzione scritta dei documenti essenziali per la propria difesa. Tra questi compaiono:
—
le decisioni che privano la persona della propria libertà;
—
gli atti contenenti i capi d’imputazione;
—
le sentenze.
Le autorità competenti possono decidere di tradurre altri documenti valutando la situazione caso per caso. Gli indagati e gli imputati e il loro avvocato possono inoltre richiedere la traduzione di altri documenti essenziali.
Nei procedimenti per l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo, alle persone coinvolte devono essere forniti il servizio di interpretazione e una traduzione scritta del mandato stesso, laddove necessario.
Qualità dell’interpretazione e della traduzione
La qualità della traduzione e quella dell’interpretazione deve essere tale da consentire alle persone coinvolte di comprendere le accuse a loro carico e di esercitare i loro diritti della difesa. A tale scopo, i paesi dell’UE sono tenuti a creare un registro di traduttori e interpreti indipendenti e qualificati da mettere a disposizione degli avvocati e delle autorità competenti.
A PARTIRE DA QUANTO ENTRA IN VIGORE LA DIRETTIVA?
A partire dal 15 novembre 2010. Doveva essere recepita nella legge nazionale dei paesi dell’UE entro il 27 ottobre 2013.
CONTESTO
Diritto dell’imputato all’interpretazione e alla traduzione.
ATTO
Direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (GU L 280, 26.10.2010, pagg. 1-7) | 8,977 | 794 |
32009D0459 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 6 maggio 2009
relativa alla concessione di un sostegno finanziario comunitario a medio termine alla Romania
(2009/459/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del comitato economico e finanziario (CEF),
considerando quanto segue:
(1)
Con decisione 2009/458/CE (2) il Consiglio ha deciso di concedere il concorso reciproco alla Romania.
(2)
Nonostante il previsto miglioramento delle partite correnti, per il periodo fino al primo trimestre del 2011 la Romania dovrà far fronte ad un fabbisogno di finanziamento estero importante [stimato dalla Commissione, il Fondo monetario internazionale (FMI) e le autorità rumene a circa 20 miliardi di EUR nel marzo 2009]; a causa dei recenti sviluppi dei mercati finanziari il conto capitale e il conto finanziario potrebbero registrare un notevole deterioramento.
(3)
È opportuno fornire alla Romania un sostegno comunitario per un importo massimo di 5 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. Tale sostegno dovrebbe essere fornito in combinazione con un prestito dell’FMI di 11,443 miliardi di DSP (circa 12,95 miliardi di EUR) nel quadro di un accordo di stand-by che dovrebbe essere approvato il 6 maggio 2009. La Banca mondiale ha altresì acconsentito a fornire alla Romania un prestito di 1 miliardo di EUR e la Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) contribuiranno con un ulteriore supporto per un ammontare totale di 1 miliardo di EUR.
(4)
L’aiuto comunitario dovrebbe essere gestito dalla Commissione. Le condizioni specifiche di politica economica convenute con le autorità rumene in seguito alla consultazione del CEF dovrebbero essere specificate in un protocollo d’intesa. Le modalità finanziarie dettagliate dovrebbero essere fissate dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
(5)
Attraverso missioni e relazioni periodiche delle autorità rumene, la Commissione dovrebbe verificare periodicamente che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinato il sostegno.
(6)
Durante l’intero periodo di attuazione del programma, la Commissione fornirà anche consulenza politica e assistenza tecnica in settori specifici.
(7)
La Corte dei conti europea ha la facoltà di effettuare tutti i controlli di natura tecnica o finanziaria che essa ritenga necessari nel quadro della gestione di detto sostegno. La Commissione, nonché l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, hanno la facoltà di inviare i propri agenti o rappresentanti debitamente autorizzati perché effettuino tutti i controlli di natura tecnica o finanziaria che essi ritengano necessari nel quadro della gestione del sostegno finanziario comunitario a medio termine.
(8)
Oltre alle condizioni di politica economica a cui è subordinato il programma, la Commissione continuerà anche a monitorare i progressi realizzati nel campo della riforma giudiziaria e della lotta alla corruzione attraverso il meccanismo di cooperazione e verifica. La durata di detto meccanismo è indipendente dalla durata del programma di sostegno. In aggiunta alle condizioni di politica economica a cui è subordinato il programma, la Commissione continuerà a monitorare l’uso appropriato dei trasferimenti UE pre- e postadesione, anche attraverso valutazioni di conformità ed esami periodici.
(9)
È opportuno fornire l’assistenza per favorire la sostenibilità della bilancia dei pagamenti in Romania ed in questo modo contribuire all’efficace attuazione del programma di politica economica del governo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. La Comunità mette a disposizione della Romania un prestito a medio termine per un importo massimo di 5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di sette anni.
2. Il sostegno finanziario della Comunità verrà messo a disposizione per un periodo di tre anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione.
Articolo 2
1. Il sostegno è gestito dalla Commissione in modo coerente con gli impegni assunti dalla Romania e le raccomandazioni del Consiglio, in particolare le raccomandazioni per ciascun paese, nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme e del programma di convergenza.
2. La Commissione concorda con le autorità rumene, previa consultazione del CEF, le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario come previsto all’articolo 3, paragrafo 5. Tali condizioni sono fissate in un protocollo d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
3. La Commissione verifica periodicamente, in collaborazione con il CEF, che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinato il sostegno. A tal scopo, le autorità rumene mettono tutte le informazioni necessarie a disposizione della Commissione e collaborano pienamente con essa. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o alla ristrutturazione delle condizioni finanziarie.
4. La Romania è disposta ad adottare e ad applicare misure di risanamento supplementari al fine di garantire la stabilità macrofinanziaria, qualora esse risultassero necessarie durante l’applicazione del programma di sostegno. Prima di adottare tali misure le autorità rumene consultano la Commissione.
Articolo 3
1. La Commissione mette a disposizione della Romania il sostegno finanziario comunitario in un massimo di cinque rate, la cui entità sarà fissata nel protocollo d’intesa.
2. La prima rata è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del protocollo d’intesa.
3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata.
4. La Commissione decide in merito allo svincolo delle rate successive dopo aver ricevuto il parere del CEF.
5. Il pagamento di ciascuna rata successiva avviene sulla base di un’attuazione efficace del nuovo programma economico del governo rumeno da integrare nel programma di convergenza della Romania, nel programma nazionale di riforme e, in particolare, nelle condizioni economiche specifiche stabilite nel protocollo d’intesa. Esse comprendono, fra l’altro:
a)
l’adozione di un programma di bilancio a medio termine chiaramente definito per riportare il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al disotto del valore di riferimento del 3 % del PIL previsto dal trattato entro il 2011;
b)
l’adozione e l’esecuzione di un bilancio modificato per il 2009, entro il secondo trimestre 2009, che abbia come obiettivo il contenimento del disavanzo pubblico entro il 5,1 % del PIL in termini SEC 95;
c)
la riduzione in termini nominali, rispetto ai risultati del 2008, della spesa retributiva nel settore pubblico rinunciando agli aumenti retributivi (per un totale del 5 % in termini nominali) previsti per il 2009 (o ulteriori tagli equivalenti nell’occupazione) o riducendo i posti nel pubblico impiego (compreso il fatto di bandire un solo posto vacante su sette);
d)
ulteriori riduzioni della spesa per beni e servizi e per sovvenzioni alle imprese pubbliche;
e)
il miglioramento della gestione delle finanze pubbliche attraverso l’adozione e l’applicazione di un quadro di bilancio vincolante a medio termine, la fissazione di limiti alle revisioni di bilancio possibili durante l’esercizio in corso, ivi compreso tramite regole di bilancio, e l’istituzione di un consiglio sul bilancio incaricato di effettuare un controllo qualificato e indipendente;
f)
una riforma del sistema retributivo del settore pubblico che includerà una parificazione e semplificazione delle tabelle salariali e una riforma del sistema dei bonus;
g)
la riforma dei parametri fondamentali del sistema pensionistico tramite il passaggio a un’indicizzazione delle pensioni ai prezzi al consumo piuttosto che alle retribuzioni, un graduale aumento dell’età pensionabile oltre quanto attualmente previsto, in particolare per le donne, e la graduale affiliazione a un regime pensionistico contributivo per le categorie di dipendenti pubblici che ancora non vi partecipano;
h)
una modifica del diritto bancario e in materia di liquidazione affinché sia in grado di rispondere in maniera efficace e tempestiva in caso di difficoltà per le banche. Uno degli obiettivi cardine delle modifiche consisterà nel rafforzare i poteri degli amministratori delle banche sottoposte a procedura di amministrazione straordinaria. Oltre agli impegni delle banche, altre disposizioni saranno volte a rafforzare i poteri della Banca nazionale rumena concedendole la facoltà di richiedere ai grandi azionisti delle banche di aumentare la loro quota di capitale sociale e di sostenere finanziariamente la banca, o ancora di proibire o limitare la distribuzione degli utili. In conformità con la legislazione comunitaria in materia, la vigilanza finanziaria sarà aumentata. Inoltre, gli obblighi in materia di informazione sulla liquidità saranno resi più precisi e, a tempo debito, il livello minimo regolamentare del coefficiente di adeguatezza patrimoniale passerà dall’8 % al 10 %. In più, le procedure che reggono l’attivazione delle garanzie sui depositi saranno modificate al fine di semplificare e accelerare i pagamenti. In virtù della nuova normativa, le suddette garanzie saranno attivate entro 21 giorni dalla decisione della Banca nazionale rumena. Infine, per assicurare un adeguato di liquidità, la Banca nazionale rumena si è impegnata ad allargare la gamma di attività che possono essere accettate in garanzia;
i)
misure di riforma strutturale nei settori strategici evocati nelle raccomandazioni per ciascun paese formulate dal Consiglio nel contesto della strategia di Lisbona. Tra le riforme figureranno anche politiche indirizzate a rafforzare l’efficienza e l’efficacia della pubblica amministrazione, ad accrescere la qualità della spesa pubblica e un uso sano e un accresciuto assorbimento dei fondi UE; esse sono volte altresì a ridurre gli oneri amministrativi e fiscali e i vincoli giuridici a carico delle imprese e ad affrontare il problema del lavoro sommerso, allargando in tal modo la base imponibile.
6. Perché sia assicurata un’agevole attuazione delle condizioni a cui è subordinato il programma, la Commissione fornirà orientamento e assistenza continui sulla riforma fiscale, strutturale e dei mercati finanziari.
7. Ai fini della gestione del sostegno finanziario comunitario a medio termine, la Romania aprirà un conto speciale presso la Banca nazionale rumena.
Articolo 4
La Romania è destinataria della presente decisione.
Articolo 5
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 6 maggio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
V. TOŠOVSKÝ
(1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1.
(2) Cfr. pag. 6 della presente Gazzetta ufficiale. | Sostegno finanziario alla Romania
QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI?
Mirano a fornire sostegno finanziario alla Romania.
Tra il 2009 e il 2015, l’Unione europea (UE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), con il sostegno di altre organizzazioni internazionali, hanno fornito assistenza finanziaria alla Romania.
La base per l’azione dell’Unione europea è il regolamento (CE) n. 332/2002 che consente di fornire sostegno finanziario a medio termine ai paesi dell’UE che non fanno parte della zona euro e che hanno problemi con la bilancia dei pagamenti.
PUNTI CHIAVE
Nel 2009, l’UE ha concordato un sostegno finanziario per un valore massimo di 20 miliardi di euro a favore della Romania per il periodo 2009-2011. A norma del regolamento (CE) n. 332/2002, l’assistenza era legata all’adozione da parte della Romania di misure di politica economica volte a ristabilire una bilancia dei pagamenti sostenibile.
Il finanziamento era fornito da:
UE: 5 miliardi di euro nell’ambito del programma di sostegno alla bilancia dei pagamenti;
FMI
: circa 12,95 miliardi di euro tramite un accordo stand-by;
Banca mondiale
: 1 miliardo di euro;
Banca europea per gli investimenti
e Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo: 1 miliardo di euro congiuntamente.
Nel 2011, l’UE ha accettato di concedere alla Romania a titolo precauzionale un sostegno finanziario per un importo massimo di 1,4 miliardi di euro per il periodo 2011-2013. La decisione affermava che:
la Romania non avrebbe richiesto l’erogazione delle rate del prestito dell’Unione, a meno che non si trovasse in difficoltà con la bilancia dei pagamenti (partite correnti o movimenti di capitali);
la Commissione europea avrebbe preso in considerazione la richiesta della Romania di ricevere tutto o una parte del prestito alla luce della realizzazione da parte del governo del suo programma di riforme economiche;
il sostegno era uno sforzo congiunto con l’FMI, che ha erogato circa 3,6 miliardi di euro nell’ambito di un accordo stand-by precauzionale;
la Banca Mondiale aveva promesso un ulteriore sostegno finanziario.
Nel 2013, la UE ha approvato un nuovo programma precauzionale per la bilancia dei pagamenti a favore della Romania per il periodo 2013-2015. Sono stati promessi 2 miliardi di euro e l’FMI ha promesso un importo analogo. Questo finanziamento intendeva aiutare il paese a:
consolidare la stabilità a livello macroeconomico, di bilancio e finanziario;
aumentare la resilienza e il potenziale di crescita dell’economia;
rafforzare la capacità amministrativa;
riformare l’amministrazione fiscale, migliorare la gestione delle finanze pubbliche e ristrutturare le imprese statali.
Il sostegno finanziario nell’ambito del programma 2011-2013 e del programma 2013-2015 non è mai stato attivato.
Con la fine del terzo programma di sostegno finanziario il 30 settembre 2015, l’UE ha avviato la sorveglianza post-programma il 1o ottobre 2015. Tale sorveglianza:
si concentra sul programma di sostegno alla bilancia dei pagamenti 2009-2011, nell’ambito del quale restano in sospeso 3,5 miliardi di euro su un totale di 5 miliardi di euro di prestiti erogati;
prevede visite regolari in Romania per valutare la situazione economica, fiscale e finanziaria del paese;
durerà probabilmente fino al maggio 2018, quando si prevede che sarà restituito il 70 % del prestito iniziale.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI?
La decisione 2009/459 del Consiglio è entrata in vigore l’11 maggio 2009.
La decisione 2011/288/UE del Consiglio è entrata in vigore il 13 maggio 2011.
La decisione 2013/531/UE del Consiglio è entrata in vigore il 25 ottobre 2013.
CONTESTO
Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’UE ha conferito all’Unione europea il potere di concedere prestiti ai paesi membri che affrontano o rischiano di affrontare difficoltà con la bilancia dei pagamenti o i movimenti di capitale.
Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro.
La Romania ha richiesto per la prima volta il sostegno nel 2009, dopo che la sua moneta era scesa del 30 % nei confronti dell’euro negli ultimi 15 mesi e i deficit di bilancio e delle partite correnti erano aumentati rapidamente a causa della crisi finanziaria.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Sostegno alla bilancia dei pagamenti della Romania» sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/459/CE del Consiglio, del 6 maggio 2009, relativa alla concessione di un sostegno finanziario comunitario a medio termine alla Romania (GU L 150 del 13.6.2009, pag. 8-10)
Le modifiche successive alla decisione 2009/459/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Decisione 2011/288/UE del Consiglio, del 12 maggio 2011, relativa alla concessione a titolo precauzionale di un sostegno finanziario a medio termine dell’Unione europea a favore della Romania (GU L 132 del 19.5.2011, pag. 15-17)
Decisione 2013/531/UE del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alla concessione a titolo precauzionale di un sostegno finanziario a medio termine dell’Unione a favore della Romania (GU L 286 del 29.10.2013, pag. 1-3)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3)
Si veda la versione consolidata. | 5,340 | 429 |
21984A0716(02) | false | Accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (Accordo di Bonn)
Gazzetta ufficiale n. L 188 del 16/07/1984 pag. 0009 - 0016 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 4 pag. 0191 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 4 pag. 0191 edizione speciale spagnola: capitolo 15 tomo 5 pag. 0035 edizione speciale portoghese: capitolo 15 tomo 5 pag. 0035
TRADUZIONE ACCORDO concernente la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (Accordo di Bonn) I GOVERNI DEL REGNO DEL BELGIO, DEL REGNO DI DANIMARCA, DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, DELLA REPUBBLICA FRANCESE, DEL REGNO DEI PAESI BASSI, DEL REGNO DI NORVEGIA, DEL REGNO DI SVEZIA, DEL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD E LA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA, RICONOSCENDO che l'inquinamento delle acque dovuto agli idrocarburi e ad altre sostanze pericolose nella regione del Mare del Nord può rappresentare un pericolo per l'ambiente marino e per gli interessi degli Stati costieri, PRENDENDO ATTO del fatto che l'inquinamento di cui trattasi ha diverse fonti e che i sinistri e gli altri eventi che interessano le acque marittime suscitano vive inquietudini, CONVINTI che l'attiva cooperazione e la reciproca assistenza fra gli Stati, insieme alla loro capacità di combattere contro l'inquinamento, sono indispensabili per proteggere le coste di questi stessi Stati ed i loro interessi ad esse connessi, FELICITANDOSI dei progressi già realizzati nel quadro dell'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento delle acque del Mare del Nord causato dagli idrocarburi, firmato a Bonn il 9 giugno 1969, DESIDERANDO promuovere l'assistenza reciproca e la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Il presente accordo si applica quando la presenza o la minaccia di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che inquinano o possono inquinare le acque nella regione del Mare del Nord, qual è definita all'articolo 2 del presente accordo, costituisce un pericolo grave ed imminente per le coste o per gli interessi ad esse connessi di una o più parti contraenti. Articolo 2 Agli effetti del presente accordo, per regione del Mare del Nord s'intende il Mare del Nord propriamente detto a sud del 61° grado di latitudine nord nonché: a) lo Skagerrak, il cui limite meridionale è determinato dalla latitudine 57°44'00",8 N a est del capo di Skagen; b) la Manica e i suoi accessi ad est di una linea tracciata ad una distanza di 50 miglia marine ad ovest di una linea che unisce le isole Scilly all'isola di Ouessant. Articolo 3 1. Le parti contraenti ritengono che la protezione contro l'inquinamento, quale esso è descritto all'articolo 1 del presente accordo, richieda un'attiva cooperazione fra loro. 2. Le parti contraenti elaborano e stabiliscono insieme linee direttrici per quanto riguarda gli aspetti pratici, operativi e tecnici di un'azione congiunta. Articolo 4 Le parti contraenti si impegnano a fornire alle altre parti contraenti informazioni concernenti: a) l'organismo nazionale competente in materia di lotta contro l'inquinamento ai sensi dell'articolo 1 del presente accordo; b) l'autorità competente per ricevere e trasmettere le informazioni relative all'inquinamento e per trattare le questioni di reciproca assistenza fra le parti contraenti; c) i mezzi nazionali che si potrebbero mettere a disposizione nel quadro dell'assistenza internazionale al fine di far fronte all'inquinamento o di prevenirlo; d) i nuovi metodi che permettono di evitare l'inquinamento ed i procedimenti nuovi ed efficaci per farvi fronte; e) i principali incidenti cui si è fatto fronte in relazione al tipo di inquinamento di cui trattasi. Articolo 5 1. Ogniqualvolta una parte contraente viene a conoscenza di un incidente o della presenza nella regione del Mare del Nord di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che potrebbero costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di un'altra parte contraente, essa ne informa immediatamente quest'ultima tramite la sua autorità competente. 2. Le parti contraenti si impegnano a invitare i capitani di tutte le navi battenti la loro bandiera nazionale ed i piloti degli aerei immatricolati nel loro paese a segnalare immediatamente con i mezzi più pratici e più adeguati tenuto conto delle circostanze: a) tutti gli incidenti che causano o possono causare un inquinamento marino; b) la presenza, la natura e l'estensione degli idrocarburi o di altre sostanze pericolose che possono costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di una o più parti contraenti. 3. Le parti contraenti predispongono un formulario tipo per segnalare l'inquinamento come previsto al paragrafo 1 del presente articolo. Articolo 6 1. Ai soli effetti del presente accordo la regione del Mare del Nord è suddivisa in zone, come indicato nell'allegato al presente accordo. 2. La parte contraente nella cui zona sopravviene un evento del tipo descritto all'articolo 1 del presente accordo, esegue le valutazioni necessarie per quanto riguarda la natura e l'entità dell'incidente o, se del caso, il tipo e la quantità approssimativa degli idrocarburi o delle altre sostanze pericolose, nonché la loro direzione e velocità di spostamento. 3. La parte contraente interessata trasmette immediatamente a tutte le altre parti contraenti, tramite l'autorità competente di quest'ultima, informazioni in merito alle valutazioni da essa eseguite, come pure in ordine agli interventi decisi per combattere contro detti idrocarburi o altre sostanze pericolose ; essa continua a tenere sotto controllo tali sostanze per tutto il tempo in cui esse si trovano nella sua zona. 4. Gli obblighi che incombono alle parti contraenti conformemente al disposto del presente articolo per quanto riguarda le cosiddette zone di responsabilità comune formano oggetto di specifici accordi tecnici tra le parti interessate. Detti accordi sono comunicati alle altre parti contraenti. Articolo 7 Le parti contraenti che abbiano bisogno di assistenza per far fronte ad un inquinamento o ad una minaccia di inquinamento nel mare o sulle loro coste possono chiedere la collaborazione delle altre parti contraenti. Le parti che chiedono assistenza precisano il tipo di aiuto di cui hanno bisogno. Le parti contraenti di cui è richiesta la collaborazione a norma del presente articolo compiono tutti gli sforzi possibili per collaborare nei limiti dei propri mezzi e tenendo conto - segnatamente nel caso di inquinamento dovuto a sostanze pericolose diverse dagli idrocarburi - delle possibilità tecnologiche a loro disposizione. Articolo 8 1. Le disposizioni del presente accordo non vanno interpretate in modo da arrecare pregiudizio ai diritti e agli obblighi delle parti contraenti in conformità del diritto internazionale, in particolare per quanto riguarda la prevenzione e la lotta contro l'inquinamento marino. 2. In nessun caso la suddivisione in zone di cui all'articolo 6 del presente accordo può essere invocata come precedente o come argomento in materia di sovranità o di giurisdizione. Articolo 9 1. In mancanza di un accordo sulle disposizioni finanziarie applicabili agli interventi compiuti dalle parti contraenti per combattere contro l'inquinamento - accordo che potrebbe essere concluso a livello bilaterale o multilaterale, o in occasione di un'operazione congiunta di lotta - le parti contraenti sostengono, conformemente a quanto è disposto dalle lettere a) o b) qui appresso, le spese derivanti dalle loro azioni rispettive per far fronte all'inquinamento: a) quando l'intervento è compiuto da una parte contraente dietro espressa richiesta di un'altra parte contraente, la parte contraente che ha richiesto l'assistenza rimborsa alla parte contraente che l'ha prestata le spese inerenti all'esecuzione dell'intervento di cui trattasi; b) quando l'intervento è compiuto per iniziativa esclusiva di una parte contraente, le spese relative sono a carico di quest'ultima. 2. La parte contraente che ha richiesto l'assistenza é libera di revocare in qualunque momento la sua richiesta, ma in tale caso assume a proprio carico le spese già sostenute o impegnate dalla parte contraente che è venuta in suo aiuto. Articolo 10 Salvo accordo contrario, le spese derivanti da un intervento deciso da una parte contraente dietro richiesta di un'altra parte contraente sono calcolate secondo le disposizioni legislative e le prassi che nel paese che presta il suo aiuto sono applicabili al rimborso di spese del genere da parte di una persona fisica o di un organismo responsabile. Articolo 11 L'articolo 9 del presente accordo non può essere interpretato in modo da pregiudicare il diritto delle parti contraenti di recuperare presso terzi le spese derivanti da azioni intraprese per far fronte, in forza di altre disposizioni o norme applicabili nell'ambito del diritto interno e internazionale, ad eventi inquinanti o alla minaccia di inquinamento. Articolo 12 1. Le riunioni delle parti contraenti si svolgono a intervalli regolari e in qualunque momento in cui, per particolari circostanze, sia così deciso conformemente al regolamento interno. 2. In occasione della prima riunione le parti contraenti stabiliscono un regolamento interno ed un regolamento finanziario da adottarsi all'unanimità dei voti. 3. Il governo depositario convoca la prima riunione delle parti contraenti non appena possibile dopo l'entrata in vigore del presente accordo. Articolo 13 Nei settori di sua competenza la Comunità economica europea esercita il diritto di voto con un numero di voti pari al numero degli Stati membri che sono parti contraenti del presente accordo. La Comunità economica europea non esercita il diritto di voto allorché i suoi Stati membri esercitino il loro e viceversa. Articolo 14 Nel corso delle riunioni spetta alle parti contraenti: a) esercitare una sorveglianza generale sull'attuazione del presente accordo; b) esaminare regolarmente l'efficacia delle misure prese in forza del presente accordo; c) assumere qualunque altra funzione che possa rivelarsi necessaria conformemente alle disposizioni del presente accordo. Articolo 15 1. Le parti contraenti prendono le necessarie disposizioni per provvedere all'assolvimento delle funzioni di segreteria inerenti al presente accordo, tenendo conto delle disposizioni che allo stesso fine sono già previste da altri accordi internazionali in materia di prevenzione dell'inquinamento marino in vigore nella stessa regione in cui si applica il presente accordo. 2. Ciascuna parte contraente contribuisce in ragione del 2,5 % alle spese annuali derivanti dall'accordo. Il saldo delle spese è ripartito tra le parti contraenti diverse dalla Comunità economica europea, in proporzione al loro prodotto nazionale lordo, conformemente alla tabella di ripartizione regolarmente votata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. In nessun caso il contributo di una parte contraente al regolamento del saldo può essere superiore al 20 % del saldo stesso. Articolo 16 1. Salve restando le disposizioni dell'articolo 17 del presente accordo, le proposte di emendamento del presente accordo o del relativo allegato, presentate da una parte contraente, sono esaminate nel corso di una riunione delle parti contraenti. Dopo l'adozione della proposta con voto unanime, il governo depositario notifica l'emendamento alle parti contraenti. 2. L'emendamento entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui il governo depositario ha ricevuto notifica della sua approvazione da parte di tutte le parti contraenti. Articolo 17 1. Due o più parti contraenti possono modificare i limiti comuni delle loro zone quali sono definite nell'allegato al presente accordo. 2. La relativa modifica entrerà in vigore per tutte le parti contraenti il primo giorno del sesto mese successivo alla data dell'avvenuta notifica ad opera del governo depositario, a meno che, entro un termine di tre mesi a decorrere da detta notifica, una parte contraente abbia sollevato un'obiezione o abbia chiesto consultazioni in materia. Articolo 18 1. Il presente accordo potrà essere firmato dai governi degli Stati invitati a partecipare alla conferenza sull'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento da idrocarburi e da altre sostanze pericolose delle acque del Mare del Nord, riunita a Bonn il 13 settembre 1983, nonché dalla Comunità economica europea. 2. Questi stessi Stati e la Comunità economica europea potranno divenire parti del presente accordo sia mediante firma senza riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione, sia mediante firma con riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione seguita dall'atto di ratifica, di accettazione o di approvazione. 3. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il governo della Repubblica federale di Germania. Articolo 19 1. Il presente accordo entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui i governi di tutti gli Stati di cui all'articolo 18 del presente accordo e la Comunità economica europea l'avranno firmato senza riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione o avranno depositato uno strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione. 2. All'entrata in vigore del presente accordo, l'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento da idrocarburi nelle acque del Mare del Nord, firmato a Bonn il 9 giugno 1969, cesserà di essere in vigore. Articolo 20 1. Le parti contraenti possono invitare all'unanimità qualunque altro Stato costiero dell'Atlantico nordorientale ad aderire al presente accordo. 2. In tal caso, l'articolo 2 del presente accordo ed il relativo allegato saranno emendati in conformità. Gli emendamenti saranno adottati con voto unanime in occasione di una riunione delle parti contraenti e prenderanno effetto al momento dell'entrata in vigore del presente accordo per lo Stato aderente. Articolo 21 1. Per ciascuno Stato che aderisce al presente accordo, quest'ultimo entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui lo Stato aderente avrà presentato lo strumento di adesione. 2. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il governo della Repubblica federale di Germania. Articolo 22 1. Il presente accordo può essere denunciato da qualunque parte contraente allo scadere di un periodo di cinque anni a decorrere dalla data dell'entrata in vigore. 2. Alla denuncia si fa luogo mediante notifica scritta, da inviarsi al governo depositario, che a sua volta notifica a tutte le altre parti contraenti la denuncia ricevuta e la datta della relativa ricezione. 3. La denuncia ha effetto un anno dopo la data in cui la notifica è ricevuta dal governo depositario. Articolo 23 Il governo depositario informa le parti contraenti e quelle di cui all'articolo 18 del presente accordo in merito: a) alle firme del presente accordo; b) al deposito degli strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, nonché in ordine alla ricezione di una notifica di denuncia; c) alla data di entrata in vigore del presente accordo; d) alla ricezione delle notifiche di approvazione relative agli emendamenti apportati al presente accordo o al suo allegato, nonché alla data di entrata in vigore di detti emendamenti. Articolo 24 L'originale del presente accordo, redatto in lingua francese, inglese e tedesca, tutti i testi facenti ugualmente fede, sarà depositato presso il governo della Repubblica federale di Germania, che ne rimette una copia certificata conforme alle parti contraenti, nonché al segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, ai fini della registrazione e della pubblicazione conformemente all'articolo 102 della Carta delle Nazioni Unite. In fede di che i sottoscritti, debitamente autorizzati dai rispettivi governi, hanno firmato il presente accordo. Fatto a Bonn, il 13 settembre 1983. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS BELGIEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF BELGIUM, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE BELGIQUE: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS DÄNEMARK, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF DENMARK, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE DANEMARK: Vorbehaltlich der Genehmigung, Subject to approval, Sous réserve d'approbation. FÜR DIE REGIERUNG DER FRANZÖSISCHEN REPUBLIK, FOR THE GOVERNMENT OF THE FRENCH REPUBLIC, POUR LE GOUVERNEMENT DE LA RÉPUBLIQUE FRANÇAISE: FÜR DIE REGIERUNG DER BUNDESREPUBLIK DEUTSCHLAND, FOR THE GOVERNMENT OF THE FEDERAL REPUBLIC OF GERMANY, POUR LE GOUVERNEMENT DE LA RÉPUBLIQUE FÉDÉRALE D'ALLEMAGNE: FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS DER NIEDERLANDE, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF THE NETHERLANDS, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DES PAYS-BAS: Vorbehaltlich der Annahme, Subject to acceptance, Sous réserve d'acceptation. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS NORWEGEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF NORWAY, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE NORVÈGE: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS SCHWEDEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF SWEDEN, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE SUÈDE: FÜR DIE REGIERUNG DES VEREINIGTEN KÖNIGREICHS GROSSBRITANNIEN UND NORDIRLAND, FOR THE GOVERNMENT OF THE UNITED KINGDOM OF GREAT BRITAIN AND NORTHERN IRELAND, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME-UNI DE GRANDE-BRETAGNE ET D'IRLANDE DU NORD: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE EUROPÄISCHE WIRTSCHAFTSGEMEINSCHAFT, FOR THE EUROPEAN ECONOMIC COMMUNITY, POUR LA COMMUNAUTÉ ÉCONOMIQUE EUROPÉENNE: Vorbehaltlich der Annahme, Subject to acceptance, Sous réserve d'acceptation. ALLEGATO DESCRIZIONE DELLE ZONE DI CUI ALL'ARTICOLO 6 DEL PRESENTE ACCORDO Le zone, eccetto le zone cosiddette di responsabilità comune, sono delimitate dalle linee che uniscono i seguenti punti: >PIC FILE= "T0026030"> Le zone cosiddette di responsabilità comune sono delimitate come segue: 1. Belgio, Francia e Regno Unito La regione marina situata fra i paralleli 51°32' N e 51°06' N. 2. Francia e Regno Unito La Manica a sud-ovest del parallelo 51°06' N fino ad una linea che unisce i punti 49°52' N 07°44' O e 48°27' N 06°25' O. 3. Danimarca e Svezia La regione dello Skagerrak situata fra i seguenti punti: >PIC FILE= "T0026031"> | Accordo di Bonn concernente la lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose, compreso l’inquinamento atmosferico provocato dalla navigazione
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo stabilisce un sistema di cooperazione tra le parti contraenti a favore della lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose. La decisione 84/358/CEE conclude l’accordo a nome della Comunità economica europea (attualmente Unione europea). Nel 2019 le parti contraenti hanno approvato l’adesione della Spagna e l’estensione dell’ambito di applicazione dell’accordo all’inquinamento atmosferico prodotto dalle navi come disciplinato nell’allegato VI della convenzione internazionale dell’organizzazione marittima internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (convenzione MARPOL). La decisione (UE) 2021/176 attesta la conclusione da parte dell’Unione europea relativa all’estensione dell’ambito di applicazione dell’accordo e all’adesione della Spagna.
PUNTI CHIAVE
Parti contraenti
Le parti contraenti dell’accordo di Bonn, la cui modifica più recente risale al 2021, sono i governi di Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia, nonché l’Unione europea (Unione).
Tratti di mare contemplati dall’accordo
L’accordo riguarda il grande Mare del Nord e i suoi accessi più estesi: si tratta di uno dei tratti marittimi più trafficati al mondo. Dall’adesione della Spagna all’accordo, comprende:il Mare del Nord propriamente detto, a sud della latitudine 61° 0' 00,00" N; lo Skagerrak, il cui limite meridionale è determinato a est del capo di Skagen dalla latitudine 57° 44' 43,00" N; il golfo di Guascogna, delimitato a sud e a ovest dalla linea definita nella parte I dell’allegato dell’accordo; le altre acque, che comprendono il Mare d’Irlanda, il Mar Celtico, il Mare Malin, il grande Minch, il piccolo Minch, una parte del Mare di Norvegia e parti dell’Atlantico nordorientale, delimitate a ovest e a nord dalla linea definita nella parte II dell’allegato dell’accordo.Ambito di applicazione
Sviluppandosi sulla scia di un accordo precedente sottoscritto nel 1969, che verteva sull’inquinamento provocato da sversamenti di petrolio greggio, l’accordo di Bonn del 1984 si concentrava altresì sugli sversamenti di altre sostanze pericolose responsabili dell’inquinamento o che minacciavano di inquinare le acque nella regione del Mare del Nord.
Nel 2019, le parti contraenti hanno convenuto di modificare l’accordo affinché contemplasse la cooperazione sul monitoraggio in conformità ai requisiti dell’allegato VI della convenzione MARPOL. L’allegato VI introduce limiti più severi riguardo al tenore di zolfo delle emissioni di ossido di zolfo nelle regioni di controllo, tra cui il Mare del Nord. La direttiva (UE) 2016/802 relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi incorpora le modifiche principali presenti nel diritto internazionale in materia di prevenzione dell’inquinamento atmosferico prodotto dalle navi nel diritto dell’Unione (si veda la sintesi).
Settori di attività
Le parti contraenti concordano:sulla cooperazione attiva reciproca; sull’elaborazione e sulla definizione congiunte delle linee guida riguardo agli aspetti pratici, operativi e tecnici di un’azione congiunta; sulla condivisione di informazioni concernentil’organizzazione nazionale che si occupa del tipo di inquinamento preso in esame dall’accordo;l’autorità competente responsabile della ricezione e della trasmissione di relazioni di tale inquinamento e di trattare le questioni riguardanti le misure di assistenza reciproca;i mezzi nazionali che si potrebbero mettere a disposizione nel quadro dell’assistenza internazionale al fine di far fronte all’inquinamento o di prevenirlo;i nuovi metodi di prevenzione di tale inquinamento e di nuove misure efficaci per contrastarlo;i principali incidenti ambientali di questo tipo a cui hanno fatto fronte.Comunicazione degli incidenti e assistenza reciprocaLe parti contraenti concordano di fornire l’una all’altra segnalazioni di qualsiasi incidente o della presenza nella regione del Mare del Nord di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che potrebbero costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di un’altra parte contraente. Le parti contraenti hanno predisposto un formulario tipo per la segnalazione di incidenti ambientali. Una parte che si trova ad affrontare un incidente ambientale può richiedere l’assistenza delle altre parti. In linea generale, la parte contraente richiedente rimborsa alle parti che le prestano assistenza i costi di qualsiasi azione intrapresa.Attuazione
Le parti contraenti attuano l’accordo tramite:il costante monitoraggio delle proprie zone di responsabilità al fine di rilevare la presenza di minacce di inquinamento marino, compreso il coordinamento del monitoraggio aereo e satellitare; l’allerta reciproca su qualsiasi minaccia; l’adozione di approcci operativi comuni affinché possano fare affidamento le une sulle altre per raggiungere gli standard necessari di prevenzione e ripulitura; il sostegno reciproco, ove richiesto, nelle operazioni di risposta; la condivisione di attività di ricerca e sviluppo; l’esecuzione di esercitazioni congiunte.Bilancio e segretariato
Ciascuna parte contraente contribuisce in ragione del 2,5 % alle spese annuali derivanti dall’accordo e il saldo delle spese è ripartito tra le parti contraenti (diverse dall’Unione), in proporzione al loro prodotto nazionale lordo.
Il segretariato dell’accordo ha sede a Londra.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo di Bonn del 1984 è entrato in vigore il 28 giugno 1984.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:A proposito dell’accordo di Bonn (sito web dell’accordo di Bonn).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (accordo di Bonn) (GU L 188 del 16.7.1984, pag. 9).
Decisione 84/358/CEE del Consiglio del 28 giugno 1984 relativa alla conclusione dell’accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (GU L 188 del 16.7.1984, pag. 7).
Decisione (UE) 2021/176 del Consiglio del 5 febbraio 2021 relativa alla conclusione degli emendamenti dell’accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (accordo di Bonn) in merito all’estensione dell’ambito di applicazione di tale accordo e l’adesione del Regno di Spagna a detto accordo (GU L 54 del 16.2.2021, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva (UE) 2016/802 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 58). | 7,946 | 983 |
32013R1370 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 1370/2013 DEL CONSIGLIO
del 16 dicembre 2013
recante misure per la fissazione di determinati aiuti e restituzioni connessi all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 43, paragrafo 3,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, intitolata «La PAC verso il 2020: rispondere alle future sfide dell'alimentazione, delle risorse naturali e del territorio» espone le future sfide, gli obiettivi e gli orientamenti della politica agricola comune (di seguito «PAC») dopo il 2013. Alla luce del dibattito su tale comunicazione, la PAC dovrebbe essere riformata a partire dal 1o gennaio 2014. La riforma dovrà riguardare tutti i principali strumenti della PAC, compreso il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (1). Nell'ambito del quadro normativo riformato, occorre adottare misure sulla fissazione dei prezzi, dei prelievi, degli aiuti e delle limitazioni quantitative.
(2)
A fini di chiarezza e trasparenza, è opportuno conferire una struttura comune alle disposizioni in materia di intervento pubblico mantenendo peraltro invariata la politica intrinseca a ciascun settore. A tal fine è appropriato operare una distinzione tra le soglie di riferimento stabilite nel regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) da un lato, e i prezzi di intervento dall'altro, e definire questi ultimi. Solo i prezzi di intervento per l'intervento pubblico corrispondono ai prezzi amministrati applicati di cui all'allegato 3, punto 8, prima frase dell'Accordo sull'agricoltura dell'OMC (ossia il sostegno dei prezzi di mercato). In questo contesto si intende che l'intervento sul mercato può assumere la forma di un intervento pubblico, ma anche altre forme di intervento che non fanno uso di indicazioni di prezzo stabilite ex ante.
(3)
È opportuno prevedere il livello del prezzo di intervento pubblico a cui l'acquisto all'intervento è effettuato a prezzo fisso o mediante procedura di gara, compresi i casi per i quali può essere necessario un adeguamento dei prezzi di intervento pubblico. Allo stesso modo è necessario adottare misure sulle limitazioni quantitative per effettuare l'acquisto all'intervento a prezzo fisso. In entrambi i casi, i prezzi e i limiti quantitativi dovrebbero rispecchiare la prassi e l'esperienza maturata nell'ambito delle previgenti organizzazioni comuni di mercato.
(4)
Il regolamento (UE) n. 1308/2013 prevede la concessione di aiuti per l'ammasso privato come misura d'intervento sul mercato. Occorre prevedere le misure relative alla fissazione degli importi dell'aiuto. Tenuto conto della prassi e dell'esperienza maturata nell'ambito delle previgenti organizzazioni comuni di mercato, è opportuno prevedere la fissazione degli importi dell'aiuto sia in anticipo sia mediante procedura di gara e taluni elementi da tener conto quando l'aiuto è prefissato.
(5)
Per garantire una corretta gestione finanziaria del programma a favore del consumo di frutta e verdura nelle scuole è opportuno fissare un massimale per l’aiuto concesso dall’Unione e tassi massimi di cofinanziamento. Per consentire a tutti gli Stati membri di attuare un programma per la frutta e verdura nelle scuole efficace sotto il profilo dei costi, è opportuno fissare un importo minimo determinato dell'aiuto dell'Unione.
(6)
Al fine di garantire il buon funzionamento dell'aiuto per la distribuzione di latte e di prodotti lattiero-caseari ai bambini nelle scuole e di assicurare la flessibilità della gestione del regime, occorre fissare un quantitativo massimo dell'aiuto per la fornitura del latte e dei prodotti lattiero-caseari, nonché gli importi dell'aiuto dell'Unione.
(7)
A norma del Il regolamento (UE) n. 1308/2013 molte misure relative al settore dello zucchero scadranno alla fine della campagna di commercializzazione 2016/17 dello zucchero quando il sistema delle quote sarà abolito.
(8)
Nel presente regolamento occorre prevedere misure relative alla fissazione della tassa sulla produzione da prelevare per le quote di zucchero, di isoglucosio e di sciroppo di inulina di cui nel settore dello zucchero in linea con la proroga del sistema delle quote fino al 30 settembre 2017.
(9)
Al fine di garantire un sistema efficiente di restituzione alla produzione per determinati prodotti del settore dello zucchero, occorre stabilire condizioni appropriate per fissare l'importo della restituzione alla produzione.
(10)
Al fine di garantire un tenore di vita equo ai produttori di barbabietole e di canna da zucchero dell’Unione, è opportuno fissare un prezzo minimo delle barbabietole di quota corrispondenti a una qualità tipo da definire.
(11)
Al fine di evitare una minaccia alla situazione del mercato dello zucchero dovuta all'accumulo dei quantitativi di zucchero, di isoglucosio e di sciroppo di inulina per cui non sono soddisfatte le condizioni applicabili, dovrebbe essere prevista una disposizione per il prelievo sulle eccedenze.
(12)
Nel regolamento (UE) n. 1308/2013 è stato creato un meccanismo per consentire una fornitura di zucchero sufficiente ed equilibrata ai mercati dell'Unione, disponendo che la Commissione prenda le misure opportune per raggiungere tal fine. Poiché gli strumenti di gestione dei mercati per mettere in atto questo meccanismo sono gli adeguamenti temporanei del dazio all'importazione pagabile sullo zucchero greggio importato nonché l'applicazione temporanea di un prelievo su una produzione fuori quota introdotto sul mercato interno al fine di adeguare l'offerta alla domanda, è opportuno inserire nel presente regolamento una disposizione specifica che permetta alla Commissione di applicare tale prelievo e di fissare il suo importo.
(13)
Al fine di garantire il buon funzionamento del sistema di restituzione all'esportazione, occorre stabilire misure appropriate per fissare l'importo delle restituzioni. Inoltre, nel settore dei cereali e del riso occorre adottare misure appropriate per fissare gli importi correttivi e per provvedere all'adeguamento dell'importo delle restituzioni in linea con gli eventuali cambiamenti del livello del prezzo di intervento.
(14)
Al fine di garantire una gestione quotidiana efficiente della PAC, le misure sulla fissazione degli aiuti, delle restituzioni e dei prezzi di cui al presente regolamento devono essere limitate alle condizioni quadro che consentano di fissare importi concreti caso per caso e a seconda delle circostanze. Al fine di garantire condizioni uniformi per l'attuazione del presente regolamento, occorre conferire alla Commissione competenze di esecuzione per la fissazione di detti importi. Tali competenze di esecuzione dovrebbero essere esercitate con l'assistenza del comitato per l’organizzazione comune dei mercati agricoli e conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (3). Inoltre, al fine di garantire una risposta rapida alle mutevoli situazioni di mercato, la Commissione deve essere autorizzata a fissare nuovi livelli di restituzione e, nel settore dei cereali e del riso, ad adeguare l'importo correttivo senza applicare il regolamento (UE) n. 182/2011,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ambito di applicazione
Il presente regolamento reca misure per la fissazione dei prezzi, dei prelievi, degli aiuti e delle limitazioni quantitative nell'ambito dell'organizzazione comune unica dei mercati agricoli istituita dal regolamento (UE) n. 1308/2013
Articolo 2
Prezzi di intervento pubblico
1. Il livello del prezzo di intervento pubblico:
a)
per il frumento tenero, il frumento duro, l'orzo, il granturco, il risone e il latte scremato in polvere è pari alla rispettiva soglia di riferimento di cui all'articolo 7 del regolamento (UE) n. 1308/2013 in caso di acquisto all'intervento a prezzo fisso e non supera la rispettiva soglia di riferimento in caso di acquisto all'intervento mediante gara;
b)
per il burro, è pari al 90 % della soglia di riferimento di cui all'articolo 7 del regolamento (UE) n. 1308/2013 in caso di acquisto all'intervento a prezzo fisso e non supera il 90 % di tale soglia di riferimento in caso di acquisto all'intervento mediante gara;
c)
per le carni bovine non supera il livello di cui all'articolo 13, paragrafo 1, lettera c) del regolamento (UE) n. 1308/2013.
2. I prezzi di intervento pubblico per il frumento tenero, il frumento duro, l'orzo, il granturco e il risone di cui al paragrafo 1 sono adattati applicando le maggiorazioni o le riduzioni a tali prezzi in base ai principali criteri di qualità dei prodotti.
3. La Commissione adotta atti di esecuzione che determinano le maggiorazioni o le riduzioni del prezzo di intervento pubblico dei prodotti di cui al paragrafo 2 del presente articolo alle condizioni ivi stabilite. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2.
Articolo 3
Prezzi di acquisto all'intervento e limitazioni quantitative applicabili
1. In caso di apertura dell'intervento pubblico ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 1, lettera a) del regolamento (UE) n. 1308/2013, l'acquisto all'intervento è effettuato a prezzo fisso di cui all'articolo 2 del presente regolamento e non eccede le limitazioni quantitative seguenti rispettivamente per ciascun periodo di cui all'articolo 12 del regolamento (UE) n. 1308/2013:
a)
3 milioni di tonnellate di frumento tenero;
b)
50 000 tonnellate di burro;
c)
109 000 tonnellate di latte scremato in polvere.
2. In caso di apertura dell'intervento pubblico a norma dell'articolo 12, paragrafo 1 del regolamento (UE) n. 1308/2013:
a)
per il frumento tenero, il burro e il latte scremato in polvere oltre le limitazioni quantitative fissate al paragrafo 1 del presente articolo e
b)
per il frumento duro, il sorgo, l'orzo, il granturco, il risone e le carni bovine
l'acquisto all'intervento è effettuato mediante gara per determinare il prezzo massimo di acquisto all'intervento.
Il prezzo massimo di acquisto all'intervento non supera il livello di cui all'articolo 2, paragrafo 1 del presente regolamento ed è fissato mediante atti di esecuzione.
3. In particolari circostanze debitamente giustificate la Commissione può adottare atti di esecuzione:
a)
che limitano le procedure di gara a uno Stato membro o a una regione di uno Stato membro oppure
b)
fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 1, che fissano i prezzi di acquisto all'intervento per l'intervento pubblico per Stato membro o regione di Stato membro in funzione dei prezzi medi di mercato rilevati.
4. I prezzi all'acquisto di cui ai paragrafi 2 e 3 per il frumento tenero, il frumento duro, l'orzo, il granturco e il risone è adattato applicando le maggiorazioni o le riduzioni a tali prezzi in base ai principali criteri di qualità dei prodotti.
La Commissione adotta atti di esecuzione che fissano tali maggiorazioni o tali riduzioni.
5. Gli atti di esecuzione di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 15, paragrafo 2.
6. La Commissione adotta, senza applicare la procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2, gli atti di esecuzione necessari per:
a)
rispettare le limitazioni di intervento di cui al paragrafo 1 del presente articolo; e
b)
applicare la procedura di gara di cui al paragrafo 2 del presente articolo per il frumento tenero, il burro e il latte scremato in polvere oltre le limitazioni quantitative di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Articolo 4
Aiuto all’ammasso privato
1. Per stabilire l'importo dell'aiuto all'ammasso privato dei prodotti di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 1308/2013 è avviata una procedura di gara per un periodo limitato oppure l'aiuto è fissato in anticipo, qualora l'aiuto sia concesso conformemente all'articolo 18, paragrafo 2, di tale regolamento. L'aiuto può essere fissato per Stato membro o regione di uno Stato membro.
2. La Commissione adotta atti di esecuzione:
a)
nei casi in cui si applica la procedura di gara, che stabiliscono l'importo massimo dell'aiuto all'ammasso privato:
b)
qualora l'aiuto sia fissato in anticipo, che fissano l'importo dell'aiuto in base alle spese di ammasso e/o ad altri elementi di mercato pertinenti.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2.
Articolo 5
Aiuti per la distribuzione ai bambini di ortofrutticoli
1. L'aiuto dell'Unione per la distribuzione ai bambini di ortofrutticoli freschi, di ortofrutticoli trasformati, di banane e prodotti derivati di cui all'articolo 23 del regolamento (UE) n. 1308/2013:
a)
non supera:
i)
l’importo di 150 milioni di EUR per anno scolastico;
ii)
il 75 % dei costi di fornitura e dei costi correlati di cui all'articolo 23, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1308/2013, oppure il 90 % di tali costi nelle regioni meno sviluppate e nelle regioni ultraperiferiche di cui all'articolo 349 del trattato; né
b)
copre costi diversi da quelli della fornitura e dai costi correlati di cui all'articolo 23, paragrafo 1 del regolamento (UE) n. 1308/2013.
Per le finalità di cui al primo comma, lettera a), punto ii), il significato di «regioni meno sviluppate» è il medesimo di cui all'articolo 90, paragrafo 2, primo comma, lettera a) del Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (4)
2. Gli Stati membri che partecipano al programma frutta e verdura nelle scuole ricevono ciascuno almeno 290 000 EUR di aiuti dell’Unione.
La Commissione adotta atti di esecuzione che fissano la ripartizione indicativa dell'aiuto di cui al paragrafo 1 del presente articolo tra ciascun Stato membro in base ai criteri di cui all'articolo 23, paragrafo 5 del regolamento (UE) n. 1308/2013.
La Commissione valuta almeno ogni tre anni se la ripartizione indicativa continui ad essere conforme ai criteri di cui all'articolo 23, paragrafo 5 del regolamento (UE) n. 1308/2013. Qualora necessario, la Commissione adotta atti di esecuzione che fissano una nuova ripartizione indicativa.
Su richiesta degli Stati membri conformemente all'articolo 23, paragrafo 5, secondo comma del regolamento (UE) n. 1308/2013, ogni anno la Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono la ripartizione definitiva degli aiuti di cui al paragrafo 1 del presente articolo tra gli Stati membri partecipanti secondo le condizioni stabilite in tale paragrafo.
Gli atti di esecuzione di cui al presente paragrafo sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2, del presente regolamento.
Articolo 6
Aiuto per la distribuzione di latte e di prodotti lattiero-caseari ai bambini
1. L'aiuto dell'Unione per la distribuzione di latte e di prodotti lattiero-caseari ai bambini di cui all'articolo 26 del regolamento (UE) n. 1308/2013 è concesso per un quantitativo massimo di 0,25 litri di equivalente latte per allievo e per giorno di scuola.
2. L'aiuto dell'Unione è pari a 18,15 EUR/100 kg per tutti i tipi di latte.
3. La Commissione adotta atti di esecuzione che fissano gli importi dell'aiuto per i prodotti lattiero-caseari ammissibili diversi dal latte, in base, in particolare, ai componenti del latte nel prodotto in questione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2.
Articolo 7
Tassa sulla produzione nel settore dello zucchero
1. La tassa sulla produzione delle quote di zucchero, di isoglucosio e di sciroppo di inulina di cui all'articolo 128 del regolamento (UE) n. 1308/2013 è pari a 12 EUR/t per lo zucchero di quota e lo sciroppo di inulina di quota. Per l’isoglucosio la tassa sulla produzione è pari al 50 % della tassa applicabile allo zucchero.
2. Lo Stato membro addebita l’intero importo della tassa sulla produzione, versato a norma del paragrafo 1, alle imprese stabilite nel suo territorio in base alla quota da esse detenuta nel corso della rispettiva campagna di commercializzazione.
Le imprese effettuano i pagamenti entro la fine di febbraio della relativa campagna di commercializzazione.
3. Le imprese dell'Unione produttrici di zucchero e di sciroppo di inulina hanno la facoltà di addebitare il 50 % della relativa tassa sulla produzione ai produttori di barbabietole da zucchero o di canna da zucchero o ai fornitori di cicoria.
Articolo 8
Restituzione alla produzione nel settore dello zucchero
La restituzione alla produzione dei prodotti del settore dello zucchero di cui all'articolo 129 del regolamento (UE) n. 1308/2013 è fissata dalla Commissione mediante atti di esecuzione in base:
a)
ai costi derivanti dall'utilizzo di zucchero importato che l'industria avrebbe dovuto sostenere in caso di approvvigionamento sul mercato mondiale e
b)
al prezzo dello zucchero eccedente disponibile nel mercato dell'Unione oppure, in assenza di zucchero eccedente su questo mercato, alla soglia di riferimento dello zucchero fissato all'articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 1308/2013.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 15, paragrafo 2, del presente regolamento.
Articolo 9
Prezzo minimo della barbabietola
1. Il prezzo minimo della barbabietola di quota di cui all'articolo 135 del regolamento (UE) n. 1308/2013 è pari a 26,29 EUR/t fino al termine della campagna di commercializzazione dello zucchero 2016/17 il 30 settembre 2017.
2. Il prezzo minimo di cui al paragrafo 1 si applica alla barbabietola da zucchero di qualità tipo definita nell'allegato III, parte B del regolamento (UE) n. 1308/2013.
3. Le imprese produttrici di zucchero che acquistano barbabietole di quota atte ad essere trasformate in zucchero e destinate alla produzione di zucchero di quota sono tenute a pagare almeno il prezzo minimo, adattato applicando le maggiorazioni o le riduzioni corrispondenti alle differenze di qualità rispetto alla qualità tipo. Tali maggiorazioni o riduzioni sono stabilite dalla Commissione mediante atti di esecuzione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2.
4. Per i quantitativi di barbabietole da zucchero corrispondenti ai quantitativi di zucchero industriale o di zucchero eccedente soggetti al prelievo sulle eccedenze di cui all’articolo 11, le imprese produttrici di zucchero interessate adeguano il prezzo di acquisto in modo da farlo corrispondere almeno al prezzo minimo delle barbabietole di quota.
Articolo 10
Adeguamento delle quote nazionali di zucchero
A norma dell'articolo 43, paragrafo 3 del trattato, il Consiglio può, su proposta della Commissione, adeguare le quote di cui all'allegato XII del regolamento (UE) n. 1308/2013 risultanti da eventuali decisioni degli Stati membri adottate conformemente all'articolo 138 del suddetto regolamento.
Articolo 11
Prelievo sulle eccedenze nel settore dello zucchero
1. Un prelievo sulle eccedenze, comprese le disposizioni di cui all'articolo 142 del regolamento (UE) n. 1308/2013, è fissato ad un livello sufficientemente elevato per evitare l'accumulo dei quantitativi di cui a tale articolo. Tale prelievo è fissato dalla Commissione mediante atti di esecuzione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 15, paragrafo 2, del presente regolamento.
2. Lo Stato membro addebita il prelievo sulle eccedenze di cui al paragrafo 1 alle imprese stabilite nel suo territorio in base ai quantitativi di cui a tale paragrafo da esse prodotti, determinati per dette imprese per la relativa campagna di commercializzazione.
Articolo 12
Meccanismo temporaneo di gestione del mercato nel settore dello zucchero
Per garantire un approvvigionamento sufficiente ed equilibrato di zucchero al mercato dell'Unione, fino al termine della campagna di commercializzazione dello zucchero 2016/17 il 30 settembre 2017, nonostante l'articolo 142 del regolamento (UE) n. 1308/2013, la Commissione può, per i quantitativi e il tempo necessari, applicare temporaneamente mediante atti di esecuzione un prelievo sulle eccedenze per la produzione fuori quota di cui all'articolo 139, paragrafo 1, lettera e), di tale regolamento.
La Commissione fissa l'importo di tale prelievo mediante atti di esecuzione.
Gli atti di esecuzione di cui al presente articolo sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 15, paragrafo 2, del presente regolamento.
Articolo 13
Fissazione delle restituzioni all'esportazione
1. Alle condizioni stabilite all'articolo 196 del regolamento (UE) n. 1308/2013 e come previsto all'articolo 198 di tale regolamento, la Commissione può adottare atti di esecuzione che fissano le restituzioni all'esportazione:
a)
a intervalli regolari, per i prodotti di cui alla lista dell'articolo 196, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1308/2013;
b)
mediante gara per i cereali, il riso, lo zucchero, il latte e i prodotti lattiero-caseari.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2 del presente regolamento.
2. Le restituzioni all'esportazione per un prodotto sono fissate tenendo conto di uno o più dei seguenti aspetti:
a)
la situazione e le prospettive di evoluzione:
i)
dei prezzi del prodotto in questione e della sua disponibilità sul mercato dell'Unione,
ii)
dei prezzi di tale prodotto sul mercato mondiale;
b)
gli obiettivi dell'organizzazione comune del mercato, che sono quelli di garantire l'equilibrio e lo sviluppo naturale dei prezzi e degli scambi su tale mercato;
c)
la necessità di evitare perturbazioni tali da provocare uno squilibrio prolungato tra la domanda e l'offerta sul mercato dell'Unione;
d)
l'aspetto economico delle esportazioni previste;
e)
i limiti che derivano dagli accordi internazionali conclusi a norma del trattato;
f)
la necessità di stabilire un equilibrio tra l'utilizzazione dei prodotti di base dell'Unione nella produzione di merci trasformate destinate all'esportazione verso i paesi terzi e l'utilizzazione di prodotti di tali paesi importati in regime di perfezionamento;
g)
le spese di commercializzazione e le spese di trasporto più favorevoli dai mercati dell'Unione fino ai porti o altri luoghi di esportazione dell'Unione, nonché le spese di resa ai paesi di destinazione;
h)
la domanda sul mercato dell'Unione;
i)
con riguardo ai settori delle carni suine, delle uova e delle carni di pollame, la differenza tra i prezzi nell'Unione e i prezzi sul mercato mondiale del quantitativo di cereali da foraggio necessario per produrre nell'Unione i prodotti di tali settori.
3. Se necessario al fine di garantire una risposta rapida alle mutevoli situazioni di mercato, l'importo della restituzione può essere adeguato dalla Commissione mediante atti di esecuzione, su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di cui all’articolo 15, paragrafo 2.
Articolo 14
Misure specifiche per le restituzioni all'esportazione per cereali e riso
1. La Commissione può adottare atti di esecuzione che fissano un importo correttivo applicabile alle restituzioni all'esportazione fissate per i settori dei cereali e del riso. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di cui 15, paragrafo 2.
Se necessario al fine di garantire una risposta rapida alle mutevoli situazioni di mercato, la Commissione può adottare atti di esecuzione, senza applicare la procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2, che modificano tali importi correttivi.
La Commissione può applicare le disposizioni del presente paragrafo ai prodotti dei settori dei cereali e del riso esportati sotto forma di merci trasformate in conformità al regolamento (CE) n. 1216/2009 (5).
2. Durante i primi tre mesi della campagna di commercializzazione, in caso di esportazione di malto immagazzinato alla fine della campagna precedente o fabbricato a partire da orzo immagazzinato in tale periodo, si applica la restituzione all'esportazione che sarebbe stata applicata, per il titolo di esportazione in questione, nel caso di un'esportazione effettuata nell'ultimo mese della campagna precedente.
3. La restituzione per prodotti elencati nell'allegato I, parte I, lettere a) e b), del regolamento (UE) n. 1308/2013, stabilita in conformità all'articolo 199, paragrafo 2, di tale regolamento, può essere adeguata dalla Commissione, mediante atti di esecuzione, in funzione di eventuali cambiamenti nel livello del prezzo d'intervento.
Il primo comma può essere applicato, in tutto o in parte, ai prodotti elencati nell'allegato I, parte I, lettere c) e d), del regolamento (UE) n. 1308/2013, nonché ai prodotti di cui a tale allegato, parte I, esportati sotto forma di merci trasformate in conformità al regolamento (CE) n. 1216/2009. In tal caso, mediante atti di esecuzione la Commissione corregge l'adeguamento di cui al primo comma del presente paragrafo applicando un coefficiente che esprime il rapporto fra la quantità del prodotto di base e la quantità di quest'ultimo contenuta nel prodotto trasformato esportato o utilizzato per fabbricare le merci esportate.
Gli atti di esecuzione di cui al presente paragrafo sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 15, paragrafo 2, del presente regolamento.
Articolo 15
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato per l’organizzazione comune dei mercati agricoli, istituito dall'articolo 229 del regolamento (UE) n. 1308/2013. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 16
Tavola di concordanza
I riferimenti alle pertinenti disposizioni del regolamento (CE) n.o1234/2007 a seguito della sua abrogazione da parte del regolamento (UE) n. 1308/2013 s'intendono fatti al presente regolamento e vanno letti secondo la tavola di concordanza che figura in allegato al presente regolamento.
Articolo 17
Entrata in vigore e applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2014.
Gli articoli da 7 a 12 si applicano fino al termine della campagna di commercializzazione dello zucchero 2016/17 il 30 settembre 2017.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 16 dicembre 2013
Per il Consiglio
Il presidente
V. JUKNA
(1) Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1).
(2) Regolamento (UE) n. 1308/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/01 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671).
(3) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(4) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
(5) Regolamento (CE) n. 1216/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, sul regime di scambi per talune merci ottenute dalla trasformazione di prodotti agricoli (GU L 328 del 15.12.2009, pag. 10).
ALLEGATO
TAVOLA DI CONCORDANZA
di cui all'articolo 16
Regolamento (CE) n. 1234/2007
Il presente regolamento
Articolo 18, paragrafi 1 e 3
Articolo 2
Articolo 18, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 13, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 13, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 18, paragrafo 2, primo comma
Articolo 18, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 18, paragrafo 4
Articolo 43 bis bis
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 2 bis
Articolo 3, paragrafo 2 ter
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 31, paragrafo 2
Articolo 4
Articolo 103 octies bis, paragrafo 4
Articolo 103 octies bis, paragrafo 5
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 102, paragrafo 4
Articolo 102, paragrafo 3
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafi 2 e 3
Articolo 51, paragrafo 2
Articolo 51, paragrafo 3
Articolo 51, paragrafo 4
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 3
Articolo 97
Articolo 8
Articolo 49
Articolo 9
Articolo 64, paragrafo 2
Articolo 64, paragrafo 3
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 164, paragrafo 2
Articolo 164, paragrafo 3
Articolo 164, paragrafo 4
Articolo 165
Articolo 166
Articolo 13, paragrafi 1 e 3
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafo 1
Articolo 14, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafo 3 | Aiuti e restituzioni connessi all’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce le regole dell’UE sulla fissazione dei prezzi, dei prelievi, degli aiuti, delle restituzioni e delle limitazioni quantitative per i prodotti agricoli.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento si basa sull’articolo 43, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), intendendo che si tratta di un regolamento adottato dal Consiglio. [I lettori dovrebbero notare che ciò è in contrasto con le misure di cui all’articolo 43, paragrafo 2 del TFUE, adottate in base alla procedura legislativa ordinaria (si veda la sentenza della Corte del 7 settembre 2016, Repubblica federale di Germania contro il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea, Caso C-113/14).]
La legislazione definisce le condizioni per:soglie di riferimento* per cereali, riso, zucchero, carni bovine e prodotti lattiero-caseari come il burro, carni suine e olio di oliva; prezzi di intervento pubblico* per il frumento tenero, il frumento duro, l’orzo, il granoturco, il riso, il latte scremato in polvere, il burro, la carne bovina e di vitello; massimali per il frumento tenero (3 milioni di tonnellate), il burro (50 000 tonnellate) e il latte scremato in polvere (109 000 tonnellate) che l’UE può acquistare e togliere dal mercato per un determinato periodo; aiuti per l’ammasso privato di prodotti che vanno dallo zucchero e dall’olio d’oliva al formaggio e alla carne bovina; finanziamenti dell’UE per frutta, verdura e latte sovvenzionati per le scuole; spese, rimborsi e quote sulla produzione di zucchero fino al 30 settembre 2017. La Commissione europea utilizza gli atti di esecuzione per:rivedere e adeguare le soglie di riferimento alla luce dei costi di produzione e delle tendenze del mercato; aumentare o ridurre i prezzi di intervento pubblico; organizzare le procedure di aggiudicazione per l’intervento pubblico e gli aiuti all’ammasso; impostare il livello massimo di frutta, verdura e latte sovvenzionati per le scuole ogni tre anni; fissare il livello delle restituzioni all’esportazione in base alle condizioni di mercato. Il comitato per l’Organizzazione comune dei mercati agricoli assiste la Commissione nell’attuazione della legislazione.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 1o gennaio 2014.
CONTESTO
L’Organizzazione comune dei mercati è un insieme di regole che regola il mercato dei prodotti agricoli nell’UE. Essa è volta a fornire una rete di sicurezza per gli agricoltori assegnando un sostegno specifico per settore.
TERMINI CHIAVE
Soglie di riferimento: un livello di prezzo fissato per legge rispetto al quale vengono confrontati i reali prezzi di mercato per stabilire se dovrebbero essere attivati gli aiuto dell’UE.
Prezzo d’intervento: prezzo fissato dall’UE per pagare gli agricoltori per i loro prodotti a prescindere dal livello dei prezzi di mercato.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 1370/2013 del Consiglio, del 16 dicembre 2013, recante misure per la fissazione di determinati aiuti e restituzioni connessi all’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (GU L 346 del 20.12.2013, pag. 12).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1370/2013 sono state integrate nel documento di base. La versione consolidata ha solo un valore documentario.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 510/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sul regime di scambi per talune merci ottenute dalla trasformazione di prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CE) n. 1216/2009 e (CE) n. 614/2009 del Consiglio (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 1).
Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
Si veda la versione consolidata. | 11,914 | 746 |
21994A0827(01) | false | Accordo di cooperazione tra la Comunità Europea e la Repubblica dell'India sulla compartecipazione e sullo sviluppo - Dichiarazione della Comunità relativa agli adeguamenti tariffari - Dichiarazione della Comunità e dell'India
Gazzetta ufficiale n. L 223 del 27/08/1994 pag. 0024 - 0034 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 32 pag. 0162 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 32 pag. 0162
ACCORDO DI COOPERAZIONE tra la Comunità Europea e la Repubblica dell'India sulla compartecipazione e sullo sviluppoIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,da una parte, eIL GOVERNO DELL'INDIA,dall'altra,CONSIDERANDO le eccellenti relazioni di amicizia ed i vincoli che tradizionalmente legano la Comunità europea e gli Stati membri, in appresso denominati « Comunità », alla Repubblica dell'India, in appresso denominata « India »;RICONOSCENDO l'importanza che riveste il rafforzamento dei legami e della compartecipazione tra la Comunità e l'India;CONSIDERANDO che il primo accordo tra le parti, firmato il 17 dicembre 1973 e successivamente ampliato dall'accordo di cooperazione commerciale ed economica firmato il 23 giugno 1981, ha gettato le basi per una stretta cooperazione tra l'India e la Comunità;RICONOSCENDO con soddisfazione i risultati ottenuti grazie agli accordi suddetti;RIBADENDO l'importanza da essi attribuita ai principi della Carta delle Nazioni Unite e al rispetto dei principi democratici e dei diritti dell'uomo;SPINTI dalla comune volontà di consolidare, approfondire e diversificare le loro relazioni nei settori di comune interesse su basi di parità, non discriminazione e mutuo vantaggio;RICONOSCENDO gli effetti positivi del processo di riforme economiche avviato in India al fine di modernizzare l'economia per l'approfondimento delle relazioni commerciali ed economiche tra l'India e la Comunità;DESIDEROSI di creare condizioni favorevoli ad un solido sviluppo e alla diversificazione del commercio e delle attività industriali tra la Comunità e l'India, nell'ambito delle relazioni più dinamiche auspicate da entrambe le parti, al fine di promuovere, nel reciproco interesse e conformemente alle rispettive esigenze in materia di sviluppo, i flussi di investimenti, la cooperazione commerciale ed economica nei settori di comune interesse, compresa la scienza e la tecnologia, e la cooperazione culturale;VISTA la necessità di sostenere lo sviluppo economico dell'India, segnatamente migliorando le condizioni di vita dei poveri;CONSIDERATA l'importanza attribuita dalla Comunità e dall'India alla tutela dell'ambiente a livello globale e locale, nonché all'uso sostenibile delle risorse naturali, e riconoscendo il nesso esistente tra ambiente e sviluppo;TENENDO CONTO della rispettiva adesione all'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT), dell'importanza dei suoi principi e della necessità di sostenere e di rafforzare le norme volte a promuovere un commercio libero e senza ostacoli in condizioni stabili, trasparenti e non discriminatorie;RITENENDO che le relazioni reciproche si siano sviluppate al di là del campo di applicazione dell'accordo concluso nel 1981,HANNO DECISO, in qualità di parti contraenti, di concludere il presente accordo e a tal fine hanno designato come plenipotenziari:IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA:Willy CLAES,Ministro delle Relazioni esterne del Regno del Belgio,Presidente in carica del Consiglio dell'Unione europea,Manuel MARÍN,Membro della Commissione delle Comunità europee,IL GOVERNO DELL'INDIA:Pranab MUKHERJEE,Ministro del Commercio,I QUALI, dopo aver scambiato i loro pieni poteri riconosciuti in buona e debita forma,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Basi e obiettivi 1. Il rispetto dei diritti dell'uomo e dei principi democratici è alla base della cooperazione tra le parti contraenti e delle disposizioni del presente accordo, di cui costituisce un elemento fondamentale.2. L'accordo si prefigge essenzialmente di rafforzare e sviluppare, attraverso il dialogo e la compartecipazione, i vari aspetti della cooperazione tra le parti contraenti al fine di migliorare e intensificare le loro relazioni.La cooperazione sarà intesa, in particolare, a:- sviluppare e diversificare ulteriormemente il commercio e gli investimenti nell'interesse di entrambe le parti e in funzione delle rispettive situazioni economiche;- agevolare la comprensione reciproca e rafforzare i legami tra le due regioni in materia tecnica, economica e culturale;- aumentare la capacità dell'India di collaborare con la Comunità in modo più efficace;- accelerare lo sviluppo economico dell'India contribuendo al miglioramento delle sue potenzialità economiche grazie a risorse e assistenza tecnica fornite dalla Comunità nell'ambito delle sue politiche e normative in materia di cooperazione, mirando in particolare a migliorare le condizioni di vita delle fasce più povere della popolazione;- sviluppare, nell'interesse di entrambe le parti, le forme attuali e future di cooperazione economica intese a promuovere e ad agevolare gli scambi e i contatti tra i rispettivi settori commerciali, tenendo conto delle riforme economiche attuate in India e delle possibilità di creare condizioni favorevoli agli investimenti;- favorire la tutela ambientale e una gestione sostenibile delle risorse naturali.3. Le parti contraenti riconoscono che, visti gli obiettivi del presente accordo, è fondamentale consultarsi sulle questioni internazionali, economiche e commerciali di reciproco interesse.Articolo 2 Trattamento della nazione più favorita La Comunità e l'India si concedono reciprocamente, nei loro scambi commerciali, il trattamento della nazione più favorita, conformemente alle disposizioni dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio.Articolo 3 Scambi e cooperazione commerciale 1. Al fine di rafforzare le loro relazioni, rendendole più dinamiche e complementari con reciproci vantaggi, le parti contraenti si impegnano a sviluppare e a diversificare i loro scambi commerciali e a migliorare, il più possibile, l'accesso al mercato compatibilmente con le rispettive situazioni economiche.2. Le parti contraenti si impegnano ad attuare una politica volta a migliorare le condizioni di accesso ai rispettivi mercati per i prodotti dell'altra parte. In quest'ottica, esse si concedono reciprocamente il massimo grado di liberalizzazione delle importazioni e delle esportazioni generalmente applicato ai paesi terzi e convengono di esaminare i metodi e i mezzi necessari per eliminare gli ostacoli agli scambi, segnatamente quelli non tariffari, tenendo conto di quanto già realizzato in materia dalle organizzazioni internazionali.3. Le parti contraenti convengono di promuovere gli scambi di informazioni sulle opportunità commerciali vantaggiose per entrambe e di consultarsi, con spirito costruttivo, sulle questioni connesse agli ostacoli tariffari ai servizi, alla sanità, alla sicurezza e alle misure ambientali nonché alle norme tecniche.4. Le parti contraenti concordano di rafforzare la cooperazione in materia doganale tra le rispettive autorità, in particolare per quanto riguarda la formazione professionale, la semplificazione e l'armonizzazione delle procedure doganali, nonché la prevenzione e l'eliminazione delle infrazioni alle norme doganali e le indagini sulle stesse.5. Le parti contraenti s'impegnano inoltre a prendere in considerazione, conformemente alle rispettive legislazioni, la possibilità di esonerare da dazi, imposte ed altri oneri le merci ammesse temporaneamente tali e quali o reintrodotte nei loro territori dopo aver subito, nell'altra parte contraente, una trasformazione insufficiente per essere considerate originarie del territorio di detta parte contraente.6.1. Le parti contraenti si impegnano a consultarsi su qualsiasi controversia in materia commerciale. Se la Comunità o l'India richiedono detta consultazione, questa si svolgerà al più presto. La parte contraente che presenta la richiesta fornisce all'altra tutte le informazioni necessarie per un'analisi approfondita della situazione. In tali consultazioni si cercherà di risolvere il più rapidamente possibile le controversie commerciali.6.2. Per quanto riguarda le richieste in materia di dumping e di sovvenzioni, ciascuna parte contraente accetta di esaminare le richieste presentate al riguardo dall'altra parte contraente e di informare le parti interessate dei fatti e delle considerazioni principali sui quali deve basarsi la decisione. Prima di istituire dazi antidumping o antisovvenzioni definitivi, le parti contraenti fanno il possibile per risolvere il problema in modo costruttivo.6.3. I paragrafi 6.1 e 6.2 lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi delle parti contraenti a norma del GATT, che prevarranno in caso di incompatibilità.Articolo 4 Cooperazione economica 1. Le parti contraenti s'impegnano, nel reciproco interesse e conformemente alle rispettive politiche e finalità, a promuovere una cooperazione economica il più possibile estesa per contribuire all'espansione delle rispettive economie e soddisfare le loro esigenze in materia di sviluppo.2. Le parti contraenti convengono di imperniare la cooperazione economica su tre vasti settori d'intervento al fine di:a) migliorare l'ambiente economico in India facilitando l'accesso al know-how e alla tecnologia della Comunità;b) agevolare i contatti tra gli operatori economici e le altre misure volte a promuovere gli scambi e gli investimenti;c) migliorare la comprensione dei rispettivi contesti economici, sociali e culturali come basi di una cooperazione efficace;3. In questi vasti settori, si cercherà soprattutto di:- migliorare l'ambiente economico e commerciale;- collaborare per tutelare l'ambiente e le risorse naturali;- cooperare in materia di energia e di utilizzazione razionale dell'energia;- collaborare a livello di telecomunicazioni, tecnologia dell'informazione e questioni connesse;- cooperare in tutti gli aspetti delle norme industrali e della proprietà intellettuale;- incentivare i trasferimenti di tecnologia in altri settori di reciproco interesse;- scambiare informazioni sulle questioni monetarie e sul contesto macroeconomico;- rafforzare e diversificare i vincoli economici tra le parti;- favorire i flussi commerciali e gli investimenti bilaterali Comunità-India;- promuovere la cooperazione industriale, compresa l'agroindustria;- promuovere la cooperazione per sviluppare l'agricoltura, la pesca, l'industria mineraria, i trasporti e le comunicazioni, la sanità, il sistema bancario e assicurativo, il turismo e gli altri servizi;- incoraggiare una stretta cooperazione tra i settori privati di entrambe le regioni;- promuovere la cooperazione nel settore dell'ecologia industriale e urbana;- sostenere le imprese mediante la promozione degli scambi e lo sviluppo del mercato;- favorire lo sviluppo scientifico e tecnologico;- promuovere la formazione in generale e i programmi specifici in particolare;- collaborare in materia di informazione e cultura.La cooperazione prevista per un certo numero dei summenzionati settori viene illustrata con maggiori particolari negli articoli da 5 a 15.4. Per conseguire i suddetti obiettivi, le parti contraenti utilizzeranno gli strumenti seguenti:- scambi di informazioni e di idee;- preparazione di studi;- assistenza tecnica;- programmi di formazione;- contatti tra centri di ricerca e di formazione, agenzie specializzate e organizzazioni industriali e commerciali;- promozione degli investimenti e delle joint venture;- potenziamento istituzionale degli enti e delle amministrazioni pubblici e privati;- accesso alle rispettive basi di dati e creazione di nuove basi;- gruppi di lavoro e seminari;- scambi di esperti.5. Le parti contraenti stabiliscono congiuntamente, con reciproci vantaggi, i settori e le priorità che saranno oggetto di azioni concrete di cooperazione economica, conformemente ai rispettivi obiettivi a lunga scadenza. Data l'importanza di un'intensificazione a lungo termine della cooperazione tra la Comunità e l'India, nessun settore sarà escluso a priori dalla cooperazione economica.Articolo 5 Industria e servizi 1. Le parti contraenti:a) individuano i settori industriali su cui si concentrerà la cooperazione nonché i modi di promuovere la cooperazione industriale ad alto contenuto tecnologico;b) favoriscono l'espansione e la diversificazione della base produttiva indiana nei settori industriale e terziario, compresa la modernizzazione e la riforma del settore pubblico, orientando in particolare i loro interventi verso le piccole e medie imprese e agevolandone l'accesso alle fonti di capitale, ai mercati e alla tecnologia, segnatamente al fine di sviluppare il commercio tra le parti contraenti, e ai mercati dei paesi terzi.2. Compatibilmente con le norme vigenti in materia, le parti contraenti facilitano l'accesso alle informazioni e ai finanziamenti disponibili al fine di incentivare i progetti e le operazioni atti a promuovere la cooperazione tra imprese quali le joint venture, il subappalto, il trasferimento di tecnologia, le licenze, la ricerca applicata e le franchigie.Articolo 6 Settore privato Le parti contraenti convengono di coinvolgere il settore privato nei loro programmi di cooperazione, allo scopo di intensificare la cooperazione economica e industriale.Le parti contraenti adottano misure per:a) incoraggiare il settore privato di entrambe le regioni geografiche a realizzare efficaci consultazioni congiunte, i cui risultati potrebbero essere successivamente trasmessi alla commissione mista di cui all'articolo 22 per le necessarie misure d'applicazione;b) coinvolgere i rispettivi settori privati nelle attività da realizzare nell'ambito del presente accordo.Articolo 7 Energia Le parti contraenti riconoscono l'importanza del settore energetico per lo sviluppo economico e sociale e si impegnano ad intensificare la cooperazione, segnatamente per quanto riguarda la produzione, il risparmio e l'uso razionale dell'energia. Questa nuova cooperazione comprenderà, tra l'altro, l'uso dell'energia, l'energia non convenzionale, compresa quella solare, e la valutazione delle implicazioni ambientali.Articolo 8 Telecomunicazioni, elettronica, tecnologie dell'informazione e dei satelliti Le parti contraenti riconoscono l'importanza della cooperazione in materia di telecomunicazioni, elettronica e tecnologie dell'informazione per lo sviluppo dell'economia e del commercio. La cooperazione in questi settori comprenderà:a) la standardizzazione, le prove e le certificazioni;b) le telecomunicazioni terrestri e spaziali;c) l'elettronica e la microelettronica;d) l'informatizzazione e l'automazione;e) la televisione ad alta definizione;f) la ricerca e lo sviluppo per le nuove tecnologie dell'informazione e le telecomunicazioni;g) la promozione degli investimenti e dei coinvestimenti.Articolo 9 Norme Fatti salvi i loro obblighi internazionali e conformemente alle loro responsabilità e legislazioni, le parti contraenti prendono misure volte a ridurre le differenze a livello di metrologia, standardizzazione e certificazione promuovendo l'uso di sistemi normativi e di certificazione compatibili. A tal fine, esse favoriranno soprattutto:- i contatti tra esperti per agevolare gli scambi di informazioni e gli studi in materia di metrologia e norme nonché di controllo, promozione e certificazione della qualità;- gli scambi e i contatti tra organismi e istituti specializzati in queste materie, comprese le consultazioni volte e impedire che le norme costituiscano un ostacolo al commercio;- le misure intese al reciproco riconoscimento dei sistemi di certificazione della qualità;- l'assistenza tecnica in materia di metrologia, norme, certificazione e programmi di miglioramento qualitativo;- l'assistenza tecnica al potenziamento istituzionale onde migliorare le norme e gli organismi di certificazione della qualità, nonché avviare in India un programma nazionale di accreditamento per la valutazione della conformità.Articolo 10 Proprietà intellettuale Le parti contraenti si impegnano a garantire, conformemente alle rispettive legislazioni, normative e politiche, un'adeguata ed efficace protezione - rafforzandola all'occorrenza - dei diritti di proprietà intellettuale, inclusi i brevetti, i marchi commerciali o di servizi, i diritti d'autore e i diritti affini, le designazioni geografiche (comprese le denominazioni d'origine), i disegni industriali e le topografie dei circuiti integrati. Esse si impegnano inoltre ad agevolare, per quanto possibile, l'accesso alle basi degli organismi competenti per la proprietà intellettuale.Articolo 11 Investimenti 1. Le parti contraenti favoriranno l'aumento degli investimenti reciprocamente vantaggiosi creando un clima favorevole agli investimenti privati, in particolare condizioni migliori per il trasferimento dei capitali e lo scambio di informazioni sulle possibilità di investimento.2. Tenendo conto dei lavori svolti nei pertinenti consessi internazionali e, in particolare, della recente adesione dell'India alla Convenzione dell'Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti (MIGA), le parti contraenti convengono di promuovere e tutelare gli investimenti tra gli Stati membri della Comunità e l'India in base ai principi della non discriminazione e della reciprocità.3. Le parti contraenti si impegnano a favorire la cooperazione tra le rispettive istituzioni finanziarie.Articolo 12 Agricoltura e pesca Le parti contraenti convengono di promuovere la cooperazione nei settori dell'agricoltura e della pesca, comprese l'orticoltura e la trasformazione dei prodotti alimentari. A tal fine, esse si impegnano ad esaminare:a) le possibilità d'incrementare gli scambi di prodotti agricoli e della pesca;b) le misure sanitarie, fitosanitarie, veterinarie e ambientali, nonché gli eventuali ostacoli al commercio da esse causati;c) il collegamento tra agricoltura e ambiente rurale;d) la ricerca agricola e ittica.Articolo 13 Turismo Le parti contraenti convengono di contribuire alla cooperazione in materia di turismo attraverso misure specifiche, tra cui:a) scambi di informazioni e studi;b) programmi di formazione;c) promozione degli investimenti e delle joint venture.Articolo 14 Scienza e tecnologia 1. Conformemente al reciproco interesse e agli obiettivi delle rispettive strategie di sviluppo in materia, le parti contraenti si impegnano a promuovere la cooperazione scientifica e tecnologica, anche nei settori altamente specializzati quali le scienze biologiche, la biotecnologia, i nuovi materiali e le scienze geologiche e marine, al fine di:a) favorire i trasferimenti di know-how e stimolare l'innovazione;b) diffondere le informazioni e le competenze in campo scientifico e tecnologico;c) creare nuove possibilità per la futura cooperazione economica, industriale e commerciale.Per il conseguimento di tali obiettivi, si ricorrerà a:a) progetti di ricerca comuni tra i centri di ricerca delle parti ed altre istituzioni appropriate;b) scambi e formazione per scienziati e ricercatori, in particolare instaurando contatti permanenti tra le comunità scientifiche e tecniche di entrambe le parti;c) scambi di informazioni scientifiche.2. Le parti contraenti si impegnano a stabilire adeguate procedure per agevolare, nella misura del possibile, la partecipazione dei rispettivi scienziati e centri di ricerca alla summenzionata cooperazione.Articolo 15 Informazione e cultura Le parti contraenti coopereranno nei settori dell'informazione e della cultura per migliorare la comprensione reciproca e rafforzare i legami culturali tra le due regioni. La cooperazione nel settore potrà comprendere:a) scambi di informazioni su questioni di interesse culturale;b) studi preparatori e assistenza tecnica per salvaguardare il patrimonio culturale;c) cooperazione nel settore dei mass media e materiale audiovisivo;d) manifestazioni e scambi culturali.Articolo 16 Cooperazione allo sviluppo 1. La Comunità riconosce la necessità di contribuire allo sviluppo dell'India ed è disposta a rafforzare la cooperazione e a renderla più efficace al fine di sostenere gli sforzi dell'India per un progresso sociale ed economico duraturo della popolazione attraverso progetti e programmi concreti. Il contributo comunitario sarà in conformità con le politiche e normative comunitarie, nei limiti dei mezzi finanziari disponibili per la cooperazione e secondo una strategia di sviluppo ben definita.2. Detti progetti e programmi saranno destinati alle fasce più povere della popolazione. Si privilegerà lo sviluppo rurale, coinvolgendo i gruppi beneficiari e, se del caso, organizzazioni non governative qualificate. La cooperazione nel settore cercherà inoltre di promuovere l'occupazione nelle città rurali e il ruolo delle donne nello sviluppo, attribuendo la debita importanza all'istruzione e al benessere familiare.3. Rientrerà nella cooperazione anche la pubblica sanità sotto forma di assistenza medica di base, compresa la lotta contro le malattie trasmissibili e non trasmissibili. Lo scopo è di migliorare le cure prestate alle fasce più bisognose della popolazione indiana nelle zone urbane e rurali.4. La cooperazione, per la quale verrà concordata una serie di priorità, sarà imperniata sull'efficacia dei progetti e programmi, sulla loro sostenibilità e sul rispetto dell'ambiente.Articolo 17 Ambiente 1. Le parti contraenti riconoscono la necessità di tener conto della tutela ambientale come parte integrante della cooperazione economica e allo sviluppo. Esse ribadiscono altresì l'importanza delle questioni ambientali e la volontà di instaurare una cooperazione per la tutela e il miglioramento dell'ambiente, ponendo l'accento sull'inquinamento dell'acqua, del suolo e dell'aria, sull'erosione, sulla deforestazione e sulla gestione sostenibile delle risorse naturali, tenendo conto dei lavori svolti nei consessi internazionali.Si rivolgerà un'attenzione particolare ai seguenti aspetti:a) gestione sostenibile degli ecosistemi forestali;b) protezione e conservazione delle foreste naturali;c) rafforzamento degli enti forestali;d) soluzioni pratiche ai problemi energetici rurali;e) prevenzione dell'inquinamento industriale;f) tutela dell'ambiente urbano.2. Le forme di cooperazione saranno orientate verso:a) il rafforzamento e il miglioramento delle strutture di protezione ambientale;b) lo sviluppo della legislazione e il miglioramento delle norme;c) la ricerca, la formazione e l'informazione;d) la realizzazione di studi e programmi pilota, nonché la fornitura di assistenza tecnica.Articolo 18 Sviluppo delle risorse umane Le parti contraenti riconoscono quanto sia importante sviluppare le risorse umane migliorando lo sviluppo economico e le condizioni di vita delle fasce più povere della popolazione e concordano nel giudicare questo aspetto parte integrante della cooperazione economica e allo sviluppo.Nell'interesse di entrambe le parti, si cercherà in particolar modo di promuovere la cooperazione tra gli istituti di istruzione superiore e di formazione comunitari e indiani.Articolo 19 Lotta contro l'abuso di stupefacenti 1. Conformemente alle rispettive competenze, le parti contraenti ribadiscono la loro ferma intenzione di rendere più efficaci le politiche e le misure volte a combattere la fornitura e la distribuzione di sostanze stupefacenti e psicotrope, nonché prevenire e ridurre l'abuso di stupefacenti, tenendo conto dei lavori svolti in merito nei consessi internazionali.2. La cooperazione tra le parti comprenderà:a) formazione, istruzione, promozione sanitaria e reinserimento dei tossicomani, compresi progetti per reintegrarli nel contesto occupazionale e sociale;b) misure volte a sviluppare le opportunità economiche alternative;c) assistenza tecnica, finanziaria e amministrativa, in particolare per il controllo del commercio dei precursori, la prevenzione, il trattamento e la riduzione degli abusi di stupefacenti;d) scambi di tutte le informazioni pertinenti, comprese quelle relative al riciclaggio del denaro sporco.Articolo 20 Cooperazione Sud-Sud e regionale Le parti contraenti riconoscono che è nell'interesse di entrambe sviluppare le relazioni economiche e commerciali con gli altri paesi in via di sviluppo in uno spirito di cooperazione regionale e Sud-Sud.Articolo 21 Mezzi per realizzare la cooperazione Entro i limiti delle loro disponibilità finanziarie, delle rispettive procedure e degli strumenti a loro disposizione, le parti contraenti forniscono i fondi necessari per agevolare il conseguimento degli obiettivi dell'accordo, segnatamente per quanto riguarda la cooperazione economica.In materia di aiuti allo sviluppo la Comunità sosterrà, nel quadro del suo programma a favore dei paesi dell'America Latina e dell'Asia (ALA), i programmi per lo sviluppo dell'India mediante trasferimenti diretti a condizioni vantaggiose, contributi istituzionali e altre fonti di finanziamento conformemente alle norme e alle prassi delle istituzioni comunitarie.Articolo 22 Commissione mista 1. Le parti contraenti concordano di mantenere la commissione mista istituita dall'articolo 10 dell'accordo di cooperazione commerciale ed economica del 1981.2. In particolare, la commissione mista avrà il compito di:a) garantire il corretto funzionamento e la corretta esecuzione dell'accordo;b) formulare adeguate raccomandazioni per conseguire gli obiettivi dell'accordo;c) stabilire priorità in relazione agli scopi del presente accordo;d) cercare il modo di consolidare la compartecipazione e la cooperazione allo sviluppo nei settori contemplati dall'accordo.La commissione mista sarà composta da rappresentanti di livello adeguato di entrambe le parti. Essa si riunirà di norma ogni anno, alternativamente a Bruxelles e a Nuova Delhi, in una data fissata di comune accordo. Riunioni straordinarie possono essere indette di concerto dalle parti contraenti.La commissione mista può istituire sottogruppi specializzati per assisterla nello svolgimento dei propri compiti e per coordinare l'elaborazione e l'attuazione di progetti e programmi nel quadro dell'accordo.L'ordine del giorno delle riunioni della commissione mista sarà concordato tra le parti contraenti.Le parti contraenti convengono altresì di affidare alla commissione mista il compito di garantire il corretto funzionamento di tutti gli accordi settoriali già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra la Comunità e l'India.Articolo 23 Consultazioni Qualora dovessero sorgere problemi tra una riunione e l'altra della commissione mista, le parti contraenti terranno consultazioni amichevoli nei settori contemplati dall'accordo. Dei problemi si occuperanno i sottogruppi specializzati, a seconda delle loro competenze, oppure si indiranno consultazioni ad hoc.Articolo 24 Futuri sviluppi 1. Le parti contraenti possono ampliare, di concerto, il campo di applicazione dell'accordo al fine di sviluppare la cooperazione includendo, mediante accordi specifici, altri settori o attività ben definiti.2. Le parti contraenti possono formulare, nel quadro dell'accordo, suggerimenti per estendere il campo della cooperazione, tenendo conto dell'esperienza acquisita nell'applicare lo stesso.Articolo 25 Altri accordi Fatte salve le pertinenti disposizioni dei trattati che istituiscono le Comunità europee, né il presente accordo né qualsivoglia azione intrapresa ai sensi dello stesso pregiudicano in alcun modo la possibilità per gli Stati membri delle Comunità di avviare attività bilaterali con l'India nel settore della cooperazione economica o di concludere, se del caso, nuovi accordi di cooperazione economica con questo paese.Articolo 26 Agevolazioni Per favorire la cooperazione nel quadro del presente accordo, le autorità indiane concedono ai funzionari e agli esperti della CE le garanzie e le agevolazioni necessarie per l'espletamento delle loro attività. Disposizioni particolareggiate al riguardo figureranno in uno scambio di lettere a parte.Articolo 27 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori nei quali si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio della Repubblica d'India.Articolo 28 Allegato L'allegato del presente accordo ne costituisce parte integrante.Articolo 29 Entrata in vigore e rinnovo Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data della notifica, ad opera delle parti contraenti, dell'espletamento delle procedure all'uopo necessarie. Al momento dell'entrata in vigore, esso sostituisce gli accordi di cooperazione firmati il 17 dicembre 1973 e il 23 giugno 1981.Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni. Esso è prorogato tacitamente di anno in anno a condizione che nessuna delle parti contraenti lo denunci sei mesi prima della scadenza.Articolo 30 Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, tedesca e hindi, ciascun testo facente ugualmente fede.En fe de lo cual, los plenipotenciarios abajo firmantes suscriben el presente Acuerdo.Til bekræftelse heraf har undertegnede befuldmægtigede underskrevet denne aftale.Zu Urkunde dessen haben die unterzeichneten Bevollmächtigten ihre Unterschriften unter dieses Abkommen gesetzt.Óå ðßóôùóç ôùí áíùôÝñù, ïé õðïãñÜöïíôåò ðëçñåîïýóéïé Ýèåóáí ôçí õðïãñáöÞ ôïõò óôçí ðáñïýóá óõìöùíßá.In witness whereof the undersigned Plenipotentiaries have signed this Agreement.En foi de quoi, les plénipotentiaires soussignés ont apposé leurs signatures au bas du présent accord.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le proprie firme in calce al presente accordo.Ten blijke waarvan de ondergetekende gevolmachtigden hun handtekening onder deze Overeenkomst hebben gesteld.Em fé do que, os plenipotenciários abaixo assinados apuseram as suas assinaturas no final do presente acordo.>RIFERIMENTO A UN FILM>Hecho en Bruselas, el veinte de diciembre de mil novecientos noventa y tres.Udfærdiget i Bruxelles den tyvende december nitten hundrede og treoghalvfems.Geschehen zu Brüssel am zwanzigsten Dezember neunzehnhundertdreiundneunzig.¸ãéíå óôéò ÂñõîÝëëåò, óôéò åßêïóé Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ôñßá.Done at Brussels on the twentieth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-three.Fait à Bruxelles, le vingt décembre mil neuf cent quatre-vingt-treize.Fatto a Bruxelles, addì venti dicembre millenovecentonovantatré.Gedaan te Brussel, de twintigste december negentienhonderd drieënnegentig.Feito em Bruxelas, em vinte de Dezembro de mil novecentos e noventa e três.>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Consejo de la Unión EuropeaFor Rådet for Den Europæiske UnionFür den Rat der Europäischen UnionÃéá ôï Óõìâïýëéï ôçò ÅõñùðáúêÞò ¸íùóçòFor the Council of the European UnionPour le Conseil de l'Union européennePer il Consiglio dell'Unione europeaVoor de Raad van de Europese UniePelo Conselho da União Europeia>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de la IndiaFor regeringen for IndienFür die Regierung IndiensÃéá ôçí êõâÝñíçóç ôçò ÉíäßáòFor the Government of IndiaPour le gouvernement de l'IndePer il governo dell'IndiaVoor de Regering van IndiaPelo Governo da ÍndiaALLEGATO Dichiarazione della Comunità relativa agli adeguamenti tariffari La Comunità ribadisce la dichiarazione acclusa all'accordo di cooperazione firmato il 23 giugno 1981 sul sistema delle preferenze generalizzate (SPG), applicato autonomamente dalla Comunità economica europea il 1° luglio 1971 in base alla risoluzione 21 (II) della seconda conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e sullo sviluppo, tenutasi nel 1968.La Comunità s'impegna inoltre ad esaminare le proposte e le questioni presentate dall'India in merito alle norme d'origine, affinché questo paese possa trarre il massimo vantaggio dal sistema.La Comunità, infine, è disposta ad organizzare in India seminari per gli utilizzatori pubblici e privati del sistema, affinché possano avvalersene pienamente.Dichiarazioni della Comunità e dell'India Durante i negoziati dell'accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica dell'India sulla compartecipazione e sullo sviluppo, la Comunità ha dichiarato che, conformemente all'articolo 25 dell'accordo, le disposizioni dello stesso sostituiscono, qualora siano incompatibili o identiche, le disposizioni degli accordi conclusi tra gli Stati membri della Comunità e l'India.Successivamente, la Comunità ha ribadito la dichiarazione fatta in occasione della conclusione dell'accordo di cooperazione firmato il 23 giugno 1981, secondo la quale:a) essa non intende ritirare, nell'immediato futuro, dal SPG i prodotti di iuta e di cocco, attualmente a dazio nullo nel sistema delle preferenze generalizzate applicato in via autonoma dalla Comunità in data 1° luglio 1971 in base alla risoluzione 21 (II) della seconda conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e sullo sviluppo tenutasi nel 1968;b) nell'intento di migliorare il sistema delle preferenze generalizzate, essa è disposta a tener conto dell'interesse dell'India ad ampliare e consolidare le sue relazioni commerciali con la Comunità.L'India ha preso atto delle dichiarazioni della Comunità. | Partenariati con i paesi dell’Associazione dell’Asia del Sud per la cooperazione regionale
QUAL È LO SCOPO DEGLI ACCORDI E DELLE DECISIONI?
Tra il 1994 e il 2017, l’Unione europea (UE), in precedenza la Comunità europea, ha concluso accordi di cooperazione con sei paesi dell’Associazione dell’Asia del Sud per la cooperazione regionale: Afghanistan, Bangladesh, India, Nepal, Pakistan and Sri Lanka. L’accordo con il Nepal non è più in vigore. Tali accordi mirano a sviluppare legami di cooperazione con i partner, garantendo al tempo stesso i diritti umani e la promozione dei principi democratici. Le decisioni concludono accordi a nome dell’UE.
PUNTI CHIAVE
I principali obiettivi di cooperazione riguardano:gli scambi commerciali, con lo scopo di aumentare, diversificare e liberalizzare gli scambi stessi. Le parti si sino accordate per aprire i rispettivi mercati e rafforzare la loro cooperazione doganale in conformità con i principi dell’Organizzazione mondiale del commercio; l’economia, allo scopo di migliorare il contesto imprenditoriale, il dialogo tra le imprese, la condivisione di informazioni e la formazione degli imprenditori; lo sviluppo sostenibile, in particolare in relazione al progresso sociale e alla lotta contro la povertà. L’UE deve sostenere il progresso dei suoi partner nei settori della sanità, dell’istruzione, del miglioramento del livello di vita e a favore della promozione del ruolo delle donne nella società; lo sviluppo delle risorse umane, delle qualifiche professionali e la promozione delle norme internazionali sul lavoro dignitoso; lo sviluppo rurale, l’incremento degli scambi commerciali di prodotti agricoli, della pesca e dell’allevamento, compreso il miglioramento delle misure sanitarie e fitosanitarie.Gli accordi prevedono anche obiettivi specifici in funzione delle diverse necessità dei paesi partner in relazione a:la cooperazione scientifica e tecnologica, che deve determinare un miglioramento dell’assistenza tecnica con il Pakistan e lo Sri Lanka, le norme di controllo e di qualità del Bangladesh, il lancio di progetti comuni di ricerca, la mobilità dei ricercatori, lo scambio di informazioni scientifiche (segnatamente nei settori della biotecnologia, i nuovi materiali e le scienze della terra) con l’India; la protezione dell’ambiente, in particolare al fine di sostenere il Pakistan nella gestione delle risorse naturali, dell’erosione e della deforestazione, il Bangladesh per la riduzione dei rischi di catastrofi naturali, lo Sri Lanka per la prevenzione dell’inquinamento industriale, l’India per l’elaborazione e l’applicazione della normativa ambientale, la ricerca e la formazione; il miglioramento dell’ambiente degli investimenti privati, con l’India e lo Sri Lanka; lo sviluppo del’industria e dei servizi, con l’India e il Pakistan; la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, con l’India e lo Sri Lanka; la cooperazione nei settori dell’informazione, della cultura e delle comunicazioni, con il Pakistan e il Bangladesh; la promozione del settore dell’energia, con l’India e il Pakistan, tenuto conto dell’importanza del settore per il loro sviluppo economico e sociale; la lotta contro il traffico di droga e il riciclaggio di capitali, in particolare con il Pakistan e il Bangladesh, attraverso le misure speciali della lotta contro la produzione e il traffico di droga, ma anche la prevenzione della tossicodipendenza; il turismo, con l’India, il Pakistan e lo Sri Lanka, segnatamente per lo scambio di informazione e la realizzazione di studi; la tutela dei diritti umani e dell’uguaglianza di genere e il coinvolgimento della società civile in Afghanistan; la promozione della pace e della sicurezza in Afghanistan.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
Paese
Entrata in vigore
Afghanistan
applicazione provvisoria dal 1o dicembre 2017
Pakistan
1o settembre 2004
Bangladesh
1o marzo 2001
Sri Lanka
1o aprile 1995
India
1o agosto 1994
CONTESTO
Si veda anche:L’Afghanistan e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna — SEAE) Il Bangladesh e l’UE (SEAE) L’India e l’UE (SEAE) Il Pakistan e l’UE (SEAE) Lo Sri Lanka e l’UE (SEAE).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (UE) 2017/434 del Consiglio, del 13 febbraio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione, e all’applicazione provvisoria dell’accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica islamica di Afghanistan, dall’altra (GU L 67 del 14.3.2017, pag. 1).
Accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica islamica di Afghanistan, dall’altra (GU L 67 del 14.3.2017, pag. 3).
Decisione 2004/870/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica islamica del Pakistan (GU L 378 del 23.12.2004, pag. 22).
Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica islamica del Pakistan sul partenariato e sullo sviluppo (GU L 378 del 23.12.2004, pag. 23).
Decisione 2001/332/CE del Consiglio, del 26 febbraio 2001, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica popolare del Bangladesh sul partenariato e sullo sviluppo (GU L 118 del 27.4.2001, pag. 47).
Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica popolare del Bangladesh sul partenariato e sullo sviluppo (GU L 118 del 27.4.2001, pag. 48).
Decisione 95/129/CE del Consiglio, del 27 marzo 1995, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica democratica socialista dello Sri Lanka sulla compartecipazione e sullo sviluppo (GU L 85 del 19.4.1995, pag. 32).
Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica democratica socialista dello Sri Lanka sulla compartecipazione e sullo sviluppo (GU L 85 del 19.4.1995, pag. 33).
Decisione 94/578/CE del Consiglio, del 18 luglio 1994, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica dell’India sulla compartecipazione e sullo sviluppo (GU L 223 del 27.8.1994, pag. 23).
Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica dell’India sulla compartecipazione e sullo sviluppo (GU L 223 del 27.8.1994, pag. 24).
DOCUMENTI COLLEGATI
Avviso concernente l’applicazione provvisoria dell’accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica islamica di Afghanistan, dall’altra (GU L 273 del 24.10.2017, pag. 1). | 11,843 | 998 |
32015Y0417(01) | false | ACCORDO TRA L’UFFICIO EUROPEO DI POLIZIA (EUROPOL) E LA BANCA CENTRALE EUROPEA (BCE)
(2015/C 123/01)
IL PRESENTE ACCORDO è stipulato
TRA
l’Ufficio europeo di polizia (Europol), con sede in Eisenhowerlaan 73, 2517 KK L’Aja, Paesi Bassi, rappresentato dal suo direttore, Rob Wainwright
E
la Banca centrale europea (BCE), con sede in Kaiserstraße 29, 60311 Francoforte sul Meno, Germania, rappresentata dal suo presidente, Mario Draghi
(in seguito anche denominati congiuntamente le «Parti» e ciascuna individualmente la «Parte»).
Considerando che:
1.
le parti hanno concluso un accordo in data 13 dicembre 2001 per cooperare nella lotta alla falsificazione dell’euro (in seguito «Accordo del 13 dicembre 2001») (1);
2.
Tale cooperazione rientra nell’obiettivo comune delle parti di combattere le minacce derivanti dalla falsificazione dell’euro e di svolgere un ruolo centrale in tale lotta; in questo contesto esse cooperano, nell’ambito delle rispettive competenze, con le Banche centrali nazionali (BCN) del Sistema europeo di banche centrali, le Unità nazionali dell’Europol, i Centri nazionali di analisi, i Centri nazionali di analisi delle monete, il Centro tecnico-scientifico europeo, la Commissione europea e altre autorità nazionali ed europee e altre organizzazioni internazionali.
3.
L’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (2) e prevede che l’Europol e la BCE concludano un accordo in base al quale l’Europol avrà accesso ai dati tecnici e statistici della BCE relativi alle banconote e alle monete false scoperte sia negli Stati membri sia nei paesi terzi; inoltre, il regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio estende l’applicazione del regolamento (CE) n. 1338/2001 agli Stati membri la cui moneta non è l’euro (3).
4.
L’8 novembre 2001 la BCE ha adottato la decisione BCE/2001/11 relativa a determinate condizioni in materia di accesso al Sistema di monitoraggio della contraffazione (SMC) (4), ossia il sistema gestito dalla BCE contenente informazioni tecniche e statistiche sulla falsificazione delle banconote e delle monete in euro, provenienti sia dagli Stati membri sia da paesi terzi; la suddetta decisione fa riferimento alla conclusione di un accordo tra le parti in relazione all’accesso dell’Europol al SMC.
5.
In qualità di agenzia dell’Unione europea, l’Europol è incaricata di operare quale ufficio centrale per la lotta alla falsificazione dell’euro in conformità con la decisione 2005/511/GAI del Consiglio, del 12 luglio 2005, relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro (5). Inoltre, conformemente alla decisione 2009/371/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (6), l’Europol può altresì promuovere il coordinamento delle misure applicate dalle autorità competenti degli Stati membri per lottare contro la falsificazione dell’euro o nel quadro di squadre investigative comuni, se del caso in collegamento con altri organi europei.
6.
Ai sensi dell’articolo 22 della decisione 2009/371/GAI, l’Europol può instaurare e mantenere relazioni di cooperazione con le istituzioni, gli organi e gli organismi istituiti dal trattato sull’Unione europea e dai trattati che istituiscono le Comunità europee, o sulla base di essi.
7.
Poiché l’accordo del 13 dicembre 2001 non include la cooperazione nella lotta ai reati relativi ai sistemi di pagamento e ai mezzi di pagamento diversi dai contanti, le parti desiderano estendere ulteriormente la loro cooperazione: (a) alla lotta alle frodi nei sistemi di pagamento in generale e (b) alla prevenzione della falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti nell’ambito della rispettiva competenza e del mandato delle parti. Inoltre, le parti desiderano sviluppare ulteriormente la loro cooperazione nel campo della lotta alla falsificazione dell’euro.
8.
Il Consiglio di amministrazione dell’Europol ha approvato il contenuto del presente accordo rivisto il 2 ottobre 2014.
9.
Il Consiglio direttivo della BCE ha approvato il contenuto del presente accordo rivisto il 30 maggio 2014 e, in quella data, ha autorizzato il presidente della BCE a sottoscriverlo a nome e per conto della BCE,
Le parti hanno convenuto quanto segue:
CAPITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Finalità dell’accordo
La finalità del presente accordo è quella di stabilire un quadro per un’effettiva cooperazione tra le parti nell’ambito delle rispettive competenze e in conformità dei rispettivi regolamenti e norme. Tale cooperazione comprende:
a)
misure per prevenire, individuare e combattere le minacce derivanti da attività illecite correlate alle banconote e monete in euro, ai mezzi di pagamento diversi dai contanti e alla sicurezza dei pagamenti;
b)
assistenza in tali ambiti fornita da entrambe le parti alle autorità nazionali, europee e internazionali.
Articolo 2
Consultazione e scambio di informazioni
1. Le parti, agendo in conformità delle rispettive competenze, si consultano reciprocamente, in modo regolare, riguardo alle politiche da adottare e attuare in questioni di interesse comune, come indicato all’articolo 1, al fine di realizzare i loro obiettivi, coordinare le loro attività ed evitare la duplicazione degli sforzi. Il presidente della BCE e il direttore dell’Europol, o le persone da essi designate, si incontrano almeno una volta all’anno per riesaminare l’attuazione del presente accordo.
2. Lo scambio di informazioni tra le parti avviene ai fini e in conformità delle disposizioni del presente accordo e non comprende dati relativi ad un soggetto identificato o a soggetti identificabili.
3. Le parti possono concordare uno scambio di personale in regime di distacco. I dettagli relativi a tale scambio sono stabiliti in un protocollo d’intesa separato.
Articolo 3
Referenti
1. Ai fini dell’applicazione del presente accordo:
—
i referenti della BCE sono il direttore della Direzione Banconote della BCE (per quanto riguarda la cooperazione nel campo della lotta alla falsificazione di banconote e monete in euro) e il direttore generale della Direzione Generale Infrastrutture di mercato e pagamenti della BCE (per quanto riguarda la cooperazione nel campo della lotta alle frodi nei sistemi di pagamento e alla falsificazione di mezzi di pagamento diversi dai contanti),
—
il referente dell’Europol è il vicedirettore delle operazioni.
Modifiche alla lista dei referenti di cui al presente paragrafo possono essere concordate, in un momento successivo, per mezzo di uno scambio di lettere tra il direttore dell’Europol e il presidente della BCE.
2. Ai fini dell’articolo 5, paragrafo 1, l’Europol può nominare ulteriori referenti e comunicare in forma scritta ai referenti della BCE i loro nomi e qualunque modifica degli stessi.
CAPITOLO II
DISPOSIZIONI SPECIFICHE IN MATERIA DI FALSIFICAZIONE DELL’EURO
Articolo 4
Scambio di informazioni, coordinamento di politiche e attività e assistenza reciproca
1. Le parti si forniscono reciprocamente, sollecitamente e regolarmente, informazioni relative alla falsificazione di banconote in euro e di altre valute. Tali informazioni comprendono, nel caso di informazioni che l’Europol fornisce alla BCE, quelle provenienti da autorità nazionali, europee e internazionali incaricate dell’applicazione della legge e, nel caso di informazioni che la BCE fornisce all’Europol, quelle ottenute da autorità nazionali, europee e internazionali.
2. Le parti si impegnano a coordinare le proprie politiche, attività di formazione, campagne pubbliche di informazione e pubblicazioni che rientrano nel campo di applicazione del presente accordo. Esse si informano reciprocamente riguardo alle rispettive dichiarazioni pubbliche e alla loro politica di comunicazione esterna in relazione alla falsificazione dell’euro, fatta eccezione per le informazioni operative.
3. L’Europol assiste la BCE in tutti i rapporti con le organizzazioni nazionali, europee e internazionali preposte all’applicazione della legge, in questioni connesse alla falsificazione dell’euro.
4. Le parti assicurano il coordinamento dei propri sistemi di preallarme.
Articolo 5
Accesso alla banca dati del SMC e disposizioni correlate
1. La BCE garantisce ai funzionari dell’Europol designati quali referenti a tale scopo in base all’articolo 3, paragrafo 2, l’accesso in linea in sola lettura alla banca dati del SMC. Tale accesso non consente ai funzionari dell’Europol di introdurre direttamente dati nella banca dati del SMC. Le modalità di accesso, inclusi i necessari accordi relativi al sistema, sono ulteriormente specificate per mezzo di uno scambio di lettere tra il presidente della BCE e il direttore dell’Europol.
2. Inoltre, la BCE informa sollecitamente l’Europol relativamente alla creazione di ogni nuova classe di falsificazione nell’ambito del SMC e alla scoperta di qualsiasi grande quantità di banconote in euro contraffatte.
3. La BCE fornisce all’Europol un campione di banconote in euro genuine e le descrizioni tecniche correlate, oltre ad almeno un campione di ogni tipo di banconota in euro contraffatta a cui è stato assegnato un nuovo indicativo di classe nel SMC. La presente disposizione è applicata in modo tale da non impedire alle banconote che si sospettano contraffatte di essere utilizzate o conservate come prova in procedimenti penali.
Articolo 6
Richieste di assistenza
1. Le parti si comunicano reciprocamente tutte le richieste di perizie tecniche o testimonianze in procedimenti giudiziari con riguardo alla falsificazione dell’euro e stabiliscono adeguate procedure per coordinare le rispettive risposte a ciascuna di tali richieste.
2. Le parti cooperano per istituire un canale di comunicazione libero da ostacoli per le richieste di assistenza nell’applicazione della legge prestata attraverso l’Europol.
Articolo 7
Analisi tecniche
1. La BCE mette direttamente a disposizione dell’Europol i risultati di ciascuna analisi tecnica.
2. L’Europol mette a disposizione della BCE le analisi tecniche delle falsificazioni eseguite dall’Europol stesso o da terze parti per conto dell’Europol.
CAPITOLO III
DISPOSIZIONE SPECIFICA SULLA PREVENZIONE DELLE FRODI E DELLA FALSIFICAZIONE DEI MEZZI DI PAGAMENTO DIVERSI DAI CONTANTI
Articolo 8
Scambio di informazioni
Le parti, agendo in conformità delle rispettive competenze e al fine di promuovere la prevenzione delle frodi e la lotta alla falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti, possono scambiare le seguenti informazioni, sulla base delle esigenze del caso specifico: (a) relazioni e dati statistici aggregati; (b) informazioni sui principali incidenti relativi alla sicurezza, sulle valutazioni del rischio e della tecnologia e (c) risultati delle attività rilevanti della BCE e dell’Europol, nel rispetto delle regole di riservatezza applicabili.
La BCE può inoltrare informazioni rilevanti provenienti dall’Europol agli altri membri del SEBC, sulla base del principio della «necessità di sapere», a meno che l’Europol dichiari espressamente che le informazioni non devono essere trasmesse. La BCE può trasmettere informazioni rilevanti provenienti dagli altri membri del SEBC all’Europol, subordinatamente all’accordo delle banche centrali nazionali interessate.
CAPITOLO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 9
Riservatezza
1. Ciascuna parte assicura che le informazioni ricevute dall’altra in base al presente accordo siano soggette ai propri standard di riservatezza e sicurezza per il trattamento delle informazioni e ricevano un grado di protezione equivalente almeno a quello offerto dalle misure applicate a quelle informazioni dall’altra parte.
2. Le parti stabiliscono una equiparazione tra i rispettivi standard di riservatezza e sicurezza in uso mediante uno scambio di lettere.
3. La parte che fornisce l’informazione è responsabile della scelta del grado di riservatezza appropriato per l’informazione fornita e assicura che tale grado sia indicato chiaramente. In conformità del principio di proporzionalità, i gradi di riservatezza sono attribuiti al più basso livello possibile da ciascuna parte e, modificati di conseguenza, ogni volta che ciò sia possibile.
4. Entrambe le parti possono richiedere in ogni momento una modifica del grado di riservatezza scelto per le informazioni fornite, compresa l’eventuale rimozione integrale del grado di riservatezza. La parte ricevente è tenuta a modificare conseguentemente il grado di riservatezza.
5. Ciascuna parte può, per motivi di riservatezza, specificare restrizioni relative all’utilizzo dei dati forniti all’altra parte. La parte ricevente si conforma a tali restrizioni.
6. Ciascuna delle parti elabora i dati personali ricevuti in relazione all’attuazione amministrativa del presente accordo in conformità con le norme in materia di protezione dei dati ad essa applicabili. Ciascuna delle parti utilizza i dati personali ricevuti con l’unico scopo di gestire l’accordo.
Articolo 10
Responsabilità
Qualora venga causato un danno ad una parte o a un individuo in conseguenza di un trattamento non autorizzato o scorretto delle informazioni di cui al presente accordo ad opera dell’altra parte, intenzionalmente o per negligenza, tale ultima parte è responsabile per il suddetto danno. La determinazione ed il risarcimento del danno tra le parti ai sensi del presente articolo sono stabiliti in conformità della procedura di cui all’articolo 11.
Articolo 11
Composizione delle controversie
1. Tutte le controversie che possono sorgere in relazione all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo vengono composte per mezzo di consultazioni e negoziati tra i rappresentanti delle parti.
2. In caso di grave inosservanza ad opera di una delle parti delle disposizioni del presente accordo, o qualora una delle parti ritenga che tale inosservanza possa verificarsi in un futuro prossimo, ciascuna parte può sospendere temporaneamente l’applicazione del presente accordo, in attesa dell’applicazione del paragrafo 1 riportato sopra. Rimangono tuttavia in vigore gli obblighi che incombono alle parti in virtù dell’accordo.
Articolo 12
Varie
1. Ogni parte sopporta le proprie spese derivanti dall’attuazione del presente accordo, salvo laddove diversamente stipulato.
2. Le parti possono modificare il presente accordo consensualmente.
3. Ciascuna parte può recedere dal presente accordo dandone un preavviso di 12 mesi per iscritto. In caso di estinzione dell’accordo, le parti concludono un accordo in merito al proseguimento dell’utilizzo e all’archiviazione delle informazioni che sono già state reciprocamente comunicate tra di esse. Se non viene raggiunto alcun accordo, a ciascuna delle parti spetta il diritto di richiedere che le informazioni da essa comunicate siano distrutte o restituite alla parte che le ha trasmesse.
4. L’accordo del 13 dicembre 2001 è abrogato e ogni riferimento al suddetto accordo s’intende come riferimento al presente accordo.
5. Il presente accordo entra in vigore il giorno successivo alla sua sottoscrizione.
6. Il presente accordo è pubblicato nella serie C della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto in due copie in lingua inglese.
Fatto a L’Aja, il 7 novembre 2014
Per l’Europol
Rob WAINWRIGHT
Fatto a Francoforte sul Meno, il 2 dicembre 2014
Per la BCE
Mario DRAGHI
(1) GU C 23 del 25.1.2002, pag. 9.
(2) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6.
(3) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11.
(4) GU L 337 del 20.12.2001, pag. 49.
(5) GU L 185 del 16.7.2005, pag. 35.
(6) GU L 121 del 15.5.2009, pag. 37. | Contraffazione e frode: accordo fra Europol e la Banca centrale europea
QUAL È LO SCOPO DEL PRESENTE ACCORDO?
Esso fornisce norme di cooperazione fra la Banca centrale europea (BCE) e l’Ufficio europeo di polizia (Europol) nel campo della lotta alla falsificazione dell’euro ed estende questa collaborazione:
alla lotta alle frodi nei sistemi di pagamento in generale;
alla prevenzione della falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti.
PUNTI CHIAVE
Cooperazione tra la BCE e l’Europol
La cooperazione comprende:
misure per prevenire, individuare e combattere le minacce derivanti da attività illegali correlate alle banconote e monete in euro, ai mezzi di pagamento diversi dai contanti e alla sicurezza dei pagamenti;
assistenza in tali ambiti fornita da entrambe le parti alle autorità nazionali, europee e internazionali.
Consultazione e scambio di informazioni
La BCE e l’Europol si impegnano a:
consultarsi reciprocamente, in modo regolare, riguardo alle politiche da adottare e attuare in questioni di interesse comune;
scambiarsi regolarmente e tempestivamente le informazioni relative alla falsificazione dell’euro;
scambiarsi informazioni, sulla base delle esigenze del caso specifico, al fine di favorire la prevenzione delle frodi e la lotta contro la falsificazione di mezzi di pagamento diversi dai contanti, come ad esempio:
relazioni e statistiche,
informazioni sui principali incidenti relativi alla sicurezza,
risultati delle proprie rispettive attività rilevanti;
coordinare le proprie politiche, attività di formazione, campagne pubbliche di informazione e pubblicazioni sulla falsificazione dell’euro. Inoltre l’Europol accetta di assistere la BCE in tutti i suoi rapporti con le organizzazioni nazionali, europee e internazionali preposte all’applicazione della legge, in questioni connesse alla falsificazione dell’euro.
Banca dati del Sistema di monitoraggio della contraffazione (SMC)
La BCE accetta di fornire l’accesso in linea in sola lettura alla banca dati del SMC ai funzionari dell’Europol, nel quadro della lotta alla falsificazione dell’euro. I funzionari dell’Europol non sono autorizzati a introdurre direttamente dati nella banca dati.
La BCE si impegna a informare prontamente l’Europol per quanto riguarda la creazione di qualsiasi nuova classe di falsificazione nell’ambito del SMC e la scoperta di qualsiasi grosso quantitativo di banconote in euro contraffatte.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO?
È in vigore dal 3 dicembre 2014.
CONTESTO
La BCE ed Europol lavorano insieme a stretto contatto dal 2001 per la lotta contro la falsificazione dell’euro. Nel 2014, con la firma di questo accordo, le organizzazioni hanno deciso di estendere questa cooperazione in materia di frodi nei sistemi di pagamento alle falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti.
Per maggiori informazioni, consultare:
Lotta alla falsificazione sul sito Internet della Commissione europea
Normativa contro la falsificazione dell’euro sul sito Internet della Commissione europea
DOCUMENTO PRINCIPALE
Accordo tra l’Ufficio europeo di polizia (Europol) e la Banca centrale europea (BCE) (GU C 123 del 17.4.2015, pagg. 1-5) | 5,844 | 108 |
21999A1211(01) | false | Convenzione sulla sicurezza nucleare - Dichiarazione della Comunità europea dell'energia atomica ai sensi dell'articolo 30, paragrafo 4, capoverso iii) della Convenzione sulla sicurezza nucleare
Gazzetta ufficiale n. L 318 del 11/12/1999 pag. 0021 - 0030
CONVENZIONE SULLA SICUREZZA NUCLEAREPREAMBOLOLE PARTI CONTRAENTIi) consapevoli dell'importanza per la comunità internazionale di assicurare che l'uso dell'energia nucleare sia sicuro, adeguatamente disciplinato e compatibile con l'ambiente;ii) ribadendo la necessità di continuare a dare impulso ad un elevato livello di sicurezza nucleare nel mondo intero;iii) ribadendo che la responsabilità della sicurezza nucleare spetta allo Stato nella cui giurisdizione ricade un impianto nucleare;iv) desiderando dare impulso ad una efficace cultura della sicurezza nucleare;v) consapevoli che gli incidenti negli impianti nucleari potrebbero avere conseguenze transfrontaliere;vi) tenendo conto della Convenzione sulla protezione fisica delle materie nucleari (1979), della Convenzione sulla pronta notifica di un incidente nucleare (1986) e della Convenzione sull'assistenza in caso di incidente nucleare e di emergenza radiologica (1986);vii) affermando l'importanza della cooperazione internazionale per migliorare la sicurezza nucleare mediante gli strumenti bilaterali e multilaterali esistenti e dell'istituzione della presente Convenzione che ha carattere incentivante;viii) considerando che la presente Convenzione comporta l'impegno di applicare principi fondamentali di sicurezza per gli impianti nucleari piuttosto che norme di sicurezza dettagliate e che, in materia di sicurezza, esistono linee guida definite a livello internazionale che vengono periodicamente rivedute e che possono dunque fornire indicazioni sui mezzi più aggiornati per ottenere un elevato livello di sicurezza;ix) affermando la necessità di intraprendere rapidamente l'elaborazione di una convenzione internazionale sulla sicurezza della gestione dei rifiuti radioattivi, non appena il processo in corso per sviluppare principi fondamentali per la sicurezza della gestione dei rifiuti radioattivi attualmente avrà condotto ad un ampio accordo internazionale;x) riconoscendo l'utilità di proseguire il lavoro tecnico connesso alla sicurezza di altre fasi del ciclo del combustibile nucleare e che tale lavoro può, col tempo, facilitare lo sviluppo degli strumenti internazionali attuali o futuri,HANNO CONVENUTO quanto segue:CAPITOLO 1OBIETTIVI, DEFINIZIONI E CAMPO DI APPLICAZIONEArticolo 1ObiettiviGli obiettivi della presente convenzione sono:i) conseguire e mantenere un elevato livello di sicurezza nucleare nel mondo intero grazie al miglioramento delle misure nazionali e della cooperazione internazionale, includendo, ove appropriato, la cooperazione tecnica in materia di sicurezza;ii) istituire e mantenere, negli impianti nucleari, difese efficaci contro i potenziali rischi radiologici, in modo da proteggere le persone, la società e l'ambiente dagli effetti nocivi delle radiazioni ionizzanti emesse da tali impianti;iii) prevenire gli incidenti aventi conseguenze radiologiche e mitigarne le conseguenze qualora tali incidenti dovessero avvenire.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente Convenzione:i) per "impianto nucleare" si intende, per quanto riguarda ciascuna parte contraente, ogni centrale nucleare, a scopo pacifico, terrestre, soggetta alla sua giurisdizione, compresi gli impianti di stoccaggio, di lavorazione di materiali radioattivi che si trovano sullo stesso sito e che sono direttamente connessi all'esercizio della centrale nucleare. Tale centrale cessa di essere un impianto nucleare quando tutti gli elementi di combustibile nucleare siano stati estratti definitivamente dal nocciolo del reattore ed immagazzinati in maniera sicura, in conformità con procedure approvate, ed un programma di disattivazione sia stato concordato con l'organismo di regolamentazione;ii) per "organismo di regolamentazione" si intende, per ciascuna parte contraente, uno o più organismi da quest'ultima investiti della facoltà giuridica di rilasciare autorizzazioni e di elaborare la normativa relativa alla localizzazione, alla progettazione, alla costruzione, all'avviamento, all'esercizio e alla disattivazione degli impianti nucleari;iii) per "autorizzazione" si intende ogni atto autorizzativo rilasciato al richiedente dall'organismo di regolamentazione, che conferisce responsabilità per la localizzazione, la progettazione, la costruzione, l'avviamento, l'esercizio o la disattivazione di un impianto nucleare.Articolo 3Campo di applicazioneLa presente Convenzione si applica alla sicurezza degli impianti nucleari.CAPITOLO 2OBBLIGHIa) Disposizioni generaliArticolo 4Misure di attuazioneCiascuna parte contraente adotta, nell'ambito del proprio diritto interno, le misure legislative, regolatorie ed amministrative e le altre azioni necessarie per adempiere ai suoi obblighi ai sensi della presente Convenzione.Articolo 5Presentazione dei rapportiCiascuna parte contraente presenta per riesame, prima di ciascuna delle riunioni di cui all'articolo 20, un rapporto sui provvedimenti adottati per soddisfare ciascuno degli obblighi enunciati nella presente ConvenzioneArticolo 6Impianti nucleari esistentiCiascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per garantire che la sicurezza degli impianti nucleari esistenti, alla data in cui la Convenzione entra in vigore per quella parte contraente, sia riesaminata al più presto possibile. La parte contraente, qualora sia necessario alla luce della presente Convenzione, farà in modo che tutti i miglioramenti che possono ragionevolmente essere apportati vengano effettuati con urgenza nell'ottica di adeguare la sicurezza dell'impianto nucleare. Se tale adeguamento non è realizzabile, si devono attuare programmi per la chiusura dell'impianto nucleare non appena ciò sia praticamente possibile. Per la programmazione delle fasi di chiusura, si può tener conto dell'intero contesto energetico e delle eventuali alternative, nonché dell'impatto sociale, ambientale ed economico.b) Legislazione e regolamentazioneArticolo 7Quadro legislativo e regolatorio1. Ciascuna parte contraente istituisce e mantiene in vigore un quadro legislativo e regolatorio per disciplinare la sicurezza degli impianti nucleari.2. Il quadro legislativo e regolatorio deve prevedere:i) l'istituzione di prescrizioni e di norme di sicurezza nazionali applicabili;ii) un sistema di rilascio di autorizzazioni per gli impianti nucleari ed il divieto di esercire un impianto nucleare senza autorizzazione;iii) un sistema regolatorio di ispezioni e di valutazione degli impianti nucleari per verificare la conformità con la normativa applicabile e con i limiti di autorizzazione;iv) la vigilanza sul rispetto della normativa applicabile e dei limiti delle autorizzazioni, compresa la loro sospensione, modifica o revoca.Articolo 8Organismo di regolamentazione1. Ciascuna parte contraente istituisce o designa un organismo di regolamentazione incaricato di attuare il complesso delle disposizioni legislative e regolatorie di cui all'articolo 7, dotato di autorità, competenza e risorse umane e finanziarie adeguate per adempiere ai compiti assegnati.2. Ciascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per garantire una effettiva indipendenza delle funzioni dell'organismo di regolamentazione da quelle di ogni altro ente o organismo interessato alla promozione o all'utilizzazione dell'energia nucleare.Articolo 9Responsabilità del titolare di una autorizzazioneCiascuna parte contraente assicura che la responsabilità primaria della sicurezza di un impianto nucleare competa al titolare della corrispondente autorizzazione, ed intraprende le azioni appropriate affinché ogni titolare di autorizzazione faccia fronte alle proprie responsabilità.c) Condizioni generali di sicurezzaArticolo 10Priorità alla sicurezzaCiascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che tutti gli organismi che svolgono attività direttamente attinenti agli impianti nucleari stabiliscano strategie che attribuiscano la dovuta priorità alla sicurezza nucleare.Articolo 11Risorse finanziarie e di personale1. Ciascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che siano disponibili risorse finanziarie adeguate per provvedere alla sicurezza di ciascun impianto nucleare per tutta la durata della sua vita.2. Ciascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che personale qualificato, in numero sufficiente ed adeguatamente formato, addestrato e aggiornato, sia disponibile per tutte le attività connesse alla sicurezza in tutti, o per tutti, gli impianti nucleari, per l'intera durata della loro vita.Articolo 12Fattori umaniCiascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che le capacità ed i limiti dei comportamenti umani siano presi in considerazione per l'intera vita di un impianto nucleare.Articolo 13Garanzia di qualitàCiascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che siano definiti ed attuati programmi di garanzia della qualità, nell'ottica di fornire garanzia che prescrizioni specifiche per tutte le attività rilevanti ai fini della sicurezza nucleare siano rispettate per l'intera vita di un impianto nucleare.Articolo 14Valutazione e verifica della sicurezzaCiascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che vengano effettuate:i) valutazioni globali e sistematiche della sicurezza prima della costruzione e l'avviamento di un impianto nucleare e per tutta la durata della sua vita. Tali valutazioni, adeguatamente documentate, devono essere successivamente aggiornate alla luce dell'esperienza operativa e delle più recenti informazioni rilevanti per la sicurezza, e riesaminate dall'organismo di regolamentazione;ii) verifiche mediante analisi, sorveglianza, prove ed ispezioni, intese a controllare che lo stato fisico e l'esercizio di un impianto nucleare continuino ad essere conformi alla sua progettazione, ai requisiti di sicurezza nazionali applicabili ed ai limiti ed alle condizioni di esercizio.Articolo 15Protezione radiologicaCiascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate affinché, in normali condizioni di funzionamento, l'esposizione dei lavoratori e della popolazione alle radiazioni ionizzanti causata da un impianto nucleare sia mantenuta al livello più basso, ragionevolmente ottenibile, e che nessun individuo venga esposto a dosi di radiazione superiori ai limiti stabiliti a livello nazionale.Articolo 16Pianificazione di emergenza1. Ciascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che, per gli impianti nucleari, ci siano piani d'emergenza interni ed esterni al sito, che siano periodicamente oggetto di esercitazione e comprendano le attività da porre in essere in caso di emergenza.Per ogni nuovo impianto nucleare, tali piani devono essere elaborati e provati prima che l'impianto inizi a funzionare al di sopra di un basso livello di potenza determinato dall'organismo di regolamentazione.2. Ciascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che la sua popolazione e le autorità competenti degli Stati limitrofi all'impianto nucleare, per quanto soggetti alla probabilità di essere coinvolti in un'emergenza radiologica, ricevano informazioni appropriate per i piani e le azioni di emergenza.3. Le parti contraenti che non hanno impianti nucleari sul loro territorio, per quanto soggette alla probabilità di essere coinvolte in un'emergenza radiologica in un impianto nucleare limitrofo, intraprenderanno le azioni appropriate per l'elaborazione e le esercitazioni di piani di emergenza per il loro territorio, comprendenti le attività da mettere in atto in caso di emergenza di questo tipo.d) Sicurezza degli impiantiArticolo 17LocalizzazioneCiascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che vengano stabilite ed attuate procedure idonee a:i) valutare tutti i fattori rilevanti inerenti al sito che possono incidere sulla sicurezza di un impianto nucleare per tutta la durata della sua vita prevista;ii) valutare il probabile impatto che un impianto nucleare previsto potrebbe avere dal punto di vista della sicurezza sulle persone, sulla società e sull'ambiente;iii) riesaminare, secondo le necessità, tutti i fattori pertinenti di cui ai capoversi i) e ii), in modo da garantire che l'impianto nucleare rimanga accettabile dal punto di vista della sicurezza;iv) consultare le parti contraenti nelle vicinanze di un impianto nucleare previsto, nella misura in cui potrebbero essere coinvolte da tale impianto, e fornire loro, su richiesta, le informazioni necessarie per poter valutare ed effettuare proprie stime dell'eventuale impatto, dello stesso impianto, sul loro territorio, dal punto di vista della sicurezza.Articolo 18Progettazione e costruzioneCiascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate affinché:i) la progettazione e la costruzione di un impianto nucleare preveda diversi livelli e metodi di protezione affidabili (difesa in profondità) contro il rilascio di materie radioattive, ai fini di prevenire gli incidenti e di attenuarne le conseguenze radiologiche qualora dovessero accadere;ii) le tecnologie utilizzate per la progettazione e la costruzione di un impianto nucleare siano provate dall'esperienza o qualificate da prove o da analisi;iii) la progettazione di un impianto nucleare consenta un esercizio affidabile, stabile ed agevolmente controllabile, tenendo debitamente conto dei fattori umani e dell'interfaccia uomo-macchina.Articolo 19EsercizioCiascuna parte contraente intraprende le azioni appropriate per assicurare che:i) l'autorizzazione iniziale all'esercizio di un impianto nucleare si basi su un'analisi di sicurezza appropriata e su un programma di avviamento comprovante che l'impianto, così come è costruito, sia conforme ai requisiti di progettazione e di sicurezza;ii) i limiti e le condizioni operative risultanti dall'analisi di sicurezza, dalle prove e dall'esperienza operativa siano definiti e riesaminati, laddove necessario, per identificare i margini di sicurezza per l'esercizio;iii) l'esercizio, la manutenzione, l'ispezione e le prove di un impianto nucleare siano condotte secondo procedure approvate;iv) siano stabilite procedure per far fronte ad eventi operativi previsti e ad incidenti;v) sia disponibile, per tutta la durata di vita di un impianto nucleare, il supporto tecnico ed ingegneristico necessario in tutti i settori rilevanti per la sicurezza;vi) i malfunzionamenti significativi per la sicurezza siano notificati tempestivamente dal titolare dell'autorizzazione all'organismo di regolamentazione;vii) siano predisposti programmi di raccolta e di analisi dell'esperienza operativa, sia dato seguito ai risultati conseguiti ed alle conclusioni tratte, e i meccanismi esistenti siano utilizzati per condividere le esperienze rilevanti con gli organismi internazionali, con le altre organizzazioni di esercenti e con gli organismi di regolamentazione;viii) la produzione di scorie radioattive risultante dall'esercizio di un impianto nucleare sia mantenuta al minimo praticabile per il processo specifico, sia in termini di attività che di volume, e che qualsiasi necessario trattamento e stoccaggio del combustibile esaurito e di rifiuti direttamente connessi all'esercizio, attuato sullo stesso sito dell'impianto nucleare, tenga conto del condizionamento e dello smaltimento.CAPITOLO 3RIUNIONI DELLE PARTI CONTRAENTIArticolo 20Riunioni di riesame1. Le parti contraenti tengono riunioni (di seguito denominate "riunioni di riesame") per riesaminare i rapporti presentati in applicazione dell'articolo 5, secondo le procedure adottate ai sensi dell'articolo 22.2. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 24, possono essere costituiti sottogruppi composti da rappresentanti delle parti contraenti, ed operare durante le riunioni di riesame, qualora ciò sia ritenuto necessario, per analizzare temi particolari contenuti nei rapporti.3. Ciascuna parte contraente deve avere congrua opportunità di discutere i rapporti presentati dalle altre parti contraenti e di chiedere chiarimenti su tali rapporti.Articolo 21Calendario1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente Convenzione avrà luogo una riunione preparatoria delle parti contraenti.2. In tale riunione preparatoria, le parti contraenti stabiliranno la data della prima riunione di riesame. Questa avrà luogo quanto prima possibile, ma non oltre trenta mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente Convenzione.3. In ciascuna riunione di riesame, le parti contraenti stabiliscono la data della successiva riunione di riesame. L'intervallo tra le riunioni di riesame non deve superare tre anni.Articolo 22Modalità procedurali1. Nella riunione preparatoria da tenere in applicazione dell'articolo 21, le parti contraenti stabiliranno ed adotteranno, per consenso, un regolamento di procedura e un regolamento finanziario. Le parti contraenti fisseranno in particolare ed in conformità al regolamento di procedura:i) linee guida concernenti la forma e la struttura dei rapporti da presentare in applicazione dell'articolo 5;ii) una data di presentazione dei rapporti in questione;iii) il processo di riesame di questi rapporti.2. Nelle riunioni di riesame le parti contraenti possono, se necessario, riesaminare le modalità adottate ai sensi dei capoversi i) - iii) di cui sopra ed adottare per consenso revisioni, salvo diversamente disposto dal regolamento di procedura. Esse possono inoltre, consensualmente, emendare il regolamento di procedura e il regolamento finanziario.Articolo 23Riunioni straordinarieDeve essere tenuta una riunione straordinaria delle parti contraenti:i) quando lo decide la maggioranza delle parti contraenti presenti e votanti in una riunione, le astensioni essendo considerate come voti; oppureii) su richiesta scritta di una parte contraente, entro sei mesi dalla data in cui tale richiesta è stata comunicata alle parti contraenti e la notifica che la richiesta ha ottenuto l'appoggio della maggioranza delle parti contraenti è stata ricevuta dal segretariato di cui all'articolo 28.Articolo 24Partecipazione1. Ciascuna parte contraente partecipa alle riunioni delle parti contraenti ed è rappresentata a tali riunioni da un delegato e, per quanto lo ritenga necessario, da sostituti, esperti e consiglieri.2. Le parti contraenti possono invitate, consensualmente, qualsiasi organizzazione intergovernativa, competente nelle questioni disciplinate dalla presente Convenzione, ad assistere in qualità di osservatore ad ogni riunione o a specifiche sessioni di una di esse. Gli osservatori saranno tenuti ad accettare per iscritto ed in anticipo le disposizioni dell'articolo 27.Articolo 25Rapporti di sintesiLe parti contraenti adottano, consensualmente, e mettono a disposizione del pubblico un documento che tratti gli argomenti discussi durante una riunione e le relative conclusioni.Articolo 26Lingue1. Le lingue delle riunioni delle parti contraenti sono l'arabo, il cinese, l'inglese, il francese, il russo e lo spagnolo, salvo diverso disposto del regolamento di procedura.2. I rapporti presentati in applicazione dell'articolo 5 sono redatti nella lingua nazionale della parte contraente che li presenta o in un'unica lingua designata da determinarsi nel regolamento di procedura. Nel caso in cui il rapporto sia presentato in una lingua nazionale diversa dalla lingua designata, sarà fornita dalla parte contraente una traduzione del rapporto nella lingua designata.3. Ferme restando le disposizioni del paragrafo 2, il segretariato, ove rimborsato, cura la traduzione nella lingua designata dei rapporti presentati in ogni altra lingua delle riunioni.Articolo 27Riservatezza1. Le disposizioni della presente Convenzione non pregiudicano i diritti e gli obblighi delle parti contraenti di proteggere talune informazioni dalla divulgazione, in base alla loro legislazione. Ai fini del presente articolo, il termine "informazioni" comprende tra l'altro i) i dati di natura personale; ii) le informazioni protette da diritti di proprietà intellettuale o dal segreto industriale o commerciale; iii) le informazioni relative alla sicurezza nazionale o alla protezione fisica di materie o impianti nucleari.2. Quando una parte contraente fornisce informazioni ai sensi della presente Convenzione, precisando che sono protette come indicato al paragrafo 1, tali informazioni sono utilizzate solo per i fini per i quali sono state fornite e deve essere rispettato il loro carattere confidenziale.3. Il contenuto delle discussioni durante il riesame dei rapporti ad opera delle parti contraenti in ciascuna riunione è riservato.Articolo 28Segretariato1. L'Agenzia internazionale dell'energia atomica (di seguito denominata "Agenzia") svolge le funzioni di segretariato per le riunioni delle parti contraenti.2. Il segretariato:i) convoca le riunioni delle parti contraenti, le prepara e ne assicura i servizi;ii) comunica alle parti contraenti le informazioni ricevute o predisposte secondo le disposizioni della presente Convenzione.Le spese sostenute dall'Agenzia per adempiere ai compiti previsti ai capoversi i) e ii) di cui sopra sono sostenute dall'Agenzia stessa come parte del suo bilancio ordinario.3. Le parti contraenti possono, consensualmente, chiedere all'Agenzia di fornire altri servizi di supporto per le riunioni delle parti contraenti. L'Agenzia può fornire tali servizi, qualora sia possibile farlo, nell'ambito del suo programma e del suo bilancio ordinario. Se ciò non fosse possibile, l'Agenzia può fornire tali servizi a condizione che siano finanziati da un'altra fonte a titolo volontario.CAPITOLO 4CLAUSOLE FINALI E ALTRE DISPOSIZIONIArticolo 29Risoluzione delle controversieIn caso di disaccordo tra due o più parti contraenti in merito all'interpretazione o all'applicazione della presente Convenzione, le parti contraenti si consultano nell'ambito di una riunione delle parti contraenti al fine di risolvere tale disaccordo.Articolo 30Firma, ratifica, accettazione, approvazione, adesione1. La presente Convenzione è aperta alla firma di tutti gli Stati presso la sede dell'Agenzia a Vienna a decorrere dal 20 settembre 1994, fino alla sua entrata in vigore.2. La presente Convenzione è soggetta alla ratifica, accettazione o approvazione degli Stati firmatari.3. Dopo la sua entrata in vigore, la presente Convenzione è aperta all'adesione di tutti gli Stati.4. i) La presente Convenzione è aperta alla firma o all'adesione di organizzazioni regionali aventi carattere d'integrazione o altro, a condizione che ciascuna di tali organizzazioni sia costituita da Stati sovrani ed abbia competenza in merito alla negoziazione, conclusione ed applicazione di accordi internazionali nelle materie oggetto della presente Convenzione.ii) Nelle materie di loro competenza, tali organizzazioni esercitano per proprio conto i diritti ed assumono i compiti che questa Convenzione attribuisce agli Stati parti contraenti.iii) Nel divenire parte della presente Convenzione, tali organizzazioni comunicano al depositario di cui all'articolo 34 una dichiarazione nella quale sono indicati quali sono i loro Stati membri, quali articoli della presente Convenzione sono applicabili nei loro confronti e qual è la portata della loro competenza nel settore disciplinato da detti articoli.iv) Le organizzazioni di questo tipo non hanno altri diritti di voto che quelli spettanti ai loro Stati membri.5. Gli strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione saranno depositati presso il depositario.Articolo 31Entrata in vigore1. La presente Convenzione entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data del deposito, presso il depositario, del ventiduesimo strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione, ivi inclusi quelli di diciassette Stati, ciascuno in possesso di almeno un impianto nucleare che abbia raggiunto la criticità del nocciolo del reattore.2. Per ciascuno Stato o organizzazione regionale avente carattere di integrazione o altro carattere, che ratifichi la presente Convenzione, l'accetti, l'approvi o vi aderisca dopo la data di deposito dell'ultimo strumento richiesto per soddisfare le condizioni poste nel paragrafo 1, la presente Convenzione entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di deposito, presso il depositario, dello strumento stesso da parte di tale Stato o organizzazione.Articolo 32Emendamenti alla Convenzione1. Ciascuna parte contraente può proporre un emendamento alla presente Convenzione. Gli emendamenti proposti sono esaminati in una riunione di riesame o in una riunione straordinaria.2. Il testo di ogni emendamento proposto e le relative motivazioni devono essere comunicati al depositario, il quale trasmette la proposta alle parti contraenti prontamente e almeno novanta giorni prima della riunione nel corso della quale l'emendamento proposto è presentato per essere preso in esame. Tutte le osservazioni ricevute su tale proposta sono comunicate dal depositario alle parti contraenti.3. Dopo aver esaminato l'emendamento proposto, le parti contraenti decidono se adottarlo consensualmente o, in assenza di consenso, di sottoporlo ad una conferenza diplomatica. Una decisione di sottoporre un emendamento proposto ad una conferenza diplomatica richiede un voto a maggioranza di due terzi delle parti contraenti presenti alla riunione e votanti, purché almeno la metà delle parti contraenti sia presente al momento della votazione. Le astensioni sono considerate voti.4. La conferenza diplomatica incaricata di esaminare e di adottare gli emendamenti della presente Convenzione è convocata dal depositario ed ha luogo entro un anno dalla data di adozione della relativa decisione ai sensi del paragrafo 3 del presente articolo. La conferenza diplomatica compie ogni sforzo affinché gli emendamenti siano adottati consensualmente. Se ciò non fosse possibile, gli emendamenti sono adottati a maggioranza di due terzi di tutte le parti contraenti.5. Gli emendamenti alla presente Convenzione adottati in conformità con i paragrafi 3 e 4 di cui sopra, sono soggetti a ratifica, accettazione, approvazione o conferma delle parti contraenti ed entrano in vigore, nei confronti delle parti contraenti che li hanno ratificati, accettati, approvati o confermati, il novantesimo giorno successivo al ricevimento, da parte del depositario, degli strumenti corrispondenti di almeno tre quarti di tali parti contraenti. Per una parte contraente che ratifica, accetta, approva o conferma detti emendamenti successivamente, gli emendamenti entrano in vigore il novantesimo giorno dopo che la parte contraente abbia depositato il proprio corrispondente strumento.Articolo 33Denuncia1. Ciascuna parte contraente può denunciare la presente Convenzione mediante una notifica scritta al depositario.2. La denuncia ha effetto decorso un anno dalla data di ricevimento della notifica da parte del depositario oppure a decorrere da altra data successiva eventualmente indicata nella notifica.Articolo 34Depositario1. Il direttore generale dell'Agenzia è il depositario della presente Convenzione.2. Il depositario informa le parti contraenti:i) della firma della presente Convenzione e del deposito degli strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, secondo l'articolo 30;ii) della data dalla quale la Convenzione entra in vigore secondo l'articolo 31;iii) delle notifiche di denuncia della Convenzione effettuate in conformità con l'articolo 33 e della data relativa;iv) degli emendamenti proposti alla presente Convenzione sottoposti dalle parti contraenti, degli emendamenti adottati dalla conferenza diplomatica corrispondente o dalla riunione delle parti contraenti, e della data di entrata in vigore di detti emendamenti in conformità con l'articolo 32.Articolo 35Testi autenticiL'originale della presente Convenzione, i cui testi in lingua araba, cinese, inglese, francese, russa e spagnola sono ugualmente autentici, è depositato presso il depositario che ne invia copie conformi certificate alle parti contraenti.Dichiarazione della Comunità europea dell'energia atomica ai sensi dell'articolo 30, paragrafo 4, capoverso iii) della Convenzione sulla sicurezza nucleareAttualmente, i seguenti Stati sono membri della Comunità europea dell'energia atomica: il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, l'Irlanda, la Repubblica italiana, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.La Comunità dichiara che si applicano nei suoi confronti gli articoli 15 e 16, paragrafo 2, della Convenzione. Si applicano, inoltre, nei suoi confronti gli articoli da 1 a 5, l'articolo 7, paragrafo 1, l'articolo 14, capoverso ii) e gli articoli da 20 a 35, solo per quanto riguarda i settori regolati dagli articoli 15 e 16, paragrafo 2.La Comunità ha una competenza ripartita con i summenzionati Stati membri nei settori regolati dagli articoli 15 e 16, paragrafo 2, della Convenzione sulla sicurezza nucleare, in forza delle disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica contenute nell'articolo 2, lettera b), e nei pertinenti articoli del titolo II, capo 3, intitolato "Protezione sanitaria". | Convenzione sulla sicurezza nucleare
QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLA DECISIONE?
La convezione sulla sicurezza nucleare è una convenzione internazionale volta a migliorare la sicurezza nucleare a livello mondiale. Tutti i paesi dell’Unione europea (Unione) sono parte della convenzione. La comunità istituita dal Trattato sulla Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) condivide la competenza giurisdizionale con gli Stati membri nei settori retti dalla convenzione. La decisione approva l’adesione della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) alla Convenzione. È stata modificata nel 2004 per tener conto dell’adesione all’Unione di nuovi Stati membri.
PUNTI CHIAVE
Competenze dell’EuratomEuratom non possiede impianti nucleari come definito dalla Convenzione. La responsabilità della sicurezza di un impianto nucleare compete al titolare della corrispondente autorizzazione del paese dell’Unione sul cui territorio è stato costruito l’impianto. Le competenze di Euratom nel campo della convenzione derivano dalle disposizioni del trattato Euratom (titolo II, capitolo 3) relativo alla tutela della salute della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, come confermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza C-29/99).ObiettiviLa convenzione intende:conseguire e mantenere un elevato livello di sicurezza nucleare attraverso il miglioramento delle misure nazionali e la cooperazione tecnica;istituire e mantenere, negli impianti nucleari, difese efficaci contro i rischi radiologici al fine di proteggere l’uomo, l’ambiente ecc.;prevenire gli incidenti nucleari e mitigarne le conseguenze qualora tali incidenti dovessero avvenire. La convenzione non stabilisce specifiche norme di sicurezza, ma rappresenta un impegno ad applicare i principi fondamentali di sicurezza degli impianti.Campo di applicazione
La convenzione si applica alla sicurezza delle centrali nucleari a scopo pacifico terrestri, compresi gli impianti di stoccaggio, di lavorazione di materiali radioattivi che si trovano sullo stesso sito e che sono direttamente connessi all’esercizio della centrale.
AttuazioneLe parti contraenti alla convenzione si impegnano a realizzare un quadro legislativo, normativo ed amministrativo per garantire la sicurezza degli impianti, che prevede:l’istituzione di prescrizioni e di norme adeguate di sicurezza nazionale;un sistema di rilascio di autorizzazioni per gli impianti nucleari ed il divieto di gestire un impianto nucleare senza autorizzazione;un sistema di ispezione e valutazione. Le valutazioni sistematiche vengono effettuate prima della costruzione e dell’avviamento di un impianto nucleare e per tutta la durata della sua vita;la vigilanza sul rispetto della normativa applicabile e dei limiti delle autorizzazioni, compresa la loro sospensione, modifica o revoca. Le parti istituiscono un organismo di regolamentazione indipendente che rilascia le autorizzazioni e vigila sulla corretta applicazione dei regolamenti. Le funzioni di questo organismo devono essere distinte in maniera effettiva da quelle di ogni altro organismo responsabile della promozione o dell’utilizzazione dell’energia nucleare. I titolari delle autorizzazioni devono istituire strategie che attribuiscano la dovuta priorità alla sicurezza nucleare e attuare programmi di garanzia della qualità per assicurare che le prescrizioni specifiche siano rispettate. Devono inoltre essere attuate misure di emergenza che specifichino in dettaglio le procedure per informare le autorità competenti, ad esempio gli ospedali. Ciascuna parte della convenzione deve presentare alle altre parti un rapporto sui provvedimenti adottati per soddisfare ciascuno degli obblighi enunciati nella Convenzione. I rapporti vengono sottoposti al riesame, prima di ciascuna delle riunioni periodiche delle parti contraenti.Sicurezza degli impiantiL’organismo di regolamentazione è responsabile del rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio di un impianto nucleare. La convenzione stabilisce taluni criteri di valutazione a seconda delle diverse fasi di vita di un impianto: la scelta del sito, la progettazione e la costruzione, nonché l’esercizio. Nella scelta del luogo si dovranno considerare, tra le altre cose, i suoi effetti sulla sicurezza dell’impianto e l’impatto dell’impianto sulla società e sull’ambiente; Le altre parti contraenti nelle vicinanze di un impianto dovranno essere consultate nel caso in cui ci si aspetti che l’impianto possa avere delle conseguenze per quelle parti. Per quanto concerne la progettazione e la costruzione, si dovranno predisporre misure di sicurezza contro il rilascio di materie radioattive e le tecnologie e le apparecchiature utilizzate devono essere provate dall’esperienza o qualificate da prove. L’autorizzazione all’esercizio di un impianto nucleare si deve basare su un’analisi di sicurezza e su un programma di avviamento. La gestione dell’impianto deve essere conforme alle norme stabilite dalle autorità nazionali. È necessario inoltre predisporre dei programmi di raccolta e di analisi dei dati. Ogni impianto deve inoltre essere dotato di piani d’emergenza interni ed esterni in caso di situazioni di emergenza radiologica, per garantire la protezione dei lavoratori, della popolazione, dell’ambiente ecc.Disposizioni organizzative
Le parti si riuniscono almeno una volta ogni tre anni. La Commissione europea rappresenta Euratom in queste riunioni, in cui le parti relazionano sulle misure adottate per adempiere agli obblighi del trattato. L’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA) svolge le funzioni di segretariato per la convenzione.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
La convenzione è entrata in vigore il 24 ottobre 1996.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Sicurezza nucleare (Commissione europea) Convenzione sulla sicurezza nucleare (Agenzia internazionale per l’energia atomica).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Convenzione sulla sicurezza nucleare — Dichiarazione della Comunità europea dell’energia atomica ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 4, capoverso iii) della Convenzione sulla sicurezza nucleare (GU L 318 dell’11.12.1999, pag. 21).
Decisione della Commissione 1999/819/Euratom, del 16 novembre 1999, riguardante l’adesione della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom) alla Convenzione sulla sicurezza nucleare del 1994 (GU L 318 dell’11.12.1999, pag. 20).
Le successive modifiche alla decisione 1999/819/Euratom sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2009, che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari (GU L 172 del 2.7.2009, pag. 18).
Si veda la versione consolidata. | 10,460 | 923 |
32011R1176 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 1176/2011 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 novembre 2011
sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 121, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere della Banca centrale europea (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
Il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri all’interno dell’Unione dovrebbe svilupparsi nel contesto degli indirizzi di massima per le politiche economiche e degli orientamenti per l’occupazione, come previsto dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e dovrebbe implicare il rispetto dei seguenti principi direttivi: prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane e sostenibili, nonché bilancia dei pagamenti sostenibile.
(2)
È necessario trarre insegnamenti dall’esperienza acquisita nel corso dei primi dieci anni di funzionamento dell’unione economica e monetaria e, in particolare, c’è bisogno di una governance economica rafforzata nell’Unione sulla base di una più forte titolarità nazionale.
(3)
Il conseguimento e il mantenimento di un mercato interno dinamico dovrebbero essere considerati elementi del funzionamento adeguato e corretto dell’unione economica e monetaria.
(4)
Il quadro della governance economica rafforzata dovrebbe basarsi su diverse politiche interconnesse e coerenti fra loro a favore della crescita sostenibile e dell’occupazione, in particolare su una strategia dell’Unione per la crescita e l’occupazione, che ponga l’accento sullo sviluppo e il rafforzamento del mercato interno e promuova le relazioni commerciali internazionali e la competitività, su un Semestre europeo per il coordinamento rafforzato delle politiche economiche e di bilancio (Semestre europeo), su un quadro efficace per prevenire e correggere i disavanzi pubblici eccessivi [il patto di stabilità e crescita (PSC)], su un solido quadro per prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici, su requisiti minimi per le discipline di bilancio nazionali, nonché su una rafforzata regolamentazione e vigilanza dei mercati finanziari, tra cui la vigilanza macroprudenziale ad opera del Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS).
(5)
Il rafforzamento della governance economica dovrebbe includere una più stretta e tempestiva partecipazione del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali. Nel riconoscere che gli interlocutori del Parlamento europeo nell’ambito del dialogo sono le pertinenti istituzioni dell’Unione e i loro rappresentanti, la commissione competente del Parlamento europeo può offrire la possibilità di partecipare ad uno scambio di opinioni allo Stato membro destinatario di una raccomandazione o di una decisione del Consiglio a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, dell’articolo 8, paragrafo 2, o dell’articolo 10, paragrafo 4, del presente regolamento. La partecipazione dello Stato membro a tale scambio di opinioni avviene su base volontaria.
(6)
La Commissione dovrebbe svolgere un ruolo più attivo nella procedura di sorveglianza rafforzata, per quanto concerne le valutazioni specifiche per ciascuno Stato membro, il monitoraggio, le missioni in loco, le raccomandazioni e gli avvertimenti.
(7)
In particolare, la sorveglianza delle politiche economiche degli Stati membri dovrebbe essere estesa al di là della sorveglianza di bilancio per includere un quadro più dettagliato e formale, al fine di prevenire squilibri macroeconomici eccessivi e di aiutare gli Stati membri interessati ad istituire piani correttivi prima che le divergenze si consolidino. Tale estensione della sorveglianza delle politiche economiche dovrebbe svolgersi in parallelo con il rafforzamento della sorveglianza di bilancio.
(8)
Per contribuire a correggere tali squilibri macroeconomici eccessivi, è necessario introdurre a livello legislativo una procedura dettagliata.
(9)
È opportuno integrare la procedura di sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 121, paragrafi 3 e 4, TFUE con norme specifiche per l’individuazione degli squilibri macroeconomici, nonché per la prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi all’interno dell’Unione. È essenziale che la procedura sia allineata al ciclo annuale di sorveglianza multilaterale.
(10)
Tale procedura dovrebbe istituire un meccanismo di allerta per la rapida individuazione degli squilibri macroeconomici emergenti e dovrebbe basarsi sull’uso di un «quadro di valutazione» indicativo e trasparente, comprensivo di soglie indicative, accompagnato da un’analisi economica. Quest’ultima dovrebbe tenere conto, tra l’altro, della convergenza nominale e reale all’interno e all’esterno della zona euro.
(11)
Per poter funzionare in modo efficace in quanto elemento del meccanismo di allerta, il «quadro di valutazione» dovrebbe essere composto di un numero limitato di indicatori economici, finanziari e strutturali attinenti all’individuazione di squilibri macroeconomici, con soglie indicative corrispondenti. Gli indicatori e le soglie dovrebbero essere adeguati quando necessario, al fine di adattarli alla natura mutevole degli squilibri macroeconomici, dovuta tra l’altro all’evoluzione dei rischi per la stabilità macroeconomica, così da tenere in considerazione la maggiore quantità possibile di dati statistici pertinenti. Gli indicatori non dovrebbero essere intesi di per sé come obiettivi per la politica economica, ma come strumenti per tenere conto del carattere evolutivo degli squilibri macroeconomici all’interno dell’Unione.
(12)
La Commissione dovrebbe cooperare strettamente con il Parlamento europeo e il Consiglio nell’elaborazione del quadro di valutazione e degli indicatori macroeconomici e macrofinanziari per gli Stati membri. La Commissione dovrebbe presentare alle commissioni competenti del Parlamento europeo e al Consiglio proposte di commenti sui piani di istituzione e adeguamento degli indicatori e delle soglie. La Commissione dovrebbe informare il Parlamento europeo e il Consiglio in merito ad eventuali modifiche degli indicatori e delle soglie e spiegare le ragioni che sottendono tali modifiche.
(13)
Nel mettere a punto il quadro di valutazione, dovrebbe essere prestata la debita attenzione anche alla capacità di tenere conto di circostanze economiche eterogenee, compresi gli effetti di convergenza.
(14)
Il superamento di una o più soglie indicative non è necessariamente sintomo di imminenti squilibri macroeconomici, dato che la definizione delle politiche economiche dovrebbe tenere conto delle interazioni tra le variabili macroeconomiche. Non è opportuno trarre conclusioni da una lettura automatica del quadro di valutazione: l’analisi economica dovrebbe garantire che tutte le informazioni, indipendentemente dal fatto che provengano dal «quadro di valutazione» o meno, siano valutate in prospettiva e diventino parte di un’analisi globale.
(15)
Sulla base della procedura di sorveglianza multilaterale e del meccanismo di allerta, ovvero in caso di inattesi e significativi sviluppi economici che richiedano un’analisi urgente ai fini del presente regolamento, la Commissione dovrebbe individuare gli Stati membri da sottoporre ad un esame approfondito. Tale esame dovrebbe essere effettuato senza presumere che esista uno squilibrio e dovrebbe comprendere un’analisi esauriente delle fonti di squilibrio nello Stato membro in questione, tenendo debitamente conto delle condizioni e circostanze economiche specifiche per paese e di un’ampia gamma di strumenti analitici, indicatori e informazioni qualitative caratteristici per paese. Gli Stati membri dovrebbero collaborare all’elaborazione di tale esame approfondito da parte della Commissione, per garantire che le informazioni a sua disposizione siano il più possibile complete e corrette. Inoltre, la Commissione dovrebbe tenere in debita considerazione altre informazioni che, secondo lo Stato membro interessato, sono significative e che tale Stato membro ha sottoposto alla Commissione e al Consiglio.
(16)
L’esame approfondito dovrebbe essere discusso in sede di Consiglio e di Eurogruppo per gli Stati membri la cui moneta è l’euro. L’esame approfondito dovrebbe tenere conto, ove opportuno, delle raccomandazioni o degli inviti rivolti dal Consiglio agli Stati membri presi in esame e adottati conformemente agli articoli 121, 126 e 148 TFUE e ai sensi degli articoli 6, 7 e 8 del presente regolamento, e delle politiche previste dallo Stato membro preso in esame, specificate nei suoi programmi nazionali di riforma, nonché delle migliori pratiche internazionali riguardo agli indicatori e alle metodologie. Qualora decida di effettuare un esame approfondito in caso di inattesi e significativi sviluppi economici che richiedano un’analisi urgente, la Commissione ne dovrebbe informare lo Stato membro interessato.
(17)
Nel valutare gli squilibri macroeconomici, è opportuno considerare la loro gravità e le loro potenziali conseguenze negative, sul piano economico e finanziario, che accrescono la vulnerabilità dell’economia dell’Unione e costituiscono una minaccia per il buon funzionamento dell’unione economica e monetaria. È necessario intervenire in tutti gli Stati membri per sanare gli squilibri macroeconomici e le divergenze in materia di competitività, in particolare nella zona euro. Tuttavia, la natura, l’importanza e l’urgenza delle sfide politiche possono differire in modo significativo da uno Stato membro all’altro. Date le vulnerabilità e le dimensioni dell’aggiustamento richiesto, l’intervento politico è particolarmente urgente negli Stati membri che presentano costantemente notevoli disavanzi della bilancia commerciale e perdite di competitività. Inoltre, negli Stati membri che accumulano avanzi elevati delle partite correnti, le politiche dovrebbero mirare a individuare e ad attuare misure che contribuiscano a rafforzare la domanda interna e il potenziale di crescita.
(18)
Si dovrebbe inoltre tenere conto della capacità di adattamento economico e dei precedenti dello Stato membro interessato sul piano della conformità alle raccomandazioni già emesse ai sensi del presente regolamento e alle altre raccomandazioni emesse ai sensi dell’articolo 121 TFUE nel quadro della sorveglianza multilaterale, in particolare gli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione.
(19)
Una procedura intesa a monitorare e a correggere gli squilibri macroeconomici negativi, composta di elementi preventivi e correttivi, richiederà strumenti di sorveglianza rafforzata, basati su quelli utilizzati nella procedura di sorveglianza multilaterale. Essa può prevedere missioni di sorveglianza rafforzate negli Stati membri da parte della Commissione, in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, ovvero per gli Stati membri che partecipano all’accordo del 16 marzo 2006 tra la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti alla zona euro che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell’unione economica e monetaria (4) (ERM2), oltre alla presentazione di rapporti supplementari da parte degli Stati membri in caso di squilibri gravi, compresi quelli che mettono a rischio il corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria. Le parti sociali e gli altri soggetti interessati a livello nazionale sono, ove opportuno, coinvolti nel dialogo.
(20)
Se sono individuati squilibri macroeconomici, è opportuno indirizzare raccomandazioni allo Stato membro interessato, se del caso con il contributo dei pertinenti comitati, per fornire indicazioni circa la risposta politica adeguata. La risposta politica dello Stato membro interessato dovrebbe essere tempestiva e utilizzare tutti gli strumenti politici disponibili, sotto il controllo delle autorità pubbliche. I soggetti interessati competenti a livello nazionale, parti sociali comprese, dovrebbero, ove opportuno, partecipare a norma del TFUE e delle disposizioni giuridiche e delle politiche nazionali. La risposta politica dovrebbe essere adattata all’ambiente e alla situazione specifici dello Stato membro interessato e riguardare i principali settori della politica economica, tra i quali figurano potenzialmente le politiche di bilancio e dei salari, i mercati del lavoro, i mercati dei prodotti e dei servizi e la regolamentazione del settore finanziario. È opportuno tenere conto degli impegni assunti nell’ambito degli accordi per l’ERM2.
(21)
Le segnalazioni e le raccomandazioni del CERS agli Stati membri o all’Unione riguardano i rischi di natura macrofinanziaria. Tali rischi dovrebbero anche giustificare, se del caso, adeguate azioni di follow-up da parte della Commissione nell’ambito della sorveglianza degli squilibri macroeconomici. È opportuno osservare rigorosamente l’indipendenza e la riservatezza del CERS.
(22)
Se sono individuati gravi squilibri macroeconomici, o anche squilibri che mettono a rischio il corretto funzionamento dell’Unione economica e monetaria, dovrebbe essere avviata una procedura per gli squilibri eccessivi, che può prevedere raccomandazioni allo Stato membro, il rafforzamento dei requisiti di sorveglianza e di monitoraggio e, per gli Stati membri la cui moneta è l’euro, la possibilità di intervenire ai sensi del regolamento (UE) n. 1174/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell’area euro (5) se lo Stato membro interessato omette ripetutamente di intraprendere un’azione correttiva.
(23)
Uno Stato membro soggetto alla procedura per gli squilibri eccessivi dovrebbe stabilire un piano d’azione correttivo che specifichi i dettagli delle sue politiche intese ad attuare le raccomandazioni del Consiglio. Tale piano d’azione correttivo dovrebbe prevedere un calendario per l’attuazione delle misure previste e dovrebbe essere approvato mediante una raccomandazione del Consiglio. Tale raccomandazione dovrebbe essere trasmessa al Parlamento europeo.
(24)
Al Consiglio dovrebbe essere conferito il potere di adottare decisioni individuali che stabiliscono l’inadempimento della raccomandazione adottata dal Consiglio nel contesto di un piano d’azione correttivo. In quanto elemento del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri attuato in seno al Consiglio, come stabilito dall’articolo 121, paragrafo 1, TFUE, dette decisioni individuali sono un seguito integrante delle suddette raccomandazioni adottate dal Consiglio conformemente all’articolo 121, paragrafo 4, TFUE nel contesto di un piano d’azione correttivo.
(25)
Nell’applicazione del presente regolamento, il Consiglio e la Commissione dovrebbero rispettare pienamente il ruolo dei parlamenti nazionali e delle parti sociali, nonché rispettare le disparità nei sistemi economici nazionali, come ad esempio i sistemi di determinazione delle retribuzioni.
(26)
Se il Consiglio ritiene che uno Stato membro non presenti più uno squilibrio macroeconomico eccessivo, la procedura per gli squilibri eccessivi dovrebbe essere chiusa a seguito dell’abrogazione, da parte del Consiglio su raccomandazione della Commissione, delle pertinenti raccomandazioni. Tale abrogazione dovrebbe essere basata su un’analisi globale della Commissione che dimostri che lo Stato membro ha agito in linea con le pertinenti raccomandazioni del Consiglio e che le cause sottostanti e i rischi associati individuati nella raccomandazione del Consiglio che ha avviato la procedura per gli squilibri eccessivi non sussistono più, tra l’altro tenuto conto degli sviluppi e delle prospettive macroeconomici e degli effetti di ricaduta. La chiusura di una procedura per gli squilibri eccessivi dovrebbe essere resa pubblica.
(27)
Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’istituzione di un quadro efficace per l’individuazione degli squilibri macroeconomici e la prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri a causa delle forti interazioni commerciali e finanziarie esistenti tra di loro, nonché dell’impatto delle politiche economiche nazionali sull’Unione e sull’intera zona euro, e può pertanto essere realizzato meglio a livello di Unione, quest’ultima può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
OGGETTO E DEFINIZIONI
Articolo 1
Oggetto
1. Il presente regolamento stabilisce disposizioni dettagliate volte ad individuare gli squilibri macroeconomici e a prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici eccessivi all’interno dell’Unione.
2. Il presente regolamento è applicato nel contesto del Semestre europeo di cui al regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (6).
3. L’applicazione del presente regolamento è pienamente conforme all’articolo 152 TFUE e le raccomandazioni adottate a norma del presente regolamento rispettano le prassi nazionali e gli organi preposti alla determinazione delle retribuzioni. Il presente regolamento tiene altresì conto l’articolo 28 della Carta di diritti fondamentali dell’Unione europea, pertanto non pregiudica il diritto di negoziare, concludere o applicare accordi collettivi e di intraprendere azioni collettive in conformità del diritto e delle prassi nazionali.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1) «squilibri»: ogni tendenza che possa determinare sviluppi macroeconomici che hanno, o potrebbero avere, effetti negativi sul corretto funzionamento dell’economia di uno Stato membro, dell’Unione economica e monetaria o dell’intera Unione;
2) «squilibri eccessivi»: squilibri gravi, compresi quelli che mettono o potrebbero mettere a rischio il corretto funzionamento dell’Unione economica e monetaria.
CAPO II
INDIVIDUAZIONE DEGLI SQUILIBRI
Articolo 3
Meccanismo di allerta
1. Un meccanismo di allerta è istituito al fine di facilitare la rapida individuazione e il monitoraggio degli squilibri. La Commissione prepara una relazione annuale contenente una valutazione economica e finanziaria qualitativa basata su un quadro di valutazione, con una serie di indicatori, il cui valore è comparato alle relative soglie indicative, come previsto all’articolo 4. La relazione annuale e i valori degli indicatori del quadro di valutazione sono resi pubblici.
2. La relazione annuale della Commissione contiene una valutazione economica e finanziaria in cui l’evoluzione degli indicatori è messa in prospettiva ricorrendo, se necessario, nel valutare l’andamento degli squilibri, ad altri pertinenti indicatori economici e finanziari. Non sono tratte conclusioni da una lettura automatica degli indicatori del quadro di valutazione. La valutazione tiene conto dell’evoluzione degli squilibri nell’Unione e nella zona dell’euro. Nella relazione è inoltre indicato se il superamento delle soglie in uno o più Stati membri indichi il possibile emergere di squilibri. La valutazione degli Stati membri con profondi disavanzi delle partite correnti può essere differente da quella di Stati membri che hanno accumulato ampi avanzi delle partite correnti.
3. Nella relazione annuale sono segnalati gli Stati membri che, secondo la Commissione, possono presentare squilibri o correre il rischio di presentarli.
4. La Commissione trasmette la relazione annuale tempestivamente al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo.
5. Nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 121, paragrafo 3, TFUE, il Consiglio esamina e sottopone a valutazione globale la relazione annuale della Commissione. L’Eurogruppo esamina la relazione qualora questa faccia riferimento agli Stati membri la cui moneta è l’euro.
Articolo 4
Quadro di valutazione
1. Il quadro di valutazione con l’insieme degli indicatori è utilizzato come strumento per facilitare la rapida individuazione e il monitoraggio degli squilibri.
2. Il quadro di valutazione comprende un numero ristretto di indicatori macroeconomici e macrofinanziari per gli Stati membri; tali indicatori sono pertinenti, pratici, semplici, misurabili e disponibili. Esso consente una rapida individuazione degli squilibri macroeconomici che emergono a breve termine e derivanti da tendenze strutturali e a lungo termine.
3. Il quadro di valutazione dovrebbe comprendere, tra l’altro, indicatori utili ai fini dell’individuazione tempestiva di:
a)
squilibri interni, compresi quelli che possono derivare dall’indebitamento pubblico e privato, dall’evoluzione dei mercati finanziari e dei valori mobiliari, compreso il settore immobiliare, dall’evoluzione del flusso dei prestiti nel settore privato e dall’evoluzione della disoccupazione;
b)
squilibri esterni, compresi quelli derivanti dall’evoluzione delle posizioni delle partite correnti e degli investimenti netti degli Stati membri, dai tassi di cambio effettivi reali, dalle quote di mercato all’esportazione e dai cambiamenti dei prezzi e dei costi, nonché dalla competitività non legata ai prezzi, tenendo in conto le diverse componenti della produttività.
4. Quando procede alla lettura del quadro di valutazione nel meccanismo di allerta, la Commissione dedica attenzione specifica agli sviluppi nell’economia reale, compresi elementi come la crescita economica, la situazione dell’occupazione e della disoccupazione, la convergenza nominale e reale all’interno e all’esterno della zona euro, l’evoluzione della produttività e i relativi fattori pertinenti come gli investimenti esteri e nazionali in ricerca e sviluppo, nonché l’evoluzione settoriale, compresa l’energia, che si ripercuotono sul PIL e sul comportamento delle partite correnti.
Il quadro di valutazione comprende anche soglie indicative per gli indicatori che servono da livelli di allerta. La scelta di indicatori e soglie tende a promuovere la competitività nell’Unione.
Il quadro degli indicatori ha soglie massime e minime di allerta, salvo laddove non opportuno, differenziate a seconda che si tratti di Stati membri appartenenti o meno alla zona euro, se giustificato dalle specificità dell’unione monetaria e da pertinenti circostanze economiche. Nel mettere a punto il quadro di valutazione, è prestata debita attenzione anche alla capacità di tenere conto di circostanze economiche eterogenee, tra cui gli effetti di recupero.
5. L’attività del CESR è tenuta in debita considerazione ai fini dell’elaborazione degli indicatori pertinenti alla stabilità dei mercati finanziari. La Commissione invita il CESR a formulare i suoi pareri per l’elaborazione degli indicatori pertinenti alla stabilità dei mercati finanziari.
6. La Commissione rende pubblici l’insieme degli indicatori e le soglie del quadro di valutazione.
7. La Commissione valuta regolarmente l’adeguatezza del quadro di controllo, ivi incluse la composizione degli indicatori, le soglie fissate e la metodologia impiegata, ed effettua adattamenti o modifiche se necessario. La Commissione rende pubbliche le modifiche alla composizione del quadro di controllo e alle relative soglie, nonché alla metodologia su cui è basato.
8. La Commissione aggiorna i valori attribuiti agli indicatori che figurano nel quadro di valutazione almeno una volta all’anno.
Articolo 5
Esame approfondito
1. Tenuto debitamente conto delle discussioni in seno al Consiglio e all’Eurogruppo, di cui all’articolo 3, paragrafo 5, o in caso di inattesi e significativi sviluppi economici che richiedano un’analisi urgente ai fini del presente regolamento, la Commissione effettua un esame approfondito per ogni Stato membro che, a suo avviso, può presentare squilibri o correre il rischio di presentarli.
L’esame approfondito si fonda su un’indagine dettagliata delle circostanze specifiche per paese, compresa la diversità delle posizioni di partenza degli Stati membri; esso analizza un’ampia gamma di variabili economiche e si avvale di strumenti analitici e di dati qualitativi specifici per paese. Esso riconosce le specificità nazionali in materia di relazioni industriali e dialogo sociale.
La Commissione tiene altresì in debita considerazione altre informazioni che, lo Stato membro interessato considera significative e che tale Stato membro ha inoltrato alla Commissione stessa.
La Commissione effettua il proprio esame approfondito congiuntamente alle missioni di sorveglianza nello Stato membro interessato di cui all’articolo 13.
2. L’esame approfondito della Commissione consiste, fra l’altro, nel valutare se lo Stato membro in questione presenti squilibri e se questi possano costituire squilibri eccessivi. Essa analizza la fonte degli squilibri individuati nel quadro delle circostanze economiche prevalenti, comprese le profonde interazioni commerciali e finanziarie tra gli Stati membri e le ricadute delle politiche economiche nazionali. L’esame analizza gli sviluppi pertinenti connessi alla strategia dell’Unione per la crescita e l’occupazione. Esso considera altresì la pertinenza degli sviluppi economici nell’Unione e nella zona euro nel suo complesso. Lo stesso prende in considerazione in particolare:
a)
se del caso, le raccomandazioni o gli inviti formulati dal Consiglio agli Stati membri presi in esame, adottati in conformità agli articoli 121, 126 e 148 TFUE e agli articoli 6, 7, 8 e 10 del presente regolamento;
b)
le politiche previste dallo Stato membro preso in esame, specificate nel suo programma nazionale di riforma e, ove opportuno, nel suo programma di stabilità e di convergenza;
c)
qualsiasi raccomandazione o allerta indirizzata dal CESR in merito ai rischi sistemici rivolta allo Stato membro preso in esame o rilevante per esso. Occorre osservare il regime di riservatezza del CESR.
3. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio in merito ai risultati dell’esame approfondito e li rende pubblici.
Articolo 6
Misure preventive
1. Qualora, sulla base dell’esame approfondito di cui all’articolo 5, la Commissione ritenga che uno Stato membro presenti degli squilibri, essa ne informa di conseguenza il Parlamento europeo, il Consiglio e l’Eurogruppo. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione e conformemente alla procedura di cui all’articolo 121, paragrafo 2, TFUE, può rivolgere allo Stato membro in questione le necessarie raccomandazioni.
2. Il Consiglio informa il Parlamento europeo della raccomandazione e la rende pubblica.
3. Le raccomandazioni del Consiglio e della Commissione sono pienamente conformi all’articolo 152 TFUE e tengono conto dell’articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
4. Il Consiglio rivede la propria raccomandazione su base annua nel contesto del Semestre europeo e può adattarla in conformità al paragrafo 1.
CAPO III
PROCEDURA PER GLI SQUILIBRI ECCESSIVI
Articolo 7
Avvio della procedura per gli squilibri eccessivi
1. Qualora, sulla base dell’esame approfondito di cui all’articolo 5, la Commissione ritenga che uno Stato membro presenti squilibri eccessivi, essa ne informa di conseguenza il Parlamento europeo, il Consiglio e l’Eurogruppo.
La Commissione informa inoltre le competenti autorità europee di vigilanza e il CESR, che è invitato ad adottare le misure che ritiene necessarie.
2. Su raccomandazione della Commissione il Consiglio può, in conformità all’articolo 121, paragrafo 4, TFUE adottare una raccomandazione che stabilisca l’esistenza di uno squilibrio eccessivo e che raccomandi allo Stato membro interessato l’adozione di misure correttive.
La raccomandazione del Consiglio precisa la natura e le implicazioni degli squilibri e specifica una serie di raccomandazioni strategiche da seguire e il termine entro cui lo Stato membro interessato deve presentare un piano d’azione correttivo. Il Consiglio, in conformità all’articolo 121, paragrafo 4, TFUE può decidere di rendere pubblica la sua raccomandazione.
Articolo 8
Piano d’azione correttivo
1. Ogni Stato membro per il quale sia stata avviata una procedura per gli squilibri eccessivi presenta alla Commissione e al Consiglio un piano d’azione correttivo basato sulla raccomandazione del Consiglio di cui all’articolo 7, paragrafo 2, entro un termine ivi individuato. Il piano d’azione correttivo dispone le misure specifiche che lo Stato membro interessato ha attuato, o intende attuare, e prevede un calendario per la loro esecuzione. Il piano d’azione correttivo tiene conto dell’impatto economico e sociale di queste azioni politiche ed è coerente con gli indirizzi di massima per le politiche economiche e gli orientamenti in materia di occupazione.
2. Entro due mesi dalla presentazione del piano d’azione correttivo e sulla base di una relazione della Commissione, il Consiglio valuta il piano d’azione correttivo. Qualora, sulla base di una raccomandazione della Commissione, il Consiglio consideri il piano di azione sufficiente, lo approva mediante una raccomandazione in cui elenca le misure specifiche necessarie e i termini per la loro adozione e stabilisce un calendario per la sorveglianza che tiene debitamente conto dei canali di trasmissione e del lungo lasso di tempo che può trascorrere tra l’azione correttiva e l’effettiva soluzione degli squilibri.
3. Se, sulla base di una raccomandazione della Commissione, il Consiglio considera le azioni ovvero i termini previsti dal piano di azione correttiva insufficienti, adotta una raccomandazione indirizzata allo Stato membro in cui chiede di presentare un nuovo piano d’azione correttivo, di norma entro due mesi. Il Consiglio esamina il nuovo piano d’azione correttivo conformemente alla procedura di cui al presente articolo.
4. Il piano d’azione correttivo, la relazione della Commissione e la raccomandazione del Consiglio di cui ai paragrafi 2 e 3 sono resi pubblici.
Articolo 9
Monitoraggio delle misure correttive
1. La Commissione vigila sull’attuazione della raccomandazione del Consiglio adottata a norma dell’articolo 8, paragrafo 2. A tal fine, lo Stato membro presenta al Consiglio e alla Commissione, a intervalli regolari, delle relazioni intermedie la cui periodicità è decisa dal Consiglio nella raccomandazione di cui all’articolo 8, paragrafo 2.
2. Il Consiglio rende pubbliche le relazioni intermedie degli Stati membri.
3. La Commissione effettua missioni di sorveglianza rafforzata presso lo Stato membro interessato per controllare l’attuazione del piano d’azione correttivo, insieme alla BCE, qualora tali missioni riguardino Stati membri la cui moneta è l’euro o Stati membri ammessi all’ERM2. La Commissione, qualora opportuno, associa al dialogo le parti sociali e gli altri portatori di interesse nazionali in occasione di tali missioni.
4. In caso di pertinenti cambiamenti sostanziali delle circostanze economiche, il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, può modificare le raccomandazioni adottate ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo la procedura di cui allo stesso articolo. Ove opportuno il Consiglio invita lo Stato membro interessato a presentare un piano d’azione correttivo riveduto, e valuta il piano di azione riveduto secondo la procedura prevista dall’articolo 8.
Articolo 10
Valutazione delle misure correttive
1. Sulla base di una relazione della Commissione, il Consiglio valuta se lo Stato membro interessato ha adottato le misure correttive raccomandate in conformità alla raccomandazione del Consiglio formulata ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2.
2. La Commissione rende pubblica la relazione.
3. Il Consiglio effettua la valutazione entro il termine stabilito dal Consiglio nelle raccomandazioni adottate ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2.
4. Qualora il Consiglio ritenga che lo Stato membro non abbia preso le misure correttive raccomandate, esso, sulla base di una raccomandazione della Commissione, adotta una decisione in cui stabilisce l’inadempimento, assieme ad una raccomandazione che fissa nuovi termini per l’adozione delle misure correttive. In tal caso, il Consiglio informa il Consiglio europeo e sono rese pubbliche le conclusioni delle missioni di sorveglianza di cui all’articolo 9, paragrafo 3.
La raccomandazione della Commissione che stabilisce l’inadempimento si considera adottata dal Consiglio, a meno che quest’ultimo, a maggioranza qualificata, non decida di respingere la raccomandazione entro dieci giorni dalla sua adozione da parte della Commissione. Lo Stato membro interessato può chiedere la convocazione di una riunione del Consiglio entro il suddetto periodo per porre ai voti la decisione in questione.
5. Qualora il Consiglio, sulla base della relazione della Commissione di cui al paragrafo 1, ritenga, che lo Stato membro abbia adottato le misure correttive raccomandate conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, la procedura per gli squilibri eccessivi si considera in corso ed è sospesa. Ciononostante, il monitoraggio prosegue secondo il calendario adottato nella raccomandazione di cui all’articolo 8, paragrafo 2. Il Consiglio rende pubblici i motivi della sospensione della procedura e quelli per cui ritiene adottate le misure correttive specifiche da parte dello Stato membro interessato.
Articolo 11
Chiusura della procedura per gli squilibri eccessivi
Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, abroga le raccomandazioni formulate ai sensi degli articoli 7, 8 o 10 non appena ritiene che lo Stato membro interessato non presenti più gli squilibri eccessivi rilevati nella raccomandazione di cui all’articolo 7, paragrafo 2. Il Consiglio rende una dichiarazione pubblica al riguardo.
Articolo 12
Votazione in seno al Consiglio
Per le misure di cui agli articoli da 7 a 11, il Consiglio delibera senza tener conto del voto del membro del Consiglio che rappresenta lo Stato membro interessato.
CAPO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 13
Missioni di sorveglianza
1. La Commissione garantisce un dialogo permanente con le autorità degli Stati membri conformemente agli obiettivi del presente regolamento. A tal fine la Commissione effettua in particolare missioni allo scopo di valutare la situazione economica nello Stato membro e individuare i rischi o le difficoltà nel rispettare gli obiettivi del presente regolamento.
2. La Commissione può effettuare missioni di sorveglianza rafforzata per gli Stati membri destinatari di raccomandazioni riguardanti la sussistenza di una posizione di squilibrio eccessivo a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, a fini di ispezioni in loco.
3. Qualora lo Stato membro interessato sia uno Stato membro la cui moneta è l’euro o sia ammesso all’ERM2 la Commissione può, se del caso, invitare i rappresentanti della Banca centrale europea a partecipare alle missioni di sorveglianza.
4. La Commissione riferisce al Consiglio sull’esito delle missioni di cui al paragrafo 2 e può, se opportuno, decidere di renderne pubblici i risultati
5. In fase di organizzazione delle missioni di cui al paragrafo 2, la Commissione trasmette le sue conclusioni provvisorie agli Stati membri interessati affinché formulino osservazioni in merito.
Articolo 14
Dialogo economico
1. Al fine di intensificare il dialogo tra le istituzioni dell’Unione, in particolare tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, e garantire nel contempo una maggiore trasparenza e responsabilità, la commissione competente del Parlamento europeo può invitare il presidente del Consiglio, la Commissione nonché, ove opportuno, il presidente del Consiglio europeo o il presidente dell’Eurogruppo, a discutere dinanzi alla commissione stessa i temi seguenti:
a)
informazioni presentate dal Consiglio in merito agli indirizzi di massima per le politiche economiche a norma dell’articolo 121, paragrafo 2, TFUE;
b)
le indicazioni generali date dalla Commissione agli Stati membri all’inizio del ciclo annuale di sorveglianza;
c)
le conclusioni del Consiglio europeo in merito agli orientamenti per le politiche economiche nel contesto del Semestre europeo;
d)
i risultati della sorveglianza multilaterale condotta a norma del presente regolamento;
e)
le conclusioni del Consiglio europeo in merito agli orientamenti e ai risultati della sorveglianza multilaterale;
f)
il riesame dello svolgimento della sorveglianza multilaterale al termine del Semestre europeo;
g)
le raccomandazioni adottate a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, dell’articolo 8, paragrafo 2, e dell’articolo 10, paragrafo 4, del presente regolamento.
2. La commissione competente del Parlamento europeo può offrire la possibilità di partecipare a uno scambio di opinioni allo Stato membro destinatario di una raccomandazione o decisione del Consiglio a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, dell’articolo 8, paragrafo 2, o dell’articolo 10, paragrafo 4.
3. Il Consiglio e la Commissione informano il Parlamento europeo dei risultati conseguiti nell’applicazione del presente regolamento.
Articolo 15
Relazione annuale
La Commissione relaziona annualmente in merito all’applicazione del presente regolamento, incluso l’aggiornamento del quadro di valutazione di cui all’articolo 4. Essa presenta i propri risultati al Parlamento europeo e al Consiglio nel contesto del Semestre europeo.
Articolo 16
Riesame
1. Entro 14 dicembre 2014, e successivamente ogni cinque anni, la Commissione rivede e relaziona sull’applicazione del presente regolamento.
Tali relazioni valutano, tra l’altro:
a)
l’efficacia del presente regolamento;
b)
i progressi realizzati in termini di più stretto coordinamento delle politiche economiche e di convergenza duratura delle prestazioni economiche degli Stati membri in conformità al TFUE.
Ove opportuno, tale relazione è corredata di proposte di modifica del presente regolamento.
2. La Commissione invia le relazioni di cui al paragrafo 1 al Parlamento europeo e al Consiglio.
Articolo 17
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, il 16 novembre 2011
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
W. SZCZUKA
(1) GU C 150 del 20.5.2011, pag. 1.
(2) GU C 218 del 23.7.2011, pag. 53.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 28 settembre 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell’8 novembre 2011.
(4) GU C 73 del 25.3.2006, pag. 21.
(5) Cfr. pagina 8 della presente Gazzetta ufficiale.
(6) Cfr. pagina 12 della presente Gazzetta ufficiale. | Prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici all'interno dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DI QUESTI REGOLAMENTI?
Il regolamento (UE) n. 1176/2011 spiega la procedura per rilevare e correggere gli squilibri macroeconomici. Tale regolamento si applica a tutti i paesi dell’Unione europea (UE).
Il regolamento (UE) n. 1174/2011 stabilisce un meccanismo di applicazione. Questo meccanismo culmina con sanzioni finanziarie per i paesi della zona euro che non rispettano le raccomandazioni relative alla procedura per gli squilibri macroeconomici (PSM) formulate a livello comunitario per rimediare ai loro squilibri eccessivi.
PUNTI CHIAVE
Oltre a monitorare attentamente le politiche di bilancio dei paesi dell'’Unione europea (UE), l'’UE controlla anche le tendenze macrofinanziarie* per individuare, prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici* potenzialmente dannosi e i rischi che potrebbero ostacolare il buon funzionamento dell'’Unione economica e monetaria.
Relazione sul meccanismo di allerta
Ogni anno, la Commissione europea redige la relazione sul meccanismo di allerta che costituisce il punto di partenza del ciclo annuale della PSM. La relazione si basa sulla lettura economica di un quadro di valutazione comprensivo di soglie indicative, ma redige anche altre pertinenti analisi economiche e finanziarie. Essa valuta la situazione dei paesi dell’UE al fine di individuare le tendenze che potrebbero far emergere eventuali squilibri.
Sulla base di tale relazione, la Commissione individua i paesi dell’UE che potrebbero essere interessati da uno squilibrio e per cui è necessaria un’ulteriore analisi. Il Consiglio discute la relazione e adotta le conclusioni.
Esami approfonditi
Per ciascuno dei paesi identificati nella relazione, la Commissione effettua un esame approfondito. Esso determina se esistono squilibri, valuta la loro natura e gravità ed evidenzia le misure correttive e le sfide politiche. Il regolamento prevede tre possibili esiti derivanti da un esame approfondito:
Il paese in questione non è influenzato da alcuno squilibrio. Un paese in questa situazione viene sottoposto ai controlli per gli squilibri macroeconomici ad ogni successiva relazione, continuando allo stesso tempo ad essere soggetto alla sorveglianza multilaterale nell’ambito del semestre europeo.
Il paese in questione è interessato da uno squilibrio. In questo caso, il Consiglio, deliberando su raccomandazione della Commissione, può emettere una serie di raccomandazioni specifiche per paese (RSP) per il paese in questione affinché avvii misure di prevenzione.
Il paese in questione è interessato da uno squilibrio eccessivo. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, può anche formulare una serie di RSP per il paese interessato. In caso di squilibri eccessivi, il Consiglio può intraprendere azioni correttive su raccomandazione della Commissione. L’azione correttiva si trasforma in un procedimento distinto, vale a dire la procedura per gli squilibri eccessivi.
Gli esami approfonditi esaminano varie tendenze nelle economie dei paesi dell’UE, in particolare le tendenze in materia di squilibri esterni (come ad esempio i loro conti con l’estero, le variazioni delle quote di esportazione e i saldi degli investimenti netti) e di squilibri interni (ad esempio in termini di debito pubblico e privato, prezzi delle case, flussi di credito e tasso di disoccupazione).
I risultati degli esami approfonditi sono presi in considerazione dalla Commissione e dal Consiglio attraverso la presentazione di RSP nel contesto del semestre europeo ogni primavera.
Procedura per squilibri eccessivi
Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, può attivare una procedura per squilibri eccessivi per un paese dell’UE che presenta squilibri eccessivi. Il Consiglio adotta una serie di raccomandazioni politiche da seguire e indica un termine al paese dell’UE interessato per la presentazione di un piano d’azione correttivo.
Se le misure e il calendario stabilito dai paesi dell’UE sono soddisfacenti, sono approvati da una raccomandazione del Consiglio che istituisce un programma di monitoraggio.
Se il piano presentato è ritenuto insufficiente, il Consiglio adotta una raccomandazione che invita il paese a presentare un nuovo piano d’azione correttivo entro due mesi.
La Commissione approfondisce la raccomandazione. Tale approfondimento si basa sia sulle relazioni periodiche presentate dal paese che sui risultati delle missioni di monitoraggio. Sulla base della relazione della Commissione, misure di attuazione vengono poi valutate dal Consiglio.
L’aspetto correttivo può essere attivato in qualsiasi momento per il paese dell’UE in cui sono stati individuati squilibri eccessivi.
Sanzioni e ammende in base alla procedura per gli squilibri eccessivi
I paesi della zona euro possono essere soggetti a sanzioni finanziarie qualora ripetutamente presentino piani d’azione correttivi insufficienti o nel caso di mancanza di azioni correttive. In caso di azioni correttive insufficienti, il Consiglio può imporre un deposito fruttifero al paese. Se il paese non riesce ancora ad attuare misure correttive, questo deposito può essere convertito in una ammenda. Il deposito fruttifero o l’ammenda sono pari allo 0,1 % del PIL del paese nel corso dell’anno precedente.
Queste sanzioni penalizzano la reiterata mancanza di azione correttiva, non lo squilibro in sé. Sono considerate approvate a meno che una maggioranza qualificata dei paesi dell’area dell’euro sollevi un parere contrario.
La mancata ottemperanza alla procedura per gli squilibri eccessivi può portare alla sospensione dei Fondi strutturali e d’investimento europei (SIE) a prescindere dalla loro appartenenza alla zona euro.
Semestre europeo 2016
Gli esami approfonditi sono stati pubblicati il 26 febbraio 2016 e integrati nelle relazioni sui singoli paesi della Commissione. I risultati degli esami approfonditi sono riassunti in una comunicazione della Commissione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Entrambi sono applicati dal 13 dicembre 2011.
CONTESTO
Il «6-pack», entrato in vigore nel dicembre 2011, ha introdotto un sistema per la sorveglianza delle politiche economiche, in modo da prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici all’interno dell’UE. Questa sorveglianza è parte del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche.
Per maggiori informazioni consultare:
Procedura per gli squilibri macroeconomici sul sito Internet della Commissione europea;
Comunicato stampa della Commissione europea: la governance economica dell’UE spiegata;
Comunicato stampa della Commissione europea: Semestre europeo 2016: risultati specifici per paese.
* TERMINI CHIAVE
Tendenze macrofinanziarie: sviluppi monetari, fiscali e finanziari a livello macroeconomico (vale a dire all’interno dell’economia di un paese).
Squilibri macroeconomici: quando taluni aspetti dell’economia di un paese sono squilibrati, per esempio: alti livelli di debito pubblico o privato, alto tasso di disoccupazione, scarse esportazioni ecc.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 1174/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 8–11)
Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25–32)
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea e all’Eurogruppo — Semestre europeo 2016: valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del regolamento (UE) n. 1176/2011 [COM(2016) 095 final/2, 7.4.2016] | 14,162 | 1,181 |
32015H0914 | false | RACCOMANDAZIONE (UE) 2015/914 DELLA COMMISSIONE
dell'8 giugno 2015
relativa a un programma di reinsediamento europeo
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 292, quarta frase,
considerando quanto segue:
(1)
Il Consiglio europeo, riunito in sessione straordinaria il 23 aprile 2015, ha ricordato la gravità della situazione nel Mediterraneo e ha espresso la sua determinazione a far sì che l'Unione si adoperi con ogni mezzo a sua disposizione per evitare ulteriori perdite di vite umane in mare e per affrontare le cause profonde dell'emergenza umana. Il Consiglio europeo si è inoltre impegnato a istituire un primo progetto pilota volontario in materia di reinsediamento in tutta l'Unione che offra posti alle persone ammissibili alla protezione (1).
(2)
Nella risoluzione del 29 aprile 2015 il Parlamento europeo invita gli Stati membri a potenziare i loro contributi a favore dei programmi di reinsediamento esistenti e sottolinea la necessità di garantire un accesso sicuro e legale al sistema di asilo dell'Unione (2).
(3)
Attualmente esiste un notevole squilibrio tra Stati membri per quanto riguarda l'impegno a favore del reinsediamento. Solo quindici Stati membri e tre Stati associati hanno un proprio programma di reinsediamento (più un ulteriore Stato membro che ne ha annunciato l'avvio) e tre Stati membri e uno Stato associato hanno provveduto a reinsediare persone su base ad hoc, contrariamente a tutti gli altri che non hanno mai effettuato reinsediamenti.
(4)
Nel 2014 il numero di richiedenti asilo nell'Unione ha raggiunto un picco di 626 000 persone e sono stati reinsediati nell'Unione 6 380 cittadini di paesi terzi bisognosi di protezione internazionale (3). Nel 2013, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il numero dei rifugiati, richiedenti asilo e sfollati in tutto il mondo ha superato i 50 milioni di persone (4).
(5)
Le conclusioni del Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014 riconoscono che «[…] tenendo presenti gli sforzi compiuti dagli Stati membri interessati da flussi migratori, tutti gli Stati membri dovrebbero dare il loro contributo [al reinsediamento] in modo equo ed equilibrato» (5).
(6)
Il 13 maggio 2015 la Commissione ha presentato l'Agenda europea sulla migrazione (6), un documento completo che definisce, fra l'altro, una serie di misure immediate in risposta alla tragedia umana in atto in tutto il Mediterraneo.
(7)
Per evitare che profughi bisognosi di protezione internazionale debbano ricorrere a reti criminali di trafficanti, l'agenda invita l'Unione europea a intensificare gli sforzi di reinsediamento. La Commissione emette dunque la presente raccomandazione in cui propone un programma di reinsediamento dell'UE per offrire 20 000 posti sulla base di una chiave di distribuzione.
(8)
Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare, la chiave di distribuzione e la ripartizione per singolo Stato membro e Stato associato partecipante saranno adeguate di conseguenza.
(9)
Sulla scorta delle discussioni tenutesi nella riunione del 25 novembre 2014 durante il Forum su reinsediamento e ricollocazione, è auspicabile che la chiave di distribuzione si basi sui seguenti elementi: a) popolazione (40 %); b) PIL totale (40 %); c) media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (10 %) e d) tasso di disoccupazione (10 %).
(10)
Le persone da ammettere nell'Unione su un periodo di due anni di applicazione del programma da parte degli Stati membri dovrebbero essere 20 000 in totale. La responsabilità di accogliere tali persone dovrebbe spettare esclusivamente agli Stati partecipanti, in linea con le pertinenti norme internazionali e dell'Unione. Si risponderebbe in tal modo all'appello lanciato dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), che ha esortato i paesi europei a impegnarsi maggiormente nell'accoglienza dei rifugiati con programmi di reinsediamento sostenibili, nell'ambito della campagna dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni e di cinque organizzazioni non governative.
(11)
Nell'individuare le regioni prioritarie è opportuno tener conto della situazione nei paesi vicini e dei flussi migratori attuali, in particolare dei collegamenti con i programmi di sviluppo e protezione regionale nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nel Corno d'Africa.
(12)
È auspicabile fare appello all'esperienza e alla competenza dell'UNHCR e di altri organismi rilevanti, tra cui l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, affinché prestino assistenza nell'attuazione del programma di reinsediamento.
(13)
Andrebbero disposte misure per evitare i movimenti secondari dei reinsediati dallo Stato di reinsediamento verso altri Stati membri e Stati associati partecipanti.
(14)
La Commissione prevede di erogare a favore del programma un contributo supplementare di 50 milioni di EUR nel 2015 e nel 2016 nell'ambito del programma di reinsediamento dell'Unione di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). Per sfruttare al meglio gli incentivi finanziari, la Commissione adeguerà le somme forfettarie e le priorità di reinsediamento previste in quest'ultimo programma con atto delegato, a norma dell'articolo 17, paragrafi 4 e 10, del regolamento (UE) n. 516/2014. Qualora gli Stati associati decidano di partecipare al programma di reinsediamento, non potranno beneficiare di somme forfettarie in forza del regolamento (UE) n. 516/2014 a titolo di compensazione per gli impegni assunti,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
PROGRAMMA EUROPEO DI REINSEDIAMENTO
1.
La Commissione raccomanda che gli Stati membri reinsedino 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sulla base delle condizioni e della chiave di distribuzione di cui alla presente raccomandazione.
DEFINIZIONE E PORTATA DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO
2.
Per «reinsediamento» si intende il trasferimento di singoli profughi con evidente bisogno di protezione internazionale, effettuato su richiesta dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, da un paese terzo in uno Stato membro consenziente, allo scopo di proteggerli dal respingimento e di riconoscere loro il diritto di soggiorno e tutti gli altri diritti analoghi a quelli riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale.
3.
Il programma europeo di reinsediamento dovrebbe riguardare tutti gli Stati membri.
CONTENUTO DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO
4.
Il programma dovrebbe consistere in un impegno europeo unico di 20 000 posti di reinsediamento per le persone da reinsediare. Dovrebbe avere una durata di due anni a decorrere dalla data di adozione della raccomandazione.
5.
Il totale dei posti di reinsediamento offerti andrebbe ripartito tra gli Stati membri in base alla chiave di distribuzione di cui all'allegato. Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare al programma, la chiave di distribuzione cambierebbe di conseguenza.
6.
Le regioni prioritarie per il reinsediamento dovrebbero ricomprendere il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d'Africa, con particolare attenzione ai paesi di attuazione dei programmi di sviluppo e protezione regionale.
7.
Gli Stati membri e gli Stati associati partecipanti dovrebbero conservare la responsabilità delle singole decisioni di ammissione, previ controlli medici e di sicurezza adeguati, mentre all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati spetterebbe la responsabilità di valutare i candidati al reinsediamento nelle regioni prioritarie e di presentare proposte per il reinsediamento negli Stati membri e negli Stati associati partecipanti.
8.
Allorché una persona reinsediata è ammessa nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato partecipante, detto Stato dovrebbe provvedere a espletare una procedura formale di protezione internazionale, anche rilevando le impronte digitali, rapidamente e in conformità alla normativa vigente, in particolare al regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), alla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), alla direttiva 2005/85/CE del Consiglio (10), alla direttiva 2003/9/CE del Consiglio (11) e, a partire dal 20 luglio 2015, alle direttive 2013/32/UE (12) e 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (13).
9.
Al termine di tale processo, se uno Stato membro riconosce la protezione internazionale o uno status di protezione nazionale a un reinsediato, questi dovrebbe beneficiare, nello Stato membro di reinsediamento, dei diritti riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE o di diritti analoghi garantiti dalla legislazione nazionale. In tale contesto la libera circolazione all'interno dell'Unione soggiacerebbe alle medesime condizioni e restrizioni che si applicano ai cittadini di paesi terzi legalmente residenti negli Stati membri. Nel caso della partecipazione di Stati associati, si applicherebbe la legislazione nazionale equivalente.
10.
I candidati al reinsediamento dovrebbero essere informati dei loro diritti e obblighi, nell'ambito del programma di reinsediamento nonché a norma della pertinente legislazione nazionale e dell'Unione in materia di asilo, prima di essere ammessi nel territorio degli Stati membri o degli Stati associati partecipanti, in particolare delle conseguenze di movimenti successivi all'interno dell'Unione e/o degli Stati associati partecipanti e del fatto che sono legittimati solo ai diritti collegati allo status di protezione internazionale o nazionale nello Stato di reinsediamento.
11.
I reinsediati che entrano nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato diverso dallo Stato di reinsediamento senza autorizzazione, in attesa dell'espletamento della procedura formale di protezione internazionale o dopo il riconoscimento della protezione internazionale, dovrebbero essere rinviati nello Stato di reinsediamento in conformità al combinato disposto del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (14) e della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15).
12.
È opportuno che l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo partecipi effettivamente all'attuazione del programma, in particolare per dare un sostegno speciale agli Stati membri e agli Stati associati partecipanti e soprattutto a quelli che non hanno esperienza di reinsediamento. L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo dovrebbe monitorare l'attuazione del programma e riferire periodicamente sulla sua attuazione.
13.
È opportuno prevedere una dotazione finanziaria a favore degli Stati membri, proporzionale al numero di reinsediati nel loro territorio e in conformità alle somme forfettarie di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014, adeguate dal regolamento delegato (UE) n. xxx/2015 (16).
DESTINATARI
14.
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, l'8 giugno 2015
Per la Commissione
Dimitris AVRAMOPOULOS
Membro della Commissione
(1) Punto 3, lettera q), della dichiarazione del Consiglio europeo del 23 aprile 2015, EUCO 18/15.
(2) Punti 8 e 10 della risoluzione del Parlamento europeo del 29 aprile 2015, 2015/2660 (RSP).
(3)
Fonte: Eurostat.
(4)
Fonte: Global Trend 2013 Report, UNHCR
(5) Conclusioni del Consiglio «Adoperarsi per una migliore gestione dei flussi migratori», Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014.
(6) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Agenda europea sulla migrazione, 13 maggio 2015 COM(2015) 240 final.
(7) Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 168).
(8) Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (rifusione) (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 1).
(9) Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9).
(10) Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13).
(11) Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18).
(12) Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 60).
(13) Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 96).
(14) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 31).
(15) Articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98).
(16) Da presentare.
ALLEGATO
Stati membri
Chiave
(%)
Ripartizione
Austria
2,22
444
Belgio
2,45
490
Bulgaria
1,08
216
Croazia
1,58
315
Cipro
0,34
69
Repubblica ceca
2,63
525
Danimarca
1,73
345
Estonia
1,63
326
Finlandia
1,46
293
Francia
11,87
2 375
Germania
15,43
3 086
Grecia
1,61
323
Ungheria
1,53
307
Irlanda
1,36
272
Italia
9,94
1 989
Lettonia
1,10
220
Lituania
1,03
207
Lussemburgo
0,74
147
Malta
0,60
121
Paesi Bassi
3,66
732
Polonia
4,81
962
Portogallo
3,52
704
Romania
3,29
657
Slovacchia
1,60
319
Slovenia
1,03
207
Spagna
7,75
1 549
Svezia
2,46
491
Regno Unito
11,54
2 309
La chiave si basa sui seguenti criteri (1)
(2):
a)
la popolazione (dati 2014, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la capacità di uno Stato membro di assorbire un determinato numero di rifugiati;
b)
PIL totale (dati 2013, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la ricchezza in termini assoluti di un paese e pertanto la capacità di un'economia di assorbire e integrare rifugiati;
c)
media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia gli sforzi compiuti dagli Stati membri negli ultimi anni;
d)
tasso di disoccupazione (dati 2014, ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia la capacità di integrare i rifugiati.
(1) I calcoli si basano sui dati statistici forniti da Eurostat (consultati l'8 aprile 2015).
(2) Le percentuali sono state calcolate al quinto decimale e arrotondate per eccesso o per difetto al secondo decimale per la presentazione nella tabella; la ripartizione numerica è stata calcolata sulla base delle cifre complete al quinto decimale. | Programma europeo di reinsediamento dei rifugiati
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Questa raccomandazione relativa a un programma di reinsediamento* fa parte di una prima serie di misure che rientrano nell’Agenda europea sulla migrazione, presentata dalla Commissione europea nel maggio 2015.
Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a reinsediare 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sul proprio territorio e a offrire loro forme di protezione internazionale, come ad esempio lo status di rifugiato, al fine di evitare che questi profughi debbano ricorrere ai trafficanti per raggiungere l’UE.
PUNTI CHIAVE
Che cos’è una misura di reinsediamento?
Il reinsediamento è il processo mediante il quale, dietro proposta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), i profughi bisognosi di protezione internazionale vengono trasferiti da un paese extra UE e stabiliti in un paese dell’UE con una forma di protezione legale. Ciascun paese dell’UE rimane responsabile per le singole decisioni di ammissione.
Il reinsediamento non va confuso con le misure di ricollocazione*, sempre proposte dall’Agenda sulla migrazione, che fornisce un meccanismo di distribuzione delle persone bisognose di protezione internazionale all’interno dell’UE.
Le regioni prioritarie di origine delle persone da reinsediare nell’UE nel quadro di questa raccomandazione includono il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d’Africa.
Chiave di distribuzione
I posti di reinsediamento devono essere distribuiti tra i paesi dell’UE in funzione di una chiave di distribuzione basata sui seguenti criteri:
il prodotto interno lordo del paese dell’UE, per valutare la sua capacità economica di ospitare rifugiati (40 %);
la popolazione, per considerare la sua capacità di assorbire un determinato numero di rifugiati (40 %);
il tasso di disoccupazione, come indicatore della sua capacità di integrare rifugiati (10 %);
il numero di richieste di asilo presentate in passato e il numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti tra il 2010 e il 2014, dati che rispecchiano gli sforzi fatti dal paese dell’UE nel passato recente (10 %).
Sulla base di questa chiave, la Germania reinsedierà il maggior numero di persone (3 086 ovvero il 15,4 %), seguita da Francia (2 375 ovvero l’11,8 %), Regno Unito (2 309 ovvero l’11,5 %) e Italia (1 989 ovvero il 9,9 %).
Dotazione finanziaria
Per supportare questo programma, verranno utilizzati altri 50 milioni di EUR del bilancio UE per il 2015. Verranno aggiunti altri fondi dal programma UE di reinsediamento (distribuiti uniformemente tra il 2015 e il 2016) dallo speciale Fondo Asilo, migrazione e integrazione.
Attuazione
La partecipazione al programma di reinsediamento è volontaria. Ai paesi dell’UE è stato richiesto di rispettare i posti di reinsediamento consigliati entro settembre 2015.
L’UNHCR e altre organizzazioni coinvolte assisteranno l’UE nell’attuazione del programma (con misure quali l’identificazione e il trasferimento dei richiedenti asilo). Anche l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo verrà coinvolto nel programma.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE?
La durata proposta per il programma è pari a due anni a partire dalla data di adozione della raccomandazione (8 giugno 2015).
CONTESTO
A seguito di varie tragedie nelle quali hanno perso la vita migliaia di persone cercando di raggiungere le coste europee del Mediterraneo, l’UE ha messo a punto una risposta congiunta alla migrazione.
Nel maggio 2015, la Commissione ha presentato l’Agenda UE sulla migrazione, che istituisce un approccio completo comprensivo di un primo pacchetto di misure di attuazione, ovvero:
questo schema di reinsediamento per 20 000 persone provenienti da paesi extra UE;
la ricollocazione di 40 000 richiedenti asilo a vantaggio di Italia e Grecia;
un piano d’azione sul traffico di migranti;
l’attuazione delle operazioni in mare Triton e Poseidon, dirette da Frontex, per salvare più vite nel Mar Mediterraneo.
Questa raccomandazione ha preceduto un incontro sulle Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, tenutosi il 20 luglio 2015 per reinsediare, attraverso programmi multilaterali e nazionali, 22 504 persone bisognose di protezione internazionale. I posti di reinsediamento sono stati distribuiti tra i paesi dell’UE e Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, in base agli impegni indicati nell’allegato alle conclusioni e non in funzione della chiave di distribuzione esposta nella raccomandazione.
La Commissione ha proposto un’ulteriore serie di misure sulla migrazione nel settembre 2015. Queste comprendono una proposta di ricollocazione d’emergenza per 120 000 persone bisognose di protezione (da Grecia, Ungheria e Italia) e un meccanismo permanente di gestione delle crisi di ricollocazione per tutti i paesi dell’UE.
Per maggiori informazioni, si veda:
Migrazione - Kit per la stampa;
Scheda descrittiva sulla ricollocazione e il reinsediamento nell’UE.
* TERMINI CHIAVE
Reinsediamento: programma attraverso il quale i paesi dell’UE forniscono protezione internazionale e una soluzione a lungo termine nei propri territori ai rifugiati e ai profughi. L’UNHCR identifica queste persone come idonee per il reinsediamento con l’intento di garantire loro lo status legale di rifugiati. I paesi dell’UE rimangono responsabili per le singole decisioni di ammissione.
Ricollocazione: il trasferimento di persone che hanno bisogno, o che stanno già usufruendo di una forma di protezione internazionale in un paese dell’UE, verso un altro paese dell’UE in cui possano ottenere un livello di protezione simile. La ricollocazione è una misura di solidarietà dell’UE concepita per aiutare i paesi dell’UE che si trovano a dovere far fronte a un grande flusso di richiedenti asilo o rifugiati.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione (UE) 2015/914 della Commissione, dell’8 giugno 2015, relativa a un programma di reinsediamento europeo (GU L 148 del 13.6.2015, pag. 32-37)
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Agenda europea sulla migrazione [COM(2015) 240 final del 13.5.2015] | 7,634 | 396 |
32013Q1130(01) | false | Accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo e la Banca centrale europea sulle modalità pratiche dell’esercizio della responsabilità democratica e della supervisione sull’esecuzione dei compiti attribuiti alla Banca centrale europea nel quadro del meccanismo di vigilanza unico
(2013/694/UE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E LA BANCA CENTRALE EUROPEA,
—
visto il trattato sull’Unione europea,
—
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 127, paragrafo 6,
—
visto il regolamento del Parlamento, in particolare l’articolo 127, paragrafo 1,
—
visto il regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (1), in particolare l’articolo 20, paragrafi 8 e 9,
—
vista la dichiarazione congiunta del presidente del Parlamento europeo e del presidente della Banca centrale europea, in occasione della votazione del Parlamento per l’adozione del regolamento (UE) n. 1024/2013,
A.
considerando che il regolamento (UE) n. 1024/2013 attribuisce alla Banca centrale europea (BCE) compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi, al fine di contribuire alla sicurezza e alla solidità degli enti creditizi e alla stabilità del sistema finanziario all’interno dell’Unione europea e di ciascuno Stato membro partecipante al meccanismo di vigilanza unico (MVU).
B.
considerando che l’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1024/2013 stabilisce che la BCE è l’autorità competente per lo svolgimento dei compiti di vigilanza che le sono attribuiti da tale regolamento.
C.
considerando che l’attribuzione di compiti di vigilanza implica per la BCE la responsabilità significativa di contribuire alla stabilità finanziaria nell’Unione, facendo ricorso nel modo più efficace e proporzionato possibile ai propri poteri di vigilanza.
D.
considerando che l’attribuzione di poteri di vigilanza a livello dell’Unione dovrebbe essere bilanciata da appositi obblighi di responsabilità; che a norma dell’articolo 20 del regolamento (UE) n. 1024/2013, la BCE risponde pertanto dell’attuazione di tale regolamento al Parlamento e al Consiglio quali istituzioni democraticamente legittimate a rappresentare i cittadini dell’Unione e gli Stati membri.
E.
considerando che l’articolo 20, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1024/2013 stabilisce che la BCE cooperi lealmente alle indagini svolte dal Parlamento, nel rispetto del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
F.
considerando che l’articolo 20, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1024/2013 prevede che, su richiesta, il presidente del Consiglio di vigilanza della BCE proceda a discussioni orali, riservate, a porte chiuse con il presidente e i vicepresidenti delle competenti commissioni del Parlamento europeo riguardo i compiti di vigilanza della BCE, qualora tali discussioni siano richieste per l’esercizio dei poteri del Parlamento europeo ai sensi del TFUE; considerando che tale articolo stabilisce che le disposizioni relative all’organizzazione di tali discussioni garantiscano piena riservatezza conformemente agli obblighi di riservatezza imposti alla BCE in qualità di autorità competente ai sensi del pertinente diritto dell’Unione.
G.
considerando che l’articolo 15, paragrafo 1, TFUE prevede che le istituzioni dell’Unione operino nel modo più trasparente possibile; che le condizioni in base alle quali un documento della BCE è considerato riservato sono stabilite nella decisione 2004/258/CE della BCE (BCE/2004/3) (2); che tale decisione prevede che qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risiede o che ha la propria sede legale in uno Stato membro ha diritto di accedere ai documenti della BCE, alle condizioni e nei limiti definiti nella decisione; considerando che in conformità di detta decisione, la BCE debba rifiutarsi di divulgare informazioni qualora taluni interessi specifici pubblici o privati possano essere compromessi in seguito a tale diffusione.
H.
considerando che la divulgazione di informazioni relative alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi non è a discrezione della BCE, ma è soggetta ai limiti ed alle condizioni stabiliti dal pertinente diritto dell’Unione cui sono soggetti sia il Parlamento sia la BCE; considerando che ai sensi dell’articolo 37.2 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della BCE (lo «statuto del SEBC»), le persone che hanno accesso ai dati coperti da una normativa dell’Unione che imponga uno specifico obbligo di riservatezza sono soggette all’applicazione di tali norme.
I.
considerando che il considerando 55 del regolamento (UE) n. 1024/2013 specifica che tutti gli obblighi di comunicazione nei confronti del Parlamento dovrebbero essere vincolati al pertinente segreto professionale; che il considerando 74 e l’articolo 27, paragrafo 1, di tale regolamento prevedono che i membri del Consiglio di vigilanza, del comitato direttivo, il personale della BCE e il personale distaccato dagli Stati membri partecipanti con incarichi di vigilanza sono vincolati al segreto professionale, previsto all’articolo 37 dello statuto del SEBC e dai pertinenti atti del diritto unionale; considerando che l’articolo 339 TFUE e l’articolo 37 dello statuto del SEBC prevedono che i membri degli organi direttivi e il personale della BCE e delle banche centrali nazionali sono vincolati dall’obbligo del segreto professionale.
J.
considerando che ai sensi dell’articolo 10.4 dello statuto del SEBC, le riunioni del Consiglio direttivo della BCE hanno carattere di riservatezza.
K.
considerando che l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1024/2013 stabilisce che, ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile dal presente regolamento, la BCE applica tutto il pertinente diritto dell’Unione e, se tale diritto dell’Unione è composto da direttive, la legislazione nazionale di recepimento di tali direttive.
L.
considerando che, fatte salve future modifiche o qualsiasi pertinente normativa futura, le disposizioni del diritto dell’Unione relative al trattamento di informazioni ritenute riservate, in particolare gli articoli da 53 a 62 della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), impongono severi obblighi di segreto professionale alle autorità competenti e al loro personale per la vigilanza degli enti creditizi; considerando che tutte le persone che esercitano o hanno esercitato un’attività per conto delle autorità competenti sono vincolate dall’obbligo del segreto professionale; che le informazioni riservate che tali persone ricevono nell’esercizio delle loro funzioni possono essere comunicate soltanto in forma sommaria o aggregata, cosicché non si possano individuare i singoli enti creditizi, salvo che nei casi contemplati dal diritto penale.
M.
considerando che l’articolo 27, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1024/2013 prevede che, ai fini dell’assolvimento dei compiti attribuitile da tale regolamento, la BCE è autorizzata, nei limiti e alle condizioni fissati dal pertinente diritto dell’Unione, a scambiare informazioni con le autorità e gli organi nazionali o unionali nei casi in cui il pertinente diritto dell’Unione consente alle autorità nazionali competenti di divulgare informazioni a detti soggetti o nei casi in cui gli Stati membri possono prevedere la divulgazione ai sensi del pertinente diritto dell’Unione.
N.
considerando che la violazione degli obblighi di segreto professionale in relazione ad informazioni in materia di vigilanza dovrebbe comportare sanzioni adeguate; che il Parlamento dovrebbe fornire un quadro appropriato per il trattamento dei casi di violazione dell’obbligo di riservatezza da parte dei deputati o del suo personale.
O.
considerando che la separazione organizzativa tra il personale della BCE incaricato di svolgere i compiti di vigilanza della Banca ed il personale con mansioni di politica monetaria deve essere tale da garantire il pieno rispetto del regolamento (UE) n. 1024/2013.
P.
considerando che il presente accordo non si applica allo scambio di informazioni riservate concernenti la politica monetaria o altri compiti della BCE che non rientrano tra i compiti conferiti alla BCE dal regolamento (UE) n. 1024/2013.
Q.
considerando che il presente regolamento lascia impregiudicata la responsabilità delle autorità nazionali competenti nei confronti dei parlamenti nazionali conformemente al diritto nazionale.
R.
considerando che il presente regolamento non riguarda né pregiudica la responsabilità e gli obblighi di comunicazione dell’MVU nei confronti del Consiglio, della Commissione o dei parlamenti nazionali,
CONVENGONO QUANTO SEGUE:
I. RESPONSABILITÀ, ACCESSO ALLE INFORMAZIONI, RISERVATEZZA
1. Relazioni
—
Ogni anno la BCE presenta al Parlamento una relazione («relazione annuale») sull’esecuzione dei compiti che le sono conferiti ai sensi del regolamento (UE) n. 1024/2013. Il presidente del Consiglio di vigilanza presenta la relazione annuale al Parlamento nel corso di un’audizione pubblica. Il progetto di relazione annuale è messo a disposizione del Parlamento in via confidenziale in una delle lingue ufficiali dell’Unione quattro giorni lavorativi prima dell’audizione. Le traduzioni in tutte le lingue ufficiali dell’Unione sono rese disponibili successivamente. La relazione annuale concerne, tra l’altro:
i)
l’esecuzione dei compiti di vigilanza;
ii)
la condivisione dei compiti con le autorità nazionali di vigilanza;
iii)
la cooperazione con altre autorità competenti nazionali o dell’Unione;
iv)
la separazione tra politica monetaria e compiti di vigilanza;
v)
l’evoluzione della struttura di vigilanza e dell’organico, incluso il numero e la provenienza nazionale degli esperti nazionali distaccati;
vi)
l’applicazione del codice di condotta;
vii)
il metodo di calcolo e l’importo dei contributi per le attività di vigilanza;
viii)
il bilancio destinato ai compiti di vigilanza;
ix)
l’esperienza in materia di segnalazioni sulla base dell’articolo 23 del regolamento (UE) n. 1024/2013 (segnalazione di violazioni).
—
Durante la fase di avvio di cui all’articolo 33, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1024/2013, la BCE trasmette al Parlamento relazioni trimestrali sui progressi conseguiti nell’attuazione operativa del regolamento, riguardanti tra l’altro:
i)
la preparazione interna, le attività organizzative e di pianificazione;
ii)
le disposizioni pratiche stabilite al fine di adempiere all’obbligo di separare la politica monetaria e le funzioni di vigilanza;
iii)
la cooperazione con altre autorità competenti nazionali o dell’Unione;
iv)
gli eventuali ostacoli incontrati dalla BCE nella preparazione dei propri compiti di vigilanza;
v)
eventuali questioni di rilievo o modifiche concernenti il codice di condotta.
—
La BCE pubblica la relazione annuale sul sito web dell’MVU. La newsletter della BCE (information e-mail hotline) sarà ampliata al fine di includere questioni specifiche concernenti l’MVU e la BCE predisporrà una sezione dedicata alle domande frequenti sul sito dell’MVU, sulla base delle reazioni ricevute per posta elettronica.
2. Audizioni e discussioni orali riservate
—
Il presidente del Consiglio di vigilanza partecipa ad audizioni pubbliche ordinarie sull’esecuzione dei compiti di vigilanza, su richiesta della commissione competente del Parlamento. La commissione competente del Parlamento e la BCE stabiliscono di comune accordo un calendario per tali due audizioni da tenersi nel corso dell’anno successivo. Eventuali richieste di modifica al calendario concordato devono essere presentate per iscritto.
—
Il presidente del Consiglio di vigilanza può inoltre essere invitato a partecipare ad ulteriori scambi di opinioni ad hoc su questioni relative alla vigilanza con la commissione competente del Parlamento.
—
Ove necessario ai fini dell’esercizio dei poteri del Parlamento ai sensi del TFUE e del diritto unionale, il presidente della commissione competente può richiedere riunioni speciali riservate con il presidente del Consiglio di vigilanza, per iscritto e motivando la propria richiesta. Tali riunioni si tengono ad una data stabilita di comune accordo.
—
Tutti i partecipanti alle riunioni speciali riservate sono soggetti ad obblighi di riservatezza equivalenti a quelli che si applicano ai membri del Consiglio di vigilanza ed al personale della BCE con compiti di vigilanza.
—
Su richiesta motivata da parte del presidente del Consiglio di vigilanza o del presidente della commissione competente del Parlamento, e di comune accordo, alle audizioni ordinarie, agli scambi di opinioni ad hoc e alle riunioni riservate possono assistere rappresentanti della BCE nel Consiglio di vigilanza o personale di grado elevato con compiti di vigilanza (direttori generali e direttori generali aggiunti).
—
Il principio di trasparenza delle istituzioni dell’Unione sancito dal TFUE si applica all’MVU. Le discussioni nel quadro delle riunioni speciali riservate seguono il principio di trasparenza ed esplicitazione delle circostanze del caso. Ciò implica uno scambio di informazioni riservate concernenti l’esecuzione dei compiti di vigilanza, entro i limiti stabiliti dal diritto dell’Unione. La divulgazione di tali informazioni può essere limitata dai vincoli di riservatezza previsti dalla legge.
—
Il personale impiegato dal Parlamento e dalla BCE non può divulgare le informazioni acquisite nel corso delle proprie attività relative ai compiti conferiti alla BCE ai sensi del regolamento (UE) n. 1024/2013, nemmeno dopo la cessazione di tali attività o dopo aver lasciato tale occupazione.
—
Le audizioni ordinarie, gli scambi di opinioni ad hoc e le riunioni riservate possono riguardare tutti gli aspetti dell’attività e del funzionamento dell’MVU coperti dal regolamento (UE) n. 1024/2013.
—
Non sono redatti verbali delle riunioni riservate, né sono eseguite altre registrazioni delle stesse. Non sono rilasciate dichiarazioni alla stampa o ad altri mezzi di comunicazione. Ogni partecipante alle discussioni riservate firma ogni volta una dichiarazione solenne con la quale si impegna a non divulgare il contenuto di tali discussioni a terzi.
—
Solo il presidente del Consiglio di vigilanza e il presidente e i vicepresidenti della commissione competente del Parlamento possono assistere alle riunioni riservate. Sia il presidente del Consiglio di vigilanza sia il presidente e i vicepresidenti della commissione competente del Parlamento possono essere accompagnati da due membri del personale della BCE e del segretariato del Parlamento, rispettivamente.
3. Risposte alle interrogazioni
—
La BCE risponde per iscritto alle interrogazioni scritte che le sono rivolte dal Parlamento. Tali interrogazioni sono trasmesse al presidente del Consiglio di vigilanza attraverso il presidente della commissione competente del Parlamento. La risposta alle interrogazioni è fornita nel più breve tempo possibile e comunque entro cinque settimane dalla loro trasmissione alla BCE.
—
Sia la BCE che il Parlamento dedicano una sezione specifica del proprio sito web alle interrogazioni ed alle risposte di cui sopra.
4. Accesso alle informazioni
—
La BCE fornisce alla commissione competente del Parlamento europeo almeno un resoconto completo e pertinente dei lavori del Consiglio di vigilanza ai fini della comprensione dei dibattiti, compreso un elenco commentato delle decisioni. In caso di obiezione da parte del Consiglio direttivo a un progetto di decisione del Consiglio di vigilanza ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1024/2013, il presidente della BCE comunica al presidente della commissione competente del Parlamento i motivi di tale obiezione, in linea con gli obblighi di riservatezza di cui al presente accordo.
—
In caso di liquidazione di un ente creditizio, le informazioni non riservate concernenti tale ente creditizio sono divulgate a posteriori, una volta che tutte le restrizioni alla fornitura di informazioni rilevanti risultanti dagli obblighi di riservatezza abbiano cessato di applicarsi.
—
I contributi di vigilanza e un’illustrazione del relativo metodo di calcolo sono pubblicati sul sito web della BCE.
—
La BCE pubblica sul suo sito web una guida relativa alle proprie prassi di vigilanza.
5. Salvaguardia delle informazioni e dei documenti classificati della BCE
—
Il Parlamento applica garanzie e misure corrispondenti al livello di sensibilità delle informazioni o dei documenti della BCE e ne informa quest’ultima. In ogni caso, le informazioni o i documenti divulgati saranno utilizzati esclusivamente ai fini per i quali erano stati forniti.
—
Il Parlamento cerca il consenso della BCE per qualsiasi divulgazione ad ulteriori persone o istituzioni e le due istituzioni cooperano in qualsiasi procedimento giudiziario, amministrativo o di altra natura nell’ambito del quale si richieda l’accesso a tali informazioni o documenti. La BCE può chiedere al Parlamento, in relazione a tutte o ad alcune categorie di informazioni o di documenti forniti, di stilare un elenco delle persone aventi accesso a tali informazioni e documenti.
II. PROCEDURE DI SELEZIONE
—
La BCE definisce e rende pubblici i criteri di selezione per la nomina del presidente del Consiglio di vigilanza, indicando il peso attributo alle competenze, alla conoscenza degli enti e dei mercati finanziari ed alle esperienze in materia di vigilanza finanziaria e vigilanza macroprudenziale. Nel definire tali criteri, la BCE mira ai più elevati standard professionali e tiene conto della necessità di tutelare gli interessi dell’Unione nel suo complesso e la diversità nella composizione del Consiglio di vigilanza.
—
La commissione competente del Parlamento è informata due settimane prima che il Consiglio direttivo della BCE pubblichi l’avviso di posto vacante in merito ai dettagli, compresi i criteri di selezione e la descrizione del profilo professionale specifico, della «procedura di selezione aperta» che il Consiglio direttivo intende applicare per la selezione del presidente.
—
Il Consiglio direttivo della BCE informa la commissione competente del Parlamento in merito alla composizione del gruppo di candidati all’incarico di presidente (numero di candidature, combinazione di capacità professionali, equilibrio di genere e nazionalità ecc.) nonché al metodo utilizzato per valutare i candidati al fine di stilare un elenco ristretto di almeno due candidati preselezionati ed eventualmente definire una proposta di nomina da parte della BCE.
—
La BCE trasmette alla commissione competente del Parlamento l’elenco ristretto di candidati preselezionati per ricoprire l’incarico di presidente del Consiglio di vigilanza. La BCE fornisce tale elenco almeno tre settimane prima di presentare la propria proposta di nomina per l’incarico di presidente.
—
La commissione competente del Parlamento può presentare interrogazioni alla BCE per quanto riguarda i criteri di selezione e l’elenco ristretto di candidati preselezionati entro una settimana dalla ricezione della lista. La BCE risponde per iscritto alle interrogazioni entro due settimane.
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La procedura di approvazione comprende le fasi seguenti:
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la BCE comunica al Parlamento le proprie proposte di nomina per l’incarico di presidente e vicepresidente, corredate di un’esposizione scritta dei motivi alla base della selezione;
—
la commissione competente del Parlamento procede a un’audizione pubblica dei candidati proposti per l’incarico di presidente e di vicepresidente del Consiglio di vigilanza;
—
il Parlamento decide in merito all’approvazione della nomina del candidato proposto dalla BCE per ricoprire l’incarico di presidente e vicepresidente mediante una votazione in seno alla commissione competente e in plenaria. Il Parlamento cerca, compatibilmente con il proprio calendario, di adottare tale decisione entro sei settimane dalla proposta.
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Se la proposta di nomina del presidente non è approvata, la BCE può decidere di attingere dalla lista di candidati che avevano inizialmente inviato la propria candidatura per l’incarico oppure di ripetere la procedura di selezione, redigendo e pubblicando un nuovo avviso di posto vacante.
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La BCE presenta al Parlamento qualsiasi proposta di destituire il presidente o il vicepresidente dall’incarico e ne illustra i motivi.
—
La procedura di approvazione comprende:
—
una votazione in seno alla commissione competente del Parlamento su una proposta di risoluzione; e
—
una votazione in plenaria per approvare o respingere detta risoluzione.
—
Qualora il Parlamento o il Consiglio comunichino alla BCE di ritenere che le condizioni per la destituzione del presidente o del vicepresidente del Consiglio di vigilanza siano rispettate ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1024/2013, la BCE trasmette le proprie osservazioni per iscritto entro un termine di quattro settimane.
III. INCHIESTE
—
Qualora il Parlamento costituisca una commissione di inchiesta, ai sensi dell’articolo 226 TFUE e della decisione 95/167/CE, Euratom, CECA del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (4), la BCE, ai sensi del diritto dell’Unione, assiste la commissione di inchiesta nello svolgimento dei suoi compiti in conformità del principio di cooperazione leale.
—
Tutte le attività di una commissione di inchiesta a cui la BCE fornisca assistenza si svolgono nel quadro della decisione 95/167/CE, Euratom, CECA.
—
La BCE coopera lealmente alle indagini svolte dal Parlamento europeo di cui all’articolo 20, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1024/2013, entro lo stesso quadro che si applica alle commissioni di inchiesta e sotto la stessa tutela della riservatezza quale prevista nel presente accordo per le riunioni orali riservate (I.2.).
—
Tutti i destinatari delle informazioni fornite al Parlamento nel contesto delle indagini sono soggetti ad obblighi di riservatezza equivalenti a quelli che si applicano ai membri del Consiglio di vigilanza ed al personale di vigilanza della BCE ed il Parlamento e la BCE stabiliscono di comune accordo le misure da attuare per garantire la protezione di tali informazioni.
—
Qualora la protezione di un interesse pubblico o privato riconosciuto dalla decisione 2004/258/CE richieda che sia mantenuta la riservatezza, il Parlamento assicura che tale protezione sia rispettata e non divulga il contenuto di tali informazioni.
—
I diritti e gli obblighi delle istituzioni e degli organi dell’Unione quali stabiliti nella decisione 95/167/CE, Euratom, CECA si applicano, mutatis mutandis, alla BCE.
—
L’eventuale sostituzione della decisione 95/167/CE, Euratom, CECA mediante un altro atto giuridico o la sua modifica implicano una rinegoziazione della parte III del presente accordo. Finché un nuovo accordo sulle rispettive parti non sia stato raggiunto, il presente accordo resta valido, compresa la decisione 95/167/CE, Euratom, CECA nella sua versione alla data della firma del presente accordo.
IV. CODICE DI CONDOTTA
—
Prima dell’adozione del codice di condotta di cui all’articolo 19, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1024/2013, la BCE informa la commissione competente del Parlamento sui principali elementi del codice di condotta proposto.
—
Su richiesta scritta della commissione competente del Parlamento, la BCE informa il Parlamento per iscritto in merito all’applicazione del codice di condotta. La BCE informa altresì il Parlamento della necessità di aggiornamenti del codice di condotta.
—
Il codice di condotta tratta questioni in materia di conflitti di interesse e garantisce il rispetto delle norme sulla separazione tra funzioni di vigilanza e funzioni di politica monetaria.
V. ADOZIONE DI ATTI DA PARTE DELLA BCE
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La BCE informa debitamente la commissione competente del Parlamento in merito alle procedure (incluso il calendario) che ha stabilito per l’adozione di regolamenti, decisioni, indirizzi e raccomandazioni della BCE («atti»), che sono soggetti a consultazioni pubbliche ai sensi del regolamento (UE) n. 1024/2013.
—
La BCE informa in particolare la commissione competente del Parlamento sui principi e i tipi di indicatori o di informazioni che utilizza generalmente per elaborare atti e raccomandazioni sulle politiche al fine di rafforzarne la trasparenza e la coerenza.
—
La BCE trasmette alla commissione competente del Parlamento i progetti di atti prima dell’inizio della procedura di consultazione pubblica. Qualora il Parlamento presenti osservazioni in relazione agli atti, queste ultime possono essere oggetto di uno scambio di opinioni con la BCE. Tali scambi di opinioni, di natura informale, si svolgono parallelamente alle consultazioni pubbliche aperte che la BCE effettua in conformità dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1024/2013.
—
Una volta che la BCE ha adottato un atto lo trasmette alla commissione competente del Parlamento. La BCE informa altresì regolarmente il Parlamento per iscritto in merito alla necessità di aggiornare gli atti adottati.
VI. DISPOSIZIONI FINALI
1.
L’attuazione pratica del presente accordo è valutata dalle due istituzioni ogni tre anni.
2.
Il presente accordo entra in vigore alla data di entrata in vigore del regolamento (UE) n. 1024/2013 oppure il giorno successivo alla firma del presente accordo, se posteriore.
3.
Gli obblighi in materia di riservatezza delle informazioni mantengono carattere vincolante per le due istituzioni anche dopo la cessazione del presente accordo.
4.
Il presente accordo è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Francoforte sul Meno e a Bruxelles il 6 novembre 2013
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per la Banca centrale europea
Il presidente
M. DRAGHI
(1) GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63.
(2) Decisione 2004/258/CE della Banca centrale europea, del 4 marzo 2004, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea (BCE/2004/3) (GU L 80 del 18.3.2004, pag. 42).
(3) Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pag 338).
(4) Decisione 95/167/CE, Euratom, CECA del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione del 19 aprile 1995 relativa alle modalità per l’esercizio del diritto d’inchiesta del Parlamento europeo (GU L 78 del 6.4.1995, pag. 1). | Vigilanza sulla solidità delle banche: responsabilità e trasparenza della BCE
La Banca centrale europeaè responsabile nei confronti del Parlamento europeo nell'ambito dell'esercizio del suo potere di vigilanza bancaria europea.
ATTO
Accordo interistituzionale 2013/694/UE tra il Parlamento europeo e la Banca centrale europea sulle modalità pratiche dell’esercizio della responsabilità democratica e della supervisione sull’esecuzione dei compiti attribuiti alla Banca centrale europea nel quadro del meccanismo di vigilanza unico.
SINTESI
La Banca centrale europea (BCE), quale autorità di vigilanza delle banche della zona euro, ha l'obbligo di essere trasparente e responsabile dinanzi al Parlamento europeo (PE). Questo nuovo compito le è stato assegnato in risposta alla crisi del 2008, al fine di garantire che la vigilanza bancaria europea sia meno legata a considerazioni nazionali (per ulteriori dettagli, fare riferimento alla legislazione dell’Unione che istituisce un «meccanismo di vigilanza unico»).
Ciò è fondamentale per la legittimità della sua funzione di vigilanza. Per la prima volta poteri sostanziali di vigilanza delle banche sono stati trasferiti dal livello nazionale a quello europeo. Si tratta di decisioni molto delicate, dal momento che valutano la solidità finanziaria delle banche. Ad esempio, la BCE può richiedere a una banca di detenere più capitale.
Per contro, la BCE rimane totalmente indipendente nell'esercizio della sua funzione iniziale quale responsabile della politica monetaria nella zona euro. In questo caso, l'obiettivo principale è quello di garantire la stabilità dei prezzi.
Gli aspetti pratici che disciplinano il controllo democratico del nuovo compito di vigilanza della BCE da parte del Parlamento europeo sono stabiliti in un accordo interistituzionale raggiunto tra le due istituzioni nel 2013. Gli elementi chiave sono:
1.
Audizioni e discussioni
La BCE deve partecipare regolarmente alle audizioni pubbliche dinanzi al Parlamento europeo. Entrambe le istituzioni possono tenere colloqui orali a porte chiuse. In questo caso, i partecipanti sono soggetti a obblighi di riservatezza. La BCE deve presentare una relazione sull'esecuzione del suo nuovo compito di vigilanza al Parlamento europeo ogni anno.
2.
Accesso alle informazioni
La BCE fornisce al Parlamento europeo un resoconto completo e significativo delle discussioni nelle riunioni del consiglio di vigilanza della BCE.
3.
Inchiesta
Il Parlamento europeo può avviare inchieste su possibili errori da parte della BCE nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza. In tale situazione, la BCE deve cooperare pienamente con il Parlamento europeo.
4.
Nomine
Il Parlamento europeo è coinvolto nella nomina del presidente e del vicepresidente del consiglio di vigilanza della BCE.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Accordo interistituzionale 2013/694/UE
-
-
GU L 320 del 30.11.2013
ATTO COLLEGATO
Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013). | 9,201 | 748 |
31960R0011 | false | CEE Consiglio: Regolamento n. 11 riguardante l'abolizione di discriminazioni nel campo dei prezzi e delle condizioni di trasporto emanato in applicazione dell'articolo 79, paragrafo 3 del trattato che istituisce la Comunità Economica Europea
Gazzetta ufficiale n. 052 del 16/08/1960 pag. 1121 - 1126 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 1 pag. 0023 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 1 pag. 0023 edizione speciale danese: serie I capitolo 1959-1962 pag. 0056 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1959-1962 pag. 0060 edizione speciale greca: capitolo 07 tomo 1 pag. 0020 edizione speciale spagnola: capitolo 07 tomo 1 pag. 0032 edizione speciale portoghese: capitolo 07 tomo 1 pag. 0032
REGOLAMENTO N. 11 riguardante l'abolizione di discriminazioni nel campo dei prezzi e delle condizioni di trasporto emanato in applicazione dell'articolo 79, paragrafo 3 del Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea IL CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA, visto il Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea, e segnatamente l'articolo 79, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale, considerando che, in virtù dell'articolo 79, paragrafo 3, il Consiglio deve stabilire una regolamentazione intesa a garantire nel traffico interno della Comunità l'abolizione delle discriminazioni di cui all'articolo 79, paragrafo 1º; considerando che per garantire tale abolizione è necessario vietare tali discriminazioni, compresa la fissazione di tariffe o, in qualsiasi forma, di prezzi e condizioni di trasporto la cui applicazione costituirebbe discriminazione; considerando che per permettere la verifica dei prezzi e delle condizioni di trasporto praticati e l'identificazione delle discriminazioni eventuali, i vettori e intermediari devono essere tenuti a fornire le informazioni necessarie e a stabilire un documento di trasporto che permetta di verificarle, nonchè ad accettare un controllo; considerando infine che un sistema di sanzioni deve garantire, sotto il controllo giurisdizionale anche di merito della Corte di Giustizia di cui all'articolo 172 del Trattato, l'osservanza di dette prescrizioni; HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Le disposizioni del presente Regolamento si applicano a tutti i trasporti di merci per ferrovia, su strada e per vie navigabili, effettuati all'interno della Comunità, fatta eccezione per i trasporti delle merci indicate negli allegati I e III del Trattato che istituisce la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio. Articolo 2 1. Le disposizioni del presente Regolamento si applicano a tutti i trasporti per i quali il luogo di partenza o di destinazione delle merci trasportate si trovi nel territorio di uno Stato membro, ivi compresi i trasporti tra gli Stati membri e i paesi terzi o associati. 2. Le disposizioni del presente Regolamento si applicano soltanto ai tratti di percorso all'interno della Comunità. 3. Esse si applicano ai percorsi per ferrovia, su strada e per vie navigabili anche nel caso in cui le merci siano trasportate su altri tratti del percorso con altri modi di trasporto. Articolo 3 Quando un trasporto regolato da un contratto unico è effettuato da vettori successivi, ogni vettore è soggetto, per il suo percorso, alle disposizioni del presente Regolamento. Articolo 4 1. Nel traffico interno della Comunità sono vietate le discriminazioni consistenti nell'applicazione, da parte di un un vettore, di prezzi e condizioni di trasporto differenti per le stesse merci e per le stesse relazioni di traffico e fondati sul paese d'origine o di destinazione dei prodotti trasportati. Questo divieto non pregiudica la validità dei contratti di diritto privato. 2. È vietato altresì di stabilire tariffe o di fissare, in qualisiasi forma, prezzi e condizioni di trasporto la cui applicazione costituirebbe una discriminazione ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo. 3. I divieti di cui al presente articolo hanno vigore dal 1º luglio 1961. Articolo 5 1. I Governi sono tenuti a segnalare alla Commissione - anteriormente al 1º luglio 1961 - le tariffe, le convenzioni, gli accordi sui prezzi e sulle condizioni di trasporto vigenti nei rispettivi paesi che, per le stesse relazioni di traffico e per le stesse merci, comportino, all'interno della Comunità, prezzi e condizioni di trasporto differenti a seconda del paese d'origine o di destinazione di queste merci. Dovrà del pari essere segnalata senza indugio alla Commissione ogni misura analoga che fosse adottata successivamente. 2. Le imprese di trasporto sono tenute a fornire ai rispettivi Governi, anteriormente al 1º gennaio 1961, ogni utile informazione relativa alle tariffe, convenzioni, accordi sui prezzi e sulle condizioni di trasporto di cui al paragrafo 1 del presente articolo e a segnalare loro senza indugio ogni analoga misura che fosse adottata successivamente. 3. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai trasporti il cui luogo di partenza o di arrivo si trovi nel territorio di uno Stato membro. Articolo 6 1. Ogni trasporto effettuato all'interno della Comunità deve formare oggetto di un documento di trasporto che comprenda le seguenti indicazioni: - in nome e l'indirizzo del mittente, - la natura ed il peso della merce, - la località e la data di accettazione delle merci da trasportare, - la località prevista per la riconsegna, - l'instradamento o la distanza, in quanto tali elementi servano a giustificare un prezzo di trasporto diverso da quello normalmente applicabile, - se del caso, i punti di transito di frontiera. 2. Il documento di trasporto deve essere redatto in duplice esemplare ed essere numerato. Un esemplare deve accompagnare la merce, il secondo deve essere conservato dal vettore per un periodo di due anni a partire dalla data del trasporto e deve essere classificato per ordine numerico. Quest'ultimo esemplare deve indicare i prezzi definitivi di trasporto sotto qualsiasi forma, le altre spese e, se del caso, gli abbuoni ed ogni altra condizione che influisca sui prezzi e sulle condizioni di trasporto. 3. Quando i documenti esistenti comprendano tutte le indicazioni di cui al precedente paragrafo 1 e rendano possibile, unitamente al sistema di registrazione ed alla contabilità dei vettori, una verifica completa dei prezzi e delle condizioni di trasporto che permetta di eliminare o di evitare le discriminazioni previste al paragrafo 1 dell'articolo 79 del Trattato, i vettori non sono tenuti ad introdurre nuovi documenti. 4. Il vettore è responsabile della tenuta regolare dei documenti di trasporto. Articolo 7 1. Le disposizioni dell'articolo 6 entreranno in vigore il 1º luglio 1961. 2. Tuttavia, per alcune categorie di trasporto da determinarsi, la Commissione entro tale data potrà differire la suddetta entrata in vigore al 1º gennaio 1964 al più tardi, mediante regolamento adottato previa consultazione del Consiglio. Articolo 8 Le disposizioni dell'articolo 6 non si applicano: a) ai trasporti di merci indirizzate da un mittente ad uno stesso destinatario, quando il peso totale dell'invio non sia superiore a cinque tonnellate; b) ai trasporti di merci nel traffico interno di uno Stato membro, effettuati su un percorso totale non superiore a cento chilometri; c) ai trasporti di merci tra gli Stati membri, effettuati su un percorso totale non superiore a trenta chilometri. Articolo 9 Le disposizioni dell'articolo 6 non si applicano ai trasporti di merci effettuati da un'impresa per le proprie esigenze, nei casi in cui ricorrano le condizioni seguenti: - i trasporti siano effettuati con mezzi appartenenti all'impresa o acquistati a credito e guidati dal personale dell'impresa, - il trasporto costituisca soltanto un'attività accessoria nel quadro complessivo dell'attività dell'impresa, - le merci trasportate appartengano all'impresa o siano state da essa vendute, acquistate, date o prese in prestito, date o prese in affitto, prodotte, trasformate o riparate, - il trasporto serva a far affluire le merci all'impresa, o a spedirle dall'impresa stessa, oppure a spostarle tanto all'interno quanto all'esterno dell'impresa per esigenze aziendali. Articolo 10 Qualora la pubblicità dei prezzi e delle condizioni di trasporto non abbia formato oggetto, anteriormente al 1º luglio 1963, di una regolamentazione adottata nell'ambito dell'articolo 74 e in applicazione dell'articolo 75 del Trattato, saranno prese delle decisioni relative alla natura, alla forma e all'estensione di detta pubblicità, nonchè ogni altra utile disposizione, entro i limiti e le condizioni dell'articolo 79, paragrafi 1 e 3 del Trattato, tenendo conto che dovranno comunque inquadrarsi nella politica comune dei trasporti. Articolo 11 1. Fatta salva l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 5 del presente Regolamento, i Governi e le imprese sono tenuti, su richiesta della Commissione, a fornire ogni necessaria informazione supplementare riguardo alle tariffe, alle convenzioni ed accordi sui prezzi e condizioni di trasporto. 2. La Commissione può fissare un termine di almeno un mese per la comunicazione di dette informazioni. 3. Se la Commissione chiede ad un'impresa di fornirle delle informazioni, è tenuta ad informarne immediatamente il Governo dello Stato membro in cui si trovi la sede dell'impresa stessa, inviandogli copia della richiesta d'informazioni. 4. Un'informazione può essere rifiutata qualora essa comporti la divulgazione di fatti la cui comunicazione, secondo il parere di uno Stato membro, sia contraria, agli interessi essenziali della sua sicurezza. Articolo 12 1. Su richiesta della Commissione, i vettori che applicano per le stesse merci e per le stesse relazioni di traffico, prezzi e condizioni di trasporto differenti a seconda del paese di origine o di destinazione dei prodotti trasportati, sono tenuti a giustificare che questo modo di agire non costituisce una violazione alle disposizioni del presente Regolamento. 2. Non costituisce violazione alle disposizioni del presente Regolamento l'applicazione di prezzi e di condizioni di trasporto differenti che derivino soltanto dalla situazione di concorrenza tra vettori o da caratteristiche tecniche o economiche di esercizio specifiche dei trasporti effettuati nel traffico in questione. Articolo 13 1. I commissionari e gli intermediari di trasporto sono tenuti a fornire, su richiesta dei loro Governi o della Commissione, ogni informazione relativa alle prestazioni effettuate ed ai prezzi e condizioni applicati. 2. A quest'obbligo sono sottoposte anche le imprese che effettuano direttamente prestazioni accessorie di trasporto, purchè il loro compenso e quello dei vettori siano compresi in un prezzo globale. 3. Le disposizioni dell'articolo 11, paragrafi 2, 3 e 4, sono applicabili alle richieste d'informazioni di cui al presente articolo. Articolo 14 1. Gli Stati membri assicurano il controllo dell'esecuzione degli obblighi imposti ai vettori dall'articolo 5, paragrafo 2, e dagli articoli 6 e 11 del presente Regolamento, nonchè dell'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 13. A tal fine essi adottano i provvedimenti necessari, previa consultazione della Commissione, anteriormente al 1º luglio 1961. 2. In quanto l'esecuzione del presente Regolamento lo renda necessario, la Commissione può affidare missioni di controllo ai propri agenti o ad esperti, perchè verifichino e sorveglino l'esecuzione degli obblighi imposti alle imprese ai sensi degli articoli 5, 6, 11 e 13 del presente Regolamento. A tal fine, i mandatari della Commissione godono delle facoltà e dei poteri seguenti: a) verificare i libri e gli altri documenti professionali delle imprese, b) fare copie o estratti, in loco, di tali libri e documenti, c) avere accesso a tutti i locali, terreni e veicoli delle imprese, d) esigere ogni chiarimento relativo ai libri ed ai documenti. I mandatari della Commissione esercitano tali facoltà e poteri su presentazione di un lasciapassare dal quale risulti che essi sono incaricati di procedere, nella misura necessaria, a dei controlli in base alla presente disposizione. Essi devono essere muniti di un ordine di missione in cui siano indicati l'impresa e l'oggetto del controllo. L'ordine di missione e la qualifica delle persone incaricate di eseguirla sono debitamente notificati in precedenza allo Stato interessato. Degli agenti di questo Stato possono, su richiesta dello Stato stesso o della Commissione, assistere i mandatari della Commissione nello svolgimento della loro missione. Se un'impresa si oppone al controllo previsto dal presente Regolamento, lo Stato interessato è tenuto a fornire l'aiuto e l'appoggio necessari ai mandatari della Commissione, al fine di permetter loro di svolgere le missioni di controllo di cui sono incaricati. A tal fine gli Stati membri, previa consultazione della Commissione, adottano i necessari provvedimenti anteriormente al 1º luglio 1961. 3. Tutte le persone che prendono parte alle operazioni di controllo di cui al presente articolo sono vincolate dal segreto professionale, conformemente all'articolo 214 del Trattato. Articolo 15 1. Fatta salva l'applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 4 dell'articolo 79 del Trattato, la Commissione e gli Stati membri curano che a tutti i fatti venuti a loro conoscenza a norma degli articoli 5, 11, 13 e 14 si dia un carattere di riservatezza. 2. Salvo unanime contraria decisione del Corsiglio le informazioni così ottenute non possono essere utilizzate che per l'esecuzione del presente Regolamento. Articolo 16 Previa consultazione della Commissione ed entro il termine previsto dall'articolo 14, paragrafo 1, gli Stati membri stabiliscono le sanzioni appropriate applicabilli: a) ai vettori che si siano sottratti alle misure di controllo di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e all'articolo 6; b) alle imprese che, dopo essere state richieste, non abbiano fornito al loro Governo entro il termine stabilito le informazioni di cui agli articoli 11 e 13; c) alle imprese che abbiano scientemente fornito informazioni false al loro Governo. Articolo 17 1. Se l'impresa non fornisce entro il termine stabilito le informazioni richieste dalla Commissione a norma degli articoli 11 e 13, ovvero se scientemente le fornisce false informazioni, la Commissione può, conformemente all'articolo 79, paragrafo 3, comma 2 del Trattato, prendere nei suoi confronti una decisione che comporti una sanzione fino ad un massimo di cinquecento unità di conto e fissare un nuovo termine per la comunicazione delle informazioni richieste. Quando l'impresa non abbia fornito dette informazioni allo scadere del nuovo termine, la decisione può essere rinnovata. 2. Tuttavia, dette sanzioni possono essere inflitte soltanto qualora la richiesta d'informazioni sia stata presentata in forma di decisione contenente un riferimento esplicito alle sanzioni previste dal presente articolo. Articolo 18 1. La Commissione, accertata l'esistenza di una discriminazione ai sensi dell'articolo 79, paragrafo 1 del Trattato, può, per ogni caso di discriminazione e nell'ambito delle decisioni previste dall'articolo 79, paragrafo 4, infliggere al vettore responsabile una sanzione fino ad un massimo di venti volte il prezzo del trasporto percepito o richiesto. 2. Se una discriminazione ai sensi dell'articolo 79, paragrafo 1 del Trattato sussiste nonostante una diffida della Commissione, quest'ultima può, per ogni caso di discriminazione e conformemente all'articolo 79, paragrafo 4 del Trattato, infliggere al vettore responsabile una sanzione fino ad un massimo di diecemila unità di conto. 3. Prima di infliggere una sanzione secondo il disposto dell'articolo 17, la Commissione consulta ogni Stato membro interessato al quale comunica copia di tutti i documenti e gli elementi d'informazione raccolti nel quadro dell'esame cui ha proceduto in applicazione dell'articolo 79, paragrafo 4 del Trattato. Ogni Stato membro consultato può richiedere il parere di una autorità nazionale indipendente e deve fornire una riposta entro un termine di due mesi. Articolo 19 Le decisioni prese a norma degli articoli 17 e 18 non hanno un carattere penale. Articolo 20 La decisione da prendere in applicazione degli articoli 17 e 18 è preceduta da una notifica, all'impresa interessata della misura prevista. La Commissione trasmette agli Stati membri interessati, per conoscenza, copia delle decisioni prese sulla base degli articoli 17 e 18. Articolo 21 Per l'applicazione dei precedenti articoli, l'unità di conto è quella adottata per la formazione del bilancio della Comunità, a norma degli articoli 207 e 209 del Trattato. Articolo 22 Le imprese, siano esse di diritto pubblico o di diritto privato, sono responsabili degli atti dei loro agenti per quanto riguarda l'esecuzione del presente Regolamento. Questa disposizione si applica anche per quanto riguarda le sanzioni previste dal presente Regolamento. Articolo 23 Le sanzioni inflitte dalla Commissione a norma degli articoli 17 e 18 sono applicate nelle condizioni previste dall'articolo 192 del Trattato. Le somme percepite in esecuzione delle decisioni con le quali tali sanzioni vengono inflitte, sono versate alla Comunità Economica Europea e figurano tra le entrate del suo bilancio. Articolo 24 Quando, sulla base dell'articolo 79, paragrafo 4 del Trattato, uno Stato membro richieda l'esame di un caso che ritiene discriminatorio, esso deve motivare la sua richiesta. Articolo 25 1. Prima di prendere una decisione o di infliggere una sanzione ai sensi dell'articolo 18 del presente Regolamento, la Commissione ascolta i chiarimenti dell'interessato o di suo rappresentante ; essa può delegare uno dei propri agenti a ricevere tali chiarimenti. 2. In applicazione dell'articolo 172 del Trattato, è attribuita alla Corte di Giustizia una competenza giurisdizionale anche di merito per ogni sanzione inflitta in virtù degli articoli 17 e 18. La Commissione può dare esecuzione alla sanzione soltanto dopo lo scadere del termine per la proposizione del ricorso. Articolo 26 La Commissione è incaricata di prendere i provvedimenti necessari per l'esecuzione del presente Regolamento. Il presente Regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 27 giugno 1960. Per il Consiglio Il Presidente P. GRÉGOIRE | Navigazione interna: accesso al mercato
QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI E DELLE DIRETTIVE?
Il regolamento (CE) n. 169/2009 stabilisce le regole di concorrenza dell’Unione europea (Unione) applicabili ai settori dei trasporti su strada, ferroviari, e per vie navigabili. Il regolamento (CE) n. 718/1999, insieme al regolamento (UE) n. 546/2014 stabilisce le norme per una politica sulle capacità delle flotte dell’Unione. La direttiva 96/75/CE definisce le fasi per giungere a contratti di noleggio e formazione dei prezzi liberamente negoziati nell’Unione. Il regolamento (CE) n. 1356/96 punta a garantire ai vettori che trasportano merci o persone per via navigabile di poter fornire liberamente tali servizi fra i paesi dell’Unione. Il regolamento (CEE) n. 3921/91 fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti nell’Unione ai servizi di trasporto per via navigabile in un paese dell’Unione. La direttiva 87/540/CEE punta a istituire condizioni uniformi per l’accesso alla professione di trasportatore di merci, facilitando il riconoscimento reciproco dei diplomi, certificati e altre qualifiche. Il regolamento (CEE) n. 2919/85 fissa le condizioni di accesso al regime riservato dalla convenzione modificata per la navigazione sul Reno ai battelli adibiti alla navigazione sul Reno. Il regolamento n. 11 del Consiglio della CEE punta ad abolire le discriminazioni nel campo dei prezzi e delle condizioni di trasporto.
PUNTI CHIAVE
Il quadro legislativo per il trasporto sulle vie navigabili interne comprende atti riguardanti numerosi obiettivi che insieme puntano alla liberalizzazione del mercato del trasporto sulle vie navigabili interne per mezzo di quanto segue:garantire che gli operatori del trasporto sulle vie navigabili interne abbiano libero accesso a tutte le vie navigabili interne d’Europa; abolire le pratiche commerciali sleali e discriminatorie, in particolare per quanto riguarda i prezzi e le tariffe; e creare condizioni eque di concorrenza attraverso regole comuni che comprendano l’ammissione alla professione dei vettori del trasporto sulle vie navigabili interne.Il regolamento (CE) n. 169/2009 punta ad armonizzare le regole di concorrenza dell’Unione sui trasporti su strada, ferroviari e per vie navigabili, definendo esenzioni dal divieto di accordi, decisioni o pratiche concordate restrittive che mirano a conseguire miglioramenti tecnici o cooperazione tecnica mediante:la standardizzazione dei materiali; lo scambio o l’utilizzazione in comune di personale, materiale, veicoli o impianti fissi; la determinazione e l’applicazione di prezzi globali per operazioni di trasporti successivi, complementari, sostitutivi o combinati, ivi compresi i prezzi di concorrenza; l’utilizzo degli itinerari più razionali; il coordinamento degli orari dei trasporti per collegare le rotte; il raggruppamento di spedizioni isolate; l’adozione di strutture uniformi delle tariffe, purché tali regole non fissino i prezzi e le condizioni di trasporto.Il regolamento prevede inoltre esenzioni per le piccole e medie imprese.
Il regolamento (CE) n. 718/1999 mira a definire una politica per le flotte comunitarie per il trasporto nelle vie navigabili interne dell’Unione.Riguarda i battelli che trasportano merci a fini commerciali e contempla alcune eccezioni, come ad esempio quelle per i battelli che operano esclusivamente sul Danubio o adibiti al magazzinaggio di merci o al dragaggio. Prevede che i paesi dell’Unione le cui flotte dispongono di un tonnellaggio pari a 100 000 tonnellate e con vie navigabili collegate ad altri paesi dell’Unione istituiscano un fondo di navigazione interna. Ciascun fondo è dotato di un fondo di riserva con contabilità distinta per i battelli da carico secco*, cisterne* e spintori*. I fondi sono gestiti dalle autorità nazionali. Il fondo di riserva può essere utilizzato:in caso di «grave turbativa del mercato» dei trasporti nelle vie navigabili interne (ai sensi della direttiva 96/75/CE, vedere di seguito) su richiesta di un paese dell’Unione; oppurese richiesto unanimemente dalle organizzazioni che rappresentano il trasporto per via navigabile.Il regolamento (UE) n. 181/2008 definisce le modalità pratiche per l’attuazione della politica sulla capacità delle flotte comunitarie, compreso il tasso dei contributi al fondo.
Il regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 estende l’ambito di applicazione dei provvedimenti disponibili previsti dal regolamento (CE) n. 718/1999.
La direttiva 96/75/CE contiene due serie di misure sulla politica:stipulare contratti di noleggio e prezzi liberamente negoziati nell’Unione passando dal precedente sistema di «noleggio a turno» per le operazioni di trasporto (a prezzi fissati in precedenza in base all’ordine di disponibilità dei battelli dopo la fase di scarico); consentire alla Commissione europea di intervenire in casi di gravi turbative nel mercato dei trasporti sulle vie navigabili interne comprese, in particolare, misure per impedire qualsiasi nuovo aumento della capacità di trasporto.Il regolamento (CE) n. 1356/96 mira ad assicurare che qualsiasi vettore di merci o di persone per via navigabile sia ammesso a effettuare operazioni di trasporto tra i paesi dell’Unione e a transitare senza discriminazioni motivate dalla sua nazionalità e dal suo luogo di stabilimento, a condizione che:sia stabilito in un paese dell’Unione, vi sia stabilito per effettuare trasporti internazionali di merci o di persone per via navigabile, e utilizzi per tali operazioni di trasporto battelli immatricolati in un paese dell’Unione; soddisfi le condizioni di cui al regolamento (CEE) n. 3921/91.Sono previste regole specifiche sui diritti dei vettori dei paesi extra-UE, a titolo della convenzione modificata sulla navigazione del Reno (convenzione di Mannheim) e della convenzione sulla navigazione del Danubio (convenzione di Belgrado) o sui diritti che derivano da accordi o trattati internazionali sottoscritti dall’Unione.
Il regolamento (CEE) n 3921/91 si basa sui principi generali che sanciscono la parità di trattamento e la libertà di fornire servizi, in base ai quali i vettori non residenti devono essere ammessi a effettuare trasporti nazionali («cabotaggio») sulle vie navigabili interne dell’Unione. Esso fissa le seguenti condizioni:il vettore può esercitare il cabotaggio a titolo temporaneo senza creare una sede nel paese dell’Unione interessato, purché sia stabilito in un paese dell’Unione conformemente alla legislazione di quest’ultimo e sia abilitato a effettuare trasporti internazionali di merci o di persone per via navigabile; il vettore può inoltre utilizzare soltanto battelli i cui proprietari siano:residenti nell’Unione o cittadini di un paese dell’Unione, oppurepersone giuridiche che abbiano sede sociale in un paese dell’Unione e che appartengano in maggioranza a cittadini dei paesi dell’Unione.La direttiva 87/540/CEE prevede che gli individui e le imprese possiedano competenze attestate dall’autorità o dall’organismo designato da ciascun paese dell’Unione nelle seguenti materie:diritto; gestione commerciale e finanziaria dell’impresa; accesso al mercato; disposizioni e gestioni tecniche; sicurezza; e questioni operative relative ai trasporti internazionali.L’autorità emette un certificato in base un diploma, alla frequenza a un corso o dimostrata esperienza pratica. Se il vettore non soddisfa più le condizioni, il certificato viene ritirato.
Regolamento (CEE) n. 2919/85. La convenzione riveduta sulla navigazione del Reno (modificata dal protocollo aggiuntivo n. 2) stabilisce che solo i battelli adibiti alla navigazione sul Reno sono autorizzati a navigare sul Reno.
Un battello è adibito alla navigazione sul Reno se detiene un documento rilasciato da un’autorità competente di un paese del Reno (ad esempio Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi e Svizzera). il regolamento estende l’applicazione della convenzione ai paesi dell’Unione, garantendo così la parità di trattamento dei battelli in tutta l’Unione.
Il regolamento CEE n. 11/1960 del Consiglio applica l’articolo 79, paragrafo 3 del Trattato di Roma (oggi articolo 95 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea). Il regolamento:vieta le discriminazioni dei vettori, consistenti nell’applicazione, da parte di un vettore, di prezzi e condizioni di trasporto differenti per le stesse merci e per le stesse relazioni di traffico e fondati sul paese d’origine o di destinazione dei prodotti trasportati; si applica a tutti i trasporti di merci per ferrovia, su strada e per vie navigabili; stabilisce le regole sui requisiti dei documenti di trasporto; prevede che i paesi dell’Unione eseguano il controllo dell’esecuzione degli obblighi.
DA QUANDO È IN VIGORE LA LEGISLAZIONE?
Il regolamento (CE) n. 169/2009 si applica dal 25 marzo 2009. Il regolamento (CE) n. 718/1999 si applica dal 29 aprile 1999. La Direttiva 96/75/CE si applica dal 30 novembre 1996, con l’obbligo di diventare legge negli Stati membri entro il 1° gennaio 1997. Il regolamento (CE) n. 1356/96 si applica dal 2 agosto 1996. Il regolamento (CEE) n. 3921/91 si applica dal 5 gennaio 1992. La Direttiva 87/540/CEE si applica dal 12 novembre 1987, con l’obbligo di diventare legge negli Stati membri entro il 30 giugno 1988. Il regolamento (CEE) n. 2919/85 si applica dal 22 ottobre 1985. Il regolamento n. 11/1960 si applica dal 5 settembre 1960.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Battelli da carico secco: navi che trasportano carichi secchi (ad esempio cereali).
Cisterne: navi che trasportano carichi umidi (ad esempio olio).
Spintori: navi usate per spingere altre navi, come ad esempio chiatte, ma non per trasportare merci.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (CE) n. 169/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, che applica le regole di concorrenza al trasporto su rotaia, su strada e per via navigabile interna (versione codificata) (GU L 61 del5.3.2009, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 718/1999 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 96/75/CE del Consiglio, del 19 novembre 1996, relativa alle modalità di noleggio e di formazione dei prezzi nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali di merci per via navigabile nella Comunità (GU L 304 del 27.11.1996, pag. 12).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CE) n. 1356/96 del Consiglio, dell’8 luglio 1996, riguardante regole comuni applicabili ai trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri al fine di realizzare in tali trasporti la libera prestazione dei servizi (GU L 175 del 13.7.1996, pag. 7).
Regolamento (CEE) n. 3921/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro (GU L 373 del 31.12.1991, pag. 1).
Direttiva 87/540/CEE del Consiglio, del 9 novembre 1987, relativa all’accesso alla professione di trasportatore di merci per via navigabile nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali intesa al riconoscimento reciproco dei diplomi, certificati ed altri titoli relativi a tale professione (GU L 322 del 12.11.1987, pag. 20).
Regolamento (CEE) n. 2919/85 del Consiglio, del 17 ottobre 1985, che fissa le condizioni di accesso al regime riservato dalla convenzione modificata per la navigazione sul Reno ai battelli adibiti alla navigazione sul Reno (GU L 280 del 22.10.1985, pag. 4).
Consiglio CEE: Regolamento n. 11 riguardante l’abolizione di discriminazioni nel campo dei prezzi e delle condizioni di trasporto emanato in applicazione dell’articolo 79, paragrafo 3 del trattato che istituisce la Comunità Economica Europea (GU 52 del 16.8.1960, pag. 1121).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VI — Trasporti — articolo 95 (ex articolo 75 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 86).
Regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione, del 28 febbraio 2008, che fissa talune misure d’applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (versione codificata) (GU L 56 del 29.2.2008, pag. 8). | 9,846 | 1,013 |
32013R1053 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 1053/2013 DEL CONSIGLIO
del 7 ottobre 2013
che istituisce un meccanismo di valutazione e di controllo per verificare l’applicazione dell’acquis di Schengen e che abroga la decisione del comitato esecutivo del 16 settembre 1998 che istituisce una Commissione permanente di valutazione e di applicazione di Schengen
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 70,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Lo spazio Schengen senza controllo di frontiera alle frontiere interne si basa su un’effettiva ed efficace applicazione da parte degli Stati membri delle misure d’accompagnamento in materia di frontiere esterne, politica dei visti, sistema d’informazione Schengen, protezione dei dati, cooperazione di polizia, cooperazione giudiziaria in materia penale e lotta contro la droga.
(2)
La decisione del Comitato esecutivo, del 16 settembre 1998 (2) [SCH/Com-ex (98) 26 def.] («decisione del 16 settembre 1988»), ha istituito una Commissione permanente di valutazione e di applicazione di Schengen, assegnandole il duplice mandato di constatare che tutte le condizioni richieste per l’abolizione del controllo di frontiera alle frontiere interne con uno Stato candidato siano adempiute e di vigilare sulla corretta applicazione dell’acquis di Schengen da parte degli Stati che già lo attuano integralmente.
(3)
È necessario uno specifico meccanismo di valutazione e monitoraggio per verificare l’applicazione dell’acquis di Schengen data la necessità, da un lato, di garantire norme elevate e uniformi nella sua applicazione pratica e, dall’altro, di mantenere un livello elevato di fiducia reciproca fra gli Stati membri che fanno parte dello spazio senza controllo di frontiera alle frontiere interne. Un tale meccanismo dovrebbe basarsi su una stretta cooperazione fra la Commissione e gli Stati membri in questione.
(4)
Il programma dell’Aia (3) ha invitato la Commissione a presentare, una volta completata l’abolizione dei controlli delle frontiere interne, una proposta intesa a integrare l’attuale meccanismo di valutazione di Schengen con un meccanismo di controllo, che garantisca il pieno impegno degli esperti degli Stati membri, compresi i controlli senza preavviso.
(5)
Il programma di Stoccolma (4) ritiene che la valutazione dello spazio Schengen continuerà a essere di fondamentale importanza e che occorra pertanto migliorarla potenziando il ruolo dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne dell’Unione europea (Frontex), istituita dal regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio (5) in questo campo.
(6)
Sarebbe quindi opportuno rivedere di conseguenza il meccanismo di valutazione istituito dalla decisione del 16 settembre 1998 e abrogare la decisione del 16 settembre 1998.
(7)
L’esperienza acquisita dalle valutazioni finora svolte mostra la necessità di mantenere un meccanismo di valutazione coerente che riguardi tutti i settori dell’acquis di Schengen, a eccezione di quelli per i quali il diritto dell’Unione prevede già uno specifico meccanismo di valutazione.
(8)
A norma dell’articolo 70 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), gli Stati membri, in collaborazione con la Commissione, dovrebbero procedere a una valutazione oggettiva e imparziale dell’attuazione delle politiche dell’Unione nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Per essere efficiente, un giusto processo di valutazione dovrebbe comprendere un seguito e un monitoraggio adeguati delle relazioni di valutazione, garantiti dalla Commissione.
(9)
Affinché il meccanismo di valutazione sia più efficace, si dovrebbero inoltre garantire condizioni uniformi per l’attuazione del presente regolamento. A tal fine occorre conferire alcune competenze di esecuzione alla Commissione e altre al Consiglio.
(10)
È opportuno conferire alla Commissione le competenze relative alla preparazione e alla pianificazione delle valutazioni e la competenza relativa all’adozione delle relazioni di valutazione. Tali svariate competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (6). Ai sensi delle disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), punto iii) di detto regolamento, per l’adozione di tali atti si applica la procedura d’esame.
(11)
Per rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati membri, assicurare un loro migliore coordinamento a livello di Unione e far sì che fra di loro vi sia una maggiore pressione tra pari, è opportuno conferire al Consiglio la competenza di esecuzione di adottare raccomandazioni sul provvedimento correttivo inteso a colmare ogni carenza evidenziata nelle relazioni di valutazione. Tale competenza di esecuzione rispecchia le competenze specifiche conferite al Consiglio dal trattato, a norma dell’articolo 70 TFUE, in materia di valutazione reciproca dell’attuazione delle politiche dell’Unione nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Essa rispecchia adeguatamente l’obiettivo di un meccanismo di valutazione basato su tale lex specialis, che, in questo particolare settore, e parallelamente alla competenza generale della Commissione di sovrintendere l’applicazione del diritto dell’Unione sotto il controllo della Corte di giustizia dell’Unione europea mediante le procedure d’infrazione, consiste nello svolgere una funzione complementare di monitoraggio dell’efficacia dell’attuazione pratica delle politiche dell’Unione mediante valutazioni inter pares.
Tale competenza di esecuzione conferita al Consiglio contribuisce inoltre a realizzare l’auspicio espresso dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 giugno 2011, che la cooperazione nello spazio Schengen sia potenziata ulteriormente rafforzando la fiducia reciproca tra gli Stati membri e che gli Stati membri siano responsabili di garantire che tutte le regole Schengen siano applicate efficacemente in conformità delle norme comuni concordate e dei principi e delle norme fondamentali. Tale competenza di esecuzione contribuisce inoltre, conformemente alle conclusioni del Consiglio dell’8 marzo 2012, a migliorare la governance dello spazio Schengen mediante discussioni politiche a livello ministeriale sul corretto funzionamento dello spazio Schengen, anche attraverso discussioni nelle situazioni nelle quali le relazioni di valutazione hanno indicato gravi carenze. Tali discussioni si tengono in sede di Comitato misto composto dagli Stati membri dell’UE e dagli Stati associati Schengen, affinché assistano il Consiglio a prendere decisioni nell’ambito delle sue competenze per assicurare il funzionamento efficace dello spazio Schengen. Conferendo tale competenza di esecuzione al Consiglio si tiene infine adeguatamente conto della natura potenzialmente sensibile a livello politico delle raccomandazioni, che spesso incidono sulle competenze nazionali di esecuzione e di applicazione della legge.
(12)
È opportuno che il meccanismo di valutazione instauri norme trasparenti, efficaci e chiare quanto al metodo da applicare nelle valutazioni, il ricorso a esperti altamente qualificati per le visite in loco e il seguito da dare ai risultati delle valutazioni. Il metodo dovrebbe in particolare prevedere visite in loco senza preavviso, a complemento di quelle con preavviso, in particolare per quanto riguarda i controlli alle frontiere e i visti.
(13)
Il meccanismo di valutazione e monitoraggio dovrebbe coprire tutti gli aspetti dell’acquis di Schengen. Per quanto riguarda la questione delle frontiere, la valutazione e il monitoraggio del meccanismo dovrebbero coprire sia l’efficacia dei controlli di frontiera alle frontiere esterne, sia l’assenza di controlli di frontiera alle frontiere interne.
(14)
Durante la valutazione e il monitoraggio dovrebbe essere prestata particolare attenzione al rispetto dei diritti fondamentali nell’applicazione dell’acquis di Schengen.
(15)
La valutazione dovrebbe servire a garantire che gli Stati membri applichino effettivamente le norme Schengen conformemente ai principi e alle norme fondamentali. Il meccanismo di valutazione abbraccia pertanto tutta la legislazione pertinente e le attività operative che contribuiscono al funzionamento di uno spazio senza controllo di frontiera alle frontiere interne.
(16)
Al fine di rafforzare l’efficacia e l’affidabilità del meccanismo di valutazione è opportuno tener conto in tutte le valutazioni del corretto funzionamento delle autorità che applicano le pertinenti parti dell’acquis di Schengen. Ciò aumenterà la capacità del meccanismo di valutazione di garantire l’applicazione effettiva delle norme Schengen da parte degli Stati membri conformemente ai principi e alle norme fondamentali come richiesto dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 giugno 2011. Esso sarà conforme alle richieste del Consiglio europeo, definite nelle sue conclusioni del 1o e 2 marzo 2012, che il meccanismo di valutazione sia indirizzato al necessario funzionamento delle istituzioni interessate nell’applicazione dell’acquis di Schengen.
(17)
Frontex dovrebbe sostenere l’attuazione del meccanismo di valutazione, principalmente nel settore dell’analisi dei rischi legati alle frontiere esterne. Il meccanismo di valutazione dovrebbe inoltre poter contare sulla competenza ed esperienza di Frontex nell’assistenza all’esecuzione delle visite in loco alle frontiere esterne su base ad hoc.
(18)
Altri organismi, uffici e agenzie dell’Unione, quali l’Ufficio europeo di polizia (Europol), istituito dalla decisione 2009/371/GAI del Consiglio (7), e Eurojust, istituito dalla decisione 2002/187/GAI del Consiglio (8), dovrebbero sostenere, ove opportuno, l’attuazione del meccanismo di valutazione nei settori contemplati dal loro mandato. Il meccanismo di valutazione dovrebbe inoltre, se del caso, poter contare sulla competenza ed esperienza di organismi, uffici o agenzie dell’Unione nell’assistenza all’esecuzione delle visite in loco collegate ai settori dell’acquis di Schengen contemplati dal loro mandato. Questo dovrebbe a esempio essere il caso del garante europeo della protezione dei dati per quanto concerne le valutazioni riguardanti la protezione dei dati, cui possono partecipare anche le autorità nazionali preposte alla protezione dei dati.
(19)
È opportuno che gli Stati membri e la Commissione garantiscano che gli esperti messi a disposizione per le visite in loco posseggano la necessaria esperienza e abbiano seguito una specifica formazione per tale finalità, anche per quanto concerne i diritti fondamentali. Gli organismi, uffici e agenzie dell’Unione interessati, come Frontex, dovrebbero dispensare appropriati corsi di formazione, e dovrebbero essere messi a disposizione degli Stati membri fondi per iniziative di formazione specifica nel campo della valutazione dell’acquis di Schengen, attraverso gli strumenti finanziari esistenti dell’Unione e lo sviluppo di tali strumenti.
(20)
Tenuto conto del ruolo particolare affidato al Parlamento europeo e ai parlamenti nazionali in virtù dell’ultima frase dell’articolo 70 TFUE, sottolineato all’articolo 12, lettera c), del trattato sull’Unione europea (TUE) per quanto riguarda i parlamenti nazionali, è necessario prevedere che il Consiglio e la Commissione informino pienamente il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali dei contenuti e dei risultati della valutazione. Inoltre, qualora la Commissione presentasse una proposta di modifica del presente regolamento, il Consiglio, conformemente all’articolo 19, paragrafo 7, lettera h) del suo regolamento interno, consulterebbe il Parlamento europeo al fine di tenere per quanto possibile conto del suo parere, prima di adottare un testo definitivo.
(21)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione. Dato che il presente regolamento si basa sull’acquis di Schengen, la Danimarca decide, ai sensi dell’articolo 4 di tale protocollo, entro un periodo di sei mesi dalla decisione del Consiglio sul presente regolamento, se intende recepirlo nel proprio diritto interno.
(22)
Il Regno Unito partecipa al presente regolamento ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, del protocollo n. 19 sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea, allegato al TUE e al TFUE, e dell’articolo 8, paragrafo 2, della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000 riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen (9).
(23)
L’Irlanda partecipa al presente regolamento ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, del protocollo n. 19 sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea, allegato al TUE e al TFUE, e dell’articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell’Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell’acquis di Schengen (10).
(24)
Per quanto riguarda l’Islanda e la Norvegia, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen ai sensi dell’accordo concluso dal Consiglio dell’Unione europea con la Repubblica d’Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen (11) che rientrano nel settore di cui all’articolo 1, della decisione 1999/437/CE (12) del Consiglio, relativa a talune modalità di applicazione di tale accordo.
(25)
Per quanto riguarda la Svizzera, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen ai sensi dell’accordo tra l’Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l’associazione di quest’ultima all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen (13) che rientrano nel settore di cui all’articolo 1 della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l’articolo 3 della decisione 2008/146/CE del Consiglio (14).
(26)
Per quanto riguarda il Liechtenstein, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen ai sensi del protocollo tra l’Unione europea, la Comunità europea, la Confederazione svizzera e il Principato del Liechtenstein sull’adesione del Principato del Liechtenstein all’accordo tra l’Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l’associazione della Confederazione svizzera all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen (15) che rientrano nel settore di cui all’articolo 1 della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l’articolo 3 della decisione 2011/350/UE del Consiglio (16).
(27)
Poiché alla data di entrata in vigore del presente regolamento la valutazione di Cipro sarà già cominciata ai sensi della decisione del 16 settembre 1998, il presente regolamento non si applicherà a Cipro fino al 1o gennaio 2016.
(28)
Considerato che la verifica secondo le procedure di valutazione Schengen applicabili riguardanti la Bulgaria e la Romania era già stata completata ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, dell’atto di adesione del 2005, la verifica di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b, del presente regolamento non sarà effettuata nei confronti di tali Stati membri.
(29)
Gli esperti di Cipro, Bulgaria, Romania e Croazia dovrebbero tuttavia partecipare alla valutazione di tutte le parti dell’acquis di Schengen,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito d’applicazione
1. Il presente regolamento istituisce un meccanismo di valutazione e monitoraggio finalizzato a:
a)
verificare l’applicazione dell’acquis di Schengen negli Stati membri in cui si applica integralmente e negli Stati membri in cui, a norma dei pertinenti protocolli allegati al TUE e al TFUE, si applica in parte;
b)
verificare che le condizioni necessarie per l’applicazione di tutte le parti pertinenti dell’acquis di Schengen siano soddisfatte negli Stati membri nei confronti dei quali non è stata presa una decisione del Consiglio in base alla quale le disposizioni dell’acquis di Schengen si applicano integralmente o parzialmente, eccettuati gli Stati la cui valutazione sarà già stata completata al momento dell’entrata in vigore del presente regolamento;
2. la verifica di cui al paragrafo 1, lettera b), del presente articolo lascia impregiudicate l’articolo 23, paragrafo 2, per quanto riguarda gli Stati membri nei quali le procedure di valutazione sono già cominciate il 26 novembre 2013.
3. Gli esperti degli Stati membri che, ai sensi del pertinente atto di adesione, non applicano ancora integralmente l’acquis di Schengen partecipano ciononostante alla valutazione di tutte le parti di detto acquis.
Articolo 2
Definizione
Ai fini del presente regolamento, si intendono per «acquis di Schengen» le disposizioni integrate nell’ambito dell’Unione ai sensi del protocollo n. 19 allegato al TUE e al TFUE, e gli atti basati su detto acquis o a esso altrimenti connessi.
Articolo 3
Responsabilità
1. Gli Stati membri e la Commissione sono responsabili congiuntamente dell’attuazione del meccanismo di valutazione e monitoraggio come specificato nel presente regolamento, con il sostegno degli organismi, uffici e agenzie dell’Unione coinvolti nell’attuazione dell’acquis di Schengen.
2. La Commissione assume un ruolo di coordinamento globale per quanto riguarda l’istituzione del programma di valutazione annuale e pluriennale, l’elaborazione dei questionari e dei calendari delle visite, lo svolgimento delle visite e la redazione delle relazioni di valutazione e delle raccomandazioni. Assicura inoltre il follow-up e il monitoraggio delle relazioni di valutazione e delle raccomandazioni conformemente all’articolo 16.
3. Gli Stati membri e la Commissione cooperano pienamente in tutte le fasi delle valutazioni al fine di svolgere i compiti a essi conferiti ai sensi del presente regolamento.
Articolo 4
Valutazioni
1. Le valutazioni possono coprire tutti gli aspetti dell’acquis di Schengen, compresa l’effettiva ed efficace applicazione da parte degli Stati membri delle misure d’accompagnamento in materia di frontiere esterne, politica dei visti, sistema d’informazione Schengen, protezione dei dati, cooperazione di polizia, cooperazione giudiziaria in materia penale nonché l’assenza di controllo di frontiera alle frontiere interne. È opportuno che tutte le valutazioni tengano conto del funzionamento delle autorità che applicano le pertinenti parti dell’acquis di Schengen stabilite nel presente paragrafo.
2. Le valutazioni possono essere effettuate tramite questionari e visite in loco che possono avvenire con o senza preavviso. Le visite in loco con preavviso sono precedute da un questionario. Le visite in loco e i questionari possono, se del caso, essere utilizzati separatamente o in combinazione nella valutazione degli Stati membri e/o dei settori specifici.
3. Oltre ai questionari e alle visite in loco, lo Stato membro valutato può aggiungere presentazioni sul settore su cui verte la valutazione.
Articolo 5
Programma di valutazione pluriennale
1. La Commissione, se del caso, previa consultazione di Frontex e Europol, stabilisce un programma di valutazione pluriennale che abbraccia un periodo di cinque anni, non oltre sei mesi prima dell’inizio del quinquennio successivo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 21, paragrafo 2. La Commissione trasmette il programma di valutazione pluriennale al Parlamento europeo e al Consiglio.
2. Ogni Stato membro è valutato nel corso di ogni quinquennio a cui corrisponde il programma di valutazione pluriennale. Nel programma di valutazione pluriennale figura l’elenco degli Stati membri che ogni anno devono essere valutati. L’ordine in cui gli Stati membri devono essere valutati tiene conto del tempo trascorso dall’ultima valutazione e dell’equilibrio fra le diverse parti dell’acquis di Schengen da valutare.
3. Se necessario, il programma di valutazione pluriennale può essere adattato secondo la procedura di cui al paragrafo 1.
4. Il programma di valutazione pluriennale può contenere un riferimento alle valutazioni tematiche di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b).
5. Il primo programma di valutazione pluriennale è stabilito entro il 27 maggio 2014. La data di inizio di tale programma è il 27 novembre 2014 e la data di conclusione è il 31 dicembre 2019.
Articolo 6
Programma di valutazione annuale
1. La Commissione stabilisce un programma di valutazione annuale entro il 31 ottobre dell’anno precedente rispetto a quello cui il programma si riferisce, che tiene conto in particolare dell’analisi dei rischi effettuata da Frontex conformemente all’articolo 7 e, se del caso, dell’informazione fornita da Europol e da altri organismi, uffici e agenzie dell’Unione, in particolare ai sensi dell’articolo 8.
Il programma di valutazione annuale contiene proposte di valutazione:
a)
dell’applicazione dell’acquis di Schengen o di sue parti in un dato Stato membro, come indicato nel programma di valutazione pluriennale; e
b)
se del caso, dell’applicazione di specifiche parti dell’acquis di Schengen in diversi Stati membri (ossia di valutazioni tematiche).
2. La Commissione stabilisce, attraverso atti di esecuzione, la prima parte del programma di valutazione annuale, comprendente un calendario provvisorio delle visite in loco. Tale parte elenca gli Stati membri da valutare l’anno successivo conformemente al programma di valutazione pluriennale, i settori da valutare e le visite in loco da effettuare. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 21, paragrafo 2. La Commissione trasmette il programma di valutazione annuale al Parlamento europeo e al Consiglio.
3. La Commissione redige e adotta la seconda parte del programma di valutazione annuale. Tale parte elenca le visite in loco senza preavviso da effettuare l’anno successivo. Essa è considerata riservata e non è comunicata.
4. Ove necessario, il programma di valutazione annuale può essere adattato conformemente ai paragrafi 2 e 3.
5. Il primo programma di valutazione pluriennale è stabilito entro il 27 maggio 2014. La data di inizio di tale programma è il 27 novembre 2014 e la data di conclusione è il 31 dicembre 2014.
Articolo 7
Analisi dei rischi effettuata da Frontex
1. Entro il 31 agosto di ogni anno Frontex presenta un’analisi dei rischi alla Commissione e agli Stati membri, conformemente al suo mandato. Tale analisi tiene conto, tra l’altro, dell’immigrazione illegale e dei cambiamenti sostanziali nell’ambiente operativo alle frontiere esterne, e include raccomandazioni sulle priorità per le valutazioni dell’anno successivo. Le raccomandazioni si riferiscono a specifiche sezioni delle frontiere esterne e a specifici valichi di frontiera da valutare nell’anno successivo nell’ambito del programma di valutazione pluriennale. La Commissione trasmette senza indugio tale analisi dei rischi al Parlamento europeo e al Consiglio.
2. Entro il 31 agosto di ogni anno Frontex presenta alla Commissione un’analisi dei rischi separata, distinta da quella di cui al paragrafo 1, che include raccomandazioni sulle priorità per valutazioni da svolgersi nell’anno successivo sotto forma di visite in loco senza preavviso, indipendentemente dall’ordine degli Stati membri da valutare ogni anno, come stabilito dal programma di valutazione pluriennale di cui all’articolo 5, paragrafo 2. Tali raccomandazioni possono riguardare ogni regione o ambito specifico e contengono un elenco di almeno dieci specifiche sezioni delle frontiere esterne e di almeno dieci specifici valichi di frontiera. La Commissione può, in qualsiasi momento, chiedere a Frontex di presentarle un’analisi dei rischi contenente raccomandazioni quanto a valutazioni da svolgersi sotto forma di visite in loco senza preavviso.
3. L’analisi dei rischi di cui ai paragrafi 1 e 2, che dev’essere effettuata da Frontex, è presentata per la prima volta alla Commissione entro il 27 febbraio 2014.
Articolo 8
Analisi dei rischi effettuata da organismi, uffici e agenzie dell’Unione diversi da Frontex
La Commissione, ove opportuno, chiede ad altri organismi, uffici e agenzie dell’Unione diversi da Frontex, coinvolti nell’attuazione dell’acquis di Schengen, di effettuare un’analisi dei rischi, anche riguardanti la corruzione e la criminalità organizzata, nella misura in cui questi fattori possono minare l’applicazione dell’acquis di Schengen da parte degli Stati membri. Tali analisi potrebbero essere utilizzate per preparare il programma di valutazione annuale.
Articolo 9
Questionario
1. La Commissione, attraverso atti di esecuzione, elabora e aggiorna un questionario standard in stretta collaborazione con gli Stati membri. Frontex e Europol possono essere consultati sul progetto di questionario standard. Il questionario standard verte sulla legislazione pertinente, su raccomandazioni comuni e migliori prassi, in particolare indicate nei cataloghi Schengen, e sui mezzi organizzativi e tecnici disponibili per l’attuazione dell’acquis di Schengen e sui dati statistici relativi a ciascun settore della valutazione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 21, paragrafo 2.
2. Entro il 1o luglio di ogni anno, la Commissione trasmette il questionario standard agli Stati membri che devono essere valutati nell’anno successivo. Gli Stati membri dispongono di un termine di otto settimane dalla trasmissione del questionario per inviare le loro risposte alla Commissione. La Commissione mette le risposte a disposizione degli Stati membri e informa il Parlamento europeo delle risposte. Qualora il Parlamento europeo lo richieda, in particolare a causa della gravità della questione, la Commissione informa il Parlamento europeo, caso per caso e conformemente alle norme vigenti in materia di relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione, anche del contenuto di una risposta specifica.
Articolo 10
Equipe responsabili delle visite in loco
1. Un’equipe responsabile delle visite in loco («equipe in loco») è composta da esperti designati dagli Stati membri e da rappresentanti della Commissione.
2. La Commissione invita gli Stati membri a designare gli esperti disponibili a partecipare alle rispettive visite in loco, indicando il loro settore di competenza.
In caso di visite in loco con preavviso, la Commissione invita gli Stati membri a designare gli esperti al più tardi tre mesi prima della data prevista per l’inizio della visita in loco. Gli Stati membri designano gli esperti entro due settimane dal ricevimento di tale invito.
In caso di visite in loco senza preavviso, la Commissione invita gli Stati membri a designare gli esperti al più tardi due settimane prima della data prevista per l’inizio della visita in loco. Gli Stati membri designano gli esperti entro 72 ore dal ricevimento di tale invito.
3. Il numero massimo di rappresentanti della Commissione partecipanti alle visite di valutazione in loco è di due. Il numero massimo di esperti degli Stati membri partecipanti alle visite di valutazione in loco è di otto per una visita in loco con preavviso e di sei per una visita in loco senza preavviso.
Se gli esperti designati dagli Stati membri superano il numero massimo pertinente di cui al primo comma, la Commissione, previa consultazione degli Stati membri interessati, nomina i membri dell’equipe in base a un equilibrio geografico e alle competenze degli esperti.
4. Gli esperti degli Stati membri non possono partecipare a una missione di valutazione che comprende una visita in loco nello Stato membro in cui lavorano.
5. La Commissione può invitare Frontex, Europol o altri organismi, uffici o agenzie dell’Unione coinvolti nell’attuazione dell’acquis di Schengen a designare un rappresentante che partecipi, in qualità di osservatore, a una visita in loco relativa a un settore rientrante nel loro mandato.
6. La direzione di una visita in loco è garantita da un rappresentante della Commissione e da un esperto di uno Stato membro, designati congiuntamente dai membri dell’equipe in loco quanto prima dopo la costituzione dell’equipe. Gli esperti che dirigono le visite sono nominati a tempo debito prima di stabilire il programma particolareggiato di cui all’articolo 13, paragrafo 2.
Articolo 11
Equipe responsabili delle valutazioni sulla base di un questionario
1. Qualora un questionario sia utilizzato separatamente, vale a dire senza essere seguito da una visita in loco di cui all’articolo 4, paragrafo 2, l’equipe responsabile della valutazione delle risposte al questionario («equipe del questionario») è composta da esperti degli Stati membri e da rappresentanti della Commissione.
2. Quando trasmette il questionario allo Stato membro da valutare, la Commissione invita gli Stati membri a designare esperti disponibili a partecipare alla valutazione, indicando il loro settore di competenza. Gli Stati membri designano gli esperti entro due settimane dal ricevimento di tale invito. Gli esperti sono designati conformemente all’articolo 10, paragrafi 3 e 4.
Articolo 12
Esperti
Gli esperti che partecipano alle valutazioni possiedono adeguate qualifiche, fra cui una solida conoscenza teorica ed esperienza pratica nei settori oggetto del meccanismo di valutazione nonché una solida conoscenza dei principi, delle procedure e delle tecniche di valutazione, e sanno comunicare efficacemente in una lingua comune. A tal fine gli Stati membri e la Commissione, in collaborazione con i competenti organismi, uffici o agenzie dell’Unione, provvedono affinché detti esperti ricevano una formazione adeguata, anche in materia di rispetto dei diritti fondamentali.
Articolo 13
Svolgimento delle visite in loco
1. Le equipe in loco intraprendono tutti i preparativi necessari per garantire l’efficacia, l’accuratezza e la coerenza delle visite in loco.
2. Il programma particolareggiato delle visite in loco con preavviso è stabilito dalla Commissione in stretta cooperazione con gli esperti che dirigono le visite e lo Stato membro interessato. Gli Stati membri sono informati su tale programma. Il programma particolareggiato delle visite in loco senza preavviso è stabilito dalla Commissione.
Lo Stato membro interessato è consultato e informato del calendario e del programma particolareggiato:
a)
almeno sei settimane prima della data stabilita, nel caso delle visite in loco con preavviso;
b)
almeno 24 ore prima della data stabilita, nel caso delle visite in loco senza preavviso.
Le visite in loco senza preavviso alle frontiere interne hanno luogo senza notifica preliminare allo Stato membro o agli Stati membri interessati. Gli orientamenti generali relativi alle modalità pratiche di tali visite sono elaborati dalla Commissione in stretta cooperazione con gli Stati membri.
3. Tutti i membri delle equipe in loco sono muniti di un documento di identificazione che li autorizza a svolgere tali visite ai sensi del presente regolamento.
4. Lo Stato membro da valutare provvede affinché l’equipe in loco possa svolgere il suo mandato di verifica delle attività rientranti nei settori da valutare. In particolare provvede affinché l’equipe in loco possa rivolgersi direttamente alle persone competenti e abbia accesso a tutte le aree, a tutti i locali e a tutti i documenti necessari per la valutazione.
5. Lo Stato membro da valutare, con ogni mezzo nei limiti dei poteri conferitigli, assiste l’equipe in loco nello svolgimento dei suoi compiti.
6. Nel caso delle visite in loco con preavviso, la Commissione comunica in anticipo allo Stato membro da valutare i nomi degli esperti che compongono l’equipe in loco. Tale Stato membro nomina un referente per gli aspetti pratici della visita in loco.
7. Spetta alla Commissione e agli Stati membri provvedere all’organizzazione pratica del viaggio dei loro esperti che partecipano a un’equipe in loco da e verso lo o gli Stati membri da valutare. La Commissione rimborsa le spese di viaggio e alloggio sostenute dagli esperti che partecipano alle visite in loco.
Spetta allo o agli Stati membri da valutare provvedere all’organizzazione pratica dell’alloggio e prevedere il necessario trasporto sul posto. Per le visite in loco senza preavviso la Commissione facilita l’organizzazione pratica dell’alloggio degli esperti.
Articolo 14
Relazioni di valutazione
1. Al termine di ogni valutazione è redatta una relazione di valutazione. La relazione di valutazione si basa sui risultati della visita in loco e del questionario, a seconda dei casi. Nel caso delle visite in loco, la relazione di valutazione è redatta durante la visita stessa dall’equipe in loco.
Gli esperti degli Stati membri e i rappresentanti della Commissione hanno la responsabilità generale della stesura della relazione di valutazione e della sua integrità e qualità. In caso di disaccordo l’equipe in loco o l’equipe del questionario, a seconda dei casi, cercano di raggiungere un compromesso.
2. La relazione di valutazione esamina ogni aspetto qualitativo, quantitativo, operativo, amministrativo e organizzativo pertinente ed elenca ogni carenza riscontrata durante la valutazione.
3. A ognuno dei risultati della relazione di valutazione è applicata una delle seguenti valutazioni:
a)
conforme;
b)
conforme ma richiede miglioramenti;
c)
non conforme.
4. La Commissione trasmette il progetto di relazione di valutazione allo Stato membro valutato entro sei settimane dalla visita in loco o dal ricevimento della risposta al questionario, a seconda dei casi. Lo Stato membro valutato esprime le proprie osservazioni sul progetto di relazione di valutazione entro due settimane dalla sua ricezione. Su richiesta dello Stato membro valutato si tiene una riunione di redazione. Le osservazioni dello Stato membro valutato possono figurare nel progetto di relazione di valutazione.
5. La Commissione presenta il progetto di relazione di valutazione e i relativi commenti dello Stato membro valutato agli altri Stati membri che sono invitati a formulare osservazioni sulla risposta al questionario, sul progetto di relazione di valutazione e sulle osservazioni dello Stato membro valutato.
Su tale base, la Commissione, se necessario dopo aver apportato le pertinenti modifiche al progetto di relazione di valutazione, adotta, attraverso un atto di esecuzione, la relazione di valutazione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 21, paragrafo 2. La Commissione trasmette la relazione di valutazione al Parlamento europeo.
Articolo 15
Raccomandazioni
1. Nel redigere la relazione di valutazione e alla luce dei risultati e delle valutazioni di detta relazione, gli esperti degli Stati membri e i rappresentanti della Commissione elaborano raccomandazioni sui provvedimenti correttivi tesi a colmare qualsiasi carenza riscontrata durante la valutazione e danno indicazioni sulle priorità per metterli in atto, fornendo altresì, ove opportuno, esempi di buone pratiche.
2. La Commissione presenta al Consiglio una proposta relativa all’adozione delle raccomandazioni di cui al paragrafo 1.
3. Il Consiglio adotta le raccomandazioni di cui al paragrafo 1 e le trasmette al Parlamento europeo e ai parlamenti nazionali.
Articolo 16
Follow-up e monitoraggio
1. Entro tre mesi dall’adozione delle raccomandazioni di cui all’articolo 15, lo Stato membro valutato presenta alla Commissione e al Consiglio un piano d’azione volto a correggere ogni carenza riscontrata nella relazione di valutazione. Se le raccomandazioni concludono che lo Stato membro valutato sta gravemente trascurando i suoi obblighi, detto Stato membro presenta il piano d’azione entro un mese dall’adozione di tali raccomandazioni. La Commissione trasmette tale piano d’azione al Parlamento europeo.
2. La Commissione, consultata l’equipe in loco o l’equipe del questionario, presenta al Consiglio una valutazione dell’adeguatezza del piano d’azione entro un mese dal ricevimento del piano d’azione presentato dallo Stato membro valutato. Gli altri Stati membri sono invitati a formulare osservazioni sul piano d’azione.
3. Lo Stato membro valutato riferisce alla Commissione in merito all’attuazione del suo piano d’azione entro sei mesi dall’adozione delle raccomandazioni, e continua a farlo ogni tre mesi fino alla completa attuazione del piano.
4. Nonostante il periodo di sei mesi previsto per riferire in merito all’attuazione del piano d’azione di cui al paragrafo 3, se le raccomandazioni concludono che lo Stato membro valutato sta gravemente trascurando i suoi obblighi, detto Stato membro riferisce in merito all’attuazione del proprio piano d’azione entro tre mesi dall’adozione delle raccomandazioni.
5. A seconda della gravità delle carenze riscontrate e in funzione dei provvedimenti correttivi adottati la Commissione può programmare ulteriori visite in loco con preavviso per verificare l’attuazione del piano d’azione. La Commissione invita almeno quattro esperti che hanno partecipato alla visita in loco a partecipare alla nuova visita. La Commissione può invitare gli osservatori a partecipare alla nuova visita. La Commissione stabilisce il programma della nuova visita. Lo Stato membro valutato è informato del programma almeno un mese prima del previsto svolgimento della nuova visita. La Commissione può programmare anche nuove visite in loco senza preavviso.
6. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio periodicamente sull’attuazione dei piani d’azione o sulle misure migliorative di cui al presente articolo.
7. Se una visita in loco rileva una grave carenza che si ritiene possa costituire una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna nello spazio privo di controlli alle frontiere interne, la Commissione ne informa al più presto il Parlamento europeo e il Consiglio, di propria iniziativa o su richiesta del Parlamento europeo o di uno Stato membro.
8. Qualora lo Stato membro sia stato ritenuto conforme, ma le raccomandazioni contengano indicazioni per eventuali ulteriori miglioramenti ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), lo Stato membro valutato presenta alla Commissione la propria valutazione su un’eventuale attuazione di tali indicazioni entro sei mesi dall’adozione delle raccomandazioni.
Articolo 17
Informazioni sensibili
I membri dell’equipe in loco e dell’equipe del questionario considerano riservata ogni informazione acquisita nello svolgimento dei propri compiti. Le relazioni di valutazione redatte dopo le visite in loco sono classificate EU RESTRICTED/RESTREINT UE conformemente alle norme vigenti in materia di sicurezza. La classificazione non preclude la trasmissione delle informazioni al Parlamento europeo. La trasmissione e il trattamento delle informazioni e dei documenti al Parlamento europeo a norma del presente regolamento devono essere conformi alle norme concernenti la trasmissione e il trattamento delle informazioni classificate applicabili tra il Parlamento europeo e la Commissione. La Commissione, consultato lo Stato membro interessato, decide quali parti della relazione di valutazione possono essere rese pubbliche.
Articolo 18
Condizioni di partecipazione del Regno Unito e dell’Irlanda
1. Gli esperti del Regno Unito e dell’Irlanda partecipano solo alla valutazione della parte dell’acquis di Schengen cui detti Stati membri sono stati autorizzati a partecipare.
2. Le valutazioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1 coprono solo l’applicazione effettiva ed efficace da parte del Regno Unito e dell’Irlanda della parte dell’acquis di Schengen cui detti Stati membri sono stati autorizzati a partecipare.
3. Il Regno Unito e l’Irlanda partecipano all’adozione delle raccomandazioni da parte del Consiglio, come previsto all’articolo 15, paragrafo 3, solo per quanto riguarda la parte dell’acquis di Schengen cui detti Stati membri sono stati autorizzati a partecipare.
Articolo 19
Informazioni ai parlamenti nazionali
La Commissione informa i parlamenti nazionali dei contenuti e dei risultati della valutazione.
Articolo 20
Relazione al Parlamento europeo e al Consiglio
Ogni anno la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione esauriente sulle valutazioni effettuate conformemente al presente regolamento. Tale relazione è pubblica e contiene informazioni riguardanti le valutazioni dell’anno precedente, le conclusioni tratte da ciascuna valutazione e lo stato d’avanzamento dei provvedimenti correttivi. La Commissione trasmette tale relazione ai parlamenti nazionali.
Articolo 21
Procedura del comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Qualora il comitato non esprima alcun parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l’articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 22
Riesame
La Commissione procede a un riesame del funzionamento del presente regolamento e presenta una relazione al Consiglio entro sei mesi dall’adozione di tutte le relazioni relative alle valutazioni contemplate dal primo programma di valutazione pluriennale di cui all’articolo 5, paragrafo 5. Tale riesame riguarda tutti gli elementi del presente regolamento, compreso il funzionamento delle procedure di adozione degli atti nell’ambito del meccanismo di valutazione. La Commissione trasmette la relazione al Parlamento europeo.
Articolo 23
Disposizioni transitorie e abrogazione
Fatti salvi il secondo e il terzo comma del presente paragrafo, la decisione del 16 settembre 1998 è abrogata con effetto a decorrere dal 26 novembre 2013.
La parte I della decisione di cui al primo comma deve continuare ad applicarsi fino al 1o gennaio 2016, per quanto riguarda le procedure di valutazione di uno Stato membro che sono già cominciate il 26 novembre 2013.
La parte II della decisione di cui al primo comma deve continuare ad applicarsi fino al 27 novembre 2014, per quanto riguarda le procedure di valutazione di uno Stato membro che sono già cominciate il 26 novembre 2013.
Articolo 24
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, conformemente ai trattati.
Fatto a Lussemburgo, il 7 ottobre 2013
Per il Consiglio
Il presidente
J. BERNATONIS
(1) Opinione del 12 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 138.
(3) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1.
(4) GU C 115 del 4.5.2010, pag. 1.
(5) Regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio, del 26 ottobre 2004, che istituisce un’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (GU L 349 del 25.11.2004, pag. 1).
(6) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.
(7) Decisione 2009/371/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (Europol) (GU L 121 del 15.5.2009, pag. 37).
(8) Decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1).
(9) GU L 131 dell’1.6.2000, pag. 43.
(10) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.
(11) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36.
(12) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.
(13) GU L 53 del 27.2.2008, pag. 52.
(14) GU L 53 del 27.2.2008, pag. 1.
(15) GU L 160 del 18.6.2011, pag. 21.
(16) GU L 160 del 18.6.2011, pag. 19.
Dichiarazione del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione
Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione si congratulano per l'adozione del regolamento che modifica il codice frontiere Schengen al fine di introdurre norme comuni sul ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne in circostanze eccezionali e del regolamento che istituisce un meccanismo di valutazione e monitoraggio per verificare l’applicazione dell'acquis di Schengen. Essi ritengono che questi nuovi meccanismi costituiscano una risposta adeguata all'invito espresso dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 24 giugno 2011 di migliorare la cooperazione e la fiducia reciproca tra gli Stati membri nello spazio Schengen e creare un sistema di monitoraggio e di valutazione efficace e affidabile che garantisca l'applicazione delle regole comuni e il rafforzamento, l'adeguamento e l'estensione dei criteri in base all'acquis dell'UE, pur ricordando che le frontiere esterne dell'Europa devono essere gestite in modo efficace e coerente, in base a responsabilità comune, solidarietà e cooperazione pratica.
Dichiarano che tale modifica del codice frontiere Schengen rafforzerà il coordinamento e la cooperazione a livello dell'Unione fornendo, da una parte, criteri per un eventuale ripristino dei controlli di frontiera da parte degli Stati membri e, dall'altra, un meccanismo dell'UE per rispondere alle situazioni di autentica criticità, ove il funzionamento globale dello spazio senza controlli alle frontiere interne sia messo a rischio.
Sottolineano che il nuovo sistema di valutazione è un meccanismo dell'UE che coprirà tutti gli aspetti dell'acquis di Schengen e coinvolgerà esperti degli Stati membri, della Commissione e delle pertinenti agenzie dell'UE.
Convengono che un'eventuale futura proposta della Commissione di modifica del presente sistema di valutazione sarà sottoposta al Parlamento europeo per consultazione allo scopo di tenere conto, nella più ampia misura possibile, del suo parere, prima dell'adozione di un testo definitivo. | Sistema di controllo per lo spazio senza frontiere dell'UE
Questa legge crea un quadro per un meccanismo di controllo specifico studiato per verificare l'applicazione della cosiddetta legislazione «Schengen» nell'Unione europea. Essa mira a garantire che siano effettivamente applicate norme elevate ed uniformi nei paesi dell'Unione europea (UE) dello spazio Schengen, un'area che comprende 26 paesi, 22 dei quali sono paesi dell'UE e 4 sono paesi terzi. In tale area non si applicano controlli alle frontiere interne.
ATTO
Regolamento (UE) n. 1053/2013 del Consiglio, del 7 ottobre 2013 , che istituisce un meccanismo di valutazione e di controllo per verificare l’applicazione dell’acquis di Schengen e che abroga la decisione del comitato esecutivo del 16 settembre 1998 che istituisce una Commissione permanente di valutazione e di applicazione di Schengen
SINTESI
L'obiettivo principale del meccanismo di valutazione e di controllo è quello di garantire un elevato livello di fiducia reciproca tra i paesi appartenenti allo «spazio Schengen» per quanto riguarda la loro capacità di applicare correttamente le norme pertinenti in tutti i campi della legislazione Schengen (l'«
acquis di Schengen»).
AMBITO DI APPLICAZIONE DEL MECCANISMO
Il meccanismo di valutazione copre tutti gli aspetti della legislazione in questo campo. Per quanto riguarda le frontiere, esso mira a coprire sia l'efficacia dei controlli di frontiera alle frontiere esterne, sia l'assenza di controlli alle frontiere interne.
I paesi dell'UE e la Commissione sono responsabili congiuntamente dell'attuazione di tutto il meccanismo, con la Commissione che fornisce un ruolo di coordinamento generale.
CONTROLLI CON O SENZA PREAVVISO
Per attuare il meccanismo di valutazione, si stabilisce un programma di valutazione pluriennale (5 anni) e un programma di valutazione annuale sotto il coordinamento della Commissione. Queste valutazioni dovrebbero svolgersi regolarmente sul territorio di tutti gli Stati Schengen, sotto forma di ispezioni con e senza preavviso.
PIANO D'AZIONE PER COLMARE LE CARENZE
Le valutazioni in loco devono essere effettuate da esperti appositamente formati e designati dai paesi dell'UE, selezionati in modo neutro, sulla base di un'analisi dei rischi condotta dall'Agenzia Frontex (relativamente alle frontiere esterne) e del supporto di Europol, Eurojust e di altri organismi pertinenti dell'UE nei settori contemplati dai rispettivi mandati.
A seguito di questa analisi e dei risultati dell'ispezione in loco, gli esperti redigono una relazione con il coordinamento della Commissione. Una serie di raccomandazioni può quindi essere inviata al paese dell'UE ispezionato. Qualora l'attuazione della legislazione di tale paese sia considerata carente o sia stata riscontrata una grave negligenza dei suoi obblighi, esso deve presentare un piano d'azione per colmare queste carenze.
CONTROLLO E FOLLOW-UP
Una relazione sull'attuazione di tale piano d'azione deve essere presentata ogni 6 mesi alla Commissione e agli altri paesi dell'UE per confermare che il paese UE monitorato abbia adottato i necessari provvedimenti e le misure atte a colmare le carenze. Una serie di altre relazioni periodiche possono seguire per monitorare l'attuazione delle misure. Se necessario, la Commissione può istituire nuove ispezioni di controllo.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Regolamento (UE) n. 1053/2013
26.11.2013.
-
GU L 295 6.11.2013, pagg. 27-37
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 1051/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che modifica il regolamento (CE) n. 562/2006 al fine di introdurre norme comuni sul ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne in circostanze eccezionali (Gazzetta ufficiale L 295 del 6.11.2013, pagg. 1-10). | 15,225 | 236 |
32001L0114 | false | Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana
Gazzetta ufficiale n. L 015 del 17/01/2002 pag. 0019 - 0023
Direttiva 2001/114/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da queste direttive devono conformarsi affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 76/118/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1975, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti taluni tipi di latte conservato potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) La direttiva 76/118/CEE è stata perciò concepita per definire taluni tipi di latte conservato e per stabilire norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità europea.(4) Detta direttiva dovrebbe essere adeguata alla normativa comunitaria generale relativa a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura, gli additivi autorizzati, le regole igieniche e le norme sanitarie fissate dalla direttiva 92/46/CEE(5).(5) Per motivi di chiarezza, occorre procedere alla rifusione della direttiva 76/118/CEE in un nuovo testo allo scopo di rendere più accessibili le norme sulle condizioni per la produzione e l'immissione in commercio di taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana.(6) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6), dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni.(7) Fatta salva la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, del 24 settembre 1990, relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari(7), l'aggiunta di vitamine ai prodotti di cui alla presente direttiva è autorizzata in alcuni Stati membri. Tuttavia non si può decidere di estendere tale possibilità a tutta la Comunità. Pertanto gli Stati membri sono liberi di autorizzare o vietare l'aggiunta di vitamine nelle loro produzioni nazionali, garantendo in ogni caso la libera circolazione delle merci all'interno della Comunità, conformemente alle norme e ai principi derivanti dal trattato.(8) Per i prodotti destinati ai lattanti, si applica la direttiva 91/321/CEE, del 14 maggio 1991, sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento(8).(9) Secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(10) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(9).(11) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato definiti nell'allegato I.Articolo 2Fatta salva la direttiva 90/496/CEE, gli Stati membri possono autorizzare l'aggiunta di vitamine ai prodotti definiti nell'allegato I.Articolo 3La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I alle condizioni seguenti:1) a) Le denominazioni di vendita di cui all'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e, salva la lettera b), sono utilizzate nel commercio per designarli.b) In alternativa alle denominazioni di cui alla lettera a), l'allegato II fornisce un elenco di denominazioni specifiche. Esse possono essere usate nella lingua ed alle condizioni ivi specificate.2) L'etichettatura indica la percentuale di grassi del latte espressa in peso in rapporto al prodotto finito, esclusi i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1, lettere d) e g) e punto 2, lettera d), nonché la percentuale di estratto secco senza grassi ottenuto dal latte per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1. Questa indicazione figura accanto alla denominazione di vendita.3) Per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 2, sull'etichettatura figurano le raccomandazioni concernenti il metodo di diluizione o di ricostituzione, ivi compresa l'indicazione del tenore di grassi del prodotto diluito o ricostituito.4) Nel caso in cui prodotti di peso unitario inferiore a 20 g siano condizionati in un imballaggio esterno, le indicazioni richieste dal presente articolo possono figurare solo su detto imballaggio esterno, ad eccezione della denominazione di vendita di cui al punto 1, lettera a).5) L'etichettatura dei prodotti definiti nell'allegato I, sezione 2 deve indicare che il prodotto "non è un alimento per lattanti minori di 12 mesi".Articolo 4Per i prodotti definiti negli allegati I e II, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 5Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alle procedure di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(10).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7La direttiva 76/118/CEE è abrogata a decorrere dal 17 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 8Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui all'allegato I, se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, entro il 17 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 17 luglio 2004.Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva ed etichettati entro il 17 luglio 2004 in conformità della direttiva 76/118/CEE, è autorizzata fino ad esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui sopra, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 20.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 24 del 30.1.1976, pag. 49. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU L 268 del 14.9.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/71/CE (GU L 368 del 31.12.1994, pag. 33).(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40.(8) GU L 175 del 4.7.1991, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 1999/50/CE (GU L 139 del 2.6.1999, pag. 29).(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(10) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONE E DEFINIZIONE DEI PRODOTTI1. Latte parzialmente disidratatoDesigna il prodotto liquido, con o senza aggiunta di zuccheri, ottenuto direttamente, mediante parziale eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato o da un miscuglio di tali prodotti, eventualmente con aggiunta di panna o di latte totalmente disidratato o di questi due prodotti; nel prodotto finito, l'aggiunta di latte totalmente disidratato non deve eccedere il 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato senza aggiunta di zuccheria) Latte concentrato ricco di grassiLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 15 % di grassi e non meno del 26,5 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.b) Latte concentrato o latte intero concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 7,5 % di grassi e non meno del 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.c) Latte parzialmente scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno del 7,5 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.d) Latte scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato con aggiunta di zuccherie) Latte concentrato zuccherato o latte intero concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'8 % di grassi e non meno del 28 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.f) Latte parzialmente scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno dell'8 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.g) Latte scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.2. Latte totalmente disidratatoDesigna il prodotto solido ottenuto direttamente mediante eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato, dalla panna o da un miscuglio di tali prodotti e il cui tenore di acqua è inferiore o uguale al 5 % in peso del prodotto finito.a) Latte in polvere ricco di grassi o polvere di latte ricco di grassiLatte disidratato con un tenore minimo di grassi del 42 % in peso.b) Latte in polvere, latte intero in polvere, polvere di latte o polvere di latte interoLatte disidratato con un tenore di grassi pari o superiore al 26 % e inferiore al 42 % in peso.c) Latte parzialmente scremato in polvere o polvere di latte parzialmente scrematoLatte disidratato il cui tenore di grassi è superiore all'1,5 % e inferiore al 26 % in peso.d) Latte scremato in polvere o polvere di latte scrematoLatte disidratato con un tenore massimo di grassi dell'1,5 % in peso.3. Trattamentia) Per la fabbricazione dei prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g), è autorizzato il trattamento mediante lattosio in quantità aggiuntiva non superiore allo 0,03 % in peso.b) Fatta salva la direttiva 92/46/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1992, che stabilisce le norme sanitarie per la produzione e la commercializzazione di latte crudo, di latte trattato termicamente e di prodotti a base di latte, la conservazione dei prodotti di cui ai punti 1 e 2 si ottiene:- mediante trattamento termico (sterilizzazione, UHT, ecc.), per i prodotti di cui al punto 1, lettere da a) a d),- mediante aggiunta di saccarosio, per i prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g),- mediante disidratazione, per i prodotti di cui al punto 2.4. Aggiunte autorizzateConformemente all'articolo 2, l'aggiunta di vitamine è autorizzata per i prodotti definiti nel presente allegato, fatta salva la direttiva 90/496/CEE.ALLEGATO IIDENOMINAZIONI SPECIFICHE PER TALUNI PRODOTTI FIGURANTI NELL'ALLEGATO Ia) In lingua inglese l'espressione "evaporated milk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b) contenente, in peso, non meno del 9 % di grassi e del 31 % di estratto secco totale ottenuto dal latte;b) in lingua francese le espressioni "lait demi-écrémé concentré" e "lait demi-écrémé concentré non sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche evaporada semidesnatada" e in lingua olandese le espressioni "geëvaporeerde halfvolle melk" o "halfvolle koffiemelk", e in lingua inglese l'espressione "evaporated semi-skimmed milk" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera c) contenente, in peso, tra il 4 % ed il 4,5 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale;c) in lingua danese l'espressione "kondenseret kaffefløde" e in lingua tedesca l'espressione "kondensierte Kaffeesahne" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera a);d) in lingua danese l'espressione "flødepulver", in lingua tedesca le espressioni "Rahmpulver" e "Sahnepulver", in lingua francese l'espressione "crème en poudre", in lingua olandese l'espressione "roompoeder", in lingua svedese l'espressione "gräddpulver" e in lingua finlandese l'espressione "kermajauhe" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera a);e) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé concentré sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche condensada semidesnatada" e in lingua olandese l'espressione "gecondenseerde halfvolle melk met suiker" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera f) con un tenore di grassi, in peso, compreso tra il 4 % ed il 4,5 % e di estratto secco totale ottenuto dal latte non inferiore al 28 %;f) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé en poudre" e in lingua olandese l'espressione "halfvolle-melkpoeder" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 14 % e il 16 %;g) in portoghese l'espressione "leite em pó meio gordo" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 13 % e il 26 %;h) in lingua olandese l'espressione "koffiemelk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b);i) in lingua finlandese l'espressione "rasvaton maitojauhe" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera d);j) in lingua spagnola l'espressione "leche en polvo semidesnatada" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 10 % e il 16 %. | Latte conservato
Il latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato al consumo umano deve essere conforme alle specifiche disposizioni previste dalla direttiva 2001/114/CE. Tali disposizioni completano le regole generali di etichettatura dei prodotti alimentari previste dal diritto comunitario.
ATTO
Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana [Cfr. atto(i) modificativo(i)].
SINTESI
Il latte conservato è definito in base alla composizione e ai processi di preparazione, al fine di promuovere un uso commerciale corretto e non fuorviante nelle rispettive denominazioni.
Latte conservato
I prodotti oggetto della presente direttiva sono:
il latte parzialmente disidratato (zuccherato o meno);
il latte totalmente disidratato (contenente differenti percentuali di grasso).
Inoltre, la direttiva definisce le denominazioni specifiche utilizzate in alcuni paesi e in certe lingue (Cfr. allegato II della direttiva).
Etichettatura
La presente direttiva stabilisce le disposizioni specifiche per l'etichettatura del latte conservato. Tali disposizioni si applicano fatte salve le norme generali in materia di etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari. L'etichettatura del latte conservato deve contenere:
la percentuale di grasso (ad eccezione del latte condensato, del latte concentrato scremato e del latte in polvere parzialmente scremato);
la percentuale di latte solido non grasso (per i diversi tipi di latte parzialmente disidratato);
il metodo di diluizione o di ricostituzione (per il latte in polvere);
che il prodotto non è inteso per l'alimentazione dei neonati sotto i dodici mesi (per il latte in polvere).
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2001/114/CE
17.1.2002
17.7.2003
GU L 15 del 17.1.2002
Atto(i) modificativo(i)
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2007/61/CE
7.10.2007
31.8.2008
GU L 258 del 4.10.2007
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n.
1021/2013
del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013].
Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati. | 6,372 | 679 |
32002L0014 | false | Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulla rappresentanza dei lavoratori
Gazzetta ufficiale n. L 080 del 23/03/2002 pag. 0029 - 0034
Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consigliodell'11 marzo 2002che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratoriIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare l'articolo 137, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 251(4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 23 gennaio 2002,considerando quanto segue:(1) Ai sensi dell'articolo 136 del trattato, la Comunità e gli Stati membri si prefiggono in particolare di promuovere il dialogo sociale.(2) Il punto 17 della carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori prevede, tra l'altro, che occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.(3) La Commissione ha consultato le parti sociali a livello comunitario sul possibile orientamento di un'azione comunitaria in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori nelle imprese della Comunità.(4) La Commissione, a seguito di tale consultazione, ha ritenuto che un'azione comunitaria fosse auspicabile ed ha nuovamente consultato le parti sociali sul contenuto della proposta prevista. Queste hanno trasmesso alla Commissione i loro pareri.(5) Al termine di tale seconda fase di consultazione le parti sociali non hanno informato la Commissione della loro volontà di avviare il processo che potrebbe condurre alla conclusione di un accordo.(6) L'esistenza di quadri giuridici a livello comunitario e nazionale, intesi a garantire il coinvolgimento dei lavoratori nell'andamento delle imprese e nelle decisioni che li riguardano, non ha sempre impedito che decisioni gravi che interessavano dei lavoratori fossero adottate e rese pubbliche senza che fossero state preventivamente osservate procedure adeguate di informazione e di consultazione.(7) Occorre intensificare il dialogo sociale e le relazioni di fiducia nell'ambito dell'impresa per favorire l'anticipazione dei rischi, sviluppare la flessibilità dell'organizzazione del lavoro e agevolare l'accesso dei lavoratori alla formazione nell'ambito dell'impresa in un quadro di sicurezza, promuovere la sensibilizzazione dei lavoratori alle necessità di adattamento, aumentare la disponibilità dei lavoratori ad impegnarsi in misure e azioni intese a rafforzare la loro occupabilità, promuovere il coinvolgimento dei lavoratori nella conduzione dell'impresa e nella determinazione del suo futuro, nonché rafforzare la competitività dell'impresa.(8) Occorre, in particolare, promuovere e intensificare l'informazione e la consultazione sulla situazione e l'evoluzione probabile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa, nonché, quando dalla valutazione effettuata dal datore di lavoro risulta che l'occupazione nell'ambito dell'impresa può essere minacciata, sulle eventuali misure anticipatrici previste, segnatamente in termini di formazione e di miglioramento delle competenze dei lavoratori, al fine di evitare tali effetti negativi o attenuarne le conseguenze e di rafforzare l'occupabilità e l'adattabilità dei lavoratori suscettibili di essere interessati da tali effetti.(9) L'informazione e la consultazione in tempo utile costituiscono una condizione preliminare del successo dei processi di ristrutturazione e di adattamento delle imprese alle nuove condizioni indotte dalla globalizzazione dell'economia, in particolare mediante lo sviluppo di nuove procedure di organizzazione del lavoro.(10) La Comunità ha definito e attua una strategia per l'occupazione, imperniata sui concetti di anticipazione, prevenzione e occupabilità, che si desidera integrare quali elementi fondamentali in tutte le politiche pubbliche suscettibili di incidere positivamente sull'occupazione, anche a livello delle imprese, attraverso l'intensificazione del dialogo sociale, al fine di facilitare un cambiamento coerente con il mantenimento dell'obiettivo prioritario dell'occupazione.(11) Lo sviluppo del mercato interno deve realizzarsi in modo armonioso, preservando i valori essenziali sui quali si basano le nostre società, in particolare facendo beneficiare tutti i cittadini dello sviluppo economico.(12) L'ingresso nella terza fase dell'unione economica e monetaria comporterà l'approfondimento e l'accelerazione delle pressioni competitive a livello europeo, esigendo un accompagnamento sociale più intenso a livello nazionale.(13) I quadri giuridici in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori esistenti a livello comunitario e nazionale sono spesso eccessivamente orientati al trattamento a posteriori dei processi di cambiamento, trascurano i fattori economici delle decisioni e non favoriscono una reale anticipazione dell'evoluzione dell'occupazione nell'ambito dell'impresa e la prevenzione dei rischi.(14) Il complesso di queste evoluzioni politiche, economiche, sociali e giuridiche impone un adattamento del quadro giuridico esistente, che prevede strumenti giuridici e pratici che consentano l'esercizio del diritto all'informazione e alla consultazione.(15) La presente direttiva non pregiudica i sistemi nazionali in cui l'esercizio concreto di tale diritto implica una manifestazione collettiva di volontà da parte dei relativi titolari.(16) La presente direttiva non pregiudica i sistemi che prevedono dispositivi di coinvolgimento diretto dei lavoratori, a condizione che questi possano in tutti i casi scegliere di esercitare il loro diritto all'informazione e alla consultazione tramite i rispettivi rappresentanti.(17) Poiché gli scopi dell'azione proposta, precedentemente menzionati, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri, trattandosi di stabilire un quadro per l'informazione e la consultazione dei lavoratori adeguato al nuovo contesto europeo sopra descritto, e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione prevista, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(18) Con tale quadro generale ci si prefigge di definire prescrizioni minime applicabili ovunque nella Comunità senza impedire agli Stati membri di prevedere disposizioni più favorevoli per i lavoratori.(19) Con tale quadro generale si intende altresì evitare vincoli amministrativi, finanziari e giuridici tali da contrastare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese. Sembra appropriato, di conseguenza, limitare il campo d'applicazione della presente direttiva, secondo la scelta fatta dagli Stati membri, alle imprese che impiegano almeno 50 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 20 addetti.(20) Ciò tiene conto, senza recare pregiudizio, di altre misure e prassi nazionali volte a promuovere il dialogo sociale nelle imprese non coperte dalla presente direttiva, nonché nelle amministrazioni pubbliche.(21) Tuttavia, in via transitoria, gli Stati membri in cui non esiste un sistema istituzionale di informazione e consultazione dei lavoratori o un sistema di rappresentanza dei lavoratori dovrebbero avere la possibilità di limitare ulteriormente il campo di applicazione della presente direttiva in relazione al numero dei lavoratori.(22) Il quadro comunitario in questo settore dovrebbe limitare al livello minimo possibile gli oneri imposti alle imprese e agli stabilimenti, pur garantendo l'esercizio effettivo dei diritti accordati.(23) L'obiettivo di cui alla presente direttiva sarà raggiunto mediante l'instaurazione di un quadro generale che comprende i principi, le definizioni e le modalità dell'informazione e della consultazione, che spetterà agli Stati membri rendere concreti e adattare alle realtà nazionali, se del caso assegnando alle parti sociali un ruolo di rilievo che permetta loro di definire in piena libertà, mediante accordo, le modalità di informazione e di consultazione più conformi alle loro necessità e ai loro desideri.(24) È opportuno non incidere su un certo numero di specificità nel settore dell'informazione e della consultazione dei lavoratori che sussistono in alcuni diritti nazionali e di cui beneficiano le imprese che perseguono fini politici, di organizzazione professionale, confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici, nonché fini di informazione o di espressione di opinioni.(25) Occorre proteggere le imprese e gli stabilimenti dalla divulgazione di talune informazioni particolarmente sensibili.(26) È opportuno consentire al datore di lavoro di non informare né consultare allorquando ciò nuocerebbe gravemente all'impresa o allorquando è tenuto a dare immediato seguito ad un'ingiunzione rivoltagli da un'autorità di controllo o di supervisione.(27) L'informazione e la consultazione comportano diritti e responsabilità per le parti sociali a livello dell'impresa o dello stabilimento.(28) Devono essere applicabili procedure amministrative o giudiziarie, nonché sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate alla gravità delle infrazioni, in caso di violazione degli obblighi ai sensi della presente direttiva.(29) La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare le disposizioni, qualora siano più specifiche, della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(5), e della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti(6).(30) La presente direttiva non dovrebbe incidere su altri diritti di informazione e di consultazione dei lavoratori, compresi quelli che derivano dalla direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie per informare e consultare i lavoratori(7).(31) L'applicazione delle disposizioni della presente direttiva non dovrebbe costituire una ragione sufficiente per giustificare una riduzione generale della protezione dei lavoratori nei settori da essa contemplati,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Oggetto e principi1. La presente direttiva si prefigge di istituire un quadro generale che stabilisca prescrizioni minime riguardo al diritto all'informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese o stabilimenti situati nella Comunità.2. Le modalità di informazione e di consultazione sono definite e applicate, in conformità della legislazione nazionale e delle prassi in materia di rapporti di lavoro vigenti nei singoli Stati membri, in modo tale da garantire l'efficacia dell'iniziativa.3. In occasione della definizione o dell'applicazione delle modalità di informazione e di consultazione, il datore di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori operano in uno spirito di cooperazione nel rispetto dei loro diritti e obblighi reciproci, tenendo conto nel contempo degli interessi dell'impresa o dello stabilimento e di quelli dei lavoratori.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si intende per:a) "imprese", le imprese pubbliche o private che esercitano un'attività economica, che perseguano o meno fini di lucro, situate sul territorio degli Stati membri;b) "stabilimento", una unità di attività definita conformemente alle leggi e prassi nazionali situata sul territorio di uno Stato membro e nella quale l'attività economica è svolta in modo stabile con l'ausilio di risorse umane e materiali;c) "datore di lavoro", la persona fisica o giuridica parte dei contratti o rapporti di lavoro con i lavoratori, conformemente alle leggi e prassi nazionali;d) "lavoratore", ogni persona che nello Stato membro interessato, è tutelata come un lavoratore nell'ambito del diritto nazionale del lavoro e conformemente alle prassi nazionali;e) "rappresentanti dei lavoratori", i rappresentanti dei lavoratori previsti dalle leggi e/o prassi nazionali;f) "informazione", la trasmissione di dati da parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentir loro di prendere conoscenza della questione trattata e esaminarla;g) "consultazione", lo scambio di opinioni e l'instaurazione di un dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e il datore di lavoro.Articolo 3Campo di applicazione1. La presente direttiva si applica, a seconda della scelta fatta dagli Stati membri:a) alle imprese che impiegano in uno Stato membro almeno 50 addetti ob) agli stabilimenti che impiegano in uno Stato membro almeno 20 addetti.Gli Stati membri determinano le modalità di calcolo delle soglie di lavoratori impiegati.2. Nel rispetto dei principi e degli obiettivi di cui alla presente direttiva, gli Stati membri possono prevedere disposizioni specifiche applicabili alle imprese o agli stabilimenti che perseguono direttamente e principalmente fini politici, di organizzazione professionale, confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici, nonché fini d'informazione o espressione di opinioni, a condizione che, alla data di entrata in vigore della presente direttiva, tali disposizioni particolari esistano già nel diritto nazionale.3. Gli Stati membri possono prevedere, in deroga alla presente direttiva, disposizioni particolari applicabili agli equipaggi delle navi d'alto mare.Articolo 4Modalità dell'informazione e della consultazione1. Nel rispetto dei principi enunciati all'articolo 1 e fatte salve le disposizioni e/o prassi in vigore più favorevoli ai lavoratori, gli Stati membri determinano le modalità di esercizio del diritto all'informazione e alla consultazione al livello adeguato in conformità del presente articolo.2. L'informazione e la consultazione riguardano:a) l'informazione sull'evoluzione recente e quella probabile delle attività dell'impresa o dello stabilimento e della situazione economica;b) l'informazione e la consultazione sulla situazione, la struttura e l'evoluzione probabile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa o dello stabilimento, nonché sulle eventuali misure anticipatrici previste, segnatamente in caso di minaccia per l'occupazione;c) l'informazione e la consultazione sulle decisioni suscettibili di comportare cambiamenti di rilievo in materia di organizzazione del lavoro, nonché di contratti di lavoro, comprese quelle di cui alle disposizioni comunitarie citate all'articolo 9, paragrafo 1.3. L'informazione avviene ad un dato momento, secondo modalità e con un contenuto appropriati, suscettibili in particolare di permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere ad un esame adeguato e di preparare, se del caso, la consultazione.4. La consultazione avviene:a) assicurando che la scelta del momento, le modalità e il contenuto siano appropriati;b) al livello pertinente di direzione e di rappresentanza, in funzione dell'argomento trattato;c) sulla base delle informazioni pertinenti fornite dal datore di lavoro, in conformità dell'articolo 2, lettera f), e del parere che i rappresentanti dei lavoratori hanno il diritto di formulare;d) in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di avere un incontro con il datore di lavoro e di ottenere una risposta motivata al loro eventuale parere;e) al fine di ricercare un accordo sulle decisioni che dipendono dal potere di direzione del datore di lavoro di cui al paragrafo 2, lettera c).Articolo 5Informazione e consultazione che derivano da un accordoGli Stati membri possono affidare alle parti sociali al livello adeguato, anche a livello dell'impresa o dello stabilimento, il compito di definire liberamente e in qualsiasi momento mediante accordo negoziato le modalità di informazione e consultazione dei lavoratori. Tali accordi nonché gli accordi esistenti alla data di cui all'articolo 11 così come le eventuali proroghe dei medesimi, possono prevedere, nel rispetto dei principi enunciati all'articolo 1 e alle condizioni e nei limiti definiti dagli Stati membri, disposizioni diverse da quelle di cui all'articolo 4.Articolo 6Informazioni riservate1. Gli Stati membri dispongono che, nelle condizioni e nei limiti stabiliti dalle legislazioni nazionali, i rappresentanti dei lavoratori, nonché gli esperti che eventualmente li assistono, non siano autorizzati a rivelare né ai lavoratori né a terzi, informazioni che siano state loro espressamente fornite in via riservata, nel legittimo interesse dell'impresa o dello stabilimento. Tale obbligo sussiste anche al termine del loro mandato, a prescindere dal luogo in cui si trovino. Uno Stato membro può tuttavia autorizzare i rappresentanti dei lavoratori e eventuali loro consulenti a trasmettere informazioni riservate a lavoratori o a terzi vincolati da un obbligo di riservatezza.2. Gli Stati membri dispongono che, in casi specifici e nelle condizioni e limiti stabiliti dalle legislazioni nazionali, il datore di lavoro non sia obbligato a comunicare informazioni o a procedere a consultazioni che, secondo criteri obiettivi, siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento delle imprese o degli stabilimenti interessati o da arrecare loro danno.3. Fatte salve le procedure nazionali esistenti gli Stati membri prevedono procedure amministrative o giudiziarie di ricorso qualora il datore di lavoro esiga la riservatezza o non fornisca informazioni in conformità dei paragrafi 1 e 2. Essi possono prevedere inoltre procedure destinate a salvaguardare la riservatezza delle informazioni in questione.Articolo 7Protezione dei rappresentanti dei lavoratoriGli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori godano, nell'esercizio delle loro funzioni, di una protezione e di garanzie sufficienti a permettere loro di realizzare in modo adeguato i compiti che sono stati loro affidati.Articolo 8Difesa dei diritti1. Gli Stati membri dispongono misure idonee in caso di inosservanza della presente direttiva da parte del datore di lavoro o dei rappresentanti dei lavoratori. In particolare, essi si adoperano affinché sussistano procedure amministrative o giudiziarie intese a fare rispettare gli obblighi che derivano dalla presente direttiva.2. Gli Stati membri dispongono sanzioni adeguate applicabili in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva da parte del datore di lavoro o dei rappresentanti dei lavoratori. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 9Relazione tra la presente direttiva e altre disposizioni comunitarie e nazionali1. La presente direttiva non pregiudica le procedure specifiche di informazione e consultazione di cui all'articolo 2 della direttiva 98/59/CE e all'articolo 7 della direttiva 2001/23/CE.2. La presente direttiva non pregiudica i provvedimenti adottati in base alle direttive 94/45/CE e 97/74/CE.3. La presente direttiva non pregiudica altri diritti in materia di informazione, consultazione e partecipazione vigenti negli ordinamenti nazionali.4. L'applicazione della presente direttiva non costituisce una ragione sufficiente a giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente negli Stati membri per quanto attiene al livello generale di protezione dei lavoratori nel settore contemplato dalla direttiva stessa.Articolo 10Misure transitorieFatto salvo l'articolo 3 uno Stato membro in cui, alla data dell'entrata in vigore della presente direttiva, non esiste un regime legale, generale e permanente di informazione e consultazione dei lavoratori, né un regime legale, generale e permanente di rappresentanza dei lavoratori sul luogo di lavoro che consenta ai lavoratori di essere rappresentati a tale scopo, può limitare l'applicazione delle disposizioni nazionali che attuano la presente direttiva:a) alle imprese che impiegano almeno 150 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 100 addetti fino al 23 marzo 2007; eb) alle imprese che impiegano almeno 100 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 50 addetti nell'anno successivo alla data di cui alla lettera a).Articolo 11Recepimento della direttiva1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 marzo 2005, o si accertano che le parti sociali entro tale data mettano in atto di comune accordo le disposizioni necessarie. Gli Stati membri devono adottare tutte le disposizioni necessarie che permettano loro di essere in qualsiasi momento in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 12Verifica da parte della CommissioneEntro il 23 marzo 2007, la Commissione riesamina, in consultazione con gli Stati membri e le parti sociali a livello comunitario, l'applicazione della presente direttiva e propone al Consiglio, se del caso, le necessarie modifiche.Articolo 13Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 11 marzo 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué i Camps(1) GU C 2 del 5.1.1999, pag. 3.(2) GU C 258 del 10.9.1999, pag. 24.(3) GU C 144 del 16.5.2001, pag. 58.(4) Parere del Parlamento europeo del 14 aprile 1999 (GU C 219 del 30.7.1999, pag. 223), confermato il 16 settembre 1999 (GU C 54 del 25.2.2000, pag. 55). Posizione comune del Consiglio del 27 luglio 2001 (GU C 307 del 31.10.2001, pag. 16) e decisione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2002 e decisione del Consiglio del 18 febbraio 2002.(5) GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16.(6) GU L 82 del 22.3.2001, pag. 16.(7) GU L 254 del 30.9.1994, pag. 64. Direttiva modificata dalla direttiva 97/74/CE (GU L 10 del 16.1.1998, pag. 22).Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissionesulla rappresentanza dei lavoratori"Per quanto riguarda la rappresentanza dei lavoratori, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione rammentano le sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee dell'8 giugno 1994 nelle cause C-382/92 (Mantenimento dei diritti dei lavoratori nel caso di trasferimenti di imprese) e C-383/92 (Licenziamenti collettivi)" | Norme generali dell'UE sull'informazione e consultazione dei lavoratori
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce i principi generali relativi ai diritti minimi di informazione* e consultazione* dei lavoratori nelle imprese con sede nell'Unione europea (UE). La legislazione nazionale e la prassi delle relazioni industriali determinano il modo in cui tali principi vengono applicati.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell'UE possono:
scegliere se la normativa si applichi alle imprese con almeno 50 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 20 addetti;
prevedere norme specifiche per le imprese che perseguono principalmente fini politici, di organizzazione professionale, confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici;
disporre che il datore di lavoro non sia obbligato a informare o consultare i rappresentanti dei lavoratori qualora ciò crei notevoli difficoltà al funzionamento dell'impresa.
L'informazione e la consultazione riguardano i dati dell'impresa relativi:
all'evoluzione recente e probabile delle attività e la situazione economica;
alla struttura e all'evoluzione probabile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa, segnatamente in caso di minaccia per l'occupazione;
alle decisioni che potrebbero comportare cambiamenti in materia di organizzazione del lavoro o di contratti di lavoro.
La consultazione deve avvenire:
assicurando che il momento, le modalità e il contenuto siano appropriati;
al livello pertinente di direzione e di rappresentanza dei lavoratori, in funzione dell'argomento trattato;
sulla base delle informazioni fornite dal datore di lavoro e del parere dei rappresentanti dei lavoratori;
in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di avere un incontro con il datore di lavoro e di ottenere una risposta al loro eventuale parere;
al fine di ricercare un accordo sulle decisioni che potrebbero comportare cambiamenti in materia di organizzazione del lavoro o di contratti di lavoro.
I rappresentanti dei lavoratori e i loro consulenti non devono rivelare alcuna informazione che sia stata loro fornita in via riservata.
La normativa originaria concedeva ai paesi dell'UE la possibilità di escludere gli equipaggi delle navi d'alto mare. Tale esenzione è stata rimossa da una modifica del 2015.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 23 marzo 2002. I paesi dell'UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 23 marzo 2005.
CONTESTO
All'inizio del 2015, la Commissione europea ha consultato i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori sull'opportunità di fondere le tre direttive seguenti in un unico testo legislativo: il quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori, i licenziamenti collettivi e i trasferimenti delle imprese.
Tale esercizio sta inoltre considerando la possibilità di allineare meglio i concetti di «informazione» e «consultazione».
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Informazione e consultazione dei lavoratori» sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
Informazione: dati trasmessi dal datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentir loro di prendere conoscenza di una questione ed esaminarla.
Consultazione: scambio di opinioni e instaurazione di un dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e il datore di lavoro.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulla rappresentanza dei lavoratori (GU L 80 del 23.3.2002, pag. 29-34)
Le modifiche e correzioni successive alla direttiva 2002/14/CE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Documento a fini di consultazione: Prima fase di consultazione delle parti sociali ai sensi dell'articolo 154 TFUE sul consolidamento delle direttive UE relative all'informazione e alla consultazione dei lavoratori (C(2015) 2303 final del 10.4.2015) | 7,917 | 554 |
32015D1339 | false | DECISIONE (UE) 2015/1339 DEL CONSIGLIO
del 13 luglio 2015
concernente la conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 192, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l'approvazione del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Alla conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha nel dicembre 2012, le parti del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (il «protocollo di Kyoto») hanno adottato l'emendamento di Doha, che istituisce il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto, che inizia il 1o gennaio 2013 e termina il 31 dicembre 2020 (l'«emendamento di Doha»). L'emendamento di Doha modifica l'allegato B del protocollo di Kyoto, imponendo ulteriori impegni giuridicamente vincolanti in materia di mitigazione per le parti elencate in tale allegato e modificando e definendo ulteriori disposizioni sull'attuazione degli impegni in materia di mitigazione durante il secondo periodo di impegno.
(2)
L'Unione e i suoi Stati membri hanno accettato l'emendamento di Doha come parte di un pacchetto mediante cui le parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (la «convenzione») hanno accettato di adottare, entro la fine del 2015, un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato convenuto giuridicamente vincolante nell'ambito della convenzione applicabile a tutte le parti, che dovrebbe entrare in vigore ed essere attuato a partire dal 2020. I negoziati concernenti questo strumento giuridicamente vincolante sono in corso nell'ambito del gruppo di lavoro ad hoc sulla piattaforma di Durban per un'azione rafforzata.
(3)
L'emendamento di Doha è soggetto all'accettazione delle parti del protocollo di Kyoto, ed entrerà in vigore, per le parti che lo accettano, il novantesimo giorno successivo alla data di ricevimento da parte del depositario della convenzione degli strumenti di accettazione di almeno tre quarti delle parti del protocollo di Kyoto. Complessivamente occorrono 144 strumenti di accettazione per l'entrata in vigore dell'emendamento di Doha.
(4)
Nelle conclusioni del 9 marzo 2012, il Consiglio ha accettato di proporre per l'Unione ed i suoi Stati membri un impegno quantificato congiunto di riduzione delle emissioni del 20 % per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto. Tale impegno è stato determinato in base alle emissioni complessive di gas a effetto serra autorizzate per il periodo 2013-2020 nell'ambito del pacchetto «clima ed energia» (2).
(5)
In linea con questo approccio, il Consiglio ha inoltre convenuto che gli obblighi di riduzione delle emissioni dei singoli Stati membri non devono superare gli obblighi loro imposti dalla legislazione dell'Unione e che l'impegno deve essere basato sul totale delle emissioni dell'anno di riferimento degli Stati membri conformemente al protocollo di Kyoto. Di conseguenza, l'Unione e i suoi Stati membri hanno concordato alla conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha un impegno quantificato di riduzione delle emissioni che limita le loro emissioni medie annue di gas serra durante il secondo periodo di impegno all'80 % del totale dei loro emissioni dell'anno di riferimento. Questo impegno è ripreso nell'emendamento di Doha.
(6)
In linea con le conclusioni del Consiglio del 9 marzo 2012, l'Unione ed i suoi Stati membri hanno inoltre proposto di portare al 30 % l'obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, nell'ambito di un accordo mondiale globale per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri paesi industrializzati si impegnino a realizzare riduzioni comparabili e che i paesi in via di sviluppo contribuiscano adeguatamente, in funzione delle loro responsabilità e capacità. Questa proposta è altresì ripresa nell'emendamento di Doha.
(7)
Gli obiettivi stabiliti per l'Unione e i suoi Stati membri sono elencati nell'emendamento di Doha con una nota a piè di pagina che precisa che tali obiettivi si fondano sul presupposto che saranno conseguiti congiuntamente dall'Unione europea e dai suoi Stati membri, ai sensi dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto. L'Unione, gli Stati membri, la Croazia e l'Islanda, dopo l'adozione dell'emendamento di Doha, hanno elaborato una dichiarazione congiunta nella quale esprimono la loro intenzione di rispettare congiuntamente gli impegni per il secondo periodo di impegno. La dichiarazione è menzionata nella relazione della conferenza ed à stata ribadita nelle conclusioni del Consiglio del 17 dicembre 2012.
(8)
Nel decidere di adempiere congiuntamente agli impegni assunti ai sensi dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto, l'Unione e i suoi Stati membri sono congiuntamente responsabili, ai sensi del paragrafo 6 di tale articolo e a norma dell'articolo 24, paragrafo 2, del protocollo di Kyoto, dell'adempimento dell'impegno quantificato di riduzione delle emissioni assunto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1 bis, del protocollo di Kyoto. Di conseguenza, conformemente all'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, gli Stati membri, a titolo individuale e collettivamente, hanno l'obbligo di adottare tutte le misure appropriate, di carattere generale o particolare, per assicurare l'esecuzione degli obblighi risultanti dagli atti delle istituzioni dell'Unione, facilitare l'adempimento di tale impegno e astenersi da qualsiasi misura che rischi di comprometterne la realizzazione.
(9)
Nella stessa dichiarazione, l'Unione, i suoi Stati membri, la Croazia e l'Islanda hanno dichiarato, conformemente all'articolo 4, paragrafo 1, del protocollo di Kyoto che autorizza le parti ad adempiere congiuntamente agli impegni assunti a norma dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto, che l'articolo 3, paragrafo 7 ter, del protocollo di Kyoto si applicherà alla quantità assegnata congiuntamente conformemente all'accordo sull'adempimento congiunto da parte dell'Unione, dei suoi Stati membri, della Croazia e dell'Islanda, ma non si applicherà agli Stati membri, alla Croazia o all'Islanda considerati individualmente. Il Consiglio, in occasione della riunione del 15 dicembre 2009, ha accolto favorevolmente la richiesta da parte dell'Islanda di adempiere ai suoi impegni nell'ambito di un secondo periodo di impegno congiuntamente con l'Unione e i suoi Stati membri e ha invitato la Commissione a presentare una raccomandazione concernente l'avvio dei negoziati necessari in vista di un accordo con l'Islanda, che sia in linea con i principi e i criteri stabiliti nel pacchetto «clima ed energia» dell'Unione. L'accordo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Islanda, dall'altra parte, per quanto riguarda la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto (3), definisce le modalità di tale partecipazione («accordo con l'Islanda»).
(10)
Il protocollo di Kyoto stabilisce che le parti che decidono di adempiere congiuntamente ai loro impegni a norma dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto, sono tenute a definire in tale accordo per l'adempimento congiunto il livello rispettivo di emissioni assegnato a ciascuna delle parti. L'articolo 4 del protocollo di Kyoto impone alle parti di un accordo sull'adempimento congiunto di notificare al segretariato della convenzione i termini di tale accordo al momento del deposito dei loro strumenti di ratifica o di approvazione.
(11)
A norma della convenzione e del protocollo di Kyoto, gli Stati membri sono i principali responsabili delle loro emissioni. Al fine di agevolare la contabilità ed il rispetto degli obblighi nel corso del secondo periodo di impegno, essi hanno deciso di affidare all'Unione la gestione di parte delle unità di quantità assegnate istituendo una quantità assegnata per l'Unione.
(12)
In linea con la legislazione vigente dell'Unione, il livello rispettivo di emissioni assegnato all'Unione riguarda le emissioni di gas a effetto serra disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), nella misura in cui tali emissioni sono riprese nell'allegato A del protocollo di Kyoto.
(13)
I rispettivi livelli di emissioni degli Stati membri e dell'Islanda riguardano le emissioni di gas a effetto serra dalle fonti e gli assorbimenti tramite pozzi che si verificano nel loro territorio, laddove queste fonti e questi assorbimenti non sono disciplinati dalla direttiva 2003/87/CE, ma contemplati dal protocollo di Kyoto. Ciò include tutte le emissioni provenienti da fonti e gli assorbimenti tramite pozzi risultanti da attività umane legate alla destinazione dei suoli, al cambiamento della destinazione dei suoli e alla silvicoltura (LULUCF — land use, land-use change and forestry) di cui all'articolo 3, paragrafi 3 e 4, del protocollo di Kyoto, prese in considerazione dai rispettivi Stati membri e dall'Islanda, e dell'insieme delle emissioni di trifluoruro di azoto (NF3).
(14)
Eventuali quantità di emissioni nette dovute alle attività LULUCF e di NF3 in uno Stato membro possono essere compensate mediante risultati superiori registrati da tale Stato membro in altri settori non coperti dal sistema di scambio di quote di emissione dell'Unione europea o mediante l'utilizzo dei meccanismi di flessibilità del protocollo di Kyoto. Uno Stato membro può anche utilizzare dei diritti di emissione eccedentari riportati dal primo periodo di impegno e conservati nella riserva di unità eccedentarie del periodo precedente per coprire emissioni dovute alle attività LULUCF e di NF3, nella misura in cui le sue emissioni superano le sue unità di quantità assegnate. Qualora emerga che uno Stato membro, pur attuando politiche efficaci per limitarle, si trova comunque a far fronte ad emissioni nette significative ed impreviste dovute alle attività LULUCF e di NF3, la Commissione dovrebbe valutare ulteriori opzioni per assistere tali Stati membri.
(15)
In linea con le conclusioni del Consiglio del 9 marzo 2012 e la proposta dell'Unione e dei suoi Stati membri di assumersi un obiettivo dell'80 % nell'ambito del secondo periodo d'impegno, i livelli di emissione degli Stati membri corrispondono alla somma delle loro assegnazioni annuali di quote di emissione per il periodo dal 2013 al 2020, determinate a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5). Tale quantitativo è calcolato sulla base dei valori di potenziale di riscaldamento globale tratti dalla quarta relazione di valutazione dell'IPCC, come stabilito nell'allegato II della decisione 2013/162/UE della Commissione (6) e adeguato in base alla decisione di esecuzione 2013/634/UE della Commissione (7). Il livello delle emissioni per l'Islanda è stato stabilito nell'accordo con l'Islanda.
(16)
In conformità del considerando 11 le unità di quantità assegnate disponibili nel registro dell'Unione alla fine del secondo periodo di impegno dovrebbero essere restituite ai registri degli Stati membri dopo che l'Unione ha assolto al suo obbligo ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e fatto salvo l'articolo 10, paragrafo 7, di tale regolamento. La ripartizione delle unità di quantità assegnate restituite riguarda le circostanze eccezionali della ratifica dell'emendamento di Doha e non è applicabile ad un'eventuale ripartizione degli sforzi tra Stati membri in altri contesti, né la pregiudica, sul piano sia internazionale sia dell'Unione.
(17)
Ai sensi del regolamento (UE) n. 525/2013, gli Stati membri sono tenuti a riferire la ripartizione effettiva o stimata delle emissioni verificate comunicate dagli impianti e dagli operatori ai sensi della direttiva 2003/87/CE tra le categorie di fonti riprese nell'inventario nazionale dei gas a effetto serra, ove possibile, e la percentuale di tali emissioni verificate rispetto al totale delle emissioni di gas serra comunicate per queste categorie di fonti. Ciò consente agli Stati membri di dichiarare separatamente le emissioni coperte dai loro livelli di emissioni. È opportuno che la parte della relazione dell'Unione concernente la quantità assegnata all'Unione precisi le quantità di emissioni verificatesi in ciascun Stato membro che sono contabilizzate nella quantità assegnata all'Unione.
(18)
La conferenza delle parti nella sua funzione di riunione delle parti del protocollo di Kyoto ha deciso che le parti che si sono assunte degli impegni per il secondo periodo di impegno dovrebbero presentare, entro il 15 aprile 2015, al segretariato della convenzione, una relazione destinata ad agevolare il calcolo della quantità assegnata. La Commissione dovrebbe elaborare una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata dell'Unione e una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata congiuntamente dell'Unione, degli Stati membri e dell'Islanda. È opportuno che, entro il 15 aprile 2015, la Commissione, gli Stati membri e l'Islanda presentino le loro relazioni che consentiranno di determinare le quantità loro assegnate corrispondenti ai loro livelli di emissione, definiti nell'elenco di cui all'allegato I della presente decisione.
(19)
Per sottolineare l'impegno dell'Unione e dei suoi Stati membri a favore di una tempestiva entrata in vigore dell'emendamento di Doha, l'Unione, i suoi Stati membri e l'Islanda dovrebbero fare il possibile per ratificarlo entro il terzo trimestre del 2015.
(20)
È opportuno approvare l'emendamento di Doha a nome dell'Unione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l'8 dicembre 2012 a Doha, è approvato a nome dell'Unione.
Il testo dell'emendamento di Doha figura in allegato alla presente decisione.
Articolo 2
L'Unione e i suoi Stati membri adempiono agli impegni assunti ai sensi dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto e dell'emendamento di Doha, conformemente alla notifica dei termini dell'accordo per adempiere congiuntamente agli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda a norma dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto in conformità dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto («la notifica»), di cui all'allegato I della presente decisione.
Articolo 3
1. Le quantità assegnate degli Stati membri e dell'Islanda corrispondono ai livelli di emissione stabiliti nella notifica. Entro il 15 aprile 2015, ogni Stato membro presenta al segretariato della convenzione le relazioni per facilitare il calcolo delle quote assegnate a ciascuno di essi, conformemente alle disposizioni del protocollo di Kyoto, dell'emendamento di Doha e delle decisioni adottate a norma di tali strumenti.
2. La Commissione prepara una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata dell'Unione e una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata congiuntamente dell'Unione, degli Stati membri e dell'Islanda, («la quantità assegnata congiuntamente»), in conformità delle disposizioni del protocollo di Kyoto, dell'emendamento di Doha e delle decisioni adottate a norma di tali strumenti. La Commissione trasmette tali relazioni al segretariato della convenzione entro il 15 aprile 2015.
Articolo 4
1. Tutte le unità di quantità assegnate rilasciate per il secondo periodo di impegno disponibili nel registro dell'Unione dopo che quest'ultima ha assolto al suo obbligo ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 525/2013 e una volta effettuati eventuali trasferimenti di unità di quantità assegnate ai sensi degli atti di esecuzione adottati in base all'articolo 10, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 525/2013 («eccedenza dell'Unione») saranno restituite agli Stati membri alla fine del secondo periodo di impegno.
2. L'eccedenza dell'Unione sarà ripartita tra gli Stati membri come segue:
a)
un sesto dell'eccedenza dell'Unione agli Stati membri che hanno ridotto le loro emissioni annuali medie totali di una percentuale superiore al 20 % rispetto all'anno o periodo di riferimento di ciascuno di essi ai sensi del protocollo di Kyoto entro la fine del secondo periodo di impegno, in modo proporzionale al superamento del loro obiettivo, in tonnellate;
b)
un terzo dell'eccedenza dell'Unione agli Stati membri che ricevono un trasferimento ai sensi della lettera a) e aventi un PIL pro capite (PIL nel 2013 in euro a prezzi di mercato) inferiore al 60 % della media dell'Unione, in modo proporzionale al superamento del loro obiettivo, in tonnellate;
c)
un terzo dell'eccedenza dell'Unione a tutti gli Stati membri, in modo proporzionale ai loro livelli totali di emissioni, come indicato nella tabella 1 dell'allegato I della presente decisione;
d)
un sesto dell'eccedenza dell'Unione agli Stati membri aventi un PIL pro capite (PIL nel 2013 in euro a prezzi di mercato) inferiore al 90 % della media dell'Unione, in modo proporzionale ai loro livelli totali di emissioni, come indicato nella tabella 1 dell'allegato I della presente decisione.
Articolo 5
1. Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a depositare, a nome dell'Unione, lo strumento di accettazione presso il segretario generale delle Nazioni Unite a norma dell'articolo 20, paragrafo 4, e dell'articolo 21, paragrafo 7, del protocollo di Kyoto, insieme alla dichiarazione di competenza di cui all'allegato II della presente decisione, a norma dell'articolo 24, paragrafo 3, del protocollo di Kyoto.
2. Il presidente del Consiglio designa inoltre la persona o le persone abilitate a trasmettere, a nome dell'Unione, la notifica al segretariato della convenzione a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, del protocollo di Kyoto.
Articolo 6
1. Gli Stati membri si adoperano per adottare le misure necessarie al fine di depositare i loro strumenti di approvazione simultaneamente allo strumento di approvazione dell'Unione, e, nei limiti del possibile, nel terzo trimestre del 2015. All'atto del deposito degli strumenti di accettazione, gli Stati membri notificano, a loro nome, la notifica al segretariato della convenzione a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, del protocollo di Kyoto.
2. Gli Stati membri informano la Commissione, prima della terza sessione del gruppo ad hoc sulla piattaforma di Durban per un'azione rafforzata che si terrà dall'8 al 13 febbraio 2015, delle loro decisioni di accettare l'emendamento di Doha o, a seconda dei casi, della probabile data di conclusione delle relative procedure per tale accettazione. La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, conviene una data per il deposito simultaneo dei rispettivi strumenti di approvazione o di accettazione.
Articolo 7
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Articolo 8
La presente decisione entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 13 luglio 2015
Per il Consiglio
Il presidente
F. ETGEN
(1) Approvazione del 10 giugno 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(2) Direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 63) e la decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136).
(3) Cfr. pag. 17 della presente Gazzetta ufficiale.
(4) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).
(5) Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136).
(6) Decisione 2013/162/UE della Commissione, del 26 marzo 2013, che determina le assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 90 del 28.3.2013, pag. 106).
(7) Decisione di esecuzione 2013/634/UE della Commissione, del 31 ottobre 2013, sugli adeguamenti delle assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 292 dell'1.11.2013, pag. 19).
(8) Regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'Unione europea e che abroga la decisione n. 280/2004/CE (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 13). | Negoziati delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Fornisce l’approvazione formale dell’Unione europea (UE) all’accordo raggiunto durante la conferenza di Doha tenutasi nel dicembre 2012 per stabilire un secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto. Il secondo periodo di impegno va dal 1o gennaio 2013 al 31 dicembre 2020.
PUNTI CHIAVE
38 parti, compresa l’UE, sono coinvolte nella seconda fase e nella missione di ridurre le emissioni dei gas serra di una percentuale minima pari al 18 % in meno rispetto ai livelli del 1990, nel periodo compreso tra il 2013 e il 2020.
L’UE, i paesi dell’UE e l’Islanda si sono impegnati a raggiungere congiuntamente una riduzione del 20 % delle emissioni combinate di gas serra per il periodo 2013-2020 rispetto al livello del 1990 o dell’anno scelto come riferimento. L’obiettivo riflette le emissioni totali di gas serra consentite durante il periodo 2013-2020 ai sensi del pacchetto «clima ed energia».
L’impegno congiunto del 20 % è condiviso dall’UE, dai paesi dell’UE e dall’Islanda.
Le misure necessarie affinché l’UE e i paesi dell’UE tengano fede all’impegno relativo alla riduzione sono già state attuate attraverso il pacchetto «clima ed energia» per il 2020.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione è entrata in vigore il 7 agosto 2015. L’emendamento di Doha del protocollo di Kyoto non è ancora entrato in vigore.
CONTESTO
Fino alla conferenza di Parigi sul clima tenutasi a dicembre 2015, il protocollo di Kyoto era l’unico accordo mondiale giuridicamente vincolante per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra. Adottato nel mese di dicembre 1997, contiene gli impegni dei paesi industrializzati partecipanti a ridurre di almeno il 5 % le loro emissioni di sei gas serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) nel primo periodo di impegno 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990.
In occasione della conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha nel 2012, le parti del protocollo di Kyoto hanno adottato l’emendamento di Doha, stabilendo un secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto (2013-2020). La seconda fase del protocollo di Kyoto funge da ponte verso un accordo globale sui cambiamenti climatici post 2020.
Poiché l’Islanda non è un paese dell’UE, i termini dell’adempimento congiunto riguardante la sua partecipazione sono stati fissati in un accordo internazionale separato [decisione (UE) 2015/1340 del Consiglio].
Kyoto, secondo periodo di impegno (2013-2020) sul sito Internet della Commissione europea
ATTO
Decisione (UE) 2015/1339 del Consiglio, del 13 luglio 2015, concernente la conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 207 del 4.8.2015, pagg. 1-5)
ATTI COLLEGATI
Decisione 2002/358/CE del Consiglio, del 25 aprile 2002 riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130 del 15.5.2002, pagg. 1-3)
Decisione (UE) 2015/1340 del Consiglio, del 13 luglio 2015 relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’accordo tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’Islanda, dall’altra, per quanto concerne la partecipazione dell’Islanda all’adempimento congiunto degli impegni dell’Unione europea, dei suoi Stati membri e dell’Islanda per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 207 del 4.8.2015, pagg. 15-16) | 8,240 | 399 |
32005D0671 | false | DECISIONE 2005/671/GAI DEL CONSIGLIO
del 20 settembre 2005
concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 30, paragrafo 1, l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Nella riunione straordinaria del 21 settembre 2001, il Consiglio europeo ha dichiarato che il terrorismo rappresenta una vera sfida per il mondo e per l’Europa e che la lotta al terrorismo costituirà un obiettivo prioritario per l’Unione europea.
(2)
Il 19 ottobre 2001, il Consiglio europeo ha dichiarato che è determinato a combattere il terrorismo in tutte le sue forme e ovunque nel mondo e proseguirà gli sforzi volti a rafforzare la coalizione della comunità internazionale nella lotta contro il terrorismo in tutti i suoi aspetti, ad esempio attraverso il rafforzamento della cooperazione tra i servizi operativi incaricati della lotta al terrorismo: l’Europol, l’Eurojust, i servizi di informazione, le forze di polizia e le autorità giudiziarie.
(3)
In materia di lotta contro il terrorismo, è fondamentale che tutti i servizi interessati possano disporre di informazioni il più possibile complete e aggiornate, secondo i loro settori di competenza: i servizi nazionali specializzati degli Stati membri, le autorità giudiziarie e le istanze competenti a livello dell’Unione europea, quali l’Europol e l’Eurojust, hanno un’esigenza imperativa di informazioni per portare a termine i loro compiti.
(4)
La decisione 2003/48/GAI del Consiglio, del 19 dicembre 2002, relativa all’applicazione di misure specifiche di cooperazione di polizia e giudiziaria per la lotta al terrorismo a norma dell’articolo 4 della posizione comune 2001/931/PESC (2), costituisce una tappa importante. Il persistere della minaccia terroristica e la complessità del fenomeno rendono necessari maggiori scambi di informazioni. Il campo d’applicazione degli scambi di informazioni deve essere esteso a tutte le fasi dei procedimenti penali, comprese le condanne, e a tutte le persone, gruppi o entità oggetto di un’indagine, di un’azione penale o di una condanna per reati di terrorismo.
(5)
Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri su base unilaterale, e possono dunque, vista la necessaria reciprocità, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato; la presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(6)
Nell’esecuzione dello scambio d’informazioni, la presente decisione lascia impregiudicati gli interessi essenziali di sicurezza nazionale e non dovrebbe compromettere la sicurezza dei singoli o attività specifiche di informazione in materia di sicurezza dello Stato, né il successo di indagini in corso.
(7)
La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
DECIDE:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini della presente decisione, si intende per:
a)
«reati terroristici»: i reati contemplati agli articoli 1, 2 e 3 della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (3);
b)
«convenzione Europol»: la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia (4);
c)
«decisione Eurojust»: la decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (5);
d)
«gruppo o entità»: le «organizzazioni terroristiche» ai sensi dell’articolo 2 della decisione quadro 2002/475/GAI, così come i «gruppi o entità» figuranti nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (6).
Articolo 2
Trasmissione di informazioni relative ai reati terroristici all’Eurojust, all’Europol e agli Stati membri
1. Ciascuno Stato membro designa un servizio specializzato tra i suoi servizi di polizia o le altre autorità incaricate dell’applicazione della legge che, nel rispetto della legislazione nazionale, abbia accesso a tutte le informazioni pertinenti in merito alle indagini penali riguardanti i reati terroristici, effettuate dalle sue autorità incaricate dell’applicazione della legge e che riunisca tali informazioni inviandole all’Europol conformemente ai paragrafi 3 e 4.
2. Ciascuno Stato membro designa una o, qualora sia previsto dal proprio ordinamento giuridico, più autorità, quale corrispondente nazionale dell’Eurojust per le questioni legate al terrorismo, ovvero un’autorità giudiziaria o altra autorità competente che, nel rispetto della legislazione nazionale, abbia accesso a tutte le informazioni pertinenti in merito ai procedimenti e alle condanne penali riguardanti reati di terrorismo e che riunisca tali informazioni inviandole all’Eurojust conformemente al paragrafo 5.
3. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che almeno le informazioni di cui al paragrafo 4 riguardanti le indagini penali e le informazioni di cui al paragrafo 5 concernenti le azioni penali o le condanne penali per reati terroristici, che toccano o possono toccare due o più Stati membri, raccolte dall’autorità competente, siano trasmesse:
a)
all’Europol, conformemente alla legislazione nazionale e alle disposizioni della Convenzione Europol, per essere elaborate; e
b)
all’Eurojust, conformemente alla legislazione nazionale e nei limiti di quanto consentito nella decisione Eurojust, al fine di consentirle di svolgere le sue funzioni.
4. Le informazioni da trasmettere all’Europol, conformemente al paragrafo 3, sono le seguenti:
a)
i dati per l’identificazione della persona, del gruppo o dell’entità;
b)
gli atti oggetto dell’indagine e relative circostanze specifiche;
c)
la qualificazione del reato perseguito;
d)
il collegamento con altri casi pertinenti;
e)
il ricorso a tecnologie di comunicazione;
f)
la minaccia rappresentata dal possesso di armi di distruzione di massa.
5. Le informazioni da trasmettere all’Eurojust, a norma del paragrafo 3, sono le seguenti:
a)
i dati per l’identificazione della persona, del gruppo o dell’entità interessati oggetto di un’indagine o azione penale;
b)
la qualificazione del reato perseguito e le relative circostanze specifiche;
c)
informazioni sulle condanne definitive per reati terroristici e le circostanze specifiche relative a tali reati;
d)
il collegamento con altri casi pertinenti;
e)
le richieste di assistenza giudiziaria esistenti, comprese le rogatorie, presentate a un altro Stato membro o da quest’ultimo, nonché i relativi risultati.
6. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che qualsiasi informazione pertinente contenuta in documenti, fascicoli, dati, oggetti o altri mezzi di prova sequestrati o confiscati durante indagini o procedimenti penali collegati a reati terroristici sia accessibile il più rapidamente possibile, tenuto conto della necessità di non compromettere le indagini in corso, alle autorità degli altri Stati membri interessati, conformemente alla legislazione nazionale e ai pertinenti strumenti giuridici internazionali, quando si svolgono o potrebbero essere avviate indagini o quando è avviata un’azione penale in relazione a reati terroristici.
Articolo 3
Squadre investigative comuni
Gli Stati membri, se del caso, adottano le misure necessarie ad istituire squadre investigative comuni per svolgere indagini penali riguardanti i reati terroristici.
Articolo 4
Richieste di assistenza giudiziaria e di esecuzione di sentenze
Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che le richieste di assistenza giudiziaria e di riconoscimento ed esecuzione di sentenze, presentate da uno Stato membro in merito a reati terroristici, siano trattate con urgenza e in via prioritaria.
Articolo 5
Abrogazione di disposizioni esistenti
La decisione 2003/48/GAI è abrogata.
Articolo 6
Applicazione
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione entro il 30 giugno 2006.
Articolo 7
Applicazione territoriale
La presente decisione si applica a Gibilterra.
Articolo 8
Entrata in vigore
La presente decisione prende effetto il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 20 settembre 2005.
Per il Consiglio
La presidente
M. BECKETT
(1) Parere reso il 7 giugno 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 16 del 22.1.2003, pag. 68.
(3) GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3.
(4) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo del 27.11.2003 (GU C 2 del 6.1.2004, pag. 3).
(5) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione 2003/659/GAI (GU L 245 del 29.9.2003, pag. 44).
(6) GU L 344 del 28.12.2001, pag. 93. Posizione comune modificata da ultimo dalla posizione comune 2005/220/PESC (GU L 69 del 16.3.2005, pag. 59). | Scambio di informazioni e cooperazione in materia di reati terroristici
CHE COSA FA LA DECISIONE?
La lotta al terrorismo rappresenta uno degli obiettivi prioritari dell’Unione europea (UE). Questa decisione stabilisce una procedura per lo scambio di informazioni relative a indagini, procedimenti e condanne penali per reati terroristici tra i paesi dell’UE.
PUNTI CHIAVE
Per combattere il terrorismo, è fondamentale che i servizi interessati possano disporre di informazioni il più possibile complete e aggiornate. I paesi dell’UE devono raccogliere informazioni riguardanti le indagini, i procedimenti e le condanne penali per reati terroristici che coinvolgano due o più paesi dell’UE e trasmetterle all’Europol o all’Eurojust, ove appropriato.
Un servizio specializzato designato tra le autorità di contrasto di un paese si occupa di inviare all’Europol tutte le informazioni pertinenti in merito alle indagini penali riguardanti i reati terroristici, ivi comprese:
l’identità della persona o del gruppo;
gli atti oggetto dell’indagine e le circostanze;
la qualificazione del reato;
il collegamento con altri casi pertinenti;
il ricorso a tecnologie di comunicazione;
la minaccia rappresentata dal possesso di armi di distruzione di massa.
In ciascun paese verrà designata almeno un’autorità come corrispondente nazionale dell’Eurojust per le questioni legate al terrorismo, che si occuperà di inviare all’Eurojust tutte le informazioni pertinenti in merito ai procedimenti e alle condanne penali riguardanti reati di terrorismo, ivi comprese:
l’identità della persona o del gruppo oggetto di indagine o procedimento penale;
il reato interessato e le circostanze specifiche;
le informazioni sulle condanne definitive per reati terroristici e le circostanze specifiche relative a tali reati;
il collegamento con altri casi pertinenti;
le richieste di assistenza giudiziaria presentate da/a un paese dell’UE, nonché i relativi risultati.
Ciascun paese dell’UE garantisce che le informazioni pertinenti tratte da documenti e altre prove ottenute durante le indagini o i procedimenti per reati terroristici siano rese disponibili quanto prima agli altri paesi dell’UE.
Laddove appropriato, i paesi sono tenuti ad adottare squadre investigative comuni addette alla conduzione delle indagini. Le richieste di assistenza giudiziaria e di esecuzione di sentenze presentate da altri paesi dell’UE devono avere la massima priorità.
La decisione non deve compromettere la sicurezza dei singoli né il successo di indagini o attività specifiche di informazione in corso e si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi.
La raccomandazione 2007/562/CE del Consiglio riguarda lo scambio di informazioni relative ai sequestri di persona a sfondo terroristico tra i paesi dell’UE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica a partire dal 30 settembre 2005.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:
«Crisi e terrorismo» sul sito Internet della Commissione europea
«Lotta al terrorismo» sul sito Internet del Consiglio dell’Unione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2005/671/GAI del Consiglio, del 20 settembre 2005, concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici (GU L 253 del 29.9.2005, pag. 22-24)
DOCUMENTI CORRELATI
Raccomandazione del Consiglio, del 12 giugno 2007, sullo scambio di informazioni relative ai sequestri di persona a sfondo terroristico (GU L 214 del 17.8.2007, pag. 9-12) | 4,125 | 628 |
32008D0114 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 12 febbraio 2008
che stabilisce lo statuto dell’Agenzia di approvvigionamento dell'Euratom
(2008/114/CE, Euratom)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 54, secondo comma,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il titolo II, capo 6, del trattato Euratom prevede la costituzione dell'Agenzia di approvvigionamento dell'Euratom (di seguito «l'Agenzia») e ne definisce i compiti e gli obblighi volti a garantire agli utilizzatori dell'Unione europea un approvvigionamento regolare ed equo di materie nucleari. Lo statuto dell'Agenzia è stato adottato il 6 novembre 1958 (2). In considerazione dell'aumento del numero di Stati membri e data la necessità di applicare disposizioni finanziarie moderne all'Agenzia e fissarne la sede, lo statuto dovrebbe essere abrogato e sostituito.
(2)
Il nuovo statuto dovrebbe contenere disposizioni finanziarie conformi al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (3). Allo stesso tempo dovrebbe essere adottato, ai sensi dell'articolo 183 del trattato, il nuovo regolamento finanziario applicabile all'Agenzia. Il capitale dell'Agenzia e la possibilità, prevista nel trattato, di riscuotere un canone sulle transazioni, dovrebbero essere mantenuti.
(3)
Il nuovo statuto dell'Agenzia dovrebbe essere adattato alla situazione di un'Unione europea allargata. Segnatamente, è opportuno modificare la dimensione del comitato consultivo dell'Agenzia in modo da migliorarne il funzionamento e l'efficacia,
DECIDE:
Articolo 1
Lo statuto dell'Agenzia di approvvigionamento dell'Euratom, quale figura in allegato, è adottato.
Articolo 2
Lo statuto dell'Agenzia di approvvigionamento dell'Euratom del 6 novembre 1958 è abrogato.
Articolo 3
La presente decisione ha effetto il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 12 febbraio 2008.
Per il Consiglio
Il Presidente
A. BAJUK
(1) Parere del 13 novembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU 27 del 6.12.1958, pag. 534/58.
(3) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1525/2007 (GU L 343 del 27.12.2007, pag. 9).
ALLEGATO
STATUTO DELL'AGENZIA DI APPROVVIGIONAMENTO DELL'EURATOM
CAPO 1
STRUTTURA INTERNA E FUNZIONAMENTO
Articolo 1
Obiettivi e compiti
1. L'obiettivo dell'Agenzia di approvvigionamento dell’Euratom (di seguito «l'Agenzia») è di eseguire i compiti affidatile dal titolo II, capo 6, del trattato, conformemente agli obiettivi del trattato.
A tal fine, l'Agenzia provvede fra l'altro:
—
a fornire alla Comunità conoscenze, informazioni e consulenze su qualsiasi materia connessa al funzionamento del mercato delle materie e dei servizi nucleari,
—
a svolgere un ruolo di sorveglianza del mercato monitorando ed individuando le tendenze del mercato che potrebbero incidere sulla sicurezza dell'approvvigionamento di materie e servizi nucleari dell'Unione europea,
—
a ricercare la consulenza e ricevere il sostegno del comitato consultivo istituito ai sensi dell'articolo 11 (di seguito «il comitato») e ad operare in stretta cooperazione con esso.
2. L'Agenzia può anche costituire una riserva di materie nucleari, in conformità degli articoli 62 e 72 del trattato.
Articolo 2
Status giuridico e sede
1. L'Agenzia è dotata di personalità giuridica ai sensi dell'articolo 54 del trattato. L'Agenzia svolge le sue attività esclusivamente nell'interesse generale. Essa agisce senza scopo di lucro.
2. Il protocollo sui privilegi e le immunità delle Comunità europee si applica all’Agenzia, al suo Direttore generale e al suo personale.
3. La sede dell'Agenzia è fissata a Lussemburgo.
4. Essa può prendere di propria iniziativa qualsiasi altro provvedimento concernente l’organizzazione amministrativa interna che sia necessario per l'adempimento dei suoi compiti, all'interno come all'esterno della Comunità.
5. L'Agenzia gode in tutti gli Stati membri della più vasta capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dai rispettivi ordinamenti. Essa può, in particolare, acquisire e alienare beni mobili e immobili e stare in giudizio.
Articolo 3
Funzioni e poteri del Direttore generale
1. Il Direttore generale è nominato dalla Commissione.
2. Il Direttore generale rappresenta l’Agenzia. Egli può delegare i suoi poteri ad altre persone. Le norme applicabili alla delega dei propri poteri sono stabilite in documenti interni dell'Agenzia.
3. Il Direttore generale:
—
assicura l'esecuzione dei compiti dell'Agenzia di cui all'articolo 1,
—
esercita il diritto esclusivo dell’Agenzia di concludere contratti relativi alla fornitura di materie nucleari nonché il suo diritto di opzione,
—
assicura l’amministrazione e gestione quotidiana di tutte le risorse dell’Agenzia,
—
tiene regolarmente informato il comitato e lo consulta su qualsiasi materia di sua competenza ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 3,
—
prepara il progetto di stato previsionale delle entrate e delle uscite dell'Agenzia nonché l'esecuzione del bilancio,
—
esegue studi ed elabora relazioni specifiche considerati necessari ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, in stretta cooperazione con il comitato, ed invia tali studi e relazioni al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione.
4. Il Direttore generale presenta ogni anno al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione una relazione sulle attività svolte dall'Agenzia nell’esercizio precedente e un progetto di programma di lavoro per l'anno successivo, dopo aver ottenuto il parere del comitato.
Articolo 4
Direttore generale e personale
1. Il Direttore generale e il personale dell’Agenzia sono o diventano funzionari delle Comunità europee soggetti allo statuto dei funzionari delle Comunità europee e al regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, definiti dal regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio (1), e alle norme adottate congiuntamente dalle istituzioni delle Comunità europee ai fini dell'applicazione di detto statuto. I funzionari sono nominati e retribuiti dalla Commissione.
2. Il Direttore generale e il personale dell'Agenzia ricevono un nulla osta di sicurezza, ai sensi dell'articolo 194 del trattato, con riferimento a fatti, informazioni, cognizioni, documenti od oggetti protetti da segreto di cui vengano in possesso o che siano loro comunicati.
Articolo 5
Controllo della Commissione
1. L'Agenzia è posta sotto il controllo della Commissione, che può impartirle direttive e dispone di un diritto di veto sulle sue decisioni.
2. Il diritto di veto della Commissione decade dieci giorni lavorativi dopo l'adozione di una decisione dell'Agenzia, a meno che entro tale termine non siano state formulate riserve in proposito da parte della Commissione o del suo rappresentante. Questi ultimi possono rinunciare, prima dello scadere del predetto termine, alla presentazione di riserve.
3. Se la Commissione o il suo rappresentante formulano riserve entro il termine previsto al paragrafo 2, la Commissione adotta una posizione definitiva al riguardo entro dieci giorni lavorativi dalla data in cui sono state formulate le riserve.
4. Le disposizioni del presente paragrafo non ostano all'applicazione dell'articolo 53 del trattato.
5. Qualsiasi atto o astensione dell'Agenzia contemplato dall'articolo 53 del trattato può essere deferito dagli interessati alla Commissione entro quindici giorni lavorativi dalla data di ricevimento della relativa notifica oppure, se l’atto non è notificato, entro quindici giorni lavorativi dalla data di pubblicazione. In mancanza di notifica o di pubblicazione, il termine decorre dal giorno in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'atto in questione.
CAPO 2
DISPOSIZIONI FINANZIARIE
Articolo 6
Organizzazione finanziaria
1. L'Agenzia gode di autonomia finanziaria. Essa agisce nel settore di sua competenza secondo principi commerciali.
2. In qualsiasi momento l'Agenzia ha facoltà di convertire in un’altra moneta le somme che essa detiene in euro per effettuare operazioni finanziarie o commerciali conformi ai fini che le sono stati assegnati dal trattato e nel rispetto del presente statuto.
L'Agenzia evita, per quanto possibile, di procedere a tali conversioni qualora detenga somme disponibili o realizzabili nelle monete di cui ha bisogno.
L'Agenzia può effettuare operazioni finanziarie connesse al conseguimento dei suoi obiettivi impiegando le disponibilità di cui non ha immediatamente bisogno per far fronte ai suoi obblighi.
3. L’Agenzia è autorizzata a contrarre prestiti, a nome della Comunità europea dell'energia atomica e nei limiti fissati dal Consiglio, finalizzati all’adempimento dei suoi compiti.
4. Gli impegni sottoscritti dall'Agenzia in forza del presente statuto godono della garanzia della Comunità europea dell'energia atomica.
Articolo 7
Entrate e uscite
1. Tutte le entrate e uscite dell'Agenzia sono oggetto di previsioni per ciascun esercizio finanziario e sono iscritte nel bilancio dell'Agenzia. L'esercizio finanziario coincide con l'anno civile.
2. Il bilancio tra entrate e uscite deve essere in pareggio.
3. Le entrate dell'Agenzia sono costituite da un contributo della Comunità, dagli interessi bancari e dal rendimento del suo capitale e dei suoi investimenti bancari, nonché, all’occorrenza, dal canone di cui all'articolo 54 del trattato e da prestiti.
4. Le spese dell'Agenzia sono costituite dalle spese amministrative relative al personale e al comitato così come dalle spese che discendono da contratti stipulati con terzi.
5. Ogni anno il Direttore generale redige uno stato di previsione delle entrate e delle uscite dell'Agenzia per l'esercizio seguente. Lo stato di previsione, che include un progetto di tabella dell’organico, è trasmesso alla Commissione entro il 31 marzo, dopo aver ottenuto il parere del comitato.
6. Sulla base dello stato di previsione, la Commissione iscrive nel progetto preliminare di bilancio generale dell'Unione europea le previsioni che ritiene necessarie ai fini della tabella dell’organico e l’importo della sovvenzione da imputare al bilancio generale.
7. Nel quadro della procedura di bilancio, l’autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti per la sovvenzione destinata all’Agenzia e adotta la tabella dell’organico dell’Agenzia, che figura separatamente nella tabella dell’organico della Commissione.
8. Il bilancio è adottato dalla Commissione. Esso diventa definitivo dopo l'adozione definitiva del bilancio generale dell’Unione europea. All’occorrenza, esso è adeguato di conseguenza. Il bilancio dell'Agenzia è pubblicato nel suo sito Internet.
9. Qualsiasi modifica della tabella dell'organico e del bilancio dell’Agenzia è oggetto di un bilancio rettificativo adottato conformemente alla procedura utilizzata per il bilancio iniziale. Le modifiche alla tabella dell'organico sono sottoposte all’autorità di bilancio. I bilanci rettificativi sono trasmessi per informazione al Parlamento europeo e al Consiglio.
Articolo 8
Esecuzione del bilancio, controllo finanziario e norme finanziarie
1. Il Direttore generale dà attuazione al bilancio dell'Agenzia.
2. Al termine di ciascun esercizio finanziario, il contabile dell'Agenzia trasmette i conti provvisori dell'Agenzia:
a)
entro il 1o marzo al contabile della Commissione, ai fini di consolidamento; e
b)
entro il 31 marzo dell’esercizio finanziario seguente alla Corte dei conti.
3. Al ricevimento delle osservazioni formulate dalla Corte dei conti sui conti provvisori dell’Agenzia, il Direttore generale redige i conti definitivi dell'Agenzia sotto la propria responsabilità e li trasmette al comitato, che formula un parere al riguardo.
4. Il comitato formula un parere sui conti definitivi dell'Agenzia.
5. Entro il 1o luglio che segue l'esercizio chiuso, il Direttore generale trasmette i conti definitivi, corredati del parere del comitato, al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Corte dei conti.
6. I conti definitivi dell'Agenzia sono pubblicati nel sito Internet dell’Agenzia.
7. Il Direttore generale invia alla Corte dei conti una risposta alle osservazioni da essa formulate entro il 30 settembre.
8. Il Direttore generale presenta al Parlamento europeo, su richiesta di quest'ultimo, tutte le informazioni necessarie per il corretto svolgimento della procedura di scarico relativa all'esercizio finanziario in oggetto.
9. Entro il 30 aprile dell'esercizio N + 2 il Parlamento europeo, su raccomandazione del Consiglio espressa a maggioranza qualificata, dà discarico al Direttore generale in relazione all'esecuzione del bilancio dell'esercizio N.
10. Se del caso, è adottato un regolamento finanziario specifico applicabile all'Agenzia ai sensi dell'articolo 183 del trattato.
Articolo 9
Capitale
1. Il capitale dell'Agenzia ammonta a 5 824 000 EUR.
2. Il capitale è sottoscritto nel modo seguente:
Belgio
EUR
192 000
Bulgaria
EUR
96 000
Repubblica ceca
EUR
192 000
Danimarca
EUR
96 000
Germania
EUR
672 000
Estonia
EUR
32 000
Irlanda
EUR
32 000
Grecia
EUR
192 000
Spagna
EUR
416 000
Francia
EUR
672 000
Italia
EUR
672 000
Cipro
EUR
32 000
Lettonia
EUR
32 000
Lituania
EUR
32 000
Lussemburgo
EUR
—
Ungheria
EUR
192 000
Malta
EUR
—
Paesi Bassi
EUR
192 000
Austria
EUR
96 000
Polonia
EUR
416 000
Portogallo
EUR
192 000
Romania
EUR
288 000
Slovenia
EUR
32 000
Slovacchia
EUR
96 000
Finlandia
EUR
96 000
Svezia
EUR
192 000
Regno Unito
EUR
672 000
3. Una quota pari al 10 % del capitale è versata in occasione dell'adesione di uno Stato membro alla Comunità. Inoltre, il versamento delle altre quote di capitale può essere richiesto con decisione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. La quota richiesta è versata all'Agenzia entro trenta giorni dalla data di tale decisione.
4. La partecipazione al capitale non conferisce alcun diritto a dividendi o ad interessi. Essa dà diritto al rimborso dell'importo nominale delle quote di capitale versate soltanto nel caso di scioglimento dell'Agenzia.
5. Tutti i pagamenti sono effettuati in euro.
Articolo 10
Canoni
L'Agenzia può, ai sensi dell'articolo 54 del trattato, riscuotere un canone sulle transazioni in cui l'Agenzia interviene nell'esercizio del suo diritto d'opzione o del suo diritto esclusivo di concludere contratti di fornitura. Il gettito generato da tali canoni è destinato esclusivamente a coprire le sue spese di funzionamento.
Le disposizioni riguardanti i canoni sulle transazioni sono precisate in una decisione di applicazione. L'importo del canone ed i relativi metodi di valutazione e riscossione sono stabiliti dalla Commissione, previa consultazione del Consiglio, su proposta del Direttore generale, dopo aver ottenuto il parere del comitato.
CAPO 3
COMITATO CONSULTIVO
Articolo 11
Composizione del comitato
1. Il comitato si compone di rappresentanti degli Stati membri ripartiti secondo la tabella sotto indicata. Uno Stato membro può tuttavia scegliere di non parteciparvi. Se un membro si dimette o è impossibilitato ad adempiere ai propri compiti, viene nominato un successore per la rimanente durata del mandato.
Belgio
2 membri
Bulgaria
2 membri
Repubblica ceca
2 membri
Danimarca
1 membro
Germania
4 membri
Estonia
1 membro
Irlanda
1 membro
Grecia
2 membri
Spagna
3 membri
Francia
4 membri
Italia
4 membri
Cipro
1 membro
Lettonia
1 membro
Lituania
2 membri
Lussemburgo
—
Ungheria
2 membri
Malta
—
Paesi Bassi
2 membri
Austria
2 membri
Polonia
3 membri
Portogallo
2 membri
Romania
3 membri
Slovenia
2 membri
Slovacchia
2 membri
Finlandia
2 membri
Svezia
2 membri
Regno Unito
4 membri.
2. Oltre a tener conto della partecipazione degli Stati membri al capitale dell'Agenzia, l'assegnazione dei posti all'interno del comitato dovrebbe riflettere l'esperienza, le competenze e/o le attività pertinenti degli Stati membri in settori quali il commercio di materie e servizi nucleari nell'ambito del ciclo del combustibile nucleare o della produzione di energia nucleare.
3. I membri del comitato sono designati dal rispettivo Stato membro secondo il loro grado di esperienza e di competenza pertinente nei settori del commercio di materie e servizi nucleari nell'ambito del ciclo del combustibile nucleare o della produzione di energia nucleare o in questioni regolamentari connesse al commercio nucleare. La durata del mandato è di tre anni. Il mandato può essere rinnovato.
Articolo 12
Presidenza del comitato
1. Il comitato nomina fra i suoi membri un presidente e due vicepresidenti. Tale ufficio di presidenza del comitato rappresenta l'esperienza del comitato e le diverse parti interessate del settore industriale, a livello sia di produttori sia di utilizzatori. Il vicepresidente più anziano sostituisce il presidente se questi non è in grado di svolgere le sue funzioni.
2. Il mandato del presidente e dei vicepresidenti ha una durata di tre anni. Il loro mandato può essere rinnovato una volta e la presidenza dovrebbe essere assunta a turno dai membri del comitato, in ragione delle loro diverse esperienze nell'ambito dell'industria e dell'amministrazione. Il mandato del presidente o del vicepresidente giunge automaticamente a termine se scade, senza essere rinnovato, il rispettivo mandato quale membro del comitato.
Articolo 13
Competenze del comitato
1. Il comitato assiste l’Agenzia nell’adempimento dei suoi compiti, formulando pareri e fornendo analisi ed informazioni. Tale assistenza include anche l'eventuale elaborazione delle relazioni, delle indagini e delle analisi ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, sotto la responsabilità del Direttore generale conformemente all'articolo 3, paragrafo 3. Esso costituisce un organo di collegamento tra l'Agenzia, da una parte, e i produttori e gli utilizzatori del settore nucleare, dall'altra.
2. Il comitato può essere consultato su tutte le questioni di competenza dell'Agenzia, oralmente nel corso delle riunioni o per iscritto negli intervalli tra le riunioni. Il comitato può ugualmente esprimere pareri in merito a tali questioni, su iniziativa di almeno un terzo dei suoi membri.
3. Il comitato è consultato e convocato prima di ogni decisione del Direttore generale sulle materie seguenti:
a)
il regolamento che determina le modalità di raffronto delle offerte e delle domande (articolo 60, sesto comma, del trattato);
b)
il capitale dell'Agenzia; gli aumenti o le riduzioni di capitale o le ulteriori sottoscrizioni di capitale (articolo 54, quarto comma, del trattato);
c)
i prestiti di cui all'articolo 6;
d)
l’applicazione del canone sulle transazioni, destinato a coprire le spese di funzionamento dell’Agenzia (articolo 54, quinto comma, del trattato);
e)
le condizioni per la costituzione e il ritiro di scorte commerciali da parte dell'Agenzia (articolo 72, primo comma, del trattato);
f)
le questioni finanziarie di cui all'articolo 8, compreso il regolamento finanziario per l'agenzia e la preparazione dello stato di previsione speciale come previsto dall'articolo 171, paragrafo 2, del trattato;
g)
la relazione annuale, ivi compresa l'analisi del mercato ed il programma di lavoro per l'anno successivo;
h)
i criteri che stabiliscono le pratiche vietate a norma dell'articolo 68 del trattato;
i)
lo scioglimento dell’Agenzia.
4. Ove necessario, il Direttore generale può fissare un termine per la presentazione del parere da parte del comitato. Tale termine non può essere inferiore a un mese dalla data della comunicazione che a tal fine è trasmessa ai membri del Comitato.
5. Se entro tale termine non si può ottenere il parere del comitato, il Direttore generale può adottare una decisione.
6. Per quanto riguarda le materie specificate nel presente articolo, le decisioni di competenza del Direttore generale non possono essere prese prima di dieci giorni lavorativi a decorrere dalla data del parere del comitato, qualora esse si discostino dal suddetto parere.
7. Il comitato adotta il suo regolamento interno per tutte le questioni non contemplate dal presente statuto.
Articolo 14
Riunioni del comitato
1. Il comitato è convocato:
a)
quando l'ufficio di presidenza lo ritiene necessario e di regola due volte l'anno;
b)
su richiesta del Direttore generale, in particolare ogni volta che la consultazione del Comitato è obbligatoria ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 3; e
c)
su richiesta scritta di almeno un terzo dei membri del comitato, con indicazione dei punti da trattare all’ordine del giorno.
L'Agenzia prepara l'ordine del giorno in cooperazione con il presidente e lo sottopone al comitato per approvazione.
L'agenzia invia i documenti relativi all'ordine del giorno a tutti i membri del comitato almeno quindici giorni lavorativi prima della data della riunione.
2. Le riunioni del comitato richiedono un quorum pari alla maggioranza dei suoi membri. I pareri sono emessi a maggioranza dei membri presenti o rappresentati.
3. Ogni membro del comitato ha diritto a un voto. In caso di impedimento, un membro può delegare il suo diritto al voto, rilasciando una procura scritta a un altro membro.
4. Il Direttore generale o il suo rappresentante assistono, senza diritto di voto, alle riunioni del comitato. Previo consenso di tutti i membri presenti e con riserva del rispetto dell'obbligo imposto al paragrafo 5, possono partecipare alla riunione altre persone che non appartengono al personale dell'Agenzia.
5. I membri del comitato sono vincolati all'obbligo del segreto sancito dall'articolo 194 del trattato con riferimento a fatti, informazioni, cognizioni, documenti od oggetti protetti da segreto di cui vengano in possesso o che siano loro comunicati nella loro qualità di membri del comitato.
6. Il Direttore generale fornisce al comitato un segretariato appropriato, la cui designazione è soggetta all'approvazione della Commissione. Il segretariato redige i verbali delle riunioni del comitato, degli eventuali sottocomitati e dell'ufficio di presidenza. Le spese operative del comitato sono imputate all'Agenzia.
7. L'Agenzia rimborsa le spese di viaggio di un membro del comitato per ciascuno Stato membro.
(1) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, Euratom) n. 1558/2007 (GU L 340 del 22.12.2007, pag. 1). | Statuto rivisto per l’Agenzia di approvvigionamento dell’Euratom
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE?
Stabilisce lo Statuto dell’Agenzia di approvvigionamento dell’ Euratom (ESA), che è stata istituita ai sensi del trattato Euratom del 1957, al fine di adeguarsi al crescente numero dei Paesi dell’UE, nonché per modernizzare le norme finanziarie dell’Agenzia e stabilire la propria sede nel Granducato di Lussemburgo.
L’articolo 52 del trattato della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom), che mira a garantire, mediante una politica comune di approvvigionamento e la fornitura regolare ed equa di materiali nucleari agli utenti nei Paesi dell’UE, costituisce la base giuridica dell’ESA.
PUNTI CHIAVE
L’ESA è l’organismo dell’UE responsabile della gestione della domanda e dell’offerta di:giacimenti di minerale; materie grezze (uranio naturale, ad esempio); materie fissili speciali (uranio arricchito e plutonio, ad esempio). L’ESA ha il diritto esclusivo di «concludere» contratti (vale a dire, sottoscrivere) relativi alla fornitura di materie nucleari, come sopra, provenienti sia dall’interno che dall’esterno dell’UE. Ai sensi del trattato Euratom, ha anche il diritto di opzione per l’acquisto di materie nucleari.
L’ESA ha personalità giuridica (si tratta pertanto di ’entità indipendente a sé stante).
Obiettivi e compiti
L’ESA:riceve tutti i contratti relativi alla fornitura di materie nucleari all’interno dell’UE; in seguito alla valutazione, il direttore generale dell’ESA determina se controfirmare per conto dell’agenzia, condizione necessaria per la loro validità; riceve notifica su tutti i contratti relativi ai servizi forniti nel settore nucleare. Inoltre, l’ESA:fornisce all’UE competenze, informazioni e consulenza sul mercato di materie e servizi nucleari; monitora il mercato nucleare e identifica le tendenze del mercato che potrebbero incidere sulla sicurezza dell’approvvigionamento di materiali e servizi nucleari da parte dell’UE; pubblica annualmente una relazione sulle sue attività relative all’anno conclusosi e il proprio programma di lavoro per l’anno successivo, che sono entrambi presentati al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea; lavora in stretta collaborazione con il suo comitato consultivo. L’ESA può anche costruire la propria scorta di materie nucleari. L’agenzia è supervisionata dalla Commissione, che ha il diritto di emettere direttive (ad esempio, raccomandazioni) e di porre il veto sulle sue decisioni.
Stato legale e sede centrale
L’ESA:opera senza fini di lucro; ha sede nel Granducato di Lussemburgo; può di propria iniziativa adottare ulteriori misure riguardanti la propria organizzazione interna al fine di svolgere i propri compiti all’interno e all’esterno dell’UE; opera ai sensi della più ampia capacità giuridica come definito dalle leggi di ciascun Paese dell’UE e può, in particolare, acquisire o alienare beni e stare in giudizio. Direttore generale e personale
Il direttore generale dell’ESA si fa carico di:garantire lo svolgimento dei compiti dell’Agenzia; esercitare il diritto esclusivo dell’ESA di concludere contratti di fornitura di materie nucleari e quello di opzione; amministrare e gestire quotidianamente le risorse dell’Agenzia; mantenere regolarmente informato il comitato consultivo dell’Agenzia e consultarlo su questioni pertinenti; prepara il progetto dello stato di previsione delle entrate e delle spese dell’ESA e provvede all’attuazione del suo bilancio; condurre studi e produrre relazioni (compresa una relazione annuale) in cooperazione con il comitato, e provvedere alla loro trasmissione al Parlamento europeo, al Consiglio o alla Commissione. Il direttore generale e il personale dell’ESA sono funzionari della Commissione europea e devono ottenere un nulla osta di sicurezza.
Informazioni di natura finanziaria
L’ESA è:finanziariamente autonoma; è disciplinata direttamente dalle norme finanziarie applicabili al bilancio generale dell’ UE (al momento, regolamento (UE, Euratom) 2018/1046). Attualmente, le entrate dell’Agenzia sono costituite esclusivamente da un contributo dell’UE.
Il bilancio dell’ESA è adottato dalla Commissione e diventa definitivo a seguito dell’adozione definitiva del bilancio generale dell’UE.
In seguito all’adesione della Croazia all’UE, il capitale dell’ESA è fissato a € 5.856.000, sottoscritto da singoli Paesi dell’UE. Il Granducato di Lussemburgo e Malta non ne fanno parte.
Comitato consultivo
I Paesi dell’UE (ad eccezione del Granducato di Lussemburgo e Malta) selezionano ciascuno tra 1 e 4 rappresentanti da inviare presso il comitato consultivo, ai sensi dello statuto dell’Agenzia. I membri del comitato sono nominati in base alla loro esperienza e competenza nel commercio di materie nucleari o nella produzione o regolazione di energia nucleare.
In genere, il comitato è convocato dal direttore generale dell’ESA due volte all’anno. Deve essere consultato prima che le decisioni importanti (su questioni elencate negli statuti dell’ESA) siano adottate dal direttore generale dell’Agenzia.
Il Comitato assiste l’ESA fornendo pareri, analisi e informazioni.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE?
È in applicazione dal marzo 2008 e, nella sua versione rivista a seguito dell’adesione della Croazia, dal 1° luglio 2013.
CONTESTO GENERALE
Per ulteriori informazioni, consultare:Euratom (Commissione europea) Agenzia di approvvigionamento dell’Euratom (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2008/114/CE del Consiglio, Euratom del 12 febbraio 2008, che istituisce uno statuto dell’Agenzia di approvvigionamento dell’Euratom (GU L 41, 15.2.2008, pagg. 15-20)
Le successive modifiche alla decisione 2008/114/CE, Euratom sono state integrate nel testo originale. Questa versione consolidata ha solo valore documentale.
Versione consolidata del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica — Titolo II — Disposizioni per la promozione dei progressi nel settore dell’energia nucleare — Capitolo 6 — Forniture — Articolo 52 (GU C 203, 7.6.2016, pag. 24)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, relativo alle norme finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014, e decisione n. 541/2014/UE e che abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193, 30.7.2018, pagg. 1-222) | 9,594 | 464 |
32009F0315 | false | DECISIONE QUADRO 2009/315/GAI DEL CONSIGLIO
del 26 febbraio 2009
relativa all'organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera b),
vista la proposta della Commissione e l'iniziativa del Regno del Belgio,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
L'Unione europea si è prefissa l'obiettivo di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Tale obiettivo presuppone lo scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario tra le competenti autorità degli Stati membri.
(2)
Il 29 novembre 2000, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, il Consiglio ha adottato un programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (2). La presente decisione quadro contribuisce a raggiungere gli obiettivi previsti dalla misura n. 3 del programma, che sollecita l'introduzione di un modello uniforme di richiesta di precedenti giudiziari tradotto in tutte le lingue ufficiali dell'Unione, sulla scorta del modello elaborato in ambito Schengen.
(3)
La relazione finale sul primo ciclo di valutazioni dedicato all'assistenza giudiziaria in materia penale (3) invitava gli Stati membri a semplificare le procedure di trasferimento di documenti tra gli Stati ricorrendo, se necessario, a formulari uniformi al fine di facilitare l'assistenza giudiziaria.
(4)
Nella dichiarazione sulla lotta al terrorismo adottata dal Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2004 è stata attribuita priorità alla necessità di migliorare la qualità degli scambi di informazioni sulle condanne, priorità ribadita nel programma dell'Aia (4), adottato dal Consiglio europeo del 4 e 5 novembre 2004, che invitava a intensificare lo scambio di informazioni sulla base dei casellari giudiziari nazionali. Tali obiettivi trovano riscontro nel piano di azione adottato il 2 e 3 giugno 2005 congiuntamente dal Consiglio e dalla Commissione per realizzare il programma dell'Aia.
(5)
Per migliorare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri sui casellari giudiziari sono accolti con favore progetti elaborati al fine di raggiungere tale obiettivo, ivi compreso il progetto esistente per l'interconnessione dei casellari giudiziari nazionali in materia penale. L'esperienza acquisita da tali attività ha incoraggiato gli Stati membri a potenziare ulteriormente i loro sforzi e ha mostrato l'importanza di continuare a ottimizzare il reciproco scambio tra Stati membri di informazioni sulle condanne.
(6)
La presente decisione quadro risponde alle aspettative formulate dal Consiglio del 14 aprile 2005, in seguito alla pubblicazione del Libro bianco relativo allo scambio di informazioni sulle condanne penali e sull'effetto di queste ultime nell'Unione europea, e alla discussione generale che ne è derivata. Essa si prefigge, in particolare, di migliorare gli scambi di informazioni sulle condanne e, ove comminate e iscritte nel casellario giudiziario dello Stato membro di condanna, sulle interdizioni derivanti da condanne penali a carico di cittadini dell'Unione.
(7)
L'applicazione del meccanismo istituito dalla presente decisione quadro alla sola trasmissione di informazioni estratte dal casellario giudiziario relativamente alle persone fisiche non dovrebbe pregiudicare l'eventuale futura estensione dell'ambito di applicazione di tali meccanismi allo scambio di informazioni relative alle persone giuridiche.
(8)
L'informazione sulle condanne pronunciate in altri Stati membri è disciplinata attualmente dagli articoli 13 e 22 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959. Tuttavia, tali disposizioni non soddisfano le attuali esigenze della cooperazione giudiziaria in uno spazio quale l'Unione europea.
(9)
Tra gli Stati membri la presente decisione quadro dovrebbe sostituire l'articolo 22 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale. Oltre all'obbligo fatto allo Stato membro di condanna di trasmettere agli Stati membri di cittadinanza le informazioni relative alle condanne pronunciate contro i loro cittadini — obblighi che la presente decisione quadro riprende e precisa — è inserito un obbligo di conservazione delle informazioni così trasmesse presso gli Stati membri di cittadinanza, onde garantire che siano in grado di fornire una risposta completa alle richieste di informazioni avanzate da altri Stati membri.
(10)
La presente decisione quadro dovrebbe lasciare impregiudicata la possibilità, per le autorità giudiziarie, di richiedersi e trasmettersi direttamente le informazioni derivanti dal casellario giudiziario in applicazione dell'articolo 13, in combinato disposto con l'articolo 15, paragrafo 3, della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale e senza pregiudizio dell'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea, stabilita con atto del Consiglio del 29 maggio 2000 (5).
(11)
Il miglioramento della circolazione delle informazioni sulle condanne presenta un'utilità ridotta se gli Stati membri non sono in grado di tener conto delle informazioni trasmesse. Il 24 luglio 2008 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2008/675/GAI relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell'Unione europea in occasione dell'apertura di un nuovo procedimento penale (6).
(12)
Il principale obiettivo dell'iniziativa del Regno del Belgio è conseguito dalla presente decisione quadro là dove obbliga l'autorità centrale di ogni Stato membro a richiedere e inserire nel suo estratto del casellario giudiziario tutte le informazioni fornite dal casellario giudiziario dello Stato membro di cittadinanza dell'interessato quando risponde a una richiesta di questo. La conoscenza dell'esistenza della condanna e, ove comminata e iscritta nel casellario giudiziario, di un'interdizione da essa derivante è una condizione preliminare necessaria per dar loro efficacia conformemente al diritto nazionale dello Stato membro in cui la persona intende esercitare attività professionali attinenti alla cura dei bambini. Il meccanismo istituito dalla presente decisione quadro mira, tra l'altro, ad assicurare che una persona condannata per reati sessuali commessi su bambini, qualora il suo casellario giudiziario nello Stato membro di condanna contenga la condanna stessa e, ove comminata e iscritta nel casellario giudiziario, un'interdizione da essa derivante, non possa più occultare tale condanna o interdizione al fine di esercitare l'attività attinente alla cura dei bambini in un altro Stato membro.
(13)
La presente decisione quadro stabilisce norme sulla protezione dei dati personali trasmessi tra gli Stati membri a seguito della sua attuazione. Le norme generali esistenti sulla protezione dei dati personali trattati nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale sono integrate dalle norme stabilite nella presente decisione quadro. Inoltre, ai dati personali trattati in base alla presente decisione quadro si applica la Convenzione del Consiglio d'Europa del 28 gennaio 1981 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale. La presente decisione quadro integra altresì le disposizioni della decisione 2005/876/GAI del Consiglio, del 21 novembre 2005, relativa allo scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario (7), che fissano limiti all'uso, da parte dello Stato membro richiedente, delle informazioni richieste. La presente decisione quadro completa tali disposizioni con norme specifiche per l'inoltro, da parte dello Stato membro di cittadinanza, di informazioni relative a condanne trasmessegli dallo Stato membro di condanna.
(14)
La presente decisione quadro non modifica gli obblighi e le prassi stabiliti nei confronti degli Stati terzi a norma della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, nella misura in cui tale strumento resta applicabile.
(15)
Ai sensi della raccomandazione n. R (84) 10 del Consiglio d'Europa sul casellario giudiziario e la riabilitazione dei condannati, l'istituzione del casellario giudiziario è volta principalmente a informare le autorità responsabili del sistema giudiziario penale sui precedenti dell'imputato al fine di adattare la decisione da assumere al caso concreto. Poiché qualunque altro uso del casellario giudiziario che possa compromettere le possibilità di reinserimento sociale del condannato deve essere limitato il più possibile, l'uso delle informazioni trasmesse in applicazione della presente decisione quadro a fini diversi da un procedimento penale può essere limitato conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiesto e dello Stato membro richiedente.
(16)
Lo scopo delle disposizioni della presente decisione quadro relative alla trasmissione di informazioni allo Stato membro di cittadinanza dell'interessato ai fini della loro conservazione e ritrasmissione non è di armonizzare i sistemi nazionali dei casellari giudiziari degli Stati membri. La presente decisione quadro non obbliga lo Stato membro di condanna a modificare il sistema interno di casellario giudiziario per quanto attiene all'uso delle informazioni per scopi interni.
(17)
Il miglioramento della circolazione delle informazioni sulle condanne penali presenta un'utilità ridotta se le informazioni non risultano comprensibili per lo Stato membro che le riceve. La reciproca comprensione può essere migliorata con la creazione di un «formato europeo standardizzato», che consenta lo scambio delle informazioni in modo omogeneo, informatizzato e facilmente traducibile con dispositivi automatizzati. Le informazioni sulle condanne inviate dallo Stato membro di condanna dovrebbero essere trasmesse nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali di tale Stato membro. Il Consiglio dovrebbe adottare le misure necessarie per l'attuazione del meccanismo di scambio di informazioni istituito dalla presente decisione quadro.
(18)
La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
(19)
La presente decisione quadro rispetta il principio di sussidiarietà di cui all'articolo 2 del trattato sull'Unione europea e sancito dall'articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, poiché il miglioramento dei meccanismi di trasmissione delle informazioni sulle condanne fra gli Stati membri non può essere realizzato in modo adeguato dall'azione unilaterale degli Stati membri e richiede un'azione coordinata a livello dell'Unione europea. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità sancito dall'articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
Articolo 1
Obiettivo
La presente decisione quadro si prefigge:
a)
di definire le modalità secondo le quali uno Stato membro in cui è stata pronunciata una condanna contro un cittadino di un altro Stato membro («Stato membro di condanna») trasmette le informazioni su tale condanna allo Stato membro di cittadinanza della persona condannata («Stato membro di cittadinanza»);
b)
di definire gli obblighi di conservazione di tali informazioni che incombono allo Stato membro di cittadinanza e di precisare i metodi da seguire nel rispondere a una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziario;
c)
di fissare il quadro per la costruzione e lo sviluppo di un sistema informatizzato di scambio di informazioni tra Stati membri sulle condanne, in base alla presente decisione quadro e alla successiva decisione di cui all'articolo 11, paragrafo 4.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione quadro, si intende per:
a)
«condanna» ogni decisione definitiva di una giurisdizione penale nei confronti di una persona fisica in relazione a un reato, nella misura in cui tali decisioni siano riportate nel casellario giudiziario dello Stato di condanna;
b)
«procedimento penale» la fase precedente al processo penale, la fase del processo penale stesso e l'esecuzione della condanna;
c)
«casellario giudiziario» il registro nazionale o i registri nazionali in cui le condanne sono registrate conformemente al diritto nazionale.
Articolo 3
Autorità centrale
1. Ai fini della presente decisione quadro ciascuno Stato membro designa un'autorità centrale. Tuttavia, per la trasmissione di informazioni ai sensi dell'articolo 4 e per la risposta ai sensi dell'articolo 7 alle richieste di cui all'articolo 6, gli Stati membri possono designare una o più autorità centrali.
2. Ciascuno Stato membro informa il segretariato generale del Consiglio e la Commissione dell'autorità centrale o delle autorità centrali designate ai sensi del paragrafo 1. Il segretariato generale del Consiglio notifica tale informazione agli Stati membri e all'Eurojust.
Articolo 4
Obblighi dello Stato membro di condanna
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché qualsiasi condanna pronunciata nel proprio territorio comporti, nel momento in cui è fornita al casellario giudiziario, l'indicazione della cittadinanza o delle cittadinanze della persona condannata, ove si tratti di un cittadino di un altro Stato membro.
2. L'autorità centrale dello Stato membro di condanna provvede a comunicare senza indugio alle autorità centrali degli altri Stati membri le condanne penali pronunciate sul proprio territorio contro cittadini di tali altri Stati membri, quali iscritte nel casellario giudiziario.
Qualora sia noto che la persona condannata ha la cittadinanza di più Stati membri, le informazioni sono trasmesse a ciascuno di essi, anche quando la persona condannata ha la cittadinanza dello Stato membro nel cui territorio è stata condannata.
3. Le informazioni relative alla successiva modifica o soppressione delle informazioni contenute nel casellario giudiziario sono immediatamente trasmesse dall'autorità centrale dello Stato membro di condanna all'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza.
4. Lo Stato membro che ha fornito le informazioni ai sensi dei paragrafi 2 e 3 trasmette all'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza, su richiesta di quest'ultima in singoli casi, copia delle sentenze e dei conseguenti provvedimenti, nonché qualsiasi altra informazione pertinente al riguardo, per consentirle di esaminare se essi richiedano provvedimenti a livello nazionale.
Articolo 5
Obblighi dello Stato membro di cittadinanza
1. L'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza conserva integralmente, conformemente all'articolo 11, paragrafi 1 e 2, le informazioni trasmesse ai sensi dell'articolo 4, paragrafi 2 e 3, ai fini della ritrasmissione a norma dell'articolo 7.
2. Qualsiasi modifica o soppressione di informazioni trasmesse ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 3, dà luogo a un'identica modifica o soppressione, da parte dello Stato membro di cittadinanza, delle informazioni conservate ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo a fini di ritrasmissione a norma dell'articolo 7.
3. Ai fini della ritrasmissione a norma dell'articolo 7, lo Stato membro di cittadinanza può servirsi esclusivamente di informazioni aggiornate ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo.
Articolo 6
Richiesta d'informazioni sulle condanne
1. Quando si richiedono informazioni al casellario giudiziario di uno Stato membro ai fini di un procedimento penale contro una persona o a fini diversi da un procedimento penale, l'autorità centrale di tale Stato membro può, conformemente al diritto nazionale, rivolgere all'autorità centrale di un altro Stato membro una richiesta di estrazione di informazioni e dati a esse attinenti dal casellario giudiziario.
2. Qualora una persona richieda informazioni sul proprio casellario giudiziario, l'autorità centrale dello Stato membro nel quale la richiesta è stata introdotta può, conformemente al diritto nazionale, rivolgere all'autorità centrale di un altro Stato membro una richiesta di estrazione di informazioni e dati a esse attinenti dal casellario giudiziario, purché l'interessato sia o sia stato residente o cittadino dello Stato membro richiedente o dello Stato membro richiesto.
3. Allorché una persona, scaduto il termine di cui all'articolo 11, paragrafo 7, chiede informazioni sul proprio casellario giudiziario all'autorità centrale di uno Stato membro diverso dallo Stato membro di cittadinanza, l'autorità centrale dello Stato membro in cui è presentata la richiesta rivolge all'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza una richiesta di estrazione di informazioni e dati a esse attinenti dal casellario giudiziario per poter includere tali informazioni e dati a esse attinenti nell'estratto da fornire all'interessato.
4. Qualsiasi richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziario a un'autorità centrale di uno Stato membro è inviata mediante il modulo che figura in allegato.
Articolo 7
Risposta a una richiesta di informazioni sulle condanne
1. Quando una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziario viene rivolta ai sensi dell'articolo 6 all'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza ai fini di un procedimento penale, tale autorità centrale trasmette all'autorità centrale dello Stato membro richiedente le informazioni relative:
a)
alle condanne pronunciate nello Stato membro di cittadinanza e iscritte nel casellario giudiziario;
b)
alle condanne pronunciate da altri Stati membri che le siano state trasmesse dopo il 27 aprile 2012, in applicazione dell'articolo 4, quali conservate ai sensi dell'articolo 5, paragrafi 1 e 2;
c)
alle condanne pronunciate in altri Stati membri che le siano state trasmesse entro il 27 aprile 2012 e siano iscritte nel casellario giudiziario;
d)
alle condanne pronunciate in paesi terzi di cui abbia ricevuto notifica e iscritte nel casellario giudiziario.
2. Quando una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziario viene rivolta ai sensi dell'articolo 6 all'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza a fini diversi da un procedimento penale, tale autorità centrale risponde in conformità del diritto nazionale indicando le condanne pronunciate nello Stato membro di cittadinanza e quelle pronunciate in paesi terzi che le siano state notificate e siano iscritte nel suo casellario giudiziario.
Per quanto riguarda le informazioni sulle condanne pronunciate in un altro Stato membro trasmesse allo Stato membro di cittadinanza, l'autorità centrale di quest'ultimo Stato membro trasmette in conformità del diritto nazionale allo Stato membro richiedente le informazioni conservate a norma dell'articolo 5, paragrafi 1 e 2, nonché le informazioni trasmesse a tale autorità centrale entro il 27 aprile 2012 e iscritte nel suo casellario giudiziario.
Nel trasmettere le informazioni a norma dell'articolo 4, l'autorità centrale dello Stato membro di condanna può comunicare all'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza che le informazioni relative alle condanne pronunciate nel primo Stato membro e trasmesse all'autorità centrale del secondo Stato membro non possono essere ritrasmesse per fini diversi da un procedimento penale. In tal caso, l'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza comunica allo Stato membro richiedente, con riguardo a dette condanne, quale altro Stato membro aveva trasmesso tali informazioni, in modo da consentire allo Stato membro richiedente di rivolgere una richiesta direttamente allo Stato membro di condanna per ottenere informazioni sulle condanne in questione.
3. Quando una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziario è rivolta all'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza da un paese terzo, detto Stato membro può rispondere riguardo alle condanne trasmesse da un altro Stato membro solo nei limiti applicabili alla trasmissione di informazioni ad altri Stati membri conformemente ai paragrafi 1 e 2.
4. Quando una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziario è rivolta ai sensi dell'articolo 6 all'autorità centrale di uno Stato membro che non sia quello di cittadinanza, lo Stato membro richiesto trasmette le informazioni sulle condanne pronunciate nello Stato membro richiesto e sulle condanne pronunciate a carico di cittadini di paesi terzi e di apolidi contenute nel suo casellario giudiziario nella misura prevista dall'articolo 13 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale.
5. La risposta è fornita mediante il modulo che figura in allegato. Questo è corredato di un elenco delle condanne, stilato conformemente al diritto nazionale.
Articolo 8
Termini di risposta
1. La risposta alla richiesta di cui all'articolo 6, paragrafo 1, è trasmessa dall'autorità centrale dello Stato membro richiesto all'autorità centrale dello Stato membro richiedente, mediante il modulo che figura in allegato, immediatamente e comunque entro un termine non superiore a dieci giorni lavorativi dalla data di ricevimento della richiesta, alle condizioni previste dal diritto, dalla regolamentazione o dalla prassi nazionali.
Qualora necessiti di ulteriori informazioni per identificare la persona cui la richiesta si riferisce, lo Stato membro richiesto consulta immediatamente lo Stato membro richiedente in modo da fornire una risposta entro dieci giorni lavorativi dalla data di ricevimento delle informazioni complementari richieste.
2. La risposta alla richiesta di cui all'articolo 6, paragrafo 2, è trasmessa entro venti giorni lavorativi dal ricevimento della richiesta.
Articolo 9
Condizioni di utilizzo dei dati personali
1. I dati personali trasmessi ai sensi dell'articolo 7, paragrafi 1 e 4, ai fini di un procedimento penale possono essere usati dallo Stato membro richiedente solo ai fini del procedimento penale per il quale sono stati richiesti, come specificato nel modulo che figura in allegato.
2. I dati personali trasmessi ai sensi dell'articolo 7, paragrafi 2 e 4, per fini diversi da un procedimento penale possono essere usati dallo Stato membro richiedente, conformemente al suo diritto nazionale, solo per il fine per il quale sono stati richiesti e nei limiti specificati dallo Stato membro richiesto nel modulo che figura in allegato.
3. Nonostante i paragrafi 1 e 2, i dati personali trasmessi ai sensi dell'articolo 7, paragrafi 1, 2 e 4, possono essere usati dallo Stato membro richiedente per prevenire un pericolo grave e immediato per la pubblica sicurezza.
4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i dati personali ricevuti da un altro Stato membro ai sensi dell'articolo 4, se trasmessi a un paese terzo a norma dell'articolo 7, paragrafo 3, siano soggetti agli stessi limiti di utilizzo applicabili in uno Stato membro richiedente ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo. Gli Stati membri specificano che i dati personali, se trasmessi a un paese terzo ai fini di un procedimento penale, possono essere successivamente usati da tale paese terzo soltanto ai fini di un procedimento penale.
5. Il presente articolo non si applica ai dati personali ottenuti da uno Stato membro ai sensi della presente decisione quadro e provenienti dallo Stato membro medesimo.
Articolo 10
Lingue
Nel presentare una richiesta di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lo Stato membro richiedente trasmette allo Stato membro richiesto il modulo che figura in allegato nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali di quest'ultimo.
Lo Stato membro richiesto risponde in una delle proprie lingue ufficiali oppure in un'altra lingua accettata da entrambi gli Stati membri.
All'atto dell'adozione della presente decisione quadro o successivamente, ogni Stato membro può indicare, in una dichiarazione al segretariato generale del Consiglio, quali sono le lingue ufficiali delle istituzioni dell'Unione europea che accetta. Il segretariato generale del Consiglio notifica tale informazione agli Stati membri.
Articolo 11
Formato e altre modalità per organizzare e agevolare gli scambi di informazioni sulle condanne
1. All'atto della trasmissione delle informazioni in conformità dell'articolo 4, paragrafi 2 e 3, l'autorità centrale dello Stato membro di condanna trasmette le seguenti informazioni:
a)
informazioni che devono sempre essere trasmesse, a meno che, in singoli casi, dette informazioni siano ignote all'autorità centrale (informazioni obbligatorie):
i)
informazioni relative alla persona condannata (nome completo, data di nascita, luogo di nascita composto di città e Stato, sesso, cittadinanza ed eventuali nomi precedenti);
ii)
informazioni relative alla natura della condanna (data della condanna, nome dell'organo giurisdizionale, data in cui la decisione è diventata definitiva);
iii)
informazioni relative al reato che ha determinato la condanna (data del reato che ha determinato la condanna e denominazione o qualificazione giuridica del reato nonché riferimento alle disposizioni giuridiche applicabili); e
iv)
informazioni relative al contenuto della condanna (in particolare la pena, eventuali sanzioni supplementari, misure di sicurezza e decisioni successive che modificano l'esecuzione della pena);
b)
informazioni che devono essere trasmesse se iscritte nel casellario giudiziario (informazioni facoltative):
i)
nome dei genitori della persona condannata;
ii)
numero di riferimento della condanna;
iii)
luogo del reato; e
iv)
interdizioni derivanti dalla condanna;
c)
informazioni che devono essere trasmesse, se sono a disposizione dell'autorità centrale (informazioni supplementari):
i)
numero d'identità o tipo e numero del documento di identificazione della persona condannata;
ii)
impronte digitali prese a questa persona; e
iii)
eventuali pseudonimi.
Inoltre, l'autorità centrale può trasmettere altre eventuali informazioni iscritte nel casellario giudiziario relative a condanne.
2. L'autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza conserva tutte le informazioni dei tipi elencati nel paragrafo 1, lettere a) e b), ricevute in conformità dell'articolo 5, paragrafo 1, a scopo di ritrasmissione ai sensi dell'articolo 7. Allo stesso scopo può conservare le informazioni dei tipi elencati nel paragrafo 1, primo comma, lettera c), e secondo comma.
3. Fino allo scadere del termine di cui al paragrafo 7, le autorità centrali degli Stati membri che non abbiano provveduto alla notifica di cui al paragrafo 6 si trasmettono tutte le informazioni in conformità dell'articolo 4, le richieste in conformità dell'articolo 6, le risposte in conformità dell'articolo 7 e altre informazioni pertinenti con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta, in modo tale da consentire all'autorità centrale dello Stato membro ricevente di accertarne l'autenticità.
Una volta scaduto il termine di cui al paragrafo 7 del presente articolo, le autorità centrali degli Stati membri si trasmettono dette informazioni per via elettronica, in formato standardizzato.
4. Il formato di cui al paragrafo 3 e le altre modalità per organizzare e agevolare gli scambi di informazioni sulle condanne fra le autorità centrali degli Stati membri sono stabiliti dal Consiglio in conformità delle pertinenti procedure del trattato sull'Unione europea entro il 27 aprile 2012.
Tali altre modalità includono:
a)
la definizione di qualsiasi modalità atta ad agevolare la comprensione delle informazioni trasmesse e la loro traduzione automatica;
b)
la definizione delle modalità di scambio delle informazioni per via elettronica, in particolare con riferimento alle specifiche tecniche da usare e, se necessario, alle procedure di scambio applicabili;
c)
gli eventuali adeguamenti del modulo che figura in allegato.
5. Ove non fosse disponibile la via di trasmissione di cui ai paragrafi 3 e 4, per l'intera durata dell'indisponibilità resta d'applicazione il paragrafo 3, primo comma.
6. Ciascuno Stato membro procede agli adeguamenti tecnici necessari all'impiego del formato standardizzato e alla sua trasmissione per via elettronica agli altri Stati membri. Esso notifica al Consiglio da quale data sia in grado di effettuare tali trasmissioni.
7. Gli Stati membri provvedono agli adeguamenti tecnici di cui al paragrafo 6 entro tre anni a decorrere dall'adozione del formato e delle modalità di scambio per via elettronica delle informazioni sulle condanne.
Articolo 12
Rapporti con altri strumenti giuridici
1. Nei rapporti tra gli Stati membri la presente decisione quadro completa le disposizioni dell'articolo 13 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, dei suoi protocolli aggiuntivi del 17 marzo 1978 e dell'8 novembre 2001, della Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale fra gli Stati membri dell'Unione europea e relativo protocollo del 16 ottobre 2001 (8).
2. Ai fini della presente decisione quadro gli Stati membri rinunciano a far valere, nei reciproci rapporti, le loro eventuali riserve sull'articolo 13 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale.
3. Fatta salva la loro applicazione nei rapporti fra Stati membri e Stati terzi, la presente decisione quadro sostituisce nei rapporti tra gli Stati membri che hanno adottato le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro, e al più tardi a decorrere dal 27 aprile 2012, le disposizioni dell'articolo 22 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, quali completate dall'articolo 4 del citato protocollo aggiuntivo alla Convenzione stessa, del 17 marzo 1978.
4. La decisione 2005/876/GAI è abrogata.
5. La presente decisione quadro lascia impregiudicata l'applicazione di disposizioni più favorevoli contenute in accordi bilaterali o multilaterali fra Stati membri.
Articolo 13
Attuazione
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 27 aprile 2012.
2. Gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro.
3. In base a tali informazioni, entro il 27 aprile 2015 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente decisione quadro, corredata se del caso da proposte legislative.
Articolo 14
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 26 febbraio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
I. LANGER
(1) Parere del 17 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 10.
(3) GU C 216 dell'1.8.2001, pag. 14.
(4) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1.
(5) GU C 197 del 12.7.2000, pag. 3.
(6) GU L 220 del 15.8.2008, pag. 32.
(7) GU L 322 del 9.12.2005, pag. 33.
(8) GU C 326 del 21.11.2001, pag. 1.
ALLEGATO
Modulo di cui agli articoli 6, 7, 8, 9 e 10 della decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio relativa all'organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario
Richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziario
Ai fini di assistenza per la corretta compilazione del modulo, gli Stati membri devono consultare il manuale di procedura
a)
Informazioni relative allo Stato membro richiedente:
Stato membro:
Autorità centrale(i):
Persona di contatto:
Telefono (con prefisso):
Telefax (con prefisso):
Indirizzo di posta elettronica:
Recapito postale:
Numero di riferimento del fascicolo, se noto:
b)
Informazioni relative all'identità della persona oggetto della richiesta (1):
Nome completo (nomi e tutti i cognomi):
Nomi precedenti:
Eventuali pseudonimi:
Sesso: M F
Nazionalità:
Data di nascita (in cifre: gg/mm/aaaa):
Luogo di nascita (città e Stato):
Nome del padre:
Nome della madre:
Residenza o domicilio conosciuto:
Numero d'identità o tipo e numero del documento di identificazione della persona:
Impronte digitali:
Altri dati identificativi, se disponibili:
c)
Scopo della richiesta:
Si prega di contrassegnare la casella che interessa
1)
procedimento penale (indicare l'autorità presso la quale è pendente il procedimento e, se disponibile, il numero di riferimento della causa …
…
2)
richiesta al di fuori di un procedimento penale (indicare l'autorità presso la quale è pendente il procedimento e, se disponibile, il numero di riferimento della causa, contrassegnando la casella che interessa:
i)
proveniente da un'autorità giudiziaria …
…
ii)
proveniente da un'autorità amministrativa competente …
…
iii)
proveniente dall'interessato per ottenere informazioni sul proprio casellario giudiziario …
…
Scopo per il quale sono richieste le informazioni:
Autorità richiedente:
l'interessato non ha dato il proprio assenso alla divulgazione delle informazioni (se è stato chiesto l'assenso dell'interessato conformemente alla legislazione dello Stato membro richiedente).
Persona di contatto, qualora siano necessarie informazioni complementari:
Nome:
Telefono:
Indirizzo di posta elettronica:
Altre informazioni (ad esempio, urgenza della richiesta):
Risposta alla richiesta
Informazioni relative alla persona interessata
Si prega di contrassegnare la casella che interessa
L'autorità sottoscritta conferma che:
nel casellario giudiziario della persona interessata non figurano informazioni sulle condanne
nel casellario giudiziario della persona interessata figurano informazioni sulle condanne; se ne acclude un elenco
nel casellario giudiziario della persona interessata figurano altre informazioni; se ne acclude un elenco (facoltativo)
nel casellario giudiziario della persona interessata figurano informazioni sulle condanne riguardo alle quali, tuttavia, lo Stato membro di condanna ha comunicato che non possono essere ritrasmesse per fini diversi da un procedimento penale. Ulteriori informazioni possono essere richieste direttamente a … (indicare lo Stato membro di condanna)
conformemente al diritto interno dello Stato membro richiesto, non è possibile trattare richieste presentate per fini diversi da un procedimento penale.
Persona di contatto, qualora siano necessarie informazioni complementari:
Nome:
Telefono:
Indirizzo di posta elettronica:
Altre informazioni (restrizioni previste per le richieste che esulano dal contesto dei procedimenti penali):
Si prega di indicare il numero di pagine allegate al modulo di risposta
Fatto a
addì
Firma e timbro ufficiale (se del caso):
Nome e qualifica/organizzazione:
Se del caso, accludere un elenco delle condanne e rispedire il tutto allo Stato membro richiedente. Non è necessario tradurre il modulo né l'elenco delle condanne nella lingua dello Stato membro richiedente.
(1) Per facilitare l'identificazione della persona occorre fornire il maggior numero di dati possibile. | Scambio di informazioni sui casellari giudiziari tra i paesi dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO?
Stabilisce i principi generali per il funzionamento dello scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario fra i paesi dell’Unione europea (Unione), parallelamente alla decisione 2009/316 /GAI, che ha istituito il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS). Cerca di impedire ai criminali di sfuggire al loro passato trasferendosi in un paese dell’Unione diverso da quello in cui sono stati condannati. A tale scopo prevede che le informazioni su tutte le loro condanne siano disponibili, quando necessario, a prescindere dal paese dell’Unione nel quale erano stati condannati. È stato modificato nel 2019 dalla direttiva (UE) 2019/884, che regola lo scambio di informazioni tra Stati membri sui cittadini di paesi terzi e sugli apolidi e, insieme al regolamento (UE) 2019/816, garantisce che ECRIS sarà più efficace rispetto ai cittadini di paesi terzi condannati all’interno dell’UE. La direttiva (UE) 2019/884, inoltre, sostituirà la decisione 2009/316/GAI a partire dal 28 giugno 2022.
PUNTI CHIAVE
Scopi
Gli obiettivi della decisione quadro sono:definire gli obblighi per un paese dell’Unione che condanna un cittadino di un altro paese dell’Unione di trasmettere le informazioni su tale condanna al paese di nazionalità di quel cittadino; definire gli obblighi per il paese dell’Unione di cui la persona è cittadino di conservare le informazioni ricevute sulle condanne e le procedure che tale paese deve seguire nel rispondere a una richiesta di informazioni su tali cittadini; fissare il quadro per lo sviluppo di un sistema informatizzato di scambio di informazioni sulle condanne.Designazione delle autoritàI paesi dell’Unione sono tenuti a designare autorità centrali per svolgere i compiti connessi allo scambio di informazioni.
Registrazione delle condanne e conservazione delle informazioniIl paese dell’Unione che ha emesso la condanna deve registrare la cittadinanza o le cittadinanze della persona condannata e comunicare, al rispettivo paese (o paesi) di cittadinanza, i dati relativi a qualsiasi condanna. Tali dati riguardano:la persona condannata; natura e contenuto della condanna, e il reato che ha determinato la condanna.Il paese dell’Unione di cui la persona condannata è cittadino deve conservare le informazioni ad esso inviate al fine di rispondere alle richieste di informazioni sulle condanne dei propri cittadini. La risposta dovrebbe:contenere informazioni sulle condanne pronunciate nel proprio territorio e in ogni altro Stato; e essere trasmessa entro 10 giorni lavorativi, o 20 giorni lavorativi se la richiesta è stata fatta da una persona relativamente al proprio casellario giudiziario.Scambi di informazioniLe informazioni possono essere scambiate ai fini di un procedimento penale o per altri scopi legittimi, ad esempio per la selezione del personale. Mentre le risposte alle richieste ai fini di un procedimento penale sono obbligatorie, quelle per altri scopi dovrebbero essere fornite conformemente al diritto nazionale. Quando un’autorità centrale di un paese dell’Unione riceve una richiesta di informazioni da qualsiasi autorità nazionale competente, può a sua volta chiedere informazioni ad un altro paese dell’Unione, in particolare al paese di cittadinanza della persona in questione. Quando un’autorità centrale di un paese dell’Unione riceve una richiesta da un cittadino di un altro paese dell’Unione per quanto riguarda il proprio casellario giudiziario, deve richiedere informazioni al paese di cittadinanza della persona interessata e includerle nel certificato emesso. Nel 2017, la Commissione europea ha pubblicato una relazione sullo scambio, attraverso ECRIS, delle informazioni estratte dai casellari giudiziari tra paesi dell’Unione.Direttiva di modifica (UE) 2019/884
La decisione quadro è stata modificata nel 2019 dalla direttiva (UE) 2019/884, che mira a garantire lo scambio effettivo di informazioni sulle condanne a carico di cittadini di paesi terzi (comprese le persone apolidi e le persone la cui cittadinanza è ignota) attraverso ECRIS. La direttiva garantisce inoltre che ECRIS sarà più efficace rispetto ai cittadini di paesi terzi che hanno ricevuto precedenti condanne in un paese dell’Unione. Inoltre, la direttiva:obbliga i paesi dell’Unione a garantire che le condanne siano corredate di informazioni sulla cittadinanza, o sulle cittadinanze, della persona condannata, nella misura in cui tali informazioni siano disponibili; introduce procedure di risposta alle richieste di informazioni; garantisce l’integrazione dell’estratto del casellario giudiziale richiesto da un cittadino di paese terzo con le informazioni provenienti da altri paesi dell’Unione; e prevede le modifiche tecniche necessarie per il funzionamento del sistema di scambio di informazioni.Tutti i dati estratti dai casellari giudiziali sono conservati unicamente nelle banche dati gestite dai paesi dell’Unione. Le autorità centrali dei paesi dell’Unione non hanno un accesso diretto alle banche dati di casellari giudiziali degli altri paesi dell’Unione.
L’agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA) è responsabile del mantenimento e dei futuri sviluppi dell’implementazione di riferimento ECRIS.
AttuazioneUna relazione pubblicata nel 2016 dalla Commissione europea descrive l’attuazione della decisione quadro nei paesi dell’Unione. In generale si registra un progresso significativo nello scambio delle informazioni estratte dai casellari giudiziari fra i paesi dell’Unione. Al momento della relazione, 22 paesi dell’Unione avevano comunicato alla Commissione le misure adottate per incorporare la decisione quadro nella legislazione nazionale. Nel frattempo, tutti i paesi dell’Unione hanno comunicato le misure adottate in questo contesto.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO?
La decisione quadro è in vigore dal 27 aprile 2009. I paesi dell’Unione avevano l’obbligo di integrarla nella legislazione nazionale entro il 27 aprile 2012. Le modifiche introdotte dalla direttiva di modifica (UE) 2019/884 verranno applicate in tutti i paesi dell’Unione a partire dal 28 giugno 2022.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS) (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (GU L 93 del 7.4.2009, pag. 23).
Le modifiche successive alla decisione quadro 2009/315/GAI sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 del 1.12.2014, pag. 6).
Decisione 2009/316/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) in applicazione dell’articolo 11 della decisione quadro 2009/315/GAI (GU L 93 del 7.4.2009, pag. 33).
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sugli scambi fra gli Stati membri, tramite il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS), delle informazioni estratte dai casellari giudiziari [COM(2017) 341 final, del 29.6.2017].
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della decisione quadro 2009/315/GAI del 26 febbraio 2009 relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario [COM(2016) 6 final, del 19.1.2016]. | 12,994 | 792 |
32013D0103 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 16 giugno 2011
concernente la firma e la conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e l’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia di adesione dell’Unione europea alla convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del 9 maggio 1980, modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2013/103/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 91, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 5 e paragrafo 6, lettera a), punto v),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l’approvazione del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
Lo sviluppo dell’interoperabilità ferroviaria, sia all’interno dell’Unione sia tra l’Unione e i paesi vicini, è un elemento centrale della politica comune dei trasporti, finalizzato in particolare a realizzare un migliore equilibrio tra i vari modi di trasporto.
(2)
L’Unione dispone della competenza esclusive o concorrente con i suoi Stati membri nei settori contemplati dalla convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del 9 maggio 1980, modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999 («convenzione»).
(3)
L’adesione dell’Unione alla convenzione ai fini dell’esercizio della sua competenza è consentita in forza dell’articolo 38 della convenzione.
(4)
A nome dell’Unione, la Commissione ha negoziato un accordo («accordo») con l’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia («OTIF») di adesione dell’Unione alla convenzione.
(5)
È opportuno approvare l’accordo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
È approvato a nome dell’Unione l’accordo tra l’Unione europea e l’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia di adesione dell’Unione europea alla convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del 9 maggio 1980, modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999 («accordo»).
Il testo dell’accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Al momento della firma dell’accordo l’Unione emette una dichiarazione, secondo quanto stabilito nell’allegato I della presente decisione, riguardante l’esercizio della sua competenza ed emette una dichiarazione, secondo quanto stabilito nell’allegato II della presente decisione con riguardo all’articolo 2 dell’accordo.
Articolo 3
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare l’accordo allo scopo di impegnare l’Unione e ad emettere le dichiarazioni di cui all’articolo 2.
Articolo 4
La Commissione rappresenta l’Unione alle riunioni dell’OTIF.
Articolo 5
Le disposizioni interne per la preparazione delle riunioni dell’OTIF nonché per la rappresentanza e le votazioni nell’ambito di tali riunioni sono stabiliti nell’allegato III della presente decisione.
Articolo 6
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Fatto a Lussemburgo, il 16 giugno 2011
Per il Consiglio
Il presidente
VÖLNER P.
ALLEGATO I
DICHIARAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA RIGUARDANTE L’ESERCIZIO DELLE COMPETENZE
Nel settore ferroviario l’Unione europea («Unione») dispone della competenza concorrente con gli Stati membri dell’Unione («Stati membri») a norma degli articoli 90 e 91, in combinato disposto con l’articolo 100, paragrafo 1 e gli articoli 171 e 172 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
Il titolo VI del TFUE istituisce la politica comune dei trasporti dell’Unione e il titolo XVI prevede il contributo dell’Unione alla costituzione e allo sviluppo di reti transeuropee nel settore dei trasporti.
Più in particolare, l’articolo 91 del titolo VI del TFUE stabilisce che l’Unione può adottare:
—
norme comuni applicabili ai trasporti internazionali in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri,
—
le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali in uno Stato membro,
—
le misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti,
—
ogni altra utile disposizione.
Con riguardo alle reti transeuropee l’articolo 171 del titolo XVI del TFUE statuisce, più in particolare, che l’Unione:
—
stabilisce un insieme di orientamenti che contemplino gli obiettivi, le priorità e le linee principali delle azioni previste nel settore delle reti transeuropee; in detti orientamenti sono individuati progetti di interesse comune,
—
intraprende ogni azione che si riveli necessaria per garantire l’interoperabilità delle reti, in particolare nel campo dell’armonizzazione delle norme tecniche,
—
può appoggiare progetti di interesse comune sostenuti dagli Stati membri, individuati nell’ambito degli orientamenti di cui al primo trattino, in particolare mediante studi di fattibilità, garanzie di prestito o abbuoni di interesse; l’Unione può altresì contribuire al finanziamento negli Stati membri, mediante il Fondo di coesione, di progetti specifici nel settore delle infrastrutture dei trasporti.
Sulla base di queste due disposizioni l’Unione ha adottato numerosi atti giuridici applicabili nel settore dei trasporti ferroviari.
In forza del diritto dell’Unione, l’Unione ha acquisito la competenza esclusiva su questioni in materia di trasporti ferroviari, con riguardo alle quali la convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del 9 maggio 1980, modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999 («convenzione»), o gli strumenti giuridici adottati in virtù di questa possono incidere o modificare la portata delle norme dell’Unione in vigore.
Nelle materie disciplinate dalla convenzione che sono di competenza esclusiva dell’Unione, gli Stati membri non hanno alcuna competenza.
Nei casi in cui esistono norme dell’Unione sulle quali non incidono la convenzione o gli strumenti giuridici adottati in virtù di questa, l’Unione dispone della competenza concorrente con gli Stati membri nelle materie connesse alla convenzione.
Un elenco dei pertinenti atti dell’Unione vigenti al momento della conclusione dell’accordo figura nell’appendice del presente accordo. La portata della competenza dell’Unione che discende da tali atti deve essere valutata in relazione alle specifiche disposizioni di ciascun testo, in particolare la misura in cui tali disposizioni stabiliscono norme comuni. La competenza dell’Unione è in continua evoluzione. Nell’ambito del trattato sull’Unione europea e del TFUE le istituzioni competenti dell’Unione possono adottare decisioni che determinano la portata della competenza dell’Unione. L’Unione si riserva pertanto il diritto di modificare di conseguenza la presente dichiarazione, senza che questo costituisca un prerequisito per l’esercizio della sua competenza nelle materie oggetto della convenzione.
Appendice dell’allegato I
ATTI DELL’UNIONE EUROPEA RELATIVI A MATERIE TRATTATE DALLA CONVENZIONE
Finora l’Unione ha esercitato la propria competenza, in particolare, tramite i seguenti strumenti dell’Unione:
LEGISLAZIONE ECONOMICA/ACCESSO AL MERCATO
—
Regolamento n. 11 riguardante l’abolizione di discriminazioni nel campo dei prezzi e delle condizioni di trasporto emanato in applicazione dell’articolo 79, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità economica europea (GU 52 del 16.8.1960, pag. 1121/60).
—
Direttiva 91/440/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991, relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie (GU L 237 del 24.8.1991, pag. 25).
—
Direttiva 95/18/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa alle licenze delle imprese ferroviarie (GU L 143 del 27.6.1995, pag. 70).
—
Direttiva 2001/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2001, che modifica la direttiva 91/440/CEE del Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie (GU L 75 del 15.3.2001, pag. 1).
—
Direttiva 2001/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2001, che modifica la direttiva 95/18/CE del Consiglio relativa alle licenze delle imprese ferroviarie (GU L 75 del 15.3.2001, pag. 26).
—
Direttiva 2001/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2001, relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza (GU L 75 del 15.3.2001, pag. 29).
—
Direttiva 2004/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che modifica la direttiva 91/440/CEE del Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie (GU L 164 del 30.4.2004, pag. 164, versione rettificata in GU L 220 del 21.6.2004, pag. 58).
—
Regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario (GU L 315 del 3.12.2007, pag. 14).
—
Direttiva 2007/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, che modifica la direttiva 91/440/CEE del Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie e la direttiva 2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria (GU L 315 del 3.12.2007, pag. 44).
INTEROPERABILITÀ E SICUREZZA
—
Direttiva 96/48/CE del Consiglio, del 23 luglio 1996, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità (GU L 235 del 17.9.1996, pag. 6).
—
Direttiva 2001/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale (GU L 110 del 20.4.2001, pag. 1).
—
Direttiva 2004/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie e recante modifica della direttiva 95/18/CE del Consiglio relativa alle licenze delle imprese ferroviarie e della direttiva 2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza (GU L 164 del 30.4.2004, pag. 44, versione rettificata in GU L 220 del 21.6.2004, pag. 16).
—
Direttiva 2004/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che modifica la direttiva 96/48/CE del Consiglio relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità e la direttiva 2001/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale (GU L 164 del 30.4.2004, pag. 114, versione rettificata in GU L 220 del 21.6.2004, pag. 40).
—
Regolamento (CE) n. 881/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che istituisce un’Agenzia ferroviaria europea (Regolamento sull’agenzia) (GU L 164 del 30.4.2004, pag. 1, versione rettificata in GU L 220 del 21.6.2004, pag. 3).
—
Direttiva 2007/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla certificazione dei macchinisti addetti alla guida di locomotori e treni sul sistema ferroviario della Comunità (GU L 315 del 3.12.2007, pag. 51).
—
Direttiva 2008/57/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario comunitario (rifusione) (GU L 191 del 18.7.2008, pag. 1).
—
Direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose (GU L 260 del 30.9.2008, pag. 13).
—
Direttiva 2008/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, che modifica la direttiva 2004/49/CE relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie (direttiva sulla sicurezza delle ferrovie) (GU L 345 del 23.12.2008, pag. 62).
—
Regolamento (CE) n. 1335/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante modifica del regolamento (CE) n. 881/2004 che istituisce un’Agenzia ferroviaria europea (regolamento sull’agenzia) (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 51).
—
Regolamento (UE) n. 913/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo (GU L 276 del 20.10.2010, pag. 22).
ONERI DI SERVIZIO PUBBLICO
—
Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia (GU L 315 del 3.12.2007, pag. 1).
ALLEGATO II
DICHIARAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA CON RIGUARDO ALL’ARTICOLO 2 DELL’ACCORDO
Le parole «che disciplinano la particolare materia in questione» devono essere intese nel senso che si applicano al caso specifico che è disciplinato da una disposizione della convenzione, comprese le relativi appendici, e non è disciplinato dalla normativa dell’Unione europea.
ALLEGATO III
DISPOSIZIONI INTERNE PER IL CONSIGLIO, GLI STATI MEMBRI E LA COMMISSIONE IN RELAZIONE AI LAVORI NELL’AMBITO DELL’OTIF
Consapevoli della necessità dell’unità della rappresentanza internazionale dell’Unione e dei suoi Stati membri conformemente al trattato sull’Unione europea e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea e alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, anche allo stadio dell’attuazione degli obblighi internazionali, il Consiglio, gli Stati membri e la Commissione applicheranno le seguenti disposizioni interne:
1. Ambito di applicazione
Le presenti disposizioni interne si applicheranno a tutte le riunioni di ciascun organo istituito nell’ambito dell’OTIF. Va inteso che, nelle presenti disposizioni, eventuali riferimenti a una «riunione» comprendono mutatis mutandis anche i riferimenti ad altre procedure, come la procedura scritta.
2. Procedura di coordinamento
2.1.
Per preparare le riunioni dell’OTIF, comprese, a titolo non esaustivo, le riunioni dell’assemblea generale, del comitato amministrativo e di altri comitati, si terranno riunioni di coordinamento:
—
a Bruxelles, nell’ambito del competente gruppo di lavoro del Consiglio (di norma il gruppo «Trasporti terrestri»), quanto prima possibile e ogniqualvolta sia necessario prima di una riunione dell’OTIF, e inoltre
—
in loco, in particolare all’inizio e, se necessario, nel corso e al termine di una riunione dell’OTIF.
2.2.
Nelle riunioni di coordinamento si concorderanno le posizioni a nome unicamente dell’Unione o, se del caso, a nome dell’Unione e dei suoi Stati membri. Le posizioni degli Stati membri relative alla loro competenza esclusiva possono essere oggetto di coordinamento in queste riunioni se gli Stati membri ne convengono.
2.3.
Nelle riunioni di coordinamento si deciderà in merito all’esercizio delle responsabilità con riguardo alle dichiarazioni e al voto su ciascuno dei punti all’ordine del giorno della riunione dell’OTIF per i quali è prevista un’eventuale dichiarazione o una votazione.
2.4.
Per preparare le riunioni di coordinamento di cui al punto 2.1, compresi i progetti di dichiarazioni e i documenti di sintesi, si tengono, se necessario, discussioni preliminari nell’ambito dell’apposito comitato istituito dalla pertinente normativa ferroviaria dell’Unione, segnatamente:
—
il comitato per il trasporto di merci pericolose per le tematiche oggetto dell’appendice C della convenzione; se tali tematiche hanno un’incidenza sull’interoperabilità ferroviaria, o sull’approccio comune alla sicurezza di cui alla direttiva 2004/49/CE, occorre coinvolgere anche il comitato per l’interoperabilità e la sicurezza nel settore ferroviario,
—
il comitato per lo sviluppo delle ferrovie dell’Unione per le tematiche oggetto delle appendici A, B, D o E della convenzione e per gli altri sistemi di norme uniformi elaborate dall’OTIF,
—
il comitato per l’interoperabilità e la sicurezza nel settore ferroviario per le tematiche oggetto delle appendici F o G della convenzione.
2.5.
Prima di ogni riunione dell’OTIF, la Commissione darà indicazioni sui punti dell’ordine del giorno che formano oggetto di coordinamento dell’Unione e preparerà progetti di dichiarazioni e di documenti di sintesi da discutere nelle riunioni di coordinamento.
2.6.
Se la Commissione e gli Stati membri non riescono ad accordarsi su una posizione comune nelle riunioni di coordinamento, anche a motivo di un disaccordo sulla ripartizione delle competenze, la questione è sottoposta al comitato dei rappresentanti permanenti e/o al Consiglio.
3. Dichiarazioni e voto nelle riunioni dell’OTIF
3.1.
Qualora un punto all’ordine del giorno tratti questioni di competenza esclusiva dell’Unione, la Commissione interverrà e voterà a nome dell’Unione. Dopo aver proceduto al debito coordinamento, gli Stati membri possono a loro volta intervenire per sostenere e/o sviluppare la posizione dell’Unione.
3.2.
Qualora un punto all’ordine del giorno tratti questioni che rientrano nella competenza esclusiva nazionale, gli Stati membri interverranno e voteranno.
3.3.
Qualora un punto all’ordine del giorno tratti questioni che contengono elementi sia di competenza nazionale che dell’Unione, la presidenza e la Commissione esprimeranno una posizione comune. Dopo aver proceduto al debito coordinamento, gli Stati membri possono intervenire per sostenere e/o sviluppare la posizione comune. Gli Stati membri o la Commissione, secondo il caso, voteranno a nome dell’Unione e dei suoi Stati membri conformemente alla posizione comune. La decisione su chi esprime il voto è presa in funzione della competenza preponderante (ad esempio, competenza principalmente nazionale o principalmente dell’Unione).
3.4.
Qualora un punto all’ordine del giorno tratti questioni che contengono elementi sia di competenza nazionale che dell’Unione e la Commissione e gli Stati membri non siano stati in grado di accordarsi su una posizione comune di cui al punto 2.6, gli Stati membri e la Commissione possono intervenire e votare sulle questioni che rientrano chiaramente nelle loro rispettive competenze.
3.5.
Riguardo alle questioni sulle quali non esiste un accordo tra la Commissione e gli Stati membri in merito alla ripartizione delle competenze o qualora non sia stato possibile ottenere la maggioranza richiesta per una posizione dell’Unione, ci si adopererà al massimo per chiarire la situazione o raggiungere una posizione dell’Unione. Nell’attesa, e previo debito coordinamento, gli Stati membri e/o la Commissione, secondo il caso, sono autorizzati ad intervenire, a condizione che la posizione espressa non pregiudichi una futura posizione dell’Unione, sia coerente con le politiche dell’Unione e con le precedenti posizioni dell’Unione e sia conforme alla normativa dell’Unione.
3.6.
I rappresentanti degli Stati membri e della Commissione possono partecipare ai gruppi di lavoro dell’OTIF che preparano i comitati tecnici dell’OTIF, segnatamente il comitato di esperti per il trasporto di merci pericolose (RID) e il comitato di esperti tecnici (TEC). Quando prendono parte a tali gruppi di lavoro, i rappresentanti degli Stati membri e della Commissione possono presentare contributi tecnici e partecipare pienamente alle discussioni tecniche sulla base delle loro conoscenze tecniche. Tali discussioni non saranno vincolanti per l’Unione.
I rappresentanti degli Stati membri e della Commissione si adopereranno seriamente per raggiungere una posizione comune e per sostenere tale posizione durante le discussioni nell’ambito dei gruppi di lavoro dell’OTIF.
4. Revisione delle presenti disposizioni
Su richiesta di uno Stato membro o della Commissione, le presenti disposizioni saranno riesaminate in base all’esperienza acquisita nel corso della loro applicazione.
ACCORDO
tra l’Unione europea e l’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia di adesione dell’Unione europea alla convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del 9 maggio 1980, modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999
L’UNIONE EUROPEA, di seguito denominata «l’Unione»,
da una parte, e
L’ORGANIZZAZIONE INTERGOVERNATIVA PER I TRASPORTI INTERNAZIONALI PER FERROVIA, di seguito denominata «OTIF»,
dall’altra,
di seguito insieme denominate le «parti contraenti»,
VISTA la convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del 9 maggio 1980, modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999 («convenzione»), in particolare l’articolo 38,
VISTE le competenze conferite all’Unione dal trattato sull’Unione europea (TUE) e dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) in taluni settori oggetto della convenzione,
RICORDANDO che a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, l’Unione ha sostituito ed è succeduta alla Comunità europea e da tale data esercita tutti i diritti e assume tutti gli obblighi della Comunità europea,
CONSIDERANDO che la convenzione istituisce un’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia (OTIF), con sede a Berna,
CONSIDERANDO che l’adesione dell’Unione alla convenzione è finalizzata a sostenere l’OTIF nel perseguimento del suo obiettivo di promuovere, migliorare e agevolare il trasporto internazionale per ferrovia, sotto il profilo sia tecnico sia giuridico,
CONSIDERANDO che, in forza dell’articolo 3 della convenzione, gli obblighi da essa derivanti in materia di cooperazione internazionale non prevalgono, per le parti della convenzione che sono anche Stati membri dell’Unione o per gli Stati parti dell’accordo sullo Spazio economico europeo, sui loro obblighi in qualità di Stati membri dell’Unione o di Stati parti dell’accordo sullo Spazio economico europeo,
CONSIDERANDO che è necessaria una clausola di deconnessione di quelle parti della convenzione che rientrano nelle competenze dell’Unione al fine di specificare che gli Stati membri dell’Unione non possono invocare e applicare direttamente tra loro i diritti e gli obblighi che discendono dalla convenzione,
CONSIDERANDO che la convenzione si applica integralmente tra l’Unione e i suoi Stati membri, da una parte, e le altre parti della convenzione, dall’altra,
CONSIDERANDO che per l’adesione dell’Unione alla convenzione è necessario che siano chiaramente precisate le modalità di applicazione delle disposizioni della convenzione all’Unione europea e ai suoi Stati membri,
CONSIDERANDO che le condizioni di adesione dell’Unione alla convenzione devono permettere all’Unione di esercitare, nell’ambito della convenzione, le competenze che i suoi Stati membri le hanno conferito,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
L’Unione aderisce alla convenzione alle condizioni indicate nel presente accordo, conformemente all’articolo 38 della convenzione.
Articolo 2
Senza pregiudizio dell’oggetto e dello scopo della convenzione di promuovere, migliorare e agevolare il trasporto internazionale per ferrovia e fatta salva la sua piena applicazione con riferimento alle altre parti della convenzione, nelle loro relazioni reciproche, le parti della convenzione che sono Stati membri dell’Unione applicano le norme dell’Unione e non applicano pertanto le norme derivanti da tale convenzione salvi i casi in cui non esistano norme dell’Unione che disciplinano la particolare materia in questione.
Articolo 3
Fatte salve le disposizioni del presente accordo, le disposizioni della convenzione devono essere interpretate in modo da includere anche l’Unione nel quadro della sua competenza e i vari termini usati per designare le parti della convenzione e i rispettivi rappresentanti devono essere interpretati di conseguenza.
Articolo 4
L’Unione non contribuisce al bilancio dell’OTIF e non partecipa alle decisioni a tal riguardo.
Articolo 5
Senza pregiudizio dell’esercizio dei diritti di voto di cui all’articolo 6, l’Unione è abilitata a farsi rappresentare e a partecipare ai lavori di tutti gli organi dell’OTIF in seno ai quali uno qualunque dei suoi Stati membri abbia diritto di essere rappresentato in quanto parte della convenzione e in cui siano trattate questioni di sua competenza.
L’Unione non può essere membro del comitato amministrativo. Essa può essere invitata a partecipare alle riunioni di tale comitato se il comitato desidera consultarla su questioni di interesse comune iscritte all’ordine del giorno.
Articolo 6
1. Per le decisioni su materie di competenza esclusiva dell’Unione, quest’ultima esercita i diritti di voto dei suoi Stati membri a norma della convenzione.
2. Per le decisioni su materie nelle quali l’Unione dispone della competenza concorrente con i suoi Stati membri, vota l’Unione o votano i suoi Stati membri.
3. Fatto salvo l’articolo 26, paragrafo 7, della convenzione, l’Unione dispone di un numero di voti uguale a quello dei suoi Stati membri che sono anche parti della convenzione. Quando l’Unione vota, i suoi Stati membri non votano.
4. L’Unione informa di volta in volta le altre parti della convenzione dei casi nei quali, per i vari punti dell’ordine del giorno dell’assemblea generale e degli altri organi decisionali, intenderà esercitare i diritti di voto previsti ai paragrafi da 1 a 3. Tale obbligo si applica anche alle decisioni da prendere per corrispondenza. Tale informazione va fornita con sufficiente anticipo al segretario generale dell’OTIF in modo da consentirne la distribuzione unitamente ai documenti di seduta o a una decisione da adottare per corrispondenza.
Articolo 7
La portata della competenza dell’Unione è descritta in termini generali in una dichiarazione scritta emessa dall’Unione al momento della conclusione del presente accordo. Tale dichiarazione può essere modificata, ove opportuno, mediante notifica da parte dell’Unione all’OTIF. Essa non sostituisce né limita in alcun modo le materie che possono essere oggetto di notifiche di competenza dell’Unione da presentare prima che in seno all’OTIF si proceda all’adozione di decisioni tramite votazione formale o altra procedura.
Articolo 8
Il titolo V della convenzione si applica a qualsiasi controversia che insorga tra le parti contraenti, in relazione all’interpretazione, all’applicazione o all’esecuzione del presente accordo, in particolare per quanto riguarda la sua esistenza, validità o risoluzione.
Articolo 9
Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del primo mese successivo alla firma del presente accordo da parte delle parti contraenti. L’articolo 34, paragrafo 2, della convenzione non si applica in questo caso.
Articolo 10
Il presente accordo resta in vigore per un periodo indeterminato.
Qualora tutte le parti della convenzione che sono Stati membri dell’Unione recedano dalla convenzione, la notifica di recesso dalla convenzione e dal presente accordo si presume presentata dall’Unione contestualmente alla notifica di recesso di cui all’articolo 41 della convenzione presentata dall’ultimo Stato membro dell’Unione che recede dalla convenzione.
Articolo 11
Le parti della convenzione diverse dagli Stati membri dell’Unione che applicano la pertinente legislazione dell’Unione in forza dei loro accordi internazionali con l’Unione possono, con l’accordo del depositario della convenzione, emettere dichiarazioni individuali in merito al mantenimento dei propri diritti e obblighi nel quadro dei loro accordi con l’Unione, la convenzione e le pertinenti normative.
Il presente accordo è redatto in duplice esemplare, l’uno conservato dall’OTIF e l’altro dall’Unione, in lingua bulgara, ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca e ungherese, tutti i testi facenti ugualmente fede. Ciò fa salvo l'articolo 45, paragrafo 1, della convenzione.
IN FEDE DI CHE, i plenipotenziari sottoscritti, debitamente abilitati a questo fine, hanno firmato il presente accordo.
За Европейския съюз
Por la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l'Union européenne
Per l'Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
За Междуправителствената организация за международни железопътни превози (OTIF)
Por la Organización Intergubernamental para los Transportes Internacionales por Ferrocarril (OTIF)
Za Mezivládní organizaci pro mezinárodní železniční přepravu (OTIF)
For Den Mellemstatslige Organisation for Internationale Jernbanebefordringer (OTIF)
Für die Zwischenstaatliche Organisation für den internationalen Eisenbahnverkehr (OTIF)
Rahvusvaheliste Raudteevedude Valitsustevahelise Organisatsiooni (OTIF) nimel
Για το Διακυβερνητικό Οργανισμό Διεθνών Σιδηροδρομικών Μεταφορών (OTIF)
For the Intergovernmental Organisation for International Carriage by Rail (OTIF)
Pour l'Organisation intergouvernementale pour les transports internationaux ferroviaires (OTIF)
Per l'Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia (OTIF)
Starptautisko dzelzceļa pārvadājumu starpvaldību organizācijas (OTIF) vārdā –
Tarptautinio vežimo geležinkeliais tarpvyriausybinės organizacijos (OTIF) vardu
A Nemzetközi Vasúti Fuvarozásügyi Államközi Szervezet (OTIF) részéről
Għall-Organizzazzjoni Intergovernattiva għat-Trasport Internazzjonali bil-Ferrovija (OTIF)
Voor de Intergouvernementele Organisatie voor het internationale spoorwegvervoer (OTIF)
W imieniu Międzyrządowej Organizacji Międzynarodowych Przewozów Kolejami (OTIF)
Pela Organização Intergovernamental para os Transportes Internacionais Ferroviários (OTIF)
Pentru Organizația Interguvernamentală pentru Transporturile Internaționale Feroviare (OTIF)
Za Medzivládnu organizáciu pre medzinárodnú železničnú prepravu (OTIF)
Za Medvladno organizacijo za mednarodni železniški promet (OTIF)
Valtioiden välisen kansainvälisten rautatiekuljetusten järjestön (OTIF) puolesta
För Mellanstatliga organisationen för internationell järnvägstrafik (Otif) | Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia (OTIF)
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
La decisione conclude per conto dell’Unione europea l’accordo sull’accesso alla convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF), modificata dal protocollo di Vilnius del 1999.
La decisione attribuisce all’UE competenza esclusiva per legiferare in varie materie concernenti il trasporto ferroviario che sono oggetto della COTIF.
PUNTI CHIAVE
L’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia (OTIF) è stata istituita il 1 maggio 1985 a seguito della convenzione del 1980 relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF 1980). La COTIF del 1980 è stata successivamente modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999 (ora COTIF 1999).
La convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) costituisce il testo di base di OTIF. Regola il funzionamento dell’organizzazione, nonché i suoi obiettivi, le attribuzioni, i rapporti con i suoi Stati membri e le sue attività in generale.
Lo scopo dell’OTIF è promuovere, migliorare e agevolare il traffico ferroviario internazionale, in particolare:attraverso l’istituzione e lo sviluppo di sistemi di diritto uniforme riguardanti:il contratto di trasporto internazionale di passeggeri e merci nel traffico ferroviario internazionale;l’utilizzo di vagoni come mezzo di trasporto nel traffico ferroviario internazionale;l’utilizzo delle infrastrutture nel traffico ferroviario internazionale;il trasporto di merci pericolose nel traffico ferroviario internazionale; contribuendo a rimuovere alcuni ostacoli al passaggio delle frontiere nel traffico ferroviario internazionale; contribuendo all’interoperabilità e all’armonizzazione tecnica nel settore ferroviario; attraverso l’istituzione di una procedura uniforme per l’ammissione tecnica di materiale ferroviario destinato ad essere utilizzato nel traffico internazionale; sorvegliando l’applicazione di tutte le norme e le raccomandazioni stabilite dall’OTIF. Secondo l’articolo 3, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, l’Unione ha competenza esclusiva in varie materie concernenti il trasporto ferroviario che sono oggetto della COTIF. L’accesso dell’UE alla COTIF è pertanto essenziale per consentire all’UE di esercitare la propria competenza nelle relazioni internazionali legate al trasporto ferroviario nelle quali tale concorrenza internazionale è stata definita. Per questo motivo, gli Stati membri riuniti in sede di Consiglio concordano una posizione dell’UE prima della partecipazione dell’UE alle riunioni della COTIF. L’accesso dell’UE alla COTIF salvaguarda anche la sicurezza giuridica per gli altri membri dell’OTIF che entrano nelle relazioni ferroviarie con i paesi dell’UE, poiché questi ultimi non possono più godere di diritti o assumere obblighi individualmente nei confronti dei paesi terzi su questioni in cui l’UE nel suo complesso è competente.
L’adesione dell’Unione europea alla COTIF agevolerà lo sviluppo di un sistema giuridico uniforme applicabile ai trasporti internazionali ferroviari di passeggeri e merci attraverso gli Stati attualmente membri dell’OTIF. L’adesione non è solo un obbligo giuridico per l’Unione europea, ma è anche nell’interesse della promozione del trasporto ferroviario in tutto il mondo.
L’OTIF ha sede a Berna, in Svizzera, e il suo funzionamento è assicurato da:Segretario Generale, Assemblea Generale, Comitato amministrativo, Commissione di revisione, Comitato di esperti per il trasporto di merci pericolose, Comitato di esperti tecnici e Comitato di agevolazione del traffico ferroviario. L’OTIF attualmente conta 49 Stati membri provenienti da Europa, Medio Oriente e Nord Africa, e uno stato membro associato (Giordania).
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1 luglio 2011 e l’UE vi ha aderito come organizzazione regionale di integrazione economica.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Informazioni su OTIF (OTIF).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2013/103/EU del Consiglio, del 16 giugno 2011, concernente la firma e la conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e l’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia di adesione dell’Unione europea alla convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del 9 maggio 1980, modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno1999 (GU L 51 del 23.2.2013, pag. 1).
Accordo tra l’Unione europea e l’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia di adesione dell’Unione europea alla convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF), del 9 maggio 1980, modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999 (GU L 51 del 23.2.2013, pag. 8).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione del Consiglio 2018/768 del 22 maggio 2018 relativa alla posizione da adottare a nome dell’Unione europea nella 55a sessione del comitato di esperti per il trasporto di merci pericolose dell’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia riguardo ad alcune modifiche dell’appendice C della convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (GU L 129 del 25.5.2018, pag. 77).
Decisione (UE) 2018/319 del Consiglio, del 27 febbraio 2018, che stabilisce la posizione che deve essere adottata a nome dell’Unione europea nella 26a sessione del comitato di revisione dell’organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia per quanto riguarda talune modifiche della convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia e della sua appendice (GU L 62 del 5.3.2018, pag. 10).
Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte I — Principi — Titolo I — Categorie e settori di competenza dell’Unione — Articolo 3 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 51).
Decisione (UE) 2016/833 del Consiglio, del 17 maggio 2016, che stabilisce la posizione che deve essere adottata a nome dell’Unione europea in occasione della 54a sessione del comitato di esperti in materia di trasporto delle merci pericolose istituito dall’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia (OTIF) riguardo ad alcune modifiche all’appendice C della convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (GU L 140 del 27.5.2016, pag. 12).
Posizione (UE) n. 13/2015 del Consiglio in prima lettura in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio Adottata dal Consiglio il 18 settembre 2015 (GU C 360 del 30.10.2015, pag. 1).
Decisione (UE) 2015/1734 del Consiglio, del 18 settembre 2015, relativa alla posizione che deve essere adottata a nome dell’Unione europea in occasione della 12a assemblea generale dell’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia (OTIF) con riguardo ad alcune modifiche della convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) e delle sue appendici (GU L 252 del 29.9.2015, pag. 43).
Informazioni sull’entrata in vigore dell’accordo tra l’Unione europea e l’Organizzazione intergovernativa per i trasporti internazionali per ferrovia di adesione dell’Unione europea alla convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del 9 maggio 1980, modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999 (GU L 183, del 13.7.2011, pag. 1). | 12,311 | 201 |
32010Q0423(01) | false | REGOLAMENTO INTERNO DELLA CORTE DEI CONTI DELL’UNIONE EUROPEA
INDICE
TITOLO I — ORGANIZZAZIONE DELLA CORTE
CAPITOLO I
LA CORTE
Articolo 1
Collegialità
SEZIONE 1
I MEMBRI
Articolo 2
Decorrenza del mandato
Articolo 3
Obblighi ed esercizio delle funzioni dei membri
Articolo 4
Dimissioni d’ufficio e decadenza dal diritto a pensione o da altri vantaggi sostitutivi
Articolo 5
Ordine di precedenza
Articolo 6
Interim dei membri
SEZIONE 2
IL PRESIDENTE
Articolo 7
Elezione del presidente
Articolo 8
Interim del presidente
Articolo 9
Funzioni del presidente
SEZIONE 3
SEZIONI E COMITATI
Articolo 10
Istituzione delle sezioni
Articolo 11
Competenze delle sezioni
Articolo 12
Comitati
SEZIONE 4
IL SEGRETARIO GENERALE
Articolo 13
Il Segretario generale
CAPITOLO II
ESERCIZIO DELLE FUNZIONI DELLA CORTE
Articolo 14
Deleghe
Articolo 15
Funzioni di ordinatore
Articolo 16
Struttura organizzativa della Corte
TITOLO II — FUNZIONAMENTO DELLA CORTE
CAPITOLO I
RIUNIONI DELLA CORTE E DELLE SEZIONI
SEZIONE 1
LA CORTE
Articolo 17
Calendario delle sedute
Articolo 18
Fissazione dell’ordine del giorno
Articolo 19
Deliberazioni
Articolo 20
Presidenza delle sedute
Articolo 21
Quorum
Articolo 22
Carattere pubblico delle sedute
Articolo 23
Verbali delle sedute
SEZIONE 2
LE SEZIONI
Articolo 24
Sedute delle sezioni
CAPITOLO II
DECISIONI DELLA CORTE, DELLE SEZIONI E DEI COMITATI
Articolo 25
Decisioni della Corte
Articolo 26
Decisioni delle sezioni
Articolo 27
Decisioni dei comitati
Articolo 28
Regime linguistico e autenticazione
Articolo 29
Trasmissione e pubblicazione
CAPITOLO III
CONTROLLI E PREPARAZIONE DI RELAZIONI, PARERI, OSSERVAZIONI E DICHIARAZIONI DI AFFIDABILITÀ
Articolo 30
Modalità di svolgimento dei controlli
Articolo 31
Membro relatore
TITOLO III — DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI
Articolo 32
Elementi espressi in frazioni
Articolo 33
Espressione specifica del genere
Articolo 34
Modalità di applicazione
Articolo 35
Accesso ai documenti
Articolo 36
Entrata in vigore
Articolo 37
Pubblicazione
LA CORTE DEI CONTI DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 287, paragrafo 4, quinto comma,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare l’articolo 106 bis, paragrafo 1,
previa approvazione del Consiglio in data 22 febbraio 2010,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO INTERNO:
TITOLO I
ORGANIZZAZIONE DELLA CORTE
CAPITOLO I
La corte
Articolo 1
Collegialità
La Corte è un organo collegiale e agisce come tale in conformità delle disposizioni dei trattati e del regolamento finanziario e secondo le modalità del presente regolamento interno.
Sezione 1
I membri
Articolo 2
Decorrenza del mandato
La durata del mandato dei membri della Corte decorre dalla data a tale effetto stabilita nell’atto di nomina o, qualora non sia precisata, dalla data di adozione dell’atto stesso.
Articolo 3
Obblighi ed esercizio delle funzioni dei membri
I membri esercitano le loro funzioni conformemente all’articolo 286, paragrafi 1, 3 e 4 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Articolo 4
Dimissioni d’ufficio e decadenza dal diritto a pensione o da altri vantaggi sostitutivi
1. Qualora la Corte ritenga, deliberando a maggioranza dei membri che la compongono, che le informazioni ad essa sottoposte consentono di stabilire che un membro non risponda più ai requisiti richiesti o non ottemperi agli obblighi derivanti dalla sua carica (articolo 286, paragrafo 6, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea), dà incarico al presidente o, qualora il presidente sia il membro in causa, al membro che lo segue in ordine di precedenza in virtù dell’articolo 5 del presente regolamento interno, di predisporre una relazione preliminare.
2. La relazione preliminare è trasmessa, corredata di documenti giustificativi, a tutti i membri, compreso il membro in causa, il quale risponde trasmettendo le proprie osservazioni scritte entro un termine ragionevole fissato dal presidente o, qualora il presidente sia il membro in causa, dal membro che lo segue in ordine di precedenza.
3. Il membro interessato è anche invitato a presentare oralmente le proprie osservazioni dinnanzi alla Corte.
4. La decisione di adire la Corte di giustizia per destituire il membro in causa dalle proprie funzioni e/o di dichiararlo decaduto dal suo diritto alla pensione o dagli altri vantaggi sostitutivi viene adottata, con scrutinio segreto, a maggioranza dei quattro quinti dei membri della Corte. Il membro in causa non partecipa al voto.
Articolo 5
Ordine di precedenza
1. Il presidente ha la precedenza sui membri. L’ordine di precedenza è determinato dall’anzianità di nomina. In caso di nuova nomina anche non consecutiva, si tiene conto della durata delle funzioni precedenti.
2. L’ordine di precedenza fra i membri di pari anzianità di nomina è determinato dall’età.
Articolo 6
Interim dei membri
1. Qualora sia vacante il mandato di un membro, la Corte designa il(i) membro(i) incaricato(i) di svolgerne le funzioni ad interim, in attesa della nomina di un nuovo membro.
2. In caso di assenza o d’impedimento di un membro, l’interim è assicurato da uno o più membri, conformemente alle norme stabilite nelle modalità di applicazione.
Sezione 2
Il presidente
Articolo 7
Elezione del presidente
1. La Corte procede all’elezione del presidente prima del temine del mandato del presidente in carica. Tuttavia, quando il termine del mandato presidenziale coincide con un rinnovo parziale dei membri, effettuato in conformità dell’articolo 286, paragrafo 2 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, l’elezione ha luogo subito dopo o entro i quindici giorni lavorativi successivi all’entrata in funzione della Corte nella sua nuova composizione.
2. Il presidente è eletto a scrutinio segreto. È eletto presidente il candidato che ottiene al primo scrutinio la maggioranza di due terzi dei voti dei membri della Corte. Se nessun candidato ottiene tale maggioranza, si procede immediatamente ad un secondo scrutinio e viene eletto il candidato che ha ottenuto la maggioranza dei voti dei membri della Corte. Se al secondo turno nessun candidato ottiene la maggioranza dei voti dei membri della Corte, sono organizzati altri scrutini secondo la procedura stabilita dalle modalità di applicazione.
Articolo 8
Interim del presidente
1. In caso di vacanza della presidenza, l’interim è assunto dal presidente uscente, purché egli sia sempre membro della Corte, salvo in caso di incapacità. In qualsiasi altra ipotesi, la funzione di presidente ad interim è esercitata dal membro che ha la precedenza a norma dell’articolo 5.
2. Oltre a provvedere alla gestione quotidiana dell’istituzione durante il periodo di interim, il presidente organizza l’elezione del nuovo presidente, a norma dell’articolo 7. Tuttavia, nel caso la presidenza diventi vacante a meno di sei mesi dalla normale scadenza del mandato, il presidente è sostituito dal membro che ha la precedenza a norma dell’articolo 5.
3. In caso di assenza o di impedimento del presidente, l’interim è assicurato dal membro che ha la precedenza a norma dell’articolo 5.
Articolo 9
Funzioni del presidente
1. Il presidente:
a)
convoca e presiede le riunioni del Collegio e assicura il regolare svolgimento dei dibattiti;
b)
vigila sull’esecuzione delle decisioni della Corte;
c)
sovrintende al buon funzionamento dei servizi ed alla buona gestione delle varie attività della Corte;
d)
designa l’agente incaricato di rappresentare la Corte in tutte le procedure di contenzioso in cui sia implicata la Corte;
e)
rappresenta la Corte nelle relazioni con l’esterno e, in particolare, nelle relazioni con l’autorità competente per il discarico, con le altre istituzioni dell'Unione e con gli organi di controllo degli Stati membri.
2. Il presidente può delegare parte dei propri compiti ad uno o più membri.
Sezione 3
Sezioni e comitati
Articolo 10
Istituzione delle sezioni
1. La Corte può istituire nel proprio ambito delle sezioni per adottare talune categorie di relazioni e di pareri, alle condizioni previste nell’articolo 287, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
2. Le competenze rispettive delle sezioni vengono stabilite dalla Corte su proposta del presidente.
3. Su proposta del presidente, la Corte assegna ciascuno degli altri membri a una sezione.
4. Ciascuna sezione elegge come decano uno dei membri che la compongono, conformemente alle condizioni stabilite nelle modalità di applicazione.
Articolo 11
Competenze delle sezioni
1. Le sezioni adottano le relazioni e i pareri, eccetto la relazione annuale sul bilancio generale dell’Unione europea e la relazione annuale sui Fondi europei di sviluppo, secondo le norme stabilite nelle modalità di applicazione.
2. La sezione competente ad adottare un documento ai sensi del paragrafo 1, può deferirne l’adozione alla Corte, conformemente alle condizioni stabilite nelle modalità di applicazione.
3. Le sezioni svolgono funzioni preparatorie relativamente ai documenti per i quali sia prevista l’adozione da parte della Corte, compresi i progetti di osservazioni e di pareri, le proposte di programmi di lavoro, nonché altri documenti in materia di audit, eccetto quelli alla cui preparazione provvedono i comitati di cui all'articolo 12.
4. Le sezioni affidano i compiti loro assegnati ai diversi membri che le compongono, conformemente alle condizioni stabilite nelle modalità di applicazione.
5. I membri sono responsabili dinanzi alla sezione e alla Corte dello svolgimento dei compiti loro affidati.
Articolo 12
Comitati
1. Sono costituiti dei comitati composti secondo le norme stabilite nelle modalità di applicazione.
2. I comitati hanno competenza sulle questioni delle quali non si occupano le sezioni ai sensi dell’articolo 11, conformemente alle disposizioni delle modalità di applicazione.
Sezione 4
Il segretario generale
Articolo 13
Il Segretario generale
1. La Corte nomina il Segretario generale mediante voto a scrutinio segreto, secondo la procedura stabilita dalle modalità di applicazione.
2. Il Segretario generale è responsabile dinanzi alla Corte e periodicamente rende conto alla stessa dell’assolvimento dei suoi compiti.
3. Sotto l’autorità della Corte, il Segretario generale è responsabile del Segretariato della Corte.
4. Il Segretario generale esercita i poteri conferiti all’autorità che ha il potere di nomina (AIPN), ai sensi dell’articolo 2 dello statuto dei funzionari delle Comunità europee, e quelli conferiti all’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione a norma dell’articolo 6 del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee, salvo disposizioni diverse previste dalla decisione della Corte relativa all’esercizio dei poteri conferiti all’AIPN e all’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione.
5. Il Segretario generale è responsabile della gestione del personale e dell’amministrazione della Corte, nonché di qualsiasi altro compito che gli venga conferito dalla Corte.
6. In caso di assenza o di impedimento del Segretario generale, l’interim è assicurato secondo le norme stabilite nelle modalità di applicazione.
CAPITOLO II
Esercizio delle funzioni della corte
Articolo 14
Deleghe
1. A condizione che il principio della responsabilità collegiale sia rispettato, la Corte può conferire ad uno o più membri il mandato di adottare, a nome suo e sotto il suo controllo, misure gestionali od amministrative chiaramente definite, in specie atti preparatori in vista di una decisione futura del collegio. I membri interessati rendono conto al Collegio riguardo alle misure così adottate.
2. I membri possono conferire ad uno o più funzionari o agenti il mandato di firmare i documenti rientranti nell’ambito delle loro competenze secondo le norme stabilite nelle modalità di applicazione.
Articolo 15
Funzioni di ordinatore
1. I membri della Corte e, a titolo di ordinatore delegato, il Segretario generale, esercitano le funzioni di ordinatore secondo le norme interne per l’esecuzione del bilancio.
2. La Corte stabilisce le modalità di controllo dell’esercizio delle funzioni di ordinatore e di ordinatore delegato in una decisione relativa alle norme interne per l’esecuzione del bilancio.
Articolo 16
La struttura organizzativa della Corte
1. La Corte stabilisce la propria struttura organizzativa.
2. Su proposta del Segretario generale, la Corte ripartisce gli impieghi, che figurano nella tabella dell’organico, conformemente alle condizioni stabilite nelle modalità di applicazione.
TITOLO II
FUNZIONAMENTO DELLA CORTE
CAPITOLO I
Riunioni della corte e delle sezioni
Sezione 1
La corte
Articolo 17
Calendario delle sedute
1. La Corte stabilisce il calendario provvisorio delle sedute una volta all’anno, prima della fine dell’anno precedente.
2. Su iniziativa del presidente o su richiesta di almeno un quarto dei membri della Corte possono essere organizzate sedute supplementari.
Articolo 18
Fissazione dell’ordine del giorno
1. Il presidente stabilisce il progetto di ordine del giorno di ciascuna seduta.
2. La Corte, visto il progetto di ordine del giorno e le eventuali richieste di modifica, adotta l’ordine del giorno all’inizio di ogni seduta.
I termini per la comunicazione dell’ordine del giorno e dei documenti ad esso relativi sono stabiliti nelle modalità di applicazione.
Articolo 19
Deliberazioni
Fatta salva la procedura scritta di cui all’articolo 25, paragrafo 5, la Corte adotta le proprie decisioni in sede di riunione.
Articolo 20
Presidenza delle sedute
Le sedute della Corte sono presiedute dal presidente. In caso di impedimento o di assenza del presidente, sono presiedute dal membro che sostituisce ad interim il presidente ai sensi dell’articolo 8.
Articolo 21
Quorum
Il quorum dei membri presenti necessario per deliberare è fissato a due terzi dei membri.
Articolo 22
Carattere pubblico delle sedute
Le sedute della Corte non sono pubbliche, salvo decisione diversa della Corte.
Articolo 23
Verbali delle sedute
Per ciascuna seduta della Corte viene redatto un verbale.
Sezione 2
Le sezioni
Articolo 24
Sedute delle sezioni
Salvo altrimenti indicato nelle modalità di applicazione, alle sedute delle sezioni si applicano le disposizioni della sezione 1.
CAPITOLO II
Decisioni della corte, delle sezioni e dei comitati
Articolo 25
Decisioni della Corte
1. La Corte adotta le proprie decisioni collegialmente, previo esame preliminare in sede di sezione o comitato, salvo nel caso di decisioni da adottare in qualità di AIPN o di autorità abilitata a concludere contratti di assunzione.
2. I documenti di cui all’articolo 287, paragrafo 4, terzo comma del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ad eccezione dei documenti adottati dalle sezioni ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, e la dichiarazione di affidabilità di cui all’articolo 287, paragrafo 1, secondo comma del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono adottati dalla Corte a maggioranza dei membri che la compongono.
3. Fatti salvi gli articoli 4, paragrafo 4, e 7, paragrafo 2, le altre decisioni sono prese a maggioranza dei membri presenti alla seduta della Corte. Tuttavia, su proposta di un membro, la Corte può dichiarare, a maggioranza dei membri presenti alla seduta, che per una determinata questione in merito alla quale essa è chiamata a pronunciarsi la decisione sarà presa a maggioranza dei membri che la compongono.
4. Qualora l’adozione di una decisione richieda la maggioranza dei voti dei membri presenti alla seduta della Corte, a parità di voti è determinante il voto del presidente.
5. La Corte determina, di volta in volta, le decisioni da adottare mediante procedura scritta. Norme dettagliate relative a tale procedura sono stabilite nelle modalità di applicazione.
Articolo 26
Decisioni delle sezioni
1. La sezione adotta le decisioni a maggioranza dei suoi membri. In caso di parità, prevale il voto del decano o del membro che lo sostituisce ad interim.
2. Tutti i membri della Corte possono presenziare alle sedute delle sezioni, ma essi hanno diritto di voto solo nelle sezioni delle quali sono membri. Tuttavia, quando i membri presentano un documento a una sezione della quale non fanno parte, essi hanno facoltà di esprimere il proprio voto nella sezione in oggetto e sul documento specifico.
3. Il decano notifica i documenti adottati dalla sezione ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, a tutti i membri della Corte, secondo le norme stabilite nelle modalità di applicazione.
4. L’adozione di un documento da parte della sezione ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, diventa definitiva dopo cinque giorni lavorativi a partire dalla data di notifica prevista al paragrafo 3 del presente articolo, salvo qualora, entro tale termine, un certo numero di membri, stabilito nelle modalità di applicazione, presentino al presidente la richiesta motivata che il documento in oggetto venga discusso e approvato dalla Corte.
5. Una sezione può determinare, di volta in volta, le decisioni da adottare mediante procedura scritta. Norme dettagliate relative a tale procedura sono stabilite nelle modalità di applicazione.
Articolo 27
Decisioni dei comitati
Salvo indicazione diversa nelle modalità di applicazione, le disposizioni dell’articolo 26 si applicano alla procedura per l’adozione delle decisioni da parte dei comitati.
Articolo 28
Regime linguistico e autenticazione
1. Le relazioni, i pareri, le osservazioni, le dichiarazioni di affidabilità e gli altri documenti, nel caso questi ultimi siano pubblicati, sono redatti in tutte le lingue ufficiali.
2. L’autenticazione dei documenti avviene mediante firma di tutte le versioni linguistiche da parte del presidente.
Articolo 29
Trasmissione e pubblicazione
Conformemente ai trattati e, in particolare, alle disposizioni di cui all’articolo 287, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e fatte salve le disposizioni applicabili del regolamento finanziario, le norme relative alla trasmissione e alla pubblicazione delle relazioni della Corte, nonché dei pareri, delle osservazioni, delle dichiarazioni di affidabilità e di altre decisioni, sono stabilite nelle modalità di applicazione.
CAPITOLO III
Controlli e preparazione di relazioni, pareri, osservazioni e dichiarazioni di affidabilità
Articolo 30
Modalità di svolgimento dei controlli
1. La Corte stabilisce le modalità di svolgimento dei controlli che le competono in virtù dei trattati.
2. La Corte svolge i controlli conformemente agli obiettivi stabiliti nel proprio programma di lavoro.
Articolo 31
Membro relatore
1. Per ciascun compito da svolgere, la sezione designa il(i) membro(i) relatore(i). Per ciascun compito che superi l’ambito specifico di una sezione, il(i) relatore(i) è(sono) designato(i), di volta in volta, dalla Corte.
2. Non appena le viene presentata una richiesta di parere a norma degli articoli 287, 322 o 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, o quando essa intenda presentare osservazioni a titolo dell'articolo 287 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Corte designa fra i suoi membri il relatore incaricato di istruire il fascicolo e di preparare il progetto.
TITOLO III
DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI
Articolo 32
Elementi espressi in frazioni
Ai fini del presente regolamento interno, la determinazione di un numero espresso mediante frazione si ottiene mediante arrotondamento all’unità superiore.
Articolo 33
Espressione specifica del genere
L’indicazione specifica del genere nel testo del presente regolamento interno va intesa come applicabile sia al genere femminile che maschile.
Articolo 34
Modalità di applicazione
1. La Corte stabilisce le modalità di applicazione del presente regolamento interno deliberando a maggioranza dei membri che la compongono.
2. Le modalità di applicazione sono pubblicate sul sito Internet della Corte.
Articolo 35
Accesso ai documenti
Conformemente ai principi di trasparenza e di buona amministrazione e fatti salvi l’articolo 143, paragrafo 2, e l’articolo 144, paragrafo 1 del regolamento finanziario, ogni cittadino dell’Unione e ogni persona fisica o giuridica residente o avente sede in uno Stato membro ha diritto di accesso ai documenti della Corte alle condizioni di cui alla decisione recante la regolamentazione interna sul trattamento delle domande di accesso ai documenti di cui dispone la Corte.
Articolo 36
Entrata in vigore
Il presente regolamento interno abroga e sostituisce quello adottato dalla Corte l'8 dicembre 2004.
Esso entra in vigore il 1o giugno 2010.
Articolo 37
Pubblicazione
Il presente regolamento interno è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, addì 11 marzo 2010.
Per la Corte dei conti
Vítor Manuel da SILVA CALDEIRA
Presidente | La Corte dei conti europea
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ARTICOLO 287 DEL TFUE E DEL REGOLAMENTO?
La Corte dei conti europea è il revisore esterno indipendente dell’Unione europea. In quanto tale, mette in guardia sui rischi, fornisce garanzie, indica lacune e buone pratiche e offre indicazioni ai responsabili delle politiche dell’Unione europea e ai legislatori su come migliorare la gestione delle politiche e dei programmi dell’Unione. La Corte agisce come un guardiano indipendente degli interessi finanziari dei cittadini dell’Unione.
L’articolo 287 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea ne definisce il ruolo.
La Corte redige il proprio regolamento interno, che deve poi essere approvato dal Consiglio. Esso disciplina i lavori interni della Corte dei conti europea. Le disposizioni riguardano aspetti quali:
l’organizzazione della Corte (nomine, mandati, funzioni della Corte, elezione del presidente);
le procedure operative (sedute della Corte e delle sezioni; decisioni della Corte, delle sezioni e dei comitati; controlli e preparazione di relazioni, pareri, osservazioni e dichiarazioni di affidabilità).
PUNTI CHIAVE
Composizione e struttura
La Corte è un organismo collegiale, i suoi membri hanno pertanto una responsabilità congiunta nelle decisioni e nelle azioni intraprese. È composta da 27 membri, uno per ogni Stato membro dell’Unione, con un mandato della durata di sei anni (rinnovabile). Per essere nominati, i membri devono fare o aver fatto parte di un organismo di controllo esterno nel proprio Stato membro o possedere una qualifica specifica per l’esercizio di tale funzione. I membri della Corte sono soggetti ad un codice di condotta che disciplina la loro indipendenza, imparzialità, integrità, impegno, collegialità, riservatezza, responsabilità e obblighi dopo aver cessato le proprie funzioni.
I membri eleggono tra di loro un presidente con un mandato della durata di tre anni (rinnovabile). Le sue funzioni comprendono:
convocare e presiedere le riunioni della Corte;
vigilare sull’esecuzione delle decisioni della Corte;
sovrintendere al buon funzionamento dei servizi della Corte, fra cui protocolli e visite, comunicazioni, questioni giuridiche e controllo interno, nonché alla buona gestione delle varie attività;
designare l’agente incaricato di rappresentare la Corte nelle procedure di contenzioso;
rappresentare la Corte nelle relazioni con l’esterno e con le altre istituzioni europee.
La Corte dispone di un Segretario generale responsabile della gestione corrente della segreteria della Corte, nonché dell’amministrazione, sostegno e finanziamenti, risorse umane, tecnologie dell’informazione e traduzioni.
La Corte è composta inoltre di sezioni e comitati:
Le sezioni adottano pareri, relazioni speciali e relazioni annuali specifiche. Preparano inoltre le relazioni annuali sul bilancio dell’Unione, che vengono poi adottate dalla Corte;
I comitati (ad esempio il comitato amministrativo e il comitato di controllo) si occupano di questioni amministrative e decisioni riguardanti le comunicazioni e le strategie.
Compiti della Corte
La Corte dei conti è un revisore esterno indipendente dell’Unione europea. Le sue relazioni e i suoi pareri sono un elemento fondamentale della catena di responsabilità dell’Unione, attraverso i quali la Corte chiede conto dell’attuazione delle politiche e dei programmi dell’Unione europea a chi di dovere: la Commissione, le altre istituzioni nonché organi dell’Unione europea e le amministrazioni negli Stati membri.
La Corte mette in guardia sui rischi, fornisce garanzie, indica lacune e buone pratiche e offre indicazioni ai responsabili delle politiche dell’UE e ai legislatori su come migliorare la gestione delle politiche e dei programmi dell’Unione, affinché siano vantaggiosi.
Audit
Questi sono:
si basano su registri e, se del caso, vengono eseguiti nella sede delle altre istituzioni europee;
vengono eseguiti nella sede di qualsiasi organizzazione che gestisca le entrate o le spese per conto dell’UE;
vengono eseguiti negli Stati membri e negli altri paesi del mondo, anche nella sede di qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia ricevuto pagamenti dal bilancio dell’Unione.
Nel suo ruolo di organismo di controllo esterno dell’Unione, la Corte coopera con le autorità nazionali e le istituzioni europee. Inoltre, ha la facoltà di richiedere qualsiasi informazione necessaria a completare in modo soddisfacente il proprio compito agli organismi e istituzioni dell’Unione, alle organizzazioni che ricevono pagamenti dal bilancio europeo o alle istituzioni di controllo nazionali.
Strategia e programmi di lavoro
Per rimanere all’avanguardia nell’evoluzione dell’audit del settore pubblico, la Corte programma in anticipo il proprio sviluppo strategico e le priorità di audit perseguite. I suoi obiettivi principali sono stabiliti secondo strategie pluriennali.
Ogni anno la Corte adotta un programma di lavoro con l’elenco delle priorità in termini di compiti di controllo. Il programma è pubblicato e presentato alla commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento europeo dal presidente della Corte.
Procedura annuale di discarico
La Corte dei conti non ha alcun potere giudiziario e, di conseguenza, nessun potere di imporre sanzioni. Dopo la chiusura di ciascun anno fiscale, essa redige una relazione annuale da pubblicare nella Gazzetta ufficiale. Tale relazione riguarda la gestione del bilancio dell’Unione e dei fondi europei di sviluppo da parte delle istituzioni competenti. È una parte fondamentale del processo di decisione del Parlamento europeo per quanto riguarda l’accoglimento del discarico di bilancio da parte della Commissione.
La Corte dei conti presenta inoltre al Consiglio e al Parlamento una dichiarazione di affidabilità riguardante l’attendibilità dei conti e che attesta il corretto utilizzo del bilancio, ai sensi dei relativi regolamenti e norme. Inoltre, la Corte può presentare, in qualsiasi momento, osservazioni su questioni specifiche, soprattutto sotto forma di relazioni speciali, e rilasciare pareri o altri risultati basati sulle revisioni su richiesta di una delle altre istituzioni europee o di propria iniziativa.
La Corte decide in sede di riunione, a maggioranza dei suoi membri, l’approvazione della relazione annuale. Le sedute non sono pubbliche, salvo decisione diversa della Corte. Essa può inoltre decidere, caso per caso, di adottare decisioni mediante procedura scritta.
La Corte dei conti segnala le irregolarità nell’uso dei fondi dell’Unione e riferisce qualsiasi caso sospetto di frode individuato durante i suoi controlli all’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) o alla Procura europea (EPPO).
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO INTERNO?
Esse si applicano dal 1 giugno 2010.
CONTESTO
La Corte dei conti, con sede a Lussemburgo, è stata istituita nel 1977 ed è stata elevata al rango di istituzione dal 1992.
Per maggiori informazioni, consultare:
Quadro giuridico della Corte dei conti europea (Corte dei conti europea).
Decisione n. 21/2021 che stabilisce le norme per l’esecuzione del regolamento interno della Corte dei conti (Corte dei conti europea)
Bilancio dell’UE (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte sesta — Disposizioni istituzionali e finanziarie — Titolo I — Disposizioni istituzionali — Capo 1 — Le istituzioni — Sezione 7 — La Corte dei conti — Articolo 287 (ex articolo 248 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 170).
Regolamento interno della Corte dei conti dell’Unione europea (GU L 103 del 23.4.2010, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTO CORRELATO
Codice di condotta per i membri e precedenti membri della Corte (GU L 128 del 2.5.2022, pag. 102). | 8,975 | 100 |
32000D0604 | false | 2000/604/CE: Decisione del Consiglio, del 29 settembre 2000, sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica
Gazzetta ufficiale n. L 257 del 11/10/2000 pag. 0028 - 0031
Decisione del Consigliodel 29 settembre 2000sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica(2000/604/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 209,visto il parere della Commissione,considerando quanto segue:(1) Il comitato di politica economica (in prosieguo: "il comitato") è stato istituito con la decisione 74/122/CEE del Consiglio(1).(2) Tale comitato ha esercitato tutte le funzioni sinora attribuite al comitato per la politica di congiuntura istituito con decisione del Consiglio del 9 marzo 1960 relativa al coordinamento delle politiche della congiuntura degli Stati membri(2), al comitato per la politica di bilancio istituito con decisione del Consiglio dell'8 maggio 1964 relativa alla collaborazione tra i servizi competenti delle amministrazioni degli Stati membri nel settore della politica di bilancio(3), nonché al comitato di politica economica a medio termine istituito con decisione del Consiglio del 15 aprile 1964 relativa alla creazione di un comitato di politica economica a medio termine(4).(3) Il comitato è previsto dall'articolo 272 del trattato.(4) Lo statuto del comitato dovrebbe rispecchiare il nuovo quadro istituzionale creato dall'ingresso nella terza fase dell'unione economica e monetaria. Sembra opportuno mantenere la struttura di base del comitato apportando al contempo le modifiche necessarie per migliorarne il funzionamento e descriverne i compiti con maggiore precisione.(5) I compiti assegnati al comitato non pregiudicano il diritto della Commissione di formulare raccomandazioni o esprimere pareri su materie contemplate dal trattato.(6) L'introduzione dell'euro aumenta la necessità di uno stretto coordinamento delle politiche economiche e di una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri. Secondo la risoluzione del Consiglio europeo del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'unione economica e monetaria(5), un coordinamento rafforzato delle politiche economiche dovrebbe includere la sorveglianza rigorosa degli sviluppi macroeconomici negli Stati membri e delle politiche strutturali degli Stati membri nei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, nonché delle tendenze dei costi e dei prezzi, soprattutto laddove influiscono sulle possibilità di conseguire una crescita sostenibile e non inflazionistica e la creazione di posti di lavoro.(7) Gli indirizzi di massima per le politiche economiche e la procedura di sorveglianza multilaterale previsti dall'articolo 99 del trattato sono al centro del coordinamento della politica economica. Fatti salvi i compiti del comitato economico e finanziario, il comitato dovrebbe fornire sostegno alla formulazione degli indirizzi e contribuire alla procedura di sorveglianza multilaterale nei settori indicati nella presente decisione.(8) Il Consiglio europeo di Cardiff del 16 giugno 1998 ha accolto positivamente la decisione del Consiglio Ecofin e dei ministri riuniti in tale Consiglio il 1o maggio 1998(6) di definire una procedura snella che rispetti pienamente il principio di sussidiarietà per controllare i progressi della riforma economica.(9) La risoluzione del Consiglio europeo del 3 e 4 giugno 1999 ha avviato un processo di dialogo macroeconomico a livello comunitario. Tale dialogo macroeconomico mira al miglioramento dell'interazione tra evoluzione salariale e politiche macroeconomiche. Il Consiglio europeo ha concluso che il dialogo macroeconomico a livello tecnico dovrebbe svolgersi in seno ad un gruppo di lavoro istituito nell'ambito del comitato in collaborazione con il comitato per l'occupazione ed il mercato del lavoro, con la partecipazione di rappresentanti di entrambi i comitati (compresa la Banca centrale europea), della Commissione e del Gruppo macroeconomico del dialogo sociale. Il comitato dovrebbe in particolare organizzare i contributi dei rappresentanti dei governi al dialogo a questo livello.(10) La risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997, sulla crescita e l'occupazione(7), ha esortato ad un migliore coordinamento delle politiche economiche per integrare la procedura prevista nel nuovo titolo del trattato sull'occupazione e ha chiesto che il comitato per l'occupazione collabori strettamente con il comitato.(11) Il trattato prevede l'istituzione di un comitato economico e finanziario. I compiti del comitato economico e finanziario sono stabiliti nell'articolo 114, paragrafo 2, del trattato. Lo statuto del comitato economico e finanziario è stato adottato con decisione del Consiglio del 31 dicembre 1998(8). Il comitato dovrebbe lavorare in stretta cooperazione con il comitato economico e finanziario quando assiste il Consiglio.(12) Il trattato prevede l'istituzione di un comitato per l'occupazione. È parimenti richiesta una stretta cooperazione con il comitato.(13) La descrizione dei compiti del CPE lascia impregiudicata l'eventuale futura normativa di diritto derivato relativa alla procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 99, paragrafo 5, del trattato.(14) Gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea dovrebbero essere adeguatamente rappresentati in sede di CPE e dovrebbero nominare ciascuno quattro membri.(15) I membri del CPE dovrebbero essere nominati a titolo personale e guidati, nell'esercizio delle loro funzioni, dagli interessi generali della Comunità.(16) Il presidente del CPE dovrebbe essere eletto per un periodo di due anni. Di norma, tale mandato non dovrebbe essere rinnovabile, ma dovrebbe poter essere prorogato in assenza di altre candidature alla presidenza.(17) La nomina a membri del CPE di funzionari della Banca centrale europea e delle banche centrali nazionali è effettuata fatto salvo il disposto dell'articolo 108 del trattato,DECIDE:Articolo 1È adottato lo statuto del comitato di politica economica di cui all'articolo 272 del trattato (il "comitato").Il testo dello statuto figura nell'allegato.Articolo 2La decisione 74/122/CEE è abrogata.Articolo 3La presente decisione ha efficacia il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.Fatto a Bruxelles, addì 29 settembre 2000.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Fabius(1) GU L 63 del 5.3.1974, pag. 21.(2) GU 31 del 9.5.1960, pag. 764/60.(3) GU 77 del 21.5.1964, pag. 1205/64.(4) GU 64 del 22.4.1964, pag. 1031/64.(5) GU C 35 del 2.2.1998, pag. 1.(6) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 28.(7) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 3.(8) GU L 5 del 9.1.1999, pag. 71.ALLEGATOStatuto del comitato di politica economicaPARTE ICOMPITI DEL COMITATOArticolo 11. Fatti salvi gli articoli 114 e 207 del trattato, il comitato di politica economica, (in appresso "il comitato"), contribuisce alla preparazione dei lavori del Consiglio in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e della Comunità e assiste la Commissione e il Consiglio.2. Il comitato contribuisce alla preparazione dei lavori del Consiglio fornendo analisi economiche, pareri sulle metodologie e progetti di formulazione di raccomandazioni politiche, con particolare riferimento alle politiche strutturali per il miglioramento del potenziale di crescita e dell'occupazione nella Comunità. In questo contesto esso si occupa in particolare:- del funzionamento dei mercati dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro, ivi compresa l'evoluzione dei salari, della produttività, dell'occupazione e della competitività,- del ruolo e dell'efficienza del settore pubblico e della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche,- delle implicazioni sul piano generale di politiche specifiche quali quelle dell'ambiente, della ricerca e sviluppo e della coesione sociale.3. Nei settori summenzionati, il comitato, fatti salvi gli articoli 114 e 207 del trattato, fornisce sostegno ai lavori del Consiglio, in particolare per quanto riguarda la formulazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche e contribuisce alla procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 99, paragrafo 3, del trattato. In questo ambito, il comitato effettua revisioni periodiche per paese incentrate in particolare sulle riforme strutturali negli Stati membri.4. Fatti salvi gli articoli 130 e 207 del trattato, il comitato contribuisce ai lavori del Consiglio che si riferiscono al titolo "Occupazione" del trattato.5. Il comitato assiste il comitato economico e finanziario in particolare nel compito di seguire regolarmente l'evoluzione macroeconomica a breve e a medio termine negli Stati membri e nella Comunità, fornendo analisi e pareri principalmente su problemi metodologici riguardanti l'interazione tra politiche strutturali e politiche macroeconomiche e l'evoluzione dei salari negli Stati membri e nella Comunità.6. Il comitato costituisce il quadro in cui ha luogo, a livello tecnico, il dialogo macroeconomico tra rappresentanti del comitato (compresa la Banca centrale europea), il comitato economico e finanziario, il comitato per l'occupazione, la Commissione e le parti sociali.7. Il comitato è consultato dalla Commissione in merito al tasso massimo di aumento delle spese non obbligatorie del bilancio generale dell'Unione europea, come previsto dall'articolo 272 del trattato.Articolo 2Il comitato formula pareri su richiesta del Consiglio, della Commissione o del comitato economico e finanziario, oppure di propria iniziativa.Articolo 3Nell'adempimento dei suoi compiti il comitato opera in stretto rapporto con il comitato economico e finanziario quando riferisce al Consiglio. Nel contribuire alla preparazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche, il comitato riferisce al comitato economico e finanziario. Esso coordina i suoi lavori con il comitato per l'occupazione e altri comitati e gruppi di lavoro per preparare i lavori del Consiglio nei settori di competenza di tali comitati e gruppi.PARTE IICOMPOSIZIONEArticolo 41. Gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea nominano ciascuno 4 membri del comitato.2. I membri del comitato sono scelti tra funzionari di alto livello e di comprovata esperienza in materia di formulazione della politica economica e strutturale.Articolo 5Nello svolgimento delle loro funzioni, i membri del comitato sono guidati dagli interessi generali della Comunità.PARTE IIIPRESIDENTE E SEGRETARIATOArticolo 61. Il comitato elegge tra i suoi membri, a maggioranza dei medesimi, un presidente e fino a tre vicepresidenti per un periodo di due anni. Di norma, il mandato non è rinnovabile.2. Il presidente delega il suo diritto di voto ad un altro membro della sua delegazione.Articolo 7In caso di impedimento nello svolgimento delle sue funzioni, il presidente è sostituito da uno dei vicepresidenti del comitato.Articolo 81. Il comitato è assistito da un segretariato diretto da un segretario. Il segretario e il personale del segretariato necessario per svolgere i compiti del segretariato sono forniti dalla Commissione. Il segretario è nominato dalla Commissione previa consultazione del comitato. Il segretario e il personale del segretariato agiscono su istruzioni del comitato quando esplicano le loro funzioni per il comitato.2. Le spese del comitato sono comprese nelle previsioni della Commissione.PARTE IVPROCEDURAArticolo 9Ove si richieda una votazione, i pareri o le relazioni sono adottati alla maggioranza dei membri. Ciascun membro del comitato dispone di un voto. Tuttavia, in caso di pareri od opinioni su questioni per le quali il Consiglio può in seguito adottare una decisione, i membri delle banche centrali e la Commissione possono partecipare pienamente alle discussioni, ma non prendono parte alla votazione. Il comitato riferisce altresì in merito a opinioni dissenzienti o minoritarie espresse nel corso dei lavori.Articolo 10Di norma soltanto i membri possono prendere la parola durante le riunioni del comitato. In circostanze eccezionali il presidente può approvare disposizioni alternative.Articolo 11Il comitato può affidare l'esame di questioni specifiche a sottocomitati o a gruppi di lavoro. In tal caso la presidenza di tali gruppi è assunta da un membro del comitato, nominato dal comitato stesso.Articolo 12Il comitato, i sottocomitati e i gruppi di lavoro possono farsi assistere da esperti.Articolo 13Il comitato è convocato dal presidente per iniziativa propria o a richiesta del Consiglio, della Commissione o di almeno cinque membri del comitato.Articolo 141. Di norma il presidente rappresenta il comitato. In particolare il presidente può essere autorizzato dal comitato a riferire sui lavori e a rilasciare osservazioni orali su pareri e comunicazioni preparati dal comitato.2. Spetta al presidente del comitato mantenere i rapporti del comitato con il Parlamento europeo che, ove opportuno, è informato dei lavori del comitato.Articolo 151. Salvo decisione diversa, i lavori del comitato sono coperti dal segreto d'ufficio. Ciò vale anche per i lavori dei sottocomitati e gruppi di lavoro.2. Le relazioni o i pareri elaborati dal comitato sono resi disponibili al pubblico dopo essere stati trasmessi ai destinatari, a meno che non esistano motivi imperativi per mantenerli segreti.Articolo 16Il comitato adotta il proprio regolamento interno. | Il Comitato di politica economica dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Conferma i compiti, la composizione, l’organizzazione e il funzionamento del Comitato economico e politico dell’Unione europea (UE), un comitato creato nel 1974.
Questa decisione ha fatto seguito all’entrata dell’UE nella fase finale dell’unione economica e monetaria, quando i tassi di cambio sono stati fissati irrevocabilmente ed è stata introdotta la moneta unica, l’euro, sui mercati dei cambi e per i pagamenti elettronici.
È stata poi modificata nel 2003 per tener conto dell’allargamento dell’UE previsto nel 2004.
PUNTI CHIAVE
Il lavoro del comitato
Il comitato è stato istituito per:
contribuire al lavoro del Consiglio (e in particolare quello dei ministri dell’economia e degli affari economici dell’Unione europea, Ecofin) sul coordinamento delle politiche economiche e dei bilanci dell’UE e dei suoi paesi;
assistere la Commissione europea;
preparare una parte del lavoro dell’Eurogruppo.
Il comitato:
svolge analisi economiche;
fornisce pareri sulle metodologie;
prepara il lavoro del Consiglio sul semestre europeo, tra cui la formulazione di raccomandazioni politiche nei confronti dei paesi dell’UE sulla base di progetti della Commissione;
formula raccomandazioni politiche, come gli orientamenti di massima per le politiche economiche, destinati a favorire la creazione di posti di lavoro e il potenziale di crescita dell’UE;
contribuisce alla sorveglianza multilaterale delle politiche economiche nazionali attraverso una revisione regolare delle riforme strutturali dei paesi dell’UE;
fornisce pareri politici in merito alla parte del piano di investimenti per l’Europa che mira ad eliminare gli ostacoli normativi agli investimenti sia a livello nazionale che a livello UE.
In particolare, il comitato si concentra sui seguenti aspetti:
il funzionamento dei mercati dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro dell’UE, compresi gli sviluppi in merito a salari, produttività, occupazione e competitività ;
il ruolo e l’efficienza del settore pubblico e la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche;
le implicazioni economiche di determinate politiche, come quelle relative all’ambiente, alla ricerca e sviluppo e alla coesione sociale.
Il comitato sostiene il lavoro del Comitato economico e finanziario. Ciò comporta, tra l’altro, il monitoraggio degli sviluppi macroeconomici a breve e medio termine sia a livello dell’UE che a livello nazionale. Fornisce analisi e pareri sull’interazione tra le politiche strutturali e macroeconomiche e sull’evoluzione dei salari.
Funge anche da forum per le discussioni macroeconomiche tecniche con la Banca centrale europea (BCE), il Comitato economico e finanziario, il Comitato per l’occupazione, la Commissione e le parti sociali.
Composizione e funzionamento
Ci sono due rappresentanti per ciascun paese dell’UE e due ciascuno dalla Commissione e dalla BCE.
Quando il comitato si riunisce nella sua forma «Eurogruppo», comprende i rappresentanti della Commissione, della BCE e di quei paesi la cui moneta è l’euro.
Il presidente viene eletto ogni due anni e il lavoro del comitato è supportato da un segretariato.
Le riunioni sono riservate, ma le relazioni e i pareri sono in linea di principio accessibili al pubblico.
Qualora i pareri o le relazioni del comitato siano sottoposti a votazione, devono essere adottati dalla maggioranza dei membri. Il comitato deve segnalare anche le opinioni dissenzienti o minoritarie espresse nel corso dei lavori.
Se le relazioni riguardano questioni su cui il Consiglio potrà successivamente prendere una decisione, i membri delle banche centrali e della Commissione non possono partecipare alla votazione.
Il comitato ha istituito diversi gruppi di lavoro che esaminano questioni specifiche:
invecchiamento demografico e sostenibilità ,
metodologia di valutazione delle riforme strutturali,
margini di potenziale produttivo,
energia e cambiamenti climatici.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica a partire dal 12 ottobre 2000.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Il CPE» sul sito Internet dell’Unione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2000/604/CE del Consiglio, del 29 settembre 2000, sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica (GU L 257 dell’11.10.2000, pag. 28-31)
Le modifiche successive alla decisione 2000/604/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. | 5,467 | 1,015 |
31992L0029 | false | Direttiva 92/29/CEE del Consiglio, del 31 marzo 1992, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per promuovere una migliore assistenza medica a bordo delle navi
Gazzetta ufficiale n. L 113 del 30/04/1992 pag. 0019 - 0036 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 5 pag. 0106 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 5 pag. 0106
DIRETTIVA 92/29/CEE DEL CONSIGLIO del 31 marzo 1992 riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per promuovere una migliore assistenza medica a bordo delle naviIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione(1) , presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, in cooperazione con il Parlamento europeo(2) , visto il parere del Comitato economico e sociale(3) , considerando che la comunicazione della Commissione sul suo programma nel settore della sicurezza, dell'igiene e della salute sul luogo di lavoro(4) prevede azioni volte a garantire l'assistenza medica in mare; considerando che una nave è un luogo di lavoro il quale, anche a causa dell'eventuale isolamento geografico, comporta una notevole gamma di rischi e che la sicurezza e la salute dei lavoratori imbarcati richiede un'attenzione particolare; considerando che le navi devono disporre di dotazioni mediche adeguate, mantenute in buono stato e controllate ad intervalli regolari, affinché sia possibile offrire la necessaria assistenza medica in mare ai lavoratori; considerando che per assicurare un'adeguata assistenza medica in mare occorre promuovere la formazione e l'informazione dei marittimi in materia di impiego delle dotazioni mediche; considerando che il ricorso alla consultazione medica a distanza costituisce un metodo efficace per contribuire a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) nave, ogni imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro o registrata sotto la piena giurisdizione di uno Stato membro, in grado di navigare in mare o che pratica la pesca negli estuari, di proprietà pubblica o privata, escluse - le imbarcazioni per la navigazione fluviale; - le navi da guerra; - le imbarcazioni da diporto impiegate a fini non commerciali e non fornite di equipaggio professionale e - i rimorchiatori che navigano nelle zone portuarie. Le navi sono classificate in tre categorie secondo l'allegato I; b) lavoratore, qualsiasi persona che svolga un'attività professionale a bordo di una nave, nonché i tirocinanti e gli apprendisti, ad esclusione dei piloti portuali e del personale a terra che effettua lavori a bordo di una nave all'ormeggio; c) armatore, il proprietario registrato di una nave, salvo qualora la nave sia stata noleggiata a guscio nudo o sia gestita, in tutto o in parte, da una persona fisica o giuridica diversa dal proprietario registrato, ai sensi di un accordo di gestione; in tal caso viene considerato armatore colui che noleggia a guscio nudo o la persona fisica o giuridica che assicura la gestione della nave; d) dotazione medica, i medicinali, le attrezzature mediche e gli antidoti di cui nell'allegato II è fornito un elenco non esauriente; e) antidoto, sostanza impiegata per prevenire o per curare l'effetto o gli effetti deleteri diretti o indiretti provocati da una o più sostanze riportate nell'elenco delle materie pericolose dell'allegato III. Articolo 2 Medicinali e attrezzature mediche - Locale per le cure mediche - Medico Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinchè: 1) a) ogni nave battente la sua bandiera o registrata sotto la sua piena giurisdizione abbia a bordo in permanenza una dotazione medica qualitativamente almeno conforme all'allegato II sezioni I e II per la categoria alla quale la nave stessa appartiene; b) i quantitativi di medicinali e di materiale medico da imbarcare siano rispondenti alle caratteristiche del viaggio (segnatamente: scali, destinazione, durata), del/dei tipo/i di attività da effettuare durante detto viaggio, delle caratteristiche del carico, nonché del numero di lavoratori; c) il contenuto della dotazione medica, per quanto attiene ai medicinali e alle attrezzature mediche, sia riportato su un documento di controllo conforme per lo meno allo schema generale stabilito nell'allegato IV, sezioni A, B e C, punti II 1 e II 2; 2) a) ogni nave battente la sua bandiera o registrata sotto la sua piena giurisdizione disponga, per ciascuna delle zattere e scialuppe di salvataggio, di una cassetta di medicinali a tenuta d'acqua il cui contenuto sia almeno conforme alla dotazione medica prevista nell'allegato II, sezioni I e II per le navi della categoria C; b) il contenuto delle cassette di medicinali sia parimenti riportato sul documento di controllo previsto al punto 1, lettera c); 3) ogni nave battente la sua bandiera o registrata sotto la sua piena giurisdizione di più di 500 tonnellate di stazza lorda il cui equipaggio comprenda 15 o più lavoratori e che effettui in viaggio di durata superiore a tre giorni, disponga di un locale che consenta di somministrare cure mediche in condizioni materiali e igieniche soddisfacenti; 4) ogni nave battente la sua bandiera o registrata sotto la sua piena giurisdizione il cui equipaggio comprenda 100 o più lavoratori e che effettui un tragitto internazionale di più di tre giorni abbia a bordo un medico incaricato dell'assistenza medica dei lavoratori. Articolo 3 Antidoti Ogni Stato membro adotta le misure necessarie affinché: 1) tutte le navi battenti la sua bandiera o registrate sotto la sua piena giurisdizione che trasportano una o più materie pericolose riportate nell'allegato III dispongano a bordo nella dotazione medica almeno degli antidoti previsti nell'allegato II, sezione III; 2) tutte le navi del tipo trasbordatore battenti la sua bandiera o registrate sotto la sua piena giurisdizione le cui condizioni di esercizio non consentono sempre di conoscere con un anticipo o preavviso sufficiente la natura delle materie pericolose trasportate dispongano a bordo nella dotazione medica almeno di tutti gli antidoti di cui all'allegato II, sezione III; Peraltro, nel caso in cui su una linea regolare la traversata abbia una durata prevista inferiore a due ore, gli antidoti possono essere limitati a quelli la cui somministrazione, nei casi di estrema urgenza, deve essere effettuata entro un termine non superiore alla durata normale della traversata stessa; 3) il contenuto della dotazione medica, per quanto riguarda gli antidoti, sia indicato in un documento di controllo conforme almeno al quadro generale di cui all'allegato IV, sezioni A, B e C, punto II.3 Articolo 4 Responsabilità Ogni Stato membro adotta le misure necessarie affinché: 1) a) la fornitura e il rinnovo della dotazione medica di ogni nave battente la sua bandiera o registrata sotto la sua piena giurisdizione siano effettuati sotto la responsabilità esclusiva dell'armatore senza alcun onere finanziario per i lavoratori; b) la gestione della dotazione medica sia posta sotto la responsabilità del capitano; ferma restando tale responsabilità, il capitano può delegare l'uso e la manutenzione della dotazione a uno o più lavoratori specificamente designati a motivo della loro competenza; 2) la dotazione medica venga mantenuta in buono stato e completata e/o rinnovata, non appena possibile e comunque quale elemento prioritario durante le normali procedure di rifornimento; 3) in caso d'urgenza medica, costatata dal capitano, sentito se possibile il parere di un medico, i medicinali, le attrezzature mediche e gli antidoti che risultano necessari ma non esistono a bordo siano resi disponibili al più presto. Articolo 5 Informazione e formazione Ogni Stato membro adotta le misure necessarie affinché: 1) la dotazione medica sia accompagnata da una o più guide comprendenti le modalità di impiego almeno per gli antidoti di cui all'allegato II, sezione III; 2) tutte le persone che ricevono una formazione professionale marittima e che sono destinate al lavoro a bordo abbiano ricevuto una formazione di base relativa alle misure di assistenza medica e di soccorso da adottare immediatamente in caso di infortunio o di emergenza medica comportante pericolo di vita; 3) il capitano ed il/i lavoratore/i da questo delegati, in conformità con l'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), all'uso della dotazione medica della nave, abbiano ricevuto una formazione particolare aggiornata periodicamente, almeno ogni cinque anni, rispondente ai rischi e alle esigenze specifiche delle varie categorie di navi e conforme agli orientamenti generali di cui all'allegato V. Articolo 6 Consultazioni mediche via radio 1. Al fine di garantire ai lavoratori una migliore terapia di emergenza, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché: a) vengano designati uno o più centri destinati a fornire gratuitamente ai lavoratori un'assistenza medica via radio in forma di consulenza; b) medici del centro di consultazione via radio invitati a prestare la loro opera nel quadro del funzionamento di detti centri ricevano una formazione in merito alle particolari condizioni che regnano a bordo delle navi. 2. Nei centri di consultazione via radio potranno essere eventualmente detenuti, con l'accordo dei lavoratori interessati, dati personali di carattere medico, al fine di ottimizzare i consigli forniti. Dovrà essere garantita la riservatezza di questi dati. Articolo 7 Controllo 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché una persona competente o un'autorità competente si assicuri, nel corso di un controllo annuale della dotazione medica presente a bordo di ogni nave battente la loro bandiera, - che la dotazione sia conforme alle prescrizioni minime della presente direttiva; che il documento di controllo previsto all'articolo 2, punto 1, lettera c) stabilisca la conformità della dotazione a tali prescrizioni minime; - che le condizioni di conservazione della dotazione siano buone; - che le eventuali date di scadenza siano rispettate. 2. Il controllo della dotazione medica delle imbarcazioni di salvataggio viene effettuato in occasione del controllo annuale delle stesse. Detto controllo può, eccezionalmente, essere rinviato per un periodo non superiore a 5 mesi. Articolo 8 Comitato 1. Ai fini degli adeguamenti specificatamente tecnici degli allegati della presente direttiva al progresso tecnico ovvero all'evoluzione delle normative o delle specifiche internazionali e alle conoscenze, la Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione di cui all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del Comitato. Qualora le misure previste non siano conformi al parere del Comitato o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta la Commissione adotta le misure proposte. Articolo 9 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1994. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno già adottate o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Gli Stati membri riferiscono alla Commissione ogni cinque anni in merito all'applicazione della presente direttiva, indicando il punto di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta almeno ogni cinque anni al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 31 marzo 1992. Per il Consiglio Il Presidente Vitor MARTINS (1) GU n. C 183 del 24. 7. 1990, pag. 6; e GU n. C 74 del 20. 3. 1991, pag. 11. (2) GU n. C 48 del 25. 2. 1991, pag. 154; e GU n. C 326 del 16. 12. 1991, pag. 72. (3) GU n. C 332 del 31. 12. 1990, pag. 165. (4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 3. ALLEGATO I CATEGORIE DI NAVI Articolo 1, lettera a) A. Nave che pratica la navigazione marittima o la pesca in mare senza limiti di distanza dalle coste. B. Nave che pratica la navigazione marittima o la pesca in mare in acque che si trovano entro 150 miglia marine dal più vicino porto adeguatamente equipaggiato dal punto di vista medico(1) . C. Nave che pratica la navigazione portuale, natanti e imbarcazioni operanti vicino alle coste o aventi a disposizione come compartimento a bordo soltanto la timoneria. (1) La categoria B è estesa alle navi che praticano la navigazione marittima o la pesca in mare in acque che si trovano entro 175 miglia marine dal più vicino posto adeguatamente equipaggiato dal punto di vista medico e che rimangono in permanenza nel raggio d'azione dei mezzi di evacuazione sanitaria eliportati. A tal fine, ciascuno Stato membro comunica informazioni aggiornate sulle zone e le condizioni in cui è sistematicamente assicurato il servizio di evacuazione sanitaria eliportato: a) agli altri Stati membri e alla Commissione, eb) ai capitani delle navi battenti la sua bandiera o registrati sotto la sua piena giurisdizione, interessati o che possono essere interessati dall'applicazione del primo comma della presente nota, nella maniera più appropriata, in particolare tramite centri di consultazione via radio, centri di coordinamento di salvataggio o stazioni costiere. ALLEGATO II DOTAZIONE MEDICA (ELENCO NON ESAURIENTE) [Articolo 1, lettera d)] I. MEDICINALI Categorie di navi 1. Medicinali cardiovascolari a) Analettici circolatori - Simpaticomimetici×× b) Prodotti contro l'angina pectoris××× c) Diuretici×× d) Antiemorragici, compresi gli uterotonici se ci sono donne a bordo××× e) Antiipertensivi× 2. Medicinali che agiscono sul sistema gastrointestinale a) Medicinali per la patologia gastrica e intestinale - Antiulcerosi antagonisti dei recettori H2 dell'istamina× - Antiacidi, neutralizzanti dell'acidità gastrica×× b) Antimetici××× c) Lassativi emollienti× d) Antidiarroici××× e) Antisettici intestinali×× f) Antiemorroidari×× 3. Analgesici e antispastici a) Analgesici, antipiretici e antiflogistici××× b) Analgesici forti×× c) Spasmolitici×× 4. Medicinali del sistema nervoso a) Ansiolitici×× b) Neurolettici×× c) Antinaupatici××× d) Antiepilettici× 5. Medicinali antiallergici e antianafilattici a) Antibiotici H1×× b) Glucocorticoidi iniettabili×× 6. Medicinali del sistema respiratorio a) Medicinali impiegati nella cura del broncospasmo×× b) Medicinali bechici×× c) Medicinali impiegati per la cura delle riniti e delle sinusiti×× Categorie di navi 7. Medicinali antiinfettivi a) Antibiotici almeno due classi×× b) Sulfamidici antibatterici×× c) Antisettici delle vie urinarie× d) Antiparassitari×× e) Antiinfettivi intestinali×× f) Vaccini e immunoglobuline antitetanici×× 8. Composti destinati alla reidratazione, all'apporto calorico e al ripristino della massa sanguigna circolante×× 9. Medicinali per uso esterno a) Medicinali per uso dermatologico - soluzioni antisettiche××× - pomate antibiotiche×× - pomate antiflogistiche e antalgiche×× - gel dermici antimicotici× - preparati contro le scottature××× b) Medicinali per uso oftalmico - colliri antibiotici×× - colliri antibiotici e antiinfiammatori×× - colliri anestetici×× - colliri miotici e ipotonizzanti×× c) Medicinali per uso ottico - soluzioni antibiotiche×× - soluzioni anestetiche e antiflogistiche×× d) Medicinali per le affezioni della bocca e della faringe - collutori antibiotici o antisettici×× e) Anestetici locali - anestetici locali mediante refrigerazione× - anestetici locali iniettabili per via sottocutanea×× - miscele anestetiche e antisettiche dentarie×× II. ATTREZZATURA MEDICA Categorie di navi 1. Attrezzatura per la rianimazione - Apparecchio di rianimazione manuale×× - Apparecchio per ossigenoterapia con riduttore pressione che consenta l'utilizzazione dell'ossigeno industriale a bordo, o serbatoio di ossigeno××(1) - Aspriratore meccanico in caso di ostruzione delle vie respiratorie superiori×× - Cannula per rianimazione bocca a bocca××× 2. Bendaggi e attrezzature per sutura - Pinze da grappette monouso per sutura, o occorrente per sutura e corredo di aghi×× - Bende elastiche autoadesive××× - Bende di garza per fasciatura× - Benda di garza tubolare per fasciatura dita× - Compresse di garza sterile××× - Cotone idrofilo×× - Lenzuolo sterile per ustionati×× - Sciarpa triangolare×× - Guanti monouso in polietilene××× - Bendaggi adesivi××× - Bendaggi compressivi sterili××× - Suture adesive o bende di ossido di zinco××× - Suture con ago, non riassorbibili× - Compresse di garza medicate, cicatrizzanti×× 3. Strumenti - Bisturi monouso× - Contenitore per strumenti in acciaio inossidabile×× - Forbici×× - Pinze per dissezioni×× - Pinze emostatiche×× - Pinze portaaghi× - Rasoi monouso× 4. Attrezzatura per esami e controlli medici - Abbassalingue monouso×× - Nastri reagenti per l'analisi delle urine× - Fogli per la temperatura× - Schede mediche di evacuazione×× - Stetoscopio×× - Sfigmomanometro aneroide×× - Termometro clinico stardard×× - Termometro per l'ipotermia×× (1) Alle condizioni stabilite dalle legislazioni e/o prassi nazionali. Categorie die navi 5. Attrezzatura per iniezioni, perfusioni, punture e sondaggi - Necessario per drenare la vescica orinaria× - Necessario per il clistere a gocce× - Tubature per perfusione monouso× - Sacco di drenaggio per l'urina× - Siringhe ed aghi monouso×× - Sonda urinaria× 6. Attrezzatura medica generale - Padella× - Borsa da acqua calda× - Pappagallo× - Borsa da ghiaccio× 7. Attrezzatura per l'immobilizzazione e la contenzione - Stecche malleabili per dita×× - Stecche malleabili per avambraccia e mani×× - Stecche gonfiabili×× - Stecche per cosce×× - Collari cervicali per immobilizzare il collo×× - Docce regolabili o materassini a depressione× 8. Disinfezione - disinfestazione - protezione- Composti per disinfettare l'acqua× - Insetticidi liquidi× - Insetticidi in polvere× III. ANTIDOTI 1. Medicinali - Generali - Cardiovascolari - Sistema gastrointestinale - Sistema nervoso - Sistema respiratorio - Antiinfettivi - Per uso esterno 2. Attrezzatura medica - Necessario per l'ossigenoterapia (compreso il necessario per la sua manutenzione) Osservazione In vista dell'applicazione puntuale della presente sezione III, gli Stati membri possono fare riferimento alla «Guida delle cure mediche di emergenza da somministrare in caso di infortuni dovuti a merci pericolose» (GSMU), inclusa nel Codice marittimo internazionale delle merci pericolose dell'OMI (edizione consolidata 1990). L'eventuale adattamento della presente sezione II in applicazione dell'articolo 8 può segnatamente tener conto dello o degli aggiornamenti della GSMU. ALLEGATO III MATERIE PERICOLOSE [Articolo 1, lettera e) ed articolo 3, punto 1] Le materie che figurano nel presente allegato sono da prendere in considerazione qualunque sia lo stato nel quale sono imbarcate, ivi compresi lo stato di scorie e i residui di carico. - Materie e oggetti esplosivi, - Gas compressi, liquefatti o sciolti sotto pressione, - Materie liquide infiammabili, - Materie solide infiammabili, - Materie soggette ad autocombustione, - Materie che, a contatto con l'acqua, sprigionano gas infiammabili, - Materie comburenti, - Perossidi organici, - Materie tossiche, - Materie infettive, - Materie radioattive, - Materie corrosive, - Materie pericolose varie, vale a dire tutte le altre materie per le quali l'esperienza abbia dimostrato o potrà dimostrare che presentano un carattere pericoloso tale da rendere applicabili nei loro confronti le disposizioni dell'articolo 3. Osservazioni In vista dell'applicazione puntuale del presente allegato, gli Stati membri possono fare riferimento al Codice marittimo internazionale delle merci pericolose dell'OMI (edizione consolidata 1990). L'eventuale adattamento del presente allegato in applicazione dell'articolo 8 può segnatamente tener conto dello o degli aggiornamenti del Codice marittimo internazionale delle merci pericolose dell'OMI. ALLEGATO IV SCHEMA GENERALE PER IL CONTROLLO DELLE DOTAZIONI MEDICHE DELLE NAVI [Articolo 2, punto 1, lettera c), articolo 3, punto 3] SEZIONE A. NAVI DELLA CATEGORIA A I. Identificazione della nave Nome: . Bandiera: . Porto di immatricolazione: . II. Dotazione medica 1. MEDICINALI 1.1. Medicinali cardiovascolari a) Analettici circolatori - Simpaticomimetici000 b) Prodotti contra l'angina pectoris000 c) Diuretici000 d) Antiemorragici, compresi gli uterotonici se ci sono donne a bordo000 e) Antiipertensivi000 1.2. Medicinali che agiscono sul sistema gastrointestinale a) Medicinali per la patologia gastrica e intestinale - Antiulcerosi antagonisti dei recettori H2 dell'istamina000 - Antiacidi, neutralizzanti dell'acidità gastrica000 b) Antiemetici000 c) Lassativi emollenti000 d) Antidiarroici000 e) Antisettici intestinali000 f) Antiemorroidari000 1.3. Analgesici e antispastici a) Analgesici, antipiretici e antiflogistici000 b) Analgesici forti000 c) Spasmolitici000 1.4. Medicinali del sistema nervoso a) Ansiolitici000 b) Neurolettici000 c) Antinaupatici000 d) Antiepilettici000 1.5. Medicinali antiallergici e antianafilattici a) Antibiotici H1000 b) Glucocorticoidi iniettabili000 1.6. Medicinali del sistema respiratorio a) Medicinali impiegati nella cura del broncospasmo000 b) Medicinali bechici000 c) Medicinali impiegati per la cura delle riniti e delle sinusiti000 1.7. Medicinali antiinfettivi a) Antibiotici (almeno due classi)000 b) Sulfamidici antibatterici000 c) Antisettici delle vie urinarie000 d) Antiparassitari000 e) Antiinfettivi intestinali000 f) Vaccini e immunoglobuline antitetanici000 1.8. Composti destinati alla reidratazione, all'apporto calorico e al ripristino della massa sanguigna circolante000 1.9. Medicinali per uso esterno a) Medicinali per uso dermatologico - soluzioni antisettiche000 - pomate antibiotiche000 - pomate antiflogistiche e antalgiche000 - gel dermici antimicotici000 - preparati contro le scottature000 b) Medicinali per uso oftalmico - colliri antibiotici000 - colliri antibiotici e antiinfiammatori000 - colliri anestetici000 - colliri miotici e ipotonizzanti000 c) Medicinali per uso ottico - soluzioni antibiotiche000 - soluzioni anestetiche e antiflogistiche000 d) Medicinali per le affezioni della bocca e della faringe - collutori antibiotici o antisettici000 e) Anestetici locali - anestetici locali mediante refrigerazione000 - anestetici locali iniettabili per via sottocutanea000 - miscele anestetiche e antisettiche dentarie000 2. ATTREZZATURA MEDICA 2.1. Attrezzatura per la rianimazione - Apparecchio di rianimazione manuale000 - Apparecchio per ossigenoterapia con riduttore pressione che consenta l'utilizzazione dell'ossigeno industriale a bordo, o serbatoio di ossigeno000 - Aspiratore meccanico in caso di ostruzione delle vie respiratorie superiori000 - Cannula per rianimazione bocca a bocca000 2.2. Bendaggi e attrezzature per sutura - Pinze da grappette monouso per sutura, o occorrente per sutura e corredo di aghi000 - Bende elastiche autoadesive000 - Bende di garza per fasciatura000 - Benda di garza tubolare per fasciatura dita000 - Compresse di garza sterile000 - Cotone idrofilo000 - Lenzuolo sterile per ustionati000 - Sciarpa triangolare000 - Guanti monouso in polietilene000 - Bendaggi adesivi000 - Bendaggi compressivi sterili000 - Suture adesive o bende di ossido di zinco000 - Suture con ago, non riassorbibili000 - Compresse di garza medicate, cicatrizzanti000 2.3. Strumenti - Bisturi monouso000 - Contenitore per strumenti in acciaio inossidabile000 - Forbici000 - Pinze per dissezioni000 - Pinze emostatiche000 - Pinze portaaghi000 - Rasoi monouso000 2.4. Attrezzatura per esami e controlli medici - Abbassalingue monouso000 - Nastri reagenti per l'analisi delle urine000 - Fogli per la temperatura000 - Schede mediche di evacuazione000 - Stetoscopio000 - Sfigmomanometro aneroide000 - Termometro clinico standard000 - Termometro per l'ipotermia000 2.5. Attrezzatura per iniezioni perfusioni, punture e sondaggi - Necessario per drenare la vescica orinaria000 - Necessario per il clistere a gocce000 - Tubature per perfusione monouso000 - Sacco di drenaggio per l'urina000 - Siringhe ed aghi monouso000 - Sonda urinaria000 2.6. Attrezzatura medica generale - Padella000 - Borsa da acqua calda000 - Pappagallo000 - Borsa da ghiaccio000 2.7. Attrezzatura per l'immobilizzazione e la contenzione - Stecche malleabili per dita000 - Stecche malleabili per avambraccia e mani000 - Stecche gonfiabili000 - Stecche per cosce000 - Collari cervicali per immobilizzare il collo000 - Docce regolabili o materassini a depressione000 2.8. Disinfezione - Disinfestazione - Protezione - Composti per disinfettare l'acqua000 - Insetticidi liquidi000 - Insetticidi in polvere000 3. ANTIDOTI 3.1. Generali000 3.2. Cardiovascolari000 3.3. Sistema gastrointestinale000 3.4. Sistema nervoso000 3.5. Sistema respiratorio000 3.6. Antiinfettivi000 3.7. Uso esterno000 3.8. Altri000 3.9. Necessario all'ossigenoterapia000 Data: . Firma del capitano: . Visto della persona o dell'autorità competente: . SEZIONE B. NAVI DELLA CATEGORIA B I. Identificazione della nave Nome: . Bandiera: . Porto di immatricolazione: . II. Dotazione medica 1. MEDICINALI 1.1. Medicinali cardiovascolari a) Analettici circolatori - Simpaticomimetici000 b) Prodotti contro l'angina pectoris000 c) Diuretici000 d) Antiemorragici, compresi gli uterotonici se ci sono donne a bordo000 1.2. Medicinali che agiscono sul sistema gastrointestinale a) Medicinali per la patologia gastrica e intestinale - Antiacidi, neutralizzanti dell'acidità gastrica000 b) Antiemetici000 c) Antidiarroici000 d) Antisettici intestinali000 e) Antiemorroidari000 1.3. Analgesici e antispastici a) Analgesici, antipiretici e antiflogistici000 b) Analgesici forti000 c) Spasmolitici000 1.4. Medicinali del sistema nervoso a) Ansiolitici000 b) Neurolettici000 c) Antinaupatici000 1.5. Medicinali antiallergici e antianafilattici a) Antibiotici H1000 b) Glucocorticoidi iniettabili000 1.6. Medicinali del sistema respiratorio a) Medicinali impiegati nella cura del broncospasmo000 b) Medicinali bechici000 c) Medicinali impiegati per la cura delle riniti e delle sinusiti000 1.7. Medicinali antiinfettivi a) Antibiotici (almeno due classi)000 b) Sulfamidici antibatterici000 c) Antiparassitari000 d) Antiinfettivi intestinali000 e) Vaccini e immunoglobuline antitetanici000 1.8. Composti destinati alle reidratazione, all'apporto calorico e al ripristino della massa sanguigna circolante000 1.9. Medicinali per uso esterno a) Medicinali per uso dermatologico - soluzioni antisettiche000 - pomate antibiotiche000 - pomate antiflogistiche e antalgiche000 - preparati contro le scottature000 b) Medicinali per uso oftalmico - colliri antibiotici000 - colliri antibiotici e antiinfiammatori000 - colliri anestetici000 - colliri miotici e ipotonizzanti000 c) Medicinali per uso ottico - soluzioni antibiotiche000 - soluzioni anestetiche e antiflogistiche000 d) Medicinali per le affezioni della bocca e della faringe - collutori antibiotici o antisettici000 e) Anestetici locali - anestetici locali iniettabili per via sottocutanea000 - miscele anestetiche e antisettiche dentarie0002. ATTREZZATURA MEDICA 2.1. Attrezzatura per la rianimazione - Apparecchio di rianimazione manuale000 - Apparecchio per ossigenoterapia con riduttore pressione che consenta l'utilizzazione dell'ossigeno industriale a bordo, o serbatoio di ossigeno000 - Aspiratore meccanico in caso di ostruzione delle vie respiratorie superiori000 - Cannula per rianimazione bocca a bocca000 2.2. Bendaggi e attrezzature per sutura - Pinze da grappette monouso per sutura, o occorrente per sutura e corredo di aghi000 - Bende elastiche autoadesive000 - Compresse di garza sterile000 - Cotone idrofilo000 - Lenzuolo sterile per ustionati000 - Sciarpa triangolare000 - Guanti monouso in polietilene000 - Bendaggi adesivi000 - Bendaggi compressivi sterili000 - Suture adesive o bende di ossido di zinco000 - Compresse di garza medicate, cicatrizzanti000 2.3. Strumenti - Contenitore per strumenti in acciaio inossidabile000 - Forbici000 - Pinze per dissezioni000 - Pinze emostatiche000 2.4. Attrezzatura per esami e controlli medici - Abbassalingue monouso000 - Schede mediche di evacuazione000 - Stetoscopio000 - Sfigmomanometro aneroide000 - Termometro clinico standard000 - Termometro per l'ipotermia000 2.5. Attrezzatura per iniezioni, perfusioni, punture e sondaggi - Siringhe ed aghi monouso000 2.6. Attrezzatura per l'immobilizzazione e la contenzione - Stecche malleabili per dita000 - Stecche malleabili per avambraccia e mani000 - Stecche gonfiabili000 - Stecche per cosce000 - Collari cervicali per immobilizzare il collo000 3. ANTIDOTI 3.1. Generali000 3.2. Cardiovascolari000 3.3. Sistema gastrointestinale000 3.4. Sistema nervoso000 3.5. Sistema respiratorio000 3.6. Antiinfettivi000 3.7. Uso esterno000 3.8. Altri000 3.9. Necessario all'ossigenoterapia000 Data: . Firma del capitano: . Visto della persona o dell'autorità competente: . SEZIONE C. NAVI DELLA CATEGORIA C I. Identificazione della nave Nome: . Bandiera: . Porto di immatricolazione: . II. Dotazione medica 1. MEDICINALI 1.1. Medicinali cardiovascolari a) Prodotti contro l'angina pectoris000 b) Antiemorragici, compresi gli uterotonici se ci sono donne a bordo000 1.2. Medicinali che agiscono sul sistema gastrointestinale a) Antiemetici000 b) Antidiarroici000 1.3. Analgesici e antispastici - Analgesici, antipiretici e antiflogistici000 1.4. Medicinali del sistema nervoso - Antinaupatici000 1.5. Medicinali per uso esterno - Medicinali per uso dermatologico - soluzioni antisettiche000 - preparati contro le scottature000 2. ATTREZZATURA MEDICA 2.1. Attrezzatura per la rianimazione - Cannula per rianimazione bocca a bocca000 2.2. Bendaggi e attrezzature per sutura - Bende elastiche autoadesive000 - Compresse di garza sterile000 - Guanti monouso in polietilene000 - Bendaggi adesivi000 - Bendaggi compressivi sterili000 - Suture adesive o bende di ossido di zinco000 3. ANTIDOTI 3.1. Generali000 3.2. Cardiovascolari000 3.3. Sistema gastrointestinale000 3.4. Sistema nervoso000 3.5. Sistema respiratorio000 3.6. Antiinfettivi000 3.7. Uso esterno000 3.8. Altri000 3.9. Necessario all'ossigenoterapia000 Data: . Firma del capitano: . Visto della persona o dell'autorità competente: . ALLEGATO V FORMAZIONE MEDICA DEL CAPITANO E DEI LAVORATORI DESIGNATI (Articolo 5, punto 3) I. 1. Acquisizione di conoscenze di base in fisiologia, semeiotica e terapia. 2. Acquisizione di nozioni di prevenzione sanitaria, segnatamente in materia di igiene individuale e collettiva, nonché di nozioni attinenti ad eventuali misure profilattiche. 3. Acquisizione di abilità pratica per quanto riguarda i gesti terapeutici essenziali e le modalità dell'evacuazione sanitaria. La formazione pratica dei responsabili delle cure a bordo delle navi di categoria A dovrà essere effettuata, se possibile, in ambiente ospedaliero. 4. Acquisizione di una buona conoscenza delle modalità di impiego dei mezzi di consultazione medica a distanza. II. Tale formazione deve tener conto dei programmi definiti dai testi internazionali recenti generalmente riconosciuti. | Assistenza medica a bordo delle navi
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Essa punta a garantire che siano in essere sistemi minimi di sicurezza e salute per migliorare l’assistenza medica a bordo delle navi.
PUNTI CHIAVE
Ciascuno Stato membro dell’Unione europea (Unione) dovrebbe garantire che le navi registrate in quello Stato o battente la bandiera di quello Stato abbia a bordo le dotazioni mediche. I requisiti specifici dipendono dalla categoria alla quale la nave appartiene e dai dettagli specificati negli allegati alla direttiva. Inoltre:ogni nave deve disporre, per ciascuna delle scialuppe di salvataggio, di una cassetta di medicinali a tenuta d’acqua; ogni nave di più di 500 tonnellate di stazza lorda, il cui equipaggio comprenda 15 o più lavoratori e che effettui in viaggio di durata superiore a tre giorni, deve disporre di un locale adatto alla somministrazione di cure mediche; ogni nave il cui equipaggio comprenda 100 o più lavoratori e che effettui un tragitto internazionale di più di tre giorni deve avere un medico a bordo.Tutte le navi che trasportano sostanze pericolose devono disporre degli antidoti adeguati. Le navi del tipo trasbordatore dispongono a bordo di un minimo di antidoti (di cui all’allegato II della direttiva), considerato che l’eventualità del trasporto di materie pericolose può non essere nota con anticipo, a meno che la traversata abbia una durata inferiore a due ore su una linea regolare. Tutti gli antidoti e le dotazioni mediche disponibili devono essere indicati in un documento di controllo.
Altri obblighiL’armatore è responsabile della fornitura della dotazione medica. Il capitano, o un rappresentante delegato, è responsabile della gestione della dotazione medica, che deve essere mantenuta in buono stato e completata sistematicamente a spese esclusivamente dell’armatore. La dotazione medica deve essere accompagnata dalle istruzioni relative alle modalità di impiego, comprese le informazioni relative all’impiego degli antidoti richiesti. La formazione professionale marittima deve comprendere una formazione di base relativa alle misure di primo soccorso da adottare in caso di infortunio o di emergenza medica comportante pericolo di vita. Il capitano, o il lavoratore da questo delegato all’uso della dotazione medica, deve ricevere una formazione specifica, aggiornata almeno ogni cinque anni.Consultazioni mediche via radio
Gli Stati membri devono designare dei centri destinati a fornire gratuitamente ai lavoratori assistenza medica via radio, anche da parte di medici che abbiano ricevuto una formazione in merito alle particolari condizioni che regnano a bordo delle navi.
Ispezioni annuali
Gli Stati membri devono garantire lo svolgimento di ispezioni annuali volte a controllare che la dotazione medica sia conforme alla direttiva.
Atti delegati
Il regolamento (UE) 2019/1243 modifica la direttiva 92/29/CEE conferendo alla Commissione il potere, a partire dal 26 luglio 2019, di adottare atti delegati per apportare modifiche strettamente tecniche ai suoi allegati per tener conto del progresso tecnico o delle modifiche dei regolamenti o delle specifiche internazionali e nuove scoperte riguardanti le cure mediche a bordo delle navi.
EmendamentiLa direttiva 2007/30/CE modifica la direttiva 92/29/CEE per quanto riguarda il rapporto di attuazione che deve essere predisposto dagli Stati membri. La direttiva (UE) 2019/1834 modifica gli allegati II e IV della direttiva 92/29/CEE per quanto riguarda gli adeguamenti strettamente tecnici.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva 92/29/CEE è entrata in vigore a partire dal 10 aprile 1992 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 31 dicembre 1994.
CONTESTO
In seguito all’epidemia di COVID-19 e della necessità di introdurre misure per far fronte all’impatto della crisi, la Commissione ha adottato orientamenti sulla tutela della salute, il rimpatrio e le modalità di viaggio per i marittimi, i passeggeri e le altre persone a bordo delle navi.
Per ulteriori informazioni consultare:Direttiva 92/29/CEE: Assistenza medica a bordo delle navi (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 92/29/CEE del Consiglio, del 31 marzo 1992, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute per promuovere una migliore assistenza medica a bordo delle navi (GU L 113 del 30.4.1992, pag. 19).
Le successive modifiche alla direttiva 92/29/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 12,716 | 584 |
32003R1946 | false | Regolamento (CE) n. 1946/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, sui movimenti transfrontalieri degli organismi geneticamente modificati (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 287 del 05/11/2003 pag. 0001 - 0010
Regolamento (CE) n. 1946/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 15 luglio 2003sui movimenti transfrontalieri degli organismi geneticamente modificati(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Il protocollo di Cartagena sulla biosicurezza della convenzione sulla diversità biologica (in prosieguo: "il protocollo") è stato firmato dalla Comunità e dai suoi Stati membri nel 2000; la decisione di concludere il protocollo, a nome della Comunità, è stata adottata il 25 giugno 2002(5).(2) All'articolo 1 il protocollo precisa che, conformemente all'approccio precauzionale enunciato nel principio n. 15 della dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo, l'obiettivo del protocollo è di contribuire ad assicurare un adeguato livello di protezione nel campo del trasferimento, della manipolazione e dell'uso sicuri di organismi geneticamente modificati (OGM), ottenuti mediante le moderne biotecnologie, che possono esercitare effetti negativi sulla conservazione e sull'uso sostenibile della diversità biologica, tenuto conto anche dei rischi per la salute umana e con particolare attenzione ai movimenti transfrontalieri.(3) A norma del protocollo le parti contraenti sono tenute ad adottare le misure giuridiche, amministrative e di altra natura opportune e necessarie per conformarsi agli obblighi in esso prescritti. In virtù della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati(6), la Commissione è chiamata a presentare una proposta legislativa per l'attuazione delle procedure definite nel protocollo la quale, in conformità dello stesso, imponga agli esportatori della Comunità di garantire l'osservanza di tutti gli obblighi prescritti nella procedura del previo consenso informato definita agli articoli da 7 a 10, 12 e 14 del protocollo.(4) È importante predisporre controlli e verifiche dei movimenti transfrontalieri degli OGM a salvaguardia della conservazione e dell'uso sostenibile della biodiversità e allo scopo di tenere conto dei rischi per la salute umana in modo da permettere ai cittadini di fare una scelta libera e con cognizione di causa riguardo agli OGM.(5) Poiché la legislazione comunitaria non contiene specifiche disposizioni in materia di esportazione degli OGM verso paesi terzi occorre istituire un quadro normativo comune che disciplini questo tipo di esportazioni per garantire l'osservanza degli obblighi prescritti dal protocollo in materia di movimenti transfrontalieri degli OGM.(6) È necessario riconoscere l'esigenza di rispettare il quadro normativo della parte o non parte importatrice in materia di biosicurezza, conformemente al protocollo.(7) Il presente regolamento non dovrebbe applicarsi ai prodotti farmaceutici per uso umano che sono disciplinati da altri accordi internazionali di cui la Comunità o lo Stato membro interessato è parte o da organizzazioni di cui la Comunità o lo Stato membro interessato è membro.(8) Le esportazioni di OGM destinati all'emissione deliberata nell'ambiente dovrebbero essere notificate all'importatore, sia esso o no parte contraente, affinché questi possa prendere una decisione con cognizione di causa basandosi su una valutazione dei rischi effettuata con metodi scientificamente attendibili.(9) L'obbligo di notifica dovrebbe essere a carico dell'esportatore il quale dovrebbe essere responsabile dell'accuratezza delle informazioni contenute nella notifica.(10) Gli esportatori dovrebbero attendere il previo consenso scritto esplicito della parte o non parte importatrice, prima del primo movimento transfrontaliero di un OGM destinato all'immissione deliberata nell'ambiente.(11) Riconoscendo che alcuni paesi in via di sviluppo e alcuni paesi con economie in transizione possono non avere le capacità necessarie per prendere tali decisioni con cognizione di causa, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero sforzarsi di metterli in grado di sviluppare e rafforzare risorse umane e capacità istituzionali.(12) Ai sensi del protocollo la Comunità o qualsiasi altra parte può intraprendere azioni volte ad assicurare in misura maggiore la conservazione e l'uso sostenibile della diversità biologica rispetto a quanto previsto dal protocollo, purché tali azioni siano coerenti con le finalità e le disposizioni dello stesso e conformi agli altri obblighi che a tale parte derivano dal diritto internazionale.(13) Ai sensi del protocollo la Comunità può applicare le disposizioni del proprio diritto interno ai movimenti di OGM che avvengono nell'ambito del proprio territorio doganale.(14) La legislazione comunitaria vigente, in particolare la direttiva 2001/18/CE e la normativa settoriale che impone lo svolgimento di una valutazione specifica dei rischi in conformità dei principi enunciati nella direttiva citata, contengono già disposizioni conformi all'obiettivo del protocollo; pertanto non occorre introdurre ulteriori provvedimenti sulle importazioni di OGM nella Comunità.(15) È necessario garantire la sicurezza del trasporto, della manipolazione e dell'imballaggio degli OGM. La legislazione comunitaria vigente, in particolare la direttiva 94/55/CE del Consiglio, del 21 novembre 1994, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada(7), così come la direttiva 96/49/CE del Consiglio, del 23 luglio 1996, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose per ferrovia(8), contengono già disposizioni adeguate; pertanto non occorre introdurre ulteriori provvedimenti al riguardo.(16) È necessario garantire l'identificazione degli OGM esportati da o importati verso la Comunità. Per quanto riguarda la tracciabilità, l'etichettatura e l'identificazione delle importazioni verso la Comunità, tali OGM sono soggetti alle norme del diritto comunitario. Per quanto riguarda le esportazioni occorrono disposizioni analoghe.(17) La Commissione e gli Stati membri sostengono il processo per quanto riguarda l'elaborazione di adeguate norme e procedure internazionali in materia di responsabilità e risarcimento per i danni risultanti dai movimenti transfrontalieri di OGM, che dovranno essere approvate, come previsto all'articolo 27 del protocollo, in occasione della prima riunione della conferenza delle parti della convenzione nella sua funzione di riunione delle parti contraenti del protocollo.(18) La Commissione e gli Stati membri sono favorevoli all'ulteriore sviluppo e all'applicazione di formati comuni relativi alla documentazione di accompagnamento per l'identificazione degli OGM, elaborati in conformità dell'articolo 18 del protocollo.(19) Per reagire con efficienza al verificarsi di movimenti transfrontalieri non intenzionali di OGM che potrebbero avere gravi effetti negativi sulla conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità e presentare rischi per la salute umana lo Stato membro dovrebbe, non appena venga a conoscenza del verificarsi, nel territorio sottoposto alla sua giurisdizione, di un evento risultante in un'emissione capace di innescare un movimento transfrontaliero non intenzionale di un OGM che potrebbe avere tali effetti, prendere opportuni provvedimenti per informarne il pubblico nonché, e senza indugio, la Commissione, tutti gli Stati potenzialmente o effettivamente interessati, il centro di scambio di informazioni sulla biosicurezza (Biosafety Clearing House, BCH) e, se del caso, le organizzazioni internazionali di pertinenza. Detto Stato membro dovrebbe inoltre consultare senza indugio gli Stati potenzialmente o effettivamente interessati per consentire loro di predisporre le risposte appropriate ed avviare le azioni necessarie.(20) Per contribuire allo sviluppo del centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza la Comunità e i suoi Stati membri dovrebbero provvedere affinché il centro riceva opportune informazioni e vengano svolti controlli sull'applicazione del protocollo nella Comunità e rispettati gli obblighi di comunicazione.(21) Gli Stati membri dovrebbero definire le norme concernenti le sanzioni da applicare in caso di violazione del presente regolamento e garantirne l'effettiva applicazione. Tali sanzioni dovrebbero essere efficaci, proporzionate ed avere carattere dissuasivo.(22) Nell'applicare il presente regolamento occorre tenere conto del principio di precauzione.(23) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO I OBIETTIVI, CAMPO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONIArticolo 1ObiettiviNel rispetto del principio di precauzione e fatte salve le disposizioni della direttiva 2001/18/CE il presente regolamento si prefigge di istituire un sistema comune di notifica e informazione per i movimenti transfrontalieri di organismi geneticamente modificati (OGM) e di garantire l'attuazione coerente delle disposizioni del protocollo a nome della Comunità per contribuire ad assicurare un adeguato livello di protezione relativamente al trasferimento, alla manipolazione e all'uso sicuri di OGM che possono avere effetti negativi sulla conservazione e l'uso sostenibile della diversità biologica, tenendo conto altresì dei rischi per la salute umana.Articolo 2Campo di applicazione1. Il presente regolamento si applica ai movimenti transfrontalieri di tutti gli OGM che possono avere effetti negativi sulla conservazione e l'uso sostenibile della diversità biologica, tenendo conto altresì dei rischi per la salute umana.2. Il presente regolamento non si applica ai prodotti farmaceutici per uso umano che sono disciplinati da altri accordi od organizzazioni internazionali pertinenti.Articolo 3DefinizioniAi sensi del presente regolamento si intende per:1) "organismo", un organismo così come definito all'articolo 2, punto 1, della direttiva 2001/18/CE;2) "organismo geneticamente modificato", o "OGM" un organismo geneticamente modificato così come definito all'articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18/CE, ad esclusione degli organismi ottenuti mediante le tecniche di modificazione genetica elencate nell'allegato I B della stessa direttiva;3) "emissione deliberata", emissione deliberata così come definita all'articolo 2, punto 3, della direttiva 2001/18/CE;4) "immissione in commercio", immissione in commercio, così come definita all'articolo 2, punto 4, della direttiva 2001/18/CE;5) "uso confinato":a) le attività definite all'articolo 2, lettera c), della direttiva 90/219/CEE(9);b) le attività nelle quali determinati organismi che non siano microrganismi sono modificati geneticamente o nelle quali tali OGM sono messi in coltura, conservati, trasportati, distrutti, smaltiti o altrimenti utilizzati, e per le quali vengono appropriatamente usate misure specifiche di contenimento, basate sugli stessi principi di contenimento di cui alla direttiva 90/219/CEE, al fine di limitare il contatto degli stessi con la popolazione in generale e con l'ambiente;6) "alimento", un alimento così come definito all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 178/2002(10);7) "mangime", un mangime così come definito all'articolo 3, punto 4, del regolamento (CE) n. 178/2002;8) "notifica", la comunicazione delle informazioni che l'esportatore è tenuto a fornire, ai sensi del presente regolamento, all'autorità competente di una parte che aderisce al protocollo o all'autorità competente di una non parte;9) "centro di scambio di informazioni sulla biosicurezza", o "BCH" il centro di scambio di informazioni sulla biosicurezza (Biosafety Clearing House) istituito ai sensi dell'articolo 20 del protocollo;10) "esportazione":a) l'uscita permanente o temporanea dal territorio doganale della Comunità di OGM che rispondono alle condizioni specificate all'articolo 23, paragrafo 2, del trattato;b) la riesportazione di OGM che non rispondono alle condizioni di cui alla lettera a), ai quali si applica una procedura doganale diversa dalla procedura di transito;11) "importazione", l'assoggettamento di OGM, introdotti nel territorio doganale di una parte o di una non parte situata all'esterno della Comunità da una parte situata all'interno della Comunità, ad una procedura doganale diversa dalla procedura di transito;12) "esportatore", qualsiasi persona fisica o giuridica da parte della quale o in nome della quale viene presentata una notifica, ossia una persona che, al momento dell'invio della notifica, è titolare di un contratto concluso con il destinatario di un paese terzo e ha la facoltà di decidere circa la spedizione dell'OGM al di fuori del territorio doganale della Comunità. In assenza di un contratto di esportazione oppure qualora il titolare del contratto non agisca in nome proprio, è determinante la facoltà di decidere circa la spedizione dell'OGM al di fuori del territorio doganale della Comunità;13) "importatore", qualsiasi persona fisica o giuridica, soggetta alla giurisdizione della parte o della non parte importatrice, che è responsabile dell'importazione di un OGM;14) "movimento transfrontaliero", il trasferimento intenzionale o non intenzionale di un OGM tra una parte o una non parte e un'altra parte o non parte, esclusi i trasferimenti intenzionali tra parti situate all'interno della Comunità.15) "parte", qualunque paese od organizzazione regionale di integrazione economica che sia parte del protocollo;16) "non parte", qualunque paese od organizzazione regionale di integrazione economica che non sia parte del protocollo;17) "protocollo", il protocollo di Cartagena sulla biosicurezza annesso alla convenzione sulla diversità biologica ("la convenzione");18) "diversità biologica"/"biodiversità", la variabilità degli organismi viventi di qualunque origine, inclusi, tra l'altro, gli ecosistemi terrestri, marini e gli altri ecosistemi acquatici e i complessi ecologici dei quali fanno parte; essa comprende la diversità all'interno di ogni specie, tra le specie e degli ecosistemi;19) "autorità competente", un'autorità competente designata da una parte che aderisce al protocollo, o il pertinente organismo equivalente di una non parte, responsabile per lo svolgimento delle funzioni amministrative richieste dal protocollo, o funzioni equivalenti se si tratta di una non parte, ed autorizzata ad agire in loro nome nell'ambito di tali funzioni;20) "punto focale", l'entità designata da una parte e responsabile in suo nome delle relazioni con il segretariato;21) "segretariato", il segretariato del protocollo.CAPO II ESPORTAZIONE DI OGM VERSO PAESI TERZISezione 1 OGM destinati all'emissione deliberata nell'ambienteArticolo 4Notifiche alle parti e non parti importatriciL'esportatore assicura la notifica per iscritto all'autorità competente della parte o non parte importatrice del primo movimento transfrontaliero di un OGM destinato ad emissione deliberata nell'ambiente, per l'uso specificato in conformità dell'allegato I, punto i), prima che esso abbia luogo. La notifica reca almeno le informazioni specificate nell'allegato I. L'esportatore garantisce che le informazioni contenute nella notifica siano accurate.Articolo 5Mancata decisione1. La mancata accusa di ricevuta della notifica o la mancata comunicazione della decisione della parte importatrice non implica il consenso di quest'ultima ad un movimento transfrontaliero intenzionale. Nessun primo movimento transfrontaliero intenzionale può avere luogo senza il previo consenso scritto esplicito della parte o, se del caso, della non parte importatrice.2. Qualora la parte importatrice non comunichi la sua decisione in risposta ad una notifica entro 270 giorni dalla data di ricevimento della notifica, l'esportatore è tenuto ad inviare un sollecito scritto, chiedendo una risposta entro 60 giorni dal ricevimento del sollecito, all'autorità competente della parte importatrice, con copia al segretariato, allo Stato membro esportatore e alla Commissione. Ai fini del calcolo del termine entro il quale la parte importatrice deve rispondere, non si tiene conto dei giorni di attesa delle ulteriori informazioni rilevanti.3. Fatti salvi i requisiti di cui al paragrafo 1, l'esportatore non procede al primo movimento transfrontaliero intenzionale di un OMG destinato all'emissione deliberata se non sono state seguite le procedure stabilite dalla parte importatrice in conformità degli articoli 9 e 10 del protocollo o, ove opportuno, procedure equivalenti richieste da una non parte importatrice.4. I paragrafi 1, 2 e 3 non si applicano ai casi di movimenti transfrontalieri effettuati in base a procedure semplificate o ad accordi o intese bilaterali, regionali e multilaterali in conformità degli articoli 13 e 14 del protocollo.5. La Commissione e gli Stati membri, in consultazione con il segretariato, prendono le misure appropriate in conformità delle eventuali procedure e degli eventuali meccanismi pertinenti per facilitare il processo decisionale o promuovere l'osservanza delle disposizioni del protocollo ad opera delle parti importatrici secondo quanto deciso dalla conferenza delle parti della convenzione, nella sua funzione di riunione delle parti contraenti del protocollo.Articolo 6Informazione della parte esportatriceL'esportatore conserva per un periodo minimo di cinque anni una registrazione della notifica di cui all'articolo 4, la lettera di ricevuta e la decisione della parte o, se del caso, della non parte importatrice ed invia copia di tali documenti all'autorità competente dello Stato membro da cui l'OGM è esportato e alla Commissione.Fatto salvo il disposto dell'articolo 16, la Commissione mette a disposizione del pubblico tali documenti, conformemente alle norme comunitarie in materia di accesso all'informazione ambientale.Articolo 7Riesame delle decisioni1. Qualora l'esportatore ritenga che siano intervenute nuove circostanze che possono influire sul risultato della valutazione dei rischi in base alla quale è stata presa la decisione o si disponga di nuovi dati tecnici o scientifici pertinenti, egli può chiedere alla parte o, se del caso, alla non parte importatrice di riesaminare una decisione da essa adottata per quanto riguarda la notifica di cui all'articolo 10 del protocollo.2. Qualora una parte o non parte importatrice non risponda a tale richiesta entro 90 giorni, l'esportatore invia un sollecito scritto all'autorità competente della parte o, se del caso, della non parte importatrice, con copia al segretariato, con la richiesta di una risposta entro un determinato periodo a decorrere dalla data in cui è stato ricevuto il sollecito.Articolo 8Eccezioni alla sezione 1 di questo capo1. Gli OGM destinati ad essere rilasciati deliberatamente nell'ambiente, che in una decisione della conferenza delle parti della convenzione nella sua funzione di riunione delle parti contraenti del protocollo sono stati identificati come privi di effetti negativi per la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità, tenendo conto anche dei rischi per la salute umana, non rientrano nel campo di applicazione della sezione 1 di questo capo.2. La sezione 1 di questo capo non si applica agli OGM destinati all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale, o alla lavorazione.3. Gli obblighi di cui alla sezione 1 di questo capo non si applicano se la parte importatrice ha dichiarato preventivamente al BCH, in conformità dell'articolo 13, paragrafo 1, lettera b), e dell'articolo 14, paragrafo 3, del protocollo, che dette importazioni di OGM sono esentate dalla procedura di previo consenso informato di cui agli articoli da 7 a 10, agli articoli 12 e 14 del protocollo purché si applichino misure adeguate che ne garantiscono il movimento transfrontaliero intenzionale sicuro, conformemente agli obiettivi del protocollo.Sezione 2 OGM destinati all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale o alla lavorazioneArticolo 9Informazioni al BCH1. A nome della Comunità la Commissione o, se del caso, lo Stato membro che ha preso la decisione, informa il BCH e altre parti attraverso il BCH di tutte le decisioni definitive concernenti l'uso, compresa l'immissione in commercio, all'interno della Comunità, o l'uso all'interno di uno Stato membro, di un OGM che può essere oggetto di movimenti transfrontalieri in quanto destinato all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale o alla lavorazione. L'informazione è trasmessa al BCH entro quindici giorni dalla data di adozione della decisione.Il presente paragrafo non si applica alle decisioni riguardanti l'emissione deliberata ai sensi della parte B della direttiva 2001/18/CE, di OGM non destinati all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale o alla lavorazione in un paese terzo senza una decisione successiva.2. Le informazioni, di cui al paragrafo 1, e trasmesse al BCH contengono almeno le informazioni indicate nell'allegato II.3. La Commissione, o lo Stato membro di cui al paragrafo 1 tratta le richieste di ulteriori informazioni concernenti le decisioni di cui al paragrafo 1, presentate da una parte o una non parte.4. Copia scritta delle informazioni previste ai paragrafi 1, 2 e 3 è inviata, dalla Commissione o dallo Stato membro di cui al paragrafo 1, al punto focale di ciascuna parte che abbia preventivamente informato il segretariato di non poter accedere al BCH.Articolo 10Decisioni nazionali delle parti e non parti circa le importazioni1. L'esportatore rispetta qualsiasi decisione circa l'importazione di OGM destinati all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale, o alla lavorazione, presa da una parte in conformità dell'articolo 11, paragrafo 4, del protocollo o da una non parte importatrice nel quadro della normativa nazionale, purché sia coerente con l'obiettivo del protocollo.2. Qualora una parte o una non parte importatrice che sia un paese in via di sviluppo o un paese ad economia in transizione abbia dichiarato attraverso il BCH che adotterà una decisione prima di effettuare l'importazione di uno specifico OGM destinato all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale, o alla lavorazione, conformemente all'articolo 11, paragrafo 6, del protocollo, l'esportatore non procede alla prima esportazione di tale OGM se non sono state seguite le procedure stabilite da detta disposizione.3. La mancata accusa di ricevuta della notifica o la mancata comunicazione della decisione secondo il paragrafo 2 da parte della parte o della non parte importatrice non implica il consenso o il rifiuto di quest'ultima ad importare un organismo geneticamente modificato destinato all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale, o alla lavorazione. Non può essere esportato nessun OGM che può essere oggetto di movimenti transfrontalieri finalizzati all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale o alla lavorazione, a meno che non sia stato autorizzato all'interno della Comunità o l'autorità competente di un paese terzo non abbia espressamente acconsentito all'importazione come previsto all'articolo 12 del regolamento (CE) n. 178/2002.Sezione 3 OGM destinati ad uso confinatoArticolo 111. Le norme di cui al capo II, sezione 1, non si applicano ai movimenti transfrontalieri di OGM destinati ad uso confinato qualora detti movimenti transfrontalieri siano effettuati nel rispetto delle norme della parte o della non parte importatrice.2. Il paragrafo 1 non pregiudica il diritto di una parte o di una non parte di sottoporre tutti gli OGM ad una valutazione del rischio prima delle decisioni relative all'importazione e a fissare norme per l'uso confinato nell'ambito della propria giurisdizione.Sezione 4 Disposizioni generaliArticolo 12Identificazione e documentazione di accompagnamento1. Gli esportatori si adoperano affinché le seguenti informazioni siano presenti in un documento di accompagnamento dell'OGM e siano trasmesse all'importatore cui esso è destinato:a) il fatto che contiene o è costituito da OGM;b) il codice o i codici di identificazione esclusivi attribuiti all'OGM in questione, ove esistano.2. Per gli OGM destinati all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale, o alla lavorazione, le informazioni di cui al paragrafo 1 sono integrate da una dichiarazione dell'esportatore:a) che specifica che gli OGM sono destinati all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale, o alla lavorazione, e indica chiaramente che non sono destinati all'immissione deliberata nell'ambiente; eb) che fornisce dettagli sul punto di contatto per ulteriori informazioni.Il paragrafo 1, lettera b), non si applica ai prodotti che contengono o sono costituiti da OGM destinati all'uso diretto ed esclusivo nell'alimentazione umana o animale, o alla lavorazione. Tali prodotti sono soggetti alle disposizioni in materia di tracciabilità contenute nella direttiva 2001/18/CE, e, se applicabili, alle disposizioni della futura normativa comunitaria in materia di tracciabilità, etichettatura e identificazione di siffatti OGM.3. Per gli OGM destinati ad uso confinato, le informazioni di cui al paragrafo 1 sono integrate da una dichiarazione dell'esportatore che specifica:a) eventuali requisiti relativi alla manipolazione, all'immagazzinamento, al trasporto e all'uso sicuri di tali OGM;b) il punto di contatto per ulteriori informazioni, compresi il nome e l'indirizzo della persona o dell'istituzione cui gli OGM vengono consegnati.4. Per gli OGM destinati all'immissione deliberata nell'ambiente e qualsiasi altro OGM al quale si applica il presente regolamento, le informazioni di cui al paragrafo 1 sono integrate da una dichiarazione dell'esportatore che specifica:a) l'identità e i tratti e le caratteristiche rilevanti degli OGM;b) i requisiti relativi alla manipolazione, all'immagazzinamento, al trasporto e all'uso sicuri di tali OGM;c) il punto di contatto per ulteriori informazioni e, ove opportuno, il nome e l'indirizzo dell'importatore e dell'esportatore;d) la conferma della conformità del movimento ai requisiti previsti dal protocollo applicabili all'esportatore.5. I paragrafi da 1 a 4 lasciano impregiudicati altri requisiti specifici imposti dalla normativa comunitaria e requisiti internazionali in materia di identificazione che devono essere elaborati in conformità dell'articolo 18 del protocollo.Articolo 13TransitoL'esportatore provvede affinché le parti che hanno deciso di regolamentare il transito di OGM nel proprio territorio e che hanno informato di tale decisione il BCH ricevano una notifica del transito di OGM.CAPO III MOVIMENTI TRANSFRONTALIERI NON INTENZIONALI DI OGMArticolo 141. Gli Stati membri adottano le misure adeguate per impedire i movimenti transfrontalieri non intenzionali di OGM.2. Non appena uno Stato membro viene a conoscenza del verificarsi nel territorio posto sotto la propria giurisdizione di un emissione di OGM che comporti o possa comportare un movimento transfrontaliero non intenzionale con possibili gravi conseguenze negative per la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità, tenendo conto anche dei rischi per la salute umana, è tenuto a:a) adottare le appropriate misure per informare il pubblico e a informarne immediatamente la Commissione, tutti gli altri Stati membri, gli Stati effettivamente o potenzialmente interessati dall'evento, il BCH ed eventualmente anche le organizzazioni internazionali pertinenti;b) interpellare senza indugio gli Stati effettivamente o potenzialmente interessati dall'evento per consentire loro di definire un'adeguata strategia di risposta e procedere agli interventi necessari, compresa l'adozione di misure di emergenza al fine di ridurre al minimo eventuali gravi conseguenze negative.3. Le informazioni di cui al paragrafo 2 contengono le informazioni indicate nell'allegato III.CAPO IV DISPOSIZIONI GENERALIArticolo 15Partecipazione alla procedura internazionale di informazione1. Fatta salva la protezione delle informazioni riservate conformemente alle disposizioni del protocollo gli Stati membri informano il BCH e la Commissione di quanto segue:a) la legislazione nazionale e gli orientamenti che riguardano l'attuazione del protocollo, ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 5 e dell'articolo 20, paragrafo 3, lettera a), del protocollo;b) i punti di contatto nazionali cui trasmettere la notifica di movimenti transfrontalieri non intenzionali ai sensi dell'articolo 17 del protocollo;c) eventuali accordi o convenzioni bilaterali, regionali e multilaterali sui movimenti transfrontalieri intenzionali di OGM cui lo Stato membro abbia aderito, ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 3, lettera b), del protocollo;d) eventuali informazioni sui casi di movimenti transfrontalieri non intenzionali o illeciti che li riguardano, ai sensi dell'articolo 17 e dell'articolo 25 del protocollo;e) eventuali decisioni definitive prese da uno Stato membro circa l'uso di OGM all'interno dello Stato stesso, comprese le decisioni riguardanti:- l'uso confinato, classificato nella classe di rischio 3 o 4, di OGM eventualmente soggetti a movimenti transfrontalieri,- l'emissione deliberata di OGM ai sensi della parte B della direttiva 2001/18/CE o- l'importazione di OGM nella Comunità,in conformità dell'articolo 11 e dell'articolo 20, paragrafo 3, lettera d), del protocollo, entro 15 giorni dall'adozione della decisione;f) sintesi delle valutazioni dei rischi o analisi degli effetti ambientali degli OGM, prodotte nell'ambito del processo normativo della Comunità ed effettuate conformemente all'articolo 15 del protocollo, oltre che, se del caso, informazioni pertinenti ai prodotti derivati da OGM, ossia materiali lavorati che hanno origine da OGM, contenenti nuove combinazioni identificabili di materiale genetico replicabile ottenuto mediante le moderne biotecnologie, in conformità dell'articolo 20, paragrafo 3, lettera c), del protocollo;g) eventuali revisioni delle decisioni nazionali concernenti movimenti transfrontalieri non intenzionali, in conformità dell'articolo 12 del protocollo;h) eventuali decisioni prese da uno Stato membro sulle misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE o misure di emergenza prese da uno Stato membro a norma della legislazione comunitaria relativa agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati.2. Conformemente alle disposizioni del protocollo, la Commissione informa a nome della Comunità il BCH di quanto segue:a) la normativa comunitaria e gli orientamenti che riguardano l'attuazione del protocollo, in conformità dell'articolo 11, paragrafo 5 e dell'articolo 20, paragrafo 3, lettera a), del protocollo stesso;b) eventuali accordi o convenzioni bilaterali, regionali e multilaterali sottoscritti dalla Comunità che riguardano i movimenti transfrontalieri intenzionali di OGM, in conformità dell'articolo 20, paragrafo 3, lettera b), del protocollo;c) eventuali decisioni definitive prese a livello comunitario inerenti all'uso intracomunitario di OGM, comprese le decisioni relative all'immissione sul mercato o all'importazione di OGM, in conformità dell'articolo 11 e dell'articolo 20, paragrafo 3, lettera d), del protocollo;d) sintesi delle valutazioni dei rischi o analisi degli effetti ambientali degli OGM, prodotte nell'ambito del processo normativo della Comunità ed effettuate nel rispetto di procedure analoghe a quelle illustrate nell'allegato II della direttiva 2001/18/CE, oltre che, se del caso, informazioni pertinenti ai prodotti derivati da OGM, ossia materiali lavorati che hanno origine da OGM, contenenti nuove combinazioni identificabili di materiale genetico replicabile ottenuto mediante le moderne biotecnologie, in conformità dell'articolo 20, paragrafo 3, lettera c), del protocollo;e) eventuali revisioni delle decisioni prese a livello comunitario concernenti movimenti transfrontalieri intenzionali, in conformità dell'articolo 12 del protocollo;f) l'applicazione di atti legislativi comunitari in luogo delle procedure previste dal protocollo per i movimenti intenzionali di OGM all'interno della Comunità e per le importazioni di OGM nella Comunità, in conformità dell'articolo 14, paragrafi 3 e 4, del protocollo;g) le relazioni trasmesse a norma dell'articolo 19 del presente regolamento, comprese le relazioni sull'attuazione della procedura di previo consenso informato, in conformità dell'articolo 20, paragrafo 3, lettera e), del protocollo.Articolo 16Riservatezza1. La Commissione e gli Stati membri non comunicano a terzi le informazioni riservate ricevute o scambiate in base al presente regolamento.2. L'esportatore può indicare quali siano le informazioni contenute nella notifica effettuata in base all'articolo 4, che dovrebbero essere considerate riservate. In tali casi è fornita una giustificazione su richiesta.3. In nessun caso sono tenute riservate le seguenti informazioni, se presentate a norma degli articoli 4, 9 o 12:a) nome e indirizzo dell'esportatore e dell'importatore;b) descrizione generale dell'OGM o degli OGM;c) sintesi della valutazione dei rischi inerenti agli effetti sulla conservazione e sull'uso sostenibile della biodiversità, tenendo conto anche dei rischi per la salute umana; ed) metodi e piani per gli interventi di emergenza.4. Gli Stati membri e la Commissione sono tenuti a rispettare la riservatezza delle informazioni commerciali e industriali fornite anche in caso di ritiro, per qualsiasi motivo, della notifica da parte dell'esportatore, comprese le informazioni relative a ricerca e sviluppo e quelle sulla cui riservatezza la parte o non parte importatrice e l'esportatore non concordano.Articolo 17Autorità competenti e punti focali1. La Commissione designa un punto focale comunitario e, laddove opportuno, identifica le autorità competenti comunitarie.2. Ciascuno Stato membro designa il proprio punto focale e una o più autorità competenti. La funzione di punto focale e di autorità competente può essere affidata ad un unico ente.3. Ogni Stato membro e, a nome della Comunità, la Commissione comunicano rispettivamente al segretariato il nome e l'indirizzo dei propri punti focali e delle proprie autorità competenti, al più tardi alla data in cui il protocollo entra in vigore per essi. Qualora gli Stati membri o la Commissione designino più di un'autorità competente, nel comunicarlo al segretariato essi includono le pertinenti informazioni sulle rispettive competenze delle proprie autorità. Se di pertinenza tali informazioni specificano almeno di quale tipo di OGM è responsabile ciascuna autorità competente. La Commissione e gli Stati membri comunicano immediatamente al segretariato eventuali cambiamenti concernenti la designazione dei propri punti focali e o il nome e l'indirizzo o le funzioni della o delle proprie autorità competenti.Articolo 18SanzioniGli Stati membri dispongono in materia di sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle disposizioni del presente regolamento e adottano le misure necessarie per garantirne l'effettiva applicazione. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e a carattere dissuasivo. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro il 5 novembre 2004 e comunicano immediatamente eventuali successive modifiche in proposito.Articolo 19Sorveglianza e obbligo di relazione1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione a scadenze regolari, e almeno ogni tre anni se non altrimenti stabilito, ai sensi dell'articolo 33 del protocollo, una relazione sull'attuazione del presente regolamento.2. A scadenze stabilite dalla conferenza delle parti della convenzione nella sua funzione di riunione delle parti contraenti del protocollo, la Commissione stila una relazione basandosi sulle informazioni comunicate dagli Stati membri e la presenta alla conferenza delle parti della Convenzione nella sua funzione di riunione delle parti contraenti del protocollo.Articolo 20Entrata in vigore1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.2. Il presente regolamento si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del protocollo, ai sensi dell'articolo 37, paragrafo 1, del protocollo medesimo, ovvero dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, a seconda di quale delle date sia posteriore.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 15 luglio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteG. Tremonti(1) GU C 151 E del 25.6.2002, pag. 121.(2) GU C 241 del 7.10.2002, pag. 62.(3) GU C 278 del 14.11.2002, pag. 31.(4) Parere del Parlamento europeo del 24 settembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 4 marzo 2003 (GU C 107 E del 6.5.2003, pag. 1), decisione del Parlamento europeo del 4 giugno 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 16 giugno 2003.(5) GU L 201 del 31.7.2002, pag. 48.(6) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1.(7) GU L 319 del 12.12.1994, pag. 7. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/28/CE della Commissione (GU L 90 dell'8.4.2003, pag. 45).(8) GU L 235 del 17.9.1996, pag. 25. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/29/CE della Commissione (GU L 90 dell'8.4.2003, pag. 47).(9) Direttiva 90/219/CEE del Consiglio del 23 aprile 1990 sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (GU L 117 dell'8.5.1990, pag. 1). Direttiva modificata dal ultimo dalla decisione 2001/204/CE (GU L 73 del 15.3.2001, pag. 32).(10) Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per gli alimenti e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1).ALLEGATO IINFORMAZIONI PRESCRITTE PER LA NOTIFICA AI SENSI DELL'ARTICOLO 4a) Nome, indirizzo e dati completi dell'esportatore.b) Nome, indirizzo e dati completi dell'importatore.c) Nome e identità dell'OGM ed eventuale classificazione del livello di biosicurezza dell'OGM secondo il sistema nazionale del paese esportatore.d) Data o date in cui avrà luogo il movimento transfrontaliero, se note.e) Tassonomia, nome comune, punto di raccolta o di acquisizione e caratteristiche dell'organismo ricevente o degli organismi parentali relative alla biosicurezza.f) Se noti, centri di origine e di diversità genetica dell'organismo ricevente e/o degli organismi parentali e descrizione degli habitat in cui gli organismi potrebbero permanere o proliferare.g) Tassonomia, nome comune, punto di raccolta o di acquisizione e caratteristiche dell'organismo o degli organismi donatori relative alla biosicurezza.h) Descrizione della sequenza nucleica o delle modifiche introdotte, della tecnica utilizzata e delle caratteristiche ottenute nell'OGM.i) Destinazione dell'OGM o dei prodotti che ne derivano, ossia materiali lavorati che hanno origine da OGM e che contengono nuove combinazioni identificabili di materiale genetico replicabile ottenuto con le tecniche di cui all'allegato I A, parte 1, della direttiva 2001/18/CE.j) Quantità o volume dell'OGM soggetto a movimento transfrontaliero.k) Precedente relazione sulla valutazione dei rischi conforme ai requisiti dell'allegato II della direttiva 2001/18/CE.l) Soluzioni suggerite ai fini della sicurezza in riferimento a: trattamento, stoccaggio, trasporto, uso, imballaggio, etichettatura, documentazione di accompagnamento, smaltimento e procedure contingenti, se del caso.m) Regolamentazione dell'OGM in base alla normativa del paese esportatore (ad es. eventuali divieti, restrizioni o autorizzazioni all'emissione a scopi generali); ragioni dell'eventuale divieto nel paese esportatore.n) Implicazioni e scopo di eventuali notifiche dell'esportatore ad altri paesi concernenti l'OGM soggetto a movimento transfrontaliero.o) Dichiarazione che attesti la veridicità delle informazioni fornite.ALLEGATO IIINFORMAZIONI PRESCRITTE AI SENSI DELL'ARTICOLO 9a) Nome e dati completi del richiedente la decisione di autorizzazione ad uso interno.b) Nome e dati completi dell'autorità cui spetta la decisione.c) Nome e identità dell'OGM.d) Descrizione della modificazione genetica, della tecnica utilizzata e delle caratteristiche ottenute nell'OGM.e) Eventuale elemento di identificazione esclusiva dell'OGM.f) Tassonomia, nome comune, punto di raccolta o di acquisizione e caratteristiche dell'organismo ricevente o degli organismi parentali relative alla biosicurezza.g) Se noti, centri di origine e di diversità genetica dell'organismo ricevente e/o degli organismi parentali e descrizione degli habitat in cui gli organismi potrebbero permanere o proliferare.h) Tassonomia, nome comune, punto di raccolta o di acquisizione e caratteristiche dell'organismo o degli organismi donatori relative alla biosicurezza.i) Impieghi approvati per l'OGM.j) Relazione sulla valutazione dei rischi conforme all'allegato II della direttiva 2001/18/CE.k) Soluzioni suggerite ai fini della sicurezza in riferimento a: trattamento, stoccaggio, trasporto, uso, imballaggio, etichettatura, documentazione di accompagnamento, smaltimento e procedure contingenti, se del caso.ALLEGATO IIIINFORMAZIONI PRESCRITTE AI SENSI DELL'ARTICOLO 14a) Dati disponibili sulle quantità stimate e sulle caratteristiche e/o i tratti principali dell'OGM.b) Informazioni sulle circostanze e sulla data probabile dell'emissione oltre che sull'uso dell'OGM nel paese di origine.c) Dati disponibili concernenti gli eventuali effetti negativi sulla conservazione e sull'uso sostenibile della biodiversità, tenendo conto anche dei rischi per la salute umana; informazioni sulle eventuali misure di gestione dei rischi.d) Altre informazioni eventualmente disponibili.e) Punto di contatto per ottenere ulteriori informazioni. | Esportazione di organismi geneticamente modificati verso i paesi terzi
SINTESI
CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO?
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Mira ad attuare alcuni punti del protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici. Questo perché alcuni organismi geneticamente modificati* (OGM) possono avere effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana.
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Per garantire un adeguato livello di protezione, il regolamento crea un sistema di notifica e di scambio di informazioni sulle esportazioni di OGM verso i paesi terzi.
PUNTI CHIAVE
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Il presente regolamento distingue tra OGM destinati all’emissione deliberata nell’ambiente (ovvero prove in campo, o per coltivare, importare o trasformare OGM in prodotti industriali) e OGM destinati all’alimentazione umana o animale, o alla lavorazione.
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Gli esportatori di OGM destinati all’emissione deliberata nell’ambiente devono inviare una notifica all’autorità nazionale competente del paese terzo importatore degli OGM (e inviarla nuovamente se non vi è alcuna risposta). La notifica deve contenere le informazioni di cui all’allegato I del presente regolamento. L’esportatore deve conservare tale notifica e la sua relativa accusa di ricevuta per cinque anni e trasmetterne una copia alle autorità nel proprio paese dell’Unione europea (UE) e alla Commissione europea.
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La Commissione europea o il paese dell’UE che ha preso la decisione notifica al centro di scambio di informazioni sulla biosicurezza (Biosafety Clearing House, BCH) qualsiasi decisione circa l’uso di OGM destinati all’alimentazione umana o alla trasformazione che possono essere soggetti a movimento transfrontaliero. La notifica deve contenere le informazioni di cui all’allegato II del presente regolamento. Questi OGM non possono essere oggetto di movimento transfrontaliero se non sono stati autorizzati nell’UE.
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Se un paese dell’UE viene a conoscenza di un’esportazione non intenzionale di OGM potenzialmente pericolosi, deve informare il pubblico, notificarlo alla Commissione europea e consultare il paese interessato, onde consentire di adottare le misure correttive necessarie.
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I paesi dell’UE devono presentare relazioni sull’applicazione del presente regolamento ogni tre anni.
CONTESTO
Nel 2000, l’UE e i suoi paesi hanno firmato il protocollo di Cartagena, inteso a garantire che i movimenti di OGM (in particolare tra paesi) non costituiscano un rischio per l’ambiente o la salute umana.
Successivamente, nel 2011, l’UE ha sottoscritto il protocollo addizionale di Nagoya-Kuala Lumpur, che spiega le norme e le procedure internazionali del protocollo di Cartagena in risposta ai danni causati da OGM provenienti da movimenti transfrontalieri.
TERMINE CHIAVE
* Organismi geneticamente modificati: organismi a cui è stata applicata la terapia genica. Ciò può mutarne artificialmente il corredo genetico, dando loro nuove proprietà (ad esempio, la resistenza della pianta a siccità, insetti o malattie). Dal momento che l’impatto a lungo termine degli OGM sulla salute umana e sull’ambiente restano in gran parte sconosciuti, l’UE assume un approccio precauzionale.
ATTO
Regolamento (CE) n. 1946/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, sui movimenti transfrontalieri degli organismi geneticamente modificati (GU L 287 del 5.11.2003, pagg. 1-10)
ATTI COLLEGATI
Decisione 2002/628/CE del Consiglio, del 25 giugno 2002, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Cartagena sulla biosicurezza (GU L 201 del 31.7.2002, pagg. 48-49)
Decisione 2013/86/UE del Consiglio, del 12 febbraio 2013, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo addizionale di Nagoya-Kuala Lumpur in materia di responsabilità e risarcimenti al protocollo di Cartagena sulla biosicurezza (GU L 46 del 19.2.2013, pagg. 1-3) | 13,852 | 568 |
32015D1208(02) | false | DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 24 novembre 2015
relativa al coordinamento delle iniziative dell’Unione e degli Stati membri tramite un meccanismo di coordinamento — lo strumento per la Turchia a favore dei rifugiati
(2015/C 407/07)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 210, paragrafo 2, e l’articolo 214, paragrafo 6,
considerando quanto segue:
(1)
La comunità internazionale sta affrontando una crisi senza precedenti relativa ai rifugiati, che richiede solidarietà, coesione ed efficienza. Le sfide sono comuni e le risposte devono essere coordinate.
(2)
Per la sua posizione geografica, la Turchia è un importante paese di accoglienza e di transito per i migranti, che entro la fine del 2015 ospiterà più di 2 milioni di richiedenti asilo e rifugiati, il numero più alto al mondo. La Turchia sta compiendo sforzi lodevoli per fornire massicci aiuti umanitari e sostenere un afflusso senza precedenti, in continuo aumento, di persone che cercano rifugio, e ha già speso più di 7 miliardi di EUR di risorse nazionali per affrontare questa crisi.
(3)
La Turchia e l’UE sono determinate ad agire in maniera concertata per sostenere e superare le attuali sfide. A questo scopo, un documento strategico che riflette l’intesa tra l’Unione europea e la Repubblica di Turchia volta a intensificare la loro cooperazione nell’assistenza ai siriani beneficiari di protezione temporanea e nella gestione dei flussi migratori, in un impegno coordinato per affrontare la crisi (qui di seguito: «il piano d’azione comune UE-Turchia»), approvato per referendum dalla Turchia il 15 ottobre 2015, si propone di affrontare la crisi dei rifugiati e la gestione della migrazione. Nelle conclusioni formulate lo stesso giorno, il Consiglio europeo valuta «positivamente il piano d’azione comune con la Turchia nel quadro di un programma di cooperazione globale basato su condivisione delle responsabilità, impegni reciproci e conseguimento di risultati» e dichiara che l’«UE e i suoi Stati membri sono pronti a rafforzare la cooperazione con la Turchia e a intensificare significativamente il loro impegno politico e finanziario entro il quadro stabilito».
(4)
Come previsto dal piano d’azione comune UE-Turchia, l’UE deve mobilitare nuove e sostanziose risorse finanziarie in maniera costante e adeguata per aiutare la Turchia ad affrontare le necessità emergenti e la sfida costituita dalla presenza dei siriani beneficiari di protezione temporanea. I fondi andrebbero mobilitati nel modo più flessibile e rapido possibile. Le priorità e i settori in cui i fondi devono essere assegnati devono essere stabiliti in consultazione con le autorità turche, fatta eccezione per le azioni che forniscono assistenza umanitaria immediata. Saranno considerate prioritarie l’assistenza umanitaria immediata, l’assistenza allo sviluppo e altre forme di assistenza fornite ai rifugiati e alle comunità di accoglienza, nonché alle autorità nazionali e locali per gestire e affrontare le conseguenze dell’afflusso di rifugiati.
(5)
I bilanci dell’Unione europea e degli Stati membri hanno mobilitato finora un totale di 3,6 miliardi di EUR dall’inizio del conflitto siriano (circa 1,6 miliardi di EUR a carico del bilancio dell’Unione e 2 miliardi di EUR a carico degli Stati membri), classificandosi così collettivamente come il maggior donatore del mondo nell’affrontare le conseguenze della crisi. Questa dotazione ha permesso di fornire assistenza umanitaria urgente e ha sostenuto le capacità nazionali e locali di erogare servizi alle persone colpite dalla crisi (istruzione, sanità, servizi di base quali l’acqua e lo smaltimento dei rifiuti, sostegno ai mezzi di sussistenza). Tuttavia, i vari strumenti dell’Unione europea e i programmi degli Stati membri funzionano parallelamente, tramite diversi canali bilaterali (agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni non governative, agenzie nazionali, governi dei paesi di accoglienza).
(6)
Il titolo III della parte quinta del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) riguarda fra l’altro la cooperazione allo sviluppo con i paesi terzi e l’aiuto umanitario. L’esercizio delle competenze dell’Unione in questi settori non ha per effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la loro competenza, a norma dell’articolo 4, paragrafo 4, del TFUE.
(7)
La Turchia figura come paese a reddito medio-alto nell’elenco dei paesi beneficiari dell’aiuto pubblico allo sviluppo stilato dal Comitato di aiuto allo sviluppo dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE).
(8)
In virtù dell’articolo 210, paragrafo 1, del TFUE, l’Unione e gli Stati membri coordinano le rispettive politiche e si concertano sui rispettivi programmi. Occorre pertanto incrementare la cooperazione. In virtù dell’articolo 210, paragrafo 2, e dell’articolo 214, paragrafo 6, del TFUE, la Commissione può prendere qualsiasi iniziativa utile a promuovere il coordinamento tra le azioni dell’Unione e quelle degli Stati membri, allo scopo di rafforzare l’efficacia e la complementarità dei dispositivi dell’Unione e dei dispositivi nazionali di aiuto umanitario.
(9)
L’obiettivo generale dello strumento per la Turchia è coordinare e razionalizzare le azioni finanziate dal bilancio dell’Unione e i contributi bilaterali degli Stati membri per rafforzare l’efficacia e la complementarità del sostegno fornito ai rifugiati e alle comunità che li ospitano in Turchia.
(10)
L’assistenza dell’UE e degli Stati membri permetterà di fornire una risposta complessiva commisurata alle sfide. Tale risposta dovrebbe contribuire ad attenuare le conseguenze dell’afflusso di rifugiati, sia per i rifugiati stessi che per la Turchia in quanto paese ospitante. Dovrebbe riunire i fondi e le iniziative dell’UE e quelli degli Stati membri per rispondere alle esigenze in maniera coordinata e globale.
(11)
Gli strumenti dell’UE attualmente usati per reagire alla crisi siriana, quali lo strumento europeo di vicinato (ENI) (1), lo strumento di cooperazione allo sviluppo (DCI) (2), lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) (3) e lo strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (IcSP) (4), e i finanziamenti previsti dal regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio relativo all’aiuto umanitario (5) possono contribuire allo strumento per la Turchia nei limiti stabiliti dal quadro finanziario pluriennale 2014-2020. Ogni forma di assistenza umanitaria a titolo dello strumento per la Turchia sarà gestita e fornita nel pieno rispetto dei principi umanitari e del consenso europeo sull’aiuto umanitario (6).
(12)
Le azioni e le misure a carico del bilancio dell’Unione saranno svolte conformemente alle sue norme e ai suoi regolamenti finanziari: ciò comprende sia la gestione diretta e indiretta, sia i fondi fiduciari dell’Unione, che fanno parte degli strumenti di attuazione previsti dall’articolo 4 del regolamento (UE) n. 236/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che stabilisce norme e procedure comuni per l’attuazione degli strumenti per il finanziamento dell’azione esterna dell’Unione (7).
(13)
La Commissione prende atto dell’intenzione espressa dagli Stati membri di fornire 2 500 000 000 EUR su un importo totale di 3 000 000 000 EUR. La Commissione invita gli Stati membri a impegnare formalmente le rispettive quote finanziarie secondo la ripartizione indicata nell’allegato, che si basa sulla chiave relativa al PIL.
(14)
La Commissione osserva che attualmente si registra un volume straordinario di «altre entrate» e dazi doganali, pari a 2 300 000 000 EUR, nel bilancio 2015; tali entrate sono dovute a un livello più alto di ammende incassate per violazione delle norme sulla concorrenza, a entrate dovute a investimenti e prestiti concessi, sanzioni, interessi di mora e dazi doganali superiori al previsto. Questo importo di 2 300 000 000 EUR fa parte del progetto di bilancio rettificativo 8/2015, recentemente adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Tali entrate straordinarie del bilancio 2015 saranno detratte dai contributi degli Stati membri al bilancio dell’UE.
(15)
I contributi finanziari degli Stati membri devono essere inclusi nel bilancio dell’Unione in qualità di entrate con destinazione specifica esterne ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (8),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Istituzione dello strumento per la Turchia a favore dei rifugiati
La presente decisione istituisce un meccanismo di coordinamento, lo strumento per la Turchia a favore dei rifugiati («lo strumento»), volto ad aiutare la Turchia ad affrontare le esigenze immediate in termini umanitari e di sviluppo dei rifugiati e delle loro comunità di accoglienza, nonché le esigenze manifestate dalle autorità nazionali e locali nel gestire e affrontare le conseguenze dell’afflusso di rifugiati.
Articolo 2
Obiettivi dello strumento
1. Lo strumento mira a coordinare e razionalizzare le azioni finanziate dal bilancio dell’Unione e i contributi bilaterali degli Stati membri.
2. Il suo obiettivo specifico è rafforzare l’efficienza e la complementarità del sostegno fornito ai rifugiati e alle comunità che li ospitano in Turchia.
3. La Commissione provvede affinché tutte le azioni intraprese nell’ambito degli strumenti di finanziamento esterno dell’Unione e le misure individuali degli Stati membri siano complementari a quelle coordinate nell’ambito dello strumento.
Articolo 3
Ambito di applicazione e forma di sostegno
1. La Commissione coordina le azioni dell’Unione e degli Stati membri stabilendo le priorità e coordinando l’allocazione delle risorse.
A tale scopo essa opera secondo il meccanismo di cui all’articolo 5 della presente decisione.
2. Tramite lo strumento viene coordinata l’assistenza umanitaria, l’assistenza allo sviluppo e altre forme di assistenza fornite ai rifugiati e alle comunità di accoglienza, nonché alle autorità nazionali e locali per gestire e affrontare le conseguenze dell’afflusso di rifugiati.
3. L’assistenza può assumere la forma di sovvenzioni, tranne se la natura del progetto da finanziare richiede un’altra forma di sostegno, in conformità dell’articolo 4 del regolamento (UE) n. 236/2014.
4. La Commissione assicura che la parità tra uomini e donne e l’integrazione della prospettiva di genere siano prese in considerazione e promosse nel corso delle varie fasi di attuazione dello strumento.
La Commissione adotta le misure necessarie per prevenire qualsiasi discriminazione fondata su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale ai fini dell’accesso ai progetti sostenuti dallo strumento.
Articolo 4
Coordinamento delle risorse nell’ambito dello strumento
1. Lo strumento coordina un importo di 3 000 000 000 EUR.
2. Dell’importo totale, 500 000 000 EUR sono forniti dal bilancio dell’UE, in funzione di singole decisioni di finanziamento a norma dell’articolo 84, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e conformemente alle disposizioni finanziarie e ai requisiti del rispettivo atto di base.
3. Sulla base dei contributi finanziari che si sono impegnati a versare, gli Stati membri forniscono un importo di 2 500 000 000 EUR, conformemente alla ripartizione stabilita nell’allegato della presente decisione.
Articolo 5
Comitato direttivo
1. Il comitato direttivo dello strumento formula orientamenti strategici sul coordinamento dell’assistenza da fornire.
È inoltre incaricato di sorvegliare in permanenza l’attuazione dello strumento.
Il comitato direttivo è composto da due rappresentanti della Commissione e un rappresentante di ciascuno degli Stati membri.
La Turchia partecipa al comitato direttivo con funzioni consultive, al fine di garantire il pieno coordinamento delle azioni sul terreno, fatta eccezione per le azioni che forniscono un’assistenza umanitaria immediata.
La Commissione presiede il comitato direttivo.
Occorre garantire che i rappresentanti degli Stati membri e della Commissione in seno al comitato non si trovino in una situazione di conflitto d’interessi ai sensi del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
2. La Commissione rimane responsabile della decisione finale relativa alla determinazione delle priorità, all’identificazione delle azioni e all’allocazione dei fondi, cercando comunque di ottenere un consenso laddove possibile.
3. Su proposta della Commissione, il comitato direttivo redige e adotta il proprio regolamento interno entro due mesi dalla data di adozione della presente decisione.
4. Al segretariato dello strumento provvedono i servizi della Commissione.
Articolo 6
Modalità di attuazione
1. La Commissione seleziona le azioni pertinenti e ne coordina l’attuazione, in particolare mediante un esame ex ante delle azioni proposte.
2. Sono considerate prioritarie le azioni che forniscono assistenza umanitaria immediata, assistenza allo sviluppo e altre forme di assistenza ai rifugiati e alle comunità di accoglienza, nonché alle autorità nazionali e locali per gestire e affrontare le conseguenze dell’afflusso di rifugiati.
Le autorità turche sono consultate su ogni azione diversa da quelle che forniscono assistenza umanitaria immediata.
La Commissione svolge regolarmente riunioni con le autorità competenti degli Stati membri e della Turchia.
3. Le azioni e le misure a carico del bilancio dell’Unione sono attuate in conformità delle sue disposizioni finanziarie e dei requisiti del rispettivo atto di base.
4. I contributi degli Stati membri diretti a finanziare azioni e misure selezionate e coordinate in conformità della presente decisione sono inclusi nel bilancio dell’Unione in qualità di entrate con disposizione specifica esterne ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012. Tali contributi finanziari sono eseguiti direttamente dalla Commissione, in virtù dell’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, o indirettamente, affidando compiti d’esecuzione del bilancio a entità di cui all’articolo 58, paragrafo 1, lettera c) del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, compresi organismi di diritto privato di uno Stato membro.
5. Le azioni che forniscono assistenza umanitaria immediata coordinate nell’ambito dello strumento sono selezionate ed eseguite secondo i principi sanciti dal Consenso europeo sull’aiuto umanitario.
Articolo 7
Visibilità
La Commissione informa in merito alle azioni sostenute dallo strumento e le promuove, al fine di garantirne la visibilità.
Articolo 8
Informazione, monitoraggio e valutazione
1. La Commissione informa regolarmente il Parlamento europeo e il Consiglio sull’attuazione dello strumento.
2. La Commissione riferisce annualmente al Parlamento europeo e al Consiglio in merito all’attuazione dello strumento.
3. Entro il 31 dicembre 2019 la Commissione svolge una valutazione dello strumento in pieno coordinamento con gli Stati membri.
Articolo 9
Disposizioni finali
1. Il presente strumento è istituito dal 1o gennaio 2016 per contributi finanziari a titolo degli esercizi finanziari 2016 e 2017. Entro il 21 dicembre 2015 gli Stati membri comunicano alla Commissione il calendario dei loro contributi, comprese le scadenze previste per i pagamenti del periodo 2016-2017.
2. Entro il 31 dicembre 2016 la Commissione riesamina la capacità finanziaria, la durata e la natura del finanziamento.
Fatto a Strasburgo, il 24 novembre 2015
Per la Commissione
Johannes HAHN
membro della Commissione
(1) Regolamento (CE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
(2) Regolamento (CE) n. 233/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 44).
(3) Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).
(4) Regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 1).
(5) GU L 163 del 2.7.1996, pag. 1.
(6) Dichiarazione comune del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione europea, «Consenso europeo sull’aiuto umanitario» (GU C 25 del 30.1.2008, pag. 1).
(7) GU L 77 del 15.3.2014, pag. 95.
(8) GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1.
ALLEGATO
Stato membro
1 % del reddito nazionale lordo
Chiave PIL
Contributo nazionale per lo strumento per la Turchia a favore dei rifugiati
Belgio
4 044 908 000
2,88 %
72 055 025,81 EUR
Bulgaria
412 388 025
0,29 %
7 346 181,86 EUR
Repubblica ceca
1 429 950 658
1,02 %
25 472 799,77 EUR
Danimarca
2 691 551 852
1,92 %
47 946 662,36 EUR
Germania
29 998 426 500
21,38 %
534 384 810,63 EUR
Estonia
195 941 500
0,14 %
3 490 455,12 EUR
Irlanda
1 605 484 000
1,14 %
28 599 708,83 EUR
Grecia
1 758 757 000
1,25 %
31 330 077,48 EUR
Spagna
10 723 591 000
7,64 %
191 027 490,92 EUR
Francia
21 697 735 000
15,46 %
386 518 273,19 EUR
Croazia
414 701 663
0,30 %
7 387 396,46 EUR
Italia
15 782 177 500
11,25 %
281 139 943,61 EUR
Cipro
162 048 000
0,12 %
2 886 684,40 EUR
Lettonia
245 937 500
0,18 %
4 381 071,93 EUR
Lituania
363 756 951
0,26 %
6 479 879,52 EUR
Lussemburgo
302 768 000
0,22 %
5 393 436,90 EUR
Ungheria
1 028 794 578
0,73 %
18 326 701,09 EUR
Malta
79 473 735
0,06 %
1 415 726,15 EUR
Paesi Bassi
6 589 010 000
4,70 %
117 375 051,69 EUR
Austria
3 201 701 000
2,28 %
57 034 337,54 EUR
Polonia
3 997 275 344
2,85 %
71 206 509,04 EUR
Portogallo
1 708 890 500
1,22 %
30 441 767,55 EUR
Romania
1 517 506 692
1,08 %
27 032 502,06 EUR
Slovenia
366 916 000
0,26 %
6 536 154,06 EUR
Repubblica slovacca
737 276 500
0,53 %
13 133 667,62 EUR
Finlandia
1 992 220 500
1,42 %
35 488 940,55 EUR
Svezia
4 301 727 510
3,07 %
76 629 947,27 EUR
Regno Unito
22 990 023 751
16,38 %
409 538 796,60 EUR
Totale
140 340 939 259
1
2 500 000 000,00 EUR | Strumento per la Turchia a favore dei rifugiati
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI?
La decisione C(2015) 9500 ha lo scopo di aiutare la Turchia ad affrontare l’afflusso di rifugiati* a conseguenza della crisi siriana, essendo la Turchia un importante paese di accoglienza e di transito per i migranti a causa della sua posizione geografica. Essa istituisce lo Strumento per la Turchia a favore dei rifugiati (lo «Strumento»). La decisione C(2016) 855 modifica la decisione C(2015) 9500, chiarendo gli ambiti di intervento, diversi dall’assistenza umanitaria, che lo strumento coordina, così come il ruolo e l’attività del comitato direttivo dello strumento. Essa modifica inoltre la ripartizione dei fondi tra il bilancio generale dell’UE e i contributi degli Stati membri. La decisione C(2017) 2293 modifica la decisione C(2015) 9500, chiarendo che non sono dovuti interessi per il ritardo dei pagamenti dei contributi allo strumento da parte di uno Stato membro. La decisione C(2018) 1500 modifica la decisione C(2015) 9500, concedendo un’ulteriore rata di tre miliardi di EUR per lo strumento, come stabilito nella dichiarazione UE - Turchia del marzo 2016.
PUNTI CHIAVE DELLA DECISIONE DEL 2015
Per aiutare la Turchia a far fronte alle esigenze sia umanitarie immediate sia di sviluppo dei rifugiati, alle loro comunità di accoglienza, alle autorità nazionali e locali, è istituito un meccanismo di coordinamento: lo strumento per i rifugiati. L’obiettivo dello strumento è garantire che le azioni finanziate con i contributi finanziari degli Stati membri e del bilancio generale dell’UE siano adeguatamente coordinate e ottimizzate. L’importo previsto per lo strumento è di tre miliardi di EUR, così composto:0,5 miliardi di contributo dal bilancio dell’UE; e2,5 miliardi di EUR sotto forma di contributi degli Stati membri in qualità di entrate con destinazione specifica esterne*, secondo la ripartizione indicata nell’allegato alla decisione, che si basa sulla chiave relativa al reddito nazionale lordo*. La Commissione europea coordina lo strumento stabilendo le priorità per l’assegnazione dei fondi. Lo strumento è guidato da un comitato direttivo che fornisce orientamenti strategici. Questo comitato è composto da due rappresentanti della Commissione e da un rappresentante di ciascuno degli Stati membri, oltre che da un rappresentante della Turchia con funzioni consultive. La Commissione presiede il comitato direttivo e provvede al relativo segretariato. La Commissione è responsabile della gestione dello strumento in conformità con la normativa pertinente dell’Unione. Emendamenti del 2016, 2017 e 2018
La decisione è stata modificata nel 2016 dalla decisione C/2016/855:Il meccanismo è stato rinominato «Strumento per la Turchia a favore dei rifugiati». Essa chiarisce le tipologie di misure per i rifugiati che possono essere coordinate attraverso lo strumento. Esse comprendonoassistenza umanitaria;istruzione;salute;sostegno socio-economico;gestione delle migrazioni; einfrastrutture comunali. Il ruolo e il funzionamento del comitato direttivo sono ulteriormente dettagliati. Il bilancio dello strumento viene modificato come segue:all’interno del bilancio di tre miliardi di EUR, la quota del contributo del bilancio generale dell’UE è portata a un terzo;la quota degli Stati membri viene ridotta a due miliardi di EUR;la ripartizione dei contributi tra gli Stati membri si basa sulla chiave del reddito nazionale lordo utilizzata per il bilancio 2015 (l’allegato è stato soppresso). Poiché la decisione faceva ancora riferimento al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 relativo alle regole finanziarie relative al bilancio dell’Unione Europea, la decisione è stata modificata una seconda volta nel 2017 con la decisione C(2017) 2293. Essa chiarisce che:I contributi degli Stati membri allo strumento sono volontari e, a differenza delle risorse proprie dell’UE (vale a dire le principali fonti di entrate del bilancio dell’UE), non corrispondono a un obbligo preesistente; quale eccezione alle regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’UE, non è dovuto alcun interesse per il pagamento tardivo da parte di uno Stato membro di un contributo allo strumento. Nel 2018, la decisione è stata nuovamente modificata in seguito all’impegno dell’UE nella dichiarazione UE - Turchia del 2016 di mobilitare ulteriori tre miliardi di EUR a favore dello strumento per i rifugiati, a determinate condizioni, poiché i tre miliardi inizialmente stanziati stavano per essere esauriti. Questa seconda rata, per garantire la continuità del lavoro dello strumento per il periodo 2018-2019, seguirà lo stesso schema di distribuzione (vale a dire due miliardi di EUR da parte degli Stati membri e un miliardo di EUR dal bilancio dell’UE).
Relazioni
La Commissione pubblica relazioni annuali sulle attività dello strumento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione C(2015) 9500 si applica dal 1o gennaio 2016. La decisione C(2016) 855 si applica dal 7 marzo 2016. La decisione C(2017) 2293 viene applicata con effetto retroattivo dal 10 febbraio 2016, per coprire i contributi già versati dagli Stati membri. La decisione C(2018) 1500 si applica dal 14 marzo 2018.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Lo strumento dell’Unione europea per la Turchia a favore dei rifugiati (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Rifugiati: persone costrette a lasciare il loro paese e cercare rifugio da conflitti, violenze, violazioni dei diritti umani, persecuzioni e disastri naturali.
Entrate con destinazione specifica esterne: fondi che non fanno parte del bilancio dell’UE e che provengono separatamente dalle parti che partecipano allo strumento.
Chiave del reddito nazionale lordo: una matrice contenente i dati sul reddito nazionale lordo dei paesi, utilizzata per determinare un’equa ripartizione degli oneri.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione della Commissione C(2018)1500 del 14 marzo 2018 relativa allo strumento per i rifugiati in Turchia e recante modifica della decisione C(2015) 9500 della Commissione per quanto riguarda il contributo allo strumento per i rifugiati in Turchia (GU C 106 del 21.3.2018, pag. 4).
Comunicazione della commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Seconda relazione annuale sullo strumento per i rifugiati in Turchia, [COM(2018) 91 final, del 14.3.2018].
Decisione della Commissione C(2017) 2293 del 18 aprile 2017 relativa allo strumento per i rifugiati in Turchia e recante modifica della decisione C(2015) 9500 della Commissione del 24 novembre 2015 (GU C 122 del 19.4.2017, pag. 4).
Comunicazione della commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Prima relazione annuale sullo strumento per i rifugiati in Turchia, [COM(2017) 130 final del 2.3.2017].
Decisione della Commissione C(2016) 855 del 10 febbraio 2016 relativa allo strumento per i rifugiati in Turchia e recante modifica della decisione C(2015) 9500 della Commissione del 24 novembre 2015 (GU C 60 del 16.2.2016, pag. 3).
Decisione C(2015) 9500 della Commissione del 24 novembre 2015, relativa al coordinamento delle iniziative dell’Unione e degli Stati membri tramite un meccanismo di coordinamento — lo strumento per la Turchia a favore dei rifugiati (GU C 407 dell’8.12.2015, pag. 8).
Le modifiche successive alla decisione C(2015) 9500 sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha solo un valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE, Euratom) n 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 9,341 | 50 |
32010R0913 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 913/2010 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 22 settembre 2010
relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l’articolo 91,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
Nell’ambito della nuova strategia dell'Unione europea per la crescita e l’occupazione, la realizzazione di un mercato ferroviario interno, in particolare per il trasporto merci, è un elemento essenziale per conseguire l’obiettivo di una mobilità sostenibile.
(2)
La direttiva 91/440/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991, relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie (4) e la direttiva 2001/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2001, relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria (5), hanno rappresentato tappe importanti nella realizzazione del mercato ferroviario interno.
(3)
Per essere competitivi rispetto agli altri modi di trasporto, i servizi ferroviari nazionali e internazionali di trasporto merci, che sono stati aperti alla concorrenza dal 1o gennaio 2007, devono poter beneficiare di un’infrastruttura ferroviaria di buona qualità e sufficientemente finanziata, che garantisca, in particolare, la fornitura di servizi di trasporto merci in buone condizioni per quanto riguarda la velocità commerciale e i tempi di percorrenza e sia affidabile, ovverosia che il servizio fornito corrisponda effettivamente agli impegni contrattuali sottoscritti con gli operatori ferroviari.
(4)
Sebbene l’apertura del mercato del trasporto merci per ferrovia abbia permesso l’accesso di nuovi operatori alla rete del trasporto per ferrovia, i meccanismi di mercato non sono stati e non sono a tutt'oggi sufficienti per organizzare, disciplinare e rendere sicuro il traffico merci per ferrovia. Per usare al meglio la rete e assicurarne l'affidabilità è utile introdurre ulteriori procedure volte a rafforzare la cooperazione sulla ripartizione delle tracce ferroviarie internazionali per i treni merci tra i gestori dell'infrastruttura.
(5)
Viste queste premesse, la realizzazione di corridoi ferroviari internazionali per una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo sulla quale i treni merci possano circolare in buone condizioni e transitare agevolmente da una rete nazionale all’altra permetterebbe di migliorare le condizioni d'uso dell’infrastruttura.
(6)
Per realizzare corridoi ferroviari internazionali per una rete europea per un trasporto merci competitivo, le iniziative già adottate in materia di infrastruttura ferroviaria dimostrano che la realizzazione di corridoi internazionali rispondenti alle esigenze specifiche di uno o più segmenti del trasporto merci chiaramente identificati rappresenta il metodo più adatto.
(7)
Il presente regolamento, salvo altrimenti disposto, non dovrebbe pregiudicare i diritti e gli obblighi dei gestori dell'infrastruttura stabiliti nella direttiva 91/440/CEE e nella direttiva 2001/14/CE e, ove pertinente, degli organismi preposti all'assegnazione della capacità di cui all'articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2001/14/CE. Tali atti rimangono in vigore anche per quanto riguarda le disposizioni che disciplinano i corridoi merci.
(8)
La realizzazione di un corridoio merci dovrebbe tenere conto, se del caso, della necessità di migliori interconnessioni con le infrastrutture ferroviarie di paesi terzi europei.
(9)
La progettazione di corridoi merci dovrebbe essere finalizzata a garantire la continuità interna lungo i corridoi, attivando le interconnessioni necessarie tra le infrastrutture ferroviarie esistenti.
(10)
L'attivazione di corridoi ferroviari merci internazionali che formino una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo dovrebbe essere condotta in modo coerente con la rete transeuropea di trasporto (RTE-T) e/o con i corridoi del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario (ERTMS). A tal fine, è necessario lo sviluppo coordinato delle reti, in particolare per quanto riguarda l'integrazione dei corridoi internazionali per il trasporto ferroviario delle merci nella rete RTE-T esistente e nei corridoi ERTMS. Inoltre, è opportuno stabilire a livello di Unione regole armonizzate relative a tali corridoi merci. È opportuno incentivare i progetti intesi a ridurre la rumorosità dei treni merci. Se necessario, la realizzazione di tali corridoi dovrebbe essere sostenuta finanziariamente nel quadro dei programmi RTE-T, di ricerca e Marco Polo e di altre politiche e fondi dell'Unione, quali la Banca europea per gli investimenti, il Fondo europeo di sviluppo regionale o il Fondo di coesione, nonché la Banca europea per gli investimenti.
(11)
Nell’ambito di un corridoio merci è opportuno assicurare un buon coordinamento fra gli Stati membri e i gestori dell’infrastruttura interessati, assegnare una priorità sufficiente al traffico merci, istituire collegamenti efficaci ed adeguati con gli altri modi di trasporto e stabilire condizioni propizie allo sviluppo della concorrenza tra i fornitori di trasporto merci per ferrovia.
(12)
Oltre ai corridoi merci istituiti conformemente all'articolo 3, la realizzazione di altri corridoi merci dovrebbe essere esaminata e approvata a livello di Unione secondo una procedura e criteri trasparenti chiaramente definiti che lascino agli Stati membri e ai gestori dell’infrastruttura un margine di decisione e di gestione sufficiente perché possano tener conto delle iniziative in essere per i corridoi speciali, ad esempio ERTMS, RailNetEurope («RNE») e RTE-T, e adottare misure adeguate alle loro esigenze specifiche.
(13)
Al fine di incentivare il coordinamento fra gli Stati membri e i gestori dell’infrastruttura e assicurare continuità lungo il corridoio, è opportuno istituire una struttura di gestione appropriata per ciascun corridoio merci, tenendo conto della necessità di evitare duplicazioni con strutture di gestione già esistenti.
(14)
Al fine di rispondere alle esigenze del mercato, i metodi per la realizzazione di un corridoio merci dovrebbero essere presentati in un piano di attuazione che dovrebbe comprendere l’identificazione e il calendario della realizzazione delle misure suscettibili di migliorare le prestazioni del trasporto merci per ferrovia. Inoltre, per garantire che le misure previste o attuate per la realizzazione di un corridoio merci rispondano alle esigenze o alle aspettative di tutti gli utilizzatori del corridoio merci, i richiedenti che si prevede ne faranno uso devono essere consultati con regolarità, secondo procedure definite dal comitato di gestione.
(15)
Lo sviluppo di terminali per il trasporto merci intermodale dovrebbe essere considerato necessario per sostenere la realizzazione di corridoi merci ferroviari nell'Unione.
(16)
Al fine di assicurare la coerenza e la continuità delle capacità di infrastruttura disponibili lungo il corridoio merci, è opportuno coordinare gli investimenti a favore del corridoio fra gli Stati membri e i gestori dell’infrastruttura interessati nonché, ove opportuno, fra gli Stati membri e i paesi terzi europei, e pianificarli secondo modalità, purché economicamente sostenibili, che rispondano alle esigenze del corridoio merci. Il programma di realizzazione degli investimenti dovrebbe essere pubblicato per garantire la buona informazione dei candidati che possono operare lungo il corridoio. Gli investimenti dovrebbero includere progetti relativi allo sviluppo di sistemi interoperabili e all’aumento della capacità dei treni.
(17)
Per le stesse ragioni, tutti i lavori sull'infrastruttura e sulle relative attrezzature che limitino la capacità disponibile del corridoio merci dovrebbero essere coordinati a livello del corridoio merci ed essere oggetto di pubblicazioni aggiornate.
(18)
Al fine di agevolare le domande di capacità di infrastruttura per i servizi internazionali di trasporto merci per ferrovia, è opportuno designare o istituire uno sportello unico per ogni corridoio merci. A tal fine, è opportuno basarsi sulle iniziative esistenti, in particolare quelle avviate da RNE, un organismo che costituisce uno strumento di coordinamento dei gestori dell’infrastruttura e fornisce vari servizi alle imprese di trasporto merci internazionale.
(19)
La gestione dei corridoi merci dovrebbe altresì comprendere le procedure di assegnazione della capacità di infrastruttura per i treni merci internazionali che circolano su tali corridoi. Tali procedure dovrebbero riconoscere l'esigenza di capacità di altri tipi di trasporto, compreso il trasporto passeggeri.
(20)
Per assicurare un migliore uso dell'infrastruttura ferroviaria è necessario coordinare la gestione di tale infrastruttura e dei terminali strategici situati lungo il corridoio merci.
(21)
Le regole di priorità possono anche coincidere con gli obiettivi di priorità, secondo la situazione esistente nei rispettivi Stati membri.
(22)
In caso di perturbazione, i treni merci che circolano sul corridoio merci dovrebbero poter beneficiare, per quanto possibile, di puntualità sufficiente rispetto alle esigenze di tutti i tipi di trasporto.
(23)
Allo scopo di promuovere lo sviluppo della concorrenza tra i fornitori di servizi di trasporto merci per ferrovia lungo il corridoio merci, i richiedenti diversi dalle imprese ferroviarie o dai loro gruppi dovrebbero poter richiedere capacità di infrastruttura lungo i corridoi merci.
(24)
Al fine di valutare obiettivamente i benefici delle misure volte a realizzare il corridoio merci, è opportuno controllare le prestazioni dei servizi merci per ferrovia lungo il corridoio merci e pubblicare periodicamente relazioni sulla qualità. La valutazione delle prestazioni dovrebbe comprendere i risultati delle indagini sulla soddisfazione degli utilizzatori del corridoio merci.
(25)
Al fine di assicurare un accesso non discriminatorio ai servizi ferroviari internazionali, è necessario garantire un buon coordinamento fra gli organi di controllo riguardo alle varie reti comprese nel corridoio merci.
(26)
Per agevolare l'accesso alle informazioni sull’uso delle principali infrastrutture lungo il corridoio merci e assicurare un accesso non discriminatorio a tale corridoio, il comitato di gestione dovrebbe redigere, aggiornare periodicamente e rendere pubblico un documento che raccoglie tutte queste informazioni.
(27)
Poiché l’obiettivo del presente regolamento, segnatamente la realizzazione di una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo composta da corridoi merci, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito all’articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(28)
Per il coordinamento degli investimenti e la gestione delle capacità e del traffico è opportuno prevedere regole eque, fondate su una cooperazione fra i gestori dell’infrastruttura che devono fornire un servizio di qualità alle imprese di trasporto merci nel contesto di un corridoio ferroviario internazionale.
(29)
Poiché i treni internazionali devono percorrere itinerari che combinano più corridoi, nella definizione di cui al presente regolamento, i gestori dell'infrastruttura di più corridoi possono anche coordinare le loro attività in modo da assicurare, nei corridoi interessati, la disponibilità di capacità, fluidità di movimento e applicazione coerente delle regole di priorità ai diversi tipi di traffico in caso di perturbazione.
(30)
L’obiettivo del presente regolamento consiste nel migliorare l’efficienza del trasporto merci per ferrovia rispetto ad altre modalità di trasporto. Dovrebbe essere garantito il coordinamento fra gli Stati membri e i gestori dell'infrastruttura al fine di assicurare il più efficiente funzionamento possibile dei corridoi merci. A tal fine, parallelamente agli investimenti nelle infrastrutture e nelle attrezzature tecniche come l'ERTMS, è opportuno adottare misure operative intese a potenziare la capacità e l'efficienza del trasporto merci su ferrovia.
(31)
L'esecuzione delle norme sulla realizzazione e la modifica dei corridoi merci e sulle esenzioni concesse agli Stati membri deve avvenire in condizioni uniformi al fine di garantire la conformità delle proposte sulla realizzazione di corridoi merci ai criteri previsti dal presente regolamento e dovrebbe pertanto essere attribuita alla Commissione. Conformemente all'articolo 291 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione sono stabilite preventivamente mediante un regolamento adottato secondo la procedura legislativa ordinaria. In attesa dell'adozione di tale regolamento, continua ad applicarsi la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6), fatta eccezione per la procedura di regolamentazione con controllo, che non si applica,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
ASPETTI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce le regole per la realizzazione e l’organizzazione di corridoi ferroviari internazionali per un trasporto merci competitivo in vista dello sviluppo di una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo. Esso stabilisce le regole per la selezione, l’organizzazione e la gestione e la pianificazione indicativa degli investimenti dei corridoi merci.
2. Il presente regolamento si applica alla gestione e all’uso dell’infrastruttura ferroviaria compresa nei corridoi merci.
Articolo 2
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui all’articolo 2 della direttiva 2001/14/CE.
2. In aggiunta alle definizioni di cui al paragrafo 1, si intende per:
a)
«corridoio merci», l'insieme delle linee ferroviarie designate, comprese le linee ferrovia-traghetto, nel territorio degli Stati membri o tra Stati membri e, ove opportuno, paesi terzi europei, che collegano due o più terminali lungo un tracciato principale e, se del caso, rotte e sezioni alternative che li collegano, ivi compresi le infrastrutture ferroviarie e le relative attrezzature nonché i pertinenti servizi ferroviari, conformemente all'articolo 5 della direttiva 2001/14/CE;
b)
«piano di attuazione», il documento che presenta i mezzi e la strategia che le parti interessate intendono attuare per sviluppare, nel corso di un determinato periodo, le azioni necessarie e sufficienti per realizzare il corridoio merci;
c)
«terminale», l’impianto situato lungo il corridoio merci appositamente attrezzato per permettere di effettuare operazioni di carico e/o scarico di merci sui/dai treni merci e l’integrazione dei servizi ferroviari di merci con i servizi stradali, marittimi, fluviali e aerei, oppure la formazione o la modifica della composizione dei treni merci, e, ove necessario, l'espletamento di procedure frontaliere alle frontiere con paesi terzi europei.
CAPO II
PROGETTAZIONE E GESTIONE DEI CORRIDOI FERROVIARI INTERNAZIONALI PER UN TRASPORTO MERCI COMPETITIVO
Articolo 3
Designazione dei primi corridoi merci
Gli Stati membri di cui all'allegato rendono operativi entro le date ivi indicate i primi corridoi merci elencati nell'allegato. Gli Stati membri interessati informano la Commissione della realizzazione dei corridoi merci.
Articolo 4
Criteri per ulteriori corridoi merci
L'individuazione di ulteriori corridoi merci di cui all'articolo 5 e la modifica dei corridoi merci di cui all'articolo 6 tiene conto dei seguenti criteri:
a)
l'attraversamento da parte del corridoio merci del territorio di almeno tre Stati membri, o di due Stati membri se la distanza fra i terminali serviti dal corridoio è superiore a 500 km;
b)
la coerenza del corridoio merci con la RTE-T, i corridoi ERTMS e/o i corridoi definiti da RNE;
c)
l'integrazione dei progetti prioritari della rete RTE-T (7) nel corridoio merci;
d)
l'equilibrio fra costi e benefici socioeconomici risultanti dalla realizzazione del corridoio merci;
e)
la coerenza di tutti i corridoi merci proposti dagli Stati membri per realizzare una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo;
f)
lo sviluppo del traffico merci su ferrovia e dei principali flussi commerciali e mercantili lungo il corridoio merci;
g)
ove applicabile, migliori interconnessioni tra Stati membri e paesi terzi europei;
h)
l'interesse dei richiedenti per il corridoio merci;
i)
l'esistenza di buone interconnessioni con gli altri modi di trasporto, soprattutto mediante una rete adeguata di terminali, ivi inclusi i porti marittimi e di navigazione interna.
Articolo 5
Individuazione di ulteriori corridoi merci
1. Ciascuno Stato membro che ha una frontiera ferroviaria con un altro Stato membro partecipa alla realizzazione di almeno un corridoio merci, a meno che quest'obbligo non sia già stato assolto a norma dell'articolo 3.
2. Nonostante il paragrafo 1, su richiesta di uno Stato membro gli Stati membri partecipano alla realizzazione del corridoio merci di cui a tale paragrafo, o al prolungamento di un corridoio esistente, al fine di consentire a uno Stato membro limitrofo di assolvere l'obbligo che ad esso incombe a norma di tale paragrafo.
3. Fatti salvi gli obblighi degli Stati membri a norma dell'articolo 7 della direttiva 91/440/CEE, se uno Stato membro, previa presentazione di un'analisi socio-economica, ritiene che la realizzazione di un corridoio merci non sia nell'interesse dei richiedenti che si prevede lo utilizzeranno, o non apporti benefici socioeconomici rilevanti o comporti un onere sproporzionato, lo Stato membro interessato non è tenuto a partecipare ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo, con riserva di una decisione della Commissione che delibera conformemente alla procedura consultiva di cui all'articolo 21, paragrafo 2.
4. Uno Stato membro non è tenuto a partecipare ai sensi dei paragrafi 1 e 2 se dispone di una rete ferroviaria con uno scartamento diverso da quello della rete ferroviaria principale nell'Unione.
5. La realizzazione di un corridoio merci è proposta dagli Stati membri interessati. A tal fine, essi inviano di concerto alla Commissione una lettera d’intenti recante una proposta elaborata previa consultazione dei gestori dell’infrastruttura e dei richiedenti interessati e tenuto conto dei criteri di cui all'articolo 4.
Al fine di conformarsi all'obbligo di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri interessati trasmettono di concerto una lettera di intenti alla Commissione entro il 10 novembre 2012.
6. La Commissione esamina le proposte di realizzazione di un corridoio merci di cui al paragrafo 5 e, secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 21, paragrafo 3, adotta una decisione sulla conformità di una tale proposta al presente articolo entro nove mesi dalla presentazione della proposta.
7. Gli Stati membri interessati realizzano il corridoio merci entro due anni dalla decisione della Commissione di cui al paragrafo 6.
Articolo 6
Modifica degli ulteriori corridoi merci
1. I corridoi merci di cui all'articolo 5 possono essere modificati su proposta congiunta degli Stati membri interessati alla Commissione, previa consultazione dei gestori dell'infrastruttura e dei richiedenti interessati.
2. La Commissione adotta una decisione sulla proposta secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 21, paragrafo 3, tenuto conto dei criteri di cui all'articolo 4.
Articolo 7
Conciliazione
Qualora due o più Stati membri interessati non concordino circa la realizzazione o la modifica di un corridoio merci e riguardo all’infrastruttura ferroviaria situata sul loro territorio, la Commissione, su domanda di uno degli Stati membri interessati, consulta in materia il comitato di cui all’articolo 21. Il parere della Commissione è comunicato agli Stati membri interessati. Gli Stati membri interessati tengono conto di questo parere per trovare una soluzione e giungono ad una decisione di comune accordo.
Articolo 8
Gestione dei corridoi merci
1. Gli Stati membri interessati istituiscono, per ciascun corridoio merci, un comitato esecutivo incaricato di fissarne gli obiettivi generali, di assicurare la supervisione e di adottare le misure espressamente previste al paragrafo 7 del presente articolo, nonché agli articoli 9 e 11, all'articolo 14, paragrafo 1, e all'articolo 22. Il comitato esecutivo è composto di rappresentanti delle autorità degli Stati membri interessati.
2. I gestori dell'infrastruttura interessati e, se del caso, gli organismi preposti all'assegnazione della capacità di cui all'articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2001/14/CE istituiscono, per ciascun corridoio merci, un comitato di gestione incaricato di adottare le misure espressamente previste ai paragrafi 5, 7, 8 e 9 del presente articolo, agli articoli da 9 a 12, all'articolo 13, paragrafo 1, all'articolo 14, paragrafi 2, 6 e 9, all'articolo 16, paragrafo 1, all'articolo 17, paragrafo 1, e agli articoli 18 e 19 del presente regolamento. Il comitato di gestione è composto dai rappresentanti dei gestori dell'infrastruttura.
3. Gli Stati membri e i gestori dell’infrastruttura interessati da un corridoio merci cooperano in seno ai comitati di cui ai paragrafi 1 e 2, al fine di garantire lo sviluppo del corridoio merci conformemente al suo piano di attuazione.
4. Il comitato esecutivo adotta le proprie decisioni di comune accordo fra i rappresentanti delle autorità degli Stati membri interessati.
5. Il comitato di gestione adotta le proprie decisioni, ivi incluse le decisioni in merito alla propria personalità giuridica, all'instaurazione della propria struttura organizzativa, alle proprie risorse e al proprio personale, di comune accordo fra i gestori dell'infrastruttura interessati. Il comitato di gestione può essere un'entità giuridica indipendente. Esso può assumere la forma di un gruppo europeo di interesse economico ai sensi del regolamento (CEE) n. 2137/85 del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativo all'istituzione di un gruppo europeo di interesse economico (GEIE) (8).
6. Le competenze del comitato esecutivo e del comitato di gestione lasciano impregiudicata l'indipendenza dei gestori dell'infrastruttura prevista all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 91/440/CEE.
7. Il comitato di gestione istituisce un gruppo consultivo composto dai gestori e proprietari dei terminali del corridoio merci, compresi, se necessario, porti marittimi e di navigazione interna. Tale gruppo consultivo può emettere un parere sulle proposte presentate dal comitato di gestione che hanno conseguenze dirette sugli investimenti e la gestione dei terminali. Esso può altresì emettere pareri di propria iniziativa. Il comitato di gestione tiene conto di detti pareri. In caso di divergenze tra il comitato di gestione e il gruppo consultivo, quest'ultimo può rivolgersi al comitato esecutivo. Il comitato esecutivo agisce da mediatore e comunica tempestivamente la propria posizione. La decisione finale spetta tuttavia al comitato di gestione.
8. Il comitato di gestione istituisce un ulteriore gruppo consultivo composto da imprese ferroviarie interessate all'uso del corridoio merci. Detto gruppo consultivo può emettere un parere su qualsiasi proposta presentata dal comitato di gestione che abbia incidenze su tali imprese. Esso può altresì emettere pareri di propria iniziativa. Il comitato di gestione tiene conto di tutti questi pareri.
9. Il comitato di gestione provvede al coordinamento, conformemente ai piani nazionali ed europei di installazione, dell'impiego delle applicazioni IT interoperabili o di soluzioni alternative che possono rendersi disponibili in futuro per gestire le richieste di tracce ferroviarie internazionali e il funzionamento del traffico internazionale sul corridoio merci.
Articolo 9
Misure di attuazione del piano relativo al corridoio merci
1. Non oltre sei mesi prima di rendere operativo il corridoio merci, il comitato di gestione elabora un piano di attuazione e lo sottopone al comitato esecutivo per approvazione. Il piano comprende:
a)
una descrizione delle caratteristiche del corridoio merci, incluse le strozzature e il programma di misure necessarie per la realizzazione del corridoio merci;
b)
gli elementi essenziali dello studio di cui al paragrafo 3;
c)
gli obiettivi dei corridoi merci, segnatamente in termini di prestazioni del corridoio merci, espresse sotto forma di qualità di servizio e capacità del corridoio merci in conformità delle disposizioni dell’articolo 19;
d)
il piano degli investimenti di cui all’articolo 11; e
e)
le misure di attuazione delle disposizioni degli articoli da 12 a 19.
2. Il comitato di gestione riesamina periodicamente il piano di attuazione tenendo conto dell'evoluzione della sua attuazione, del mercato del trasporto merci per ferrovia lungo il corridoio e delle prestazioni misurate secondo gli obiettivi di cui al paragrafo 1, lettera c).
3. Il comitato di gestione esegue e aggiorna periodicamente uno studio sul mercato dei trasporti riguardante l'evoluzione del traffico registrata e prevista lungo il corridoio merci, come conseguenza della sua creazione, e inerente ai vari tipi di traffico, in relazione sia al trasporto merci che al trasporto passeggeri. Tale studio esamina, se necessario, anche i costi e i benefici socioeconomici derivanti dalla realizzazione del corridoio merci.
4. Il piano di attuazione tiene conto dello sviluppo dei terminali per rispondere alle esigenze del trasporto merci per ferrovia che circola lungo il corridoio merci, in particolare quali nodi intermodali lungo i corridoi merci.
5. Se del caso, il comitato di gestione adotta misure ai fini della cooperazione con le amministrazioni regionali e/o locali riguardo al piano di attuazione.
Articolo 10
Consultazione dei richiedenti
Il comitato di gestione instaura meccanismi di consultazione per favorire una partecipazione adeguata dei richiedenti che si prevede utilizzeranno il corridoio merci. Esso garantisce, in particolare, che i richiedenti siano consultati prima che il piano di attuazione di cui all'articolo 9 sia presentato al comitato esecutivo.
CAPO III
INVESTIMENTI NEL CORRIDOIO MERCI
Articolo 11
Programmazione degli investimenti
1. Il comitato di gestione elabora e riesamina periodicamente un piano degli investimenti, che comprende dettagli di investimenti infrastrutturali indicativi a medio e lungo termine nel corridoio merci, e lo sottopone al comitato esecutivo per approvazione. Il piano comprende:
a)
l'elenco dei progetti previsti per l’estensione, il rinnovo o la risistemazione delle infrastrutture ferroviarie e delle loro attrezzature lungo il corridoio merci e delle relative esigenze finanziarie e fonti di finanziamento;
b)
un piano di installazione relativo ai sistemi interoperabili lungo il corridoio merci, che soddisfi i requisiti essenziali e le specifiche tecniche di interoperabilità applicabili alla rete definiti dalla direttiva 2008/57/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario comunitario (9). Il piano di installazione si basa sull'analisi del rapporto costo/benefici dell'uso di sistemi interoperabili;
c)
un piano relativo alla gestione della capacità dei treni merci che possono circolare lungo il corridoio merci, che comprenda l'eliminazione delle strozzature individuate. Il piano può fondarsi sul miglioramento della gestione della velocità e sull'aumento della lunghezza, del profilo di carico e del carico trasportato o del carico per asse autorizzati per i treni che circolano lungo il corridoio; e
d)
ove pertinente, i riferimenti al contributo dell'Unione previsto a titolo di programmi di finanziamento dell'Unione.
2. L'applicazione del presente regolamento lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri riguardo alla pianificazione e al finanziamento delle infrastrutture ferroviarie.
Articolo 12
Coordinamento dei lavori
Il comitato di gestione coordina e provvede alla pubblicazione in un'unica sede, secondo modalità e calendario idonei, della programmazione di tutti i lavori sull'infrastruttura e sulle relative attrezzature che limitino la capacità disponibile del corridoio merci.
CAPO IV
GESTIONE DEL CORRIDOIO MERCI
Articolo 13
Sportello unico per le domande di capacità di infrastruttura
1. Il comitato di gestione di un corridoio merci designa o istituisce un organismo comune che permetta ai richiedenti di richiedere e ricevere risposte, in un'unica sede e con un'unica operazione, riguardo alla capacità di infrastruttura per i treni merci che attraversano almeno una frontiera lungo il corridoio merci (in prosieguo «sportello unico»).
2. Lo sportello unico, in quanto strumento di coordinamento, fornisce altresì informazioni di base sull'assegnazione della capacità di infrastruttura, comprese le informazioni di cui all'articolo 18. Esso presenta la capacità di infrastruttura disponibile al momento della richiesta e le sue caratteristiche conformemente a parametri predefiniti quali la velocità, la lunghezza, il profilo di carico o il carico per asse autorizzati per i treni che circolano lungo il corridoio.
3. Lo sportello unico adotta una decisione riguardo alle domande di tracce ferroviarie prestabilite di cui all'articolo 14, paragrafo 3, e di capacità di riserva di cui all'articolo 14, paragrafo 5. Esso assegna la capacità conformemente alle norme in materia di assegnazione di capacità di cui alla direttiva 2001/14/CE. Esso informa senza indugio i gestori dell'infrastruttura competenti in merito a tali domande e alla decisione adottata.
4. Per qualsiasi richiesta di capacità di infrastruttura che non possa essere soddisfatta a norma del paragrafo 3, lo sportello unico inoltra senza indugio la domanda di capacità di infrastruttura ai gestori dell'infrastruttura competenti e, ove pertinente, agli organismi preposti all'assegnazione della capacità di cui all'articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2001/14/CE, i quali decidono in merito a tale domanda in conformità dell'articolo 13 e del capo III di tale direttiva e comunicano tale decisione allo sportello unico per ulteriore trattamento.
5. Le attività dello sportello unico sono esercitate in maniera trasparente e non discriminatoria. A tal fine è tenuto un registro, messo gratuitamente a disposizione di tutti gli interessati. Vi figurano le date delle domande, i nomi dei richiedenti, i dettagli della documentazione fornita e di eventuali incidenti che si sono verificati. Tali attività sono sottoposte al controllo degli organismi di regolamentazione in conformità dell'articolo 20.
Articolo 14
Capacità assegnata ai treni merci
1. Il comitato esecutivo definisce il quadro relativo all'assegnazione della capacità di infrastruttura lungo il corridoio merci conformemente all'articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2001/14/CE.
2. Il comitato di gestione valuta la necessità di assegnare capacità ai treni merci che circolano sul corridoio merci, tenendo conto dello studio sul mercato dei trasporti e sul traffico di cui all'articolo 9, paragrafo 3, del presente regolamento, delle domande di capacità di infrastruttura connesse all'orario di servizio passato e presente e degli accordi quadro.
3. Sulla scorta della valutazione menzionata al paragrafo 2 del presente articolo, i gestori dell'infrastruttura del corridoio merci determinano e organizzano di concerto tracce ferroviarie internazionali prestabilite per i treni merci secondo la procedura di cui all'articolo 15 della direttiva 2001/14/CE, riconoscendo la necessità di capacità di altri tipi di trasporto, compreso il trasporto passeggeri. Essi facilitano i tempi di percorrenza, la frequenza, gli orari di partenza e di destinazione e gli itinerari adatti per i servizi di trasporto merci, al fine di incrementare il trasporto di merci su treni in circolazione sul corridoio merci. Tali tracce ferroviarie prestabilite sono pubblicate al massimo tre mesi prima del termine per la presentazione delle domande di capacità di cui all'allegato III della direttiva 2001/14/CE. I gestori dell'infrastruttura di più corridoi merci possono, se necessario, coordinare tracce ferroviarie internazionali prestabilite che offrono capacità nei corridoi merci in questione.
4. Tali tracce ferroviarie prestabilite sono assegnate in primo luogo ai treni merci che attraversano almeno una frontiera.
5. I gestori dell'infrastruttura, se lo giustificano la necessità del mercato e la valutazione di cui al paragrafo 2 del presente articolo, determinano di concerto la capacità di riserva per i treni merci internazionali che circolano sui corridoi merci, riconoscendo la necessità di capacità di altri tipi di trasporto, compreso il trasporto passeggeri, e lasciano tale riserva disponibile nell'orario di servizio definitivo, per permettere una risposta rapida ed adeguata alle richieste ad hoc di capacità di cui all'articolo 23 della direttiva 2001/14/CE. Tale capacità è tenuta in riserva fino al termine, precedente l'orario previsto, fissato dal comitato di gestione. Il termine non può essere superiore a sessanta giorni.
6. Il comitato di gestione promuove il coordinamento delle regole di priorità inerenti all'assegnazione di capacità nel corridoio merci.
7. I gestori dell'infrastruttura possono includere nelle condizioni di uso una tariffa per le tracce ferroviarie che sono assegnate ma alla fine non utilizzate. Il livello di tale tariffa è adeguato, dissuasivo ed efficace.
8. Salvo casi di forza maggiore, tra cui lavori urgenti e imprevisti per la messa in sicurezza, una traccia ferroviaria assegnata a un’operazione di traffico merci a norma del presente articolo non può essere annullata meno di due mesi prima dell’orario di servizio, se il richiedente interessato non dà il proprio consenso a tale annullamento. In tal caso, il gestore dell'infrastruttura interessato si adopera per proporre al richiedente una traccia ferroviaria di qualità e affidabilità equivalenti, che il richiedente ha diritto di accettare o rifiutare. La presente disposizione lascia impregiudicati eventuali diritti del richiedente in virtù dell'accordo di cui all'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2001/14/CE. Il richiedente può in ogni caso deferire la questione all’organismo di regolamentazione di cui all'articolo 20 del presente regolamento.
9. Il comitato di gestione del corridoio merci e i gruppi consultivi di cui all’articolo 8, paragrafo 7, istituiscono procedure per assicurare il coordinamento ottimale dell’assegnazione della capacità fra i gestori dell'infrastruttura, sia per le domande di cui all'articolo 13, paragrafo 1, sia per le domande presentate ai gestori dell'infrastruttura interessati. È tenuto altresì conto dell'accesso ai terminali.
10. Ai paragrafi 4 e 9 del presente articolo, i riferimenti ai gestori dell'infrastruttura includono, ove pertinente, gli organismi preposti all'assegnazione della capacità di cui all'articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2001/14/CE.
Articolo 15
Richiedenti autorizzati
In deroga all'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2001/14/CE, i richiedenti diversi dalle imprese ferroviarie o dai gruppi internazionali di cui fanno parte, quali caricatori, spedizionieri e operatori del trasporto combinato, possono richiedere tracce ferroviarie internazionali prestabilite di cui all'articolo 14, paragrafo 3, e la capacità di riserva di cui all'articolo 14, paragrafo 5. Per utilizzare tale traccia ferroviaria per il trasporto merci lungo il corridoio merci, i richiedenti in questione incaricano un'impresa ferroviaria di stipulare un accordo con il gestore dell'infrastruttura conformemente all'articolo 10, paragrafo 5, della direttiva 91/440/CEE.
Articolo 16
Gestione del traffico
1. Il comitato di gestione del corridoio merci istituisce procedure di coordinamento della gestione del traffico lungo il corridoio merci. Il comitato di gestione dei corridoi merci collegati istituisce procedure di coordinamento del traffico lungo tali corridoi merci.
2. I gestori dell’infrastruttura del corridoio merci e il gruppo consultivo di cui all’articolo 8, paragrafo 7, istituiscono procedure per assicurare il coordinamento ottimale fra l’esercizio dell’infrastruttura ferroviaria e i terminali.
Articolo 17
Gestione del traffico in caso di perturbazione
1. Il comitato di gestione adotta obiettivi comuni in termini di puntualità e/o orientamenti per la gestione del traffico in caso di perturbazione della circolazione ferroviaria nel corridoio merci.
2. Ciascun gestore dell'infrastruttura interessato stabilisce regole di priorità per la gestione tra i vari tipi di traffico nella parte dei corridoi merci di cui è responsabile secondo gli obiettivi comuni e/o gli orientamenti di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Tali regole di priorità sono pubblicate nel prospetto informativo della rete di cui all'articolo 3 della direttiva 2001/14/CE.
3. I principi per stabilire le regole di priorità prevedono almeno che non si modifichino, per quanto possibile, le tracce ferroviarie di cui all'articolo 14, paragrafi 3 e 4, assegnate ai treni merci che viaggiano puntualmente secondo l'orario di servizio. I principi per stabilire le regole di priorità mirano a ridurre al minimo il tempo di recupero complessivo sulla rete tenuto conto delle esigenze di tutti i tipi di trasporto. A tal fine, i gestori dell'infrastruttura possono coordinare la gestione tra i vari tipi di traffico lungo più corridoi merci.
Articolo 18
Informazioni sulle condizioni di utilizzo del corridoio merci
Il comitato di gestione redige, aggiorna periodicamente e pubblica un documento che riporta:
a)
tutte le informazioni contenute nel prospetto informativo delle reti nazionali che riguardano il corridoio merci, elaborato conformemente alla procedura di cui all’articolo 3 della direttiva 2001/14/CE;
b)
l’elenco e le caratteristiche dei terminali, in particolare le informazioni riguardanti le condizioni e modalità di accesso ai terminali;
c)
le informazioni concernenti le procedure di cui agli articoli da 13 a 17 del presente regolamento; e
d)
il piano di attuazione.
Articolo 19
Qualità del servizio lungo il corridoio merci
1. Il comitato di gestione del corridoio merci promuove la compatibilità fra i sistemi di prestazioni lungo il corridoio merci di cui all’articolo 11 della direttiva 2001/14/CE.
2. Il comitato di gestione monitora le prestazioni dei servizi di trasporto merci per ferrovia lungo il corridoio merci e pubblica i risultati del monitoraggio una volta all'anno.
3. Il comitato di gestione organizza un'indagine sulla soddisfazione degli utilizzatori del corridoio merci e ne pubblica i risultati una volta all'anno.
Articolo 20
Organismi di regolamentazione
1. Gli organismi di regolamentazione di cui all'articolo 30 della direttiva 2001/14/CE cooperano nel monitoraggio della concorrenza nel corridoio merci ferroviario. Essi assicurano, in particolare, l'accesso non discriminatorio al corridoio e fungono da organismo di ricorso ai sensi dell'articolo 30, paragrafo 2, di tale direttiva. Essi si scambiano le necessarie informazioni ottenute dai gestori dell'infrastruttura e da altri soggetti pertinenti.
2. Onde favorire la concorrenza libera e leale sui corridoi merci, gli Stati membri si adoperano per instaurare un livello comparabile di regolamentazione. Le autorità di regolamentazione sono facilmente accessibili per i partecipanti al mercato e sono in grado di adottare decisioni in modo indipendente ed efficace.
3. In caso di reclamo presentato ad un organismo di regolamentazione da un richiedente in materia di servizi internazionali di trasporto merci per ferrovia o nell’ambito di un’indagine avviata di propria iniziativa da parte di un organismo di regolamentazione, tale organismo consulta gli organismi di regolamentazione di tutti gli altri Stati membri attraversati dalla traccia ferroviaria internazionale per il trasporto merci in questione e chiede loro tutte le informazioni necessarie prima di prendere una decisione.
4. Gli organismi di regolamentazione consultati a norma del paragrafo 3 forniscono all'organismo di regolamentazione interessato tutte le informazioni che essi stessi hanno il diritto di chiedere in virtù della rispettiva legislazione nazionale. Tali informazioni possono essere usate soltanto ai fini della trattazione del reclamo o dell'indagine di cui al paragrafo 3.
5. L’organismo di regolamentazione che ha ricevuto il reclamo o che ha avviato l’indagine di propria iniziativa trasferisce le informazioni utili all’organismo di regolamentazione competente affinché questo adotti misure nei confronti dei soggetti interessati.
6. I rappresentanti associati dei gestori dell'infrastruttura di cui all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2001/14/CE, forniscono senza indugio tutte le informazioni necessarie ai fini della trattazione del reclamo o dell'indagine di cui al paragrafo 3 del presente articolo richieste dall'organismo di regolamentazione dello Stato membro in cui è ubicato il rappresentante associato. Detto organismo di regolamentazione è abilitato a trasferire le informazioni sulla traccia ferroviaria internazionale in questione agli organismi di regolamentazione di cui al paragrafo 3 del presente articolo.
CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 21
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato di cui all'articolo 11 bis della direttiva 91/440/CEE.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il termine stabilito dall’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 22
Controllo dell’attuazione
Ogni due anni a partire dalla realizzazione di un corridoio merci, il comitato esecutivo di cui all'articolo 8, paragrafo 1, presenta alla Commissione i risultati relativi all'attuazione del piano relativo a tale corridoio. La Commissione analizza tali risultati e informa il comitato di cui all’articolo 21 della sua analisi.
Articolo 23
Relazione
La Commissione esamina periodicamente l’applicazione del presente regolamento. Essa trasmette una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio, la prima volta entro il 10 novembre 2015, e successivamente ogni tre anni.
Articolo 24
Disposizioni transitorie
Il presente regolamento non si applica alla Repubblica di Cipro e a Malta fintantoché non è istituito un sistema ferroviario all'interno del loro territorio.
Articolo 25
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 22 settembre 2010.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
O. CHASTEL
(1) GU C 317 del 23.12.2009, pag. 94.
(2) GU C 79 del 27.3.2010, pag. 45.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 23 aprile 2009 (GU C 184 E dell'8.7.2010, pag. 354), posizione del Consiglio in prima lettura del 22 febbraio 2010 (GU C 114 E del 4.5.2010, pag. 1), posizione del Parlamento europeo del 15 giugno 2010 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 settembre 2010.
(4) GU L 237 del 24.8.1991, pag. 25.
(5) GU L 75 del 15.3.2001, pag. 29.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(7) Cfr. allegato III della decisione n. 661/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (GU L 204 del 5.8.2010, pag. 1).
(8) GU L 199 del 31.7.1985, pag. 1.
(9) GU L 191 del 18.7.2008, pag. 1.
ALLEGATO
Elenco dei primi corridoi merci
Stati membri
Tracciati principali (1)
Istituzione dei corridoi merci
1.
NL, BE, DE, IT
Zeebrugge-Anversa/Rotterdam-Duisburg-[Basilea]-Milano-Genova
Entro il 10 novembre 2013
2.
NL, BE, LU, FR
Rotterdam-Anversa-Lussemburgo-Metz-Digione-Lione/[Basilea]
Entro il 10 novembre 2013
3.
SE, DK, DE, AT, IT
Stoccolma-Malmö-Copenaghen-Amburgo-Innsbruck-Verona-Palermo
Entro il 10 novembre 2015
4.
PT, ES, FR
Sines-Lisbona/Leixões
—
Madrid-Medina del Campo/Bilbao/San Sebastian-Irun-Bordeaux-Parigi/Le Havre/Metz
Sines-Elvas/Algeciras
Entro il 10 novembre 2013
5.
PL, CZ, SK, AT, IT, SI
Gdynia-Katowice-Ostrava/Žilina-Bratislava/Vienna/Klagenfurt-Udine- Venezia/Trieste/Bologna/Ravenna/
Graz-Maribor-Lubiana-Capodistria/Trieste
Entro il 10 novembre 2015
6.
ES, FR, IT, SI, HU
Almería-Valencia/Madrid-Saragozza/Barcellona-Marsiglia-Lione-Torino-Milano-Verona-Padova/Venezia-Trieste/Capodistria-Lubiana-Budapest-Zahony (confine tra Ungheria e Ucraina)
Entro il 10 novembre 2013
7.
CZ, AT, SK, HU, RO, BG, EL
—
Bucharest-Costanza
Praga-Vienna/Bratislava-Budapest
—
Vidin-Sofia-Salonicco-Atene
Entro il 10 novembre 2013
8.
DE, NL, BE, PL, LT
Bremerhaven/Rotterdam/Anversa-Aquisgrana/Berlino-Varsavia-Terespol (confine tra Polonia e Bielorussia)/Kaunas
Entro il 10 novembre 2015
9.
CZ, SK
Praga-Horní Lideč-Žilina-Košice-Čierna nad Tisou- (confine tra Slovacchia e Ucraina)
Entro il 10 novembre 2013
(1) «/» indica tracciati alternativi. Coerentemente con i progetti prioritari RTE-T, i tracciati 4 e 6 dovrebbero essere completati in futuro dal progetto n. 16, l'asse ferroviario per il trasporto merci Sines/Algeciras-Madrid-Parigi che include l'attraversamento centrale dei Pirenei mediante un tunnel di bassa altitudine. | Una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo
Il presente regolamento fissa le regole relative alla realizzazione e all’organizzazione di corridoi ferroviari internazionali per un trasporto merci ferroviario competitivo, al fine di sviluppare una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo.
ATTO
Regolamento (UE) n. 913/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo.
SINTESI
Il presente regolamento mira a sviluppare una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo, fissando le norme per la realizzazione e l’organizzazione di corridoi ferroviari internazionali per un trasporto merci per ferrovia competitivo. L’allegato al presente regolamento, come modificato dal regolamento (UE) n. 1316/2013, istituisce i primi nove corridoi merci che i paesi interessati dell’Unione europea (UE) devono rendere operativi entro novembre 2013, novembre 2015 o novembre 2020.
I paesi UE istituiscono, per ciascun corridoio merci, un comitato esecutivo, composto di rappresentanti delle autorità dei paesi UE. I gestori dell’infrastruttura interessati devono istituire, per ciascun corridoio merci, un comitato di gestione, composto dai rappresentanti dei gestori dell’infrastruttura. Tale comitato di gestione dovrà elaborare un piano di attuazione che preveda un piano degli investimenti, le misure previste per la realizzazione del corridoio e gli elementi principali di uno studio sul mercato. Il comitato istituirà inoltre un gruppo consultivo composto dai gestori e proprietari dei terminali del corridoio merci, nonché un ulteriore gruppo consultivo composto da imprese ferroviarie interessate all’uso del corridoio merci.
Il comitato di gestione dovrà determinare e organizzare di concerto tracce ferroviarie internazionali prestabilite per i treni merci, per offrire tempi di percorrenza corrispondenti alle esigenze degli operatori del trasporto merci.
Il comitato di gestione istituirà o designerà un organismo comune per consentire ai richiedenti autorizzati di rivolgersi a un’unica sede per richiedere e ricevere risposte riguardo alla capacità di infrastruttura per i treni merci che attraversano almeno una frontiera lungo il corridoio merci. Tale sportello unico adotterà le decisioni riguardo alle domande di tracce ferroviarie prestabilite e di capacità di riserva per i treni merci internazionali. Qualsiasi domanda che non possa essere soddisfatta dallo sportello unico sarà inoltrata ai gestori dell’infrastruttura competenti, i quali decideranno in merito e comunicheranno la decisione allo sportello unico per l’ulteriore trattamento.
Saranno stabilite regole di priorità tra i vari tipi di traffico per i casi di perturbazione.
Sarà pubblicato un documento contenente tutte le informazioni necessarie relative all’uso del corridoio. Gli organismi di regolamentazione coopereranno e si scambieranno informazioni tra loro, in particolare nel caso di reclami.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (UE) n. 913/2010
9.11.2010
-
GU L 276 del 20.10.2010
Atto/i modificatore/i
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (UE) n. 1316/2013
21.12.2013
-
GU L 348 del 20.12.2013 | 15,629 | 1,365 |
32009R0401 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 401/2009 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
sull’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale
(versione codificata)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l’articolo 175,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 1210/90 del Consiglio, del 7 maggio 1990, sull’istituzione dell’Agenzia europea dell’ambiente e della rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale (3), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (4). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento.
(2)
Il trattato prevede lo sviluppo e l’attuazione di una politica comunitaria in materia ambientale ed enuncia gli obiettivi e i principi che dovrebbero guidare una simile politica.
(3)
Le esigenze connesse con la salvaguardia dell’ambiente costituiscono una componente delle altre politiche della Comunità.
(4)
A norma dell’articolo 174 del trattato, la Comunità deve, nel predisporre l’azione in materia ambientale, tener conto, tra l’altro, dei dati scientifici e tecnici disponibili.
(5)
La raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati ambientali a livello europeo sono necessarie per fornire informazioni oggettive, attendibili e comparabili che consentano alla Comunità e agli Stati membri di adottare le misure indispensabili alla protezione dell’ambiente, di valutarne l’attuazione e di garantire una efficace informazione del pubblico sullo stato dell’ambiente.
(6)
Già esistono nella Comunità e negli Stati membri organismi che forniscono tali informazioni e servizi.
(7)
A partire da tale base, è stata istituita una rete europea di informazione e osservazione in materia ambientale, di cui l’Agenzia europea per l’ambiente costituisce l’ente di coordinamento a livello comunitario.
(8)
I principi generali e i limiti che disciplinano l’esercizio del diritto di accesso ai documenti, previsto dall’articolo 255 del trattato, sono stati definiti dal regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (5).
(9)
L’Agenzia dovrebbe collaborare con le strutture esistenti a livello comunitario affinché la Commissione possa assicurare la piena applicazione della legislazione comunitaria in materia di ambiente.
(10)
Lo status giuridico e la struttura dell’Agenzia dovrebbero corrispondere al carattere oggettivo dei risultati che deve raggiungere e permettere lo svolgimento delle sue funzioni in stretta cooperazione con gli enti nazionali e internazionali esistenti.
(11)
L’Agenzia deve avere un’autonomia giuridica, pur mantenendo uno stretto rapporto con le istituzioni della Comunità e degli Stati membri.
(12)
È opportuno prevedere che l’Agenzia sia aperta ad altri paesi che condividono l’interesse della Comunità e degli Stati membri per i suoi obiettivi, in virtù di accordi che essi potranno concludere con la Comunità,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
1. Il presente regolamento istituisce l’Agenzia europea per l'ambiente, in prosieguo denominata «l’Agenzia», e ha lo scopo di attuare una rete europea di informazione e di osservazione in materia ambientale.
2. Per raggiungere gli scopi di protezione e di miglioramento dell’ambiente stabiliti nel trattato e nei successivi programmi di azione della Comunità in materia ambientale, così come lo sviluppo sostenibile, l’obiettivo dell’Agenzia europea dell’ambiente e della rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale è di fornire alla Comunità e agli Stati membri:
a)
informazioni oggettive, attendibili e comparabili a livello europeo che consentano di adottare le misure necessarie per la protezione dell’ambiente, di valutarne l’attuazione e di garantire una efficace informazione del pubblico sullo stato dell’ambiente e a tal fine;
b)
il supporto tecnico e scientifico necessario.
Articolo 2
Per raggiungere l’obiettivo stabilito all’articolo 1, i compiti dell’Agenzia sono i seguenti:
a)
istituire, in collaborazione con gli Stati membri, e coordinare la rete di cui all’articolo 4; a tal fine l’Agenzia provvede alla raccolta, al trattamento e all’analisi dei dati, in particolare nei settori di cui all’articolo 3;
b)
fornire alla Comunità e agli Stati membri le informazioni oggettive necessarie per formulare e attuare politiche ambientali oculate ed efficaci; a tale riguardo, fornire in particolare alla Commissione le informazioni necessarie perché possa svolgere i suoi compiti di individuazione, preparazione e valutazione delle attività e della legislazione in materia di ambiente;
c)
contribuire al controllo dei provvedimenti concernenti l’ambiente mediante un’appropriata attività di supporto per quanto riguarda l’obbligo di presentare relazioni, (anche partecipando alla messa a punto di questionari, al trattamento delle relazioni degli Stati membri e alla diffusione dei risultati), in base al suo programma pluriennale di lavoro e allo scopo di coordinare le relazioni;
d)
a loro richiesta, assistere i singoli Stati membri, qualora ciò sia conforme al suo programma di lavoro annuale, nella messa a punto, nell’elaborazione e nell’ampliamento dei rispettivi sistemi di controllo dei provvedimenti ambientali, purché siffatte attività non pongano in pericolo l’assorbimento degli altri compiti stabiliti dal presente articolo; tale assistenza può comprendere anche valutazioni condotte da esperti di pari competenza a seconda delle richieste specifiche degli Stati membri;
e)
registrare, collazionare e valutare dati sullo stato dell’ambiente, redigere relazioni di esperti sulla qualità e la sensibilità dell’ambiente nonché sulle pressioni cui è sottoposto nella Comunità, fornire criteri di valutazione uniformi in ordine ai dati ambientali, da applicare in tutti gli Stati membri, sviluppare ulteriormente e mantenere un centro di informazione ambientale di riferimento; la Commissione si serve di queste informazioni nell’ambito dei suoi compiti di garante dell’applicazione della normativa comunitaria in materia di ambiente;
f)
contribuire ad assicurare la comparabilità dei dati ambientali a livello europeo e, se necessario, promuovere con i mezzi adeguati una maggiore armonizzazione dei metodi di misurazione;
g)
promuovere l’integrazione delle informazioni ambientali europee nei programmi internazionali di sorveglianza dell’ambiente, così come definito nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e delle sue istituzioni specializzate;
h)
pubblicare ogni cinque anni una relazione sullo stato dell’ambiente, le relative tendenze e prospettive, completata dalla pubblicazione di statistiche incentrate su temi specifici;
i)
stimolare lo sviluppo e l’applicazione delle tecniche di previsione ambientale, in modo che si possano adottare adeguate misure preventive in tempo opportuno;
j)
stimolare lo sviluppo di metodi per valutare il costo dei danni all’ambiente e i costi delle politiche di prevenzione, di protezione e di risanamento dell’ambiente;
k)
stimolare lo scambio di informazioni sulle migliori tecnologie disponibili per prevenire o ridurre i danni all’ambiente;
l)
cooperare con gli organismi e con i programmi di cui all’articolo 15;
m)
assicurare un’ampia diffusione fra i cittadini di informazioni ambientali affidabili e paragonabili, in particolare sullo stato dell’ambiente, e incoraggiare l’utilizzazione della nuova tecnologia telematica a tal fine;
n)
assistere la Commissione nel processo di scambio di informazioni sull’elaborazione di metodologie delle valutazioni ambientali e migliori pratiche;
o)
assistere la Commissione nella diffusione di informazioni sui risultati della pertinente ricerca in campo ambientale, in una forma che meglio contribuisca all’elaborazione di politiche.
Articolo 3
1. I principali campi di attività dell’Agenzia includono, nella più ampia misura possibile, tutti gli elementi che permettono di acquisire le informazioni utili a descrivere lo stato attuale e prevedibile dell’ambiente dai seguenti punti di vista:
a)
la qualità dell’ambiente;
b)
le pressioni sull’ambiente;
c)
la sensibilità dell’ambiente;
anche nel contesto dello sviluppo sostenibile.
2. L’Agenzia fornisce i dati direttamente utilizzabili nell’attuazione della politica della Comunità in materia di ambiente.
È accordata la priorità ai seguenti settori di attività:
a)
qualità dell’aria ed emissioni atmosferiche;
b)
qualità dell’acqua, inquinanti e risorse idriche;
c)
stato dei suoli, della fauna e della flora nonché dei biotopi;
d)
utilizzazione del suolo e risorse naturali;
e)
gestione dei rifiuti;
f)
emissioni sonore;
g)
sostanze chimiche pericolose per l’ambiente;
h)
protezione del litorale e del mare.
Saranno compresi in particolare i fenomeni transfrontalieri, plurinazionali o globali.
Si deve altresì tener conto della dimensione socioeconomica.
3. L’Agenzia può inoltre cooperare allo scambio di informazioni con altri organismi, compresa la rete europea per l’attuazione e il rispetto del diritto dell’ambiente (la rete IMPEL).
Nelle sue azioni l’Agenzia evita doppioni con le attività già intraprese da altre istituzioni e altri organismi.
Articolo 4
1. La rete comprende:
a)
i principali elementi delle reti nazionali di informazione;
b)
punti focali nazionali;
c)
i centri tematici operativi.
2. Gli Stati membri tengono l’Agenzia informata dei principali elementi che compongono le rispettive reti nazionali d’informazione sull’ambiente in particolare nei settori prioritari di cui all’articolo 3, paragrafo 2 compresa qualsiasi istituzione che, a loro parere, potrebbe collaborare ai lavori dell’Agenzia, tenendo conto della necessità di garantire la copertura geografica più completa possibile del loro territorio.
Gli Stati membri, ove opportuno, collaborano con l’Agenzia e contribuiscono all’attività svolta dalla rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale in base al programma di lavoro dell’Agenzia mediante la raccolta, la collazione e l’analisi dei dati in ambito nazionale.
Gli Stati membri possono parimenti contribuire a cooperare nell’ambito di dette attività a livello transnazionale.
3. Gli Stati membri possono in particolare designare, tra le istituzioni di cui al paragrafo 2 o altre organizzazioni stabilite nel loro territorio, un «punto focale nazionale», incaricato, sul piano nazionale, del coordinamento e/o della trasmissione delle informazioni da fornire all’Agenzia, alle istituzioni o agli organismi facenti parte della rete compresi i centri tematici di cui al paragrafo 4.
4. Gli Stati membri possono parimenti individuare, entro il 30 aprile 1994, le istituzioni o altre organizzazioni stabilite nel loro territorio che potrebbero essere specificamente incaricate di cooperare con l’Agenzia per quanto riguarda determinati argomenti di interesse particolare.
Un’istituzione così individuata dovrebbe essere in grado di concludere un accordo con l’Agenzia per agire in qualità di centro tematico della rete per compiti specifici.
Questi centri cooperano con altre istituzioni facenti parte della rete.
5. I centri tematici sono designati dal consiglio d’amministrazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, per un periodo non superiore alla durata di ciascun programma pluriennale di lavoro previsto all’articolo 8, paragrafo 4. Tuttavia questa designazione può essere rinnovata.
6. L’assegnazione dei compiti specifici ai centri tematici deve figurare nel programma pluriennale di lavoro dell’Agenzia di cui all’articolo 8, paragrafo 4.
7. Alla luce, in particolare, del programma di lavoro pluriennale, l’Agenzia riesamina periodicamente i principali elementi della rete menzionati al paragrafo 2 e apporta loro le eventuali modifiche decise dal consiglio d’amministrazione tenendo conto, se del caso, di nuove designazioni fatte dagli Stati membri.
Articolo 5
L’Agenzia potrà concludere con le istituzioni o enti che fanno parte della rete di cui all’articolo 4 gli accordi necessari, in particolare i contratti, per condurre a buon fine i compiti che essa potrà loro affidare.
Uno Stato membro può prevedere che, per quanto riguarda le istituzioni o gli organismi nazionali nel suo territorio, siffatti accordi con l’Agenzia siano conclusi in accordo con il punto focale nazionale.
Articolo 6
1. Il regolamento (CE) n. 1049/2001 si applica ai documenti in possesso dell’Agenzia.
2. Le decisioni adottate dall’Agenzia a titolo dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 1049/2001 possono costituire oggetto di denuncia presso il Mediatore europeo o di ricorso giurisdizionale dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee, alle condizioni previste rispettivamente dagli articoli 195 e 230 del trattato.
Articolo 7
L’Agenzia ha personalità giuridica. Essa gode in tutti gli Stati membri della più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle rispettive legislazioni.
Articolo 8
1. L’Agenzia ha un consiglio di amministrazione composto da un rappresentante di ogni Stato membro e da due rappresentanti della Commissione. Ci può essere inoltre un rappresentante di ciascun altro paese che partecipi all’Agenzia in base alle disposizioni pertinenti.
Inoltre il Parlamento europeo designerà come membri del consiglio di amministrazione due personalità del mondo scientifico particolarmente qualificate nel settore della protezione dell’ambiente, scelte in base al contributo che saranno in grado di dare all’attività dell’Agenzia.
Ogni membro del consiglio di amministrazione può farsi sostituire da un membro supplente.
2. Il consiglio di amministrazione elegge il presidente fra i suoi membri per un periodo di tre anni e adotta il regolamento interno. Ciascun membro del consiglio di amministrazione ha diritto di voto.
Il consiglio di amministrazione elegge un comitato esecutivo al quale può delegare le decisioni esecutive, secondo le norme da esso adottate.
3. Le decisioni del consiglio di amministrazione sono adottate alla maggioranza di due terzi dei membri del consiglio di amministrazione.
4. Il consiglio di amministrazione adotta un programma pluriennale di lavoro fondato sui settori prioritari elencati all’articolo 3, paragrafo 2; esso si basa su un progetto presentato dal direttore esecutivo di cui all’articolo 9, previa consultazione del comitato scientifico di cui all’articolo 10 e parere della Commissione. Il programma pluriennale di lavoro, nel rispetto della procedura annuale di bilancio della Comunità europea, include un progetto di proposta di bilancio pluriennale.
5. Nell’ambito del programma pluriennale, il consiglio di amministrazione adotta ogni anno il programma di lavoro dell’Agenzia sulla base di un progetto presentato dal direttore esecutivo previa consultazione del comitato scientifico e parere della Commissione. Il programma può essere adeguato nel corso dell’anno, secondo la stessa procedura.
6. Il consiglio di amministrazione adotta una relazione annuale sulle attività dell’Agenzia e la comunica, al più tardi il 15 giugno, al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione, alla Corte dei conti e agli Stati membri.
7. L’Agenzia trasmette ogni anno all’autorità di bilancio qualsiasi informazione utile riguardante i risultati delle procedure di valutazione.
Articolo 9
1. L’Agenzia è diretta da un direttore esecutivo nominato dal consiglio di amministrazione su proposta della Commissione per un periodo di cinque anni, rinnovabile.
Il direttore esecutivo è il rappresentante legale dell’Agenzia.
Ha la responsabilità dei seguenti compiti:
a)
adeguata preparazione ed esecuzione delle decisioni e dei programmi adottati dal consiglio di amministrazione;
b)
ordinaria amministrazione dell’Agenzia;
c)
esecuzione dei compiti di cui agli articoli 12 e 13;
d)
preparazione e pubblicazione delle relazioni di cui all’articolo 2, lettera h;
e)
tutte le questioni relative al personale, l’esecuzione dei compiti di cui all’articolo 8, paragrafi 4 e 5.
Il direttore esecutivo raccoglie il parere del comitato scientifico di cui all’articolo 10 per l’assunzione del personale scientifico dell’Agenzia.
2. Il direttore esecutivo è responsabile delle sue attività di fronte al consiglio di amministrazione.
Articolo 10
1. Il consiglio di amministrazione e il direttore esecutivo sono assistiti da un comitato scientifico, incaricato di emettere un parere nei casi previsti dal presente regolamento e su ogni questione scientifica relativa alle attività dell’Agenzia che il consiglio di amministrazione o il direttore esecutivo gli sottopongano.
I pareri del comitato scientifico vengono pubblicati.
2. Il comitato scientifico è composto da membri particolarmente qualificati in materia ambientale, nominati dal consiglio di amministrazione per un periodo di quattro anni, rinnovabile una sola volta tenendo conto, tra l’altro, dei settori scientifici che devono essere rappresentati in seno al comitato al fine di assistere l’Agenzia nei suoi campi di attività. Il regolamento interno previsto all’articolo 8, paragrafo 2 disciplina il suo funzionamento.
Articolo 11
1. Tutte le entrate e le spese dell’Agenzia devono formare oggetto di previsioni per ogni esercizio finanziario, che coincide con l’anno civile, ed essere iscritte nel bilancio dell’Agenzia.
2. Il bilancio deve essere equilibrato in entrate e spese.
3. Le entrate dell’Agenzia, fatte salve altre risorse, comprendono una sovvenzione della Comunità iscritta nel bilancio generale delle Comunità europee e i pagamenti per servizi resi.
4. Le spese dell’Agenzia comprendono segnatamente le spese per il personale, le spese amministrative, infrastrutturali, operative e le spese relative ai contratti con istituzioni o organismi che fanno parte della rete, nonché con terzi.
Articolo 12
1. Ogni anno, il consiglio d’amministrazione adotta, sulla base di un progetto redatto dal direttore esecutivo, lo stato di previsione delle entrate e delle spese dell’Agenzia per l’esercizio successivo. Il consiglio di amministrazione trasmette lo stato di previsione, accompagnato da un progetto di tabella dell’organico, alla Commissione entro il 31 marzo.
2. La Commissione trasmette lo stato di previsione al Parlamento europeo e al Consiglio (di seguito «autorità di bilancio») insieme al progetto preliminare di bilancio generale delle Comunità europee.
3. Sulla base dello stato di previsione, la Commissione iscrive le stime per quanto concerne la tabella dell’organico e l’importo della sovvenzione a carico del bilancio nel progetto preliminare di bilancio generale delle Comunità europee che essa trasmette all’autorità di bilancio conformemente all’articolo 272 del trattato.
4. L’autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti a titolo della sovvenzione destinata all’Agenzia.
L’autorità di bilancio adotta la tabella dell’organico dell’Agenzia.
5. Il consiglio di amministrazione adotta il bilancio. Esso diventa definitivo dopo l’adozione definitiva del bilancio generale delle Comunità europee. Se necessario è adeguato in conseguenza.
6. Il consiglio di amministrazione comunica quanto prima all’autorità di bilancio la sua intenzione di realizzare qualsiasi progetto che possa avere incidenze finanziarie significative sul finanziamento del bilancio, segnatamente i progetti di natura immobiliare, quali l’affitto o l’acquisto di edifici. Esso ne informa la Commissione.
Qualora un ramo dell’autorità di bilancio comunichi che intende emettere un parere, esso lo trasmette al consiglio di amministrazione entro un termine di sei settimane dalla notifica del progetto.
Articolo 13
1. Il direttore esecutivo cura l’esecuzione del bilancio dell’Agenzia.
2. Al più tardi il 1o marzo successivo alla chiusura dell’esercizio, il contabile dell’Agenzia comunica i conti provvisori, insieme alla relazione sulla gestione finanziaria e di bilancio dell’esercizio, al contabile della Commissione, il quale procede al consolidamento dei conti provvisori delle istituzioni e degli organismi decentrati ai sensi dell’articolo 128 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (6).
3. Al più tardi il 31 marzo successivo alla chiusura dell’esercizio, il contabile della Commissione trasmette i conti provvisori dell’Agenzia, insieme alla relazione sulla gestione finanziaria e di bilancio dell’esercizio, alla Corte dei conti. La relazione sulla gestione finanziaria e di bilancio dell’esercizio viene trasmessa anche al Parlamento europeo e al Consiglio.
4. Al ricevimento delle osservazioni formulate dalla Corte dei conti in merito ai conti provvisori dell’Agenzia, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 129 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002, il direttore esecutivo stabilisce i conti definitivi dell’Agenzia, sotto la propria responsabilità, e li trasmette per parere al consiglio di amministrazione.
5. Il consiglio d’amministrazione formula un parere sui conti definitivi dell’Agenzia.
6. Al più tardi il 1o luglio successivo alla chiusura dell’esercizio, il direttore esecutivo trasmette i conti definitivi, accompagnati dal parere del consiglio d’amministrazione, al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e alla Corte dei conti.
7. I conti definitivi vengono pubblicati.
8. Al più tardi il 30 settembre, il direttore esecutivo invia alla Corte dei conti una risposta alle osservazioni di quest’ultima. Trasmette tale risposta anche al consiglio di amministrazione.
9. Il direttore esecutivo presenta al Parlamento europeo, su richiesta di quest’ultimo e conformemente ai termini previsti dall’articolo 146, paragrafo 3, del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002, tutte le informazioni necessarie al corretto svolgimento della procedura di discarico per l’esercizio in oggetto.
10. Il Parlamento europeo, su raccomandazione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata, dà discarico al direttore esecutivo, entro il 30 aprile dell’anno N + 2, dell’esecuzione del bilancio dell’esercizio N.
Articolo 14
Il regolamento finanziario applicabile all’Agenzia è adottato dal consiglio di amministrazione previa consultazione della Commissione. Può discostarsi dal regolamento (CE, Euratom) n. 2343/2002 della Commissione, del 19 novembre 2002, che reca regolamento finanziario quadro degli organismi di cui all’articolo 185 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (7), solo se lo richiedono le esigenze specifiche di funzionamento dell’Agenzia e previo accordo della Commissione.
Articolo 15
1. L’Agenzia si impegna attivamente a cooperare con altri organismi e programmi comunitari, segnatamente con il Centro comune di ricerca, l’Istituto statistico delle Comunità europee (Eurostat) e i programmi di ricerca e sviluppo della Comunità in materia ambientale. In particolare:
a)
la cooperazione con il Centro comune di ricerca concerne più specificamente i compiti indicati alla lettera A dell’allegato I;
b)
il coordinamento con Eurostat e con il programma statistico delle Comunità europee segue le linee direttive indicate alla lettera B dell’allegato I.
2. L’Agenzia coopera attivamente anche con altri enti, quali l’Agenzia spaziale europea, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE), il Consiglio d’Europa e l’Agenzia internazionale per l’energia, nonché le Nazioni Unite e le sue istituzioni specializzate, in particolare il programma ambientale delle Nazioni Unite, l’Organizzazione meteorologica mondiale e l’Agenzia internazionale per l’energia atomica.
3. L’Agenzia può cooperare in settori di interesse comune con organismi di paesi non membri della Comunità europea che possano fornire i dati, le informazioni, le consulenze tecniche, le metodologie di raccolta dei dati, le analisi e le valutazioni di interesse reciproco, necessari per l’assolvimento dei compiti dell’Agenzia.
4. La cooperazione di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 deve in particolare tener conto della necessità di evitare qualsiasi doppione.
Articolo 16
All’Agenzia si applica il protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee.
Articolo 17
Il personale dell’Agenzia è soggetto ai regolamenti e alle regolamentazioni applicabili ai funzionari e altri agenti delle Comunità europee.
L’Agenzia esercita nei confronti del suo personale i poteri conferiti all’autorità che ha il potere di nomina.
Il consiglio di amministrazione, d’intesa con la Commissione, adotta le opportune modalità di applicazione.
Articolo 18
1. La responsabilità contrattuale dell’Agenzia è regolata dalla legge applicabile al contratto in causa. La Corte di giustizia è competente a giudicare in virtù di una clausola d’arbitrato contenuta nei contratti stipulati dall’Agenzia.
2. In materia di responsabilità extracontrattuale, l’Agenzia deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, qualsiasi danno cagionato dall’Agenzia o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.
La Corte di giustizia è competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni.
3. La responsabilità personale degli agenti nei confronti dell’Agenzia è regolata dalle relative disposizioni che si applicano al personale dell’Agenzia.
Articolo 19
L’Agenzia è aperta ai paesi che non sono membri delle Comunità europee e che condividono l’interesse della Comunità e degli Stati membri per gli obiettivi dell’Agenzia, in virtù di accordi da essi conclusi con la Comunità secondo la procedura prevista all’articolo 300 del trattato.
Articolo 20
Il regolamento (CEE) n. 1210/90, modificato dai regolamenti di cui all’allegato II, è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III.
Articolo 21
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 86.
(2) Parere del Parlamento europeo del 19 febbraio 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 120 dell’11.5.1990, pag. 1.
(4) Cfr. allegato II.
(5) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.
(6) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1.
(7) GU L 357 del 31.12.2002, pag. 72.
ALLEGATO I
A.
Cooperazione con il Centro Comune di Ricerca
—
Armonizzazione dei metodi di misurazione in materia ambientale (1).
—
Comune taratura degli strumenti (1).
—
Normalizzazione dei formati di dati.
—
Messa a punto di nuovi metodi e di nuovi strumenti di misurazione dello stato dell’ambiente.
—
Altri compiti convenuti dal direttore esecutivo dell’Agenzia e dal direttore generale del Centro comune di ricerca.
B.
Cooperazione con Eurostat
1.
L’Agenzia utilizzerà, nella misura del possibile, le informazioni raccolte mediante i servizi statistici della Comunità. Tali informazioni sono frutto dell’attività di raccolta, convalida e pubblicazione di statistiche economiche e sociali, inclusa la contabilità nazionale e le informazioni correlate, condotta da Eurostat e dagli istituti di statistica nazionali.
2.
Il programma statistico nel settore dell’ambiente sarà stabilito di comune accordo dal direttore esecutivo dell’Agenzia e dal direttore generale di Eurostat e verrà presentato per approvazione al consiglio di amministrazione dell’Agenzia ed al comitato del programma statistico.
3.
Il programma statistico è concepito ed attuato nell’ambito creato dagli organismi statistici internazionali, come la Commissione statistica delle Nazioni Unite, la conferenza degli esperti statistici europei e l’OCSE.
(1) La cooperazione in questi settori dovrà tener conto anche dei lavori condotti dall’Istituto di materiali di riferimento e misure.
ALLEGATO II
Regolamento abrogato ed elenco delle sue modifiche successive
(di cui all’articolo 20)
Regolamento (CEE) n. 1210/90 del Consiglio
(GU L 120 dell’11.5.1990, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 933/1999 del Consiglio
(GU L 117 del 5.5.1999, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1641/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 245 del 29.9.2003, pag. 1).
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (CEE) n. 1210/90
Presente regolamento
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 2, frase introduttiva
Articolo 2, frase introduttiva
Articolo 2, punto i)
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, punto ii), primo trattino
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, punto ii), secondo trattino
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, punto ii), terzo trattino
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, punto iii)
Articolo 2, lettera e)
Articolo 2, punto iv)
Articolo 2, lettera f)
Articolo 2, punto v)
Articolo 2, lettera g)
Articolo 2, punto vi)
Articolo 2, lettera h)
Articolo 2, punto vii)
Articolo 2, lettera i)
Articolo 2, punto viii)
Articolo 2, lettera j)
Articolo 2, punto ix)
Articolo 2, lettera k)
Articolo 2, punto x)
Articolo 2, lettera l)
Articolo 2, punto xi)
Articolo 2, lettera m)
Articolo 2, punto xii)
Articolo 2, lettera n)
Articolo 2, punto xiii)
Articolo 2, lettera o)
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, punto i)
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, punto ii)
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, punto iii)
Articolo 3, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 3, paragrafo 1, frase finale
Articolo 3, paragrafo 1, frase finale
Articolo 3, paragrafo 2, primo comma
Articolo 3, paragrafo 2, primo comma
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, terzo trattino
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera c)
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera d)
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, quinto trattino
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera e)
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, sesto trattino
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera f)
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, settimo trattino
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera g)
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, ottavo trattino
Articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, lettera h)
Articolo 3, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 3, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 3, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 3, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 4, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 4, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 4, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 4, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 4, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 4, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 4, paragrafo 2, da «Per» a «sull’ambiente»
—
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma, da «in particolare» a «territorio»
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma, frase finale
Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 2, primo, secondo e terzo comma
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 4, primo, secondo e terzo comma
Articolo 4, paragrafo 5, primo comma
—
Articolo 4, paragrafo 5, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 5
Articolo 4, paragrafi 6 e 7
Articolo 4, paragrafi 6 e 7
Articolo 5
Articolo 5, primo e secondo comma
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2
—
Articolo 6, paragrafo 3
Articolo 6, paragrafo 2
Articoli 7 e 8
Articoli 7 e 8
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma, prima frase
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma, seconda frase
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma, primo trattino
Articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma, secondo trattino
Articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma, terzo trattino
Articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma, quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, lettera d)
Articolo 9, paragrafo 1, primo comma, quinto trattino
Articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, lettera e)
Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 9, paragrafo 1, quarto comma
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 11
Articolo 11
Articolo 12
Articolo 12
Articolo 13
Articolo 13
Articolo 14
Articolo 14
Articolo 15, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 15, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 15, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 15, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 15, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 15, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 15, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 2 bis
Articolo 15, paragrafo 3
Articolo 15, paragrafo 3
Articolo 15, paragrafo 4
Articolo 16
Articolo 16
Articolo 17
Articolo 17
Articolo 18
Articolo 18
Articolo 19
Articolo 19
Articolo 20
—
—
Articolo 20
Articolo 21
Articolo 21
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III | L’Agenzia dell’ambiente dell’Unione europea: informazione e sorveglianza in materia ambientale
Regolamento (CE) n. 401/2009: l’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale
ATTO
Regolamento (CE) n. 401/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’Agenzia europea dell’ambiente e la rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento descrive gli scopi e gli obiettivi dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) e della rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale. Ciò consente loro di fornire informazioni a supporto della formulazione della politica ambientale dell’Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
L’AEA è un’agenzia dell’UE il cui scopo è proteggere e migliorare l’ambiente, oltre che promuovere lo sviluppo sostenibile, fornendo informazioni oggettive, affidabili e comparabili affinché:
—
vengano adottate misure volte a proteggere l’ambiente;
—
i risultati di tali misure siano valutati;
—
il pubblico sia informato riguardo allo stato dell’ambiente;
—
i paesi dell’UE abbiano il necessario sostegno tecnico e scientifico.
L’Agenzia ha i seguenti compiti principali:
—
raccogliere, trattare e analizzare i dati per fornire all’UE le informazioni oggettive necessarie per formulare politiche ambientali efficaci;
—
contribuire al controllo dei provvedimenti concernenti l’ambiente;
—
collezionare, valutare e diffondere dati sullo stato dell’ambiente presso il grande pubblico;
—
assicurare la comparabilità dei dati a livello europeo;
—
promuovere l’integrazione dei dati dell’UE nei programmi internazionali di sorveglianza, come quelli delle Nazioni Unite;
—
stimolare lo sviluppo di metodi per valutare il costo dei danni all’ambiente e i costi delle politiche di prevenzione, di protezione e di risanamento dell’ambiente;
—
stimolare lo scambio di informazioni sulle migliori tecnologie disponibili per prevenire o ridurre i danni all’ambiente;
—
pubblicare una relazione sullo stato, le tendenze e le prospettive in materia ambientale ogni cinque anni.
I dati interessati riguardano:
—
la qualità dell’aria e l’inquinamento acustico;
—
la qualità dell’acqua;
—
lo stato dei suoli, della fauna e della flora;
—
gli usi territoriali e le risorse naturali;
—
la gestione dei rifiuti;
—
le sostanze chimiche;
—
la protezione del litorale e del mare;
—
i cambiamenti climatici e l’adattamento a essi.
Il consiglio di amministrazione dell’AEA è composto da un rappresentante di ciascun paese membro, due rappresentanti della Commissione europea e due esperti scientifici designati dal Parlamento europeo. Il direttore esecutivo è responsabile della gestione quotidiana.
L’AEA collabora con altre istituzioni internazionali e dell’UE, quali l’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) e il Centro comune di ricerca della Commissione europea, il Programma delle Nazioni Unite sull’Ambiente e l’Organizzazione mondiale della sanità .
Eionet, coordinata dall’AEA, è la rete d’informazione dell’UE in materia ambientale ed è composta da rappresentanti di tutti i paesi dell’UE, nonché di Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera e Turchia.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
A decorrere dal 10 giugno 2009.
CONTESTO
Sito internet dell’Agenzia europea dell’ambiente.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (CE) n. 401/2009
10.6.2009
-
GU L 126 del 21.5.2009, pagg. 13-22 | 12,754 | 1,332 |
31998L0029 | false | Direttiva 98/29/CE del Consiglio del 7 maggio 1998 relativa all'armonizzazione delle principali disposizioni in materia di assicurazione dei crediti all'esportazione per operazioni garantite a medio e a lungo termine
Gazzetta ufficiale n. L 148 del 19/05/1998 pag. 0022 - 0032
DIRETTIVA 98/29/CE DEL CONSIGLIO del 7 maggio 1998 relativa all'armonizzazione delle principali disposizioni in materia di assicurazione dei crediti all'esportazione per operazioni garantite a medio e a lungo termineIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 113,vista la proposta della Commissione,(1) considerando che l'assicurazione del credito all'esportazione a medio e a lungo termine svolge una funzione essenziale negli scambi internazionali e costituisce un importante strumento di politica commerciale;(2) considerando che l'assicurazione del credito all'esportazione a medio e a lungo termine svolge una funzione importante nelle relazioni commerciali con i paesi in via di sviluppo e quindi favorisce il loro inserimento nell'economia mondiale, che costituisce uno degli obiettivi della politica comunitaria in materia di sviluppo;(3) considerando che le differenze relative agli elementi costitutivi della garanzia, ai premi e alle politiche di copertura esistenti tra i diversi sistemi pubblici di assicurazione del credito all'esportazione a medio e lungo termine attualmente operanti negli Stati membri possono provocare distorsioni della concorrenza tra le imprese della Comunità;(4) considerando che sembra opportuno che le misure di cui alla presente direttiva non vadano al di là di quanto è necessario all'obiettivo di armonizzazione che assicuri una politica d'esportazione basata su principi uniformi e eviti distorsioni della concorrenza tra le imprese della Comunità;(5) considerando che per attenuare le attuali distorsioni della concorrenza è auspicabile, come previsto dall'articolo 12 del trattato, un'armonizzazione dei diversi sistemi pubblici di assicurazione del credito all'esportazione che sia basata su principi uniformi e che sia parte integrante della politica commerciale comune;(6) considerando che l'istituzione da parte dello Stato (o di organismi speciali controllati dallo Stato) di programmi di assicurazione o garanzia del credito all'esportazione a tassi di premio insufficienti per coprire, nella lunga scadenza, i costi e le perdite operative dei programmi è classificata tra le sovvenzioni all'esportazione vietate dall'accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative concluso nel quadro dell'Uruguay Round (1986-1994) (1), in particolare a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a) e punto J dell'allegato I;(7) considerando che il premio applicato dagli assicuratori dovrebbe corrispondere al rischio assicurato;(8) considerando che l'armonizzazione favorirebbe la cooperazione tra i diversi assicuratori del credito che operano per conto oppure con il sostegno dello Stato e di conseguenza rafforzerebbe la cooperazione tra le imprese della Comunità, come previsto dall'articolo 130 del trattato;(9) considerando che l'armonizzazione e la cooperazione sono fattori importanti e decisivi della competitività delle esportazioni comunitarie nei mercati dei paesi terzi;(10) considerando che il Libro bianco della Commissione sulla realizzazione del mercato interno adottato dal Consiglio europeo nel giugno 1985 sottolinea la rivelanza di un ambiente favorevole alla cooperazione tra le imprese della Comunità;(11) considerando che, con una decisione (2) in data 27 settembre 1960, il Consiglio ha istituito un gruppo di coordinamento delle politiche di assicurazioni dei crediti, garanzie del credito e crediti finanziari;(12) considerando che il 15 maggio 1991 il suddetto gruppo di coordinamento ha designato esperti dei singoli Stati membri di allora i quali, come gruppo di esperti Mercato unico 1992, hanno presentato relazioni contenenti una serie di proposte il 27 marzo 1992, l'11 giugno 1993 e il 9 febbraio 1994;(13) considerando che, con la decisione 93/112/CEE (3), il Consiglio ha inserito nella legislazione comunitaria l'accordo OCSE relativo a linee direttrici per gli stanziamenti all'esportazione che beneficiano di sostegno pubblico;(14) considerando che la direttiva 70/509/CEE del Consiglio, del 27 ottobre 1970, riguardante l'adozione di una polizza comune di assicurazione crediti per le operazioni a medio e a lungo termine su acquirenti pubblici (4), e la direttiva 70/510/CEE del Consiglio, del 27 ottobre 1970, riguardante l'adozione di una polizza comune di assicurazione crediti per le operazioni a medio e a lungo termine su acquirenti privati (5), dovrebbero essere sostituite dalla presente direttiva;(15) considerando che la presente armonizzazione dell'assicurazione del credito all'esportazione rappresenta una prima tappa verso la convergenza dei vari sistemi degli Stati membri,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Ambito d'applicazione La presente direttiva si applica alla garanzia, concessa direttamente o indirettamente per conto o con il sostegno di uno o più Stati membri, per operazioni relative all'esportazione di merci e/o servizi originari di uno Stato membro che implichino un periodo di rischio totale di durata pari o superiore a due anni, vale a dire il periodo di rimborso compresa la durata di fabbricazione.La presente direttiva non si applica alla garanzia per fideiussioni prestate a garanzia di offerte, a fronte di quote di pagamenti anticipati, a fini di buona esecuzione e in sostituzione di trattenute a garanzia. Essa non si applica inoltre alla copertura di rischi relativi ad attrezzature e materiali da costruzione utilizzati localmente per l'esecuzione del contratto commerciale.Articolo 2 Obblighi degli Stati membri Gli Stati membri provvedono affinché gli enti di assicurazione, garanzia o rifinanziamento del credito all'esportazione, che operano direttamente o indirettamente per conto oppure con il sostegno dello Stato membro, che rappresentano il governo stesso o sono controllati dal governo fornitore della garanzia e/o agiscono sotto la sua autorità, in prosieguo denominati «gli assicuratori», garantiscano le operazioni relative alle esportazioni di merci e/o servizi secondo quanto disposto nell'allegato, quando siano destinate a paesi fuori della Comunità e finanziate con crediti acquirente o con crediti fornitore oppure regolate in contanti.Articolo 3 Decisione di attuazione Le decisioni di cui al punto 46 dell'allegato sono adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 4.Articolo 4 Comitato La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio:- in tal caso, la Commissione differisce di un mese al massimo, a decorrere da tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa adottate;- il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al comma precedente.Articolo 5 Relazione e revisione La Commissione presenta al Consiglio entro il 31 dicembre 2001 una relazione sull'esperienza acquisita e sulla convergenza realizzata nell'applicazione della presente direttiva.Articolo 6 Rapporto con altre procedure Le procedure di cui alla presente direttiva completano quelle previste dalla decisione 73/391/CEE (6).Articolo 7 Abrogazione La direttiva 70/509/CEE e la direttiva 70/510/CEE sono abrogate.Articolo 8 Trasposizione Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° aprile 1999. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali misure, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 9 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 7 maggio 1998.Per il ConsiglioIl presidenteM. BECKETT(1) GU L 336 del 23. 12. 1994, pag. 156.(2) GU 66 del 27. 10. 1960, pag. 1339/60.(3) GU L 44 del 22. 2. 1993, pag. 1. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 97/530/CE (GU L 216 dell'8. 8. 1997, pag. 77).(4) GU L 254 del 23. 11. 1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU L 254 del 23. 11. 1970, pag. 26. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(6) GU L 346 del 17. 12. 1973, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione 76/641/CEE (GU L 223 del 16. 8. 1976, pag. 25).ALLEGATO PRINCIPI COMUNI PER L'ASSICURAZIONE DEI CREDITI ALL'ESPORTAZIONE CAPITOLO I: ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA GARANZIA ASSICURATIVA Sezione 1: Principi generali e definizioni 1. Ambito dei principi comuni a) I principi comuni definiti nel presente allegato si applicano all'assicurazione di operazioni di credito fornitore con acquirenti pubblici o privati e all'assicurazione di operazioni di credito acquirente con mutuatari pubblici o privati.b) I principi comuni si applicano all'assicurazione di tutti i rischi di cui al punto 4. Tuttavia l'assicuratore può decidere, caso per caso, di limitare la garanzia a determinati rischi.c) Quando tutte le obbligazioni di un debitore privato sono totalmente e incondizionatamente garantite da un ente considerato pubblico a norma del punto 5, si applicano i principi comuni relativi ai debitori pubblici.Ai fini del presente allegato, per «debitore» si intendono gli acquirenti o i mutuatari di cui al punto 1 a), o il loro garante relativamente all'operazione assicurata.2. Caratteristiche del credito fornitore a) Il termine «credito fornitore» si applica ad un contratto commerciale avente per oggetto l'esportazione di merci e/o servizi originari di uno Stato membro stipulato tra uno o più fornitori e uno o più acquirenti, ai termini del quale l'acquirente si impegna a pagare il fornitore in contanti o con pagamenti dilazionati.b) Le disposizioni relative all'assicurazione del credito fornitore si applicano se la garanzia è concessa a imprese stabilite in uno Stato membro a norma dell'articolo 58 del trattato.c) Se un contratto commerciale è finanziato mediante un credito acquirente o qualsiasi altra convenzione di finanziamento, la garanzia concessa all'esportatore per il contratto commerciale stesso è soggetta alle disposizioni relative all'assicurazione dei crediti fornitore.3. Caratteristiche del credito acquirente a) Il termine «credito acquirente» si applica ad un contratto di prestito tra una o più istituzioni finanziarie e uno o più mutuatari per il finanziamento di un contratto commerciale avente ad oggetto l'esportazione di merci e/o servizi originari di uno Stato membro, in base al quale le istituzioni di credito si impegnano, per l'operazione sottostante, a pagare i fornitori in contanti per conto degli acquirenti/mutuatari, mentre gli acquirenti/mutuatari rimborseranno le istituzioni di credito con pagamenti dilazionati.b) Le disposizioni relative all'assicurazione del credito acquirente si applicano quando la garanzia è concessa a istituzioni finanziarie, a prescindere dal relativo luogo di stabilimento o di registrazione, a condizione che il credito acquirente costituisca un obbligo incondizionato per il mutuatario a rimborsare il debito, indipendentemente dall'esecuzione del contratto commerciale finanziato.c) Le disposizioni relative all'assicurazione del credito acquirente si applicano all'assicurazione fornita a un'istituzione finanziaria a fronte di strumenti negoziabili debitamente tenuti da tale istituzione finanziaria e pagabili da un acquirente in base a una convenzione finanziaria per il finanziamento di un contratto commerciale.4. Definizione dei rischi contemplati a) Il rischio commerciale per i debitori privati è determinato dai punti da 14, 15 e 16.b) Il rischio politico è determinato per i debitori privati dai punti da 17 a 22 e per i debitori pubblici dai punti da 15 a 22.c) Il rischio di fabbricazione è determinato dal punto 6, lettera b).d) Il rischio di credito è determinato dal punto 6, lettera c).5. Status del debitore a) Si considera debitore pubblico un ente che, in qualsiasi forma, rappresenta la potestà pubblica stessa e non può, né in via giudiziaria né in via amministrativa, essere dichiarato insolvente. Può essere un debitore sovrano, cioè un ente che impegna la credibilità dello Stato, ad esempio il Ministero delle Finanze o la Banca centrale, o qualsiasi ente pubblico subordinato, quali le autorità regionali, comunali o parastatali o altre istituzioni pubbliche.b) Per determinare la natura giuridica di un debitore l'assicuratore prende in considerazione i seguenti elementi:- la situazione giuridica del debitore;- la reale efficacia di un'eventuale azione legale nei confronti del debitore;- le fonti di finanziamento e di reddito del debitore, tenendo conto del fatto che un debitore pubblico può anche estinguere i suoi debiti utilizzando fonti non collegate alle risorse del governo centrale, ad esempio, il gettito fiscale locale o i provenienti di servizi pubblici;- di grado di influenza o di controllo sul debitore che può essere esercitato dal governo del paese ospitante.c) Qualsiasi debitore che in base ai criteri sopra indicati non sia pubblico si considera privato.Sezione 2: Ambito della garanzia 6. Rischi assicurati a) I rischi assicurati sono il rischio di perdita derivante dalla fabbricazione e il rischio di credito.b) Il rischio di perdita derivante dalla fabbricazione si realizza quando l'esecuzione delle obbligazioni contrattuali dell'assicurato, o la fabbricazione dei prodotti ordinati, è interrotta per un periodo di sei mesi consecutivi, purché tale interruzione sia causata direttamente ed esclusivamente dal verificarsi di una o più delle cause di sinistro coperte elencate ai punti da 14 a 22.c) Il rischio di credito si realizza quando l'assicurato non può ottenere il pagamento di una somma dovutagli in base al contratto commerciale o all'accordo di prestito in questione tre mesi dopo la scadenza, a condizione che il mancato pagamento sia causato direttamente ed esclusivamente dal verificarsi di una o più delle cause di sinistro coperte elencate ai punti da 14 a 22.d) Qualora il rischio relativo ad un credito acquirente sia coperto incondizionatamente, l'assicuratore applica i principi e le procedure di cui ai punti 32, 33 e 47, lettera a).7. Portata della garanzia a) La copertura del rischio di fabbricazione comprende, nei limiti dell'importo del contratto, le spese sostenute dall'assicurato per l'esecuzione delle sue obbligazioni contrattuali o per la fabbricazione dei prodotti oggetti del contratto, purché tali spese siano effettivamente imputabili all'esecuzione del contratto.La copertura del rischio di fabbricazione non comprende:- le spese sostenute in relazione a prodotti e/o servizi per i quali sia già diventata operante la copertura del rischio di credito;- le somme versate dall'assicurato in seguito all'escussione di una fideiussione prestata sul contratto coperto; tuttavia questa esclusione non impedisce all'assicuratore di coprire tali rischi al di fuori del campo d'applicazione della presente direttiva;- le somme pagate dall'assicurato al debitore a titolo di penalità e risarcimenti.b) La copertura del rischio del credito comprende l'importo (capitale e interessi) dovuto dall'acquirente a norma del contratto commerciale o dal mutuatario a norma dell'accordo di prestito, compresi gli interessi maturati dopo la data di scadenza (interessi di mora).Sono esclusi dalla copertura gli importi pagati dall'assicurato al debitore a titolo di penalità e risarcimenti.8. Percentuale di copertura a) La percentuale di copertura e la base per determinare l'importo massimo dell'indennizzo per cui l'assicuratore si obbliga sono esplicitamente stabiliti nella polizza di assicurazione credito emessa da quest'ultimo.b) Se un assicuratore concede una percentuale di copertura più elevata del 95 %, applica i principi e le procedure di cui ai punti 32, 33 e 47, lettera a).9. Percentuale non assicurata Fatte salve le disposizioni del punto 8, lettera b), l'assicurato conserva a suo carico qualsiasi percentuale non assicurata. L'assicuratore può decidere di consentire all'assicurato di trasferire integralmente o parzialmente tale percentuale non assicurata.10. Copertura per operazioni in valuta estera Qualora le operazioni comportino pagamenti o finanziamenti in una o più valute estere, la copertura può essere concessa in una qualsiasi di tali valute.11. Forniture estere I contratti di subfornitura con parti di uno o più Stati membri sono automaticamente inclusi nella copertura in base alla decisione 82/854/CE del Consiglio, del 10 dicembre 1982 relativa al regime applicabile, nei settori delle garanzie e dei finanziamenti all'esportazione, a talune subforniture in provenienza da altri Stati membri o da paesi non membri delle Comunità europee (1).12. Decorrenza della garanzia a) Nel caso del credito acquirente, la garanzia decorre dalla data di entrata in vigore della convenzione di prestito, purché i requisiti stabiliti nella polizza di assicurazione credito e nell'accordo di prestito siano soddisfatti.b) Nel caso del credito fornitore, la garanzia del rischio di fabbricazione decorre dalla data di entrata in vigore del contratto commerciale, purché i requisiti stabiliti nella polizza di assicurazione credito e nel contratto commerciale siano soddisfatti.La garanzia del rischio del credito decorre dalla data in cui il pieno adempimento degli obblighi contrattuali dell'assicurato conferisce a quest'ultimo il diritto al pagamento, purché i requisiti stabiliti nella polizza di assicurazione credito e nel contratto commerciale siano soddisfatti. Tuttavia, la garanzia del rischio di credito può decorrere dalla data di ciascuna consegna parziale o spedizione parziale, purché, a norma del contratto, l'assicurato abbia diritto al pagamento di un importo fisso e definitivo corrispondente al valore delle merci e/o dei servizi consegnati o spediti.Sezione 3: Cause di sinistro e esclusione dalla responsabilità 13. Responsabilità dell'assicuratore L'assicuratore è tenuto al versamento dell'indennizzo se il sinistro è direttamente ed esclusivamente dovuto ad uno o più degli eventi coperti elencati ai punti da 14 a 22.14. Insolvenza Insolvenza di diritto o di fatto del debitore privato e, eventualmente, del suo garante.15. Inadempienza Inadempienza del debitore e, eventualmente, del suo garante.16. Risoluzione o rifiuto arbitrari Decisione dell'acquirente in un'operazione di credito fornitore di sospendere o revocare il contratto commerciale o di rifiutare l'accettazione delle merci e/o dei servizi, senza averne la facoltà.17. Decisione di un paese terzo Ogni atto o decisione del governo di un paese diverso dal paese dell'assicuratore o dal paese dell'assicurato, compresi atti e decisioni di enti pubblici equiparati a interventi del governo, che ostacoli l'esecuzione dell'accordo di prestito o del contratto commerciale.18. Moratoria Moratoria generale disposta dal governo del paese del debitore o da quello di un paese terzo per il cui tramite deve essere effettuato il pagamento a norma dell'accordo di prestito o del contratto commerciale.19. Impedimento o ritardo del trasferimento di fondi Eventi politici o problemi economici sopraggiunti fuori del paese dell'assicuratore, oppure disposizioni legislative o amministrative adottate fuori di tale paese, che impediscano o ritardino il trasferimento delle somme versate per l'accordo di prestito o il contratto commerciale.20. Disposizioni legali nel paese del debitore Disposizioni legali adottate nel paese del debitore che dichiarino liberatori i versamenti effettuati da quest'ultimo in valuta locale anche se, a causa delle fluttuazioni dei tassi di cambio, tali versamenti, convertiti nella valuta del contratto commerciale o dell'accordo di prestito, non raggiungono più l'importo del debito al momento del trasferimento.21. Decisione del paese dell'assicuratore o dell'assicurato Atti o decisioni del governo del paese dell'assicuratore o dell'assicurato, compresi atti e decisioni della Comunità europea, concernenti gli scambi commerciali tra uno Stato membro e paesi terzi, come un divieto di esportazione, sempre che il governo interessato non si faccia carico dei relativi effetti.22. Forza maggiore Circostanze di forza maggiore che si verifichino fuori del paese dell'assicuratore, che potrebbero comprendere la guerra, ivi compresi guerra civile, rivoluzione, sommossa, tumulti civili, ciclone, inondazione, terremoto, eruzione vulcanica, maremoto e incidente nucleare, purché i relativi effetti non siano altrimenti assicurati.23. Esclusione generale dalla responsabilità L'assicuratore avrebbe titolo a declinare ogni responsabilità per perdite direttamente o indirettamente imputabili alle circostanze seguenti:a) azioni o omissioni dell'assicurato, o di una persona che agisca per suo conto;b) eventuali disposizioni implicanti restrizioni dei diritti dell'assicurato incluse nell'accordo di prestito, nel contratto commerciale o nella documentazione allegata, compresa quella relativa alle garanzie previste;c) eventuali ulteriori accordi conclusi tra l'assicurato e il debitore, dopo la conclusione dell'accordo di prestito o del contratto commerciale, che ostacolino o ritardino il pagamento del debito;d) nel caso del credito fornitore, inadempimento dei subfornitori, dei cofornitori o di altri fornitori, purché tale inadempimento non dipenda dagli eventi politici indicati tra le cause di sinistro elencate nei punti da 17 a 22.Sezione 4: Disposizioni relative all'indennizzo 24. Termine costitutivo di sinistro a) Il termine costitutivo di sinistro corrisponde al periodo di tempo che deve trascorrere perché il rischio coperto si realizzi, come indicato al punto 6, lettere b) e c).b) Non si applica alcun termine costitutivo di sinistro- quando, nel caso di un debitore privato, il mancato pagamento sia dovuto all'insolvenza di diritto o di fatto del debitore;- in caso di accordo intergovernativo bilaterale di ristrutturazione del debito.25. Indennizzo e cessione dei diritti a) L'assicuratore ha titolo a ricevere l'indennizzo alla scadenza del termine costitutivo di sinistro definito al punto 24, purché siano stati soddisfatti i requisiti dell'assicurazione e dell'indennizzo, il credito sia legalmente incontestabile e l'assicurato abbia gestito il rischio con la debita diligenza.b) L'assicuratore ha il diritto di beneficiare della cessione dei diritti dell'assicurato a norma dell'accordo di prestito o del contratto commerciale.26. Obbligazioni garantite Se le obbligazioni del debitore nei confronti dell'assicurato sono coperte da cauzione o altra forma di garanzia, l'assicurato deve aver preso tutti i provvedimenti necessari indicati nella polizza non solo per assicurare la validità e operatività della cauzione o altra garanzia, ma anche per farla applicare effettivamente.27. Calcolo dell'indennizzo Fatto salvo il punto 31, nel calcolare l'importo dell'indennizzo, l'assicuratore non corrisponde all'assicurato un importo superiore all'impatto effettivo della perdita totale subita e/o superiore all'importo che l'assicurato aveva effettivamente titolo a ricevere dal mutuatario in base all'accordo di prestito o dall'acquirente in base al contratto commerciale.28. Pagamento dell'indennizzo L'indennizzo viene versato senza indugio, comunque entro e non oltre un mese a decorrere dalla scadenza del termine costitutivo di sinistro, purché l'assicuratore abbia ricevuto tempestiva notifica del sinistro e abbia ottenuto in tempo utile tutte le informazioni, i documenti e gli elementi di prova necessari per accertare che il credito è incontestabile.Per la copertura del rischio di fabbricazione, l'indennizzo viene versato entro un mese a decorrere dalla data più recente tra la data di scadenza del termine costitutivo di sinistro, all'occorrenza la data di ricevimento della relazione di un esperto, oppure la data dell'accordo tra l'assicurato e l'assicuratore sull'importo dell'indennizzo.29. Controversie relative all'indennizzo Se la perdita per la quale l'assicurato chiede un indennizzo è relativa a diritti contestati, l'assicuratore può rinviare il pagamento dell'indennizzo sino a quando la controversia sia stata risolta a favore dell'assicurato dall'organo giudiziario o arbitrale previsto nell'accordo di prestito o nel contratto commerciale.30. Accordo intergovernativo bilaterale di ristrutturazione del debito a) Se l'accordo di prestito o il contratto commerciale coperti sono oggetto di un accordo intergovernativo bilaterale di ristrutturazione del debito, l'assicurato si conforma alle condizioni dell'accordo di ristrutturazione sia per la frazione garantita sia per quella non garantita dell'accordo di prestito o del contratto commerciale in questione. L'assicurato fornisce all'assicuratore tutta l'assistenza necessaria per l'esecuzione dell'accordo di ristrutturazione.b) Se l'importo assicurato è incluso in un accordo intergovernativo bilaterale di ristrutturazione del debito, l'assicuratore può rinunciare al periodo di un mese previsto al punto 28, una volta che l'accordo bilaterale è diventato efficace.31. Spese supplementari Le spese supplementari relative ad azioni volte a limitare o evitare perdite sono coperte in ragione della percentuale di copertura prevista dalla polizza di assicurazione credito, purché siano state approvate dall'assicuratore. Le spese supplementari comprendono le spese giudiziarie e altre spese legali volte a limitare o evitare le perdite ma non le spese volte ad accertare la validità della richiesta di indennizzo.Tuttavia, se tali spese si riferiscono anche ad importi o a crediti non garantiti dall'assicuratore, esse sono imputate proporzionalmente agli importi o ai crediti garantiti e non garantiti.CAPITOLO II: PREMIO 32. Principi generali per la fissazione del premio I premi devono convergere. A tal fine il premio fatturato per l'assicurazione dei crediti all'esportazione deve:- corrispondere al rischio coperto (rischio paese, sovrano, pubblico e/o privato);- riflettere adeguatamente la portata e la qualità della garanzia concessa;- non essere insufficiente ai fini della copertura di perdite e costi operativi a lungo termine.33. Qualità della garanzia Nel determinare la qualità della garanzia citata al punto 32 l'assicuratore deve tenere debitamente conto della percentuale di copertura, della condizionalità della stessa e di ogni altra condizione che influisce sulla qualità della garanzia.34. Valutazione del rischio paese Il livello del premio applicato per ciascun paese o categoria di paesi è basato su un'appropriata valutazione del rischio paese.35. Affidabilità del debitore Nel fissare i tassi di premio, l'assicuratore deve tenere conto adeguatamente dell'affidabilità del debitore nonché del suo status in base al punto 5.36. Durata del rischio Nel calcolare il premio l'assicuratore deve tenere conto della durata totale del rischio e degli interessi nonché del profilo di rimborso.37. Importo assicurabile a) Il premio viene pagato sull'importo assicurabile e si basa per quanto possibile su benchmark minimi. Questi sono espressi in percentuali di un valore di riferimento come se il premio fosse incassato integralmente alla data dell'assicurazione o cauzione; per i rischi di credito tale valore di riferimento è almeno pari all'importo del capitale del prestito o alla quota (ri)finanziata del contratto commerciale; per il rischio di fabbricazione è pari al valore totale del contratto dedotti gli acconti.b) Nel caso del rischio di fabbricazione, l'importo assicurabile può essere ridotto all'importo del danno massimo previsto.38. Pagamento del premio a) L'importo totale del premio deve essere corrisposto alla data della polizza di assicurazione credito o della garanzia o alla data in cui il contratto o l'accordo di prestito ha piena efficacia.b) Il premio può essere corrisposto ratealmente o aggiungendo un margine al tasso di interesse, purché esso corrisponda in valore attuale netto all'importo del premio di cui alla precedente lettera a).CAPITOLO III: POLITICA ASSICURATIVA PER PAESE 39. Determinazione della politica assicurativa per paese a) L'assicuratore, alla luce delle sue dimensioni e dei vincoli economici strutturali basa la sua politica assicurativa per paese sulla sua valutazione del rischio paese, sulla sua esposizione totale verso ciascun paese e sulla composizione del suo portafoglio rischi.b) Nel fissare la sua politica assicurativa per paese, l'assicuratore tiene conto della classificazione di ciascun paese debitore.c) Tuttavia l'assicuratore ha la facoltà di cessare o limitare la copertura delle operazioni su un determinato paese, indipendentemente dalla classificazione del paese in questione.40. Definizione dell'esposizione totale L'esposizione totale è determinata, nei limiti della percentuale di copertura, sulla base degli importi per le operazioni a medio e a lungo termine, di cui all'articolo 1 della direttiva.41. Rischio paese a) Per il gruppo di paesi che costituiscono il rischio migliore, l'assicuratore in linea di massima non applica restrizioni alla sua politica assicurativa.b) Per gli altri paesi, l'assicuratore può applicare restrizioni alla sua politica assicurativa.c) Un assicuratore che, in linea di massima, non offre copertura per un paese o un determinato gruppo di paesi può comunque, in via eccezionale, garantire alcune operazioni per ragioni di politica bilaterale o di interesse nazionale o se per l'operazione in questione è disponibile una quantità sufficiente di valuta estera liberamente convertibile.d) Per quanto riguarda i paesi di cui alla lettera b), gli assicuratori possono fissare limiti di rischio, in modo cumulativo o alternativo, ad esempio:- l'esposizione totale verso il paese in questione;- il valore totale delle premesse di garanzia;- il valore dei nuovi contratti da coprire;- l'importo massimo coperto per operazione.Gli assicuratori possono anche aumentare il premio applicabile.Al di sotto dei limiti di rischio per un determinato paese, non vi è di norma alcun limite della politica assicurativa.42. Condizioni specifiche di copertura per paese In ogni caso, l'assicuratore può sistematicamente applicare ad un determinato paese, indipendentemente dalla categoria cui appartiene, alcune condizioni di copertura, quali:- garanzia di pagamento e/o di trasferimento della Banca centrale o del Ministero delle Finanze del paese in questione;- lettera di credito irrevocabile o garanzia bancaria;- proroga del termine costitutivo di sinistro;- riduzione della percentuale di copertura;- limitazione della copertura per alcuni settori di attività o tipi di progetti.CAPITOLO IV: PROCEDURE DI NOTIFICA 43. Ambito delle procedure di notifica a) Gli assicuratori osservano le seguenti procedure nell'applicazione dei principi comuni enunciati nei capitoli da I a III del presente allegato.b) Tali procedure integrano quelle stabilite con la decisione 73/391/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1973, relativa alle procedure di consultazione e d'informazione in materia di assicurazione-crediti, garanzie e crediti finanziari (2).44. Tipi di procedure di notifica Sono previsti quattro tipi di procedure di notifica, per la Commissione e per gli altri assicuratori:- notifica annuale per informazione;- notifica per decisione;- notifica a priori per informazione;- notifica a posteriori per informazione.I dati forniti non sono rivelati a terzi.45. Notifica annuale per informazione a) Alla fine di ogni anno, e comunque entro il 30 aprile dell'anno successivo, ogni assicuratore invia agli altri assicuratori e alla Commissione una relazione circa l'attività svolta nel corso dell'esercizio, su base retrospettiva. Tale relazione riguarda tutti i paesi debitori e per ognuno di essi fornisce i dati seguenti:- importo complessivo delle promesse di garanzia offerte dall'assicuratore;- esposizione totale secondo il punto 40 dell'allegato;- premi riscossi;- importo dei recuperi;- importo degli indennizzi corrisposti.b) All'inizio di ogni anno, e comunque entro il 31 gennaio, ogni assicuratore invia agli altri assicuratori e alla Commissione una relazione circa la politica assicurativa che prevede di attuare nel corso dell'esercizio, comprendente tipo e livello dei massimali e condizioni di copertura sistematiche che l'assicuratore intende applicare.46. Notifica per decisione a) In caso di offerte concorrenziali da parte di esportatori o banche della Comunità, gli assicuratori interessati rispondono prontamente alle richieste di informazioni di altri assicuratori interessati circa la natura del debitore dell'operazione in questione, secondo quanto indicato al punto 5.b) In caso di disaccordo sulla natura giuridica del debitore, gli assicuratori interessati comunicano le informazioni agli altri assicuratori allo scopo di definire di comune accordo tale natura giuridica.c) Se gli assicuratori non riescono a raggiungere un accordo sulla natura giuridica del debitore entro 10 giorni lavorativi a decorrere dalla richiesta di informazioni, gli assicuratori interessati sottopongono la questione, comprese le pertinenti informazioni, alla Commissione, che adotta una decisione secondo la procedura di cui all'articolo 4 della presente direttiva.47. Notifica a priori per informazione a) L'assicuratore che intenda derogare alle disposizioni del presente allegato concedendo condizioni di copertura più favorevoli per una data operazione o una serie di operazioni, per uno o più settori particolari, per uno o più paesi specifici, o per il suo sistema globale, notifica la sua intenzione agli altri assicuratori e alla Commissione almeno sette giorni lavorativi prima che la sua decisione diventi operativa, specificando le ragioni della deroga prevista, ad esempio, la necessità di adeguarsi alla concorrenza internazionale, e il corrispondente tasso di premio da applicare.b) L'assicuratore che intenda applicare un premio più basso di quello che ha notificato su base annua in base al punto 45, lettera b) del presente allegato, notifica la sua intenzione agli altri assicuratori e alla Commissione almeno sette giorni lavorativi prima che la sua decisione diventi operativa.c) L'assicuratore che, dopo la notifica effettuata da un altro assicuratore in base alla lettera a) o b) del presente punto, intenda concedere condizioni più favorevoli di quelle oggetto di detta notifica comunica la sua intenzione agli altri assicuratori e alla Commissione almeno sette giorni lavorativi prima che la sua decisione diventi operativa, precisando il tasso di premio che intende applicare.d) L'assicuratore che, a norma del punto 41, lettera c) del presente allegato, intenda garantire operazioni con debitori di paesi per i quali in genere non offre copertura notifica la sua intenzione agli altri assicuratori e alla Commissione almeno sette giorni lavorativi prima che la sua decisione diventi operativa, precisando il tasso di premio che intende applicare.48. Notifica a posteriori per informazione a) L'assicuratore che intenda derogare alle disposizioni del presente allegato concedendo condizioni di copertura meno favorevoli per una data operazione o per una serie di operazioni, per uno o più settori particolari, per uno o più paesi specifici, o per il suo sistema complessivo, ne informa entro e non oltre il 31 gennaio gli altri assicuratori e la Commissione per l'anno civile precedente.b) L'assicuratore che decida di adeguare uno o più elementi della sua politica assicurativa per paese quale notificata su base annua in base al punto 45, lettera b) ne informa prontamente gli altri assicuratori e la Commissione.c) L'assicuratore che, dopo una notifica effettuata in base al punto 47, lettere a) e/o b), intenda concedere condizioni uguali a quelle oggetto di detta notifica ne informa prontamente gli altri assicuratori e la Commissione.d) Ogni assicuratore fornisce prontamente risposte dettagliate a ogni richiesta di precisazioni o informazioni di altri assicuratori o della Commissione in merito alla sua attività.49. Utilizzazione di un sistema di posta elettronica Tutte le notifiche sono di norma effettuate mediante un sistema di posta elettronica o, se necessario, mediante altri mezzi di comunicazione scritta immediata.(1) GU L 357 del 18. 12. 1982, pag. 20.(2) GU L 346 del 17. 12. 1973, pag. 1. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994. | Assicurazione dei crediti all’esportazione
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Armonizza i diversi sistemi pubblici nazionali di assicurazione dei crediti all’esportazione* per evitare distorsioni della concorrenza tra le imprese dell’UE.
Stabilisce principi comuni per la copertura assicurativa, i premi, le politiche assicurative per paese e le procedure di notifica.
PUNTI CHIAVE
La normativa si applica alla copertura assicurativa per l’esportazione di beni e servizi. Tutte le istituzioni che forniscono la copertura, direttamente o indirettamente, devono rispettarne i termini.
I rischi assicurati possono essere commerciali, politici, di fabbricazione o di credito.
Gli assicuratori sono tenuti al versamento dell’indennizzo se il sinistro è dovuto, direttamente o indirettamente, a varie cause, come l’insolvenza di un debitore o sviluppi politici o economici.
Gli assicuratori non sono tenuti al versamento dell’indennizzo per sinistri dovuti a fattori come:
comportamento o omissioni da parte dell’assicurato;
inadempimento dei subfornitori.
Gli indennizzi devono essere versati senza alcun indugio o, al più tardi, entro e non oltre un mese a decorrere dalla scadenza del termine costitutivo di sinistro*.
I premi devono:
corrispondere al rischio coperto (rischio paese, sovrano, pubblico e/o privato);
riflettere adeguatamente la portata e la qualità della garanzia concessa;
essere in grado di coprire perdite e costi operativi a lungo termine.
La politica assicurativa per paese deve basarsi su una valutazione dei rischi, in particolare l’esposizione totale di un paese e/o il valore dei nuovi contratti da assicurare.
Le procedure di notifica, volte a garantire la trasparenza del sistema, si applicano a:
notifica annuale per informazione;
notifica per decisione;
notifica a priori e a posteriori per informazione.
La normativa non si applica alla copertura assicurativa di:
offerte;
quote di pagamenti anticipate;
garanzie di esecuzione del contratto o garanzie per la ritenuta*;
attrezzature e materiali da costruzione utilizzati localmente.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva si applica dall’8 giugno 1998. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 1o aprile 1999.
* TERMINI CHIAVE
Sistemi di assicurazione dei crediti all’esportazione: proteggono un esportatore di prodotti e servizi contro il rischio di mancato pagamento da parte di un cliente straniero. Nel fornire all’esportatore un’assicurazione condizionale che il pagamento verrà effettuato se l’acquirente straniero non è in grado di pagare, si riducono i rischi di pagamento associati al commercio con l’estero.
Termine costitutivo di sinistro: il periodo di tempo che deve trascorrere perché il rischio coperto si realizzi.
Garanzie di esecuzione del contratto o garanzie per la ritenuta: garanzie che proteggono un cliente una volta completato un lavoro o un progetto. Garantiscono che il fornitore farà tutto il necessario per porre rimedio a difetti rilevati immediatamente dopo il completamento della commessa, anche se il fornitore ha già ricevuto l’intero compenso.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 98/29/CE del Consiglio, del 7 maggio 1998, relativa all’armonizzazione delle principali disposizioni in materia di assicurazione dei crediti all’esportazione per operazioni garantite a medio e a lungo termine (GU L 148 del 19.5.1998, pag. 22-32)
Le successive modifiche alla direttiva 98/29/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Decisione del Consiglio 2006/789/CE, del 13 novembre 2006, relativa alle procedure di consultazione e d’informazione in materia di assicurazione-crediti, garanzie e crediti finanziari (Versione codificata) (GU L 319 del 18.11.2006, pag. 37-45) | 12,479 | 896 |
32011L0085 | false | DIRETTIVA 2011/85/UE DEL CONSIGLIO
dell’8 novembre 2011
relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 126, paragrafo 14, terzo comma,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere della Banca centrale europea (2),
considerando quanto segue:
(1)
Occorre trarre insegnamenti dalle esperienze fatte durante il primo decennio dell’unione economica e monetaria. I recenti sviluppi economici hanno posto nuove sfide alla conduzione delle politiche di bilancio nell’Unione e hanno messo in evidenza in particolare la necessità di rafforzare la titolarità nazionale e di disporre di requisiti uniformi per quanto riguarda le regole e le procedure inerenti ai quadri di bilancio degli Stati membri. È in particolare necessario specificare che cosa debbono fare le autorità nazionali per rispettare le disposizioni del protocollo n. 12 sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato al trattato sull’Unione europea (TUE) e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in particolare l’articolo 3.
(2)
Le amministrazioni degli Stati membri e i loro sottosettori mantengono sistemi di contabilità pubblica che includono elementi come la registrazione delle operazioni contabili, il controllo interno, l’informativa finanziaria e l’audit. Tali sistemi dovrebbero essere distinti dai dati statistici, i quali riguardano i risultati delle finanze pubbliche basati sulle metodologie statistiche, e dalle previsioni o dalle azioni di formazione del bilancio, le quali riguardano le finanze pubbliche future.
(3)
L’esistenza di pratiche complete e affidabili in materia di contabilità pubblica per tutti i sottosettori dell’amministrazione pubblica è una condizione preliminare per la produzione di statistiche di elevata qualità che siano comparabili da uno Stato membro all’altro. Un controllo interno dovrebbe garantire che le norme in vigore siano applicate in tutto il sottosettore dell’amministrazione pubblica. Un audit indipendente eseguito da istituzioni pubbliche quali le Corti dei conti o da organismi privati di audit dovrebbe promuovere le migliori prassi internazionali.
(4)
La disponibilità dei dati di bilancio è fondamentale per il corretto funzionamento del quadro di sorveglianza dei bilanci dell’Unione. La disponibilità periodica di dati di bilancio aggiornati e affidabili è la chiave per un monitoraggio corretto e tempestivo che a sua volta consenta la pronta adozione di provvedimenti nel caso di un andamento imprevisto del bilancio. Un elemento cruciale per garantire la qualità dei dati di bilancio è la trasparenza, che presuppone che tali dati debbano essere periodicamente disponibili al pubblico.
(5)
Per quanto riguarda le statistiche, il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, sulle statistiche europee (3) ha istituito un quadro legislativo per la produzione di statistiche europee ai fini dell’elaborazione, dell’applicazione, del monitoraggio e della valutazione delle politiche dell’Unione. Tale regolamento ha altresì fissato i principi inerenti allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee, vale a dire indipendenza professionale, imparzialità, obiettività, affidabilità, segreto statistico e favorevole rapporto costi-benefici, fornendo definizioni precise di ciascuno di questi principi. Il regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (4) ha rafforzato il potere della Commissione di verificare i dati statistici utilizzati per la procedura per i disavanzi eccessivi.
(6)
Le definizioni dei termini «pubblico», «disavanzo» e «investimento» sono formulate nel protocollo n. 12 sulla procedura per i disavanzi eccessivi con riferimento al Sistema europeo di conti economici integrati (SEC), sostituito dal Sistema europeo dei conti regionali e nazionali nella Comunità, adottato mediante regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, sul Sistema europeo dei conti regionali e nazionali nella Comunità (5) («SEC 95»).
(7)
La disponibilità e la qualità dei dati SEC 95 è fondamentale per assicurare il corretto funzionamento del quadro di sorveglianza di bilancio dell’Unione. Il SEC 95 si basa su informazioni fornite secondo il principio di competenza. Tuttavia, tali statistiche di bilancio secondo il principio di competenza si basano su una precedente compilazione dei dati di cassa, o dati equivalenti. Questi ultimi possono essere determinanti per un migliore e tempestivo monitoraggio di bilancio al fine di evitare il tardivo rilevamento di errori di bilancio rilevanti. La disponibilità di serie temporali di dati di cassa relativi all’andamento del bilancio può rivelare modalità che richiedono una più stretta sorveglianza. I dati sulla contabilità di cassa (o dati equivalenti della contabilità pubblica se i dati sulla contabilità di cassa non sono disponibili) da pubblicare dovrebbero comprendere almeno un saldo globale, le entrate totali e le spese totali. In casi giustificati, per esempio qualora esistano numerosi organismi amministrativi locali, si potrebbero pubblicare tempestivamente i dati in base a opportune tecniche di stima fondate su un campione di amministrazioni, ed effettuare una successiva revisione in base ai dati completi.
(8)
Previsioni macroeconomiche e di bilancio distorte e irrealistiche possono ostacolare considerevolmente l’efficacia della programmazione di bilancio e di conseguenza mettere a repentaglio l’impegno in materia di disciplina di bilancio, mentre la trasparenza e la discussione delle metodologie previsionali possono aumentare notevolmente la qualità delle previsioni macroeconomiche e di bilancio utilizzate per la programmazione di bilancio.
(9)
Un elemento cruciale per garantire l’uso di previsioni realistiche per la conduzione delle politiche di bilancio è la trasparenza, che dovrebbe comportare la disponibilità pubblica non soltanto delle previsioni macroeconomiche e di bilancio ufficiali preparate per la pianificazione di bilancio, ma anche delle metodologie, delle ipotesi e dei parametri pertinenti sui quali tali previsioni si basano.
(10)
Un’analisi di sensibilità e le proiezioni di bilancio corrispondenti che completano lo scenario macrofiscale più probabile consentono di analizzare come evolverebbero le principali variabili di bilancio a fronte di varie ipotesi riguardanti i tassi di interesse e di crescita e riducono pertanto notevolmente il rischio che la disciplina di bilancio sia messa a repentaglio da errori di previsione.
(11)
Le previsioni della Commissione e le informazioni relative ai modelli sui quali tali previsioni si basano possono offrire agli Stati membri un utile termine di riferimento per il loro scenario macrofiscale più probabile, rafforzando la validità delle previsioni utilizzate per la programmazione di bilancio. Tuttavia, la misura in cui ci si può attendere che gli Stati membri confrontino le previsioni utilizzate per la programmazione di bilancio con le previsioni della Commissione varia secondo la tempistica dell’elaborazione delle previsioni e la comparabilità delle metodologie e delle ipotesi di previsione. Le previsioni di altri organismi indipendenti possono anch’esse fornire utili parametri di riferimento.
(12)
Le differenze significative tra lo scenario macrofiscale scelto e le previsioni della Commissione dovrebbero essere descritte e argomentate, in particolare se il livello o l’aumento delle variabili delle ipotesi esterne si discostano in modo significativo dai valori indicati nelle previsioni della Commissione.
(13)
Tenuto conto dell’interdipendenza tra i bilanci degli Stati membri e il bilancio dell’Unione, al fine di assistere gli Stati membri nella preparazione delle loro previsioni di bilancio, la Commissione dovrebbe fornire previsioni per le spese dell’Unione sulla base del livello di spesa programmato nell’ambito del quadro finanziario pluriennale.
(14)
Onde facilitare l’elaborazione delle previsioni utilizzate per la pianificazione di bilancio e chiarire le differenze tra le previsioni degli Stati membri e quelle della Commissione, ogni Stato membro dovrebbe avere la possibilità, su base annua, di discutere con la Commissione delle ipotesi alla base della preparazione delle previsioni macroeconomiche e di bilancio.
(15)
La qualità delle previsioni macroeconomiche e di bilancio ufficiali viene sostanzialmente rafforzata se esse sono soggette a una valutazione periodica, imparziale e completa basata su criteri obiettivi. Una valutazione completa comprende l’esame delle ipotesi economiche, il raffronto con le previsioni preparate da altre istituzioni e la valutazione dell’attendibilità delle previsioni passate.
(16)
Considerato che è documentato che quadri di bilancio nazionali basati sulle regole servono a rafforzare la titolarità nazionale delle norme fiscali dell’Unione e a promuovere la disciplina di bilancio degli Stati membri, regole di bilancio numeriche nazionali solide, specifiche per ciascun paese e coerenti con gli obiettivi di bilancio a livello dell’Unione, dovrebbero essere un pilastro del quadro rafforzato dell’Unione per la sorveglianza dei bilanci. Regole di bilancio numeriche solide dovrebbero prevedere obiettivi chiaramente definiti nonché i meccanismi per un monitoraggio effettivo e tempestivo. Tali regole dovrebbero basarsi su un’analisi affidabile e indipendente, eseguita da organismi indipendenti od organismi dotati di autonomia funzionale rispetto alle autorità di bilancio degli Stati membri. Inoltre, l’esperienza politica ha dimostrato che le regole di bilancio numeriche funzionano effettivamente solo se la mancata osservanza produce conseguenze, anche se si tratta solo di costi sul piano della reputazione.
(17)
In virtù del protocollo n. 15 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord allegato al TUE e al TFUE, i valori di riferimento di cui al protocollo n. 12 sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato a tali trattati non sono direttamente vincolanti per il Regno Unito. L’obbligo di dotarsi di regole di bilancio numeriche che promuovano effettivamente l’osservanza dei valori di riferimento specifici per il disavanzo eccessivo, nonché l’obbligo correlato di garantire che gli obiettivi pluriennali stabiliti nei quadri di bilancio a medio termine siano coerenti con tali regole non dovranno pertanto applicarsi al Regno Unito
(18)
È opportuno che gli Stati membri evitino politiche di bilancio procicliche, mentre gli sforzi di risanamento delle finanze pubbliche dovrebbero essere maggiori in periodi di congiuntura favorevole. Regole numeriche di bilancio ben definite consentono il raggiungimento di questi obiettivi e dovrebbero riflettersi nella legislazione di bilancio annuale degli Stati membri.
(19)
La programmazione di bilancio nazionale può essere coerente sia con la parte preventiva che con la parte correttiva del patto di stabilità e crescita (PSC) solo se adotta una prospettiva pluriennale e mira in particolare al raggiungimento degli obiettivi di bilancio a medio termine. I quadri di bilancio a medio termine sono fondamentali per garantire che i quadri di bilancio degli Stati membri siano coerenti con la normativa dell’Unione. Nello spirito del regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (6), e del regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (7), la parte preventiva e la parte correttiva del PSC non debbono essere considerate separatamente l’una dall’altra.
(20)
Sebbene l’approvazione della legislazione di bilancio annuale sia il passo fondamentale di un processo di bilancio nel corso del quale vengono adottate negli Stati membri importanti decisioni in materia di bilancio, la maggior parte delle misure finanziarie hanno implicazioni sul bilancio che vanno ben oltre il ciclo di bilancio annuale. Una prospettiva annuale non costituisce pertanto una base adeguata per politiche di bilancio solide. Per incorporare la prospettiva finanziaria pluriennale del quadro di sorveglianza dei bilanci dell’Unione, occorre che la programmazione della legislazione di bilancio annuale si basi su una programmazione di bilancio pluriennale derivante dal quadro di bilancio a medio termine.
(21)
È opportuno che tale quadro di bilancio a medio termine contenga, tra l’altro, proiezioni di ogni voce di spesa e di entrata importante per l’esercizio di bilancio in corso e oltre, basate sull’ipotesi di politiche invariate. Occorre che ciascuno Stato membro sia in grado di definire opportunamente le politiche invariate e tale definizione deve essere resa pubblica, unitamente alle ipotesi che comporta, alle metodologie e agli altri parametri pertinenti.
(22)
La direttiva non dovrebbe pregiudicare un governo neoeletto di uno Stato membro dall’aggiornare il proprio quadro di bilancio a medio termine per riflettere le proprie nuove priorità programmatiche. In tal caso il nuovo governo dovrebbe evidenziare le differenze con il precedente quadro di bilancio a medio termine.
(23)
Le disposizioni del quadro di sorveglianza dei bilanci istituito dal TFUE e in particolare il PSC si applicano all’amministrazione pubblica nel suo insieme, che comprende i sottosettori amministrazione centrale, amministrazioni di Stati federati, amministrazioni locali ed enti di previdenza e assistenza sociale, come definiti nel regolamento (CE) n. 2223/96.
(24)
Un numero significativo di Stati membri ha registrato un consistente decentramento in materia di bilancio, con la devoluzione di poteri di bilancio ad amministrazioni subnazionali. Il ruolo spettante a tali amministrazioni subnazionali nel garantire il rispetto del PSC è quindi notevolmente cresciuto e occorre prestare particolare attenzione nel garantire che tutti i sottosettori dell’amministrazione pubblica siano debitamente coperti dagli obblighi e dalle procedure previste nei quadri di bilancio nazionali, in particolare ma non esclusivamente in tali Stati membri.
(25)
Per promuovere efficacemente la disciplina di bilancio e la sostenibilità delle finanze pubbliche, occorre che i quadri di bilancio riguardino tali finanze nella loro totalità. Per questa ragione è opportuno riservare particolare attenzione alle operazioni di organismi e fondi dell’amministrazione pubblica che non rientrano nei bilanci ordinari a livello di sottosettori che hanno un impatto immediato o a medio termine sulle posizioni di bilancio degli Stati membri. La loro incidenza combinata sui saldi e il debito dell’amministrazione pubblica dovrebbe essere presentata nel quadro dei processi di bilancio annuali e dei piani di bilancio a medio termine.
(26)
Analogamente, è opportuno riservare la debita attenzione all’esistenza di passività potenziali. Più in dettaglio, le passività potenziali comprendono eventuali obbligazioni che dipendono dal verificarsi o meno di eventi futuri incerti o da obbligazioni effettive il cui pagamento è improbabile o il cui ammontare non può essere determinato in modo attendibile. Esse comprendono per esempio informazioni pertinenti su garanzie pubbliche, crediti deteriorati e passività derivanti dalla gestione delle imprese pubbliche, comprese, ove opportuno, la verosimile e potenziale data della spesa relative a passività potenziali. Si dovrebbero prendere in debita considerazione le sensibilità del mercato.
(27)
La Commissione dovrebbe monitorare periodicamente l’attuazione della presente direttiva. Si dovrebbero individuare e condividere le migliori prassi per quanto concerne le disposizioni della presente direttiva relativi ai diversi aspetti dei quadri di bilancio nazionali.
(28)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire il rispetto uniforme della disciplina di bilancio come richiesto dal TFUE, non può essere realizzato in modo sufficiente dagli Stati membri e può quindi essere realizzato meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(29)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (8), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e dell’Unione, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
OGGETTO E DEFINIZIONI
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce regole dettagliate riguardanti le caratteristiche dei quadri di bilancio degli Stati membri. Tali regole sono necessarie perché sia garantita l’osservanza da parte degli Stati membri dell’obbligo, derivante dal TFUE, di evitare disavanzi pubblici eccessivi.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni di «pubblico», «disavanzo» e «investimento» di cui all’articolo 2 del protocollo n. 12 sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato al TUE e al TFUE. Si applica la definizione di sottosettori dell’amministrazione pubblica di cui al punto 2.70 dell’allegato A del regolamento (CE) n. 2223/96 (SEC 95).
Si applica, inoltre, la seguente definizione:
«quadro di bilancio»: serie di disposizioni, procedure, norme e istituzioni inerenti alla conduzione delle politiche di bilancio dell’amministrazione pubblica, in particolare:
a)
sistemi di contabilità di bilancio e segnalazione statistica;
b)
regole e procedure riguardanti la preparazione delle previsioni per la programmazione di bilancio;
c)
regole di bilancio numeriche specifiche per paese, che contribuiscono a far sì che la conduzione della politica di bilancio degli Stati membri sia coerente con i loro rispettivi obblighi ai sensi del TFUE, espresse sotto forma di un indicatore sintetico dei risultati di bilancio, come il disavanzo pubblico, il fabbisogno, il debito o uno dei relativi componenti principali;
d)
procedure di bilancio comprendenti le regole procedurali che sono alla base di tutte le fasi del processo di bilancio;
e)
i quadri di bilancio a medio termine vale a dire una serie specifica di procedure di bilancio nazionali che estendono l’orizzonte per la formazione della politica di bilancio oltre il calendario del bilancio annuale, compresa la fissazione delle priorità politiche e degli obiettivi di bilancio a medio termine;
f)
dispositivi di monitoraggio e analisi indipendenti intesi a rafforzare la trasparenza degli elementi del processo di bilancio;
g)
meccanismi e regole che disciplinano le relazioni in materia di bilancio tra le autorità pubbliche dei sottosettori dell’amministrazione pubblica.
CAPO II
CONTABILITÀ E STATISTICHE
Articolo 3
1. Per quanto riguarda i sistemi nazionali di contabilità pubblica, gli Stati membri si dotano di sistemi di contabilità pubblica che coprono in modo completo e uniforme tutti i sottosettori dell’amministrazione pubblica e contengono le informazioni necessarie per generare dati fondati sul principio di competenza al fine di predisporre i dati basati sulle norme SEC 95. Detti sistemi di contabilità pubblica sono soggetti a controllo interno e audit indipendente.
2. Gli Stati membri assicurano che i dati di bilancio di tutti i sottosettori dell’amministrazione pubblica siano disponibili al pubblico tempestivamente e regolarmente come stabilito dal regolamento (CE) n. 2223/96. Gli Stati membri pubblicano in particolare:
a)
i dati sulla contabilità di cassa (o dati equivalenti della contabilità pubblica se i dati sulla contabilità di cassa non sono disponibili) con le seguenti frequenze:
—
mensile e prima della fine del mese seguente per quanto riguarda i sottosettori amministrazione centrale, amministrazioni di Stati federati ed enti di previdenza e assistenza sociale, e
—
trimestrale e prima della fine del trimestre seguente per quanto riguarda il sottosettore amministrazioni locali;
b)
una tabella di riconciliazione dettagliata in cui figurano la metodologia di transizione tra i dati sulla contabilità di cassa (o dati equivalenti della contabilità pubblica se i dati sulla contabilità di cassa non sono disponibili) e i dati basati sulle norme SEC 95.
CAPO III
PREVISIONI
Articolo 4
1. Gli Stati membri assicurano che la programmazione di bilancio si basi su previsioni macroeconomiche e di bilancio realistiche che utilizzano le informazioni più aggiornate. La programmazione di bilancio si basa sullo scenario macrofiscale più probabile o su uno scenario più prudente. Le previsioni macroeconomiche e di bilancio sono confrontate con le previsioni della Commissione più aggiornate e, se del caso, con quelle di altri organismi indipendenti. Le differenze significative tra lo scenario macrofinanziario scelto e le previsioni della Commissione sono descritte e argomentate, in particolare se il livello o l’aumento delle variabili nelle ipotesi esterne si discostano in modo significativo dai valori indicati nelle previsioni della Commissione.
2. La Commissione rende pubbliche le metodologie, le ipotesi e i parametri pertinenti che supportano le sue previsioni macroeconomiche e di bilancio.
3. Onde sostenere gli Stati membri nella preparazione delle loro previsioni di bilancio, la Commissione fornisce previsioni per le spese dell’Unione basate sul livello di spesa programmato nell’ambito del quadro finanziario pluriennale.
4. Nel quadro di un’analisi di sensibilità, le previsioni macroeconomiche e di bilancio esaminano l’andamento delle principali variabili di bilancio a fronte di varie ipotesi riguardanti i tassi di interesse e di crescita. La gamma di ipotesi alternative utilizzate nelle previsioni macroeconomiche e di bilancio dipende dall’attendibilità delle previsioni passate e deve tentare di tenere conto dei pertinenti scenari di rischio.
5. Gli Stati membri specificano l’istituzione incaricata di elaborare le previsioni macroeconomiche e di bilancio e rendono pubbliche le previsioni macroeconomiche e di bilancio ufficiali preparate per la programmazione di bilancio, comprese le metodologie, le ipotesi e i parametri pertinenti alla base di tali previsioni. Gli Stati membri e la Commissione avviano, con cadenza almeno annuale, un dialogo tecnico sulle ipotesi alla base dell’elaborazione delle previsioni macroeconomiche e di bilancio.
6. Le previsioni macroeconomiche e di bilancio per la programmazione di bilancio sono soggette a una valutazione periodica, imparziale e completa basata su criteri obiettivi, compresa la valutazione ex post. I risultati di tale valutazione sono pubblicati e di essi si terrà opportunamente conto per le future previsioni macroeconomiche e di bilancio. Qualora la valutazione rilevi un errore significativo che si ripercuote sulle previsioni macroeconomiche su un periodo di almeno quattro anni consecutivi, lo Stato membro interessato intraprende le azioni necessarie e le rende pubbliche.
7. I livelli di debito trimestrale e di deficit degli Stati membri sono pubblicati dalla Commissione (Eurostat) con periodicità trimestrale.
CAPO IV
REGOLE DI BILANCIO NUMERICHE
Articolo 5
Ciascuno Stato membro si dota di regole di bilancio numeriche specifiche che promuovano effettivamente l’osservanza dei suoi obblighi derivanti dal TFUE nel settore delle politiche di bilancio, nell’ambito di una prospettiva pluriennale per l’intera amministrazione pubblica. Tali regole promuovono in particolare:
a)
il rispetto dei valori di riferimento relativi al disavanzo e al debito fissati conformemente al TFUE;
b)
l’adozione di un orizzonte di programmazione di bilancio pluriennale, che comprende il rispetto dell’obiettivo di bilancio a medio termine dello Stato membro.
Articolo 6
1. Fatte salve le disposizioni del TFUE relative al quadro di sorveglianza dei bilanci dell’Unione, le regole di bilancio numeriche specifiche per paese precisano i seguenti elementi:
a)
la definizione degli obiettivi e l’ambito di applicazione delle regole;
b)
il controllo effettivo e tempestivo dell’osservanza delle regole, basato su un’analisi affidabile e indipendente, eseguita da organismi indipendenti od organismi dotati di autonomia funzionale rispetto alle autorità di bilancio degli Stati membri;
c)
le conseguenze in caso di mancata osservanza.
2. Se le regole di bilancio numeriche contengono clausole di salvaguardia, queste ultime prevedono un numero limitato di circostanze specifiche coerente con gli obblighi dello Stato membro derivanti dal TFUE nel settore della politica di bilancio e procedure rigorose in cui è consentito non rispettare temporaneamente la regola.
Articolo 7
La legislazione di bilancio annuale degli Stati membri riflette il quadro derivante dalle loro regole di bilancio numeriche in vigore.
Articolo 8
Gli articoli da 5 a 7 non si applicano al Regno Unito.
CAPO V
QUADRI DI BILANCIO A MEDIO TERMINE
Articolo 9
1. Gli Stati membri istituiscono un quadro di bilancio a medio termine credibile ed efficace che preveda l’adozione di un orizzonte di programmazione di almeno tre anni per assicurare che la programmazione di bilancio nazionale segua una prospettiva di programmazione finanziaria pluriennale.
2. I quadri di bilancio a medio termine includono procedure per stabilire quanto segue:
a)
obiettivi di bilancio pluriennali globali e trasparenti in termini di disavanzo e debito pubblico nonché qualsiasi altro indicatore di bilancio sintetico quale la spesa, assicurando che essi siano conformi alle regole di bilancio numeriche in vigore in virtù del capo IV;
b)
proiezioni di ogni voce di spesa e di entrata importante dell’amministrazione pubblica, con maggiori precisazioni relativamente al livello dell’amministrazione centrale e della previdenza e assistenza sociale, per l’esercizio di bilancio in corso e oltre, basate sull’ipotesi di politiche invariate;
c)
una descrizione delle politiche previste a medio termine che hanno incidenza a livello di amministrazione pubblica suddivise per voce di entrata e di spesa importante, con l’indicazione di come viene realizzato l’aggiustamento verso gli obiettivi di bilancio a medio termine rispetto alle proiezioni basate sull’ipotesi di politiche invariate;
d)
una valutazione dell’impatto che le politiche previste, alla luce della loro incidenza diretta a medio termine sulle finanze pubbliche, potrebbero avere sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.
3. Le proiezioni adottate nell’ambito dei quadri di bilancio a medio termine sono basate su proiezioni macroeconomiche e di bilancio realistiche come previsto al capo III.
Articolo 10
La legislazione di bilancio annuale è conforme alle disposizioni derivanti dal quadro di bilancio a medio termine. Nello specifico, le proiezioni delle entrate e delle spese e le priorità derivanti dal quadro di bilancio a medio termine di cui all’articolo 9, paragrafo 2, costituiscono la base per la preparazione del bilancio annuale. Qualsiasi scostamento da tali disposizioni è debitamente spiegato.
Articolo 11
Nessuna disposizione della presente direttiva impedisce al nuovo governo di uno Stato membro di aggiornare il proprio quadro di bilancio a medio termine per rispecchiare le proprie nuove priorità politiche. In tal caso il nuovo governo indica le differenze con il precedente quadro di bilancio a medio termine.
CAPO VI
TRASPARENZA DELLE FINANZE DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E AMBITO DI APPLICAZIONE COMPLETO DEI QUADRI DI BILANCIO
Articolo 12
Gli Stati membri assicurano che tutte le misure adottate per conformarsi ai capi II, III e IV si applichino in modo coerente e riguardino tutti i sottosettori dell’amministrazione pubblica. Ciò richiede in particolare l’uniformità delle norme e procedure contabili nonché l’integrità dei sistemi di raccolta e elaborazione dati sottostanti.
Articolo 13
1. Gli Stati membri istituiscono meccanismi appropriati per il coordinamento tra tutti i sottosettori dell’amministrazione pubblica tali da garantire una copertura completa e uniforme di tutti i sottosettori dell’amministrazione pubblica nella programmazione di bilancio, nelle regole di bilancio numeriche specifiche per paese e nella preparazione delle previsioni di bilancio e per l’istituzione di una programmazione pluriennale come previsto in particolare nel quadro di bilancio pluriennale.
2. Per promuovere la responsabilità di bilancio, occorre stabilire chiaramente le competenze di bilancio delle autorità pubbliche nei diversi sottosettori dell’amministrazione pubblica.
Articolo 14
1. Nel quadro dei processi di bilancio annuali gli Stati membri identificano e presentano tutti gli organismi e i fondi dell’amministrazione pubblica che non rientrano nei bilanci ordinari a livello di sottosettori, unitamente ad altre informazioni pertinenti. L’incidenza combinata sui saldi e il debito dell’amministrazione pubblica di tali organismi e fondi dell’amministrazione pubblica è presentata nel quadro dei processi di bilancio annuali e dei piani di bilancio a medio termine.
2. Gli Stati membri pubblicano informazioni dettagliate circa l’impatto sulle entrate del minor gettito dovuto alle spese fiscalmente detraibili.
3. Per tutti i sottosettori dell’amministrazione pubblica, gli Stati membri pubblicano informazioni pertinenti sulle passività potenziali che possono avere effetti consistenti sui bilanci pubblici, comprese le garanzie pubbliche, i crediti deteriorati e le passività derivanti dalla gestione delle imprese pubbliche, indicandone l’entità. Gli Stati membri pubblicano altresì informazioni sulle partecipazioni dell’amministrazione pubblica al capitale di imprese private e pubbliche per importi economicamente significativi.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 15
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 2013. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Il Consiglio incoraggia gli Stati membri a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e dell’Unione, tavole di concordanza indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la direttiva e i provvedimenti di recepimento.
2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
3. La Commissione elabora una relazione provvisoria sui progressi compiuti nell’attuazione delle disposizioni principali della presente direttiva sulla base delle informazioni pertinenti degli Stati membri e la trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 14 dicembre 2012.
4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.
Articolo 16
1. Entro il 14 dicembre 2018, la Commissione pubblica una relazione sull’adeguatezza della presente direttiva.
2. La revisione valuta, tra l’altro, l’adeguatezza dei seguenti elementi:
a)
requisiti statistici per tutti i sottosettori dell’amministrazione;
b)
la concezione e l’efficacia delle regole di bilancio numeriche negli Stati membri;
c)
il livello generale di trasparenza delle finanze pubbliche negli Stati membri.
3. La Commissione, entro il 31 dicembre 2012, valuta l’adeguatezza dei principi contabili internazionali applicabili al settore pubblico per gli Stati membri.
Articolo 17
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 18
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, l’8 novembre 2011
Per il Consiglio
Il presidente
J. VINCENT-ROSTOWSKI
(1) Parere del Parlamento europeo del 28 settembre 2011 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 150 del 20.5.2011, pag. 1.
(3) GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164.
(4) GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1.
(5) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1.
(6) GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1.
(7) GU L 209 del 2.8.1997, pag. 6.
(8) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. | Requisiti per i bilanci dei paesi dell’area dell’euro
SINTESI
COSA FA LA DIRETTIVA?
Stabilisce norme dettagliate per i bilanci nazionali. Queste sono necessarie per garantire che i governi dell’Unione europea (UE) rispettino i requisiti di unione economica e monetaria e non abbiano disavanzi eccessivi.
PUNTI CHIAVE
I governi dell’UE devono:
—
essere dotati di sistemi di contabilità pubblica che coprono in modo completo tutte le aree di entrata e di spesa e sono sottoposti a un controllo interno e audit indipendenti;
—
rendere disponibili al pubblico i dati fiscali (quelli per il governo centrale e per il settore della previdenza sociale devono essere forniti mensilmente e quelli per il governo locale trimestralmente);
—
garantire che la loro programmazione di bilancio si basi su realistiche previsioni macroeconomiche e di bilancio che utilizzano le informazioni più aggiornate, incluse le previsioni della Commissione europea e, se del caso, quelle di altri organismi indipendenti;
—
essere dotati di regole fiscali specifiche per garantire che il bilancio pubblico generale sia conforme alle normative europee, al fine di evitare eccessivi disavanzi o debiti pubblici. Organizzazioni indipendenti controllano attentamente il rispetto delle regole;
—
stabilire un credibile ed efficace quadro di bilancio a medio termine che includa un orizzonte di programmazione fiscale di tre anni. Questo contiene gli obiettivi di bilancio pluriennali, proiezioni delle principali voci di spesa e di entrata e la valutazione della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche;
—
garantire la coerenza e il coordinamento di tutte le norme e procedure contabili in tutte le aree di attività del governo.
Nella sua relazione 2014 sulla qualità dei dati finanziari nazionali, la Commissione ha constatato che i governi dell’Unione europea sono stati molto bravi a rispettare le scadenze di notifica, ma che la completezza delle tavole per i disavanzi eccessivi potrebbe essere migliorata.
CONTESTO
La direttiva è uno dei sei provvedimenti legislativi (noti come 6-pack) entrati in vigore il 13 dicembre 2011 e rafforza la governance fiscale ed economica dell’Unione europea.
È seguita dal 2-pack che migliora ulteriormente la sorveglianza dei bilanci nell’area dell’euro. Nel corso della procedura del semestre europeo, tutti i paesi che utilizzano l’euro devono presentare il proprio progetto di bilancio alla Commissione entro la metà di ottobre. Se la Commissione ritiene che questo potrebbe non soddisfare le norme in materia di moneta unica, può chiederne la revisione.
CONTESTO
Breve guida alla nuova governance di bilancio dell’UE
ATTO
Direttiva 2011/85 /UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2011/85/UE
13.12.2011
31.12.2013
GU L 306 del 23.11.2011, pagg. 41-47
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: Verso l’applicazione di principi contabili armonizzati per il settore pubblico negli Stati membri — Idoneità degli IPSAS per gli Stati membri [COM(2013) 114 final del 6.3.2013].
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla qualità dei dati finanziari notificati dagli Stati membri nel 2013 [COM(2014) 122 final del 7.3.2014]. | 10,813 | 128 |
31998L0049 | false | Direttiva 98/49/CE del Consiglio del 29 giugno 1998 relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea
Gazzetta ufficiale n. L 209 del 25/07/1998 pag. 0046 - 0049
DIRETTIVA 98/49/CE DEL CONSIGLIO del 29 giugno 1998 relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europeaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 51 e 235,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),(1) considerando che la libera circolazione delle persone è una delle libertà fondamentali della Comunità; che il trattato prevede che il Consiglio, con deliberazione unanime, adotti in materia di sicurezza sociale le misure necessarie per l'instaurazione della libera circolazione dei lavoratori;(2) considerando che la protezione sociale dei lavoratori è garantita da regimi legali di sicurezza sociale integrati da regimi complementari di sicurezza sociale;(3) considerando che la legislazione già adottata dal Consiglio al fine di proteggere i diritti previdenziali dei lavoratori che si spostano all'interno della Comunità e dei loro familiari, in particolare il regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (4), e il regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (5), riguarda unicamente i regimi pensionistici legali; che il sistema di coordinamento previsto in tali regolamenti non si estende ai regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi coperti dal termine «legislazione» quale definita nell'articolo 1, lettera j), primo comma del regolamento (CEE) n. 1408/71, o per i quali uno Stato membro fa una dichiarazione ai sensi di detto articolo;(4) considerando che il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta dei provvedimenti più appropriati per il conseguimento dell'obiettivo dell'articolo 51 del trattato; che il sistema di coordinamento previsto nei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 e, in particolare, le regole in materia di cumulo non sono appropriati per i regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi coperti dal termine «legislazione» quale definita nell'articolo 1, lettera j), primo comma del regolamento (CEE) n. 1408/71, o per i quali uno Stato membro fa una dichiarazione ai sensi di detto articolo, e che dovrebbero pertanto essere assoggettati a misure specifiche, la prima delle quali è la presente direttiva, per tener conto della loro natura speciale e delle loro caratteristiche, come pure della diversità di tali regimi negli e tra gli Stati membri;(5) considerando che nessuna pensione o prestazione dovrebbe essere simultaneamente assoggettata alle disposizioni della presente direttiva e a quelle dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 e che, quindi, non può essere assoggettato alle disposizioni della presente direttiva alcun regime pensionistico complementare rientrante nell'ambito di applicazione di tali regolamenti in virtù di una dichiarazione all'uopo fatta da uno Stato membro ai sensi dell'articolo 1, lettera j) del regolamento (CEE) n. 1408/71;(6) considerando che nella raccomandazione 92/442/CEE, del 27 luglio 1992, relativa alla convergenza degli obiettivi e delle politiche della protezione sociale (6), il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di «favorire, qualora necessario, la messa a punto delle condizioni di acquisizione dei diritti alla pensione di quiescenza, in particolare alla pensione complementare, al fine di eliminare gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori dipendenti»;(7) considerando che si può contribuire al conseguimento di tale obiettivo riservando ai lavoratori che si spostano, o il cui luogo di lavoro si sposta da uno Stato membro ad un altro, un trattamento, per quanto concerne la tutela dei loro diritti a pensione complementare, uguale a quello riservato ai lavoratori che rimangono all'interno del medesimo Stato membro o il cui luogo di lavoro cambia ma rimane all'interno del medesimo Stato membro;(8) considerando che la libertà di circolazione delle persone, che è uno dei diritti fondamentali sanciti nel trattato, non è limitata ai lavoratori subordinati ma si applica anche ai lavoratori autonomi;(9) considerando che il trattato non prevede competenze diverse da quelle di cui all'articolo 235 per adottare appropriate disposizioni in materia di sicurezza sociale dei lavoratori autonomi;(10) considerando che, al fine di rendere effettivo l'esercizio del diritto alla libera circolazione, i lavoratori e gli altri aventi diritto dovrebbero disporre di talune garanzie di parità di trattamento in merito al mantenimento dei diritti a pensione acquisiti derivanti da regimi pensionistici complementari;(11) considerando che gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che le prestazioni nell'ambito di regimi pensionistici complementari vengano erogate agli iscritti e agli ex iscritti, nonché agli altri aventi diritto ai sensi di tali regimi pensionistici in tutti gli Stati membri, dal momento che qualunque restrizione alla libera circolazione dei pagamenti e dei capitali è vietata dall'articolo 73 B del trattato;(12) considerando che, per facilitare l'esercizio del diritto alla libera circolazione, le normative nazionali dovrebbero, ove necessario, essere adattate affinché sia possibile continuare a versare contributi ad un regime pensionistico complementare riconosciuto in uno Stato membro da parte o per conto di lavoratori distaccati in un altro Stato membro, ai sensi del titolo II del regolamento (CE) n. 1408/71;(13) considerando che al riguardo il trattato esige non solo l'abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità tra lavoratori degli Stati membri, ma altresì l'eliminazione di ogni provvedimento nazionale che possa impedire o rendere meno agevole l'esercizio, da parte di tali lavoratori, delle libertà fondamentali garantite dal trattato, quali interpretate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in successive sentenze;(14) considerando che i lavoratori che esercitano il loro diritto alla libera circolazione dovrebbero essere adeguatamente informati dai datori di lavoro, dagli amministratori o da altri responsabili della gestione dei regimi pensionistici complementari, in particolare in merito alle scelte ed alle alternative loro offerte;(15) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicate le legislazioni degli Stati membri in materia di azione collettiva intesa a difendere gli interessi professionali;(16) considerando che, vista la diversità dei regimi complementari di sicurezza sociale, la Comunità dovrebbe definire unicamente un quadro generale di obiettivi e che, pertanto, una direttiva risulta lo strumento giuridico adeguato;(17) considerando che, in conformità ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità sanciti nell'articolo 3 B del trattato, gli obiettivi della presente direttiva non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario; che la presente direttiva non va al di là di ciò che è necessario per raggiungere detti obiettivi,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO I OBIETTIVO E AMBITO DI APPLICAZIONE Articolo 1 Obiettivo della presente direttiva è tutelare i diritti degli iscritti a regimi pensionistici complementari che si spostano da uno Stato membro all'altro, contribuendo così alla rimozione degli ostacoli che si frappongono alla libera circolazione dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi all'interno della Comunità. Tale tutela riguarda i diritti a pensione a titolo di regimi pensionistici complementari sia volontari sia obbligatori, ad eccezione dei regimi disciplinati dal regolamento (CEE) n. 1408/71.Articolo 2 La presente direttiva si applica agli iscritti a regimi pensionistici complementari e agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi che hanno acquisito o stanno acquisendo diritti in uno o più Stati membri.CAPO II DEFINIZIONI Articolo 3 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) «pensione complementare» le pensioni di anzianità e, ove previsto dalle norme di un regime pensionistico complementare stabilite in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, le prestazioni di invalidità e di reversibilità destinate a integrare o a sostituire le prestazioni erogate dai regimi legali di sicurezza sociale per gli stessi casi;b) «regimi pensionistici complementari», tutti i regimi pensionistici di categoria stabiliti in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, come contratti di assicurazione di gruppo, regimi a ripartizione convenuti da uno o più rami o settori, regimi basati su fondi pensione o promesse di pensione garantite da riserve contabili, o qualsiasi sistema collettivo o altro sistema analogo, intesi a fornire una pensione complementare a lavoratori subordinati o autonomi;c) «diritti a pensione», tutte le prestazioni alle quali hanno diritto, ai sensi delle disposizioni di un regime pensionistico complementare e - se applicabile - ai sensi della normativa nazionale, gli iscritti a tale regime e altri aventi diritto;d) «diritti a pensione acquisiti», diritti a prestazioni conseguiti dopo aver soddisfatto le condizioni stabilite da un regime di pensione complementare e - se applicabile - ai sensi della normativa nazionale;e) «lavoratore distaccato», persona che è distaccata per lavoro in un altro Stato membro e che ai sensi del titolo II del regolamento (CEE) n. 1408/71 continua ad essere soggetta alla legislazione dello Stato membro di origine; «distacco» va inteso nello stesso senso;f) «contributo», qualsiasi versamento fatto o ritenuto fatto ad un regime pensionistico complementare.CAPO III MISURE DI PROTEZIONE DEI DIRITTI A PENSIONE COMPLEMENTARE DI LAVORATORI CHE SI SPOSTANO ALL'INTERNO DELLA COMUNITÀ Articolo 4 Parità di trattamento nel mantenimento dei diritti a pensione Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il mantenimento dei diritti a pensione acquisiti dagli iscritti ad un regime pensionistico complementare nei confronti dei quali non vengono più versati contributi per il fatto di spostarsi da uno Stato membro ad un altro, nella stessa misura riservata agli iscritti nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nel primo Stato membro. Il presente articolo si applica anche alle altre persone aventi diritto a titolo delle norme del regime pensionistico complementare in questione.Articolo 5 Pagamenti transfrontalieri Gli Stati membri assicurano che negli altri Stati membri i regimi pensionistici complementari eroghino agli iscritti, nonché agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi, tutte le prestazioni dovute in base a detti regimi, al netto delle imposte e delle spese di transazione eventualmente applicabili.Articolo 6 Contributi a regimi pensionistici complementari versati da e per conto di lavoratori distaccati 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire che i contributi ad un regime pensionistico complementare con sede in uno Stato membro continuino ad essere versati da o per conto del lavoratore distaccato che è iscritto a detto regime, durante il periodo del suo distacco in un altro Stato membro.2. Qualora in base al paragrafo 1 i contributi continuino ad essere versati ad un regime pensionistico complementare in uno Stato membro, il lavoratore distaccato e - se applicabile - il suo datore di lavoro sono esentati da qualsiasi obbligo di versare contributi ad un regime pensionistico complementare in un altro Stato membro.Articolo 7 Informazione degli iscritti Gli Stati membri adottano misure per far sì che i datori di lavoro, gli amministratori o altri responsabili della gestione di un regime pensionistico complementare informino adeguatamente gli iscritti dei loro diritti a pensione e delle altre possibilità offerte loro dal regime complementare, quando si spostano in un altro Stato membro. Tali informazioni corrispondono almeno a quelle fornite agli iscritti al regime nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nello stesso Stato membro.CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 8 Gli Stati membri possono stabilire che le disposizioni dell'articolo 6 si applichino unicamente ai distacchi che iniziano il o dopo il 25 luglio 2001.Articolo 9 Gli Stati membri introducono nei loro ordinamenti giuridici interni i provvedimenti necessari per consentire alle persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione delle disposizioni della presente direttiva di far valere i loro diritti in via giurisdizionale, previo eventuale ricorso ad altre autorità competenti.Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 36 mesi dalla sua entrata in vigore o garantiscono che entro tale data le parti sociali introducano le disposizioni necessarie tramite accordi. Essi sono tenuti ad adottare le misure che consentano loro in ogni momento di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva e le comunicano immediatamente alla Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, esse contengono un riferimento alla presente direttiva oppure sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del suddetto riferimento sono stabilite dagli Stati membri.Gli Stati membri indicano alla Commissione le autorità nazionali da contattare per quanto riguarda l'applicazione della presente direttiva.2. Entro il 25 gennaio 2002 gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nell'ambito contemplato dalla presente direttiva.3. In base alle informazioni fornite dagli Stati membri la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale, entro sei anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.La relazione illustra l'applicazione della presente direttiva e, se del caso, propone gli emendamenti che dovessero risultare necessari.Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 29 giugno 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. COOK(1) GU C 5 del 9. 1. 1998, pag. 4.(2) GU C 152 del 18. 5. 1998.(3) GU C 157 del 25. 5. 1998, pag. 26.(4) GU L 149 del 5. 7. 1971, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1223/98 (GU L 168 del 13. 6. 1998, pag. 1).(5) GU L 74 del 27. 3. 1972, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1223/98 (GU L 168 del 13. 6. 1998, pag. 1).(6) GU L 245 del 26. 8. 1992, pag. 49. | Salvaguardia dei diritti a pensione complementare
La presente direttiva ha lo scopo di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori subordinati e lavoratori autonomi, pur salvaguardando i loro diritti a pensione complementare quando si spostano da uno Stato membro all'altro. Questa protezione riguarda entrambi i regimi pensionistici, sia volontari che obbligatori , ad eccezione dei regimi di sicurezza sociale di cui al regolamento (CE) n. 883/2004.
ATTO
Direttiva 98/49/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea.
SINTESI
La presente direttiva si applica agli iscritti a regimi pensionistici complementari e agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi che hanno acquisito o stanno acquisendo diritti in uno o più Stati membri.
La presente direttiva prevede quattro misure principali per la salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori che si spostano all'interno della Comunità:
Parità di trattamento nel mantenimento dei diritti a pensione
Gli Stati membri devono, per le persone che hanno lasciato un regime pensionistico complementare perché sono andate a lavorare in un altro Stato membro, adottare le misure necessarie per assicurare il mantenimento dei diritti a pensione acquisiti nella stessa misura riservata agli iscritti nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nello stesso Stato membro.
La direttiva 2014/50/UE, che deve essere integrata nella legislazione nazionale dei paesi dell'UE entro il 21.5.2018, assicura che chiunque abbia diritti a pensione complementare non li perda quando va a vivere o lavorare in un altro paese dell'UE. Si richiede che:
i diritti a pensione complementare debbano essere garantiti dopo 3 anni di lavoro al più tardi. Se è richiesta un'età minima, essa non deve essere superiore ai 21 anni;
i diritti dei lavoratori che lasciano un regime pensionistico di categoria prima del pensionamento debbano essere mantenuti e trattati come i diritti di quelli che rimangono nel regime, per quanto riguarda questioni come l'indicizzazione.
Pagamenti transfrontalieri
Gli Stati membri provvedono affinché i regimi pensionistici complementari eroghino i pagamenti in altri Stati membri, al netto di eventuali imposte e spese di transazione, di tutte le prestazioni dovute in virtù di questi regimi complementari.
Lavoratori distaccati e pensioni complementari
I lavoratori distaccati hanno la possibilità di rimanere nel regime pensionistico del loro paese d'origine durante il periodo di distacco in un altro Stato membro. I lavoratori distaccati e, se del caso, i loro datori di lavoro sono quindi esentati da qualsiasi obbligo di versare contributi ad un regime pensionistico complementare in un altro Stato membro.
Informazione degli iscritti
I datori di lavoro, gli amministratori o altri responsabili della gestione di un regime pensionistico complementare devono informare adeguatamente gli iscritti dei loro diritti a pensione e delle altre possibilità offerte loro dal regime complementare, quando si spostano in un altro Stato membro.
Ai sensi della direttiva 2014/50/UE, i lavoratori in un regime pensionistico complementare possono chiedere in che modo l'interruzione del lavoro o lo spostamento influenzi i loro diritti a pensione complementare e le condizioni che si applicherebbero per il futuro trattamento di tali diritti.
Le persone che hanno lasciato il regime devono essere informate circa il valore e il trattamento dei loro diritti.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 98/49/CE
25.7.1998
25.1.2002
GU L 209 del 25.7.1998
ATTI COLLEGATI
Libro verde del 7 luglio 2010 Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa [COM (2010)365 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
Direttiva 2014/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l'acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari [Gazzetta ufficiale L 128 del 30.4.2014]. | 5,834 | 900 |
31992R3577 | false | Regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo)
Gazzetta ufficiale n. L 364 del 12/12/1992 pag. 0007 - 0010 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0203 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0203
REGOLAMENTO (CEE) N. 3577/92 DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1992 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta modificata della Commissione (1), visti i pareri del Parlemento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che, il 12 giugno 1992, il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione sulla liberalizzazione del cabotaggio marittimo e sulle sue conseguenze economiche e sociali; considerando che, secondo l'articolo 61 del trattato, la libera prestazione dei servizi in materia di trasporti marittimi è regolata dalle disposizioni del titolo relativo ai trasporti; considerando che è necessario abolire le restrizioni alla libera prestazione di servizi tra Stati membri nel settore dei trasporti marittimi per poter realizzare il mercato interno; che il mercato interno comporta una spazio nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che pertanto il principio della libera prestazione dei servizi va applicato ai trasporti marittimi fra Stati membri; considerando che beneficiari di tale libertà dovrebbero essere gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e battenti bandiera del medesimo Stato membro, a prescindere dal fatto che abbia una fascia costiera; considerando che tale libertà sarà estesa alle navi iscritte anche nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato; considerando che, al fine di evitare distorsioni di concorrenza, gli armatori comunitari che esercitano la libera prestazione dei servizi di cabotaggio dovrebbero soddisfare tutti i requisiti necessari per effettuare il cabotaggio nello Stato membro in cui le loro navi sono registrate; che gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e non hanno il diritto di effettuare il cabotaggio in tale Stato dovrebbero comunque beneficiare del presente regolamento durante un periodo transitorio; considerando che l'attuazione di questa libertà dovrebbe essere graduale e non necessariamente applicata in modo uniforme per tutti i servizi interessati, tenuto conto della natura di alcuni servizi specifici e dei notevoli sforzi che talune economie della Comunità, in cui si rilevano disparità di sviluppo, dovranno compiere; considerando che l'istituzione di pubblici servizi che comportano determinati diritti ed obblighi per gli armatori interessati può essere giustificata per garantire adeguati servizi di trasporto regolari verso, da e tra le isole, sempreché non si effettuino discriminazioni basate sulla cittadinanza o sulla residenza; considerando che dovrebbero essere adottate disposizioni in modo che sia possibile prendere misure di salvaguardia per quanto riguarda i mercati dei trasporti marittimi colpiti da gravi perturbazioni o in caso di emergenza; che a tale scopo dovrebbero essere istituite le opportune procedure decisionali; considerando che, vista la necessità di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e nella prospettiva di eventuali adattamenti alla luce dell'esperienza, la Commissione dovrebbe presentare una relazione sull'attuazione sull'attuazione del presente regolamento nonché ulteriori proposte, eventualmente necessarie, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. A decorrere dal 1o gennaio 1993 la libera prestazione di servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) è applicabile agli armatori comunitari che impiegano navi che sono registrate in uno Stato membro e che battono bandiera del medesimo Stato membro, sempre che tali navi soddisfino tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio in detto Stato membro, incluse le navi iscritte nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato dal Consiglio. 2. Mediante deroga, la disposizione di cui al paragrafo 1 secondo cui le navi debbono soddisfare tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio nello Stato membro in cui sono registrate in quel momento è temporaneamente sospesa fino al 31 dicembre 1996. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento: 1) per « servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) » si intendono i servizi normalmente assicurati dietro compenso e comprendenti in particolare: a) cabotaggio continentale: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti situati sul continente o sul territorio principale di un solo e medesimo Stato membro senza scali su isole; b) servizi di approvvigionamento « off-shore »: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti di uno Stato membro nonché le attrezzature o strutture situate sulla piattaforma continentale di tale Stato membro; c) cabotaggio con le isole: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra: - porti situati sul continente e su una o più isole di un solo e medesimo Stato membro; - porti situati sulle isole di un solo e medesimo Stato membro. Ceuta e Melilla sono trattati nello stesso modo dei porti situati su un'isola; 2) si intendono per « armatori comunitari »: a) i cittadini di uno Stato membro che sono stabiliti in uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo e che svolgono attività di navigazione; b) le compagnie di navigazione che sono stabilite conformemente alla legislazione di uno Stato membro ed il cui centro d'attività principale è situato ed il cui controllo effettivo è esercitato in uno Stato membro; oppure c) i cittadini di uno Stato membro stabiliti fuori della Comunità o le compagnie di navigazione stabilite fuori della Comunità e controllate da cittadini di uno Stato membro se le loro navi sono registrate in uno Stato membro e battono bandiera del medesimo Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo; 3) per « contratto di servizio pubblico » s'intende un contratto concluso fra le autorità comeptenti di uno Stato membro e un armatore comunitario allo scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto sufficienti. In particolare il contratto di servizio pubblico può comprendere: - servizi di trasporto conformi a determinate norme di continuità, regolarità, capacità e qualità; - servizi di trasporto complementari; - servizi di trasporto a determinate tariffe e condizioni, in particolare per talune categorie di passeggeri o per taluni percorsi; - adeguamenti dei servizi alle reali esigenze; 4) per « obblighi di servizio pubblico » si intendono gli obblighi che l'armatore comunitario, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni; 5) per « grave perturbazione del mercato interno dei trasporti » si intende il manifestarsi sul mercato di problemi, specifici di tale mercato, - tali da provocare un'eccedenza grave, suscettibile di persistere, dell'offerta rispetto alla domanda, - dovuti alle attività di cabotaggio marittimo, o aggravati da tali attività e - comportanti una seria minaccia per l'equilibrio finanziario e la sussistenza di un numero elevato di armatori comunitari, sempre che le previsioni a breve e medio termine sul mercato considerato non indichino miglioramenti sostanziali e durevoli. Articolo 3 1. Per le navi che effettuano cabotaggio continentale e per le navi da crociera, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera), eccetto per le navi di meno di 650 tonnellate lorde, alle quali possono applicarsi le condizioni dello Stato ospitante. 2. Per le navi che effettuano il cabotaggio con le isole, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave effettua un servizio di trasporto marittimo (Stato ospitante). 3. Tuttavia, a decorrere dal 1o gennaio 1999, per le navi da carico di oltre 650 tonnellate lorde che effettuano il cabotaggio con le isole, quando il viaggio in questione segue o precede un viaggio in provenienza da o diretto verso un altro Stato, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera). 4. La Commissione effettua un esame approfondito delle ripercussioni economiche e sociali della liberalizzazione del cabotaggio con le isole e presenta una relazione al Consiglio entro e non oltre il 1o gennaio 1997. Sulla base di tale relazione la Commissione sottopone una proposta al Consiglio, la quale può comprendere modifiche delle disposizioni relative alla cittadinanza dell'equipaggio previste ai paragrafi 2 e 3, di modo che il sistema definitivo venga approvato dal Consiglio in tempo utile, anteriormente al 1o gennaio 1999. Articolo 4 1. Uno Stato membro può concludere contratti di servizio pubblico, o imporre obblighi di servizio pubblico come condizione per la fornitura di servizi di cabotaggio, alle compagnie di navigazione che partecipano ai servizi regolari da, tra e verso le isole. Uno Stato membro, se conclude contratti di servizio pubblico o impone obblighi di servizio pubblico, lo fa su base non discriminatoria per tutti gli armatori comunitari. 2. Nell'imporre obblighi di servizio pubblico gli Stati membri si limitano alle esigenze relative ai porti che devono essere serviti, alla regolarità, alla continuità, alla frequenza, alla capacità di fornitura del servizio, alle tariffe richieste ed all'equipaggio della nave. Qualsiasi compenso dovuto per obblighi di servizio pubblico, se previsto, deve essere reso disponibile a tutti gli armatori comunitari. 3. I contratti di servizio pubblico esistenti rimangono in vigore fino alle rispettive date di scadenza. Articolo 5 1. In caso di grave perturbazione del mercato interno dei trasporti dovuta alla liberalizzazione del cabotaggio, uno Stato membro può chiedere alla Commissione che adotti misure di salvaguardia. La Commissione, dopo aver consultato gli altri Stati membri, decide se del caso in merito alle misure di salvaguardia necessarie, entro trenta giorni lavorativi a decorrere dal ricevimento della pertinente richiesta dello Stato membro. Queste misure possono comprendere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo d'applicazione del presente regolamento, per un periodo non superiore a dodici mesi. La Commissione comunica al Consiglio e agli Stati membri qualsiasi decisione relativa alle misure di salvaguardia. Se, trascorsi trenta giorni lavorativi, la Commissione non ha adottato nessuna decisione al riguardo, lo Stato membro interessato ha il diritto di applicare le misure richieste finché la Commissione non abbia preso una decisione. Tuttavia, in caso di emergenza, gli Stati membri possono adottare unilateralmente le misure provvisorie appropriate, che possono rimanere in vigore per un periodo non superiore a tre mesi. In tal caso essi ne informano senza indugio la Commissione. La Commissione può abrogare dette misure o confermarle con o senza modifiche finché non abbia preso una decisione definitiva conformemente al secondo comma. 2. La Commissione può altresì adottare misure di salvaguardia di propria iniziativa, previa consultazione degli Stati membri. Articolo 6 1. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento i seguenti servizi di trasporto marittimo nel Mediterraneo e lungo la costa della Spagna, del Portogallo e della Francia: - servizi di crociera, sino al 1o gennaio 1995; - trasporto di merci strategiche (petrolio e prodotti petroliferi, nonché acqua potabile), sino al 1o gennaio 1997; - servizi con navi di meno di 650 tonnellate lorde, sino al 1o gennaio 1998; - servizi regolari di passeggeri e di traghetto, sino al 1o gennaio 1999. 2. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento sino al 1o gennaio 1999 i servizi di cabotaggio tra le isole nel Mediterraneo e il cabotaggio per quanto riguarda gli arcipelaghi delle Canarie, delle Azzorre e di Madera, nonché Ceuta e Melilla, le isole francesi lungo la costa atlantica e i dipartimenti francesi d'oltremare. 3. Per motivi di coesione socioeconomica la deroga di cui al paragrafo 2 è prorogata per la Grecia fino al 1o gennaio 2004 per i servizi regolari di passeggeri e di traghetto e per quelli effettuati con navi di meno di 650 tonnellate lorde. Articolo 7 Alle materie disciplinate dal presente regolamento si applica l'articolo 62 del trattato. Articolo 8 Salve le disposizioni del trattato relative al diritto di stabilimento e fatto salvo il presente regolamento, le persone che prestino servizi di trasporto marittimo possono a tale fine esercitare temporaneamente la loro attività nello Stato membro in cui è prestato il servizio, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini. Articolo 9 Prima di adottare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in attuazione del presente regolamento, gli Stati membri consultano la Commissione. Essi comunicano a quest'ultima le disposizioni adottate. Articolo 10 Anteriormente al 1o gennaio 1995, e in seguito ogni due anni, la Commissione presenta al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento nonché, se del caso, le proposte necessarie. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1993. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1992. Per il Consiglio Il Presidente J. MacGREGOR (1) GU n. C 73 del 19. 3. 1991, pag. 27. (2) GU n. C 295 del 26. 11. 1990, pag. 687 e parere reso il 20 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 56 del 7. 3. 1990, pag. 70. | La libera prestazione dei servizi all'interno dell'UE (cabotaggio marittimo)
Lo scopo di questo regolamento è di eliminare le restrizioni alla libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo all'interno dell'Unione europea (UE).
ATTO
Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3577/92, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo).
SINTESI
Ambito di applicazione
Questa legge garantisce che, in un determinato paese dell'UE, le compagnie di navigazione o i cittadini con sede in altri paesi dell'UE hanno il diritto di offrire servizi di trasporto marittimo (noto come cabotaggio marittimo) a condizione che soddisfino tutti i requisiti per effettuare il cabotaggio in tale paese. Anche le compagnie di navigazione con sede in paesi al di fuori dell'UE, ma controllate da cittadini dell'UE, possono offrire tali servizi.
Il regolamento definisce i «servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo)», gli «armatori comunitari», il «contratto di servizio pubblico», gli «obblighi di servizio pubblico», e la «grave perturbazione del mercato interno dei trasporti».
Equipaggio
A seconda del tipo di servizio di trasporto, le questioni relative all'equipaggio sono di competenza o del paese di immatricolazione dell'UE (Stato di bandiera) o del paese in cui viene effettuato il servizio di cabotaggio (Stato ospitante).
Servizio pubblico
I paesi dell'UE possono subordinare il diritto di fornire servizi di trasporto a obblighi di servizio pubblico o possono concludere contratti di servizio pubblico nell'interesse del mantenimento di adeguati servizi di cabotaggio tra il continente e le sue isole e tra le isole stesse.
Misure di salvaguardia
Nei casi in cui l'apertura del mercato al cabotaggio comporti problemi (come ad esempio un'eccedenza grave dell'offerta rispetto alla domanda) che minacciano la sopravvivenza finanziaria delle compagnie di navigazione, la Commissione può introdurre misure di salvaguardia. Queste possono includere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo di applicazione del regolamento.
Non discriminazione
I prestatori di servizi di trasporto marittimo in un paese dell'UE diverso dal proprio possono farlo temporaneamente alle stesse condizioni di quelle applicate da tale paese ai propri cittadini.
Calendario
Il cabotaggio marittimo è stato liberalizzato il 1o gennaio 1993. Per la Francia, l'Italia, la Grecia, il Portogallo e la Spagna, il cabotaggio continentale è stato gradualmente liberalizzato secondo un calendario specifico per ogni tipo di servizio di trasporto. Il cabotaggio continente-isola e tra le isole per questi paesi è stato liberalizzato nel 1999. Questa esenzione è stata prorogata per la Grecia fino al 2004 per il trasporto passeggeri di linea, i servizi più leggeri e i servizi che coinvolgono navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde (TSL). Sono state inoltre concesse esenzioni alla Croazia fino al 31 dicembre 2016 per i contratti di servizio pubblico esistenti e per i servizi di crociera tra i porti croati con navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde, che sono riservati per navi croate fino al 31 dicembre 2014.
Contesto
Ulteriori informazioni sono disponibili su questo sito web.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Regolamento (UE) n. 3577/92
1.1.1993
-
L 364 del 12.12.1992
Atto modificatore
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Atto relativo alle condizioni di adesione della Croazia
1.7.2013
-
GU L 112 del 24.4.2012
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio n.
3577/92
concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) (
COM(2003) 595
def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
Decisione
93/125/CEE
in merito alla richiesta, presentata dalla Spagna, relativa all'adozione di misure di salvaguardia da parte della Commissione ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CEE) del Consiglio n.
3577/92
concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) - (Gazzetta ufficiale L 49 del 27.2.1993).
La presente decisione autorizza la Spagna ad escludere la Spagna continentale, per sei mesi a decorrere dalla data di notifica della presente decisione, dal campo di applicazione del regolamento (CEE) n. 3577/92. L'esclusione non si applica ai servizi di adduzione o «feederaggio». Qualora non sia disponibile alcuna nave spagnola per soddisfare la richiesta di servizi di trasporto di cabotaggio, le navi di altri paesi dell'UE potranno offrire tali servizi.
Relazione della Commissione al Consiglio: Quinta relazione sull'attuazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi al cabotaggio marittimo (2001-2010) (COM(2014) 231 final del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale) .
Questa relazione è suddivisa in 4 capitoli:
1.
Giurisprudenza recente e sviluppi legislativi nei paesi dell'UE e dell'EFTA;
2.
Le tendenze del mercato nei paesi dell'UE e dell'EFTA;
3.
I dati disponibili sull'occupazione nel settore del cabotaggio marittimo (a causa della mancanza di dati affidabili e conclusivi questa parte non contiene più le statistiche sui costi di equipaggio);
4.
Conclusione: il regolamento è adatto allo scopo e non necessita di revisione. Alcune questioni sollevate nel corso della consultazione indicano che ci sono problemi di interpretazione e di attuazione. Queste sono state affrontate nella comunicazione sul cabotaggio marittimo (si veda voce successiva).
Comunicazione della Commissione sull'interpretazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi all'interno degli Stati membri (cabotaggio marittimo) [
COM(2014) 232 final
del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Sulla base di oltre 20 anni di esperienza di applicazione pratica del regolamento (CEE) n. 3577/92, nell'interesse della trasparenza e della certezza del diritto, la Commissione ha deciso di aggiornare e modificare la sua interpretazione delle disposizioni del regolamento.
La comunicazione modifica e sostituisce le precedenti comunicazioni interpretative della Commissione del 2003 e del 2006. Ha un mero scopo informativo, ovvero aiuta a spiegare il regolamento, specificando come la Commissione intende applicare il regolamento. Non si propone né di rivedere il regolamento né di invadere la competenza della Corte di giustizia in materia di interpretazione.
Inizia specificando il campo di applicazione della libera prestazione dei servizi nel settore del cabotaggio marittimo. Specifica poi chi gode di quella libertà e ricorda quali servizi sono disciplinati dal regolamento.
La comunicazione precisa, in seguito, la portata delle tre deroghe alla libera prestazione di servizi previste dal regolamento:
—
I paesi dell'UE possono decidere le norme sull’equipaggio applicabili alle navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde e le navi che effettuano servizi di cabotaggio con le isole tra due porti del loro territorio.
—
I paesi dell'UE possono imporre obblighi di servizio pubblico e concludere contratti di servizio pubblico al fine di garantire un adeguato servizio di trasporto di linea da, tra e verso le isole.
—
I paesi dell'UE possono chiedere alla Commissione di adottare misure di salvaguardia per porre rimedio a una grave perturbazione del mercato interno.
In ultimo, fornisce una guida sull'applicazione del regolamento (CE) n. 1370/2007 concernente i servizi pubblici di trasporto di passeggeri, per ferrovia e su strada, ai servizi di cabotaggio marittimo. | 6,801 | 587 |
32009F0948 | false | DECISIONE QUADRO 2009/948/GAI DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 31, paragrafo 1, lettere c) e d), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b),
vista l’iniziativa della Repubblica ceca, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia, della Repubblica slovacca e del Regno di Svezia,
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione europea si prefigge di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
(2)
Il programma dell’Aia (1) per il rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea, che è stato approvato dal Consiglio europeo riunitosi il 4 e 5 novembre 2004, prevede che gli Stati membri prendano in considerazione la possibilità di legiferare in materia di conflitti di giurisdizione per aumentare l’efficacia dell’azione penale, garantendo al contempo la corretta amministrazione della giustizia, in modo da completare il programma globale di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali.
(3)
Le misure previste dalla presente decisione quadro dovrebbero mirare a evitare situazioni in cui la stessa persona è oggetto, in relazione agli stessi fatti, di procedimenti penali paralleli in Stati membri diversi, che potrebbero dar luogo a una pronuncia definitiva in due o più Stati membri. La decisione quadro intende pertanto prevenire la violazione del principio «ne bis in idem», quale enunciato all’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (2) e quale interpretato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee.
(4)
Dovrebbero aver luogo consultazioni dirette tra le autorità competenti degli Stati membri allo scopo di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti penali paralleli ed evitare perdite di tempo e risorse delle autorità competenti interessate. Tale soluzione potrebbe segnatamente consistere nella concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro, ad esempio mediante il trasferimento del procedimento penale. Potrebbe altresì consistere in qualsiasi altra azione che consenta un’efficiente e ragionevole gestione di tali procedimenti, anche per quanto riguarda la loro tempestiva gestione, ad esempio mediante rinvio del caso a Eurojust quando le autorità competenti non siano in grado di raggiungere un consenso. Al riguardo, dovrebbe essere rivolta particolare attenzione alla questione della raccolta di elementi di prova, sulla quale può influire lo svolgimento di due procedimenti paralleli.
(5)
L’autorità competente di uno Stato membro, qualora abbia fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento penale parallelo in un altro Stato membro per gli stessi fatti in cui sono implicate la stessa persona e che potrebbe dar luogo a una pronuncia definitiva in due o più Stati membri, dovrebbe prendere contatto con l’autorità competente dell’altro Stato membro. La questione dell’eventuale sussistenza di fondati motivi dovrebbe essere esaminata unicamente dall’autorità contattante. Fondati motivi potrebbero tra l’altro includere i casi in cui l’indagato o l’imputato adduca, fornendo dettagli, di essere oggetto, in relazione agli stessi fatti, di un procedimento penale parallelo in un altro Stato membro o una pertinente richiesta di assistenza giudiziaria reciproca da parte di un’autorità competente di un altro Stato membro riveli la possibile esistenza di siffatto procedimento penale parallelo ovvero l’autorità di polizia fornisca informazioni in tal senso.
(6)
Il processo di scambio di informazioni tra le autorità competenti dovrebbe basarsi sullo scambio obbligatorio di una serie specifica minima di informazioni, che dovrebbero essere sempre fornite. Le informazioni in questione dovrebbero segnatamente facilitare il processo destinato a garantire la corretta identificazione delle persone interessate e della natura e fase dei rispettivi procedimenti paralleli.
(7)
L’autorità competente che sia stata contattata da un’autorità competente di un altro Stato membro dovrebbe avere l’obbligo generale di rispondere alla richiesta presentata. L’autorità contattante è incoraggiata a stabilire un termine entro il quale l’autorità contattata dovrebbe rispondere, se possibile. La specifica situazione di una persona privata della libertà dovrebbe essere presa pienamente in considerazione dalle autorità competenti nel corso dell’intera procedura di presa di contatto.
(8)
Il contatto diretto tra le autorità competenti dovrebbe essere il principio informatore della cooperazione istituita dalla presente decisione quadro. Gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di decidere quali autorità siano competenti ad agire in virtù della presente decisione quadro, in ottemperanza al principio dell’autonomia procedurale nazionale, purché tali autorità abbiano la competenza per intervenire e decidere in conformità alle disposizioni della stessa decisione quadro.
(9)
Nel tentare di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti paralleli condotti in due o più Stati membri, le autorità competenti dovrebbero tenere presente che ciascun caso ha un carattere specifico e prendere in considerazione tutti i fatti e il merito di ciascun caso. Al fine di raggiungere un consenso, le autorità competenti dovrebbero considerare criteri adeguati, che possono comprendere quelli che figurano negli orientamenti pubblicati nella relazione annuale 2003 di Eurojust ed elaborati a uso degli operatori del settore, e tenere in conto, per esempio, il luogo in cui si è verificato prevalentemente il fatto costituente reato, il luogo in cui si è subita la maggior parte dei danni, il luogo in cui si trova l’indagato o l’imputato e la possibilità di assicurare la sua consegna o estradizione in altre giurisdizioni, la cittadinanza o la residenza dell’indagato o dell’imputato, gli interessi rilevanti dell’indagato o dell’imputato, gli interessi rilevanti delle vittime e dei testimoni, l’ammissibilità degli elementi probatori o possibili ritardi.
(10)
L’obbligo per le autorità competenti di procedere a consultazioni dirette al fine di raggiungere un consenso nel contesto della presente decisione quadro non dovrebbe escludere la possibilità che tali consultazioni dirette si svolgano con l’assistenza di Eurojust.
(11)
Nessuno Stato membro dovrebbe essere obbligato a rinunciare o a esercitare la competenza giurisdizionale contro la sua volontà. Finché non sia raggiunto un consenso sulla concentrazione dei procedimenti penali, le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero poter proseguire un procedimento penale per qualsiasi reato che rientri nella loro giurisdizione nazionale.
(12)
Poiché l’obiettivo stesso della presente decisione quadro è quello di prevenire procedimenti penali paralleli superflui che potrebbero risultare in una violazione del principio «ne bis in idem», la sua applicazione non dovrebbe dar luogo ad un conflitto nell’esercizio della giurisdizione che altrimenti non si verificherebbe. Nello spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia il principio di obbligatorietà dell’azione penale, che informa il diritto processuale in vari Stati membri, dovrebbe essere inteso e applicato in modo da ritenerlo soddisfatto quando ogni Stato membro garantisce l’azione penale in relazione ad un determinato reato.
(13)
In caso di raggiungimento di un consenso sulla concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro, le autorità competenti dell’altro Stato membro dovrebbero agire in modo compatibile con tale consenso.
(14)
Poiché Eurojust è particolarmente adatta a fornire assistenza nella risoluzione dei conflitti di giurisdizione, sottoporre un caso ad Eurojust dovrebbe essere una misura abituale quando non sia stato possibile raggiungere un consenso. Occorre notare che, conformemente all’articolo 13, paragrafo 7, lettera a), della decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (3) («decisione Eurojust»), modificata da ultimo dalla decisione 2009/426/GAI del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al rafforzamento dell’Eurojust (4), Eurojust deve essere informata di ogni caso in cui sono sorti o possono sorgere conflitti di giurisdizione e che un caso può essere sottoposto ad Eurojust in qualsiasi momento se almeno un’autorità competente coinvolta nelle consultazioni dirette lo ritiene opportuno.
(15)
La presente decisione quadro non pregiudica i procedimenti ai sensi della Convenzione europea sul trasferimento dei procedimenti penali firmata a Strasburgo il 15 maggio 1972, nonché eventuali altri accordi riguardanti il trasferimento dei procedimenti penali tra gli Stati membri.
(16)
La presente decisione quadro non dovrebbe comportare un inutile onere amministrativo laddove siano già disponibili opzioni più adatte ai problemi da essa trattati. Nel caso in cui vi siano tra gli Stati membri strumenti o accordi più flessibili, questi ultimi dovrebbero quindi prevalere sulla presente decisione quadro.
(17)
La presente decisione quadro si limita a stabilire disposizioni sullo scambio di informazioni e sulle consultazioni dirette tra le autorità competenti degli Stati membri e pertanto lascia impregiudicato il diritto delle persone di sostenere che l’azione penale nei loro confronti debba essere esercitata nella propria o in un’altra giurisdizione, qualora tale diritto sia contemplato dalla legislazione nazionale.
(18)
La decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (5), dovrebbe applicarsi al trattamento dei dati personali scambiati a norma della presente decisione quadro.
(19)
Nell’effettuare una dichiarazione concernente il regime linguistico, gli Stati membri sono incoraggiati a includervi almeno una lingua comunemente utilizzata nell’Unione europea diversa dalla loro lingua ufficiale.
(20)
La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
CAPO 1
PRINCIPI GENERALI
Articolo 1
Obiettivo
1. L’obiettivo della presente decisione quadro è promuovere una più stretta cooperazione tra le autorità competenti di due o più Stati membri che conducono un procedimento penale ai fini di una più efficiente e corretta amministrazione della giustizia.
2. Tale più stretta cooperazione è volta a:
a)
prevenire situazioni in cui la stessa persona sia oggetto, in relazione agli stessi fatti, di procedimenti penali paralleli in Stati membri diversi, che potrebbero dar luogo a una decisione definitiva in due o più Stati membri e costituire in tal modo una violazione del principio «ne bis in idem»; e
b)
raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli.
Articolo 2
Oggetto e ambito di applicazione
1. Ai fini del conseguimento dell’obiettivo di cui all’articolo 1, la presente decisione quadro stabilisce un quadro concernente:
a)
una procedura per stabilire contatti tra le autorità competenti degli Stati membri al fine di confermare l’esistenza di procedimenti penali paralleli in relazione agli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona;
b)
lo scambio d’informazioni, attraverso consultazioni dirette, tra le autorità competenti di due o più Stati membri che conducono procedimenti penali paralleli in relazione agli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona, qualora esse siano già a conoscenza dell’esistenza di procedimenti penali paralleli, al fine di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli.
2. La presente decisione quadro non si applica ai procedimenti contemplati dagli articoli 5 e 13 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (6).
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente decisione quadro si intende per:
a)
«procedimenti paralleli» procedimenti penali, compresa sia la fase preprocessuale che quella processuale, condotti in due o più Stati membri per gli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona;
b)
«autorità competente» l’autorità giudiziaria o altra autorità che è competente in forza della legislazione del suo Stato membro a svolgere gli atti di cui all’articolo 2, paragrafo 1 della presente decisione quadro;
c)
«autorità contattante» l’autorità competente di uno Stato membro che contatta l’autorità competente di un altro Stato membro per confermare l’esistenza di procedimenti paralleli;
d)
«autorità contattata» l’autorità competente cui l’autorità contattante chiede di confermare l’esistenza di procedimenti penali paralleli.
Articolo 4
Determinazione delle autorità competenti
1. Gli Stati membri determinano le autorità competenti in modo da promuovere il principio del contatto diretto tra autorità.
2. In conformità del paragrafo 1, ciascuno Stato membro comunica al segretariato generale del Consiglio le autorità che, a norma del proprio diritto nazionale, sono competenti ad agire conformemente alla presente decisione quadro.
3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, ciascuno Stato membro può designare, se necessario a motivo dell’organizzazione del proprio sistema interno, una o più autorità centrali incaricate della trasmissione e della ricezione amministrative delle richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 5 e/o di coadiuvare le autorità competenti nel processo di consultazione. Gli Stati membri che intendano avvalersi della possibilità di designare una o più autorità centrali ne informano il segretariato generale del Consiglio.
4. Il segretariato generale del Consiglio mette a disposizione degli Stati membri e della Commissione le informazioni ricevute ai sensi dei paragrafi 2 e 3.
CAPO 2
SCAMBIO DI INFORMAZIONI
Articolo 5
Obbligo di prendere contatto
1. L’autorità competente di uno Stato membro che abbia fondati motivi per ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro Stato membro prende contatto con l’autorità competente dell’altro Stato membro per confermare l’esistenza di un siffatto procedimento parallelo al fine di avviare consultazioni dirette secondo quanto previsto all’articolo 10.
2. Se non conosce l’identità dell’autorità competente da contattare, l’autorità contattante compie tutti i necessari accertamenti, anche tramite i punti di contatto della Rete giudiziaria europea, al fine di ottenere gli estremi di tale autorità competente.
3. La procedura di contatto non si applica qualora le autorità competenti che conducono procedimenti paralleli siano già state informate dell’esistenza di tali procedimenti mediante qualsiasi altro mezzo.
Articolo 6
Obbligo di rispondere
1. L’autorità contattata risponde alla richiesta presentata in conformità dell’articolo 5, paragrafo 1, entro un termine ragionevole indicato dall’autorità contattante o, se non è stato indicato alcun termine, senza indebito ritardo, e comunica all’autorità contattante se siano in corso procedimenti paralleli nel suo Stato membro. Nei casi in cui l’autorità contattante abbia informato l’autorità contattata che l’indagato o imputato è sottoposto ad una misura detentiva preventiva o custodia cautelare, quest’ultima autorità tratta la richiesta con urgenza.
2. Se non può fornire una risposta entro il termine stabilito dall’autorità contattante, l’autorità contattata informa prontamente l’autorità contattante delle relative ragioni, indicando il termine entro il quale fornirà le informazioni richieste.
3. Se l’autorità che è stata contattata dall’autorità contattante non è l’autorità competente ai sensi dell’articolo 4, essa trasmette senza indebito ritardo la richiesta di informazione all’autorità competente e ne informa l’autorità contattante.
Articolo 7
Mezzi di comunicazione
Le autorità contattante e contattata comunicano con mezzi che consentano di conservare una traccia scritta.
Articolo 8
Informazioni minime da fornire nella richiesta
1. Nel presentare una richiesta a norma dell’articolo 5, l’autorità contattante fornisce le seguenti informazioni:
a)
gli estremi dell’autorità competente;
b)
una descrizione dei fatti e delle circostanze oggetto del procedimento penale in questione;
c)
tutti gli elementi rilevanti in merito all’identità dell’indagato o imputato e, se del caso, in merito alle vittime;
d)
la fase in cui si trova il procedimento penale; e
e)
se del caso, informazioni in merito alla pena detentiva preventiva o custodia cautelare cui è sottoposto l’indagato o imputato.
2. L’autorità contattante può fornire ulteriori informazioni pertinenti in relazione al procedimento penale in corso nel suo Stato membro, per esempio su eventuali difficoltà incontrate in tale Stato.
Articolo 9
Informazioni minime da fornire nella risposta
1. La risposta dell’autorità contattata ai sensi dell’articolo 6 contiene le seguenti informazioni:
a)
se è in corso o si è svolto un procedimento penale per alcuni o tutti i medesimi fatti oggetto del procedimento penale di cui alla richiesta di informazioni presentata dall’autorità contattante e se è implicata la stessa persona;
in caso di risposta affermativa alla lettera a):
b)
gli estremi dell’autorità competente; e
c)
la fase in cui si trova il procedimento o, ove sia stata adottata una decisione finale, la natura di tale decisione finale.
2. L’autorità contattata può fornire ulteriori informazioni pertinenti sul procedimento penale in corso o svoltosi nel suo Stato membro, in particolare su eventuali fatti connessi oggetto del procedimento penale in detto Stato.
CAPO 3
CONSULTAZIONI DIRETTE
Articolo 10
Obbligo di procedere a consultazioni dirette
1. Quando è accertata l’esistenza di procedimenti paralleli, le autorità competenti degli Stati membri interessati avviano consultazioni dirette al fine di pervenire ad un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli, che possono eventualmente comportare la concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro.
2. Durante il periodo delle consultazioni dirette, le autorità competenti interessate si scambiano informazioni sui provvedimenti procedurali importanti che hanno adottato nei procedimenti.
3. Nel corso delle consultazioni dirette, le autorità competenti che vi partecipano rispondono ogniqualvolta sia ragionevolmente possibile alle richieste di informazioni formulate da altre autorità competenti partecipanti. Tuttavia, un’autorità competente che riceva la richiesta da parte di un’altra autorità competente di fornire informazioni specifiche che potrebbero arrecare pregiudizio a interessi nazionali essenziali in materia di sicurezza ovvero compromettere la sicurezza di una persona non è tenuta a fornire dette informazioni.
Articolo 11
Procedura per raggiungere un consenso
Quando procedono a consultazioni dirette su un caso al fine di raggiungere un consenso ai sensi dell’articolo 10, le autorità competenti degli Stati membri esaminano i fatti e il merito del caso e tutti i fattori che ritengono pertinenti.
Articolo 12
Cooperazione con Eurojust
1. La presente decisione quadro è complementare e non pregiudica la decisione Eurojust.
2. Se non è stato possibile raggiungere un consenso ai sensi dell’articolo 10, la questione è, se del caso, sottoposta a Eurojust da qualsiasi autorità competente degli Stati membri interessati qualora Eurojust sia competente in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, della decisione Eurojust.
Articolo 13
Informazioni sui risultati del procedimento
Se nel corso delle consultazioni dirette in conformità dell’articolo 10 è stato raggiunto un consenso sulla concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro, l’autorità competente di tale Stato membro informa la rispettiva autorità competente o le rispettive autorità competenti dell’altro Stato membro o degli altri Stati membri dei risultati del procedimento.
CAPO 4
DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI
Articolo 14
Lingue
1. Ciascuno Stato membro indica in una dichiarazione da depositare presso il segretariato generale del Consiglio quali lingue, tra le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione, possono essere usate nel corso della procedura di presa di contatto in conformità del capo 2.
2. Le autorità competenti possono convenire di usare qualunque lingua nell’ambito delle loro consultazioni dirette in conformità dell’articolo 10.
Articolo 15
Relazione con altri strumenti giuridici e altre intese
1. Qualora altri strumenti giuridici o intese consentano di estendere gli obiettivi della presente decisione quadro o contribuiscano a semplificare o agevolare la procedura in base alla quale le autorità nazionali si scambiano informazioni sui rispettivi procedimenti penali, avviano consultazioni dirette e cercano di raggiungere un consenso su eventuali soluzioni efficaci miranti ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti penali paralleli, gli Stati membri possono:
a)
continuare ad applicare accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell’entrata in vigore della presente decisione quadro,
b)
concludere accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali successivamente all’entrata in vigore della presente decisione quadro.
2. Gli accordi e le intese di cui al paragrafo 1 non pregiudicano in alcun caso le relazioni con gli Stati membri che non sono parti degli stessi.
Articolo 16
Attuazione
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 15 giugno 2012.
Entro il 15 giugno 2012 gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro.
Articolo 17
Relazione
Entro il 15 dicembre 2012 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in cui valuta in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro, eventualmente accompagnata da proposte legislative.
Articolo 18
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1.
(2) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19.
(3) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1.
(4) GU L 138 del 4.6.2009, pag. 14.
(5) GU L 350 del 30.12.2008, pag. 60.
(6) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1. | Giurisdizione nei procedimenti penali: prevenzione e risoluzione dei conflitti
Questa decisione quadro ha lo scopo di migliorare la cooperazione giudiziaria fra i paesi dell’Unione europea (UE), in modo da evitare inutili procedimenti penali paralleli riguardanti gli stessi fatti e la stessa persona. Essa ha il potenziale di promuovere una gestione efficiente della giustizia penale nei casi transfrontalieri risparmiando tempo e risorse umane e finanziarie delle autorità competenti nel procedimento.
ATTO
Decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali.
SINTESI
Questa decisione quadro ha lo scopo di migliorare la cooperazione giudiziaria fra i paesi dell’Unione europea (UE), in modo da evitare inutili procedimenti penali paralleli riguardanti gli stessi fatti e la stessa persona. Essa ha il potenziale di promuovere una gestione efficiente della giustizia penale nei casi transfrontalieri risparmiando tempo e risorse umane e finanziarie delle autorità competenti nel procedimento.
Delinea la procedura con cui le autorità nazionali competenti si mettono in contatto tra di loro quando hanno fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro paese dell’UE. Stabilisce inoltre il quadro di riferimento affinché tali autorità procedano a consultazioni dirette al fine di pervenire ad un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli.
Scambio di informazioni
Se l’autorità competente di un paese dell’UE ha fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro paese dell’UE, deve cercare conferma sull’esistenza di tali procedimenti paralleli da parte dell’autorità competente di quel paese. L’autorità contattata deve rispondere senza indugio, entro il termine stabilito dall’autorità contattante.
Unitamente alla sua richiesta, l’autorità contattante deve fornire almeno le seguenti informazioni:
gli estremi dell’autorità competente;
una descrizione dei fatti e delle circostanze oggetto del procedimento penale;
tutti gli elementi rilevanti in merito all’identità dell’indagato o imputato e, se del caso, in merito alle vittime;
la fase in cui si trova il procedimento penale;
se del caso, informazioni in merito alla pena detentiva preventiva o custodia cautelare cui è sottoposto l’indagato o imputato.
Nella sua risposta, l’autorità contattata deve indicare se è in corso o si è svolto un procedimento penale per alcuni o tutti i medesimi fatti oggetto del procedimento penale nel paese dell’autorità contattante. Se questo è il caso, anche l’autorità contattata deve fornire i propri estremi, nonché la fase in cui si trova il procedimento o la natura della decisione finale.
Consultazioni dirette
Quando è accertata l’esistenza di procedimenti paralleli, le autorità interessate avviano consultazioni dirette al fine di pervenire ad un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli. Ciò può portare alla concentrazione dei procedimenti in unico paese dell’UE.
Quando le autorità interessate avviano consultazioni dirette devono prendere in considerazione tutti i fatti e il merito del caso e tutti gli altri fattori rilevanti. Se non si trova una soluzione, la questione viene sottoposta, se del caso, a Eurojust, a condizione che rientri nella sua competenza.
Attuazione
Nel 2014, la Commissione europea ha pubblicato una relazione su come i paesi dell’UE hanno recepito la decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio. Al momento della pubblicazione, solo 15 paesi dell’UE avevano introdotto leggi che incorporavano l’atto nella loro legislazione nazionale.
La Commissione è preoccupata del fatto che un numero significativo di paesi dell’UE non ha ancora attuato la decisione quadro, che nega loro un importante strumento per risolvere i conflitti di giurisdizione dove si presentano. Esorta quindi tutti i paesi che non lo hanno ancora fatto ad adottare misure rapide per attuarla in pieno.
Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sulla cooperazione giudiziaria.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione quadro 2009/948/GAI
15.12.2009
15.6.2012
GU L 328 del 15.12.2009, pag. 42-47
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione da parte degli Stati membri della decisione quadro 2009/948/GAI, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali, COM(2014) 313 final del 2.6.2014. | 8,335 | 285 |
32005D0037 | false | DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 29 ottobre 2004
che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione
(2005/37/CE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 211,
vista la decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (1), e vista la decisione 2003/862/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2003, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti della decisione 2003/861/CE relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (3), in particolare l’articolo 5, prevede che l'analisi tecnica e la classificazione delle monete metalliche false denominate in euro siano effettuate dai Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) di ciascuno Stato membro e dal Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE). Il regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio (4) estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica l’applicazione degli articoli da 1 a 11 del regolamento (CE) n. 1338/2001.
(2)
Dall’ottobre 2001 il CTSE esercita provvisoriamente le sue attività presso la zecca di Parigi beneficiando della struttura e dell’assistenza amministrativa della Commissione, come stabilito negli scambi di corrispondenza tra il presidente del Consiglio e il ministro francese delle Finanze avvenuti il 28 febbraio e il 9 giugno 2000.
(3)
Il CTSE contribuisce alla realizzazione degli obiettivi del programma «Pericle», conformemente alla decisione 2001/923/CE del Consiglio, del 17 dicembre 2001, che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (5), e alla decisione 2001/924/CE che estende gli effetti della decisione che istituisce un programma d'azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») agli Stati membri che non hanno adottato l'euro come moneta unica (6).
(4)
Ai sensi dell’articolo 1 della decisione 2003/861/CE, la Commissione provvede ad istituire il Centro tecnico-scientifico europeo e a garantire il suo funzionamento, nonché a coordinare le attività delle autorità tecniche competenti per proteggere le monete in euro contro la falsificazione. L’articolo 1 della decisione 2003/862/CE stabilisce che la decisione 2003/861/CE sia estesa agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica.
(5)
Con una lettera del ministro delle Finanze del 6 settembre 2004 le autorità francesi si sono impegnate a mantenere l’attuale suddivisione dei costi tra la zecca di Parigi e la Commissione. In uno scambio di corrispondenza tra il membro della Commissione incaricato della lotta antifrode e il ministro francese delle Finanze, relativamente all’istituzione permanente del CTSE per l’analisi e la classificazione delle falsificazioni delle monete in euro, saranno riportati i principi di organizzazione del CTSE emanati in occasione dell’esercizio, a titolo provvisorio, da parte del CTSE delle sue attività presso la zecca di Parigi, come stabilito nello scambio di corrispondenza tra la presidenza del Consiglio e il ministro francese delle Finanze del 28 febbraio e 9 giugno 2000.
(6)
È necessario che il Comitato economico e finanziario (CEF), la Banca centrale europea, Europol e le autorità nazionali competenti continuino ad essere informati con regolarità delle attività del CTSE e della situazione relativa alla falsificazione delle monete in euro.
(7)
È opportuno quindi istituire il CTSE nell'ambito della Commissione a Bruxelles, come organo facente capo all’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
(8)
Il coordinamento da parte della Commissione delle azioni condotte da tutte le autorità tecniche competenti al fine di proteggere le monete in euro dalla falsificazione comprende i metodi d’analisi delle false monete in euro, lo studio dei nuovi casi di false monete e la valutazione delle conseguenze, lo scambio reciproco di informazioni sulle attività dei CNAC e del CTSE, la comunicazione esterna in materia di monete false, l'individuazione delle monete false con le apparecchiature per il trattamento delle monete, nonché lo studio di tutti i problemi tecnici in materia in monete false.
(9)
Tale coordinamento richiede la prosecuzione, in seno al Comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (7), dei lavori del gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete, composto dai responsabili dei CNAC e del CTSE che la Commissione amministra e presiede, assicurando al tempo stesso la trasmissione regolare di informazioni al CEF.
(10)
Al fine di attuare le decisioni 2003/861/CE e 2003/862/CE,
DECIDE:
Articolo 1
È istituito il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) nell’ambito della Commissione a Bruxelles; esso fa capo all’OLAF.
Articolo 2
Il CTSE analizza e classifica tutti i nuovi tipi di monete false, come stabilito all’articolo 5 del regolamento (CE) 1338/2001. Esso contribuisce al conseguimento degli obiettivi del programma d'azione comunitaria «Pericle», conformemente all’articolo 4 della decisione 2001/923/CE. Il CTSE presta assistenza ai Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) e alle autorità di polizia; esso collabora con le autorità competenti al fine di analizzare le monete in euro false e di rafforzare la protezione.
Articolo 3
I principi di organizzazione del CTSE sono i seguenti:
—
ai fini dell'analisi delle monete, la Commissione può distaccare membri del suo personale presso la zecca di Parigi per utilizzarne le attrezzature,
—
per adempiere alla sua missione, il CTSE si serve del personale e del materiale del Centro nazionale di analisi delle monete francese e del laboratorio della zecca di Parigi, situati a Pessac. Le autorità francesi mettono a disposizione del CTSE in via prioritaria il personale e il materiale adatti,
—
conformemente ai regolamenti finanziari applicabili, la parte di spese imputabile ai compiti del CTSE è a carico del bilancio generale delle Comunità europee. Dato che la Francia mette a disposizione il personale, i locali e il materiale suddetti e si incarica della loro manutenzione, il bilancio delle Comunità copre il trattamento degli agenti della Commissione, le spese di viaggio e diverse spese correnti di modesta entità.
L’OLAF è incaricato di definire, in collaborazione con la zecca di Parigi, il regolamento delle modalità amministrative del CTSE.
Articolo 4
La Commissione coordina le azioni necessarie per la protezione delle monete in euro contro la falsificazione attraverso riunioni periodiche di esperti sulla falsificazione delle monete.
Il Comitato economico e finanziario, la Banca centrale europea, Europol e le autorità nazionali competenti sono informati con regolarità delle attività del CTSE e della situazione relativa alla falsificazione delle monete.
Fatto a Bruxelles, il 29 ottobre 2004.
Per la Commissione
Michaele SCHREYER
Membro della Commissione
(1) GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44.
(2) GU L 325 del 12.12.2003, pag. 45.
(3) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6.
(4) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11.
(5) GU L 339 del 21.12.2001, pag. 50.
(6) GU L 339 del 21.12.2001, pag. 55.
(7) Decisione della Commissione 94/140/CE (GU L 61 del 4.3.1994, pag. 27). | Proteggere l’euro contro la falsificazione - Centro tecnico-scientifico europeo
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La decisione 2005/37/CE istituisce il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) nell’ambito della Commissione europea a Bruxelles. Originariamente legato all’Ufficio europeo per la lotta antifrode, l’emendamento della decisione (UE) 2017/1507 istituisce il CTSE nell’ambito della direzione generale Affari economici e finanziari DG ECFIN (si veda la sintesi). Il ruolo del CTSE è quello di proteggere le monete in euro contro la falsificazione. A questo scopo, analizza e classifica le falsificazioni delle monete in euro e presta assistenza alle autorità nazionali degli Stati membri dell’Unione europea.
PUNTI CHIAVE
Compiti del centro
Il CTSE:analizza e classifica ogni nuovo tipo di falsificazione delle monete in euro in conformità con il regolamento (CE) n. 1338/2001 concernente la protezione dell’euro contro la falsificazione (si veda la sintesi); contribuisce al conseguimento degli obiettivi del programma Pericle; svolge alcuni compiti ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1210/2010, che definisce le misure per il controllo dell’autenticità delle monete in euro (si veda la sintesi), e (CE) n. 2182/2004, che riguarda medaglie e gettoni simili alle monete in euro (si veda la sintesi); presta assistenza ai centri nazionali di analisi delle monete e alle autorità di polizia nello svolgimento dei loro compiti e collabora con le autorità competenti al fine di analizzare le monete in euro false e di rafforzare la protezione.Per l’analisi tecnica e scientifica delle monete false in euro il CTSE si può servire del personale e delle strutture messi a disposizione dalla zecca francese, in particolare del suo laboratorio.
Attività di coordinamento e di informazioneLa Commissione coordina le azioni delle autorità tecniche competenti per la protezione delle monete in euro, in particolare attraverso riunione regolari del gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete. Presieduto dalla Commissione, tale gruppo consente la condivisione delle diverse esperienze e competenze tecniche degli Stati membri in relazione alla falsificazione di monete in euro e permette il coordinamento delle azioni tecniche necessarie per proteggere l’euro.Il comitato economico e finanziario, la Banca centrale europea, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto e le autorità nazionali competenti vengono regolarmente aggiornati sulle attività del centro e sulla situazione della falsificazione delle monete.
Autenticazione delle monete in euroIl regolamento (UE) n. 1210/2010 introduce norme e procedure comuni nell’ambito dell’area euro per quanto attiene l’autenticità delle monete in euro in circolazione (processo di autenticazione) e per il trattamento e il rimborso di quelle non adatte alla circolazione. Stabilisce che il CTSE sia responsabile della definizione, tra l’altro, di:specifiche tecniche per i test delle apparecchiature il trattamento delle monete impiegate per verificare l’autenticità delle monete in euro;prassi di formazione per il personale incaricato di verificare le monete in euro;Il periodo di validità delle relazioni sui test;informazioni contenute nell’elenco, pubblicato sul sito Internet della Commissione, delle apparecchiature per il trattamento delle monete che hanno superato un test di individuazione;linee guida per controlli annuali sul posto della capacità dei soggetto che operano con il contante di autenticare le monete in euro;norme per correggere la non conformità al regolamento da parte delle apparecchiature per il trattamento delle monete. Le decisioni 2003/861/CE e 2003/862/CE prevedono l’istituzione, da parte della Commissione, del CTSE e del suo funzionamento nell’area dell’euro e negli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro, rispettivamente.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione 2005/37/UE si applica dal 10 febbraio 2005. La decisione di modifica (UE) 2017/1507 è in vigore dal 18 settembre 2017.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) (Commissione europea)
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2005/37/CE della Commissione, del 29 ottobre 2004, che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73).
Le modifiche successive alla decisione 2005/37/CE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione della Commissione, del 19 ottobre 2015, che istituisce il gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete nell’ambito della politica della Commissione e della regolamentazione in materia di protezione delle monete in euro contro la falsificazione (GU L 347 del 20.10.2015, pag. 4).
Regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativa all’analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44).
Decisione 2003/862/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l’euro quale moneta unica gli effetti della decisione 2003/861/CE relativa all’analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 45).
Regolamento (UE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6).
Si veda la versione consolidata. | 4,522 | 641 |
32006F0960 | false | DECISIONE QUADRO 2006/960/GAI DEL CONSIGLIO
del 18 dicembre 2006
relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell'Unione europea incaricate dell'applicazione della legge
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli 30, paragrafo 1, lettere a) e b) e 34, paragrafo 2, lettera b),
vista l'iniziativa del Regno di Svezia,
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
Uno degli obiettivi fondamentali dell'Unione europea è quello di fornire ai suoi cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
(2)
Tale obiettivo deve essere perseguito prevenendo e reprimendo la criminalità mediante una più stretta cooperazione fra le autorità degli Stati membri incaricate dell'applicazione della legge, rispettando nel contempo i principi e le norme riguardanti i diritti umani, le libertà fondamentali e lo stato di diritto su cui l'Unione si fonda e che sono comuni agli Stati membri.
(3)
Lo scambio di informazioni ed intelligence sulla criminalità e le attività criminali costituisce la base per una cooperazione in materia di applicazione della legge nell'Unione che risponde all'obiettivo generale di migliorare la sicurezza dei cittadini dell'Unione.
(4)
Il tempestivo accesso ad informazioni ed intelligence accurate ed aggiornate è un elemento essenziale affinché le autorità incaricate dell'applicazione della legge possano efficacemente individuare, prevenire e indagare su reati o attività criminali, specialmente in uno spazio in cui sono stati aboliti i controlli alle frontiere interne. Poiché le attività dei criminali sono svolte clandestinamente, occorre che siano controllate e che le informazioni su di esse siano scambiate con particolare rapidità.
(5)
È importante che le possibilità per le autorità incaricate dell'applicazione della legge di ottenere informazioni ed intelligence su reati gravi e atti terroristici da altri Stati membri siano viste orizzontalmente e non in termini di differenze in ordine al tipo di reato o alla suddivisione delle competenze tra autorità incaricate dell'applicazione della legge o autorità giudiziarie.
(6)
Attualmente lo scambio efficace e rapido di informazioni ed intelligence tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge è seriamente intralciato da procedure formali, strutture amministrative e ostacoli giuridici inerenti alla legislazione degli Stati membri. Tale situazione è inaccettabile per i cittadini dell'Unione europea e richiede pertanto maggiore sicurezza e una più efficace applicazione della legge nel rispetto dei diritti umani.
(7)
È necessario che le autorità incaricate dell'applicazione della legge abbiano la possibilità di chiedere ed ottenere informazioni ed intelligence da altri Stati membri in vari stadi delle indagini, dalla fase di raccolta di intelligence criminale alla fase d'indagine penale. I sistemi degli Stati membri presentano differenze al riguardo, ma la presente decisione quadro non si propone di modificare tali sistemi. Tuttavia, essa mira a garantire, con riguardo a taluni tipi di informazioni ed intelligence, che determinati dati essenziali per le autorità incaricate dell'applicazione della legge siano scambiati rapidamente all'interno dell'Unione.
(8)
La mancanza di un quadro giuridico comune per l'efficace e rapido scambio di informazioni ed intelligence tra le autorità degli Stati membri incaricate dell'applicazione della legge è una carenza cui occorre rimediare. Il Consiglio dell'Unione europea ritiene pertanto necessario adottare uno strumento giuridicamente vincolante sulla semplificazione dello scambio di informazioni ed intelligence. La presente decisione quadro dovrebbe lasciare impregiudicati gli strumenti esistenti o futuri che consentono di estenderne gli obiettivi o che agevolano le procedure per lo scambio di informazioni e di intelligence, quale la convenzione del 18 dicembre 1997 stabilita in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea relativa alla mutua assistenza e alla cooperazione tra amministrazioni doganali (1).
(9)
Per quanto riguarda lo scambio d'informazioni, la presente decisione quadro lascia impregiudicati gli interessi essenziali di sicurezza nazionale e non deve compromettere il successo di indagini in corso o la sicurezza delle persone, né attività specifiche di intelligence in materia di sicurezza dello Stato.
(10)
È importante promuovere il più ampio scambio di informazioni possibile, in particolare per quanto riguarda i reati connessi direttamente o indirettamente alla criminalità organizzata e al terrorismo, e in modo da non pregiudicare il livello di cooperazione necessario tra Stati membri previsto dagli accordi esistenti.
(11)
L'interesse comune degli Stati membri nella lotta contro la criminalità di carattere transfrontaliero deve trovare il giusto equilibrio tra una cooperazione rapida ed efficace in materia di applicazione della legge e principi e norme convenuti in materia di protezione dei dati, libertà fondamentali, diritti umani e libertà individuali.
(12)
Nella dichiarazione sulla lotta al terrorismo adottata dal Consiglio europeo nella riunione del 25 marzo 2004 quest'ultimo ha dato mandato al Consiglio di esaminare misure per la semplificazione dello scambio di informazioni e di intelligence tra le autorità degli Stati membri incaricate dell'applicazione della legge.
(13)
Per quanto riguarda l’Islanda e la Norvegia, la presente decisione quadro costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell’acquis di Schengen che rientra nel settore di cui all’articolo 1 della decisione 1999/437/CE del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativa a talune modalità di applicazione dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (2). Le procedure definite in tale accordo sono state rispettate con riferimento alla presente decisione quadro.
(14)
Per quanto riguarda la Svizzera, la presente decisione quadro costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo tra l’Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione Svizzera riguardante l’associazione della Confederazione Svizzera all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’acquis di Schengen, che rientra nel settore di cui all'articolo 1, lettera H) della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l'articolo 4, paragrafo 1 della decisione 2004/860/CE del Consiglio, del 25 ottobre 2004, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, e all'applicazione provvisoria di alcune disposizioni di tale accordo (3), e con l'articolo 4, paragrafo 1 della decisione 2004/849/CE del Consiglio, del 25 ottobre 2004, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, e all'applicazione provvisoria di alcune disposizioni di tale accordo (4),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
TITOLO I
AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
Obiettivo e ambito di applicazione
1. La presente decisione quadro mira a stabilire le norme in virtù delle quali le autorità degli Stati membri incaricate dell'applicazione della legge possono scambiarsi le informazioni e l'intelligence esistenti efficacemente e rapidamente ai fini dello svolgimento di indagini penali o di operazioni di intelligence criminale.
2. La presente decisione quadro lascia impregiudicati gli accordi o intese bilaterali o multilaterali tra Stati membri e paesi terzi e gli strumenti dell'Unione europea riguardanti la reciproca assistenza giudiziaria o il reciproco riconoscimento delle decisioni in materia penale, comprese le condizioni stabilite da paesi terzi riguardo all'utilizzo delle informazioni già fornite.
3. La presente decisione quadro contempla tutte le informazioni e l'intelligence definiti all'articolo 2, lettera d). Essa non impone alcun obbligo per gli Stati membri di raccogliere e conservare informazioni e intelligence allo scopo di fornirle alle autorità competenti di altri Stati membri incaricate dell'applicazione della legge.
4. La presente decisione quadro non impone alcun obbligo per gli Stati membri di fornire informazioni e intelligence da utilizzare come prove dinanzi ad un'autorità giudiziaria, né conferire il diritto ad utilizzarle a tal fine. Se uno Stato membro ha ottenuto informazioni o intelligence a norma della presente decisione quadro ed intende utilizzarle come prove dinanzi ad un'autorità giudiziaria, deve ricevere il consenso dello Stato membro che ha fornito le informazioni o l'intelligence, se necessario, in virtù della legislazione nazionale dello Stato membro che ha fornito le informazioni o l'intelligence facendo ricorso agli strumenti riguardanti la cooperazione giudiziaria vigenti tra gli Stati membri. Tale consenso non è necessario qualora lo Stato membro richiesto abbia già dato, al momento della trasmissione delle informazioni o dell'intelligence, la sua autorizzazione a utilizzarle come prove.
5. La presente decisione quadro non impone alcun obbligo di ottenere con mezzi coercitivi, definiti conformemente alla legislazione nazionale, qualsiasi informazione o intelligence nello Stato membro a cui sono state richieste.
6. Qualora ciò sia permesso dalla loro legislazione nazionale e ad essa conforme, gli Stati membri forniscono informazioni o intelligence precedentemente ottenute con mezzi coercitivi.
7. L'obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea non può essere modificato per effetto della presente decisione quadro, che lascia impregiudicati eventuali obblighi che incombono al riguardo alle autorità incaricate dell'applicazione della legge.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione quadro si intende per:
a)
«autorità competente incaricata dell'applicazione della legge», la polizia, i servizi doganali o altra autorità nazionale che, in forza della legislazione interna, è competente a individuare, prevenire e indagare su reati o attività criminali, esercitare l'autorità e adottare misure coercitive nell'ambito di tali funzioni. I servizi o le unità che si occupano specificamente di questioni connesse alla sicurezza nazionale non sono incluse nel concetto di «autorità competente incaricata dell'applicazione della legge». Entro ciascuno Stato membro attesta in una dichiarazione depositata presso il Segretariato generale del Consiglio quali sono le autorità incluse nel concetto di «autorità competente incaricata dell'applicazione della legge». La dichiarazione può essere modificata in qualunque momento;
b)
«indagine penale», una fase procedurale nella quale le autorità incaricate dell'applicazione della legge o le autorità giudiziarie competenti, compresi i pubblici ministeri, adottano misure per individuare e accertare i fatti, le persone sospette e le circostanze in ordine a uno o più atti criminali accertati;
c)
«operazione di intelligence criminale», una fase procedurale nella quale, in una fase precedente all'indagine penale, un'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge, ai sensi della legislazione nazionale, ha facoltà di raccogliere, elaborare e analizzare informazioni su reati o attività criminali al fine di stabilire se sono stati commessi o possono essere commessi in futuro atti criminali concreti;
d)
«informazioni e/o intelligence»:
i)
qualsiasi tipo di informazioni o dati detenuti da autorità incaricate dell'applicazione della legge;
e
ii)
qualsiasi tipo di informazioni o dati detenuti da autorità pubbliche o da enti privati che siano accessibili alle autorità incaricate dell'applicazione della legge senza il ricorso a mezzi coercitivi, a norma dell'articolo 1, paragrafo 5;
e)
«reati di cui all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584/GAI, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo (5)» (in seguito denominati «reati di cui all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584/GAI»): i reati previsti dalla legislazione nazionale che corrispondono o sono equivalenti a quelli enunciati nella suddetta disposizione.
TITOLO II
SCAMBIO DI INFORMAZIONI E INTELLIGENCE
Articolo 3
Comunicazione di informazioni e intelligence
1. Gli Stati membri provvedono a che le informazioni e l'intelligence possano essere comunicate alle autorità competenti di altri Stati membri incaricate dell'applicazione della legge conformemente alla presente decisione quadro.
2. Le informazioni e l'intelligence sono comunicate su richiesta formulata, nei limiti dei poteri conferiti dalla legislazione nazionale, da un'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge che svolge un'indagine penale o un'operazione di intelligence criminale.
3. Gli Stati membri provvedono a che la comunicazione di informazioni e intelligence alle autorità competenti di altri Stati membri incaricate dell'applicazione della legge non sia soggetta a condizioni più rigorose di quelle applicabili a livello nazionale per la comunicazione e la richiesta di informazioni e intelligence. In particolare, uno Stato membro non subordina ad un accordo o ad un'autorizzazione giudiziari lo scambio di informazioni o intelligence tra la propria autorità competente incaricata dell'applicazione della legge e l'autorità competente di un altro Stato membro incaricata dell'applicazione della legge, alle quali l'autorità competente richiesta può accedere in una procedura interna senza accordo o autorizzazione giudiziari.
4. Qualora la legislazione nazionale dello Stato membro richiesto consenta all'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge richiesta di accedere alle informazioni o all'intelligence richieste solo con l'accordo o l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, l'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge richiesta è tenuta a chiedere all'autorità giudiziaria competente l'accordo o l'autorizzazione ad accedere e a scambiare le informazioni richieste. Fatto salvo l'articolo 10, paragrafi 1 e 2, per l'adozione della sua decisione l'autorità giudiziaria competente dello Stato membro richiesto applica le stesse norme dei casi meramente interni.
5. Qualora le informazioni o l'intelligence richieste siano state ottenute da un altro Stato membro o da un paese terzo e siano soggette al principio di specialità, la loro trasmissione alle autorità competenti incaricate dell'applicazione della legge di un altro Stato membro può aver luogo soltanto con il consenso dello Stato membro o del paese terzo che ha fornito le informazioni o l'intelligence.
Articolo 4
Termini per la comunicazione di informazioni e intelligence
1. Gli Stati membri assicurano la disponibilità di procedure che consentano loro di rispondere entro otto ore alle richieste urgenti di informazioni e intelligence riguardanti i reati di cui all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584/GAI, se le informazioni o l'intelligence richieste sono conservate in una banca dati alla quale un'autorità incaricata dell'applicazione della legge può accedere direttamente.
2. Se non è in grado di rispondere entro otto ore, l'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge richiesta ne fornisce i motivi nel formulario che figura nell'allegato A. Qualora la comunicazione entro il periodo di otto ore di informazioni o intelligence richieste costituisca un onere sproporzionato per l'autorità incaricata dell'applicazione della legge che ha ricevuto la richiesta, questa può posporne la comunicazione. In questo caso detta autorità che ha ricevuto la richiesta informa immediatamente della posposizione l'autorità incaricata dell'applicazione della legge richiedente e comunica le informazioni o l'intelligence al più presto possibile e, in ogni caso, entro tre giorni. Il ricorso alle disposizioni del presente paragrafo è riesaminato entro19 dicembre 2009.
3. Gli Stati membri assicurano che nei casi non urgenti si risponda entro una settimana alle richieste di informazioni e intelligence riguardanti i reati di cui all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584/GAI, se le informazioni o l'intelligence richieste sono conservate in una banca dati alla quale un'autorità incaricata dell'applicazione della legge può accedere direttamente. Se non è in grado di rispondere entro una settimana, l'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge richiesta ne fornisce i motivi nel formulario che figura nell'allegato A.
4. In tutti gli altri casi gli Stati membri provvedono a che le informazioni richieste siano comunicate all'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge richiedente entro quattordici giorni. Se non è in grado di rispondere entro quattordici giorni, l'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge richiesta ne fornisce i motivi nel formulario che figura nell'allegato A.
Articolo 5
Richieste di informazioni e intelligence
1. Le informazioni e l'intelligence possono essere richieste ai fini dell'individuazione, della prevenzione o dell'indagine su un reato laddove vi sia motivo di fatto di ritenere che informazioni e intelligence pertinenti siano disponibili in un altro Stato membro. La richiesta precisa i motivi di fatto e illustra la finalità delle informazioni e dell'intelligence nonché il nesso tra la finalità e la persona oggetto delle informazioni e dell'intelligence.
2. L'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge che presenta la richiesta non chiede più informazioni o intelligence né indica termini più ravvicinati di quanto necessario per lo scopo per cui sono state richieste.
3. Le richieste di informazioni o intelligence riportano almeno le informazioni che figurano nell'allegato B.
Articolo 6
Canali e lingua di comunicazione
1. Lo scambio di informazioni e intelligence ai sensi della presente decisione quadro può aver luogo tramite qualsiasi canale esistente ai fini della cooperazione internazionale in materia di applicazione della legge. La lingua utilizzata per la richiesta e lo scambio di informazioni è quella applicabile al canale utilizzato. All'atto delle dichiarazioni ai sensi dell'articolo 2, lettera a), gli Stati membri comunicano al Segretariato generale del Consiglio anche gli estremi dei punti di contatto cui possono essere trasmesse le richieste in casi di urgenza. Tali estremi possono essere modificati in qualsiasi momento. Il Segretariato generale del Consiglio comunica agli Stati membri e alla Commissione le dichiarazioni ricevute.
2. Le informazioni o l'intelligence sono scambiate anche con l'Europol in conformità alla convenzione basata sull'articolo K3 del trattato sull'Unione europea che istituisce un ufficio europeo di polizia (convenzione Europol) (6) e con l'Eurojust in conformità alla decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l'Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (7), qualora lo scambio riguardi un reato o un'attività criminale di loro competenza.
Articolo 7
Scambio spontaneo di informazioni e intelligence
1. Fatto salvo l'articolo 10, le autorità competenti incaricate dell'applicazione della legge, senza che sia necessaria alcuna richiesta preventita, forniscono alle autorità competenti dell'applicazione della legge di altri Stati membri interessati le informazioni e l'intelligence pertinenti qualora sussistano ragioni di fatto per ritenere che dette informazioni e intelligence possano contribuire all'individuazione, alla prevenzione o all'indagine riguardanti i reati di cui all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584/GAI. Le modalità di questo scambio spontaneo sono disciplinate dalla legislazione nazionale dello Stato membro che fornisce le informazioni.
2. Le informazioni e l'intelligence fornite si limitano a quanto ritenuto utile e necessario per l'individuazione, la prevenzione o l'indagine sui reati o le attività criminali in questione.
Articolo 8
Protezione dei dati
1. Ciascuno Stato membro assicura che le norme fissate in materia di protezione dei dati per l'utilizzo dei canali di comunicazione di cui all'articolo 6, paragrafo 1 siano applicate anche nella procedura per lo scambio di informazioni e intelligence prevista dalla presente decisione quadro.
2. L'utilizzo di informazioni e intelligence scambiate direttamente o bilateralmente ai sensi della presente decisione quadro, è soggetto alle disposizioni in materia di protezione dei dati dello Stato membro che le riceve, in cui le informazioni e l'intelligence sono soggette a norme di protezione dei dati identiche a quelle applicabili se fossero state raccolte nello Stato membro che le riceve. I dati personali trattati nell'ambito dell'applicazione della presente decisione quadro sono protetti conformemente alla convenzione del Consiglio d'Europa, del 28 gennaio 1981, sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, nonché, per gli Stati membri che lo hanno ratificato, al suo protocollo addizionale dell'8 novembre 2001 concernente le autorità di controllo e i flussi transfrontalieri di dati. Nel trattare dati personali ottenuti ai sensi della presente decisione quadro, le autorità incaricate dell'applicazione della legge dovrebbero altresì tener conto dei principi della raccomandazione R(87) 15 del Consiglio d'Europa che disciplina l'uso di dati personali nel settore della polizia.
3. Le autorità competenti incaricate dell'applicazione della legge dello Stato membro a cui sono state fornite informazioni e intelligence ai sensi della presente decisione quadro possono utilizzarle soltanto per gli scopi per i quali sono stati forniti a norma della presente decisione quadro o per la prevenzione di un pericolo grave ed immediato per la sicurezza pubblica; il trattamento per scopi diversi è consentito soltanto previa autorizzazione dello Stato membro che trasmette i dati ed è soggetto alla legislazione nazionale dello Stato membro ricevente. L'autorizzazione può essere concessa solo per quanto consentito dalla legislazione nazionale dello Stato membro che trasmette i dati.
4. Nel fornire le informazioni e l'intelligence a norma della presente decisione quadro, l'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge può imporre, ai sensi della legislazione nazionale, condizioni per l'utilizzo delle informazioni e dell'intelligence all'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge che le riceve. Possono essere imposte condizioni anche per la comunicazione dei risultati dell'indagine penale o dell'operazione di intelligence criminale nell'ambito delle quali è avvenuto lo scambio di informazioni e intelligence. L'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge che riceve le informazioni e l'intelligence è vincolata da tali condizioni, eccetto il caso particolare in cui la legislazione nazionale obblighi a derogare alle restrizioni di utilizzazione a favore delle autorità giudiziarie, delle istituzioni legislative o di qualsiasi altro organismo indipendente istituito per legge e incaricato del controllo delle autorità competenti incaricate dell'applicazione della legge. In questo caso le informazioni e l'intelligence possono essere utilizzate solo previa consultazione con lo Stato membro che trasmette i dati, tenendo per quanto possibile conto dei suoi interessi e punti di vista. In casi specifici, lo Stato membro che trasmette i dati può chiedere allo Stato membro che li riceve di fornire ragguagli circa l'utilizzo e il successivo trattamento delle informazioni e dell'intelligence trasmesse.
Articolo 9
Riservatezza
In ogni caso specifico di scambio di informazioni e intelligence le autorità competenti incaricate dell'applicazione della legge tengono debito conto dei requisiti di segretezza delle indagini. A tal fine le autorità competenti incaricate dell'applicazione della legge, conformemente alle rispettive legislazioni nazionali, assicurano la riservatezza di tutte le informazioni e l'intelligence fornite cui sia stato attribuito tale carattere.
Articolo 10
Motivi di rifiuto di fornire informazioni o intelligence
1. Fatto salvo l'articolo 3, paragrafo 3 un'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge può rifiutarsi di fornire le informazioni o l'intelligence solo nel caso in cui sussistano ragioni di fatto per ritenere che la comunicazione di tali informazioni o intelligence:
a)
pregiudichi interessi fondamentali della sicurezza nazionale dello Stato membro richiesto,
o
b)
metta a repentaglio il buon esito di un'indagine o di un'operazione di intelligence criminale in corso o la sicurezza di persone,
o
c)
sia palesemente sproporzionata o irrilevante per lo scopo per cui è stata richiesta.
2. Qualora la richiesta riguardi un reato passibile di una pena privativa della libertà di un anno o meno a norma della legislazione dello Stato membro richiesto, l'autorità competente incaricata dell'applicazione della legge può rifiutare di fornire le informazioni o l'intelligence richiesti.
3. L'autorità competente dell'applicazione della legge rifiuta di fornire informazioni o intelligence qualora l'autorità giudiziaria competente non abbia autorizzato l'accesso e lo scambio di informazioni richiesti ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4.
TITOLO III
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 11
Attuazione
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro anteriormente a
2. Gli Stati membri comunicano al Segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni che recepiscono nei rispettivi ordinamenti nazionali gli obblighi che incombono loro in forza della presente decisione quadro. In base a queste ed altre informazioni fornite dallo Stato membro su richiesta, la Commissione presenta al Consiglio, anteriormente a una relazione sull'attuazione della presente decisione quadro. Il Consiglio anteriormente a esamina in quale misura gli Stati membri si siano conformati alle disposizioni della presente decisione quadro.
Articolo 12
Relazioni con altri strumenti
1. Le disposizioni dell'articolo 39, paragrafi 1, 2 e 3, e dell'articolo 46 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen (8) sono sostituite dalle disposizioni della presente decisione quadro nella misura in cui riguardano lo scambio di informazioni e di intelligence ai fini dello svolgimento di indagini penali o di operazioni di intelligence criminale da essa previsto.
2. La decisione del Comitato esecutivo di Schengen, del 16 dicembre 1998, riguardante la cooperazione transfrontaliera tra forze di polizia nella prevenzione e nella ricerca di fatti punibili su richiesta (SCH/Com-ex (98) 51, 3a rev.) (9), e la decisione del Comitato esecutivo di Schengen del 28 aprile 1999, riguardante il miglioramento della cooperazione tra forze di polizia nella prevenzione e nella ricerca di fatti punibili (SCH/Com-ex (99) 18) (10), sono abrogate.
3. Gli Stati membri possono continuare ad applicare gli accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell'adozione della presente decisione quadro nella misura in cui questi consentono di approfondire gli obiettivi della medesima e contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente le procedure per lo scambio di informazioni e intelligence che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente decisione quadro.
4. Gli Stati membri possono concludere o mettere in vigore accordi o intese bilaterali o multilaterali dopo l'entrata in vigore della presente decisione quadro nella misura in cui questi consentono di approfondire gli obiettivi della medesima e contribuiscono a semplificare o agevolare ulteriormente le procedure per lo scambio di informazioni e intelligence che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente decisione quadro.
5. Gli accordi e le intese di cui ai paragrafi 3 e 4 non possono in alcun caso pregiudicare le relazioni con gli Stati membri che non sono parti degli stessi.
6. Gli Stati membri notificano al Consiglio e alla Commissione, entro gli accordi e le intese esistenti di cui al paragrafo 3 che vogliono continuare ad applicare.
7. Gli Stati membri notificano inoltre al Consiglio e alla Commissione i nuovi accordi o le nuove intese di cui al paragrafo 4, entro tre mesi dalla loro firma, o, per gli strumenti firmati prima dell'adozione della presente decisione quadro, dalla loro entrata in vigore.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2006
Per il Consiglio
Il presidente
J.-E. ENESTAM
(1) GU C 24 del 23.1.1998, pag. 2.
(2) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.
(3) GU L 370 del 17.12.2004, pag. 78.
(4) GU L 368 del 15.12.2004, pag. 26.
(5) GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1.
(6) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo elaborato in base all'articolo 43, paragrafo 1 della convenzione Europol (GU C 2 del 6.1.2004, pag. 3).
(7) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 2003/659/GAI (GU L 245 del 29.9.2003, pag. 44).
(8) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. Convenzione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1160/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 191 del 22.7.2005, pag. 18).
(9) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 407.
(10) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 421.
ALLEGATO A
SCAMBIO DI INFORMAZIONI A NORMA DELLA DECISIONE QUADRO DEL CONSIGLIO 2006/960/GAI FORMULARIO CHE DEVE ESSERE UTILIZZATO DALLO STATO MEMBRO RICHIESTO IN CASO DI TRASMISSIONE, RITARDO O RIFIUTO DI INFORMAZIONE
Questo formulario dev'essere utilizzato per trasmettere l'informazione, e/o l'intelligence richiesta, al fine di informare l'autorità richiedente dell'impossibilità di rispettare il termine normale, della necessità di sottoporre la richiesta all'autorizzazione di un'autorità giudiziaria o del rifiuto di trasmettere l'informazione.
Questo formulario può essere utilizzato più di una volta durante la procedura (per esempio se la richiesta deve prima essere sottoposta a un'autorità giudiziaria e si riscontra in seguito che l'esecuzione della richiesta deve essere rifiutata).
Testo di immagine
Autorità richiesta (denominazione, indirizzo, telefono, fax, posta elettronica, Stato membro)
Particolari del funzionario responsabile (facoltativo):
Numero di riferimento della risposta
Data e numero di riferimento della risposta precedente
Risposta alla seguente autorità richiedente
Data e ora della richiesta
Numero di riferimento della richiesta
Il termine normale in virtù dell'articolo 4 della decisione quadro 2006/960/GAI
Reato di cui all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584/GAI e l'informazione o intelligence richiesta è conservata in una banca di dati alla quale l'autorità incaricata dell'applicazione della legge dello Stato membro richiesto può accedere direttamente. Richiesta urgente 8 ore
Richiesta non urgente 1 settimana
Altri casi 14 giorni
Informazioni trasmesse a norma della decisione quadro 2006/960/GAI: l'informazione e l'intelligence fornita
1. Uso dell'informazione o intelligence trasmessa può essere utilizzata soltanto per gli scopi per i quali è stata fornita o per la prevenzione di un pericolo grave ed immediato per la sicurezza pubblica; è autorizzata anche per altri scopi, (facoltativo) alle seguenti condizioni:
2. Affidabilità della fonte affidabile per lo più affidabile non affidabile non può essere valutata
3. Esattezza dell'informazione o intelligence certa stabilita dalla fonte confermata per sentito dire non confermata per sentito dire
Testo di immagine
4 Il risultato delle indagini sul reato o dell'operazione di intelligence nel cui ambito è avvenuto lo scambio di informazioni deve essere riferito all'autorità che effettua la trasmissione no sì
5 In caso di scambio spontaneo: motivi che inducono a credere che l'informazione o intelligence possa contribuire all'individuazione o prevenzione di reati di cui all'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584/GAI o alle indagini su tali reati.
RITARDO - Non è possibile rispondere entro il termine previsto dall'articolo 4 della decisione quadro 2006/960/GAI
L' informazione o intelligence non può essere fornita entro il termine stabilito per i seguenti motivi: Sarà probabilmente fornita entro: 1 giorno 2 giorni 3 giorni settimane 1 mese
È stata richiesta l'autorizzazione di un'autorità giudiziaria. Si prevede che la procedura per la concessione o il rifiuto dell'autorizzazione durerà … settimane
RIFIUTO - L'informazione o intelligence: non ha potuto essere trasmessa e richiesta a livello nazionale; o non può essere trasmessa, per uno o più dei seguenti motivi:
A - Motivo connesso con il controllo giudiziario che impedisce la trasmissione o richiede il ricorso all'assistenza giudiziaria reciproca
l'autorità giudiziaria competente non ha autorizzato l'accesso e lo scambio per quanto riguarda l'informazione o intelligence
l'informazione o intelligence richiesta è stata precedentemente ottenuta con mezzi coercitivi e la legislazione nazionale non ne consente la trasmissione
l'informazione o intelligence non è in possesso delle autorità incaricate dell'applicazione della legge; o delle autorità pubbliche o di enti privati in un modo da essere disponibile alle autorità incaricate dell'applicazione della legge senza il ricorso a mezzi coercitivi
B - la comunicazione dell'informazione o intelligence richiesta pregiudicherebbe interessi fondamentali della sicurezza nazionale o metterebbe a repentaglio il buon esito di un'indagine, di un'operazione di intelligence criminale in corso o la sicurezza di persone o sarebbe palesemente sproporzionata o irrilevante per lo scopo per cui è stata richiesta.
Se sono contrassegnate le caselle A o B, aggiungere, se ritenuto necessario, ulteriori informazioni o indicare la ragione per il rifiuto (facoltativo):
D - L'autorità richiesta decide di rifiutare l'esecuzione, perché la richiesta riguarda, a norma della legislazione dello Stato membro richiesto, il reato seguente (specificare la natura e la qualificazione giuridica del reato )… passibile di una pena privativa della libertà di un anno o meno
E - L' informazione o intelligence richiesta non è disponibile
F – L'informazione o intelligence richiesta è stata ottenuta da un altro Stato membro o da un paese terzo ed è soggetta al principio di specialità e lo Stato membro o il paese terzo in questione non ha dato il consenso alla trasmissione dell'informazione o intelligence.
ALLEGATO B
SCAMBIO DI INFORMAZIONI A NORMA DELLA DECISIONE QUADRO DEL CONSIGLIO 2006/960/GAI FORMULARIO CHE DEVE ESSERE UTILIZZATO DALLO STATO CHE FA RICHIESTA DI INFORMAZIONI E INTELLIGENCE
Questo formulario è utilizzato per richiedere informazioni e intelligence a norma della decisione quadro 2006/960/GAI.
Testo di immagine
I - Informazione amministrativa
Autorità richiedente (denominazione, indirizzo, telefono, fax, posta elettronica, Stato membro) :
Particolari del funzionario responsabile (facoltativo)
Allo Stato membro seguente:
Data e ora della richiesta :
Numero di riferimento della richiesta:
Richieste precedenti
È la prima richiesta relativa a questo caso
La richiesta è successiva ad altre relative allo stesso caso
Richiesta precedente/richieste precedenti Risposta/risposte
Data Numero di riferimento (dello Stato membro richiedente) Data Numero di riferimento (dello Stato membro richesto)
1.
2.
3.
4.
Qualora la richiesta sia inviata a più autorità dello Stato membro richiesto si prega di specificare ciascun canale utilizzato
UNE/Ufficiale di collegamento dell'Europol per informazione per esecuzione
Ufficio centrale nazionale Interpol per informazione per esecuzione
Sirene per informazione per esecuzione
Ufficiale di collegamento per informazione per esecuzione
Altro ( si prega di specificare) per informazione per esecuzione
Qualora la stessa richiesta sia inviata a altri Stati membri si prega di specificare l'altro Stato membro e il canale utilizzato (facoltativo)
Testo di immagine
II - Termini
p. m. : termini previsti dall'articolo 4 della decisione quadro 2006/960/GAI
A - Il reato è contemplato dall'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584/GAI e l'informazione o intelligence richiesta è conservata in una banca dati alla quale un'autorità incaricata dell'applicazione della legge può accedere direttamente La richiesta è urgente Termine: 8 ore con possibilità di proroga La richiesta non è urgente Termine : 1 settimana B – Altri casi: termine: 14 giorni
Richiesta URGENTE
Richiesta NON urgente
Motivi dell'urgenza (ad esempio: le persone sospettate sono sottoposte a detenzione, il procedimento deve essere portato dinanzi al giudice prima di una data specifica):
Informazione o intelligence richiesta
TIPO DI REATO(I) O ATTIVITÀ CRIMINALE(I) OGGETTO DI INDAGINE
Descrizione delle circostanze del reato/dei reati, compresa la data, il luogo e il grado di partecipazione della persona che forma oggetto della richiesta di informazione o intelligence:
Testo di immagine
Natura del reato/dei reati
A – Applicazione dell'articolo 4, paragrafo 1 o paragrafo 3 della decisione quadro 2006/960/GAI
A1. Il reato è punibile nello Stato membro richiedente con una pena detentiva della durata massima di almeno tre anni E A 2. Si tratta di uno o più dei seguenti reati:
partecipazione a un'organizzazione criminale terrorismo tratta di esseri umani sfruttamento sessuale dei bambini e pornografia infantile traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope traffico illecito di armi, munizioni ed esplosivi corruzione frode, compresa la frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee ai sensi della convenzione del 26 luglio 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee furti organizzati o con l'uso di armi traffico illecito di beni culturali, compresi gli oggetti d’antiquariato e le opere d’arte truffa racket e estorsioni contraffazione e pirateria in materia di prodotti falsificazione di atti amministrativi e traffico di documenti falsi falsificazione di mezzi di pagamento traffico illecito di sostanze ormonali ed altri fattori di crescita riciclaggio di proventi di reato falsificazione di monete, ivi compresa la contraffazione dell’euro criminalità informatica criminalità ambientale, compreso il traffico illecito di specie animali protette e il traffico illecito di specie e di essenze vegetali protette favoreggiamento dell'ingresso e del soggiorno illegali omicidio volontario, lesioni personali gravi traffico illecito di organi e tessuti umani rapimento, sequestro e presa di ostaggi razzismo e xenofobia traffico illecito di materie nucleari e radioattive traffico di veicoli rubati stupro incendio doloso reati che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale dirottamento di aereo/nave sabotaggio
Il reato è quindi contemplato dall'articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro relativa al mandato d'arresto europeo Riguardo ai termini da rispettare per la risposta alla presente richiesta sono pertanto applicabili il paragrafo 1 (casi urgenti) e il paragrafo 3 (casi non urgenti) dell'articolo 4 della decisione quadro 2006/584/GAI.
Oppure B - Il reato/i reati non è (sono) contemplato (i) dalla lettera A. In questo caso, fornire una descrizione del reato/dei reati:
Finalità della richiesta di informazioni o intelligence
Nesso tra la finalità della richiesta di informazioni o intelligence e la persona oggetto delle informazioni o dell'intelligence
Identità (se nota) della persona/delle persone oggetto principale dell'indagine penale o dell'operazione di intelligence criminale alla base della richiesta di informazioni o intelligence
Motivi che fanno ritenere che le informazioni o l'intelligence siano nello Stato membro richiesto
Restrizioni sull'utilizzo dell'informazione fornita nella richiesta per scopi diversi da quelli per cui è stata trasmessa o per la prevenzione di un pericolo grave e immediato per la pubblica sicurezza
utilizzo autorizzato utilizzo autorizzato, ma non dev'essere menzionato chi ha fornito l'informazione utilizzo non permesso senza l'autorizzazione di chi ha fornito l'informazione utilizzo non permesso | Semplificazione dello scambio di informazioni tra la polizia e i servizi doganali dei paesi dell’UE
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO?
Essa consente alle autorità dei paesi dell’UE incaricate dell’applicazione della legge*, di condividere efficacemente informazioni e intelligence ai fini dello svolgimento di indagini penali o di operazioni di intelligence criminale.
PUNTI CHIAVE
Condizioni per la condivisione delle informazioni
I paesi dell’UE non sono autorizzati ad applicare norme più severe per la divulgazione di informazioni a livello internazionale di quanto normalmente applicherebbero internamente, ad esempio richiedendo un accordo giudiziario.
Di norma i paesi dell’UE dovrebbero rispondere entro sette giorni alle richieste relative a reati che possono beneficiare di un mandato di arresto europeo* e qualora le informazioni siano accessibili all’organo di applicazione della legge. La risposta dovrebbe arrivare entro otto ore nel caso la richiesta sia urgente. In altri casi, i paesi dovrebbero rispondere entro 14 giorni. Se i termini non possono essere soddisfatti, il paese dell’UE che riceve la richiesta è tenuto a fornire le ragioni della mancata risposta.
Le informazioni possono anche essere fornite spontaneamente. In questo caso dovrebbero essere fornite solo le informazioni necessarie per rilevare, prevenire e indagare il reato o l’attività criminale.
Le informazioni possono essere scambiate tramite qualsiasi canale esistente e devono essere condivise con Europol o Eurojust qualora li riguardi e conformemente alle usuali norme per la protezione dei dati.
Limiti alla condivisione delle informazioni
Le autorità incaricate dell’applicazione della legge non sono obbligate a raccogliere informazioni in risposta a una richiesta, o a ottenere informazioni con mezzi coercitivi. Inoltre:
Le informazioni non possono essere utilizzate come prova davanti all’autorità giudiziaria, senza il consenso del paese che le ha fornite (questo potrebbe essere già indicato nella risposta).
Le informazioni che sono state ottenute da un paese extra-UE possono essere condivise solo con il consenso di tale paese.
Un’autorità incaricata dell’applicazione della legge può rifiutare di fornire informazioni se vi è ragione di pensare che ciò possa pregiudicare la sicurezza nazionale, un’indagine, un’operazione, la sicurezza delle persone, o sia palesemente sproporzionata o irrilevante.
Un’autorità incaricata dell’applicazione della legge può anche rifiutare di fornire informazioni qualora la richiesta si riferisca a un reato passibile di una pena detentiva inferiore ad un anno, o qualora un’autorità giudiziaria si opponga.
QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO?
La decisione quadro è in vigore dal 30 dicembre 2006. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 19 dicembre 2008.
CONTESTO
La presente decisione quadro sostituisce le parti dell’accordo di Schengen relative alla trasmissione delle informazioni (articolo 39) e alla spontanea comunicazione delle informazioni (articolo 46).
Il 1o dicembre 2014 il Regno Unito (1) ha notificato alla Commissione la propria volontà di partecipare alla decisione. Ciò è stato confermato dalla decisione della Commissione 2014/858/UE.
Per ulteriori informazioni, si consulti:
«Cooperazione di polizia» sul sito Internet della Commissione europea
* TERMINI CHIAVE
Autorità competente incaricata dell’applicazione della legge: la polizia, i servizi doganali o altra autorità nazionale che è competente a individuare, prevenire e indagare su reati e a esercitare l’autorità e adottare misure coercitive.
Mandato di arresto europeo: come definito dalla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni e intelligence tra le autorità degli Stati membri dell’Unione europea incaricate dell’applicazione della legge (GU L 386 del 29.12.2006, pag. 89-100)
Le successive modifiche alla direttiva 2006/960/GAI sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 dell’1.12.2014, pag. 6-9) | 13,930 | 757 |
31993D0704 | false | 93/704/CE: Decisione del Consiglio, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali
Gazzetta ufficiale n. L 329 del 30/12/1993 pag. 0063 - 0065 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 5 pag. 0069 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 5 pag. 0069
DECISIONE DEL CONSIGLIO del 30 novembre 1993 relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (93/704/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 213, vista la proposta della Commissione (1), considerando che il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulle misure comuni volte a ridurre gli incidenti stradali (2); considerando che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, il 21 giugno 1991, hanno adottato una risoluzione con la quale veniva chiesto alla Commissione di elaborare ed attuare un programma comunitario di misure concrete destinate a realizzare nuove iniziative comuni e a ravvicinare gli esperimenti attualmente effettuati a livello nazionale nei vari settori d'azione e di ricerca interessati per quanto riguarda la lotta contro gli incidenti stradali e le conseguenze per le vittime di tali incidenti (3); considerando che la creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali è una delle priorità stabilite dal Gruppo di lavoro ad alto livello dei rappresentanti dei governi degli Stati membri; considerando che nel Libro bianco sullo sviluppo futuro della politica comune dei trasporti e nella comunicazione su un programma d'azione in materia di sicurezza stradale la Commissione indica che, viste le notevoli differenze tra i livelli di sicurezza stradale dei diversi Stati membri, un primo obiettivo in questo campo deve essere quello di promuovere lo scambio di informazioni e di esperienze creando una banca di dati comunitaria; considerando che gli Stati membri raccolgono i dati relativi agli incidenti stradali avvenuti sul loro territorio e riuniscono tali informazioni in archivi informatizzati, ma che non esiste attualmente una base comune che consenta di accedere ai vari archivi né di utilizzare i dati raccolti; considerando che una banca di dati creata e gestita a livello comunitario consente di identificare e di quantificare i problemi, di valutare l'efficacia delle misure adottate e di determinare la pertinenza di un'azione comunitaria; considerando che la creazione e la gestione di tale banca di dati non possono essere assicurate dagli Stati membri singolarmente e che pertanto la Comunità, nel rispetto del principio della sussidiarietà, interviene soltanto nella misura necessaria per garantire, da una parte, un raggruppamento dei dati contenuti negli archivi statistici degli Stati membri e, dall'altra, uno stretto coordinamento tra Stati membri nell'ottica del buon funzionamento di una banca di dati comunitaria; considerando che occorre prevedere le modalità di trasmissione alla Commissione dei dati statistici esistenti negli Stati membri e, in particolare, stabilire la periodicità, il termine e la natura del supporto di trasmissione; considerando che l'analisi dei problemi di sicurezza stradale deve concentrarsi in via prioritaria sugli incidenti che provocano lesioni corporali, escludendo gli incidenti che provocano danno alle cose, ma che le informazioni relative all'identificazione delle persone non sono necessarie al fine di tali analisi; considerando che occorre che la Commissione prenda disposizioni per garantire la protezione dei dati statistici coperti dal segreto, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. Gli Stati membri elaborano statistiche sugli incidenti stradali che abbiano provocato lesioni corporali, avvenuti nel loro territorio. 2. Ai fini della presente decisione, per incidente che abbia provocato lesioni corporali si intende qualsiasi urto implicante almeno un veicolo in marcia, circolante su una strada pubblica regolarmente aperta alla circolazione, che abbia comportato il ferimento e/o la morte di uno o più utenti della strada. Articolo 2 1. I dati sugli incidenti comportanti lesioni corporali avvenuti nel corso di un anno, contenuti negli archivi informatizzati al più alto grado di centralizzazione esistente, sono comunicati dagli Stati membri, a livello di unità statistica, all'Istituto statistico delle Comunità europee, in appresso denominato ISCE. Nell'ambito della presente decisione l'unità statistica è l'incidente comportante lesioni corporali. 2. I dati di cui al paragrafo 1 sono comunicati per la prima volta entro il 31 marzo 1994 per gli anni 1991 e 1992 e, successivamente, entro nove mesi dalla fine dell'anno di riferimento considerato. 3. Nell'ipotesi in cui siano coperti dal segreto statistico a norma di disposizioni nazionali i dati di cui al paragrafo 1 sono parimenti trasmessi all'ISCE, che li gestisce conformemente al regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 (1). 4. La Commissione, agendo secondo la procedura di cui all'articolo 5, fissa gli elementi che non devono essere inclusi negli archivi trasmessi. Articolo 3 1. Nella misura del possibile, la trasmissione dei dati viene effettuata su un supporto di lettura la cui natura e il cui formato sono proposti dalla Commissione. 2. Gli Stati membri che apportino correzioni ai dati statistici successivamente alla trasmissione dell'archivio all'ISCE inviano a quest'ultimo una copia completa dell'archivio aggiornato. 3. Gli Stati membri che intendano modificare la forma o il contenuto del loro archivio ne informano preventivamente la Commissione. Gli Stati membri che sono indotti a modificare archivi già trasmessi all'ISCE inviano a quest'ultimo le nuove versioni dei medesimi. 4. Ciascuno Stato membro è responsabile della qualità dei dati statistici che fornisce. 5. La Commissione è responsabile del trattamento dei dati ricevuti. Articolo 4 1. La Commissione è responsabile della divulgazione dei dati ricevuti. Le modalità di accesso alle statistiche sugli incidenti stradali che abbiano provocato lesioni corporali, centralizzate dalla Commissione, le eventuali pubblicazioni, nonché ogni elemento utile al buon funzionamento della banca di dati comunitaria che riunisce dette statistiche sono stabiliti dalla Commissione che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 5. 2. La Commissione esamina, con gli Stati membri, i problemi di ordine metodologico e tecnico sollevati dall'elaborazione e dalla trasmissione delle statistiche o dal metodo di raccolta, per trovare soluzioni che consentano di rendere progressivamente i dati quanto più possibile omogenei e comparabili tra gli Stati membri. In base a tale esame, la Commissione presenterà al Consiglio le eventuali proposte appropriate. Articolo 5 1. Quando si fa riferimento alla procedura prevista nel presente articolo, la Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (2). 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato, entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame, formula il suo parere sul progetto, eventualmente procedendo a votazione. Il parere è iscritto a verbale; inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione figuri a verbale. La Commissione tiene in massima considerazione il parere formulato dal comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del suo parere. Articolo 6 Tre anni dopo la messa in applicazione della presente decisione la Commissione presenta al Consiglio: a) una relazione di valutazione sui risultati conseguiti relativamente alla realizzazione delle azioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 e sull'opportunità di continuare tali azioni; b) gli orientamenti emergenti da detta relazione per l'eventuale proseguimento dell'azione prevista dalla presente decisione. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 1993. Per il Consiglio Il Presidente G. COËME (1) GU n. C 225 del 20. 8. 1993, pag. 6. (2) GU n. C 68 del 24. 3. 1986, pag. 35. (3) GU n. C 178 del 9. 7. 1991, pag. 1. (4) GU n. L 151 del 15. 6. 1990, pag. 1. (5) GU n. L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47. | Sicurezza stradale: Banca dati comunitaria sugli incidenti stradali
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa istituisce CARE — la banca dati dell’Unione europea sugli incidenti stradali.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE devono:elaborare statistiche sugli incidenti stradali che abbiano coinvolto almeno un veicolo e che abbiano comportato il ferimento o la morte, avvenuti nel loro territorio; Comunicare tali dati ogni anno alla Commissione europea (Eurostat) La Commissione europea deve garantire che i dati ricevuti siano diffusi e che la banca dati funzioni correttamente e, inoltre, decide le condizioni per l’accesso alle statistiche e a qualsiasi pubblicazione, in collaborazione con il gruppo di lavoro di esperti di CARE.
La Commissione, dopo tre anni di attuazione della presente decisione, doveva preparare una relazione per il Consiglio sui risultati ottenuti e sugli indicatori risultanti per il proseguimento delle attività.
Le conclusioni della relazione sono state generalmente positive. Sono stati suggeriti alcuni miglioramenti quali:armonizzare i dati degli incidenti; fornire nuove informazioni per completare le analisi internazionali comparative; migliorare la cooperazione tra i paesi dell’UE, poiché ciò riveste un ruolo essenziale nella gestione e nella qualità dei dati, oltre che nello sviluppo di una politica di accesso e applicazione per gli utenti di CARE.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È applicata a partire dal 22 dicembre 1993.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Sicurezza stradale (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione del Consiglio (CEE) n. 93/704/CE, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (GU L 329 del 30.12.1993, pag. 63).
Le successive modifiche alla decisione 93/704/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Relazione della Commissione sui progressi del progetto e sulle sue future prospettive — CARE: Banca dati comunitaria sugli incidenti stradali —Decisione del Consiglio del 30 novembre 1993 (93/704/CE) [COM(97) 238 final, del 26.5.1997]. | 3,238 | 598 |
32008L0052 | false | DIRETTIVA 2008/52/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 21 maggio 2008
relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), e l’articolo 67, paragrafo 5, secondo trattino,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La Comunità si è prefissa l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. A tal fine, la Comunità deve adottare, tra l’altro, le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile necessarie al corretto funzionamento del mercato interno.
(2)
Il principio dell’accesso alla giustizia è fondamentale e, al fine di agevolare un miglior accesso alla giustizia, il Consiglio europeo nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha invitato gli Stati membri ad istituire procedure extragiudiziali e alternative.
(3)
Nel maggio 2000 il Consiglio ha adottato conclusioni sui metodi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, sancendo che l’istituzione di principi fondamentali in questo settore è un passo essenziale verso l’appropriato sviluppo e l’operatività dei procedimenti stragiudiziali per la composizione delle controversie in materia civile e commerciale così come per semplificare e migliorare l’accesso alla giustizia.
(4)
Nell’aprile del 2002 la Commissione ha presentato un Libro verde relativo ai modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale, prendendo in esame la situazione attuale circa i metodi alternativi di risoluzione delle controversie nell’Unione europea e intraprendendo consultazioni ad ampio raggio con gli Stati membri e le parti interessate sulle possibili misure per promuovere l’utilizzo della mediazione.
(5)
L’obiettivo di garantire un migliore accesso alla giustizia, come parte della politica dell’Unione europea di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, dovrebbe comprendere l’accesso ai metodi giudiziali ed extragiudiziali di risoluzione delle controversie. La presente direttiva dovrebbe contribuire al corretto funzionamento del mercato interno, in particolare per quanto concerne la disponibilità dei servizi di mediazione.
(6)
La mediazione può fornire una risoluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie in materia civile e commerciale attraverso procedure concepite in base alle esigenze delle parti. Gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di essere rispettati volontariamente e preservano più facilmente una relazione amichevole e sostenibile tra le parti. Tali benefici diventano anche più evidenti nelle situazioni che mostrano elementi di portata transfrontaliera.
(7)
Al fine di promuovere ulteriormente l’utilizzo della mediazione e per garantire che le parti che vi ricorrono possano fare affidamento su un contesto giuridico certo è necessario introdurre un quadro normativo che affronti, in particolare, gli elementi chiave della procedura civile.
(8)
Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero applicarsi soltanto alla mediazione nelle controversie transfrontaliere, ma nulla dovrebbe vietare agli Stati membri di applicare tali disposizioni anche ai procedimenti di mediazione interni.
(9)
La presente direttiva non dovrebbe minimamente impedire l’utilizzazione di tecnologie moderne di comunicazione nei procedimenti di mediazione.
(10)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai procedimenti in cui due o più parti di una controversia transfrontaliera tentino esse stesse di raggiungere volontariamente una composizione amichevole della loro controversia con l’assistenza di un mediatore. Essa dovrebbe applicarsi in materia civile e commerciale, ma non ai diritti e agli obblighi su cui le parti non hanno la facoltà di decidere da sole in base alla pertinente legge applicabile. Tali diritti e obblighi sono particolarmente frequenti in materia di diritto di famiglia e del lavoro.
(11)
La presente direttiva non dovrebbe applicarsi alle trattative precontrattuali o ai procedimenti di natura arbitrale quali talune forme di conciliazione dinanzi ad un organo giurisdizionale, i reclami dei consumatori, l’arbitrato e la valutazione di periti o i procedimenti gestiti da persone od organismi che emettono una raccomandazione formale, sia essa legalmente vincolante o meno, per la risoluzione della controversia.
(12)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai casi in cui un organo giurisdizionale deferisce le parti a una mediazione o in cui il diritto nazionale prescrive la mediazione. La presente direttiva dovrebbe inoltre applicarsi, per quanto un giudice possa agire come Mediatore ai sensi della legislazione nazionale, alla mediazione condotta da un giudice che non sia responsabile di un procedimento giudiziario relativo alla questione o alle questioni oggetto della controversia. Tuttavia, la presente direttiva non dovrebbe estendersi ai tentativi dell’organo giurisdizionale o del giudice chiamato a risolvere la controversia nel contesto del procedimento giudiziario concernente tale controversia, ovvero ai casi in cui l’organo giurisdizionale o il giudice adito richiedano l’assistenza o la consulenza di una persona competente.
(13)
La mediazione di cui alla presente direttiva dovrebbe essere un procedimento di volontaria giurisdizione nel senso che le parti gestiscono esse stesse il procedimento e possono organizzarlo come desiderano e porvi fine in qualsiasi momento. Tuttavia, in virtù del diritto nazionale, l’organo giurisdizionale dovrebbe avere la possibilità di fissare un termine al processo di mediazione. Inoltre, l’organo giurisdizionale dovrebbe, se del caso, poter richiamare l’attenzione delle parti sulla possibilità di mediazione.
(14)
La presente direttiva dovrebbe inoltre fare salva la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto ad incentivi o sanzioni, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario. Del pari, la presente direttiva non dovrebbe pregiudicare gli attuali sistemi di mediazione autoregolatori nella misura in cui essi trattano aspetti non coperti dalla presente direttiva.
(15)
Ai fini della certezza del diritto, la presente direttiva dovrebbe indicare la data pertinente per determinare se una controversia che le parti tentano di risolvere con la mediazione sia una controversia transfrontaliera o meno. In mancanza di un accordo scritto, si dovrebbe ritenere che le parti concordino di ricorrere alla mediazione nel momento in cui intraprendono un’azione specifica per avviare il procedimento di mediazione.
(16)
Al fine di garantire la fiducia reciproca necessaria in relazione alla riservatezza, all’effetto sui termini di decadenza e prescrizione nonché al riconoscimento e all’esecuzione degli accordi risultanti dalla mediazione, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare, in qualsiasi modo essi ritengano appropriato, la formazione dei mediatori e l’introduzione di efficaci meccanismi di controllo della qualità in merito alla fornitura dei servizi di mediazione.
(17)
Gli Stati membri dovrebbero definire tali meccanismi, che possono includere il ricorso a soluzioni basate sul mercato, e non dovrebbero essere tenuti a fornire alcun finanziamento al riguardo. I meccanismi dovrebbero essere volti a preservare la flessibilità del procedimento di mediazione e l’autonomia delle parti e a garantire che la mediazione sia condotta in un modo efficace, imparziale e competente. I mediatori dovrebbero essere a conoscenza dell’esistenza del codice europeo di condotta dei mediatori, che dovrebbe anche essere disponibile su Internet per il pubblico.
(18)
Nell’ambito della protezione dei consumatori, la Commissione ha adottato una raccomandazione (3) che stabilisce i criteri minimi di qualità che gli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo dovrebbero offrire agli utenti. Qualunque mediatore o organizzazione che rientri nell’ambito di applicazione di tale raccomandazione dovrebbe essere incoraggiato a rispettare i principi in essa contenuti. Allo scopo di agevolare la diffusione delle informazioni relative a tali organi, la Commissione dovrebbe predisporre una banca dati di modelli extragiudiziali di composizione delle controversie che secondo gli Stati membri rispettano i principi di tale raccomandazione.
(19)
La mediazione non dovrebbe essere ritenuta un’alternativa deteriore al procedimento giudiziario nel senso che il rispetto degli accordi derivanti dalla mediazione dipenda dalla buona volontà delle parti. Gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire che le parti di un accordo scritto risultante dalla mediazione possano chiedere che il contenuto dell’accordo sia reso esecutivo. Dovrebbe essere consentito a uno Stato membro di rifiutare di rendere esecutivo un accordo soltanto se il contenuto è in contrasto con il diritto del suddetto Stato membro, compreso il diritto internazionale privato, o se tale diritto non prevede la possibilità di rendere esecutivo il contenuto dell’accordo in questione. Ciò potrebbe verificarsi qualora l’obbligo contemplato nell’accordo non possa per sua natura essere reso esecutivo.
(20)
Il contenuto di un accordo risultante dalla mediazione reso esecutivo in uno Stato membro dovrebbe essere riconosciuto e dichiarato esecutivo negli altri Stati membri in conformità della normativa comunitaria o nazionale applicabile, ad esempio in base al regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (4), o al regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (5).
(21)
Il regolamento (CE) n. 2201/2003 prevede specificamente che, per essere esecutivi in un altro Stato membro, gli accordi fra le parti debbano essere esecutivi nello Stato membro in cui sono stati conclusi. Conseguentemente, se il contenuto di un accordo risultante dalla mediazione in materia di diritto di famiglia non è esecutivo nello Stato membro in cui l’accordo è stato concluso e in cui se ne chiede l’esecuzione, la presente direttiva non dovrebbe incoraggiare le parti ad aggirare la legge di tale Stato membro rendendo l’accordo in questione esecutivo in un altro Stato membro.
(22)
La presente direttiva non dovrebbe incidere sulle norme vigenti negli Stati membri in materia di esecuzione di accordi risultanti da una mediazione.
(23)
La riservatezza nei procedimenti di mediazione è importante e quindi la presente direttiva dovrebbe prevedere un grado minimo di compatibilità delle norme di procedura civile relative alla maniera di proteggere la riservatezza della mediazione in un successivo procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale.
(24)
Per incoraggiare le parti a ricorrere alla mediazione, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché le loro norme relative ai termini di prescrizione o decadenza non impediscano alle parti di adire un organo giurisdizionale o di ricorrere all’arbitrato in caso di infruttuoso tentativo di mediazione. Gli Stati membri dovrebbero assicurarsi che ciò si verifichi anche se la presente direttiva non armonizza le norme nazionali relative ai termini di prescrizione e decadenza. Le disposizioni relative ai termini di prescrizione o decadenza negli accordi internazionali resi esecutivi negli Stati membri, ad esempio nella normativa in materia di trasporto, dovrebbero essere fatte salve dalla presente direttiva.
(25)
Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la divulgazione al pubblico di informazioni su come contattare mediatori e organizzazioni che forniscono servizi di mediazione. Dovrebbero inoltre incoraggiare i professionisti del diritto a informare i loro clienti delle possibilità di mediazione.
(26)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (6) gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione.
(27)
La presente direttiva cerca di promuovere i diritti fondamentali e tiene conto dei principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(28)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni o degli effetti dell’intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato; la presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(29)
A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito e l’Irlanda hanno notificato l’intenzione di partecipare all’adozione e all’applicazione della presente direttiva.
(30)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Obiettivo e ambito di applicazione
1. La presente direttiva ha l’obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario.
2. La presente direttiva si applica, nelle controversie transfrontaliere, in materia civile e commerciale tranne per i diritti e gli obblighi non riconosciuti alle parti dalla pertinente legge applicabile. Essa non si estende, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa né alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii).
3. Nella presente direttiva per «Stato membro» si intendono gli Stati membri ad eccezione della Danimarca.
Articolo 2
Controversie transfrontaliere
1. Ai fini della presente direttiva per controversia transfrontaliera si intende una controversia in cui almeno una delle parti è domiciliata o risiede abitualmente in uno Stato membro diverso da quello di qualsiasi altra parte alla data in cui:
a)
le parti concordano di ricorrere alla mediazione dopo il sorgere della controversia;
b)
il ricorso alla mediazione è ordinato da un organo giurisdizionale;
c)
l’obbligo di ricorrere alla mediazione sorge a norma del diritto nazionale; o
d)
ai fini dell’articolo 5, un invito è rivolto alle parti.
2. In deroga al paragrafo 1, ai fini degli articoli 7 e 8 per controversia transfrontaliera si intende altresì una controversia in cui un procedimento giudiziario o di arbitrato risultante da una mediazione tra le parti è avviato in uno Stato membro diverso da quello in cui le parti erano domiciliate o risiedevano abitualmente alla data di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c).
3. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, il domicilio è stabilito in conformità degli articoli 59 e 60 del regolamento (CE) n. 44/2001.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a)
per «mediazione» si intende un procedimento strutturato, indipendentemente dalla denominazione, dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore. Tale procedimento può essere avviato dalle parti, suggerito od ordinato da un organo giurisdizionale o prescritto dal diritto di uno Stato membro.
Esso include la mediazione condotta da un giudice che non è responsabile di alcun procedimento giudiziario concernente la controversia in questione. Esso esclude i tentativi messi in atto dall’organo giurisdizionale o dal giudice aditi al fine di giungere ad una composizione della controversia in questione nell’ambito del procedimento giudiziario oggetto della medesima;
b)
per «mediatore» si intende qualunque terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalle modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione.
Articolo 4
Qualità della mediazione
1. Gli Stati membri incoraggiano in qualsiasi modo da essi ritenuto appropriato l’elaborazione di codici volontari di condotta da parte dei mediatori e delle organizzazioni che forniscono servizi di mediazione nonché l’ottemperanza ai medesimi, così come qualunque altro efficace meccanismo di controllo della qualità riguardante la fornitura di servizi di mediazione.
2. Gli Stati membri incoraggiano la formazione iniziale e successiva dei mediatori allo scopo di garantire che la mediazione sia gestita in maniera efficace, imparziale e competente in relazione alle parti.
Articolo 5
Ricorso alla mediazione
1. L’organo giurisdizionale investito di una causa può, se lo ritiene appropriato e tenuto conto di tutte le circostanze del caso, invitare le parti a ricorrere alla mediazione allo scopo di dirimere la controversia. Può altresì invitare le parti a partecipare ad una sessione informativa sul ricorso alla mediazione se tali sessioni hanno luogo e sono facilmente accessibili.
2. La presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario.
Articolo 6
Esecutività degli accordi risultanti dalla mediazione
1. Gli Stati membri assicurano che le parti, o una di esse con l’esplicito consenso delle altre, abbiano la possibilità di chiedere che il contenuto di un accordo scritto risultante da una mediazione sia reso esecutivo. Il contenuto di tale accordo è reso esecutivo salvo se, nel caso in questione, il contenuto dell’accordo è contrario alla legge dello Stato membro in cui viene presentata la richiesta o se la legge di detto Stato membro non ne prevede l’esecutività.
2. Il contenuto dell’accordo può essere reso esecutivo in una sentenza, in una decisione o in un atto autentico da un organo giurisdizionale o da un’altra autorità competente in conformità del diritto dello Stato membro in cui è presentata la richiesta.
3. Gli Stati membri indicano alla Commissione gli organi giurisdizionali o le altre autorità competenti a ricevere le richieste conformemente ai paragrafi 1 e 2.
4. Nessuna disposizione del presente articolo pregiudica le norme applicabili al riconoscimento e all’esecuzione in un altro Stato membro di un accordo reso esecutivo in conformità del paragrafo 1.
Articolo 7
Riservatezza della mediazione
1. Poiché la mediazione deve avere luogo in modo da rispettare la riservatezza, gli Stati membri garantiscono che, a meno che le parti non decidano diversamente, né i mediatori né i soggetti coinvolti nell’amministrazione del procedimento di mediazione siano obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale riguardo alle informazioni risultanti da un procedimento di mediazione o connesse con lo stesso, tranne nei casi in cui:
a)
ciò sia necessario per superiori considerazioni di ordine pubblico dello Stato membro interessato, in particolare sia necessario per assicurare la protezione degli interessi superiori dei minori o per scongiurare un danno all’integrità fisica o psicologica di una persona; oppure
b)
la comunicazione del contenuto dell’accordo risultante dalla mediazione sia necessaria ai fini dell’applicazione o dell’esecuzione di tale accordo.
2. Il paragrafo 1 non impedisce in alcun modo agli Stati membri di adottare misure più restrittive per tutelare la riservatezza della mediazione.
Articolo 8
Effetto della mediazione sui termini di prescrizione e decadenza
1. Gli Stati membri provvedono affinché alle parti che scelgono la mediazione nel tentativo di dirimere una controversia non sia successivamente impedito di avviare un procedimento giudiziario o di arbitrato in relazione a tale controversia per il fatto che durante il procedimento di mediazione siano scaduti i termini di prescrizione o decadenza.
2. Il paragrafo 1 lascia impregiudicate le disposizioni relative ai termini di prescrizione o decadenza previste dagli accordi internazionali di cui gli Stati membri sono parte.
Articolo 9
Informazioni al pubblico
Gli Stati membri incoraggiano, in qualsiasi modo ritengano appropriato, la divulgazione al pubblico, in particolare via Internet, di informazioni sulle modalità per contattare i mediatori e le organizzazioni che forniscono servizi di mediazione.
Articolo 10
Informazioni sugli organi giurisdizionali e sulle autorità competenti
La Commissione mette a disposizione del pubblico, tramite qualsiasi mezzo appropriato, le informazioni sugli organi giurisdizionali o sulle autorità competenti comunicate dagli Stati membri ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3.
Articolo 11
Revisione
Entro il 21 maggio 2016 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’attuazione della presente direttiva. La relazione esamina lo sviluppo della mediazione nell’Unione europea e l’impatto della presente direttiva negli Stati membri. Se del caso, la relazione è corredata di proposte di modifica della presente direttiva.
Articolo 12
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 maggio 2011, fatta eccezione per l’articolo 10, per il quale tale data è fissata al più tardi al 21 novembre 2010. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 21 maggio 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J. LENARČIČ
(1) GU C 286 del 17.11.2005, pag. 1.
(2) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 129), posizione comune del Consiglio del 28 febbraio 2008 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 23 aprile 2008 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(3) Raccomandazione della Commissione 2001/310/CE, del 4 aprile 2001, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo (GU L 109 del 19.4.2001, pag. 56).
(4) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1).
(5) GU L 338 del 23.12.2003, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2116/2004 (GU L 367 del 14.12.2004, pag. 1).
(6) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. | Mediazione in materia civile e commerciale
Un quadro giuridico prevedibile può consentire ai cittadini dell’Unione europea (UE) di beneficiare pienamente dei vantaggi della mediazione quale processo di risoluzione delle controversie, in particolare in termini di convenienza e di rapidità.
ATTO
Direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale
SINTESI
Un quadro giuridico prevedibile può consentire ai cittadini dell’Unione europea (UE) di beneficiare pienamente dei vantaggi della mediazione quale processo di risoluzione delle controversie, in particolare in termini di convenienza e di rapidità.
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
La direttiva mira a incoraggiare l’uso di metodi alternativi di risoluzione delle controversie, in particolare il ricorso alla mediazione. Essa mira a garantire un rapporto equilibrato tra mediazione e procedimento giudiziario.
PUNTI CHIAVE
La direttiva si applica alle controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale. Non si estende a:
la materia fiscale, doganale e amministrativa;
la responsabilità di un paese dell’UE per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri;
le controversie in cui una o più parti ha domicilio o residenza in Danimarca.
I paesi dell’UE devono stabilire una procedura che consenta alle parti di richiedere la conferma di un accordo. Questa conferma può essere contenuta in una sentenza, in una decisione o in un atto autentico proveniente da un tribunale o da un’autorità pubblica. Essa consentirà il riconoscimento reciproco e l’esecuzione di un accordo in tutta l’UE, alle stesse condizioni di quelle stabilite per le decisioni giudiziarie in materia civile e commerciale nonché in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale.
I mediatori o i soggetti che sono coinvolti nel processo di mediazione non sono obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario riguardo alle informazioni ottenute durante tale procedimento, tranne nei casi in cui:
ciò sia necessario per superiori considerazioni di ordine pubblico, in particolare sia necessario per assicurare la protezione degli interessi superiori di una persona;
la comunicazione del contenuto dell’accordo sia necessaria ai fini dell’applicazione o dell’esecuzione di tale accordo.
I paesi dell’UE devono incoraggiare la formazione dei mediatori, così come l’elaborazione e l’applicazione di codici volontari di condotta per la professione.
CONTESTO
Nel 2013 l’UE ha pubblicato due nuovi atti legislativi sui modi alternativi di risoluzione delle controversie:
La direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie che assicura che i consumatori abbiano accesso a organismi di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) di elevata qualità per tutti i tipi di controversie contrattuali con i commercianti. Per garantire tale accesso, i paesi dell’UE devono istituire infrastrutture ADR nazionali entro gennaio 2016. La mediazione è una delle varie forme di ADR su cui i paesi dell’UE possono contare per istituire tale infrastruttura;
Regolamento (UE) n. 524/2013 sulla risoluzione delle controversie online (ODR), in base al quale una piattaforma online a livello UE sarà allestita per le controversie derivanti da transazioni online. La piattaforma permetterà ai consumatori di presentare le proprie controversie online e opererà in tutte le lingue ufficiali dell’UE. L’accesso al pubblico è previsto a partire dal gennaio 2016.
Per ulteriori informazioni, consultare la risoluzione alternativa delle controversie e la risoluzione delle controversie online (ADR/ODR) sul sito Internet della Commissione europea
TERMINI CHIAVE
Mediazione: un processo strutturato in cui due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della loro controversia con l’assistenza di un mediatore. Tale processo può essere avviato dalle parti, suggerito o ordinato da un tribunale o prescritto dalla legge di un paese dell’UE.
Mediatore: un terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente. Lo stato o l’occupazione di questa persona nel paese dell’UE in questione non è rilevante né lo è il modo in cui il terzo è stato nominato o invitato a gestire la mediazione.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2008/52/CE
13.6.2008
21.5.2011 (Articolo 10: 21.11.2010)
GU L 136 del 24.5.2008, pag. 3-8
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori) (GU L 165, 18.6.2013, pag. 63-79)
Regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ODR per i consumatori) (GU L 165, 18.6.2013, pag. 1-12)
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso un quadro orizzontale europeo per i ricorsi collettivi», COM(2013) 401 final dell’11.6.2013 | 8,898 | 443 |
32006D0619 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 24 luglio 2006
relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell'ambito di applicazione della parte terza, titolo IV, del trattato che istituisce la Comunità europea
(2006/619/CE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 62, punto 2, l'articolo 63, punto 3, e l'articolo 66 in combinato disposto con l'articolo 300, paragrafo 2, primo comma, e paragrafo 3, primo comma,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Gli elementi del protocollo che sono di competenza comunitaria sono stati negoziati dalla Commissione, a nome della Comunità, previa approvazione del Consiglio.
(2)
Il Consiglio ha incaricato la Commissione di negoziare l'adesione della Comunità all'accordo internazionale in questione.
(3)
I negoziati sono stati condotti a termine e lo strumento risultante è stato firmato dalla Comunità il 12 dicembre 2000, a norma della decisione 2001/87/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2000 (2).
(4)
Alcuni Stati membri sono parti contraenti del protocollo, mentre in altri Stati membri il processo di ratifica è tuttora in corso.
(5)
La presente decisione non pregiudica la posizione del Regno Unito e dell'Irlanda a norma del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea e del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegati al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea. Il Regno Unito e l'Irlanda non sono pertanto vincolati dalla presente decisione nella misura in cui riguarda l'esercizio, da parte della Comunità, di una competenza esterna in settori nei quali la normativa interna non vincola il Regno Unito e/o l'Irlanda.
(6)
La presente decisione lascia impregiudicata la posizione della Danimarca a norma del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea. La Danimarca non partecipa pertanto all'adozione e non ne è vincolata.
(7)
La conclusione della convenzione è stata approvata a nome della Comunità con la decisione 2004/579/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004 (3), condizione necessaria affinché la Comunità possa diventare parte contraente del protocollo, a norma dell'articolo 37, paragrafo 2, della convenzione.
(8)
Le altre condizioni richieste per il deposito, da parte della Comunità, dello strumento di approvazione di cui all'articolo 36, paragrafo 3, della convenzione e all'articolo 16, paragrafo 3, del protocollo, sono soddisfatte.
(9)
Nella misura in cui le disposizioni del protocollo rientrano nell'ambito di applicazione della parte terza, titolo IV, del trattato, la conclusione del protocollo dovrebbe essere approvata a nome della Comunità.
(10)
Nella misura in cui le disposizioni del presente protocollo rientrano nell'ambito di applicazione degli articoli 179 e 181 A del trattato, la conclusione del protocollo a nome della Comunità dovrebbe essere approvata con una decisione distinta del Consiglio (4).
(11)
In occasione del deposito dello strumento di approvazione, la Comunità dovrebbe altresì essere tenuta, a norma dell'articolo 16, paragrafo 3, del protocollo relativo alla tratta delle persone, a dichiarare il proprio ambito di competenza con riferimento alle materie disciplinate dal protocollo,
DECIDE:
Articolo 1
Il protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, che figura nell'allegato I, è approvato a nome della Comunità europea.
Lo strumento di conferma formale della Comunità include una dichiarazione relativa all'ambito di competenza a norma dell'articolo 16, paragrafo 3, del protocollo, come riportato nell'allegato II.
Articolo 2
La presente decisione si applica nella misura in cui le disposizioni del protocollo rientrano nell'ambito di applicazione della parte terza, titolo IV, del trattato.
Articolo 3
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona abilitata a depositare lo strumento di conferma formale allo scopo di impegnare la Comunità.
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 24 luglio 2006.
Per il Consiglio
Il presidente
K. RAJAMÄKI
(1) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
(2) GU L 30 dell'1.2.2001, pag. 44.
(3) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69.
(4) Cfr. pag. 44 della presente Gazzetta ufficiale.
ALLEGATO I
PROTOCOL
to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, Especially Women and Children, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organised Crime
PREAMBLE
THE STATES PARTIES TO THIS PROTOCOL,
DECLARING that effective action to prevent and combat trafficking in persons, especially women and children, requires a comprehensive international approach in the countries of origin, transit and destination that includes measures to prevent such trafficking, to punish the traffickers and to protect the victims of such trafficking, including by protecting their internationally recognised human rights,
TAKING INTO ACCOUNT the fact that, despite the existence of a variety of international instruments containing rules and practical measures to combat the exploitation of persons, especially women and children, there is no universal instrument that addresses all aspects of trafficking in persons,
CONCERNED that, in the absence of such an instrument, persons who are vulnerable to trafficking will not be sufficiently protected,
RECALLING General Assembly resolution 53/111 of 9 December 1998, in which the Assembly decided to establish an open-ended intergovernmental ad hoc committee for the purpose of elaborating a comprehensive international convention against transnational organised crime and of discussing the elaboration of, inter alia, an international instrument addressing trafficking in women and children,
CONVINCED that supplementing the United Nations Convention against Transnational Organised Crime with an international instrument for the prevention, suppression and punishment of trafficking in persons, especially women and children, will be useful in preventing and combating that crime,
HAVE AGREED AS FOLLOWS:
I. GENERAL PROVISIONS
Article 1
Relation with the United Nations Convention against Transnational Organised Crime
1. This Protocol supplements the United Nations Convention against Transnational Organised Crime. It shall be interpreted together with the Convention.
2. The provisions of the Convention shall apply, mutatis mutandis, to this Protocol unless otherwise provided herein.
3. The offences established in accordance with article 5 of this Protocol shall be regarded as offences established in accordance with the Convention.
Article 2
Statement of purpose
The purposes of this Protocol are:
(a)
to prevent and combat trafficking in persons, paying particular attention to women and children;
(b)
to protect and assist the victims of such trafficking, with full respect for their human rights; and
(c)
to promote cooperation among States Parties in order to meet those objectives.
Article 3
Use of terms
For the purposes of this Protocol:
(a)
‘trafficking in persons’ shall mean the recruitment, transportation, transfer, harbouring or receipt of persons, by means of the threat or use of force or other forms of coercion, of abduction, of fraud, of deception, of the abuse of power or of a position of vulnerability or of the giving or receiving of payments or benefits to achieve the consent of a person having control over another person, for the purpose of exploitation. Exploitation shall include, at a minimum, the exploitation of the prostitution of others or other forms of sexual exploitation, forced labour or services, slavery or practices similar to slavery, servitude or the removal of organs;
(b)
the consent of a victim of trafficking in persons to the intended exploitation set forth in subparagraph (a) of this article shall be irrelevant where any of the means set forth in subparagraph (a) have been used;
(c)
the recruitment, transportation, transfer, harbouring or receipt of a child for the purpose of exploitation shall be considered ‘trafficking in persons’ even if this does not involve any of the means set forth in subparagraph (a) of this article;
(d)
‘child’ shall mean any person under 18 years of age.
Article 4
Scope of application
This Protocol shall apply, except as otherwise stated herein, to the prevention, investigation and prosecution of the offences established in accordance with article 5 of this Protocol, where those offences are transnational in nature and involve an organised criminal group, as well as to the protection of victims of such offences.
Article 5
Criminalisation
1. Each State Party shall adopt such legislative and other measures as may be necessary to establish as criminal offences the conduct set forth in article 3 of this Protocol, when committed intentionally.
2. Each State Party shall also adopt such legislative and other measures as may be necessary to establish as criminal offences:
(a)
subject to the basic concepts of its legal system, attempting to commit an offence established in accordance with paragraph 1 of this article;
(b)
participating as an accomplice in an offence established in accordance with paragraph 1 of this article; and
(c)
organising or directing other persons to commit an offence established in accordance with paragraph 1 of this article.
II. PROTECTION OF VICTIMS OF TRAFFICKING IN PERSONS
Article 6
Assistance to and protection of victims of trafficking in persons
1. In appropriate cases and to the extent possible under its domestic law, each State Party shall protect the privacy and identity of victims of trafficking in persons, including, inter alia, by making legal proceedings relating to such trafficking confidential.
2. Each State Party shall ensure that its domestic legal or administrative system contains measures that provide to victims of trafficking in persons, in appropriate cases:
(a)
information on relevant court and administrative proceedings;
(b)
assistance to enable their views and concerns to be presented and considered at appropriate stages of criminal proceedings against offenders, in a manner not prejudicial to the rights of the defence.
3. Each State Party shall consider implementing measures to provide for the physical, psychological and social recovery of victims of trafficking in persons, including, in appropriate cases, in cooperation with non-governmental organisations, other relevant organisations and other elements of civil society, and, in particular, the provision of:
(a)
appropriate housing;
(b)
counselling and information, in particular as regards their legal rights, in a language that the victims of trafficking in persons can understand;
(c)
medical, psychological and material assistance; and
(d)
employment, educational and training opportunities.
4. Each State Party shall take into account, in applying the provisions of this article, the age, gender and special needs of victims of trafficking in persons, in particular the special needs of children, including appropriate housing, education and care.
5. Each State Party shall endeavour to provide for the physical safety of victims of trafficking in persons while they are within its territory.
6. Each State Party shall ensure that its domestic legal system contains measures that offer victims of trafficking in persons the possibility of obtaining compensation for damage suffered.
Article 7
Status of victims of trafficking in persons in receiving States
1. In addition to taking measures pursuant to article 6 of this Protocol, each State Party shall consider adopting legislative or other appropriate measures that permit victims of trafficking in persons to remain in its territory, temporarily or permanently, in appropriate cases.
2. In implementing the provision contained in paragraph 1 of this article, each State Party shall give appropriate consideration to humanitarian and compassionate factors.
Article 8
Repatriation of victims of trafficking in persons
1. The State Party of which a victim of trafficking in persons is a national or in which the person had the right of permanent residence at the time of entry into the territory of the receiving State Party shall facilitate and accept, with due regard for the safety of that person, the return of that person without undue or unreasonable delay.
2. When a State Party returns a victim of trafficking in persons to a State Party of which that person is a national or in which he or she had, at the time of entry into the territory of the receiving State Party, the right of permanent residence, such return shall be with due regard for the safety of that person and for the status of any legal proceedings related to the fact that the person is a victim of trafficking and shall preferably be voluntary.
3. At the request of a receiving State Party, a requested State Party shall, without undue or unreasonable delay, verify whether a person who is a victim of trafficking in persons is its national or had the right of permanent residence in its territory at the time of entry into the territory of the receiving State Party.
4. In order to facilitate the return of a victim of trafficking in persons who is without proper documentation, the State Party of which that person is a national or in which he or she had the right of permanent residence at the time of entry into the territory of the receiving State Party shall agree to issue, at the request of the receiving State Party, such travel documents or other authorisation as may be necessary to enable the person to travel to and re-enter its territory.
5. This article shall be without prejudice to any right afforded to victims of trafficking in persons by any domestic law of the receiving State Party.
6. This article shall be without prejudice to any applicable bilateral or multilateral agreement or arrangement that governs, in whole or in part, the return of victims of trafficking in persons.
III. PREVENTION, COOPERATION AND OTHER MEASURES
Article 9
Prevention of trafficking in persons
1. States Parties shall establish comprehensive policies, programmes and other measures:
(a)
to prevent and combat trafficking in persons; and
(b)
to protect victims of trafficking in persons, especially women and children, from revictimisation.
2. States Parties shall endeavour to undertake measures such as research, information and mass media campaigns and social and economic initiatives to prevent and combat trafficking in persons.
3. Policies, programmes and other measures established in accordance with this article shall, as appropriate, include cooperation with non-governmental organisations, other relevant organisations and other elements of civil society.
4. States Parties shall take or strengthen measures, including through bilateral or multilateral cooperation, to alleviate the factors that make persons, especially women and children, vulnerable to trafficking, such as poverty, underdevelopment and lack of equal opportunity.
5. States Parties shall adopt or strengthen legislative or other measures, such as educational, social or cultural measures, including through bilateral and multilateral cooperation, to discourage the demand that fosters all forms of exploitation of persons, especially women and children, that leads to trafficking.
Article 10
Information exchange and training
1. Law enforcement, immigration or other relevant authorities of States Parties shall, as appropriate, cooperate with one another by exchanging information, in accordance with their domestic law, to enable them to determine:
(a)
whether individuals crossing or attempting to cross an international border with travel documents belonging to other persons or without travel documents are perpetrators or victims of trafficking in persons;
(b)
the types of travel document that individuals have used or attempted to use to cross an international border for the purpose of trafficking in persons; and
(c)
the means and methods used by organised criminal groups for the purpose of trafficking in persons, including the recruitment and transportation of victims, routes and links between and among individuals and groups engaged in such trafficking, and possible measures for detecting them.
2. States Parties shall provide or strengthen training for law enforcement, immigration and other relevant officials in the prevention of trafficking in persons. The training should focus on methods used in preventing such trafficking, prosecuting the traffickers and protecting the rights of the victims, including protecting the victims from the traffickers. The training should also take into account the need to consider human rights and child- and gender-sensitive issues and it should encourage cooperation with non-governmental organisations, other relevant organisations and other elements of civil society.
3. A State Party that receives information shall comply with any request by the State Party that transmitted the information that places restrictions on its use.
Article 11
Border measures
1. Without prejudice to international commitments in relation to the free movement of people, States Parties shall strengthen, to the extent possible, such border controls as may be necessary to prevent and detect trafficking in persons.
2. Each State Party shall adopt legislative or other appropriate measures to prevent, to the extent possible, means of transport operated by commercial carriers from being used in the commission of offences established in accordance with article 5 of this Protocol.
3. Where appropriate, and without prejudice to applicable international conventions, such measures shall include establishing the obligation of commercial carriers, including any transportation company or the owner or operator of any means of transport, to ascertain that all passengers are in possession of the travel documents required for entry into the receiving State.
4. Each State Party shall take the necessary measures, in accordance with its domestic law, to provide for sanctions in cases of violation of the obligation set forth in paragraph 3 of this article.
5. Each State Party shall consider taking measures that permit, in accordance with its domestic law, the denial of entry or revocation of visas of persons implicated in the commission of offences established in accordance with this Protocol.
6. Without prejudice to article 27 of the Convention, States Parties shall consider strengthening cooperation among border control agencies by, inter alia, establishing and maintaining direct channels of communication.
Article 12
Security and control of documents
Each State Party shall take such measures as may be necessary, within available means:
(a)
to ensure that travel or identity documents issued by it are of such quality that they cannot easily be misused and cannot readily be falsified or unlawfully altered, replicated or issued; and
(b)
to ensure the integrity and security of travel or identity documents issued by or on behalf of the State Party and to prevent their unlawful creation, issuance and use.
Article 13
Legitimacy and validity of documents
At the request of another State Party, a State Party shall, in accordance with its domestic law, verify within a reasonable time the legitimacy and validity of travel or identity documents issued or purported to have been issued in its name and suspected of being used for trafficking in persons.
IV. FINAL PROVISIONS
Article 14
Saving clause
1. Nothing in this Protocol shall affect the rights, obligations and responsibilities of States and individuals under international law, including international humanitarian law and international human rights law and, in particular, where applicable, the 1951 Convention (1) and the 1967 Protocol (2) relating to the Status of Refugees and the principle of non-refoulement as contained therein.
2. The measures set forth in this Protocol shall be interpreted and applied in a way that is not discriminatory to persons on the ground that they are victims of trafficking in persons. The interpretation and application of those measures shall be consistent with internationally recognised principles of non-discrimination.
Article 15
Settlement of disputes
1. States Parties shall endeavour to settle disputes concerning the interpretation or application of this Protocol through negotiation.
2. Any dispute between two or more States Parties concerning the interpretation or application of this Protocol that cannot be settled through negotiation within a reasonable time shall, at the request of one of those States Parties, be submitted to arbitration. If, six months after the date of the request for arbitration, those States Parties are unable to agree on the organisation of the arbitration, any one of those States Parties may refer the dispute to the International Court of Justice by request in accordance with the Statute of the Court.
3. Each State Party may, at the time of signature, ratification, acceptance or approval of or accession to this Protocol, declare that it does not consider itself bound by paragraph 2 of this article. The other States Parties shall not be bound by paragraph 2 of this article with respect to any State Party that has made such a reservation.
4. Any State Party that has made a reservation in accordance with paragraph 3 of this article may at any time withdraw that reservation by notification to the Secretary-General of the United Nations.
Article 16
Signature, ratification, acceptance, approval and accession
1. This Protocol shall be open to all States for signature from 12 to 15 December 2000 in Palermo, Italy, and thereafter at United Nations Headquarters in New York until 12 December 2002.
2. This Protocol shall also be open for signature by regional economic integration organisations provided that at least one member State of such organisation has signed this Protocol in accordance with paragraph 1 of this article.
3. This Protocol is subject to ratification, acceptance or approval. Instruments of ratification, acceptance or approval shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations. A regional economic integration organisation may deposit its instrument of ratification, acceptance or approval if at least one of its member States has done likewise. In that instrument of ratification, acceptance or approval, such organisation shall declare the extent of its competence with respect to the matters governed by this Protocol. Such organisation shall also inform the depositary of any relevant modification in the extent of its competence.
4. This Protocol is open for accession by any State or any regional economic integration organisation of which at least one Member State is a Party to this Protocol. Instruments of accession shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations. At the time of its accession, a regional economic integration organisation shall declare the extent of its competence with respect to matters governed by this Protocol. Such organisation shall also inform the depositary of any relevant modification in the extent of its competence.
Article 17
Entry into force
1. This Protocol shall enter into force on the 90th day after the date of deposit of the 40th instrument of ratification, acceptance, approval or accession, except that it shall not enter into force before the entry into force of the Convention. For the purpose of this paragraph, any instrument deposited by a regional economic integration organisation shall not be counted as additional to those deposited by Member States of such organisation.
2. For each State or regional economic integration organisation ratifying, accepting, approving or acceding to this Protocol after the deposit of the 40th instrument of such action, this Protocol shall enter into force on the 30th day after the date of deposit by such State or organisation of the relevant instrument or on the date this Protocol enters into force pursuant to paragraph 1 of this article, whichever is the later.
Article 18
Amendment
1. After the expiry of five years from the entry into force of this Protocol, a State Party to the Protocol may propose an amendment and file it with the Secretary-General of the United Nations, who shall thereupon communicate the proposed amendment to the States Parties and to the Conference of the Parties to the Convention for the purpose of considering and deciding on the proposal. The States Parties to this Protocol meeting at the Conference of the Parties shall make every effort to achieve consensus on each amendment. If all efforts at consensus have been exhausted and no agreement has been reached, the amendment shall, as a last resort, require for its adoption a two-thirds majority vote of the States Parties to this Protocol present and voting at the meeting of the Conference of the Parties.
2. Regional economic integration organisations, in matters within their competence, shall exercise their right to vote under this article with a number of votes equal to the number of their Member States that are Parties to this Protocol. Such organisations shall not exercise their right to vote if their Member States exercise theirs and vice versa.
3. An amendment adopted in accordance with paragraph 1 of this article is subject to ratification, acceptance or approval by States Parties.
4. An amendment adopted in accordance with paragraph 1 of this article shall enter into force in respect of a State Party 90 days after the date of the deposit with the Secretary-General of the United Nations of an instrument of ratification, acceptance or approval of such amendment.
5. When an amendment enters into force, it shall be binding on those States Parties which have expressed their consent to be bound by it. Other States Parties shall still be bound by the provisions of this Protocol and any earlier amendments that they have ratified, accepted or approved.
Article 19
Denunciation
1. A State Party may denounce this Protocol by written notification to the Secretary-General of the United Nations. Such denunciation shall become effective one year after the date of receipt of the notification by the Secretary-General.
2. A regional economic integration organisation shall cease to be a Party to this Protocol when all of its Member States have denounced it.
Article 20
Depositary and languages
1. The Secretary-General of the United Nations is designated depositary of this Protocol.
2. The original of this Protocol, of which the Arabic, Chinese, English, French, Russian and Spanish texts are equally authentic, shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations.
IN WITNESS WHEREOF, the undersigned plenipotentiaries, being duly authorised thereto by their respective Governments, have signed this Protocol.
(1) United Nations, Treaty Series, vol. 189, No 2545.
(2) Ibid., vol. 606, No 8791.
ALLEGATO II
Dichiarazione relativa all'ambito di competenza della Comunità europea con riferimento alle materie disciplinate dal protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale
L'articolo 16, paragrafo 3, del protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, prevede che lo strumento di ratifica, accettazione o approvazione di un'organizzazione regionale d'integrazione economica contenga una dichiarazione intesa a precisare le materie disciplinate dal protocollo la cui competenza è stata trasferita all'organizzazione dai suoi Stati membri che sono parti contraenti del protocollo.
Il protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, si applica, per quanto riguarda le competenze trasferite alla Comunità europea, ai territori nei quali è applicato il trattato che istituisce la Comunità europea ed alle condizioni enunciate nel trattato stesso, in particolare nell'articolo 299 e nei protocolli allegati al trattato.
La presente dichiarazione non pregiudica la posizione del Regno Unito e dell'Irlanda a norma del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea e del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegati al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea.
La presente dichiarazione lascia altresì impregiudicata la posizione della Danimarca a norma del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea.
A norma dell'articolo 299, la presente dichiarazione non è applicabile ai territori degli Stati membri ai quali il trattato non si applica e non pregiudica le misure o le posizioni che potrebbero essere adottate in applicazione del protocollo dagli Stati membri interessati per conto e nell'interesse di detti territori. A norma della citata disposizione, la presente dichiarazione precisa le competenze trasferite dagli Stati membri alla Comunità in forza dei trattati nelle materie disciplinate dal protocollo. La portata e l'esercizio di tali competenze comunitarie sono soggetti, per loro stessa natura, ad una continua evoluzione in quanto la Comunità adotta ulteriormente le pertinenti norme e regolamentazioni e, all'occorrenza, la Comunità completerà o modificherà la presente dichiarazione, a norma dell'articolo 16, paragrafo 3, del protocollo.
La Comunità dichiara che è competente in materia di attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri, di elaborazione delle norme e delle procedure per il controllo delle persone a dette frontiere e delle norme relative ai visti per i soggiorni di durata non superiore a tre mesi.
Rientrano nella sua competenza anche le misure nel settore della politica d'immigrazione relative alle condizioni di ingresso e soggiorno e le misure di lotta contro l'immigrazione illegale ed il soggiorno illegale, compreso il rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente. Inoltre, la Comunità può adottare misure per garantire che i servizi competenti delle amministrazioni degli Stati membri cooperino tra loro e con la Commissione nei settori di cui sopra. Nei citati settori la Comunità ha adottato norme e regolamentazioni e, qualora lo abbia fatto, spetta esclusivamente ad essa intraprendere azioni esterne con Stati terzi o competenti organizzazioni internazionali.
Inoltre, la politica della Comunità in materia di cooperazione allo sviluppo integra le politiche perseguite dagli Stati membri e comprende disposizioni per prevenire e combattere la tratta delle persone. | Protocollo contro la tratta di persone
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI?
Esse ratificano, a nome dell’Unione europea (UE), il protocollo sulla tratta di persone allegato alla convenzione contro la criminalità organizzata transnazionaleadottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite (ONU) il 15 novembre 2000.
Gli allegati II alle decisioni 2006/618/CE e 2006/619/CE specificano la competenza dell’UE relativamente alle questioni disciplinate dal protocollo.
PUNTI CHIAVE
Gli obiettivi del protocollo sono:
prevenire e combattere la tratta transnazionale di persone*, in particolare donne e bambini*, da parte di gruppi della criminalità organizzata;
proteggere e assistere le vittime di sfruttamento*;
promuovere la cooperazione tra i paesi in questo settore.
Ciascun paese firmatario deve adottare norme e altre misure necessarie per rendere penalmente perseguibili gli atti definiti come tratta di persone, anche nel caso di complicità in tali atti.
Le controversie tra i firmatari in merito all’interpretazione o all’applicazione del protocollo devono essere risolte per via negoziale e, in mancanza di ciò, da un arbitrato.
Qualora la controversia sia oggetto di arbitrato e non sia stato concordato un accordo entro sei mesi, ciascuna delle parti può sottoporre la controversia alla Corte internazionale di giustizia.
Prevenire la tratta di persone
I paesi firmatari dovrebbero adottare misure per prevenire e combattere la tratta di persone, in collaborazione con le organizzazioni della società civile. Tali misure possono includere campagne di informazione e dei media e iniziative sociali ed economiche.
È altresì importante affrontare i fattori che rendono le persone vulnerabili alla tratta, come la povertà, il sottosviluppo e la mancanza di pari opportunità, attraverso la cooperazione bilaterale e multilaterale.
Proteggere le vittime
I paesi firmatari sono tenuti a:
proteggere laprivacy e l’identità delle vittime della tratta;
fornire loro le informazioni sul tribunale competente e sulle procedure amministrative;
provvedere al loro recupero fisico, psicologico e sociale, ad esempio provvedendo all’alloggio, a cure appropriate, all’occupazione, alle opportunità di istruzione e di formazione;
permettere alle vittime della tratta di rimanere nei propri territori, temporaneamente o permanentemente, prendendo in considerazione i fattori umanitari e caritatevoli;
aiutare le vittime a ritornare al proprio paese d’origine e a raggiungere un altro paese, nel rispetto della loro sicurezza.
Scambio di informazioni e cooperazione
I servizi competenti dei paesi firmatari si impegnano a scambiarsi informazioni su alcuni aspetti, tra cui:
i tipi di documenti di viaggio utilizzati ai fini della tratta di persone;
i mezzi e i metodi utilizzati dai gruppi della criminalità organizzata per questo scopo.
I paesi si impegnano inoltre a rafforzare la cooperazione tra i rispettivi servizi di controllo delle frontiere.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI?
A decorrere dal 24 luglio 2006.
CONTESTO
La convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 15 novembre 2000, è entrata in vigore il 23 settembre 2003.
Essa è composta da tre protocolli:
il protocollo contro la tratta di persone, entrato in vigore il 25 dicembre 2003;
il protocollo contro il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, entrato in vigore il 28 gennaio 2004;
il protocollo contro il traffico e la fabbricazione illeciti di armi da fuoco, entrato in vigore il 3 luglio 2005.
* TERMINI CHIAVE
Tratta di persone: il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o accogliere persone mediante la minaccia o l’uso della forza o di altre forme di coercizione, rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere pagamenti o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra persona a scopo di sfruttamento.
Minore: persona al di sotto dei 18 anni di età.
Sfruttamento: sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, lavoro o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, asservimento o prelievo di organi.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2006/618/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell’ambito di applicazione degli articoli 179 e 181 A del trattato che istituisce la Comunità europea (GU L 262 del 22.9.2006, pagg. 44-50)
Decisione 2006/619/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell’ambito di applicazione della parte terza, titolo IV, del trattato che istituisce la Comunità europea (GU L 262 del 22.9.2006, pagg. 51-58) | 9,333 | 807 |
32002D0348 | false | 2002/348/GAI: Decisione del Consiglio, del 25 aprile 2002, concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali
Gazzetta ufficiale n. L 121 del 08/05/2002 pag. 0001 - 0003
Decisione del Consigliodel 25 aprile 2002concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali(2002/348/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e b), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno del Belgio,visto il parere del Parlamento europeo(1),considerando quanto segue:(1) L'obiettivo che l'Unione si prefigge ai sensi dell'articolo 29 del trattato, è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in particolare sviluppando tra gli Stati membri un'azione comune nel settore della cooperazione di polizia.(2) Il fenomeno del calcio è caratterizzato da un'estrema internazionalizzazione, dovuta ai vari campionati europei ed internazionali e ai numerosi spostamenti di tifosi. Per quanto riguarda la sicurezza in occasione delle partite di calcio, tale internazionalizzazione rende necessario un approccio che trascende la dimensione nazionale.(3) È opportuno che il calcio non sia considerato esclusivamente come una possibile fonte di problemi connessi con perturbazioni dell'ordine, della tranquillità e della sicurezza pubblici, ma come un evento che, a prescindere dai rischi potenziali, deve essere gestito in modo efficiente.(4) In particolare per prevenire e combattere la violenza legata al calcio, è essenziale scambiare informazioni, in modo da consentire ai servizi di polizia ed alle autorità competenti negli Stati membri di provvedere ai preparativi del caso e di reagire in modo appropriato.(5) Ai fini dello scambio di informazioni in occasione di un evento calcistico e tenuto conto della cooperazione internazionale tra forze di polizia necessaria in caso di partite internazionali, è essenziale creare in ciascuno Stato membro un punto permanente di informazione sul calcio avente carattere di polizia.(6) Nell'ambito del Consiglio d'Europa sono state adottate: la convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, del 28 gennaio 1981, la raccomandazione n. R (87)15 del Comitato dei Ministri, del 17 settembre 1987, tesa a regolamentare l'utilizzo dei dati a carattere personale nel settore della polizia, nonché la convenzione europea del 19 agosto 1985, sulla violenza e le intemperanze degli spettatori in occasione di manifestazioni sportive ed in particolare di incontri calcistici.(7) Il Consiglio ha adottato, il 26 maggio 1997, l'azione comune 97/339/GAI in materia di cooperazione nel settore dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza(2) e il 9 giugno 1997, la risoluzione sulla prevenzione e repressione di atti di teppismo in occasione delle partite di calcio, mediante lo scambio di esperienze, il divieto di accedere agli stadi e una politica in materia di mezzi di comunicazione di massa(3).(8) Il Consiglio, inoltre, ha adottato, il 6 dicembre 2001, una risoluzione concernente un manuale di raccomandazioni per la cooperazione internazionale tra forze di polizia e misure per prevenire e combattere la violenza e i disordini in occasione delle partite di calcio di dimensione internazionale alle quali è interessato almeno uno Stato membro(4),DECIDE:Articolo 1Creazione di un punto nazionale d'informazione sul calcio1. Ciascuno Stato membro crea o designa un punto nazionale d'informazione sul calcio avente carattere di polizia.2. Ciascuno Stato membro notifica per iscritto al Segretariato generale del Consiglio le coordinate del suo punto nazionale d'informazione sul calcio e ogni modica successiva in virtù della presente decisione. Il Segretariato generale del Consiglio provvede a pubblicarle nella Gazzetta ufficiale.3. Il punto nazionale d'informazione sul calcio funge da punto di contatto diretto e centrale per lo scambio delle informazioni pertinenti e l'agevolazione della cooperazione internazionale tra forze di polizia in relazione alle partite di calcio internazionali.Uno Stato membro può decidere di effettuare determinati contatti riguardanti aspetti legati al calcio tramite i servizi specificamente competenti per questi aspetti, a condizione che il punto nazionale d'informazione sul calcio ne sia quanto meno informato tempestivamente e in maniera adeguata.4. Ciascuno Stato membro provvede affinché il proprio punto nazionale d'informazione sul calcio sia in grado di assolvere con efficacia e rapidità i compiti assegnatigli.5. La presente decisione lascia impregiudicate le disposizioni nazionali in vigore, in particolare per quanto attiene alla ripartizione di competenze tra le varie autorità e i diversi servizi dello Stato membro interessato.Articolo 2Compiti del punto nazionale d'informazione sul calcio1. Il centro nazionale d'informazione sul calcio assicura ed agevola il coordinamento dello scambio di informazioni tra servizi di polizia in occasione delle partite di calcio internazionali. Possono essere scambiate informazioni anche con altre autorità incaricate dell'applicazione della legge che contribuiscono, conformemente alla ripartizione delle competenze vigente nel rispettivo Stato membro, alla pubblica sicurezza ed all'ordine pubblico.2. Il punto nazionale d'informazione sul calcio ha accesso, in conformità della legislazione nazionale ed internazionale applicabile in materia, alle informazioni relative ai dati di carattere personale concernenti tifosi a rischio.3. Il punto nazionale d'informazione sul calcio agevola, coordina o organizza l'attuazione della cooperazione internazionale tra forze di polizia per quanto riguarda le partite di calcio internazionali.4. Conformemente alle disposizioni nazionali vigenti, in particolare la ripartizione delle competenze tra le diverse autorità e i diversi servizi negli Stati membri interessati, il punto nazionale d'informazione sul calcio può assumersi il compito di fornire assistenza alle autorità nazionali competenti.5. Il punto nazionale d'informazione sul calcio fornisce, per le partite internazionali, per lo meno su richiesta di un altro punto nazionale d'informazione sul calcio di uno Stato membro interessato, un'analisi dei rischi dei propri club e della propria squadra nazionale.Articolo 3Scambio di informazioni di polizia tra i punti nazionali d'informazione sul calcio1. I punti nazionali d'informazione sul calcio, su richiesta di un punto nazionale d'informazione sul calcio interessato o di propria iniziativa, procedono a scambi d'informazioni generali e alle condizioni previste al paragrafo 3, di dati di carattere personale, prima, durante e dopo l'evento calcistico internazionale.2. Le informazioni generali scambiate in occasione di un incontro di calcio internazionale sono di tipo strategico, operativo e tattico. Si intende per:- "informazioni strategiche": i dati che descrivono l'evento in tutte le sue dimensioni, con particolare riguardo ai rischi per la sicurezza,- "informazioni operative": i dati che permettono di ottenere un quadro corretto dei fatti che si verificano nell'ambito dell'evento,- "informazioni tattiche": i dati che consentono ai responsabili operativi di agire in modo adeguato per quanto riguarda la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza durante l'incontro.3. Lo scambio di dati di carattere personale avvengono conformemente alla legislazione nazionale e internazionale applicabile, tenendo conto dei principi della convenzione n. 108 del Consiglio d'Europa del 28 gennaio 1981 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale nonché - se del caso - della Raccomandazione n. R(87) 15 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 17 settembre 1987 tesa a regolamentare l'utilizzo dei dati a carattere personale nel settore della polizia. Lo scambio è inteso a preparare e adottare le misure appropriate per mantenere l'ordine pubblico in occasione di un evento calcistico. In particolare, si può trattare di informazioni riguardanti individui che presentano o possono presentare una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblici.Articolo 4Modalità di comunicazione tra i punti nazionali d'informazione sul calcio1. Il trattamento delle informazioni relative a partite internazionali di calcio è coordinato tramite il punto nazionale d'informazione sul calcio, il quale fa sì che tutti i servizi di polizia interessati ricevano tempestivamente le informazioni necessarie. Dopo il trattamento l'informazione è sfruttata dal punto d'informazione stesso o trasmessa alle autorità e servizi di polizia interessati.2. Il punto nazionale d'informazione sul calcio dello Stato membro che organizza l'evento calcistico comunica, prima, durante e dopo il campionato o la partita con il(i) servizio(i) di polizia nazionale (nazionali) dello(degli) Stato(i) interessato(i), eventualmente tramite l'ufficiale di collegamento designato e messo a disposizione dallo(dagli) Stato(i) interessato(i). Si può ricorrere a tale ufficiale di collegamento per questioni riguardanti l'ordine pubblico e la sicurezza, la violenza connessa al calcio e la criminalità in generale, nella misura in cui esiste una relazione con la partita o il torneo in questione.3. I punti nazionali d'informazione sul calcio comunicano in modo da garantire la riservatezza dei dati. Le informazioni scambiate, purché non riguardino dati a carattere personale, sono archiviate e possono in seguito essere consultate da altri punti nazionali d'informazione interessati, a condizione che il punto nazionale d'informazione sul calcio che ha fornito le informazioni, abbia la possibilità di definire in via preliminare una posizione in materia.Articolo 5Regime linguisticoI vari punti nazionali d'informazione sul calcio comunicano nelle rispettive lingue, con copia in una lingua di lavoro comune alle parti interessate, salvo disposizioni contrarie convenute in materia tra le parti interessate.Articolo 6ValutazioneEntro due anni dall'adozione della presente decisione, il Consiglio ne valuta l'attuazione.Articolo 7Entrata in vigoreLa presente decisione ha efficacia il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Lussemburgo, addì 25 aprile 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) Parere espresso il 9 aprile 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU L 147 del 5.6.1997, pag. 1.(3) GU C 193 del 24.6.1997, pag. 1.(4) GU C 22 del 24.1.2002, pag. 1. | Sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Mira a prevenire e a combattere la violenza legata al calcio al fine di garantire la sicurezza dei cittadini dell’Unione europea (UE) delineando metodi per la vigilanza coordinata a livello internazionale delle partite di calcio.Stabilisce punti nazionali d’informazione sul calcio per agevolare la condivisione delle informazioni, la cooperazione transfrontaliera e la vigilanza delle partite di calcio internazionali.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE devono creare un punto nazionale d’informazione sul calcio relativo alla vigilanza delle partite di calcio di carattere internazionale di alto livello, tra squadre di diversi paesi. Esso ha il compito di:coordinare e agevolare la cooperazione internazionale tra i servizi di polizia e lo scambio di informazioni;condividere informazioni sui tifosi a rischio;fornire potenziale assistenza alle autorità nazionali;mettere a disposizione degli altri paesi dell’UE una valutazione dei rischi dei propri club e della propria squadra nazionale.
Le informazioni vengono condivise prima, durante e dopo un incontro di calcio, come segue:informazioni strategiche, che descrivono l’evento in tutte le sue dimensioni, con particolare riguardo ai rischi per la sicurezza;informazioni operative, che forniscono un quadro dei fatti che si verificano nell’ambito dell’evento;informazioni tattiche, che consentono di agire in modo adeguato per quanto riguarda la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza, e feedback dopo l’evento.Le informazioni sono riservate e devono essere fornite in maniera tempestiva, con garanzia che lo scambio di dati personali rispetti la legislazione interna e internazionale in vigore.La decisione 2002/348/GAI è stata modificata nel 2007 dalla Decisione 2007/412/GAI concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali.Una risoluzione del Consiglio del 2003 ha chiesto all’UE di valutare il divieto di accesso agli stadi da parte di individui che avessero precedentemente commesso atti di violenza in occasione di partite di calcio. Essa comprendeva la possibilità di estendere i divieti ad altri paesi dell’UE, accompagnata da sanzioni in caso di inadempienza.Il manuale per la cooperazione internazionale tra forze di polizia, il «manuale UE per il settore calcistico», originariamente introdotto nel 1999 e aggiornato dalle risoluzioni del Consiglio del 4 dicembre 2006, 3 giugno 2010 e 29 novembre 2016, costituisce un modello per la condivisione delle informazioni.
Il manuale fornisce indicazioni dettagliate su:raccolta di intelligence;ricognizione;ruolo degli osservatori o informatori di polizia;controllo della folla;comunicazione con i tifosi e con i mediacondizioni in base alle quali gli operatori di polizia possono offrire assistenza diretta in altri paesi.Con una decisione del 2014, la Commissione europea e la Unione europea delle associazioni del calcio (UEFA) ha accettato di accelerare la cooperazione e il dialogo, inserendo azioni mirate ad aumentare gli sforzi di lotta alla violenza negli stadi. Esse organizzano incontri ad alto livello almeno una volta l’anno per valutare i progressi compiuti.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata dal giovedì 9 maggio 2002.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Supporting fair play and cooperation in sport — European and international federations (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione del Consiglio 2002/348/GAI, del 25 aprile 2002, concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali (OJ L 121, 8.5.2002, pag. 1–3)
Gli emendamenti successivi alla decisione 2002/348/GAI sono stati incorporati nel testo di base. Questa versione consolidata ha semplice valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Risoluzione del Consiglio del 17 novembre 2003 per l'adozione negli Stati membri del divieto di accesso agli impianti dove si svolgono partite di calcio di rilevanza internazionale (OJ C 281, 22.11.2003, pag. 1–2)
Risoluzione del Consiglio concernente un manuale aggiornato di raccomandazioni per la cooperazione internazionale tra forze di polizia e misure per prevenire e combattere la violenza e i disordini in occasione delle partite di calcio di dimensione internazionale alle quali è interessato almeno uno Stato membro («manuale UE per il settore calcistico») (OJ C 444, 29.11.2016, pag. 1–36)
Decisione della Commissione del 14 ottobre 2014 che adotta l’accordo per la cooperazione tra la Commissione europea e l’Unione europea delle associazioni del calcio (UEFA) (C(2014) 7378 final del 14.10.2014) | 4,458 | 547 |
32014D0401 | false | DECISIONE 2014/401/PESC DEL CONSIGLIO
del 26 giugno 2014
sul centro satellitare dell'Unione europea e che abroga l'azione comune 2001/555/PESC che istituisce un centro satellitare dell'Unione europea
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28 e l'articolo 31, paragrafo 1,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 20 luglio 2001 il Consiglio ha adottato l'azione comune 2001/555/PESC (1) che istituisce un centro satellitare dell'Unione europea (SATCEN). Il 23 maggio 2011 il Consiglio ha adottato la decisione 2011/297/PESC (2).
(2)
Il funzionamento del SATCEN, quale capacità europea autonoma che fornisce prodotti e servizi risultanti dallo sfruttamento di pertinenti risorse spaziali e dati collaterali, comprese immagini satellitari e aeree, è essenziale per rafforzare le funzioni di allarme rapido e di monitoraggio delle crisi nel contesto della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e, in particolare, della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC).
(3)
Il 14 settembre 2012 l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) ha presentato, a norma dell'articolo 22 dell'azione comune 2001/555/PESC, una relazione al Consiglio sul funzionamento del SATCEN.
(4)
Il 27 novembre 2012 il comitato politico e di sicurezza (CPS) ha preso atto di tale relazione e ha raccomandato al Consiglio di modificare di conseguenza l'azione comune 2001/555/PESC.
(5)
È opportuno, per motivi di chiarezza giuridica, consolidare le precedenti modifiche e le ulteriori modifiche proposte in un'unica nuova decisione e abrogare l'azione comune 2001/555/PESC, compreso il suo articolo 23 sulle disposizioni transitorie per quanto riguarda l'Unione dell'Europa occidentale (UEO).
(6)
A norma dell'articolo 5 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea (TUE) e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la Danimarca non partecipa all'elaborazione e all'attuazione di decisioni e azioni dell'Unione che hanno implicazioni nel settore della difesa. Questa disposizione non esclude tuttavia che la Danimarca partecipi alle attività civili del SATCEN, in base alla sua dichiarata disponibilità a contribuire alla copertura delle spese del SATCEN che non hanno implicazioni nel settore della difesa,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Continuità e sede
1. Il centro satellitare dell'Unione europea, istituito dall'azione comune 2001/555/PESC (SATCEN), continua e sviluppa la sua missione conformemente alla presente decisione.
2. La presente decisione non pregiudica i diritti e gli obblighi esistenti e le norme adottate nell'ambito dell'azione comune 2001/555/PESC. In particolare, essa non pregiudica la validità dei contratti di lavoro esistenti e dei diritti che ne discendono.
3. Il SATCEN ha sede a Torrejón de Ardoz, Spagna.
Articolo 2
Missione e attività
1. Il SATCEN sostiene il processo decisionale e le azioni dell'Unione nel settore della PESC e, in particolare, della PSDC, anche per quanto riguarda le missioni e le operazioni dell'Unione europea di gestione delle crisi, fornendo, su richiesta del Consiglio o dell'AR, prodotti e servizi risultanti dallo sfruttamento di pertinenti risorse spaziali e dati collaterali, comprese immagini satellitari e aeree, e servizi connessi, conformemente all'articolo 3.
2. Nell'ambito della missione del SATCEN, l'AR, previa richiesta e se lo consentono le capacità del SATCEN e fatti salvi i compiti essenziali di cui al paragrafo 1, impartisce altresì a quest'ultimo le opportune istruzioni di fornire prodotti o servizi:
i)
a uno Stato membro, al servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), alla Commissione o alle agenzie o agli organismi dell'Unione con cui il SATCEN coopera a norma dell'articolo 18;
ii)
agli Stati terzi che abbiano accettato le disposizioni di cui all'allegato sull'associazione alle attività del SATCEN;
iii)
se la richiesta riguarda il settore della PESC, in particolare della PSDC, alle organizzazioni internazionali quali le Nazioni Unite, l'Organizzazione sulla sicurezza e la cooperazione in Europa e l'Organizzazione del trattato dell'Atlantico del Nord (NATO).
3. Il SATCEN può altresì, a norma dell'articolo 18 e fatti salvi i suoi compiti essenziali di cui al paragrafo 1, cooperare con la Commissione e con agenzie, organismi o Stati membri dell'Unione al fine di massimizzare le sinergie e la complementarità con le altre attività dell'Unione che sono rilevanti per il SATCEN e qualora le attività del SATCEN abbiano attinenza con quelle dell'Unione, in particolare nel settore dello spazio e della sicurezza.
4. Al fine di agevolare l'organizzazione delle attività a Bruxelles, il SATCEN deve avere un ufficio di collegamento a Bruxelles.
5. A seguito dello scioglimento dell'UEO, il SATCEN espleta i compiti amministrativi previsti all'articolo 23. L'unità responsabile della continuazione di tali attività amministrative residue ha sede a Bruxelles
Articolo 3
Supervisione politica e indirizzo operativo
1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio, esercita una supervisione politica sulle attività del SATCEN e definisce gli orientamenti politici sulle priorità del SATCEN.
2. L'AR, conformemente alle sue responsabilità nell'ambito della PESC e, in particolare, nell'ambito della PSDC, dà al SATCEN l'indirizzo operativo, fatte salve le responsabilità rispettive del consiglio di amministrazione e del direttore del SATCEN, come stabilito nella presente decisione. In particolare, sulla base delle linee guida di cui al paragrafo 1, e tenuto conto del livello delle risorse disponibili, l'AR stabilisce le priorità tra le richieste rivolte al SATCEN conformemente a linee guida dei compiti assegnati che saranno soggette a revisione periodica da parte del consiglio di amministrazione.
3. Nell'espletamento dei compiti dell'AR previsti dal presente articolo, l'AR riferisce secondo le necessità, e almeno ogni sei mesi, al Consiglio, anche relativamente alla valutazione del consiglio di amministrazione sull'attuazione da parte del SATCEN degli orientamenti politici di cui al paragrafo 1 e all'indirizzo operativo di cui al paragrafo 2.
Articolo 4
Prodotti e servizi del SATCEN
1. I prodotti e i servizi del SATCEN in risposta alle richieste presentate conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, e all'articolo 2, paragrafo 2, punti ii) e iii), sono messi a disposizione degli Stati membri, del SEAE, della Commissione e delle agenzie o degli organismi dell'Unione con cui il SATCEN coopera a norma dell'articolo 18 e della parte richiedente conformemente alle disposizioni di sicurezza applicabili. Tali prodotti e servizi sono messi a disposizione degli Stati terzi che abbiano accettato le disposizioni di cui all'allegato conformemente alle norme dettagliate specificate in tali disposizioni.
2. Nell'interesse della trasparenza, l'AR mette immediatamente a disposizione degli Stati membri, del SEAE, della Commissione e delle agenzie o degli organismi dell'Unione con cui il SATCEN coopera a norma dell'articolo 18, nonché degli Stati terzi che abbiano accettato le disposizioni di cui all'allegato conformemente alle norme dettagliate specificate in tali disposizioni, tutte le richieste presentate ai sensi dell'articolo 2.
3. I prodotti e i servizi del SATCEN derivanti da richieste formulate ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, punto i), sono messi a disposizione degli Stati membri, del SEAE, della Commissione e delle agenzie o degli organismi dell'Unione con cui il SATCEN coopera a norma dell'articolo 18 e/o degli Stati terzi che abbiano accettato le disposizioni di cui all'allegato, su una decisione della parte richiedente.
4. Il CPS può dare istruzioni all'AR di mettere a disposizione di qualsiasi Stato terzo od organizzazione designati, caso per caso, i prodotti del SATCEN derivanti da richieste formulate ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 1 e 2.
Articolo 5
Personalità giuridica
Il SATCEN ha la personalità giuridica necessaria a svolgere le sue funzioni e a raggiungere i suoi obiettivi. In particolare, esso può stipulare contratti, acquistare o alienare beni mobili e immobili e stare in giudizio. Il SATCEN è un organismo senza scopo di lucro. Gli Stati membri adottano le misure atte a conferirgli la necessaria capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dal diritto nazionale.
Articolo 6
Consiglio di amministrazione
1. Il SATCEN ha un consiglio di amministrazione che ne approva il programma di lavoro annuale e a lungo termine nonché il bilancio appropriato. Il consiglio di amministrazione è la sede di discussione delle questioni relative al funzionamento, al personale e alle attrezzature del SATCEN. Il consiglio di amministrazione valuta periodicamente l'attuazione, da parte del SATCEN, degli orientamenti politici e dell'indirizzo operativo di cui all'articolo 3. Il consiglio di amministrazione adotta tutte le decisioni pertinenti relative all'adempimento della missione del SATCEN, comprese le proposte per le attività di cui agli articoli 18, 19 e 20, a condizione che conformemente alla presente decisione non siano riservate al Consiglio o al direttore del SATCEN.
2. Il consiglio di amministrazione è presieduto dall'AR o dal suo rappresentante. L'AR riferisce al Consiglio sulle attività del consiglio di amministrazione.
3. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante nominato da ciascuno Stato membro e da un rappresentante nominato dalla Commissione. Ciascun membro del consiglio di amministrazione può essere rappresentato o accompagnato da un supplente. Le lettere di nomina, debitamente autorizzate dallo Stato membro o dalla Commissione, a seconda dei casi, sono indirizzate all'AR.
4. Il direttore del SATCEN o il suo rappresentante assiste di norma alle riunioni del consiglio di amministrazione. Il presidente del Comitato militare dell'Unione europea, il direttore generale dello Stato maggiore dell'Unione europea e il comandante delle operazioni civili dell'Unione europea possono partecipare alle riunioni del consiglio di amministrazione. Possono essere invitati ad assistervi anche i rappresentanti di altri organismi competenti dell'Unione.
5. Salva diversa disposizione della presente decisione, le decisioni del consiglio di amministrazione sono prese mediante votazione dai rappresentanti degli Stati membri a maggioranza qualificata, con la ponderazione attribuita ai voti ai sensi dell'articolo 16, paragrafi 4 e 5, TUE. Il consiglio di amministrazione adotta il proprio regolamento interno.
6. Il consiglio di amministrazione può decidere di creare gruppi di lavoro ad hoc o comitati permanenti con la stessa formazione del consiglio di amministrazione per trattare temi o problemi specifici nell'ambito della sua responsabilità generale e sotto la sua supervisione. La decisione di creare tali gruppi di lavoro o comitati ne precisa il mandato, la composizione e la durata.
7. Il presidente convoca il consiglio di amministrazione almeno due volte l'anno e anche su richiesta di almeno un terzo dei membri.
Articolo 7
Direttore
1. Il consiglio di amministrazione seleziona e nomina il direttore del SATCEN tra i cittadini degli Stati membri previa raccomandazione di una commissione consultiva. Il mandato del direttore ha la durata di tre anni e può essere rinnovato un'unica volta per due anni.
2. Tenuto conto della natura tecnica e operativa della missione del SATCEN, i candidati alla carica di direttore devono essere persone di lunga, riconosciuta levatura ed esperienza nel campo delle informazioni e delle immagini geospaziali o nel campo delle relazioni estere e della sicurezza politica. Gli Stati membri sottopongono candidature al consiglio di amministrazione. La commissione consultiva, composta dall'AR (o da un suo rappresentante), che presiede la commissione consultiva, da tre rappresentanti degli Stati membri scelti tra il trio di presidenza e da un rappresentante del SEAE, raccomanda almeno tre candidati al consiglio di amministrazione per la selezione e la nomina del direttore.
3. Il direttore è il legale rappresentante del SATCEN.
4. Il direttore è responsabile dell'assunzione del resto del personale del SATCEN.
5. Previa approvazione del consiglio di amministrazione, il direttore nomina il vicedirettore del SATCEN. Il vicedirettore è nominato per un periodo di tre anni con una possibile proroga di ulteriori tre anni con l'approvazione del consiglio di amministrazione.
6. Il direttore assicura l'esecuzione della missione del SATCEN di cui all'articolo 2. Egli mantiene nel SATCEN un elevato livello di conoscenze e di professionalità, nonché garantisce efficienza ed efficacia nell'espletamento delle attività del SATCEN. Il direttore adotta tutte le misure necessarie a tal fine, compresa la formazione del personale e l'esecuzione di progetti di ricerca e sviluppo a sostegno della sua missione.
Il direttore è inoltre responsabile dei compiti a esso assegnati dalla presente decisione:
a)
preparazione dei lavori del consiglio di amministrazione, in particolare il progetto del programma di lavoro annuale del SATCEN;
b)
amministrazione corrente del SATCEN;
c)
preparazione dello stato delle entrate e delle spese ed esecuzione del bilancio del SATCEN;
d)
aspetti relativi alla sicurezza;
e)
gestione di tutte le questioni relative al personale;
f)
informare il CPS del programma di lavoro annuale;
g)
instaurazione delle relazioni di lavoro e della cooperazione con la Commissione e le agenzie o organismi dell'Unione, a norma dell'articolo 18;
h)
instaurazione delle relazioni di lavoro e della cooperazione con le istituzioni degli Stati membri, a norma dell'articolo 19;
i)
instaurazione delle relazioni di lavoro e della cooperazione con i paesi terzi, le organizzazioni o le entità, a norma dell'articolo 20;
j)
negoziazione delle disposizioni amministrative secondo la procedura di cui agli articoli 18 e 20.
7. Nell'ambito del programma di lavoro e del bilancio del SATCEN, il direttore è autorizzato a stipulare contratti, assumere il personale approvato nel bilancio e sostenere ogni spesa necessaria al funzionamento del SATCEN.
8. Il direttore prepara una relazione annuale sulle attività del SATCEN entro il 31 marzo dell'anno successivo. La relazione è trasmessa al consiglio di amministrazione e, attraverso l'AR, al Consiglio, il quale la inoltra al Parlamento europeo e alla Commissione.
9. Il direttore risponde della sua gestione al consiglio di amministrazione.
Articolo 8
Personale
1. Il personale del SATCEN, compreso il direttore, è costituito da agenti a contratto assunti su una base quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri e gli esperti distaccati.
2. Il personale a contratto è nominato dal direttore in base al merito e mediante una procedura di concorso equa e trasparente.
3. La necessità del distacco del personale al SATCEN è definita dal consiglio di amministrazione in consultazione con il direttore del SATCEN. D'intesa con il direttore, esperti degli Stati membri nonché funzionari del SEAE, delle istituzioni, delle agenzie o degli organismi dell'Unione possono essere distaccati presso il SATCEN per un periodo concordato a posti di lavoro all'interno della struttura organizzativa del SATCEN e/o per compiti o progetti specifici.
4. Il personale può essere distaccato per un periodo limitato a un posto all'esterno del SATCEN, conformemente allo statuto del personale del SATCEN.
5. Il consiglio di amministrazione redige, su proposta del direttore, lo statuto del personale del SATCEN che è adottato dal Consiglio.
6. Le disposizioni relative agli esperti distaccati sono adottate dal consiglio di amministrazione su proposta del direttore.
Articolo 9
Programma di lavoro
1. Entro il 30 settembre di ogni anno, il direttore elabora un progetto annuale di programma di lavoro per l'anno successivo, corredato di un progetto di programma di lavoro a lungo termine contenente prospettive indicative per altri due anni e lo presenta al consiglio di amministrazione per approvazione.
2. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio di amministrazione approva il programma di lavoro annuale e il programma di lavoro a lungo termine.
Articolo 10
Bilancio
1. Tutte le entrate e le spese del SATCEN sono oggetto di previsioni da elaborarsi per ogni esercizio finanziario, che coincide con l'anno civile. Esse sono iscritte nel bilancio del SATCEN, che comprende un elenco del personale.
2. Nel bilancio del SATCEN le entrate e le spese devono risultare in pareggio.
3. Le entrate del SATCEN sono costituite dai contributi degli Stati membri, tranne la Danimarca, determinati sulla base del reddito nazionale lordo, dai pagamenti incassati quale restrizione dei servizi resi e da entrate varie.
4. I prodotti e i servizi forniti a norma dell'articolo 2, paragrafo 2, e quelli relativi alle missioni e alle operazioni di gestione delle crisi sono oggetto di recupero delle spese conformemente agli orientamenti stabiliti nelle regole finanziarie del SATCEN di cui all'articolo 12, fatta eccezione per gli Stati membri e il SEAE.
5. In circostanze eccezionali, si può derogare al recupero delle spese nei confronti di parti terze su decisione del CPS.
6. Nell'ambito di accordi che possono essere autorizzati a norma dell'articolo 18, 19 o 20, il SATCEN può ricevere, a titolo di entrate con destinazione specifica, contributi finanziari da iscrivere nel suo bilancio, a carico:
a)
del bilancio generale dell'Unione decisi caso per caso, nella piena osservanza delle norme, delle procedure e degli iter decisionali a esso applicabili;
b)
degli Stati membri, di Stai terzi o di altre parti terze.
7. Le entrate con destinazione specifica possono essere utilizzate solo a condizione di conservare la loro destinazione specifica.
Articolo 11
Procedure di bilancio
1. Entro il 30 settembre di ogni anno il direttore presenta al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio annuale per il SATCEN, che comprende le spese amministrative e operative nonché le entrate previste, comprese quelle con destinazione specifica, per il successivo esercizio finanziario e le stime indicative a lungo termine delle spese e delle entrate in vista del progetto di programma di lavoro a lungo termine.
2. Entro il 30 novembre di ogni anno il consiglio di amministrazione approva il bilancio annuale del SATCEN all'unanimità dei rappresentanti degli Stati membri.
3. In caso di circostanze inevitabili, eccezionali o impreviste il direttore può proporre al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio rettificativo. Il consiglio di amministrazione, tenendo debitamente conto dell'eventuale urgenza, approva il bilancio rettificativo all'unanimità dei rappresentanti degli Stati membri.
4. Il controllo dell'impegno e del pagamento di tutte le spese e della registrazione e raccolta di tutte le entrate è effettuato da un controllore finanziario indipendente nominato dal consiglio di amministrazione.
5. Entro il 31 marzo di ogni anno il direttore presenta al Consiglio e al consiglio di amministrazione i conti dettagliati di tutte le entrate e spese del precedente esercizio finanziario e la relazione sulle attività del SATCEN.
6. Il consiglio di amministrazione dà scarico al direttore per l'esecuzione del bilancio del SATCEN.
Articolo 12
Regole finanziarie
Il consiglio di amministrazione, previa approvazione del Consiglio e su proposta del direttore, elabora regole finanziarie dettagliate che specifichino in particolare la procedura da seguire per stabilire, eseguire e controllare il bilancio del SATCEN.
Articolo 13
Privilegi e immunità
1. I privilegi e le immunità del direttore e dei membri del personale SATCEN sono indicati nella decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 15 ottobre 2011 sui privilegi e sulle immunità accordati all'Istituto dell'Unione europea per gli studi di sicurezza e il Centro satellitare dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza e al centro satellitare dell'Unione europea nonché ai loro organi e al loro personale. In attesa dell'entrata in vigore di tale decisione, lo Stato ospitante può concedere al direttore e al personale del SATCEN i privilegi e le immunità ivi previste.
2. I privilegi e le immunità del SATCEN sono quelli indicati nel protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell'Unione europea allegato al TUE e al TFUE.
Articolo 14
Responsabilità giuridica
1. La responsabilità contrattuale del SATCEN è disciplinata dalla legislazione applicabile al contratto in questione.
2. La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente a giudicare in virtù di eventuali clausole compromissorie contenute nei contratti stipulati dal SATCEN.
3. La responsabilità personale degli agenti nei confronti del SATCEN è regolata dalle disposizioni pertinenti che si applicano al personale del SATCEN.
Articolo 15
Protezione delle informazioni classificate UE
1. Il SATCEN applica la decisione 2013/488/UE del Consiglio (3).
2. Nelle loro relazioni con il SATCEN e riguardo ai suoi prodotti e servizi, gli Stati terzi che abbiano accettato le disposizioni di cui all'allegato riguardante l'associazione con le attività del SATCEN deve, in uno scambio di lettere con il SATCEN, confermare che si applicano i principi in materia di sicurezza e le norme minime stabilite dalla decisione 2013/488/UE, nonché quelle predisposte da eventuali fornitori di dati classificati.
Articolo 16
Accesso ai documenti
Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta regole sull'accesso del pubblico ai documenti del SATCEN, che tengano conto dei principi e delle limitazioni di cui al regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (4).
Articolo 17
Posizione della Danimarca
1. Il membro danese del consiglio di amministrazione partecipa ai lavori di tale organo nel pieno rispetto dell'articolo 5 del protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE.
La Danimarca può inviare all'AR richieste che non abbiano implicazioni nel settore della difesa, conformemente all'articolo 2, paragrafo 2, punto i), della presente decisione.
2. I prodotti e i servizi derivanti dalla missione del SATCEN di cui all'articolo 2 sono messi a disposizione della Danimarca alle stesse condizioni valide per gli altri Stati membri, a eccezione delle richieste che hanno implicazioni nel settore della difesa ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, e dei prodotti da esse derivanti.
3. La Danimarca ha il diritto di comandare personale nel SATCEN, conformemente all'articolo 8.
Articolo 18
Cooperazione in altre attività dell'Unione
1. Il SATCEN può instaurare relazioni di lavoro e cooperare con la Commissione e con le agenzie o gli organismi dell'Unione al fine di massimizzare le sinergie e la complementarità con le altre attività dell'Unione che sono rilevanti per la missione del SATCEN e qualora le attività del SATCEN abbiano attinenza con quelle dell'Unione, in particolare nel settore dello spazio e della sicurezza.
2. Nell'ambito di tale cooperazione e previa approvazione del consiglio di amministrazione, il SATCEN può fra l'altro stabilire contatti, scambiare conoscenze specialistiche e consulenza, contribuire ai pertinenti programmi e progetti dell'Unione, ricevere contributi dai pertinenti programmi e progetti dell'Unione e mettere a disposizione prodotti a norma dell'articolo 2, paragrafo 2, punto i).
3. Per agevolare tale cooperazione, il SATCEN può stabilire disposizioni amministrative con la Commissione, con le agenzie e gli organismi dell'Unione competenti o con gli Stati membri. Il consiglio di amministrazione decide di autorizzare il direttore a negoziare tali disposizioni amministrative e impartisce direttive a tale proposito al direttore. I negoziati sono condotti in consultazione con il consiglio di amministrazione. Ciascuna disposizione è pattuita dal SATCEN previa approvazione del suo consiglio di amministrazione.
Articolo 19
Cooperazione con le istituzioni degli Stati membri
Su proposta dell'AR o di uno Stato membro e previa approvazione del consiglio di amministrazione, il SATCEN può instaurare relazioni di lavoro e cooperare con le istituzioni degli Stati membri nel settore dello spazio e della sicurezza qualora le attività siano rilevanti per la missione del SATCEN e le attività del SATCEN abbiano attinenza con quelle di tali istituzioni.
Articolo 20
Cooperazione con Stati terzi, organizzazioni ed entità
1. Per svolgere la sua missione il SATCEN può instaurare relazioni di lavoro e cooperare con Stati terzi, organizzazioni o entità. A tale scopo può stabilire disposizioni amministrative con le autorità competenti di Stati terzi, organizzazioni internazionali o entità.
2. Il consiglio di amministrazione decide di autorizzare il direttore a negoziare tali disposizioni amministrative e impartisce al riguardo direttive al direttore. I negoziati sono condotti in consultazione con il consiglio di amministrazione. Ciascuna disposizione è pattuita dal SATCEN previa approvazione del Consiglio ed è firmata dal direttore.
3. I paesi membri della NATO non appartenenti all'UE e altri Stati candidati all'adesione all'Unione hanno diritto a partecipare alle attività del SATCEN su una base caso per caso conformemente all'articolo 4 della presente decisione e alle disposizioni stabilite nell'allegato.
Articolo 21
Protezione dei dati
Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta norme di esecuzione concernenti il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
Articolo 22
Relazione
L'AR presenta al Consiglio, entro il 31 luglio 2019, una relazione sul funzionamento del SATCEN corredata, se necessario, di raccomandazioni adeguate in vista del suo ulteriore sviluppo.
Articolo 23
Compiti amministrativi a seguito dello scioglimento dell'UEO
1. A seguito dello scioglimento dell'UEO, il SATCEN, a nome del Belgio, della Germania, della Grecia, della Spagna, della Francia, dell'Italia, del Lussemburgo, dei Paesi Bassi, del Portogallo e del Regno Unito («i dieci Stati membri»), espleta i seguenti compiti amministrativi restanti dell'UEO:
a)
amministrazione delle pensioni degli ex agenti dell'UEO;
b)
amministrazione dell'assicurazione sanitaria degli ex agenti dell'UEO in pensione;
c)
amministrazione del piano sociale dell'UEO;
d)
amministrazione di eventuali controversie fra l'UEO e i suoi ex agenti e attuazione delle decisioni della commissione ricorsi dell'UEO o dell'organo giurisdizionale competente;
e)
assistenza ai dieci Stati membri in relazione ai compiti restanti e altri compiti amministrativi dell'UEO, compresa la liquidazione dei beni dell'UEO.
2. L'amministrazione delle pensioni degli ex agenti dell'UEO:
a)
ha luogo conformemente al regime pensionistico dell'UEO, in vigore al 30 giugno 2011, che può essere modificato dal consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 7, nell'ambito delle organizzazioni coordinate;
b)
è gestita da un'autorità, un'organizzazione o un ente finanziario specializzati, approvati dal consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 7 su proposta del direttore del SATCEN.
Qualsiasi controversia riguardante tali pensioni e riguardante gli ex agenti dell'UEO è composta conformemente al paragrafo 5.
3. L'amministrazione dell'assicurazione sanitaria degli ex agenti dell'UEO in pensione si svolge conformemente al regolamento del personale dell'UEO in vigore al 30 giugno 2011 e successivamente modificato dal consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 7.
4. L'amministrazione del piano sociale dell'UEO si svolge conformemente al piano sociale adottato dall'UEO il 22 ottobre 2010. È anche conforme a qualsiasi decisione successiva vincolante della competente commissione ricorsi e a qualsiasi decisione presa dall'UEO o dal consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 7 di attuazione di tale decisione.
5. Qualsiasi controversia riguardante gli ex agenti dell'UEO che derivi dall'esecuzione dei compiti restanti dell'UEO è soggetta alla procedura di risoluzione delle controversie prevista dal regolamento del personale dell'UEO in vigore al 30 giugno 2011 e successivamente modificato dal consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 7.
Lo status di ex agente dell'UEO è disciplinato dallo statuto del personale dell'UEO in vigore al 30 giugno 2011, successivamente modificato dal consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 7, e da ogni decisione applicabile, compreso il piano sociale dell'UEO.
6. L'assistenza ai dieci Stati membri comprende la gestione degli affari correnti e l'amministrazione di qualsiasi questione giuridica o finanziaria conseguente alla chiusura dell'UEO, espletate sotto la supervisione del consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 7.
7. Ogni decisione in relazione ai compiti definiti nel presente articolo, comprese le decisioni del consiglio di amministrazione di cui al presente articolo, è adottata all'unanimità dal consiglio di amministrazione composto dai rappresentanti dei dieci Stati membri. Il consiglio di amministrazione decide in questa configurazione sulle modalità di esercizio della presidenza da parte di uno dei suoi membri. Il direttore del SATCEN o il suo rappresentante assiste, secondo necessità, alle riunioni del consiglio di amministrazione in questa configurazione. Il presidente convoca il consiglio di amministrazione almeno una volta l'anno o su richiesta di almeno tre membri. Possono essere convocate riunioni ad hoc del consiglio di amministrazione a livello di esperti per trattare temi o problemi specifici. Le decisioni del consiglio di amministrazione possono essere adottate con procedura scritta.
8. Il SATCEN assume il personale necessario per espletare i compiti di cui al paragrafo 1. Se uno dei dieci Stati membri propone di distaccare una persona a tale scopo, quest'ultima è assunta. In caso contrario, o se i distacchi non coprono tutti i posti necessari, il personale necessario è assunto. Si applica lo statuto del personale del SATCEN, fatto salvo il presente articolo.
9. Tutte le voci di spesa derivanti dall'attuazione del presente articolo nonché le entrate a essa connesse fanno parte di un bilancio separato da quello del SATCEN. Tale bilancio è stilato per ogni esercizio finanziario, corrispondente all'anno civile, ed è adottato dal consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 7, che delibera su proposta del direttore del SATCEN, entro il 30 novembre di ogni anno. Tale bilancio chiude in pareggio tra entrate e spese. In detto bilancio figura l'elenco del personale assunto a norma del paragrafo 8. Le entrate sono costituite dai contributi dei dieci Stati membri, fissati secondo le norme applicabili ai loro contributi all'UEO in vigore al 30 giugno 2011 e da entrate varie.
Il consiglio di amministrazione di cui al paragrafo 7 adotta norme finanziarie dettagliate, separate da quelle del SATCEN, che specifichino in particolare la procedura da seguire per stabilire ed eseguire il bilancio di cui al primo comma del presente paragrafo.
10. Un fondo iniziale di 5,3 milioni di EUR finanziato dai dieci Stati membri costituisce un'ulteriore garanzia della disponibilità di risorse finanziarie ai fini dell'esecuzione dei compiti amministrativi restanti dell'UEO di cui al presente articolo, per quanto riguarda in particolare i diritti pensionistici.
Articolo 24
Abrogazione
L'azione comune 2001/555/PESC è abrogata.
Articolo 25
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
Fatto a Bruxelles, il 26 giugno 2014
Per il Consiglio
Il presidente
E. VENIZELOS
(1) Azione comune 2001/555/PESC del Consiglio, del 20 luglio 2001, sull'istituzione di un centro satellitare dell'Unione europea (GU L 200 del 25.7.2001, pag. 5).
(2) Decisione 2011/297/PESC del Consiglio, del 23 maggio 2011, che modifica l'azione comune 2001/555/PESC sull'istituzione di un centro satellitare dell'Unione europea (GU L 136 del 24.5.2011, pag. 62).
(3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1).
(4) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, concernente l'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43).
(5) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
ALLEGATO
DISPOSIZIONI RELATIVE ALL'ASSOCIAZIONE DI STATI TERZI ALLE ATTIVITÀ DEL SATCEN
Articolo 1
Finalità
Le presenti disposizioni definiscono l'ambito di applicazione e le norme dettagliate della partecipazione di Stati terzi alle attività del SATCEN.
Articolo 2
Ambito di applicazione
Gli Stati terzi di cui all'articolo 20, paragrafo 3, della presente decisione hanno diritto a:
a)
presentare richieste nazionali di analisi delle immagini da attuarsi presso il SATCEN;
b)
presentare candidati a un comando di durata limitata presso il SATCEN quali analisti di immagini;
c)
accedere ai prodotti e ai servizi del SATCEN a norma dell'articolo 5 delle presenti disposizioni.
Articolo 3
Richieste
1. Le richieste di analisi di immagini da attuarsi presso il SATCEN possono essere presentate dagli Stati terzi all'AR a norma dell'articolo 2, paragrafo 2, punto ii), della presente decisione.
2. Se la capacità del SATCEN lo consente, l'AR impartisce al SATCEN le opportune istruzioni, a norma dell'articolo 3 della presente decisione.
3. Gli Stati terzi corredano ogni richiesta, laddove opportuno, di dati complementari e rimborsano il SATCEN, conformemente all'articolo 10, paragrafo 4, della presente decisione e alle norme relative ai costi di recupero delle spese specificate nelle regole finanziarie del SATCEN. Gli Stati terzi precisano se le richieste e/o i prodotti possono essere messi a disposizione di altri Stati terzi e organizzazioni internazionali.
Articolo 4
Distacco di esperti
1. Gli Stati terzi hanno diritto a presentare candidati al SATCEN a un distacco quali esperti, per un periodo limitato, nella prospettiva di acquisire familiarità con il suo funzionamento.
2. Le candidature sono prese in considerazione in funzione della disponibilità dei posti.
3. La durata del distacco si basa su una proposta del direttore del SATCEN e dipende dalle capacità del SATCEN. Si deve tener conto della più ampia rotazione possibile fra i candidati degli Stati terzi interessati.
4. I candidati devono essere esperti dotati di qualifiche professionali sufficienti. Gli esperti distaccati partecipano, di norma, alle attività operative del SATCEN che utilizzano il trattamento commerciale di immagini.
5. Gli esperti degli Stati terzi si attengono alla decisione 2013/488/UE e sottoscrivono un impegno in materia di riservatezza con il SATCEN.
6. Gli Stati terzi provvedono allo stipendio dei loro esperti distaccati e a tutte le spese connesse, quali indennità, oneri sociali, spese di prima sistemazione e di viaggio, nonché a tutte le spese supplementari del bilancio del SATCEN, determinate in base alle norme dettagliate di cui al paragrafo 8.
7. Le spese di missione inerenti alle attività dell'analista di immagini distaccato presso il SATCEN da Stati terzi sono a carico del bilancio del SATCEN.
8. Le norme dettagliate del comando sono redatte dal direttore del SATCEN.
Articolo 5
Disponibilità dei prodotti del SATCEN
1. Quando i prodotti richiesti a norma dell'articolo 2 della presente decisione sono disponibili presso il SEAE, l'AR ne informa gli Stati terzi.
2. Le richieste e i prodotti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, della presente decisione sono messi a disposizione degli Stati terzi quando l'AR lo ritiene pertinente per il dialogo, la consultazione e la cooperazione tra tali Stati e l'Unione in materia di PSDC.
3. Le richieste e i prodotti del SATCEN presentate conformemente all'articolo 2, paragrafo 2, della presente decisione sono messi a disposizione degli Stati terzi in base alla decisione della parte richiedente.
Articolo 6
Comitato consultivo
1. È istituito un comitato consultivo presieduto dal direttore del SATCEN o da un suo rappresentante e composto da rappresentanti dei membri del consiglio di amministrazione e rappresentanti di Stati terzi che abbiano accettato le disposizioni di cui al presente allegato. Il comitato consultivo si riunisce in varie composizioni.
2. Il comitato consultivo tratta questioni di interesse comune che rientrano nell'ambito d'applicazione delle disposizioni di cui al presente allegato.
3. Il comitato consultivo è convocato su iniziativa del presidente o su richiesta di almeno un terzo dei suoi membri.
Articolo 7
Entrata in vigore
1. Le disposizioni di cui al presente allegato hanno efficacia nei confronti di ciascuno Stato terzo il primo giorno del mese successivo alla notifica, da parte dell'autorità competente dello Stato terzo all'AR, relativa all'accettazione dei termini di cui alle presenti disposizioni.
2. Lo Stato terzo notifica all'AR la sua decisione di non avvalersi più delle presenti disposizioni, almeno un mese prima che tale decisione produca i suoi effetti. | Centro satellitare dell’Unione europea (SATCEN)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa abroga l’azione comune 2001/555/PESC che istituiva il SATCEN e consolida gli emendamenti precedenti e le ulteriori modifiche proposte in un’unica decisione.
PUNTI CHIAVE
La sede del SATCEN continua ad essere a Torrejón de Ardoz, Spagna. Tuttavia, questa decisione stabilisce un ufficio di collegamento a Bruxelles. La presente decisione riafferma che le operazioni del SATCEN fanno parte della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e, in particolare, della politica di sicurezza e di difesa comune (PESD). Il Comitato politico e di sicurezza (CPS) del Consiglio dell’Unione europea esercita il controllo politico sulle attività del SATCEN. L’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza è responsabile della direzione operativa. Il Consiglio di amministrazione di SATCEN è responsabile dei programmi annuali e a lungo termine e del bilancio appropriato. SATCEN è responsabile dei compiti amministrativi restanti, come l’amministrazione delle pensioni, l’assicurazione sanitaria e le controversie dei dipendenti, per i dipendenti della disciolta Unione dell’Europa occidentale (UEO)*. In base a tale decisione, in primo luogo attraverso i satelliti di osservazione della Terra, SATCEN offre prodotti e servizi di intelligence geospaziale per gli utenti che ne facciano richiesta, come ad esempio il servizio europeo per l’azione esterna, i singoli paesi dell’Unione europea, la Commissione europea, o le organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite o la NATO. Ogni settembre, il direttore del SATCEN, che viene nominato dal Consiglio per la durata di tre anni, redige un programma di lavoro annuale. Tale programma di lavoro annuale, nonché il programma di lavoro a lungo termine e il bilancio, devono essere approvati dal Consiglio. Il Consiglio è composto da un rappresentante nominato da ciascun paese dell’UE e dalla Commissione europea e presieduto dall’alto rappresentante. Entro il 31 luglio 2019, l’Alto rappresentante dell’UE deve presentare al Consiglio dell’UE, una relazione sul funzionamento del SATCEN, corredata, se necessario, di raccomandazioni.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Essa si applica dal 26 giugno 2014.
CONTESTO
I satelliti sono essenziali per rafforzare le funzioni di allarme rapido* e di monitoraggio delle crisi nel contesto della sicurezza e della difesa. Con questo atto, l’UE si adopera per rafforzare il suo Centro satellitare (SATCEN) per tali scopi.
Per ulteriori informazioni, consultare:Centro satellitare dell’Unione europea.
TERMINI CHIAVE
UEO: un’organizzazione internazionale e alleanza militare composta da 10 paesi dell’UE. È diventata dormiente nel novembre del 2000, quando le sue attività sono state trasferite alla PESD dell’Unione europea, che è un elemento chiave della politica estera concordata dell’UE (PESC). L’UEO è stata sciolta nel 2011 e i suoi compiti amministrativi residui sono stati trasferiti al SATCEN.
Allarme rapido: il monitoraggio di indicatori per identificare potenziali problemi in una fase precoce.
ATTO PRINCIPALE
Decisione 2014/401/PESC del Consiglio, del 26 giugno 2014, sul centro satellitare dell’Unione europea e che abroga l’azione comune 2001/555/PESC che istituisce un centro satellitare dell’Unione europea (GU L 188, 27.6.2014, pagg. 73–84)
Le successive modifiche alla decisione 2014/401/GAI sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 12,866 | 492 |
32000R1760 | false | Regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, e che abroga il regolamento (CE) n. 820/97 del Consiglio
Gazzetta ufficiale n. L 204 del 11/08/2000 pag. 0001 - 0010
Regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consigliodel 17 luglio 2000che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, e che abroga il regolamento (CE) n. 820/97 del ConsiglioIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37 e l'articolo 152, paragrafo 4, lettera b),vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) L'articolo 19 del regolamento (CE) n. 820/97 del Consiglio, del 21 aprile 1997, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine(5), prevede l'istituzione di un sistema di etichettatura obbligatorio delle carni bovine, applicabile in tutti gli Stati membri a decorrere dal 1o gennaio 2000. Il medesimo articolo prevede inoltre che, in base a una proposta della Commissione, anteriormente a tale data siano stabilite le regole generali di un sistema obbligatorio.(2) Il regolamento (CE) n. 2772/1999 del Consiglio, del 21 dicembre 1999, che stabilisce le regole generali per un sistema di etichettatura obbligatorio delle carni bovine(6) prevede che tali regole generali si applichino unicamente a titolo provvisorio, durante un periodo massimo di 8 mesi, e cioè dal 1o gennaio al 31 agosto 2000.(3) Per motivi di chiarezza è opportuno abrogare il regolamento (CE) n. 820/97 e sostituirlo con il presente regolamento.(4) Come conseguenza dell'instabilità del mercato delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine causata dalla crisi dell'encefalopatia spongiforme bovina, la migliorata trasparenza in merito alle condizioni di produzione e commercializzazione di tali prodotti, in particolare per quanto attiene alla rintracciabilità, ha esercitato un'influenza positiva sul consumo di carni bovine. Per mantenere e rafforzare la fiducia del consumatore nelle carni bovine ed evitare che sia ingannato, è necessario sviluppare il quadro nell'ambito del quale si forniscono informazioni al consumatore mediante un'etichettatura adeguata e chiara del prodotto.(5) A tal fine è indispensabile istituire, da un lato, un sistema efficace di identificazione e di registrazione dei bovini nella fase della produzione e, dall'altro, un sistema comunitario specifico di etichettatura nel settore delle carni bovine fondato su criteri oggettivi nella fase della commercializzazione.(6) Grazie alle garanzie fornite da tale miglioramento, saranno parimenti soddisfatte talune esigenze di interesse generale, in particolare la tutela della sanità pubblica e della salute degli animali.(7) Di conseguenza la fiducia dei consumatori nella qualità delle carni bovine e dei prodotti a base di carni sarà migliorata, sarà preservato un livello elevato di tutela della salute pubblica, e la stabilità duratura del mercato delle carni bovine sarà rafforzata.(8) L'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno(7), dispone che gli animali destinati agli scambi intracomunitari debbano essere identificati conformemente ai requisiti della normativa comunitaria ed essere registrati in modo da poter risalire all'azienda, al centro o all'organismo di origine o di passaggio, come pure che anteriormente al 1o gennaio 1993 detti sistemi di identificazione e di registrazione debbano essere estesi ai movimenti di animali all'interno del territorio di ciascuno Stato membro.(9) A norma dell'articolo 14 della direttiva 91/496/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli veterinari per gli animali che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità e che modifica le direttive 89/662/CEE, 90/425/CEE e 90/675/CEE(8), l'identificazione e la registrazione dei suddetti animali prevista all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 90/425/CEE devono essere effettuate dopo il controllo di cui sopra, eccetto per quanto riguarda gli animali da macello e gli equidi registrati.(10) Ai fini della gestione di alcuni regimi di aiuto comunitari nel settore agricolo, è necessario per alcuni tipi di bestiame identificare i singoli capi. I sistemi di identificazione e di registrazione devono pertanto consentire l'applicazione e il controllo di tali misure di identificazione individuale.(11) Occorre prevedere uno scambio rapido ed efficace delle informazioni tra gli Stati membri per la corretta applicazione del presente regolamento. Le norme comunitarie pertinenti sono state fissate dal regolamento (CEE) n. 1468/81 del Consiglio, del 19 maggio 1981, relativo alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione della regolamentazione doganale o agricola(9) e dalla direttiva 89/608/CEE del Consiglio, del 21 novembre 1989, relativa alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle legislazioni veterinaria e zootecnica(10).(12) Le regole attuali in materia di identificazione e di registrazione dei bovini sono state fissate dalla direttiva 92/102/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1992, relativa all'identificazione e alla registrazione degli animali(11), e dal regolamento (CE) n. 820/97. Come dimostra l'esperienza, l'attuazione di questa direttiva per quanto riguarda i bovini non è stata interamente soddisfacente e deve essere migliorata. Occorre quindi adottare un regolamento specifico per i bovini in modo da rafforzare le disposizioni di detta direttiva.(13) Per rendere accettabile il sistema perfezionato di identificazione da istituire, è indispensabile non imporre al produttore esigenze eccessive sul piano amministrativo. Devono pertanto essere previsti termini di attuazione praticabili.(14) Per poter rintracciare gli animali con rapidità e precisione ai fini del controllo dei regimi di aiuto comunitari è opportuno che ogni Stato membro crei una banca dati nazionale informatizzata nella quale figurino l'identità dell'animale, tutte le aziende del proprio territorio e i movimenti degli animali, conformemente alle disposizioni della direttiva 97/12/CE del Consiglio, del 17 marzo 1997, che modifica e aggiorna la direttiva 64/432/CEE, relativa a problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina(12), che precisa i requisiti sanitari per tale base di dati.(15) È importante che ogni Stato membro adotti tutte le misure eventualmente ancora necessarie affinché la banca dati informatizzata nazionale sia completamente operativa il più rapidamente possibile.(16) Occorre adottare provvedimenti affinché siano messe in atto le condizioni tecniche idonee a garantire una comunicazione ottimale tra il produttore e la base di dati, nonché una completa utilizzazione delle basi stesse.(17) Per poter ricostruire i loro movimenti, i bovini dovrebbero essere identificati con un marchio apposto su ciascun orecchio e accompagnati di norma da un passaporto nel corso dei vari movimenti. Le caratteristiche del marchio e del passaporto dovrebbero essere stabilite a livello comunitario. Di norma, dovrebbe essere rilasciato un passaporto per ciascun animale cui sono stati assegnati marchi auricolari.(18) Gli animali importati dai paesi terzi conformemente alla direttiva 91/496/CEE dovrebbero essere soggetti agli stessi requisiti in materia di identificazione.(19) Ogni animale dovrebbe conservare i propri marchi auricolari per tutta la vita.(20) La Commissione sta esaminando la possibilità, sulla base dei lavori svolti dal Centro comune di ricerca, di utilizzare dispositivi elettronici per l'identificazione degli animali.(21) I detentori di animali, eccettuati i trasportatori, dovrebbero tenere un registro aggiornato degli animali presenti nella propria azienda. Le caratteristiche di tale registro dovrebbero essere fissate a livello comunitario. L'autorità competente dovrebbe avere accesso, a sua richiesta, al registro suddetto.(22) Gli Stati membri possono porre a carico dell'insieme della filiera delle carni bovine le spese derivanti dall'applicazione delle suddette misure.(23) Occorre designare l'autorità o le autorità competenti per l'applicazione di ciascun titolo del presente regolamento.(24) Dovrebbe essere introdotto un sistema obbligatorio di etichettatura della carne bovina ed essere reso obbligatorio in tutti gli Stati membri. Nell'ambito di tale sistema obbligatorio, gli operatori e le organizzazioni che commercializzano carni bovine dovrebbero indicare sull'etichetta informazioni sulle carni bovine e il luogo di macellazione dell'animale o degli animali da cui provengono le carni.(25) Il sistema di etichettatura obbligatorio delle carni bovine dovrebbe essere rinforzato a partire dal 1o gennaio 2002. Nel suo ambito, è opportuno che gli operatori e le organizzazioni che commercializzano carni bovine indichino sull'etichetta anche informazioni relative all'origine di tali carni, in particolare il luogo in cui l'animale o gli animali da cui provengono le carni sono nati e sono stati ingrassati e macellati.(26) Altre informazioni oltre a quelle concernenti il luogo in cui l'animale o gli animali da cui provengono le carni sono nati, sono stati ingrassati e macellati possono essere fornite nell'ambito del sistema di etichettatura volontario delle carni bovine.(27) È opportuno che a decorrere dal 1o gennaio 2002 sia in vigore il sistema obbligatorio di etichettatura delle carni bovine basato sull'origine, fermo restando che le informazioni complete sui movimenti dei bovini nella Comunità sono richieste solo per gli animali nati dopo il 31 dicembre 1997.(28) È necessario che il sistema di etichettatura obbligatorio delle carni bovine si applichi anche ai bovini importati nella Comunità. Occorre tuttavia tener conto del fatto che gli operatori o le organizzazioni dei paesi terzi potrebbero non disporre di tutte le informazioni richieste per l'etichettatura della carne bovina prodotta nella Comunità. È pertanto necessario stabilire il minimo necessario di informazioni che i paesi terzi devono indicare sull'etichetta.(29) Per gli operatori e le organizzazioni che producono e commercializzano carni bovine macinate, che possono non essere in grado di fornire tutte le informazioni richieste nell'ambito del sistema di etichettatura obbligatorio delle carni bovine, occorre prevedere deroghe tali da garantire che venga comunque fornito un numero minimo di indicazioni.(30) L'obiettivo dell'etichettatura è di procurare la massima trasparenza nella commercializzazione delle carni bovine.(31) Le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano quanto disposto nel regolamento (CEE) n. 2081/92, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari(13).(32) Per tutte le indicazioni diverse da quelle previste dal sistema di etichettatura obbligatorio delle carni bovine è altresì necessario prevedere un quadro normativo comunitario relativo all'etichettatura. Data la diversità delle descrizioni delle carni bovine commercializzate nella Comunità, appare indicato istituire un sistema di etichettatura facoltativo. Un sistema efficace di etichettatura facoltativo presuppone la possibilità di risalire dalle carni bovine etichettate all'animale o agli animali di origine. Le modalità di etichettatura decise da un operatore o da un'organizzazione dovrebbero essere contenute in un disciplinare da trasmettere, per l'autorizzazione, all'autorità competente. L'operatore e l'organizzazione dovrebbero essere autorizzati ad etichettare le carni bovine soltanto se l'etichetta reca il nome o il logotipo d'identificazione rispettivo. Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero essere autorizzate a revocare l'approvazione di un disciplinare qualora siano riscontrate irregolarità. Per garantire che i disciplinari di etichettatura possano essere riconosciuti in tutta la Comunità, è necessario prevedere uno scambio d'informazioni tra i vari Stati membri.(33) Anche gli operatori e le organizzazioni che importano nella Comunità carni bovine provenienti da paesi terzi possono voler etichettare i propri prodotti conformemente al sistema di etichettatura facoltativo. È pertanto opportuno prevedere disposizioni che hanno come fine di garantire nella maggior misura del possibile che le misure adottate per l'etichettatura delle carni bovine importate siano altrettanto affidabili di quelle stabilite per le carni bovine comunitarie.(34) Il passaggio dal regime di cui al titolo II del regolamento (CE) n. 820/97 a quello di cui al presente regolamento può provocare difficoltà non previste da quest'ultimo. Per far fronte a tale eventualità, è necessario dare facoltà alla Commissione di adottare le necessarie misure transitorie. La Commissione deve inoltre essere autorizzata, quando ciò appaia giustificato, a risolvere problemi pratici specifici.(35) Per garantire l'affidabilità delle misure previste dal presente regolamento, è necessario obbligare gli Stati membri ad attuare misure di controllo adeguate ed efficaci. Tali controlli dovrebbero essere effettuati fatti salvi altri controlli che la Commissione può svolgere per analogia con l'articolo 9 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità(14).(36) È opportuno prevedere sanzioni adeguate in caso di inosservanza delle disposizioni del presente regolamento.(37) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(15),HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:TITOLO IIdentificazione e registrazione dei boviniArticolo 11. Ogni Stato membro istituisce, conformemente alle disposizioni del presente titolo, un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini.2. Le disposizioni del presente titolo si applicano fatte salve le norme comunitarie esistenti per l'eradicazione o il controllo di una malattia e fermi restando la direttiva 91/496/CEE e il regolamento (CEE) n. 3508/92(16). Tuttavia, le disposizioni della direttiva 92/102/CEE che riguardano specificamente i bovini non sono più applicabili a decorrere dalla data in cui tali animali devono essere identificati conformemente al presente titolo.Articolo 2Ai fini del presente titolo si intende per:- "animale": un bovino quale definito all'articolo 2, paragrafo 2, lettere b) e c), della direttiva 64/432/CEE(17),- "azienda": qualsiasi stabilimento, costruzione e, nel caso di una fattoria all'aperto, qualsiasi luogo in cui sono tenuti, allevati o governati animali oggetto del presente regolamento, situati nel territorio di uno Stato membro,- "detentore": qualsiasi persona fisica o giuridica responsabile degli animali, su base sia permanente che temporanea, anche durante il trasporto o su un mercato,- "autorità competente": l'autorità centrale o le autorità di uno Stato membro responsabili o incaricate dell'esecuzione dei controlli veterinari e dell'applicazione del presente titolo o, per il controllo dei premi, le autorità incaricate dell'esecuzione del regolamento (CEE) n. 3508/92.Articolo 3Il sistema di identificazione e di registrazione dei bovini comprende i seguenti elementi:a) marchi auricolari per l'identificazione dei singoli animali;b) basi di dati informatizzate;c) passaporti per gli animali;d) registri individuali tenuti presso ciascuna azienda.La Commissione e l'autorità competente dello Stato membro interessato hanno accesso a tutte le informazioni previste dal presente titolo. La Commissione e gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che tutte le parti interessate, tra cui le associazioni di consumatori interessate riconosciute dallo Stato membro, abbiano accesso a tali dati, a condizione che siano assicurate la necessaria riservatezza e la protezione dei dati ai sensi del diritto nazionale.Articolo 41. Tutti gli animali di un'azienda nati dopo il 31 dicembre 1997, o destinati dopo tale data al commercio intracomunitario, sono identificati mediante un marchio auricolare apposto su ciascun orecchio e approvato dall'autorità competente. I marchi auricolari recano lo stesso e unico codice di identificazione che consente di identificare ciascun animale individualmente, nonché l'azienda in cui è nato. In deroga a quanto precede, gli animali nati prima del 1o gennaio 1998, e destinati al commercio intracomunitario dopo tale data, possono essere identificati sino al 1o settembre 1998 a norma della direttiva 92/102/CEE.In deroga al primo comma, gli animali nati prima del 1o gennaio 1998 e destinati al commercio intracomunitario dopo tale data ai fini della macellazione immediata possono essere identificati, fino al 1o settembre 1999, a norma della direttiva 92/102/CEE.Gli animali destinati a manifestazioni culturali o sportive (ad eccezione di fiere e esposizioni) possono essere identificati, anziché con un marchio auricolare, mediante un sistema approvato dalla Commissione e che offra garanzie equivalenti.2. Il marchio auricolare è apposto entro un termine stabilito dallo Stato membro a decorrere dalla nascita dell'animale e in ogni caso prima che l'animale lasci l'azienda in cui è nato. Fino al 31 dicembre 1999, questo periodo non può superare i 30 giorni e dopo tale data i 20 giorni.Tuttavia, a richiesta di uno Stato membro, la Commissione può stabilire, secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 2, in quali circostanze gli Stati membri possono prorogare il termine massimo.Nessun animale nato dopo il 31 dicembre 1997 può lasciare un'azienda se non è identificato a norma del presente articolo.3. Ogni animale importato da un paese terzo, che abbia subito i controlli stabiliti dalla direttiva 91/496/CEE e che rimanga nel territorio della Comunità, è identificato nell'azienda di destinazione mediante un marchio auricolare a norma del presente articolo entro un termine definito dallo Stato membro, non superiore ai 20 giorni dopo i suddetti controlli e comunque prima che lasci l'azienda.Non occorre tuttavia identificare l'animale se l'azienda di destinazione è un macello situato nello Stato membro in cui sono effettuati tali controlli e in cui l'animale è effettivamente macellato nei 20 giorni successivi ai controlli.L'identificazione iniziale effettuata dal paese terzo è registrata nella banca dati informatizzata di cui all'articolo 5 oppure, qualora essa non sia pienamente operativa, nei registri di cui all'articolo 3, assieme al codice di identificazione assegnato dallo Stato membro di destinazione.4. Gli animali provenienti da un altro Stato membro conservano il marchio auricolare originario.5. Il marchio auricolare non può essere tolto o sostituito senza l'autorizzazione dell'autorità competente.6. I marchi auricolari sono assegnati all'azienda, distribuiti ed applicati agli animali nei modi stabiliti dall'autorità competente.7. Entro il 31 dicembre 2001 il Parlamento europeo e il Consiglio, sulla base di una relazione della Commissione eventualmente accompagnata da proposte e in conformità della procedura di cui all'articolo 95 del trattato, prendono una decisione sulla possibilità di introdurre dispositivi di identificazione elettronica sulla scorta dei progressi realizzati in questo campo.Articolo 5Le autorità competenti degli Stati membri istituiscono una banca dati informatizzata a norma degli articoli 14 e 18 della direttiva 64/432/CEE.Entro il 31 dicembre 1999 le banche dati informatizzate sono rese totalmente operative e, a partire da tale data, contengono tutti i dati richiesti ai sensi della succitata direttiva.Articolo 61. A decorrere dal 1o gennaio 1998, per ciascun animale da identificare ai sensi dell'articolo 4, l'autorità competente rilascia un passaporto entro 14 giorni dalla notifica della nascita o, per gli animali importati da paesi terzi, entro 14 giorni dalla notifica della nuova identificazione da parte dello Stato membro interessato, ai sensi dall'articolo 4, paragrafo 3. L'autorità competente può rilasciare alle stesse condizioni un passaporto per gli animali provenienti da un altro Stato membro. In tal caso il passaporto che accompagna l'animale al momento dell'arrivo è consegnato all'autorità competente, la quale lo rinvia allo Stato membro che lo ha rilasciato.Su richiesta di uno Stato membro la Commissione può tuttavia stabilire, secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 2, in quali circostanze il termine massimo può essere prorogato.2. Ogniqualvolta un animale è spostato, deve essere accompagnato dal suo passaporto.3. In deroga al paragrafo 1, prima frase, e al paragrafo 2, gli Stati membri:- che dispongono di una banca dati informatizzata che, a giudizio della Commissione, è pienamente operativa ai sensi dell'articolo 5, possono stabilire che sia rilasciato un passaporto solo per gli animali destinati al commercio intracomunitario e che tali animali siano accompagnati dal loro passaporto unicamente in caso di spostamento dal territorio dello Stato membro interessato al terrritorio di un altro Stato membro, nel qual caso il passaporto contiene dati provenienti dalla banca dati informatizzata.In tali Stati membri il passaporto che accompagna un animale importato da un altro Stato membro è consegnato, all'arrivo, all'autorità competente,- possono, fino al 1o gennaio 2000, autorizzare il rilascio di passaporti collettivi per gruppi di animali che sono spostati all'interno dello Stato membro interessato, sempreché tali gruppi abbiano la stessa origine e la stessa destinazione e siano accompagnati da un certificato veterinario.4. In caso di decesso di un animale, il detentore rinvia il passaporto all'autorità competente entro sette giorni dalla data del decesso. Se l'animale è inviato ad un macello, vi provvede il gestore del macello.5. Nel caso di animali esportati in paesi terzi, l'ultimo detentore rinvia il passaporto all'autorità competente nel luogo di esportazione.Articolo 71. Ogni detentore di animali, ad eccezione dei trasportatori:- tiene un registro aggiornato,- non appena la banca dati informatizzata sia pienamente operativa, comunica all'autorità competente - entro un termine stabilito dallo Stato membro e compreso fra tre e sette giorni - tutti i movimenti a destinazione e a partire dall'azienda nonché tutte le nascite e tutti i decessi di animali avvenuti nell'azienda, specificandone la data. Tuttavia, a richiesta di uno Stato membro, la Commissione può stabilire, secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 2, in quali circostanze gli Stati membri possono prorogare il termine massimo e definire le regole specifiche applicabili ai movimenti di bovini destinati a pascolare durante l'estate in diverse zone di montagna.2. Ogni detentore completa, secondo il caso, il passaporto all'arrivo di ciascun animale nell'azienda e prima della sua partenza da questa e provvede affinché il passaporto accompagni l'animale, a norma dell'articolo 6.3. Il detentore fornisce all'autorità competente, a richiesta, tutte le informazioni relative all'origine, all'identificazione e, eventualmente, alla destinazione degli animali di cui è stato proprietario o che ha tenuto, trasportato, commercializzato o macellato.4. Il registro, il cui modello è approvato dall'autorità competente, è tenuto manualmente o su supporto informatico ed è in qualsiasi momento accessibile all'autorità competente a richiesta, per un periodo determinato dall'autorità medesima, che non può essere inferiore ai tre anni.Articolo 8Gli Stati membri designano l'autorità incaricata di verificare l'osservanza del presente titolo. Essi comunicano tale designazione agli altri Stati membri e alla Commissione.Articolo 9Gli Stati membri possono porre a carico dei detentori di cui all'articolo 2 i costi connessi ai sistemi di cui all'articolo 3 e ai controlli previsti nel presente titolo.Articolo 10Le misure necessarie per l'attuazione del presente titolo sono stabilite secondo la procedura di gestione di cui all'articolo 23, paragrafo 2. Tali misure riguardano in particolare:a) le disposizioni sui marchi auricolari;b) le disposizioni sul passaporto;c) le disposizioni sul registro;d) i controlli minimi da effettuare;e) l'applicazione di sanzioni amministrative;f) disposizioni transitorie intese ad agevolare l'applicazione del presente titolo.TITOLO IIEtichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovineArticolo 11Gli operatori e le organizzazioni, quali definiti all'articolo 12, che- siano tenuti, in virtù della sezione I del presente titolo, a etichettare le carni bovine in tutte le fasi della commercializzazione,- intendano, ai sensi della sezione II del presente titolo, etichettare le carni bovine nel punto di vendita in modo da fornire informazioni, diverse da quelle prescritte all'articolo 13, circa talune caratteristiche o le condizioni di produzione delle carni etichettate o dell'animale da cui sono tratte,si attengono al presente titolo.Il presente titolo si applica fatta salva la pertinente normativa comunitaria, segnatamente nel settore delle carni bovine.Articolo 12Ai fini del presente titolo si intende per:- "carni bovine": tutti i prodotti dei codici NC 0201, 0202, 0206 10 95 e 0206 29 91,- "etichettatura": l'apposizione di un'etichetta sul singolo pezzo di carne o su pezzi di carne o sul relativo materiale d'imballaggio o, per i prodotti non preimballati, le informazioni appropriate scritte e visibili al consumatore nel punto vendita,- "organizzazione": un gruppo di operatori del medesimo settore o di settori diversi negli scambi di carni bovine.SEZIONE ISistema comunitario obbligatorio di etichettatura delle carni bovineArticolo 13Regole generali1. Gli operatori e le organizzazioni che commercializzano carni bovine nella Comunità le etichettano a norma del presente articolo.Il sistema obbligatorio di etichettatura permette di evidenziare il nesso fra, da un lato, l'identificazione della carcassa, del quarto o dei tagli di carne, dall'altro, il singolo animale, oppure il gruppo di animali di cui trattasi, ove ciò sia sufficiente a consentire di verificare informazioni che figurano sull'etichetta.2. L'etichetta reca le seguenti indicazioni:a) un numero di riferimento o un codice di riferimento che evidenzi il nesso tra le carni e l'animale o gli animali. Tale numero può essere il numero d'identificazione del singolo animale da cui provengono le carni, o il numero d'identificazione di un gruppo di animali;b) il numero di approvazione del macello presso il quale sono stati macellati l'animale o il gruppo di animali e lo Stato membro o il paese terzo in cui è situato tale macello. L'indicazione deve recare le parole "Macellato in [nome dello Stato membro o del paese terzo] [numero di approvazione]";c) il numero di approvazione del laboratorio di sezionamento presso il quale sono stati sezionati la carcassa o il gruppo di carcasse e lo Stato membro o il paese terzo in cui è situato tale laboratorio. L'indicazione deve recare le parole "Sezionato in [nome dello Stato membro o del paese terzo] [numero di approvazione]".3. Tuttavia, fino al 31 dicembre 2001, gli Stati membri il cui sistema di identificazione e registrazione dei bovini, previsto al titolo I, fornisce dettagli sufficienti, possono disporre l'indicazione obbligatoria di informazioni supplementari sulle etichette per le carni bovine ottenute da animali nati, allevati e macellati nel loro territorio.4. Il sistema obbligatorio previsto al paragrafo 3 non deve perturbare gli scambi tra gli Stati membri.Le modalità di attuazione applicabili negli Stati membri che intendono avvalersi delle disposizioni del paragrafo 3 devono essere preventivamente approvate dalla Commissione.5. a) Dal 1o gennaio 2002, gli operatori e le organizzazioni indicano inoltre sulle etichette:i) lo Stato membro o il paese terzo di nascita;ii) gli Stati membri o i paesi terzi in cui ha avuto luogo l'ingrasso;iii) lo Stato membro o il paese terzo in cui ha avuto luogo la macellazione.b) Tuttavia, se le carni bovine provengono da animali nati, detenuti e macellatii) nello stesso Stato membro, si può indicare "Origine: (nome dello Stato membro)" oppure;ii) in uno stesso paese terzo, si può indicare "Origine: (nome del paese terzo)".Articolo 14Deroghe al sistema obbligatorio di etichettaturaIn deroga all'articolo 13, paragrafo 2, lettere b) e c) e all'articolo 13, paragrafo 5, lettera a), punti i) e ii), gli operatori e le organizzazioni che preparano carni bovine macinate indicano sull'etichetta "Preparato in [nome dello Stato membro o del paese terzo]" secondo il luogo in cui le carni sono state preparate e "Origine" nel caso in cui lo Stato o gli Stati in questione non siano quello in cui è avvenuta la preparazione.L'obbligo di cui all'articolo 13, paragrafo 5, lettera a), punto iii), è applicabile a tali carni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento.Tuttavia detti operatori o organizzazioni possono completare l'etichetta delle carni bovine macinate- con una o più indicazioni tra quelle previste all'articolo 13 e/o- con la data di preparazione delle carni in questione.Sulla scorta dell'esperienza acquisita e in funzione delle eventuali necessità, possono essere adottate disposizioni simili per le carni sezionate e per le rifilature, secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 2.Articolo 15Etichettatura obbligatoria delle carni bovine provenienti da paesi terziIn deroga all'articolo 13, le carni bovine importate nella Comunità, per le quali non sono disponibili tutte le informazioni di cui all'articolo 13, sono etichettate secondo la procedura di cui all'articolo 17, con la seguente indicazione: "Origine: non CE" e "Macellato in: [nome del paese terzo]".SEZIONE IISistema di etichettatura facoltativoArticolo 16Regole generali1. Per le etichette contenenti indicazioni diverse da quelle previste alla sezione I del presente titolo, ciascun operatore o ciascuna organizzazione sottopone per approvazione un disciplinare all'autorità competente dello Stato membro in cui ha luogo la produzione o la commercializzazione delle carni bovine in questione. L'autorità competente può inoltre definire disciplinari da utilizzarsi nel relativo Stato membro, a condizione che non siano obbligatori.Il disciplinare dell'etichettatura facoltativa indica:- le informazioni da indicare sull'etichettatura,- le misure da adottare per garantire la veridicità delle informazioni,- il sistema di controllo che sarà applicato in tutte le fasi della produzione e della vendita, inclusi i controlli da effettuarsi ad opera di un organismo indipendente riconosciuto dall'autorità competente e designato dall'operatore o dall'organizzazione; tali organismi devono corrispondere ai criteri stabili nella norma europea EN/45011,- nel caso di un'organizzazione, le misure da adottare nei confronti dei membri che violino il disciplinare.Gli Stati membri hanno la facoltà di decidere che i controlli dell'organismo indipendente possono essere sostituiti da controlli effettuati a cura dell'autorità competente. L'autorità competente deve disporre a tal fine del personale qualificato e delle risorse adeguate per effettuare i controlli necessari.Le spese per i controlli previsti nell'ambito della presente sezione sono sostenute dall'operatore o dall'organizzazione che applicano il sistema di etichettatura.2. L'approvazione del disciplinare presuppone che l'autorità competente, sulla base di un esame approfondito degli elementi indicati al paragrafo 1, attesta il funzionamento corretto e affidabile del sistema di etichettatura previsto e in particolare del sistema di controllo. L'autorità competente rifiuta qualsiasi disciplinare che non garantisca il nesso fra, da un lato, l'identificazione della carcassa, del quarto o dei tagli di carni e, dall'altro, il singolo animale oppure gli animali di cui trattasi, ove ciò sia sufficiente a verificare le informazioni che figurano sull'etichetta.È altresì respinto qualsiasi disciplinare che preveda etichette contenenti informazioni ingannevoli o insufficientemente chiare.3. Se la produzione e/o la vendita di carni bovine si effettuano in due o più Stati membri, le autorità competenti di detti Stati membri esaminano e approvano i disciplinari presentati, sempreché gli elementi in essi contenuti riguardino operazioni che hanno luogo nel loro territorio rispettivo. In tal caso ciascuno Stato membro interessato riconosce le approvazioni concesse dagli altri Stati membri in questione.Se, entro un periodo di tempo da stabilire secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 2, a decorrere dal giorno successivo alla data di presentazione della domanda, un'approvazione non è stata rifiutata né concessa, e non sono state richieste informazioni supplementari, il disciplinare si considera approvato dall'autorità competente.4. Se le autorità competenti di tutti gli Stati membri interessati approvano il disciplinare presentato, l'operatore o l'organizzazione di cui trattasi sono autorizzati a etichettare le carni bovine a condizione che l'etichetta rechi il nome o il logotipo rispettivo.5. In deroga ai paragrafi 1-4, la Commissione può, secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 2, prevedere in casi specifici una procedura di approvazione accelerata o semplificata, in particolare per le carni bovine confezionate in piccoli imballaggi per la vendita al minuto o per i tagli interi di carni bovine di prima scelta confezionati individualmente, etichettati in uno Stato membro conformemente ad un disciplinare approvato ed introdotti nel territorio di un altro Stato membro, a condizione che non siano aggiunte informazioni all'etichetta iniziale.6. Uno Stato membro decide che il nome di una o più delle sue regioni non può essere utilizzato, segnatamente qualora il nome di una regione:- potrebbe dar luogo a confusioni o a difficoltà di controllo,- è riservato a talune carni bovine ai sensi del regolamento (CEE) n. 2081/92.Nel caso di un'autorizzazione, il nome della regione è completato con quello dello Stato membro.7. Gli Stati membri informano la Commissione dell'applicazione del presente articolo e segnatamente delle informazioni riportate sull'etichetta. La Commissione ne informa gli altri Stati membri in seno al comitato di gestione carni bovine di cui all'articolo 23, paragrafo 1, lettera b); se del caso, possono essere decise regole relative a tali informazioni, e in particolare limitazioni, secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 2.Articolo 17Sistema facoltativo di etichettatura per le carni bovine provenienti da paesi terzi1. Se le carni bovine sono prodotte in tutto o in parte in un paese terzo, gli operatori e le organizzazioni sono autorizzati ad etichettare le carni bovine a norma della presente sezione se, oltre a rispettare l'articolo 16, hanno ottenuto per i loro disciplinari l'approvazione dell'autorità competente all'uopo designata da ciascuno dei paesi terzi interessati.2. La validità all'interno della Comunità di un'approvazione rilasciata da un paese terzo è subordinata alla notifica preventiva alla Commissione, da parte del paese terzo:- dell'autorità competente designata,- delle procedure e dei criteri che detta autorità applica nell'esaminare il disciplinare,- di ciascun operatore e organizzazione il cui disciplinare è stato approvato dall'autorità competente.La Commissione trasmette dette notifiche agli Stati membri.Se, sulla base delle suddette notifiche, la Commissione giunge alla conclusione che le procedure e/o i criteri applicati in un paese terzo non equivalgono alle disposizioni del presente regolamento, essa decide, previa consultazione del paese terzo, che le approvazioni concesse da tale paese non sono valide all'interno della Comunità.Articolo 18SanzioniFatte salve le misure adottate dall'organizzazione stessa o dall'organismo di controllo di cui all'articolo 16, qualora risulti che un operatore o un'organizzazione non hanno rispettato il disciplinare di cui all'articolo 16, paragrafo 1, lo Stato membro può revocare l'approvazione contemplata all'articolo 16, paragrafo 2, o può imporre condizioni supplementari in caso di mantenimento dell'approvazione.SEZIONE IIIDisposizioni generaliArticolo 19ModalitàLe misure necessarie per l'attuazione del presente titolo sono adottate secondo la procedura di gestione di cui all'articolo 23, paragrafo 2. Tali misure riguardano in particolare:a) le dimensioni del gruppo di animali ai fini dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera a);b) le carni bovine macinate, le rifilature di carni bovine o le carni bovine sezionate di cui all'articolo 14;c) le indicazioni specifiche che possono figurare sulle etichette;d) le misure intese ad agevolare la transizione dall'applicazione del regolamento (CE) n. 820/97 a quella del presente titolo;e) le misure intese a risolvere problemi pratici specifici. Se debitamente giustificate, tali misure possono derogare a determinate disposizioni del presente titolo.Articolo 20Designazione delle autorità competentiGli Stati membri designano l'autorità o le autorità competenti per l'applicazione del presente titolo entro il 14 ottobre 2000.Articolo 21Entro il 14 agosto 2003, la Commissione presenterà al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione ed eventualmente proposte appropriate sull'estensione del campo di applicazione del presente regolamento ai prodotti trasformati contenenti carni bovine e prodotti a base di carni bovine.TITOLO IIIDisposizioni comuniArticolo 221. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire il rispetto del presente regolamento. I controlli previsti non pregiudicano eventuali controlli che la Commissione può effettuare a titolo dell'articolo 9 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95.Le eventuali sanzioni imposte a un detentore dallo Stato membro sono correlate alla gravità dell'infrazione. Se del caso, le sanzioni possono comportare una limitazione dei movimenti degli animali diretti verso l'azienda del detentore interessato o da essa provenienti.2. Gli esperti della Commissione, in collaborazione con le autorità competenti:a) verificano che gli Stati membri si conformano al presente regolamento;b) svolgono ispezioni in loco per assicurare che i controlli siano realizzati conformemente al presente regolamento.3. Lo Stato membro sul cui territorio sia svolta un'ispezione fornisce agli esperti della Commissione tutta l'assistenza di cui possono aver bisogno nell'esercizio delle loro funzioni.L'esito dei controlli svolti deve essere discusso con l'autorità competente dello Stato membro interessato prima di redigere e diffondere una relazione finale.4. Qualora lo ritenga giustificato in considerazione dell'esito dei controlli, la Commissione esamina la situazione in sede di comitato veterinario permanente di cui all'articolo 23, paragrafo 1, lettera c). Essa può adottare le decisioni necessarie secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 3.5. La Commissione segue l'evoluzione della situazione; in funzione di tale evoluzione e secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 3, essa può modificare o abrogare le decisioni di cui al paragrafo 4.6. Se necessario, sono adottate modalità di applicazione del presente articolo secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 3.Articolo 231. La Commissione è assistita:a) ai fini dell'attuazione dell'articolo 10, dal Comitato del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia di cui all'articolo 11 del regolamento (CE) n. 1258/1999 del Consiglio(18);b) ai fini dell'attuazione dell'articolo 19, dal Comitato di gestione della carne bovina istituito dall'articolo 42 del regolamento (CE) n. 1254/1999 del Consiglio(19);c) ai fini dell'attuazione dell'articolo 22, dal Comitato veterinario permanente istituito dalla decisione 68/361/CEE del Consiglio(20).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio tenendo conto dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a un mese.3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio tenendo conto dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.4. I comitati adottano il proprio regolamento interno.Articolo 241. Il regolamento (CE) n. 820/97 è abrogato.2. I riferimenti al regolamento (CE) n. 820/97 devono intendersi come riferimenti al presente regolamento e vanno letti secondo la tabella di concordanza che figura nell'allegato.Articolo 25Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso è applicabile alle carni bovine provenienti da animali macellati a partire dal 1o settembre 2000.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 17 luglio 2000.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteJ. Glavany(1) GU C 376 E del 28.12.1999, pag. 42.(2) GU C 117 del 26.4.2000, pag. 47.(3) GU C 226 dell'8.8.2000, pag. 9.(4) Parere del Parlamento europeo del 12 aprile 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 6 giugno 2000 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 6 luglio 2000 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 117 del 7.5.1997, pag. 1.(6) GU L 334 del 28.12.1999, pag. 1.(7) GU L 224 del 18.8.1990, pag. 29. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 92/118/CEE (GU L 62 del 15.3.1993, pag. 49).(8) GU L 268 del 24.9.1991, pag. 56. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/43/CE (GU L 162 dell'1.7.1996, pag. 1).(9) GU L 144 del 2.6.1981, pag. 1. Regolamento abrogato dal regolamento (CE) n. 515/97 (GU L 82 del 22.3.1997, pag. 1).(10) GU L 351 del 2.12.1989, pag. 34.(11) GU L 355 del 5.12.1992, pag. 32. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(12) GU L 109 del 25.4.1997, pag. 1.(13) GU L 208 del 24.7.1992, pag. 1.(14) GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1036/1999 (GU L 127 del 21.5.1999, pag. 4).(15) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(16) GU L 355 del 5.12.1992, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1036/1999 (GU L 127 del 21.5.1999, pag. 4).(17) GU 121 del 29.7.1964, pag. 1977/64. Direttiva aggiornata dalla direttiva 97/12/CE (GU L 109 del 25.4.1997, pag. 1) e modificata da ultimo dalla direttiva 98/99/CE (GU L 358 del 31.12.1998, pag. 107).(18) GU L 160 del 26.6.1999, pag. 103.(19) GU L 160 del 26.6.1999, pag. 21.(20) GU L 255 del 18.10.1968, pag. 23.ALLEGATOTabella di concordanza>SPAZIO PER TABELLA> | Identificazione ed etichettatura delle carni bovine
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Esso richiede a ciascuno Stato membro di gestire un sistema per l’identificazione e la registrazione dei bovini. Le regole, che prevedono l’etichettatura obbligatoria, puntano a eliminare le malattie e a rendere possibile la tracciatura delle carni bovine lungo tutta la catena alimentare.
PUNTI CHIAVE
Ogni animale, compresi i bovini di importazione, deve disporre di un marchio apposto su ciascun orecchio che consenta l’identificazione e la determinazione del luogo di nascita. I paesi dell’UE devono istituire una banca dati contenente i dettagli relativi a tutti i bovini e ai loro spostamenti. Viene rilasciato un passaporto per ciascun animale entro due settimane dalla nascita o dall’importazione. Tale documento accompagna l’animale durante i trasferimenti e viene restituito al momento del decesso. Tutti gli allevatori devono tenere un registro aggiornato indicando tutte le nascite, i decessi e gli spostamenti dei bovini per le autorità competenti, entro un intervallo di tempo compreso tra tre e sette giorni dall’evento. Tali registrazioni devono restare disponibili fino a tre anni. Le etichette apposte su tutte le carni bovine in vendita nell’UE devono contenere un codice di riferimento che consenta di identificare l’origine e di conoscere i dettagli relativi al luogo in cui l’animale è stato abbattuto e macellato. A partire dal 1 gennaio 2002, le etichette indicano anche il paese di nascita dell’animale e il luogo in cui è stato ingrassato e macellato. Le etichette possono contenere informazioni aggiuntive riguardanti la carne in vendita, ma le diciture devono essere preventivamente approvate dall’autorità nazionale competente.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È entrato in vigore il 14 agosto 2000.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, e che abroga il regolamento (CE) n. 820/97 del Consiglio (GU L 204 del 11.8.2000, pagg. 1-10)
Le successive modifiche e le correzioni al Regolamento (CE) n. 1760/2000 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2006/28/CE della Commissione, del 18 gennaio 2006, relativa alla proroga del termine massimo fissato per l’apposizione di marchi auricolari ai bovini (GU L 19 del 24.1.2006, pagg. 32-33)
Regolamento (CE) n. 644/2005 della Commissione, del 27 aprile 2005, che autorizza un sistema di identificazione speciale relativo ai bovini tenuti per fini culturali e storici in stabilimenti riconosciuti conformemente al regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 107 del 28.4.2005, pagg. 18-19)
Regolamento (CE) n. 911/2004 della Commissione, del 29 aprile 2004, che attua il regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i marchi auricolari, i passaporti e i registri delle aziende (GU L 163 del 30.4.2004, pagg. 65-70)
Si veda la versione consolidata
Regolamento (EC) n. 1082/2003 del 23 giugno 2003 che stabilisce modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il livello minimo dei controlli da eseguire nel contesto del sistema di identificazione e registrazione dei bovini (GU L 156, del 25.6.2003, pagg. 9-12)
Consultare la versione consolidata
Decisione 2001/672/CE della Commissione, del 20 agosto 2001, che stabilisce regole specifiche applicabili ai movimenti di bovini destinati al pascolo estivo in zone di montagna (GU L 235 del 4.9.2001, pagg. 23-25).
Si veda la versione consolidata | 15,117 | 888 |
32008D0852 | false | DECISIONE 2008/852/GAI DEL CONSIGLIO
del 24 ottobre 2008
relativa a una rete di punti di contatto contro la corruzione
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 30, paragrafo 1, l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l’iniziativa della Repubblica federale di Germania (1),
visto il parere del Parlamento europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 29 del trattato stabilisce che l’obiettivo dell’Unione di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia dev’essere perseguito prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, ivi comprese la corruzione e la frode.
(2)
La strategia dell’Unione europea per l’inizio del nuovo millennio sulla prevenzione e il controllo della criminalità organizzata sottolinea la necessità di sviluppare una politica globale dell’UE contro la corruzione.
(3)
Nella risoluzione del 14 aprile 2005 relativa ad una politica globale dell’UE contro la corruzione, che rinvia alla comunicazione della Commissione, presentata il 28 maggio 2003, al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale su una politica globale dell’UE contro la corruzione, il Consiglio riafferma l’importanza del ruolo e dell’opera degli Stati membri nell’elaborazione di una politica anticorruzione globale e sfaccettata sia nel settore pubblico sia nel settore privato, in collaborazione con tutti i pertinenti attori, tanto della società civile quanto del mondo imprenditoriale.
(4)
Il Consiglio europeo ha accolto con favore lo sviluppo, nel programma dell’Aja (3) (punto 2.7), di un concetto strategico contro la criminalità organizzata transfrontaliera e la corruzione a livello di UE e ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di approfondire tale concetto e di renderlo operativo.
(5)
I capi e i principali esponenti degli organi di polizia degli Stati membri addetti alla vigilanza e al controllo, nonché i capi e i principali esponenti delle agenzie per la lotta contro la corruzione dotati di un ampio mandato si sono riuniti nel novembre 2004 a Vienna in occasione della conferenza dell’AGIS sul rafforzamento della cooperazione operativa nella lotta contro la corruzione nell’Unione europea. Hanno sottolineato l’importanza di rafforzare ulteriormente la loro cooperazione attraverso, fra l’altro, riunioni annuali e si sono espressi positivamente sull’idea di una rete europea per la lotta anticorruzione fondata sulle strutture esistenti. Sulla scia della conferenza di Vienna questi partner europei contro la corruzione (EPAC) si sono riuniti a Budapest nel novembre 2006 per la sesta riunione annuale, nel corso della quale hanno confermato, con una stragrande maggioranza, il proprio impegno a sostenere l’iniziativa volta a istituire una rete più formale per la lotta contro la corruzione.
(6)
Al fine di rafforzare le strutture esistenti, le autorità e le agenzie che faranno parte della rete europea per la lotta contro la corruzione potrebbero includere le organizzazioni che sono membri dell’EPAC.
(7)
Il rafforzamento della cooperazione internazionale è generalmente (4) considerato una questione fondamentale della lotta contro la corruzione. La lotta contro tutte le forme di corruzione dovrebbe essere migliorata cooperando efficacemente, individuando occasioni, condividendo buone prassi e sviluppando elevati standard professionali. L’istituzione di una rete per la lotta contro la corruzione a livello di UE costituisce un notevole contributo al miglioramento di tale cooperazione,
DECIDE:
Articolo 1
Oggetto
Al fine di migliorare la cooperazione tra le autorità e le agenzie per prevenire e reprimere la corruzione in Europa è istituita una rete di punti di contatto degli Stati membri dell’Unione europea (in prosieguo denominata la «rete»). La Commissione europea, l’Europol e l’Eurojust sono pienamente associati alle attività di detta rete.
Articolo 2
Composizione della rete
La rete è composta dalle autorità e agenzie degli Stati membri dell’Unione europea incaricate di prevenire e reprimere la corruzione. I membri sono designati dagli Stati membri. Gli Stati membri designano almeno una e al massimo tre organizzazioni. La Commissione europea designa i suoi rappresentanti. Nell’ambito delle rispettive competenze, l’Europol e l’Eurojust possono partecipare alle attività della rete.
Articolo 3
Compiti della rete
1. La rete svolge in particolare i seguenti compiti:
1)
rappresenta un forum per lo scambio di informazioni in tutta l’UE su misure efficaci ed esperienze nella prevenzione e nella repressione della corruzione;
2)
agevola la creazione e il mantenimento attivo di contatti tra i suoi membri.
A tali fini, in particolare, è tenuto aggiornato un elenco di punti di contatto ed è reso operativo un sito web.
2. Per l’espletamento dei loro compiti i membri della rete si riuniscono non meno di una volta l’anno.
Articolo 4
Ambito di applicazione
La cooperazione di polizia e giudiziaria tra gli Stati membri è disciplinata dalle pertinenti norme. L’istituzione della rete non pregiudica tali norme e non pregiudica il ruolo del CEPOL.
Articolo 5
Organizzazione della rete
1. La rete si organizza, basandosi sulla collaborazione informale esistente tra gli EPAC.
2. Gli Stati membri e la Commissione europea sostengono tutte le spese dei membri o dei rappresentanti da essi designati. Si applica la stessa regola all’Europol e all’Eurojust.
Articolo 6
Entrata in vigore
La presente decisione ha effetto il giorno successivo alla data di adozione.
Fatto a Lussemburgo, addì 24 ottobre 2008.
Per il Consiglio
La presidente
M. ALLIOT-MARIE
(1) GU C 173 del 26.7.2007, pag. 3.
(2) Parere del 5 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Programma dell’Aia: rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea (GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1).
(4) Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale con risoluzione 58/4 del 31 ottobre 2003. | Rete europea di punti di contatto contro la corruzione (EACN)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Stabilisce una rete di punti di contatto contro la corruzione attraverso tutta l'Unione europea (UE), basandosi sulla collaborazione esistente tra i partner europei contro la corruzione (EPAC).
PUNTI CHIAVE
La presente decisione istituisce una rete di punti di contatto dei paesi dell'UE per prevenire o reprimere la corruzione. Il suo scopo è migliorare la cooperazione fra queste autorità per contrastare la corruzione a livello dell'UE.
La rete è composta dalle autorità e agenzie pertinenti dei paesi dell'UE. Ciascun paese designa come membri della rete almeno una e al massimo tre organizzazioni. Anche l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) è un membro. La Commissione europea partecipa alle attività della rete e designa i suoi rappresentanti. In modo analogo, Europol ed Eurojust possono partecipare alla rete. Un elenco di punti di contatto aggiornato è disponibile sul sito Internet EPAC-EACN.
La rete svolge in particolare i seguenti compiti:
rappresenta un forum per lo scambio di buone prassi ed esperienze nella prevenzione e nella repressione della corruzione;
agevola la creazione e il mantenimento attivo di contatti tra i suoi membri.
Inoltre, per l’espletamento dei suoi compiti la rete si riunisce non meno di una volta l’anno.
L’istituzione della rete non pregiudica le norme che disciplinano la cooperazione di polizia e giudiziaria fra i paesi dell'UE, né pregiudica il ruolo dell’Accademia europea di polizia.
La rete si organizza, basandosi sulla collaborazione informale esistente tra i partner europei contro la corruzione (EPAC). Ciascun paese dell'UE, la Commissione, Europol ed Eurojust sostengono tutte le spese relative alla rete.
CONTESTO
Nel novembre 2004, in occasione della conferenza dell’AGIS sul rafforzamento della cooperazione operativa nella lotta contro la corruzione nell’Unione europea, gli EPAC hanno sostenuto l’iniziativa volta a istituire una rete europea contro la corruzione a livello dell'UE. Essi hanno confermato il loro impegno in tale iniziativa nel novembre 2006, nel corso della loro riunione annuale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2008/852/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa a una rete di punti di contatto contro la corruzione (GU L 301 del 12.11.2008, pag. 38–39) | 2,668 | 448 |
21998A0429(01) | false | Accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e l'accordo di Cartagena e i suoi paesi membri, la Repubblica della Bolivia, la Repubblica della Colombia, la Repubblica dell'Ecuador, la Repubblica del Perù e la Repubblica del Venezuela - Scambio di lettere in materia di trasporti marittimi /* ACCORDO CE - PATTO ANDINO */
Gazzetta ufficiale n. L 127 del 29/04/1998 pag. 0011 - 0025
ACCORDO QUADRO DI COOPERAZIONE tra la Comunità economica europea e l'accordo di Cartagena e i suoi paesi membri, la Repubblica della Bolivia, la Repubblica della Colombia, la Repubblica dell'Ecuador, la Repubblica del Perù e la Repubblica del VenezuelaIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,da una parte,LA COMMISSIONE DELL'ACCORDO DI CARTAGENA E I GOVERNI DELLA REPUBBLICA DI BOLIVIA, DELLA REPUBBLICA DI COLOMBIA, DELLA REPUBBLICA DELL'ECUADOR, DELLA REPUBBLICA DEL PERÙ E DELLA REPUBBLICA DEL VENEZUELA,dall'altra,CONSIDERANDO le relazioni di amicizia che tradizionalmente legano gli Stati membri della Comunità europea, in appresso denominata «Comunità», e l'accordo di Cartagena e i suoi paesi membri, in appresso denominato «Patto andino»;RIBADENDO l'importanza da essi attribuita ai principi della Carta delle Nazioni Unite, ai valori democratici e al rispetto dei diritti dell'uomo;CONSAPEVOLI che è nell'interesse di entrambe le parti avviare una cooperazione in vari settori, segnatamente la cooperazione economica, la cooperazione commerciale e la cooperazione allo sviluppo;RICONOSCENDO l'obiettivo fondamentale dell'accordo, e cioè il consolidamento, l'approfondimento e la diversificazione delle relazioni tra le due parti;RIBADENDO la comune volontà di entrambe le parti di contribuire allo sviluppo di organizzazioni regionali destinate a promuovere la crescita economica e il progresso sociale;RICONOSCENDO che l'accordo di Cartagena è un'organizzazione d'integrazione subregionale e che entrambe le parti annettono particolare importanza alla promozione del processo di integrazione andina;RICORDANDO la dichiarazione comune delle parti del 5 maggio 1980, l'accordo di cooperazione firmato nel 1983, la dichiarazione di Roma del 20 dicembre 1990 e il comunicato finale di Lussemburgo del 27 aprile 1991 tra la Comunità e i suoi Stati membri e i paesi del Gruppo di Rio, nonché il comunicato finale della riunione ministeriale di Santiago del 29 maggio 1992;RICONOSCENDO le implicazioni favorevoli del processo di modernizzazione e di riforma economica, nonché della liberalizzazione commerciale dei paesi andini;RICONOSCENDO l'importanza che la Comunità attribuisce allo sviluppo del commercio e alla cooperazione economica con i PVS e tenendo contro altresì degli orientamenti e delle risoluzioni relativi alla cooperazione con i PVS-ALA;RICONOSCENDO che il Patto andino è costituito di PVS con diversi livelli di sviluppo, tra i quali un paese senza litorale e alcune regioni particolarmente depresse;PERSUASI dell'importanza dei principi del GATT, del libero commercio internazionale e del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e della libertà d'investimento;RICONOSCENDO l'importanza della cooperazione internazionale a favore dei paesi colpiti dai problemi della droga e, in quest'ambito, l'importanza della decisione presa dalla Comunità il 29 ottobre 1990, in merito al programma speciale di cooperazione;RICONOSCENDO la particolare importanza che entrambe le Parti attribuiscono ad una maggiore tutela dell'ambiente;RICONOSCENDO la necessità di promuovere i diritti sociali, in particolare quelli delle classi meno favorite,HANNO DECISO di concludere il presente accordo e a tal fine hanno designato come plenipotenziari:PER IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE:Niels Helveg PETERSENMinistro degli affari esteri della DanimarcaPresidente in esercizio del Consiglio delle Comunità europeeManuel MARÍNVicepresidente della Commissione delle Comunità europeePER LA COMMISSIONE DELL'ACCORDO DI CARTAGENA:Miguel RODRÍGUEZ MENDOZAPresidente della Commissione dell'accordo di CartagenaPER IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DI BOLIVIA:Ronald MacLEAN ABAROAMinistro degli affari esteri e del cultoPER IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DI COLOMBIA:Noemi SANIN DE RUBIOMinistro degli affari esteriPER IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DELL'ECUADOR:Diego PAREDES PENAMinistro degli affari esteriPER IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DEL PERÙ:Dr. Oscar de la PUENTE RAYDADAPrimo ministro e ministro degli affari esteriPER IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DEL VENEZUELA:Fernando OCHOA ANTICHMinistro degli affari esteriI QUALI, dopo aver scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Basi democratiche della cooperazione Le relazioni di cooperazione tra la Comunità e il Patto andino e tutte le disposizioni del presente accordo si basano sul rispetto dei principi democratici e dei diritti dell'uomo cui si ispirano le politiche interne ed internazionali della Comunità e del Patto andino e che costituiscono un elemento essenziale del presente accordo.Articolo 2 Rafforzamento della cooperazione 1. Le parti s'impegnano ad imprimere un nuovo impulso alle loro relazioni. Per raggiungere questo obiettivo fondamentale, esse sono decise a favorire, in particolare, lo sviluppo della cooperazione in materia di scambi commerciali, investimenti, finanziamenti e tecnologia, tenendo conto della particolare situazione dei paesi in via di sviluppo, ed a promuovere il rafforzamento e il consolidamento del processo d'integrazione subregionale andino.2. Ai fini perseguiti dal presente accordo le parti riconoscono l'utilità di consultarsi su temi internazionali di reciproco interesse.Articolo 3 Cooperazione economica 1. Tenendo conto del reciproco interesse e dei loro obiettivi economici a medio e lungo termine, le parti contraenti s'impegnano ad instaurare la più vasta cooperazione economica possibile, senza escludere a priori alcun settore. Tale cooperazione è intesa in particolare a:a) rafforzare e diversificare, in linea generale, i loro vincoli economici;b) contribuire a sviluppare le loro economie su basi durature e a migliorare i rispettivi livelli di vita;c) promuovere l'espansione degli scambi commerciali, al fine di diversificare e aprire nuovi mercati;d) favorire i flussi d'investimenti e i trasferimenti tecnologici e rafforzare la tutela degli investimenti;e) creare le condizioni opportune per rilanciare l'occupazione e migliorare la produttività nel settore del lavoro;f) favorire le misure volte a sviluppare il settore rurale e a migliorare l'ambiente urbano;g) stimolare il progresso scientifico e tecnologico, il trasferimento di tecnologia e la capacità tecnologica;h) sostenere il processo di integrazione regionale;i) scambiare informazioni in materia statistica e metodologica.2. A tale scopo, tenendo conto del reciproco interesse e delle rispettive competenze e capacità, le parti contraenti determineranno di comune accordo i settori della loro cooperazione economica, senza escluderne alcuno a priori. In particolare, questa cooperazione avrà luogo nei settori seguenti:a) industria;b) agro-industria e settore minerario;c) agricoltura e pesca;d) pianificazione energetica e utilizzazione razionale dell'energia;e) tutela dell'ambiente e gestione delle risorse naturali;f) trasferimento tecnologico;g) scienza e tecnologia;h) proprietà intellettuale, compresa la proprietà industriale;i) norme e criteri di qualità;j) servizi, compresi i servizi finanziari, il turismo, i trasporti, le telecomunicazioni e l'informatica;k) informazione sulle questioni monetarie;l) normativa tecnica, sanitaria e fitosanitaria;m) potenziamento degli organismi di cooperazione economica;n) sviluppo regionale e integrazione frontaliera.3. Per realizzare gli obiettivi della cooperazione economica, le parti contraenti, conformemente alle rispettive legislazioni, cercheranno di promuovere, tra l'altro:a) l'intensificazione dei contatti organizzando, in particolare, conferenze, seminari, missioni commerciali e industriali, incontri di industriali («business weeks»), fiere generali, settoriali e aventi per oggetto il subappalto, missioni esplorative allo scopo di incrementare gli scambi e gli investimenti;b) la partecipazione congiunta di imprese comunitarie a fiere ed esposizioni allestite nei paesi del Patto andino e viceversa;c) l'assistenza tecnica, in particolare attraverso l'invio di esperti e la realizzazione di studi specifici;d) i progetti di ricerca e gli scambi di scienziati;e) la promozione delle joint ventures, degli accordi di licenza, del trasferimento di know-how, del subappalto, ecc.;f) gli scambi di informazioni pertinenti, in particolare per quanto riguarda l'accesso alle banche dati esistenti o da creare;g) la costituzione di reti di operatori economici, soprattutto nel settore industriale.Articolo 4 Trattamento della nazione più favorita Nelle loro relazioni commerciali, le parti contraenti si concedono il trattamento della nazione più favorita, in conformità delle disposizioni dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT).Le due parti ribadiscono inoltre la loro volontà di effettuare gli scambi commerciali conformemente a detto accordo.Articolo 5 Sviluppo della cooperazione commerciale 1. Le parti contraenti si impegnano a promuovere lo sviluppo e la diversificazione degli scambi commerciali al più alto livello possibile, tenendo conto delle rispettive situazioni economiche e concedendosi reciprocamente le massime agevolazioni.2. A tale scopo, esse studieranno i metodi e i mezzi necessari per ridurre ed eliminare i vari ostacoli allo sviluppo del commercio, in particolare gli ostacoli non tariffari e paratariffari, tenendo conto dei lavori già effettuati in materia dalle organizzazioni internazionali.3. Le parti contraenti studieranno la possibilità di instaurare, nei casi appropriati, procedure di consultazioni reciproche.Articolo 6 Modalità della cooperazione commerciale Ai fini di una cooperazione commerciale più dinamica, le parti si impegnano a:- promuovere gli incontri, gli scambi e i contratti tra i dirigenti d'azienda di entrambe al fine di individuare i prodotti che possono essere commercializzati sul mercato dell'altra parte;- agevolare la cooperazione tra i rispettivi servizi doganali, compresa la formazione professionale, lo snellimento delle procedure, nonché l'individuazione delle infrazioni alle normative doganali;- incentivare e sostenere le attività di promozione commerciale quali i seminari, i convegni, le fiere e le esposizioni commerciali e industriali, le missioni commerciali, le visite, le settimane commerciali ed altre manifestazioni;- sostenere le rispettive organizzazioni e imprese affinché realizzino operazioni reciprocamente vantaggiose;- tener conto degli interessi di entrambe per quanto riguarda l'accesso ai rispettivi mercati per i prodotti di base, semilavorati e finiti, nonché la stabilizzazione dei mercati internazionali delle materie prime, conformemente agli obiettivi stabiliti dalle istituzioni internazionali competenti;- studiare gli strumenti e le misure necessari per agevolare gli scambi commerciali ed eliminare gli ostacoli al commercio, tenendo conto dei lavori delle organizzazioni internazionali.Articolo 7 Importazione temporanea di merci Le parti contraenti si impegnano ad accordarsi il reciproco esonero dai dazi e dalle tasse all'importazione nell'ambito dell'ammissione temporanea delle merci, in conformità delle rispettive legislazioni e tenuto conto, per quanto possibile, delle convenzioni internazionali vigenti in materia.Articolo 8 Cooperazione industriale 1. Le parti contraenti promuoveranno l'espansione e la diversificazione della base produttiva dei paesi andini nei settori dell'industria e dei servizi, orientando in particolare le loro azioni di cooperazione verso le piccole e medie imprese e favorendo gli interventi volti ad agevolarne l'accesso alle fonti di capitale, ai mercati ed alle tecnologie appropriate, nonché le iniziative di imprese comuni.2. A tal fine, nell'ambito delle rispettive competenze, le parti promuoveranno i progetti e le azioni tali da favorire:- il consolidamento e l'estensione delle reti create per la cooperazione;- una maggiore utilizzazione dello strumento finanziario ECIP aumentando, tra l'altro, il ricorso alle istituzioni finanziarie del Patto andino;- la cooperazione tra operatori economici, sotto forma di imprese comuni, subforniture, trasferimenti tecnologici, licenze, ricerca applicata e affiliazioni commerciali;- la creazione di un «Consiglio commerciale» CE/Patto andino e di altri organismi tali da contribuire allo sviluppo delle relazioni tra le parti.Articolo 9 Investimenti 1. Le parti contraenti convengono di:- promuovere, nell'ambito delle rispettive competenze, normative e politiche, l'incremento di investimenti reciprocamente vantaggiosi;- creare un contesto più favorevole agli investimenti reciproci, favorendo in particolare gli accordi per la promozione e la tutela degli investimenti tra gli Stati membri della Comunità e i paesi del Patto andino in base ai principi della non discriminazione e della reciprocità.2. Per realizzare tali obiettivi, le parti contraenti cercheranno di favorire le azioni di promozione degli investimenti, e in particolare:- i seminari, le esposizioni e le missioni dei dirigenti d'azienda;- la formazione degli operatori economici per incentivare i progetti di investimenti;- l'assistenza tecnica necessaria per la realizzazione di coinvestimenti;- le azioni nell'ambito del programma ECIP.3. Le forme di cooperazione potranno coinvolgere organismi pubblici o privati, nazionali o multilaterali, ivi comprese le istituzioni finanziarie di carattere regionale come la «Corporación Andina de Fomento» (CAF) e «Fondo Latinoamericano de Reservas» (FLAR).Articolo 10 Cooperazione tra istituzioni finanziarie Le parti contraenti promuoveranno, a seconda delle rispettive necessità e nell'ambito dei rispettivi programmi e legislazioni, la cooperazione tra istituzioni finanziarie mediante azioni che favoriscano:- gli scambi d'informazione e di esperienze nei settori di reciproco interesse, anche attraverso l'organizzazione di seminari, conferenze e gruppi di lavoro;- gli scambi di esperti;- le attività di assistenza tecnica;- lo scambio di informazioni nel settore statistico e metodologico.Articolo 11 Cooperazione scientifica e tecnologica 1. Tenendo conto dell'interesse reciproco e degli obiettivi delle rispettive politiche scientifiche, le parti contraenti si impegnano a promuovere una cooperazione scientifica e tecnologica destinata a:- promuovere gli scambi di scienziati tra la Comunità e il Patto andino;- instaurare vincoli permanenti tra le comunità scientifiche e tecnologiche di entrambe le parti;- promuovere i trasferimenti tecnologici secondo criteri di reciproco vantaggio;- favorire le associazioni tra centri di ricerca di entrambe le parti per risolvere congiuntamente problemi di interesse comune;- attuare interventi volti al conseguimento degli obiettivi dei rispettivi programmi di ricerca;- migliorare le capacità di ricerca e stimolare l'innovazione tecnologica;- creare possibilità di cooperazione economica, industriale e commerciale;- promuovere le relazioni tra istituti accademici di ricerca e i settori produttivi delle due parti;- agevolare lo scambio di informazioni e il reciproco accesso alle reti d'informazione.2. La portata della cooperazione dipenderà dalla volontà delle parti, che sceglieranno di concerto i settori considerati prioritari.Tra questi figurano, in particolare:- la ricerca scientifica e tecnologica ad alto livello;- lo sviluppo e la gestione delle politiche in materia di scienza e tecnologia;- la tutela e il miglioramento dell'ambiente;- l'utilizzazione razionale delle risorse naturali;- l'integrazione e la cooperazione regionale in materia di scienza e tecnologia;- la biotecnologia;- i nuovi materiali.3. Per realizzare gli obiettivi definiti, le parti contraenti favoriranno in particolare:- l'esecuzione di progetti di ricerca comuni attraverso centri di ricerca ed altri istituti competenti di entrambe le parti;- la formazione di scienziati ad alto livello, in particolare attraverso tirocini di ricerca presso centri dell'altra parte contraente;- gli scambi d'informazioni scientifiche, tramite l'organizzazione comune di seminari, gruppi di lavoro, riunioni di lavoro e congressi ai quali parteciperanno scienziati di alto livello di entrambe le parti contraenti;- la divulgazione d'informazioni e di conoscenze scientifiche e tecnologiche.Articolo 12 Cooperazione in materia di norme Fatti salvi i rispettivi obblighi internazionali, le parti contraenti prenderanno, entro i limiti delle loro competenze e in conformità delle rispettive legislazioni, misure volte a ridurre le differenze a livello di metrologia, normalizzazione e certificazione, promuovendo l'uso di norme e sistemi di certificazione compatibili. A tal fine, esse favoriranno soprattutto:- i contatti tra esperti per agevolare gli scambi d'informazioni e gli studi in materia di metrologia, normalizzazione, controllo, promozione e certificazione della qualità e lo sviluppo dell'assistenza tecnica in questo settore;- gli scambi e i contatti tra organismi e istituti specializzati in queste materie;- le azioni intese al reciproco riconoscimento dei sistemi e di certificazione della qualità;- le riunioni di consultazione nei settori pertinenti.Articolo 13 Sviluppo tecnologico e proprietà intellettuale e industriale 1. Ai fini di una collaborazione effettiva tra le imprese dei paesi del Patto andino e della Comunità per quanto riguarda i trasferimenti di tecnologia, la concessione delle licenze, i coinvestimenti e i finanziamenti mediante capitali di rischio, le parti contraenti, nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e industriale, s'impegnano a:- individuare i settori industriali in cui si concentrerà la cooperazione, nonché i meccanismi in grado di promuovere la cooperazione industriale nel settore dell'alta tecnologia;- collaborare per favorire la mobilitazione di risorse finanziarie a sostegno di progetti congiunti di imprese dei paesi del Patto andino e della Comunità, che si prefiggano l'applicazione industriale di nuove conoscenze tecnologiche;- favorire la formazione di personale qualificato nei settori della ricerca e dello sviluppo tecnologici;- promuovere l'innovazione mediante gli scambi di informazioni sui programmi attuati da ciascuna delle parti, i regolari scambi di esperienze nella gestione dei programmi istituiti e l'organizzazione di soggiorni temporanei di funzionari di entrambe le parti incaricati di promuovere l'innovazione in istituzioni dei paesi del Patto andino e della Comunità.2. Nel rispetto delle proprie disposizioni legislative, regolamentari e politiche, le parti contraenti si impegnano a garantire, rafforzandola se necessario, una protezione adeguata ed effettiva dei diritti di proprietà intellettuale e industriale, comprese le denominazioni geografiche e le denominazioni d'origine. Esse si sforzeranno inoltre di agevolare, sempre nel rispetto delle proprie disposizioni legislative, regolamentari e politiche, e nei limiti delle proprie possibilità, l'accesso alle banche e basi di dati nel settore.Articolo 14 Cooperazione nel settore minerario Le parti contraenti decidono di promuovere la cooperazione nel settore minerario, soprattutto mediante azioni volte a:- incoraggiare le imprese di entrambe le parti a partecipare alla prospezione, allo sfruttamento e alla valorizzazione delle rispettive risorse minerarie;- sviluppare attività che favoriscono le piccole e medie imprese comuni del settore minerario;- scambiare esperienze e tecnologie in materia di prospezione e sfruttamento delle miniere, nonché effettuare ricerche comuni per promuovere le possibilità di sviluppo tecnologico.Articolo 15 Cooperazione in materia di energia Le parti contraenti riconoscono l'importanza del settore energetico per lo sviluppo economico e sociale e sono disposte a rafforzare la cooperazione per quanto riguarda la pianificazione energetica, il risparmio e l'utilizzazione razionale dell'energia, nonché le nuove fonti d'energia ai fini dello sviluppo di fonti commercialmente redditizie. Tale rafforzamento terrà conto anche degli aspetti ambientali.Per raggiungere tali obiettivi, le parti contraenti decidono di promuovere:- la realizzazione di studi e ricerche congiunti, in particolare di previsioni e bilanci energetici;- contatti regolari tra i responsabili della pianificazione energetica;- l'esecuzione di programmi e progetti in materia.Articolo 16 Cooperazione in materia di trasporti Riconoscendo l'importanza dei trasporti per lo sviluppo economico e per l'intensificazione degli scambi commerciali, le parti contraenti adotteranno le misure necessarie per incentivare la cooperazione relativa ai vari modi di trasporto.La cooperazione si baserà principalmente:- sugli scambi d'informazione in merito alle rispettive politiche e alle questioni di reciproco interesse;- sui programmi di formazione economica, giuridica e tecnica destinati agli operatori economici e ai responsabili delle pubbliche amministrazioni;- sull'assistenza tecnica, in particolare i programmi di modernizzazione delle infrastrutture.Articolo 17 Cooperazione nel settore delle tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni 1. Le parti contraenti, constatando che le tecnologie dell'informazione e le telecomunicazioni hanno un'importanza capitale per lo sviluppo economico e sociale, si dichiarano disposte a promuovere la cooperazione nei settori d'interesse comune, segnatamente per quanto riguarda:- la normalizzazione, le prove di conformità e la certificazione;- le telecomunicazioni terrestri e spaziali, ad esempio: reti di trasporto, satelliti, fibre ottiche, ISDN, trasmissione di dati, sistemi telefonici rurali e mobili;- l'elettronica e la microelettronica;- l'informatizzazione e l'automazione;- la televisione ad alta definizione;- la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie in materia d'informazione e di telecomunicazioni;- la promozione degli investimenti e dei coinvestimenti.2. La cooperazione avverrà, in particolare, mediante:- la collaborazione tra esperti;- le consulenze, gli studi e gli scambi d'informazioni;- la formazione di personale scientifico e tecnico;- la definizione e l'esecuzione di progetti d'interesse comune;- la promozione di progetti comuni in materia di ricerca e sviluppo e la creazione di reti d'informazione e di banche di dati, nonché l'accesso alle banche e alle reti già esistenti.Articolo 18 Cooperazione in materia di turismo Conformemente alle rispettive legislazioni, le parti contraenti promuoveranno la cooperazione nel settore turistico dei paesi del Patto andino mediante azioni specifiche tra cui:- scambi d'informazione e studi di prospezione;- assistenza in materia statistica e informatica;- azioni di formazione;- organizzazione di manifestazioni;- promozione di investimenti e coinvestimenti per agevolare l'espansione del movimento turistico.Articolo 19 Cooperazione in materia ambientale Nell'instaurare una cooperazione ambientale, le parti contraenti esprimono la volontà di contribuire ad uno sviluppo duraturo; esse cercheranno di conciliare le esigenze dello sviluppo economico e sociale con la necessaria protezione della natura e di rivolgere particolare attenzione, nelle azioni di cooperazione, alle fasce meno favorite della popolazione, ai problemi dell'ambiente urbano e alla tutela degli ecosistemi quali le foreste tropicali.A tal fine, le parti cercheranno di realizzare azioni congiunte finalizzate:- alla creazione e al potenziamento delle strutture ambientali pubbliche e private;- all'informazione e alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica;- alla realizzazione di studi e di progetti e all'apporto di assistenza tecnica;- all'organizzazione di incontri, seminari ecc.;- agli scambi di conoscenza e di esperienze;- ai progetti di studi di ricerca sulle catastrofi e sulla loro prevenzione;- allo sviluppo e all'uso economico alternativo delle aree protette;- ad una cooperazione industriale applicata all'ambiente.Articolo 20 Cooperazione in materia di diversità biologica Le parti contraenti cercheranno di avviare una cooperazione per preservare la diversità biologica, avvalendosi soprattutto della biotecnologia. La cooperazione dovrà tener conto dei criteri di utilità socioeconomica, di tutela ecologica e degli interessi delle popolazioni indigene.Articolo 21 Cooperazione allo sviluppo Per rendere più efficace la cooperazione nei settori elencati qui di seguito, le parti cercheranno di procedere ad una programmazione pluriennale. Inoltre, la volontà di contribuire ad uno sviluppo più controllato presuppone, da un lato, che siano privilegiate le fasce meno favorite della popolazione e le regioni depresse e, dall'altro, che nella dinamica dello sviluppo si tenga debitamente conto dei problemi ambientali.Articolo 22 Cooperazione nei settori agricolo, forestale e rurale Le parti avviano una cooperazione nei settori agricolo, forestale, agro-industriale, agro-alimentare e dei prodotti tropicali.A tal fine, esse si impegnano ad esaminare in uno spirito di cooperazione e di buona volontà e tenendo conto delle rispettive legislazioni in materia:- le possibilità di sviluppare gli scambi di prodotti agricoli, forestali, agro-industriali e tropicali;- le misure sanitarie, fitosanitarie e ambientali e gli eventuali ostacoli al commercio che ne conseguono.Le parti cercheranno di attuare iniziative volte a favorire la cooperazione per quanto riguarda:- lo sviluppo del settore agricolo;- lo sviluppo e la tutela duratura delle risorse forestali;- l'ambiente agricolo e rurale;- la formazione delle risorse umane nel settore dello sviluppo rurale;- i contatti tra i produttori agricoli di entrambe le parti per facilitare le operazioni commerciali e gli investimenti;- la ricerca agronomica;- le statistiche agricole.Articolo 23 Cooperazione nel settore sanitario Le parti contraenti convengono di cooperare per migliorare la pubblica sanità, specialmente per gli strati meno favoriti della popolazione.A tal fine, esse cercheranno di sviluppare, la ricerca congiunta, il trasferimento tecnologico, gli scambi di esperienze e l'assistenza tecnica, attuando in particolare interventi riguardanti:- la gestione e l'amministrazione dei servizi;- l'elaborazione di programmi di formazione professionale;- il miglioramento delle condizioni sanitarie (soprattutto per debellare il colera) e del benessere sociale in ambiente urbano e rurale;- la prevenzione e la cura dell'AIDS.Articolo 24 Cooperazione in materia di sviluppo sociale 1. Le parti contraenti instaureranno una cooperazione in materia di sviluppo sociale nei paesi del Patto andino, segnatamente per migliorare le condizioni di vita delle categorie più povere della popolazione.2. Le misure e le azioni messe in atto per realizzare questi obiettivi includono il sostegno, essenzialmente sotto forma di assistenza tecnica, ai seguenti settori:- servizi sociali;- formazione professionale e creazione di posti di lavoro;- miglioramento delle condizioni igieniche e abitative in ambiente urbano e rurale;- prevenzione nel settore sanitario;- tutela dell'infanzia;- programmi di istruzione e di assistenza ai giovani;- ruolo della donna.Articolo 25 Cooperazione in materia di lotta contro la droga Conformemente alle rispettive competenze, le parti contraenti si impegnano a coordinare ed intensificare le iniziative volte a prevenire e a ridurre la produzione, la distribuzione ed il consumo illeciti di droga.La cooperazione, che si avvarrà degli organi competenti nel settore, comporterà:- progetti, a favore dei cittadini dei paesi del Patto andino, di formazione, istruzione, cura e reinserimento dei tossicomani;- programmi di ricerca;- misure e azioni di cooperazione volte a favorire un modello di sviluppo alternativo, ivi compresa, tra l'altro, la sostituzione delle colture;- scambi di qualsiasi informazione pertinente, comprese le misure relative al riciclaggio del denaro sporco;- sorveglianza del commercio dei precursori e dei prodotti chimici di base;- programmi di prevenzione contro l'uso delle droghe illecite.Le parti contraenti possono aggiungere, di comune accordo, altri settori d'intervento.Articolo 26 Cooperazione in materia d'integrazione e cooperazione regionale Le parti contraenti favoriranno le azioni volte a sviluppare l'integrazione regionale dei paesi andini.Si privilegeranno in particolare gli interventi riguardanti:- l'assistenza tecnica per gli aspetti tecnici e pratici dell'integrazione;- la promozione del commercio subregionale, regionale e internazionale;- la cooperazione ambientale e regionale;- il potenziamento delle istituzioni regionali e il sostegno alle politiche e alle attività comuni;- lo sviluppo delle comunicazioni regionali.Articolo 27 Cooperazione nel settore della pubblica amministrazione Le parti contraenti collaboreranno in materia di amministrazione, organizzazione istituzionale e giustizia a livello nazionale, regionale e comunale.Per raggiungere gli obiettivi fissati, esse prenderanno iniziative volte a:- promuovere scambi di informazioni e corsi di formazione per i funzionari e gli impiegati delle amministrazioni nazionali, regionali e comunali;- migliorare l'efficienza delle amministrazioni.Articolo 28 Cooperazione in materia d'informazione, comunicazione e cultura Le parti contraenti convengono di avviare azioni comuni nel settore dell'informazione e della comunicazione al fine di:- far comprendere meglio la natura e le finalità della Comunità europea e del Patto andino;- incoraggiare gli Stati membri della Comunità e i paesi del Patto andino a consolidare i vincoli culturali che li uniscono.Gli interventi assumeranno, in particolare, la forma di:- scambi di informazioni su questioni d'interesse comune in materia di cultura e d'informazione;- promozione di manifestazioni a carattere culturale e di scambi culturali;- studi preparatori e assistenza tecnica finalizzati alla conservazione del patrimonio culturale.Articolo 29 Cooperazione in materia di pesca Le parti contraenti riconoscono quanto sia importante ravvicinare i rispettivi interessi in materia di pesca. Esse cercheranno pertanto di rafforzare e sviluppare la cooperazione nel settore mediante:- l'elaborazione e l'esecuzione di programmi specifici;- la promozione della partecipazione degli operatori privati allo sviluppo del settore.Articolo 30 Cooperazione in materia di formazione Ogniqualvolta un miglioramento della formazione potrà consentire di rafforzare la cooperazione, esso potrà essere intrapreso in settori di reciproco interesse, tenendo conto delle nuove tecnologie in materia.La cooperazione potrà assumere forma di:- azioni volte a migliorare la formazione dei tecnici e degli operatori;- azioni con un forte effetto moltiplicatore a favore dei formatori e dei quadri tecnici che già svolgono mansioni di responsabilità nelle imprese pubbliche e private, nell'amministrazione, nei servizi pubblici e negli organismi economici;- programmi concreti di scambi di esperti, di conoscenze di tecniche tra le istituzioni di formazione dei paesi andini ed europei, segnatamente in materia tecnica, scientifica e professionale;- programmi di alfabetizzazione nell'ambito dei progetti relativi ai settori della sanità e dello sviluppo sociale.Articolo 31 Mezzi per realizzare la cooperazione 1. Le parti contraenti si impegnano a fornire, compatibilmente con le loro possibilità e attraverso i rispettivi meccanismi, i mezzi necessari per realizzare gli obiettivi della cooperazione prevista dal presente accordo, comprese le risorse finanziarie. In tale contesto, si procederà ad una programmazione pluriennale e alla determinazione delle priorità, tenendo conto delle esigenze e del livello di sviluppo dei paesi del Patto andino.2. Al fine di agevolare la cooperazione prevista dal presente accordo, i paesi del Patto andino accordano:- agli esperti della Comunità le garanzie e le agevolazioni necessarie all'esercizio della loro missione;- l'esenzione dalle imposte, tasse e contributi sui beni e i servizi da importare nel quadro dei progetti di cooperazione CE-Patto andino.Tali principi saranno esplicitati in accordi successivi, conformemente alle legislazioni nazionali.Articolo 32 Commissione mista 1. Le parti contraenti decidono di mantenere in essere la Commissione mista creata a norma dell'accordo di cooperazione del 1983, nonché la sottocommissione per la scienza e tecnologia, la sottocommissione per la cooperazione industriale e la sottocommissione per la cooperazione commerciale.2. La Commissione mista avrà il compito di:- garantire il corretto funzionamento dell'accordo;- coordinare le attività, i progetti e le azioni concrete volte a realizzare gli obiettivi del presente accordo e proporre gli strumenti necessari per la loro esecuzione;- esaminare l'andamento degli scambi commerciali e della cooperazione tra le parti;- formulare tutte le raccomandazioni necessarie per favorire l'espansione degli scambi commerciali, nonché l'intensificazione e la diversificazione della cooperazione;- cercare il modo di prevenire le eventuali difficoltà nei settori contemplati dal presente accordo.3. Le parti contraenti stabiliranno, di comune accordo, l'ordine del giorno. La Commissione mista prenderà disposizioni per quanto riguarda la frequenza e la sede delle riunioni, la presidenza, la possibilità di creare sottocommissioni diverse da quelle esistenti ed altre eventuali questioni.Articolo 33 Altri accordi 1. Fatte salve le disposizioni dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo e tutte le azioni intraprese nel suo ambito lasciano totalmente impregiudicate le competenze degli Stati membri della Comunità per intraprendere azioni bilaterali con i paesi del Patto andino, nel quadro della cooperazione economica con questo paese, e di concludere, eventualmente, con essi nuovi accordi di cooperazione economica.2. Fatte salve le disposizioni del paragrafo precedente relative alla cooperazione economica, le disposizioni del presente accordo sostituiscono, qualora esse siano incompatibili o identiche, le disposizioni degli accordi conclusi tra gli Stati membri della Comunità e i paesi del Patto andino.Articolo 34 Comunità europea del carbone e dell'acciaio Viene concluso un accordo separato tra, da una parte, la Comunità europea del carbone e dell'acciaio e i suoi Stati membri e, dall'altra, l'accordo di Cartagena e i suoi paesi membri.Articolo 35 Clausola sull'efficacia territoriale dell'accordo Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, ai territori in cui si applica il Patto andino.Articolo 36 Allegato L'allegato costituisce parte integrante del presente accordo.Articolo 37 Entrata in vigore e tacito rinnovo Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si sono notificate l'avvenuto espletamento delle procedure giuridiche all'uopo necessarie ed è concluso per un periodo di cinque anni. Esso è prorogato tacitamente di anno in anno se nessuna delle parti contraenti lo denuncia per iscritto all'altra parte sei mesi prima della scadenza.Articolo 38 Lingue facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Articolo 39 Clausola evolutiva 1. Le parti contraenti possono ampliare e perfezionare di concerto il presente accordo onde potenziare la cooperazione e completarlo mediante accordi relativi a settori o attività specifici.2. Nell'ambito dell'applicazione del presente accordo, ciascuna parte contraente può formulare proposte volte ad ampliare l'ambito della cooperazione in base all'esperienza acquisita nella sua esecuzione.En fe de lo cual, los plenipotenciarios abajo firmantes suscriben el presente Protocolo.Til bekræftelse heraf har undertegnede befuldmægtigede underskrevet denne protokol.Zu Urkund dessen haben die unterzeichneten Bevollmächtigten ihre Unterschriften unter dieses Protokoll gesetzt.Åéò ðßóôùóç ôùí áíùôÝñù, ïé õðïãåãñáììÝíïé ðëçñåîïýóéïé Ýèåóáí ôéò õðïãñáöÝò ôïõò óôï ðáñüí ðñùôüêïëëï.In witness whereof the undersigned Plenipotentiaries have signed this Protocol.En foi de quoi, les plénipotentiaires soussignés ont apposé leurs signatures au bas du présent protocole.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente protocollo.Ten blijke waarvan de ondergetekende gevolmachtigden hun handtekening onder dit protocol hebben gesteld.Em fé do que, os plenipotenciários abaixo-assinados apuseram as suas assinaturas no final do presente protocolo.Hecho en Copenhague, el veintitrés de abril de mil novecientos noventa y tres.Udfærdiget i København, den treogtyvende april nitten hundrede og treoghalvfems.Geschehen zu Kopenhagen am dreiundzwanzigsten April neunzehnhundertdreiundneunzig.¸ãéíå óôçí Êïðåã÷Üãç, óôéò åßêïóé ôñåéò Áðñéëßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ôñßá.Done at Copenhagen on the twenty-third day of April in the year one thousand nine hundred and ninety-three.Fait à Copenhague, le vingt-trois avril mil neuf cent quatre-vingt-treize.Fatto a Copenaghen, addì ventitré aprile millenovecentonovantatréGedaan te Kopenhagen, de drieëntwintigste april negentienhonderd drieënnegentig.Feito em Copenhaga, em vinte e três de Abril de mil novecentos e noventa e três.Por el Consejo de las Comunidades EuropeasFor Rådet for De Europæiske FællesskaberFür den Rat der Europäischen GemeinschaftenÃéá ôï Óõìâïýëéï ôùí Åõñùðáúêþí ÊïéíïôÞôùíFor the Council of the European CommunitiesPour le Conseil des Communautés européennesPer il Consiglio delle Comunità europeeVoor de Raad van de Europese GemeenschappenPelo Conselho das Comunidades Europeias>RIFERIMENTO A UN FILM>Por la Comisión del Acuerdo de Cartagena>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de la República de Bolivia>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de la República de Colombia>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de la República del Ecuador>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de la República del Perú>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de la República de Venezuela>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO SCAMBIO DI LETTERE IN MATERIA DI TRASPORTI MARITTIMI Lettera n. 1 Bruxelles, . . . . .Signor . . . . .,le sarei grato se volesse confermarmi quanto segue:In occasione della firma dell'accordo di cooperazione tra la Comunità europea e l'accordo di Cartagena e i suoi paesi membri, le parti si sono impegnate a far sì che le questioni relative al funzionamento dei trasporti marittimi vengano esaminate in modo appropriato, in particolare quando potrebbero ostacolare lo sviluppo degli scambi. In tale contesto, si cercheranno soluzioni reciprocamente soddisfacenti rispettando il principio di una libera e leale concorrenza su basi commerciali.Si è inoltre convenuto che tali questioni verranno esaminate durante le riunioni della Commissione mista.Voglia accettare, Signor . . . . ., l'espressione della mia profonda stima.A nome del Consiglio delle Comunità europeeLettera n. 2 Bruxelles, . . . . .Signor . . . . .,mi pregio comunicarLe di aver ricevuto la Sua lettera e confermarLe quanto segue:«In occasione della firma dell'accordo di cooperazione tra la Comunità europea e l'accordo di Cartagena e i suoi paesi membri, le parti si sono impegnate a far sì che le questioni relative al funzionamento dei trasporti marittimi vengano esaminate in modo appropriato, in particolare quando potrebbero ostacolare lo sviluppo degli scambi. In tale contesto, si cercheranno soluzioni reciprocamente soddisfacenti rispettando il principio di una libera e leale concorrenza su basi commerciali.Si è inoltre convenuto che tali questioni verranno esaminate durante le riunioni della Commissione mista.»Voglia accettare, Signor . . . . ., l'espressione della mia profonda stima.Per l'accordo di Cartagena e i suoi paesi membri | Accordo di cooperazione tra l’Unione europea e la Comunità andina
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO QUADRO?
La decisione conclude l’accordo quadro per conto della Comunità economica europea (CEE), ora l’Unione europea (UE). L’accordo quadro mira a consolidare, approfondire e intensificare le relazioni tra le due parti.
PUNTI CHIAVE
La «Comunità andina» è una zona di libero scambio istituita dall’accordo di Cartagena nel 1969. Inizialmente comprendeva 5 paesi (Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Perù) ai quali si è aggiunto in seguito un sesto paese, il Venezuela. Due dei paesi si sono successivamente ritirati dalla comunità: il Cile (1976) e il Venezuela (2006).Cooperazione
Le parti hanno convenuto di avviare la cooperazione economica con un campo di applicazione più ampio possibile. I settori di cooperazione comprendono:industria; scienza e tecnologia; agricoltura e pesca; servizi; normativa tecnica, sanitaria e fitosanitaria; sviluppo regionale e integrazione frontaliera.Gli obiettivi della cooperazione comprendono:rafforzare e diversificare i loro vincoli economici; contribuire a sviluppare le loro economie su basi durature e a migliorare i rispettivi tenori di vita; promuovere l’espansione degli scambi commerciali, al fine di diversificare e aprire nuovi mercati; favorire i flussi d’investimenti e i trasferimenti tecnologici e rafforzare la garanzia degli investimenti; aumentare il livello di occupazione e migliorare la produttività nel settore del lavoro; promuovere lo sviluppo rurale e migliorare la capacità tecnologica; sostenere il processo di integrazione regionale; scambiare informazioni in materia di statistica e metodologia.Le modalità di cooperazione comprendono:l’intensificazione dei contatti; la partecipazione congiunta di imprese comunitarie e della Comunità andina; assistenza tecnica, progetti di ricerca; la promozione delle joint venture; lo scambio di informazioni; la costituzione di reti di operatori economici.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo quadro è entrato in vigore il 1o maggio 1998.
CONTESTO
L’Unione ha anche un accordo commerciale globale con la Colombia, il Perù e l’Ecuador (si veda la sintesi), che si applica provvisoriamente in Colombia e in Perù dal 2013 e in Ecuador dal 2017.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 98/278/CE del Consiglio, del 7 aprile 1998, riguardante la conclusione di un accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e l’accordo di Cartagena e i suoi paesi membri, la Repubblica di Bolivia, la Repubblica di Colombia, la Repubblica dell’Ecuador, la Repubblica del Perù e la Repubblica del Venezuela (GU L 127 del 29.4.1998, pag. 10).
Accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e l’accordo di Cartagena e i suoi paesi membri, la Repubblica della Bolivia, la Repubblica della Colombia, la Repubblica dell’Ecuador, la Repubblica del Perù e la Repubblica del Venezuela (GU L 127 del 29.4.1998, pag. 11).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2012/735/UE del Consiglio, del 31 maggio 2012, relativa alla firma, a nome dell’Unione, e all’applicazione provvisoria dell’accordo commerciale tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall’altra (GU L 354 del 21.12.2012, pag. 1).
Accordo commerciale tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall’altra (GU L 354 del 21.12.2012, pag. 3).
Le modifiche successive all’accordo commerciale sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione (UE) 2016/2369 del Consiglio, dell’11 novembre 2016, relativa alla firma, a nome dell’Unione, e all’applicazione provvisoria dell’accordo commerciale tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall’altra, per tener conto dell’adesione dell’Ecuador (GU L 356 del 24.12.2016, pag. 1).
Protocollo di adesione all’accordo commerciale tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall’altra, per tener conto dell’adesione dell’Ecuador (GU L 356 del 24.12.2016, pag. 3). | 13,128 | 591 |
32017R2063 | false | REGOLAMENTO (UE) 2017/2063 DEL CONSIGLIO
del 13 novembre 2017
concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 215,
vista la decisione (PESC) 2017/2074 del Consiglio, del 13 novembre 2017, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela (1),
vista la proposta congiunta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
Tenuto conto del continuo deteriorarsi della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti umani in Venezuela, l'Unione ha espresso in più occasioni la sua preoccupazione e ha invitato tutti gli attori politici e le istituzioni venezuelani a lavorare in modo costruttivo per una soluzione della crisi nel paese, nel pieno rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani, delle istituzioni democratiche e della separazione dei poteri.
(2)
Il 13 novembre 2017 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2017/2074, che, tra l'altro, vieta di esportare armamenti e attrezzature che potrebbero essere utilizzate a fini di repressione interna nonché apparecchiature di sorveglianza e il congelamento dei fondi e delle risorse economiche di determinate persone, entità e organismi che sono responsabili di gravi violazioni o abusi dei diritti umani o della repressione della società civile e dell'opposizione democratica e di persone, entità e organismi che sono responsabili di azioni, politiche o attività che compromettono in qualsiasi altro modo la democrazia e lo stato di diritto in Venezuela, nonché persone, entità e organismi a essi associati.
(3)
Poiché talune misure previste dalla decisione (PESC) 2017/2074 rientrano nell'ambito del trattato, la loro attuazione richiede un'azione normativa a livello dell'Unione, in particolare per garantirne l'applicazione uniforme da parte degli operatori economici di tutti gli Stati membri.
(4)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e il diritto alla protezione dei dati personali. Il presente regolamento dovrebbe essere applicato conformemente a tali diritti.
(5)
Il potere di modificare gli elenchi di cui agli allegati IV e V del presente regolamento dovrebbe essere esercitato dal Consiglio al fine di garantire la coerenza con il processo di modifica e revisione degli allegati I e II della decisione (PESC) 2017/2074.
(6)
Ai fini dell'attuazione del presente regolamento e per garantire la massima certezza giuridica all'interno dell'Unione, è opportuno pubblicare i nomi e gli altri dati pertinenti relativi a persone fisiche e giuridiche, entità e organismi i cui fondi e le cui risorse economiche devono essere congelati a norma del presente regolamento. Qualsiasi trattamento di dati personali dovrebbe essere conforme al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(7)
Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero informarsi reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e comunicarsi ogni altra informazione pertinente in loro possesso relativa al presente regolamento.
(8)
Gli Stati membri dovrebbero determinare le sanzioni applicabili alle violazioni del presente regolamento. Le sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive.
(9)
Il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore immediatamente per garantire l'efficacia delle misure ivi contemplate,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «richiesta»: qualsiasi richiesta, sotto forma contenziosa o meno, presentata anteriormente, il o posteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento e derivante da un contratto o da una transazione o a essi collegata e, in particolare:
i)
una richiesta volta a ottenere l'adempimento di un obbligo derivante da un contratto o da una transazione o a essi collegata;
ii)
una richiesta volta a ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma;
iii)
una richiesta di compensazione relativa a un contratto o a una transazione;
iv)
una domanda riconvenzionale;
v)
una richiesta volta a ottenere, anche mediante exequatur, il riconoscimento o l'esecuzione di una sentenza, di un lodo arbitrale o di una decisione equivalente, indipendentemente dal luogo in cui sono stati pronunziati;
b) «contratto o transazione»: qualsiasi transazione, indipendentemente dalla sua forma e dal diritto a essa applicabile, che comprenda uno o più contratti o obblighi analoghi stipulati fra le stesse parti o fra parti diverse; a tal fine, il termine «contratto» include qualsiasi forma di garanzia o controgaranzia, in particolare una garanzia o controgaranzia finanziaria, e qualsiasi credito, anche giuridicamente indipendente, nonché qualsiasi clausola annessa derivante da siffatta transazione o a essa correlata;
c) «autorità competenti»: le autorità competenti degli Stati membri i cui siti web sono elencati nell'allegato III;
d) «risorse economiche»: le attività di qualsiasi tipo, tangibili o intangibili, mobili o immobili, che non sono fondi ma che possono essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi;
e) «congelamento di risorse economiche»: il divieto di utilizzare risorse economiche per ottenere fondi, beni o servizi in qualsiasi modo, anche attraverso la vendita, l'affitto e le ipoteche;
f) «congelamento di fondi»: il divieto di spostare, trasferire, alterare o utilizzare o gestire i fondi o di avere accesso a essi in modo da modificarne il volume, l'importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura o la destinazione o da introdurre altri cambiamenti tali da consentire l'uso dei fondi in questione, compresa la gestione di portafoglio;
g) «fondi»: tutte le attività e i benefici finanziari di qualsiasi natura, compresi, ma non limitati a:
i)
contanti, assegni, cambiali, vaglia postali e altri strumenti di pagamento;
ii)
depositi presso istituti finanziari o altre entità, saldi sui conti, debiti e obblighi;
iii)
titoli negoziati a livello pubblico e privato e strumenti di debito, tra cui azioni, certificati azionari, titolo a reddito fisso, pagherò, warrant, obbligazioni e contratti derivati;
iv)
interessi, dividendi o altri redditi generati dalle attività;
v)
credito, diritto di compensazione, garanzie, fideiussioni o altri impegni finanziari;
vi)
lettere di credito, polizze di carico e atti di cessione; e
vii)
documenti da cui risulti un interesse riguardante capitali o risorse finanziarie;
h) «assistenza tecnica»: qualsiasi supporto tecnico di riparazione, perfezionamento, fabbricazione, assemblaggio, prova, manutenzione o altro servizio tecnico e che può assumere la forma di istruzione, pareri, formazione, trasmissione dell'apprendimento del funzionamento o delle competenze o servizi di consulenza, comprese le forme orali di assistenza;
i) «servizi di intermediazione»:
i)
la negoziazione o l'organizzazione di transazioni dirette all'acquisto, alla vendita o alla fornitura di beni e tecnologie o servizi finanziari e tecnici da un paese terzo a qualunque altro paese terzo; o
ii)
la vendita o l'acquisto di beni e tecnologie o servizi finanziari e tecnici ubicati in un paese terzo per il loro trasferimento verso un altro paese terzo;
j) «territorio dell'Unione»: i territori degli Stati membri cui si applica il trattato, alle condizioni ivi stabilite, compreso lo spazio aereo.
Articolo 2
1. È vietato:
a)
fornire, direttamente o indirettamente, assistenza tecnica, servizi di intermediazione e altri servizi connessi ai beni e alle tecnologie elencati nell'elenco comune delle attrezzature militari dell'Unione europea («elenco comune delle attrezzature militari»), nonché alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all'uso di beni e tecnologie elencati nell'elenco comune delle attrezzature militari a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela, o per un uso in detto paese;
b)
fornire, direttamente o indirettamente, finanziamenti o assistenza finanziaria connessi ai beni e alle tecnologie elencati nell'elenco comune delle attrezzature militari, compresi in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all'esportazione, nonché assicurazione e riassicurazione, per qualsiasi vendita, fornitura, trasferimento o esportazione dei beni o delle tecnologie suddetti oppure per la prestazione della correlata assistenza tecnica, di servizi di intermediazione e di altri servizi pertinenti, destinati direttamente o indirettamente a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela, o per un uso in detto paese.
2. Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica all'esecuzione di contratti stipulati anteriormente al 13 novembre 2017 o di contratti accessori necessari per l'esecuzione di tali contratti, purché siano conformi alla posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio (4), in particolare ai criteri di cui all'articolo 2 e purché le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi che intendono eseguire il contratto lo abbiano notificato all'autorità competente dello Stato membro in cui sono stabiliti entro 5 giorni lavorativi dall'entrata in vigore del presente regolamento.
Articolo 3
È vietato:
a)
vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, attrezzature utilizzabili a fini di repressione interna e figuranti nell'allegato I, originarie o meno dell'Unione, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela o destinate a essere utilizzate in detto paese;
b)
fornire, direttamente o indirettamente, assistenza tecnica, servizi di intermediazione e altri servizi connessi alle attrezzature di cui alla lettera a), a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela o destinate a essere utilizzate in detto paese;
c)
fornire, direttamente o indirettamente, finanziamenti o assistenza finanziaria, compresi in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all'esportazione, nonché assicurazioni e riassicurazioni, relativamente alle attrezzature di cui alla lettera a), a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela o destinate a essere utilizzate in detto paese.
Articolo 4
1. In deroga agli articoli 2 e 3, le autorità competenti degli Stati membri elencate nell'allegato III possono autorizzare, alle condizioni che essi ritengono appropriate:
a)
la fornitura di finanziamenti, assistenza finanziaria e assistenza tecnica connessi a:
i)
attrezzature militari non letali destinati esclusivamente a uso umanitario o protettivo o a programmi di potenziamento istituzionale delle Nazioni Unite (ONU) e dell'Unione e dei suoi Stati membri ovvero di organizzazioni regionali o subregionali;
ii)
materiali per le operazioni di gestione delle crisi da parte dell'ONU e dell'Unione o di organizzazioni regionali o subregionali;
b)
la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione di attrezzature che potrebbero essere utilizzate a fini di repressione interna e il finanziamento e l'assistenza finanziaria e tecnica associata, destinate esclusivamente a uso umanitario o protettivo o a programmi di costruzione istituzionale dell'ONU o dell'Unione o a operazioni di gestione delle crisi dell'ONU e dell'Unione o di organizzazioni regionali e subregionali;
c)
la vendita, la fornitura, il trasferimento o l'esportazione di attrezzature per lo sminamento e di materiale destinato a essere utilizzato nelle operazioni di sminamento e il finanziamento e l'assistenza finanziaria e tecnica associata.
2. Le autorizzazioni di cui al paragrafo 1 possono essere concesse solo prima dello svolgimento delle attività per cui sono richieste.
Articolo 5
Gli articoli 2 e 3 non si applicano all'abbigliamento protettivo, compresi i giubbotti antiproiettile e gli elmetti militari, temporaneamente esportati in Venezuela da dipendenti dell'ONU, da personale dell'Unione o dei suoi Stati membri, da rappresentanti dei mass media e da operatori umanitari o nel campo dello sviluppo e da personale associato, per loro esclusivo uso personale.
Articolo 6
1. È vietato vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, le apparecchiature, le tecnologie o i software elencati nell'allegato II, originari o meno dell'Unione, a qualsiasi persona, entità od organismo in Venezuela o per un uso in Venezuela, senza il rilascio preventivo di un'autorizzazione da parte dell'autorità competente dello Stato membro interessato, identificata sui siti web elencati nell'allegato III.
2. Le autorità competenti degli Stati membri, identificate sui siti web elencati nell'allegato III, non rilasciano l'autorizzazione di cui al paragrafo 1 se hanno fondati motivi per ritenere che le apparecchiature, le tecnologie o i software in questione siano destinati a fini di repressione interna da parte del governo, degli enti pubblici, delle imprese o delle agenzie del Venezuela, o di qualsiasi persona o entità che agisca per loro conto o sotto la loro direzione.
3. L'allegato II elenca le apparecchiature, le tecnologie o i software destinati principalmente all'uso nei controlli o intercettazioni sulle comunicazioni via internet o telefoniche.
4. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione delle autorizzazioni concesse a norma del presente articolo entro quattro settimane dall'autorizzazione.
Articolo 7
1. A meno che l'autorità competente dello Stato membro interessato, identificata sui siti web elencati nell'allegato III, non abbia preventivamente rilasciato un'autorizzazione a norma dell'articolo 6, paragrafo 2, è vietato:
a)
fornire, direttamente o indirettamente, a qualsiasi persona, entità od organismo in Venezuela, o per un uso in Venezuela, assistenza tecnica o servizi di intermediazione connessi alle apparecchiature, alle tecnologie e ai software elencati nell'allegato II, all'installazione, alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all'uso delle apparecchiature e delle tecnologie elencate nell'allegato II o alla fornitura, all'installazione, al funzionamento o all'aggiornamento dei software elencati nell'allegato II;
b)
fornire, direttamente o indirettamente, finanziamenti o assistenza finanziaria connessi alle apparecchiature, alle tecnologie e ai software di cui all'allegato II a qualsiasi persona, entità od organismo in Venezuela, o per uso in Venezuela;
c)
fornire qualsiasi tipo di servizio di controllo o intercettazione di telecomunicazioni o di comunicazioni internet al governo, agli enti pubblici, alle imprese e alle agenzie del Venezuela o a qualsiasi persona o entità che agisca per loro conto o sotto la loro direzione, o a loro beneficio diretto o indiretto.
2. Ai fini del paragrafo 1, lettera c), per «controllo o intercettazione di telecomunicazioni o di comunicazioni internet» si intendono i servizi che, utilizzando in particolare le apparecchiature, le tecnologie e i software elencati nell'allegato II, danno accesso a dati riguardanti le telecomunicazioni e le chiamate di un soggetto in entrata e in uscita, consentendo altresì la fornitura di tali dati, a fini di estrazione, decodifica, registrazione, trattamento, analisi o archiviazione o per qualsiasi altra attività connessa.
Articolo 8
1. Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a o posseduti, detenuti o controllati da una qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati negli allegato IV e V.
2. È vietato mettere, direttamente o indirettamente, fondi o risorse economiche a disposizione di una qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati negli allegati IV e V, o destinarli a loro vantaggio.
3. Nell'allegato IV figurano:
a)
le persone fisiche o giuridiche, le entità e gli organismi responsabili di gravi violazioni o abusi dei diritti umani o della repressione della società civile e dell'opposizione democratica in Venezuela;
b)
le persone fisiche o giuridiche, le entità e gli organismi le cui azioni, politiche o attività compromettono la democrazia e lo stato di diritto in Venezuela.
4. Nell'allegato V figurano le persone fisiche o giuridiche, le entità e gli organismi associati alle persone ed entità di cui al paragrafo 3.
5. Gli allegati IV e V contengono i motivi dell'inserimento nell'elenco delle persone, delle entità e degli organismi interessati.
6. Gli allegati IV e V riportano inoltre, ove disponibili, le informazioni necessarie per identificare le persone fisiche o giuridiche, le entità e gli organismi interessati. Con riguardo alle persone fisiche, tali informazioni possono includere i nomi, compresi gli pseudonimi, la data e il luogo di nascita, la cittadinanza, il numero del passaporto e della carta d'identità, il sesso, l'indirizzo, se noto, e la funzione o professione. Con riguardo alle persone giuridiche, alle entità e agli organismi, tali informazioni possono comprendere le denominazioni, la data e il luogo di registrazione, il numero di registrazione e la sede di attività.
Articolo 9
1. In deroga all'articolo 8, le autorità competenti degli Stati membri identificate sui siti web elencati nell'allegato III possono autorizzare lo svincolo o la messa a disposizione di taluni fondi o risorse economiche congelati, alle condizioni che ritengono appropriate, dopo aver stabilito che i fondi o le risorse economiche sono:
a)
necessari per soddisfare le esigenze di base delle persone fisiche e giuridiche elencate nell'allegato IV o V e dei familiari a carico di tali persone fisiche, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari, affitti o ipoteche, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenze di servizi pubblici;
b)
destinati esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli o al rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali;
c)
destinati esclusivamente al pagamento di diritti o di spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati;
d)
necessari per coprire spese straordinarie, a condizione di aver comunicato alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione, almeno due settimane prima dell'autorizzazione, i motivi per i quali ritengono che debba essere concessa una determinata autorizzazione; o
e)
pagabili su o da un conto di una missione diplomatica o consolare o di un'organizzazione internazionale che gode di immunità in conformità del diritto internazionale, nella misura in cui tali pagamenti servono per scopi ufficiali della missione diplomatica o consolare o dell'organizzazione internazionale.
2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di tutte le autorizzazioni concesse a norma del paragrafo 1.
Articolo 10
1. In deroga all'articolo 8, le autorità competenti degli Stati membri identificate nei siti web di cui all'allegato III possono autorizzare che taluni fondi o risorse economiche congelati siano sbloccati a condizione che:
a)
i fondi o le risorse economiche siano oggetto di una decisione arbitrale emessa anteriormente alla data dell'inserimento della persona fisica o giuridica, dell'entità o dell'organismo di cui all'articolo 8 nell'allegato IV o V, di una decisione giudiziaria o amministrativa emessa nell'Unione o di una decisione giudiziaria esecutiva nello Stato membro interessato, anteriormente, il o posteriormente a tale data;
b)
i fondi o le risorse economiche vengano usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale decisione o riconosciuti validi dalla stessa, entro i limiti fissati dalle leggi e dai regolamenti applicabili che disciplinano i diritti dei creditori;
c)
la decisione non vada a favore di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo elencati all'allegato IV o V; e
d)
il riconoscimento della decisione non sia contrario all'ordine pubblico nello Stato membro interessato.
2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di tutte le autorizzazioni concesse a norma del paragrafo 1.
Articolo 11
1. In deroga all'articolo 8 e purché un pagamento da parte di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo di cui all'allegato IV o V sia dovuto in forza di un contratto o di un accordo concluso o di un'obbligazione sorta per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo in questione, prima della data di inserimento di tale persona fisica o giuridica, entità od organismo nell'allegato IV o V, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare, alle condizioni che ritengono appropriate, lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati purché l'autorità competente interessata abbia accertato che:
a)
i fondi o le risorse economiche devono essere usati per un pagamento da una persona fisica o giuridica, da un'entità o da un organismo di cui all'allegato IV o V;
b)
il pagamento non viola l'articolo 8, paragrafo 2.
2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione delle autorizzazioni concesse a norma del paragrafo 1 entro quattro settimane dall'autorizzazione.
3. L'articolo 8, paragrafo 2, non osta a che gli enti finanziari o creditizi accreditino sui conti congelati fondi trasferiti da terzi verso i conti di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo che figura nell'elenco, purché tali versamenti siano anch'essi congelati. L'ente finanziario o creditizio informa immediatamente di tali transazioni l'autorità competente.
4. Purché tali interessi, altri profitti e pagamenti siano congelati a norma dell'articolo 8, l'articolo 8, paragrafo 2, non si applica al versamento sui conti congelati di:
a)
interessi o altri profitti dovuti su detti conti;
b)
pagamenti dovuti nell'ambito di contratti o accordi conclusi o obbligazioni sorte anteriormente alla data in cui la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo di cui all'articolo 8 sono stati inseriti nell'allegato IV o V; o
c)
pagamenti dovuti nell'ambito di decisioni giudiziarie, amministrative o arbitrali emesse in uno Stato membro o esecutive nello Stato membro interessato.
Articolo 12
1. Fatte salve le norme applicabili in materia di relazioni, riservatezza e segreto professionale, le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi sono tenuti a:
a)
fornire immediatamente qualsiasi informazione atta a facilitare il rispetto del presente regolamento, quali le informazioni relative ai conti e agli importi congelati a norma dell'articolo 8, all'autorità competente dello Stato membro in cui risiedono o sono situati e a trasmettere tali informazioni, direttamente o attraverso lo Stato membro, alla Commissione; e
b)
collaborare con l'autorità competente alla verifica delle informazioni di cui alla lettera a).
2. Le ulteriori informazioni ricevute direttamente dalla Commissione sono messe a disposizione degli Stati membri.
3. Le informazioni fornite o ricevute ai sensi del presente articolo sono utilizzate unicamente per gli scopi per i quali sono state fornite o ricevute.
Articolo 13
1. Il congelamento di fondi e risorse economiche o il rifiuto di rendere disponibili fondi o risorse economiche, se effettuato ritenendo in buona fede che tale azione sia conforme al presente regolamento, non comporta alcun genere di responsabilità per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo che lo attua, né per i suoi direttori o dipendenti, a meno che non si dimostri che i fondi e le risorse economiche sono stati congelati o trattenuti in seguito a negligenza.
2. Le azioni compiute da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi non comportano alcun genere di responsabilità a loro carico se questi non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato le misure previste dal presente regolamento.
Articolo 14
È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l'obiettivo o l'effetto di eludere le misure previste dal presente regolamento.
Articolo 15
1. Non è soddisfatta alcuna richiesta in relazione a contratti o transazioni sulla cui esecuzione abbiano inciso, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, le misure istituite dal presente regolamento, comprese richieste di indennizzo o richieste analoghe, ad esempio richieste di compensazione o richieste nell'ambito di una garanzia, in particolare richieste volte a ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia, in particolare di una garanzia o controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma, se la richiesta è presentata da:
a)
persone fisiche o giuridiche, entità od organismi designati elencati negli allegati IV e V;
b)
qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo che agisca per tramite o per conto di una delle persone, entità od organismi di cui alla lettera a).
2. In ogni procedura volta al soddisfacimento di una richiesta, l'onere della prova che il soddisfacimento della richiesta non è vietato dal paragrafo 1 incombe alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo che richiede il soddisfacimento di tale richiesta.
3. Il presente articolo lascia impregiudicato il diritto delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi di cui al paragrafo 1 al controllo giurisdizionale della legittimità dell'inadempimento degli obblighi contrattuali a norma del presente regolamento.
Articolo 16
1. La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e condividono qualsiasi altra informazione pertinente a loro disposizione riguardante il presente regolamento, in particolare le informazioni riguardanti:
a)
i fondi congelati a norma dell'articolo 8 e le autorizzazioni concesse a norma degli articoli da 9 a 11;
b)
i problemi di violazione e di applicazione delle norme e le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali nazionali.
2. Ciascuno Stato membro comunica immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione tutte le altre informazioni pertinenti a sua disposizione che potrebbero pregiudicare l'effettiva attuazione del presente regolamento.
Articolo 17
1. Qualora decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un'entità o a un organismo le misure di cui all'articolo 8, il Consiglio modifica l'allegato IV o V di conseguenza.
2. Il Consiglio trasmette la sua decisione e i motivi dell'inserimento nell'elenco alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo di cui al paragrafo 1 direttamente, se l'indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo in questione la possibilità di formulare osservazioni.
3. Qualora siano avanzate osservazioni o siano addotte nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la decisione e ne informa la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo di conseguenza.
4. L'elenco di cui agli allegati IV e V è riesaminato a intervalli regolari e almeno ogni dodici mesi.
5. La Commissione è autorizzata a modificare l'allegato III in base alle informazioni fornite dagli Stati membri.
Articolo 18
1. Gli Stati membri stabiliscono norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le norme di cui al paragrafo 1 senza indugio dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, come pure ogni successiva modifica.
Articolo 19
1. Gli Stati membri designano le autorità competenti di cui al presente regolamento e le identificano sui siti web elencati nell'allegato III. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le eventuali modifiche degli indirizzi dei loro siti web elencati nell'allegato III.
2. Gli Stati membri notificano senza indugio alla Commissione le proprie autorità competenti, compresi gli estremi delle stesse, dopo l'entrata in vigore del presente regolamento e informano la Commissione di ogni eventuale successiva modifica.
3. Laddove il presente regolamento imponga di notificare, informare o comunicare in altro modo con la Commissione, l'indirizzo e gli altri estremi da usare per queste comunicazioni sono quelli indicati nell'allegato III.
Articolo 20
Il presente regolamento si applica:
a)
nel territorio dell'Unione, compreso il suo spazio aereo;
b)
a bordo di tutti gli aeromobili o di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro;
c)
a qualsiasi cittadino di uno Stato membro che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione;
d)
a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione e sia registrata/o o costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro;
e)
a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all'interno dell'Unione.
Articolo 21
Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 13 novembre 2017
Per il Consiglio
Il presidente
F. MOGHERINI
(1) Cfr. pagina 60 della presente Gazzetta ufficiale.
(2) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
(3) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(4) Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell'8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99).
ALLEGATO I
Elenco dei materiali previsti dall'articolo 3 che potrebbero essere utilizzati a fini di repressione interna
1.
Armi da fuoco, munizioni e accessori connessi:
1.1.
armi da fuoco non sottoposte ad autorizzazione dai punti ML 1 e ML 2 dell'elenco comune delle attrezzature militari;
1.2.
munizioni specificamente progettate per le armi da fuoco elencate al punto 1.1 e loro componenti appositamente progettati;
1.3.
congegni di mira non sottoposti ad autorizzazione dall'elenco comune delle attrezzature militari.
2.
Bombe e granate non sottoposte ad autorizzazione dall'elenco comune delle attrezzature militari.
3.
I seguenti veicoli:
3.1.
veicoli dotati di cannone ad acqua appositamente progettati o modificati a fini antisommossa;
3.2.
veicoli appositamente progettati o modificati per essere elettrificati al fine di respingere gli assalti;
3.3.
veicoli appositamente progettati o modificati per rimuovere le barricate, compreso il materiale da costruzione con protezione balistica;
3.4.
veicoli appositamente progettai o modificati per il trasporto o il trasferimento di prigionieri e/o detenuti;
3.5.
veicoli appositamente progettati per l'installazione di barriere mobili;
3.6.
componenti per i veicoli di cui ai punti da 3.1 a 3.5, specificamente progettati a fini antisommossa.
Nota 1:
questo punto non sottopone ad autorizzazione i veicoli specificamente progettati a fini antincendio.
Nota 2:
ai fini del punto 3.5 il termine «veicoli» include i rimorchi.
4.
Le seguenti sostanze esplosive e sostanze collegate:
4.1.
apparecchi e dispositivi specificamente progettati per provocare esplosioni con mezzi elettrici o non elettrici, compresi gli apparecchi di innesco, i detonatori, gli ignitori, gli acceleranti di esplosione e le corde di detonazione e i relativi componenti appositamente progettati; a eccezione di quelli appositamente progettati per un impiego commerciale specifico, ossia per l'attivazione o il funzionamento mediante esplosione di altre attrezzature o dispositivi la cui funzione non è l'innesco di un'esplosione (ad esempio gonfiatori degli air bag per autoveicoli, scaricatori elettrici degli azionatori antincendio a sprinkler);
4.2.
cariche esplosive a taglio lineare non sottoposte ad autorizzazione dall'elenco comune delle attrezzature militari;
4.3.
altri esplosivi non sottoposti ad autorizzazione dall'elenco comune delle attrezzature militari e sostanze collegate:
a)
amatolo;
b)
nitrocellulosa (contenente oltre il 12,5 % di azoto);
c)
nitroglicole;
d)
tetranitrato di pentaeritrite (PETN);
e)
cloruro di picrile;
f)
2,4,6 trinitrotoluene (TNT).
5.
Apparecchiature protettive non sottoposte ad autorizzazione dal punto ML 13 dell'elenco comune delle attrezzature militari:
5.1.
giubbotti antiproiettile con protezione balistica e/o protezione contro gli attacchi all'arma bianca;
5.2.
elmetti con protezione balistica e/o protezione antischegge, elmetti antisommossa, scudi antisommossa e scudi balistici.
Nota:
Questa voce non sottopone ad autorizzazione:
—
le attrezzature appositamente progettate per discipline sportive,
—
le attrezzature appositamente progettate per soddisfare requisiti di sicurezza e di lavoro.
6.
Simulatori, diversi da quelli sottoposti ad autorizzazione dal punto ML 14 dell'elenco comune delle attrezzature militari dell'UE, per la formazione nell'uso delle armi da fuoco, e software appositamente progettato.
7.
Apparecchiature per la visione notturna e la registrazione di immagini termiche e amplificatori d'immagine, diversi da quelli sottoposti ad autorizzazione dall'elenco comune delle attrezzature militari dell'UE.
8.
Filo spinato a lame di rasoio.
9.
Coltelli militari, coltelli da combattimento e baionette con lama di lunghezza superiore a 10 cm.
10.
Apparecchiature specificamente progettate per la fabbricazione degli articoli di cui al presente elenco.
11.
Tecnologia specifica per lo sviluppo, la fabbricazione o l'uso degli articoli di cui al presente elenco.
ALLEGATO II
Apparecchiature, tecnologie e software di cui agli articoli 6 e 7
Nota generale
Nonostante il disposto del presente allegato, quest'ultimo non si applica a:
a)
apparecchiature, tecnologie o software che figurano nell'allegato I del regolamento (CE) n. 428/2009 del Consiglio (1) o nell'elenco comune delle attrezzature militari
b)
software che sono progettati per essere installati dall'utilizzatore senza ulteriore significativa assistenza da parte del fornitore e che sono generalmente disponibili al pubblico in quanto venduti direttamente, senza restrizioni, nei punti di vendita al dettaglio, in uno dei seguenti modi:
i)
al banco;
ii)
per corrispondenza;
iii)
per via elettronica;
iv)
su ordinazione telefonica;
c)
software che sono di pubblico dominio.
Le categorie A, B, C, D ed E fanno riferimento alle categorie di cui al regolamento (CE) n. 428/2009.
Per apparecchiature, tecnologie e software ai sensi degli articoli 6 e 7 si intende quanto segue:
A.
Elenco delle apparecchiature:
—
apparecchiature di ispezione approfondita di pacchetti,
—
apparecchiature di intercettazione delle reti, incluse le apparecchiature di gestione delle intercettazioni (IMS) e le apparecchiature di link intelligence per la conservazione dei dati,
—
apparecchiature di controllo delle radiofrequenze,
—
apparecchiature di interferenze di reti e satelliti,
—
apparecchiature di infezione a distanza,
—
apparecchiature di riconoscimento/trattamento vocale,
—
apparecchiature di intercettazione e controllo IMSI (2), MSISDN (3), IMEI (4) e TMSI (5),
—
apparecchiature di intercettazione e controllo tattici SMS (6), GSM (7), GPS (8), GPRS (9), UMTS (10), CDMA (11) e PSTN (12),
—
apparecchiature di intercettazione e controllo DHCP (13), SMTP (14) e GTP (15),
—
apparecchiature di riconoscimento morfologico e di analisi morfologica,
—
apparecchiature forensi a distanza,
—
apparecchiature di motori di trattamento semantico,
—
apparecchiature WEP e WPA di violazione di codici,
—
apparecchiature di intercettazione per protocollo VoIP proprietario e standard.
B.
Non utilizzato.
C.
Non utilizzato.
D.
«Software» per lo «sviluppo», la «produzione» o l'«utilizzazione» delle apparecchiature specificate sopra in A.
E.
«Tecnologie» per lo «sviluppo», la «produzione» o l'«utilizzazione» delle apparecchiature specificate sopra in A.
Le apparecchiature, tecnologie e i software di queste categorie rientrano nell'ambito di applicazione del presente allegato nella misura in cui rispondono alla descrizione generale di «sistemi di intercettazione e controllo di Internet e delle comunicazioni telefoniche e satellitari».
Ai fini del presente allegato, per «controllo» si intende l'acquisizione, l'estrazione, la decodificazione, la registrazione, il trattamento, l'analisi e l'archiviazione del contenuto di una chiamata o dei dati della rete.
(1) Regolamento (CE) n. 428/2009 del Consiglio, del 5 maggio 2009, che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell'intermediazione e del transito di prodotti a duplice uso (GU L 134 del 29.5.2009, pag. 1).
(2) IMSI è la sigla di «International Mobile Subscriber Identity» (identità utente mobile internazionale). Si tratta di un codice di identificazione unico per ciascun dispositivo di telefonia mobile, che è integrato nella carta SIM e consente di identificare quest'ultima tramite le reti GSM e UMTS.
(3) MSISDN è la sigla di «Mobile Subscriber Integrated Services Digital Network Number» (numero di rete digitale integrata nei servizi dell'abbonato mobile). È un numero unico per l'identificazione di un abbonamento a una rete mobile GSM o UMTS. In altri termini, è il numero di telefono attribuito alla carta SIM di un telefono mobile e pertanto identifica un abbonato mobile nonché l'IMSI, ma per instradare le chiamate tramite l'abbonato.
(4) IMEI è la sigla di «International Mobile Equipment Identity» (identificatore internazionale apparecchiature mobili). È un numero, solitamente unico, che permette di identificare i telefoni mobili GSM, WCDMA e IDEN e alcuni telefoni satellitari. Di solito si trova stampato all'interno dello scomparto della batteria del telefono. L'intercettazione (telefonica) può essere specificata mediante il suo numero IMEI nonché l'IMSI e l'MSISDN.
(5) TMSI è la sigla di «Temporary Mobile Subscriber Identity» (identità utente mobile temporanea). Si tratta dell'identità più comunemente trasmessa tra telefono mobile e rete.
(6) SMS è la sigla di «Short Message System» (servizio di messaggi brevi).
(7) GSM è la sigla di «Global System for Mobile Communications» (sistema mondiale di comunicazioni mobili).
(8) GPS è la sigla di «Global Positioning System» (sistema di localizzazione globale via satellite).
(9) GPRS è la sigla di «General Package Radio Service» (sistema di trasmissione radio a pacchetto).
(10) UMTS è la sigla di «Universal Mobile Telecommunication System» (sistema universale di comunicazioni mobili).
(11) CDMA è la sigla di «Code Division Multiple Access» (accesso multiplo a divisione di codice).
(12) PSTN è la sigla di «Public Switch Telephone Networks» (rete telefonica pubblica commutata).
(13) DHCP è la sigla di «Dynamic Host Configuration Protocol» (protocollo di configurazione dinamica tramite host).
(14) SMTP è la sigla di «Simple Mail Transfer Protocol» (protocollo semplice per il trasferimento di posta).
(15) GTP è la sigla di «GPRS Tunneling Protocol» (protocollo di tunneling per GPRS).
ALLEGATO III
Siti Internet contenenti informazioni sulle autorità competenti e indirizzo per le notifiche alla Commissione
BELGIO
https://diplomatie.belgium.be/nl/Beleid/beleidsthemas/vrede_en_veiligheid/sancties
https://diplomatie.belgium.be/fr/politique/themes_politiques/paix_et_securite/sanctions
https://diplomatie.belgium.be/en/policy/policy_areas/peace_and_security/sanctions
BULGARIA
http://www.mfa.bg/en/pages/135/index.html
REPUBBLICA CECA
www.financnianalytickyurad.cz/mezinarodni-sankce.html
DANIMARCA
http://um.dk/da/Udenrigspolitik/folkeretten/sanktioner/
GERMANIA
http://www.bmwi.de/DE/Themen/Aussenwirtschaft/aussenwirtschaftsrecht,did=404888.html
ESTONIA
http://www.vm.ee/est/kat_622/
IRLANDA
http://www.dfa.ie/home/index.aspx?id=28519
GRECIA
http://www.mfa.gr/en/foreign-policy/global-issues/international-sanctions.html
SPAGNA
http://www.exteriores.gob.es/Portal/en/PoliticaExteriorCooperacion/GlobalizacionOportunidadesRiesgos/Paginas/SancionesInternacionales.aspx
FRANCIA
http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/autorites-sanctions/
CROAZIA
http://www.mvep.hr/sankcije
ITALIA
http://www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Europea/Deroghe.htm
CIPRO
http://www.mfa.gov.cy/sanctions
LETTONIA
http://www.mfa.gov.lv/en/security/4539
LITUANIA
http://www.urm.lt/sanctions
LUSSEMBURGO
http://www.mae.lu/sanctions
UNGHERIA
http://www.kormany.hu/download/9/2a/f0000/EU%20szankci%C3%B3s%20t%C3%A1j%C3%A9koztat%C3%B3_20170214_final.pdf
MALTA
https://www.gov.mt/en/Government/Government%20of%20Malta/Ministries%20and%20Entities/Officially%20Appointed%20Bodies/Pages/Boards/Sanctions-Monitoring-Board-.aspx
PAESI BASSI
https://www.rijksoverheid.nl/onderwerpen/internationale-sancties
AUSTRIA
http://www.bmeia.gv.at/view.php3?f_id=12750&LNG=en&version=
POLONIA
http://www.msz.gov.pl
PORTOGALLO
http://www.portugal.gov.pt/pt/ministerios/mne/quero-saber-mais/sobre-o-ministerio/medidas-restritivas/medidas-restritivas.aspx
ROMANIA
http://www.mae.ro/node/1548
SLOVENIA
http://www.mzz.gov.si/si/omejevalni_ukrepi
SLOVACCHIA
https://www.mzv.sk/europske_zalezitosti/europske_politiky-sankcie_eu
FINLANDIA
http://formin.finland.fi/kvyhteistyo/pakotteet
SVEZIA
http://www.ud.se/sanktioner
REGNO UNITO
https://www.gov.uk/sanctions-embargoes-and-restrictions
Indirizzo per le notifiche alla Commissione europea:
Commissione europea
Servizio degli strumenti di politica estera (FPI)
SEAE 07/99
1049 Bruxelles, Belgio
Email: [email protected]
ALLEGATO IV
Elenco delle persone fisiche e giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all'articolo 8, paragrafo 3
ALLEGATO V
Elenco delle persone fisiche e giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all'articolo 8, paragrafo 4 | Imposizione di sanzioni UE per risolvere la situazione in Venezuela
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E DELLA DECISIONE?
I documenti illustrano le misure imposte dall’UE attraverso le quali si intende promuovere una risoluzione pacifica e negoziata per la situazione in Venezuela. Si accompagnano alle conclusioni del Consiglio che definiscono la posizione politica dell’UE e illustrano le ragioni per l’imposizione di sanzioni.
Un’ulteriore decisione del Consiglio adottata nel gennaio 2018 ha assoggettato a misure restrittive sette persone che ricoprono cariche ufficiali.
PUNTI CHIAVE
I trattati dell’UE forniscono le basi giuridiche necessarie per conferire all’UE il potere di imporre sanzioni (misure restrittive) ai governi di paesi extra-UE, entità non statali ed individui, allo scopo di determinare un cambiamento nelle loro politiche o attività.
Misure restrittive
La decisione e il regolamento prevedono in particolare le seguenti misure:un divieto di esportazione di armamenti e attrezzature che potrebbero essere utilizzate a fini di repressione interna (l’elenco delle voci incluse si trova nell’allegato I del regolamento); un divieto di esportazione di apparecchiature di sorveglianza (l’elenco delle voci incluse si trova nell’allegato II del regolamento); il congelamento dei fondi* (attività e benefici finanziari di ogni genere) e delle risorse economiche* di:determinate persone, entità e organismi che sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani o della repressione della società civile e dell’opposizione democratica, odi azioni, politiche o attività che compromettono in qualsiasi altro modo la democrazia e lo stato di diritto in Venezuela (gli elenchi delle persone, entità e organismi interessati sono riportati negli allegati IV e V del regolamento); restrizioni sull’ammissione di singole persone nel territorio dei paesi dell’UE («divieto di viaggio»). Il regolamento è direttamente applicabile e vincolante per le autorità competenti dei paesi dell’UE, garantendo in tal modo un’applicazione uniforme delle misure all’interno dell’UE, in particolare per quanto riguarda le imprese. La decisione (che impone il divieto di viaggio e l’embargo sulle armi) è vincolante per i paesi dell’UE ma richiede misure nazionali di attuazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO IL REGOLAMENTO E LA DECISIONE?
Il regolamento e la decisione si applicano dal 14 novembre 2017.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Delegazione dell’Unione europea in Venezuela (servizio europeo per l’azione esterna).
PAROLE CHIAVE
Congelamento dei fondi: il divieto di spostare, trasferire, alterare o utilizzare o gestire i fondi o di avere accesso a essi, o di trattare fondi in modo da:modificarne il volume, l’importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura o la destinazione;o da introdurre cambiamenti tali da consentire l’uso dei fondi in questione, compresa la gestione di portafoglio.
Congelamento di risorse economiche: il divieto di utilizzare risorse economiche per ottenere fondi, beni o servizi in qualsiasi modo, anche attraverso la vendita, l’affitto e le ipoteche.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) 2017/2063 del Consiglio, del 13 novembre 2017, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela (GU L 295 del 14.11.2017, pag. 21).
Successive modifiche al regolamento (UE) 2017/2063 sono state integrate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione (PESC) 2017/2074 del Consiglio, del 13 novembre 2017, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela (GU L 295 del 14.11.2017, pag. 60).
Consultare la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento di esecuzione (UE) 2018/88 del Consiglio, del 22 gennaio 2018, che attua il regolamento (UE) 2017/2063, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela (GU L 16I del 22.1.2018, pag. 6).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea, titolo V: Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche in materia di politica estera e di sicurezza comune, capitolo 2: Disposizioni specifiche in materia di politica estera e di sicurezza comune, sezione 1: Disposizioni comuni, articolo 29 (ex articolo 15 TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 33).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte quinta - Azione esterna dell’Unione - Titolo IV - Misure restrittive - Articolo 215 (ex articolo 301 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 144).
Regolamento (CE) n. 428/2009 del Consiglio, del 5 maggio 2009, che istituisce un regime comunitario di controllo delle esportazioni, del trasferimento, dell’intermediazione e del transito di prodotti a duplice uso (GU L 134 del 29.5.2009, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 15,268 | 75 |
31999L0074 | false | Direttiva 1999/74/CE del Consiglio del 19 luglio 1999 che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole
Gazzetta ufficiale n. L 203 del 03/08/1999 pag. 0053 - 0057
DIRETTIVA 1999/74/CE DEL CONSIGLIOdel 19 luglio 1999che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaioleIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) il 7 marzo 1988 il Consiglio ha adottato la direttiva 88/166/CEE(4) relativa all'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia nella causa 131/86 (annullamento della direttiva 86/113/CEE del Consiglio, del 25 marzo 1986, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole in batteria);(2) a norma dell'articolo 9 della suddetta direttiva, la Commissione era tenuta a presentare, anteriormente al 1o gennaio 1993, una relazione sugli sviluppi scientifici in materia di benessere delle galline nei vari sistemi di allevamento nonché sulle disposizioni di cui all'allegato della suddetta direttiva, eventualmente accompagnata da adeguate proposte di adattamento;(3) la direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti(5), redatta sulla base della convenzione europea per la protezione degli animali negli allevamenti, introduce le disposizioni comunitarie intese a mettere in pratica i principi enunciati nella suddetta convenzione, i quali in particolare includono la disponibilità di un ricovero, di cibo, acqua e di cure appropriate in funzione delle esigenze fisiologiche ed etologiche degli animali;(4) nel 1995 il comitato permanente della convenzione europea per la protezione degli animali negli allevamenti ha adottato una raccomandazione dettagliata, che include le galline ovaiole;(5) la protezione delle galline ovaiole è di competenza della Comunità;(6) le differenze che rischiano di alterare le condizioni di concorrenza hanno effetti negativi sul buon funzionamento dell'organizzazione del mercato degli animali e dei loro prodotti;(7) la relazione della Commissione di cui al considerando (2), fondata sul parere del comitato scientifico veterinario, giunge alla conclusione che le condizioni di benessere sia delle galline allevate in batteria con gli attuali metodi che di quelle allevate con altri sistemi sono insufficienti e che taluni bisogni delle galline non possono essere soddisfatti; occorrerebbe pertanto instaurare, tenuto conto dei vari parametri da prendere in considerazione, le norme più rigorose possibili per migliorare tali condizioni;(8) tuttavia, per un periodo da stabilire le gabbie non modificate possono continuare a essere utilizzate a certe condizioni, tra cui il miglioramento dei requisiti strutturali e di spazio;(9) è necessario mantenere un equilibrio tra i diversi aspetti da considerare sia in materia di benessere, sia dal punto di vista sanitario, economico e sociale, sia per quanto riguarda le implicazioni ambientali;(10) nell'effettuare gli studi sul benessere delle galline ovaiole nei vari sistemi di allevamento è opportuno prevedere disposizioni che consentano agli Stati membri di scegliere il/i sistema/i più appropriato/i;(11) la Commissione deve presentare una nuova relazione corredata delle appropriate proposte che tengano conto di tale relazione;(12) è necessario abrogare e sostituire la direttiva 88/166/CEE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. La presente direttiva stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole.2. La presente direttiva non si applica:- agli stabilimenti con meno di 350 galline ovaiole;- agli stabilimenti di allevamento di galline ovaiole riproduttrici.Detti stabilimenti restano tuttavia soggetti alle prescrizioni pertinenti della direttiva 98/58/CE.Articolo 21. Le definizioni di cui all'articolo 2 della direttiva 98/58/CE si applicano se del caso.2. Inoltre, ai fini della presente direttiva si intende per:a) "galline ovaiole": le galline della specie Gallus gallus, mature per la deposizione di uova, allevate ai fini della produzione di uova non destinate alla cova;b) "nido": uno spazio separato, i cui componenti escludono per il pavimento qualsiasi utilizzo di rete metallica che possa entrare in contatto con i volatili, previsto per la deposizione delle uova di una singola gallina o di un gruppo di galline (nido di gruppo);c) "lettiera": il materiale allo stato friabile che permette alle ovaiole di soddisfare le loro esigenze etologiche;d) "zona utilizzabile": una zona avente una larghezza minima di 30 cm, una pendenza massima del 14 % sovrastata da uno spazio libero avente un'altezza minima di 45 cm. Gli spazi destinati a nido non fanno parte della zona utilizzabile.Articolo 3In funzione del/dei sistema/i adottato/i dagli Stati membri, questi ultimi provvedono affinché, oltre alle disposizioni pertinenti previste dalla direttiva 98/58/CE e dall'allegato della presente direttiva, i proprietari o detentori di galline ovaiole applichino i requisiti specifici di ciascuno dei seguenti sistemi, vale a dire:a) le disposizioni di cui al capo I per quanto concerne i sistemi alternativi;b) o le disposizioni di cui al capo II per quanto concerne le gabbie non modificate;c) o le disposizioni di cui al capo III per quanto concerne le gabbie modificate.CAPO IDisposizioni applicabili ai sistemi alternativiArticolo 41. Gli Stati membri provvedono affinché, a decorrere dal 1o gennaio 2002, tutti gli impianti di allevamento di cui al presente capo nuovi o ristrutturati o messi in funzione per la prima volta, soddisfino almeno i requisiti elencati in prosieguo:1) Tutti gli impianti devono essere attrezzati in modo da garantire che tutte le galline ovaiole dispongano:a) di mangiatoie lineari che offrano almeno 10 cm di lunghezza per volatile o circolari che offrano almeno 4 cm di lunghezza per volatile;b) di abbeveratoi continui che offrano 2,5 cm di lunghezza per ovaiola o circolari che offrano 1 cm di lunghezza per ovaiola.Inoltre, in caso di utilizzazione di abbeveratoi a tettarella o a coppetta, è prevista almeno una tettarella o una coppetta ogni 10 ovaiole. Nel caso di abbeveratoi a raccordo, almeno due tettarelle o due coppette devono essere raggiungibili da ciascuna ovaiola;c) di almeno un nido per 7 ovaiole. Se sono utilizzati nidi di gruppo, deve essere prevista una superficie di almeno 1 m2 per un massimo di 120 ovaiole;d) di posatoi appropriati, privi di bordi aguzzi e che offrano almeno 15 cm di spazio per ovaiola. I posatoi non sovrastano le zone coperte di lettiera; la distanza orizzontale fra posatoi non è inferiore a 30 cm e quella fra i posatoi e le pareti non è inferiore a 20 cm;e) di una superficie di lettiera di almeno 250 cm2 per ovaiola; la lettiera deve occupare almeno un terzo della superficie al suolo.2) Il pavimento degli impianti deve essere costruito in modo da sostenere adeguatamente ciascuna delle unghie anteriori di ciascuna zampa.3) Oltre alle disposizioni di cui ai punti 1 e 2,a) nei sistemi di allevamento che consentono alle galline ovaiole di muoversi liberamente fra diversi livelli:i) il numero di livelli sovrapposti è limitato a 4;ii) l'altezza libera minima fra i vari livelli deve essere di 45 cm;iii) le mangiatoie e gli abbeveratoi devono essere ripartiti in modo da permettere a tutte le ovaiole un accesso uniforme;iv) i livelli devono essere installati in modo da impedire alle deiezioni di cadere sui livelli inferiori.b) Se le galline ovaiole dispongono di un passaggio che consente loro di uscire all'aperto:i) diverse aperture del passaggio debbono dare direttamente accesso allo spazio all'aperto, avere un'altezza minima di 35 cm, una larghezza di 40 cm ed essere distribuite su tutta la lunghezza dell'edificio; un'apertura totale di 2 m deve comunque essere disponibile ogni 1000 ovaiole;ii) gli spazi all'aperto devono:- al fine di prevenire qualsiasi contaminazione, avere una superficie adeguata alla densità di ovaiole allevate e alla natura del suolo;- essere provvisti di riparo dalle intemperie e dai predatori e, se necessario, di abbeveratoi appropriati.4) Il coefficiente di densità non può essere superiore a 9 galline ovaiole per m2 di zona utilizzabile.Tuttavia, quando la zona utilizzabile corrisponde alla superficie al suolo disponibile, gli Stati membri possono, fino al 31 dicembre 2011, autorizzare un coefficiente di densità di 12 volatili per m2 di superficie disponibile per gli allevamenti che applicano questo sistema il 3 agosto 1999.2. Gli Stati membri provvedono affinché, a decorrere dal 1o gennaio 2007, i requisiti minimi previsti al paragrafo 1 si applichino a tutti i sistemi alternativi.CAPO IIDisposizioni applicabili all'allevamento in gabbie non modificateArticolo 51. Gli Stati membri provvedono affinché a decorrere dal 1o gennaio 2003 tutte le gabbie di cui al presente capo soddisfino almeno i requisiti elencati in prosieguo:1) ogni gallina ovaiola deve disporre di almeno 550 cm2 di superficie della gabbia che deve essere misurata su un piano orizzontale e utilizzabile senza limitazioni, in particolare escludendo dal calcolo eventuali bordi deflettori antispreco che potrebbero restringere la superficie disponibile;2) dev'essere prevista una mangiatoia utilizzabile senza limitazioni, di una lunghezza minima di 10 cm moltiplicata per il numero di ovaiole nella gabbia;3) in mancanza di tettarelle o coppette, ogni gabbia deve disporre di un abbeveratoio continuo della medesima lunghezza della mangiatoia di cui al punto 2. Nel caso di abbeveratoi a raccordo, almeno due tettarelle o coppette devono essere raggiungibili da ciascuna gabbia;4) l'altezza minima delle gabbie non deve essere inferiore a 40 cm per il 65 % della superficie e non può essere inferiore a 35 cm in ogni punto;5) il pavimento delle gabbie deve essere costruito in modo da sostenere adeguatamente ciascuna delle unghie anteriori di ciascuna zampa. La pendenza del pavimento non deve superare il 14 % ovvero 8 gradi. In caso di pavimenti diversi da quelli provvisti di rete metallica rettangolare, gli Stati membri possono autorizzare pendenze superiori;6) le gabbie sono provviste di adeguati dispositivi per accorciare le unghie.2. Gli Stati membri provvedono affinché l'allevamento nelle gabbie di cui al presente capo sia vietato a decorrere dal 1o gennaio 2012. Inoltre, la costruzione o la messa in funzione per la prima volta di gabbie di cui al presente capo è vietata a decorrere dal 1o gennaio 2003.CAPO IIIDisposizioni applicabili all'allevamento in gabbie modificateArticolo 6Gli Stati membri provvedono affinché a decorrere dal 1o gennaio 2002 tutte le gabbie di cui al presente capo soddisfino almeno i requisiti elencati in prosieguo:1) le galline ovaiole devono disporre:a) di almeno 750 cm2 di superficie della gabbia per ovaiola, di cui 600 cm2 di superficie utilizzabile, fermo restando che l'altezza della gabbia diversa dall'altezza al di sopra della superficie utilizzabile non deve essere inferiore a 20 cm in ogni punto e che la superficie totale di ogni gabbia non può essere inferiore a 2000 cm2;b) di un nido;c) di una lettiera che consenta ai volatili di becchettare e razzolare;d) di posatoi appropriati che offrano almeno 15 cm di spazio per ovaiola;2) dev'essere prevista una mangiatoia utilizzabile senza limitazioni, di una lunghezza minima di 12 cm moltiplicata per il numero di ovaiole nella gabbia;3) ogni gabbia deve disporre di un sistema di abbeveraggio appropriato tenuto conto in particolare della dimensione del gruppo; nel caso di abbeveratoi a raccordo, almeno due tettarelle o coppette devono essere raggiungibili da ciascuna ovaiola;4) per agevolare l'ispezione, la sistemazione e l'evacuazione dei volatili, le file di gabbie devono essere separate da passaggi aventi una larghezza minima di 90 cm e deve essere previsto uno spazio di almeno 35 cm tra il pavimento dell'edificio e le gabbie delle file inferiori;5) le gabbie sono provviste di adeguati dispositivi per accorciare le unghie.CAPO IVDisposizioni finaliArticolo 7Gli Stati membri provvedono affinché gli allevamenti di cui all'ambito di applicazione della presente direttiva siano registrati dall'autorità competente, con attribuzione di un numero identificativo, che consenta di rintracciare le uova immesse sul mercato e destinate al consumo umano.Le modalità di applicazione del presente articolo saranno stabilite entro il 1o gennaio 2002 secondo la procedura di cui all'articolo 11.Articolo 81. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché l'autorità competente proceda ad ispezioni onde assicurare l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva. Tali ispezioni possono aver luogo nell'ambito di controlli effettuati ad altri fini.2. A decorrere da una data che sarà determinata secondo la procedura di cui all'articolo 11, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sulle ispezioni di cui al paragrafo 1. La Commissione presenta una sintesi di tali relazioni al comitato veterinario permanente.3. Anteriormente al 1o gennaio 2002 la Commissione presenta, secondo la procedura di cui all'articolo 11, disposizioni intese ad armonizzare:a) le ispezioni di cui al paragrafo 1,b) la presentazione, il contenuto e la frequenza delle relazioni di cui al paragrafo 2.Articolo 91. Secondo quanto necessario per garantire l'applicazione uniforme delle prescrizioni della presente direttiva, esperti veterinari della Commissione possono, di concerto con le autorità competenti,a) verificare che gli Stati membri si conformino alle prescrizioni summenzionate,b) effettuare controlli in loco per accertarsi che le ispezioni siano effettuate ai sensi della presente direttiva.2. Lo Stato membro nel cui territorio viene effettuata un'ispezione fornisce agli esperti veterinari della Commissione tutta l'assistenza necessaria per l'espletamento del loro mandato. I risultati dei controlli devono essere discussi con le autorità competenti dello Stato membro interessato prima della stesura e della diffusione di una relazione definitiva.3. L'autorità competente dello Stato membro interessato adotta le misure che potrebbero rivelarsi necessarie per tener conto dei risultati di tale controllo.4. Le modalità d'applicazione del presente articolo sono adottate, se necessario, secondo la procedura di cui all'articolo 11.Articolo 10Entro il 1o gennaio 2005 la Commissione presenta al Consiglio una relazione, elaborata sulla scorta del parere del comitato scientifico veterinario, sui vari sistemi di allevamento delle galline ovaiole con particolare riguardo ai sistemi di cui alla presente direttiva, che tenga conto, da un lato, degli aspetti patologici, zootecnici, fisiologici ed etologici e, dall'altro, delle incidenze sanitarie e ambientali.Inoltre, detta relazione sarà elaborata in base ad uno studio sulle implicazioni socioeconomiche dei vari sistemi e sulle incidenze in materia di relazioni con le parti economiche della Comunità.Essa sarà inoltre corredata delle proposte appropriate alla luce delle conclusioni ivi delineate e dei risultati dei negoziati nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC).Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata su queste proposte entro i 12 mesi successivi alla loro presentazione.Articolo 111. Nei casi in cui si fa riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il presidente del comitato veterinario permanente istituito dalla decisione 68/361/CEE(6), in seguito denominato "comitato", adisce senza indugio il comitato stesso, di sua iniziativa o su richiesta di uno Stato membro.2. Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 205, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte e le applica immediatamente, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure.Articolo 12La direttiva 88/166/CEE è abrogata con effetto dal 1o gennaio 2003.Articolo 131. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, incluse le eventuali sanzioni, necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Nel rispetto delle disposizioni generali del trattato, gli Stati membri possono mantenere o applicare sul loro territorio disposizioni in materia di protezione delle galline ovaiole più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva. Essi informano la Commissione di tutte le misure adottate in tal senso.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 14La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 15Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 19 luglio 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteK. HEMILÄ(1) GU C 157 del 4.6.1999, pag. 8.(2) GU C 128 del 7.5.1999, pag. 78.(3) GU C 101 del 12.4.1999.(4) GU L 74 del 19.3.1988, pag. 83.(5) GU L 221 dell'8.8.1998, pag. 23.(6) GU L 255 del 18.10.1968, pag. 23.ALLEGATOOltre alle pertinenti disposizioni di cui all'allegato della direttiva 98/58/CE, si applicano le prescrizioni seguenti:1) Tutte le galline ovaiole devono essere ispezionate dal proprietario o dalla persona responsabile almeno una volta al giorno.2) Il livello sonoro deve essere ridotto al minimo possibile e si devono evitare rumori di fondo o improvvisi. La costruzione, l'installazione, la manutenzione e il funzionamento dei ventilatori, dei dispositivi di alimentazione e di altre attrezzature devono essere tali da provocare il minimo rumore possibile.3) Tutti gli edifici devono essere dotati di un'illuminazione sufficiente per consentire alle galline di vedersi e di essere viste chiaramente, di guardarsi intorno e di muoversi normalmente. In caso di illuminazione naturale le aperture per la luce devono essere disposte in modo da ripartirla uniformemente nei locali.Dopo i primi giorni di adattamento il regime deve essere previsto in modo da evitare problemi di salute e di comportamento. Deve pertanto seguire un ciclo di 24 ore e comprendere un periodo di oscurità sufficiente e ininterrotto, a titolo indicativo pari a circa un terzo della giornata, per consentire alle galline di riposarsi ed evitare problemi quali immunodepressione e anomalie oculari. In concomitanza con la diminuzione della luce dovrebbe essere rispettato un periodo di penombra di durata sufficiente per consentire alle galline di sistemarsi senza confusione o ferite.4) Tutti i locali, le attrezzature e gli utensili con i quali le galline sono in contatto sono completamente puliti e disinfettati con regolarità e comunque ogni volta che viene praticato un vuoto sanitario e prima di introdurre una nuova partita di galline. Quando i locali sono occupati, tutte le superfici e le attrezzature devono essere mantenute in condizioni di pulizia soddisfacenti.Occorre eliminare con la necessaria frequenza le deiezioni e quotidianamente le galline morte.5) I sistemi di allevamento devono essere concepiti in modo da evitare che le galline possano scappare.6) Gli impianti che comportano più piani di gabbie devono essere provvisti di dispositivi o di misure adeguate che consentano di ispezionare direttamente e agevolmente tutti i piani, e che facilitino il ritiro delle galline.7) La gabbia e le dimensioni della relativa apertura devono essere concepite in modo tale che una gallina adulta possa essere ritirata senza inutili sofferenze o senza essere ferita.8) Fatte salve le disposizioni di cui al punto 19 dell'allegato della direttiva 98/58/CE, è vietato qualsiasi tipo di mutilazione.Tuttavia, al fine di prevenire plumofagia e cannibalismo, gli Stati membri possono autorizzare la troncatura del becco, a condizione che tale operazione sia effettuata da personale qualificato su pulcini di età inferiore a 10 giorni destinati alla deposizione di uova. | Protezione delle galline ovaiole
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
stabilisce le norme minime relative alla protezione delle galline ovaiole. Essa non si applica agli allevamenti di meno di 350 galline ovaiole, né agli allevamenti di galline ovaiole riproduttrici.Gli allevamenti di galline ovaiole devono rispettare le disposizioni pertinenti previste dalla direttiva 98/58/CE relative alla protezione degli animali negli allevamenti, nonché quelle previste dall’allegato della presente direttiva.
PUNTI CHIAVE
Sistemi alternativi
A decorrere dal 1 gennaio 2002 tutte le installazioni di nuova costruzione o sistemi di produzione alternativi ricostruiti e tutti i sistemi messi in servizio per la prima volta devono rispondere alle seguenti esigenze:le installazioni dispongono di: mangiatoie sia longitudinali (10 cm minimo di lunghezza per gallina) sia circolari (4 cm minimo di lunghezza per gallina),abbeveratoi continui (2,5 cm minimo di lunghezza per gallina) o circolari (1 cm minimo di lunghezza per gallina),almeno un nido per sette galline,posatoi adeguati (15 cm minimo di lunghezza per gallina),almeno 250 cm2 di superficie di lettiera per gallina;il pavimento delle installazioni sostiene ogni artiglio anteriore di ogni zampa;disposizioni specifiche riguardano i sistemi di allevamento che consentono uno spostamento libero delle galline e/o consentono un accesso a spazi esterni;la densità degli animali non deve comportare più di nove galline ovaiole per m2 di superficie utilizzabile (tuttavia, allorquando la superficie utilizzabile corrisponde alla superficie disponibile al suolo, una densità di animale di 12 galline per m2 è autorizzata fino al 31 dicembre 2011 per gli stabilimenti che applicano tale sistema al 3 agosto 1999).Gli Stati membri provvedono affinché tali requisiti si applichino a partire dal 1 gennaio 2007.
L’allevamento in gabbie non attrezzateA decorrere dal 1 gennaio 2003, tutte le gabbie non attrezzate dovranno essere in regola con i requisiti seguenti: ogni gallina dispone di almeno 550 cm2 di superficie della gabbiauna mangiatoia (lunga almeno 10 cm moltiplicato il numero delle galline) è prevista per un’utilizzazione senza restrizioni;ogni gabbia comporta un sistema adeguato di abbeverata;le gabbie hanno un’altezza di almeno 40 cm sul 65% della loro superficie e non meno di 35 cm in ogni punto;il pavimento delle gabbie deve poter sostenere gli artigli di ogni zampa. Se il pavimento è in pendenza, tale pendenza non deve superare il 14% o l’8 %, a meno che il pavimento non sia costituito da un materiale diverso dalla rete metallica rettangolare;le gabbie sono attrezzate con dispositivi adeguati di accorciamento degli artigli.La costruzione o la messa in servizio di gabbie non attrezzate è vietata a decorrere dal 1 gennaio 2003. Questo tipo di allevamento verrà vietato a decorrere dal 1 gennaio 2012.L’allevamento in gabbie attrezzate
A decorrere dal 1 gennaio 2002, tutte le gabbie attrezzate dovranno rispondere almeno ai seguenti requisiti:ogni gallina dispone di: almeno 750 cm2 di gabbia,un nido,una lettiera che consenta di beccare e razzolare,un posatoio adeguato di almeno 15 cm;na mangiatoia è prevista per un’utilizzazione senza restrizioni. La sua lunghezza minima è di 12 cm moltiplicata per il numero delle galline presenti nella gabbia;ogni gabbia comporta un sistema adeguato di abbeverata;le file delle gabbie devono essere separate da passaggi di larghezza minima pari a 90 cm e uno spazio di almeno 35 cm è previsto fra il pavimento e le gabbie delle file inferiori;le gabbie sono attrezzate con dispositivi adeguati di accorciamento degli artigli.Disposizioni finaliL’autorità competente degli Stati membri registra gli stabilimenti ai quali si applica la direttiva e assegna loro un numero distintivo che garantisce la rintracciabilità delle uova commercializzate destinate al consumo da parte dell’uomo.Gli Stati membri provvedono affinché vengano eseguite ispezioni sotto la responsabilità dell’autorità competente al fine di verificare l’osservanza delle disposizioni della presente direttiva. Questi presentano una relazione su tali ispezioni alla Commissione europea, la quale provvede in seguito a informarne il Comitato permanente della catena alimentare e della salute degli animali (PAFF).Esperti veterinari della Commissione possono effettuare controlli in loco in collaborazione con le autorità competenti. I risultati di tali controlli vengono discussi con l’autorità competente. Quest’ultima adotta i provvedimenti necessari sulla base dei risultati ottenuti.Gli Stati membri possono aver mantenuto o applicato sui rispettivi territori disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva.Regolamento sui controlli ufficiali
Il Regolamento (UE) 2017/625 la nuova legislazione relativa ai controlli ufficiali sugli alimenti e sui mangimi, modifica alcuni dettagli tecnici minori della direttiva. Tali modifiche avranno effetto dal 14 dicembre 2019.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
È stata applicata dal martedì 3 agosto 1999. I paesi dell’UE avevano l’obbligo di incorporarla nella legislazione nazionale entro il mercoledì martedì 1 gennaio 2002.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Galline ovaiole (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 1999/74/CE del Consiglio del 19 luglio 1999 che stabilisce le norme minime relative alla protezione delle galline ovaiole (GU L 203, 3.8.1999, pagg. 53-57)
Le successive modifiche alla direttiva 1999/74/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2017 relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del
Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (Regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95, 7.4.2017, pagg. 1–142)
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2002/4/CE della Commissione, del mercoledì 30 gennaio 2002, relativa alla registrazione degli stabilimenti di allevamento di galline ovaiole di cui alla direttiva 1999/74/CE del Consiglio (GU L 30, 31.1.2002, pagg. 44–46)
Si veda la versione consolidata. | 8,984 | 665 |
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